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La redazione raccomanda per la citazione bibliografica di questo volume la seguente dizione:
The editor recommend that for references to this work the following citation should be used:
Magrini M., Perna P., Scotti M. (eds). 2007. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione. Atti del Convegno, Serra San Quirico
(Ancona), 26-28 Marzo 2004. Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi, pp. 160.
In copertina:
Disegno orginale di Lorenzo Starnini
Copyright © 2007
Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi.
È vietata la riproduzione anche parziale di testi e immagini.
AQUILA REALE, LANARIO E PELLEGRINO
NELL’ITALIA PENINSULARE
stato delle conoscenze e problemi di conservazione
a cura di
Mauro Magrini, Paolo Perna e Massimiliano Scotti
ATTI DEL CONVEGNO
di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
In collaborazione con
Istituto Nazionale
per la Fauna Selvatica
2007
Presentazione
In un assolato pomeriggio di fine estate, al termine di una lunga e fruttuosa sessione di osservazioni ornitologiche, prese corpo l’idea di organizzare un incontro nazionale al quale potessero
partecipare tutti gli esperti e studiosi del settore che, nelle diverse regioni, avessero studiato l’aquila
reale, il lanario e il pellegrino in area appenninica.
Forse il caldo eccessivo di quel giorno, forse i postumi di un’insolazione cocente non ancora del
tutto riassorbita, ci hanno spinto a proseguire nell’intento e, nonostante qualche difficoltà, a realizzare
gli atti di un convegno che ha rappresentato per il nostro parco un banco di prova importante, un
forte momento di crescita e una chiara assunzione di responsabilità che ci ha portato a “immaginare”
e poi a realizzare l’Osservatorio per la Biodiversità.
Siamo convinti che tutelare un territorio significhi amarlo e per amare un territorio c’è sicuramente
necessità di conoscerlo. In questa prospettiva, le iniziative compiute dal Parco per la conservazione
della biodiversità e per l’uso razionale e consapevole delle risorse naturali ci offrono, non soltanto
la possibilità di approfondire la conoscenza delle caratteristiche di questo territorio, ma ci invitano a
riflettere sui nostri stili di vita e ci rafforzano nel perseguimento degli obiettivi di un’area protetta.
Ringrazio nuovamente tutti coloro che si sono prodigati per la realizzazione di questo convegno e vi invito alla lettura del resoconto dei lavori, sottolineando l’importanza di queste iniziative
per la diffusione delle conoscenze a tutti i cittadini interessati, con particolare riferimento a coloro
che hanno il compito di prendere decisioni politiche, che coinvolgono non solo la nostra, ma anche
le generazioni future.
Massimiliano Scotti
Funzionario Direttivo del Parco
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
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Introduzione
Da più di trent’anni il territorio nazionale è percorso da un numero crescente di ornitologi,
professionisti o dilettanti, che dedicano il proprio tempo (lavorativo o libero) allo studio o alla semplice osservazione dei rapaci diurni, e tra essi alle tre specie oggetto di questo convegno. Tre specie
che sovrappongono gran parte dei loro areali e l’ambiente di nidificazione, e che, inevitabilmente,
condividono la lunga lista di “appassionati” che ad esse rivolgono le proprie attenzioni. È difficile
studiarne una ignorando le altre due, quando ci sono; ecco così che i titoli di molti “frutti” di queste
attenzioni le riguardano tutte e tre.
Il convegno di Serra San Quirico ha voluto riunire in tre giorni e in un sol luogo, per ovvi motivi,
quanti non riescono più a fare a meno di cercare, nella penisola, lungo le sue coste e nelle piccole
isole, la soddisfazione di scoprire una “nuova coppia” o di confermare semplici o “ardite” ipotesi.
Il tentativo sembra avere avuto buon esito, almeno a giudicare dai numeri: 40 partecipanti
“addetti ai lavori” a ciascuna delle due tavole rotonde del 26 marzo, quasi 150 alle due sessioni del
27, tutte le regioni dell’Italia peninsulare rappresentate e trattate, 25 contributi originali pubblicati
in questo volume a firma di ben 78 Autori. In più un esperimento di trattamento “univoco” di dati e
conoscenze, apparentemente ben riuscito ed utile alla comprensione di alcuni significativi “fenomeni”
riguardanti le popolazioni delle tre specie. Infine diverse proposte di coordinamento, di condivisione
di obiettivi e linguaggi (la lingua è la stessa ma i “dialetti” permangono) che se non altro tradiscono il desiderio di confronto e condivisione, facendo apparire superabili certe “gelosie” che si spera
appartengano esclusivamente al passato.
