Semeiotica medica Veterinaria

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Semeiotica medica Veterinaria
 Med. Veterinaria Semeiotica medica Veterinaria CONCETTI GENERALI DI SEMIOLOGIA E DI DIAGNOSTICA Semiologia o semeiotica significa ricerca e studio dei sintomi. La semeiotica presuppone un complesso di conoscenze di vario genere, ma specialmente di ordine anatomo‐fisiologico e di ordine patologico generale e speciale. La semeiotica non ha fine a se stessa, ma rappresenta solo un mezzo per arrivare alla identificazione di un processo morboso nell'animale in vita e cioè alla diagnostica,La semeiotica fornisce il metodo ed i criteri di apprezzamento per i dati di fatto che un singolo organismo presenta in conseguenza di una perturbazione organica. La patologia speciale studia le malattie; la semiologia insegna ad analizzare il singolo malato. L'importanza della semiologia, come base della clinica, è convalidata dal tempo e dalla statistica che ci dicono come la maggior parte degli errori diagnostici ha come punto di partenza omissioni semiologiche o falsi od insufficienti apprezzamenti. Le difficoltà diagnostiche in relazione alla sintomatologia comune a più forme morbose, pongono spesso il clinico a formulare soltanto una diagnosi generica di sindrome, che significherebbe un insieme di sintomi comuni a diverse forme morbose o determinati da più processi patologici concomitanti. Ne sono sorte così le denominazioni di sindrome colica, s. bolsaggine, s. capostorno, s. anasarca, s. influenzale, ecc. Nel campo pratico applicativo, nel procedere alla visita di un animale ammalato, si dovrà applicare un criterio procedurale unico con la medesima mentalità interpretativa; nel quadro dei processi da prendere in esame per un diagnostico differenziale, potranno ad un tempo essere ricordate malattie mediche e malattie chirurgiche come pure malattie ostetrico‐
ginecologiche. La semeiotica ha di necessità bisogno di conoscenze scientifiche e come tutte le branche della medicina necessita di uno studio teorico orientativo; ma non si creda da nessuno che questa branca propedeutica perchè fornisca ciò che deve fornire alla clinica si apprenda con delle parole, con delle figure o delle tavole sinottiche. La semeiotica è prevalentemente scienza di osservazione di fatti patologici; essa ha una base tecnica che presuppone una particolare educazione dei sensi a percepire determinati fenomeni, per cui va insegnata e va studiata più che tutto sugli animali vivi, sani ed ammalati. Purtroppo per un insegnamento così concepito, sarebbero necessari dei mezzi e delle organizzazioni didattiche di ben altra portata di quelli esistenti in genere nelle nostre facoltà; comunque la finalità e gli obbiettivi cui si deve tendere in questo ramo debbono essere fin da principio ben ribaditi perchè così, ciò che non può fare a scuola, lo studente deve preoccuparsi di farlo fuori di scuola sapendo che ciò rappresenta un caposaldo della sua formazione professionale. Accanto ai concetti tecnici ed analitici di semiologia, contenuti nel limite strettamente necessario per chi esordisce nel campo clinico, scartando di proposito ogni bagaglio di erudizione, di bibliografìa e dì critica, vogliamo porre in questo corso anche qualche concetto fondamentale di diagnostica. Lo scopo dell'aggiunta che non trova in genere riscontro, nel campo veterinario, nei corsi e nei testi di semeiotica, è soltanto quello di porre davanti allo sguardo del giovane che dovrà diventare clinico i dati più salienti, gli elementi sintomatologici più frequentemente presenti, i dati dei quali non è permessa a nessuno l'ignoranza, nei riguardi di un orientamento diagnostico per le forme morbose più comuni. Tutto ciò non signifìca che la semeiotica debba sostituirsi alla patologia ed alla clinica nell'indicazione e nella valutazione dei 1 sintomi e nell'impostazione di ragionamenti interpretativi e differenziali, ma vuole soltanto semplificare il campo sintomatologico a scopo didattico introduttivo riducendolo ai dati essen‐
ziali che poi dall'insegnamento clinico, dalla pratica professionale e dalla lettura dei casi clinici speciali pubblicati nelle riviste, si completeranno in più organica e precisa inquadratura. La diagnostica vera e propria, applicata su di un singolo ammalato, rappresenta una sintesi ed un coordinamento di fatti patologici presenti che comporta anche la giustificazione di sintomi assenti, perchè, come abbiamo detto, il quadro che ci presenta il singolo ammalato non è mai quello completo che ci prospetta lo studio della malattia. Dopo una diagnosi generica (sintomtologica, funzionale o di sindrome), bisogna aspirare ad una diagnosi di sede od anatomica, a seguito della quale, specie in certi casi, è indispensabile una diagnosi di natura (identificazione della causa efficiente). Per raggiungere questo ultimo scopo, la diagnostica può richiedere anche delle indagini supplementari alla semplice semiologia e cioè ai sintomi naturali che l'animale presenta si possono aggiungere dei sintomi provocati o i risultati di ricerche particolari svolte al di fuori dell'ammalato stesso. La semiologia è quindi a servizio della diagnostica dai primi passi dell'indagine clinica fino all'epilogo diagnostico che raggiunge la perfezione appunto con la diagnosi di natura od eziologica. INDAGINI SEMEIOLOGICHE DIRETTE E RICERCHE COLLATERALI Intendiamo per indagini dirette, quelle che si compiono direttamente sull'animale ammalato; ricerche collaterali sono quelle che si effettuano dopo l'esame clinico ed a complemento di questo, mediante apparecchi speciali od analizzando con sostanze chimiche o biologiche materiale patologico o prodotti organici o provocando nell'animale in esame particolari quadri reattivi. Le indagini cliniche dirette comprendono: l'ispezione, la palpazione, la percussione, l'ascoltazione, la misurazione, la termoscopia, i sondaggi, i caterismi, le punture esplorative. Le ricerche collaterali vengono compiute mediante reazioni e prove fisiche e chimiche, esami microscopici, prove microbiologiche (colturali, sierologiche e sperimentali), reazioni allergiche. Indagini radiologiche, cardio e pneumografiche, elettrocardio‐grafiche, elettroencefalografiche, spettroscopiche e crioscopiche, costituiscono un insieme di ricerche, applicabili in casi particolari anche in medicina veterinaria. DELL'ISPEZIONE. Ispezione significa vedere ed odorare. Il primo passo dell'esame clinico vero e proprio si compie coll'organo della vista, innanzi tutto per analizzare l'ambiente in cui l'animale o gli animali ammalati vivono e coll'ambiente inteso in senso lato, anche le persone che ci presentano o custodiscono gli ammali stessi. I nostri ammalati non parlano e chi li circonda tende a mascherare od a nascondere qualche cosa, per cui noi dobbiamo mettere in atto tutte le nostre possibilità per raccogliere quanto più dati ci è possibile. Mediante l'analisi visiva abbiamo poi modo di apprezzare i dati relativi alla identificazione del soggetto e di compiere sul medesimo esami di insieme ed esami particolareggiati. 2 Vedere prima di toccare costituisce una regola generale da applicarsi in senso assoluto, sempre, non solo per un principio di ordine metodologico, ma anche agli effetti di eventuali pericoli ai quali possiamo esporre la nostra incolumità personale avvicinando degli animali. Innanzi tutto prima di prendere contatto con un animale bisogna essere informati sulla sua indole e poi, piccoli segni manifesti all'esame ispettivo esterno, come potrebbero essere bava alla bocca, scolo nasale, od altro, possono suggerirci particolari precauzioni da prendersi prima di compiere esami ispettivi interni agli effetti delle infezioni trasmissibili dall'animale all'uomo come per es. la rabbia e la morva. La vivacità dell'occhio, il movimento delle palpebre, l'umidità del musello del bovino e della punta del naso del cane, la coda attorcigliata del suino, il fermarsi delle mosche sul corpo di un animale ed altri particolari e caratteristici fatti ed atteggiamenti, sono rapidamente apprezzati solo da chi ha confidenza visiva colle normali manifestazioni vitali e reattive degli animali. Non basta vedere molti animali per capire qualche cosa delle loro manifestazioni fisiologiche e patologiche; bisogna imparare ad analizzarli, sia pure rapidamente, con metodo, in tutte le loro parti, cominciando dalla punta del naso per arrivare gradualmente alla punta della coda ed alla punta degli zoccoli, con senso anatomo‐topografico e fisiologico, calcolando lo sviluppo e la simmetria delle diverse parti ed il loro funzionamento. L'ispezione visiva deve essere svolta nelle migliori condizioni di illuminazione e, se necessario in particolari circostanze, con qualche apparecchio di illuminazione; consideriamo un'ispezione esterna ed un'ispezione interna quale per es. quella della bocca, delle cavità nasali, della vagina, della congiuntiva. L'ispezione interna però deve sempre essere preceduta dall'ispezione esterna. Dall'ispezione visiva non deve andar disgiunto l'apprezzamento di eventuali odori provenienti dall'animale ammalato o dall'ambiente in cui l'animale vive (ispezione olfattiva); odori di acetone, di cancrena, di acido butirrico, sono particolarmente significativi, come pure sono abbastanza caratteristici gli odori della pelle del cane con rogna demodettica, del fettone del cavallo in preda ad imputridimento, dello scolo vaginale della vacca con ritenzione placentare. DELLA PALPAZIONE. L'esame di palpazione eseguito col polpastrello delle dita o coll'intero palmo della mano o col pugno stretto, ci fornisce delle sensazioni tattili e delle sensazioni termiche; da essa potremo arguire caratteri di volume, di consistenza e di resistenza; potremo apprezzare la contrattilità di determinati organi ed il crepitio di certe tumefazioni. Con la palpazione possiamo provocare reazioni dolorifiche e sintomi riflessi. Procedendo all'esame di palpazione e prima di interpretare eventuali reazioni dell'animale, bisogna esser ben edotti della sensibilità del soggetto. Va pure tenuto ben presente che anche gli animali, in certe regioni del corpo (per es. la regione della grassella del cavallo) percepiscono il solletico, come pure va ricordato che certi equini, specie di sesso femminile, alla palpazione della groppa rispondono facilmente con sgroppate e calci. La sensazione tattile ci serve in campo semiologico anche per apprezzare determinati elementi funzionali come il polso e ritto cardiaco. La palpazione digitale ci permette di stabilire la fluttuazione di raccolte sottocutanee od endoaddominali. Particolari modalità di applicazione della tecnica palpatoria le troviamo nella esplorazione rettale. 3 Consideriamo pure una palpazione strumentale eseguita cioè con l'ausilio di qualche mezzo meccanico. Così viene compiuta la palpazione dello zoccolo con una speciale tenaglia, la palpazione del reticolo con un bastone posto trasversalmente alla regione xifoidea, la palpazione intercostale colla punta del manico del martelletto, ecc. DELLA PERCUSSIONE. Lo scopo della percussione in campo semiologico è quello di provocare delle vibrazioni su determinate parti del corpo, mediante dei colpi esercitati. Tali vibrazioni determinano un suono che avrà durata ed intensità diverse a seconda della resistenza che le onde vibratorie trovano nella loro espansione e più ancora dalla presenza o meno di aria o di gas al di là del punto dove i colpi percussori vengono applicati. Così sarà ben diverso il suono ottenuto percuotendo la regione della spalla o quella della coscia, da quello ottenuto percuotendo le regioni toraciche. La nomenclatura che si usa abitualmente in clinica, relativa ai suoni della percussione, è soltanto tradizionale e convenzionale, per cui non va presa alla lettera e va considerata ben lontana da quella che dovrebbe usarsi se si dovesse riportare alle leggi fìsico‐acustiche. Quale esempio possiamo ricordare che il concetto di suono si dovrebbe applicare solo alle vibrazioni che partono da un mezzo a costituzione omogenea; quei suoni che pervengono al nostro orecchio trasmessi da mezzi a diversa costituzione fisica, quindi a diversa tonalità, dovrebbero chiamarsi rumori. Da questo concetto potremmo dedurre che tutti i suoni organici dovrebbero chiamarsi rumori. Lo scopo della percussione è quello di renderci edotti delle condizioni fisiche degli organi sotto‐
stanti al punto che noi percuotiamo, al loro volume od alla loro posizione. Sia ben chiaro che la percussione non serve soltanto per la semiologia del polmone; è bensì applicabile all'esame dei seni, all'esame degli organi addominali, all'esame di tumefazioni sottocutanee per stabilire se in esse è contenuto o meno del gas. Non entrano invece in questo concetto finalistico le percussioni eseguite per provocare reazioni dolorifiche. Convenzionalmente chiamiamo ottuso il suono che si ottiene percuotendo dei punti al di sotto dei quali non si trovi aria o gas, nelle condizioni cioè in cui le onde vibratorie si arrestano per la resistenza che incontrano alla loro espansione. In contrapposto a questo, indichiamo come suono chiaro quello in cui le onde vibratorie hanno la possibilità di espandersi per la presenza di aria o gas. Dal concetto di suono chiaro si dipartono molte altre particolarità di suoni, diversi da questo per intensità, durata ed altezza, ma che hanno sempre come substrato la presenza di gas od aria. La diversa tonalità del suono chiaro è subordinata ad alcuni elementi fondamentali e cioè la grandezza della cavità che l'aria od il gas contiene, l'elasticità e la tensione delle pareti della cavità stessa, la pressione dell'aria o del gas, la distanza della cavità dal punto che si percuote o meglio lo spessore del mezzo non aerato antistante quello aerato, la comunicazione della cavità aerata coll'esterno. Ne sorgono così diverse altre denominazioni, partendo dal punto base che il suono che vien detto semplicemente chiaro dovrebbe convenzionalmente essere quello in cui al di sotto ed a breve distanza dal punto che percuotiamo (qualche centimetro), si trovi aria o gas contenuti in piccole cavità a pareti elastiche modicamente tese. Siccome questo suono è caratteristico delle 4 zone più sonore del torace, in condizioni fisiologiche, vien detto anche suono polmonare, ma non e detto che si riscontri solo nel torace. Lo stesso suono potremmo ottenerlo, per lo meno in linea relativa, anche percuotendo una grande cavità qual'è il rumine di un bovino, in particolari condizioni di tensione delle pareti e con contenuto solido e liquido uniformemente mescolato al gas. La diminuzione della sonorità al di sotto del suono chiaro (ipofonesi), verso il suono ottuso, viene denominata suono sub‐ottuso. Gli aumenti di sonorità (iperfonesi) vengono, indicati come suoni: soprachiaro, timpanico, anforico, di pentola fessa. Il suono subottuso viene determinato da svariate condizioni fìsiche e cioè notevole spessore dello strato solido interposto, sottile strato di organo o tessuto aerato al di là del quale si trova ancora strato solido o liquido, poco gas o lievi quantità di aria presenti in piccole cavità intercalate fra tessuti non aerati. Per esempio riscontriamo suono subottuso nelle regioni superiori del torace (doccia vertebro‐
costale), nell'aia di ottusità relativa del cuore, negli infiltramenti polmonari (polmoniti intersti‐
ziali), ecc. Il suono soprachiaro in punti o regioni dove normalmente si riscontra suono chiaro, denota o aumento del contenuto in aria o gas o diminuita elasticità delle pareti cavitarie o diminuito spessore dello strato solido antistante il punto di percussione. Il suono timpanico vuol riportarsi a quello che si ottiene percuotendo il timpano di un tamburo e trova la sua ragione di essere nel contenuto di aria o gas in grandi cavità a pareti lisce e non troppo tese. Nelle stesse condizioni base, aumentando la tensione delle pareti diminuisce l'intensità del suono verso il suono soprachiaro ; se però la pressione dell'aria o del gas arriva a limiti estremi, il suono rimane timpanico anche se la tensione delle pareti è notevole. Bisogna tenere, ben presenti queste diverse possibilità e ricordare che la prevalenza di uno degli elementi determinanti sugli altri, può spostare in un senso o nell'altro la sonorità. Così il rumine di un bovino od il cieco di un cavallo in condizioni normali, alla corrispondènte fossa del fianco, forniscono suono timpanico; questi anzi permangono come punti di riferi‐
mento e di controllo per il suono stesso. Però aumentando il contenuto solido, rimanendo invariate le altre condizioni, si può ottenere nella stessa sede suono soprachiaro, chiaro ed anche subottuso; aumentando in modica misura il contenuto di gas, si ha pure diminuzione di suono, verso il soprachiaro per l'aumentata tensione e minor vibratilità delle pareti, però se la quantità di gas diventa notevolissima come nel meteorismo grave, il suono ritorna timpanico perchè l'elemento quantità di gas prevale sugli altri. Una varietà del suono timpanico è quella che prende il nome di suono anforico, suono di vuoto, che presuppone la presenza di cavità contenenti aria o gas, a pareti lisce e rigide. Tale possi‐
bilità si riscontra nel pneumotorace ed in certe caverne polmonari. Va pure considerata come varietà del suono timpanico quello denominato di pentola fessa, che parte da una cavità contenente aria o gas, in comunicazione con l'esterno. Fisiologicamente ne abbiamo un esempio se si percuote la trachea; in campo patologico lo riscontriamo nelle broncoectasie e nel pneumotorace aperto. Tecnica percussoria Inizialmente la percussione limitata al torace, nei nostri animali domestici, veniva eseguita direttamente sulla parete toracica colla punta delle dita di una mano riunite a cono 5 (percussione immediata). In periodi di maggior evoluzione si è ricorsi alla interposizione di un mezzo fra la parte percossa ed il mezzo percussore (percussione mediata). Il più elementare di questi è rappresentato dal dito medio della mano sinistra distanziato dalle altre dita della mano distesa e compressa sulla parte da percuotere; il mezzo percussore è rappresentato dal polpastrello del dito medio dell'altra mano fatto cadere con forza, a mano morta, sull'articolazione della prima falange dell'altro medio (percussione digito‐digitale). È il metodo di percussione normalmente applicato nella pratica semiologica dei piccoli animali; non è però da rigettarsi senz'altro anche per i grossi animali. Innanzi tutto si tenga presente che nella percussione digito‐digitale, oltreché una sensazione acustica si ha anche una sensazione tattile dei suoni che si determinano, sensazione del tutto soggettiva e di notevole importanza. Poi, la percussione digito‐digitale può essere preferibile a quella armata in certi casi, come per es. per la delimitazione dei margini posteriori del polmone, della zona di ottusità cardiaca o di una raccolta gassosa sottocutanea. La percussione armata presuppone l'uso del plessimetro e del martelletto; il primo è rappresentato da una lamina o da un dischetto, con margine a presa, di avorio o di metallo, da porsi sul corpo dell'animale, ben pressato sulla pelle per evitare che si verifichino dei falsi rumori; il martelletto è un particolare strumento adatto allo scopo con manico di metallo o di legno piuttosto lungo e testa in proporzione pesante con alla punta fissata una sferettina di gomma. Sull'uso del plessimetro e del martelletto è necessario molto esercizio controllato; si dia grande importanza alla caduta passiva della testa del martelletto sul plessimetro. Particolare importanza va attribuita alla percussione forte ed alla percussione debole, ambedue applicabili ma con cognizione di causa. Con la percussione energica ci proponiamo di ottenere una serie di onde vibratorie concentriche col massimo raggio possibile, che arrivino quindi a determinare il massimo delle possibilità vibratorie. Dalla percussione forte dobbiamo quindi attenderci le ripercussioni dei fatti patologici profondi, per quel tanto, si capisce, che ci è possibile e che sappiamo per esperienza essere di entità molto relativa. Non dobbiamo dimenticarci però che la percussione forte vince le resistenze superficiali, per cui lievi fatti patologici vicini al punto dove si percuote, possono sfuggire o meglio non riper‐
cuotersi sui suoni della percussione forte. Da ciò la necessità di alternare la percussione forte con quella debole; quest'ultima dà il massimo di risultato se applicata col metodo digito‐
digitale. Ad ogni modo, si ricordi che, per quanto forte la percussione sia, il suono che si origina sarà più intenso ma sempre dello stesso tipo; per quanto la percussione possa essere forte non potrà mai trasformare un suono chiaro in un suono timpanico. DELL'ASCOLTAZIONE. Nell'esame di ascoltazione mettiamo in opera il senso dell'udito. L'esame dei caratteri della tosse, la constatazione di un russo respiratorio o di un gemito, rientrano nel campo ascoltatorio. Ma allorchè parliamo di ascoltazione in senso stretto ci riportiamo alla percezione di lievi suoni o rumori organici il che comporta un intimo contatto del nostro orecchio su determinate regioni del corpo o l'uso di particolari apparecchi atti ad ingrandire i suoni ed i rumori medesimi. 6 Applicato alla percezione dei rumori respiratori, questo metodo di indagine semiologica è legato al nome di L AENNEC, medico francese, che, da una prima e pressoché fortuita osservazione fatta nel 1816 ascoltando il cuore mediante un tubo di carta, escogitò un metodo razionale ed approfondito di indagine qual è l'ascoltazione mediata. L'ascoltazione immediata cioè realizzata ponendo direttamente l'orecchio sulla superficie del corpo da ascoltare, può essere applicata allo studio delle funzionalità del cuore, dei polmoni, dell'intestino, e del rumine. È opportuno, anzi dovrebbe diventare una regola, interporre fra la superficie che si ascolta ed il nostro orecchio, un telo piuttosto sottile e ben teso per ragioni gieniche e per una certa estetica professionale. L'ascoltazione mediata si compie usando un mezzo di ingrandimento dei suoni rappresentato da uno stetoscopio o da un fonendoscopio. In campo veterinario è molto in uso con generale soddisfazione, il fonendoscopio tipo « Bazzi‐
Bianchi », di due dimensioni uno per piccoli e l'altro per grandi animali. È indispensabile innanzi tutto educare l'orecchio a percepire direttamente ciò che è possibile senza nessun altro ausilio, riserbando l'uso dei mezzi meccanici ai casi in cui esiste qualche alterazione funzionale che ha bisogno di essere chiarita, interpretata o localizzata con precisione. L'esame di ascoltazione va sempre eseguito nelle migliori condizioni e cioè in locali chiusi, di medie dimensioni ed in perfetto silenzio. MISURAZIONE E TERMOMETRIA. Rappresentano dei mezzi di indagine diretta di indubbia importanza. Già nel segnalamento dell'animale vedremo una prima applicazione della misurazione in quanto dovremo stabilire a cm. l'altezza del soggetto in esame. Tale rilievo riveste peraltro più interesse di ordine medico‐legale che clinico. Di maggior significato semiologico sono le misurazioni comparative degli emitoraci in casi di evidenti asimmetrie e la traduzione in termini precisi delle dimensioni di una tumefazione e della superfìcie di lesioni esterne od interne. Vengono usati allo scopo i soliti nastri misuratori. Con particolari cutimetri si misurano attualmente le reazioni tubercoliniche intradermiche. Un interesse ancora maggiore riveste la misurazione della temperatura corporea interna mediante il termometro. Il rilievo termometrico è uno dei pochi elementi semiologici sui quali possiamo poggiare con sicuro affidamento, per cui non deve mai essere dimenticato. Vengono usati allo scopo i soliti termometri clinici a massima, in uso anche per la medicina umana. Vi sono però in commercio dei tipi speciali di termometri prismatici per uso veterinario, più robusti degli altri e più comodi per l'applicazione. Nei nostri animali domestici ricorriamo in genere al prelievo della temperatura rettale. Vi è differenza fra termometro e termometro circa il tempo di contatto necessario per una esatta valutazione della temperatura; bisognerà lasciare il termometro in posto per lo meno per cinque minuti. L'introduzione del termometro nel retto esige una certa lubrificazione che può essere fatta o con acqua e sapone o con qualche sostanza grassa. È molto pratico mantenere al fondo dell'astuccio porta‐termometro, un piccolo batuffolo di cotone imbevuto di olio di vaselina. L'istrumento ne viene così estratto col bulbo sufficientemente lubrificato. È indispensabile non solo in questo caso, ma sempre, riporre il termometro nell'astuccio accuratamente pulito. 7 Allorché il prelievo termico non è possibile per via rettale o per processi infiammatori o per un rilasciamento dell'organo (ano beante), si può ricorrere alla vagina o alla mucosa buccale. Nei piccoli animali si può ricorrere anche alla misurazione ascellare o inguinale aggiungendo mezzo grado al dato ottenuto per equipararlo alla temperatura rettale. SONDAGGI CATETERISMI E PUNTURE Oltreché per la cura delle coliche del cavallo e del meteorismo del rumine dei bovini sono indispensabili ormai la sonda rinoesofagea e la sonda gastrica. Nelle affezioni anginose del cavallo, il cateterismo delle tasche gutturali rappresenta un intervento di frequente applicazione. Per il prelievo delle urine a scopo diagnostico è necessario il cateterismo vescicale. Nelle raccolte pleuriche, pericardiche e peritoneali, le punture esplorative rappresentano un mezzo di indagine di somma importanza ai fini diagnostici. RICERCHE DIAGNOSTICHE COLLATERALI. Per ricerche diagnostiche collaterali all'esame clinico, intendiamo tutte quelle prove che si possono eseguire dopo aver esaurite le comuni indagini semiologiche, allo scopo di completarle raccogliendo elementi nuovi che possono colmare lacune e servire di conferma ad un diagnostico emesso solo in forma dubitativa o di sospetto. Prove fisiche e reazioni chimiche vengono applicate negli esami delle urine, delle feci e del sangue; nella identificazione degli essudati e trasudati ed eventualmente nell'esame del succo gastrico. Gli esami microscopici sono comunemente applicati per la messa in evidenza dei fito e zooparassiti della pelle (esame delle croste), delle uova e delle larve di parassiti intestinali e bronco‐polmonari (es. microscopico dell'espettorato e delle feci), degli elementi morfologici dei sedimenti urinari e del sangue, dei protozoi ematici, ecc. Le prove microbiologiche, rappresentate dalla coltivazione dei microorganismi su terreni colturali artificiali comuni ed elettivi, dalle reazioni sierologiche (prove dell'agglutinazione, della deviazione del complemento e della precipitazione), dalla inoculazione di materiale patologico sospetto in animali da esperimento particolarmente recettivi alla forma che si suppone o che si vuol escludere (cavie, conigli, topi), racchiudono nel loro insieme ciò che un laboratorio di microbiologia può fornire alla clinica. È ammissibile che fino ad un esame microscopico si possa giungere anche nel campo pratico; ma le altre ricerche relative alla diagnosi sperimentale delle malattie infettive debbono essere svolte di massima in un laboratorio attrezzato e da un personale specializzato in materia. REAZIONI ALLERGICHE. Le reazioni allergiche costituiscono un altro capitolo di fondamentale interesse pratico‐
applicativo. In questo campo si considerano degli interventi che si compiono su animali sospetti di determinate malattie infettive con delle sostanze particolari ricavate da colture artificiali di germi dei quali appunto si sospetta l'azione patogena. Tali sono le tubercoline agli effetti della tubercolosi, la malleina per la morva. 8 Queste sostanze non sono delle tossine vere e proprie in quanto manifestano un'azione specifica solo negli organismi in preda alle infezioni e perchè non sono in grado di provocare la formazione di antitossine; inoltre la reazione che sussegue alla loro introduzione parenterale non e una reazione tossica vera e propria, ma un complesso di fatti reattivi non immediati che rientrano nel quadro ormai ben studiato delle reazioni allergiche. L'allergia rappresenta uno stato di ipersensibilità organica molto vicina a quello dell'anarìlassi, ma non a questo perfettamente sovrapponibile. Il complesso degli elementi reattivi di ordine allergico comprende: una reazione locale al punto di inoculazione, una reazione generale, di cui la principale manifestazione è l’innalzamento termico, e una reazione focale, che potrebbe corrispondere a una riaccensione o una esacerbazione di focolai infettivi preesistenti. 9 SCHEMA DI ESAME OBIETTIVO GENERALE ANAMNESI Significa raccolta di informazioni relative allo stato patologico dell’animale. Talvolta è necessario conoscere caratteristiche relative all’ambiente e alla mentalità delle persone che custodiscono l’animale per farsi capire meglio. L’anamnesi deve articolarsi in 2 fasi: anamnesi collettiva: comprende le informazioni sull’ambiente in cui l’animale vive e le condizioni di allevamento. Le informazioni più importanti da reperire sono: se gli animali sono al pascolo o in stabulazione permanente oppure allo stato rado, se alimentati con concentrati o prodotti naturali, informazioni sulle persone che custodiscono gli animali eventuali malattie presentatesi in precedenza che possono aver lasciato fattori morbigeni nei ricoveri, rapporti tra animali sani e quelli ammalati. Anamnesi individuale: si concentra sul soggetto per cui è richiesto il nostro intervento. Si divide in remota\prossima, fisiologica\patologica. La remota comprende fattori relativi alla trasmissione genetica di difetti e tare organiche o caratteristiche somatiche, inoltre bisogna concentrarci sulla storia del soggetto: sviluppo, carriera, svezzamento, adattamento al lavoro , allenamento, malattie ed eventuali trattamenti. L’anamnesi prossima è fisiologica e patologica. Le domande da fare sono tante: da quanto tempo l’animale è sotto osservazione? Come si sono manifestate e come si manifestano le funzioni organiche? Se è gravida e da quanto? Qual è stata la prima manifestazione morbosa? In caso di tosse per es. è importante sapere i caratteri (se è continua se è mattutina se è + intensa nel lavoro ecc) o anche in caso di disturbi del digerente del bovino (come si compie la ruminazione, se c’è gemito, o meteorismo) 10 SEGNALAMENTO Si stabilisce la specie, la razza, il mantello, segni particolari, età. L’identificazione è fondamentale ai fini della redazione di un certificato ma anche perché alcune malattie si manifestano di più in soggetti con certe caratteristiche, per es. il cimurro attecchisce di più nei cani da caccia. Esame obiettivo generale SVILUPPO SCHELETRICO E COSTITUZIONE Si valuta lo sviluppo dell’impalcatura ossea e scheletrica in relazione a sesso, età, razza ecc. uno sviluppo carente può essere segno di stati morbosi o malattie oppure carenze alimentari che possono rendere il soggetto più esposto a malattie. Si possono apprezzare alterazioni ossee congenite o acquisite, asimmetrie craniche, fatti depressivi della colonna vertebrale (lordosi, cifosi) torace stretto. STATO DI NUTRIZIONE E TONICITA’ MUSCOLARE Lo stato di nutrizione si valuta attraverso ispezione e palpazione ma anche attraverso il confronto con altri animale della stessa specie, razza, età e sesso. I fattori da prendere in considerazione sono: all’evidenza delle rotondità delle forme, evidenza delle prominenze ossee (per minore spessore del pannicolo adiposo) e profondità dei solchi intercostali. Nel cavallo si valutano: creste zigomatiche e facciali, apofisi delle vertebre toraciche, cresta delle scapole, solchi limitanti delle regioni di collo e tronco, garrese e base della coda. Nel bovino: regione sottomascellare, base dell’orecchio, collare (bordo superiore della spalla), giogaia, coste, grassella, lombo, scroto. Le condizioni che si possono rilevare sono: obesità: è una condizione di aumento diffuso della quantità del grasso nel tessuto adiposo con aumento del peso corporeo spesso legato a iperalimentazione (bovine e cani). Per apprezzarlo è necessario fare riferimento al peso ideale rispetto a età razza e sesso. Si parla di obesità quando l’animale supera del 20% il peso ideale. L’animale si dice sovrappeso se supera il peso ideale per un totale < 10%, grasso esubero di peso tra 10% e 20%, obeso se supera il peso ideale di oltre 20%, grasso obeso se lo supera per oltre il 50%. Le principali conseguenze di obesità sono: 1 alterazione del carattere. 2 problemi locomotori. 3 insufficienze respiratorie. 4 insufficienza cardio‐circolatorie (per aumento della massa da irrorare e infiltrazione di grasso nel miocardio). 5 insufficienza epatica. 6 predisposizione a distocie e ipofertilità. 7 diabete. 8 problemi per chirurgia ed anestesie. 9 < resistenza a malattie infettive. 10 alterazioni gastro‐enteriche (rallentamento transito e > fermentazioni). lipomatosi: accumulo localizzato di grasso in particolari regioni del corpo dimagrimento: è una diminuzione del peso corporeo dovuta a diminuzione del pannicolo adiposo (deficit nel metabolismo lipidico e glicidico), diminuzione muscoli (deficit metabolismo proteico), perdita di liquidi (alterazione del metabolismo elettrolitico). È importante non confonderlo con disidratazione (prova della plica cutanea), atrofie muscolari e neurogene. 11 Cause del dimagrimento possono essere: difetti di assunzione, di prensione, oppure eccessivo consumo. Cause particolari sono: diabete, nefriti, gastroenteriti, neoplasie, sindromi metaboliche, parassitosi. Lo stato di nutrizione può essere: molto buono (forme sono arrotondata è difficile vedere i confini delle regioni) buono (le regioni sono distinguibili ma le prominenze ossee sono arrotondate e il disegno costale non si apprezza alla vista), discreto (evidenza di prominenze ossee e disegno costale), cattivo (eminenze ossee evidente, cute tesa e aderente ), pessimo (come il precedente più evidenza delle fosse sopraorbitarie e marcata ipotrofia muscolare). Per tono muscolare intendiamo il costante stato di contrazione dei muscoli striati in una data posizione (seduti, in piedi, ecc.); il suo aumento dipende dalla trasmissione nervosa che avviene attraverso cervello e midollo spinale. Si valuta osservando la sagomatura dei muscoli esterni. Alterazioni possono essere : riduzione del tono muscolare (per atrofie da ridotto utilizzo a causa di stati morbosi o per cause neurologiche) gli aumenti invece sono tipici degli stati spastici. L’ipotonicità muscolare in caso di turbe dell’apparato digerente è spesso interpretata come rapido dimagrimento in realtà è conseguenza di disidratazione organica (diarree). Un reale dimagrimento in realtà spesso si associa a spleniti icorose da corpo estraneo (bovini), tubercolosi acuta. Ipertonicità invece si associa a tetano, avvelenamento stricninico ecc. Per una più approfondita valutazione si può ricorrere a maneggiamenti per es. nel bovino si pratica al livello della grassella. Una delle condizioni legate a ipotonicità muscolare è il cosi detto segno di GEROSA caratterizzato da atrofia dei masseteri la cui superficie corrispondente diventa piatta e diventa molto pronunciata la cresta zigomatica. Un’altra condizione è quella di LESBOUYRIES (atrofia dei crotafiti per cui si rende evidente la fossa sopraorbitaria) tipico della tubercolosi del cane ma anche in caso di forte denutrizione e in cani nefritici. Tra le malattie che spesso causano rapido dimagrimento e perdita di tono muscolare ricordiamo: alcune parassitosi, diabete, nefriti, gastroenteriti, paratubercolosi, morva ecc. I fusi muscolari sono strutture incapsulate, collocate dappertutto nella muscolatura che riveste lo scheletro collocate internamente e parallelamente alle più vaste fibre muscolari extrafusali. Un neurone gamma innerva un fuso muscolare e un neurone alfa innerva una più ampia fibra del muscolo striato (extrafusale). Una fibra sensitiva che proviene dal fuso muscolare si inserisce nel midollo spinale su un motoneurone alfa. Quando il fuso è “caricato”, ovvero stirato, questa fibra sensitiva accresce la sua frequenza di scarica e questo incrementa il tono muscolare; quando il fuso è “scaricato”, ovvero si accorcia, il tono muscolare decresce. Quando un muscolo è stirato rapidamente anche i fusi vengono stirati e tale stretching rapido carica i fusi stessi, che inviano impulsi nervosi ai motoneuroni alfa nel midollo spinale, i quali ordinano ai muscoli di contrarsi. Quando questo avviene, i muscoli antagonisti si allungano. Se il muscolo invece è accorciato con una pressione meccanica, i fusi vengono scaricati e diminuisce la loro frequenza di scarica ai motoneuroni nel midollo, quindi il muscolo si allunga e il suo tono diminuisce. Ci sono due tipi di fusi: dinamici e statici. I fusi dinamici rispondono ai cambiamenti nella lunghezza dei muscoli prodotti dallo stiramento o dalla compressione. Quelli statici rispondono al cambiamento nelle forze di tensione nel muscolo, come ad esempio i cambiamenti nelle forze gravitazionali quando il corpo si sposta. I motoneuroni gamma funzionano primariamente a livello inconscio regolando il tono, la postura e gli aggiustamenti fini che creano il 12 background, ovvero lo scenario dei movimenti volontari prodotti attraverso i motoneuroni alfa. I due sistemi sono coattivati, il sistema gamma si attiva quando il muscolo è sottoposto a una tensione o un peso. I centri più elevati del cervello possono influenzare i motoneuroni gamma ed alfa attraverso i tratti discendenti dei nervi che viaggiano lungo la colonna. I centri cerebrali elevati possono inibire o incrementare le attività di entrambi i sistemi, alfa e gamma. In sintesi Nei muscoli si trovano particolari strutture neuromuscolari, i Fusi. Queste strutture, in seguito agli stiramenti del corpo muscolare, un impulso, attraverso i motoneuroni γ giunge alle corna sensitive del midollo spinale. Di qui partono impulsi motori che tornano al fuso determinando la contrazione del muscolo e quindi il tono (resistenza che il muscolo oppone allo stiramento. La tonicità muscolare, dunque, è legata alla parziale e permanente contrazione della muscolatura striata. Si valuta osservando la sagomatura dei muscoli esterni (devono corrispondere alla tipica sagomatura), con la palpazione (devono avere consistenza sodo‐
elastica), essa prevede pure la flesso‐estensione passiva degli arti, la prova nucale (estensione e flessione del collo più movimenti di lateralità), apertura della bocca. Condizioni che possono alterare la tonicità muscolare sono: alterazioni metaboliche, muscolari e neurologiche. L'avanzare dell’età determina una progressiva riduzione delle masse muscolari (soprattutto arti e masticatori). Per la valutazione del tono si considerano i muscoli dell'anca, anconei, colonna vertebrale, coscia, masticatori. La valutazione va eseguita in stazione e in decubito. Il tono è influenzato da; età, azza, sesso, tipo fisiologico. Nelle sindromi da motoneurone superiore il tono muscolare è conservato. Nelle sindromi da motoneurone inferiore il tono è ridotto o scomparso. Il tono muscolare può essere classificato come: normotono, ipertono, ipotono e atonico. Alterazioni possono essere : riduzione del tono muscolare (per atrofie da ridotto utilizzo a causa di stati morbosi o per cause neurologiche) gli aumenti invece sono tipici degli stati spastici. L'ipertono si manifesta con l'evidenziazione più marcata del disegno dei muscoli, estensione degli arti, retrazione addominale, opistono e movimenti involontari fissità delle orecchie. I principali movimenti involontari legati all'aumento del tono muscolare sono: fibrillazioni (sono contrazioni brevi, ritmiche e localizzate a pochi gruppi muscolari, si dicono anche mioclonie), segno di kubits (caratterizzato da contratture fibrillari, si tratta di fibrillazione del muscolo anconeo ed è un segno tipico degli stadi iniziali della pericardite traumatica del bovino), tremori (contrazioni brevi e ritmiche di diversi gruppi muscolari si possono osservare a riposo, in movimento, segmentarie, massive e distrettuale), spasmi possono essere tonici (sono prolungati e non si alternano a fasi di rilassamento) e tonico‐clonici (sono ritmici e si alternano a fasi di rilassamento), convulsioni. In caso di ipertono alla palpazione si rileva: aumento della tensione muscolare, aumento della forza del muscolo, algia, difficoltà nel compiere i movimenti, riflessi spinali e/o cranici normali o aumentati. Un es di ipertono è l’atteggiamento detto “tubo di piombo” cioè con arti estesi e muscolatura contratta. L’ipotonicità muscolare in caso di turbe dell’apparato digerente è spesso interpretata come rapido dimagrimento in realtà è conseguenza di disidratazione organica (diarree). Per una più approfondita valutazione si può ricorrere a maneggiamenti per es. nel bovino si pratica al livello della grassella. 13 Una delle condizioni legate a ipotonicità muscolare è il cosi detto segno di GEROSA caratterizzato da atrofia dei masseteri la cui superficie corrispondente diventa piatta e diventa molto pronunciata la cresta zigomatica. Un’altra condizione è quella di LESBOUYRIES (atrofia dei crotafiti per cui si rende evidente la fossa sopraorbitaria) tipico della tubercolosi del cane ma anche in caso di forte denutrizione e in cani nefritici. Ipotonia‐atonia può essere miogena (è dovuto alla perdita di funzione e disuso del muscolo per fatti dolorifici, impossibilità meccaniche ecc) o neurogena (caratterizzata da atrofia, debolezza più o meno generalizzata ecc che si manifestano con testa abbassata, flessione asimmetrica degli arti ecc). All’ispezione si nota diminuzione della tonicità, debolezza, atrofia, ptosi linguale, labbiale e mandibolare. Alla palpazione: assenza di algia, riduzione riflessi spinali, atrofia, facilità di esecuzione dei movimenti passivi. STATO DEL SENSORIO Si considera il modo in cui l’animale reagisce agli stimoli come rumori, stimoli visivi, uditivi, e nocivi, oppure il modo di scacciare le mosche. Particolari stati di eccitazione possono essere manifestati attraverso lo scuotimento della testa o della coda (saltuario o continuo) o anche particolari vocalizzi. Stati di depressione invece si manifestano con sguardo fisso, occhio infossato immobilità e assenza di riflessi. Queste caratteristiche possono però essere influenzate da quello che veniva definito temperamento. Si considera il grado di sensibilità nervosa cosciente e riflessa. La risposta cosciente si valuta a distanza osservando come l’animale si muove, lo stato di vigilanza, la risposta ai rumori ecc. La reazione agli stimoli può essere valutata anche attraverso delle manualità come l’infliggere dei colpetti al padiglione auricolare oppure punzecchiando la cute con uno spillo. La risposta a questi stimoli ci fornisce informazioni utili a valutare l’alterazione dei centri psico‐motori. L’accentuazione della risposta è frequente in alcune malattie come la rabbia furiosa oppure tetano, meningo‐encefaliti ecc. L’evocazione della sensibilità riflessa ci permette di valutare l’integrità dei centri midollari a cui gli archi riflessi fanno capo. Nel cavallo spesso si ricorre ai riflessi del garrese e della grassella strisciando la mano su queste regioni, l’animale in condizioni normali reagisce contraendo i muscoli pellicciai, nel bovino all’esecuzione della prova del garrese se il soggetto emette un gemito può indicare reticolo‐peritonite traumatica o ostruzione del reticolo. Nel cane è caratteristico il riflesso dorsale (strisciando la mano sul dorso l’animale si gratta con un arto posteriore) e pannicolare. È possibile valutare anche la risposta dei riflessi incondizionati: scialorrea, deglutizione (facendo una carezza sul dorso l’animale deglutisce), risposta alle minacce (si finge di infliggere un colpo all’animale con la mano in corrispondenza dell’occhio, in condizioni normali l’animale ammicca),corneale (si tocca la cornea), riflesso otocardico o di Roger (applicando un torcinaso all’orecchio si causa un aumento o diminuzione di 10‐12 rivoluzioni cardiache al minuto). In definitiva lo stato del sensorio si considera: NORMALE – vivace, energico, calmo (es bovini da latte) e flemmatico (nei buoi)‐ DEPRESSO – abbattimento è una diminuzione della vigilanza sia in senso recettivo che espressivo. Letargico si manifesta con forte sonnolenza, testa abbassata, plpebre bloccate e reagisce solo a stimoli energici. Stupore stato di vigilanza depresso, perdita di coscienza, immobilità sonno profondo e in decubito costante.‐ ECCITATO ‐ ansia o apprensione: l’animale attento e vigile si guarda continuamente in torno ed è normale nei movimenti, irrequietezza o sofferenza: l’animale è agitato, si muove costantemente – MANIACALE – caratterizzato da manifestazione parossistiche e esagerate (lambimenti, raspamenti, movimenti a scatto, vocalizzi continui, ecc.)‐ AGGRESSIVO‐ reazioni impreviste e incontrollate contro le persone che si avvicinano. 14 ATTEGGIAMENTI E SGNI PARTICOLARI Ci sono alcuni atteggiamenti che l’animale può assumere che ci possono instradare verso la diagnosi. Per esempio nella regione della testa si può notare deviazione del labbro in caso di paresi o paralisi del facciale, procidenza della lingua nelle glossiti granulomatose e paralisi dell’organo, apertura permanente della bocca in caso di paralisi della mandibola (trigemino), procidenza della terza palpebra nel tetano e avvelenamento da stricnina. In alcuni muscoli della testa si possono vedere contrazioni ritmiche in caso di cimurro. Il segno è un’alterazione obiettiva di tipo anatomico manifestata dall’animale ammalato. L’atteggiamento è la posizione che l’animale può assumere spontaneamente o involontariamente in relazione a una patologia. Gli atteggiamenti e i segni particolari si valutano: in stazione, in decubito e in movimento. Es. di segni: Gerosa (atrofia dei masseteri) e Lesbouryes (atrofia dei crotafiti). Segno di Dernhofer: turgore delle vene auricolari, è un segno di pericardite traumatica del bovino. Nelle compressioni endocraniche si può vedere testa abbassata o deviazione della stessa (compressioni localizzate) o otiti parassitarie. Nel cavallo in caso di tossinfezione autogena intestinale si può vedere incuneamento della testa in angoli del box tanto da provocarsi escoreazioni oppure si può notare deviazione del collo in caso di traumi. Aspetti significativi del dorso sono le false cifosi (incurvamento) nella reticolo‐peritonite e pericardite. Rigidità e deviazione della colonna vertebrale si riscontrano nelle lesioni tubercolari delle vertebre dorsali e lombari, nelle spondiliti traumatiche, nella pachimeningite ossificante del cane. Nella « Fluorosi » una intossicazione legata alle alterazioni determinate sui foraggi , oltre a particolari alterazioni ossee, si riscontrano in tale forma evidenti deviazioni della colonna ver‐
tebrale. Nell'idrocefalo cronico si osserva tendenza all'incrociamento degli arti anteriori. Gli arti anteriori si presentano divaricati nelle pericarditi e nei gravi processi toracici che comportano inspirazioni forzate. Arti anteriori ravvicinati con divaricamento degli arti posteriori e distensione della coda si osservano nell'infezione tetanica. Contrazioni generalizzate di tutti i muscoli possono osservarsi nel tetano, nell'avvelenamento stricnico, nel reumatismo muscolare acuto. È caratteristico il quadro spastico‐convulsiva dell'accesso epilettico. Una particolare retrazione dell'addome si osserva nell'adenite dei linfonodi mesenterici del cavallo e nell'enterite paratubercolare dei bovini. Le raccolte addominali fanno pure assumere un volume ed una forma particolare all'addome. Le metriti croniche dei carnivori domestici determinano un aumento di volume dell'addome più espanso nelle regioni antero‐laterali. Atteggiamento prolungato di urinazione presenta la vacca con cistite, pielonefrite bacillare e metrite acuta. Premiti e tenesmo retto‐vaginali si riscontrano nelle perforazioni dolose od accidentali con interessamento peritoneale ed anche nella rabbia dei bovini. Nell'animale in movimento si apprezza atassia locomotoria nei processi anatomici cerebellari ed anche in conseguenza di fatti intossicativi di origine alimentare od infettiva. 15 Movimenti abnormi unilaterali (di maneggio, a zig‐zag o di arpeggio) si osservano nelle cisti parassitarie del cervello e del cervelletto dei bovini (sintomi a focolaio). Nel cavallo con idrocefalo od altri fatti compressivi generalizzati endocranici si nota impossibilità di retrocessione. Nell'animale in decubito è caratteristico l'atteggiamento della testa appoggiata sulla spalla nel collasso puerperale, in certe forme di afta nervosa e negli stati comatosi in genere. Nella mioglobinuria parossistica del cavallo, in un primo tempo, l'animale rimane come seduto e cogli arti posteriori in semiflessione tenta inutilmente di rialzarsi. Nell'animale in stazione ed in movimento si osservano atteggiamenti speciali nella sindrome colica del cavallo. La paresi e la paralisi degli arti che possono riscontrarsi primitivamente e secondariamente in molte malattie infettive ed in varie intossicazioni degli animali, si presentano con atteggiamenti significativi. Molto dimostrativo è il quadro della encefalomielite enzootica dei suini (morbo di Teschen). Fra i segni particolari, ricorderemo le contratture fibrillari dei muscoli anconei quale segno precoce di pericardite acuta del cavallo. Nell'apprezzamento di questo segno, bisogna però escludere i tremori muscolari determinati da altre cause, quali raffreddamenti, prolungato decubito od altre circostanze in cui si può osservare il tremore soltanto a carico dei muscoli suddetti. La turgescenza della vena speronaria (sita ai lati dello sterno), detto segno del Magazzari, può rappresentare una manifestazione collaterale dell'enfisema polmonare cronico, ed è dovuta a difficoltà del circolo di ritorno, può accompagnarsi ad edema. Il rilasciamento dei legamenti sacroischiatici, rappresenta un sintomo premonitore del parto o dell'aborto. Fra i segni di rilievo da tener presenti sono importanti quelli relativi allo stato preagonico o segni di « morte prossima ». Il bulbo oculare infossato, la scomparsa od il ritardo dei riflessi palpebrale e corneale, la permanente abnorme dilatazione delle narici (narici a tromba), costituiscono già un gruppo di elementi significativi a questo riguardo. Ricorderemo infine il polso impercettibile e la temperatura del corpo che rapidamente scende sotto la norma. Facies sardonica (orecchie dritte, immobilità delle narici, trisma mandibolare, procidenza della membrana nittitante, nel cane e nel cavallo la contrazione dei muscoli facciali e delle labbra causa l’esposizione dei denti) o di riso sardonico del tetanico, la facies dolorifica (sguardo fisso con midriasi, bruxomania, labbra stirate accompagnate da gemiti e lamenti) dei gravi accessi dolorifici delle coliche del cavallo, « facies hippocratìca » (aspetto incavato degli occhi, delle guance e della zona temporale) dello stato preagonico. Facies da ippopotamo: si verifica per reazione allergica dopo puntura di insetto, si osserva edema labbiale, edema del muso, edema palpebrale accompagnati da edema dei padiglioni auricolari, vaginale. Facies da rinoceronte: edema del piano naso labbiale del muso dovuto a stasi conseguente a difficoltoso circolo di ritorno. Facies leonina: si verifica in caso di ipotiroidismo ed è dovuta a ritenzione locale di liquidi. Facies rabdica: paralisi mandibolare, procidenza terza palpebra, scialorrea e sguardo stuporoso. 16 Deviazioni della testa rispetto al collo sono: torcicollis è una deviazione della testa rispetto al piano sagittale mediano in caso di sindrome vestibolare o lesioni espansive degli emisferi cerebrali. Emprostotono, caratterizzato da testa abbassata, si verifica in caso di compressioni endocraniche. Opistotono, testa portata all’indietro a causa di una contrazione dei muscoli cervicali per es. dovuto a: collasso puerperale, tetano e meningiti. Pleurostotono è una posizione di autoascultazione, la testa è portata lateralmente sul collo per es. in caso di collasso puerperale nella bovina o di coliche (cavallo). Testa estesa sul collo , la testa viene portata al vento, è tipico di fame d’aria delle gravi broncopneumopatie. Atteggiamento d’ascolto testa portata in posizione elevata con orecchie dritte frequente in caso di tossiemia gravidica, bse e scrapie (pecora). La testa è portata estesa anche in caso di sialoadeniti che comportano formazione di cisti nella regione intermascellare. CUTE CONNETTIVO E SOTTOCUTE L'osservazione della cute e del connettivo sottocutaneo si propone l'apprezzamento di eventuali alterazioni cutanee secondarie a processi di ordine generale, come pure la messa in evidenza di lesioni primitivamente locali che debbono poi indurre ad un esame particolare dell'apparato tegumentario cutaneo del quale fa parte l'esame microscopico delle croste. Uno sguardo d'insieme sul soggetto, deve innanzi tutto riflettersi sulle condizioni del pelo nei riguardi della sua lunghezza, lucentezza, uniformità e direzione (e cioè se irto od adagiato sulla pelle). Tutto questo tenendo conto della stagione e delle condizioni di vita ambientale del sog‐
getto in esame. Nelle stagioni fredde l'allungamento ed il raddrizzamento del pelo rappresentano dei mezzi di autoprotezione dell'organismo animale; negli animali tenuti allo stato brado od al pascolo è frequente osservare il pelame lungo, opaco e bruciaticcio in conseguenza delle vicissitudini atmosferiche o dei raggi solari. In condizioni normali di vita stabulogena, il pelo opaco, secco ed irto (orripilazione) sono indici di condizioni patologiche generali di svariatissima origine. Specialmente nel bovino, alla orripilazione permanente o manifestantesi in determinati periodi della giornata, va attribuita una particolare importanza semiologica (stato febbrile, sensazioni dolorifiche, ecc.). Sulla cute regolarmente ricoperta da pelo lucido ed adagiato, possono osservarsi delle orripilazioni parziali a piccoli ciuffetti di peli o delle zone cutanee sopraelevate rotondeggianti del diametro di uno o più cm. (pomfi e placche cutanee). Sotto questo aspetto possono rivelarsi o condizioni di squilibrio generale da alterato ricambio o da intossicazione di origine alimentare o da anafilassi (orticaria), o malattie protozoarie come il morbo coitale maligno, come pure fasi iniziali di dermopatie parassitarie (acariasi e tricofitosi). La discriminazione di queste diverse eventualità comporta la ricerca di altri elementi di origine generale e particolare ed accertamenti locali. Il colore della pelle è apprezzabile solo nelle zone sprovviste di pelo e depigmentate; possiamo osservare pallore, arrossamento, pigmentazioni anormali come nell'ittero. Sulle superfìci pigmentate si possono manifestare delle depigmentazioni patologiche; come nel morbo coitale maligno agli organi genitali. Notevole importanza riveste anche l’elasticità lo spessore della pelle rilevabile in determinate zone (regioni del collo, delle spalle e del costato); essa può risultare uniformemente ingrossata ed indurita (sclerodermia), molto aderente al connettivo sottocutaneo quindi difficilmente sollevabile in pieghe, oppure tenera, untuosa, elastica e ben sollevabile. 17 Talvolta la plica cutanea facilmente provocata permane per un tempo più o meno lungo; tale stato di ipoelasticità o di anelasticità cutanea ha significato di particolare gravità delle condi‐
zioni generali (gravi stati di denutrizione, intossicazioni croniche, periodo preagonico, ecc.). Sulla superficie cutanea si possono osservare superfici più o meno estese di depilazioni (alopecie), circolari o irregolari in dermopatie di natura parassitaria, microbica, tossica o traumatica, con presenza o meno di croste, escoriazioni, ulcerazioni, corde linfatiche, ecc. Va pure considerata la sudorazione che può manifestarsi diffusa ed abbondante durante il lavoro e per eccitazioni psichiche, ma anche per gravi forme morbose (setticemie, coliche, ecc.). Di particolare importanza diagnostica si presenta il sudore localizzato a determinate regioni o non presente in determinate parti. Nel decorso di una colica di cavallo da replezione gastrica la sudorazione è localizzata alle regioni della testa, del collo e delle spalle; nelle paresi o paralisi di un arto, nelle emiplegie, od in seguito a trombosi delle arterie iliache, si può osservare sudo‐
razione presente solo nelle parti del corpo non colpite. Il calore della pelle, non uniformemente distribuito, rappresenta un elemento semiologico d'ordine generale. Viene empiricamente attribuito più valore di quanto non ne abbia al raffreddamento della base dei padiglioni auricolari nello stato febbrile dei bovini. Hanno più significato il calore abnorme della base delle corna agli effetti di una sinusite acuta e quello della parete degli zoccoli nelle podoflemmatiti. L'odore della cute può in certi casi acquistare un certo valore; urinoso nell'iperazotemia, di acetone nel diabete e nell'acetonuria, acre e ripugnante nella rogna demodettica ed in certe forme di cimurro cutaneo del cane. Sulla superficie cutanea, specie nelle zone sprovviste di peli, sono poi apprezzabili le lesioni elementari e secondarie delle malattie esantematiche e delle dermopatie infettive quali le vescicole, le bolle, le pustole, i noduli, i pomfi, le macchie emorragiche, le ulceri, le croste e le cicatrici. Nel connettivo sottocutaneo si possono riscontrare delle raccolte trasudative (edemi), gassose (enfisema sottocutaneo) ed essudativo‐purulente (flemmoni). La pelle delle labbra e dei bordi delle narici è elettivamente interessata nel vaiolo equino ed ovino e nella stomatite vescicolo‐pustolosa delle pecore. La secchezza del musello dei bovini, della punta del naso del cane e del grugno del suino, denotano uno stato patologico. Nelle regioni della testa e del collo la pelle è frequente sede di processi parassitari (rogna sarcoptica del cavallo, della pecora, del gatto e del coniglio; rogna demodettica del cane). Nel cavallo la pelle della testa, del collo e delle spalle è frequente sede di una particolare forma di dermatite estiva a sfondo allergico di difficilissima guarigione. Di particolare importanza è pure l'esame cutaneo della superficie interna del padiglione auricolare e del primo tratto del condotto uditivo esterno. Spesso si possono evidenziare processi infiammatori comuni o di natura parassitaria. Sulla pelle delle regioni parotidea e della gola dei bovini si possono manifestare le ripercussioni di processi actinobaciliari del sottocute o dei linfonodi regionali. Sulle regioni cutanee retroauricolari, sopraorbitali e delle guance del gatto, sono frequenti a riscontrarsi localizzazioni tubercolari. Nella regione dell'entrata del petto dei bovini è riscontrabile il così detto edema della giogaia, espressione di un grave ostacolo del circolo di ritorno e particolarmente significativo per la pericardite traumatica. In questa sede si notano inoltre le tracce di interventi vaccinali. 18 La regione della criniera (come quella della base della coda) può essere sede della rogna psoroptica o demodectica del cavallo. La pelle delle regioni dei pastorali è interessata caratteristicamente dalla rogna simbiotica o corioptica del cavallo e delle pecore. La pelle della faccia interna delle cosce è sede elettiva dell'esantema papulo‐vescicolo‐
pustoloso del cimurro del cane. Le prime manifestazioni esterne a carattere edematoso di gravi disturbi di circolo e di disfunzioni renali si hanno nel cavallo nelle regioni scrotale, sternale ed addominali inferiori e nel cane nel sottocutaneo prepuziale. Sulla pelle della mammella riscontriamo lesioni vaiolose ed aftose nella vacca e nella pecora. Alle regioni ascellari ed inguinali del cane la pelle ingrossata e pigmentata assume un particolare aspetto simmetricamente pieghettato nella « acanthosis nigricans ». Sulla pelle del dorso dei cani vecchi si manifesta frequentemente un eczema cronico crostoso con caduta graduale del pelo, molto spesso in relazione a nefropatie croniche. Le malattie infettive dei maiali sono spesso accompagnate da arrossamenti ed emorragie cutanee quando è presente ha un particolare valore diagnostico agli effetti del malrossino il pomfo di forma quadrangolare. Sulla regione del dorso dei bovini si riscontrano, particolarmente in certe località e negli animali tenuti allo stato brado o su pascoli boschivi, dei noduletti sottocutanei che racchiudono le larve dell'hipoderma bovis. Vescicole ed ulcere aftose si possono riscontrare nei ruminanti nello spazio interungueale ed alla base delle corna; lesioni nelle stesse sedi e sulla pelle può determinare anche la febbre catarrale maligna. Importanti e caratteristiche le lesioni linfangitiche a carattere nodulare ed ulceroso (farcino criptococcico, morva, ecc.). Frequenti le papillomatosi cutanee nei bovini e nei cani. Caratteristiche le lesioni cutaneo‐
sottocutanee del granuloma di Roeckl dei bovini. MUCOSE APPARENTI Lo stato delle mucose apparenti ci evidenzia molte e profonde alterazioni organiche ed in particolare le alterazioni del circolo sanguigno. Le mucose che andiamo ad osservare sono: la mucosa oculo‐congiuntivale, nasale, boccale e vaginale. L'esame della mucosa oculo‐congiuntivale nel cavallo si esegue: ponendo una mano sul dorso del naso (la sinistra se si osserva l’occhio sinistro e viceversa), mentre l'indice dell'altra mano viene posto sulla palpebra superiore, per far ruotare il bulbo oculare, e con il pollice si abbassa la palpebra inferiore. In questo modo si ha la procidenza della terza palpebra, di cui andremo a valutare la mucosa. Successivamente rovesciamo leggermente le palpebre superiore ed inferiore e ne valutiamo le mucose. In questo modo potremo osservare la mucosa oculare e le altre componenti dell'occhio (sclerotica, iride, pupilla, camera anteriore, cornea), ed evidenziare anche alcune alterazioni come la midriasi (abnorme dilatazione della pupilla) o la cheratite (opacamente della cornea). Nel bovino la messa in evidenza della mucosa oculo‐congiuntivale è più complicata e spesso è necessario usare entrambe le mani: con un pollice si fa roteare il bulbo oculare e con l'atro si abbassa la palpebra inferiore. Per l'osservazione della sclerotica si fa roteare il bulbo oculare e si devia la testa dell'animale nella direzione opposta all'esaminatore: l'osservazione della sclerotica è importante per evidenziare il sub‐ittero. 19 Nel cane e nel suino questa procedura è molto semplice. Nel suino è uno dei pochi rilievi che si possono fare. L'esame della mucosa nasale del cavallo viene effettuato utilizzando il pollice e l'indice come una pinza, per dilatare le narici. Stimolando la mucosa nasale il cavallo è portato a sbruffare espellendo il materiale presente nelle narici. Per questo motivo è necessario porsi ai lati dell'animale e non di fronte. L'infezione morbosa e lo streptococco dell'adenite equina sono molto pericolosi per l'uomo, quindi in presenza di scolo nasale è consigliata prima l'esplorazione dei linfonodi intermascellari prima di esaminare le cavità nasali. La mucosa nasale nel bovino è difficilmente esplorabile per la rigidità delle narici e per la pigmentazione, spesso presente, della mucosa. L'esame della mucosa boccale si deve accompagnare con l'esame completo della bocca. L'esame della mucosa oculo‐congiuntivale, data la ricca vascolarizzazione, ci permette di valutare il circolo sanguigno periferico e dei vasi precapillari. Bisogna però differenziare la congestione locale dalla congestione generale, sarà quindi utile la presenza di essudato ed il confronto con le altre mucose esplorabili. La mucosa oculo‐congiuntivale normalmente è lucida e di colore roseo‐chiaro. In condizioni patologiche può apparire più pallida del normale e meno lucente. La mucosa si presenta di colore bianco porcellana in seguito a forti emorragie. La mucosa si presenta congesta quando il circolo sanguigno è aumentato di intensità o presenta notevole difficoltà. La mucosa si presenta rosso mattone in seguito a gravi condizioni generali e intossicazioni. Alla congestione delle mucose può far seguito la cianosi, il cui colorito va dal violaceo al paonazzo. In questo caso siamo di fronte ad uno stato preasfittico; per difficoltosa ematosi di origine ematica o polmonare od extrapolmonare si è stabilito un eccesso di emoglobina ridotta ed un accumulo di anidride carbonica nel sangue, quindi si viene a creare gradualmente una condizione incompatibile con la vita. Questo rilievo è accompagnato da forte dispnea. Si possono osservare anche emorragie come: piccoli puntini rossi (petecchie), macchie circoscritte (ecchimosi) o vaste infiltrazioni sanguigne (soffusioni). Queste sono dovute a processi tossici e tossico infettivi acuti. La mucosa oculo‐congiuntivale può evidenziare anche la colorazione sub‐itterica. Il processo può avere un origine primitivamente epatica per alterata funzione degli epatociti o per difficoltoso deflusso della bile, ed un origine ematica (ittero emolitico) per distruzione di globuli rossi. Tutte queste colorazioni patologiche possono essere evidenti anche a livello delle altre mucose esplorabili. L'esame della mucosa nasale può evidenziare lesioni locali come: vescicole, pustole, noduli, ulcere o cicatrici. L'esame della mucosa buccale va fatto con metodo. Prima viene esaminato il vestibolo della bocca, sollevando le labbra senza aprire la bocca; in questo modo osserveremo l'aspetto, il colore, l'umidità, temperatura della mucosa in rapporto ad alterazioni di circolo od a processi infiammatori; osserveremo la presenza di eventuali lesioni superficiali o profonde (vescicole, ulcere, ecc) e l'eventuale presenza di tinta itterica o sub‐itterica. L'apertura completa della bocca si effettua nel cavallo e nel bovino, introducendo le dita tra gli incisivi e i molari, estraendo poi la lingua da un lato e dall'altro. Quindi si osservano le condizioni della lingua stessa, del palato e della mucosa delle guance. La secchezza della mucosa boccale è particolarmente presente nei processi febbrili. L'esame della bocca nel cane va fatto prendendo delle precauzioni. Per prima cosa si spingono con le dita i tessuti molli della guancia sulle arcate dentarie e così si può eseguire un sommario esame della bocca aperta. Per un esame più completo bisogna applicare due lacci, uno sulla mandibola e l'altro sul mascellare superiore, e tirare gradualmente i lacci. Per abbassare la lingua ed osservare il retrobocca si può usare un cucchiaio. Nel cane è caratteristica una stomatite ulcerosa, con bava emorragica ed odore nauseabondo: questo reperto può essere presente in alcune forme di leptospirosi canina, ma 20 più spesso si riscontra nelle sindromi gastroenteriche di origine renale (tifo del cane). L'esame della mucosa vaginale va eseguito in tutti gli animali. Ittero A seconda della tonalita della mucosa in corso di ittero, questo potrà essere definito: flavinico: caratterizzato da un colorito giallo chiaro dovuto ad accumulo di bilirubina diretta, è frequente in caso di emolisi (pre‐epatico) rubinico: la tonalità sarà tendente al rosso, è un riscontro frequente in corso di leptospirosi ittero‐emorragica verdinico: si riscontra di frequente nelle stasi biliari, la tonalità della mucosa è verdastra. È dovuto all’ossidazione della bilirubina in biliverdina (post‐epatico) LINFONODI ESPLORABILI Il linfonodo rappresenta un punto di blocco per le infezioni locali che diffondono per via linfatica, e per le infezioni generali che diffondono per via ematica. Il linfonodo all'arrivo dei microrganismi o dei virus, attiva i suoi meccanismi di difesa ed aumenta di volume. Non sempre però la funzione di difesa e di arresto del linfonodo e del tessuto linfatico in genere raggiunge lo scopo o per la quantità degli agenti infettanti o per una particolare loro azione patogena capace di neutralizzare l'azione degli elementi morfologici del linfonodo stesso; in tal caso l'infezione può procedere e diffondersi, senza una reazione palese apprezzabile dall'esterno. In altri casi il linfonodo che reagisce e che arresta, tempestivamente o definitivamente un processo infettivo, cade esso stesso vittima del processo che vi si è insediato. Inoltre il linfonodo può essere sede di malattie sue proprie (leucomi) nelle quali si determina una proliferazione abnorme dei suoi elementi costitutivi, o anche di neoplasie primarie o secondarie. Con il termine di adenopatia si indica genericamente l'interessamento linfonodale che non siamo in grado di stabilire se di carattere infiammatorio, proliferativo o neoplastico. Con esame dei linfonodi mediante palpazione andremo a valutare: il volume, la consistenza, la fluttuazione, la temperatura, la superficie e l'aderenza da essi contratta coi tessuti circostanti e con la pelle. I linfonodi si apprezzano attraverso ispezione e palpazione, si valutano: • sede • volume • temperatura • dolorabilità • consistenza • superficie • mobilità • simmetria Nel cavallo il pacchetto linfonodale esplorabile in condizioni normali è quello intermascellare e i laterocervicali (nella ragione dell’orecchio). Quando ingrossati sono apprezzabili anche i linfonodi retrofaringei e inguinali superficiali. Nel bovino i linfonodi esplorabili in condizioni normali sono i prescapolari, i precrurali e non sempre i sopramammari. I linfonodi intermascellari sono difficilmente apprezzabili perché avvolti dalle omonime ghiandole salivari, per cui sono palpabili solo se aumentati di volume; così anche i linfonodi preparotidei, retrofaringei, cervicali medi ed inferiori, quelli della fossa del fianco ed altri. Attraverso l’esplorazione rettale si possono apprezzare anche gli iliaci interni. Nei carnivori domestici vanno ricercati i sottomascellari, i perifaringei e retrofaringei, i prescapolari, i poplitei ed eventualmente gli inguinali (se ingrossati). È anche possibile esplorare dall'esterno i linfonodi addominali quando ingrossati. Nei grossi animali l'esplorazione dei linfonodi addominali viene effettuata per via rettale. 21 Nei suini si esplorano gli intermandibolari, i poplitei, e gli inguinali (in caso di peste suina). A questi linfonodi, se ne devono aggiungere altri in sedi non fisse, che si rendono manifesti solo in seguito a determinati processi morbosi. Così nei casi di leucosi sono riscontrabili, a livello sottocutaneo, delle tumefazioni rotondeggianti, mobili e lisce che si accompagno all'adenopatìa di tutti i linfonodi comunemente esplorabili. Nelle leucosi (linfatica, mieloide e monolitica, leucemica ed aleucemica) i linfonodi sono sistematicamente interessati, aumentati di volume, freddi, indolenti, staccati, a superfìcie liscia ed uniforme. Nella tubercolosi risultano aumentati non simmetricamente, freddi duri, spesso bernoccoluti, a superficie irregolare. Caratteristiche dei linfonodi nelle più comuni patologie: Cavallo Bovino Cane 22 TEMPERATURA NB le femmine possono avere una temperatura leggermente più alta rispetto ai maschi. Fattori che tendono a portare la temperatura verso il minimo indicato e al disotto di esso di qualche decimo di grado sono: la stagione fredda, il mattino, l'età avanzata, il digiuno, l'indigestione di acqua fredda. Il parto imminente può determinare abbassamento della T°. Fattori che tendono aumentare anche di mezzo grado la temperatura sopra il massimo indicato sono: la stagione calda, gli ambienti sovrariscaldati, la digestione in atto, il tardo pomeriggio, l'età giovanile e il lavoro. L'aumento della temperatura del corpo costituisce il dato più significativo della febbre. La temperatura febbrile è dovuta stimoli particolari che si esercitano sui centri termoregolatori con conseguenti ripercussioni vasomotorie. I fattori che intervengono nel determinismo dell'iperpiressia febbrile hanno una origine nervosa, endocrina ed anche muscolare. Sui centri termoregolatori possono agire tumori ed infiammazioni del tuber cinereum e del corpo striato, compressioni e sostanze chimiche varie (tossine batteriche, proteine eterogenee, sostenze piretogene di natura animale, vegetale e minerale). Può manifestarsi uno stato febbrile anche in conseguenza di emorragie interne e di ascessi anafilattici. All'aumento della temperatura, nel processo febbrile, si accompagnano manifestazioni collaterali: aumento di frequenza del polso e del respiro. La frequenza del polso aumenta di 8 pulsazioni per ogni grado di temperatura in aumento. Nel decorso di una malattia, il quadro termo‐cardiorespiratorio, costituito da tre diagramma indicanti temperatura, frequenza del polso e del respiro calcolati due o tre volte al giorno contemporaneamente, costituisce uno specchio significativo dello stato generale del soggetto in osservazione. Con il processo febbrile compaiono nel soggetto ammalato altre manifestazioni più o meno evidenti a seconda degli individui, delle razze, delle specie animali e principalmente in conseguenza dei diversi fatti morbosi. Così si potrà osservare abbattimento (depressione del sensorio), anoressia, irruminazione; nella fase iniziale è spesso manifesto qualche tremore muscolare generalizzato ed orripilazione; il musello dei bovini o la punta del naso del cane si presentano asciutti. L'inizio del processo febbrile nei bovini è accompagnato da raffreddamento della base delle orecchie e della base delle corna. Nell'insorgenza del processo febbrile abbiamo un periodo di ascesa della temperatura, un periodo di fastigio o di massima temperatura ed un periodo di defervescenza che può avvenire 23 per crisi cioè in poche ore o per lisi cioè impiegando da uno a più giorni. La defervescenza per crisi può essere accompagnata da poliuria e sudorazione. In base al decorso del processo febbrile consideriamo: ‐ una febbre continua, con differenze giornaliere di temperatura non superiori ad un grado ‐ una febbre continua remittente, con differenze giornaliere superiori ad un grado ‐ una febbre intermittente, in cui ogni giorno abbiamo febbre con fasi apiretiche ‐ febbre ondulante o ricorrente, quella in cui periodo di più giorni di febbre continua o remittente, si alternano con periodi apiretici. È atipico il decorso di un processo febbrile quando non segue regole precise. La curva febbrile di typus inversus è quella in cui si osserva, contrariamente alla norma, un rialzo termico mattutino, anziché serale. Le febbri vengono considerate: ‐ lievi: + 1°C rispetto al limite massimo fisiologico ‐ moderate: da +1,7°C a + 2,2°C + 1° rispetto al limite massimo fisiologico ‐ altissime o iperpirettiche: da + 2,8°C a + 3,3°C + 1° rispetto al limite massimo fisiologico . Tra queste ricordiamo le febbri influenzali dei bovini. Ipotermie possono manifestarsi negli stati preagonici, nelle condizioni di eccessiva denutrizione (cachessia), in certe intossicazioni di origine microbica ed in altre di origine chimica esogena ed endogena (es. uremia, acetonemia) A volte può risultare difficile stabilire se la temperatura di un soggetto va considerata fisiologica oppure no, in tal caso può essere d’aiuto rilevare la temperatura di altri individui dello stesso gruppo. POLSO Cavallo 30‐40 (secondo alcuni 28‐46) (puledro <1 sett 60‐120; da 1 a 6 sett 40‐60) pulsazioni al minuto Bovino 50‐70 (secondo alcuni 60‐72) (vitello 80‐120) Cane 60‐80 (taglie piccole: 60‐180; taglie grandi: 60‐140; cuccioli fino a 220) Maiale 70‐80 Pecora 70‐80 Capra 70‐90 (capretto 100‐120) Prendiamo in considerazione la frequenza delle pulsazioni arteriose. L'esame del polso arterioso, nel cavallo, si compie mediante la palpazione dell'arteria mascellare esterna. Ci si pone alla sinistra dell'animale, e percorrendo con la punta delle dita della mano destra il margine interno della mandibola si percepisce facilmente il cordone vascolare; allora si comprime lievemente il cordone sul tavolato osseo fra la punta dell'indice e del medio, mentre il pollice preme sulla pelle corrispondente al margine esterno della mandibola stessa. Nell'impossibilità del prelievo sulla mascellare esterna si può ricorrere all'arteria collaterale dello stinco. Nel bovino l'apprezzamento delle pulsazioni arteriose va fatto alla mascellare esterna. Nel bovino magro sono facilmente percepibili anche le pulsazioni dell'arteria ascellare, all'entrata del petto, al margine della 1° costa. Nel maiale e nel cane le pulsazioni arteriose si apprezzano all'arteria femorale. La frequenza del polso tende verso il massimo e oltre in correlazione alla giovanissima età, alla piccola taglia, al sesso femminile, alle alte temperature, ai processi febbrili, eccitazioni nervose, fatti dolorifici, lavoro muscolare, digestione laboriosa e altri fatti. Bradicardia= diminuzione della frequenza del polso Tachicardia= aumento delle frequenza del polso 24 RESPIRO L’alterazione della frequenza respiratoria è indice di problemi all’apparato respiratorio o alterazione di equilibrio tra O2 e CO2 nel sangue. Cavallo 10‐14 atti respiratori al minuto Bovino 12‐18 Cane 16‐18 Suino 15‐20 Calcoliamo la frequenza respiratoria nei grossi animali ponendoci di fianco al soggetto, davanti o dietro, con lo sguardo tangente alla parete toraco‐addominale e contando con l'orologio alla mano il numero degli atti respiratori che l'animale compie in un minuto. Si ripercuotono sulla frequenza respiratoria: l'età, il sesso, la taglia, la temperatura ambientale, la digestione.
GRANDI FUNZIONI ORGANICHE Somministriamo alimento e bevande all'animale per valutare come avviene la prensione e la masticazione degli alimenti, se è normale o se è ostacolata la deglutizione, se esiste rigurgito anche parziale delle bevande. Si dovrà notare se vi è ripugnanza assoluta verso gli alimenti (anoressia) o soltanto poca appetibilità (disoressia). Defecazione ed orinazione potranno essere valutate, quando sarà possibile. È necessario anche far camminare l'animale per valutarne la deambulazione. 25 ESAME DEL DIGERENTE L’esame dovrebbe essere iniziato sempre porgendo all’animale cibo e acqua, per valutare la prensione, la masticazione e la deglutizione, nei ruminanti anche la ruminazione. Appetito In condizioni fisiologiche l’appetito può aumentare o diminuire in base al tipo di alimento (un alimento sapido sarà consumato in maniera più abbondante e veloce rispetto a uno meno sapido o alterato), oppure si possono riscontrare differenze di appetito da soggetto a soggetto. Le variazioni patologiche dell’appetito possono comportare • Appetito diminuito (disoressia) Può essere dovuto a una malattia del digerente, a un processo morboso febbrile oppure a una malattia interna • Appetito capriccioso Generalmente dovuto a malattie croniche del digerente • Assenza di appetito (anoressia) Influisce in maniera negativa sulla prognosi • Appetito abnormemente aumentato (polifagia) È tipico di certe malattie (diabete e elmintiasi) Sete In condizioni fisiologiche varia da soggetto a soggetto, oppure in relazione al tipo di dieta (secca o umida) oppure alla stagione o al lavoro. Assunzione media di liquidi Cane e gatto: 6‐25 ml\kg\die Æ oltre i 100 ml\kg\die si parla di polidipsia Bovini: 50‐80 lt\die (se alimentati con cibi secchi) 25‐50 lt\die (alimentati con foraggi verdi) Diminuzioni della sete (adipsia) possono verificarsi in corso di malattie lievi dello stomaco o intestino, malattie con alterazioni della coscienza oppure malattie acute febbrili Aumento della sete (polidipsia) può verificarsi in caso di disidratazione (diarrea vomito sudorazione ecc.), oppure diabete, nefrite cronica e versamenti che si istaurano in maniera rapida e improvvisa (pleurite, peritonite ecc) Degenerazione del gusto (pica) Per pica si intende l’assunzione da parte degli animali di sostanza non appetibili o corpi estranei. In condizioni patologiche si osserva: nei bovini allevati su terreni troppo sciolti o argillosi. In questi casi gli animali si presentano dimagriti e cercano di fagocitare i vestiti degli uomini, leccano le pareti, il terreno ecc. questo sembra che sia dovuto a una mancanza di Sali di calcio nei terreni in questione e quindi nei prodotti che vi sono coltivati. Le pecore leccano la lana in caso di osteomalacia, rachitismo. I cani non disdegnano di mangiare le feci. 26 Spesso la pica si verifica transitoriamente nel corso di affezioni del digerente, in corso di malattie generali o per mancanza di Sali di calcio e cloruro di sodio. Gli animali rabdici ingeriscono qualsiasi sostanza. Sbadiglio In condizioni fisiologiche si può osservare nei cani come segno di noia, fame, oppure dopo una lunga dormita, nel cavallo si può vedere dopo un pasto abbondante. In condizioni patologiche si può osservare in caso di catarro gastrico, epatite cronica, malattie del cervello(encefaliti, meningo‐encefaliti) e rabbia nel bovino (sbadiglia per ore). Prensione di cibo e bevande Equini e ovicaprini assumono il cibo prendendolo con le labbra e portandolo sotto le arcate molari con la lingua e le guance, i bovini prendono l’alimento con la lingua mentre i carnivori con gli incisivi e i canini. Le bevande invece sono assunte da equini e ruminanti immergendovi all’interno la rima labbiale leggermente beante e facendo dei movimenti avanti e indietro con la lingua, mentre i carnivori la assumono usando la lingua a mo’ di cucchiaio. Equini e ovi‐caprini in caso di edema di labbra hanno problemi a prendere il cibo e lo fanno a guisa di cane, cosi fanno anche le vacche in caso di problemi alla lingua. La prensione è ostacolata o impedita anche in caso di ridotta motilità del mascellare inferiore (paresi del trigemino, lussazione temporomandibolare ecc.). L’assunzione del cibo da terra risulta ostacolata in caso di, dolorabilità della muscolatura della nuca, lesioni alle vertebre cervicali e perdita di vista e olfatto. Nei carnivori la prensione di acqua è ostacolata in caso di lesioni alla lingua (glossite, paralisi, corpi estranei), in questi casi la assumono con movimenti del mascellare inferiore. Per gli altri animali l’ostacolo maggiore alla prensione dell’acqua è rappresentato dalle affezioni delle labbra, ridotta motilità del mascellare inferiore, malattie dei muscoli di nuca, in questi casi bevono immergendo il muso in acqua fino al naso estraendolo ogni tanto per respirare. Alterazione della masticazione La masticazione si compie alzando e abbassando il mascellare inferiore al quale sono impressi anche movimenti antero‐latero‐posteriori. Alterazioni possono consistere nella alterazione della frequenza di questi movimenti, essa varia di specie in specie e da soggetto a soggetto oppure in rapporto all’appetibilità del pasto ecc. Tuttavia cavalli e bovini compiono in media 70‐
100 movimenti al minuto. La masticazione sarà lenta e superficiale nelle malattie che causano diminuzione dell’appetito e nelle alterazioni degli organi che contribuiscono al suo svolgimento (masseteri). Anche il dolore può impedire la normale masticazione come nel caso di: pulpite, stomatite, artrite temporo‐
mandibolare ecc. Inoltre ci possono essere impedimenti meccanici come la deformazione del mascellare (actinomicosi), procidenza del palato duro, tumore delle cavità nasali. Rallentamento della masticazione si nota anche nel corso di paraliso‐paresi dei rami motori del trigemino (masseteri) e nel trisma tetanico incompleto. Nell’ottundimento del sensorio da cause endocraniche invece l’animale cessa improvvisamente la masticazione e rimane immobile per lungo tempo (anche ore). 27 Disturbi della deglutizione (disfagia) Disturbi della 1° fase, cioè quella che termina con l’ingresso di bolo in faringe, causano la caduta del cibo dalla bocca. Quelli della 2° fase, costituita dal transito del bolo da faringe a stomaco, sono tipici di malattie dell’esofago, faringe, linfonodi retrofareingei,tasche gutturali, e tonsille (carnivori). Tutte queste condizioni causano la distensione della testa durante la deglutizione, oppure l’agitazione della stessa a causa del dolore. Nei casi più gravi ci può essere anche rigurgito. In questo caso il materiale sarà espulso dalla bocca o dal naso, la pausa tra la deglutizione e il rigurgito è utile essa sarà brevissima in caso di faringite, più lunga nel caso di patologie dell’esofago. Il rigurgito può essere accompagnato da tosse. Per evidenziare la disfagia nel cane è utile dargli da bere, se è disfagico, nonostante i movimenti ripetuti l’acqua nella scodella non diminuisce. Ruminazione Va esaminata ma soprattutto bisogna chiedere al proprietario le seguenti cose: 1 comportamento di animale durante la ruminazione (atteggiamenti particolari) 2 pausa tra pasto e ruminazione (30‐90 min) 3movimenti masticatori per ogni bolo (40‐60) 4durata di ruminazione (40‐50 min) La ruminazione potrà essere: • superficiale: i movimenti saranno più lenti, diminuiti e meno vivaci • intermittente: interrotta da pause • rara: i periodi di ruminazione sono diminuiti • sospesa: da almeno 24 h le variazioni della ruminazione rispetto al fisiologico saranno più o meno nette in base alla gravità del processo in atto. Tuttavia la valutazione di questa funzione fisiologica non permette di fare diagnosi ma incide molto sulla prognosi. Eruttazione Essa è normale e frequente nei ruminanti, serve ad espellere il gas che si produce nella digestione. Nelle altre specie è meno frequente perciò un suo aumento è da considerarsi patologico, nel cavallo l’eruttazione abnorme è segno patognomonico di dilatazione acuta dello stomaco. Vomito È lo svuotamento di stomaco attraverso esofago, faringe, bocca, e cavità nasali. Può seguire a una stimolazione dei centri del vomito sito nel midollo allungato o a stimolazione periferiche di altri organi (esofago, stomaco, utero, reni) per via riflessa. Il vomito avviene grazie a pressione negativa esercitata dall’esofago, contrazioni antiperistaltiche dello stomaco, contrazioni di muscoli addominali e diaframma. Esso è più frequente nei maiali e nei polli, molto raro nel cavallo, per la conformazione dell’estremità cardiale dell’esofago per questa specie è un sintomo grave anche perché può portare alla lacerazione gastrica a livello della grande curvatura oppure causare polmonite ab ingestis perché il materiale in caso di glottide aperta può entrare nel faringe. 28 Del vomito è importante valutare l’intervallo che lo separa dal pasto, se è breve è spesso dovuto a gastrite acuta. In più si valuta la frequenza del vomito che sarà maggiore in occlusioni intestinali, malattie nervose ecc. In più bisogna osservare l’odore, il colore, la reazione e la presenza di corpi estranei che ci possono fornire utili elementi per la diagnosi. Alcune delle cause più frequenti del vomito sono: • corpi estranei in faringe • malattie di esofago (stenosi) • malattie dello stomaco (replezione, gastrite acuta ecc) • malattie dell’intestino (occlusione) • malattie del peritoneo • malattie del cervello Defecazione Della defecazione si valutano: • l’atteggiamento che l’animale assume nell’emissione delle feci, questo può cambiare in tutte le condizioni che riducono la motilita del treno posteriore (lesioni di colonna vertebrale, problemi alle articolazioni del treno posteriore ecc.) • la frequenza, questa varia da specie a specie e nell’ambito della stessa specie anche da soggetto a soggetto. Nell’ambito del patologico alterazioni significative possono rappresentare diarrea e stitichezza. Si parla di diarrea non solo quando la frequenza della defecazione è aumentata ma in ogni caso di alterazione della consistenza delle feci (feci poltacee). Nella genesi della diarrea intervengono diversi meccanismi: • aumento della motilità intestinale • riduzione del riassorbimento di liquidi • aumento della secrezione da parte delle mucose intestinali Questi tre fattori intervengono in diverso ordine oppure contemporaneamente. La diarrea di frequente è accompagnata da dolore (prima della defecazione) oppure da tenesmo (ripetuta e prolungato atteggiamento di defecazione senza emissione di feci) dovuto a irritazione della mucosa rettale. La diarrea nel cavallo è spesso dovuta a patologie dell’intestino crasso dove il contenuto permane a lungo e qui avviene in massima parte il riassorbimento di liquidi, perciò eventuali infiammazioni di questo tratto che riducono il riassorbimento o ne aumentano la motilità inducono l’emissione di feci molli. Nei carnivori il riassorbimento di acqua avviene nel tenue perciò patologie che coinvolgono questo segmento causano la diarrea. Nei carnivori la diarrea si accompagna anche a riduzione dell’appetito, mentre negli erbivori questo non succede. 29 La diarrea accompagna diversi processi morbosi come: • enterite acuta • diarrea dei poppanti • coccidiosi • avvelenamenti • alcune malattie infettive (paratubercolosi, enterite tubercolare, carbonchio ematico, peste suina ecc.) Per stitichezza si intende l’emissione di feci dure e in quantità ridotte condizioni dovute alla prolungata permanenza nell’intestino e quindi maggior assorbimento di acqua. In questi casi le feci appaiono coperte da muco o striate di sangue. Sono condizioni causate spesso da: peristalsi più lenta o contrazione spastica degli sfinteri e delle valvole oppure ad errori alimentari come la somministrazione di cibi troppo ricchi in cellulosio e ossa oppure alla scarsa masticazione. Nei cavalli la stipsi è spesso legata a problemi del crasso nei ruminanti al rumine. Si parla di defecazione sospesa quando non c’è emissione per 12 ore e all’esplorazione rettale l’ampolla è vuota. In questi casi si sospetta occlusione intestinale oppure cambiamenti di posizione dell’intestino. La defecazione involontaria invece consiste nell’emissione improvvisa di feci senza che l’animale assume la caratteristica posizione è legata a lesioni nervose del tratto lombo‐sacrale oppure a paura. Esame della cavità boccale Tecnica: per prima cosa si osserva la rima buccale e le zone limitrofe, poi si alza il labbro superiore e si abbassa quello inferiore per vedere le mucose. Nel cavallo ci si pone di fronte all’animale si pone una mano sul dorso del naso si introduce l’indice e il medio dell’altra mano tra le barre, si afferra la lingua e con il pollice si spinge il palato duro cosi il cavallo apre la bocca, ora si toglie l’altra mano dal dorso del naso e si usa per spostare lateralmente la guancia. È molto più comodo usare un apribocca. Nel bovino lo si fa mantenere per le corna da un aiuto e con una mano fasciata si afferra la lingua e la si sposta lateralmente. Nel cane si afferra il mascellare sup. con una mano e quello inf. con l’altra e si tira se si dispone di un aiuto si possono usare i bindelli, in questo caso è possibile anche esplorare laringe e faringe afferrando la lingua e spostandola lateralmente. Ispezione della rima boccale Si evidenzia: entità e aspetto del flusso salivare. Questo può essere scarso o abbondante, striato di sangue (ulcere o lesioni traumatiche), chiaro opalescente, torbido, roseo. L scialorrea invece può dipendere da flogosi della mucosa o delle ghiandole salivari, oppure dall’impossibilità di deglutire causata da: faringite, adenite, spasmo faringeo o esofageo, avvelenamento da mercurio, malattie di stomaco o intestino. 30 Lesioni delle labbra le lesioni che si possono trovare sono: • edemi (febbre petecchiale, adenite equina) • vescicole (afta epizootica) • vescicolette (stomatite aftosa, ectima contagioso, erpete labiale) • noduletti e pustole (nella stomatite pustolosa contagiosa, rogna demodettica) • ulcere (morva linfangite epizootica, stomatite e rinite pustolosa del cavallo, peste bovina ecc.) mobilità del mascellare inferiore questo può apparire pendente in caso di paralisi dei masseteri, corpi estranei trai denti, tumefazione lingua,procidenza del palato duro. Esame del vestibolo boccale e della bocca Si valuta: temperatura: sarà aumentata in caso di febbre o flogosi locale secrezione salivare diminuisce in caso di febbre flogosi e somministrazione di atropina odore che è sgradevole in caso di stomatite, faringite, digiuno prolungato (a causa della mancata rimozione dell’epitelio desquamato che va in contro a putrefazione) l’odore di acetone invece è tipico dell’acetonemia della vacca, l’odore fetido invece è indice di carie e necrosi dei denti. Sensibilità aumenta in caso di flogosi o lesioni Aspetto: si possono apprezzare: • edema • arrossamento diffuso (stomatite) • arrossamento circoscritto (afta epizootica, vaiolo, stomatite pustolosa) • petecchie emorragiche (setticemia, carbonchio ematico, peste bovina, traumi) • noduletti in caso di stomatite catarrale acuta o stomatite pustolosa contagiosa (noduletti grigio chiari lucenti), nel bovino in caso di stomatite granulosa contagiosa (noduletti che confluiscono e si trasformano in erosioni a fondo giallastro) oppure noduli actinobacillari (duri e fluttuanti al centro) • vescicole contenenti liquido prima limpido e poi torbido sono tipiche di febbre aftosa • vescicolette in caso di stomatite vescicolosa (nel bovino a differenza di stomatite aftosa manca la salivazione profusa e il rumore di baci) • soluzioni di continuo • erosioni (nella stomatite aftosa dopo la rottura delle vescicole) • ulcerazioni (nel tifo, scorbuto, febbre catarrale maligna, peste bovina, avvelenamento da mercurio) • pseudo membrane sono tipiche della stomatite aftosa (in questo caso sono facili da staccare e lasciano erosioni) e difterite dei vitelli (le membrane sono difficili da staccare) Esame della lingua si valuta la consistenza, l’aspetto, e la funzionalità. Nei cavalli anziani essa può presentarsi sporgente dalla rima labiale come anche in caso di paralisi del facciale (in questo caso però ci sarà anche la narice e la palpebra del lato corrispondente semichiuse). 31 Essa si presenterà cianotica nelle gravi tumefazioni e nelle gravi asfissie. Nelle flogosi acute e in certe malattie infettive sarà lignea per proliferazione e retrazione del connettivo (actinomicosi, actinobacillosi, tubercolosi). Noduli duri e rossi si potranno vedere in caso di cisticercosi (maiale e bovino) e sarcosporidiosi. Esame dei denti È importante il periodo della muta dei denti in cui ci possono essere aumenti di sensibilità e arrossamenti delle gengive oltre al dolore che può essere causato da un premolare rimasto in sito quando è già in eruzione quello da adulto. Esame del faringe Si inizia con l’ispezione bilaterale per apprezzare aumenti di volume, poi si passa alla palpazione bilaterale eseguita partendo posteriormente alla branca posteriore del mascellare inferiore proseguendo muovendo le dita avanti e indietro per apprezzare eventuali tumefazioni, aumenti di temperatura e sensibilità. Negli uccelli, carnivori e piccoli ruminanti si fa pure l’ispezione interna. Negli uccelli si fa aprendo il becco con una mano e con l’altra spingendo verso l’alto il laringe. Nei carnivori si fa aprendo la bocca e afferrando la punta della lingua, poi con un cucchiaio si abbassa la lingua e si osservano le radici della lingua, la parte anteriore del velopendulo, la parete laringo‐esofagea, e le pareti laterali del faringe. Nel cavallo e bovino si può fare con un endoscopio introdotto nel meato ventrale della cavità nassale oppure immobilizzando l’animale e introducendo un apribocca, in fine nel bovino si può fare un’anestesia del mandibolare (che innerva muscoli della masticazione) ricercando prima il processo zigomatico dell’osso temporale si afferra questa tra pollice e indice e col pollice si trova una depressione e in questa si infige perpendicolarmente l’ago per circa 8 cm poi si prosegue in direzione obliqua caudo‐dorsale giunti nella fossa temporale si inietta novocaina al 3%. Il blocco si manifesta dopo 10 min (si vede perché l’animale avrà la bocca aperta e cola saliva) e dura circa un’ora. A questo punto si introduce la mano nel retrobocca, si esplora la base della lingua, le tonsille, il velopendulo, facce laterali della faringe, glottide e ostio esofageo. Nelle faringiti si osserva, gia all’ispezione esterna, aumento di volume bilaterale. La tumefazione alla palpazione appare calda e dolente. Aumento di volume circoscritto è ascrivibile a un edema infiammatorio o ascessi dei linfonodi (retro faringei, perifaringei, sottoparotideo). Nei bovini alla palpazione si possono sentire tumefazioni lisce dure e spostabili in caso di adeniti retro o perifaringee tubercolari. 32 Con l’esame interno si possono notare: • corpi estranei • edema infiammatorio • emorragie • membrane crupali • cisti epiglottidee • ulcere • sarcomi • linfomi • parassiti nel cane si possono osservare: • tonsillite catarrale (arrossamento lieve delle tonsille) • tonsillite follicolare (tumefazione e arrossamento notevoli con i follicoli di color giallo roseo che disturbano la deglutizione) • tonsillite flemmonosa (tonsille tumefatte e sporgenti) • ipertrofia delle tonsille Esame dell’esofago L’esame dell’esofago si esegue di norma quando si evidenziano problemi all’atto della deglutizione, tumefazioni o meteorismo. Esame esterno Si esegue ispezionando la doccia giugulare sinistra, in condizioni patologiche si possono evidenziare delle tumefazioni che possono essere: sacciformi circoscritte (diverticoli), fusate cilindriche (ectasie), irregolarmente diffuse (lacerazioni, in questi casi spesso la tumefazione si ingrossa dopo il pasto e si sgonfiano in seguito a rigurgito). Palpazione Si compie di fianco all’animale con entrambe le mani spingendo le punte delle dita poco sopra i primi anelli tracheali e facendole scorrere lungo le docce giugulari. Una tumefazione va palpata con cura in maniera da testarne la consistenza e la sensibilità. Diverticoli ed ectasie hanno consistenza variabile in rapporto alla quantità e al grado di umidità dell’alimento che vi è contenuto. Comprimendoli si puo sentire un rumore e si possono sgonfiare costringendo il contenuto a passare nelle parti limitrofe dell’esofago favorendone l’espulsione attraverso il rigurgito o il vomito provocati dalla stessa palpazione (che provoca movimenti antiperistaltici o peristaltici). Inoltre i diverticoli e le ectasie possono essere dolenti ma mai caldi. Nei bovini tumefazioni dure e circoscritte sono di frequente causate da pezzi di mele o tuberi che ostruiscono l’esofago causando anche rigurgito e scialorrea. All’ostruzione può seguire la lacerazione dell’esofago che causa la formazione di una tumefazione crepitante che dalla doccia giugulare si estende dove il connettivo è più lasso. 33 Se la lacerazione avviene nel tratto toracico si avrà enfisema sottocutaneo soprattutto alla punta del petto (diagnosi differenziale da lacerazione di alveoli polmonari). Nei bovini la palpazione si compie abbracciando il collo dell’animale dorsalmente a esso e iniziando la palpazione dal faringe procedendo lungo il solco giugulare sx per evidenziare aumenti di volume del lume o della parete esofagea (tumori, ascessi ecc.) ed eventuali reazioni algiche. Esame interno Si esegue introducendo una sonda di gomma o di metallo nel dotto esofageo. Se si incontrano ostacoli si può spingere nel tentativo di superarlo se risulta difficile o impossibile è meglio non forzare troppo per evitare la lacerazione della parete in questi casi estraendo la sonda e valutando la misura a cui la stessa si è fermata si può individuare la sede dell’ostruzione. Esame dell’addome ESAME DELL'ADDOME NEL CANE E NEL CAVALLO Ispezione: Ci si pone dietro al soggetto e prendiamo in considerazione la forma ed il volume. Per osservare le variazioni di forma dell'addome in relazione alla posizione del corpo, i piccoli animali vengono disposti in posizione eretta, seduti, decubito laterale e dorsale. In condizioni fisiologiche le alterazioni del volume e della forma dell'addome possono variare in base alla razza, all'età, all'alimentazione, alla gravidanza, ecc.. In condizioni patologiche le alterazioni del volume e della forma dell'addome sono dovute a raccolta di gas e di alimento nell'intestino, ingrossamento del fegato della milza, tumori (in questi casi ponendo il soggetto in posizioni diverse la forma rimane invariata); presenza di liquido in cavità peritoneale (idrope ascite, pericardite cronica: ponendo il soggetto in diverse posizioni cambia anche la forma dell'addome) e nella cavità degli organi endo‐addominali (vescica abnormemente ripiena, piometra, idrometra: le variazioni di forma vengono impedite dalle pareti degli organi e dalle anse intestinali adiacenti l'organo). Molto importante ai fini diagnostici sono le variazioni di forma a seconda della posizione che si fa assumere all'animale. In posizione seduta diviene prominente la regione ipogastrica, in posizione supina quella dei fianchi, mantenendo il soggetto sugli arti anteriori quella epigastrica. Le raccolte di gas nello stomaco ed intestino (meteorismo) determina aumento di volume dell'addome specialmente nelle regioni superiori. Nel meteorismo ruminale la fossa del fianco scompare e può sporgere così tanto da sopravanzare la tuberosità iliaca. La raccolta di gas in cavità peritoneale inseguito a lacerazione gastrica o intestinale, o peritonite purulenta icorosa, è caratterizzata da un aumento di volume bilaterale ed uniforme. Nel cavallo possiamo riscontrare, lungo la linea alba, una tumefazione edematosa, fredda, indolente (edema da stasi). Diminuzioni di volume dell'addome sono dovute alla diminuzione del contenuto gastro‐
intestinale, a diarrea profusa, a contrazione dei muscoli addominali nel tetano, peritonite acuta, processi dolorosi a carico degli arti posteriori. 34 Palpazione: con la palpazione nei grossi animali vogliamo andare a valutare la tensione delle pareti addominali. Nei piccoli animali oltre a valutare la tensione della parete possiamo palpare lo stomaco, l'intestino, la milza, il fegato e la vescica. Per il cavallo ci si pone di fianco all'animale con il viso rivolto verso il quarto posteriore, e appoggiando una mano sul dorso, con l'altra andiamo ad esercitare in vari punti dell'addome una compressione che aumenti dolcemente. Nei piccoli animali la palpazione si può fare con entrambe le mani, con l'animale in piedi, in decubito laterale e dorsale. In queste due ultime posizioni è consigliato flettere gli arti posteriori verso il torace in modo da ridurre la tensione della parate. Un particolare esame dell'addome è la succussione: si pone il piatto della mano su un lato dell'addome, e si imprime con l'altra mano dei colpetti sul lato opposto; in presenza di liquido in cavità peritoneale si avrà un onda che andrà a colpire la mano ferma. In condizioni fisiologiche variazioni della tensione della parete addominale sono dovute alla razza, al tipo di alimentazione, all'età, alla gravidanza, stato di nutrizione. In condizioni patologiche variazioni della tensione della parete addominale si riscontrano nella peritonite, nel meteorismo dell'intestino, nella gasto‐enterite acuta, nel tetano. Diminuzione di tensione si ha in seguito a digiuno prolungato o intensa diarrea. Si parla di peritonismo quando l'aumento della tensione addominale non è dovuta ad un infiammazione del peritoneo, ma a fatti dolorifici degli organi endoaddominali (meteorismo, gastroenterite acuta, coliche, endometrite acuta ecc..) Se la palpazione provoca dolore il soggetto cercherà di sottrarsi, calcerà contro la parete addominale, emetterà gemiti e morderà. Nei carnivori effettuando una compressione sull'epigastrio e ipocondri, si potrà porre in rilievo una dolorabilità (gastrite) o un aumentata consistenza (tumori), uniforme (replezione) o circoscritta (corpi estranei). Il meteorismo gastrico in questi animali è caratterizzato da aumentata tensione della parete addominale inferiore in corrispondenza dell'epigastrio e dell'ipocondrio di sinistra, e da una risonanza timpanica alla percussione. Mediante l'esame radiografico si possono evidenziare corpi estranei, o con l'aiuto di mezzi di contrasto si possono evidenziare alterazioni anatomiche dell'organo come, stenosi del piloro, ulcerazioni, dilatazione. Negli animali sani il pacco intestinale si percepisce come una massa che offre alla palpazione una resistenza uniforme. Negli animali con pareti addominali sottili è possibile apprezzare le anse intestinali che si sentono come cordoncini pastosi, elastici, facilmente spostabili. Solo nel colon discendete, che immette nel retto, si possono riscontrare in condizioni normali la presenza di feci, pastose, a forma cilindrica. Se palpando l'intestino abbiamo una dolorabilità più o meno diffusa allora abbiamo una enterite acuta o sub‐acuta, se circoscritta abbiamo un corpo estraneo, un invaginamento od attorcigliamento. Nei cani vecchi o alimentati con un eccessiva quantità di ossa possiamo riscontrare una costipazione del colon discendente. Alla palpazione questo verrà percepito come un grosso cordone, duro, con superfìcie irregolare, situato sulla linea mediana e spostabile solo oralmente perché caudalmente si continua nel retto. I corpi estranei si soffermano generalmente nel tenue, e possono essere apprezzati solo se di consistenza dura. Per avere una conferma è necessario cambiare di posizione al soggetto in modo da far spostare il corpo estraneo o effettuare un esame radiografico. L'invaginamento dell'intestino nel cane si apprezza come un cordone di consistenza carnosa, dolente, spesso duro e spostabile, se non a carico del colon. Percussione: avremo una risonanza sopra‐chiara, timpanica, oppure sub‐ottusa od ottusa a seconda che la parete addominale è a contatto con intestini ripieni d'aria o con organi solidi o tratti gastro‐
35 intestinali costipati. Normalmente le regioni superiori e medie hanno una risonanza rispettivamente timpanica e soprachiara, che proseguendo verso la linea alba diventa quasi ottusa. Nei versamenti peritoneali del cane percuotendo l'addome dalla regione del fianco vero la linea alba in più punti, potremo percepire una zona di ottusità nelle regioni inferiori, delimitata superiormente da una linea orizzontale. Ponendo il corpo del soggetto in una posizione diversa, la zona di ottusità si sposterà rimanendo sempre nelle parti più declivi. Nel cavallo invece poiché le anse intestinali non galleggiano nel liquido e possono venire a contatto con la parete addominale, non si ha una linea orizzontale e continua delimitante la zona ottusa, ma abbiamo una zona ottusa interrotta da aree timpaniche e superiormente delimitata da una linea irregolare. Ascultazione: si pratica nel cavallo, più raramente nel cane. Negli equini serve a valutare la peristalsi intestinale. Ci si pone di fianco all'animale, con il viso verso il treno posteriore, e si poggia sulla parete addominale destra e sinistra, o l'orecchio o il fonendoscopio per 2‐3 minuti poiché i borgorigmi sono interrotti da alcune pause. Il rumore del tenue è a tonalità alta, mentre il rumore del grosso intestino è a tonalità bassa. Con l'ascultazione possiamo stabilire se i borgorigmi sono aumentati (nei lievi stati irritativi e infiammatori superficiali della mucosa dell'intestino), diminuiti (costipazione) o assenti (gravi processi infiammatori dell'intestino, peritonite, cambiamenti di posizione dell'intestino). In rapporto al timbro i borgorigmi sono: guazzanti, gorgoglianti, anforici, metallici. Questo ci aiuta a capire le caratteristiche fisiche del contenuto intestinale (se è più liquido, solido o gassoso). Un particolare rumore di goccia che cade da una certa altezza su di un piatto metallico, si ode di frequente nel meteorismo intestinale. ESAME DELL'ANO E DELLE ZONE LIMITROFE Prima di effettuare l'esplorazione rettale andiamo a valutare l'ano e le zone limitrofe. Possiamo evidenziare, in seguito a diarrea, la presenza di feci nelle zone limitrofe l'ano; proglottidi di tenia possono pendere dall'ano del cane; possiamo evidenziare melanomi nei cavalli o carcinomi nei cani; prurito intenso anale per la presenza di coccidi; il rilassamento dell'ano in seguito ad un intensa diarrea nei cani giovani, vitelli, suinetti; paralisi dell'ano in seguito a malattie del midollo spinale; l'ano beante nei soggetti anziani; prolasso del retto la cui mucosa si presenta tumefatta, ulcerata e arrossata. EPLORAZIONE RETTALE CAVALLO Con la palpazione attraverso la parete rettale si riesce nei grossi animali ad esaminare la maggior parte degli organi addominali. Questo esame non deve mai essere omesso nelle coliche, perché soltanto esso ci permetterà di emettere una diagnosi precisa. ‐ Retto: entrando con la mano nell'ampolla rettale si sentono i premiti opposti all’ingresso, si osserva se contiene feci e si apprezzano eventuali lesioni della parete. ‐ Piccolo colon: ha la grandezza di un braccio costituito da anse irregolari, che si trovano a destra, sinistra, davanti e nel bacino. Contiene normalmente le scibale (le feci a forma di scibale si trovano solo in questo tratto dell'intestino). È spostabile. ‐ Grande colon: è possibile palpare la metà posteriore sia del colon ventrale sinistro che del colon dorsale sinistro, con la curvatura pelvica. L'uno e l'altro uniti dal mesocolon di 6 cm, sono liberi nella cavità addominale, per questo anche se la loro ubicazione normale è a sinistra, possono reperirsi anche a destra. Il colon ventrale sinistro si differenzia da quello dorsale poiché: il colon ventrale è largo 20‐40 cm, 36 nella sua parete sono presenti ispessimenti nastriformi che corrono in senso longitudinale (tenie) e ripiegature traverse (saccocce); il dorsale invece è grosso come un braccio ed ha superficie, liscia. Il passaggio dal colon ventrale nel dorsale forma la curvatura pelvica, situata normalmente a sinistra davanti al bacino o a volte dentro al canale pelvico. Il colon ventrale e dorsale destro, la curvatura sovrasternale e diaframmata, sono difficilmente reperibili all'esplorazione rettale perché troppo lontane in avanti. ‐ Testa e corpo del cieco: la testa è percepibile come una larga superficie sferoidale, a destra, nel terzo superiore della cavità addominale, addossata alla parete. E' possibile toccarla con le dita ma non è spostabile. Del corpo del cieco sono palpabili solo le parti vicine alla testa. ‐ Ileo: si differenzia dagli altri tratti dell'intestino per lo spessore della sua parete, simile a quella dell'esofago. La parete è liscia. Si trova nel terzo superiore della cavità addominale, e si dirige in senso orizzontale ed obliquamente all’insù, da sinistra a destra, contro la testa del cieco. A sinistra è spostabile, mentre a destra (sbocco nel cieco) è fisso. Se costipato pende perpendicolarmente al cieco e tende a compiere movimenti di pendolo appena toccato. ‐ Digiuno: non è di regola palpabile. Ma in presenza meteorismo o tumori può essere spostato verso l'alto e all'indietro, divenendo palpabile. È grosso quanto un braccio, ha pareti lisce e sottili. Le anse decorrono in spirali parallele molto mobili perché sospese da un lungo mesentere (grande mesenterio). ‐ Duodeno: non è palpabile. Ha superficie liscia e grandezza di un braccio. Fuoriesce fra la testa del cieco e la parete addominale destra, e si dirige verso l'arteria mesenterica craniale. ‐ Stomaco: non è palpabile, se non nelle forti dilatazioni. Si presenta come una massa sferoidale, liscia, nel terzo medio della cavità addominale, in avanti e un po' a sinistra. Ha movimenti sincroni con i movimenti respiratori, in avanti (espirazione) ed all'indietro (inspirazione). ‐ Milza: in genere palpabile. Si raggiunge uscendo dal canale pelvico e strusciando con la mano lungo la parete addominale sinistra. È un corpo carnoso completamente addossato alla parete addominale sinistra. Lo stato di ripienezza dello stomaco influisce sulla posizione della milza. Fra la milza e la parete addominale possono inserirsi anse intestinali, spostando l'organo verso il mezzo della cavità. ‐ Reni: solo la metà posteriore del rene sinistro è palpabile. Lo si sente sotto l'ultima costa sinistra, fìsso nella sua sede. Si percepisce come corpo emisferico, consistente, lungo circa I5 cm, a superfìcie liscia. Si può palpare l’ilo, l’arteria renale e l’uretere (se inspessito). ‐ Aorta addominale: introdotto il braccio sino al gomito, compiendo con la mano una rotazione di 180° e dirigendola contro la colonna vertebrale, si percepisce l'aorta addominale come un cordone grosso, liscio, pulsante; seguendola in direzione caudale si raggiunge davanti al bacino l'arteria mesenterica caudale e, in bacino, le arterie iliache destra e sinistra, ipogastrica, coccigea. L'arteria mesenterica craniale si raggiunge seguendo l'aorta fino all'altezza del rene sinistro, dove la si sente come un vaso pulsante, diretto all'ingiù. Una sensazione di fremito anziché di pulsazione arteriosa, sta ad indicare la presenza di un trombo. A volte è possibile palpare anche il trombo. ‐ Vescica: con la mano aperta si striscia sulla regione pubica. Quando è vuota si sente un corpo carnoso grande quanto un pugno, quando è piena si percepisce come un corpo sferico, duro‐elastico, a parete liscia. ‐ Uretra: nei maschi si palpa subito davanti all'ano, sul pavimento del bacino, come un cordone della grandezza di un dito. 37 ‐ Anelli inguinali: si reperiscono, negli stalloni, poggiando la mano aperta sul margine anteriore del pube e facendola scorrere all'ingiù fino a toccare la parete addominale. Spostandosi poi di 15 cm a destra e 15 a sinistra rispetto la linea alba, si riscontra l'anello, costituito da una fessura lunga 5‐6 cm. Sono chiaramente individuabili i cordoni spermatici che dall'anello inguinale si dirigono verso l'alto e le anse intestinali (dolenti) se sono scese ed incarcerate attraverso l'anello. ‐ Fegato: diventa palpabile solo quando ingrossato. ‐ Linfonodi della cavità addominale: si percepiscono come formazioni di varia grandezza, tondeggianti, dure, lisce, fìsse e spostabili. Nella regione dell'arteria mesenterica craniale si riesce a percepire un pacchetto linfonodale appena raggiungibile con la punta delle dita. ‐ Peritoneo: il peritoneo parietale è percepibile soltanto nella parte posteriore della cavità addominale, ed è, normalmente, liscio e indolente. Nelle infiammazioni esso diviene ruvido, ricoperto di noduli e dolente. L'esplorazione rettale, effettuata per identificare le cause che sostengono la colica, può dimostrarsi a volte insufficiente o perché le lesioni sono situate in regioni che non è possibile raggiungere o perché nulla di caratteristico è percepibile alla palpazione come nel caso della colica spasmodica dell'intestino. Quando il reperto è negativo, è utile ripetere l'esplorazione dopo qualche tempo perché spesso esplorazioni negative, diventano positive poiché si sono stabilite le relative alterazioni anatomiche. Durante l'esplorazione rettale il cavallo risponde generalmente con premiti; quando però questi sono particolarmente forti il reperto ha un significato patologico. Si osservano nelle forti costipazioni del retto e del piccolo colon. Nei calcoli intestinali otturanti, nei cambiamenti di posizione del tratto caudale dell'intestino, nelle peritoniti. Quando si ha una costipazione fecale dell'intestino si avverte una massa globosa, più o meno pastosa, che conserva le impronte della pressione digitale; se non le conserva può essere una neoplasia. Nel meteorismo la massa conserva la fovea, ma presenta un'elasticità sui generis. È importante stabilire se il meteorismo interessa tutte le anse intestinali (meteorismo generale) o solo alcuni tratti (meteorismo locale). I calcoli intestinali si percepiscono come formazioni dure, tondeggianti, lisce, mobili, che si reperiscono specialmente nel punto di passaggio dal grosso al piccolo colon. Lo spessore della parete delle anse intestinali si ingrossa nei processi infiammatori e di stasi. Nelle peritoniti, la sua superficie normalmente liscia, può sentirsi anche ruvida. Nei casi di torsione dell'intestino e del mesenterio si sentono dei cordoni tesi, attorcigliati a spirale, grossi, molto dolenti alla compressione, che delimitano il punto di torsione. In caso di invaginamenti questi si percepiscono come cordoni salamiformi carnosi e dolenti. L'assenza di defecazione e di feci nel retto depone per l'occlusione e la trombo‐embolia. Se all’estrazione del braccio questo è coperto da muco e pseudo‐membrane indica probabile occlusione. ESPLORAZIONE RETTALE NEL CANE Si compie con il dito medio o indice, muniti di guanti. Con questa indagine nel cane si potrà apprezzare: la presenza di feci dure e compatte; l'iperplasia della prostata nei cani maschi vecchi; eventuali neoplasie, quali il carcinoma del retto oppure anomalie a carico della prostata. SONDAGGIO RINO‐ESOFAGEO NEL CAVALLO Viene utilizzato soprattutto per la somministrazione di medicamenti e alimenti liquidi. La sonda è formata da un comune tubo di gomma munito di mandrino: lunghezza m 1,35; diametro 38 interno l cm; diametro estero 1,6 cm. Dopo essere stata lubrificata, la sonda viene inserita nel meato inferiore delle cavità nasali. Se si è penetrati nel meato medio o superiore si incontra ad un certo punto un ostacolo (il cornetto nasale) che stride al contatto con la sonda, che deve essere immediatamente ritirata. Tale evenienza può dar luogo ad una lieve emorragia. Per infilare il meato inferiore bisogna dare all'estremità distale del tubo un leggera ripiegatura all'ingiù. Giunti nel faringe, il cavallo compie delle deglutizioni; nel momento in cui viene compiuto uno di questi atti, spingendo la sonda in avanti si giunge in esofago. Per accertarsene, dopo aver fatto sollevare ed estendere la testa al cavallo, si spinge con le dita al disopra dei primi anelli tracheali e si percepirà il tubo nel dotto esofageo. Dopo di che si toglie il mandrino, si introduce nell'estremità prossimale un imbuto e si somministra il medicamento. SONDAGGIO GASTRICO NEL CAVALLO Permette l'estrazione e l'esame del contenuto gastrico e di fare una diagnosi di dilatazione gastrica primitiva o secondaria. Vengono usati un apribocca e una sonda gastrica per puledri di Marek, cioè un tubo di gomma con mandrino, lungo 2,30 metri, diametro interno 1,5 e spessore 50mm. Si applica l'apribocca e si fa mantenere da due assistenti la testa estesa sul collo. Dopo aver lubrificato la sonda, la si introduce in esofago. Il cavallo comincerà a rantolare e ponendo le dita al di sopra dei primi anelli tracheali, sentiremo scorrere la sonda lungo l'esofago. Quando la sonda giunge dove l'esofago si immette nel torace, essa incontra qualche resistenza (dovuta alla ripiegatura del condotto in quel punto) e la pressione va perciò fatta con dolcezza e cautela. Giunti nello stomaco si fa abbassare la testa dai due aiuti e si estrae con forza il mandrino. Nel caso di dilatazione primitiva dello stomaco si avrà una violenta fuoriuscita di gas, frammisto a semplice liquame, o liquido contenente tracce di sangue o nettamente emorragico (dovuto alla stasi delle vene dello stomaco per la estrema distensione delle sue pareti, con conseguente trasudazione). Nel caso di dilatazione secondaria dello stomaco, si può avere l'espulsione di materiale proveniente dall'intestino, di colore giallo‐verde. SONDAGGIO GASTRICO NEL CANE E NEL GATTO Viene effettuato con sonde simili a quelle usate nell'uomo e di dimensioni variabili in base alla mole dell'animale. Si esegue con l'animale tenuto seduto e con la testa distesa sul collo. Si divaricano le mascelle con apribocca e si afferra la lingua con una pinza. Viene quindi applicata una sonda, che attraverso la bocca, il faringe e l'esofago, giunge allo stomaco. ESAME DELL'ADDOME NEL BOVINO Ispezione: viene effettuata ponendosi dietro al soggetto e davanti senza trascurare mai la faccia addominale inferiore (regione retrosternale, ombelicale e prepubica). L'ispezione può mettere in evidenza un aumento uniforme dell'addome, con prevalente estensione della parte inferiore dell'addome. Questo si osserva nei soggetti con abbondante versamento peritoneale essudatizio conseguente ad invaginamento intestinale, idope‐ascite, idrope degli invogli fetali, lacerazione della vescica. L'addome può presentare aumento di volume nel suo insieme, con prevalenza però del fianco sinistro, nel meteorismo acuto di origine alimentare del rumine, a bolla o schiumoso, nel sovraccarico alimentare acuto, nel meteorismo secondario del rumine. 39 L'aumento di volume, limitatamente al fianco destro si osserva nella dilatazione dell'abomaso (la risonanza è timpanica). Ma la forma dell'addome subisce modificazioni soprattutto in base all'aumento o alla diminuzione della tensione della parete addominale, che potrà essere meglio apprezzata con il successivo esame della palpazione. Fisiologicamente una diminuzione della tensione della parete si ha nelle bovine in età avanzata e pluripare. In condizioni patologiche è dovuta a malattie a sfondo tossico che si accompagnino a notevole depressione della sensibilità riflessa, oppure si osserva nei cospicui versamenti trasudatizi, essudatizi, urinoso‐essudatizi peritoneali. L'aumentata tensione della parete addominale determina una modificazione della forma dell'addome (addome retratto) che diviene più rotondeggiante. Tale modificazione si può accompagnare a falsa cifosi, respiro prevalentemente toracico (peritonite acuta). Tale condizione si può riscontrare in seguito a peritonite traumatica, processi dolorifici acuti a carico degli arti (soprattutto posteriori) e cioè per processi morbosi extra addominali interessanti la sensibilità somatica. Ispezionando l'addome nella parte ventrale, specialmente sul lato sinistro, si possono notare tumefazioni di dimensioni variabili, che possono esitare o meno in raccolte purulento icorose, che hanno quasi sempre origine traumatica, a partenza reticolare o ruminale. À volte sono causate direttamente da un corpo estraneo ma solitamente derivano dalla diffusione dall'interno verso l'esterno di un processo necrotico‐purulento‐icoroso originato da una sacca purulenta rumino o reticolo‐peritoneale, non perfettamente circoscritta. Sempre sulla parte inferiore dell'addome si può evidenziare nell'ultimo mese di gravidanza una tumefazione edematosa diffusa a contorni non netti, concomitante a tumefazione della stessa natura vulvo‐perineo‐mammaria (edemi trasudatizi gravidici da turbe neuromoniche). Nella stessa zona può comparire una tumefazione edematosa, meno diffusa e maggiormente delimitata, in concomitanza a mastite parenchimatosa acuta. Nelle vacche particolarmente vecchie multipare possiamo osservare talvolta un'abnorme espansione dell'addome a sinistra o a destra o sulla linea alba (ernia addominale ventrale), espansione che può arrivare a pochi centimetri da terra quando contiene l'utero gravido (isterocele). Nei vitelli, in corrispondenza della regione ombelicale, possiamo notare una tumefazione dovuta più spesso ad una onfalite, più raramente ad ernia ombelicale. Diminuzione del volume dell'addome sono dovute al prolungato digiuno, ad enterite paratubercolare, ecc.. Palpazione: la palpazione dell'addome viene praticata sulla regione dei fianchi per stabilire lo stato di tensione della parete addominale e la presenza di raccolte liquide. Per valutare lo stato di tensione, la palpazione si pratica appoggiando la punta delle dita sulle pareti addominali ed esercitando una compressione lenta e graduale, tenendo conto delle fisiologiche variazioni in rapporto all'età, allo stato di nutrizione, al sesso, alla razza del soggetto in esame. Per valutare invece la presenza di versamenti peritoneali o di liquidi in quantità abnorme nel rumine, nell'abomaso, nell'intestino, la palpazione va fatta appoggiando il pugno chiuso alla parete addominale, imprimendovi una compressione a scatto (ballottolamento) con l'intento di provocare un rumore gorgogliante. Il risultato positivo o negativo è subordinato a fattori diversi (quantità di liquido, tensione e spessore della parete, presenza di gas) quindi può risultare negativo nonostante vi sia una raccolta di liquido in peritone, rumine o abomaso. La messa in evidenza di un rumore di guazzamento ci sollecita a praticare la paracentesi. Il rumore di guazzamento si può udire, palpando il fianco destro, nella peritonite essudativa , nella idrope‐ascite, nel enterite con diarrea profusa e nella dilatazione dell'abomaso; palpando il fianco sinistro, nella così detta stenosi dell'ostio reticolo‐omasale. Lo stato di tensione tende normalmente ad aumentare spostandoci verso la linea alba. L'aumento di tensione, di lieve entità, quindi non apprezzabile neppure con l'ispezione, può 40 indicare una peritonite acuta; un aumento di tensione addominale, localizzata al fianco sinistro, può costituire l'unico sintomo che ci indica una peritonite saccata traumatica. La prova della succussione, nel bovino, non è un sicuro mezzo diagnostico poiché normalmente risulta positiva in individui normali. Questo perché la parete del rumine, il cui contenuto è anche fluido, è situata per gran parte a diretto contatto con la parete addominale. L'aumento di tensione della parete addominale può essere spontanea o provocata dalla palpazione stessa. Nella maggior parte dei casi è spontanea e lo si può capire dall'atteggiamento del soggetto (addome retratto). In generale essa è dovuta ad un dolore viscerale derivante da una peritonite acuta o riacutizzata, da un cambiamento di posizione dell'intestino, da un enterite acuta grave, da una parametrite puerperale infettiva, da una perimetrite puerperale. ESAME DEI PRESTOMACI E DELLO STOMACO PROPRIAMENTE DETTO Non sempre il clinico è tenuto ad esaminare i prestomaci e l'abomaso. Invece il rumine è costantemente esaminato, anche nelle malattie al di fuori dell'apparato digerente. ESAME DEL RUMINE Il rumine grazie alla sua posizione anatomo‐topografica ci permette di osservarne i movimenti, la ripienezza, di valutarne con la palpazione e la percussione la costituzione fisica del contenuto, di ascoltarne gli inconfondibili rumori peristaltici, di effettuare una puntura esplorativa (ruminocentesi) o una laparotomia esplorativa (ruminotomia) o di prelevarne il contenuto con una sonda. Inoltre con l'esplorazione rettale possiamo palpare il suo sacco cieco caudale dorsale. Ispezione: si valuta il fianco sinistro con lo scopo di valutarne le alterazioni di forma o di volume e prenderne in esame i movimenti. In condizioni fisiologiche si notano variazioni di volume in rapporto al tipo di alimentazione. Il rumine presenta un notevole aumento di volume nel meteorismo acuto primitivo, di entità minore nel meteorismo secondario. In ogni tipo di meteorismo è caratteristica la scomparsa della fossa del fianco. La regione del rumine appare distesa ed aumentata di volume nel sovraccarico alimentare acuto, nel meteorismo schiumoso e nella stenosi dell'ostio omaso‐reticolare, in questi casi non si può escludere che si raccolga anche gas. Appare diminuita in seguito a digiuno prolungato. Aspetto della parete del fianco sx in relazione alla ripienezza del rumine Concava: rumine poco pieno Livellata: normalmente pieno Convessa:eccessivamente pieno In condizioni fisiologiche si osservano dei sollevamenti e abbassamenti della parete della fossa del fianco sinistra, dovuti da sollevamenti ed abbassamenti del sacco dorsale. Subito dopo questi movimenti di sollevamento e di abbassamento della parete della fossa del fianco sinistro, si osserva un avvallamento dello sfuggente del fianco della parete addominale corrispondente causata dall'onda di contrazione del sacco ventrale Essi non sono movimenti ritmici, quindi per valutarli dobbiamo osservare l'animale per 5 minuti; in questo periodo di tempo se ne contano da 10 a 14. Sono più intensi dopo il pasto, e tendono a diminuire dopo 2 ore dal pasto, fino a cessare completamente dopo 2 giorni di digiuno. Il diminuire dei movimenti del rumine è dovuto al fluidificarsi del contenuto dei prestomaci piuttosto che alla diminuzione della quantità di alimento. La frequenza dei movimenti del rumine può, in condizioni patologiche, aumentare, diminuire o cessare. 41 La frequenza può aumentare quando esiste un ostacolo al progredire del contenuto rumino‐ reticolare. Cioè: ‐ Nella stenosi funzionale tra reticolo ed omaso con attività conservate o aumentate del rumine e del reticolo o atonia di quest'ultimo. Questa sindrome sarebbe causata da lesioni degenerative dei rami del vago che si portano all'omaso ed all'abomaso. La mancata funzione parasimpatica ha come conseguenza l'atonia dell'omaso e viene quindi a mancare quella contrazione del vestibolo che, con la sua azione di risucchio ed il suo spostamento in basso, favorisce il passaggio del contenuto dal reticolo all'omaso attraverso l'ostio reticolo‐omasale. ‐ Nella stenosi su base anatomica dell'ostio reticolo‐omasale. Essa si può verificare quando esiste un ascesso o un processo flemmonoso da corpo estraneo a livello della parete destra del reticolo. Il processo infiammatorio può raggiungere l'ostio reticolo‐omasale impedendone la ritmica apertura. ‐ Nella stenosi pilorica funzionale permanente. Si verifica quando sono lesi almeno due rami principali del vago destinati all'abomaso. ‐ Nella stenosi da compressione della regione pilorica e del piloro causata da un aumento abnorme delle acque fetali (idrope degli invogli fetali). L'aumento della frequenza dei movimenti del rumine si osserva in tutti i casi sopraindicati ed ha come scopo di favorire il progredire del contenuto rumino‐reticolare. La diminuzione o la cessazione dei movimenti del rumine si può osservare non solo nella malattie dell'apparato digerente, ma anche in quelle di altri apparati con ripercussioni generali e nelle malattie infettive a carattere acuto. Essa attribuisce al quadro clinico un carattere di particolare serietà. I movimenti del rumine possono essere diminuiti o soppressi nelle indigestioni primitive, nelle peritoniti acute o riacutizzate, nei cambiamenti di posizione dell'abomaso e dell'intestino, nella bronco‐polmonite influenzale o ab ingestis, ecc.. Palpazione: alla palpazione si possono apprezzare i movimenti dell’organo ponendo la mano a piatto sulla parete del fianco sx. Poi si procede eseguendo palpazione o compressione ripetuta ed in più punti con la mano chiusa a pugno, sul fianco sinistro ed in particolare la fossa del fianco. La palpazione con il pugno serve per valutare: ‐ lo stato di ripienezza del rumine ‐ la consistenza del suo contenuto che è pastosa ‐ la tensione elastica della sua parete in caso di meteorismo ‐ la sensibilità della parete ‐ la eventuale presenza di neoformazioni sulla sierosa peritoneale in corrispondenza della fossa del fianco sinistro. Si può ritenere che il rumine sia abnormemente ripieno, quando si ha la scomparsa o la riduzione della fossa del fianco, e il pungo compresso su questa regione, urti immediatamente contro il contenuto ruminale. Più attendibile è la palpazione, attraverso l'esplorazione rettale, del sacco cieco caudale dorsale, che in caso di forte replezione del rumine, si può spingere d’avanti o dentro la cavita pelvica, anche alla palpazione dello sfuggente del fianco destro davanti alla piega della grassella dove in caso di abnorme ripienezza si può percepire il sacco ventrale del rumine. L'abnorme replezione del rumine si osserva nel sovraccarico alimentare acuto, nel metorismo schiumoso, nella stenosi dell'ostio omaso reticolare. Si può anche valutare una diminuzione del contenuto ruminale. In questo caso la mano che palpa si deve affondare profondamente nella fossa del fianco, prima dì apprezzarne il contenuto. Tale rilievo si ha nel digiuno prolungato, nelle enteriti croniche ecc. 42 La consistenza del contenuto ruminale può essere aumentata o diminuita. L'atonia ruminale è la causa primaria dell'aumento di consistenza, infatti quando si ha l'atonia, la parte fluida del contenuto si raccoglie per mancanza di rimescolamento nel fondo del sacco ventrale dal che ne deriva il prosciugamento del materiale solido sovrastante e aumento di consistenza. Quando il contenuto del rumine è schiumoso o poltiglioso, l'atonia non può essere seguita da un aumento di consistenza del contenuto perché difficilmente la parte fluida si può separare o depositare al fondo. L'abbondante ingestione di sabbia o di terra può determinare atonia, poiché queste sostanze si depositano per il loro elevato peso specifico sul fondo del sacco ventrale. Con l'esplorazione rettale si apprezza la consistenza del contenuto del sacco cieco caudale dorsale, che in condizioni normali è maggiore di quella del contenuto del sacco dorsale. Consistenza del contenuto ruminale Al centro: plastica‐pastosa Ventralmente: fluttuante La diminuita consistenza del contenuto ruminale determina un rumore di gorgoglio od una sensazione di fluttazione si osserva particolarmente in quelle forme in cui è ostacolato il deflusso del contenuto dal reticolo all'omaso come nella stenosi dell'ostio reticolo‐omasale. Lo stato di tensione elastica della parete del rumine è valutabile in caso di meteorismo; il suo apprezzamento ci offre la possibilità di stabilire l'entità del meteorismo (di solito è tesa‐elastica cosi sarà anche in caso di replezione) e di conseguenza la necessità di intervenire immediatamente con mezzi adeguati (ruminocentesi, ruminotomia, sondaggio). Un aumento di sensibilità della parete del rumine è evidenziabile nella ruminite acute necrotico‐ulcerativa. I sintomi rilevabili sono aumento della tensione della parete addominale, il paziente si sottrae alla palpazione e difficilmente emette gemito sonoro. Possiamo riscontrare a livello della fossa del fianco sinistro: noduli tubercolari peritoneali (fibrosi, situati in profondità, al di sotto dello strato muscolare), linfonodi delle fossa del fianco (consistenza carnosa, sono situati superficialmente cioè subito sotto la cute). Percussione: si effettua col plessimetro e martelletto o digito‐digitale, sul fianco sinistro dall'alto verso il basso. La risonanza fisiologica risulta chiara, con tendenza al soprachiaro nelle zone superiori e chiaro smorzato nelle zone inferiori ma può variare in base alla presenza di cibo. Tale risonanza è dovuta soprattutto alla presenza nel rumine di un materiale non compatto, quale il foraggio sminuzzato, inumidito, più che alle bollicine di gas che si formano in seguito ai normali fenomeni fermentativi di origine microbica. In caso di sovraccarico il pavimento del rumine darà sonorità nettamente ottusa. 43 Quando i movimenti ruminali sono diminuiti o soppressi, la parte fluida del contenuto si raccoglie nel fondo del sacco ventrale, mentre la parte solida aderisce alla parete del rumine rimanendo nella parte superiore ed intermedia. Avremo così una risonanza chiara nella parte superiore ed intermedia del rumine, ed una risonanza ottusa nelle parti declivi del fianco sinistro che rappresenta una caratteristica dell'atonia stessa. Quindi risonanza ottusa o sub‐
ottusa corrisponde spesso ad atonia o ridotta motilità, risonanza chiara invece a conservata motilità. Vi sono però delle eccezioni ad esempio nella stenosi funzionale tra reticolo e omaso in cui, nonostante sia presente ottusità, l'attività motoria del rumine conservata o aumentate; oppure nel meteorismo schiumoso in cui, nonostante vi sia risonanza chiara o soprachiara, la motilità del rumine è soppressa. Variazioni di risonanza non dovute al contenuto ruminale sono: timpanica (con crepitio alla palpazione) in caso di pneumoderma conseguente a ruminotomia o rumino centesi, sub‐ottusa o ottusa nelle zone declivi per presenza di una sacca purulenta rumino‐peritoneale o versamento peritoneale. Ascultazione : Può essere immediata o strumentale, cioè ponendo direttamente l'orecchio o il fonendoscopio al centro della fossa del fianco o zone limitrofe. A livello delle zone superiori ascolteremo i rumori del sacco dorsale; a livello delle zone inferiori ascolteremo i rumori del sacco ventrale. In pratica si ascoltano solo i rumori del sacco dorsale che sono più intensi e frequenti. Abbiamo due tipi di rumori: principali o di cascata e secondari. I rumori principali sono dovuti alla contrazione del sacco dorsale che determina sfregamento del suo contenuto contro le pareti e delle particelle solide tra di loro e lo spostamento delle bollicine di gas verso la superficie della massa alimentare; i rumori secondari sono dovuti ai movimenti delle bollicine di gas e alle contrazioni isolate di alcuni settori del rumine. Il rumore di cascata comincia lieve quando si ha il sollevamento della fossa del fianco, poi va man mano aumentando e raggiunge la sua massima intensità in concomitanza alla massima distensione della fossa, per poi diminuire e scomparire con l'abbassarsi di questa. In caso di dislocazione a sx dell’abomaso si possono udire gorgoglii e toni tintinnanti. Fra un rumore principale e l'altro a volte si sente il silenzio assoluto, altre volte rumori secondari crepitanti dovuti a fermentazioni. I rumori principali sono più rari e deboli lontano dai pasti e spariscono a distanza di 48 ore dall’ultimo pasto, in più con alimenti grossolani sono più frequenti, saranno più frequenti anche nelle prime fasi di meteorismo schiumoso, mentre un’altra causa della loro scomparsa è l’atonia. Di norma se ne contano 5‐15 in 5 minuti. Mentre l'intensità e la frequenza dei rumori di cascata ci offrono la misura dell'attività del rumine, quella dei rumori secondari ci indica l'entità dei processi fermentativi. In presenza di ipercinesi, inizialmente i rumori principali aumentano però, se presente anoressia, essi si affievoliscono fino a sparire anche se la motilità del rumine è conservata i rumori non si sentono più perché il contenuto è fluido. L’ascultazione eseguita sul penultimo spazio intercostale è utile per escludere la dislocazione a sx dell’abomaso, in condizioni normali in questa zona è possibili udire i movimenti del rumine mentre in caso di dislocazione sx di abomaso non si sentono. PRELIEVO ED ESAME DEL CONTENUTO RUMINALE Il prelievo del contenuto ruminale può essere effettuato con: ruminotomia, fistola permanente del rumine, ruminocentesi, ma il sistema più conveniente e il sifonamento con sonda e pompa aspirante. Lo strumentario necessario è rappresentato da apribocca, sonda, pompa aspirante e recipiente per raccogliere il materiale. L'apribocca è costruito in modo da proteggere la sonda dagli insulti dei denti. E’ formato da un tubo fissato ad un ferro angolare che si adatta in bocca e tenuto fermo mediante una molla che viene passata dietro la nuca. 44 La sonda è un tubo di plastica lungo 2,5 m, diametro di 13‐14 mm e spessore di 2 mm, che presenta ad una sua estremità dei fori del diametro di 4‐5 mm per un tratto di 35‐40 cm. Con la pompa si provoca un vuoto tra 50 e 200 mm Hg. Come recipiente per il prelievo serve una bottiglia di vetro con parete spessa, della capacità di 550‐1000 cc. Questa è chiusa con tappo a vite metallica provvista di due aperture che permettono il collegamento della bottiglia stessa con la sonda e con la pompa aspirante. Attraverso l'apribocca la sonda viene spinta in faringe; a questo punto, se necessario, si soffia dentro la sonda per provocare il riflesso della deglutizione, dopo di che si sospinge la sonda stesa attraverso l'esofago nel rumine. Qui si incontra una certa resistenza poiché la sonda incontra la massa alimentare solida del sacco dorsale. La sonda si piega in direzione ventrale formando una U verso il reticolo e l'atrio del rumine. A questo punto si collega la sonda con la bottiglia, già collegata alla pompa aspirante, e si preleva il quantitativo di succo che si desidera se l’aspirazione risulta difficoltosa significa che la sonda non è introdotta abbastanza perciò non si è formata la curvatura a U. La finalità del prelievo del contenuto ruminale sono: ‐ averlo a disposizione per poterlo somministrare ad animali ammalati; in questo caso si preleva da animali sani (almeno cc 3000‐4000) ‐ sottoporlo ad un esame fisico ed eventualmente di laboratorio; in questo caso si preleva da animali ammalati (500 cc sono sufficienti). La microflora e microfauna del contenuto ruminale rimane vitale al di fuori del corpo dell'animale per un tempo molto limitato, quindi può perdere in efficacia durante il periodo che intercorre tra il prelievo e la sua somministrazione. Normalmente l'odore è aromatico per la presenza di acidi grassi volatili; diviene acidulo nella indigestione di grani o miscele energetiche che hanno determinato la formazione di acido lattico, fecale o putrido nelle putrefazioni del rumine. . Il colore è generalmente verde pallido nell'alimentazione da stalla, verde più scuro se al pascolo. Giallo bruno con alimentazione di insilati e foglie. Il colore decisamente bruno indica spesso cattiva attività prestomacale. L’alimentazione forzata con concentrati conferisce un colore nettamente grigio. La consistenza del contenuto del rumine è normalmente un po' viscosa. Una consistenza totalmente acquosa si ha spesso nella acetonemia ed indica una scarsa attività. Per la determinazione del pH nella pratica ambulatoriale vengono usate cartine indicatore. In laboratorio viene valutato elettrometricamente con un elettrodo su vetro dopo aver allontanato dal contenuto ruminale le particelle di materiale più grossolano. Normalmente il pH si aggira tra 6,1‐7,4 e per lo più 6,8‐7. Il valore più basso si ha 2 ore dopo la foraggiata a causa degli intensi fenomeni di fermentazione e quindi della notevole produzione di acidi grassi che si verificano in tale momento. ESAME DEL RETICOLO Il reticolo è un organo poco accessibile che si trova a livello del 6°‐7° spazio intercostale e inferiormente a livello del processo xifoideo dello sterno. Limiti: dorsale: margine caudale dell’aria polmonare craniale: è una linea che va dall’olecrano all’inserzione della cartilagine xifoidea caudale: linea che va dall’ombelico al punto di intersezione tra il margine polmonare caudale e una linea orizzontale passante per l’articolazione scapolo‐omerale a sx mentre a dx è l’intersezione con una linea passante 2 palmi sotto la stessa articolazione. 45 Percussione: si esegue tra la 6° e 8° costa ventralmente e dietro l’aria polmonare, normalmente si riscontra sub‐ottusità. La risonanza sarà ottusa in caso di aderenze, ascessi o tumori. La percussione della regione xifoidea darà una risonanza timpanica, detta “a scatola” in corso di reticolo‐peritonite traumatica di recente insorgenza. Ascoltazione: si pone il fonendoscopio al livello del 5°‐7° spazio intercostale a sinistra ed a destra oppure in una depressione della regione sterno‐caudale individuabile tracciando una linea che congiunge le tuberosità olecraniche passando sotto lo sterno, nel punto in cui questa incrocia la linea sagittale mediana inizia la depressione che si estende per circa 6‐8 cm. Potremo udire rumore di fruscio che corrisponde al secondo momento della sistole bifasica del reticolo e che si ripete ogni 40‐60 sec. Con l'ascoltazione possiamo valutare la conservata motilità o meno dell'organo. Ogni volta che la motilità del rumine è diminuita o soppressa altrettanto si verifica nei riguardi del reticolo l'esame di questo organo perde di utilità quando viene esaminato il rumine. ESAME DELL'OMASO L'omaso è delimitato anteriormente dal limite polmonare, posteriormente dal prolungamento cartilagineo della 10° costa, è situato nella metà inferiore del terzo medio e nella metà superiore del terzo inferiore destro con diametro trasversale 22‐25 cm e diametro verticale 26‐
30 cm. Sul quest'area noi possiamo effettuare: palpazione, percussione ed ascoltazione. La palpazione viene eseguita con le nocche delle dita o il palmo della mano allo scopo di provocare eventuali reazioni dolorifiche, che non sempre sono dovute ad aumentata sensibilità dell'organo. Altro rilievo apprezzabile è l’indurimento della parete, di sovente dovuto a somministrazione di alimenti a granulometria troppo fine che rimangono tra le pliche della mucosa causando indurimento. La percussione si esegue in corrispondenza dell’area di proiezione, partendo dal limite polmonare e procedendo a raggiera sul resto dell’area. Lo scopo è delimitare l'area dell'organo e per rilevare la risonanza che normalmente è chiara‐smorzata o sub‐ottusa. Nel meteorismo schiumoso del rumine si riscontra un netto aumento dell'area omasale ed in corrispondenza di essa una risonanza uniformemente soprachiara. 46 In caso di dilatazione/replezione, come nella stenosi pilorica funzionale permanente, si ha un aumento dell'area omasale e una risonanza ottusa. Una diminuzione dell’area di ottusità si può avere se si riducono le dimensioni dell’organo o se questo disloca spostandosi dalla parete addominale. Nell'ascoltazione si poggia il fonendoscopio sull'area omasale, e in condizioni fisiologiche si possono sentire lievi rumori crepitanti quasi continui, ma di intensità variabile a seconda delle fasi di contrazione dell'organo. Ogni 57 secondi i rumori di crepitio presentano un'intensa esacerbazione corrispondente ad una energica contrazione principale del viscere, che segue quella del reticolo. In condizioni patologiche i rumori di crepitio possono essere diminuiti o scomparsi. Nella stenosi gastrica funzionale a volte si sente rumore di guazzamento. Prova di funzionalità della doccia esofagea,ostio omasale e ponte omasale: si esegue somministrando all’animale 2‐3 lt di stimolante del riflesso esofageo e ascultando l’omaso, si dovranno udire gorgoglii. In alternativa si può aggiungere colorante alla soluzione e saggiarne il raggiungimento dell’omaso attraverso una centesi dell’organo. Un risultato negativo di queste pratiche indica ipofunzionalità dell’ostio o del ponte esofageo. ESAME ABOMASO In condizioni normali, nell’animale adulto, la sua posizione impedisce qualsiasi esame semiologico. Nel vitello date le maggiori dimensioni relative dell’organo e la minore tensione della parete esso risulta più accessibile. La parte del fondo, cioè la parte più voluminosa e importante dal punto di vista funzionale del viscere, si trova al di sopra della linea mediana, debordando in parti uguali a destra ed a sinistra di essa e decorrendo a diretto contatto della parete addominale dalla apofisi xifoidea dello sterno fin quasi all'ombelico. La parte del fondo prima della parte pilorica, si dirige verso l'ipocondrio destro, immediatamente al di sotto del quale è adagiata la porzione pilorica dell'abomaso stesso. La parte pilorica sarebbe accessibile al di sotto dell’ipocondrio di destra all’altezza dell’ombelico, ma anche qui la tensione della parete addominale è tale che non permette l’esecuzione di indagini semiologiche. La parte del fondo dell'abomaso può essere sottoposta a puntura esplorativa (abomasocentesi). L'abomaso in condizioni normali e nella maggior parte delle condizioni patologiche non è accessibile, lo può diventare solo nei suoi grandi aumenti di volume con conseguente dislocazione. Nei vitelli lattanti invece l'abomaso per le sue grandi dimensioni 47 viene a contatto con quasi tutta la parete addominale destra e gran parte di quella ventrale. Questo fatto e la limitata tensione della parete addominale favoriscono le indagini semiologiche. Quindi l’ispezione è possibile in alcune condizioni: ‐Dilatazione semplice. Per es. per stenosi pilorica (adulti) o ostruzione da foraggio (vitelli) ‐Dislocazione a sinistra. La parete addominale sinistra risulta più sporgente, talvolta protunde nella parte anteriore della fossa del fianco. Si osserva soprattutto in caso di diete sbilanciate per eccesso di carboidrati fermentescibili (aumentanno gli AGV) o anche nel post‐patrum per improvviso cambiamento di posizione dei visceri. ‐Dislocazione a destra. Rigonfiamento del fianco destro più dorsalmente e cranialmente rispetto alla dilatazione semplice. Può accompagnarsi a torsione, questo è una condizione molto grave perché se c’è volvolo il viscere si riempie di gas per cui si osserva rigonfiamento (ispezione), guazzamento (ballottamento) e tintinnio (ascultazione\percussione). Il rischio in questi casi è la lacerazione dell’organo (morte in poche ore). La palpazione in condizioni fisiologiche è possibile solo nei vitelli in decubito laterale sinistro (si possono sentire corpi estranei) e negli anziani con parete addominale flaccida. In condizioni patologiche si rende possibile in caso di: • Insabbiamento o geosedimentazione. Con la palpazione profonda a livello ombelico‐
xifoideo si può sentire uno “scricchiolio da palla di neve” crepitante. • Abomasite, palpando si evidenzia risposta algica • Dilatazione a destra pronunciata. Si può palpare dietro l’arco costale a livello della fossa del fianco Per via rettale è possibile palparlo in condizioni patologiche: in dislocazione a destra si sente come un pallone teso nel quadrante dorsale di destra e nei casi più gravi anche in quello inferiore destro. Nella dislocazione a sinistra si può sentire la cupola abomasale nel quadrante dorsale destro se l’organo ha raggiunto la fossa del fianco. La percussione non permette di delimitarlo, tuttavia si può registrare sonorità da sub‐timpanica a moderatamente ottusa. Una maggiore ottusita depone per sovraccarico abomasale, ispessimento della parete. In caso di dislocazione sx ci sarà sonorità timpanica nel fianco sx talvolta accompagnata da dolore. Nella dislocazione dx sonorità timpanica posteriormente all’area epatica talvolta accompagnata da dolore. 48 Ascultazione. I rumori abomasali non sono ben identificabili, tuttavia si possono udire rumori tintinnanti nelle fasi iniziali di dislocazione destra. Risulta utile eseguire una ascultazione\percussione che permette di diagnosticare: • dislocazione a dx: si percepiscono rumori tintinnanti metallici (rottura bolle di gas) a goccia cadente, alla ascultazione\ballottamento si odono rumori di guazzamento (dovuti alla presenza di liquido e gas). Questi reperti sono patognomonici in caso di conservata motilità ruminale. • dislocazione a sx: nelle fasi iniziali si odono rumori tintinnanti ABOMASOCENTESI Può essere effettuata per introdurre medicamenti direttamente in abomaso e per prelevarne il contenuto da sottoporre ad esami fisici e di laboratorio. L'abomasocentesi viene effettuata tra il terzo anteriore e i due terzi posteriori di una linea che va dalla fossetta retrosternale all'ombellico. Il punto dove si infìgge l'ago viene tricotomizzato, lavato e disinfettato. L'ago si infìgge attraverso la parete addominale con energia sino al cono. La lunghezza dell'ago varia in base alla mole del paziente, il calibro è circa quello dell'ago per l'anestesia epidurale. Se l'infissione è rapida solitamente l'animale non reagisce. Conviene comunque sempre che un aiuto tenga le testa, e un altro, ponendosi all'altezza dell'arto posteriore dal lato dove opera il veterinario, eserciti con la mano sul dorso una lieve pressione. Dopo l'infissione il contenuto abomasale scende spontaneamente attraverso la cannula. Se non dovesse scendere si aspira con la siringa. Se anche in questo caso non dovesse scendere può darsi che l'ago sia ostruito da frustoli di alimento, che si trovi nello spessore della parete gastrica o in una piega della mucosa. In questo caso si userà un ago più lungo. Il colore del contenuto abomasale è più chiaro di quello del rumine e normalmente emana un odore acido. Il pH oscilla tra 2‐3. La puntura dell'abomaso può essere effettuata anche in sede diversa per accertare la sospetta dislocazione abomasale prima di intervenire con la laparotomia. Il prelievo di un liquido con caratteristiche di quello abomasale confermerà la presunta dilocazione. PROVE DEL DOLORE PERITONEALE‐DIAFRAMMATICO Tali prove sono rappresentate dalle indagini seguenti: ‐ compressione della area algogena reticolo‐peritoneale diaframmatici ‐ percussione con martelletto pesante o punta del pollice ‐ prova del garrese ‐ prova di Kalchschmidt Scopo comune di queste indagini è quello di porre in evidenza una dolorabilità dipendente da una lesione infiammatoria peritoneale‐diaframmatica, solitamente di origine traumatica, dolorabilità che il paziente manifesta sottraendosi alle manualità, sferrando calci, emettendo un gemito sonoro oppure interrompendo l'espirazione. Per delimitare l'area alogena reticolo‐peritoneale diaframmatica si prende come punto di partenza la linea che rappresenta il limite posteriore polmonare, linea che parte dalla sommità del penultimo spazio intercostale e, descrivendo il lieve arco, giunge alla tuberosità olecranica. Questa linea forma il limite antero‐superiore dell'area algogena nel tratto che va dalla tuberosità del gomito sino al punto di incrocio con l'orizzontale passante per l'articolazione scapolo omerale sia a destra che a sinistra. A destra ne rappresenta il limite solo nel tratto che va dal gomito al punto di intersezione con una linea che passa 1‐2 palmi sotto l’articolazione scapolo‐omerale. 49 Il limite antero‐inferiore è rappresentato da una linea che va dalla tuberosità olecranica e va alla cartilagine xifoidea dello sterno. Il limiti posteriori da ambo i lati vanno dalle intersezioni tra le orizzontali summenzionate con la linea limite posteriore della area polmonare all'ombelico, compiendo una lieve curva a convessità ventrale. Essa comprende centralmente la regione xifoidea e la retrosternale e la parte anteriore dell'ombelicale; lateralmente la parte inferiore delle ipocondriache. Un dolore evidenziato entro i suoi limiti corrisponde generalmente ad una lesione infiammatoria del peritoneo parietale del reticolo e del diaframma corrispondente. COMPRESSIONE La compressione va esercitata a sinistra ed a destra, in modo particolare lungo e dietro il limite antero‐superiore ed a livello degli spazi intercostali con la punta del pollice o con la punta del manico del martelletto pesante. La stessa indagine va compiuta nei riguardi del limite antero‐