Da tutto ciò la soddisfazione di chi ha ideato, organizzato, sostenuto e (crediamo) partecipato
all’iniziativa.
Un sentito ringraziamento è rivolto ad Alessandro Andreotti, in particolare per il suo decisivo
contributo all’impostazione dei lavori e alla rilettura critica dei contributi, come anche a Pierandrea
Brichetti e Francesco Mezzavilla per la grande attenzione accordata all’iniziativa.
Il Comitato organizzatore
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
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Indice
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare
Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Presentazione
pag.
5
Introduzione
pag.
7
I sessione:
Stato delle conoscenze, problemi di conservazione
e prospettive per le ricerche in Italia
Bernardino Ragni
Trentatré anni di Mal d’Aquila
pag. 15
Massimiliano Scotti, Jacopo Angelini
La tutela della biodiversità nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi
pag. 21
Paolo Fasce, Laura Fasce
Stato delle ricerche sull’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia
pag. 25
Giovanni Leonardi, Alessandro Andreotti
Lo stato delle ricerche finalizzate alla redazione
del Piano d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus feldeggii
pag. 36
Massimo Brunelli
Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia
pag. 50
Mauro Magrini, Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro
Rapaci e praterie: uno studio triennale nel Parco Regionale
Gola della Rossa e di Frasassi
pag. 59
Stefano Allavena
Problemi attuali di conservazione dei rapaci diurni in Italia
pag. 63
Alessandro Andreotti, Giovanni Leonardi
Proposta per una standardizzazione del monitoraggio
delle popolazioni di rapaci rupicoli nidificanti in Italia
pag. 66
Francesco Mezzavilla
Il CISO e le indagini sui rapaci. Indirizzi per un approfondimento delle ricerche
pag. 71
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
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Indice
II sessione:
Stato delle conoscenze, problemi di conservazione e prospettive
per le ricerche nelle regioni peninsulari
Saura Andreotti, Massimo Campora, Renato Cottalasso,
Laura Fasce, Paolo Fasce, Riccardo Nardelli, Ubaldo Ricci
L’Aquila reale Aquila chrysaetos e il Pellegrino Falco peregrinus
nell’Appennino ligure e piemontese
pag. 79
Ubaldo Ricci, Michela Adami, Saura Andreotti, Luigi Armentano,
Mario Cenni, Monica Lazzeri, Mauro Magrini, Riccardo Nardelli, Luigi Sesti
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana settentrionale
pag. 83
Guido Ceccolini, Fausto Fabbrizi, Riccardo Nardi
La presenza del Lanario Falco biarmicus
e del Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana meridionale
pag. 87
Mario Bonora, Luca Bagni, Angelo Battaglia, Pierpaolo Ceccarelli,
Mario Chiavetta, Pierfrancesco Ferrari, Mauro Ferri, Dario Martelli,
Maurizio Ravasini, Lorenzo Rigacci, Stefano Schiassi
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Emilia Romagna
pag. 91
Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Gianni Cristiani,
Carla Gambaro, Mauro Magrini, Massimo Pandolfi, Bernardino Ragni
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus nelle Marche
pag. 95
Mauro Magrini, Jacopo Angelini, Luigi Armentano,
Carla Gambaro, Paolo Perna, Bernardino Ragni
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Umbria
pag. 99
Massimo Brunelli, Stefano Allavena, Fabio Borlenghi, Luigi Corsetti,
Stefano Fanfani, Felice Simmi
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus nel Lazio
pag. 103
Antonio Antonucci, Carlo Artese, Siro Baliva, Mauro Bernoni, Marco Carafa,
Marco Cirillo, Gino Damiani, Fabio De Marinis, Simone De Biase,
Samuele Di Giovanni, Eugenio Di Zenobio, Paola Franceschini, Paolo Gialleonardo,
Giorgio Lalli, Giorgio Marini, Stefano Scivola, Massimo Pellegrini
Monitoraggio dell’Aquila reale Aquila chrysaetos
in Abruzzo nella stagione riproduttiva 2003
pag. 107
Augusto De Sanctis, Massimo Pellegrini
Aggiornamento delle conoscenze sulla distribuzione e lo status
del Lanario Falco biarmicus e del Pellegrino Falco peregrinus in Abruzzo
10
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
pag. 109
Indice
Lorenzo De Lisio, Stefano Allavena, Marco Carafa, Nicola Colonna