inferiore. Mentre si compie l'indagine il clinico deve far avvicinare a sé la testa del paziente in modo da poter udire l'interruzione del respiro ed il gemito. La parte ventrale dell'area viene compressa con il pugno chiuso o con un bastone rotondo lungo 1 metro o 1 metro e mezzo. Il bastone viene poggiato all'ipofisi xifoidea dello sterno o dietro di essa ed afferrato per l'estremità da due aiuti, si imprimerà una trazione verso l'alto, intesa a sollevare leggermente il tronco dell'animale, lasciandolo poi cadere bruscamente. Queste prove di compressione sono spesso accompagnate nei bovini sani dall'emissione di un rumore respiratorio afono, da non confondere con il gemito che è sonoro ed è espressione di dolore. La compressione sul limite antero‐superiore (limite polmonare) e posteriormente ad esso si esercita a livello del seno costo‐diaframmatico; perciò fra la parete toraco‐addominale compressa e reticolo sottostante è interposto il diaframma. Una compressione anche leggera sul limite antero‐superiore, può svelare una dolorabilità. Tenendo conto della compressione, dello spessore della parete, possiamo capire se si tratta di un dolore superficiale parietale o profondo. PERCUSSIONE CON MARTELLO PESANTE. La percussione viene praticata soprattutto lungo e dietro il suo limite antero‐superiore ed antero‐inferiore e sulla regione xifoidea e retrosternale e zone retrostanti. la percussione viene eseguita inferendo colpi distanziati di 10‐ 12 cm, mai più di un colpo nello stesso punto, non sulla costa e ben intervallati fra di loro nel tempo per poter meglio udire i gemiti emessi con ritardo. Il dolore viene espresso con un gemito sonoro, che però può essere così flebile da non potersi udire. Per questo motivo è consigliato applicare alla regione laringea dell'animale un fonendoscopio. PROVA DI KALCHSHMIDT Il KALCHSHMIDT ha evidenziato una zona di iperalgesia a livello della cute in corrispondenza del 7°‐8° vertebra dorsale, in rapporto alla sindrome da corpo estraneo. Questa iperalgesia cutanea si irradia da questo suo punto di massima intensità, cranialmente sopra le vertebre dorsali e cervicali, caudalmente sino alla 13° vertebra dorsale e talvolta anche sino alla 3° lombare. Lateralmente essa si può diffondere sopra la parete toracica e addominale sino alla lìnea alba. L'estensione della zona di iperalgesia cutanea varia a seconda dei caratteri più o meno acuti del processo reticolo peritoneale, in una piccola zona (lesione cronica), una zona media (lesione subacuta) e una grande zona (lesione acuta). Questa iperalgesia cutanea ha la caratteristica di cessare per ore o anche un giorno, ma essa ricompare quasi sempre dopo sensibilizzazione. La sensibilizzazione si ottiene sollevando ripetutamente la pelle con una od ambedue le mani a livello dell'8° vertebra dorsale. Detta iperalgesia inizia con l'insulto del reticolo da parte del 50 corpo estraneo e permane sino al cesare di questo insulto o fino a che i conseguenti processi infiammatori del reticolo non sono guariti. L'iperalgesia cutanea non è da considerarsi un sintomo patognomonico di reticolo‐peritonite. Gli impulsi subliminali, che continuamente partono dai recettori dolorifici di essa, pervengono tramite fibre nervose della sensibilità somatica alle corna posteriori dello stesso segmento midollare a cui arrivano gli impulsi dolorifici, attraverso fibre nervose simpatiche del viscere ammalato e cioè nel nostro caso del reticolo. Questi impulsi viscerali, arrivando in gran quantità al midollo spinale, creerebbero a livello del mielomero colpito, un focolaio di irritazione abbassando la soglia di eccitazione per gli impulsi sensitivi somatici in arrivo allo stesso mielomero dalla cute; per conseguenza questi impulsi somatici da subliminali diverrebbero sopraliminari, in grado cioè di provocare dolore a livello della struttura somatica da cui provengono. La relazione tra iperalgesia cutanea e reticolo‐peritonite da corpo estraneo è evidenziata da: Anestetizzando la cute nel punto dolente si ha la scomparsa del dolore per l'elimiazone degli impulsi addizionali periferici; la temperatura a livello di tale zona è più bassa, persino di 3°, di quella della cute circostante a causa della vasocostrizione da eccitazione simpatica, orripilazione del pelo (eccitazione simpatica). Per porre in evidenza iperalgesia cutanea bisogna deviare la testa del paziente verso l'operatore, in modo da udire gli atti respiratori, poi sollevare la cute in plica a livello del 8° vertebra dorsale alla fine dell'inspirazione o all'inizio dell'espirazione. Se vi è iperalgesia, il soggetto interrompe il respiro per 20 sec ed anche più. L'inizio e la fine dell'apnea sono contrassegnati da due rumori: il primo corrisponde alla chiusura della glottide, il secondo, più forte, alla brusca apertura della glottide e all'inizio dell'espirazione. Praticando tale manualità si può provocare l'inarcamento del dorso e di mettere con ciò in evidenza un dolore profondo (prova del garrese) anziché superficiale. La prova di KALCHSHMIDT e la prova del garrese sono nettamente distinte poiché una è espressione di dolore superficiale, l'altra di dolore profondo. Non va attribuito un valore patognomonico nei riguardi della reticolo‐peritonite al risultato positivo di tali prove del dolore, poiché tale positività si può osservare anche in altri processi morbosi. Tra queste prove quelle il cui risultato positivo possiede un valore diagnostico maggiore nei confronti della reticolo‐peritonite, sono la compressione e la percussione della zona algogena. PROVA DEL GARRESE Si esegue comprimendo con le mani le apofisi spinose delle vertebre dorsali e sollevando (contemporaneamente) una plica di cute. Il soggetto risponde inarcando il rachide verso il basso, ciò causa uno stimolo a carico del peritoneo e del diaframma che, in caso di processo algico da causa infiammatoria, causa un dolore tale da indurre l’animale a emettere un gemito. Tuttavia la positività a questa prova non è da considerarsi patognomonica di sindrome da corpo estraneo, infatti la manualità causa stimoli a tutti i visceri addominali e toracici e anche a muscoli e articolazioni. RICERCHE COLLATERALI PER DIAGNOSI DA CORPO ESTRANEO La più utile è la paracentesi che permette di valutare il liquido peritoneale. Esso in caso di reticolo‐peritonite da corpo estraneo sarà torbido, sieroso, e coagula subito a volte può essere pure icoroso‐purulento. Anche l’esame del sangue può essere utile, esso ci permettera di valutare la popolazioni leucocitaria che in caso di sindrome da corpo estraneo sarà sicuramente aumentata nella componente neutrofila e eosinofila. Leucocitosi neutrofila accentuata= positività Leucocitosi neutrofila modica= positività Leucocitosi neutrofila lieve associata a eosinofilia= positività 51 Ricerca elettromagnetica di corpi estranei metallici Sì usano elettrometalloscopi. Sono apparecchi che si basano sul principio che il campo elettromagnetico di due bobine viene disturbato dalla presenza di un metallo ferromagnetico è tale disturbo può essere segnalato o con un particolare suono o con un amperometro. Questa indagine è inutile poiché la presenza di corpi estranei nel lume del reticolo o del rumine è quasi una regola. Quindi si corre il rischio, in caso di quadro clinico non chiaro, di essere tratti in inganno da essa. Questa indagine può essere utile per valutare dopo una ruminotomia se abbiamo tolto dal reticolo e dal rumine tutti i pezzetti di ferro. ESAME DELL'INTESTINO NEL BOVINO Si pratica ispezione, palpazione, percussione e ascultazione del fianco destro (ricorda che nello sfuggente del fianco destro si può trovare anche il sacco ventrale del rumine che può interferire). All’ispezione si può notare, in caso di dilatazione del cieco, un aumento di volume della fossa del fianco con sollevamento della parete addominale dietro la parte prossimale dell’ultima costa. La prominenza può occupare anche tre quarti della fossa e far evidenziare nella parte caudale di essa una depressione. In questi casi la palpazione a scatto provoca rumori gorgoglianti, la percussione della fossa invece dà risonanza timpanica mentre nelle zone sottostanti ottusa. Nelle gastro‐enteriti gravi la palpazione a scatto causa rumore di sciacquio (si distingue da quelli da versamento peritoneale perché più profondo) per fluidificazione del contenuto intestinale. L’ascoltazione permette di valutare la peristalsi se è normale aumentata o diminuita. ESPLORAZIONE ENDOPERITONEALE Si esegue attraverso laparotomia esplorativa della fossa del fianco destro o sinistro. Si entra attraverso la breccia operatoria con la mano cosparse di pomata antibiotica. A sinistra si può esplorare il sacco dorsale del rumine, il reticolo, milza rene sinistro e inserzione del diaframma, si possono evidenziare: versamenti, aderenze dovute a peritonite e infiammazioni della vescica. A destra si esplora: il peritoneo, rumine intestino, fegato e omaso, anche qui si possono evidenziare versamenti, aderenze, dislocazioni e dilatazioni di abomaso. ESPLORAZIONE ENDORUMINO‐RETICOLARE Si esegue attraverso una fistola ruminale con rumine parzialmente svuotato (non vuoto altrimenti si alterano i rapporti topografici). Le parti superiori del rumine sono piene di materiale non molto molle mentre scendendo esso fluidifica fino ad essere liquido nelle parti inferiori. Palpando la parete del rumine si riconoscono bene i pilastri. Attraverso la plica reticolo‐ruminale si passa nel reticolo. Sul pavimento di questi organi si trova sempre un po’ di sabbia e nel reticolo si trovano pure corpi estranei che difficilmente possono uscire perché la plica reticolo‐ruminale e l’ostio reticolo‐omesale si trovano più un alto e perché la superficie interna del reticolo è fatta a favo di api e quindi li trattiene nelle sue cellette. A destra si trova il cardias al cui livello la mucosa e l’alimento hanno consistenza scivolosa per la presenza di saliva. Si può anche palpare l’ostio reticolo‐omasale inserendovi le dita. Strisciando con la mano lungo la parete sinistra del reticolo si può percepire il margine posteriore della milza che decorre parallela al diaframma, davanti alla milza invece si trova il diaframma stesso sempre molto teso, mentre in direzione craniale si trovano il fegato e il reticolo. In senso craniale a destra si può percepire l’omaso che è tondeggiante attraverso il rumine se ne palpano i margini anteriore e inferiore mentre quelli superiore e posteriore si 52 palpano attraverso il reticolo. Dal sacco ventrale del rumine si palpa l’abomaso e il pancreas mentre dal sacco dorsale si palpa utero e ovaie. Col rumine completamente vuoto si palpano pure le anse intestinali e alcuni linfonodi. ESPLORAZIONE RETTALE NEL BOVINO Di tutto l'apparato gastro‐enterico si arriva ad esaminare solo il retto, il fondo cieco del sacco dorsale e ventrale del rumine. Il cieco (che si trova davanti all'ingresso del bacino), il duodeno (in rapporto alla regione superiore del fianco destro), il digiuno e l'ileo (sotto il cieco), e il colon non sono differenziabili e riconoscibili. Mentre il reticolo, l'abomaso, e due terzi anteriori del rumine sono completamente al di fuori del campo esplorabile. Anche la milza non lo è, perché completamente ricoperta dal sacco dorsale del rumine. REPERTO NORMALE DI ESPLORAZONE RETTALE Dopo aver esaminato la regione anale, si introduce la mano nel retto prendendone in considerazione lo stato di ripienezza, il contenuto, la temperatura e le eventuali lesioni della pareti. Quindi si procede all'esame della parete e delle arterie del bacino, della porzione terminale dell'aorta addominale, dei linfonodi sacrali, iliaci interni ed esterni. In un secondo tempo si esaminano gli organi endopelvici: vescica, uretra, vagina, cervice, corpo e corna dell'utero, legamenti larghi, ovaie e salpingi. Spingendo la mano all'ingresso del bacino si incontra nel cavo addominale sinistro, una massa dura, globosa, difficilmente comprimibile che è il fondo cieco del sacco dorsale del rumine, mentre il sacco ventrale, che occupa la metà destra del cavo addominale destro, si può toccare solo in parte spingendo la mano in basso. Il rene sinistro si raggiungere spostando la mano dal sacco dorsale del rumine verso destra oppure partendo dalla cavità pelvica e spingendo la mano direttamente in avanti. Si percepisce un corpo carnoso, oblungo, fisso alla parete dorsale. Nei soggetti corti si può palpare in tutta la sua lunghezza. Il rene destro è accessibile alla palpazione sono il determinati casi (animali corti, aumento dell'organo) e gli ureteri diventano percepibili nelle vicinanze della parete dorsale dell'addome quando siano dilatati ed ispessiti. Il fegato si raggiunge solo quando aumentato di volume. Gli anelli inguinali interni vanno presi in esame in caso di dolori colici. La sierosa peritoneale è solo in parte esplorabile, maggiormente a destra che a sinistra ed in basso. Se ne saggi la sensibilità e la presenza di formazioni nodulari (tubercolosi perlacea). SONDAGGIO RINO‐ESOFAGEO NEI BOVINI Viene utilizzata nella somministrazione di sostanze medicamentose liquide o quando l'animale non può deglutire e quindi va alimentato per un periodo relativamente breve con liquidi nutritivi. La sonda è costituita da un tubo di gomma, semirigido, con l'estremità smussa e che presenta, oltre all'apertura terminale anche un apertura in prossimità della punta. La sua lunghezza è di 2,26 m, il diametro esterno è di 1, 55 cm e quello interno di 0,9 cm. Dopo averla lubrificata viene introdotta nel meato inferiore della cavità nasale. Se si incontra ad un certo punto resistenza, è meglio estrarla poiché potrebbe essere penetrata nel meato medio o superiore; l'ostacolo quindi è rappresentato dal cornetto nasale che sanguina meno nel bovino che nel cavallo,e al cui contatto la sonda stride, dalla cavità nasale viene spinta nel faringe, quindi se provoca un atto di deglutizione viene spinta nell'esofago. Se tale atto di deglutizione non si verifica lo si può provocare soffiando nella sonda. Se non viene compiuto l'atto di deglutizione, la sonda passa in trachea, quindi provocherà difficoltà respiratoria e dalla sua estremità libera uscirà aria inodore ad intervalli sìncroni con gli atti respiratori, a differenza dei gas provenienti dall'esofago. Per valutare che sia stata introdotta in esofago, si fa la palpazione 53 con la punta delle dita sopra i primi anelli tracheali. Giunta in esofago viene poi spinta attraverso il cardias nel rumine. SONDAGGIO GASTRICO NEI BOVINI Trova applicazione soprattutto per combattere il meteorismo del rumine e anche per rimuovere corpi estranei che siano rimasti in esofago. È consigliabile applicare al bovino un apribocca costituito da un pezzo di legno fusiforme con al centro un apertura attraverso la quale passerà la sonda, e di due cordicelle agli estremi che vengono fissate alle corna. Le sonde usate per il sondaggio gastrico sono generalmente a spirale di ferro e sono lunghe circa 2 m e con diametro di 2 cm. La sonda passa nel foro dell'apribocca, scorre contro la volta palatina, e giunta nel retrobocca si impegna subito nell'esofago ed allora la sua progressione diviene facile. PUNTURA DELL'ADDOME Viene utilizzata a scopo diagnostico e terapeutico, quando si voglia stabilire con certezza la presenza di una raccolta peritoneale liquida, e per esaminare il liquido per trarre utili elementi diagnostici. PARACENTESI DEL CAVALLO È consigliabile un trequarti munito di due mandrini, uno acuminato e l'altro ottuso (trequarti di GRATZL). Il punto di elezione per la puntura nel cavallo si trova ad egual distanza dall'apofìsi xifoidea dello sterno e dall'ombelico. Essa si pratica in genere con animale in piedi e immobilizzato infliggendo, prima il trequarti in tutto lo spessore della cute, poi tolto il mandrino acuminato e lasciata la cannula infissa nella cute, vi si introduce il mandrino ottuso e si spinge lo strumento attraverso i muscoli ed il peritoneo in cavità. In questo modo si evita di perforare un'ansa intestinale specialmente in caso di meteorismo. PARACENTESI NEL BOVINO Si usa un comune ago da siringa infisso nello sfuggente del fianco destro al di sotto dell'inizio della piega della grassella. Esso non è il punto più declive dell'addome ,ma è il punto più favorevole perché qui il rumine (sacco ventrale) non è adagiato alla parete addominale. Viene praticata ogni volta che in concomitanza con sindromi peritoneali la palpazione del fianco destro provochi un rumore di sciacquio oppure quando ci si trovi di fronte ad una sindrome colica, che si sospetti dovuta ad un cambiamento di posizione dell'intestino. PARACENTESI NEI CARNIVORI Si esegue con un ago da siringa nelle zone più basse dell'addome nelle vicinanze della linea alba. 54 ESAME DEL FEGATO ESAME FISICO DEL FEGATO. Nel cavallo il fegato non è, accessibile ad un esame nè dall'esterno che per via rettale. Per quest'ultima via non raggiunge perchè troppo lontano e dall'esterno sfugge perchè non deborda il margine polmonare posteriore. Per quest'ultimo motivo anche con la percussione non rileveremo alcuna ottusità epatica, ma soltanto una risonanza polmonare lievemente smorzata (ottusità epatica relativa) non sempre ben percepibile, che inizia vicino al limite polmonare posteriore destro. Lo sbancamento del polmone, il meteorismo più o meno marcato del cieco rendono questo rilievo semiologico — che presenta del resto una scarsa importanza pratica — sempre più relativo. Il rilievo di un'ottusità epatica assoluta depone senz'altro per un ingrandimento del fegato, conseguente in generale ad una cirrosi ipertrofica, come nell'anemia infettiva, più raramente a tumori (carcinomi, angiomi). Nei bovini il fegato è più accessibile perchè deborda in parte dal limite polmonare posteriore destro, entrando così a contatto con la parete costale; in questa zona si rileva normalmente un'ottusità assoluta, situata fra il 10° ed il 12° spazio intercostale ed al di sopra della linea che congiunge la cresta acromiana della scapola con l'angolo esterno dell'ileo. La diminuzione o la scomparsa dell'aria di ottusità epatica si osserva nella dilatazione dell'abomaso con dislocazione destra ed anche nella peritonite diffusa con pneumoperitoneo. Con l'esame plessimetrico si rileva talvolta un evidente ingrandimento della zona d'ottusità, in direzione caudale o ventrale od orale: in caso di tubercolosi epatica, echinococcosi, cirrosi da distornatosi, epatite icorosa o suppurativa o per neoplasia. Mediante la palpazione praticata spingendo la punta delle dita tra gli spazi intercostali (10‐11‐
12) non è tanto infrequente riscontrarvi una dolorabilità più o meno marcata, che depone per una epatite icorosa (corpo estraneo) o suppurativa metastatica (vitelli con onfaloflebite purulenta) o per distornatosi epatica. All'esame del fegato nei carnivori si procede con l'ispezione di ambedue gli ipocondri per apprezzarne un eventuale aumento di volume; più proficuo però è l'esame di palpazione, che si fa spingendo la punta delle dita dietro gli archi costali cartilaginei in direzione craniale, che permette nella maggior parte dei casi (cani magri specialmente e gatti) di percepire il sottile margine epatico, che normalmente non deborda. È preferibile che durante l’esame il soggetto sia in posizione seduta, o, meglio ancora, laterale, o supina. Con la percussione digitale si rileva una zona di ottusità parallelamente e dietro il limite polmonare, a destra lungo l'intero limite, a sinistra soltanto lungo il suo terzo inferiore, di qui congiungentesi poi, a livello del 7°‐8° spazio intercostale, con quella del lato opposto. Se vi è notevole aumento di volume del fegato, come si verifica nella leucosi o nella cirrosi, esso è già apprezzabile con la semplice ispezione sotto forma d'un aumento di volume dell'addome in corrispondenza specialmente dell'ipocondrio destro e dell'epigastrio. Nell'epatomegalia si per‐
cepisce distintamente con la palpazione il margine posteriore dell'organo. È importante ai fini diagnostici differenziali tener presente che il fegato ha dei movimenti antero‐posteriori sincroni con quelli respiratori, movimenti che si mettono meglio in evidenza costringendo l'animale a respirare profondamente. Qualche volta in seguito ad epato‐megalia si apprezza una porzione del fegato sotto forma di un corpo duro, carnoso, il cui margine posteriore arrotondato, decorrente in senso posteriore, presenta dei movimenti antero‐posteriori sincroni con quelli respiratori; questo si mette maggiormente in evidenza costringendo l'animale a respirare profondamente ed ha una notevole importanza ai fini diagnostici differenziali. Così ad es. la milza, quando diviene palpabile perchè ingrandita, non li presenta. Con la palpazione del fegato ingrandito se ne può esaminare anche la superfìcie diaframmatica, che può essere irregolare, bernoccoluta (cirrosi, tubercolosi, tumori) o liscia (leucosi). La dolorabilità risvegliata con la compressone della regione epatica depone per una epatite acuta 55 o subacuta o per una periepatite. La cirrosi, la degenerazione grassa, certe forme di epatite acuta, la leucosi, i tumori (carcinomi, adenocarcinomi, sarcomi), la tubercolosi, raramente l'ascesso epatico, sono rilevabili, oltre che con la palpazione, anche con la percussione che mette in evidenza un ingrandimento della zona d'ottusità. ESPLORAZIONE FUNZIONALE DEL FEGATO. L'indagine funzionale del fegato trae le sue basi dai processi chimico‐fisiologici connessi con la molteplice attività dell'organo ed ha lo scopo essenziale di farci conoscere se il viscere è ammalato e quale sia il grado della lesione che vi si svolge (DOMINICI). In certe epatopatie gravi e diffuse molto spesso il semplice esame fisico, che può rilevare l'ingrandimento di volume o la comparsa di una sensibilità dolorifica del viscere, è in grado di svelare la esistenza di uno stato patologico e, con l'aiuto di altri segni di ordine generale o particolare, di precisarne talvolta anche la natura. Tuttavia per avere una diagnosi di certezza in tali casi e per svelarne numerosi altri nei quali il processo morboso evolve in forma silente è spesso indispensabile ricorrere a quelle metodiche di laboratorio che valutano appunto lo stato funzionale del fegato. Si deve ricordare che nel fegato stanno adiacenti due tessuti — tessuto epatico vero e proprio con le sue cellule epatiche e tessuto reticolo‐endoteliale — i quali hanno origini, morfologia e funzioni diverse; che il fegato possiede una funzione ritmica assimilatoria e disassimilatoria; ed ancora che nel fegato esistono differenze funzionali tra lobulo e lobulo ed in uno stesso lobulo l'attività non è uniforme in tutte le sue parti. Si deve inoltre ricordare che il fegato possiede una capacità funzionale molto ampia; che molte delle sue funzioni sono proprie pure di altri organi come il rene, la milza, i muscoli, ecc.; che la maggior parte delle attività epatiche si svolge indipendente l'una dall'altra per cui è possibile che una sola di esse risulti alterata mentre tutte le altre rimangono integre. Per tali considerazioni risulta chiaro che lesioni anche estese del fegato possono non essere accompagnate da alterazioni apprezzabili della sua funzionalità e che, comunque, per avere un'idea precisa di questa sarebbe necessario indagare tutte le attività dell'organo e cioè il metabolismo dei pigmenti biliari, il metabolismo protidico, il metabolismo lipidico, il metabolismo glicidico, il metabolismo delle vitamine, il metabolismo minerale, ecc. In pratica tuttavia questo è per ovvie ragioni impossibile: si è cercato di individuare le prove che forniscono i risultati più attendibili e si è giunti in tal maniera a semplificare la ricerca limitandola appunto ad alcune indagini. Le principali sono: • funzione escretrice dei pigmenti • ricambio pigmentario determinazione della bilirubinemia determinazione della bilirubina nell’urina determinazione dell’urobilinogeno nell’urina • ricambio dei protidi determinazione delle proteine del siero • ricambio di glucidi prova da carico di galattosio iperglicemia da adrenalina • ricambio dei lipidi dosaggi della colesterina e degli esteri lipidici dosaggio dei corpi chetonici nel sangue • studio delle attività enzimatiche fosfatasi alcalina del siero transaminasi del siero 56 BIOPSIA EPATICA Consiste nel prelievo in vivo di un frustolo di parenchima epatico da sottoporre ad indagini microscopiche, istologiche, isto‐chimiche, ecc., sia per la diagnosi di epatopatie, di malattie infettive, parassitarie che per la individuazione di carenze vitaminiche (Vit. A) e minerali (ferro e rame) e di avvelenamenti. La biopsia epatica è preferibile effettuarla per mezzo di aghi o cannule di calibro ridotto (mm. 1,5‐3) per ridurre al minimo gli eventuali rischi, rappresentati da emorragie od infezioni se‐
condarie. L'inconveniente che va maggiormente paventato nel bovino è la perforazione di qualche ascesso epatico o cisti da echinococco ed il determinarsi in tal modo di una peritonite. Le principali finalità dello studio bioptico del fegato sono: nel bovino per la diagnosi della Theileriosi, di avvelenamenti da Senecio bilo‐batus e Jacobea, per la determinazione del glicogeno epatico, della Vit. A, del contenuto in Fe e Cu, ecc. ; nel cavallo per la diagnosi dell'anemia infettiva (attraverso l'evidenziazione di una abnorme reattività del S.R.E. e di abbondanti depositi di emosiderina nelle cellule del Kupffer); nel cane per la diagnosi delle epatopatie più disparate, della Leishmaniosi e della epatite infettiva. ESAME DELLA MILZA. Pur appartenendo la milza all'apparato ematopoietico, dati i suoi stretti rapporti topografici con quello digerente, è consuetudine esaminarla assieme a questo. Nel cavallo si riesce a valutare per via rettale il margine caudale ed in qualche parte le superfici parietale e viscerale per una estensione più o meno grande a seconda della lunghezza del sog‐
getto. L'esame plessimetrico, da praticarsi a livello delle ultime coste (16‐17‐18a), nel terzo medio superiore dell'emitorace sinistro, non offre rilievi d'importanza pratica. Nel bovino la milza non è esplorabile nè con la palpazione esteriore nè per via rettale per essere tutta la cavità addominale sinistra occupata dal rumine; le condizioni anatomiche (sotti‐
gliezza dell'organo; presenza del rumine) rendono ancora più incerto che negli equini qualche utile rilievo plessimetrico. È tuttavia opportuno aver conoscenza della sua proiezione sulla parete addominale, il che citato stabilito con esattezza con l'esplorazione endorumino‐
reticolare. Tale proiezione risulta in parte indiretta per l'interposizione del polmone, oltre che delle sierose pleuriche, peritoneali e del diaframma, ed in parte diretta, in quanto essa aderisce quasi direttamente alla parete addominale èssendovi interposto e non in tutta la sua estensione, soltanto l'inserzione diaframmatica ed il seno costo‐diaframmatico. Le due parti dì detta proiezione e cioè, l'indiretta o anteriore, la diretta o posteriore, sono separate dal limite polmonare, che rappresenta, come è noto, l'inizio del seno costo‐
diaframmatico. La prima parte rappresenta circa un terzo di tutta la proiezione nel suo insieme, la seconda i rimanenti due terzi e comprende l'estremità dorsale e l'estremità ventrale; quest'ultima, che è la più estesa, può eccezionalmente, divenire semiologicamente esplorabile. La proiezione splenica nel suo insieme parte con la sua estremità dorsale dall'estremità prossimale circa della 12a costa, vicino alla colonna vertebrale e si dirige ventralmente, con direzione lievemente obliqua in avanti, seguendo il limite polmonare dal quale si distacca completamente con tutta la sua estremità ventrale all'incirca dove ha inizio il 3° inferiore del limite polmonare stesso. Volendo pertanto praticare un tentativo di esame semiologico della milza nel bovino le nostre indagini vanno portate a livello della proiezione diretta della milza e cioè subito al di dietro del limite polmonare (3° superiore; 3° medio) e ad un palmo di mano circa dal 3° inferiore del limite polmonare stesso. 57 La palpazione‐pressione può evidenziare dolore nel caso di perisplenite e splenite icorosa; la percussione, che normalmente rivela una risonanza chiara o lievemente smorzata, se digito‐
digitale, può evidenziare invece una risonanza subottusa o nettamente ottusa nel caso di splenomegalia o di ascessi. Si potrà avanzare un sospetto di perisplenite e splenite icorosa, come allorché il dolore alla palpazione‐pressione sia limitato al di dietro del 3° medio del limite polmonare sinistro ed alla percussione si noti ottusità sull'area di proiezione diretta della milza stessa. Se poi a questi dati si aggiunge febbre molto elevata (41°‐41,5°), leucocitosi neutrofìla intensa (75‐80%), la diagnosi verrà sempre più avvalorata e potrà poi trovare conferma in una eventuale puntura esplorativa, della milza. Che permetta di prelevare pus, color feccia di vino. Anche nei carnivori, in condizioni normali, la milza non è esplorabile né con la palpazione (perchè situata dietro le coste) né con la percussione (perchè troppo sottile). Quando sia aumentata di volume si palpa al di sotto dell'arco costale sinistro come un corpo carnoso, piatto, allungato, a margini più o meno arrotondati, la cui terminazione libera si spinge ventralmente più o meno lontano, sino alla linea alba ed anche oltre. Nelle considerevoli splegomegalie è già apprezzabile, con la sola ispezione, una procidenza dell'addome a livello dell'epigastrio (leucosi). Pure la torsione della milza attorno al legamento gastro‐lienale, ch'è frequente nel maiale, più rara nel cane e nel vitello, apporta un ingrossamento notevole dell'organo per la congestione che vi si stabilisce in seguito all'ostacolato deflusso venoso (compressione delle vene del legamento gastro‐lienale). Nel cane quando si riesce a stabilire la diagnosi in vita e precocemente, l'intervento chirurgico può essere coronato da successo; negli altri animali la diagnosi è sempre anatomica. 58 ESAME DEL RESPIRATORIO Le vie aeree vengono distinte in un tratto superiore (cavità nasali, laringe e pars cervicale della trachea) ed inferiore (comprendente la porzione intratoracica della trachea, i bronchi, i polmoni, la pleura, o spazio pleurico, il diaframma e la parete toracica). ANAMNESI •
Età: negli animali giovani è possibile osservare spesso anomalie congenite dell’apparato respiratorio (palatoschisi con passaggio di alimento e di liquidi nelle vie aeree) •
Razza: una predisposizione razziale nei confronti di anomalie delle vie aeree superiori è maggiormente osservata nei cani brachicefali. Inoltre i toy, di media età o in soggetti anziani, sono spesso portati a visita in seguito a tosse persistente dovuta a bronchite cronica e/o collasso tracheale. •
Natura e durate dei segni clinici: nel cane la presenza di tosse cronica, insorta da diversi anni potrebbe suggerire un’affezione respiratoria primaria quale ad esempio una bronchite cronica piuttosto che una patologia cardiaca. Comunque, nei cani anziani è possibile osservare la concomitante presenza di malattie cardiovascolari e respiratorie. Valutare l’evoluzione e il tempo d’insorgenza di una malattia respiratoria è molto importante ai fini di un corretto piano diagnostico: la spontanea risoluzione di sintomi respiratori può essere indicativa di infezioni autolimitanti. Un andamento stagionale della sintomatologia respiratoria può invece essere legato a patologie allergiche. Il collasso tracheale e/o l’ipertensione polmonare associata a malattie cardiache del settore destro spesso causa ipossia cerebrale che è alla base della sincope. Essa può presentarsi in seguito ad esercizio fisico ovvero a episodi eccitativi. 59 •
Ambiente e menagement: l’ambiente in cui vivono gli animali può essere considerato un fattore di rischio verso alcune patologie respiratorie. Nei grossi animali, si riscontrano malattie infettive e/o su base immunitaria in allevamenti con un inadeguato sistema di ventilazione. •
Il trasporto può essere considerato un “fattore scatenante” di alcune malattie respiratorie. •
Stato immunitario: l’incidenza e la gravità di molte patologie infettive dell’apparato respiratorio, è maggiore in animali non vaccinati o in quelli che non hanno acquisito un’immunità naturale. •
Trattamenti terapeutici: l’impiego di farmaci può alterare il quadro clinico negli animali. ESAME FISICO DELL’APPARATO RESPIRATORIO: ISPEZIONE DEL TORACE ED ESAME FUNZIONALE DEL RESPIRO Innanzi tutto vanno prese in considerazione la forma e la simmetria del torace. A tale scopo l’osservatore deve porsi alternativamente alla testa e dietro al posteriore dell’animale analizzando il torace dai due lati. La forma del torace può in certi casi assumere aspetti quasi caratteristici come per esempio, il così detto torace a botte del cavallo bolso. La simmetria non è conservata specie nei processi cronici unilaterali endotoracici, o in conseguenza di fatti traumatici. Sulla superficie toracica si possono apprezzare dei movimenti respiratori intercostali, diffusi o circoscritti, conseguenti a difficoltà respiratoria. L’ispezione del torace, nel cavallo, può inoltre mettere in evidenza, nelle regioni inferiori, la turgescenza della vene toracica esterna o speronaria: segno della bolsagine. Dopo l’ispezione del torace si compie l’ispezione del fianco che più significativamente dovrebbe chiamarsi esame funzionale del respiro. Tale esame deve essere condotto prima che l’operatore esegua qualsiasi manovra sull’animale in modo da non influenzare la frequenza e il tipo di respiro. L’esame funzionale del respiro deve essere condotto a riposo, in posizione quadrupedale, ponendosi ad una certa distanza in modo da non disturbare l’animale. L’esame del respiro comprende: la frequenza, il tipo, il ritmo, l’ampiezza, la celerità, la simmetria del respiro, e ogni rumore associato ad esso. •
Frequenza: l’operatore deve porsi di lato, posteriormente all’animale. Nei cavalli normali a riposo i movimenti possono essere impercettibili, rendendo tale esame di difficile attuazione. In tali casi la frequenza può essere determinata, mettendo una mano vicino alle narici e contando il numero degli atti espiratori. Il ciclo respiratorio normale consiste in tre fasi: inspirazione, pausa, espirazione. L’operatore deve porre la sua attenzione sul numero di atti per minuto primo e sulla durata delle diverse fasi. Approssimativamente la fase inspiratoria ed espiratoria sono di uguale durata. Cani e gatti: 15‐50 atti/minuto Bovini: 12‐36 atti/minuto Cavalli: 8‐12 atti/minuto La frequenza respiratoria aumenta ogni qualvolta diminuiscono le possibilità di scambio gassoso polmonare per aumento della concentrazione di CO2 nel sangue. Certi processi organici come per esempio l’enfisema polmonare non sono altro che la conseguenza patologica di una aumentata frequenza respiratoria compensativa. Tachipnea è l’aumento patologico della frequenza respiratoria. Essa può essere determinata dalle più svariate affezioni anatomiche delle vie respiratorie, da affezioni anatomiche e funzionali del’apparato circolatorio, da alterata crasi sanguigna, da perturbamenti di ordine generale, da ostacoli meccanici alla funzionalità dei muscoli respiratori. Non è detto peraltro che ogni affezione polmonare o toracica in genere porti sempre di necessità a tachipnea; 60 questo si verifica in genere all’inizio dei processi stessi, ma se tali stati morbosi passano allo stato cronico, l’organismo può anche abituarvisi o meglio può trovare dei validi compensi per cui il respiro, a riposo, può presentarsi di frequenza normale. Brachipnea è ciò si verifica in genere sotto l’influenza di gravi turbe nervose a carattere depressivo che coinvolgono i centri respiratori. L’ampiezza del respiro riguarda l’espansione toraco addominale durante l’atto respiratorio. Le escursioni inspiratorie sono prevalentemente diaframmatiche, per cui dall’esterno si apprezzano solo lievi movimenti toraco addominali. Il respiro diventa profondo in conseguenza di fatti patologici e, palesemente superficiale (e frequente), in conseguenza di fatti dolorifici legati alla pleura od ai nervi o muscoli intercostali. •
Ritmo: è il regolare succedersi degli atti respiratori nel tempo, la loro durata dovrebbe essere sempre uguale perciò il tempo dovrebbe essere diviso in parti uguali in realtà si sa che l’espirazione ha una durata leggermente superiore. Il ritmo comprende l’inspirazione, l’espirazione e la pausa. Nelle malattie respiratorie la pausa può essere considerevolmente più breve oppure la fase inspiratoria, espiratoria, o entrambe, possono essere prolungate. Il ritmo respiratorio è strettamente collegato alla frequenza ed alla celerità: parliamo quindi anche di ritmo respiratorio accelerato e di ritmo rallentato. Alterazioni del ritmo possono essere anche il respiro periodici (respiro normale alternato ad apnea) e il respiro di Cheyene Stokes (ritmo che rallenta progressivamente fino all’apnea ed è un segno preagonico). •
Tipo: il respiro può essere di tipo toracico (costale) o addominale; nella respirazione costale i movimenti coinvolgono principalmente la parete toracica, mentre quella addominale necessita dell’ausilio dei muscoli addominali e del diaframma. Nella maggior parte degli animali il respiro è essenzialmente costo‐addominale. Solo nei piccoli ruminanti e nei bovini il movimento della parete addominale è maggiore rispetto a quella della parete toracica (respiro addominale). Il respiro può diventare costale in seguito a processi acuti endoaddominali, e si manifesta nettamente addominale nelle grandi difficoltà espiratorie. In tutte le specie animali la fase espiratoria è essenzialmente passiva a differenza di quella inspiratoria. Negli equini durante la fase inspiratoria è possibile distinguere: 1) Inizialmente un rilassamento dei muscoli addominali 2) Successivamente, un’attivazione dei muscoli intercostali e del diaframma Mentre durante l’espirazione è possibile osservare 1) Un iniziale rilassamento passivo dei muscoli intercostali e del diaframma 2) Successivamente una contrazione attiva dei muscoli addominali, con conseguente sollevamento della parete addominale al termine della espirazione 61 •
Ampiezza: è l’espansione toraco‐addominale che si verifica durante ogni atto respiratorio le normali escursioni della parete toracica ed addominale possono risultare superficiali o profonde •
La celerità respiratoria si riferisce alla durata di ogni singolo atto respiratorio, che può essere aumentata o diminuita. La celerità è proporzionale alla frequenza quando fra un atto respiratorio e l’altro non esiste nessuna apprezzabile interruzione. Il respiro può diventare celere, anche se poco frequente, quando fra un atto respiratorio e l’altro esiste una pausa prolungata. •
Simmetria dei movimenti della parete toracica: normalmente, entrambe le pareti toraciche si muovono simmetricamente. Tale condizione può venire meno in corso di pneumotorace oppure in condizioni algiche che coinvolgono un emitorace. In campo patologico, la fase inspiratoria può essere prolungata per ostacoli nelle prime vie respiratorie e lungo il decorso dei bronchi. Saranno quindi ostacoli prevalentemente inspiratori tutte le lesioni atte a ridurre il lume delle narici, delle cavità nasali e della faringe, come pure i processi laringo tracheali e dei grossi e medi bronchi. La fase espiratoria si prolunga per lesioni ed ostacoli esistenti nei piccoli e piccolissimi bronchi, in quanto questi nella fase inspiratoria hanno la possibilità di espandersi e facilitare l’ingresso dell’aria, mentre nella fase espiratoria se la mucosa è tumefatta od edematosa o su di essa è depositato del catarro, la fuoriuscita dell’aria è ostacolata ed ha bisogno quindi di maggior forza espulsiva e di maggior tempo. Ricordiamo però come certi stati patologici dei piccoli e piccolissimi bronchi (spasmi) possono ripercuotersi anche sulla fase inspiratoria. La fase espiratoria risulta prolungata in conseguenza della perdita di elasticità del polmone ed anche per deficiente tono della muscolatura respiratoria legato a fatti locali e più spesso a fatti di ordine generale. Alla prolungata espirazione si accompagna quasi inevitabilmente la discontinuità della fase stessa o dicrotismo espiratorio. Ciò corrisponde all’entrata in funzione degli obliqui dell’addome, che rendono ben manifesta la linea dell’ipocondrio (corda del fianco). La fase espiratoria può risultare anche con molte interruzioni o polidicrota. Anche la fase inspiratoria può manifestarsi discontinua. La discontinuità multipla inspiratoria che prende il nome di respiro a gradini. Questa particolarità disfunzionale risponde in genere ad ostacoli all’ingresso dell’aria, diversamente distribuiti nell’albero respiratorio; in qualche caso può essere anche la conseguenza di sensazioni dolorifiche. Normalmente le pareti toraciche e quelle addominali compiono contemporaneamente i loro movimenti espansionistici e di retrazione, nello svolgersi dell’atto respiratorio. Il fulcro di questa concordanza è rappresentato dal diaframma che equilibra la pressione endoaddominale con quelle atmosferica ed endotoracica durante le fasi del respiro; in conseguenza di una lesione nervosa o muscolare del diaframma, i movimenti del torace e quelli dell’addome risultano alternati (respirazione discordante o ad altalena). Nel versamento pleurico di una certa entità questa manifestazione disfunzionale non manca mai. Quando al versamento pleurico si accompagnano altri fatti polmonari o broncopolmonari, la difficoltà e la frequenza 62 respiratoria possono rendere meno chiaro questo sintomo. Se durante l’evoluzione di un processo pneumonico o bronco pneumonico si vede comparire il respiro discordante, si può arguire, di massima, che la pleura è interessata (pleurite essudativa meta pneumonica). Il respiro discordante compare anche nelle ernie diaframmatiche e nel pneumotorace spontaneo, nei versamenti pericardici e nelle cardiopatie con grande aumento di volume del cuore (cane); non è manifesto in genere nei versamenti addominali. In caso di perdita di elasticità polmonare associata a ipotonicità diaframmatica si osservano oscillazioni ad altalena toraco‐addominali in espirazione (respiro discordante). Nei bovini, se si fissa l’attenzione alle regioni inferiori del torace durante il respiro, un accenno a discordanza si osserva anche in condizioni fisiologiche. La dispnea è un respiro difficoltoso caratterizzato, ad ogni atto respiratorio, da eccessivo escursioni della pareti toraciche e addominali, è un processo nel quale sono contemporaneamente presenti quasi tutte le alterazioni sopra ricordate. Il respiro dispnoico è un respiro di massima frequente, ampio, difficoltoso e con possibili alterazioni del ritmo. Prevalente difficoltà inspiratoria quindi con inspirazione prolungata (dispnea inspiratora) o con difficoltà espiratoria ed espirazione prolungata (dispnea espiratoria), o con ambedue le fasi compromesse (dispnea mista), o con respiro discordante (dispnea discordante). L’animale dispnoico assume anche gli atteggiamenti particolari: testa estesa sul collo, arti anteriori divaricati, respirazione boccale con procidenza della lingua, abnorme e permanente dilatazione delle narici; nei bovini risulta inoltre molto evidente il polso venoso respiratorio alle giugulari. La dispnea è espressione di gravi fatti ostacolanti la funzione respiratoria. Molti processi endotoracici extrapolmonari possono intervenire nel determinismo di un quadro dispnoico. La dispnea inspiratoria è caratterizzata da una prolungata fase inspiratoria con aumentata attività dei muscoli intercostali; nei casi di ostruzione delle alte vie respiratorie, può essere accompagnata da stridore. La dispnea espiratoria è caratterizzata da una prolungata fase espiratoria, con esagerata attività dei muscoli addominali (bolsaggine) nella quale, nelle fasi croniche, è possibile osservare un andirivieni dell’ano, sincrono alle fasi respiratorie, e la presenza del solco della bolsaggine. Tale dispnea espiratoria comunemente è secondaria ad ostruzione delle basse vie aeree. I soggetti dispotici presentano: facies ansiosa, abduzione dei gomiti, estensione della testa e del collo. INTERPRETAZINOE DI UN RESPIRO ANORMALE Cinque diversi tipi di respiro anomalo: 1) Respiro frequente e profondo può essere associato ad: ansietà ed attività fisica, malattie polmonari, febbre e acidosi. 2) Respiro lento e profondo: si osserva occasionalmente in animali con grave ostruzione delle vie aeree profonde in cui la notevole riduzione del flusso di aria porta ad un aumento della durata della fase inspiratoria ed espiratoria senza un aumento della frequenza. 63 3) Respiro celere e superficiale: può essere indicativo di: stato ansioso, condizioni morbose che si accompagnano a respiro doloroso, patologie restrittive dei polmoni, lesioni occupanti spazio che riducono il volume toracico e limitano l’espansione polmonare. 4) Respiro lento e superficiale: può verificarsi in animali con grave depressione del sensorio, o in risposta ad alcalosi metabolica 5) Respiro di Cheyne‐ Stokes si riscontra raramente; è caratterizzato dal passaggio graduale da una respirazione a frequenza aumentata ad una a frequenza rallentata (fino ad una apnea più o meno evidente) si associa a patologie del sistema nervoso centrale. 6) Respiro periodico: periodi di respirazione normale si alternano con periodi di apnea. RUMORI RESPIRATORI ANORMALI Alcuni rumori respiratori sono udibili durante la respirazione senza l’ausilio dello stetoscopio. Quando presenti a riposo, indicano il coinvolgimento di un tratto dell’apparato respiratorio: essi includono gemito espiratorio, tosse, sbuffo, stridori, starnuti, starnuti inversi. •
Tosse: la tosse è un riflesso che origina dalla stimolazione del centro della tosse situato nel midollo allungato, è indotta dalla stimolazione dei recettori del tratto respiratorio, situati principalmente a livello della laringe, faringe, trachea e bronchi. La tosse consta di diverse fasi: 1) Profonda inspirazione seguita da chiusura della glottide 2) Vigorosa espirazione forzata 3) Compressione dell’aria nei polmoni 4) Rapida apertura della glottide con espirazione a carattere esplosivo in cui la velocità dell’area emessa è di alcune centinaia di metri al secondo La tosse ha la funzione di rimuovere il muco in eccesso, le secrezioni di carattere infiammatorio, o materiale estraneo dal tratto respiratorio inferiore verso la laringe. La tosse generalmente è indice di malattia polmonare. In genere la tosse non è dolorosa ad eccezione delle forme legate a laringite acuta, bronchite e/o pleurite in tali casi l’animale cerca di sottrarsi volontariamente al riflesso della tosse. La tosse è produttiva se si associa ad espulsione di materiale a carattere essudativo, muco e/o sangue attraverso le cavità nasali e/o la cavità orale; viceversa una tosse non produttiva viene comunemente detta secca. Nei casi in cui la tosse sia rara è necessario provocarla chiudendo temporaneamente le narici e la bocca per 30‐60 sec ovvero impiegando un pallone respiratorio. In corso di laringo‐tracheite la palpazione esterna e/o la leggera compressione di tali strutture può indurre tosse. Nella specie equina non è infrequente osservare alcuni colpi di tosse all’inizio del lavoro con produzione di muco in eccesso in seguito a variazioni dell’umidità e/o della temperatura esterna. Nei piccoli animali la 64 tosse secca è in genere indicativa di bronchite cronica, collasso tracheale, e compressione del bronco principale ad opera dell’atrio sx dilatato. •
Starnuto: ha la funzione di ripulire il naso‐faringe. Si caratterizza per una espirazione forzata in seguito ad una stimolazione della mucosa nasale. Gli starnuti non si osservano nei grossi animali. Starnuti occasionali si riscontrano in animali normali. ESAME PARTICOLARE DELLE VIE AEREE SUPERIORI Naso e musello: vengono valutati attraverso l’esame di ispezione e di palpazione; è importante osservare l’eventuale presenza di masse, depressioni o asimmetrie. Bovini: il musello dei bovini è sprovvisto di peli ed è umido e freddo per la presenza di secrezioni sierose e per i continui lambimenti. Piccole secrezioni nasali si possono raccogliere in prossimità della parte ventrale delle narici dei bovini sani. In animali anoressici, depressi, negli stadi tossici e febbrili, il musello diviene secco: 1) Una secrezione nasale anomala si accumula, si secca e aderisce alla superficie 2) La superficie appare sporca e talvolta dolente 3) Il materiale accumulato può occludere le narici; in tal caso si possono udire rumori di stridore Lesioni cutanee di diverso tipo, quali papule, pustole, vescicole, erosioni, ulcere, croste, ecc.. possono associarsi a malattie infettive. Cavallo: il muso nei cavalli è completamente ricoperto di peli ed è molto mobile e sensibile. L’area nasale è normalmente secca, sebbene possano essere evidenti piccole secrezioni di natura sierosa provenienti dal dotto naso lacrimale. NARICI E CAVITA’ NASALI L’esame delle narici e delle cavità nasali comprende l’ispezione della mucosa, l’esame dell’aria espirata, dello scolo nasale ed infine, della pervietà. •
65 Narici: attraverso l’ausilio di una fonte luminosa o di un endoscopio è possibile ispezionare le narici e la porzione più rostrale delle cavità. La cartilagine alare si porta lateralmente e dorsalmente alla narice, dividendola in un canale dorsale (a fondo cieco – falsa narice) e ventrale che continua nelle cavità nasali. A causa della mobilità delle narici dei cavalli è possibile, al contrario di altre specie domestiche, esaminare direttamente gran parte della mucosa nasale e la parte più rostrale dei turbinati. L’orificio naso lacrimale è visibile nella parte ventrolaterale delle narici, in prossimità del limite tra la mucosa nasale e l’epitelio pigmentato delle narici. La gran parte delle cavità nasali può essere invece ispezionata solo con l’ausilio di un endoscopio. Nel cavallo sano, a riposo, i movimenti delle narici sono pressoché impercettibili, diventano molto evidenti in conseguenza di ogni difficoltà meccanica inspiratoria e negli stati generali di insufficienza respiratoria. Le narici si presentano in uno stato permanentemente di abnorme dilatazione con aspetto imbutiforme (narici a tromba), nei gravi stati dispotici ed in periodo preagonico. Nelle emiparesi del facciale, una narice può risultare deviata nello stesso senso della punta del naso, dal lato opposto della parte paralizzata. Nel bovino, anche in gravi condizioni di insufficienza respiratoria, la mobilità delle narici è sempre limitata per la rigidità del loro margine esterno; si ha però in questi casi la sensazione delle gravi difficoltà respiratorie dal movimento delle ali delle narici e dei tessuti molli delle pareti laterali delle cavità nasali ed inoltre dalla respirazione boccale con fuoriuscita della lingua. Nel cane la gravità delle disfunzioni respiratorie non si ripercuote notevolmente sulla motilità delle narici. In questa specie animale dobbiamo prendere in esame il “soffio labiale”. In certi casi patologici del cane, la fase espiratoria è accompagnata da un semplice leggero rigonfiamento delle labbra; in altri casi, più gravi, durante la fase inspiratoria si manifesta un rientramento laterale delle labbra e nella fase espiratoria un rigonfiamento delle stesse, accompagnato da un rumore espiratorio labiale soffiante. In assenza di processi infiammatoria gravi delle prima vie respiratorie con ipertrofia o edema della mucosa e con raccolte di muco o catarro tali da rendere difficile il passaggio dell’aria respiratoria, il soffio labiale rappresenta una manifestazione esterna dei processi broncopolmonari. Nel cane le broncopolmoniti hanno molto spesso una localizzazione semplicemente labiale, per cui risultano difficilmente identificabili, per le scarse o negative loro ripercussioni all’esame fisico del torace. •
66 Flusso d’aria: il flusso d’aria espirata può essere esaminato tenendo il palmo della mano davanti alle narici. Dopo un’occlusione manuale di entrambe le narici e della bocca per un periodo di tempo di circa 30 secondi è possibile aumentare temporaneamente il flusso di aria emessa dalle narici. Nei piccoli animali la pervietà delle narici viene valutata ponendo uno specchio o un vetrino per microscopia davanti al naso del paziente e valutando la condensa prodotta dall’espirato. Negli animali sani il flusso di aria da entrambe le narici è simile. La colonna d’aria espirata può manifestarsi continua o discontinua; in quest’ultimo caso ci fornisce un dato che può avere un certo valore. L’aria espirata può possedere particolari odori, come di carie, di cancrena, di putrefazione, di acetone, di aglio. L’origine di questi odori può essere boccale, sinusale, faringea, broncopolmonare, gastro‐intestinale o da alterato ricambio. All’odore fetido corrisponde precoce manifestazione della bronco‐polmonite cancrenosa da materiale estraneo inspirato (ab‐ingestis) o quale indice di una sfavorevole deviazione nella fase risolutiva di processi polmonari o broncopolmonari. L’odore di carie può provenire da lesioni dentarie od ossee, quello di putrefazione da materiale alimentare permasto fra le arcate dentarie e le guance od in faringe. L’odore di acetone è presente nell’acetonuria, nello stadio avanzato del diabete mellito e in bovini con chetosi (odore dolciastro di acetone). L’aria espirata può presentare un cattivo odore: polmonite gangrenosa, necrosi delle ossa dei turbinati, laringite suppurativa. Talvolta il cattivo odore è unilaterale, mentre se origina caudalmente alla faringe esso può essere avvertito da entrambe le narici. •
Scolo nasale: lo scolo nasale può avere le seguenti caratteristiche: 1) Unilaterale o bilaterale 2) Continuo o intermittente 3) Scarso o abbondante 4) Sieroso 5) Maleodorante 6) Mucoso 7) Muco purulento 8) Siero emorragico 9) Emorragico 10) Contenente cibo/materiale gastrointestinale Riniti si accompagnano a scolo mucoso. Uno scolo sieroso e/o mucoso è indicativo di una risposta aspecifica da parte della mucosa nasale irritata, mentre la presenza di uno scolo purulento è indicativo di un’infezione batterica, micosi o corpi estranei. Scolo nasale unilaterale si verifica in patologie che coinvolgono una sola cavità nasale. Nei grossi animali la presenza di uno scolo nasale bilaterale generalmente indica lesioni polmonari. Sul bordo delle narici ed ai margini di esse, si possono riscontrare scolo nasale essiccato, croste, ulcere e noduli, processi infiltrativi infiammatori od edematosi in conseguenza di processi infettivi locali o generali. Dalle narici del cavallo può fuoriuscire, in condizioni patologiche ed in quantità diverse, dello scolo nasale. Questo può essere unilaterale e bilaterale, continuo ed intermittente; può provenire dalle cavità nasali, dai seni, dalle tasche gutturali, dalla faringe e dalle ulteriori vie respiratorie ed eventualmente dall’esofago. Lo scolo nasale può manifestarsi sieroso, siero‐mucoso, mucoso, muco purulento, emorragico, schiumoso, frammisto a detriti di sostanze alimentari; può essere incolore o variamente pigmentato dal bianco sporco al giallastro, al grigio, al rosso, al bruno‐nerastro. Se lo scolo aumenta mentre l’animale abbassa la testa, è presumibile che il materiale provenga dai seni o dalle tasche gutturali; in quest’ultima evenienza se ne osserva la fuoriuscita intermittente mentre l’animale mangia, quando cioè compie atti di deglutizione. Lo scolo nasale schiumoso orienta verso l’edema polmonare. Merita un cenno particolare la fuoriuscita di solo sangue dalle narici (epistassi). Nei cavalli da corsa si riscontra qualche volta, dopo un lavoro intenso, la fuoriuscita da una o da ambedue le narici di modiche quantità di sangue. Si possono riscontrare emorragie nasali in seguito a traumi, in conseguenza di localizzazione di parassiti, per l’azione di gas irritanti ed anche in conseguenza di neoplasie. Quando si manifesta, saranno sempre opportuni ulteriori accertamenti per escludere o ammettere l’esistenza dell’infezione morvosa. Nei ruminati è spesso presente, in linea fisiologica, una certa quantità di scolo nasale siero‐mucoso, quindi filante e trasparente; scolo nasale di altra natura non si osserva, in generale, perché gli animali lo asportano con la lingua. Il bovino che presenta scolo nasale abbondante e persistente, è un ammalato grave in quanto non risente più dello stimolo che normalmente lo porta a lambire lo scolo nasale (scolo muco‐purulento bilaterale continuo frequente in caso di bronchite e broncopolmonite verminosa, scolo purulento necrotico continuo invece si risconta in 67 corso di peste bovina e febbre catarrale maligna). Non va trascurata l’ispezione interna della piega alare vestibolare che si deve rovesciare all’infuori e la palpazione del diverticolo del naso. Porsi di fronte ad una sorgente luminosa o illuminare la parte con una lampadina elettrica o tascabile. Sulla mucosa nasale possiamo riscontrare soluzione di continuo, vescicole, pustole, noduli, ulcere, cicatrici, croste; la mucosa stessa può presentarsi ispessita ed infiltrata, sede di neoplasie o di localizzazione di parassiti. Sono frequenti nel cavallo e nel cane i papillomi della cute o della mucosa vestibolo nasale. All’esame ispettivo della mucosa nasale può far seguito l’esame di palpazione eseguito introducendo una o due dita fra i meati ed il setto. Cavallo: lo scolo nasale nei cavalli si accumula facilmente a livello delle narici esterne ed è facilmente visibile. Un lieve scolo sieroso è comunemente presente nei cavalli sani ed è probabilmente di origine lacrimale. Il binomio pneumopatie/scolo nasale bilaterale non è in assoluto una regola; anzi se pur in una modesta percentuale di animali, alcune pneumopatie possono associarsi, inspiegabilmente, a scolo nasale unilaterale. La linfadenopatia bilaterale sottomandibolare può occasionalmente dipendere da patologie respiratorie che coinvolgono le vie aeree superiori. Il pacchetto linfonodale sottomandibolare, che nel cavallo è costituito da 70‐150 piccoli noduli, normalmente non è palpabile o poco palpabile. Scolo nasale bilaterale si verifica in animali affetti da lesioni del tratto respiratorio superiore. Negli equini la causa più frequente di infiammazione della mucosa respiratoria è rappresentata dalle infezioni virali oppure dalle allergie polmonari. Nel cavallo con disfagia secondaria a patologie esofagee o faringee, parte dell’alimento masticato può, durante il tentativo di deglutizione, dislocare dorsalmente al palato molle ed essere rigurgitato attraverso le narici. In alcuni casi parte di questo cibo può essere aspirato attraverso la laringe nel lume tracheale e provocare il riflesso della tosse, con l’espulsione del cibo per via nasale o orale. La trachea del cavallo presenta all’entrata del petto una zona a forma di coppa che intrappola il materiale finche non viene eliminato attraverso il nasofaringe e le cavità nasali. Per tale ragione la polmonite da inalazione è alquanto rara nel cavallo. Bovini:nei bovini è poco comune la presenza di secrezioni adeso alle narici e al musello perché lambiscono continuamente queste zone rimuovendolo. Lo scolo persistente può causare dermatiti al musello e alle narici esterne. In caso di faringiti, disfagia faringea, ostruzione esofagea o esofagiti, si può rinvenire uno scolo nasale frammisto a residui di alimento e saliva che può conferire allo scolo un colorito verdastro. La presenza di liquido ruminale invece suggerisce la presenza di rigurgito come accade in caso di collasso puerperale. Cane e gatto: lo scolo nei piccoli animali è spesso indice di affezioni delle vie aeree superiori, ma può anche essere dovuto a polmonite batterica. La presenza di scolo mucoso o muco purulento nel gatto (soprattutto giovane) è da attribuire a infezioni virali, mentre lo scolo muco purulento è spesso indice di corpo estraneo nasale, neoplasia o infezione micotica 68 EPISTASSI ED EMOTTISI Epistassi o sanguinamento del naso può essere dovuto a: • Traumi della mucosa nasale • Emorragie dell’apparato respiratorio • Aumento della fragilità capillare • Ipertensione sistemica • Disordini della coagulazione, come trombocitopenia. Quando la perdita di sangue non deriva dalle cavità nasali si è di fronte ad un serio problema. Quando è unilaterale suggerisce una lesione rostrale al nosofaringe, mentre una perdita di sangue da entrambe le narici può indicare una lesione posteriore. L’impiego di un endoscopio flessibile a fibre ottiche può essere d’ausilio per una precisa valutazione delle cavità nasali. L’emottisi o l’emissione di sangue attraverso la cavità orale e/o nasale in seguito a colpi di tosse si osserva comunemente nelle malattie delle basse vie respiratorie. Cavallo: l’epistassi nel cavallo può derivare da ferite della mucosa nasale, patologia delle tasche gutturali, emorragia polmonare, disturbi della coagulazione. Cane e gatto: epitassi può dipendere da cause locali (traumi, infezioni micotiche, neoplasie) o cause generali (trombocitopenie o ipertensione) Bovini: epitassi può essere conseguenza di lesioni causate da sonda gastrica, lesioni ossa facciali, corpo estraneo, in più esso può essere conseguenza di avvelenamento da anticoagulanti e se associato a emissione di schiuma dalle narici e dispnea può dipendere da edema polmonare. Emottisi invece può essere un segno di aneurisma dell’arteria polmonare, trombosi della vena cava caudale, rottura di ascessi epatici. MUCOSA NASALE La mucosa nasale si presenta normalmente di colore rosa salmone ed umida. Con l’aiuto di una fonte luminosa è possibile ispezionare 5‐8 cm della mucosa nasale nel bovino adulto e nel cavallo. La parte più caudale della mucosa nasale nel bovino si presenta invece di un colore più rosso perché maggiormente vascolarizzata. In seguito a malattie primarie come ad esempio ad infezioni respiratorie sistemiche, la mucosa nasale può essere: • Infiammata • Edematosa • Arrossata • Ulcerata • Ricoperta da secrezioni muco purulente OSTRUZIONE DELLE CAVITA’ NASALI Cane e gatto: le cause più comuni includono: ferite traumatiche, presenza di corpi estranei, neoplasie o difetti anatomici congeniti. All’esame ispettivo esterno si valuta la pervietà e la mobilità delle narici durante l’inspirazione, nonché l’eventuale presenza di essudato. Lesioni delle cartilagini nasali o traumi possono causare il collasso di una narice esterna. Il collasso bilaterale delle narici esterne, con completa perdita della pervietà, è un anomalia congestizia delle razze brachicefaliche. La dispnea in tali razze può essere dovuta all’effetto combinato di: 69 narici anomale e collasso del laringe. Quando è presente una totale chiusura delle narici la respirazione è sostenuta attraverso la bocca; in presenza di una parziale occlusione, la respirazione può avvenire attraverso il naso solo se l’inspirazione è in grado di superare l’ostruzione. Nelle razze in cui la dimensione della narice esterna lo permetta, la rinoscopia anteriore si può facilmente effettuare con l’uso di un lungo cono per otoscopia oppure attraverso un endoscopio flessibile. Cavallo: il cavallo è un animale a respirazione nasale obbligata, il bordo caudale del lungo palato molle si trova al di sotto dell’epiglottide durante la respirazione, formando un’efficace chiusura tra l’orofaringe ed il nasofaringe. Per tale ragione le ostruzioni delle prime vie aeree assumono un maggiore significato nel cavallo, piuttosto che in altre specie domestiche, che possono anche respirare attraverso la cavità orale. Un comune rumore espiratorio a tonalità alta causato da una vibrazione, di tipo russante, delle narici vere e delle strutture interne del naso, è definito “Flutter della falsa narice”. Questi suoni normali spesso si evidenziano all’inizio dell’esercizio, e sono spesso comuni in animali aggressivi sia a riposo che a lavoro. Durante l’esercizio aumenta il volume tidalico. In animali sani i rumori prodotti durante la respirazione possono essere uditi ad una distanza di oltre 25 metri. In molti cavalli malati possono essere uditi rumori grossolani a bassa tonalità durante un esercizio veloce. Questi animali vengono talvolta indicati quali “ticchiatori”. Tali rumori normalmente scompaiono quando l’animale è ben allenato. Dopo un esercizio prolungato e veloce, come una corsa, i cavalli sani presentano un respiro frequente e ampio per circa 5‐15 minuti con produzione di rumori che devono essere interpretati come normali. Rumori patologici possono essere rilevati in animali con ostruzioni delle vie aeree superiori durante il trotto o il galoppo, rumori che non sono presenti in condizioni di riposo. Questi rumori inspiratori esercizio‐indotti sono spesso chiamati brontolii e sono uditi a più di 50 metri. Anomali e ripetitivi rumori russanti o stridenti durante la respirazione si possono udire in animali sottoposti ad esercizi veloci, in seguito alla dislocazione del palato molle al disopra dell’epiglottide. Bovino: l’ostruzione delle cavità nasali è poco comune nel bovino, ma può essere dovuta alla presenza di corpi estranei (materiale vegetale) o di essudato associato ad infezioni nasali. Negli animali con ostruzione nasale l’inspirazione è accompagnata da stridore ed occasionalmente da starnuti, con o senza scolo nasale. In ogni caso è possibile osservare una riduzione o completa assenza del flusso di aria espirata dalle narici. Per poter localizzare la sede di un’ostruzione, quando non sia possibile disporre di un endoscopio può essere usata una sonda rinoesofagea di diverso calibro. Il mancato passaggio di sonde di diametro appropriato alla taglia dell’animale può essere indicativo di un’ostruzione. SENI PARANASALI L’esame dei seni comporta l’ispezione esterna, la palpazione, la percussione ed in certi casi la trapanazione. Nel cavallo si esaminano i seni mascellari e frontali; nei bovini i seni frontali. All’ispezione potremo notare possibili alterazioni di forma; il termo tatto ci farà sentire eventuali cambiamenti di temperatura locale. Ha particolare importanza la palpazione della base delle corna dei bovini e l’esame completo dei seni, quando in animali di questa specie si notino sindromi di gravi prostrazioni od anche di eccitazione nervose. La percussione dei seni, 70 mediata ed immediata, ci farà sentire diminuzione o scomparsa del normale suono chiaro sostituito da suono sub‐ottuso. Affezioni dei seni paranasali sono patologie comuni negli equini. La più comune è l’empiema del seno mascellare. Nel cavallo i seni mascellari sono suddivisi, su entrambi i lati, in una porzione rostrale ed una caudale. Condizioni infiammatorie che causano sinusite mascellare nel cavallo includono: •
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Infezioni respiratorie (batteriche e virali) Cisti e neoplasie Infezioni micotiche locali Ascessi delle radici dentali In caso di infiammazioni del seno nasale la parete esterna non si deforma invece quella interna si, e ciò causa una riduzione del lume della cavità nasale, condizionando il flusso d’aria (in alcuni casi impedisce il passaggio del flusso). Dorso lateralmente ai seni si trova il condotto naso lacrimale la cui compressione può causare epifora (lacrimazione eccessiva degli occhi) unilaterale. Processi patologici a carico dei seni si accompagnano anche a pessimo odore dell’aria espirata soprattutto in caso di infezione da batteri anaerobi. Un utile ausilio diagnostico per la diagnosi di patologie dei seni paranasali, è rappresentato dalla radiografia che permette di evidenziare la presenza di liquido o masse dove invece dovrebbe esserci l’aria. Bovini: l’esame dei seni comincia con l’osservazione del profilo per valutare eventuali modificazioni poi si passa alla palpazione per osservare eventuali rarefazioni, fratture o aumenti di temperatura. In tale specie, i seni paranasali possono essere considerati dei diverticoli della cavità nasale. Su entrambi i lati della testa si possono distinguere le seguenti strutture: • Seni frontali (molto ampi) • Seni mascellari • Seni sfenopalatini • Seni etmoidali L’esame di percussione (digitale o armata) dei seni mascellari e frontali permette di definirne la sonorità che in condizioni normali è chiara‐soprachiara. Nei casi in cui è presente: • Essudato • Neoplasie • Cisti dentali e ritenute Il suono alla percussione è ottuso sub‐ottuso. L’esame combinato auscultazione‐pecussione, eseguito ponendo lo stetoscopio al centro della fronte e contemporaneamente percuotendo il seno mascellare e frontale, può permettere di rilevare differenze di sonorità tra i due lati della testa. In questi animali problemi ai seni paranasali possono conseguire a decornificazione, neoplasie e actinomicosi. 71 REGIONE CERVICALE CRANIALE La regione cervicale craniale è situata posteriormente al ramo verticale della mandibola e comprende: • La parotide • La laringe • La tiroide • I linfonodi parotidei e faringei Come per altri organi la regione viene esaminata attraverso l ‘esame di ispezione, palpazione ed auscultazione. Devono essere esaminati entrambi i lati. L’aumento di volume della tiroide può determinare una tumefazione della porzione cranioventrale del collo. Una tumefazione più o meno evidente localizzata a livello del solco giugulare di sinistra può essere indicativa di una dilatazione totale o parziale dell’esofago. La palpazione esterna della regione cervicale craniale si esege normalmente con entrambe le mani, poste una su ogni lato, inizialmente con una lieve pressione che dovrà gradualmente aumentare per evidenziare eventuali algie profonde. La palpazione può permettere di osservare un’ipertermia localizzata, tumefazioni, e dolorabilità secondaria a patologie infiammatorie ovvero la presenza di neoplasie o corpi estranei a livello della doccia esofagea. FARINGE Cane e gatto: Un rapido esame della faringe e del palato molle nei piccoli animali può essere eseguito senza alcun contenimento. La mascella superiore è tenuta dalla mano dell’esaminatore e la mandibola con l’altra. L’ispezione della mucosa orale può evidenziare la presenza di ulcere e di corpi estranei. Un esame dettagliato della faringe (orofaringe, tonsille e palato molle) richiede invece l’impiego di un’anestesia generale. L’uso di uno specchio dentale associato alla contemporanea retrazione del palato molle con un uncino, può permettere l’ispezione del naso faringe. In taluni casi è invece necessario eseguire l’endoscopia. Cavallo: il semplice esame esterno del faringe fornisce, in genere, poche informazioni per cui è necessario eseguire una palpazione ed ispezione interna che può risultare alquanto difficile in animali di grossa mole. Disfagia faringea può essere dovuta a lesioni del IX (glossofaringeo), X (vago), XI (accessorio) nervo cranico o dei muscoli faringei. Cause meccaniche di disfagia faringea comprendono: palatoschisi, cisti subepiglottidea, corpo estraneo faringeo. PALATO MOLLE Il palato molle negli equini può essere ispezionato solo sottoponendo l’animale a sedazione, ed avvalendosi di una idonea strumentazione che consenta di portare verso il basso la base della lingua. Nei puledri la palatoschisi può coinvolgere anche la porzione molle del palato e causare, immediatamente dopo la deglutizione, il passaggio di alimento o liquidi nel nasofaringe e talvolta nella trachea, provocando accessi di tosse e, nei casi più gravi broncopolmonite ab ingestis. L’atto della deglutizione necessita di una transitoria dislocazione del laringe dall’arco 72 palato faringeo, ciò può essere osservato nell’animale sano a riposo mediante endoscopia, quando il palato molle si porta dorsalmente all’epiglottide, tuttavia, se durante un esercizio veloce, il palato molle si disloca dorsalmente, la parte libera può essere ripetutamente aspirata all’interno della glottide durante la fase inspiratoria, ed espulsa durante l’espirazione con conseguente ostruzione respiratoria acuta (dislocazione dorsale del palato molle DDPM) la diagnosi è endoscopica. TASCHE GUTTURALI Le tasche gutturali tipiche degli equini sono dei diverticoli delle tube di Eustachio. In un cavallo sano non possono essere ispezionate o palpate. Nei puledri, anomali congenite ( di natura neuromuscolare) dell’ostio nasofaringeo possono causare un accumulo, bilaterale o monolaterale, di aria all’interno delle tasche; la tumefazione che ne deriva può essere osservata caudalmente (talvolta ventralmente) alla mandibola. Tale tumefazione si presenta, alla palpazione, tesa, non dolente e ripiena di aria, che alla percussione produce un suono timpanico. Quando presente un notevole empiema, bilaterale o monolaterale, le tasche gutturali causano uno spostamento verso l’esterno della ghiandola parotidea. Tasche gutturali particolarmente aumentate di dimensioni possono portarsi caudalmente all’angolo della mandibola e lateralmente alla laringe in posizione sottocutanea; la tumefazione si presenta non dolente e di consistenza pastosa. Spesso le tasche gutturali possono essere preda di infezioni micotiche nella parte dorsale del comparto mediale e questo può causare lesioni di vasi e nervi in questi casi una grave e talvolta fatale epistassi bilaterale può verificarsi in seguito all’erosione della parete dell’arteria carotide interna, la quale decorre nel compartimento mediale delle tasche gutturali. Talvolta, l’emorragia interessa una sola tasca e grandi quantità di sangue giungono a livello del nasofaringe per poi essere eliminate da entrambe le narici. L’endoscopia è la tecnica di prima scelta per la valutazione delle tasche gutturali. Bovini: nei bovini adulti, con l’utilizzo di un apribocca è possibile palpare buona parte delle faringe, la glottide, l’epiglottide e l’esofago prossimale. Tale manovra si accompagna a frequenti tentativi di deglutizione e/o conati di vomito evocati dal riflesso faringeo. La faringe, la glottide e l’epiglottide possono essere ispezionati direttamente o con l’ausilio di uno speculum rigido in plexiglass di 4 cm in diametro e 45 cm in lunghezza. Lo speculum viene posizionato alla base della lingua, servendosi di un apribocca e di una sufficiente sorgente luminosa. Tale tecnica permette di identificare: corpi estranei, lesioni del faringe conseguenti a traumi, aumento di volume dei linfonodi faringei. Segni di faringite possono essere anoressia emottisi, scialorrea, perdita di cibo dalla bocca, tosse e assunzione rallentata di acqua. LARINGE La laringe svolge tre principali funzioni: • Non permette al cibo di essere inspirato • Regola il flusso d’aria • Permette la fonazione Cinque paia di muscoli permettono l’adduzione, mentre un solo paio consente l’abduzione 73 ESAME INTERNO DELLA LARINGE Prevede l’uso di un endoscopio (endoscopia laringea) ISPEZIONE ESTERNA DELLA LARINGE L’ispezione esterna della laringe può renderci manifesti solo gravi processi laringo‐faringei quando assumono notevole diffusione periferica o siano accompagnati da interessamento linfonodale per cui l’aspetto della regione risulta alterato per una certa prominenza laterale ed inferiore. In tal caso l’animale assume anche un atteggiamento particolare di testa estesa sul collo. Per eseguire la palpazione manuale della laringe ci si pone di fianco all’animale in esame con una mano appoggiato al garrese e l’altra posta sulla regione della gola; mantenendo la testa dell’animale in massima flessione, si riesce a percepire l’organo laringeo, apprezzandone la conformazione, la sensibilità e gli eventuali spostamenti. Alla palpazione della laringe, in corrispondenza della cartilagini aritenoidi e dei primi anelli tracheali, si riconnette la provocazione dei sintomo tosse, il che si deve fare ogni qualvolta si proceda all’esame sistematico dell’apparato respiratorio. Se la tosse si determina con grande facilità e cioè se ad una lieve compressione esercitata sulla pelle della regione l’animale risponde con uno o più colpi di tosse, ciò depone in favore di un processo locale a carattere acuto o subacuto. La tosse può manifestarsi a colpi staccati o ad accessi, può essere più o meno difficoltosa o dolorosa, secca o grassa, stridula, superficiale o profonda, sonora od afona. Il grado di sonorità e di intensità della tosse è legato alla colonna d’aria espirata, per cui è subordinato alla integrità dei muscoli espiratori, del diaframma ed alla elasticità polmonare. La mucosa laringea rappresenta la sede più sensibile degli stimoli atti a provocare in via riflessa il colpo di tosse. Ricordiamo che la tosse rappresenta uno dei mezzi di difesa con cui l’organismo protegge l’integrità dell’apparato respiratorio; da ciò la reazione espulsiva violenta di fronte all’ingresso in laringe di corpi estranei od al depositarsi su di essa di materiale eterogeneo. Però le terminazioni nervose esistenti sulla mucosa vengono stimolate anche da ogni fatto irritativo od infiammatorio, per cui le cause che possono determinare una tosse laringea sono molteplici. Sono inoltre da considerasi come zone tossigene dell’apparato respiratorio, la trachea, i bronchi, gli alveoli polmonari e le pleure. L’alveolo polmonare in ogni suo processo infiammatorio, diventa forse il punto di partenza del sintomo tosse indirettamente, in quanto al processo alveolare difficilmente non partecipano anche le terminazioni bronchiali o comunque i prodotti essudativi di origine alveolare si riversano nei bronchi e quindi da qui potrebbe partire lo stimolo alla tosse. Tuttavia un processo primitivamente alveolare può manifestarsi anche senza tosse. Nei bovini la manovra per provocare la tosse non è semplice poiché nel bovino con la pressione manuale con cui riusciamo quasi sempre a provocare la tose nel cavalo, non risponde nelle condizioni normali; se la tosse si provoca con facilità nel bovino, comprimendo con le mani la laringe o la tracheale, possiamo senz’altro arguire che è in atto un processo acuto o subacuto a sede laringea o laringo‐tracheale. Per provocare la tosse in un bovino con integrità laringo tracheale, bisogna esercitare una forte pressione sulle cartilagini aritenoidi e sui primi anelli tracheali; se ciò non basta, come quasi sempre avviene, si può prendere a piena mano la trachea esercitandovi una trazione ed un energico scuotimento. Si può ricorrere anche alla pressione toracica sollevando la pelle del 74 torace in piega e stirandola fortemente. Dal fare compiere al soggetto delle inspirazioni profonde occludendo le narici, dal fargli bere acqua fredda. Cane e gatto: la palpazione esterna del laringe è ben tollerata dall’animale se eseguita delicatamente; l’organo si presenta simmetrico. L’esame diretto è indicato quando l’anamnesi e l’esame clinico sono indicativi di una patologia laringea e per una corretta indagine è necessario sottoporre l’animale ad anestesia o sedazione. La funzione laringea può essere valutata in animali sottoposti a una lieve anestesia. Paralisi laringea si esprime con un’asimmetria dell’organo. Cavallo: la più frequente lesione laringea degli equini è legata ad una neuropatia del nervo laringeo ricorrente che causa una emiparesi unilaterale (emiplegia) della laringe (neuropatia laringea ricorrente NLR). I segni principali sono legati ad un insufficiente abduzione laringea durante l’esercizio con produzione di rumori respiratori anomali, riduzione delle performance fisiche, e, nei casi gravi, possono essere presenti modificazioni della fonazione. Il tono e la simmetria dei muscoli laringei possono essere valutai nel seguente modo: • L’operatore si pone dinanzi al cavallo e poggia la mascella dell’animale sulla sua spalla sinistra • La palpazione bi‐manuale, procede lungo il tendine del muscolo sterno cefalico • Le dita della mano vengono portate rostro‐medialmente e seguono il margine dorsale della laringe fino a palpare i processi muscolari delle aritenoidi su entrambi i lati. La funzione dei muscoli della laringe può essere inoltre saggiata attraverso la manovra manuale di depressione delle aritenoidi, che consiste nel bloccare manualmente il lato destro della laringe e contemporaneamente effettuare una pressione sul processo muscolare aritenoideo sinistro in direzione antero‐mediale: nei cavalli con una grave NLR si osserva uno stridore inspiratorio. I muscoli laringei adduttori innervati dal nervo laringeo ricorrente, risultano maggiormente atrofizzati rispetto agli abduttori in corso di NLR. La tecnica più comune per valutare la funzione laringea è quella di sottoporre il cavallo ad esercizio fisico, durante il quale possono essere valutati rumori respiratori anomali, indicativi di turbolenze del flusso di aria delle alte vie respiratorie: • Inizialmente durante l’esercizio i cavalli con NLR emettono un anomalo rumore fischiante inspiratorio. • Aumentando l’esercizio fisico questi rumori si trasformano in rumori espiratori simili a quelli prodotti da una sega da legno. • Rumori di intensità maggiore presenti durante sia l’inspirazione che l’espirazione saranno infine presenti in cavalli con grave NLR. L’esame diagnostico di prima scelta, per i muscoli laringei, è senza dubbio l’endoscopia eseguita prima e dopo l’esercizio. In corso di grave NLR sinistra, l’aritenoide e la corda vocale omolaterale sono deviate medialmente anche in condizioni di riposo. L’epiglottide è la cartilagine più anteriore della laringe, in questa specie animale il palato molle è posizionato sotto l’epiglottide durante la respirazione. Disfunzioni del palato molle o dell’epiglottide, o il movimento asincrono tra le due strutture può causare la dislocazione dorsale del palato molle. Le dimensioni dell’epiglottide possono essere definite attraverso l’endoscopia o radiografie. 75 Bovini: in questa specie animale la laringe viene esaminata attraverso l’esame di palpazione esterna che può evidenziare algia, tumefazioni e tosse indotta anche da una leggera pressione. AUSCULTAZIONE DELLA LARINGE Per compiere questo esame occorre far estendere la testa dell’animale porre l’orecchio direttamente od il fonendoscopio sulla regione corrispondente. Si percepisce così alla sua sede di origine il soffio laringo tracheale, suono superficiale, continuo, inspiratorio ed espiratorio. In conseguenza di fatti patologici, il soffio laringo‐trachelale può manifestarsi rantoloso, stridente, discontinuo. TRACHEA La trachea si estende dalla laringe ai bronchi principali ed è formata da una serie di anelli cartilaginei incompleti. La trachea cervicale ha rapporti dorsalmente con la parte prossimale dell’esofago e con i muscoli lunghi del collo. A livello della terza vertebra cervicale l’esofago devia sul lato sinistro della trachea. Alla palpazione è possibile evidenziare dolore, aumenti di volume e anomalie della forma. Queste ultime sono costituite da: • Restrizioni in uno o più punti • Collasso laterale o dorsoventrale • Anomalie delle estremità di alcuni anelli tracheali Negli animali con tracheite una palpazione più o meno energica può evocare il riflesso della tosse. L’esame della trachea nella sua porzione cervicale viene fatto mediante l’ispezione che ne mette in evidenza eventuali cambiamenti di forma e di posizione, meglio apprezzabili poi colla palpazione manuale. L’ascoltazione della trachea fa percepire ancora il soffio laringo tracheale. L’ascoltazione della trachea è molto importante sia per i rumori patologici che essa permette di apprezzare (soffio rantoloso o stridente per la presenza di catarro più o meno fluido), sia per distinguerlo dal rumore respiratorio che si percepisce ascoltando il torace. ESAME DELLE VIE AEREE PROFONDE Le vie respiratorie profonde possono essere esaminate mediante palpazione, percussione ed auscultazione del torace; diversi altri esami sono comunque disponibili. PALPAZIONE DEL TORACE La palpazione va eseguita mediante pressione digitale crescente e poi con uno strumento più resistente (manico del martelletto) a livello degli spazi intercostali. Il torace va palpato per mettere in evidenza: •Costole fratturate •Ferite •Enfisema sottocutaneo •Dolore toracico 76 Nel caso in cui l’animale tendesse a sottrarsi alla manovra o assumesse atteggiamento difensivo con la testa questo indicherebbe dolore (pleurodinia) o comunque ipersensibilità, in tal caso la prova va ripetuta per evidenziare l’entita del rilievo e l’estensione della zona con aumentata sensibilità. È buona pratica eseguire la manualità anche sull’emitorace contro laterale per escludere una eventuale ipersensibilità del soggetto. La pleurodinia può essere causata da: • reumatismo dei muscoli intercostali • nevralgie intercostali • polmonite • pericardite • pleurite, in questo caso il dolore sarà massimo all’inizio del processo e tenderà a diminuire con passaggio alla fase sub‐acuta oppure se si stabilisce notevole versamento. Infine con la palpazione si valuta l’itto cardiaco che non sarà apprezzabile in caso di versamento pleurico. Gli animali con dolore toracico possono: • Avere una facies ansiosa • Essere riluttanti al movimento o all’acquisizione di posizioni di decubito • Stare in piedi con i gomiti abdotti • Avere un respiro superficiale • La palpazione della parete toracica può essere usata per valutare lo stato di nutrizione. In un soggetto normale le costole devono essere palpabili, ma non facilmente visibili. Enfisema sottocutaneo L’accumulo di aria o gas nel tessuto sottocutaneo è caratterizzata da un gonfiore soffice e mobile che schiocca quando tastato. Tale suono è noto come crepitio. La lesione non è calda, non è dolente e non c’è coinvolgimento sistemico. Questo evento di solito si realizza: • Con ostruzioni severe delle vie aeree che possono causare rottura degli alveoli e secondaria distribuzione dell’aria nel tessuto peribronchiale, nel mediastino, nel tessuto sottocutaneo • Nel bovino, con enfisema polmonare acuto • Con trauma delle vie aeree superiori • Pneumoperitoneo secondario a laparatomia Edema sottocutaneo Di solito in corso di pleuropolmonite si può verificare un accumulo di fluidi nel tessuto sottocutaneo del torace ventrale. Si può verificare edema della testa e del collo in pazienti con masse nel torace craniale come conseguenza di un’alterazione del drenaggio linfatico e venoso della testa. 77 AUSCULTAZIONE DEL TRATTO RESPIRATORIO L’auscultazione può occasionalmente indicare la natura e la localizzazione delle lesioni. Uno stetoscopio è indispensabile. FISICA DELLE ONDE SONORE Il suono è costituito da vibrazioni udibili originate dall’alternarsi di regioni di compressione e rarefazione dell’area. Il suono ha tre principali caratteristiche: • Frequenza • Intensità • Durata La frequenza corrisponde al numero di vibrazioni per unità di tempo espressa in cicli per secondo o herts (Hz). Una vibrazione ad alta frequenza corrisponde ad un suono acuto; una bassa frequenza corrisponde invece ad un suono basso. L’intensità è influenzata da 4 fattori: • Ampiezza delle vibrazioni • Sorgente produttrice dell’energia • Distanza che le vibrazioni devono percorrere • Mezzo attraverso il quale essere viaggiano Le vibrazioni possono essere di durata lunga o breve. L’ampiezza delle onde diminuisce per la distanza dalla sorgente di produzione e il mezzo attraverso il quale si diffondono. La riflessione si realizza all’interfaccia di produzione e il mezzo attraverso il quale si diffondono. La riflessione si realizza all’interfaccia tra mezzi con proprietà fisiche differenti, ad esempio tra la pleura viscerale e il parenchima polmonare alterato. La quota di energia sonora trasmessa dipende dal grado di differenza acustica dei due mezzi, definita impedenza acustica. FLUSSO LAMINARE D’ARIA NEI TUBI Le linee aerodinamiche di un gas che fluiscono lentamente lungo un tubo dritto e liscio possono essere rappresentate da un modello laminare in cui ciascuno strato di gas segue un corso parallelo alla parete del tubo. Non ci sono cambiamenti improvvisi o oscillazioni di pressione capaci di generare onde sonore. Il flusso d’aria nelle vie aeree distali e negli alveoli è laminare e silenzioso. FLUSSO D’ARIA TURBOLENTO NEI TUBI Oltre una velocità critica di flusso l’ordinaria distribuzione delle linee aerodinamiche si rompe e piccole particelle di gas iniziano a muoversi attraverso o contro la direzione generale del flusso. Il flusso d’aria che passa attraverso la trachea è rapido e turbolento. Nel momento in cui il volume d’aria inalato passa attraverso le ultime ramificazioni delle vie aeree fino agli alveoli, il flusso d’aria diventa più laminare. 78 VORTICI Quando un flusso di aria in un tubo è costretto a cambiare violentemente direzione, si producono dei vortici. Nelle vie aeree questi producono rumore con un ampio spettro di frequenza perché la velocità del flusso si riduce ad ogni suddivisione dell’albero bronchiale a mano a mano che l’aria scende lungo l’albero bronchiale ORIGINE DEI NORMALI SUONI RESPIRATORI I normali suoni respiratori sono prodotti dal flusso turbolento di aria nella trachea e nei bronchi. Dal momento che le vie aeree periferiche (bronchioli) mantengono normalmente un flusso laminare, si ritiene che essi non siano responsabili della produzione di suoni respiratori significativi. Il respiro (inspirazione ed espirazione ) è necessario per la produzione di suoni respiratori. TRASMISSIONE DEI SUONI RESPIRATORI Un polmone normalmente pieno d’aria costituisce un filtro per la trasmissione del suono. Esso altera i suoni tracheobronchiali delle vie aeree maggiori rendendo più dolci i suoni uditi durante l’inspirazione. Le malattie che inducono un aumento di densità del tessuto polmonare di solito migliorano la qualità di trasmissione del suono ed esitano in una significativa riduzione dell’effetto filtro. Una riduzione dell’intensità dei rumori respiratori può derivare da un flusso meno turbolento, in presenza di un respiro superficiale. Questo evento può verificarsi in presenza di patologie ostruttive del polmone. Una diminuita intensità si può verificare anche quando la capacità di trasmissione del suono da parte del polmone o della parete toracica è ridotta: • In presenza di pareti toraciche con parete muscolare e strato adiposo ampio • Quando il polmone è iperinsufflato (come in corso di enfisema) • In corso di patologie della pleura (versamento o pneumotorace) Un affievolimento dei suoni respiratori polmonari si verifica quando ci sono masse occupanti spazio nel polmone o nella cavità pleurica, versamenti pleurici, e quando le porzioni distali dell’albero bronchiale sono occluse dalla presenza dell’essudato REPERTI ANATOMICI PER L’AUSCULTAZIONE E LA PERCUSSIONE Cane e gatto: il limite dorsale dell’area di auscultazione è il margine laterale dei muscoli paravertebrali. Il limite basale del polmone si estende in linea curva dalla giunzione costocondrale della sesta costa fino al margine del muscoli paravertebrali fino all’undicesimo spazio intercostale. I lobi craniali dei polmoni sono ricoperti dagli arti toracici e vanno ascoltati più cranio dorsalmente possibili. Cavallo: il limite dorsale dell’area di auscultazione e percussione del polmone è il margine laterale dei muscoli paravertebrali. Il limite craniale è costituito dal muscolo tricipite e si modifica a seconda della posizione dell’arto toracico. Il limite basale del polmone si estende dalla giunzione costocondrale della sesta costa, attraverso il terzo mediale dell’undicesima e dodicesima costa, fino al margine del muscoli paravertebrali del sedicesimo spazio intercostale. 79 Bovino: il limite dorsale dell’area di auscultazione e percussione è il margine laterale dei muscoli paravertebrali. Il limite basale del polmone si estende dalla giunzione costocondrale della 6° costa fino al margine dei muscoli spinosi nell’11° spazio intercostale. I lobi craniali del polmone sono ricoperti dagli arti toracici lo stetoscopio deve essere spinto fino alla regione ascellare per ascultarli. NB un limite è un punto mentre un margine è una linea. TECNICA DI AUSCULTAZIONE DI POLMONI, TRACHEA, LARINGE Mediante l’ascoltazione del torace noi ci proponiamo di analizzare la funzione del polmone, nella sua parte esplorabile. Dobbiamo quindi stabilire se ed in quale misura sono presenti rumori normali relativi alla funzione respiratoria, e rumori nuovi patologici di origine polmonare ed extrapolmonare. I suoni respiratori vanno valutai per: • Caratteristiche acustiche • Alternanza dei cicli respiratori • Localizzazione anatomica di suoni ulteriori • Aree di assenza di suoni Per apprezzare meglio i rumori respiratori si può provocare inspirazione profonda turando le narici del soggetto per un tempo variabile. L’auscultazione inizia al di sopra dl terzo medio del torace a livello della base del cuore Mentre si auscultano i suoni respiratori per diversi cicli bisogna simultaneamente osservare sia la parete toracica che addominale Lo stetoscopio va spostato caudalmente lungo la parete toracica fino a che i suoni respiratori non sono più udibili al loro margine caudale Lo stetoscopio va spostato in orizzontale e verticale fino a che tutte le aree del polmone non sono state esaminate In ogni sito devono essere auscultati almeno due cicli Le aree di normalità devono essere auscultate di nuovo per essere sicuri che la stessa anomalia possa essere udita in maniera ripetibile quando paragonata alle aree normali. L’ascoltazione toracica può eseguirsi ponendo direttamente l’orecchio sulla parete toracica degli animali in esame, con interposto un telo sottile, ben teso, o facendo uso di un fonendoscopio. L’ascoltazione dobbiamo compierla ponendoci di fianco all’animale, con la testa rivolta verso la testa, bilateralmente, iniziando sempre dalle zone media, dall’alto al basso, e passando successivamente alle porzioni ascoltabili delle zone posteriori. Terminata l’ascoltazione di un emitorace, eseguita dall’alto al basso, come già indicato. Mantenendo l’animale in appiombo, è bene far spostare l’arto anteriore corrispondente in avanti e porre l’orecchio sulla parte di emitorace che ne risulta così scoperta. Ponendoci con la testa rivolta verso il posteriore dell’animale (iniziando l’ascultazione dal margine posteriore dei muscoli olecranici) in certi casi, i rumori che accompagnano il respiro risultano così accentuati da rendersi percepibili nettamente anche in queste sfavorevoli condizioni anatomiche. Ciò riveste particolare interesse per il fatto che molto spesso è proprio agli apici polmonari che si localizzano di preferenza alcuni processi morbosi. Nei bovini, facendo spostare l’arto anteriore 80 all’indietro e ponendo l’orecchio fra la punta della spalla e l’entrata del petto si ha la possibilità di apprezzare la funzionalità degli apici polmonari e di rilevarne le alterazioni. Fisiologicamente l’ascoltazione del torace ci permette di percepire il murmure vescicolare, determinato dall’attrito che l’aria incontra per arrivare all’alveolo polmonare e dalle variazioni determinate dalla distensione delle pareti alveolari. Alla genesi del murmure contribuisce anche lo stato di tensione o di rilasciamento della muscolatura liscia dell’apparato microbronchiale e del colletto alveolare. Nel cavallo sano e giovane, il murmure vescicolare è di massima esclusivamente inspiratorio, assorbente, dolce, continuo, con tonalità crescente dall’inizio al termine dell’inspirazione. Nella fase espiratoria, soltanto all’inizio il murmure vescicolare può essere lievemente sensibile e ciò principalmente nei giovani puledri. Nei bovini e nel cane il murmure vescicolare è presente in ambedue le fasi del respiro, ma è sempre prevalentemente inspiratorio. Nel campo fisiologico, noi possiamo percepire il murmure vescicolare rinforzato, ascoltando il torace di un animale dopo il lavoro o provocando in esso delle inspirazioni profonde mantenendo per un certo tempo in apnea chiudendogli le narici. Il murmure vescicolare rinforzato, che non rappresenta altro che l’accentuazione di quello normale. È inspiratorio ed espiratorio. Possiamo percepire il murmure vescicolare con questo carattere, in campo patologico, nell’animale a riposo, senza lesioni vere e proprie del polmone, quando il polmone stesso è chiamato a compiere una funzione maggiore della normale per difficoltata ematosi (ossigenazione del sangue) o per sottrazione di altra parte di polmone alla sua normale funzione. In tali condizioni patologiche (compressioni sul diaframma esercitate dagli organi addominali meteoritici, versamenti pleurici e pericardici), la frequenza respiratoria è notevolmente aumentata. Accanto al murmure vescicolare rinforzato, dobbiamo porre il murmure vescicolare aspro od impuro, ugualmente presente in ambedue le fasi del respiro, con tonalità più alta e meno dolce della precedente. Il murmure vescicolare aspro ed impuro, denota in genere irregolarità della mucosa bronchiale o riduzione del lume dei bronchi. Fra il murmure vescicolare aspro e rinforzato la differenza non sempre è chiara per cui quello che può sembrare murmure aspro per un ascoltatore può essere rinforzato per un altro. Il murmure vescicolare può manifestarsi anche discontinuo detto murmure interciso o a gradini. L’inspirazione discontinua caratterizza la così detta respirazione a gradini e denota difficoltà frazionate presenti nell’albero respiratorio all’ingresso dell’aria e forse anche fatti dolorifici. Il murmure interciso associato al murmure aspro spesso è dovuto a lesioni croniche bronchiali o broncopolmonari, mentre il murmure interciso confinato a certe aree polmonari (soprattutto gli apici) può indurre a pensare a lesioni tubercolotiche. Il murmure vescicolare risulta affievolito per ridotta introduzione di aria (stenosi); quando aumenta lo spessore del mezzo interposto fra l’orecchio di chi ascolta ed il polmone (aumento di grasso sottocutaneo, edemi della parete toracica, ecc..); allorchè sussistono condizioni particolari patologiche del polmone che riducono l’attrito dell’aria al suo ingresso negli alveoli polmonari (enfisema acuto di alto grado con dilatazione dei colletti alveolari, enfisema cronico di limitata entità). 81 Alla scomparsa del murmure vescicolare non sempre corrisponde il silenzio assoluto all’ascoltazione del torace; in condizioni particolari, compare un rumore nuovo detto soffio tubarico o soffio bronchiale, che non sarebbe altro che il soffio laringotracheo‐bonchiale, trasmesso attraverso i bronchi, quando sussiste fra questi e la parete toracica non più polmone aerato ma un mezzo nuovo, omogeneo e buon conduttore dei suoni. Si manifesta come un rumore soffiante, forte, superficialissimo, inspiratorio ed espiratorio, simile foneticamente, al rumore che noi possiamo riprodurre atteggiando la bocca per pronunziare il “ch” ed aspirando l’aria. Un facile controllo sulla vera esistenza del soffio tubarico possiamo averlo ascoltando la trachea dove riscontriamo il medesimo rumore, solo più accentuato. La condizione patologica determina il soffio tubarico è rappresentata dalla epatizzazione polmonare; è necessario che il focolaio pneumonico sia di una certa entità, abbia sede in una zona ascoltabile, sia superficiale che il bronco che lo attraverso sia pervio. A volte anche lesioni tubercolari o neoplasie possono causarlo a patto che soddisfino le condizioni sopra elencate. Rumore respiratorio indeterminato è un rumore intermedio fra soffio tubarico e murmure vescicolare. Condizioni in cui il soffio tubarico è solo parzialmente presente e si somma al murmure vescicolare. Tali sono le parziali stenosi laringee, il processo di parziale atelettasia o di atelettasia incompleta sovrastante il versamento pleurico, i focolai pneumonici poco distanti dalla pleura viscerale, ecc. Va infine ricordata la respirazione anforica o soffio anforico, rumore particolare vicino al soffio tubarico, solo inspiratorio, legato alla presenza di cavità contenenti aria, a pareti lisce, comunicanti con un bronco. Si realizza tale condizione nel pneumotorace aperto e nelle caverne polmonari quando queste abbiamo pareti lisce. Alla respirazione anforica deve corrispondere alla percussione suono timpanico a carattere anforico o metallico. Rantolo, espressione di abnormi secrezioni o di essudazione bronchiale od alveolare con o senza alterazioni anatomiche della mucosa e riduzione del lume bronchiale. Possiamo riscontrare rantoli umidi e rantoli secchi; i primi a grosse, medie e piccole bolle e crepitanti, a seconda della loro sede di origine (grossi, medi e piccoli bronchi), sono legati alla presenza di catarro fluido mosso dall’aria respiratoria. I rantoli crepitanti caratterizzano i processi bronco‐
alveolari nei quali il catarro bronchiale piuttosto fluido e vischioso o l’essudato si mescolano all’aria respiratoria e da ciò il senso di crepitio percepibile all’ascoltazione. Si riscontrano nel 1° e 3° stadio della polmonite fibrinosa, nella broncopolmonite lobulare e nell’edema polmonare e si manifestano esclusivamente e prevalentemente nella fase inspiratoria. Fra i rantoli umidi vogliamo ricordare anche i rantoli cavernosi e gorgoglianti, presenti nelle cancrene polmonari, in certi casi di tubercolosi e talvolta nella pleuropolmonite. I rantoli secchi si determinano nei processi cronici bronchiali ed in quelli nei quali la mucosa bronchiale è ispessita od edematosa e sono rappresentati da fischi o sibili, inspiratori, espiratorio, continui, a sede fissa od a sede variabile. Abbiamo accennato in precedenza alla possibilità che in assenza del rumore vescicolare si possano udire all’ascoltazione del torace altri rumori patologici. Dopo il soffio tubarico, dobbiamo menzionare dei rantoli secchi o sibilanti diffusi. In certi casi di enfisema polmonare grave, il murmure vescicolare è sostituito da un rumore sibilante continuo e diffuso, legato al catarro bronchiale conseguente all’enfisema ed a gravi alterazioni della mucosa bronchiale e non infrequentemente concomitante ad un certo grado di spasmo bronchiale. 82 All’ascoltazione del torace possiamo riscontrare anche dei rumori di provenienza pleurica o pleuro‐pericardica, come sfregamenti o gorgogliamenti. Nel primo caso trattasi di processi pleurici o pleuro‐pericardici iniziali senza versamento; nel secondo caso di processi pleurici con versamento ed aderenze. Bovino: è preferibile iniziare l’auscultazione della laringe, dalla trachea e dal torace. La campana dello stetoscopio deve essere appoggiata esternamente alla trachea e poi alla parte cervicale della trachea, per auscultare i suoni corrispondenti all’inspirazione e all’espirazione. Per l’auscultazione del torace, la parete può essere divisa idealmente in 3 regioni: dorsale, intermedia, ventrale. In caso di versamento pleurico i suoni polmonari possono essere diminuiti o assenti a livello del terzo ventrale del torace, mentre sono nella norma a livello del terzo dorsale. Unicamente uno scrupoloso confronto dei reperti auscultatori a livello dei diversi reperi anatomici può consentire l’evidenziazione delle anomalie. A tale scopo è anche importante confrontare i due polmoni tra di loro. Quando i rumori respiratori sono appena udibili può essere utile indurre l’animale ad iperventilare occludendo le narici con una mano, o in presenza di grossi animali, riponendo una borsa di plastica sulla faccia per 1‐2 minuti, si indurrà l’animale ad iperventilare accentuando sia i rumori respiratori normali che quelli patologici, che non possono essere percepiti. Se sono presenti rumori respiratori anomali dobbiamo vedere dove sono localizzati e in che fase della respirazione si manifestano. Cavallo: il tratto cervicale distale della trachea ed entrambi i campi polmonari devono essere auscultati. Infatti, in queste zone i crepitii a grosse bolle sono più facilmente udibili: perché in queste regioni i rumori respiratori sono solitamente più forti che non sulla parete toracica poiché nel cavallo con problemi respiratori è in queste zone che si accumulano le secrezioni bronchiali. Durante l’auscultazione il clinico deve osservare l’arco costale e la parete addominale al fine di: • Determinare la fase del ciclo respiratorio in cui compare il rumore anomalo • Valutare l’intensità relativa dei suoni inspiratori ed espiratori. L’auscultazione deve essere effettuata quando il cavallo è in fase di iperventilazione: questo infatti migliora decisamente l’udibilità dei rumori respiratori. L’iperventialzione si induce facilmente usando una sacca per la rirespirazione, in pratica un sacchetto di plastica che si pone sul muso del soggetto. Nel clinico deve nascere un grave sospetto di malattia respiratoria se l’iperventialzione forzata provoca colpi di tosse o rumori respiratori casuali o se il tempo di normalizzazione della frequenza respiratoria è troppo prolungato. Cane e gatto: le fusa nel gatto e la respirazione affannosa del cane sono di impedimento ad un’auscultazione che voglia essere di vero valore diagnostico. Per interrompere le fusa del gatto bastano il suono dell’acqua corrente. Efficace allo stesso scopo è anche l’occludere le narici del gatto per un breve tempo. La respirazione affannosa si può evitare tenendo chiusa la bocca del cane con una mano mentre si effettua l’auscultazione. 83 SUONI RESPIRATORI NORMALI Nei soggetti sani i suoni respiratori normali sono la diretta conseguenza del movimento della colonna d’aria all’interno delle vie respiratorie. I suoni sono generati dal flusso d’aria turbolento passante nelle vie aeree di calibro maggiore (> 2mm) e trasmessi lungo il lume tracheobronchiale attraverso la colonna d’aria e poi, verso l’esterno, attraverso i tessuto polmonari e la parete toracica, dove l’auscultazione viene di solito effettuata. Il suono viene normalmente filtrato o attutito, viaggiando dall’interno dei polmoni verso l’esterno. I suoni polmonari normali auscultati sulla parete toracica sono una sommatoria di singoli suoni generati ognuno in una sede diversa posta sia a livello di polmoni sottostanti che altrove lungo il tratto respiratorio. A livello del torace, oltre che i suoni polmonari veri e proprio, possono essere udibili anche rumori nasali, faringei e tracheali. Le vie respiratorie di piccolo calibro (< 2mm) trasmettono molto male le onde sonore e probabilmente non contribuiscono alla generazione o alla trasmissione di rumori respiratori. I suoni respiratori normali sono udibili tramite l’auscultazione della laringe, della trachea e del polmone. Le loro caratteristiche variano in funzione dell’età dell’animale, del tipo di respirazione, dello spessore della parete toracica e del sito di auscultazione. I suoni respiratori normali udibili a diversi livelli dell’apparato respiratorio sono i seguenti : • Suoni respiratori della cavità nasale udibili a livello delle cavità nasali o nelle narici esterne • Suoni respiratori normali udibili a livello della laringe, udibili tramite auscultazione della faccia ventrale della laringe. • Suoni respiratori normali prodotti nelle vie aeree di grosso calibro si trasmettono molto bene attraverso il modesto spessore dei tessuto peritracheali. Sono udibili a livello della porzione cervicale della trachea. • Suoni respiratori normali udibili a livello del torace. Solo una frazione dei suoni respiratori provenienti dalle vie aeree di grosso calibro riescono a raggiungere la parete toracica mentre la parte rimanente viene perduta a causa di fenomeni fisici di attenuazione e riflessione. Questo fenomeno di perdita di sonorità è normalmente più pronunciato nei suoni ad alta frequenza piuttosto che in quelli a frequenza inferiore. Di regola i suoni respiratori sono più alti durante l’inspirazione.. VALUTAZIONE NELLA UDIBILITA’ DEI SUONI RESPIRATORI L’ampiezza, l’altezza e la durata dei suoni respiratori normali possono aumentare oppure diminuire. AMPIEZZA O UDIBILITA’ AUMENTATA Negli animali affetti da una malattia respiratoria l’aumento nell’ampiezza o nella udibilità dei suoni respiratori è solitamente la prima e più frequente anomalia che si riscontra. L’aumento di udibilità dei normali suoni respiratori riscontrato sull’intero campo polmonare è principalmente dovuta a iperventilazione. Quest’ultima incrementa la produzione di suoni respiratori, aumentando la velocità della colonna d’aria a livello delle vie aeree di grosso calibro. Le possibili cause di iperventilazione sono molte e tra queste troviamo: 84 •
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L’esercizio fisico Le malattie dell’apparato respiratorio L’ansia La temperatura ambientale elevata L’acidosi La febbre L’anemia grave L’insufficienza cardiaca I rumori respiratori sono di solito più alti della norma in tutte le malattie del polmone in cui si ha un aumento della velocità del flusso d’aria. I suoni respiratori provenienti dalle vie aeree pervie vengono di solito trasmessi attraverso il polmone epatizzato (cioè non contente aria) molto più efficacemente di quando il polmone contiene aria. AMPIEZZA O UDIBILITA’ DIMINUITA L’ampiezza dei suoni respiratori può essere diminuita, appena percettibili oppure assente del tutto. Una diminuzione dell’udibilità determina i così detti suoni polmonari ovattati. Una riduzione di udibilità dei suoni respiratori su tutta quanta la superficie del torace è quella che si apprezza comunemente negli animali obesi ed è dovuta all’abnorme spessore della parete toracica. Più raramente, alla diminuzione della velocità dello colonna d’aria quale che si osserva in condizioni di ipoventilazione. Una diminuzione localizzata della sonorità respiratoria si verifica quando: aria, liquidi liberi oppure anse intestinali sono presenti all’interno della cavità pleurica. SUONI RESPIRATORI PATOLOGI (CREPITII E SIBILI RESPIRATORI) I suoni respiratori patologici sono aggiuntivi rispetto a quelli normali e vengono classificati in due gruppi principali: • Suoni discontinui – crepitii • Suoni continui – sibili Considerando diversi atti respiratori, i suoni alterati si evidenziano solitamente nella medesima fase del ciclo respiratorio. La fase in cui essi si manifestano deve essere accuratamente determinata; infatti ci può dare informazioni circa la natura e la localizzazione del problema respiratorio che li ha causati. Deve essere accertata con precisione anche l’area in cui l’intensità dei rumori respiratori è massima in quanto solitamente capace di indicare la localizzazione del problema. CREPITII Sono rumori patologici di breve durata, aspri e discontinui. Se ne possono distinguere di due tipi. • A grosse bolle: sono suoni acuti, di breve durata, disarmonici e gorgoglianti, e possono essere uditi sia durante l’inspirazione che l’espirazione. Sono probabilmente originati nelle vie aeree di grosso calibro dal gorgogliamento di bolle d’aria attraverso le secrezioni 85 •
A piccole bolle: sono più brevi, meno intensi e più acuti. Essi possono essere imitati facendo rotolare tra le dita vicino all’orecchio una ciocca di capelli. I crepitii più acuti sono probabilmente determinati dal’improvvisa e schioccante riapertura in fase di espirazione di una serie di vie aeree patologicamente occluse. I crepitii a piccole bolle possono essere determinati dal gorgogliamento di aria attraverso le secrezioni nelle vie aeree di grosso calibro. Principalmente, i crepitii a piccole bolle sono apprezzabili nelle aree polmonari periferiche. Sono comunemente indice di malattia polmonare interstiziale. SIBILI Sono suoni continui, fischianti, armonici e stridenti. Si manifestano quando l’aria scorre attraverso vie respiratorie ristrette, causandone la vibrazione delle pareti generata dal passaggio da uno stato di occlusione parziale a uno di occlusione totale. I sibili possono essere apprezzati durante tutto il ciclo respiratorio o durante l’inspirazione o l’espirazione. Il sibilo espiratorio è più comune. I sibili e la dispnea espiratoria indicano una ostruzione parziale delle vie aeree intratoraciche. I sibili e la dispnea inspiratoria suggeriscono la presenza di una ostruzione parziale delle vie aeree extratoraciche. Le forme gravi di ostruzione delle vie aeree extratoraciche sono sovente accompagnate da un sibilo inspiratorio particolarmente acuto, definito come uno stridore che è di solito apprezzabile anche senza l’ausilio dello stetoscopio. I sibili possono essere classificati come acuti, bassi, monofonici (a un solo tono) o polifonici (a toni multipli). Un sibilo monofonico fisso è rappresentato da una sola nota di tonalità costante, che origina da un solo sito che puo’ essere udita sempre durante la medesima fase del ciclo respiratorio. Essa sta ad indicare l’ostruzione parziale di una singola via aerea. I sibili si possono ascoltare facilmente a livello della stessa parete toracica, della porzione cervicale della trachea e della parte esterna delle narici. SUONI DERIVANTI DA ATTRITO PLEURICO In condizioni normali il movimento delle lamine pleuriche, che avviene durante la respirazione non dà origine ad alcun suono a causa delle proprietà lubrificanti del liquido pleurico. Quando però la pleura parietale e quella viscerale sono infiammate e sfregano l’una sull’altra, l’attrito che si produce può dare origine a dei suoni da sfregamento pleurico. Questi suoni possono essere diversissimi tra loro. In generale, i rumori di origine pleurica sono una combinazione di suoni continui e discontinui che sembrano essere generati molto vicino alla membrana dello stetoscopio. Rispetto a quelli che si apprezzano nella malattie profonde del polmone, i crepitii che caratterizzano le malattie delle pleure sono di solito più forti, di tonalità più bassa e di origine più determinabile. I suoni derivanti dall’attrito delle pleure si apprezzano di solito sa durante l’inspirazione che durante l’espirazione. L’assenza di rumori pleurici non esclude affatto la presenza di una pleurite. Nella pleurite cronica le pleure possono aderire l’una sull’altra, non producendo alcun suono da sfregamento apprezzabile 86 SUONI RESPIRATORI ANOMALI TRASMESSI UDIBILI A LIVELLO DELLE VIE AEREE SUPERIORI Suoni respiratori anomali possono essere trasmessi dalle vie aeree superiori in direzione dei polmoni e quindi mal interpretati come rumori polmonari patologici. Una ostruzione parziale della trachea o della laringe, un laccio troppo stretto attorno al collo, o anche un’eccessiva quantità di secrezioni nelle vie aeree superiori sono tutte condizioni che possono generare rantoli e stridori. Questi saranno quindi trasmessi ai polmoni e diverranno apprezzabili specialmente durante l’inspirazione. La presenza di questi rumori in fase di inspirazione durante l’auscultazione della porzione inferiore della trachea confermerà che si tratto di suoni provenienti dalle vie aeree superiori. SUONI ESTRANEI UDIBILI ALL’AUSCULTAZIONE DELL’APPARATO RESRPIRATORIO Nel corso dell’auscultazione del tratto respiratorio ai rumori respiratori normali e patologici si possono sovrapporre dei suoni estranei. Tra i rumori estranei troviamo suoni provenienti dalla cute, dai peli, rumori cardiaci, contrazioni muscolari, suoni di provenienza gastrointestinale e le fusa del gatto. I rumori in partenza dalla cute e dal mantello sono suoni stridenti che si originano quando lo stetoscopio non è ben premuto contro la cute ricoperta da peli. Si possono confondere con crepitii. Quando lo stetoscopio viene applicato a una zona di cute colpita anche l’enfisema sottocutaneo causa a crepitii e suoni scoppiettanti. Il clinico è in grado di distinguere i suoni di origine cardiaca da quelli di natura respiratoria valutando se il suono in esame coincide con il ciclo cardiaco o con quello respiratorio. L’interruzione forzata della respirazione permetterà l’auscultazione del cuore senza l’interferenza dei suoni provenienti dal tratto respiratorio. Auscultando il torace dei soggetti sani si possono frequentemente udire anche dei suoni di origine gastroenterica. Tra questi ultimi troviamo suoni riconducibili a: • Deglutizione • Eruttazione • Contrazione del rumine‐retico • Peristalsi I suoni gastrointestinali si possono differenziare dai suoni respiratori essendo i primi sporadici, di intensità e durante variabili e infine asincroni rispetto alle fasi del ciclo respiratorio. PERCUSSIONE DEL TORACE La percussione è indicata quando l’auscultazione del polmone rileva una diminuita udibilità dei rumori respiratori. L’obiettivo della percussione è quello di determinare se ci sono aree di aumentata risonanza o di attenuazione dei suoni che possono indicare la presenza di lesioni. Sia nei piccoli che nei grandi animali la massa del tricipite brachiale rappresenta il limite craniale dell’area di percussione del polmone. Dorsalmente, l’area di percussione è definita da una linea immaginaria passante immediatamente al di sotto dei muscoli paravertebrali. Il margine caudale varia in funzione della specie animale; si estende da un punto appena dietro l’olecrano sino alla faccia dorsale dell’11° spazio intercostale nei piccoli animali e nei ruminanti mentre raggiunge la faccia dorsale del 16° spazio intercostale nei cavalli. Nel bovino il margine caudale è quasi una linea retta che partendo dall’olecrano, passa attraverso la parte mediana della 9° costa sino a raggiungere l’11° spazio intercostale. Nell’equino il margine caudale è 87 rappresentato da una linea a mezza luna che si estende da appena dietro l’olecrano sino al 16° spazio intercostale. Allo scopo di rendere più agevole la localizzazione di processi morbosi endotoracici, sono state proposte delle suddivisioni del torace in zone. Col metodo di Vogel, ogni parete toracica viene inclusa in nove quadrati delimitati dalle seguenti linee: 1) una linea orizzontale che parte dall'estremità inferiore dell'angolo esterno dell'ileo e raggiunge la tuberosità acromiana della scapola, detta "linea superiore del Vogel"; 2) una linea orizzontale, parallela alla precedente, posizionata all'altezza della punta della spalla (articolazione scapolo‐omerale), detta "linea inferiore del Vogel"; 3) una linea verticale che parte dalla sommità del garrese e cade lungo il margine posteriore dell'olecrano (coll'animale in appiombo); 4) una linea verticale che passa rasente l'ultima costa 5) un'ultima linea verticale, intermedia, che cade equidistante dalle ultime due. In tal modo ogni emitorace risulta suddiviso in tre zone superiori, tre medie e tre inferiori: zona antero‐superiore, media anteriore, infero‐anteriore; media superiore, media‐media, media inferiore; superiore‐posteriore, media posteriore, infero‐posteriore. Le zone anteriori sfuggono in gran parte alle nostre possibilità percussorie; spostando alternativamente gli arti anteriori del cavallo, può rendersi accessibile in parte la zona antero‐
inferiore. Spostando l’arto anteriore del bovino all’indietro si rende accessibile la parte anteriore della stessa zona. La sonorità toracica delle zone superiori è sensibilmente ridotta dalla presenza nelle docce vertebro‐costali dei grossi muscoli lungo spinoso e lunghissimo del dorso (ileo‐spinali) ed in parte del muscolo gran dorsale. Le zone posteriori, anteriore e media, si riflettono in gran parte sulle regioni addominali. Per eseguire la percussione del torace è indicato porsi di fianco al soggetto in esame, con la testa rivolta verso la testa del soggetto stesso ed iniziare in un primo tempo l’esame dall’alto al basso su linee parallele, distanti pochi centimetri l’una dall’altra, a colpi staccati ritmicamente ripetuti. Usando plessimetro e martelletto. Nei cavalli con abbondante pannicolo adiposo sottocutaneo, non è necessario seguire gli spazi intercostali; in quelli invece in cui fra una costa e l’altra risulta ben evidente il solco intercostale, diventa indispensabile far scorrere il plessimetro lungo il solco medesimo, 88 evitando così che sotto al plessimetro venga a stabilirsi uno spazio vuoto che potrebbe falsare l’esito della percussione. Alla percussione eseguita in senso verticale deve far seguito quella fatta in senso orizzontale. Nei grossi animali, equini e bovini, la percussione va di massima eseguita strumentalmente. Non è detto però che anche la percussione digito‐digitale non possa fornire utili risultati, con particolari scopi, come sarebbero quelli di delimitare il confine con la zona cardiaca, di esplorare zone superficiali del parenchima e di esaminare i bordi polmonari, il metodo digito‐
digitale può risultare più indicato. L'importante è eseguire la percussione su tutta l'area di proiezione polmonare, in modo da non trascurare alcuna parte di parenchima potenzialmente esplorabile. L'esigenza di dover esplorare con la percussione la maggior parte di parenchima polmonare possibile, nei piccoli animali è favorita dalla possibilità di fare spostare in avanti l'arto dell'animale. Così facendo si renderà disponibile per la percussione la porzione di parenchima polmonare posta cranialmente al cuore. La finalità dell'esame di percussione del torace è quella di stabilire, nel limite del possibile, le condizioni fisiche del polmone in relazione al suo contenuto d'aria, alla sua espansione, alle condizioni intratoraciche che possono ostacolarne la funzione. In particolare ci proponiamo di: 1) verificare la sonorità del torace per stimare la distribuzione dell'aria nel polmone e nella cavità toracica. 2) delimitare i limiti polmonari per mettere in evidenza eventuali aumenti o diminuzioni del volume. TECNICA DI PERCUSSIONE Date che la percussione effettuata sopra le coste e negli spazi intercostali produce toni leggermente diversi, il clinico deve tentare di rimanere sempre al di sopra degli spazi intercostali. La percussione deve essere effettuata iniziando nella parte cranio dorsale, per spostarsi quindi in senso dorsoventrale. Può essere eseguita una percussione manuale o una percussione mediata. Nella percussione manuale le dita possono essere usate sia come flessore che come plessimetro. L’operatore stende il dito medio della mano sinistra e preme decisamente contro la parete toracica la falange distale. La restante parte della mano non deve entrare in contatto con il torace poiché in questo modo potrebbe attutire le vibrazioni. Dopo la percussione, la mano destra viene immediatamente sollevata per evitare l’attenuazione del suono. Nella percussione mediata occorrono un plessimetro e un martelletto. Il plessimetro viene tenuto ben fermo all’interno di uno spazio intercostale mentre con il martelletto si danno due colpi di uguale forza in rapida successione. Il plessimetro viene quindi spostato in una diversa posizione, la percussione viene ripetuta e i suoni ottenuti confrontati. Quando si rileva una zona che produce suoni alterati occorre esaminarla ripetutamente per confermare il reperto. 89 Delimitazione posteriore del polmone La delimitazione posteriore del polmone ha dei punti fissi di riferimento rappresentati dall'incontro delle coste col margine del diaframma aderente alla parete toracica. Poichè diaframma e coste non corrono parallelamente ma si incrociano, il punto di riferimento per individuare il margine posteriore del polmone viene considerato all'altezza della linea superiore del Vogel. Su questa linea si può dire che in condizioni fisiologiche il polmone arriva: ‐‐) nel cavallo alla 15^ costa a sinistra e alla 13^ costa a destra; ‐‐) nel bovino alla 11^ costa a sinistra e alla 9^ costa a destra. Questi punti sono individuabili riconoscendo il cambio di sonorità, dal chiaro polmonare a: ‐‐) alla ottusità epatica, a destra nel bovino; ‐‐) alla subottusità splenica, a sinistra nel bovino; ‐‐) alla subottusità epatica, a destra nel cavallo; ‐‐) alla ottusità splenica, a sinistra nel cavallo. INTERPRETAZIONE DEI SUONI EVOCATI DALLA PERCUSSIONE La percussione effettuata sopra i campi polmonari esita in un suono chiaro ad alta tonalità che viene definito chiaro mentre la percussione effettuata al di fuori di questa zona evoca un suono sordo a bassa tonalità detto ottuso. Il reperto patologico più comune rilevabile con la percussione del torace nei grandi animali è una ottusità della parete ventrale, spesso delineata da una linea orizzontale, volgarmente chiamata linea liquida. L’ottusità cranio ventrale è più spesso ascrivibile a: • Effusione pleurica • Aumento dell’epatizzazione polmonare causato da ronco polmonite o a • Effusione pericardica Un suono sovrachiaro si ha in presenza di un’area di risonanza più estesa del normale o di meteorismo a livello del torace: • Pneumotorace • Meteorismo associato all’erniazione di parte del tratto gastrointestinale all’interno del torace. • L’enfisema polmonare La risonanza toracica è legata alla quantità di aria contenuta nel polmone, alla tensione delle pareti alveolari, allo spessore dello strato che separa la pelle dal polmone, alla eventuale presenza nel cavo pleurico o nel sacco pericardico di raccolte liquide o gassose, di 90 neoformazioni o di prodotti infiammatori solidificati. Con l’aumentare del contenuto d’aria nel polmone aumenta la sonorità toracica, ma non in proporzione in quanto, aumentando di conseguenza la tensione delle pareti alveolari, ne risulta un elemento che tende alla riduzione della propagazione delle onde vibratorie. Se lo stesso aumento di aria si verifica in un polmone con le pareti alveolari sfiancate ed in parte comunicanti (come avviene nell’enfisema polmonare cronico), l’aumento di sonorità è molto superiore. I suoni che si determinano con la percussione del torace sono : ottuso, sub‐ottuso, chiaro, soprachiaro, timpanico, anforico e di pentola fessa. Per non confondersi si può confrontare un suono ottuso toracico col suono che si percepisce percuotendo su zone al di sotto delle quali sicuramente non si trovi aria o gas (per esempio ottusità femorale) e confrontando un suono timpanico con quello che si provoca percuotendo l’arco del cieco, nella fossa del fianco destro del cavallo ed il rumine nella fossa del fianco sinistro del bovino. Un riferimento per il suono di pentola fessa potremo averlo percuotendo la regione tracheale. Alla percussione del torace, nel cavallo, riscontriamo sonorità sub‐ottusa, di norma gradualmente in diminuzione dall’alto al basso nelle regioni superiori (medie e posteriori), per la presenza del grosso strato muscolare interposto fra la pelle e la parete toracica vera e propria; riscontriamo suono chiaro, nel cavallo sano e giovane, nelle zone medie ed inferiori percuotibili, astrazion fatta per la zona di ottusità assoluta e relativa del cuore. Per un tratto di 4‐5 cm della porzione più basse delle regioni inferiori, riscontriamo suono sub‐ottuso per la presenza dei muscoli pettorali e dei seni costo‐
mediastinici. Ad una percussione eseguita con colpi energici e mediante un martelletto, corrisponderà una sonorità più intensa di quella ottenuta con forza moderata, ma sempre dello stesso timbro; proporzionalmente alla intensità dei colpi di percussione, le onde vibratorie che ne derivano, abbracciando un campo maggiore di tessuto aerato, ne deve risultare sonorità maggiore; se ciò non avviene significa che le onde incontrano una resistenza. Per abituare l’orecchio a questa evenienza è necessario percuotere con energia crescente la zona di sub‐ottusità cardiaca e le zone di sub‐ottusità superiori del torace; nella prima aumentando l’intensità di percussione la sonorità non aumenta perché le onde vibratorie incontrano la resistenza del muscolo cardiaco, mentre nelle seconde la sonorità aumenta proporzionalmente alla intensità di percussione perché le onde medesime, vinta la prima resistenza, acquistano sempre una crescente possibilità di espansione. I bordi del polmone possono risentire di processi di retrazione (atelettasia) ed anche di espansione (enfisema). La delimitazione posteriore del polmone ha dei punti fissi di riferimento rappresentati dall’incontro delle coste col margine del diaframma aderente alla parete toracica. Ricordiamo come al di dietro di questo margine esiste il seno costo diaframmatico. Nel cavallo prendiamo come elementi base la 15° costa a sinistra e la 13° costa a destra, ma bisogna tener ben presente in quali punti fissi delle costa va considerato il margine polmonare. Noi calcoliamo l’incontro della 15° e 13° costa col diaframma, nel cavallo, all’altezza della linea che parte dall’angolo esterno dell’ileo (margine inferiore) ed arriva alla tuberosità olecranica della spalla. Su questa linea noi diciamo che nel cavallo il polmone arriva, di regola, alla 15° e 13° costa. Le conformazione del torace, lo stato di gravidanza, la ripienezza abnorme dello stomaco, il meteorismo intestinale ed alti fatti di ordine costituzionale possono ripercuotersi su questi dati. I processi che possono far aumentare la sonorità toracica (iperfonesi) sono i vari enfisemi polmonari e cioè alveolare acuto, interstiziale e l’alveolare cronico. Il suono percussorio che si ottiene si chiama timpanico nel torace di cavalli enfisematosi. Sonorità toracica aumentata 91 oltre il suono timpanico, uniformemente distribuita, la riscontriamo nel pneumotorace ed in queste circostanze parliamo di suono anforico. Il suono anforico lo riscontriamo corrispondentemente alle zone interessate di polmone in preda al 1° stadio di polmonite fibrinosa. Sonorità toracica a carattere di pentola fessa si riscontra nelle grandi escavazioni polmonari (caverne) se situate superficialmente e nelle cavità comunicanti con l’esterno (bronchioectasie). All’aumento di sonorità toracica per fatti enfisematosi del polmone, si accompagna la riduzione o la scomparsa della zona di ottusità cardiaca. La sonorità toracica diminuisce corrispondentemente alla diminuzione del contenuto d’aria nel polmone ed all’aumento dei tessuti non aerati come nelle infiltrazioni perialveolari, perilobulari e peribronchiali, nelle fasi iniziali di atelettasia e negli indurimenti polmonari; compare ottusità assoluta nelle epatizzazione polmonari, per la presenza di liquidi o di grossi strati di essudati fibrinosi solidificati nel cavo pleurico o nel sacco pericardico. Il polmone aumenta di volume, quindi i margini posteriori ne risultano spostati alla 16°, 17° e anche 18° costa, nei processi gravi di enfisema polmonare acuto e cronico. I margini polmonari risultano retratti nell’ atelettasia polmonare e nelle pleuriti croniche adesive. È bene eseguire questa indagine sia con il plessimetro e martelletto, sia digito‐digitale. Con la prima ci riferiremo alle parti relativamente profonde del polmone, con la seconda a quelle superficialissime. Riguardo ai margini polmonari, per accertarci se veramente siamo al limite, è bene prolungare la percussione molto debolmente durante un intero atto respiratorio; durante la fase inspiratoria si determina ancora sonorità chiara, mentre durante la fase espiratoria nello stesso punto limite il suono diventa sub‐ottuso. La percussione del torace nei bovini: lo spessore della pelle di questi animali per la conformazione delle loro coste e per la ristrettezza della parte di superficie toracica percuotibile, i risultati che dalla percussione possiamo trarre sono molto più ridotti di quelli che ci può fornire il cavallo. I processi toracici dei bovini per rendersi palesi alla percussione debbono essere di entità considerevole. I limiti di percussione del torace dei bovini, valutati sulla stessa linea indicata per il cavallo, si riferiscono rispettivamente alla 11° costa a sinistra ed alla 9° costa a destra. La delimitazione del polmone bovino dal lato sinistro, non è affatto facile, in quanto solo per un breve tratto di qualche centimetro (dove il diaframma aderisce alla parete) si ha sub ottusità; al di là di questo si riscontra ancora sonorità chiara o timpanica dovuta alla presenza di gas nel rumine. Per questo la ricerca del limite polmonare va fatta con debole ed attenta percussione. 92 ESAME DEL CARDIOCIRCOLATORIO L’apparato cardiovascolare è rappresentato dal cuore e dai vasi sanguigni, il cui compito è quello di sostenere la circolazione di sangue nell’organismo e quindi di assicurare un normale scambio di ossigeno, anidride carbonica, elettroliti, fluidi, principi nutritivi e prodotti del catabolismo tra il sangue ed i fluidi interstiziali cellulari. SEGNALAMENTO È fondamentale perché ci sono certe razze particolarmente predisposte a determinate malattie, in oltre esistono predisposizioni di sesso ecc. Per esempio la specie: Cane: CMD (cardiomiopatie dilatative) soprattutto nelle razze giganti con peso superiore a 15 kg, mentre nelle razze toy sono più frequenti le endocardi osi mitraliche. Gatto: frequente cardiopatia ipertrofica restrittiva Cavallo: insufficienza aortica, fibrillazione atriale, sindrome vagale, trombosi iliaca da strongili Bovino: valvulopatia tricuspidale, miocarditi virali e batteriche, cardiopatie tossiche, pericarditi da carbonchio, imperfetta chiusura dei setti. Suino: murble heart disease (dovuta a problemi con la vitamina E e il Selenio) endocardite da mal rossino. Inoltre pare che il cane e il cavallo siano più esposti al valvulopatie di sx mentre bovini e suini a valvulopatie di dx Anche il sesso del soggetto può essere un fattore predisponente per esempio: i cani maschi sono più esposti a endocardite mitralica rispetto alle femmine che invece sviluppano con maggiore frequenza la sindrome del seno malato ( nodo seno atriale che non scarica bene). E cosi le scrofe sono più esposte dei verri a insufficienza cardiaca congestizia, mentre le vacche sono più colpite da pericarditi rispetto ai tori. Altro fattore è la razza: tra i cani i boxer sono più frequentemente colpiti da chemodectomi e stenosi aortica valvolare (questa colpisce anche coker e dobermann), mentre i danesi i terranova e i mastini sono più esposti a cardiomiopatia dilatativa (CMD), il barboncino a dotto arterioso pervio. Tra i suini, i pietrain e i landrance sono più esposti a collasso cardiocircolatorio e miopatie carenziali. L’età In generale si può dire che i giovani sono più esposti a cardiopatie congestizie e parvovirosi, mentre gli anziani a patologie valvolari, e miocardiopatie ANAMNESI Ambientale: è importante sapere se l’animale vive in una zona dove sono presenti insetti che possono veicolare affezioni come per la filaria del cane 93 Individuale: bisogna sapere se l’animale è affetto da altre patologie. Per esempio l’ipertiroidismo causa tachicardia e ipertrofia cardiaca e aumento della contrattilità per azione degli ormoni tiroidei, mentre l’ipotiroidismo si accompagna a bradicardia. Anche malattie surrenali che, renali o gastroenteriche possono influenzare quest’apparato. Oppure determinati stati fisiologici come gravidanza e lattazione possono aggravare i sintomi delle patologie cardiache. Collettiva: deficit nutrizionali e metabolici spesso sono comuni in tutti i soggetti di una mandria cosi come pure le malattie infettive e queste condizioni possono causare malattie cardiache. Domande da porre al proprietario: Quali sono stati i primi sintomi? Da quanto si sono manifestati? Evoluzione dei sintomi? Eventuali terapie e risposta del soggetto? Dall’anamnesi del paziente possono essere desunte alcune informazioni indicative dell’eventuale presenza di un’affezione cardiovascolare, quali: 94 •
Dispnea: negli animali la dispnea si manifesta sotto forma di alterazione del respiro. Quando essa è correlata ad affezioni cardiache rappresenta la manifestazione clinica di edema polmonare. L’edema polmonare interstiziale riduce la compliance polmonare ed è evidente clinicamente come tachipnea od aumento della frequenza respiratoria. L’edema polmonare grave allaga gli alveoli e causa un’alterazione del rapporto ventilazione\perfusione. L’ipossiemia che ne deriva induce fame d’aria, che si rende evidente con tachipnea e polipnea. La dispnea può anche manifestarsi in assenza di congestione polmonare se è ridotta la gittata cardiaca. Ciò si osserva talvolta in pazienti affetti, ad esempio, da grave stenosi polmonare; alterazioni della respirazione possono manifestarsi a seguito di esercizio fisico o addirittura a riposo. L’improvvisa comparsa di alterazioni del respiro spesso indica la presenza di pneumotorace, embolismo o edema polmonare. Le affezioni delle basse vie aeree o le malattie ostruttive respiratorie causano tipicamente una dispnea di tipo espiratorio. La dispnea inspiratoria invece è indicativa di malattia delle vie aeree o di forme ostruttive. La dispnea che si manifesta durante la notte e l’ortopnea sono entrambe indicative di insufficienza cardiaca sinistra. •
Facile affaticamento ed intolleranza all’esercizio fisico: possono essere indicativi di affezioni respiratorie o cardiovascolari. I meccanismi di compenso possono essere sufficienti ad evitare l’insorgenza di segni clinici a riposo, ma non risultano adeguati allorché l’apparato cardiopolmonare deve sostenere un’attività fisica. •
Tosse: è un comune segno clinico di malattia cardiaca nel cane, più raramente nel gatto. La tosse è generalmente classificata in base a : i momenti della giornata in cui si manifesta; la sua produzione durante esercizio o attività fisica; se è di tipo produttivo o non produttivo. Questa caratterizzazione della tosse può agevolare l’attribuzione della tosse ad affezioni respiratorie oppure cardiache. Sia la tosse di origine cardiaca sia quella di origine respiratoria, possono essere stimolate dall’attività o dall’esercizio fisico. Quando l’animale è in decubito aumenta il volume ematico a livello toracico, conseguentemente, cresce la pressione venosa e polmonare e ciò favorisce lo sviluppo di congestione polmonare ed edema. Per tale motivo, la tosse udita durante le ore notturne può indicare un’affezione cardiaca. La tosse provocata dalla compressione sui bronchi principali da parte dell’atrio sinistro aumentato di volume o dovuta ad affezioni tracheobronchiali è solitamente di tipo non produttivo o secca. Al contrario, la tosse indotta da malattie delle basse vie aeree è più spesso grassa e di tipo produttivo. Se la tosse è correlata alla presenza di edema polmonare non manca il riscontro di dispnea all’esame ispettivo. I cani espettorano raramente. Di sicuro valore diagnostico per stabilire la causa di tosse nel cane sono l’esame fisico e l’esame radiografico del torace. •
Edema: 4 sono i meccanismi fisiopatologici alla base dell’edema: aumento della pressione idrostatica (come nel caso di insufficienza cardiaca congestizia); caduta della pressione oncotica ematica (come nel caso di ipoalbuminemia); ostruzione del drenaggio linfatico; lesione della pareti dei capillari (come nel caso di flogosi). Quando l’edema, versamento pleurico ed ascite sono correlati ad un’affezione cardiaca essi rappresentano la conseguenza di insufficienza cardiaca destra. In questo caso l’accumulo di fluidi è determinato da un aumento della pressione idrostatica capillare dovuta all’ipertensione venosa. •
Scarso accrescimento e scadente stato di nutrizione: è di comune riscontro nei giovani animali affetti da cardiopatie congenite, mentre nel caso di adulti affetti da malattie cardiache croniche l’anamnesi riferisce spesso di uno scadimento dello stato di nutrizione. •
Ricorrenti episodi di ipertermia e zoppia migrante: dovuti a battere mie periodiche, endocarditi e polisinoviti •
Episodi sincopali: sono comuni negli animali affetti da cardiopatie. Quando presente, questo elemento è indicativo di affezione cardiaca ed in particolare dell’evenienza di episodi aritmici. La sincope si manifesta in corso di blocco atrioventricolare completo. È comune nel cavallo portatore di fibrillazione atriale cronica funzionale, nel corso della quale il tono vagale può indurre una prolungata fase di asistolia in grado di determinare l’episodio sincopale. Nell’insufficienza cardiaca acuta sono presenti: improvvisa perdita di coscienza; perdita della stazione quadrupedale accompagnata o meno da convulsioni; pallore delle mucose; morte o completo recupero dopo l’episodio sincopale. •
Morte improvvisa ed inattesa: le cardiopatie, e più precisamente le miocardiopatie, possono causare morte improvvisa sia nei grandi che nei piccoli animali. Le cardiopatie congenite possono essere correlate ad alterazioni dell’aspetto esteriore come ad esempio: mantello arruffato nei vitelli affetti da cardiopatia; macroftalmia, comunemente associata a difetto del setto interventricolare nel bovino. 95 ESAME OBIETTIVO PARTICOLARE L’esame delle mucose comprende quella congiuntivale, nasale, orale e quelle della vulva e del prepuzio. Il loro aspetto è indicativo dello stato della circolazione arterio‐capillare‐venosa e, accanto alla valutazione dell’irrorazione cutanea e dello stato di idratazione, rappresenta una parte essenziale e facilmente indagabile del circolo periferico. Le mucose normalmente nel cane e nel cavallo sono rosa pallido, più pallide ancora nel bovino e nella pecora. Queste divengono pallide e fredde se è presente anemia o quando si verifica vasocostrizione cutanea, come nel caso dello shock ipovolemico. Mediante l’esame delle mucose si può rilevare la presenza di: •
Pallore indicativo della presenza di anemia, shock •
Iperemia derivante da congestione vasale •
Petecchie emorragiche •
Cianosi: è la colorazione bluastra della cute e delle mucose dovuta ad incremento di emoglobina ridotta (insatura) o di pigmenti emoglobinici anomali, nel sangue che perfonde l’area esaminata. La cianosi di origine centrale è dovuta a diminuzione della saturazione di ossigeno a livello di sangue arterioso dovuta a shunt destro‐sinistro o alterazioni della funzione respiratoria. Se l’anomalia è collegata a malattie respiratorie o affezioni cardiache congenite peggiora con l’attività fisica. Poiché responsabile della cianosi è la quantità assoluta di emoglobina ridotta a livello ematico, più alto è il tenore in emoglobina, maggiore è la tendenza a sviluppare cianosi. La cianosi periferica si manifesta quando si registra un aumento dell’estrazione di ossigeno da sangue a normale grado di saturazione oppure per una diminuzione di flusso ematico in un distretto periferico, come nel caso di tromboembolismo dell’arteria iliaca esterna nel gatto. Altre cause di cianosi periferica comprendono: esposizione a basse temperature, diminuzione della gittata sistolica, shock ed ostruzione venosa ed arteriosa. L’ostruzione al deflusso venoso generalmente comporta la presenza di congestione e cianosi delle estremità dovute alla stasi ematica. •
Ittero in caso di emolisi •
Erosioni od ulcerazioni •
Edema della congiuntiva, come nel caso di insufficienza cardiaca congestizia •
Secchezza, come nella disidratazione in corso di stati febbrili •
Epifora Nei casi di lievi disidratazione, le mucose appaiono asciutte e di colore rosa chiaro o lievemente più pallide della norma. Il dolore addominale di forte intensità provoca eccitazione del sistema nervoso simpatico che comporta stimolazione degli alfa‐recettori e contrazione della muscolatura lisca vasale. Ciò determina il pallore delle mucose orali. Anche le anomalie eritrocitarie possono indurre modificazioni delle mucose esplorabili. Anche le anomalie del processo emostatico possono essere individuate all’esame delle mucose. Si possono osservare 96 petecchie ed ecchimosi a livello delle mucose esplorabili in caso di piastrinopenia o disfunzione piastrinica. CAPILLARI Il tempo di riempimento capillare rilevato a livello delle mucose è un utile indicatore dello stato di perfusione dei tessuti periferici e del sistema cardiovascolare. Per rilevarlo occorre comprimere lievemente con il pollice la mucosa gengivale soprastante un dente incisivo per far impallidire il tessuto sottostante. L’intervallo di tempo trascorso affinchè l’area ischemica ritorni al colore originale, corrisponde al tempo di riempimento capillare. Normalmente è pari a 1‐2 secondi; Disidratazione 2‐4 secondi; grave disidratazione 5‐6 secondi. L’ispezione e la palpazione della cute forniscono informazioni relative allo stato del circolo periferico. La rilevazione della temperatura della cute delle diverse aree corporee è volta a stabilire se la temperatura locale è normale, aumentata o diminuita. Il caso di shock la cute degli animali può apparire fredda e umida. Il riscontro di cianosi e di chiazze color porpora scuro in corrispondenza delle orecchie e dell’addome è correlato a lesioni vascolari locali in corso di setticemia. Nelle fasi iniziali dello sviluppo di gangrena locale, la cute assume un aspetto bluastro ed è anelastica e fredda. Lo stato di idratazione o di disidratazione viene valutato mediante ispezione e palpazione della cute e l’esame dell’occhio. Normalmente la cute è elastica e, se pizzicata o tirata con le dita, tende a ritornare nella posizione precedente quando rilasciata. Nei soggetti disidratati la cute si mantiene sollevata in plica per un certo periodo di tempo. Il grado di disidratazione può anche essere valutato esaminando lo spazio presente tra globo oculare ed orbita (enoftalmo è l’occhio infossato per perdita di fluido periorbitario e oculare). •
Persistenza della plica per meno di 2 secondi = perdita 4‐6% del peso corporeo •
Persistenza della plica per 2 – 4 secondi = perdita 6‐8% del peso corporeo •
Presenza della plica per 6 – 10 secondi = perdita 8‐10% del peso corporeo •
Presenza della plica per 10 – 12 secondi = perdita del 10‐12% del peso corporeo L’aspetto delle mucose apparenti rispecchia lo stato del circolo capillare. Nelle arteriole e nei capillari il movimento del sangue oltre che continuo è anche uniforme per l’assenza in essi dell’onda pulsatoria. Questa però in seguito a notevoli ed improvvise oscillazioni della pressione, come nell’insufficienza aortica, può diffondersi fino ai capillari stessi, dando luogo così al polso capillare. Nei casi più gravi questo fenomeno si manifesta con un ritmico arrossamento delle mucose apparenti che è sincrono con le pulsazioni arteriose. La prova della fragilità capillare, forse attuabile in semiologia canina, consiste nello stringere un tubo di gomma attorno al braccio al di sopra della piegatura del gomito e lasciarvelo per una decina di minuti. Se non vi sono alterazioni capillari, non si produce al di sotto del tubo che una cianosi la quale subito si dilegua; se le pareti dei capillari invece sono lese (diatesi emorragiche) compaiono delle punteggiature emorragiche. 97 ARTERIE Del polso arterioso si valutano la frequenza, il ritmo, l’ampiezza ed il tipo. Il polso viene palpato ponendo i polpastrelli sulla cute in corrispondenza dell’arteria ed esercitando una lieve pressione fino a quando non si percepisce l’onda pulsatoria. • Nel cavallo il polso arterioso si ricerca in corrispondenza dell’arteria mascellare interna che si individua percorrendo con i polpastrelli il margine interno della mandibola e comprimendo il vaso con indice e medio e poggiando il pollice sull’esterno della mandibola. •
Nel bovino il polso viene rilevato in corrispondenza dell’arteria mascellare esterna. Il vaso si può trovare sul margine esterno della mandibola e lo si comprime in maniera analoga a quanto si fa nel cavallo ma invertendo la posizione delle dite (indice e medio ul margine esterno della mandibola epollice su quello interno) oppure si può palpare sulla coccigea ventrale •
Nel giovane vitello, nella pecora, nella capra, nel suino e nei piccoli animali il polso viene rilevato a livello dell’arteria femorale ( è opportuno rilevare il polso contemporaneamente su entrambe le arterie poiché talvolta vi sono differenze nel tipo e nella durezza tra arteria destra e sinistra) Può essere necessario palpare il polso e contemporaneamente auscultare il cuore: •
Per accertarsi quale sia il primo dei toni cardiaci ponendo in relazione il rilievo palpatorio con quello auscultatorio in corrispondenza dell’apice cardiaco •
Per verificare se vi sia un sollevamento dell’arteria in coincidenza con ciascuna fase sistolica cardiaca •
Per mettere in relazione le alterazioni dell’ampiezza o del ritmo sfigmico con i reperti ascoltatori. •
Per correlare eventuali anomalie a livello delle vene giugulari con le fasi del ciclo cardiaco. Frequenza: Per frequenza circolatoria si intende il numero delle pulsazioni nell’unità di tempo. Il polso deve essere palpato per un periodo di tempo non inferiore ad un minuto poiché le anomalie del ritmo possono non essere costanti. Le frequenze più basse si registrano nei grandi animali ed in soggetti tranquilli ed allenati. Negli animali più giovani ed in quelli non abituati a manovre di contenimento ed alla presenza dell’uomo, la frequenza può risultare più elevata. Quando si rileva tachisfigmia è indispensabile procedere simultaneamente al rilievo della frequenza cardiaca e sfigmica per rilevare eventuali deficit del polso. La frequenza può essere superiore o inferiore alla norma e così si parla di polso frequente (o tachisfigmia) e di polso raro (o bradisfigmia). La tachisfigmia si osserva soprattutto nello stato febbrile. Sino a quando il miocardio rimane integro la frequenza del polso appare modica anche a temperatura elevata e sussiste un rapporto abbastanza costante fra aumento della temperatura e della frequenza circolatoria. 98 Non appena il miocardio ha subito delle alterazioni, come nelle malattie setticemiche, la frequenza del poso diviene notevole e non è più proporzionale all’aumento termico. Nel caso in cui la frequenza cardiaca aumenta mentre la temperatura diminuisce, la prognosi diviene infausta. Quasi tutte le malattie del cuore come la miocardite, pericardite, endocardite e i processi morbosi che ostacolano il riempimento diastolico del cuore, causano un aumento della frequenza circolatoria compensatoria. Anche l’anemia causa aumento della frequenza per compensare la minore ematosi. Infine causa di tachisfigmia può essere anche il dolore intenso a causa dell’eccitazione riflessa dei nervi vasomotori che induce vasocostrizione arteriosa periferica aumentando la resistenza. La bradisfigmia può dipendere da eccitazione diretta o riflessa del vago, nel cavallo è spesso associata a idrocefalo cronico o tumori endocranici per l’aumento della pressione endocranica che questi causano, inducendo cosi eccitazione del centro vagale. Le malattie del cuore possono causare riduzione della frequenza a causa della compromissione della conduzione dello stimolo oppure per la minore eccitabilità miocardica che ne può conseguire. Altre condizioni a cui si associa bradisfigmia sono: ittero, cachessia, uremia, lesioni anatomiche del sistema di conduzione cardiaco e extrasistoli a ventricolo semivuoto. La bradicardia da esaltazione degli effetti cronotropi negativi del vago si può distinguere da quella da cause miocardiche attraverso l’iniezione di atropina oppure il movimento in seguito a questi infatti se si tratta di cause vagali la frequenza diverrà normale, in caso di problemi miocardici invece ciò non succederà. •
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Cavallo adulto 24 – 44 Puledro da una settimana a 6 mesi 60 – 100 Bovino adulto 60 – 80 Vitello fino a 10 gg 80 – 100 Pecora, capra 70 – 90 Suino adulto 60 – 90 Suino fino a 10 gg 100 – 120 Cane taglia grande 60 – 140 Cane taglia media 70 – 160 Cane taglia piccola 80 ‐180 Cucciolo 110 – 220 Gatto adulto 120 – 240 Gattino 160 – 220 Ritmo: un ritmo regolare è caratterizzato da pause uguali tra due successive onde pulsatorie. Per riscontrate eventuali anomalie, occorre accertarsi se il ritmo di base sia regolare, interrotto occasionalmente da eventi anomali, oppure se non esista alcun ritmo regolare di base. Nel primo caso si può ritenere che il controllo dell’attività cardiaca sia mantenuto da un solo pacemaker con alcune saltuarie interruzioni nella trasmissione degli stimoli. Se invece non è identificabile un ritmo a livello del polso e se le modificazioni non sono prevedibili ciò significa che il cuore non si trova sotto il controllo di un singolo pacemaker. 99 Ampiezza e tipo: l’entità del sollevamento del polso è in funzione della differenza tra pressione sistolica e diastolica. Se la pressione diastolica è diminuita e la sistolica è normale, la pressione a livello del polso sarà aumentata e la percezione dell’ampiezza può risultare amplificata. Questa condizione corrisponde al polso ipercinetico. In seguito a significative diminuzioni della pressione diastolica, come nel caso di insufficienza della valvola aortica o di pervietà del dotto arterioso, la pressione a livello del polso diviene molto elevata e il poso diviene ipercinetico o saltellante. L’ampiezza dipende dalla distensione più o meno grande delle pareti arteriose al passaggio dell’onda pulsatoria ed allo stato di ripienezza dell’arteria. Essa è in rapporto perciò al complesso: energia cardiaca + quantità di sangue + elasticità della parete arteriosa. Si ritiene normale il polso di media grandezza. Il polso grande e pieno, si riscontra in tutti i casi in cui l’attività del cuore sia aumentata come febbre e nell’ipertrofia del cuore sinistro. Il polso piccolo, debole o vuoto viene osservato nella insufficienza cardiaca, nella stenosi dell’aorta e della mitrale, nella paralisi vasomotoria. Il polso frequente è necessariamente nello stesso tempo anche piccolo. Il polso è ineguale quando le onde pulsatorie non sono della stessa grandezza (depone per insufficienza cardiaca). Nel caso in cui un onda pulsatoria alta sia seguita da una bassa, quindi onde di non uguale grandezza, si parla di polso alternante o ineguale. Nei casi di rigurgito mitralico, il polso può registrare un sollevamento estremamente rapido a causa dell’accorciamento del tempo di eiezione ventricolare dovuto all’insufficienza della valvola mitrale. Quando si riduce la resistenza vascolare sistemica, come nei casi di ipertiroidismo, febbre o anemia si ha spesso il riscontro di un polso ipercinetico. Un polso arterioso ipocinetico o molle è solitamente determinato da diminuzione della gittata del ventricolo sinistro. Le più comuni alterazioni correlate con la diminuzione della gittata sistolica sono l’ipovolemia, l’insufficienza cardiaca sinistra ed il tamponamento cardiaco. In questi casi si manifesta anche generalmente una tachicardia compensatoria che contribuisce a ridurre ulteriormente l’ampiezza del polso. Nel caso di stenosi subaortica, il polso arterioso risulta ipocinetico ed anche il sollevamento avviene lentamente (polso parvus et tardus). Il polso può essere assente, se in prossimità della sede di palpazione è presente un ostacolo al flusso ematico (tromboembolismo arteria iliaca gatto). Polso della podoflemmatite: è un polso grande e duro soprattutto a livello della digitale comune e metatarsale dorsale laterale. Polso differente: caratterizzato da ampiezza diversa in due arterie contro laterali (per esempio in caso di aneurisma Polso paradosso: è caratterizzato da un’abnorme caduta della pressione arteriosa durante l’ispirazione per cui i polsi periferici scompaiono durante la sistole. Cause possono essere: • tamponamento cardiaco • enfisema • insufficienza ventricolare sx si verifica a causa del sequestro di sangue a livello polmonare, ciò causa minore ritorno venoso e caduta della pressione con scomparsa dell’onda sfigmica. Celerità: il polso è celere o saltellante quando l’arteria si solleva rapidamente e pure rapidamente si abbassa. È caratteristico dell’insufficienza delle valvole semilunari aortiche causato delle oscillazioni di pressione che si verificano nell’aorta in questi casi: alla fine della sistole refluisce nel ventricolo sinistro una parte del sangue contenuto nell’aorta, il che determina un’improvvisa caduta della pressione, d’altra parte poi nel ventricolo sinistro si 100 accumula un’abnorme quantità di sangue che spinta con la sistole nell’aorta determina un improvviso e forte rialzo della pressione. Il polso lento è caratterizzato dal lento innalzarsi e lento abbassarsi della parete arteriosa, un segno caratteristico dell’insufficienza aortica è anche il segno di De Musset caratterizzato da moimenti a scatto della testa e delle estremità sincrone al sollevamento del polso. È caratteristico della stenosi aortica per impedito reflusso del sangue dal ventricolo, dell’ipertensione arteriosa e della arteriosclerosi per l’anelasticità del vaso e aumento della pressione arteriosa. Polso dicroto: è una condizione in cui l’onda pulsatoria vene avvertita come il susseguirsi di due onde (la seconda più piccola della prima) o meglio dopo la normale onda viene percepito un sollevamento e rilasciamento dell’arteria causata dalla reazione elastica della parete arteriosa che segue alla brusca tensione che le semilunari subiscono al momento della loro chiusura. Diventa percepibile quando c’è una maggiore cedevolezza della parete arteriosa come in caso di paralisi vasomotoria. Durezza:è in diretto rapporto con la pressione del sangue e con il grado di contrazione delle pareti arteriose. Quando il polso non scompare sotto una forte pressione si dice che è duro o iperteso. La durezza del polso dipende da aumento della forza cardiaca e da ipertensione delle pareti arteriose per aumentata eccitazione della innervazione vasomotrice. Il polso molle od ipoteso è il contrario del precedente: l’arteria si lascia comprimere facilmente. Esso è in rapporto a debolezza cardiaca, diminuzione del tono della parete arteriosa, paralisi vasomotoria. Un polso molle e nello stesso tempo piccolo, si chiama filiforme. Il deficit di polso si osserva quando la frequenza sfigmica è inferiore a quella a livello cardiaco. Ciò si verifica quando si generano contrazioni cardiache sufficienti a determinare i toni, ma la gittata sistolica non è tale da produrre un polso rilevabile. Ascoltando mediante lo stetoscopio un grosso tronco arterioso come l’aorta addominale, ascultabile apponendo lo stetoscopio nella regione dorsale a sinistra della colonna vertebrale, si ode normalmente un rumore, tono vasale, che è dato dalla rapida distensione delle pareti arteriose, che segue alla sistole cardiaca. In condizioni patologiche, come nella stenosi arteriosa, si possono udire rumori vasali per i caratteri acustici, analoghi a quelli cardiaci, ma differenziabili da questi ultimi perché continui. In caso di stenosi dell’ostio aortico, insufficienza aortica o mitralica si avvertono rumori cardiaci trasmessi sincroni con una fase della rivoluzione cardiaca (sistolici o diastolici). VENE L’esame delle vene si esegue mediante: palpazione, ispezione e ispezione combinata delle vene e dell’itto cardiaco (polso venoso). Le giugulari si possono osservare più agevolmente se l’animale ha la testa abbassata soprattutto nella specie bovina, forse per l’insufficienza delle valvole venose in questa specie. Si considerano: turgore, aumento volume, diminuzione turgore, pulsazioni venose e ondulazioni venose. L’esame delle vene giugulari fornisce numerose informazioni relative alle funzioni del compartimento destro del cuore. L’esame consiste nella valutazione del grado di riempimento dei vasi e il polso giugulare. 101 Riempimento venoso: la pressione venosa centrale determina l’entità del riempimento della vena giugulare. Nel cavallo e nel bovino adulti essa si distende circa 5‐8 cm sopra la base del cuore. Quindi nell’animale in stazione, la vene giugulare si distende nel solco giugulare lungo il suo tratto distale per circa ¼ di lunghezza. Le modificazioni della posizione della testa possono alterare queste proporzioni e quando la testa è portata in basso, sotto al livello del cuore, la distensione delle giugulari può estendersi fino al ramo della mandibola. Quando la causa del turgore od aumento di volume risiede nel cuore o nei polmoni, l’ostacolo al deflusso venoso si ripercuote a tutto il circolo di ritorno e la causa determinante va considerata perciò come causa con ripercussione generale. I sintomi in questo caso saranno rappresentati da turgore delle grosse vene (giugulari), ma anche delle vene di medio e piccolo calibro, e nello stesso tempo si potrà apprezzare anche arrossamento e cianosi delle mucose apparenti ed edemi sottocutanei. Causa con ripercussione locale può essere rappresentata da una adenopatia o da una neoplasia, che comprime una o più vene. Cause con ripercussione generale: 1 malattie del cuore che diminuiscono l’efficienza del muscolo cardiaco, in questi casi il sangue ristagna nell’atrio (perché il ventricolo non si svuota), nelle vene cave e nelle collaterali. Soprattutto nelle miocardiopatie e insufficienze valvolari non compensate 2 versamenti pericardici che ostacolano il riempimento diastolico 3 malattie polmonari, queste causano ristagno nel piccolo circolo e nel ventricolo destro. Nella bolsaggine del cavallo si nota soprattutto nelle vene speroniana, safena interna e cefalica per ostacolato circolo di ritorno dovuto all’enfisema cronico 4 diminuzione dell’espansione del polmone (tetano, ascite, meteorismo) 5 aumento della pressione endotoracica causata da versamenti (pericardici e pleurici), pneumotorace ed enfisema polmonare Diminuzione o scomparsa del normale turgore In certi processi morbosi c’è questa scomparsa e il turgore non riappare neanche in seguito a compressione prolungata e intensa del vaso (col dito), introducendo un ago in vena si può osservare la fuoriuscita di sangue in gocce, ciò si verifica soprattutto in caso di shock. Pulsazioni venose Si rilevano a livello delle giugulari soprattutto nel bovino. Polso giugulare: alcune fasi del ciclo cardiaco determinano pulsazione della vena giugulare o meglio una variazione del grado di distensione vascolare. Si verifica una rapida diminuzione del grado di distensione della giugulare in concomitanza con la discesa di sangue nel ventricolo durante la fase del riempimento rapido ventricolare (onda y). Nel flebogramma, ovvero la registrazione grafica delle pulsazioni di una vena tali pulsazioni sono più evidenti nelle vene più vicine al cuore, per cui la registrazione viene condotta in genere sulla giugulare, (il flebogramma si esegue con un’apposita capsula, entro la quale si hanno parallele variazioni di pressione queste vengono trasmesse ad un elemento sensibile che le trasforma in impulsi elettrici i quali, adeguatamente amplificati, raggiungono un registratore che provvede a trasformarli in un tracciato) sul flebogramma possiamo riconoscere una serie di onde che ritmi‐
camente si ripetono essendo dipendenti dalla attività cardiaca. Nel flebogramma giugulare normale si rileva anzitutto una ondulazione di tutto il tracciato dovuta alle fasi del respiro e che è più o meno ampia a seconda dell'ampiezza degli atti respiratori stessi. Su tale ondulazione emergono delle onde denominate a, c, v, x, y. La prima onda (onda a) è positiva, è presistolica e si ritiene sia dovuta ad un arresto del deflusso del sangue verso il cuore durante la sistole 102 atriale. La seconda onda (onda c) è positiva, è sistolica, per alcuni sarebbe dovuta all'urto della carotide sulla giugulare, per altri all'urto dell'aorta che si dilata sulla parete atriale o sulla parete della cava craniale ed infine per la maggior parte sarebbe dovuta all'aumento della pressione nell'atrio destro determinata dall'urto che i lembi della tricuspide esercitano chiudendosi sulla sovrastante massa sanguigna. La terza onda (onda v) è positiva, è diastolica ed ha come la precedente e ha genesi non perfettamente chiara; per alcuni infatti essa sarebbe dovuta ad una reazione che l'elasticità della parete dell'atrio eserciterebbe sul troppo rapido afflusso diastolico, per altri sarebbe dovuta alla stasi consecutiva al progressivo riempimento diastolico atriale e per altri ancora sarebbe dovuta al movimento in avanti della base del cuore all'inizio della diastole. Tra le onde positive c e v vi è una deflessione negativa (onda x) che indica lo svuotamento della giugulare durante la diastole atriale. Tra le onde positive v ed a vi è una deflessione negativa (onda y) dovuta allo svuotamento della giugulare durante la diastole ventricolare. Ispezionando la giugulare si rileverà che su di esso si sviluppano oscillazioni di due tipi: pulsazioni: ampie e lente su cui si inseriscono pulsazioni più rapide e frequenti. Le oscillazioni lente costituiscono l’ondulazione respiratoria: esse sono legate alle variazioni di pressione che si hanno in ambito toracico durante le fasi del respiro; nella inspirazione la parete della giugulare si abbassa e durante la espirazione si solleva. I movimenti rapidi sono legati invece alla attività cardiaca. Questi sono rappresentati da due rapidi sollevamenti separati da un brevissimo intervallo e seguiti da un collabimento più lento della vena che peraltro non in tutti i soggetti è ugualmente apprezzabile. La genesi di detti movimenti si riconosce abbastanza facilmente se, mentre si ispeziona la giugulare, si palpa il polso arterioso o meglio si ascoltano, con fonendoscopio, i toni cardiaci. Il primo sollevamento, che corrisponde all'onda a del flebogramma, precede il polso arterioso ed il primo tono cardiaco e può essere chiamato polso venoso presistolico; il secondo sollevamento, che corrisponde all'onda c del flebogramma, è contemporaneo al polso arterioso ed al primo tono cardiaco e può essere chiamato polso venoso sistolico normale; il terzo movimento, che corrisponde all'onda x del flebogramma, avviene contemporaneamente al polso arterioso ed al primo tono cardiaco si sviluppa in senso negativo, viene denominato polso venoso negativo. In sostanza quindi in condizioni normali si possono osservare a livello delle giugulari tre movimenti rapidi che si susseguono nel seguente ordine: 1) il polso auricolare o presistolico; 2) il polso sistolico ventricolare normale; 3) il collabimento venoso o polso.venoso negativo. All'insieme di questi movimenti si può dunque attribuire il nome di polso venoso normale. Polso venoso patologico Numerose sono le malattie cardiache, che determinano modificazioni delle pulsazioni venose giugulari, come la fibrillazione atriale, la fluttuazione atriale ed il blocco d'emergenza. In questa sede tratteremo però soltanto quelle modificazioni del polso giugulare che si osservano nella insufficienza della tricuspide e nella stasi venosa, apprezzabili anche con il semplice esame ispettivo della vena. Nel tracciato flebografico le due condizioni morbose presentano caratteri analoghi, si ha cioè la scomparsa dell'onda a e della deflessione negativa x. Quest'ultima è sostituita da una linea che congiunge le onde c e v in senso più o meno rettillineo, nell'insufficienza della tricuspide, in 103 ragione di tale modificazione l'onda a scompare perchè per la stasi la contrazione atriale diviene scarsamente efficiente e pertanto non fa risentire i suoi effetti a monte l'onda x scompare perchè al momento della sistole ventricolare le giugulari, nella stasi non si svuotano, nella insufficienza della tricuspide si riempiono del sangue che refluisce dal ventricolo. Con l'esame ispettivo delle giugulari è possibile riconoscere le suddette alterazioni. Nella stasi verrà a mancare la pulsazione presistolica ed il collabimento sistolico o polso venoso negativo e si osserverà invece più evidente la pulsazione sistolica. Per il motivo che è la stasi a determinarlo, esso viene denominato polso venoso sistolico da stasi. Va rilevato però che ciò si verifica sino ad un determinato grado di stasi, oltre il quale, per essere la parete della vena abnormemente distesa e non suscettibile di ulteriore distensione, tale polso venoso non è più apprezzabile, il che può accadere ad esempio nella pericardite traumatica in fase avanzata. Una pulsazione sistolica è tuttavia evidente, come abbiamo in precedenza detto, anche in condizioni normali. Per stabilire se si tratta di polso venoso sistolico normale o di polso venoso da stasi viene generalmente suggerita la compressione della giugulare fra il suo 3° medio ed il 3° inferiore: se a valle del dito premente scompare il turgore e la pulsazione, si deduce che non vi è stasi e che trattasi di polso venoso sistolico normale, il contrario invece se persiste e il turgore e la pulsazione. Detta prova però nel bovino generalmente non risponde, per il motivo che può risultare positiva anche nei casi di turgore normale. In considerazione di ciò riteniamo più utile ricorrere ad un'altra prova, pure molto semplice, e cioè al sollevamento della testa e del collo del soggetto: se trattasi di turgore e polso normali si osserverà il collabimento della vena, e naturalmente anche la scomparsa del polso; se trattasi invece di stasi vera e di polso da stasi, la vena, pur diminuendo di volume, rimarrà sempre turgida ed il polso anche se meno alto ed accentuato sarà pur sempre apprezzabile. Nella insufficienza della tricuspide si osserverà ugualmente lascomparsa dei polsi presistolico e negativo; il sollevamento sistolico invece, dovuto al reflusso venoso, sarà sempre ben evidente (polso venoso positivo da insufficienza della tricuspide). La differenziazione tra polso venoso da stasi e polso venoso positivo da insufficienza della tricuspide non è sempre facile, soprattutto quando la stasi sia di modesta entità con ventricolo destro efficiente. L'ascoltazione del cuore e la messa in evidenza di un soffio sistolico sul focolaio della tricuspide chiarisce generalmente il reperto. Talvolta nei soggetti che presentano distensione bilaterale delle vene giugulari è possibile apprezzare la trasmissione del polso carotideo attraverso le vene giugulari stesse. Questo segno clinico può essere agevolmente differenziato dal vero polso giugulare comprimendo la vena con il pollice. Se la pulsazione continua ad essere percepibile cranialmente al punto dove viene esercitata la pressione si può concludere che il sollevamento è da mettere in relazione con il polso carotideo. L’esame del polso venoso risulta negativo quando la vena, compressa con il dito a metà altezza del collo, si inturgidisce al di sopra della sede della compressione e tende a svuotarsi al di sotto di essa in occasione del successivo battito cardiaco. L’esame del polso venoso risulta positivo nei casi più avanzati di stasi venosa: il tratto di vena giugulare 104 sottostante al punto dove avviene la compressione non tende a svuotarsi e continua a presentarsi come prima di esercitare la pressione con il pollice. Nello shock circolatorio ed in caso di disidratazione le vene giugulari si presentano collassate, quindi in prossimità del punto dove si esercita l’emostasi vi è un lieve o nessun inturgidimento. Lo stato funzionale del sistema venoso può essere valutato mediante l’osservazione dei principali vasi venosi di superficie come le vene giugulari, le piccole vene sottocutanee e altri vasi. Il turgore venoso è costantemente presente quando il flusso di sangue verso o attraverso il ventricolo destro è rallentato da incompleto svuotamento nel corso della precedente contrazione sistolica. Ciò si può verificare in corso di: arresto cardiaco, distrofia del miocardio, neoplasie cardiache o mediastiniche, endocarditi, difetto del setto interventricolare, malattie del pericardio, cuore polmonare, fibroelastosi endocardica. La stasi venosa cronica determina l’insorgenza di segni clinici determinati dall’aumento della pressione idrostatica a livello venoso e dalla riduzione della gittata sistolica. Se è coinvolto principalmente il cuore destro saranno presenti edemi periferici diffusi (anasarca), ascite, idrotorace e idropericardio. In caso di riempimento delle giugulari si può praticare la prova del reflusso epato‐giugulare che è un segno classico che va ricercato nel paziente nel quale si sospetta uno scompenso delle caviotà destre del cuore. Consiste nel comprimere l'ipocondrio destro del paziente in corrispondenza del fegato. Nel paziente scompensato questa manovra fa salire la colonna di sangue che distende le giugulari, che a loro volta sono già distese. Alcuni vasi arteriosi o venosi possono essere esaminati direttamente per la ricerca di eventuali lesioni. Queste includono: • Trombosi arteriosa: nei grossi animali può derivare frequentemente da arterite mentre nel gatto le malattie del miocardio possono essere fattori predisponenti del tromboembolismo arterioso. In caso di arterite parassitaria possiamo avere: ostruzione dell’arteria mesenterica craniale da parte di strongylus vulgaris nel cavallo può determinare coliche ricorrenti o ischemia e necrosi di un tratto intestinale; l’occlusione di un arteria coronaria induce infarto del miocardio; l’ostruzione determinata da embolismo delle arterie polmonari determina ipossia ipossica; la presenza di trombi a livello dell’aorta terminale causa paresi degli arti posteriori, assenza di polso arterioso, pallore e diminuzione della temperatura delle estremità. • Trombosi venosa: è indotta solitamente da flebiti che possono essere determinate da processi infiammatori contigui al vaso, o di origine setticemica. • Embolismo arterioso: viene riscontrato nella maggior parte dei casi in sede necroscopica • Anomalie delle pareti vasali: le anomalie delle pareti vasali possono coinvolgere anche i capillari e le arteriole. Ciò avviene in caso di malattie setticemiche o virali e in caso di porpora emorragica. La conseguenza è un aumento della permeabilità vasale che induce lesioni emorragiche sia sotto forma di petecchie sia di ecchimosi. 105 CUORE Il Sistema Nervoso Autonomo (SNA) innerva il Sistema Cardiaco (SC) a mezzo di dodici rami nervosi, detti nervi cardiaci, i quali partecipano alla formazione del cosiddetto plesso cardiaco: sei di essi derivano dalla porzione cervicale del simpatico, gli altri sei dal vago. Dal plesso cardiaco si irradiano numerosi rami terminali che si distribuiscono al cuore, al pericardio, all'aorta e all'arteria polmonare. I nervi cardiaci derivanti dal simpatico svolgono una funzione di eccitazione sul SC tendente ad aumentare le funzioni cardiovascolari, frequenza cardiaca (HR) e pressione sanguigna (BP), mentre quelli derivanti dal vago (o parasimpatico) hanno funzioni inibitorie tendenti ad abbassare tali attività cardiovascolari. Le terminazioni nervose che innervano il SC fanno parte dei meccanismi omeostatici che regolano i parametri HR e BP e l'azione congiunta del vago e del simpatico prende il nome di bilancia simpato‐vagale. Alcuni particolari anatomici ostacolano l’esame del cuore nei nostri animali come lo spessore del pannicolo adiposo la posizione della spalla o del gomito ecc. L’esame si esegue attraverso: ispezione, palpazione, percussione e ascultazione. Ispezione Si esegue facendo sollevare e portare in avanti l’arto anteriore sinistro si può osservare, nei cani magri e a torace stretto un sollevamento della parete toracica a livello del 5° spazio intercostale sincrono al primo tono, che corrisponde all’itto cardiaco, infatti durante la rotazione cardiaca intorno al proprio asse la punta del cuore spinge contro la parete toracica in questo punto. Nel cane si nota anche un sollevamento diffuso della parete nell’area cardiaca dovuto alla pressione della faccia laterale sinistra del ventricolo contro la parete. Nei cavalli ponendo lo sguardo tangenzialmente all’area cardiaca si può apprezzare l’itto cardiaco tra il 3° e il 6° spazio intercostale. Nel suino è difficilmente apprezzabile, tra il 4° e il 5° spazio intercostale. Nei bovini non si osserva alcun sollevamento per interposizione di un lobo polmonare. All’ispezione si possono vedere: modificazioni, scomparsa e spostamento dell’itto cardiaco, nel cavallo anche l’inversione dell’itto. Itto invertito: anziché il sollevamento della parete si osserva l’infossamento di questa. È legato alla dilatazione ipertrofica del ventricolo destro spesso secondaria a enfisema. In questi casi l’attività del ventricolo è cosi esagerata che invece di causare un maggiore contatto tra il cuore e la parete toracica ne causa un allontanamento lasciando cosi un vuoto che determina l’avvallamento della parete (in questi casi l’itto è percepibile anche a destra). Nel bovino si può osservare in corso di pleuro‐pericardite tubercolare per coalescenza pleuro‐pericardica. Palpazione: Ci si dispone a sinistra dell’animale con la mano destra sul garrese e la sinistra sulla parete toracica in corrispondenza dell’area cardiaca facendo una lieve pressione (meglio se si dispone di un aiuto che faccia alzare e spostare in avanti l’arto anteriore sinistro dell’animale). Alla palpazione si considera: l’itto, sensibilità a compressione e rumori percepibili al tatto. Se si tratti di piccoli animali, si pongono i palmi di entrambe le mani contemporaneamente sui due lati del torace e si esercita una lieve pressione in corrispondenza dell’area di proiezione cardiaca sulla parete toracica. L’obiettivo della palpazione è quelli di determinare la 106 localizzazione ed il carattere dell’itto cardiaco e di accertarsi se siano apprezzabili vibrazioni associate alle fasi del ciclo cardiaco. L’itto cardiaco è una vibrazione a bassa frequenza determinata dalla contrazione e rotazione del cuore durante la fase iniziale della sistole. Esso è sincrono con il primo tono cardiaco. Si apprezza sul lato sinistro: • Nel cane in corrispondenza del 4° ‐ 5° spazio intercostale. • Nel cavallo in corrispondenza del 3° ‐ 6° spazio intercostale (più intenso a livello del 5°). • Nel bovino, nella pecora, nella capra l’itto si rileva tra il 3° ed il 5° spazio intercostale ed è più intenso in corrispondenza del 4° spazio. L’itto cardiaco: è meno marcato sul lato destro del torace ed in animali obesi mentre nei grossi animali non è percepibile a destra. Nei giovani animali e nei soggetti magri, l’itto può essere invece apprezzabile già all’ispezione. Accentuazione dell’itto: si percepisce più chiaramente e se assai accentuato si percepisce anche fuori dall’area cardiaca. L’intensità del’itto può essere accentuata quando vi sia un incremento del tono simpatico; può tuttavia anche indicare l’esistenza di ipertrofia del miocardio in tal caso si accompagna a polso più frequente e pieno. Altre cause sono: pericardite ed endocardite iniziali, palpitazione cardiaca, dislocazione del cuore a sinistra (versamento pleurico, pneumotorace, tumori mediastinici), avvelenamento (tabacco, atropina oleandro). Un affievolimento può invece essere riferito ad una ridotta forza contrattile (miocardite) oppure ad insufficienza circolatoria periferica, edema o enfisema del sottocute della parete sinistra del torace, raccolte liquide, gassose o solide in cavità della pleura sinistra oppure anche raccolte o neoformazioni nel pericardio. Spostamento itto: può essere a: • destra= pleurite essudativa sinistra o destrocardia congenita • orale= dilatazione dello stomaco, ascite, tumori, ascessi e cisti epatiche • caudale= tumori al davanti del cuore o dilatazione cardiaca, Altre possibili cause comprendono la presenza di masse intratoraciche che comportino spostamento del cuore o di un collasso di un lobo polmonare che consente al cuore di dislocarsi. • in direzione vertebrale= tumori al di sotto del cuore dolorabilità alla pressione: è tipica di pleurite costale o pericardite (nel bovino spesso traumatica e si nota di più in prime fasi) rumori percepibili alla palpazione: pericardici o di sfregamento sono dovuti ad attrito dei foglietti pericardici divenuti scabri in seguito ad accumulo di fibrina e danno una sensazione di strofinamento. Endocardici palpabili, sono detti fremiti trasmettono una sensazione simile a quella che si prova mettendo la mano sul dorso di un gatto che fa le fusa, spesso sono causati da insufficienze ostio‐valvolari. Distinguere un fremito da uno sfregamento è difficile, si può dire che un fremito sembra che derivi dall’interno del cuore (più profondo) mentre lo sfregamento è più superficiale. In più il 107 fremito può essere sistolico, diastolico o presistolico mentre lo sfregamento non ha rapporti temporali con le fasi cardiache. Gli sfregamenti possono essere endocardici (prodotti dall’attrito tra fogli pericardici) e si apprezzano meglio durante le pause respiratorie, gli extracardiaci (pleuropericardici) si verificano quando la pleura diventa scabra in punti vicino al pericardio e sono in rapporto con le fasi respiratorie. Il fremito precordiale è solitamente correlato alla presenza di soffi cardiaci di forte intensità. La sede dove il fremito è maggiormente apprezzabile corrisponde al focolaio di massima intensità del soffio. Il rilevamento di fremiti suggerisce stenosi o insufficienza di massima intensità. Percussione: Per effettuare la percussione in corrispondenza dell’area di proiezione del cuore sulla parete toracica occorre spostare in senso craniale l’arto anteriore. La percussione può consentire di delineare il margine dorsale dell’area di ottusità cardiaca: questa può essere dislocata rispetto alla sua posizione normale se il cuore è aumentato di volume o se è presente versamento pericardico. Di solito si esegue quella digito‐digitale ma nei grossi animali è necessaria quella armata. Per delimitare l’area cardiaca è necessario procedere lungo 2‐3 linee che partono dall’area chiara polmonare e convergono verso il cuore, nella zona in cui il cuore aderisce alla parete toracicà si avrà una risonanza ottusa (ottusità cardiaca assoluta), nelle zone circostanti si ha sonorità sub‐
ottusa (ottusità cardiaca relativa). Per delimitare l’ottusita cardiaca assoluta ci vuole una percussione leggera per evitare di coinvolgere il polmone, per delimitare l’ottusità relativa ci vuole una percussione di media forza tale da coinvolgere il miocardio. Quando il cuore aumenta di volume aumenta anche l’estensione dell’ottusità cardiaca a meno che non sia concomitante un enfisema polmonare. La risonanza alla percussione è condizionata da: lunghezza del pelo, spessore muscoli, stato di nutrizione e costituzione scheletrica. L’ottusità assoluta nel cavallo secondo alcuni si estende dalla 3° alla 6° costa, secondo altri dal 3° al 5° spazio intercostale. L’ottusità relativa si estende intorno alla assoluta in senso dorso‐caudale e caudale per 4‐6 cm. Nel bovino si rileva solo un’area di ottusità relativa tra la 3° e la 6° costa secondo alcuni tra 4° e 5° spazio intercostale oppure 3° e 4° spazio intercostale di sinistra. Nei cani di grossa taglia l’ottusità cardiaca si estende tra 4° e 6° spazio intercostale a sinistra e tra 4° e 5° a destra. Reperti patologici di percussione. Questi possono essere caratterizzati da un ingrandimento o da un rimpicciolimento dell'ottusità cardiaca e da modificazioni di risonanza a livello dell’aria cardiaca. Una reazione algica evocata nel corso della percussione dell’area cardiaca può indicare la presenza di pericardite acuta o pleurite. a) Ingrandimento dell'aia di ottusità cardiaca. L'ipertrofia e la dilatazione del cuore, determinano aumento dell'ottusità cardiaca, quelle del ventricolo sinistro soltanto dell'ottusità cardiaca a sinistra ed in direzione dorso‐caudale, quelle del ventricolo destro invece un aumento a destra e a sinistra. Il ventricolo destro infatti aumentando di volume spinge verso 108 l'alto anche il sinistro che a sua volta solleva i margini polmonari. L'ingrandimento dell'ottusità nella dilatazione ipertrofica del cuore destro si spinge prevalentemente in direzione dorsale. Le raccolte liquide nel pericardio (pericardite essudativa, idropericardio ed emopericardio), l'ispessimento del pericardio per neoformazioni tubercolari (bovini), sarcomatose o carcinomatose (cane), sono cause di aumento dell'ottusità cardiaca. Nei versamenti liquidi pericardici dei piccoli animali i limiti dell'ottusità cambiano di sede in base alla posizione del soggetto. Nella pericardite traumatica del bovino l'ottusità cardiaca raggiunge spesso estensioni notevolissime. Un focolaio pneumonico o un processo atelectasico degli apici che ricoprono il cuore può determinare un aumento, apparente, dell'ottusità cardiaca. Altre cause: versamento pericardico; spostamento laterale del cuore (collasso di una porzione di polmone, ernia diaframmatica); neoplasia cardiaca, pericardica, timica o mediastinica. Nella maggior parte di questi ultimi casi l’area di ottusità cardiaca è più marcatamente ingrandita sul lato destro, salvo che il cuore non sia dislocato verso sinistra. b) Diminuzione dell’aria cardiaca. Si riscontra nell'enfisema polmonare cronico, nel collasso circolatorio, ecc. Se è presente un versamento pleurico può essere impossibile definire l’area di ottusità cardiaca. c) Variazioni di risonanza a carico dell’aria cardiaca. Nella pericardite traumatica dei bovini al liquido nel pericardio è mescolato spesso anche del gas, per cui alla percussione della regione cardiaca si può ottenere una risonanza timpanica, con timbro metallico. L’area cardiaca sulla parete toracica: • Nel cavallo a sinistra è situata tra il 3° ‐ 5° spazio intercostale. Sul lato destro tra il 3° ‐ 4° spazio intercostale. • Nel bovino a sinistra è situata tra il 3° ‐ 4° spazio intercostale. Auscultazione: Tecnica. ‐ L'ascoltazione del cuore, è diretta o immediata, se si applica l'orecchio al torace in corrispondenza della regione cardiaca, oppure indiretta o mediata, se si usa interporre d'ascoltazione uno strumento. Il fonendoscopio tipo Bazzi‐Bianchi, è fornito di cassa di risonanza e tubi di gomma. Questi ultimi due strumenti sono da noi preferiti perchè mediante l'applicazione di due tubi di gomma, sufficientemente lunghi, possiamo ascoltare il cuore in posizione comoda, quasi eretta ed anche perchè data la particolare costituzione anatomica dei nostri animali (spessore della parete toracica e dei lembi polmonari avvolgenti il cuore) è necessario che i toni ed i rumori cardiaci, vengano trasmessi amplificati. Mediante l’auscultazione è possibile rilevare i normali rumori cardiaci che corrispondono a precisi eventi del ciclo cardiaco e valutare il ritmo. È inoltre possibile riscontrare rumori anomali prodotti dall’attività cardiaca, tra cui soffi, i rumori di sfregamento pericardico ed altri suoni più rari. Durante l’auscultazione del cuore si rilevano anche i suoni provenienti dagli apparati respiratorio e gastroenterico: è necessario imparare a riconoscerli ed ignorarli. Talvolta i rumori respiratori sono sincroni con quelli cardiaci e possono essere confusi con i soffi. Occludendo le narici per alcuni secondi si impedisce la respirazione del paziente e si agevola l’auscultazione dei solo rumori cardiaci. 109 La localizzazione dei suoni cardiaci avviene facendo riferimento alla sede della base e dell’apice del cuore ed al focolaio di massima intensità di auscultazione delle quattro valvole: • L’auscultazione deve iniziare sul lato sinistro in corrispondenza del focolaio di massima intensità della valvola mitrale. • Lo stetoscopio viene quindi spostato verso la base del cuore per rilevare i focolai di massima intensità delle valvole aortica e polmonare • L’esame sul lato destro inizia solitamente sul focolaio di massima intensità della valvola tricuspide e lo stetoscopio deve essere spostato dorsalmente e cranialmente in corrispondenza della base del cuore sul lato destro del torace. Toni cardiaci. ‐ Sulla regione cardiaca si odono due rumori ritmici, i « toni » del cuore. I due toni sono separati da una piccola pausa; al secondo tono segue una pausa più lunga, trascorsa la quale i toni si ripetono con lo stesso ritmo. Il primo, più ottuso e più lungo, corrisponde alla sistole, l'altro più chiaro ed acuto corrisponde al principio della diastole. Si ritiene che il tono sistolico sia dato da una componente muscolare e da una componente valvolare (bicuspide ‐|‐ tricuspide), mentre il secondo tono (diastolico) sarebbe solo di natura valvolare (vibrazione delle semilunari aortiche e polmonari). Sebbene i toni cardiaci siano quattro, se ne odono normalmente solo due, perchè i due toni sistolici sono sincroni, come pure i due toni diastolici. A differenziare i due toni è la diversa tonalità e soprattutto la diversa durata delle due pause: più breve quella interposta fra il primo ed il secondo tono, più lunga quella che segue il secondo tono. Quando la seconda pausa sia ridotta di ampiezza e non più distinguibile dalla prima, ci si può aiutare nella distinzione tra tono sistolico e tono diastolico palpando il polso arterioso, che è quasi sincrono con il primo tono. Questi due toni si considerano come « suoni propriamente detti », mentre tutti gli altri fenomeni acustici che si avvertono nella regione cardiaca vanno ricordati come « rumori » cardiaci. Il primo ed il secondo tono cardiaco sono chiaramente udibili in tutti gli animali normali. Negli animali di grossa taglia e soprattutto nel cavallo è possibile distinguere anche il terzo ed il quarto tono. Il primo ed il secondo tono sono gli unici suoni normalmente udibili nel cane e nel gatto. • Il primo tono cardiaco è determinato dalla chiusura delle valvole atrioventricolari. Negli animali sani la chiusura della valvola mitrale precede quella della valvola tricuspide di un tempo impercettibile; i due suoni appaiono quindi fusi in un unico tono (T1). Il primo tono cardiaco è a frequenza più bassa rispetto al secondo tono (T2) ed è riproducibile come “lubb”. • Il secondo tono cardiaco è determinato dalla chiusura delle valvole aortica e polmonare. Negli animali sani la chiusura della valvola aortica precede quella della valvola polmoare di un tempo impercettibile; i due suono appaiono quindi fusi in un unico tono (T2). Il secondo tono è di più breve durata e più elevata tonalità rispetto al primo e può essere riprodotto con “dupp”. • Il terzo tono cardiaco è prodotto dal riempimento rapido ventricolare durante la proto diastole e rassomiglia ad un suono sordo immediatamente dopo il secondo tono. • Il quarto tono cardiaco (denominato anche tono di contrazione atriale) è correlato con l’attività contrattile degli atri. Precede immediatamente il primo tono ed è un suono ovattato, maggiormente udibile in corrispondenza della base del cuore su entrambi i lati del torace. È comunemente distinguibile nel cavallo. 110 Focolai di ascoltazione:‐ Si chiamano focolai di ascoltazione quei punti della regione cardiaca dove più intensamente si odono quei fenomeni acustici, che si producono in corrispondenza di ogni singolo apparato ostio‐valvolare, punti che non corrispondono in generale ai focolai anatomici, vale a dire, ai punti di proiezione sul torace degli osti e delle valvole. I focolai di ascoltazione sono quattro. Essi sono il ventricolare sinistro o bicuspidale, il ventricolare destro o tricuspidale, l'aortico ed il polmonare. Nel cavallo, il focolaio del ventricolo sinistro (mitrale) si trova a sinistra nel 5° spazio intercostale, lungo la linea dorso‐caudale limitante la zona di ottusità assoluta cardiaca; quello del ventricolo destro (tricuspidale) a destra nel 3° spazio intercostale, nella metà inferiore del terzo inferiore toracico; il focolaio della polmonare a sinistra nel 3° spazio intercostale, nella metà inferiore del terzo inferiore toracico; a destra appena si percepisce; infine il focolaio aortico si troverebbe a sinistra nei 4°.spazio intercostale, 1‐2 dita al di sotto di una linea orizzontale partente dalla punta della spalla. Quest'ultimo si confonde facilmente con il polmonare perchè molto vicini fra di loro; si consiglia perciò di ascoltare anche a destra, nello stesso spazio intercostale, dove il tono aortico, si udirà più lieve, ma più puro. Nel bovino, il focolaio del ventricolo sinistro si troverebbe a sinistra nel 4° spazio intercostale, quello del ventricolo destro a destra nel 3° spazio intercostale, aortico a sinistra nel 4° spazio intercostale al di sotto della linea scapolo‐omerale, il polmonare a sinistra nel 3° spazio intercostale. Nel cane, il focolaio del ventricolo sinistro si troverebbe a sinistra nel 5° spazio intercostale al di sopra della linea mediana del terzo inferiore toracico; quello aortico nel 4° spazio intercostale, al di sotto della linea scapolo omerale; il polmonare nel 3° spazio intercostale, vicino al margine dello sterno; il focolaio del ventricolo destro a destra, nel 4° spazio intercostale. Dei toni cardiaci si devono valutare le seguenti caratteristiche: a) forza od intensità; b) timbro o tempera; c) ritmo e numero dei toni. a) Forza od intensità dei toni. Su ciascun focolaio di ascoltazione un tono è autoctono, mentre gli altri sono propagati. Si possono perciò notare anche differenze acustiche sui diversi focolai in quanto toni di produzione locale sono più forti di quelli trasmessi; così il primo tono è più forte sui focolai della mitrale e della tricuspide, mentre sui focolai della aorta e della polmonare è più accentuato il secondo tono. L'intensità dei toni varia in rapporto alla rapidità ed alla forza delle contrazioni cardiache, all'altezza della pressione arteriosa ed a condizioni che si oppongono o favoriscono la trasmissione dei toni. Cosi le contrazioni forti e rapide del miocardio in seguito ad una corsa oppure, in campo patologico, ad ipertrofia cardiaca od a febbre, determinano accentuazione di ambedue i toni cardiaci altre condizioni sono: una broncopolmonite che induca una diminuzione del contenuto gassoso dei distretti cranio ventrali del polmone, in corrispondenza dei quali, in condizioni normali, i toni cardiaci risultano affievoliti per la presenza di aria. Lo stesso reperto si ottiene quando si sia verificata una dislocazione del cuore. L'aumento della pressione arteriosa determina accentuazione, però del secondo tono diastolico soltanto, per la più intensa vibrazione delle valvole semilunari. Anche la parete toracica sottile (per specie, razza o per magrezza) è condizione di apparente accentuazione di ambedue i toni. Invece in caso di contrazioni del muscolo cardiaco più deboli, parete toracica spessa o versamenti pleurici o pericardici, i toni si affievoliscono. 111 Importanza maggiore in semeiotica spetta alla alterazione di intensità di uno solo dei toni, indicando quasi sempre una condizione patologica intracardiaca od intravascolare. L’intensità dei toni cardiaci può essere accentuata o affievolita. Entrambe le variazioni possono suggerire la presenza di: • Una modificazione dell’intensità con la quale vengono generati i toni cardiaci. • Una modificazione nella trasmissione dei suoni tra il cuore ed il fonendoscopio. Accentuazione del I tono. II primo tono è rinforzato nell'ipertrofia miocardica, specialmente del cuore sinistro e negli stati morbosi in cui la contrazione cardiaca si svolge più rapida del normale (anemie, collasso circolatorio). Il primo tono e rinforzato pure nella stenosi mitralica. La ragione del rinforzo in quest'ultimo caso, sarebbe che in conseguenza della stenosi dell'ostio atrio‐ventricolare sinistro, il sangue durante la diastole arriva al ventricolo lentamente ed in piccola quantità, per cui il ventricolo ha uno scarso contenuto di sangue ed i lembi delle valvole non sono sollevati, ma pendono flaccidi in cavità ventricolare. Con la sistole ventricolare le valvole passano perciò bruscamente da uno stato di estrema rilassatezza allo stato di tensione, il che causa vibrazione valvolare più intensa e quindi di un fenomeno acustico più forte. Accentuazione del II tono aortico. ‐ Raramente negli animali il secondo tono aortico è rinforzato in seguito ad un aumento di pressione nell'aorta ed ipertrofìa ventricolare conseguente a nefrite cronica. Accentuazione del II tono polmonare. ‐ È abbastanza frequente nel cavallo. Nei vizi della mitrale e nell'enfisema polmonare cronico si ha un aumento di pressione del piccolo circolo, con conseguente ipertrofìa del ventricolo destro ed accentuazione del tono polmonare, e nell'enfisema polmonare cronico, per la scomparsa di numerosi capillari, è ridotta la capacità del letto circolatorio polmonare, che apporterà, un aumento di pressione nella arteria polmonare. Indebolimento del I tono sulla mitrale. ‐ Nell'insufficienza ventricolare per diminuita tonicità e contrattilità del miocardio, come pure nell'insufficienza delle valvole aortiche e nella stenosi dell'ostio aortico. Affievolimento del II tono aortico. Nei gravi casi di stenosi mitralica, allorché poco sangue si raccoglie nel ventricolo sinistro ed è lanciato nel cilindro aortico, onde le valvole dell'aorta si chiudono sotto debole pressione, nella grave stenosi dell'ostio aortico per la bassa pressione esistente nell'aorta stessa. Affievolimento del II tono polmonare. ‐ Nella stenosi della tricuspide e dell'ostio polmonare. b) Timbro: Il timbro dei toni cardiaci può variare per condizioni fisiologiche o patologiche. Le sue variazioni dipendono dal modo come vibrano le valvole e le pareti delle radici delle grandi arterie. 112 Quando i toni cardiaci risultano alterati si dicono impuri. Il tono sistolico sui ventricoli può acquistare un timbro quasi metallico quando il cuore è molto eccitato oppure in presenza di un'ipertrofia cardiaca. Anche il secondo tono polmonare, quando è accentuato, ha un timbro quasi metallico. Nettamente metallico è il timbro dei toni in caso di pneumopericardio, pneumotorace e di caverne polmonari in vicinanza del cuore, come pure nel meteorismo gastrico o intestinale. La frequenza cardiaca viene determinata contando il numero di battiti cardiaci nell’unità di tempo (generalmente 1 minuto), e viene quindi valutata in numero di battiti per minuto primo (bpm). Il primo ed il secondo tono o, in taluni animali i quattro toni cardiaci, danno luogo al battito cardiaco. c) Ritmo. Non è raro che i toni del cuore si moltiplichino o per uno sdoppiamento dei toni o per l'aggiunta di una sensazione acustica, molto vicina ad un vero e proprio tono. Ne consegue allora una modificazione del ritmo. Il ritmo cardiaco normale è a tre tempi (lubb‐dupp‐pausa) : di questi rumori il primo è un suono ottuso, profondo, prolungato e forte mentre il secondo è più acuto e breve. Con l’aumento della frequenza cardiaca il ritmo diviene a due tempi. Un ritmo rappresentato dalla presenza di più di due toni è qualificato come ritmo di galoppo e può essere determinato dalla duplicazione del primo o del secondo tono (sdoppiamento dei toni cardiaci) oppure alla evidenziazione del terzo o del quarto tono. Toni sdoppiati o bipartiti. ‐ Ciò che si ascolta come singolo tono su ogni focolaio cardiaco in realtà è la somma di due manifestazioni acustiche sincrone (prodotte nelle valvole omologhe nelle 2 metà cardiache) Se questo sincronismo è disturbato, si ha la bipartizione o lo sdoppiamento dei toni che può essere sia a carico del 1° che del 2°. In questi casi si percepisce un ritmo a tre tempi, se un solo tono è sdoppiato, un ritmo a quattro tempi, se lo sono entrambi; però i ritmi a tre ed a quattro tempi sono da considerarsi tali soltanto apparentemente, in realtà il ritmo fondamentale a due tempi non è mutato. Lo sdoppiamento del 1° tono, frequente nel cavallo, non è quasi mai patologico e quindi non ha importanza. Per essere la prima parte di tale tono sdoppiato, lontana ed in eco e la 2a parte vicina, vibrante e corrispondente all'itto, ed inoltre per essere stato osservato tale sdoppiamento in alcuni casi di blocco, si ritiene che esso sia generalmente legato ad un prolungamento del tempo di conduzione A. V., che normalmente nel cavallo è di 0,18‐0,20 secondi; per tale condizione infatti verificandosi la contrazione ventricolare, un pò in ritardo rispetto a quella atriale, quest'ultima si rende udibile con un suono debole e lontano. Si deve pertanto in questi casi considerare lo sdoppiamento del 1° tono come il più lieve dei disturbi di conduzione A. V. La conduzione degli stimoli sinusali è rallentata in caso di: influenze funzionali o per l'esistenza di lesioni organiche. In linea generale si tratta nel cavallo di un disturbo funzionale che forse è un atteggiamento di recupero di energia che assume la funzionalità cardiaca, quando l'animale è in riposo. Tuttavia in qualche caso lo sdoppiamento del primo tono può dipendere da asincronia di contrazione dei due ventricoli; in questi casi però si dovrebbe verificare anche una non contemporanea chiusura delle due valvole semilunari, quindi sdoppiamento anche del secondo tono, perchè il ventricolo che entra prima in sistole, entra pure prima in diastole. 113 Più importante è lo sdoppiamento del 2° tono. Tra le condizioni patologiche che lo determinano hanno la maggiore importanza la stenosi e l'insufficienza mitralica, l'enfisema polmonare, l'ipertensione arteriosa grave (per es. da sclerosi renale). Riguardo la genesi del tono diastolico bipartito pare che la valvola aortica e la valvola polmonare si « chiudano » in due tempi diversi, quando mutino i rapporti fra le pressioni esistenti nelle due arterie. Lo sdoppiamento del 2° tono è più frequente nei cavalli enfisematosi a causa dell'aumento di pressione nell'ambito dell'arteria polmonare, che ha come effetto un anticipo della chiusura della semilunare polmonare sull’aortica. Tono aggiunto ‐ Ritmo a tre tempi. ‐ Nello « sdoppiamento » dianzi descritto il ritmo fondamentale non è mutato, essendo i due toni sistolici o diastolici ancora riconoscibili come i componenti di un unico tono bipartito (il ritmo è sempre a due tempi). Invece nel ritmo a tre tempi ciascuno dei tre toni è nettamente distaccato dagli altri e gli intervalli sono pressoché uguali. Esso generalmente si manifesta: 1°) Quando tra la contrazione dell’atrio e quella del ventricolo c’è un intervallo abbastanza lungo a causa di un ritardo di conducibilità. In questa condizione si ode il tono atriale (presistolico), che normalmente si confonde con il 1° tono ventricolare. 2°) Nella stenosi mitralica per la quale si ode pure un terzo tono sul focolaio della mitrale, che sembrerebbe prodotto dalla tensione a cui è sottoposta la valvola mitrale durante la sistole atriale; esso è quindi un tono presistolico e permette di diagnosticare la stenosi quando manca il rumore presistolico caratteristico di questo vizio. L'accento cade di solito sul secondo dei tre toni o tono della diastole ventricolare (ritmo= tatùmta). Questo ritmo è detto galoppo. 3°) La terza condizione di tono aggiunto è quella che costituisce il vero ritmo di galoppo. Esso sarebbe caratterizzato dalla comparsa di una sensazione acustica cupa e sorda, accompagnata da una sensazione tattile percepibile col sollevamento del fonendoscopio sulla regione car‐
diaca. Questo tono aggiunto compare durante la fase diastolica. L’ipotesi più accreditata è quella secondo la quale questo tono aggiunto, che è il primo dei tre, sarebbe determinato dalla brusca distensione dei ventricoli, le cui pareti si troverebbero in uno stato di ipotonicità, provocata da una contrazione degli atri più energica del normale. Esso perciò sarebbe un tono presistolico. Acusticamente il vero ritmo di galoppo è identico al galoppo mitralico, soltanto la genesi è diversa. Altre condizioni sono: Galoppo T3: è udibile quando c’è un repentino rallentamento della velocità del sangue che arriva la ventricolo in proto diastole in caso di cardiomiopatia dilatativa, cardiomiopatia restrittiva e insufficienza mitralica, perché il ventricolo non si svuota del tutto e di conseguenza il sangue che arriva dall’atrio collide con quello rimasto nella cavità ventricolare. È possibile differenziarlo dallo sdoppiamento di T2 perche il tono aggiunto nel galoppo T3 sarà di minore frequenza e avrà una distanza temporale maggiore dal secondo tono. Galoppo T4: è dovuto all’evidenziazione di T4 (diastolico), causata dalla ridotta compliance ventrivolare per esempio in corso di cardiomiopatia ipertrofica. È difficile distinguerlo da uno sdoppiamento del primo tono. Ritmo pendolare ed embriocardia. ‐ È contraddistinto da una riduzione della lunga pausa tra il tono diastolico ed il sistolico successivo, così che tutti gli intervalli sono identici. Quando la 114 pendolarità del ritmo si accompagna con un aumento di frequenza, si parla di embriocardia per la somiglianza con i toni cardiaci fetali. Queste alterazioni del ritmo sono indizi di una diminuita validità del miocardio con abbassamento della pressione arteriosa in condizioni morbose diverse (malattie infettive acute, peritoniti, etc.) e preludono spesso un esito letale. In taluni casi di embriocardia, in seguito all'abbassamento della pressione arteriosa, manca il 2° tono. Si ha allora un ritmo come nel coniglio, in cui manca il 2° tono e si parla perciò di cuniculocardia. Questo ritmo è indizio di prossima fine. Per sdoppiamento dei toni cardiaci si intende che in corrispondenza del 1° o 2° tono sono identificabili due componenti. Sdoppiamento T1 : è provocato dal ritardo della chiusura di una valvola atriventricolare rispetto all’altra. Lo sdoppiamento del primo tono è più raro di quello del secondo. Alcune cause di sdoppiamento del primo tono sono: • lesioni anatomiche che interferiscono con la chiusura delle valvole, come nel caso di endocardite batterica • Ritardo nella conduzione dello s timolo di uno dei due ventricoli, come avviene nel blocco di branca • Contrazione prematura di un ventricolo Sdoppiamento T2: non è un fenomeno comune ed è generalmente causato da ipertensione polmonare. Questo disturbo circolatorio provoca un ritardo nello svuotamento del ventricolo destro e ciò fa si che la valvola polmonare si chiuda dopo la valvola aortica. L’ipertensione polmonare può essere: primitiva (idiopatica) o secondaria a filariosi cardiopolmonare o ad altre cause di cuore polmonare. Altre cause di sdoppiamento del T2 il ritardo di conduzione di uno dei ventricoli o i complessi ventricolari prematuri. Sdoppiamento T3: viene prodotto quando lo svuotamento ventricolare è insufficiente ed il sangue rimasto nella cavità collide con quello proveniente dagli atri nella successiva diastole, oppure se è ridotta la compliance ventricolare. Il ritmo di galoppo T3 è generalmente indicativo di: cardiomiopatia dilatativa, cardiomiopatia restrittiva, grave insufficienza della valvola mitrale. Sdoppiamento T4: il quarto tono si manifesta durante la contrazione atriale e, se udibile nel cane e nel gatto è generalmente indicativo di una ridotta compliance del ventricolo sinistro. La presenza del 3° tono può essere differenziata da uno sdoppiamento del 2° tono grazie a due caratteristiche: • I suoni derivati da uno sdoppiamento di T2 presentano la stessa frequenza mentre T3 è caratterizzato da bassa frequenza • I suoni derivano dallo sdoppiamento del T2 sono molto ravvicinati, mentre T3 si manifesta più tardivamente durante la diastole. Rumori cardiaci. Tutti i fenomeni acustici anormali avvertibili sulla regione del cuore. Essi vanno distinti in rumori intracardiaci, organici ed inorganici, e rumori extracardiaci: questi ultimi comprendono i rumori di sfregamento( pericardici e pleuropericardici) i rumori di guazzamento ed infine i rumori accidentali o cardiopolmonari. Soffi cardiaci Rumori intracardiaci organici. ‐ In generale i rumori intracardiaci hanno qualcosa di soffiante; si parla però anche di rumori di sega, di raspa, di mulinello, di fischi, di gemiti, etc. Sono prodotti 115 dai movimenti vibratori del sangue quando attraversa punti ristretti. Il rumore si genera o per Stenosi = l'ostio non è del tutto pervio o per insufficienza = la valvola incompletamente chiusa e una parte del sangue refluisce in senso opposto a quello normale. L'insufficienza, cioè la incompleta chiusura valvolare, può anche dipendere da dilatazione ventricolare; in questo caso si parla di insufficienza valvolare relativa, nell'altro assoluta. In questi casi siamo in presenza di rumori o soffi organici. Organici però ed intracardiaci sono pure quei soffi che si producono per anomalie di sviluppo del cuore (persistenza del foro di Botallo, etc.). In generale si parla indifferentemente di soffi o di rumori di soffio oppure di rumori. Sarebbe più proprio chiamare soffi, i rumori più dolci e quasi alitanti, rumori di soffio, quelli meno dolci e più forti e rumori, quei fenomeni acustici più aspri o più rudi e più intensi. I rumori intracardiaci si distinguono dagli extracardiaci perchè non danno la sensazione dello sfregamento o del raschiamento, perchè mantengono invariato il tempo di insorgenza nei riguardi di una fase della rivoluzione cardiaca, persistono continuamente e generalmente con intensità e timbro invariati, non aumentano d'intensità premendo la parete toracica, si odono su larga base, anche se presentano un punto di maggiore intensità. Infine non sono accompagnati da sensibilità alla compressione della regione cardiaca. Dei rumori intracardiaci bisogna prendere in considerazione, il tempo di produzione, l'intensità il timbro, configurazione, qualità e irradiazione. a) Tempo di produzione. È difficile da stabilire specialmente quando la frequenza cardiaca sia molto aumentata. In questa evenienza occorrerà tener conto dell'itto palpabile e della pulsazione arteriosa. I rumori intracardiaci occupano generalmente il primo tono od il secondo tono oppure possono essere continui. Nel primo caso il rumore si chiamerà sistolico, nel secondo diastolico. Si dice anche presistolico il rumore che si accentua od inizia immediatamente prima della sistole ventricolare; tale accentuazione od inizio del rumore sarebbe in rapporto alla contrazione ancora valida della orecchietta. Un soffio continuo di solito deriva da flussi di sangue turbolenti che da un distretto ad alta pressione passano ad uno a pressione inferiore senza che siano presenti valvole. Può essere associato a: stenosi ed insufficienza della stessa valvola; o lesioni a più valvole contemporaneamente. Cause più frequenti sono anomalie di sviluppo come nel caso del dotto arterioso pervio (tra aorta e polmonare), detto “soffio di macchina”. II soffio sistolico sta ad indicare stenosi dell'ostio aortico o polmonare (mesosistolico) od insufficienza delle valvole atrioventricolari (olosistolico) o flusso turbolento durante l’eiezione, il soffio diastolico stenosi degli apparati ostio‐valvolari atrioventricolari, insufficienza delle semilunari aortiche o polmonari oppure flusso turbolento durante il riempimento dei ventricoli. I soffi sistolici sono ulteriormente classificata in proto (inizio della sistole), meso (metà della sistole), olosistolico (fine della sistole‐> termina prima del T2) o pansistolico (compre il T2), in relazione alla loro collocazione nel periodo tra il primo ed il secondo tono. I soffi diastolici sono classificati come protodiastolici (si verificano tra T2‐T3 cioè all’inizio della diastole), presistolici (si verificano tra T4‐T1). I soffi diastolici sono associati a: flussi turbolenti o vibrazioni durante la fase di riempimento dei ventricoli, insufficienza delle valvole aortica o polmonare, stenosi delle valvole atrioventricolari. 116 b) Forza od intensta. Generalmente i soffi sistolici sono più intensi dei diastolici perché durante la sistole si sviluppano maggiori energie. Il rumore di soffio aumenta d'intensità se il cuore è ipertrofico. L'intensità è in rapporto anche con il grado della stenosi o della insufficienza. I soffi inoltre variano di intensità secondo le condizioni anatomiche delle valvole, degli osti e delle pareti arteriose (scabrezza, rugosità, etc). Si può notare una accentuazione all'inizio o alla fine del soffio per un aumento della velocità del sangue: così nell'insufficienza delle valvole atrioventricolari e delle semilunari e nelle stenosi degli osti arteriosi il rumore è più accentuato all'inizio e va gradualmente diminuendo; invece nella stenosi degli osti atrioventricolari si avverte un'accentuazione al principio della diastole per l'aspirazione del sangue da parte del ventricolo ed alla fine della diastole (accentuazione presistolica) per la contrazione degli atri. Intensità può essere valutata anche tramite una suddivisione secondo 6 o 5 gradi. c) Timbro. È una qualità di colorito dei rumori endocardici per cui essi possono essere dolci (soffi o rumori di soffio) o aspri (rumori). Però queste varietà di timbro hanno uno scarso valore diagnostico. Rumori aspri si incontrano nella persistenza del forame di Botallo, nell'insufficienza mitralica, ma specialmente nelle stenosi dell'aorta e della polmonare. Il soffio dell'insufficienza aortica è dolce ed aspirativo. d) Configurazione (morfologia): i cambiamenti di intensità del soffio definiscono la cosidetta morfologia. I soffi possono essere classificati in: crescendo, crescendo‐decrescendo, decrescendo, plateau. I soffi con morfologia a plateau sono spesso definiti da rigurgito. Questi caratteri sono determinati dai cambiamenti del gradiente pressorio, per es in insufficienza mitralica avanzata il gradiente pressorio tra ventricolo e atrio sx è costante perciò il soffio sarà a plateau. 117 e) Qualità: un soffio cardiaco può essere definito anche da termini che ne descrivono le caratteristiche qualitative come: • a locomotiva (quasi sempre associata al soffio continuo) spesso si associa a dotto arterioso pervio • a getto di vapore è dolce, da rigurgito (sono comuni, non cambiano molto di intensità durante la sistole o la diastole), per insufficienza mitralica • da eiezione (sono crescendo‐decrescendo) spesso causato da stenosi sub‐aortica. • Simile a un muggito, si associa a endocardite f) Irradiazione: è la direzione in cui si propaga il soffio. Insufficienza mitralica‐> il soffio si irradia a dx dorsalmente e cranialmente Stenosi aortica‐> il soffio si irradia cranialmente Difetti settali ventricolari‐> il soffio si irradia su entrambi i lati del torace Stenosi polmonare‐> non ha tendenza a irradiarsi Rumori intracardiaci inorganici o funzionali. Accanto ai soffi organici, sono da ricordare i soffi inorganici, non determinati cioè da ostacoli materiali al decorso del sangue nel cuore e nei vasi. Detti anche funzionali perchè si manifestano con integrità anatomica degli apparecchi ostio‐
valvolari e delle pareti vasali, come quando si rallenta la fissazione delle valvole da parte dei muscoli papillari divenuti ipotonici o quando il sangue diventa meno viscoso ed aumenta la velocità della corrente, sicché più facilmente si formano i vortici. In questo secondo caso si parla più precisamente di soffi anemici o ipoproteinemici. Questi rumori sono quasi sempre diastolici, dolci, alitanti; spesso sono transitori e scompaiono sottoponendo l'animale al lavoro o somministrandogli dei cardiotonici. Alcuni soffi funzionali inorganici Soffi funzionali de eiezione: sono localizzati nella fase iniziale – intermedia della sistole, a carattere crescendo‐decrescendo o decrescendo. Si percepiscono meglio alla base del cuore, di solito a sinistra ed in alcuni cavalli a destra, ma non da entrambi i lati nello stesso soggetto. Soffio proto diastolico nel cavallo: è un soffio lieve che ha il PMI nella fase iniziale della diastole e che si percepisce solitamente sul focolaio mitralico. Soffio in animali in decubito: sono soffi sistolici a carattere crescendo‐decrescendo, a bassa intensità che si auscultano frequentemente sull’ara cardiaca destra nel bovino in decubito Soffio anemico: i soffi anemici si verificano in animali anemici e ipoproteinemici. Sono a bassa intensità, a carattere crescendo‐decrescendo, proto o mesosistolici, che si rilevano sul focolai odi auscultazione della tricuspide. Soffi presenti in animali neonati: è un soffio sistolico, a livello della base del cuore, dovuto ad una parziale e temporanea pervietà del dotto arterioso che poi successivamente si chiude. Localizzazione dei rumori intracardiaci, ‐ Il soffio sistolico, come il diastolico, può avere la sua origine in quattro punti diversi. Il primo può essere determinato da insufficienza delle valvole bicuspide o tricuspide, da stenosi dell'ostio aortico o polmonare, il secondo invece da insufficienza delle valvole semilunari aortiche o polmonari, o da stenosi degli osti atrioventricolari. Le varie forme dei vizi valvolari (8) possono manifestarsi variamente combinate, il che contribuisce a renderne difficile la loca‐
lizzazione. 118 1) Rumore endocardico da vizio valvolare semplice. Il punto di maggiore intensità o focolaio di ascoltazione dei soffi endocardici corrisponde a quello dei toni cardiaci, per cui nel cavallo avremo che un soffio bicuspidale, sia esso di stenosi od insufficienza, avrà il suo punto di maggiore intensità nel 5° spazio intercostale sinistro, lungo la linea dorso‐caudale limitante la zona di ottusità (nel bovino 4° spazio intercostale), un soffio aortico nel 4° spazio intercostale sinistro, 1‐2 dita al di sotto della linea scapolo‐omerale (nel bovino nel 4° spazio intercostale), un soffio polmonare nel 3° spazio intercostale sinistro, molto in avanti sotto alla spalla, nella metà inferiore del terzo inferiore toracico (nel bovino nel 3° spazio intercostale). Il tricuspidale si sente più forte e più distintamente a destra, tutti gli altri invece a sinistra. Nei piccoli animali la localizzazione dei rumori valvolari non è possibile causa le piccole dimensioni e la posizione centrale del cuore; ad ogni modo anche in questa specie animale un rumore tricuspidale è sempre udibile più forte a destra che a sinistra. Logicamente i focolai d'ascoltazione sono soggetti a spostamento in caso di dilatazione cardiaca molto accentuata. Per diagnosticare un vizio cardiaco bisogna considerare: il tempo di produzione del soffio (sistole o diastole), il focolaio, il timbro, il comportamento dell'itto e dell'ottusità cardiaca, dei toni cardiaci, il polso, le condizioni dei singoli organi. NB in tutte le specie animali sembrano ammalarsi più frequentemente gli apparati ostio‐valvolari del cuore sinistro. 2) Vizi valvolari combinati. ‐ Sugli animali si osserva più spesso il soffio intracardiaco semplice, però a volte con un'insufficienza valvolare può coesistere la stenosi dell'ostio corrispondente oppure possono essere colpite da un vizio cardiaco due o tre valvole. Sino a che si tratta della combinazione di due soli vizi di cui uno sia sistolico e l'altro diastolico, la localizzazione è relativamente semplice, in tutte le altre possibili combinazioni diviene quasi impossibile discernere un vizio dall'altro. Significato diagnostico dei rumori intracardiaci. ‐ La presenza di un rumore intracardiaco è quasi sempre dovuta all’insufficienza valvolare alla stenosi degli osti, più raramente per una consistenza idremica del sangue o per una contrazione irregolare del miocardio (soffio intracardiale inorganico). Ad ogni modo quando un soffio intracardiaco scompare in seguito alla somministrazione di cardiotonici o con il semplice riposo, si può affermare che si trattava di un soffio inorganico o funzionale. La mancanza di un rumore endocardico non esclude l’esistenza di un vizio cardiaco valvolare: nell'insufficienza o stenosi lievi la normale velocità del sangue non riesce a determinare un rumore udibile, d'altra parte nella elevata insufficienza il sangue refluo non deve attraversare una apertura ristretta e nelle elevate stenosi la velocità del circolo viene troppo rallentata, affinchè possa determinarsi un rumore. Anche nel vizio cardiaco in fase di scompenso il rumore può mancare per il rallentamento della velocità del sangue. In rapporto a ciò si deve nei casi dubbi accelerare la velocità del sangue mediante il movimento o la somministrazione di cardiotonici. Click sistolici I click sistolici sono rumori mesostitolici. Questi rumori sono stati attribuiti a prolasso dei lembi della valvola mitrale. Hanno frequenza simile ma intensità inferiore a quella del T1 e T2. La prima impressione che si ha all’auscultazione è quella di un ritmo di galoppo, si percepiscono tre suoni: si identificano T1 e T2 in modo che il terzo suono può essere collocato 119 temporalmente in fase mesositolica. Frequentemente il click sistolico è accompagnato da un lieve soffio sistolico da insufficienza mitralica. Rumori extracardiaci. 1) Rumori di sfregamento pericardici: si riferiscono in prima linea all’attrito dei due foglietti pericardici divenuti scabri, come nella pericardite acuta iniziale, pericardite fibrinosa, peri‐
cardite essudativa a liquido riassorbito, neoformazioni tubercolari o sarcomatose (specialmente nei bovini). Questi rumori non sono strettamente legati alle fasi cardiache. Essi danno una sensazione acustica aspra di raschiamento, sono superficiali, vicini all'orecchio di chi ascolta. I rumori di sfregamento hanno di solito il loro punto di maggior intensità entro l'aria cardiaca. Possono diminuire d'intensità o cessare del tutto in seguito a versamento liquido che determini l'allontanamento dei foglietti pericardici od a sinecchie che li facciano aderire ed infine per il levigamento delle superfici rugose. Si accentua invece l'intensità del rumore subito dopo la corsa od in seguito alla somministrazione di cardiotonici o con la pressione sulla regione cardiaca negli animali a parete toracica flessibile. 2) Rumori di sfregamento pleuro‐pericardici: sono dovuti agli sfregamenti che si producono fra pericardio e pleura. Coincidono con gli atti respiratori sebbene anche i movimenti del cuore contribuiscano in parte alla loro produzione 3) Rumori di guazzamento: questo rumore che può avere tonalità diverse (spesso rumore metallico di goccia cadente), depone per la presenza nella cavità pericardica di liquido mescolate a gas. Perciò questo rumore accompagna quasi esclusivamente la pericardite traumatica dei bovini. 120 Si distingue dal rumore pneumosistolico, perchè questo è caratterizzato da rantoli sincroni con la sistole e perchè mancano i segni di una grave pericardite (affievolimento dei toni, segni di stasi). 4) Rumori accidentali o cardiopolmonari (murmure vescicolare cardiosistolico ‐ rumore respiratorio cardiosistolico): quando il cuore si contrae (sistole) diminuisce il suo volume e i lembi del polmone che circondano il cuore vanno ad occupare lo spazio lasciato vuoto. Perciò nei bronchioli e negli alveoli di tali zone polmonari si viene a stabilire un risucchio d'aria che determina un rumore, indipendente dalle fasi respiratorie, e con tutti i caratteri del murmure vescicolare. Tale rumore cardiosistolico (SISTO); nei nostri animali è abbastanza frequente. Esso si percepisce anche chiudendo le narici del soggetto, ma con minore intensità. Durante la inspirazionie è più forte, durante l'espirazione e la pausa è meno intenso. Questo rumore si può sentire anche quando i bronchi dei lembi polmonari pericardici siano sede di un processo catarrale: in questo caso però esso non ha più i caratteri del puro murmure vescicolare, bensì di un rumore respiratorio con rantoli. SEMIOLOGIA STRUMENTALE DELL'APPARATO CARDIO‐VASCOLARE. Per confermare o chiarire la diagnosi di certe alterazioni dell'apparato cardiovascolare e utile e talvolta indispensabile ricorrere a metodi di indagine strumentale. Parleremo pertanto della semiologia della pressione arteriosa, dei toni cardiaci (tonografia) e delle attività elettriche del muscolo cardiaco (elettrocardiografìa). SEMIOLOGIA DELLA PRESSIONE ARTERIOSA. La pressione arteriosa dipende dunque da vari fattori: dalla energia contrattile del miocardio (perché il sangue pompato esercita una pressione sulle pareti dei vasi), dalla massa e viscosità del sangue, dalla elasticità e dal tono delle arterie (che tendono a contrarsi in risposta all’espansione dovuta alla pressione del sangue sulle loro pareti, e ritornare ai valori primitivi esercitando una pressione sul sangue). Le variazioni che questi fattori possono subire sono controllate ed equilibrate da vari organi ed apparati (sistema nervoso, ghiandole endocrine, reni, sistema lacunare) che rendono la pressione abbastanza costante. Le modificazioni di una certa ampiezza che normalmente si verificano sono pertanto in rapporto alle fasi della rivoluzione cardiaca: sìstole e diastole. Durante la sistole viene raggiunto il valore massimo, per cui nell'uso comune pressione sistolica o massima (Mx); il valore minimo si ha invece alla fine della diastole ed è detta pressione diastolica o minima (Mn). Metodi di misurazione della pressione arteriosa. I metodi di misurazione della pressione arteriosa si distinguono in diretti ed indiretti o clinici. I primi comportano l'introduzione nell'arteria di una cannula mediante la quale la corrente sanguigna viene portata a contatto con l'apparecchio misuratore; i secondi, consistono invece nel comprimere dall'esterno una determinata arteria e nel misurare la pressione necessaria ad impedire il passaggio del sangue. 121 Metodi diretti L'elettromanometro di NOBLE, senza dubbio la migliore evoluzione dei primi manometri, è costituito da quattro unità e da un sistema idraulico ausiliario che serve per equilibrare l'apparécchio: La prima unità consiste in un piccolo cilindro cavo in acciaio che è aperto ad una estremità di forma conica perchè vi si possa inserire l'ago e presenta ancora una apertura laterale che va collegata con il sistema idraulico. Nell'interno del cilindro sono contenuti: una camera, che attraverso l'apertura laterale va riempita con soluzione fisiologica eparinizzata, una membrana oscillante, costituita da una esilissima lamina di nichel, un elettrodo fisso ed un oscillatore ad alta frequenza. Da questo cilindro parte un cavo per il collegamento con le altre unità dell'apparecchio: un trasformatore, un amplificatore, ed una penna scrivente per mezzo della quale si ottiene l'immediata registrazione del tracciato dell'onda pulsatoria. L'elettromanometro di NOBLE viene usato con un certo successo anche in pratica, soprattutto negli Stati Uniti. Metodi indiretti o clinici Il metodo più usato si avvale dell’apparecchio di RIVA‐ROCCI. Questo si compone di un bracciale di gomma in comunicazione, mediante un tubo pure di gomma, con una vaschetta contenente mercurio nella quale pesca un tubo di vetro capillare alto circa 25 cm. Sul tubo vi è una scala graduata in millimetri che va da zero a 250. La vaschetta inoltre è in comunicazione con una doppia palla di RICHARDSON la quale serve per mandare l'aria nella vaschetta con la pressione voluta. Lungo il tubo collegante la vaschetta di mercurio con il manicotto di gomma è inserita una vite che serve per scaricare l'aria dalla vaschetta quando ciò sia necessario. Dopo aver applicato il bracciale di gomma, la valutazione della pressione arteriosa può essere effettuata sia con metodo palpatorio (RIVA‐ROCCI) che con metodo auscultatorio (KOROTTKOV). Nel metodo palpatorio, l'osservatore esplora il polso arterioso con la mano sinistra, mentre con la mano destra comprime la pera di gomma finché la pressione nell'interno del manicotto sia uguale alla pressione massima del sangue. Quando questo punto è raggiunto il polso arterioso scompare e si può leggere sulla scala del tubo graduato il valore della pressione arteriosa massima. Nel metodo auscultatorio il polso viene esplorato anziché con il polpastrello del dito, con un comune fonendoscopio. Superata nel manicotto la pressione necessaria a far scomparire il polso, si apre la vite di scarico dell'aria e si avverte poco dopo, con la prima ondata di sangue, un tono sistolico che rappresenta il momento di pressione massima. Continuando ancora lentamente lo svuotamento del manicotto si avverte per un certo periodo di tempo un rumore di soffio, finché ricompare il tono. Questo improvvisamente diviene cupo ed il brusco passaggio di tono corrisponde alla pressione diastolica e cioè alla pressione minima. Oltre a questi metodi principali e di uso più comune e semplice esiste pure un metodo di misurazione oscillometrico che valuta la pressione in base alle oscillazioni arteriose. Esistono poi altre possibilità di misurazione indiretta della pressione arteriosa per mezzo di pletismografi che valutano le variazioni di volume di determinati organi o parti del corpo per effetto delle dilatazioni o restringimenti dei vasi in essi contenuti e che dipendono dalle variazioni della corrente sanguigna che si verificano ad ogni pulsazione. La valutazione indiretta della pressione arteriosa negli animali domestici con apparecchi di tipo RIVA‐ROCCI presenta qualche difficoltà essenzialmente rappresentata dalla scelta dell'arteria da esplorare che dovrebbe essere in una parte del corpo nella quale sia facile applicare il manicotto, dovrebbe essere superficiale e possibilmente decorrere in linea retta. Possedendo 122 manicotti opportunamente modificati può essere scelta nel cane l'arteria coccigea O l'arteria femorale; nel cavallo e nel bovino l'arteria coccigea, l'arteria metacarpale, l'arteria carotide; nel suino, l'arteria metacarpale. Nel cane, nella pecora e nella capra ROMAGNOLI ha valutato con un elettro‐pletismografo la pressione arteriosa a livello della regione metacarpale Valori normali della pressione arteriosa. Nei nostri animali esistono variazioni molto ampie legate alla specie e nella stessa specie, razza, sesso ed età (SCHMIDT HOFMANN); lo stato di gestazione e di ripienezza dello stomaco o dei prestomaci, come pure, gli atti del respiro (GRA‐UWILER e coli.) possono ugualmente essere responsabili di oscillazioni; possono infine essere rilevati valori aumentati, (cane e cavallo) per lo stato di eccitazione conseguente alle manualità che l'esaminatore compie per effettuare la misurazione (HOFMANN), indipendentemente da questi fattori influiscono poi le modificazioni, che l'esaminatore stesso può portare alla metodica di base suggerita per ciascun apparecchio. Fattori patologici che influenzano la pressione arteriosa. Gli aumenti della pressione arteriosa oltre i limiti fisiologici (ipertensione arteriosa) possono essere dovuti a cause varie Le cause più frequenti di ipertensione sono le malattie dei reni ad andamento cronico. L'abbassamento della pressione arteriosa massima oltre i limiti normali (ipotensione .arteriosa), si osserva soprattutto nel collasso circolatorio, sia da paralisi dei centri vaso‐motori che da ipovolemia, e nell'insufficienza ventricolare sinistra. Possono poi provocare ipotensione gli stati cachettici, le diarree incoercibili, etc. FONOCARDIOGRAFIA I toni ed i rumori cardiaci, possono anche essere registrati e quindi visivamente esaminati per mezzo dei fonocardiografi. Questi sono costituiti da un microfono ad alta sensibilità, che viene applicato aderente alla pelle sul focolaio sul quale si vogliono rilevare i toni o i rumori del cuore, collegato con un amplificatore ed un registratore. In certi apparecchi il registratore è rappresentato da un elettro‐cardiografo che, opportunamente adattato, può così registrare su uno stesso tracciato contemporaneamente fenomeni acustici ed elettrici del cuore. I vantaggi che offre la fonocardiografia sono: consentire la precisazione di rumori lievi male apprezzati anche da un orecchio esperto, permette, quando viene effettuata contemporaneamente all'indagine elettrocardiografica, di confrontare direttamente i rapporti 123 tra fenomeni acustici ed elettrici del cuore. Permette quindi di localizzare con la massima esattezza il momento di comparsa del fenomeno acustico stesso. Il fonocardiogramma normale. II tracciato fonocardiografico è caratterizzato da un susseguirsi di oscillazioni rapide, rappresentate da punte che si sviluppano sia in senso positivo che negativo, dovute alle vibrazioni sonore raccolte dal microfono. I dati sul fonocardiogramma normale del cavallo possono essere così sintetizzati : 1) Tono atriale: non rilevabile in tutti i soggetti esso è caratterizzato da oscillazioni di scarsa ampiezza che, nei confronti dell'elettrocardiogramma, seguono l'onda P e precedono il QRS. Si ritiene sia provocato dalle vibrazioni della parete ventricolare per l'afflusso di sangue dall'atrio. 2) Primo tono: segue di una breve frazione di tempo il QRS dell'elettrocardiogramma ed è costituito da vibrazioni di ampiezza diversa. Inizialmente piccole dovute agli effetti della sistole atriale sulle pareti del ventricolo, poi più grandi in coincidenza con la contrazione isometrica ventricolare e con la chiusura delle valvole atrio‐ventricolari, infine di nuovo piccole dovute all'attrito che l'onda di eiezione incontra lungo i grossi vasi. 3) Silenzio sistolico: è rappresentato da una linea isoelettrica nel corso della quale compare l'onda T dell'elettrocardiogramma ed avviene nel periodo di eiezione del sangue dai ventricoli. 4) Secondo tono: è costituito da vibrazioni di diversa ampiezza e si verifica dopo l'onda T dell'elettrocardiogramma ad una distanza non fissa. Si verifica in rapporto alla chiusura delle valvole semilunari ed anche alla apertura delle valvole atrio‐ventricolari. 5) Silenzio diastolico: è costituito da una linea isoelettrica ed è in rapporto con il periodo diastolico del cuore. 6) Terzo tono; durante il silenzio diastolico si può osservare molto spesso un gruppo di piccole oscillazioni che sono in rapporto con i rumori originati dal riempimento rapido ventricolare. Modificazioni patologiche del fonocardiogramma. Le alterazioni che si possono riscontrare nel fonocardiogramma sono numerosissime; le principali sono le seguenti: 1) Aumento di ampiezza delle vibrazioni del primo tono e diminuzione di quelle del secondo tono nelle tachicardie ed in genere in tutte quelle malattie nelle quali sia ostacolata la diastole. 2) Sdoppiamento delle vibrazioni del primo tono e messa in evidenza del tono presistolico quando esista un prolungamento del tempo di conduzione atrio ventricolare (blocco semplice). 3) Presenza delle sole vibrazioni presistoliche del primo tono nel blocco parziale. 4) Assenza della parte iniziale del primo tono (tono presistolico) nella fibrillazione atriale. 5) Vibrazioni dovute alla presenza di soffi cardiaci che potranno comparire, a seconda del vizio valvolare che li determina, prima o dopo il primo o il secondo tono. 124 ECOGRAFIA Permette di valutare: • la velocità del flusso attraverso gli osti • modificazioni strutturali del cuore • movimenti valvolari • condizioni delle camere cardiache. È usata anche durante le procedure terapeutiche e chirurgiche RADIOLOGIA È utilizzata per la valutazione delle condizioni di tutto il torace per esempio per identificare cardiopatie secondarie a altre patologie toraciche ELETTROCARDIOGRAFIA Il muscolo cardiaco, produce, quando è in attività, delle correnti elettriche. Sperimentalmente infatti se si eccita l'estremità di un elemento muscolare si può rilevare che essa viene ad assumere una carica elettrica negativa, mentre l'estremità opposta, non eccitata, assume una carica elettrica positiva. In tal modo, col progredire dell'onda di eccitazione, il muscolo viene attraversato da una corrente elettrica che dal polo negativo va verso il polo positivo il che può essere messo in evidenza collegando i due capì muscolari con un galvanometro. L'elettrocardiogramma è appunto l'espressione delle correnti d'azione (correnti elettriche) che si producono nel cuore in attività in seguito, alle differenze di Potenziale che si stabiliscono tra le parti eccitate (elettronegative) e le parti non eccitate (elettropositive). Queste correnti, propagandosi attraverso i tessuti elettro‐conduttori che circondano il cuore, giungono alla superfìcie del corpo, da cui è possibile per mezzo di elettrodi (aghi o piastre) e di fili, rilevarle e indirizzarle all'elettrocardiografo. Certamente le differenze di potenziale che si registrano alla periferia non sono quelle che effettivamente si producono nel cuore, ma esprimono soltanto una frazione di esse. Inoltre data la forma del cuore che occupa tutte e tre le dimensioni spaziali, non è sufficiente derivare le correnti unicamente da due punti come nel preparato muscolare isolato, bisogna invece ricavarle da più punti, detti punti di derivazione. Le connessioni tra elettrodi sono dette derivazioni. Ad esse si applica un galvanometro che trasmette le informazioni all’elettrocardiografo. Le onde PQRST rappresentano l’attività elettrica delle diverse parti della muscolatura cardiaca durante le fasi di depolarizzazione e ripolarizzazione. 125 Il succedersi di queste onde è (e deve essere) ordinato, ritmico e ripetibile. Attraverso le derivazioni di Einthoven si possono ricavare informazioni utili cerca: • nascita e propagazione dell’eccitamento cardiaco • disturbi di propagazione • anomalie delle pareti cardiache • alterazioni del ritmo Le derivazioni standard stabilite da Einthoven sono tre: l° derivazione (DI): gli elettrodi sono applicati ai due arti anteriori; 2° derivazione (D2): gli elettrodi sono applicati all'arto anteriore destro ed al posteriore sinistro; 3° derivazione (D3): gli elettrodi sono applicati all'arto ante‐riore sinistro ed al posteriore sinistro. Esistono, poi le cosi dette derivazioni unipolari aumentate. L'idea è quella di aggiungere altre tre derivazioni, che esplorino il piano frontale lungo le bisettrici degli angoli del triangolo di Einthoven. Esse registrano le variazioni tra il potenziale che esiste a livello del braccio dx, il sx e la gamba sx ed un altro punto in cui l’attività elettrica non varia significativamente. Sono definite amplificate perché si ricorre a un particolare circuito elettronico che fa ottenere un tracciato di ampiezza maggiore. Esse sono chiamate Vfoot (Vf) fra punto centrale delle spalle e la gamba sinistra, Vright (Vr) tra punto centrale spalla sinistra‐gamba e spalla destra e Vleft (Vl) tra punto centrale spalla destra‐
gamba e spalla sinistra. Anche in questo caso è necessario dare delle convenzioni: •
126 innanzi tutto i valori ottenuti vengono amplificati, in modo da poter essere raffrontati con quelli delle derivazioni bipolari, in questo modo i valori si indicano con aVr, aVl e aVf. •
•
per convenzione il pennino va verso l'alto quando l'elettrodo esplorante diviene positivo rispetto a quello di riferimento, ovvero quando l'onda di depolarizzazione va verso l'elettrodo esplorante. poiché nella derivazione aVr, il tracciato diviene negativo, per facilitare la lettura si moltiplica questo segnale per ‐1 (questa è una operazione che la macchina elettrocardiografica attua automaticamente). Oltre a queste tre vengono comunemente usate altre derivazioni, dette toraciche o precordiali, in cui gli elettrodi sono posti in vari punti della parete toracica. Questi serviranno per identificare e localizzare, in maniera molto precisa, delle lesioni che potrebbero sfuggire con l'uso delle altre derivazioni, e per analizzare il vettore della depolarizzazione cardiaca sul piano trasversale, diverso da quello frontale precedentemente analizzato. Si usa allora un elettrodo di riferimento, detto di Wilson, ottenuto come media dei potenziali di Einthoven, e sei elettrodi esploranti. In umana si appicano: • V1‐ elettrodo positivo nel 4° spazio intercostale margine sternale dx • V2 ‐ elettrodo positivo nel 4° spazio margine sternale sin • V3 – elettrodo positivo nel punto intermedio tra V2 e V4 • V4‐ elettrodo positivo nel 5° spazio intercostale sin sulla linea emiclaveare sin • V5‐ elettrodo positivo nel 5° spazio linea sulla linea ascellare anteriore • V6‐ elettrodo positivo nel 5° spazio linea sulla linea ascellare media In veterinaria questa non è una pratica di routine. Nel cane gli elettrodi si applicano: 2 sx 1 dx 1 schiena Derivazioni Toraciche nel Cavallo: „ V1 (CV6LL): 6° S.I. sx (linea parallela punta del gomito) „ V2 (CV6LU): 6° S.I. sx (linea parallela punta della spalla) „ V3 (V10): sommità del processo spinoso della VII° vertebra toracica „ V4 (CV5RL): 6° S.I. dx (linea parallela punta del gomito) „ V5 (CV5RL): 6° S.I. dx (linea parallela punta del gomito) L’elettrocardiogramma normale. L'elettrocardiogramma normale è costituito da cinque onde che da Einthoven furono contrassegnate con le lettere dell’ alfabeto P, Q, R, S, T. Tutte le onde prendono impianto su una linea orizzontale detta linea isoelettrica ed alcune sono positive (P, R, T), altre negative (Q, S). L'onda P (presistolica) è prodotta dal passaggio dell'eccitazione attraverso gli atri (attività elettrica atriale) ed il tratto P‐Q sta ad indicare il tempo che intercorre tra eccitazione degli atri ed eccitazione dei ventricoli. A questo punto finisce l'elettrocardiogramma atriale ed inizia quello ventricolare costituito dalle onde Q, R, S, T. Le onde QRS sono dovute alla diffusione 127 della eccitazione dalla punta alla base dei ventricoli, l'onda T rappresenta la fase di regressione dell'eccitazione stessa (ripolarizzazione ventricolare) L’elettrocardiografo registra le onde su carta millimetrata. La carta può scorrere a diverse velocità: 5, 25 (usato soprattutto nel cavallo) e 50 (più usato nel cane) mm/sec: ECG standard. Sulla carta sono evidenziati intervalli di 5 quadratini. A 50mm\sec: 3 spazi Æ 1,5 sec 6 spazi Æ 3 sec A 25 mm\sec 3 spazi corrispondono a 3 sec Per calcolare la frequenza bisogna moltiplicare il numero di complessi PQRST rilevati in 6 spazi da 5 quadratini per 10 (se la velocità è 25 mm\sec) o 20 (se la velocità è di 50 mm\sec). Di solito si fa un primo esame a 50 mm\sec e se si rilevano anomalie si ripete a 25 mm\sec. Per quanto riguarda l’ampiezza sulla carta millimetrata 10 quadratini corrispondono a 1 mVolt VALORI DELL’ELETTROCARDIOGRAMMA Il potenziale, cioè l'altezza o ampiezza, delle diverse onde dell'elettrocardiogramma varia nettamente in condizioni fìsìologiche da soggetto a soggetto ed anche in uno stesso soggetto. Questo è in gran parte dovuto alle innumerevoli diverse posizioni che l'asse anatomico e quindi elettrico del cuore può assumere in rapporto a fattori costituzionali, dello stato di ripienezza dello stomaco o dei prestomaci, dello stato di gravidanza, etc. Anche la morfologia delle onde, in parte per le stesse ragioni, mostra delle differenze ben evidenti. Per tali diversità del potenziale e della morfologia delle onde l'elettrocardiogramma può essere considerato un qualche cosa di individuale; non esiste infatti in pratica negli animali un individuo che abbia l'elettrocardiogramma perfettamente sovrapponibile a quello di un altro. Al contrario le durate rimangono pressoché costanti negli individui normali e subiscono oscillazioni entro limiti molto ristretti. Nella sottostante tabella riportiamo i valori di tali durate espressi in secondi nell'uomo ed in alcuni animali domestici. Uomo Cavallo Bovino Cane Pecora Onda P Tratto P‐Q 0.07‐
0,10 0,18 Onda QRS 0,07 0,07‐
0,10 0,18‐
0,20 0,10 Tratto S‐T Onda T 0.30 0.19 0,30 0.10 0.05 0,04 0,02‐0.05
0.20 0,14 0,15 0,05‐
0,07 0,30" 0,10 0,03‐
0.05 ÒJ2 0,05 0,05 " 0,15 0,05 Onda P L'onda P ha una durata media di 0,04 secondi e un voltaggio di 0,4 mV (2 quadratini di larghezza per 4 di altezza). Nella P mitralica (dilatazione dell'atrio sinistro) la durata è superiore 128 a 0,04 secondi; nella P polmonare (dilatazione dell'atrio destro) il voltaggio è superiore a 0,4 mV. Intervallo P‐R L'intervallo P‐R si misura dall'inizio dell'onda P all'inizio del complesso QRS. I valori normali oscillano tra 0,06 e 0,13 secondi (3‐6,5 quadratini di larghezza). Nel blocco cardiaco di primo grado l'intervallo P‐R è superiore a 0,13 secondi. Là determinazione dell'inlervallo P‐R riesce utile nel valutare gli effetti della terapia digitalica. Complesso QRS Il complesso QRS si misura dall'inizio dell'onda Q al termine dell'onda S. Si considerano normali i valori fino a 0,06 secondi per 3,0 mV (3 quadratini di larghezza per 30 di altezza). Nei cani vecchi di piccola taglia si considerano normali i valori fino a 0,05 secondi per 2,5 mV. Se il complesso QRS è molto largo, ciò indica che si e in presenza di una ipertrofia ventricolare sinistra; ancjie l'pndaR molto ampia indica una ipertrofia ventricolare sinistra; essa viene misurata dalla linea isopotenziale fino all'apice della deflessione . Segmento S‐T Il segmento S‐T è compreso tra la fine dell'onda S e l'inizio dell'onda T. In condizioni normali esso giace sulla linea isoelettrica, per poi approfondirsi nell'onda T. Un tratto S‐T slivellato in basso sta ad indicare una ipertrofia ventricolare sinistra; l'onda S in questi casi si fonde con l'onda T, per cui non risulta più distinguibile il segmento S‐T . Il segmento S‐T si considera elevato se esso sovrasta la linea isopotenziale più di 0,1 mV (un quadratino); ciò si può verificare in casi di ipercalce‐mia e di ipossia miocardica. Il segmento S‐T si considera basso se si trova a più di 0,1 mV (un quadratino) sotto la linea isopotenziale, fenomeno osservabile spesso nell'i‐possia del miocardio. Intervallo Q‐T L'intervallo Q‐T si misura dall'inizio dell'onda Q alla fine dell'onda T. I valori normali oscillano da 0,14 a 0,22 secondi (7‐11 quadratini di larghezza). Un aumento dell'intervallo Q‐T si osserva spesso nell'ipocalcemia e nell'ipopotassiemia. Esso varia con la frequenza cardiaca, e tende ad allungarsi quando è presente bradicardia per qualunque causa. Una riduzione dell'intervallo Q‐
T è osservabile in casi di ipercalccmia. Valutazione dell’asse elettrico del cuore Serve a identificare le variazioni di posizione del cuore (dilatazioni e ipertrofie). Le derivazioni dagli arti furono scelte da EINTHOVEN perchè egli notò che in tal modo il cuore veniva a trovarsi al centro di un triangolo, approssimativamente equilatero, i cui lati potevano raccogliere tutte le correnti d'azione da esso generate. La risultante in grandezza ed in direzione di tali correnti d'azione prende il nome di asse elettrico del cuore che in condizioni normali coincide all'incirca con l'asse anatomico del cuore stesso. In realtà con le derivazioni di Einthoven non vengono raccolte tutte le correnti d'azione che si generano nel cuore, ma soltanto quelle che si diffondono in un piano e precisamente, nell'animale, in un piano orizzontale. Per poter avere un'idea più precisa delle correnti d'azione che si sviluppano in tutte le direzioni dello spazio sarebbe necessario stabilire altri punti dì derivazione che consentissero di stabilire altri piani (verticale, sagittale, etc). Questo tuttavia risulta notevolmente indaginoso per cui in pratica, per avere un'idea anche se approssimativa, dell'asse elettrico e quindi anatomico del cuore ci si limita a valutarlo dalle tre derivazioni standard. 129 Per stabilire la posizione dell'asse elettrico si riportano sulle bisettrici di un triangolo rettangolo i valori dei potenziali elettrici ottenuti per l'onda R dell'elettrocardiogramma nelle tre derivazioni. A partire da detti punti si abbassano le parallele alle bisettrici e si nota che queste parallele si incontrano in un punto del triangolo. Congiungendo ora questo punto con il punto di incontro delle bisettrici del triangolo sì ottiene una linea che rappresenta appunto l'asse elettrico del cuore. Un altro sistema per determinare l'asse elettrico del cuore è il sistema esassiale di Bailey. L'asse cardiaco misura la direzione (vettore) che l'impulso cardiaco ventricolare percorre durante la depolarizzazione. Il complesso QRS viene perciò esaminato nelle derivazioni I, II, III, aVR, aVL e aVF, e sulla base di queste sci derivazioni viene determinato l'asse cardiaco. Esse vengono ordinate secondo un sistema particolare, noto sotto il nome Sistema delle Derivazioni Esassiali di Bailey. Il procedimento è il seguente: 1. scegliere una derivazione isoelettrica, in cui cioè la somma algebrica dei valori dclle deflessioni positive e negative equivale a zero; nel caso non sia possibile avere una derivazione perfettamente isoelettrica, si sceglie quella che più si avvicina allo zero; 2. trovare la derivazione che è perpendicolare a quella isoelettrica: la I derivazione i perpendicolare ad aVF, la II ad aVL e la III ad aVR. 3. stabilire se questa derivazione perpendicolare è positiva o negativa nel tracciato ECG del paziente; se essa e negativa l'asse si trova all'estremità negativa di quella derivazione (ciascuna derivazione ha un polo positivo ed uno negativo‐ vedi Fig. 28); se è positiva, l'asse si trova all'estremità della derivazione perpendicolare. Ad esempio se aVL risulla isoelettrica (come è normalmente), la sua derivazione perpendicolare e la II; se questa è positiva nel tracciato ECG, 130 l'asse elettrico sarà di +60°; se la II derivazione invece risulta negativa, l'asse cardiaco sarà di ‐
120°. Significato delle modificazioni dell'asse elettrico. L'asse elettrico normale nel cane oscilla fra +40 e +100. La deviazione a destra (asse elettrico superiore a +100°) indica una ipertrofia ventricolare destra; una deviazione assiale sinistra (asse elettrico al di sotto di +40") indica un'ipertrofia ventricolare sinistra. Quando è presente l'ipertrofia di entrambi i ventricoli l'asse elettrico non risulta generalmente modificalo. L'elettrocardiogramma in condizioni patologiche L'elettrocardiogramma risulta alterato nelle malattie da causa funzionale od anatomica del miocardio, sia da lavoro che specifico. Nelle alterazioni del miocardio specifico si osserveranno tutte le possibili anomalie elettrocardiografiche conseguenti a disturbi della insorgenza o della conduzione dello stimolo. Quando la lesione interessa la muscolatura da lavoro l'elettrocardiogramma dovrebbe ugualmente risultare alterato e mostrare i segni della sofferenza miocardica particolarmente con anomalie della morfologia del complesso QRS, del tratto S‐T e dell'onda T. Negli animali però, contrariamente a quanto avviene nell'uomo, solo raramente possono essere messi in evidenza questi segni di sofferenza miocardica. 131 ARITMIE FISIOLOGICHE E PATOLOGICHE Le modificazioni della frequenza e del ritmo cardiaco includono: • Tachicardia: aumento della frequenza • Bradicardia: diminuzione della frequenza • Aritmia: irregolarità di frequenza e ritmo La frequenza e il ritmo del cuore sono influenzate dal pacemaker, dal sistema di conduzione del miocardio e dal sistema nervoso autonomo. Il nodo seno atriale è la sede di generazione degli impulsi e la sua depolarizzazione è posta sotto il controllo del sistema nervoso autonomo. Alterazioni del tono del sistema nervoso autonomo, squilibri elettrolitici o lesioni anatomiche del sistema di conduzione o del miocardio possono indurre aritmia cardiaca. Se un onda di depolarizzazione si origina in un sito diverso dal nodo del seno si genera un’aritmia. I meccanismi che generano tali fenomeni sono molteplici, ma nella pratica clinica le aritmie sono suddivise in funzione del sito di origine. Quando l’origine del battito è nell’atrio e non nel nodo del seno si parla di aritmia atriale. La forma del complesso QRS generato da un onda di depolarizzazione originatasi nell’atrio al di fuori della regione del seno atriale è in genere similare a quella di un complesso QRS generato da un onda di depolarizzazione originatasi nel nodo del seno, anche se appare prematuramente ed è preceduto da un’onda P che ha una forma differente dal normale. In genere quando la sorgente del battito è nell’atrio o in prossimità del nodo atrio‐ventricolare , la risultante aritmia è detta sopraventricolare (l’aritmia atriale è un sottogruppo delle aritmie sopraventricolari). Se il punto di origine della depolarizzazione è nei ventricoli, l’aritmia è detta ventricolare. Complessi ventricolari tendono ad avere il QRS più largo di quelli di origine atriale a causa di una non sincrona attivazione delle due branche. La larghezza del QRS dipende dalla posizione del “pacemaker” ventricolare rispetto al punto di congiunzione delle due branche. Ovviamente se l’onda si origina vicino alla giunzione la forma del complesso QRS risultante non si differenzierà molto da quello sinusale. Per indicare le aritmie ventricolari si usano sigle differenti; le più comuni sono: complesso ventricolare ectopico (VEC), battito ventricolare ectopico (VEB), complesso ventricolare prematuro (PVC), battito ventricolare prematuro (PVB) e depolarizzazione ventricolare prematura (VPD). Un’aritmia ventricolare o sopraventricolare con un’anormale intervallo PR comporta molto spesso una riduzione della gittata cardiaca. Ovviamente un singolo complesso ectopico ha un effetto ridotto sulla gittata cardiaca media, ma frequenti e ripetuti complessi ectopici possono ridurre considerevolmente o in alcuni casi bloccare la circolazione del sangue. Il segnapassi migrante è un ritmo variabile dovuto alla modificazione di sede del segnapassi. In tale situazione l’attività si sposta da un focolaio ectopico all’altro. Le onde P hanno una morfologia diversa al variare della sede dell’attività del segnapassi. I battiti interpolati sono delle C.P.V. interposte tra due battiti normali del tracciato; non sono seguiti da pausa compensatoria e non modificano il ritmo di base. 132 Le C.P.V. occasionalmente possono associarsi con uno o più cicli normali, e questo comportamento ricorrerà più volte. Quando una C.P.V. si associa con una sistole normale, si parla di bigeminismo, e questo comportamento può aversi con ogni sistole normale. Se tu avessi visto una C.P.V. apparentemente associata con due sistoli normali, e questo schema si fosse ripetuto più volte, avresti potuto chiamarla una sequenza di trigeminismo. Quando è presente un blocco di branca, o il ventricolo destro o il sinistro possono attivarsi in ritardo, a seconda della sede del blocco. Poiché il “QRS slargato” è dovuto all’asincronismo della depolarizzazione di entrambi i ventricoli, abitualmente si possono vedere due onde R, denominate nell’ordine R ed R’. La tachicardia sinusale è un aumento della frequenza cardiaca dovuta ad una elevata frequenza di scarica del nodo senoatriale in conseguenza ad eccitamento, sforzo fisico, dolore, ipotensione transitoria o a somministrazione di farmaci adrenergici. La bradicardia sinusale è una diminuzione della frequenza rispetto ai valori normali per un rallentamento della frequenza di scarica dal nodo senoatriale. La bradicardia indica la presenza di malattie cardiache. La bradicardia sinusale dovuta ad ipertono vagale è caratterizzata da aumento della frequenza a seguito di esercizio fisico o somministrazione di atropina. È possibile indurre ipertono vagale nel vitello sollevando la cosa, nel cavallo applicando il torcinaso. Una bassa frequenza cardiaca si verifica anche in caso di masse occupanti spazio in sede intracranica, ipotermia, ipoglicemia ed a seguito di somministrazione di alcuni farmaci. Numerose aritmie nei grandi animali si manifestano in assoluta assenza di malattie del cuore e sembrano derivare da un ipertono vagale. Ciò avviene soprattutto nel cavallo sottoforma di: 1) Aritmia sinusale: è un aritmia fisiologica dovuta alla variazione dell’intensità dello stimolo vagale sul nodo seno atriale. È sincrona con la respirazione, la frequenza cardiaca aumenta durante l’inspirazione e diminuisce nell’espirazione. Scompare con l’esercizio o la somministrazione di atropina. All’ ECG è caratterizzata da variazioni degli intervalli P‐P e P‐R 2) Wendering pacemaker: è dovuto all’insorgenza dello stimolo in punti diversi del nodo senoatriale. All’ECG abbiamo variazioni della configurazione dell’onda P. 3) Blocco senoartiale: è dovuto all’incapacità del nodo senoatriale di emettere uno stimolo e quindi determinare la contrazione atriale e ventricolare. È caratterizzato da: assenza periodica di un polso arterioso palpabile (caduta del polso), con un intervallo tra la pulsazione precedente e quella successiva al blocco, approssimativamente doppio rispetto al normale; mancanza del tono di contrazione atriale e di quelli associati alla contrazione ventricolare; accentuazione del T1 e T2 del ciclo successivo al blocco (dovuto ad un aumento della gittata sistolica e della pressione di riempimento). All’ECG si rileva l’assenza completa della P, del QRS e della T per un intero ciclo. La distanza tra l’onda P precedente e la successiva al blocco è doppia rispetto ad un intervallo P‐P normale. 133 4) Blocco atrioventricolare: lo stimolo, che deve arrivare dagli atri al nodo atrioventricolare, è ritardato o bloccato. •
Blocco atrioventricolare di 1° grado: l’impulso è condotto in ritardo. All’ECG si evidenzia intervallo PQ superiore ai 400 ms. •
Blocco atrioventricolare di 2° grado: la depolarizzazione del nodo atrioventricolare è periodicamente inibita. Questa aritmia è caratterizzata da: assenza di polso, intervallo tra la pulsazione precedente e la successiva al blocco è doppia rispetto al nomale; presenza del tono atriale non seguito da quello ventricolare; accentuazione del 1° e 3° tono del ciclo successivo al blocco a causa dell’aumento della gittata sistolica e della pressione di riempimento (grossi animali). Il blocco atrioventricolare di 2° grado può verificarsi casualmente o con regolarità (per esempio 3 o 4 contrazioni atriali potrebbero non essere seguite da una depolarizzazione ventricolare). L’ECG mostra l’onda P non seguita dal complesso QRS. Il comportamento dell’intervallo PQ ha portato a classificare due sottotipi di blocco di 2° grado: Mobitz 1 è caratterizzato da un graduale aumento del tratto PQ fino a che risulta bloccata la conduzione; Mobitz 2 presenta un intervallo PQ di durata costante, in questo caso la conduzione si interrompe improvvisamente. Il blocco atrioventricolare di 2° grado se associato ad ipertono vagale, scompare con l’esercizio o la somministrazione di atropina. Questa aritmia è considerata patologica nel cavallo quando persiste durante l’esercizio potrebbe essere associata a miocarditi e progredire verso il blocco atrioventricolare di 3° grado. •
Blocco atrioventricolare di 3° grado o completo: si rileva maggiormente nel cane ed è raro nei grossi animali. L’onda di depolarizzazione atriale risulta completamente bloccata a livello del nodo atrioventricolare, e nel tessuto di conduzione dei ventricoli origina un pacemaker sussidiario. È caratterizzato da: polso lento e regolare, frequenza ventricolare bassa, variazione dell’intensità del T1 dovuto al riempimento ventricolare sempre diverso a seguito del modificarsi della contrattilità atriale e ventricolare, scarsa resistenza all’esercizio fisico e periodici episodi sincopali. All’ECG si rileva una completa dissociazione tra l’attività atriale e quella ventricolare; l’onda T risulta invertita rispetto a quella del QRS. I battiti prematuri o extrasistoli sono causati da stimoli che originano da focolai ectopici situati nel miocardio. Sono caratterizzati da: toni cardiaci e polso che si percepiscono in anticipo rispetto al normale; diminuita ampiezza o assenza del polso arterioso; diminuita intensità del T1 associato all’extrasistole ed aumento del successivo al battito prematuro; riduzione dell’intensità o assenza del T2; periodi di ritmo regolare interrotti da battiti che si susseguono a distanza ravvicinata; contrazione ventricolare precoce seguita da una pausa compensatoria dopo la quale continua una ritmo normale. Solitamente sono indicativi di miocardiopatia se 134 originano da più di un focolaio ectopico, se indotti dall’attività fisica, associati a tachicardia parossistica. Possono essere: •
Atriali: originano da un pacemaker ectopico situato a livello degli atri. Se gli stimoli atriali prematuri trovano il ventricolo al di fuori del periodo refrattario, inizierà una contrazione ventricolare anticipata rispetto all’attesa e quindi anche il polso risulterà più precoce. Se il nodo seno‐atriale reagisce allo stimolo atriale prematuro, si instaura un ritmo regolare e le contrazioni atriali premature saranno individuate dal verificarsi di periodi di ritmo regolare interrotti da battiti che si susseguono molto rapidamente. In altri casi il nodo senoatriale non reagisce all’extrastimolo e se l’impulso trova l’atrio durante il periodo refrattario, non si verificherà alcuna contrazione degli atri e dei ventricoli. Clinicamente si rileva una contrazione ventricolare prematura seguita da una pausa compensatoria, successivamente alla quale continua un ritmo normale. All’ECG l’onda P è precoce e di morfologia anomala. Può essere o non essere seguita da un complesso QRS che, se presente, appare solitamente normale. •
Giunzionali: originano dalla regione del nodo atrioventricolare o dalle fibre perinodali. Determinano una contrazione ventricolare prematura solitamente seguita da una pausa compensatoria, ciò a causa del fatto che il successivo impulso sinusale raggiunge i ventricoli durante la loro fase refrattaria. All’ECG l’onda P può essere inscritta nel complesso QRS‐T ed ha una polarità opposta al normale. Il complesso QRS è normale. Occasionalmente questo focolaio nodale può inviare degli impulsi verso l’alto e stimolare gli atrii dal basso (conduzione retrograda). Quando ciò accade, questa depolarizzazione atriale retrocondotta può determinare la comparsa di un’onda P invertita subito prima o subito dopo il QRS, o anche questa particolare onda P invertita può fondersi con il complesso QRS. Ventricolari: originano da un qualsiasi punto del miocardio ventricolare. L’impulso ventricolare ectopico, come tutti gli altri impulsi prematuri, si manifesta con molto anticipo nel ciclo (ci si aspetterebbe prima un’onda P). Il ritmo sinusale normale risulta interrotto da una sistole prematura, in molti casi il ritmo di base si instaura dopo una pausa compensatoria. L’intensità dei toni cardiaci associati all’extrasistole è solitamente anormale mentre il prima tono che segue la pausa compensatoria è solitamente accentuato. All’ECG abbiamo complessi QRS di morfologia bizzarra, non preceduti da un’onda P prematura. Il complesso QRS ha durata ed ampiezza aumentate che si continua in un’onda T anch’essa di voltaggio e durata aumentati e direzione opposta a quella dei complessi QRS ectopici. Quando vi è una C.P.V., vi è una contrazione ventricolare (prematura) e contemporaneamente un battito al polso periferico. L’impulso della C.P.V. non segue l’abituale sistema di conduzione delle branche del fascio di His, perché la conduzione è rallentata (QRS molto ampio). Ovunque l’impulso della C.P.V. prenda origine nel miocardio (fuori del sistema nervoso di conduzione), le cellule miocardiche condurranno lo stimolo molto lentamente. •
A livello del miocardio, uno o più focolai ectopici eccitabili possono usurpare il pacemaker fisiologico se la loro frequenza di scarica è simile o supera quella del nodo senoatriale. Una 135 tachicardia può essere di origine atriale o ventricolare. La tachicardia ventricolare è più comune nei grossi animali. La tachicardia atriale ed il flutter si verificano più raramente. •
La tachicardia parossistica è caratterizzata da un repentino aumento della frequenza cardiaca cui segue un altrettanto improvviso ritorno ad una frequenza normale. •
La tachicardia ventricolare è dovuta alla presenza di uno o più focolai ectopici a livello del miocardio ventricolare che possono dare luogo ad un ritmo cardiaco regolare o irregolare. Quando la scarica del focolaio ectopico super quella del nodo senoatriale, esso diventerà il pacemaker dominante, che dà luogo ad una frequenza cardiaca rapida, ma regolare. All’ECG mostra una serie regolare di complessi QRS dalla forma bizzarra, con ampiezza e durata anomale. Le onde P non presentano alcuna relazione con il complesso QRS‐T e sono frequentemente inscritte in esso. •
Nella fluttuazione atriale, un focolaio ectopico dislocato negli atrii si attiva ad una frequenza di 250‐350 battute al minuto, provocando una rapida successione di depolarizzazioni atriali. Poiché vi è soltanto un focolaio ectopico che si scarica, ciascuna onda P è morfologicamente identica alle altre. Le depolarizzazioni atriali hanno origine ectopica e conseguentemente non sono in realtà delle onde P, sono pertanto spesso chiamate onde di fluttuazione. Solo saltuariamente lo stimolo atriale stimolerà il nodo AV, così che compaiono alcune onde di fluttuazione in serie prima che vi sia un complesso QRS. La fluttuazione ventricolare è determinata da un focolaio ventricolare che scarica stimoli elettrici. quasi invariabilmente evolve in una fibrillazione ventricolare che richiede la rianimazione cardio‐polmonare e la defibrillazione. Durante la fluttuazione ventricolare i ventricoli si contraggono ad una frequenza incredibile. Per questo motivo viene meno un’efficiente gittata cardiaca. A questa frequenza le coronarie non ricevono sangue ed il cuore stesso è privato dell’apporto ematico. La fibrillazione ventricolare è la conseguenza del tentativo di compenso messo in atto da numerosi focolai ectopici ventricolari. •
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Fibrillazione ventricolare: è causa di morte in molte patologie gravi. Questa aritmia comporta l’assenza completa del polso e dei toni cardiaci, la pressione sanguigna si riduce rapidamente, l’animale perde velocemente conoscenza e muore. •
Fibrillazione atriale: si verifica in tutti i casi in cui c’è un ipertrofia atriale secondaria ad una patologia cardiaca. È caratterizzata da stimolazione del nodo atrioventricolare che si verifica irregolarmente e le numerose fronti di eccitazione indipendenti producono più stimoli che percorrono continuamente ed in modo sfasato gli atri. La stimolazione irregolare dei ventricoli dà luogo ad un’attività cardiaca e ad un polso aritmici. A causa del fatto che non si verifica una sistole atriale, il riempimento dei ventricoli è completamente passivo ed influenzato dalla durata della diastole. All’ECG manca l’onda P, i complessi QRS‐T hanno morfologia normale, ma con intervalli Q‐Q molto variabili. 136 ESAME DEL SISTEMA NERVOSO Le principali componenti del sistema nervoso sono: ‐
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Encefalo Nervi cranici Midollo spinale Nervi spinali periferici L’encefalo si trova nel cranio. Prendendo come punto di divisione, il livello del tentorio del cervelletto, esso può essere separato in strutture rostrali al tentorio e strutture caudali al tentorio. Le strutture sopratentoriali sono: gli emisferi cerebrali, diencefalo, parte del mesencefalo. Queste strutture permettono la realizzazione di molte funzioni coscienti, come la visione e il movimento volontario. Porzioni degli emisferi cerebrali percepiscono la localizzazione spaziale degli arti e della testa. Il diencefalo controlla molte funzioni vegetative e vitali (regolazione della fame, della sete e della temperatura corporea) La PROPRIOCEZIONE è la capacità di percepire la posizione degli arti e delle altre parti del corpo rispetto al tronco e al centro di gravità. Il tronco encefalico contiene dei nuclei da cui hanno origine la maggior parte dei nervi cranici (III – XII) e il sistema di attivazione reticolare. L’impulso per la respirazione è controllato da aree che si trovano all’interno del tronco encefalico. Molte vie nervose ascendenti e discendenti, importanti per il movimento, attraversano il tronco encefalico o hanno origine da esso. Il cervelletto modula e coordina i movimenti ed importante per il controllo non cosciente delle funzioni propiocettive. All’interno del midollo spinale si trovano delle vie che connettono l’encefalo ai nervi periferici. A seconda della specie è presente un numero variabile di segmenti midollari divisi in: cervicale, toracico, lombare, sacrale, caudale. I segni clinici di disfunzione del midollo spinale si manifestano spesso come alterazioni della forza e del movimento. I nervi periferici originano dal midollo spinale (nervi motori) o dai gangli delle radici nervose (nervi sensitivi) e conducono informazioni provenienti da diverse parti del corpo (nervi sensitivi) o dirette ai muscoli degli arti (nervi motori). I nervi motori provvedono alla stimolazione del muscolo attraverso le giunzioni neuromuscolare. La patologie colpiscono spesso singole parti del sistema nervoso e i segni clinici riflettono quest’anomalia focale. Alcune malattie, tuttavia, interessano aree multiple. Gli obiettivi dell’esame neurologico sono: ‐
Stabilire che la malattia interessa il sistema nervoso ‐
Determinare la localizzazione della lesione (o delle lesioni) all’interno del sistema nervoso 137 SEGNALAMENTO Il segnalamento è importante perché molte patologie sono associate alla razza, all’età e al sesso. ANAMNESI: si esegue prima l’anamnesi generale e poi quella riferita al problema per cui l’animale è a visita soffermandosi sulla durata e sul decorso delle manifestazioni patologiche. Le videoregistrazioni realizzate quando l’animale presenta il problema possono essere un prezioso strumento per permettere al veterinario di osservare posture e attività normale. In presenza di manifestazioni cliniche episodiche l’attenzione dovrebbe essere focalizzata sulla relazione esistente tra la comparsa dei segni e l’assunzione di cibo. I segni che si verificano subito dopo il pasto si osservano più spesso in corso di encefalopatia epatica, mentre quelli che si manifestano a notevole distanza dal pasto possono essere associati all’ipoglicemia.
OSSERVAZIONE A DISTANZA Dopo l’anamnesi si va ad osservare l’animale da una certa distanza per osservare posture e movimenti anormali infatti animali con gravi patologie del tronco encefalico, midollo spinale o nervi periferici spesso non sono in grado di mantenere la stazione e camminare. STATO MENTALE E COMPORTAMENTO Si valuta il livello di coscienza dell’ animale e lo stato mentale dell’ animale nel suo ambiente,questi dipendono da due componenti del sistema nervoso: ‐ La corteccia cerebrale, responsabile della coscienza ‐ Il sistema di attivazione reticolare ascendente (SARA) del tronco encefalico, che riceve impulsi dall’ambiente attraverso tutte le parti del corpo e invia stimoli alla corteccia cerebrale per mantenere uno stato vigile. Alterazioni della coscienza riflettono un’anomalia sopratentoriale o del tronco encefalico, primaria o secondaria. La coscienza è considerata normale quando determinati stimoli evocano nell’animale esaminato una risposta simile a quella che ci si aspetterebbe in un animale normale (in tal caso si parla di animale Vigile). 138 Un animale è depresso nel momento in cui è riluttante a eseguire gli ordini ma risponde agli stimoli ambientali. E’ in preda a delirio o demenza se reagisce agli stimoli esterni ma le reazioni non sono chiaramente dirette verso lo stimolo. Si parla di stato comatoso o stuporoso se l’animale non risponde alle stimolazioni ambientali, ma reagisce a quelle dolorose. Depressione, delirio e demenza sono termini tratti dalla medicina umana per descrivere comportamenti anomali associati a turbe psicologiche. Il coma costituisce il livello più grave di compromissione della coscienza e l’animale giace in decubito e non reagisce né agli stimoli ambientali né a quelli dolorifici. La narcolessia è una condizione caratterizzata da sonnolenza eccessiva durante il giorno e che comporta un alternato stato di coscienza. La cataplessia è un’ipotonia muscolare periodica. Sia nella narcolessia che nella cataplessia si sospetta un’anomalia del ciclo sonno\veglia. Il sonno sembra essere controllato da aree della formazione reticolare del tronco encefalico. L’insirgenza improvvisa di sonno, scatenata da stimoli specifici (come la vista del cibo) è tipica della narcolessia, forse causata da un’alterazione del metabolismo dei neurotrasmettitori o da anomalie del sistema di attivazione reticolare. POSTURA E POSIZIONE DEL CORPO Successivamente si osserva la postura e la posizione del corpo e della testa nell’ animale a riposo. È necessario esaminare la postura di: ‐ Testa ‐ Arti ‐ Tronco Anomala postura della testa: per rotazione della testa si intende una postura in cui il piano mediano della testa, che normalmente è perpendicolare rispetto al piano dorsale, risulta ruotato come, se la testa fosse inclinata su un lato. La rotazione della testa si associa in genere 139 a malattie del sistema vestibolare e in tal caso la rotazione è usualmente diretta verso il lato della lesione. Occasionalmente, con lesioni centrali che interessano il peduncolo cerebellare caudale o il lobo flocculonodulare, la rotazione della testa è diretta verso il lato opposto a quello della lesione: si tratta della cosidetta sindrome vestibolare paradossa. La sindrome dello scostamento è caratterizzata da deviazione della testa e maneggio. La deviazione della testa è una postura anomala in cui il capo è diretto verso la parte caudale (guardare indietro). Il piano mediano della testa rimane perpendicolare al suolo. Ciò si verifica più comunemente in corso di lesioni sovratentoriali. La rotazione della testa e il maneggio sono usualmente diretti verso il lato di una lesione sovratentoriale. Anomala postura degli arti: una stazione in cui gli arti vengono posti più lateralmente del normale viene definita stazione ad ampia base d’appoggio. Essa può essere associata a lesioni che interessano il sistema vestibolare, il cervelletto e il midollo spinale. La spasticità può essere osservata a riposo o durante il movimento ed è usualmente associata a malattie delle vie motorie del sistema nervoso centrale. La rigidità da decerebrazione è caratterizzata da opistotono (estrema estensione dorsale della testa e del collo verso la schiena ed estensione dei quattro arti), ed è osservata in corso di gravi lesioni del tronco encefalico, l’animale è comatoso. La rigidità da decerebellazione è caratterizzata da opistotono con estensione degli arti toracici e flessione di quelli pelvici al di sotto del corpo; lo stato mentale è normale. Questa postura si associa a malattie cerebellari. Se la lesioni è localizzata alla parte ventrale del cervelletto c’è estensione di tutti gli arti, se questa estensione si manifesta in maniera episodica si parla di convulsione cerebellare. La postura di Schiff‐Sherrington è caratterizzata da estensione degli arti toracici, con il tono e riflessi normali degli arti pelvici. Deriva da una grave lesione dei segmenti midollari compresi tra T3 e L3, che interrompe la trasmissione di impulsi inibitori dalla regione lombare ai muscoli estensori degli arti toracici. Tranne che per l’estensione, gli arti toracici sono neurologicamente normali. Una grave rigidità estensoria di arti, collo, tronco e coda è caratteristica del tetano. La contrazione dei muscoli facciali può comportare un’espressione facciale tesa, chiamata riso sardonico. In corso di toxoplasmosi o neosporosi è possibile osservare atrofia muscolare e uno o entrambi gli arti pelvici mantenuti in estensione per danno al corpo cellulare del motoneurone o al nervo periferico. La debolezza muscolare può anche comportare flaccidità degli arti: l’animale tende a “cedere” sulle zampe e cadere a terra, e gli arti, quando vengono manipolati passivamente hanno un tono ridotto o assente per malattie del corpo cellulare del motoneurone, nervo periferico o giunzione neuro‐muscolare. Una zoppia persistente o episodica in cui l’arto non sostiene il peso del corpo a causa di dolore da irritazione nervosa, è chiamata segno radicolare (continuo calpestio dell’ arto). Interessa più frequentemente un arto toracico ed è comunemente associato a malattie discali cervicali. Un segno simile più essere osservato anche a carico dell’arto pelvico (in caso di lesioni localizzate a livello lombosacrale). In genere animali che trasportano l’arto hanno una malattia ortopedica, mentre quelli che lo trascinano hanno una malattia neurologica. Il segno radicolare è un’eccezione a questa generalizzazione. 140 Anomala postura del tronco: la scoliosi è una deviazione laterale della colonna vertebrale che spesso si verifica secondariamente a lesioni intramidollari. La cifosi è un’anomala flessione che interessa primariamente la colonna vertebrale toracolombare e che comporta un aspetto a schiena tozza. Questa postura può essere notata in corso di dolore al dorso o al collo. Gli animali con dolore cervicale spesso presentano anche rigidità dei muscoli del collo e tengono la testa abbassata verso il suolo. La lordosi è un’anomala estensione della colonna vertebrale, soprattutto nella regione toracolombare. Osservando l’animale lateralmente, il rachide assume un aspetto particolare a schiena abbassata. MOVIMENTI INVOLONTARI I movimenti involontari sono movimenti anomali che iniziano, cessano, ricorrono o persistono senza il controllo volontario del’animale. Possono verificarsi a riposo o durante l’attività. I movimenti involontari comprendeono: i tremori, mioclonie e convulsioni. Il tremore è un movimento oscillatorio ritmico e involontario di tutto il corpo o parte di esso. Deriva dalla contrazione sincrona o alternata di muscoli antagonisti innervati reciprocamente. Il vero tremore cessa con il sonno. Può essere localizzato o generalizzato, un tremore che si verifica all’inizio di un movimento è considerato intenzionale ed è associato a disfunzione cerebellare. Le fascicolazioni sono piccole contrazioni muscolari localizzate e involontarie, visibili al di sotto della pelle. Rappresentano scariche spontanee di fibre muscolari innervate da una singola fibra nervosa motoria; si verifica in caso di lesioni che interessano nervi periferici, giunzioni neuromuscolari e tessuto muscolare. La mioclonia è una contrazione, simile a una scossa, di un muscolo o di un gruppo di muscoli. Si manifesta come un movimento brusco di una parte del corpo, soprattutto flessione di un arto. Una volta insorta, la mioclonia continua con contrazioni che si verificano a distanza di un certo numero di secondi l’una dall’altra, e spesso persiste anche quando l’animale è in anestesia leggera. Colpisce spesso un arto toracico Il mioclono riflesso è caratterizzato da rigidità estensoria episodica evocata da stimolazione di gruppi muscolari o dell’intero corpo. Poiché si tratta di un disturbo congenito, interessa i giovani animali. Le convulsioni sono un segno importante e comune di malattie neurologiche intracraniche. Si tratta di un disturbo che insorge improvvisamente, cessa spontaneamente ed ha la tendenza a ripresentarsi. L’animale cade su un lato e presenta scosse ritmiche della testa e degli arti, seguite da movimenti di pedalamento o corsa. È usualmente accompagnata da minzione, defecazione e salivazione. Le convulsioni focali sono rappresentata da movimenti che rimangono localizzati a una regione del copro e possono essere caratterizzate da spasmi di un singolo arto o di un lato della faccia. Le convulsioni focali possono essere distinte dalla mioclonia perché le prime sono usualmente più episodiche, infrequenti e meno ritmiche. 141 ANDATURA Il termine andatura si riferisce alla modalità di movimento degli arti e del corpo quando l’animale si sposta è determinata dal controllo che il snc esercita sugli arti, in ognuno dei quali si alternano estensione e flessione. I tratti vestibolo‐spinali e reticolo‐spinale sono facilitatori per i muscoli estensori e per il mantenimento della postura del corpo; i tratti cortico‐spinali e rubro‐spinali per i flessori. Le strutture sovratentoriali sono importanti per il controllo volontario; il cervelletto per la coordinazione e il controllo della velocità, ampiezza, forza del movimento degli arti. Le anomalie del movimento comprendono: ‐ Atassia è una mancanza di coordinazione del movimento e può interessare la testa, il corpo o gli arti. Si ha così l’impressione che l’animale non sappia dove pone gli arti; spesso oscilla da un lato all’altro e talvolta cade. L’atassia può derivare da diverse lesioni anatomiche all’interno del sistema nervoso, più comunemente del cervelletto, del sistema vestibolare e delle vie sensitive del midollo spinale. L’ atassia peggiora bendando l’ animale poiché vengono meno i meccanismi compensatori uditivi. ‐ Il termine dismetria indica una inadeguata misurazione dell’ampiezza e della forza delle contrazioni muscolari. La dismetria può assumere le caratteristiche di ipometria e ipermetria. Nell’ipermetria il movimento volontario supera l’obiettivo prefissato, comportando spesso un passo più alto del normale. Nell’ipometria il movimento volontario ha un’ampiezza minore di quella necessaria a raggiungere l’obiettivo prefissato. Entrambe queste anomalie vengono osservate in corso di lesioni che interessano il cervelletto o le vie spinocerebellari. ‐ La spasticità consiste in un aumento del tono muscolare e comunemente si verifica in corso di lesioni dei tratti di sostanza bianca del tronco encefalico e del midollo spinale. Durante l’andatura dà luogo a incapacità a flettere adeguatamente gli arti durante la deambulazione. L’ipometria e la spasticità sono clinicamente difficili da distinguere. In questi casi si può ricorrere alla palpazione dei muscoli che rileverà un aumento del tono muscolare. ‐ La rigidità associata a ridotta lunghezza del passo è comunemente osservata in corso di patologie dell’apparato neuromuscolare periferico. Una condizione simile si può riscontrare in animali che hanno dolore a un arto es. laminite o poliartrite. ‐
La miotonia è una condizione caratterizzata dall’incapacità del muscolo di rilassarsi dopo una contrazione per cui ne deriva una contrazione muscolare persistente, percuotendo i muscoli si evidenzierà una fossetta. Gli animali con miotonia spesso hanno un’andatura rigida. Ciò può essere dovuta ad un’ alterazione della membrana delle cellule muscolari responsabili di una depolarizzazione persistente. ‐
La paresi o debolezza neurologica indica una riduzione della forza muscolare in assenza di una paralisi completa. La paresi viene rilevata durante l’andatura, osservando che l’animale trascina un arto o il dorso della zampa o dello zoccolo mentre cammina o 142 corre. Tuttavia esistono diversi gradi di paresi. Alcuni animali mantengono la capacità di camminare, altri invece non riescono a mantenere la stazione quadrupedale. Il consumo anomalo delle unghie o degli zoccoli è un segno tipico di paresi dei flessori, mentre si può evidenziare paresi degli estensori tirando la coda dell’animale durante la deambulazione. ‐
La zoppia è un’andatura anomala dovuta a una ridotta capacità o volontà del’animale a sostenere il peso del corpo su un arto a causa di dolore o di restrizione meccanica del normale movimento articolare. È usualmente associata a dolore agli arti dovuto a malattie muscolo scheletriche, ma può derivare da lesioni delle radici nervose (vedi segno radicolare). La valutazione clinica dell’andatura comprende l’osservazione dei movimenti dell’animale durante il passo. Si valuta: ‐ Se l’andatura è normale o anormale ‐ Se l’andatura è anormale, stabilire se la lunghezza del passo è normale, aumentata o diminuita ‐ Notare la presenza di zoppia Lesioni del sistema nervoso centrale comportano un’andatura irregolare e in coordinata e una tendenza ad oscillare da una parte all’altra, o addirittura a cadere. Gli arti possono prendere contatto con il terreno con una forza maggiore rispetto a quella realmente necessaria ed inoltre il passo risulta essere normale o aumentato. In presenza di lesioni spinali cervicali gli arti pelvici possono apparire colpiti in maniera più evidente rispetto agli arti toracici. Lunghezza del passo normale o aumentata Æ lesione del sistema nervoso centrale. Lunghezza del passo accorciata Æ lesione ortopedica o neuromuscolare(a carico del corpo cellulare del motoneurone, dei nervi periferici, della giunzione neuromuscolare o del muscolo).Un passo accorciato si può osservare anche in caso di scarsa perfusione dell’ arto come avviene nella trombosi bilaterale parziale dell’ arteria iliaca o negli animali con dolore vertebrale. La presenza di una normale propriocezione cosciente dovrebbe suggerire l’esistenza di una patologia ortopedica. In lesioni spinali cervicali possono sembrare più colpiti gli arti posteriori rispetto ai toracici,ciò per 3 motivi: 9 Vi sono più vie afferenti ed efferenti che interessano l’arto toracico rispetto al pelvico; 9 Gli arti pelvici sono più lontani dal centro di gravità; 9 I tratti diretti al pelvico sono localizzati più superficialmente nel midollo e perciò più sottoposti a fenomeni di compressione. Anche lesioni di nervi periferici possono causare alterazioni dell’ andatura es. : Nervo femorale = andatura a salto di coniglio(avanzamento simultaneo arti pelvici) e impossibile estensione ginocchio Nervo otturatore = abduzione arti pelvici 143 Nervo sciatico = andatura a piede gettato , garretti abbassati. REAZIONI POSTURALI Le reazioni posturali permettono di valutare la capacità dell’animale di percepire la posizione anomala di un arto rispetto al tronco e al centro di gravità e di correggerla(Questa è la definizione di propriocezione). Lesioni cerebrali causano andature normali e alterazioni posturali sul lato opposto della lesione, Lesioni del ponte o del midollo allungato causano deficit delle andature e reazioni posturali anomale sullo stesso lato della lesione. TEST DELLA PROPRIOCEZIONE COSCIENTE Test della propriocezione cosciente: il test di propriocezione cosciente (appoggiare le nocche a terra) è usato per sapere se l’animale ha la consapevolezza della posizione in cui si trova l’arto, è effettuato col soggetto in stazione e una mano posta sotto l’addome per sostenere parte del peso corporeo;quindi l’ arto è posizionato con la parte dorsale a contatto col suolo e si valuta il riposizionamento dell’ arto che normalmente deve avvenire in meno di 1 sec. Un altro modo è quello di usare il test dello scorrimento della carta. Un foglio di carta è posto sotto il piede che sostiene il peso e lentamente fatto scorrere lateralmente dall’esaminatore. Man mano che scivola lateralmente, l’animale lo solleva progressivamente e lo poggia nella posizione originale. Nei grossi animali, i deficit della propriocezione cosciente usualmente divengono evidenti forzando l’animale a porre l’arto in posizioni difficili quando gira, cammina o retrocede, e valutando se l’arto rimane in posizione anormale per un eccessivo periodo di tempo. TEST DEL SALTELLAMENTO Il test del saltellamento valuta la propriocezione, la forza e il movimento volontario e viene testato su un arto alla volta. Il peso dell’animale è sostenuto solo da un arto e il corpo viene spinto in una determinata direzione. L’esaminatore solleva tutti gli arti tranne quello che deve essere testato. La direzione più attendibile verso cui l’animale deve essere spinto a saltellare è laterale (verso l’arto che si sta testando). Un ritardo nel saltellamento è da considerare anormale. Un deficit di questa risposta suggerisce un’anomalia neurologica. Animali con mistenia gravis non saranno capaci di saltellare, animali con lesioni delle vie vestibolari o cerebellari possono mostrare un movimento esagerato degli arti durante il saltellamento. CARRIOLA, EMISTAZIONE, EMIDEAMBULAZIONE, SPINTA POSTURALE ESTENSORIA Se un animale presenta evidenti anomalie al test della propriocezione cosciente e del saltellamento non è necessario effettuare test addizionali: carriola, emideambulazione, spinta posturale estensoria. Questi test possono essere realizzati se la propriocezione cosciente e il saltellamento danno risultati equivoci, o nei cani di grossa taglia in cui il saltellamento è difficile da realizzar per l’esaminatore. 144 Test della carriola: sollevare il treno anteriore o posteriore dell’animale in modo che il peso sia sostenuto solo dagli arti pelvici o solo da quelli toracici; quindi forzare l’animale a muoversi in avanti (quando sono testati gli arti toracici) o indietro (quando sono testati gli arti pelvici); l’animale dovrebbe muoversi normalmente sugli arti che poggiano a terra. Tale test può essere effettuato col collo esteso, per impedire la visione, allo scopo di individuare un eventuale paresi degli arti toracici non individuata dagli altri tests. Test dell’emistazione o emideambulazione: sollevare l’arto toracico e quello pelvico ipsilaterale e spingere l’animale lateralmente nella direzione opposta; gli arti dovrebbero muoversi lateralmente per adattare il corpo a questa nuova posizione. Test della spinta posturale estensoria: valuta sia il sistema vestibolare che propriocettivo. Sospendere l’animale in aria, sollevandolo con le mani poste sotto i gomiti e quindi avvicinarlo verso il suolo. Prima di toccare il suolo, l’animale estende gli arti pelvici e appena tocca il suolo, incomincia a camminare all’indietro. REAZIONI DI APPOGGIO Reazioni d’appoggio: testare le reazioni di appoggio è più pratico per gli animali piccoli che possono essere facilmente sollevati da terra. Per prime vengono valutate le reazioni di appoggio tattili, non visive. L’appoggio non visivo fornisce informazioni simili ai test di saltellamento e di priopiocezione cosciente in relazione all’integrità del sistema nervoso. L’appoggio visivo può andare a definire un deficit visivo. REAZIONI POSTURALI Le vie che trasportano le informazioni relative alla propriocezione, dagli arti al centro decussano a livello della regione caudale del mesencefalo e rostrale del ponte. Una lesione unilaterale rostrale a questi siti cause deficit di propriocezione contro laterali al sito della lesioni, una lesione unilaterale caudale, invece, causa deficit ipsilaterali. Mediante le reazioni posturali è possibile evidenziare : ‐ Paraparesi: alterazione dell’andatura e\ o delle reazioni posturali che interessa bilateralmente gli arti pelvici ‐ Monoparesi: alterazione dell’andatura e\o delle reazioni posturali in un solo arto ‐ Tetraparesi: alterazione dell’andatura e\o delle reazioni posturali in tutti e quattro gli arti ‐ Emiparesi: alterazione dell’andatura e\o delle reazioni posturali dell’arto toracico e pelvico ipsilaterale. Non esiste un termine di uso corrente per indicare anomalie delle reazioni posturali bilaterali dei soli arti toracici. 145 piazzamento ottico: il soggetto è sollevato dal suolo per il torace e avvicinato al bordo di un tavolo da visita; in condizioni di normale propriocezione visiva l’ animale estende gli arti prima che essi tocchino il tavolo. Piazzamento tattile uguale al precedente ma con l’ animale ad occhi coperti ; normalmente estende gli arti quando la superficie dorsale delle falangi entra in contatto col tavolo. Nei GROSSI ANIMALI se il soggetto ha deficit propriocettivi questo può essere fermato bruscamente dopo uno slancio incorsa e valutare se esso pone i 4 arti in appiombo. Nel cavallo è possibile evidenziare deficit neurologici facendolo camminare retrocedendo,o camminare con testa sollevata in maniera da sottrarre la compensazione visiba facendo cambiare repentinamente la direzione. Anche tirando la coda da un lato , sia da fermi che in movimento , la perdita di equilibrio indica un deficit della propriocezione. ESAME DEI NERVI CRANICI 1° NC Olfattorio : l’olfatto può essere valutato ponendo una sostanza aromatica vicino alle narici; ciò dovrebbe evocare nell’animale una risposta comportamentale (allontanarsi, contrarre i muscoli facciali, sniffare). Sostanze irritanti stimoleranno le terminazioni sensitive del nervo trigemino (V NC). L’anosmia (perdita dell’olfatto) è più spesso evidenziata secondariamente a malattie bilaterali del condotto nasale. Occasionalmente, malattie bilaterali della parte rostrale del cervello, interessanti le aree olfattorie, possono compromettere l’olfatto o anche malattie virali come il cimurro. 2° NC ottico : la funzione del secondo paio di nervi cranici può essere testata mediante la valutazione della risposta alla minaccia. Si valuta la normale risposta di ammiccamento (chiusura della fessura palpebrale). Evitare di toccare le vibrisse che si trovano intorno all’occhio o di creare correnti d’aria che investano l’occhio. Valutare la risposta alla minaccia separatamente in ogni singolo occhio mentre l’altro è coperto, per evitare che informazioni visive vengano percepite dall’occhio controlaterale. La risposta alla minaccia testa il 2° e il 7° nervo cranico (responsabile dell’ammiccamento). Animali con malattie cerebellari non presentano una risposta alla minaccia, quelli con malattie cerebellari unilaterali avranno un deficit della minaccia ipsilaterale , con una visione normale e una normale funzione del VII nervo. Altro test consiste nel far rotolare una pallina di cotone nel campo visivo dell’ animale anche se il test migliore per la visione consiste nel far camminare l’animale attraverso un percorso a ostacoli che non conosce. Se è cieco solo un occhio può essere necessario bendare l’altro. Quando la mano è portata verso l’ occhio l’ immagine attraverso i mezzi ottici (cornea, umor acqueo, cristallino e vitreo) è percepita dalla retina e attraverso il nervo ottico giunge al chiasma ottico (qui decussa il 75% delle fibre del n. ottico dei cani,il 65% dei gatti e il 90%di bovini ,suini e cavalli). Successivamente attraverso il tratto ottico, il nucleo genicolato(Talamo) l’ info si porta alla corteccia del lobo occipitale ove si ha la percezione dell’ immagine. Infine l’ info passa, a livello del cervelletto (meccanismo ancora non chiaro) , al nucleo contro laterale del VII n.c. causando l ammiccamento. 146 3° NC Oculomotore Pupille: l’esame delle pupille può essere utile per valutare anomalie del 3° NC e del simpatico. Il 3° NC restringe la pupilla e il sistema simpatico la dilata. Inizialmente si valutano le dimensioni e la simmetria delle pupille, considerando l’intensità dell’ illuminazione ambientale. Una pupilla più piccola del normale è miotica; una pupilla più grande del normale è midriatica. Una diseguale dimensione pupillare è detta anisocoria (lesione del simpatico la pupilla colpita non si dilaterà completamente al buio;lesione del III n.c. la pupilla anormale non si restringerà alla luce). Prima di realizzare una valutazione neurologica è necessario escludere patologie oculari e , inoltre, dovrebbero essere conosciute le differenze di specie riguardanti l’aspetto pupillare: ‐ Cani: pupille rotone ‐ Gatti: pupille ellittiche dirette verticalmente ‐ Cavalli, bovini, pecore e capre: hanno pupille ellittiche o ovoidali dirette orizzontalmente. RPL (Riflesso Pupillare alla Luce) Dirigendo una luce intensa verso l’occhio, entrambe le pupille dovrebbero restringersi. Questo fenomeno è noto come riflesso pupillare alla luce ed è usato per valutare porzioni della via visiva afferente. Il 3 NC (oculomotore) è responsabile della parte efferente di questo riflesso, il restringimento della pupilla, si nota anche il restringimento della pupilla controlaterale a quella in esame (riflesso consensuale). Quando si realizza l’esame del riflesso pupillare alla luce, durante l’illuminazione prolungata si può vedere la pupilla stimolata dilatarsi leggermente; ciò viene detto fuga pupillare. Contrazioni e successive dilatazioni ritmiche della pupilla vengono defiinite hippus. Alcuni clinici lo considerano indicativo di malattia del SNC. Indirizzando una luce intensa verso l’occhio, si può verificare una risposta di ammiccamento, che viene definita riflesso del bagliore. In presenza di una lesione bilaterale della corteccia cerebrale, le pupille sono miotiche. Molte lesioni cerebrali focali e diffuse determinano edema cerebrale unilaterale o bilaterale. In corso di erniazione occipitale trans‐tentoriale la pupilla ipsilaterale si dilata e non risponde alla luce, né direttamente né indirettamente, a causa della pressione esercitata su 3 NC. Una lesione bilaterale determina un interessamento pupillare bilaterale. SINDROME di HORNER è dovuta ad una lesione del parasimpatico che causa :miosi, procidenza della 3° palpebra, ptosi del labbro , enoftalmo e vasodilatazione periferica. Nel cavallo si osserva un aumento della sudorazione su tutto il collo e la spalla dal lato della lesione , mentre nelle altre specie una riduzione. Movimenti oculari. I nervi cranici III, IV(trocleare) e VI (abducebte) n.c agiscono insieme per garantire il normale movimento degli occhi. 3 NC (oculomotore) motilità oculare, costrizione pupillare (Contiene fibre parasimpatiche che mediano la costrizione pupillare, inoltre innerva l’elevatore della palpebra superiore e i muscoli estrinseci). La funzione motoria del 3 NC può essere valutata osservando la posizione dell’occhio a riposo. Se la funzione motoria è alterata, l’occhio può risultare deviato. Ciò è detto strabismo. Lesioni di questa porzione del 3 NC determinano strabismo laterale e ventrale e ptosi a causa della paralisi dell’elevatore della palpebra. Talvolta le disfunzioni del nervo oculomotore non determinano strabismo, ma incapacità dell’occhio a muoversi normalmente. Quando la testa di un animale normale viene spostata lateralmente, gli occhi tentano di mantenere la direzione in 147 cui l’animale stava guardando inizialmente. Ciò comporta un lento spostamento degli occhi in direzione opposta al movimento. Man mano che la testa si muove lateralmente, i muscoli extraoculari, sotto il controllo del sistema vestibolare, determinano un veloce movimento degli occhi nella direzione del movimento della testa. Questo movimento lento\veloce continua in successione per tutta la durata dello spostamento laterale della testa ed è chiamato nistagmo fisiologico. 4 NC (trocleare): (innerva il muscolo obliquo dorsale) lesioni del nervo trocleare o del suo nucleo causano uno strabismo dorsolaterale controlaterale. Nelle specie con pupilla rotonda tale tipo di strabismo non può essere evidenziato, tuttavia all’esame diretto del fondo si evidenzia la deviazione laterale dei vasi retinici superiori (se si esegue esame indiretto del fondo la deviazione sarà mediale) . Nei gatti con pupilla verticale , in corso di tali lesioni,la sua porzione dorsale risulta spostata lateralmente. Strabismo dorso‐mediale bilaterale è frequente in encefalopatie diffuse dei ruminanti come la poliencefalomalacia. 6 NC (abducente): (innerva il muscolo retto laterale dell’ occhio e il retattore del bulbo) lesioni del nervo abducente determinano uno strabismo ventromediale. La paralisi di tutti i muscoli responsabili del movimento oculare è nota come oftalmoplegia completa. I nervi cranici III, IV, VI, l’innervazione simpatica e la branca oftalmica del V decorrono ventralmente nel cranio, all’ interno del seno venoso cavernoso che circonda la fossa pituitaria ed escono dal cranio attraverso la fessura orbitale: in caso di ascesso pituitario (empiema basilare) nei ruminanti e nei cavalli, si può avere il danneggiamento di tali strutture con Sindrome del seno cavernoso. Lo strabismo osservato solo quando la testa viene forzata in posizione anormale è chiamato strabismo di posizione ed è più facilmente evocato estendendo la testa e il collo ed elevando il naso. Nei piccoli animali quando la testa viene estesa, gli occhi tendono a rimanere normalmente posizionati all’interno dell’orbita e successivamente sembrano guardare dorsalmente verso il soffitto. Nei grossi animali i bulbi oculari giacciono più in basso nell’orbita ossea, determinando un normale abbassamento dell’occhio quando il naso viene sollevato. Se uno o entrambi gli occhi deviano da queste posizioni normali, si parla di strabismo di posizione. In genere l’occhio anomalo è spostato più ventralmente. A riposo non si nota lo strabismo, questo perché sono alterati gli impulsi vestibolare ai NC 3,4 e 6 spesso a causa di lesioni vestibolari ipsilaterali centrali o periferiche. 5 NC (trigemino) : il nervo trigemino fornisce l’innervazione sensitiva alla testa e quella motoria ai muscoli della masticazione. Ha tre branche principali: ‐ Oftalmica ‐ Mascellare ‐ Mandibolare 148 La branca oftalmica del 5 NC è sensitiva per l’occhio e per la cute che lo circonda. Può essere valutata testando il riflesso palpebrale e valutando la sensibilità corneale. Toccando il canto mediale dell’occhio, l’animale dovrebbe chiudere velocemente le palpebre (riflesso palpebrale). Se viene stimolata la cornea, l’animale usualmente retrae l’occhio nell’orbita (riflesso corneale) e ammicca (riflesso palpebrale). La branca mascellare fornisce l’innervazione sensitiva all’area della mascella. La sua funzione è valutata toccando la mucosa nasale esterna, preferibilmente dopo aver coperto gli occhi dell’animale. In seguito a questo stimolo si verificano due eventi: un riflesso subcosciente cioè la contrazione dei muscoli dell’espressione facciale (ammiccamento, corrugamento dei muscoli facciali)(è dovuto alla formazione di un arco riflesso diretto dal V al VII n.c.). Il secondo evento, mediato coscientemente, consiste in un allontanamento della testa dallo stimolo grazie alle vie che si proiettano al talamo e alla corteccia parietale controlaterale. Un animale con lesione della branca mascellare del V non ha né riflesso facciale né risposta cosciente allo stimolo. Un animale con una lesione cerebrale avrà il riflesso sub‐cosciente ma non allontanerà coscientemente la testa dallo stimolo applicato al lato della faccia contro laterale alle lesione cerebrale. La branca mandibolare del 5 NC viene valutata stimolando la cute che ricopre l’area mandibolare ed anche apprezzando il tono muscolare, la funzione e l’atrofia dei muscoli temporali e masseteri. Pizzicando la cute con un emostato si dovrebbe ottenere un allontanamento della testa dell’animale dallo stimolo. L’apertura della bocca e la valutazione della capacità di chiusura aiutano nella valutazione del tono di questi muscoli. Un animale con lesione del nervo mandibolare bilaterale ha una mandibola abbassata ed è incapace di chiudere la bocca. La disfunzione bilaterale di tutte le branche del trigemino è quasi sempre associata a lesioni periferiche del nervo, infatti data l’estensione notevole dei nuclei di questo nervo a livello centrale una lesione tale da annullarne tutte le funzioni non sarebbe compatibile con la vita (perché sarebbe troppo estesa e interesserebbe tante aree). 7 NC (facciale) motilità dei muscoli facciale, gusto, salivazione e sensibilità cutanea della superficie interna dell’orecchio. Il nervo facciale ha branche dirette alla ghiandola lacrimale (nervo grande petroso), alle ghiandole salivari e alla lingua (branca della corda del timpano) e ai muscoli dell’espressione facciale (branche buccale ed auricolopalpebrale). I segni clinici di una lesione del nervo facciale usualmente sono rappresentati da paresi o paralisi dei muscoli facciali, con asimmetria facciale. Il danno limitato alla branca buccale causa l’abbassamento del labbro e la deviazione del naso verso il lato normale. La funzione motoria del nervo facciale è valutata meglio testando il riflesso palpebrale: viene toccato delicatamente il canto mediale della commissura palpebrale e l’animale ammicca in maniera rapida e completa, la percezione dello stimolo è garantita dal 5 nc la risposta dal 7. Animali con disfunzione del 7 NC non sono capaci di chiudere le palpebre quando questo riflesso viene stimolato. Anche la risposta alla minaccia è diminuita o assente, ma l’animale vede normalmente. In corso di irritazione del nervo facciale si può osservare uno spasmo dei muscoli dell’espressione facciale, che risultano permanentemente contratti. Simili aspetti clinici si notano in corso di paralisi cronica del nervo facciale responsabile di fibrosi e conseguente contrattura dei muscoli facciali ipsilaterali. 149 La componente parasimatica del facciale è responsabile primariamente della secrezione delle ghiandole lacrimali. L’interessamento di questo nervo può determinare cheratocongiuntivite secca. La salivazione può essere testata, valutando l’umidità della mucosa orale. Il gusto è difficile da testare, essendo una sensazione soggettiva simile all’olfatto. Toccando la lingua con un sottile tampone di cotone imbevuto di atropina si può evocare una risposta cosciente (scuotimento della testa che si allontana dallo stimolo) e salivazione, il che suggerisce che sono presenti alcune fibre del gusto normalmente funzionanti. 8 NC (vestibolo cocleare) equilibrio e udito: i segni clinici di malattia vestibolare comprendono: ‐ Atassia/barcollamento ‐ Rotazione della testa ‐ Nistagmo ‐ Strabismo Inizialmente, si dovrebbe cercare di stabilire se l’alterazione vestibolare è dovuta a una lesione centrale o periferica. La testa è usualmente ruotata verso il lato della lesione, tranne che in corso di alcune lesioni centrali (sindrome vestibolare paradossa).il nistagmo è un movimento spontaneo degli occhi caratterizzato da una fase lenta, ovvero lo spostamento degli occhi verso il lato della lesione, e una fase rapida o di accomodamento, ovvero il ritorno in posizione. In corso di disfunzioni del sistema vestibolare, gli occhi tendono ad essere spostati verso il lato che usualmente corrisponde a quello della lesione (fase lenta). Essi vengono quindi riportati rapidamente indietro, verso la loro iniziale localizzazione (fase rapida). La direzione del nistagmo prende il nome dalla fase rapida del movimento e dalla sua direzione – orizzontale, verticale, o rotatoria. In corso di lesioni vestibolari centrali unilaterali può essere osservata emiparesi ipsilaterale alla lesione, che viene identificata mediante la valutazione dell’andatura e dalle reazioni posturali. Gli animali in decubito spesso preferiscono giacere sul lato della lesione e, quando vengono adagiati sull’altro lato, tendono a ruotare verso il lato colpito. Nella sindrome vestibolare paradossa si osserva emiparesi contro laterale al lato in cui la testa è deviata (la lesione è dal lato dell’emiparesi). L’udito può essere valutato soggettivamente creando un forte rumore e osservando il movimento delle orecchie, degli occhi e di altre parti del corpo. Una sordità bilaterale non suscita alcuna risposta clinica al rumore. La sordità unilaterale può essere più difficile da determinare. Il test più obiettivo per l’udito è la valutazione dei potenziali evocati uditivi del tronco encefalico :BAEP o BAER. La sindrome vestibolare può essere centrale o periferica: CENTRALE : PERIFERICA: Nistagmo orizzontale , rotatorio ,verticale Nistagmo orizzontale e rotatorio Rotazione testa Rotazione testa Coinvolgimento V VI VII con paralisi facciale Coinvolgimento VII Sindrome di horner Paresi e deficit reazioni posturali arti 150 9 NC (glossofaringeo) sensibilità e motilità faringea (con il 10 NC), salivazione, gusto: lesione del 9 NC causano difficoltà nella deglutizione e alterazioni dei muscoli faringei. Per valutare questa funzione, viene stimolato il riflesso della deglutizione o del conato ponendo un dito, la mano o un tubo nella porzione caudale dalla faringe dell’animale. L’animale dovrebbe presentare dei conati e spingere fuori l’oggetto stimolante con la porzione caudale della lingua. Un modo meno efficace per stimolare il riflesso della deglutizione è massaggiare l’area faringo/laringo/ioidea dall’esterno, dopo aver tirato delicatamente, e quindi rilasciato, la lingua. La disfunzione è indicata dal fatto che l’animale non tenta di deglutire o non ha conati in seguito alla stimolazione della faringe. La nevralgia glosso‐faringea è un dolore provocato dalla deglutizione, dalla vocalizzazione e dalla masticazione. Spesso si associa a bradicardia e sincope a causa della stimolazione delle fibre regolatrici cardiovascolari dovuta agli impulsi dolorifici afferenti. 10 NC (vago) sensibilità laringea, motilità laringea, salivazione ed altre funzioni vegetative: lesioni del 10 NC provocano paralisi dei muscoli intrinseci della laringe. Lesioni unilaterali non determinano segni clinici a riposo, ma interferiscono con l’inspirazione durante l’esercizio forzato, soprattutto nei cavalli. Lesioni bilaterali provocano paralisi laringea con stridore inspiratorio, dispnea e cianosi, e talvolta disfunzione esofagea. Il 10 NC è responsabile del riflesso toracolaringeo (dello schiaffo): assestando un colpo sulla porzione dorsale del torace, a livello della porzione dorso laterale della laringe può essere palpato il movimento riflesso della muscolatura laringea intrinseca contro laterale, che si può osservare endoscopicamente come adduzione della cartilagine aritenoidea contro laterale. La causa più comune di rumore inspiratorio associato all’esercizio è una grave paralisi del nervo laringeo ricorrente di sinistra nei cavalli di grandi dimensioni. La funzione laringea nei piccoli animali può essere valutata in anestesia leggera, usando un laringoscopio. Dovrebbe essere valutato il movimento delle pieghe aritenoidee durante la respirazione: normalmente, durante l’inspirazione esse vengono abbassate, mentre in corso di paralisi laringea ciò non si verifica. 11 NC (spinale accessorio) innervazione motoria al muscolo trapezio(ma anche sterno cefalico e brachicefalico): lesioni di questo nervo determinano atrofia del muscolo trapezio 12 NC (ipoglosso) motilità della lingua: i segni clinici di malattia del 12 NC comprendono problemi di deglutizione, prensione, masticazione e vocalizzazione. La lingua sarà debole o paralizzata. Nel cane, in corso di lesioni unilaterali, la lingua viene spinta verso il lato della lesione dai muscoli integri del lato normale. 151 RIFLESSI SPINALI Il motoneurone superiore (MNS) è un neurone o un gruppo di neuroni che non fuoriescono dal sistema nervoso centrale e influenzano, inibendolo o stimolandolo, il motoneurone inferiore (MNI). Il MNS usualmente esercita un’influenza inibitrice o attentatrice sui riflessi spinali. I segni clinici di lesione del MNS comprendono riflessi normali o esagerati (iperreflessia) e tono muscolare normale o esagerato (ipertonia). L’atrofia muscolare secondariamente a una lesione del MNS è un atrofia da disuso, essendo il risultato di uno scarso uso muscolare, tale atrofia evolve lentamente ed è meno grave rispetto a quella osservata nelle malattie del MNI. Il tono degli arti può essere valutato determinando il grado di resistenza al movimento passivo, che negli animali con lesioni del MNS, risulta normale o aumentato. Il motoneurone inferiore corrisponde alla porzione motoria dell’ arco riflesso e comprende i corpi cellulari dei neuroni motori del tronco encefalico e del midollo spinale, i nervi motori periferici e gli organi effettori. I segni clinici di malattia del MNI comprendono iporeflessia o areflessia, con ipotonia o atonia. Poiché, per mantenere la massa muscolare, è necessaria una connessione tra nervo periferico e muscolo, l’atrofia che si verifica dopo una lesione completa del nervo periferico è grave (atrofia neurogena) ed evolve in un breve periodo di tempo nei piccoli animali anche in 5 giorni. Per determinare se la lesione responsabile della paresi o della paralisi interessa il MNS o il MNI è importante valutare i riflessi spinali. FUNZIONE RIFLESSA Le funzioni riflesse sono attività involontarie indipendenti dalla coscienza. Un recettore sensitivo viene stimolato e l’informazione viene condotta lungo un nervo afferente (sensitivo). Questo nervo stabilirà sinapsi (si connetterà), direttamente o indirettamente attraverso interneuroni, con un nervo efferente (motore), che arriva all’organo. Per la maggior parte dei riflessi spinali, l’organo stimolato è rappresentato da un muscolo. Riflessi dell’arto toracico I riflessi spinali dell’arco toracico comprendono: l’estensore radiale del carpo, del bicipite brachiale, del tricipite e il flessore. Il riflesso dell’estensore radiale del carpo e tricipitale valutano la funzione del nervo radiale i cui corpi cellulari si trovano nei segmenti C7‐T1 del midollo spinale. Il riflesso del bicipite valuta il nervo muscolocutaneo (C6‐C8). Questi riflessi sono evocati percuotendo il ventre o il tendine di inserzione dei singoli muscoli ed osservando la risposta. Quando si percuote l’estensore radiale del carpo, il carpo dovrebbe estendersi leggermente. Percuotendo il tricipite, si osserva una leggera estensione del gomito. Stimolando il bicipite, si può verificare una leggera flessione del gomito. Il riflesso flessore viene evocato stimolando la cute del piede o della pastoia con un emostato e valutando la flessione delle articolazioni del carpo e del gomito, con allontanamento della parte distale dell’arto dallo stimolo. Questo riflesso valuta tutti i principali nervi dell’arto toracico: il radicolare, l’ulnare, il mediano, il muscolocutaneo e l’ascellare. 152 Riflessi dell’arto pelvico I riflessi dell’arto pelvico comprendono: il patellare, il tibiale, il craniale, il gastrocnemio e il flessore. Il riflesso patellare valuta il nervo femorale che origina dai segmentiL4‐L6 del midollo spinale. I riflessi del tibiale craniale, del gastrocnemio e del flessore valutano il nervo sciatico(L6‐S1). Il riflesso viene evocato pizzicando la cute del piede e valutato osservando la flessione dell’anca, del ginocchio e del tarso che permette di allontanare il piede dallo stimolo. In corso di patologia del nervo sciatico l’anomalia più evidente consiste in una ridotta capacità a flettere il garretto. Il riflesso patellare Æ estensione del ginocchio esso è evocato colpendo il tendine tibio‐rotuleo, talvolta in caso di lesione dello sciatico il riflesso patellare può risultare esagerato perché lo sciatico innerva i muscoli antagonisti di questo riflesso; riflesso del tibiale craniale Æ leggera flessione del garretto; riflesso del gastrocnemio Æ estensione del garretto. Riflesso anale Per valutare il riflesso anale si stimola intensamente l’area perianale, osservando una forte contrazione dell’orificio anale (riflesso anale). Il riflesso è mediato dal nervo pudendo (origina da S1‐S2‐S3). La contrazione anale può essere stimolata comprimendo il pene di un cane maschio o il clitoride di una cagna. Durante la stimolazione anale la coda viene spesso flessa contemporaneamente, sebbene un leggero stimolo possa determinare un sollevamento della coda (riflesso della coda). Il riflesso anale può essere controllato anche nel momento in cui misuriamo la T° all’ animale. Valutazione dei riflessi spinali I riflessi spinali sono classificati come segue: ‐ 0 assente ‐ 1 depresso ‐ 2 normale ‐ 3 esagerato ‐ 4 esagerato con contrazioni e rilassamenti muscolari che si alternano in rapida successione (Clono) L’aspetto più importante nella valutazione di un riflesso è relativo alla sua presenza o alla sua scomparsa. In caso di paresi, ciò dovrebbe permettere di differenziare una lesione delle vie motorie discendenti centrali(MNS) da quella dell’arco riflesso (MNI). Perché un riflesso sia utilizzabile per una valutazione clinica, deve essere facilmente valutabile e costantemente presente in animali normali. Tra i riflessi spinali, il patellare, i flessori ( sia il toracico che il pelvico) e l’anale sono i più utili, poiché gli altri sono presenti in maniera incostante. In molti cani con lesioni neurologiche le alterazioni dei riflessi si associano a quelle delle reazioni posturali. ALCUNE FUNZIONI RIFLESSE Il riflesso pannicolare testa i recettori del dolore superficiale, il midollo spinale e i nervi toracici laterali. Viene valutato pizzicando o punzecchiando la cute del tronco nella porzione 153 toracolobmbare laterale. La risposta efferente consiste nella contrazione bilaterale dei muscoli pannicolari. Il riflesso pannicolare è molto utile nel valutare lesioni tra T2 e L3 e quelle che interessano il plesso brachiale. La componete sensitiva è formata dalle fibre sensitive segmentali mentre la motoria dal nervo toracico laterale. Se il riflesso è assente si stimola in senso anteriore finchè non ricompare :dal punto in cui ricompare bilateralmente , la lesione è 2 metameri più avanti. Inoltre se il riflesso è assente da un solo lato la lesione è della componente efferente, ovvero n. toracico laterale. I riflessi cervicali locali, simili al riflesso pannicolare possono essere utili per aiutare a localizzare lesioni cervicali nei grossi animali. Percuotendo il collo lateralmente, si ottiene una contrazione di muscoli pannicolari e spesso anche di altri muscoli del collo (per es. sterno cefalico e brachiocefalico). Inoltre, nei cavalli, la percussione della cute laterale del collo determina la contrazione dei muscoli labiali, palpebrali e dell’orecchio. Il tono muscolare, viene mantenuto dai muscoli striati e dalle loro connessioni midollari. I tratti corticospinali e i tratti rubrospinali esercitano una funzione inibitoria sul tono muscolare, mentre i tratti vestibulospinali hanno azione opposta di facilitazione del tono. Può essere valutato flettendo ed estendendo passivamente gli arti. Lesioni del MNS determinano un aumento del tono (spasticità) che rende difficoltoso il movimento passivo degli arti. In corso di lesioni del MNI il tono è diminuito o assente (flaccidità). Quando viene testato il riflesso flessore, alcuni animali con lesioni del MNS possono estendere l’arto opposto; si tratto del riflesso estensore crociato. L’animale viene posto in decubito laterale, stimolando l’arto che sta sopra per evocare il riflesso flessore e osservando contemporaneamente l’arto che sta sotto per verificare l’eventuale presenza di un’nomala estensione. Una lesione delle vie discendenti del MNS, che normalmente inibiscono questo riflesso, permette il verificarsi dell’estensione controlaterale. Il riflesso estensore crociato si osserva in genere in corso di lesioni che si sono instaurate da molto tempo e si può verificare sia negli arti toracici che in quelli pelvici. Se presente negli arti pelvici, la lesione midollare è craniale al segmento L3, se evidenziato negli arti toracici, è craniale a C6. Il riflesso di Babinsky è un altro riflesso anormale., comunemente osservato negli essere umani e talvolta nei cani con lesioni del MNS. Quando si accarezza la superficie ventrale del piede o della zampa con il manico del martelletto, le dita normalmente si flettono verso la pianta del piede. In corso di lesione del MNS, le dita possono estendersi e allargarsi all’infuori: riflesso di Babinsky positivo. VALUTAZIONE DEI MUSCOLI L’ispezione e la palpazione dei muscoli scheletrici, in stazione, permettono di evidenziare la presenza di atrofia. È necessario comparare le dimensioni, la consistenza e il tono dei muscoli su entrambi i lati del corpo. L’atrofia da disuso si può verificare in corso di lesioni del MNS e generalmente ha una progressione lenta ed è meno grave dell’atrofia neurogena. L’atrofia localizzata a un singolo gruppo muscolare suggerisce una causa neurogena. La presenza di una fontanella indica idrocefalo. Aree di dolore focale indicano osteomielite o compressione di nervi. 154 VALUTAZIONE CLINICA DELLA MINZIONE La minzione è un’importante funzione del sistema nervoso. Può essere considerata come un riflesso spinale locale, controllato dal MNS. La minzione cosciente coinvolge la corteccia cerebrale (Ipotalamo e ponte sono centri facilitanti mentre il mesencefalo inibitorio). Quella incosciente interessa il tronco encefalico e i sistemi simpatico e parasimpatico del midollo spinale e dei nervi periferici. Il sistema simpatico inibisce la minzione mentre il parasimpatico la favorisce. Inoltre abbiamo: • I corpi cellulari del nervo pelvico, che fornisce l’innervazione del MNI parasimpatico al detrusore(di cui causa la contrazione) e al collo della vescica (sfintere uretrale interno) sono localizzati nella sostanza grigia intermedia dei segmenti midollari S1‐S3. • Il nervo pudendo, i cui corpi cellulari sono localizzati nella stessa area del nervo pelvico, fornisce l’innervazione somatica al muscolo striato dello sfintere uretrale esterno. • Il nervo ipogastrico fornisce l’innervazione simpatica alla vescica; i suoi corpi cellulari sono localizzati nei segmenti midollari L1‐L4. I recettori sensitivi sono localizzati nella parete della vescica e rispondono allo stiramento e/o alla pressione. Le informazioni vengono trasmesse da questi recettori al nervo pelvico afferente, entrando quindi nel midollo spinale sacrale, i corpi cellulari afferenti del nervo pelvico sono localizzati nei gangli spinali dei segmenti S1‐S3. Gli assoni del nervo pelvico terminano su interneuroni che a loro volta si collegano ai corpi cellulari del nervo pelvico pregangliare del sistema parasimpatico, responsabile della contrazione del muscolo detrusore (muscolo liscio della vescica). Interneuroni addizionali stabiliscono sinapsi con i nervi efferenti del pudendo, che innerva il muscolo striato dell’uretra, inibendone l’attività. La minzione volontaria è avviata dalla corteccia cerebrale, con impulsi discendenti diretti al nervo pudendo che eccitano o inibiscono lo sfintere uretrale esterno il cervelletto svolge normalmente un’azione inibitrice sulla minzione. ANOMALIE NEUROGENE DELLA MINZIONE In corso di lesioni delle vie sensitive ascendenti, l’animale non ha la percezione dello stato di riempimento della vescica. Lesioni delle vie motorie discendenti (MNS) impediscono lo svuotamento della vescica. In entrambe le situazioni vi sarà una vescica di grosse dimensioni. Poiché i nervi periferici locali (segmenti midollari S1‐S3) che vanno alla vescica non sono compromessi, essa ha un buon tono (appare turgida) ed è difficile da svuotare. Quando c’è una scarsa coordinazione tra le fasi dell’urinazione (scarsa sincronia tra contrazione del detrusore e rilassamento dello sfintere), gli animali possono iniziare a urinare normalmente, ma si interrompono bruscamente prima che abbia luogo lo svuotamento completo della vescica. Questo è detto dissinergia del riflesso. In corso di lesioni del MNI che interessano i segmenti spinali sacrali o i nervi periferici associati, la vescica è di grandi dimensioni poiché l’informazione ascendente e discendete non può proiettarsi attraverso i nervi periferici danneggiati. Il tono vescicale è diminuito e la vescica appare flaccida ed è facilmente svuotabile, mancando il riflesso tonico locale responsabile del mantenimento del tono nel tratto di efflusso. Vescica da MNS ‐> tesa e grande difficile da svuotare (possibile dissinergia) Vescica da MNI ‐> grande e flaccida, facile da svuotare 155 DEFECAZIONE In corso di lesioni interessanti i segmenti spinali sacrali o i nervi rettali caudali, la contrazione del colon può essere inefficace, portano a costipazione, megacolon o incontinenza. Con lesioni del MNS la defecazione riflessa persiste ed è usualmente in grado di garantire l’evacuazione delle feci dal colon. SENSIBILITA’ DOLORIFICA SUPERFICIALE Negli animali vengono valutati due tipi di sensibilità dolorifica. La sensibilità dolorifica superficiale consiste nella percezione cosciente che la cute viene pizzicata o punta. La sensibilità dolorifica profonda consiste nella percezione cosciente della stimolazione dei recettori dolorifici più profondi presenti all’interno del corpo, come quelli associati al periostio. Per valutare la sensibilità cutanea, viene utilizzata in tutte le specie una tecnica di pizzicamento in due tappe: • All’inizio stringere leggermente una piccola area di cute tra le brache di un emostato •
Fermarsi fino a quando l’animale si calma •
Stringere forte per stimolare la reazione indicante la percezione cosciente di questo stimolo, per esempio, vocalizzazione o veloce orientamento della testa verso l’area stimolata L’intera superficie cutanea innervata da un singolo nervo è chiamata dermatomo, o zona autonoma per quel nervo. Per determinare quali nervi periferici siano coinvolti in un processo patologico è importante stimolare solo le zone autonome ad essi relative. Man mano che la gravità della lesione del sistema nervoso aumenta, viene perduta prima la percezione del dolore superficiale e poi quella del dolore profondo. IPERESTESIA Si definisce iperestesia un’aumentata sensibilità alla stimolazione. Il termine è comunemente usato per descrivere una condizione in cui determinate aree del corpo appaiono dolenti in maniera inusuale quando vengono palpate manipolate. Il risconto di un’area di iperestesia permette spesso di localizzare una lesione a livello di un’area midollare ristretta. Un dolore vertebrale esteso, tuttavia, è più indicativo di una malattia diffusa, come la meningite. L’iperestesia associata leggera pressione delle zampe è indicativa di poliradicoloneurite. Le lesioni dei nervi sensitivi periferici invece è associata a riduzione della sensibilità SENSIBILITA’ DOLORIFICA PROFONDA La presenza o l’assenza della sensibilità dolorifica profonda (dolore evocato dalla pressione sul periostio) è importante poiché in corso di gravi lesioni midollari è l’ultima funzione ad essere perduta. La completa perdita della sensibilità dolorifica profonda si verifica solo in conseguenza di una resezione anatomica o funzionale completa. Il dolore profondo è valutato esercitando una crescente pressione con un emostato o uno strumento simile sul dito o sulla regione della pastoia dell’arto interessato e valutando la 156 presenza di vocalizzazione, tentativi di mordere l’esaminatore o l’immediato orientamento del corpo verso l’area da cui proviene lo stimolo. Se ciò non avviene, il dolore profondo è assente. Se l’animale si limita a retrarre l’arto dallo stimolo, non bisogna concludere che la percezione del dolore profondo è presente. Tale retrazione è una pura azione riflessa e sarà presente anche in un animale il cui midollo spinale è totalmente resecato cranialmente al livello che si sta testando. Per concludere che l’animale conserva la sensibilità dolorifica profonda, deve essere chiaramente osservata una risposta comportamentale cosciente (vocalizzazione, tentativo di mordere o un immediato orientamento del corpo verso l’area della stimolazione). DIAGNOSI NEUROANATOMICA L’esaminatore dovrebbe essere in grado di localizzare la lesione all’interno del sistema nervoso. SEGNI CLINICI DI MALATTIA IN SPECIFICHE AREE FUNZIONALI: sopratentoriale/cervello anteriore Le strutture localizzate rostralmente al tentorio del cervelletto sono: • emisferi cerebrali • nuclei della base • diencefalo • parte del mesencefalo 157 Quando un processo patologico coinvolge le strutture sovratentoriali è possibile osservare: •
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Cecità e deficit della minaccia con normale riflesso pupillare alla luce e normale funzione del VII NC contro laterale a una lesione unilaterale Alterazioni della coscienza Anomalie comportamentali (compressione della testa, vagare senza meta, vocalizzazioni) Convulsioni Maneggio (usualmente verso il lato della lesione) Deviazione della testa (usualmente verso il lato della lesione) Una tendenza al maneggio può essere osservata sia in animali con patologie delle aree sovratentoriali (cervello) che in quelli con lesioni vestibolari. Gli aniamali con patologie vestibolari tendono a descrivere cerchi più chiusi e più piccoli rispetto a quelli con lesioni sovratentoriali. Turbe metaboliche possono alterare la coscienza. Alterazioni della coscienza possono essere dovute a lesioni gravi e bilaterali degli emisferi cerebrali o a lesioni meno estese del tronco encefalico. In un animale comatoso bisogna valutare diversi indicatori della funzione del tronco encefalico. •
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Altri nervi cranici Pattern respiratorio Dimensioni e reattività della pupilla Movimenti oculari Un’insorgenza improvvisa del coma, soprattutto dopo un trauma cranico, usualmente indica un coinvolgimento del tronco encefalico. Le convulsioni spesso derivano da una lesione sovratentoriale (cervello) e devono essere differenziate da altri disturbi episodici, come la cataplessia/narcolessia, la sincope, la debolezza, i disturbi vestibolari, le disfunzioni cerebellari intermittenti, la tetania e i tremori. Convulsioni focali permettono di localizzare il focolaio epilettogeno in un punto particolare del cervello, poiché spesso si verificano sul lato opposto alla lesione. La valutazione clinica dipende inizialmente da due importanti elementi: • Età al momento dell’insorgenza della prima crisi • Presenza di deficit neurologici interictali Le convulsioni idiopatiche (epilessia idiopatica) insorgono tra 1 e 4 anni di età. Un cane che inizia ad avere convulsioni a 9 anni, quindi, molto probabilmente non ha un’epilessia idiopatica. L’epilessia idiopatica si verifica in alcune razze di cani(beagle , pastore tedesco, collie , golden retrive , setter inglese, husky). Le convulsioni idiopatiche non sono associate a deficit neurologici interictalia (tra le crisi) alcuni soggetti, tuttavia, possono avere deficit neurologici reversibili, soprattutto cecità, durante il periodo postictale, che usualmente si risolvono entro 48 ore, ma possono durare per giorni dopo la crisi. Per questo è importante sapere quando si è verificata la crisi, la sua durata e gravità. 158 Infratentoriale/ tronco encefalico Il tronco encefalico si estende dal diencefalo al mielencefalo. In questa trattazione il tronco encefalico include parte del mesencefalo (mesencefalo), il metencefalo (ponte) e il mielencefalo (midollo allungato). Il tronco encefalico è particolarmente importante per il mantenimento dello stato di veglia, la funzione cardiopolmonare, il movimento e la normale funzione dei nervi cranici. I segni clinici delle patologie del tronco encefalico comprendono: • Deficit dei nervi cranici ( NC III‐XI) • Paresi (ipsilaterale a lesioni unilaterali) • Alterazioni sensoriali • Disfunzioni cardiache e respiratorie • Anomali del sonno (narcolessia/cataplessia) • Alterazioni del’andatura (atassia e paresi ipsilaterale a una lesioni unilaterale) • Incapacità a mantenere la stazione quadrupedale Infratentoriale/cervelletto Il cervelletto può anche essere diviso in: 1) Zona mediale: comprende il verme e il nucleo fastigiate – importante per la regolazione del tono, per la postura, la locomozione e l’equilibrio 2) Zona intermedia: comprende la corteccia paravermale e il nucleo interposto – importante per la modulazione del tono e della postura ai fini di una maggiore accuratezza del movimento 3) Zona laterale: comprende gli emisferi laterali e il nucleo laterale (dentato) – importante per regolare l’accuratezza del movimento. Lesioni unilaterali del cervelletto determinano segni clinici ipsilaterali. I segni clinici di malattia cerebellare sono spesso caratteristici e comprendono: • Atassia e dismetria: se è presente esclusivamente una lesione cerebellare, la forza è normale, ma i movimenti possono essere talvolta ritardati o la compensazione esagerata. Se la testa viene sollevata e poi abbandonata, l’animale la lascia cadere senza opporre resistenza (fenomeno di rimbalzo). • Tremore intenzionale : è un tremore che inizia o si aggrava quando l’animale intende realizzare un lavoro in maniera orientata all’obiettivo. Può interessare l’intero corpo ma è più evidente nella testa, che si muove dall’alto in basso alla frequenza di 2‐4 oscillazioni al secondo. • Deficit della minaccia con visione normale e normale funzione del VII NC • Rigidità da decerebellazione • Disturbo vestibolare: si può avere quando vi è l’interessamento del lobo flocculo nodulare o dell’area fastigiate. È caratterizzato da perdita di equilibrio, nistagmo e andatura ad ampia base d’appoggio. • Segni vestibolari • Anomalie pupillari • Aumentata frequenza della minzione: il cervelletto svolge un’influenza inibitrice sulla minzione. Lesioni unilaterali del cervelletto determinano segni clinici ipsilaterali. 159 LESIONI DEL MIDOLLO SPINALE In corso di lesioni del midollo spinale è importante determinare per prima cosa quali arti sono colpiti e se i riflessi indicano un interessamento del MNS o del MNI. Dopo aver ottenuto queste informazioni, l’esaminatore dovrebbe essere in grado di localizzare la lesione in una delle 5 regioni del midollo spinale. LOCALIZZAZIONE CERVICALE Anomalie dei segmenti midollari C1‐C5 determinano tetraparesi. Se la lesione si verifica unilateralmente nel midollo spinale, l’emiparesi viene osservata ipsilateralmente alla lesione. L’iperestesia cervicale è comune in presenza di compressioni extraduali e malattie infiammatorie delle vertebre e del midollo spinale (sindrome di Wobbler = fenomeno di compressione a carico del midollo spinale cervicale, riscontrabile nelle razze canine di grossa taglia, oppure discopatie di Hansen).Altri segni sono: deficit delle reazioni posturali(incrocia gli arti al test della carriola), normo o iperriflessia, possibile sindrome di Horner e difficoltà respiratorie per interessamento dei nervi per i muscoli intercostali. LOCALIZZAZIONE CERVICOTORACICA Anche quando sono interessati i segmenti spianali C6‐T2 si può verificare tetra paresi. I riflessi negli arti pelvici saranno di tipo MNS , mentre quelli negli arti toracici avranno le caratteristiche dell’interessamento del MNI. Nei grossi animali, a causa delle minori dimensioni del MNI rispetto al MNS, i segni di malattia del MNI sono molto meno evidenti che nei piccoli animali. Se la lesione è unilaterale, può essere osservata emiparesi. E’ possibile la sindrome di Horner. Se la patologia interessa i segmenti o i nervi C8‐T1, il riflesso pannicolare può essere anormale. Se la lesione è unilaterale, il muscolo pannicolare ipsilaterale non si contrarrà in seguito alla stimolazione di entrambi i lati del corpo. Il lato non colpito dovrebbe tuttavia contrarsi stimolando entrambi i lati, confermando così l’integrità di segmenti spinali T3‐L3. N:B: Possibile segno radicolare agli arti anteriori e incontinenza e ritenzione fecale. LOCALIZZAZIONE TORACO LOMBARE Lesioni dei segmenti spinali T3‐L3 determineranno paraparesi o paraplegia. I riflessi negli arti pelvici saranno di tipo MNS. Il riflesso pannicolare può essere assente cranialmente alla lesione. Lesioni unilaterali possono determinare una monoparesi da MNS degli atri pelvici. Postura di shiff sherringon. (incompetenza urinaria). LOCALIZZAZIONE LOMBOSACRALE Anche lesioni dei segmenti spinali L4‐S3 possono determinare paraparesi o paraplegia. I riflessi degli arti pelvici saranno di tipo MNI. Con una lesione dei segmenti L4‐L6 (origine del nervo femorale) il riflesso patellare può essere diminuito o assente, può essere evidente atrofia del muscolo quadricipite e la sensibilità sulla superficie mediale dell’arto pelvico può essere ridotta o assente a causa dell’interessamento del nervo safeno, branca sensitiva del nervo femorale. In corso di lesioni dei segmenti spinali L6‐S2 (nervo sciatico) il riflesso flessore è ridotto o assente. Il riflesso patellare può apparire esagerato a causa della perdita dell’azione dei muscoli antagonisti a questo riflesso. È presente atrofia dei muscoli innervati dallo sciatico (più evidente nel tibiale craniale). Patologie dei segmenti S1‐S3 determinano disfunzioni a carico della vescica, dell’ano e del colon terminale. 160 Lesioni dei segmenti spinali caudali comportano riduzione o scomparsa del movimento, del tono e della sensibilità della coda. Segno radicolare MALATTIE DELLA GIUNZIONE NEUROMUSCOLARE, DEL NERVO PERIFERICO E DEL MUSCOLO. Nelle parti colpite sono osservati segni da motoneurone inferiore, soprattutto debolezza. I cavalli con marcata debolezza spesso mantengono una stazione a stretta base d’appoggio e spostano costantemente il peso da un arto all’altro. L’andatura degli animali che sono in grado di deambulare è a passi piccoli e corti. Gli arti possono apparire molli e flaccidi, e possono tremare e cedere quando sostengono il peso. Gli animali pesanti, specialmente i cavalli , mostrano marcati tremori muscolari che possono diventare abbastanza violenti prima di costringere l’animale al decubito. In alcune malattie la debolezza è esacerbata dall’esercizio o dall’aumento del carico sull’arto. Se si sospetta una malattia neuromuscolare, è utile valutare la propriocezione cosciente quando l’animale sostiene completamente il suo peso e di nuovo quando il peso è supportato dall’esaminatore. Animali con patologie della giunzione neuromuscolare o dei muscoli possono avere deficit delle reazioni posturali solo quando sono costretti a sostenere il loro peso; tali deficit non sono più evidenti quando il peso viene sostenuto dall’esaminatore. ESAMI COLLATERALI In caso di sospette lesioni intracraniche è possibile utilizzare varie tecniche : • Tomografia assiale computerizzata (TAC) o la Risonanza magnetica nucleare(RMN) studi non invasivi ma che richiedono l’anestesia. • Esame radiografico in caso di fratture del cranio o di malattie dell’orecchio medio. • Esame liquido cerebrospinale (LCS) utile per valutare la presenza di malattie infiammatorie. Un ago spianale è inserito nello spazio sub aracnoideo a livello della cisterna cerebomidollare o dell’ area lombare. Si valuta contenuto proteico, quantità e morfologia delle cellule del liquor, e presenza di Ac contro Sarcocystis neuronna. • BAEP • Elettromiografia dei muscoli facciali in caso di sospette patologie extramidollari dei nervi cranici. In caso di lesioni del midollo spinale è possibile effettuare radiografia ma soprattutto la Mielografia allo scopo di valutare lesioni compressive o espansive del midollo spinale. E’ effettuata prelevando LCS nello spazio sub aracnoideo e iniettando un liquido di contrasto che va delineare il midollo stesso. In caso di lesioni dei nervi periferici elettromiografia. 161 ESAME DELL’APPARATO TEGUMENTARIO La cute è l’organo più sviluppato dell’organismo. Costituisce una barriera tra l’animale è l’ambiente. Protegge l’animale dagli insulti fisici e chimici, e dagli agenti patogeni. I costituenti sensoriali della cute sono in grado di percepire il caldo, freddo, dolore, prurito, pressione, tatto. La cute svolge un ruolo importante nella termoregolazione attraverso il mantello, l’irrorazione ematica cutanea e l’attività delle ghiandole sebacee. La cute ha proprietà endocrine, antimicrobiche ed immunologiche. Le malattie cutanee si dividono in primarie e secondarie. Si parla di malattie cutanee primarie quando è colpita essenzialmente la cute. Si parla di malattie secondarie quando le lesioni cutanee sono conseguenti a processi morbosi di altri organi. Lo spessore e l’elasticità della cute variano nelle diverse parti del corpo. In particolare sono maggiori nella parte dorsale del tronco e diminuiscono scendendo ventralmente. La cute è formata da 3 strati: epidermide, derma e sottocute. L’epidermide è separata dal derma da una membrana basale sulla quale poggia lo strato germinativo da cui originano i melanociti. I melanociti sintetizzano la melanina che passa ai cheratinociti all’interno dei melanosomi. Il colore della cute dipende non solo dalla melanina, ma anche dagli eritrociti presenti nei vasi superficiali del derma che possono trasportare emoglobina ridotta o ossidata e altri pigmenti come il carotene. Quando la cute è infiammata o esposta ai raggi solare, i melanociti sono stimolati a produrre più pigmento, rendendo la pelle più scura. Sopra lo strato germinativo troviamo lo strato spinoso da cui originano i cheratinociti. I cheratinociti più esterni dello strato corneo sono poi eliminati. Normalmente, tale processo impiega 21 gg ma, in molte malattie cutanee la cheratinizzazione è aumentata dando origine ad un eccessiva formazione di scaglie e successivo cattivo odore. Il derma è composto da tessuto connettivo fibroso contenente vasi ematici, linfatici, fibre nervose, follicoli piliferi, ghiandole sebacee e sudoripare, muscoli piloerettori. Il derma è maggiore nelle aree densamente pelose ed è responsabile della maggiore tensione ed elasticità della cute. La cute ha tre barriere contro i patogeni e gli insulti chimici e fisici. La prima sono i peli che possono albergare una grande varietà di microrganismi che possono determinare varie patologie. La seconda è lo strato corneo dell’epidermide, le cui cellule sono ricoperte da un emulsione lipidica formata da sebo e sudore che garantisce la giusta idratazione dello strato corneo e diffondendo nell’infundibolo dei follicoli piliferi, rende i peli luminosi e lucenti. La terza è rappresentata dai batteri, lieviti e funghi filamentosi presenti sull’epidermide e nell’infundibolo dei follicoli piliferi. La microflora è influenzata da diversi fattori quali: idratazione, pH, salinità, concentrazione sierica di albumina e acidi grassi. Il fattore più importante è l’idratazione dello stato corneo. La microflora viene divisa in residente ed transiente. La microflora residente può essere ridotta ma non eliminata utilizzando germicidi. La microflora transiente invece può essere eliminato con l’igiene routinaria. Le ghiandole sudoripare e le ghiandole sebacee sono ghiandole esocrine distribuite su tutta la superficie cutanea dei mammiferi. Nelle specie ricoperte da peli si trovano in associazione con i follicoli piliferi. Le ghiandole sebacee e sudoripare tendono ad essere più grandi nelle aree dove la densità dei follicoli piliferi è minore. Il sebo garantisce la giusta idratazione dello strato corneo e diffondendo nell’infundibolo dei follicoli piliferi, rende i peli luminosi e lucenti. In corso di malattia o di malnutrizione il mantello può diventare opaco ed asciutto a causa di un inadeguata funzionalità delle ghiandole sebacee. La secrezione delle ghiandole sebacee sembra 162 sia sotto il controllo ormonale: gli androgeni causerebbero ipertrofia e iperplasia mentre gli estrogeni e glucocorticoidi causerebbero ipotrofia. Le ghiandole sudoripare sono situate al di sotto delle ghiandole sebacee e si aprono con un dotto nel canale follicolare a livello dell’infundibolo, al disopra dello sbocco delle ghiandole sebacee. Nella cute dei grossi animali sono presenti: le ghiandole nasolabiali nei bovini e piccoli ruminanti, divise in sieromucoidi, tubulo alveolari e multiloculari; l’organo mandibolare del maiale, cioè una formazione rotondeggiante, nello spazio intermandibolare e formato da ghiandole sebacee, apocrine e vibrisse; ghiandole sudoripare eccrine sono presenti a livello dei polpastrelli dei piccoli animali. Il cavallo presenta un’aumentata sudorazione in seguito ad aumento della temperatura, dolore, attività fisica, febbre, stress. Anche nei bovini la sudorazione è un meccanismo importante per la perdita di calore. La cute di cani e gatti non possiede una ricca vascolarizzazione e ghiandole sudoripare eccrine a livello della cute ricoperta di peli, attraverso le quali possano disperdere calore se sottoposti ad elevate temperature, quindi perdono grosse quantità di acqua attraverso le vie respiratorie con la polipnea. Il sottocute è formato da lobuli di cellule grasse (adipociti e lipociti) frammisti a tessuto connettivo. Il sottocute ha una funzione di riserva, isolamento dal calore e cuscinetto protettivo. In alcune aree (guance, le labbra, le palpebre, l’orecchio esterno ed ano) non è presente, quindi il derma è direttamente a contatto con la muscolatura. Il mantello è costituito da peli, pelliccia o lana. I peli svolgono un importante ruolo nella regolazione termica, nella percezione sensoriale e quale barriera protettiva. Dopo la nascita non si formano nuovi follicoli piliferi. Con la crescita la densità dei follicoli piliferi decresce e la loro grandezza aumenta. Tutti i follicoli piliferi crescono obliquamente in relazione all’epidermide. La direzione dei peli determina la direzione del mantello. L’andamento del mantello causalmente permette il deflusso dell’acqua che quindi non imputridisce il mantello. La forma del pelo è determinata dalla forma del follicoli; quindi da un follicolo dritto nasce un pelo dritto e da un follicolo curvo nasce un pelo curvo. I follicoli vengono divisi in semplici e composti. Quelli semplici sono caratteristici dei bovini e cavalli; ogni pelo emerge da un’apertura follicolare separata e non ci sono follicoli piliferi secondari. I follicoli secondari sono caratteristici dei cani, gatti, pecore, capre e si presentano in gruppi. Ogni gruppo è formato da 2‐5 peli grossi e primari, e da 5‐25 peli piccoli e secondari per ogni pelo primario. I peli primari fuoriescono attraverso pori separati, mentre i peli secondari fuoriescono da un unico poro comune. I follicoli composti presentano anche un poro comune nel quale si aprono le ghiandole sebacee ed apocrine. In tutte le specie animali ad eccezione della capra i peli primari e secondari sono midollati. Il pelo è costituito dal midollo, la corteccia e la cuticola. Nella pecora e nella capra Angora abbiamo 3 tipi di peli: i fili di lana che sono sottili increspati e non hanno midollo; le fibre giarra che sono ruvide, corte e con un grosso midollo; ed i peli che hanno un aspetto intermedio. La capacità del mantello di regolare la temperatura dipende dalla lunghezza, densità, spessore del pelo e del midollo dei peli. Tutti questi fattori regolano lo spessore dello strato d’aria intrappolato all’interno del mantello. La lucentezza del mantello è importante nel riflettere la luce solare. La crescita del pelo non è continua ma ciclica. Abbiamo una fase di anagen (crescita), una fase di telogen (riposo) e catagen (transizione). La durata del ciclo dipende dalla razza, età, soggetto, regione del corpo, sesso, e può essere modificata da fattori patologici e fisiologici. L’attività del follicolo è indipendente da quella del follicolo vicino e risponde alla temperatura ambientale ed 163 alla nutrizione. Il fotoperiodo influenza il ciclo del pelo attraverso gli occhi, l’ipotalamo, la ghiandola pineale, l’ipofisi, la tiroide, il surrene e le gonadi. La muta viene generalmente completata in 5 settimane. Poiché il pelo è costituto per il 65‐90% da proteine, la nutrizione ha un profondo effetto sulla qualità e quantità di peli. Il ciclo follicolare è anche influenzato da fattori ormonali: gli ormoni tiroidei stimolano l’anagen, i corticosteroidi inibiscono l’anagen. La lana è la fibra prodotta dalle pecore ed ha la proprietà di intrecciarsi. Questa, come i crini della criniera e coda, non ha una crescita ciclica come avviene per i peli. Esame Semiologico L’esame clinico della cute prevede raccolta dell’ anamnesi del paziente, esame fisico cute, effettuazione dei test diagnostici. SEGNALAMENTO Il segnalamento è la descrizione delle caratteristiche del paziente e comprende: • Età :alcune patologie sono legate all’ età, es. l’ectima contagioso delle pecore che è altamente contagioso per gli agnelli al di sotto dei 6 mesi di età. Il virus persiste nelle scaglie della mammella ed è trasmesso alle labbra degli agnelli durante l’allattamento, determinando lesioni al muso, genitali ed arti. Nel cucciolo affetto da cimurro è possibile rilevare esantema; mentre nel cane anziano, affetto da nefrite cronica eczema. Cani di media età sono colpiti da malattie cutanee immunomediate o allergiche. Papilloma negli animali giovani mentre i tumori cutanei negli anziani. • Sesso : es. nella cagna, l’iperestrogenismo, dovuto a cisti ovariche, causa alopecia simmetrica sui fianchi. Le stesse lesioni le troviamo nei cani maschi con tumore testicolare delle cellule del Sertoli. • Razza : Es. ipotricosi e’ un alopecia simmetrica ereditaria nei bovini di razza Frisona. • Colore : infatti i gatti con le orecchie bianche e i bovini con la faccia bianca sono maggiormente predisposti al carcinoma a cellule squamose. ANAMNESI Anamnesi generale: • Dieta : influenza la crescita del pelo poiché questo è costituito per il 60‐90% da proteine, e richiedono per la crescita e cheratinizzazione del 25% del fabbisogno proteico giornaliero dell’animale. La carenza di proteine può causare anomalie dalle tessitura del mantello, alterazione della lunghezza del pelo, diradamento e alopecia. La carenza di iodio può causare ipotiroidismo, quindi alopecia diffusa. Carenza di rame provoca nel bovino e ovino depigmentazione e perdita di elasticità e resistenza del pelo o lana. Carenza di acidi grassi essenziali nei gatti può causare seborrea secca, cute e mantello secchi ed alopecia variabile. La carenza di zinco nel siberian husky causa dermatite. Le allergie alimentari sono difficili da diagnosticare. La conoscenza della dieta dell’animale e l’eliminazione di alcuni alimenti per un determinato periodo di tempo è fondamentale al fine di diagnosticare un’allergia alimentare. • Localizzazione geografica : es. la dermatofilosi è maggiormente diffusa nelle zone con clima caldo‐ umido. • Stagione e ambiente: l’alopecia stagionale diffusa dei fianchi, che incomincia in autunno con ricrescita del pelo la primavera successiva, si verifica in diverse razze come 164 boxer e dobermann; il congelamento di coda, orecchie ed estremità degli arti si verifica d’inverno; il carcinoma a cellule squamose si verifica in animali con orecchie e faccia bianca ed esposti a lunghi periodi al sole. Successivamente si passa all’ anamnesi patologica: Allo scopo di far descrivere il problema attuale quanto più dettagliatamente occorre fare le seguenti domande specifiche : quante volte si gratta al giorno, si gratta in punti diversi, scuote la testa, si lecca le zampe, sbatte gli arti al suolo. Si valuta : • La presenza o l’assenza del prurito, la natura del prurito e il comportamento dell’ animale. • Malattie cutanee pregresse: dove erano le lesioni, come erano, per quanto tempo sono state presenti ed il loro aspetto iniziale e le modifiche che si sono verificate. Si chiede se sono stati effettuati trattamenti per il problema attuale prima della presentazione al veterinario, perché ciò avrebbe potuto causare una modifica dei segni clinici e delle lesioni: gli shampoo possono rimuovere gli ectoparassiti, gli anti‐infiamatori possono far sparire il prurito, gravi eruzioni da farmaci possono essere la conseguenza di terapie effettuate giorni, settimane od anche mesi prima. • Malattie endocrine: causano effetti sistemici con conseguenti patologie cutanee molto spesso alopecia, es. Cushing, ipotiroidismo. • Importante è anche sapere se l’ animale vive da solo o in promiscuità, in quanto le malattie parassitarie possono colpire contemporaneamente più soggetti, se anche gli altri animali presentano lesioni cutanee, e se anche i proprietari presentano lesioni poiché le pulci, la scabbia e la dermatofitosi sono contagiose e zoonosiche. Esame fisico di cute ed annessi Comprende l’esame del comportamento animale, della cute e dei peli, la palpazione e l’odorare della cute sono i metodi fisici più comunemente usati. ISPEZIONE ODORAZIONE E PALPAZIONE Si esegue prima un esame a distanza per osservare il pattern di distribuzione delle lesioni, quindi si valutano le condizioni generali del mantello e le condizioni corporee, poi si passa all’ispezione più accurata, la palpazione e l’odorazione per identificare e caratterizzare le lesioni. I requisiti fondamentali per l’ esame clinico sono : 1)adeguato contenimento e posizionamento dell’ animale;2) una buona fonte luminosa( luce naturale o lampada a luce diurna);3) tosare il pelo se necessario; 4)lente d’ ingrandimento per ingrandire le lesioni. Le zone da valutare sono: Testa (compreso naso muso e orecchie,) padiglioni auricolari, collo e torace, parti laterali del tronco, addome, criniera nei cavalli , addome e superficie ventrale del corpo, punte e base della coda, i genitali, il perineo, gli arti (nei grossi animali devono essere sollevati per esaminare gli spazi interdigitali e lo zoccolo compreso il cercine coronario), le giunzioni muco cutanee. Nelle bovine, capre e pecore è importante valutare mammelle e capezzoli. 165 Ispezione. ‐ L'ispezione in generale è l'indagine che fornisce i principali elementi per la diagnosi di lesione cutanea. Questo esame innanzi tutto va eseguito in un ambiente ben illuminato, il colore di alcune lesioni costituisce un dato molto importante nella diagnosi di certe dermatosi. Si esamina prima tutta la superficie cutanea, non trascurando anche il condotto uditivo esterno. In tal modo si potrà rilevare se le lesioni sono isolate, riunite in gruppi, figurate, localizzate in una regione, diffuse, generalizzate, simmetriche nelle due metà del corpo ; inoltre, in modo particolare in malattie cutanee a lungo decorso, si potranno trovare lesioni in vario stadio di sviluppo, quindi nella maniera con cui si istituiscono, si sviluppano ed eventualmente si risolvono ed in tale caso i postumi che lasciano. Se con l'esame di ispezione si porranno in evidenza delle alterazioni, di esse si prenderanno in considerazione i loro caratteri e cioè: sede, caduta dei peli, colore, forma, tumefazione della parte, dimensioni, diffusione, limiti, nel caso particolare di perdite di sostanza della pelle si terrà in considerazione anche la profondità, l'aspetto del fondo ed i margini della lesione. L’esame visivo permette di valutare la presenza di ectoparassiti come zecche e pidocchi del bovino. L’osservazione del dorso va fatta mettendosi dietro l’animale per osservare eventuali peli ritti o alopecia a chiazze. Odorazione, ‐ Questo mezzo d'indagine può costituire un utile ausilio diagnostico, infatti in alcune dermatosi si ha emanazione di particolari odori che, mentre ci si avvicina all'ammalato per esaminare con l'ispezione le lesioni cutanee, possono essere percepiti. Tale esame viene praticato quindi contemporaneamente a quello di ispezione. In alcune malattie può essere presente odore fetido come nella dermatofitosi dei bovini, caratterizzata da un odore fetido e di muffa; o nella seborrea delle orecchie del Cocker. Palpazione. ‐ La palpazione può essere superficiale o profonda; la prima consiste nell'appoggiare o strisciare leggermente il palmo della mano od i polpastrelli delle dita sulla parte ammalata, la seconda nel premere più o meno energicamente la pelle lesa oppure sollevarla in pliche. Con questo procedimento si potranno valutare variazioni di temperatura, di sensibilità, di umidità o secchezza, di superficie (rilevatezze od avvallamenti), di consistenza, di elasticità, di distendibilità, di spessore e l'eventuale presenza di crepitio. Stirando e torcendo una plica cutanea fino alla massima estensione poi rilasciandola bruscamente si può valutare lo stato di idratazione. La disidratazione può essere Max il 10‐12 % del peso peso corporeo. La perdita di H2O grado di allenamento(es cavallo), lavoro svolto e fattori ambientali quali umidità, T°. Segni di disidratazione sono : Secchezza delle mucose,persistenza della plica cutanea, enoftalmia, freddezza delle estremità, ipertermia, maggior frequenza cardiaca, decubito persistente,bradicardia, polso debole e frequente, sete , oliguria/anuria. Poggiando il palmo e il dorso della mano sulla cute si può valutare la T° ( in caso di sinusite T° alta alla base delle corna, in caso di podoflemmatiti si osserva calore sulla parete dello zoccolo); Con la palpazione inoltre si possono evidenziare eventuali raccolte liquide (edema) di una certa entità, in modo particolare esercitando una pressione alterna con due o più dita delle due mani che permette di rilevarne la fluttuazione; quest'ultima può d'altra parte essere difficilmente percepibile quando la quantità di liquido è eccessiva,o il contenuto è denso. Se i tessuti cutanei e sottocutanei sono infiltrati per la presenza di edema o gas, nel primo caso alla pressione digitale si ha la formazione dell'impronta, nel secondo si avrà la sensazione di crepitio. Appartiene pure all'esame di palpazione la prova del prurito: grattando la parte lesa con una pagliuzza, con le dita o con il manico del martelletto, se la lesione è pruriginosa, l'ammalato prova una sensazione di piacere che esprime con movimenti convulsivi delle labbra e contorsioni del tronco che cerca di appoggiare contro chi lo sta esaminando. 166 Facendo scorrere il palmo sulla cute si può rilevare la presenza di forfora o parassiti; si fa scorrere i peli tra i polpastrelli. È importante anche separare i peli con le dita per mettere in evidenza pidocchi e pulci, queste, che sono la causa più comune di dermatite nel cane e nel gatto, possono essere individuate più facilmente attraverso lo spazzolamento del mantello che dovrebbe far parte di ogni esame della cute. Inoltre separando e soffiando sui peli se ne può apprezzare la lunghezza e si può vedere eventuali peli spezzati, cambiamenti di colore o essudato sui peli. Con la palpazione si può valutare l’elasticità e lo spessore della cute, la consistenza delle lesioni e per determinare la presenza di dolore associato alla lesione. Percussione, ‐ Può essere diretta con polpastrelli o con le nocche delle dita. Si procede a questo esame quando con l'ispezione e la palpazione si siano posti in evidenza degli elementi che facciano sospettare una raccolta di gas nel sottocute come nel pneumoderma o nelle gangrene gassose. Un enfisema sottocutaneo causato da soluzioni di continuo a livello alveolare da cui l’ aria passa nell’ interstizio, passa al mediastino e infine al sottocute. Può essere conseguenza di traumi chirurgici, laparotomie con perforazioni diaframmatiche o enfisema gangrenoso nel suino. In questo caso con la percussione si avrà una risonanza timpanica o di pentola fessa. Procedendo all'esame della pelle con la suddetta metodica (ispezione, odorazione, palpazione e percussione) possiamo rilevare a suo carico:. 1) alterazioni a carico dei peli; 2) alterazioni del colorito (pallore, rossore, cianosi, ittero); 3) mancanza di pigménto ed iperpigmentazione; 4) alterazioni della secrezione sudoripara; 5) alterazioni della secrezione sebacea; 6) esalazioni abnormi; 7) alterazioni dello spessore e turgore; 8) variazioni patologiche della temperatura; 9) alterazioni della elasticità; 10) prurito; 11) alterazioni della integrità della pelle (primitive e secondarie) Manifestazioni cliniche di malattie cutanee La cute risponde in un limitato numero di modi a un ampia varietà di insulti esterni ed interni. Le manifestazioni cliniche delle malattie cutanee comprendono lesioni cutanee primarie e secondarie. Altre manifestazioni sono: colorazioni anomale, prurito, dolore, anomalie della secrezione sebacea, anomalie della secrezione del sudore, variazioni di elasticità, estensibilità e spessore, anomalie del pelo e della lana, anomalie di polpastrelli, unghie, zoccoli, bande coronarie e corna. Ci sono anche effetti secondari di malattie cutanee, quali la disidratazione, la tossiemia, la perdita di peso ed il deperimento cronico. Le lesioni vengono valutare secondo tre criteri: distribuzione, configurazione ed aspetto morfologico. PATTERN DI DISTRIBUZIONE La distribuzione delle lesioni tende ad essere tipica per molte malattie cutanee. Le lesioni sono bilaterali simmetriche quando la presenza delle lesioni è relativamente la stessa da entrambi i lati dell’animale e si verifica in caso di: 167 • iperadenocorticismo (la cute e’ sottile e può presentare ematomi e macule di color rosa) • dermatofilosi nei bovini caratterizzata da lesioni simmetriche e bilaterali lungo gli arti e il ventre • ipotiroidismo. Le lesioni asimmetriche (non sono presenti su entrambi i lati) spesso causate da agenti infettivi come micosi , papillomatosi, vaiolo suino, etc.. Le lesioni localizzate possono essere singole come quelle da corpo estraneo. In molte malattie cutanee hanno una distribuzione tipica: nella fotosensibilizzazione è affetta solo la cute non pigmentata, il prurito alla base della coda indica allergia alle pulci, il collare rigido o antipulci può causare alopecia o irritazione della cute a contatto. Il carcinoma a cellule squamose è frequente nelle regioni non pigmentate, la rogna sarcoptica invece è spesso localizzata alle superfici pressorie (gomito e tallone) o ai margini delle orecchie. Si parla di forma generalizzata quando gran parte della superficie corporea è interessata dalle lesioni (possono indicare un infezione generalizzata o una dermatite da contatto conseguente a un bagno) ne sono esempio la dermatofitosi del bovino (che può estendersi a tutto il corpo) e la epidermitee essudativa dei maialini. Lesioni regionali sono quelle limitate ad alcune regioni: • le lesioni mucocutanee sono ti piche di malattie autoimmuni (lupus e pemfigo) • la dermatofitosi nelle pecore causa ammassi di croste al tronco • la dermatosi da carenza di zinco provoca ipercheratosi del muso e delle zampe in bovini, cavalli e cani; l’alopecia facciale con prurito ed escoreazioni è presente nei gatti con allergia alimentare. • L’ectima contagioso delle pecore causa lesioni soprattutto alle labbra • Infestazioni da anchilostomi dei cani colpiscono soprattutto gli arti al livello di giunzioni tra cute e polpastrelli ASPETTO E DISTRIBUZIONE La distribuzione delle lesioni guardate dall’alto può aiutare a eseguire diagnosi differenziale, infatti le lesioni primarie, come pustole o vescicole, evolvono nel tempo e possono lasciare lesioni secondarie, come alopecia scaglie e iperpigmentazione che quindi possono indicare cronicità. In base all’aspetto le lesioni possono essere classificate in • lesioni a forma di anello: quando la parte centrale della lesione guarisce lasciando un bordo a forma di anello (spesso associate a follicoliti superficiali, seborrea, micosi); • policicliche sono il risultato di più lesioni che confluiscono (follicoliti batteriche, demodicosi); • a gruppo sono il risultato di nuovi foci che si sviluppano intorno a vecchie lesioni; • serpiginose: a forma di onda o di serpente, si verificano in seguito al diffondersi delle lesioni come nella scabbia e nella demodicosi; • lineari: possono indicare una causa esterna come graffi, frustate od una causa interna come il granuloma eosinofilo, che di solito colpisce gli arti dei gatti, o anche riflettere il coinvolgimento di vasi ematici e linfatici; • guarigione ad iride o centrale: si hanno quando la cute guarisce posteriormente ad un fronte della malattia che avanza; • singole: le lesioni sono limitate ad una singola area e sono solitarie. 168 MORFOLOGIA DELLE LESIONI La morfologia delle lesioni cutanee e stata classificata in primaria e secondaria. La lesione primaria cutanea spunta dal niente e generalmente riflette l’eziologia sottostante può essere attribuita ad un limitato numero di malattie. Le lesioni primarie non sono sempre presenti al momento dell’esame clinico poiché possono essere molto fugaci. Le vescicole e le pustole possono apparire velocemente per poi scomparire rapidamente. Esse possono lasciare il posto alle lesioni secondarie quali alopecia focale, collaretti epidermici, scaglie di iperpigmentazione e croste. Le lesioni primarie possono essere difficilmente identificabili perché miste alle lesioni secondarie. Una lesione secondaria è dovuta alle modificazioni cutanee causate da fattori quali il grattamento, le infezioni secondarie, le terapie farmacologiche ed i processi di guarigione. Le lesioni secondarie possono non essere diagnostiche. VALUTAZIONE DELLE LESIONI Per effettuare la diagnosi è fondamentale una approfondita ispezione seguita da palpazione, per valutare lo sviluppo, l’evoluzione e la distribuzione delle lesioni. Lesioni primarie: L’eritema può essere fisiologico ed associato a perdita di calore. È il primo segno di infiammazione della cute. Premendo con un pezzo di plastica trasparente o vetro su una lesione eritematosa, si può distinguere l’ingorgo vascolare tipico dell’eritema dall’emorragia cutanea. Una lesione che sbianca durante la pressione indica infatti che il colore rosso è dovuto ad un ingorgo vascolare. Questa tecnica è detto diascopia (l’emorragia non si sbianca con la diascopia). L’eritema è più frequente dell’emorragia cutanea, che è dovuta a difetti della coagulazione, avvelenamenti da Warfarin o emorragia locale. Le macule hanno un diametro fino ad 1 cm e possono essere un segno predominante nell’iperadrenocorticiscmo del cane. La macchia è una macula più grande di 1 cm di diametro. I cambiamenti di colore delle macchie e macule sono dovuti ad un aumento nella pigmentazione per presenza di melanina,una depigmentazione, eritema od emorragia locale. L’iperpigmentazione può essere post‐infiammatoria (a seguito di una piodermite superficiale in fase di guarigione) od un segno di malattia non infiammatoria come le dermatosi endocrine (nei disordini endocrini sono frequenti le manifestazioni cutanee legate alla pigmentazione più che alla comparsa di macchie). L’ipopigmentazione può essere infiammatoria, particolarmente quando il danno si estende oltre la membrana basale e ne consegue guarigione con cicatrice. Ipopigmentazione acquisita, non infiammatoria (vitiligine), possibilmente ereditaria, può verificarsi in alcune razze. I pomfi possono essere traumatici, di origine allergica od immunomediati. Possono essere rotondi, ovali od a placca e quelli adiacenti possono confluire assumendo forme irregolari. Sorgono rapidamente e scompaiono di solito nell’arco di ore. I ponfi sono la conseguenza dell’edema nel derma superficiale e non ci sono modificazioni patologiche delle cellule dell’epidermide. Essi possono essere incolori o colarti di rosa e sbiancano alla diascopia. La papula può essere dovuto all’accumulo di cellule, liquidi, detriti o depositi metabolici e può essere localizzata a livello follicolare o interfollicolare. L’infiltrato cellulare varia a seconda del processo patologico ma nella causa più comune di papule, quale la piodermite superficiale, 169 l’infiltrato è di natura neutrofila. Molte papule sono eritematose, ma possono essere di vario colore ad es color crema in adenomi sebacei. Uno o più peli che fuoriescono dal entro della papule indicano un’infezione batterica del follicolo pilifero. Le papule follicolari possono essere presenti in corso di distrofia follicolare e di difetti di cheratinizzazione, dove l’accumulo di detriti di cheratina al di sotto dell’orifizio follicolare produce un rigonfiamento. Alcune papule possono essere causati da accumuli di prodotti metabolici contenere calcio, come nella calcinosi circumscripta, mucina o lipidi. Le papule spesso incominciano come macule eritematose. Possono poi evolvere in croste. Le pustole sono piccole, fragili e si rompono rapidamente trasformandosi in croste. Esse possono avere una distribuzione follicolare o interfollicolare ed originare dall’epidermide o dal follicolo pilifero. Le pustole interfollicolari cominciano come macule per poi diventare papule ed infine pustole. Le pustole possono essere sterili o di natura infettiva (batteri). Esse possono essere di colore crema, gialle o verdi. Il caratteristico colore giallo è dato dallo stiramento dello strato superficiale per l’accumolo di infiltrato al di sotto che poi diviene visibile. Nelle cause più comuni, come le infezioni batteriche, l’infiltrato può contenere neutrofili, batteri, detriti e anche alcuni cheratinociti liberi. Le pustole possono essere caratteristiche del pemfigo foliaceo, demodicosi, dermtofitosi, dermatosi pustolare sub‐corneale, eruzione da farmaco. Le pustole possono essere anche emorragiche, molto grandi e circondate da una zona di eritema (piodermite profonda), ed in queste situazioni dovrebbe essere presa in considerazione l’ipersensibilità agli stafilococchi. Pustole molto grandi e flaccide, con minima infiammazione, suggeriscono immunosoppressione. La piodermite superficiale è una malattia batterica cutanea della parte superficiale dei follicoli piliferi o dell’epidermide interfollicolare immediatamente al di sotto dello strato corneo. Molti casi di piodermite superficiale presentano poche pustole, ma molte papule e lesioni secondarie quali scaglie e croste. In aggiunta molti animali mostrano un’alopecia a chiazze come conseguenza del danno follicolare e dell’auto‐traumatismo. La piodermite profonda non coinvolge solo i follicoli piliferi ma anche il derma o il sottocute. La parete follicolare può rompersi consentendo alla cheratina del fusto del pelo, ai batteri e ai prodotti batterici di penetrare all’interno del derma, provocando una foruncolosi. Gli ascessi possono essere localizzati nel derma o sottocute e sono più grandi e profondi delle pustole. Le placche possono essere dovute ad edema, associazione di papule adiacenti, possono essere di origine neoplastica, possono conseguire all’iperplasia del derma, dell’epidermide o di entrambi e possono anche risultare dalla deposizione di prodotti metabolici nella cute. I noduli, sono elevazioni circoscritte della cute di diametro maggiore a 1 cm, oltre ad essere più grandi delle papule, spesso si approfondano nel derma piuttosto che rimanere confinati all’epidermide. Come per le papule, l’infiltrato può essere infettivo, infiammatorio, granuloso, neoplastico o di origine metabolica. Sono tipici della pannicolite, che si manifesta con la comparsa di noduli duri e dolenti su tutto il corpo. I noduli devono essere differenziati dalle proliferazioni neoplastiche (tumori) I tumori sono dei grossi noduli. Possono essere mobili o localmente infiltranti, ulcerati o rilevati, con aspetto simil‐placca o peduncolati, maligni o benigni. Le cisti presenti nello spessore della cute, sono rivestite da epitelio generalmente originario dagli annessi cutanei piuttosto che dall’epidermide. Il contenuto delle cisti rispecchia il tessuto 170 epiteliale (per es cisti sebacee derivano dalle ghiandole sebacee). Le cisti possono rompersi e far uscire in superficie il loro contenuto attraverso un tragitto fistoloso. Possono essere congenite o svilupparsi tardivamente. Le vescicole sono minori di 1 cm di diametro e sono cavità ripiene di fluido che originano nell’epidermide o nel derma. Esse sporgono a livello della superficie cutanea e sono molto transitorie. La sporgenza cutanea è dovuta all’accumulo di liquido intercellulare sotto il tetto cutaneo. Sono viste nei primi stadi delle infezioni virali e possono anche essere la conseguenza di sostanze irritanti, bruciature, malattie autoimmuni. Le vescicole virali possono essere rapidamente infiltrate da cellule infiammatorie e diventare pustole. Il contenuto è generalmente essudato infiammatorio o siero che conferisce un colorito pallido, traslucido alla vescicola, contro quello giallo‐opaco delle pustole. Le bolle sono rilevanze cutanee ripiene di fluido maggiori di 1 cm di diametro. Il contenuto chiaro è composto da siero, ma può essere rosa o rosso in presenza di sangue. Le bolle sono molto transienti e sono riscontrate in alcune malattie autoimmuni e virali. La profondità della bolla determina l’aspetto della lesione. Nelle lesioni profonde, come nel pemfigo bolloso, la bolla è tesa e ben definita; nelle lesioni superficiali, come nel pemfigo volgare, la bolla è flaccida con tendenza ad allargarsi ai bordi. Segno di nikolsky: è un test basato sulla caratteristica degli strati della bolla di scivolare uno sull’altro. Esso è presente quando la cute apparentemente normale alla periferia di una bolla o vescicola può essere spostata con la pressione delle dita. La pressione laterale in questi casi può portare alla comparsa di una bolla Lesioni secondarie sono: Il callo è generalmente alopecico e si sviluppa generalmente in corrispondenza delle prominenze ossee (gomiti, talloni) in conseguenza della pressione e frizione. È caratterizzato da placche circolari di lichenificazione ed ipercheratosi. Il colore delle croste dipende dal loro contenuto: giallo‐verde se formato da pus; rosso scuro o marrone se da sangue. Croste insolitamente spesse si trovano in aree pelose della cute poiché il materaile è secco e tende ad aderire al pelo più strettamente rispetto alle zone glabre. Le scaglie sono presenti generalmente in corso di seborrea e contengono cheratinociti. Nel difetto di cheratinizzazione abbiamo un aumentato numero di cellule scarsamente differenziate eliminate dalla superficie cutanea, dove i loro aggregati sono visibili come scaglie. La cheratinizzazione è generalmente alterata da numerosi altri fattori interni, di conseguenza le scaglie, l’untuosità e l’odore sono aspetti secondari in molte malattie. La seborrea è un difetto di cheratinizzazione che determina aumentata formazione di scagli ed eccessiva untuosità della cute del mantello. La seborrea primaria è stata riscontrata nel cane e nel cavallo. La maggior parte dei casi di seborrea sono secondari ad un problema sottostante: ipotiroidismo, ectoparassiti, piodermiti, carenza di acidi grassi e micosi. La seborrea si presenta in diverse malattie ma la sua patogenesi è scarsamente conosciuta. La seborrea oleosa è caratterizzata da cute e peli grassi con un odore di rancido del mantello; la seborrea secca 171 invece dà secchezza della cute e dei peli del mantello con scaglie simili a uova di pidocchi aderenti ai peli. Nelle ipercheratosi l’aumentata produzione di cheratina a livello dell’epidermide determina una cute più spessa del normale, generalmente grinzosa, senza peli, secca e con presenza di scaglie. L’ipercheratizzazione è un reperto caratteristico della carenza di zinco. Nella paracheratosi si ha l’ispessimento grigio della cute dovuto all’incompleta cheratinizzazione delle cellule epiteliali. Il tragitto fistoloso quale apertura drenante della cute, può essere presente in corso di piodermite profonda, penetrazione di corpi estranei, pannicolite. Un tragitto fistoloso è anche considerato come un apertura drenante, ma questo tragitto è rivestito da epitelio. Aree di piodermite profonda di lunga durata, possono essere accompagnate dalla formazione di tragitti fistolosi. Le fissurazioni sono spesso multiple e si riscontrano nelle dermatosi croniche dove la cute è spessa ed anelastica e soggetta all’improvviso gonfiore a causa dell’infiammazione o del trauma. Esse sono tipicamente riscontrate nelle aree umide e poco aerate. Il comedone o punto nero è di solito leggermente sopraelevato rispetto alla superficie cutanea e può essere bianco o nero. Il punto nero è riscontrato nei cani che soffrono di difetti di cheratinizzazione, sia primaria che secondaria; si riscontrano in corso demodicosi e sono un reperto frequente sull’addome dei cani con iperadrenocorticismo. I comedoni sono la lesione primaria dell’acne felina e sono comunemente osservati nei disturbi endocrini e nella cute senile. Le escoriazioni sono superficiali e spesso lineari e sono il risultato dell’autotraumatismo conseguente allo strofinamento, mordicchiamento o leccamento. Esse sono quindi una caratteristica delle dermatiti pruriginose. Le escoriazioni sono soggette ad infezioni secondarie. Possono essere lineari o di aspetto puntiforme ed i peli circostanti sono spesso rotti o colorati dalla saliva in conseguenza del leccamento. Le erosioni hanno uno strato basale intatto e si formano quando le vescicole o le bolle si rompono ed espongono la loro base. La guarigione consegue senza formazione di cicatrice. L’infiammazione a livello del derma può esitare nella formazione di ulcere nelle quali la guarigione è associata alla formazione di una cicatrice. Le ulcere possono risultare da ischemia dovuta a compressione, neoplasia, infezione batterica o micosi profonda, può essere causata da iperadenocorticismo canino, da dermatite irritante da contatto o può sfociare da una neoplasia. Le ulcere sono profonde, hanno bordi escavati, sono soggette ad infezioni secondarie e sono lente a guarire. Le piaghe o ulcere da decubito sono il risultato di pressioni prolungate su un’area corporea piccola e sufficienti a sopprimere la circolazione capillare causando danno tissutale e necrosi. Le piaghe sono caratterizzate da una colorazione rosso porpora eritematosa a cui segue stillicidio, necrosi e ulcerazione. Quando la cute diventa necrotica, le aree colpite sono 172 scolorite, fredde e possono essere rugose ed umide o secche. Necrosi molto gravi possono trasformarsi in gangrene che possono essere umide o secche. La gangrena umida è causata da difficoltà del drenaggio linfatico e venoso insieme ad infezione dei tessuti ed è caratterizzata da tessuto gonfio e scolorito con un odore fetido. La gangrena secca si verifica quando la fornitura di sangue arterioso è occlusa, ma il drenaggio venoso e linfatico è intatto e non c’è infezione locale; è caratterizzata da un aspetto secco, scolorito e di aspetto simil‐pelle. La lichenificazione è la risposta al trauma cronico, in particolare frizione, ma anche infiammazione. L’area ispessita, spesso iperpigmentata, determina una presenza esagerata di pieghe con successiva macerazione e frequenti infezioni secondarie. La cute spesso si presenta asciutta. Spesso compare nelle aree di maggiore compressione in animali di grossa taglia (gomiti). La cicatrice si forma quando sono stati coinvolti gli strati basali dell’epidermide ed il derma sottostante è danneggiato e coinvolto in un processo infiammatorio. La superficie cutanea risulta sottile, priva di pelo ed ipopigmentata. Il collaretto epidermico è generalmente causato da una piodermite superficiale, sebbene la rottura di una pustola o bolla possa determinare una lesione simile. I collaretti epidermici sono in realtà delle pustole, vescicole o bolle decapitate che stanno diffondendosi alla periferia dando l’aspetto di un anello di scaglie. C’è spesso un’area di eritema intorno alla loro periferia. È comune la guarigione centrale con un’iperpigmentazione post infiammatoria. Anomalie della colorazione del pelo e della cute L’ispezione dei peli può rivelare segni di leccamento che, se prolungato, può causare una colorazione bruna. Anomalie della colorazione cutanea, compreso l’ittero, il pallore e l’eritema sono apprezzabili meglio a livello della mucosa orale, vaginale o congiuntivale. Il pallore cutaneo può indicare diminuita vascolarizzazione od anemia. L’eritema può risultare da infiammazione, prurito od ipertermia esso può comparire anche nelle fasi iniziali di lesioni specifiche come nella fotosensibilizzazione. La colorazione bluastra della gangrena precoce caratterizzata da cute fredda e perdita di elasticità. Ciò è particolarmente evidente su mammelle e capezzoli delle bovine nelle fasi precoci della mastite acuta causata da Staphylococcus aureus. Depositi bianco giallastri nella cute possono indicare calcinosi cutanea dovuta all’iperadrenocorticismo. L’ipopigmentazione può essere congenita o acquisita. L’ipopigmentazione dei peli si verifica nella senilità, ma può anche essere dovuta a traumi ripetuti. L’ipopigmentazione può essere post‐infiammatoria (ad esempio dopo una ferita) o idiopatica (nei pastori tedeschi è frequente a livello del muso). La depigmentazione del pelo si verifica nella leucotrichia congenita dei cavalli e nella vitilligine. La depigmentazione generalizzata del mantello può verificarsi in infezioni sistemiche gravi, nella paratubercolosi e in caso di malnutrizione. Lo scolorimento periorbitario è caratteristico della ipocuprosi dei bovini. L’ipopigmentazione può essere generalizzata come nell’albinismo, pseudoalbimismo e negli animali con il gene letale bianco. L’assenza di melaniciti nella vitiligine si manifesta con aree depigmentate i cui margini sono a volte iperpigmentati. L’iperpigmenatazione è dovuta ad un eccessiva quantità di melanina nell’epidermide e nel derma a volte si verifica dopo interventi chirurgici. Anche le marcature con strumenti freddi causano depigmentazione per distruzione dei melanociti. 173 Un eccesso di melanina può essere dovuto ad un aumento dei melanociti o dei melanosomi nell’epidermide. Un numero aumentato di melanociti è presente nella lentigine. L’ipermelanosi può essere notata in corso di ipotiroidismo e iperadrenocorticismo. Nell’acantosis nigrigans aree di iperpigmentazione, linchenificazione ed alopecia compaiono a livello delle ascelle e spesso si diffondono fino ad interessare la superficie flessoria di tutti gli arti e la parte ventrale del corpo. Il prurito è una manifestazione comune di malattia cutanea (allergia, ectoparassiti, secondario ad infezioni batteriche o micotiche) ed è quasi sempre causata da anomalie dell’epidermide. Il prurito risulta dalla stimolazione delle terminazioni delle fibre nervose localizzate a livello della giunzione tra il derma e l’epidermide. Si manifesta col grattamento, mordicchiamento, strofinamento o leccamento. Il dolore si manifesta con ansietà, riluttanza al movimento e una dolorosa risposta alla palpazione delle cute affetta. Le vescicole a livello delle bande coronarie, pieghe interdigitali e capezzoli degli animali da allevamento come si vede nell’afta e malattie vescicolari, possono causare zoppia e capezzoli doloranti. Anomalie della sudorazione L’attività delle ghiandole sudoripare è controllata dal sistema nervoso autonomo e riflette la temperatura corporea. L’eccitamento ed il dolore possono causare la sudorazione prima dell’innalzamento della temperatura; in questo caso la sudorazione è dovuta all’attività centrale autonoma ed al rilascio di adrenalina. Aree locali di anomala sudorazione possono essere dovute a lesioni nervose periferiche od ostruzione dei dotti delle ghiandole sudoripare. L’iperidrosi generalizzata è importante solo nei grossi animali si verifica spesso nel cavallo dopo lavoro intenso o esposizione a alte temperature oppure per forti dolori o processi morbosi come insufficienza cardio‐circolatoria, contrazioni spasmodiche ecc. l’iperidrosi localizzata invece è dovuta a lesioni dei nervi periferici, fatti compressivi o infiammatori del midollo. L’anidrosi o ipoidrosi è una sudorazione ridotta, si manifesta con cute secca e desquamante, spesso per distruzione delle ghiandole sudoripare o disidratazione. Più importante è quella che si verifica a livello di alcune zone particolari come il tartufo del cane o il musello del bovino in questi casi è legato a processi febbrili. L’ematidosi è una sudorazione color sangue dovuta ad emorragie nel lume delle ghiandole o nei dotti escretori. Può essere vista nei cavalli con anemia infettiva, porpora emorragica e varie diatesi emorragiche. Anomalie delle ghiandole sebacee Il sebo viene prodotto dalle ghiandole sebacee e ha la funzione di idratare e rendere elastica la cute. Alterazioni della secrezione sebacea sono: seborrea che è un aumento della secrezione, in questi casi la cute e i peli appaiono grassi si può accompagnare a desquamazione per cui sulla cute compaiono croste e scaglie (seborrea secca). Se lo sbocco dei follicoli è occluso si formano i comedoni per accumulo di secreto. Altra condizione è l’asteatosi che è la diminuzione della secrezione sebacea in questi casi la cute appare secca, desquama facilmente e può presentare ragadi, si verifica spesso in caso di atrofia e sclerosi della cute o in corso di malattie interne. 174 Il grado di idratazione della cute è valutato sollevando la cute in una piega tra le dita e poi rilasciandola. La cute disidrata resta sollevata o torna lentamente nelle posizione di partenza. La cute può sembrare umida negli animali con normale sudorazione ed esageratamente umida nei cavalli con iperidrosi. Animali che hanno mordicchiato o leccato la cute possono renderla umida. Ciò può essere accompagnato da una pigmentazione bruna dovuta all’azione dei batteri sui lipidi dei peli. La cute alopecica può sembrare calda e asciutta. La cute del cane atopico può sembrare calda ed umida. Negli animali ipotiroidei la cute è fredda e secca. Variazioni di elasticità estensibilità e spessore della cute Le proprietà meccaniche della cute dipendono principalmente dal derma. La perdita di elasticità (ipotonia) si manifesta con rugosità eccessiva e cute che non ritorna nella posizione di partenza quando sollevata in pliche. Ipotonia può essere presente in corso di ipeadrenocorticismo, stati catabolici (mal nutrizione e diabete mellito), difetti ereditari (astenia cutanea), senilità. L’iperelasticità e l’iperestensibilità sono presenti nell’astenia cutanea. La cute sottile è generalmente diffusa e associata con atrofia cutanea; è caratterizzata da eccessiva rugosità e trasparenza. Un’atrofia cutanea localizzata che si verifica dopo una dermatite o pannicolite può determinare un’area di depressione cutanea. La cute spessa può essere generalizzata o localizzata (sclerosi) e generalmente indica un’infiammazione od un’infiltrazione. Aumenti di spessore della cute sono rappresentati da: 1)pachidermica, è un aumento di spessore legato a iperplasia di elementi tissutali cutanei tipico delle dermatiti croniche. 2) elefantiasi è un’iperplasia del derma e del connettivo sottocutaneo localizzato agli arti per ostacolata circolazione venosa e linfatica di antica data. 3) ipercheratosi è un’ipertrofia del tessuto corneo e può essere congenito (ittiosi congenita) o acquisita. Anomalie del pelo e della lana L’alopecia primaria può essere dovuta sia al mancato sviluppo del follicolo pilifero sia alla mancata produzione di peli o lana. La disfunzione follicolare è frequente nelle patologie endocrine, come l’ipotiroidismo del cane. L’ormone tiroideo è importante per iniziare la fase di anagen del ciclo del follicolo pilifero,in più aumenta la velocità di crescita e la lunghezza. Quindi la deficienza di tale ormone determina alopecia. L’iperadrenocorticismo è la seconda malattia ormonale che causa alopecia. I glucocorticoidi inibiscono l’attività follicolare, diminuiscono la velocità di crescita del pelo. Anche fattori stressanti, quali febbre, shock, gravi malattie, gravidanza, lattazione, certi farmaci possono provocare la cessazione dell’anagen. I peli saranno quindi eliminati 2‐3 mesi più tardi con l’inizio di una nuova ondata di crescita follicolare. L’incapacità del follicolo di produrre peli può essere congenita, o causata da una deficienza nutrizionale o una malattia sistemica grave. L’alopecia secondaria è dovuta alla perdita di peli preformati. Le cause più comuni sono dermatofitosi, malnutrizione, e danno traumatico delle fibre in seguito a grattamento, leccamento, strofinamento e mordicchiamento della cute. L’ipertricosi o eccessiva crescita di peli è generalmente dovuta a cause ormonali o di sviluppo. L’irsutismo si manifesta con un mantello lungo, arruffato, riccio , che può ricoprire tutta la superficie corporea o solo alcune regioni 175 Esalazioni abnormi Odore abnorme può conseguire alla decomposizione del secreto delle ghiandole sebacee e delle cellule di sfaldamento oppure per lo smaltimento di sostanze accumulatesi nel sangue (urea in corso di insufficienza renale). Anomalie di unghie, polpastrelli, corna e zoccoli Nei cani eritema dei polpastrelli può essere indicativo di infestazioni da anchilostomi, mentre ipercheratosi, sempre a livello dei polpastrelli, si verifica in caso di cimurro (soprattutto dopo il superamento dell’infezione) e in alcune carenze minerali (zinco). Unghie fragili e storte possono essere causate da malnutrizione o infezioni fungine. La paronichia è l’infiammazione del letto dell’unghia e si manifesta con gonfiore e dolore, spesso è di origine batterica. La perdita dell’unghia può essere da cause traumatiche, infettive o malattie autoimmune. La pododermatite plasmacellulare felina può determinare l’aumento di volume e sofficità dei cuscinetti palmari e causare deiscenza del derma. Nei cani è molto importante ispezionare la cute interdigitale per valutare la presenza di cisti, mentre nel bovino a questo livello si può rinvenire granuloma interdigitale (eritema con erosioni). Nei ruminanti è importante ispezionare lo zoccolo. La pedaina delle pieghe dei bovini è un’infezione necrotica che origina dal derma e coinvolge la cute e i tessuti molli sottostanti. Sempre nei bovini si può avere la dermatite interdigitale, che coinvolge la cute ma non i tessuti sottostanti. La dermatite digitale è un’infiammazione della parte plantare del pastorale dei bovini. L’iperplasia della cute interdigitale è caratterizzata dall’eccesso di tessuto epidermico e dermico che occupa lo spazio interdigitale. Nella pecora la pedaina è un’infezione batterica con infiammazione dei tessuti epidermici dello zoccolo che causa separazione dell’unghia dello zoccolo e comincia come dermatite interdigitale. La dermatofitosi di bovini e cavalli si vede come eritema con formazione di scaglie e perdita del pelo. La stomatite esinofilica del cavallo oltre a causare ulcerazioni della mucosa buccale generalizza causando anche ulcere delle bande coronarie. Fessure dello zoccolo possono essere da cause infettive o traumatiche. Alla palpazione il rilievo di calore localizzato può essere dovuto a laminite, intossicazione da molibdeno o da selenio. Le corna in caso di anomalie nutrizionali o sistemiche possono diventare fragili mostrando anelli circolari. Variazioni patologiche della temperatura La temperatura della cute è in rapporto a quella interna e alla ripienezza dei capillari cutanei. I movimenti del corpo attivano la circolazione capillare inducendo un aumento della temperatura che dura fino all’inizio della sudorazione. In condizioni patologiche la temperatura può essere aumentata o diminuita su tutta la superficie corporea o su zone limitate. È aumentata su tutta la superficie in corso di processi febbrili, colpo di calore e colpo di sole. È aumentata localmente in corso di infiammazioni di cute e organi sottostanti. Le diminuzioni della temperatura su tutta la superficie corporea si hanno in caso di collasso, insufficienza cardio‐circolatoria ed emorragie. Diminuzioni locali invece si hanno nelle necrosi dei tessuti, trombosi, paresi o paralisi di arti ecc. Va ricordato che alcune estremità corporee (orecchie, naso, arti) risultano più fredde all’inizio di processi febbrili ma poi la loro temperatura invece risulta aumentata per tutta la durata del processo febbrile. 176 Edema L'edema è rappresentato da un aumento localizzato o generalizzalo di notevole entità e durata del liquido interstiziale. Esso può imbibire la cute ed il tessuto connettivo sottocutaneo. Perchè l'edema sia evidenziabile, l'aumento del liquido interstiziale della cute e del sottocute deve superare almeno del 10% la quota normale. L'aumento del liquido interstiziale nell'edema è dovuto ad una alterazione degli scambi tra plasma sanguigno ed interstizio per un aumento della filtrazione del plasma attraverso i capillari o per un diminuito riassorbimento di liquido dall'interstizio attraverso le pareti dei capillari stessi; l'alterazione di questi scambi idrici non interessa il liquido intracellulare o talvolta solo secondariamente. I fattori che regolano ed influenzano questo flusso di liquido nei due sensi, sono molteplici. Il plasma sanguigno contiene acqua, sostanze proteiche e sostanze minerali; gli stessi componenti si ritrovano nel liquido interstiziale, ma con un contenuto di sostanze proteiche molto inferiore a quello del plasma. Infatti le pareti dei capillari lasciano filtrare molto facilmente l'acqua ed i cristalloidi mentre ciò avviene con molta difficoltà per le proteine. Delle proteine contenute nel liquido interstiziale prevalgono, dato il loro peso molecolare e le dimensioni inferiori, le albumine sulle globuline e sul fibrinogeno. Qualora intervengano fattori patologici che siano in grado di ledere l'integrità e la funzionalità delle pareti capillari, quali le tossine microbiche, l'istamina liberata in stati allergici, l'anossia, le elevate temperature, etc, si può avere un aumento della permeabilità capillare e quindi l'edema. Il contenuto di proteine nel plasma è fondamentale, infatti alla quota proteica è legata la pressione colloido‐osmotica (o pressione oncotica) del plasma che trattiene, in condizioni fisiologiche, nei capillari la parte liquida del plasma ed esercita un richiamo della stessa dall'interstizio. La pressione colloido‐osmotica del plasma è dovuta in massima parte alle albumine ed in misura molto inferiore alle globuline. Alla pressione oncotica del plasma si oppone la pressione meccanica del sangue nei capillari; questa nei capillari più vicini al lato arterioso è superiore a quella del lato venoso. La pressione capillare nel lato arterioso essendo superiore a quella colloido‐osmotica del plasma, permette il passaggio nell'interstizio di acqua, soluti del plasma (elettroliti, glucosio, urea) e di una modesta quantità di proteine (albumine); viceversa nel lato venoso prevale, sulla pressione capillare, quella colloido‐osmotica del plasma per cui si avrà un riassorbimento nell'interno del vaso di acqua, cristalloidi e scorie di ritorno dai tessuti, ma non di proteine (che come si vedrà vengono riassorbite dai vasi linfatici). Tutti i fattori patologici che alterano l'equilibrio di queste due forze antagoniste e cioè che siano in grado di determinare una diminuzione della pressione colloido‐osmotica (iponchia) per diminuzione delle proteine plasmatiche (particolarmente delle albumine), oppure un aumento della pressione capillare dal lato venoso, possono determinare la comparsa dell'edema. Un'altra forza, anche se modesta, che si oppone come la pressione oncotica del plasma al passaggio di acqua dai capillari nell'interstizio è data dalla pressione dei tessuti. Questa pressione varia da regione a regione, è praticamente nulla nelle sierose; nelle palpebre, nei genitali, nella giogaia dei bovini dove la cute è più cedevole ed il sottocute privo di grasso, l'edema si forma, qualora intervengano delle condizioni edemigene, più facilmente e più abbondantemente che in altre regioni. Attraverso le pareti dei capillari riesce a filtrare anche una piccolissima quantità di proteine le quali determinano una pressione colloido‐osmotica propria del liquido interstiziale. Questa pressione si oppone a quella colloido‐osmotica del plasma e quindi al riassorbimento di acqua dall'interstizio nei capillari (dal lato venoso), ma in condizioni fisiologiche il suo valore è minimo appunto in rapporto al modestissimo contenuto di proteine. Se però, per condizioni pato‐
logiche, la quantità di proteine nel liquido interstiziale aumenta,sia per una maggior filtrazione attraverso le pareti dei capillari, che per un diminuito riassorbimento delle stesse da parte dei vasi linfatici, si può avere la formazione di edema. 177 Il liquido interstiziale viene riassorbito oltre che dal lato venoso dei capillari anche dai vasi linfatici i quali originano a fondo cieco e sono costituiti per di più da un endotelio che, a differenza di quello dei capillari sanguigni, viene facilmente attraversato dalle proteine. Queste infatti dall'interstizio vengono riassorbite soltanto per questa via e qualora si abbia un ostacolato deflusso della linfa in una regione si può avere edema in quanto non potrà essere riassorbita per questa via parte di acqua e cristalloidi dall'interstizio, ma soprattutto perchè, in tale sede aumenta la quota di proteine le quali determinano l'aumento della pressione oncotica del liquido interstiziale e quindi il conseguente richiamo di acqua. Nel ricambio idrico oltre ai fattori sopra ricordati notevole importanza riveste il cloruro di sodio. La pressione colloido‐osmotica legata alle proteine del plasma, nonostante la sua importanza fondamentale negli scambi dell'acqua nell'organismo, rappresenta un valore molto piccolo della pressione osmotica totale del sangue. La pressione osmotica del sangue, oltre la quota dovuta alle proteine (pressione oncotica), e determinata dagli elettroliti e dai cristalloidi organici; di questi gli ioni sodio e cloro hanno la massima importanza. Un aumento di questi due elementi (cloruro di sodio) nel sangue per aumentata ingestione o più spesso per diminuita eliminazione (da diminuita filtrazione attraverso i glomeruli renali od aumento del suo riassorbimento a livello dei tubuli) comporta un aumento della pressione osmotica e conseguentemente un aumento di secrezione, da parte della postipofìsi, di ormone antidiuretico che determina la ritenzione di acqua e quindi aumento della pressione capillare. L'aumento della pressione capillare faciliterà l'insorgenza o l'aumento dell'edema per cui il cloruro di sodio deve essere considerato, in tal caso un fattore edemigeno collaterale. L'aumento del tasso ematico di cloruro di sodio può determinare od aggravare l'edema attraverso un altro meccanismo. Al fine di mantenere inalterala la concentrazione di ioni sodio nel plasma il loro eccesso passa nell'interstizio dove conseguentemente, per non avere un'alterazione della concentrazione molecolare del liquido interstiziale, si ha un richiamo dal plasma di una maggior quantità di acqua e quindi la formazione di edema. Questo edema che serve a mantenere inalterata l'omeostasi della concentrazione molecolare dei tessuti, elemento indispensabile alla vita ed alla attività delle cellule, va considerato come un edema di compenso. Infine un altro fattore edemigeno è rappresentano dalle alterazioni della innervazione (come si può avere nella paralisi di alcune regioni del corpo) in cui si ha aumento della filtrazione di acqua dal plasma all'interstizio per vasodilatazione (edema angio‐neurotico) come pure diminuito riassorbimento di liquido e proteine dall'interstizio ai vasi linfatici per stasi della linfa, la cui progressione è legata essenzialmente al movimento muscolare che è appunto, nelle alterazioni della innervazione, arrestato. L'equilibrio dei vari fattori che intervengono nel ricambio idrico è regolato ed influenzato oltre che dal metabolismo generale e da varie condizioni patologiche anche dall'apparato endocrino. La tiroide esplica indirettamente una azione sul movimento idrico dell'organismo; infatti mantiene la normale escrezione di acqua e di sodio regolando la portata sanguigna renale. Nell'ipotiroidismo primitivo si ha una produzione eccessiva di ormone tireotropo ipofisario che comporta un aumento dei mucopolisaccaridi della sostanza fondamentale del connettivo con relativo aumento nell'interstizio di acqua (mixedema) attratta da queste sostanze per aumento della pressione oncotica. Pure gli ormoni sessuali influenzano il contenuto di acqua dei tessuti e precisamente la follicolina aumenta la idratazione degli stessi mentre l'ormone del corpo luteo la riduce. L'ipofisi interviene regolando la diuresi mediante l'ormone antidiuretico il quale modifica il riassorbimento di acqua nei tubuli renali. La corteccia surrenale ha pure notevole importanza sul ricambio idrico e salino (acqua e sodio) esplicando la sua azione sul riassorbimento tabulare del sodio: infatti gli ormoni mineralcorticoidi tra cui particolarmente l'aldosterone, il desossicorticosterone (DOC) e il suo acetato (DOCA) determinano la ritenzione di sodio e conseguentemente il riassorbimento tubulare dell'acqua. Nei casi di insufficienza corticosurrenale si osserva perdita di sodio per via renale che è accompagnata da perdita di acqua per la stessa via. Somministrando invece, a volte a scopo terapeutico, gli ormoni cortisurrenali sopra ricordati, a dosi elevate e protratte si 178 può avere ritenzione di sodio e conseguentemente di acqua con relativa formazione di edemi. L'ipofisi anteriore, mediante il suo ormone ACTH, in quanto attiva la corteccia surrenale, ha azione analoga a quella dei mineralcorticoidi sul ricambio del sodio e dell'acqua. È bene tener presente che ognuno dei fattori edemigeni sopra ricordati soltanto alcune volte agisce da solo, più spesso esso rappresenta il fattore dominante, ma non esclusivo ; infatti contemporaneamente o successivamente ne intervengono altri i quali costituiscono elementi, anche se di second'ordine, che rendono in ogni modo più complessa la patogenesi dell'edema stesso. L'edema può essere generalizzato o localizzato; quando è diffuso a tutto o quasi il tessuto connettivo sottocutaneo si dice anasarca. La pelle, nell'edema, diviene turgida, tesa, lucente dove è priva di peli (genitali), aumenta di volume e pertanto le pieghe cutanee scompaiono, è difficile od impossibile sollevarla in piega. Se sulla superfìcie cutanea edematosa si preme con un dito, questo determina la formazione di un'impronta che scompare solo lentamente; in questo caso l'edema viene definito pastoso. Solo raramente e quando l'imbibizione cutanea duri da lungo tempo, la cute, in seguito ad una reazione iperplastica connettivale, non è più pastosa e compressibile e non riceve più quindi l'impronta del dito; in ogni caso però la cute perde l'elasticità. Negli edemi di natura non infiammatoria la pelle assume in genere un aspetto pallido per ischemia dei capillari conseguente all'aumentata pressione tessutale; ciò è naturalmente evidenziabile nelle regioni depigmentate e prive di pelo. Il liquido dell'edema ha una costituzione molto simile qualitativamente a quella del normale liquido interstiziale e del plasma sanguigno, cioè contiene acqua, sali, glucosio e sostanze proteiche, ma queste ultime in percentuale diversa a seconda del meccanismo patogenetico con il quale l'edema si è formato; infatti qualora la causa non sia flogistica, il liquido si chiama trasudato e la sua composizione è simile a quella del normale liquido interstiziale, mentre quando il fattore edemigeno è di natura infiammatoria, il liquido si chiama essudato ed ha una composizione simile a quella del plasma sanguigno con un contenuto proteico tuttavia infe‐
riore, ma sempre superiore a quello del liquido interstiziale. A tal punto bisogna ricordare che non sempre esiste una differenza netta tra essudato e trasudato. Da un punto di vista eziologico possiamo classificare gli edemi in edema da causa circolatoria, discrasico da malattie endocrine, allergico ed infiammatorio. Edema da cause cardio‐circolatorie. ‐ È conseguente ad aumento di volume del sangue nei vasi venosi ed all'aumento di pressione venosa che si fa risentire a ritroso sino al lato venoso dei capillari ; si avrà ostacolato riassorbimento del liquido interstiziale nell'interno dei capillari per prevalènza della pressione capillare su quella oncotica e nei casi, dove la pressione è partico‐
larmente elevata, pure aumento della filtrazione capillare. Partecipano alla patogenesi di questo edema anche altri fattori che sono diversi a seconda del tipo di disturbo di circolo. L'edema può essere generalizzato o localizzato. In forma generalizzata si può riscontrare, nell'insufficienza cardio‐vascolare e nei disturbi meccanici dei grossi vasi venosi (compressioni da neoformazione di natura infiammatoria o neoplastica in sede mediastinica, da ernia.diafram‐matica, etc). Nell'insufficienza cardiaca oltre all'aumento della pressione venosa e quindi diminuito riassorbimento di liquido dall'interstizio, si avrebbe pure un aumento della permeabilità capillare conseguente a disturbi trofici delle pareti da anossia per rallentato circolo sanguigno. A questo fattore oggi si da importanza molto modesta, mentre è notevole, nel determinismo dell'edema da stasi di origine centrale, quella attribuita alla ritenzione di clo‐
ruro di sodio; ritenzione sia da diminuita filtrazione glomerulare che da aumentato riassorbimento tubulare. Nell'edema conseguente all'ostacolato scarico venoso nel cuore, l'aumento della pressione nell'interno dei grossi tronchi venosi determina pure un ostacolato scarico dei dotti linfatici, la cui stasi a monte provoca un diminuito riassorbimento dall'interstizio di liquido e proteine; pertanto anche questa stasi linfatica secondaria partecipa alla formazione o per lo meno all'aumento dell'edema stesso. 179 Edema localizzato si può osservare nei disturbi locali della circolazione venosa sia che colpiscano le vene (trombosi e tromboflebiti) sia che interessino i tessuti adiacenti (neoformazioni, etc). La stenosi venosa deve essere tale che il disturbo circolatorio non possa venir compensato da un circolo collaterale. Forse di natura meccanica da ostacolato circolo di ritorno per compressione fetale, vanno considerati gli edemi che possono riscontrarsi negli ultimi mesi di gravidanza negli animali. Essi si localizzano preferibilmente nelle parti declivi del corpo con sede di elezione nel bovino agli arti posteriori, nel cavallo alla faccia ventrale dell'addome. Nelle affezioni cardio‐circolatorie l'edema cutaneo presenta delle caratteristiche cliniche che sono rappresentate dalla sua comparsa non precoce rispetto alla malattia causale; spésso, par‐
ticolarmente nei piccoli animali, è preceduto od accompagnato da ascite e più raramente da idrotorace ed idropericardio. Esso si presenta di consistenza pastosa, non dolente e freddo; non appare inizialmente mai in forma generalizzata; la sua comparsa in alcune sedi di predilezione rappresentate dalle regioni ricche di tessuto connettivo sottocutaneo lasso e dalle parti declivi e simmetriche del corpo; non è infine nettamente limitato. Nei bovini tali edemi compaiono facilmente alla giogaia, nei cavalli nella faccia inferiore dell'addome, nei cani nel prepuzio e nelle estremità distali degli arti. Quando l'edema è localizzato può essere limitato al territorio della stasi. Edema discrasico. ‐ È quello che consegue a malattie che alterano la crasi sanguigna determinando particolarmente una diminuzione delle proteine. Lo stato di ipoprotidemia e più esattamente di ipoalbuminemia sarebbe alla base di questo edema. Le malattie che vengono prese come prototipo di edema iponcotico sono nell'uomo le affezioni renali che comportano notevole proteinuria, tra cui particolarmente la nefrosi e la glomerulonefrite in cui si ha eliminazione di albumina in quantità tale da poter determinare uno stato iponcotico del sangue. Tuttavia in queste malattie si attribuisce notevole importanza, nella patogenesi dell'edema, alla ritenzione di acqua e di cloruro di sodio. Negli animali domestici l'insorgenza di edemi nel corso di nefropatie, anche se altamente albuminuriche, è del tutto eccezionale. Alcune malattie epatiche, specialmente se ad andamento cronico (cirrosi, epatiti), possono determinare l'insorgenza di edema. In questi processi morbosi si osserva diminuzione delle albumine plasmatiche, l’ipoalbuminemia porta ad iponchia la quale viene a costituire un fattore edemigeno. Non bisogna pensare però che la patogenesi di questi edemi sia così semplice perchè alla loro formazione concorrono più fattori tra i quali: l'ipertensione della vena porta, la ritenzione di sodio ed acqua (a sua volta conseguente ad alterazione renale secondaria all'epatopatia, a mancata inattivazione da parte del fegato dell'ormone antidiuretico postipofisario, ad aumento delia secrezione da parte della corteccia surrenale di desossicorticosterone). Questo edema di origine epatica, oltre a raccogliersi con una certa predilezione nella cavità peritoneale (ascite), si osserva nelle parti più declivi del corpo (arti, faccia ventrale dell'addome, etc.); è molle, non dolente e freddo. Le malattie croniche gravi infettive (tubercolosi) o parassitarie (strongilosi broncopolmonare degli ovini, distornatosi epatica dei bovini e degli ovini), le anemie gravi possono condurre ad una discrasia ipoprotidemica e quindi alla formazione dell'edema; oltre allo stato di iponchia concorre anche l'aumentata permeabilità capillare da anossia delle pareti vasali. Tali edemi si possono osservare pure in seguito a malattie croniche e gravi dell'apparato gastro‐enterico (stenosi esofagea, gastro‐enteriti croniche) che non permettono ingestione di alimenti o la digestione e l'assimilazione degli stessi (edemi da fame o edemi cachettici). Il meccanismo di formazione degli edemi anche in queste malattie, pur riconoscendo come fattore dominante la ipoprotidemia, è piuttosto complesso. La loro comparsa rispetto al processo morboso determi‐
nante è piuttosto tardiva; si localizzano alle parti declivi del corpo (arti, addome) ai genitali esterni; sono freddi, indolenti e pastosi. 180 Edema da malattie endocrine. ‐ Gli stati patologici di alcune ghiandole endocrine partico‐
larmente della tiroide, dell'ipofisi e della corteccia surrenale possono determinare. In animali, particolarmente vitelli, cavalli, suinetti e cani, con ipotiroidismo si osserva un particolare tipo di edema, a volte diffuso a tutta la superficie del corpo, che prende il nome di mixedema, una concausa è la diminuzione della escrezione renale di acqua e sali. Gli edemi conseguenti a disfunzioni delle altre ghiandole endocrine sono rari negli animali. A tal punto si può ricordare' l'edema mammario abnorme da parto che sarebbe conseguente a disturbi neuroendocrini. Edema allergico. – In alcuni stati allergici per azione di istamina o sostanze istaminosimi si ha una rapida vasodilatazione con relativo aumento della permeabilità capillare che comporta una aumentata filtrazione nell'interstizio di liquido e sostanze proteiche. Il liquido interstiziale in questi edemi è da considerare, per il suo alto contenuto di proteine, più che un trasudato un essudato. Questo edema interessa generalmente il tegumento e può essere localizzato al derma o al sottocute. Nel primo caso si ha un sollevamento dell'epidermide che è ben circoscritto e che si chiama pomfo; nel secondo caso invece l'essudato si diffonde in zone più o meno ampie con delimitazione non molto esatta. Quando l'edema è localizzato al derma si ha pure notevole prurito, che in genere precede la comparsa del pomfo, determinato dall'azione della sostanza istaminica sulle terminazioni nervose sensitive ; il prurito invece manca quando l'edema è localizzato al tessuto sottocutaneo. Questo edema è caratterizzato da una rapida comparsa e da una altrettanto rapida scomparsa; è indolente e la consistenza è più dura di quella degli edemi presi in esame precedentemente; quello del sottocute è sempre pallido, mentre il pomfo può essere più o meno rosso. Si può osservare in tutti gli animali e come zone di predilezione interessa la testa, particolarmente le palpebre, ed i genitali esterni. Un tipico esempio di edema allergico del derma è rappresentato dall'orticaria. Edema infiammatorio. ‐ Questo edema accompagna i vari processi infiammatori acuti localizzati alla cute o al connettivo sottocutaneo, come pure alcune malattie infettive setticemiche. Vari fattori intervengono nel suo determinismo e particolarmente la vasodilatazione prodotta dall'agente flogogeno, quindi aumento della permeabilità vasale. Il processo infiammatorio comporta pure la occlusione di alcuni capillari venosi e linfatici per cui il drenaggio del liquido interstiziale è notevolmente ostacolato. L'edema infiammatòrio è caratterizzato, oltre che da tumefazione locale, da rossore, calore e dolore, ed a seconda della sua evoluzione può rimanere localizzato oppure diffondersi a vaste zone. Il liquido è un tipico essudato ricco di elementi morfologici del sangue. Come già è stato detto si osserva nelle dermatiti in generale, in seguito a punture di insetti, ad iniezioni sottocutanee di sostanze irritanti, nel corso di alcune malattie infettive quali il carbonchio ematico, il carbonchio sintomatico, l'edema maligno, la pasteurellosi dei bovini e dei bufalini, etc. L'edema infiammatorio collaterale insorge in seguito ad intensi processi infiammatori di organi situati più o meno profondamente. Così esso si verifica nella regione del naso per una grave rinite, nelle regioni delle guancie e faringea per una stomatite ed una faringite profonda, nel perineo e genitali esterni per lesioni infiammatorie gravi degli organi genitali interni o del retto, etc. L'edema infiammatorio collaterale presenta i caratteri dell'infiammazione (rossore, calore è dolore) in maniera molto più modesta. Enfisema sottocutaneo o pneumoderma. La presenza di aria o gas nel connettivo sottocutaneo dicesi pneumoderma. Questo può essere circoscritto o diffuso. Per un piccolo accumulo di aria o di gas nel tessuto sottocutaneo, il sollevamento della cute è appena apprezzabile, ma diviene considerevole nei gradi più elevati. 181 Nell'uno e nell'altro caso la parte non conserva l'impronta digitale, e elastica e sotto la pres‐
sione si sente un rumore crepitante, simile a quello che si produce quando si comprime un pezzo di polmone pieno d'aria; alla percussione si ha una risonanza timpanica o di pentola fessa. L'aria può penetrare nel sottocute dall'esterno attraverso lesioni di continuo dei tegumenti o giungervi dall'interno, provenendo dalle vie aeree o dal tubo gastro‐enterico. Le ferite, della, cute e del connettivo sottostante di alcune regioni del corpo sono facilmente seguite da pneumoderma; tali sono le ferite della regione inguinale, ascellare o del collo. La particolare rilassatezza del sottocutaneo ed i movimenti della ferite favoriscono il passaggio dell'aria dall'esterno nelle maglie del sottocutaneo. Nelle ferite penetranti della laringe, della trachea, dei polmoni se manca il parallelismo tra la ferita interna dell'organo respiratorio e quella esterna dei tessuti circostenti, l'aria s'infiltra facilmente nel sottocutaneo. In alcuni processi morbosi dell'apparato respiratorio, accompagnati da lacerazione delle pareti di un certo numero di alveoli, come si può verificare nell'enfisema polmonare e nella bronchite con tosse violenta (influenza dei bovini)l’aria giunge nel tessuto sottocutaneo, determinandovi pneumoderma. Il percorso seguito dall'aria è generalmente il seguente: alveoli lacerati, connettivo interstiziale del polmone e sottopleurico, ilo del polmone, lamine del mediastino, infine connettivo pariesofageo, peritracheale, perivascolare, raggiungendo così il connettivo dell'entrata del petto. Di qui l'infiltrazione di aria si può estendere, più o meno diffusamente, alle regioni limitrofe. Anche in seguito a punture del rumine o degli intestini, del retto, dell'esofago, delle tasche gutturali l'aria o il gas contenuto si può infiltrare nel connettivo producendo l'enfisema sottocutaneo delle regioni più vicine. A queste punto va ricordato che se il gas che si trova nel sottocutaneo ha un'origine autoctona, si sviluppa cioè in seno ed a spese dei tessuti stessi per azione di germi anaerobi non si tratta di pneumoderma, bensì di edema gassoso. La tumefazione crepitante provocata dal metabolismo di questi germi può avere sede in diverse parti del corpo; essa interessa non solo il cellulare sottocutaneo, ma anche le masse muscolari. Questa tumefazione è tesa, edematosa e all'inizio dolente; poi la sensibilità scompare man mano che la pelle si fa coriacea, secca e ghiaccia, ma anche in questo momento il carattere infiammatorio permane nelle zone periferiche. Alla percussione la risonanza è timpanica. Incidendo fuoriesce un liquido rosso scuro, denso, commisto a bollicine d'aria, di odore di grasso rancido (carbonchio sintomatico) o piuttosto fetido (edema maligno). Note: edemi sottocutanei: Possono essere superficiali o profondi (cavitari).I superficiali nei bovini si verificano a livello degli spazi intramascellari, giogaia, arti, e nella porzione anteriore della mammella , nei cavalli a livello degli spazi intermascellari, arti e porzioni ventrali del torace e precisamente all’ entrata del petto (edema del tavolato); nei cani a livello scrotale, del prepuzio e arti ; nel suino agli arti. Nei grossi animali sono piu’ frequenti gli edemi superficiali ; nel cane e nel gatto quelli cavitari. L’edema scrotale si può avere in caso di arterite equina. L’ ANASARCA è un edema sottocutaneo diffuso e si verifica a livello della regione soprorbitaria nel cavallo in corso di febbre petecchiale. Nel suino e’ possibile l’edema gassoso in corso di clostridiosi. 182 Esame dell’ orecchio Si compone di: Ispezione (padiglione e condotto esterno), palpazione e ausili diagnostici (rx, tac, esame dei secreti, BAER). Ispezione‐ l’ispezione comprende: valutazione della funzione uditiva: valutando la reazione a un rumore secco e improvviso (escludendo la vista e il tatto), la reazione attesa è la rotazione dei padiglioni in direzione del rumore o l’ammiccamento. Tuttavia la reazione a un rumore è condizionata dallo stato del sensorio, quindi un soggetto depresso può mostrare minore reazione anche se l’udito è ancora integro. Per una valutazione più oggettiva si può ricorrere all’esame BAER, che valuta i potenziali uditivi evocati a livello del tronco encefalico nel soggetto anestetizzato. L’esame si esegue facendo ascoltare degli stimoli uditivi al soggetto, tramite cuffie, e registrando l’attività elettrica che ne consegue attraverso elettrodi applicati alla cute. Il sistema è collegato a un monitor che permette la visualizzazione dei risultati in forma di grafico. Possibili cause di ipo/anacusia sono: otiti, neoplasie, lesioni dei nervi cranici o encefaliche, osteogenesi imperfetta ( difetti degli ossicini dell’udito). Atteggiamenti particolari: • apatia/indifferenza: conseguente ad anacusia • immobilità dei padiglioni: può dipendere da otite, anacusia, lesioni dei padiglioni (nervi e muscoli) • scuotimento della testa: per lesioni del padiglione o otite • testa inclinata: possibili cause sono otite media o interna e sindrome vestibolare • prurito: otite (tutti i tipi) • maneggio: otite media e labirintite Esame delle secrezioni: si valuta principalmente il colore e l’odore delle secrezioni. Colore: • grigio scuro, denso e filante Æ otite catarrale • giallastro, caseoso, untuoso con scaglie Æ otite eczematosa • nerastra con scaglie e grumi Æ otite ceruminosa • grigio giallastra densa Æ otite purulenta • nerastra squamosa color fondo di caffè Æ otite parassitaria • rossastro Æ ferite, ulcere, corpi estranei • marrone umido Æ infezioni da lieviti e muffe Odore Il secreto è maleodorante in caso di otiti: o eczematosa o purulenta o cronica ipertrofica I secreti possono essere valutati anche attraverso l’impiego di tamponi, microscopia (ricerca di acari) e lavaggio auricolare (per valutare la cellularità del secreto, si esegue in anestesia con l’impiego di sostanze ceruminolitiche) 183 Esame del padiglione auricolare: valuta eventuali ispessimenti, arrossamenti, neoplasie (spesso: carcinoma squamocellulare nei gatti a cute bianca e papilloma da tatuaggio nei bovini) e tumefazioni. Le tumefazioni possono essere causate da: Otoematoma è un accumulo di sangue tra la cute e la cartilagine auricolare causato da auto traumatismo o patologie della coagulazione, e può causare accartocciamento della cartilagine in seguito a fenomeni cicatriziali. Altra causa può essere la fistola congenita del cavallo, localizzata alla base dell’orecchio, attorno alla fistola (che drena materiale mucoso giallastro) si forma la tumefazione (la specillazione della fistola può evidenziare uno o più denti ectopici). Proseguendo l’esame del padiglione si possono evidenziare soluzioni di continuo dovute a ferite, fistole o ulcere del margine libero (da trauma o per formichella da Leishmaniosi). Altro reperto possibile è quello di proliferazioni per esempio per otite cronica, la tumefazione può ostruire il condotto favorendo la proliferazione di microrganismi anaerobi che aggravano l’otite. Può esitare nell’ossificazione del condotto. Esame del condotto uditivo esterno: Si effettua con l’ausilio di un otoscopio, strumento provvisto di un imbuto (che, inserito nel canale, impedisce che le pareti collassino) e di una fonte luminosa, che permette di valutare la mucosa del canale e il timpano. Prima di eseguire l’esame bisogna detergere il canale. I reperti a cui prestare attenzione sono: • iperemia (otite) • lucentezza (aumenta in caso di otite catarrale) • edema (in tutte le forme di otite) • neoplasie [adenomi‐adenocarcinomi delle ghiandole ceruminose, adenoma melanotico delle ghiandole ceruminose del gatto (può essere asportata da sola, se benigna o con parte del padiglione, se maligna), poliposi nasofaringea del gatto (origina dalla bolla timpanica e pur essendo benigna è molto invasiva, necessita di asportazione chirurgica tramite ablazione totale)] Esame dell’orecchio medio Si esegue con l’otoscopio e permette di visualizzare il timpano, questo può apparire iperteso a causa di otite media o interna, per l’essudato che si accumula causando la distensione della parete, in oltre si possono notare a suo carico soluzioni di continuo o ulcerazioni distrofiche. I peli (nei cani tipo schnauzer), il cerume, i detriti, l’essudato e il materiale estraneo vanno rimossi per effettuare un esame completo del condotto e della membrana timpanica. Quest’ultima in condizioni normali è: • translucida • luccicante • color grigio perla • leggermente concava modificazioni patologiche sono: • intorbidimento • opacità • modifiche del colore • rigonfiamento L’otite media può impiantarsi per contiguità dalle tasche gutturali (cavallo), dalle trombe di mustacchio, o da otiti esterne. L’infezione può estendersi coinvolgendo l’orecchio interno o il SNC. 184 Segni di coinvolgimento dell’orecchio medio sono: • paralisi del facciale. Perché nella rocca dell’osso petroso passano fibre del facciale. Si manifesta con: o ptosi palpebrale omolaterale alla lesione o lagoftalmo o asimmetria della faccia per deviazione del labbro superiore e della punta del naso verso il lato sano o stenosi della narice omolaterale o ptosi della pinna auricolare e del labbro inferiore • sindrome vestibolare periferica, per coinvolgimento dell’ VII nc. Si manifesta con: o movimenti di maneggio e perdita dell’equilibrio o decubito omolaterale alla lesione o strabismo o nistagmo o nausea • sindrome di horner, si manifesta con: o miosi o enoftalmo per procidenza della III palpebra o ipertermia per vasodilatazione omolaterale Il dolore a livello della bolla timpanica alla palpazione è indice di un otite media. Normalmente la membrana timpanica è lucida, luccicante, di colore grigio perla e leggermente concava; in caso di modificazioni patologiche si osserva intorbidamento, opacità, modifiche di colore e rigonfiamento. Palpazione – Si esegue a carico del padiglione e del condotto uditivo. Del primo si valutano: o ispessimenti o tumefazioni (fluttuanti= otoematoma o edema. Indolenti= fistola congenita o otoematoma. Dolenti= edema) o algia (flogosi) Del condotto si valuta: o algia (indica otite) o fluttuazione (indica raccolta di secreto o essudato) L’ otite esterna è un’ infiammazione dell’ epitelio auricolare esterno. I reperti i indicativi di otite esterna sono : eritema, gonfiore,desquamazione, croste, alopecia, peli spezzati, scuotimento testa, scolo auricolare, cattivo odore ,dolore alla palpazione della cartilagine. Inoltre alcuni animali cercano di grattarsi l’orecchio con l’ arto posteriore dello stesso lato o scuotono la testa durante o dopo la palpazione del canale auricolare. Si valuta, alla palpazione, la durezza, lo spessore e flessibilità del canale: es. nella rogna sarcoptica la superficie laterale del padiglione può essere inspessita ed alopecica a seguito del grattamento,ipersensibilità alimentare presenta eritema della superficie concava del padiglione e superficie convessa sana, desquamazione ed ulcerazione della superficie interna dell’ orecchio in caso di malattie immuni, in caso di setticemia da salmonellosi del maiale o febbre suina si osserva colore porpora della cute, congelamento ed ergoismo sono caratterizzate da necrosi delle punte. 185 Lavaggio auricolare‐ Per eseguire il lavaggio auricolare si può usare una siringa o uno strumento a propulsione per uso odontoiatrico. Esame radiografico – utile per valutare le bolle timpaniche attraverso le proiezioni LL e rostro‐
caudale (trans‐orale a bocca aperta). Si considerano: forma volume densità spessore OTOSCOPIO è utilizzato per visualizzare in modo appropriato il canale, il padiglione deve essere tirato in alto e verso l’ esterno della testa in modo che il canale sia diritto ed il cono dello strumento va inserito lentamente in profondità. In condizioni normali si può rilevare una certa quantità di cerume giallastro o scuro. Esame ghiandola mammaria L’unità clinica della mammella è il quarto. Le patologie mammarie sono più comuni nei bovini e sono di notevole importanza economica in quanto possono causare dolore ed insofferenza durante la mungitura. La cute va completamente esaminata e palpata per individuare lesioni coperte da croste. Le lesioni più comuni sono : • aree eritematose • papule • vescicole • pustole scaglie • perdita di tessuto necrotico nel nord‐america malattie frequenti dei capezzoli bovini sono: • pseudo vaiolo bovino • mammellite ulcerativa ANAMNESI Bisogna indagare accuratamente su alcuni aspetti: • tipo di mungitura •
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186 Numero di lattazioni Stato fisiologico Precedenti malattie della mammella ed eventuali trattamenti Produzioni medie Igiene della mungitura Condizioni di allevamento Ispezione – Si esegue ponendosi da dietro e di fianco all’animale. Si valuta: • tipo di mammella • Tipo di capezzoli La distanza ideale dei capezzoli dal suolo dovrebbe essere di almeno 40‐45 cm. Non è raro il rinvenimento di capezzoli sopra numerati possono essere veri (ipermastia) o falsi (ipertelia) • Forma degli apici del capezzolo Tutte le forme diverse da quella normale causano ristagno di latte o difficoltà di chiusura del canale favorendo le mastiti. 187 • Alterazioni della cute della mammella Le malattie più insidiose dal punto di vista clinico sono quelle vescicolari dei capezzoli perché sono difficili da differenziare da malattie enzootiche vescicolari come l’afta epizootica. Tuttavia la morfologia delle lesioni e le diversità epidemiologiche in gruppi di animali aiuta la differenziazione. Osserviamo: • Danni traumatici come lacerazioni superficiali e profonde, queste possono arrivare fino alla cisterna del capezzolo causando la fuoriuscita del latte attraverso la ferita. Inoltre bovine che calpestano il capezzolo possono causarne l’ amputazione. • Papillomi causati da papilloma virus e caratterizzati da noduli rilevati e biancastri di 0,3 cm di diametro e lunghi 1 cm rimuovibili con la trazione. • Bruciature si verificano in bovine esposte ad incendi. Si osservano peli bruciacchiati e lesioni che vanno da eritema dei capezzoli a, vescicole e necrosi con fuoriuscita di siero • Bruciature da freddo in bovine esposte a climi freddi senza adeguata lettiera. La cute è fredda, necrotica e geme siero. • Teilite: infiammazione dei tessuti del capezzolo che porta a gangrena ed è una complicazione della mastite gangrenosa associata a staphylococcus aureus, la cute è fredda, edematosa rosso scura o porpora‐nerastra , geme siero ed i tessuti sono distesi per la presenza di bolle di gas. • Ragadi e fessure : sono fessure lineari multiple dolorose alla palpazione. Possono essere dovute alla mungitrice che causano screpolature che possono essere aggravate da fattori ambientali causando ragadi. Le lesioni compaiono sulla parete del capezzolo vicino alla giunzione con la mammella e si estendono intorno al capezzolo • Impetigine causata da staffilococcus aureus con pustole di 2‐4 mm alla base del capezzolo che possono estendersi al resto della mammella • Seborrea delle piaghe: nelle giovani vacche da latte dopo il parto. Si osservano lesioni all’ inguine tra la mammella e la parte mediale delle cosce caratterizzata da infiammazione e fuoriuscita di siero. • Fotosensibilizzazione del capezzolo: eritema seguito da edema , successiva essudazione ed infine gangrena delle aree non pigmentate. Le lesioni sono più evidenti sulle pareti laterali dei capezzoli, può portare l’animale a calciarsi l’addome • Mammilite ulcerativa dei bovini: vescicole con edema ed eritema dei capezzoli e successiva erosione dell’ epitelio. Le vescicole si rompono dopo24 h con fuoriuscita di siero seguita da formazione di croste • Pseudo vaiolo: caratterizzaro da eritema, edema doloroso coperto da essudato sieroso. Dopo 48 h si forma una papula arancio cui segue una crosta di colore rosso scuro. Dopo i margini si estendono e la lesione diventa ombelicata. Dopo 10 giorni il centro della crosta comincia a desquamare e i margini appaiono più rilevati (crosta ad anello) • Le lesioni della punta del capezzolo : si possono avere eversione del capezzolo, prolasso del canale dei capezzoli erosione dell’ orifizio. In condizioni normali si può osservare inoltre un anello biancastro di 2 mm dovuto all’ uso della mungitrice, diventa patologico quando questo anello va in contro a ipertrofia, cheratinizzazione e formazione di ragadi. In seguito può esserci infezione secondaria batterica con formazione di croste ed erosione dell’orifizio. Palpazione‐ E’ preferibile praticarla dopo la mungitura e si esegue in senso distalo‐prossimale. Bisogna palpare: • I capezzoli: Con le punte delle dita. Si apprezza il canale del capezzolo che sarà spesso come un chicco di riso 188 •
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I quarti: con il piatto della mano, sia superficialmente che profondamente. Si valuta la presenza di tumefazioni, lesioni, dolore, temperatura, pervietà del canale (prova della mungitura raccogliendo qualche getto in un secchio, ci permette di testare anche l’eventuale trattenimento di latte. Se c’è ostruzione bisogna individuarne la sede attraverso un sondaggio o con un ago bottonuto). Cute mammaria: se ne apprezza la temperatura (fredda= mastite gangrenosa, calda = mastite flemmonosa), algia, mobilità, ispessimenti, adesività della cute (in condizioni normali non devono esserci aderenze tra cute e tessuti sottostanti per cui la cute è sollevabile in pliche), tumefazioni (NB prima del parto c’è spesso un edema fisiologico che può persistere anche per 10 gg). Corpo ghiandolare: si valuta consistenza e algia. La consistenza normale è più o meno granulosa. In caso di edema il tessuto ghiandolare sarà meno palpabile. Linfonodi: in caso di mastiti infettive risultano sempre ingrossati i mammari. ESAME DEL SECRETO Di ogni quarto si valutano: • quantità • PH (normale 6,5‐6,7. Mastite gangrenosa < 6. Altre mastiti 6,9) • qualità(aspetto, colore, consistenza, odore) • contenuto in cellule • carica batterica • test di whiteside • california mastitis test 189 TEST DIAGNOSTICI •
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190 Magnificazione Raschiato cutaneo fornisce elementi superficiali della cute per esami di laboratorio per la ricerca di ectoparassiti ed elementi fungini : rogna demodettica, sarcoptica, la cheitiellosi, pidocchi, acari del pelo del gatto e auricolari. Le attrezzature necessarie sono lama di bisturi , vetrini copri oggetto, vetrini da microscopia, microscopio, olio minerale. Per effettuare tale tecnica occorre tosare il pelo; il raschiato deve essere sufficientemente profondo da causare un emorragia capillare e ricoprire una superficie della lesione di 1‐2 cm quadrati;una goccia di olio è posta sul vetrino ed il raschiato raccolto da più lesioni è miscelato con l’olio . Scotch test consiste nel poggiare una striscia di nastro adesico di 7 cm sulla cute , rimuoverla gentilmente e poggiarla sul vetrino pulito o sulla superficie di un terreno di coltura. Tale tecnica è raccomandata per parassiti superficiali quali Cheyletiella, acari del pollame e del pelo del gatto e pre isolare lieviti dalla cute come la Malassezia. Spazzolamento del mantello con pettine a denti stretti. Detriti dello spazzolamento devono essere raccoltisu un foglio bianco per valutarne i movimenti o su un vetrino. Le feci di pulci possono essere depositate su un tessuto di cotone bianco e bagnandolo con H2O si osserverà un alone marrone intorno ad ognun granulo di feci dovuto all’ idratazione del sangue. Aspirazione dei peli e della cute attraverso un aspiratore per raccogliere ectoparassiti non visibili nel mantello.Una carta da filtro di Whatman che e’ arrotolata a cono e posta all’ ingresso dell’ aspiratore. Esame feci : Gli animali che si leccano o mordono possono avere ectoparassiti nelle loro feci. Esame con lampada di Wood e’ una luce ultravioletta con lunghezza d’ onda 253,7 nm, filtrata attraverso un filtro di cobalto o nickel. ùE’ usata per la diagnosi di dermatofitosi( micosi).L’esame è fatto in una stanza buia. Coltura fungine : i peli (in numero di 8‐12) che dimostrano fluorescenza con lampada di wood sono prelevati e coltivati su agar destrosio sabouraudo terreno di coltura per dermatofiti, al buio a 30°con umidità del 30%. Nel terreno e’ aggiunto un indicatore di ph cioè rosso fenolo. I dermatofiti dapprima utilizzano le proteine sul terreno di coltura facendo variare il colore da giallo a rosso, poi utilizzano i carboidrati producendo metaboliti acidi che fanno ritornare il colore a rosso. Esame colturale batteriologico ed antibiogramma. Ad esempio le pustole intatte attraverso l’ uso di aghi di 22‐25 auge sono rotte e poi e’ prelevato liquido con tamponi.Successivamente si esegue l’ esame colturale consentirà l’ effettuazione dell’ antibiogramma. Raschiati cutanei strisci per impressione diretta per lieviti. Raschiamento con lama del bisturi e poi le scaglie sono poste su un vetrino da microscopia. Esame del pelo attraverso tricogramma. I peli prelevati sono depositati su un vetrino e ricoperti con olio minerali e osservati al microscopio. Biopsia cutanea in caso di lesioni insolite, neoplastiche etc.. E’ possibile inoculare piccole quantita’ di anestetico locale , che però può causare edema locale e mascherarla valutazione del collagene del derma. Un punch da biopsia di 4 o 6 mm è poggiato sull’area da raccoglier e ruotato in una sola direzione, si preleva l’ intera lesione o una parte di essa. I campioni sono posti in contenitori diversi etichettati. Le biopsie sono fissate in formalina tamponata al 10% e inviate ad un dermatologo. Esame citologico •
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191 Test allergici per individuare Allergie alimentari é opportuno effettuare periodi di dieta ad eliminazione.E’ possibile effettuare anche test intradermici. Test immunologici : ELISA o RIA Test endocrini per valutare la funzionalità della tiroide o del surrene. ESAME DELL’URINARIO Le patologie dell’apparato urinario sono comuni sia nel cane che nel gatto e possono riguardare solo una parte dell’apparato o coinvolgerlo interamente. Lo scopo dell’esame clinico è quello di identificare, attraverso l’anamnesi e l’esame obiettivo, quei rilievi che saranno di aiuto nel localizzare la lesione del tratto urinario. Segni clinici quali la disuria, la pollachiuria e l’ematuria possono essere di aiuto nel localizzare le patologie in un segmento del tratto urinario, quale la vescica, mentre i segni clinici sistemici, quali anoressia e vomito, associati all’uremia possono suggerire la presenza di una insufficienza renale conica in stadio avanzato. L’esame clinico dell’apparato urinario dei grossi animali comprende: l’anamnesi, l’ispezione a distanza dei genitali esterni, l’osservazione a distanza delle modalità di minzione, l’esame delle urine e l’esame obiettivo particolare dell’apparato urinario attraverso l’ispezione e la palpazione. ANAMNESI I principali rilievi anamnestici e clinici delle patologie dell’apparato urinario includono: ‐
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una minzione dolorosa l’alterazione del colore e della densità delle urine le modificazioni del volume di urina prodotta ed escreta Il tenesmo o lo sforzo sono degli atteggiamenti anormali che riflettono una patologia dell’apparato urinario inferiore, ma che possono essere anche associati a patologie dell’apparato gastroenterico e del sistema nervoso. L’anamnesi può riferire di un animale che minge con sforzo eliminando gocce di urina o che non urina da un lungo periodo di tempo. L’irrequietezza, il calciare l’addome e lo sbandierare la coda nei ruminanti possono riflettere un dolore ed un disagio relativo all’apparato addominale oltre che gastroenterico. Condizioni generali scadenti, dimagrimento, inappetenza ed anoressia, sono rilievi comuni in corso di patologie renali. La perdita di gocce di urina indica una patologia del tratto urinario inferiore. In ogni caso, non si deve confondere una minzione patologica a gocce con la frequente emissione di piccole quantità di urina, condizione che può presentarsi negli animali eccitabili. L’escrezione di urina con sangue, indica solitamente una patologia del tratto urinario inferiore. SUPPLEMENTO ANAMNESTICO La specie, il sesso e l’età dell’animale possono indirizzarci verso diverse ipotesi diagnostiche. L’anamnesi dovrebbe includere informazioni su: ‐ La frequenza della minzione ‐ Il volume di urina prodotto ‐ Le modificazioni della quantità di acqua di abbeverata ‐ L’aspetto e l’odore dell’urina Il clinico dovrebbe cercare di caratterizzare l’atto della minzione: ‐ Diametro del mitto 192 ‐ Capacità dell’animale di innescare il riflesso della minzione Un animale con una ostruzione parziale può avere difficoltà all’inizio della minzione e può presentare un mitto anomalo. Quando si caratterizzano le alterazioni della minzione il clinico può distinguere tra pollachiuria, disuria, stranguria ed incontinenza. La pollachiuria, la disuria e la strenguria sono segni riferibili al tratto urinario inferiore. L’ematuria in molti casi non fornisce indicazioni circa la localizzazione della lesione, tuttavia la presenza di sangue durante o al termine della minzione può indicare un problema renale o del tratto urinario superiore, mentre la presenza di sangue all’inizio della minzione può suggerire la presenza di patologie a carico dell’uretra o del tratto genitale. Le manifestazioni riferite dall’anamnesi che orientano verso l’apparato uropoietico sono: le alterazioni dell’emissione dell’urina, le alterazioni macroscopiche di alcuni caratteri dell’urina e, talvolta le manifestazioni dolorifiche. Le alterazioni della minzione sono numerose e riguardano la sua frequenza, se essa è completa, la quantità dell’urina emessa, ecc.. L’anamnesi dovrà dunque riferire se esistono: disuria, stranguria, anuria, oliguria, poliuria, pollachiuria, enuresi. ‐
Disuria: emissione difficoltosa di urina, con getto sottile o a gocce; si riscontra nella stenosi parziale dell’uretra. ‐
Stranguria: (condizione caratterizzata da una minzione lenta e dolorosa) quando la disuria è accompagnata da manifestazioni che denotano inquietudine dell’animale come il mantenere la coda alzata, il guardarsi il fianco ed il percuotersi l’addome con un arto. Si osserva nei processi infiammatori acuti della vescica e dell’uretra. ‐
Anuria: mancata emissione di urina; può essere paralitica, spastica, meccanica o da mancata secrezione a seconda che l’assenza di urinazione è legata a paralisi della parete vescicale, a spasmo del collo della vescica, ed occlusione completa dell’uretra od a vera e propria mancata secrezione di urina in conseguenza di gravi processi renali (blocco renale). ‐
Pollachiuria: emissione di urine in piccole quantità a più riprese ravvicinate. Può essere dovuta a patologie del tratto inferiore (cistite, uretrite, calcolosi) o patologie nervose. ‐
Oliguria: significa diminuzione della quantità di urina emessa nelle 24 ore; ciò può dipendere da condizioni patologiche del rene (nefropatie acute), da diminuzione dell’acqua introdotto o da abbondanti emissioni acquose avvenute per altre vie, come grandi sudorazioni, versamenti o edemi. ‐
Poliuria: significa emissione di urina a più riprese ravvicinate; può essere dovuta sia ad una causa nervosa, sia a processi infiammatori, particolarmente delle basse vie urinarie. Può manifestarsi con nocturia (urinazione frequente nelle ore notturne). ‐
Enuresi: perdita continua di urina senza compartecipazione attiva dell’animale; si riscontra in genere in conseguenza di lesioni interessanti i centri lombo‐sacrali del midollo spinale. L’incontinenza può essere: Riflessa dovuta a lesioni da MNS (si ha riempimento e svuotamento riflesso della vescica senza il controllo volontario, può portare dilatazione vescicale per aumento del volume residuo), paradossa (in seguito a ostruzione vescicale o uretrale, si verifica quando la pressione supera la resistenza della struttura ostruttiva consentendo il passaggio di modiche quantità di urina), da 193 sovraccarico per patologie da MNI (per cui l’urina esce spontaneamente quando raggiunge un certo volume a causa della flaccidità del muscolo detursore). ‐
Le alterazioni dei caratteri dell’urina riguardano essenzialmente le modificazioni del colore e della trasparenza. Il colore rosso abnorme potrà essere espressione di ematuria (presenza nelle urine di sangue in toto), quello color caffè di emoglobinuria (presenza della sola emoglobina), o anche mioglobinuria (presenza nel’urina del pigmento muscolare) e la differenziazione sarà poi chiarita dalle ricerche collaterali. Ancora potrà riferire se essa si osserva durante tutta la minzione (presenza di emoglobina, di mioglobina o di sangue proveniente dalle alte vie urinarie: reni, bacinetti ed ureteri), oppure solo all’inizio della minzione e poi l’aspetto dell’urina torna normale (sangue proveniente da lesioni uretrali), oppure solo negli ultimi getti di urina (sangue proveniente da lesioni vescicali). Una alterazione della trasparenza dell’urina può essere dovuta alla presenza nell’urina di materiali abnormi quali grumi di pus (piuria) o cenci necrotici, dovuti a processi infiammatori purulenti della vagina o dell’utero, che la rendono appunto torbida. ‐
Tenesmo: sforzi eccessivi durante la minzione e mantenimento della posizione anche a minzione ultimata, può essere accompagnata da ematuria e dolore. Si verifica spesso in caso di sovra distensione della vescica e ostruzione uretrale. Periuria: minzione inappropriata, può essere dovuta a: affezioni di basse vie urinarie e problemi comportamentali. ‐
Tra i dati anamnestici che possono orientare verso malattie dell’apparato urinario possiamo includere anche le manifestazioni dolorifiche. Il dolore legato alle affezioni dell’apparato urinario può manifestarsi spontaneamente oppure soltanto se provocato. Il dolore che si ha nella nefrite acuta, particolarmente nel cane, non è di solito violento l’anamnesi dirà che l’animale ha presentato gemiti o, più spesso, soltanto che assume atteggiamenti (dorso incurvato, addome retratto) indicanti appunto la sua sofferenza. Le malattie che portano ad occlusione degli ureteri, come le calcolosi che talvolta si osservano negli equini e nei bovini, danno invece luogo a manifestazioni dolorifiche violente che si possono susseguire fino alla morte dell’animale o fintanto che l’occlusione non si risolva. Nella pielonefrite bacillare dei bovini il dolore è ugualmente legato ad ostruzione degli ureteri, ha però caratteristiche diverse perché il corpo occludente, costituito da grumi di pus o da cenci necrotici, si rimuove con maggiore facilità. Dall’anamnesi vanno ancora ricercate manifestazioni che, pur essendo caratteristiche di malattie di altri apparati, possono far sospettare anche l’esistenza di affezioni dell’apparato urinario. Ad esempio i disturbi gastroenterici, come il vomito e la diarrea, sono spesso espressione di una insufficienza renale ed a questa possono ugualmente essere riferiti il prurito, il dimagrimento, la facile affaticabilità ed anche turbe del sistema nervoso a carattere eccitativo (crisi epilettiformi) e depressivo (paresi e paralisi). Infine all’anamnesi bisogna soffermarsi su certi aspetti, per esempio nella nefrite cronica del cane ha notevole importanza l’alimentazione dell’animale oppure eventuali malattie infettive patite in precedenza (cimurro e leptospirosi), l’alimentazione cosi come l’ambiente è importante anche nella pielonefrite del bovino. 194 ESAME FISICO DIRETTO I reni, la vescica e l’uretra pelvica possono essere valutati attraverso l’esame clinico. La ghiandola prostatica viene esaminata con il tratto urinario inferiore. La diagnostica per immagini serve per la valutazione di strutture quali i reni, gli ureteri, la vescica e la prostata che non sempre sono accessibili durante la visita clinica. Per completare l’esame clinico, possono essere necessarie indagini di laboratorio, che comprendono: l’esame delle urine, gli esami ematochimici, l’ematologia, i test di funzionalità renale quali: il test di clearance della creatinina esogena, i test di privazione dell’acqua, l’esame citologico e la biopsia di alcuni tessuti. Nei piccoli animali in caso di sospetto di patologia dell’apparato urinario dovrebbe essere condotto un esame clinico completo per: valutare lo stato di idratazione, rilevare qualsiasi evidenza di edema sottocutaneo o di ascite, che possono suggerire una sindrome nefrosica. La cavità orale viene esaminata per valutare il colore delle mucose, la presenza di ulcere o necrosi della punta della lingua come è possibile riscontrare in corso di insufficienza renale. Un esame del fondo dell’occhio può evidenziare le seguenti alterazioni della retina che sono associate all’ipertensione sistemica secondaria all’insufficienza renale: ‐
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Edema Distacco Emorragie oppure tortuosità vasali Ispezione L’ispezione consente di visualizzare lo sbocco uretrale, nella femmina attraverso l’uso di un vaginoscopio, nel maschio sfoderando il pene, questo può essere molto utile in caso di sanguinamenti, in queste circostanze infatti permette di stabilire la provenienza del sangue (uretra o verga). Infine si possono osservare alcuni segni utili alla diagnosi, per esempio atteggiamenti tipici di dolore o il modo di urinare oppure lesioni cutanee associate a malattie dell’apparato urinario (eczema del dorso in corso di nefrite cronica del cane ecc.). Inoltre si possono notare: aumento di volume dell’addome causato da emoperitoneo (per rottura del rene), uro peritoneo (rottura della vescica), ascite nefrosica. Altro reperto consiste in alterazioni perineali come ustioni da urina oppure ernie perineali con incarceramento della vescica, questo si manifesta con tumefazione della regione tesa non calda e non dolente in più si accompagna ad anuria e vescica aumentata di volume. Segni sistemici di malattia dell’apparato urinario: •
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195 disidratazione alito uremico depressione ulcere alla punta della lingua vomito febbre mandibola di gomma per osteodistrofia fibrosa ipertensione problemi cardiaci (aritmie e pericardite fibrinosa uremica) edema polmonare acidosi metabolica Palpazione Nei piccoli animali la palpazione dell’addome viene eseguita nella regione lombare dietro l’ultima costa, con tecnica monomanuale tranne negli animali di taglia gigante in cui si esegue in maniera bimanuale, nella regione lombare subito dietro all’ultima costa. Essa è finalizzata alla localizzazione dei reni e a valutarne la dimensione, la forma, la consistenza e la dolorabilità. I reni del cane sono a forma di fagiolo. Sono retro peritoneali e situati ai lati dell’aorta e della vena cava caudale. Il rene destro è situato a livello delle prime 3 vertebre lombari, mentre il rene sinistro è situato a livello della seconda, terza e quarta vertebra lombare. I reni del gatto sono più tondeggianti. Il rene destro è situato ventralmente ai processi trasversi dalla 1° alla 4° vertebra lombare, mentre il rene sinistro è situato ventralmente ai processi trasversi dalla 2° alla 5° vertebra lombare. Entrambi i reni possono essere palpati mentre nel cane qualche volta può essere palpato solo il rene sinistro. I reni del gatto sono mobili e possono essere confusi con una massa addominale anomala. L’aumento di volume di uno o entrambi i reni dovuto ad infezione, neoplasia, idronefrosi o ad altre condizioni patologiche, può rendere più semplice la loro palpazione. Nel gatto diverse patologie sono associate a renomegalia, tra queste: rene policistico, linfosarcoma renale. Molte patologie croniche, che determinano insufficienza renale cronica, sono associate a reni di dimensione normale o inferiore. Nel cane e nel gatto, in condizioni di normalità gli ureteri non possono essere valutati attraverso la palpazione dell’addome. Nella maggior parte dei cani e dei gatti, la vescica può essere palpata, a meno che non sia vuota o che l’animale non sia marcatamente obeso. Essa è piriforme, ed è situata sul pavimento della pelvi, nel caso in cui essa risultasse facilmente palpabile sarebbe indice di ritenzione urinaria che può essere semplice, nel caso in cui le pareti della vescica risultino sottili e con la pressione si riesce a indurne lo svuotamento, oppure patologica nel caso in cui le pareti risultano inspessite ed è associata a proteinuria, piuria ed ematuria. La permanente distenzione della vescica è associata a cistite cronica, ostruizione uretrale, disfunzione della muscolatura della vescica. Della vescica viene valutata la sua posizione, il grado di distensione, la dolorabilità, lo spessore della parete e la presenza di masse intramurali, quali neoplasie, o di masse intraluminali, quali calcoli e coaguli. L’impossibilità di far rientrare la vescica nella sua posizione normale attraverso la palpazione o di palpare la sua parte craniale indica la presenza di aderenze. In caso di ostruzione uretrale da urolitiasi si può giungere alla rottura della vescica con conseguente uroperitoneo e distensione dell’addome (addome a botte). Questa condizione si accompagna a disidratazione, depressione, tachicardia, polipnea. In questi casi la paracentesi può fornire la certezza diagnostica. La paralisi della vescica non è frequente nei nostri animali e può essere conseguenza di lesioni neurologiche. Questa si accompagna a ritenzione urinaria e incontinenza da sovraccarico, la vescica può essere svuotata manualmente attraverso compressione. Spesso ne consegue cistite. L’uretra della cagna e dei gatti è difficile da valutare. Se l’anamnesi indica una patologia del tratto urinario inferiore, può essere eseguita una esplorazione digitale della vagina per valutare il vestibolo, la vagina e l’orificio uretrale. Nella cagna e nella gatta, l’orificio uretrale esterno dell’uretra può essere esaminato con l’aiuto di uno speculum e di una sorgente luminosa dopo averlo sedato. L’esame dell’uretra nel gatto maschio è limitato solo all’ispezione dell’uretra peniena. L’uretra nel cane maschio può essere esaminata attraverso l’ispezione e la palpazione. Il meato uretrale viene esaminato dopo aver sfoderato il pene dal prepuzio. Sempre nel cane maschio, la porzione perineale dell’uretra può essere palpata proprio sotto la cute. La 196 palpazione rettale viene eseguita per esaminare l’uretra pelvica in entrambi i sessi e la prostata nel cane maschio. Attraverso la palpazione dell’uretra se ne valuta la posizione, il grado di distensione, la dolorabilità, lo spessore della parete e la presenza di masse intramurali o intraluminali. Nei grossi animali si esegue mediante una forte pressione nella regione lombare che per via riflessa può indurre reazione dolorifica, ma la tecnica che offre maggiori riscontri è l’esplorazione rettale. Attraverso l’esplorazione rettale si può palpare la vescica che se vuota si trova al margine anteriore del bacino e appare come un corpo piriforme, indolente, pastosa, e poco consistente. Quando è piena si trova più avanti e appare globosa con pareti più o meno spesse e palpando si avverte chiaro un senso di fluttuazione. In corso di processi patologici le pareti appaiono ispessite e dolenti. In corso di processi morbosi degli ureteri anche questi ultimi possono essere palpati e appaiono come due cordoni duri. I reni possono essere palpati solo in parte. Nel cavallo il rene sinistro si palpa quasi tutto e in quelli di taglia piccola si può palpare anche il destro. Nei bovini il sinistro è facile da palpare e data la sua spostabilità si può rinvenire anche al centro o a destra della colonna vertebrale. In caso di processi morbosi si può riscontrare: aumento di volume, aumento di sensibilità, fluttuazione, cambiamento di forma e raggrinzimento. Prepuzio e uretra peniena (ispezione e palpazione) Si valuta la mucosa (normalmente umida, rosa, più o meno corrugata) controllando l’eventuale presenza di balano postite (segni: glande arrossato, secco, con essudato), sangue, segni di ustioni da urina, algia, tumefazioni, uraco pervio. NB non confondere lo smegma fisiologico da detriti sabbiosi che potrebbero suggerire litiasi Nei tori è importante palpare la flessura sigmoidea (sopra lo scroto) dove più di frequente si bloccano i calcoli. Nei casi di litiasi spesso la diagnosi con cateterismo è impossibile (caratteristiche anatomiche). Segni di ostruzione sono: tenesmo, depressione, prolasso rettale, algia, tumefazione perineale. Per provocare l’esternalizzazione del pene eseguire massaggio tans‐rettale o spingere cranialmente alla flessura sigmoidea oppure usare fenotiazinici. La rottura del corpo cavernoso è un’evenienza rara che può verificarsi durante la monta, si evidenzia con edema sottocutaneo alla base dello scroto con ematoma più cranialmente. Becco e ariete: lo sfoderamento del pene può risultare difficoltoso, più facile sollevando l’animale sugli arti posteriori e eseguendo la stessa manualità che si pratica nel toro. In queste specie i calcoli si formano soprattutto a livello dell’Appendice vermiforme, la loro rimozione può essere effettuata tramite cateterismo con flushing dopo la rimozione chirurgica dell’appendice stessa. Nell’ariete si può stimolare la minzione provocando una breve apnea. Cavallo: in questa specie il pene si sfodera afferrando il glande. Per stimolare la minzione si può praticare un massaggio rettale della vescica. Suino: in questa specie il pene non ha il glande ed è spiraliforme, lo sfoderamento si può fare con o senza sedazione, eventualmente incidendo lateralmente al prepuzio. 197 ESAME FISICO STRUMENTALE La raccolta di un campione di urina da sottoporre ad analisi è essenziale per la valutazione del tratto urinario. Le urine possono essere raccolte attraverso: ‐
minzione spontanea: il proprietario o il veterinario raccolgono la parte centrale del mitto durante la minzione spontanea. Gli svantaggi sono che il campione può essere contaminato da cellule, batteri e detriti localizzati nella parte distale dell’uretra, nel tratto genitale o sulla cute ed i peli. ‐
cateterismo uretrale della vescica: può essere utilizzato nel caso in cui la cistocentesi sia controindicata o non sia stata eseguita con successo, per risolvere un ostruzione uretrale o per posizionare un catetere vescicale permanente. Il cateterismo è necessario anche per effettuare gli studi radiografici della vescica e dell’uretra con mezzo di contrasto. ‐
cistocentesi. La cistocentesi è preferibile perché previene la contaminazione del campione da parte dell’uretra distale e del tratto genitale. Consiste nella puntura della vescia con ago sottile attraverso la parete addominale, al fine di ottenere un campione di urine non contaminato. Esiste una cistocentesi laterale e una cistocentesi ventrale. Nella cistocentesi laterale l’animale viene posizionato in decubito laterale o in stazione quadrupedale e la vescica viene palpata per determinare la dimensione e la localizzazione. Se l’animale è in decubito laterale si pone la mano libera sulla parete ventrale dell’addome mentre se il soggetto è in stazione si pone la mano libera sulla parete opposta dell’addome; la vescica verrà immobilizzata esercitando una pressione in senso dorso‐caudale. L’ago viene inserito, con inclinazione caudo‐mediale attraverso la cute della parete ventro‐laterale dell’addome. L’urina verrà aspirata con una siringa e nel caso in cui venga aspirato sangue, la procedura verrà terminata e l’ago ritratto completamente. Si sostituirà l’ago con un ago sterile ed eseguiremo un nuovo tentativo. In caso di insuccesso non devono essere effettuati altri tentativi. Nella cistocentesi ventrale l’animale viene posizionato in decubito dorsale. Attraverso la palpazione viene localizzata la vescica e ne viene valutata la dimensione. Con la mano libera, la vescica viene stabilizzata in posizione adesa alla parete ventrale dell’addome e l’ago viene inserito nell’addome sulla linea alba. Nel cane maschio, l’ago viene inserito lateralmente al prepuzio. Cateterismo uretro‐vescicale (esecuzione) Vengono per prima cosa rasati i peli lunghi attorno al prepuzio o alla vulva; l’area viene disinfettata con compresse chirurgiche e successivamente detersa con soluzione fisiologica. Applicare sui cateteri e sugli specula un lubrificante acquoso contenente dell’anestetico locale (lidocaina) idoneo per le procedure urologiche. Nel cane maschio è necessario valutare la lunghezza del catetere, necessaria per raggiungere il collo della vescica dal meato uretrale esterno, per evitare di inserirlo eccessivamente in vescica. Il paziente viene contenuto in posizione quadrupedale o in decubito laterale; il pene viene delicatamente sfoderato dal prepuzio e disinfettato con una compressa chirurgica, quindi deterso con soluzione fisiologica sterile. L’estremità del catetere, preparata con un lubrificante 198 sterile solubile in acqua o un lubrificante contenente lidocaina, viene inserita nell’orificio uretrale e con delicatezza viene fatta sopravanzare sino alla vescica. I primi millimetri di urina vengono scartati poiché possono essere contaminati da batteri, detriti e cellule provenienti dal tratto distale dell’uretra e del tratto genitale. Il catetere viene ritirato o viene fissato in posizione. La vescica della cagna è più facile da cateterizzare quando l’orifizio uretrale esterno viene visualizzato utilizzando una sorgente luminosa ed uno speculum. L’orificio uretrale esterno è localizzato su un piccolo tubercolo nella parete ventrale della vagina, situato a circa 3‐5 cm cranialmente alla commessura ventrale della vulva. La fossa clitoridea è situata caudalmente all’orificio uretrale e deve essere evitata. La procedura viene eseguita con l’aniamle in stazione quadrupedale o in decubito sternale, con un assistente che blocca gli arti posteriori. La vulva ed i tessuti perineali vengono preparati; lo speculum viene lubrificato ed inserito delicatamente nella vagina; il meato uretrale viene visualizzato ed il catetere viene introdotto attraverso lo speculum nell’orificio uretrale e fatto avanzare sino alla vescica; se una volta che il catetere è stato inserito nella vescica non appare urina, questa viene aspirata con una siringa. Esistono diverse tecniche: ‐
tecnica digitale: può essere usata nelle cagne di taglia abbastanza grande da consentire una palpazione digitale della vagina. Preparare i tessuti vaginali e perineali con compresse chirurgiche e detergerli con soluzione fisiologica; inserire nella vagina per 2‐
4 cm una siringa da tubercolina lubrificata e contenente 0,3‐0,5 ml di lidocaina; indossare guanti sterili ed inserire un dito lubrificato in vagina, nel tentativo di palpare la papilla uretrale; inserire nella vagina un catetere sterile lubrificato in direzione dorsale, verso la fossa clitoridea, e guidarlo lungo la linea mediana del pavimento vaginale verso l’orificio uretrale; inserire il catetere nell’uretra; prelevare l’urina. Raramente un gatto maschio può essere cateterizzato con un semplice contenimento manuale. Il gatto viene contenuto in decubito laterale o dorsale: sfoderare il pene posizionando un dito all’estremità del prepuzio ed esercitando pressione, quindi disinfettare tramite una compressa chirurgica e detergere con soluzione fisiologica; lubrificare il catetere ed inserirlo nell’orificio uretrale; raccogliere l’urina Nel gatto femmina nel caso in cui non venga utilizzato il contenimento farmacologico bisogna istillare in vagina un anestetico con una siringa da tubercolina. Con la gatta in decubito sternale, può essere tentata una procedura alla cieca o a vista se coadiuvati da uno speculum e da una sorgente luminosa. I tessuti vaginali e perineali vengono disinfettati con compresse chirurgiche e detersi con soluzione fisiologica; il catetere lubrificato viene inserito in vagina; la papilla uretrale è localizzata approssimativamente 0,7‐1 cm cranialmente alla commessura ventrale della vulva; il catetere lubrificato viene fatto avanzare lungo la parete ventrale della vagina fino a che non scivola nell’orificio uretrale; se non appare urina, viene utilizzata una siringa per aspirare. Nel cavallo si esegue usando cateteri di vario calibro, in base alla mole del soggetto, muniti di mandrino. Se l’animale è tranquillo si può fare in stazione quadrupedale altrimenti in decubito laterale. Per prima cosa bisogna esternalizzare la testa del pene poi si disinfetta e lubrifica il catetere e lo si inserisce nello sbocco dell’uretra e lo si fa procedere, a un certo punto si incontrerà una resistenza rappresentata dalla curvatura ischiatica dell’uretra, per poterla superare è necessario estrarre il mandrino per circa 25 cm e procedere finche si incontrerà 199 un’altra resistenza, rappresentata, stavolta, dallo sbocco del collo vescicale che sarà contratto a causa dello stimolo esercitato dalla punta del catetere, per bypassarlo è necessario imprimere qualche movimento di andirivieni al catetere. Entrati in vescica è sufficiente estrarre il mandrino per vedere defluire l’urina. Cavalla è di facile esecuzione: col dito indice della mano sinistra in vagina si cerca lo sbocco uretrale sul pavimento del vestibolo protetto dalla valvola uretro‐vaginale dopo averla trovata si fa scorrere la sonda sotto il dito a un certo punto si sentirà rumore di gorgoglio (se la vescica non è piena) dovuto all’aspirazione di aria in vescica, facendo procedere il catetere si vedrà l’urina fuoriuscire appena esso arriverà in vescica. Nel bue è molto più difficile a causa del lume stretto dell’uretra e della presenza della doppia curvatura peniena dell’uretra. Questo particolare anatomico rende, talvolta, impossibile l’esecuzione del cateterismo. Per superare quest’ostacolo bisogna vincere la resistenza dei muscoli retrattori del pene recidendoli, oppure eseguendo un’anestesia epidurale oppure eseguendo il cateterismo in narcosi. Nella vacca l’esecuzione è abbastanza facile, l’unico particolare è la presenza di uno sbocco a fondo cieco sito vicino allo sbocco uretrale, perciò se introducendo il catetere si incontrano subito resistenze è necessario estrarlo e ripetere la manovra individuando preventivamente lo sbocco uretrale attraverso l’uso di uno specula vaginale. 200