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Molise
pag. 112
Stefano Piciocchi, Danila Mastronardi, Gabriele de Filippo
Stato delle conoscenze su Aquila reale Aquila chrysaetos,
Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus in Campania
pag. 117
Antonio Sigismondi, Michele Bux, Nicola Cillo,
Vincenzo Cripezzi, Marisa Laterza, Ventura Talamo
Il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Puglia
pag. 120
Antonio Sigismondi, Michele Bux, Nicola Cillo, Marisa Laterza
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Basilicata
pag. 123
Massimo Pandolfi, Alessandro Tanferna, Giorgia Gaibani, Paolo Perna,
Mauro Tripepi, Pierpaolo Storino, Salvatore Urso, Toni Mingozzi
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Calabria e nel Parco Nazionale del Pollino:
consistenza e status delle popolazioni
pag. 126
Altri contributi
Mauro Magrini, Paolo Perna
Riepilogo ed analisi delle conoscenze sullo status delle popolazioni
di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus
e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare
pag. 133
Mauro Magrini, Paolo Perna
Proposta per il coordinamento del monitoraggio di base delle popolazioni
di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus
e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare
pag. 140
Elenco degli autori
pag. 143
Immagini dall'area di studio
pag. 147
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
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I sessione
STATO DELLE CONOSCENZE,
PROBLEMI DI CONSERVAZIONE
E PROSPETTIVE PER LE RICERCHE IN ITALIA
Chairmen:
Massimiliano Scotti e Mauro Magrini
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Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Trentatré anni di Mal d’Aquila
Bernardino Ragni
Dip. di Biologia Cellulare e Ambientale, Università degli Studi di Perugia, via Elce di Sotto 60123 Perugia
Nelle prime due pagine del volumetto intitolato
“Mal d’Aquila” (Ragni 1976) si legge: “Tutto
è cominciato il 2 novembre 1971. Stavamo
scendendo il gran fianco erboso di un monte
dell’Appennino centrale…”, “l’aquila era stupenda: il sobrio piumaggio marrone…”, “Roteò
senza fretta, con le vaste ali immobili…”, “Non
potevo immaginare che sarei diventato sofferente
di mal d’Aquila, ma il contagio era ormai avvenuto…”. è vero: quelle 43 pagine densamente
stampate con caratteri “corpo 8” e illustrate da
disegni e foto dell’autore, sono la prova dichiarata della morbosa passione, praticamente una
dipendenza, che travolse Ragni dal 1971 al 1976.
Poi quella fase acuta si cronicizzò, la malattia,
insieme al suo agente eziologico, divennero una
componente strutturale, perfettamente percepita e
controllata, della consapevolezza e della cultura
del contagiato.
Dalla metà degli anni Settanta dello scorso
secolo alcune decine di persone condivisero,
con livelli diversi di virulenza, tale morbosa
passione ma, tra tutti, due di essi ancora oggi
l’hanno cronicizzata e intimamente assimilata:
Luigi Armentano e Mauro Magrini. Entrambi
discussero la loro tesi di laurea di naturalisti
su tale agente eziologico; per il primo è stata
l’inizio di un lungo, permanente giuoco colto
e appassionato, per il secondo è stata l’inizio
di una professione rigorosa, amorevole e non
negoziabile.
Ma perché Aquila chrysaetos fa ammalare di
passione? Scomodare J. W. Goethe per rispondere al quesito non è difficile per uno spoletano:
fu infatti al cospetto del Ponte delle Torri di
Spoleto, il 26 ottobre 1786, che il grande drammaturgo tedesco, nel corso del suo Italienische
Reise (1816-17), intuì che la “seconda natura”
costruita dall’uomo piace ed appassiona in
quanto funzionale, armoniosa, utile; mentre ciò
che non ha funzionalità, armonia, utilità, “nasce
morto” e quindi non potrà mai essere “bello”,
mai piacere, mai appassionare. Per dirla con
Goethe, quindi, la “natura prima” Aquila reale,
piace e appassiona perché è bella, in quanto
funzionale, armoniosa, utile.
Utile a se stessa, naturalmente. Infatti l’Aquila
reale, nell’ambito dei grandi uccelli cacciatori
e carnivori obbligati, è la specie “più”. Quella
a più vasto range geografico (tutto l’emisfero
boreale dai pressi del Circolo Polare a oltre il
Tropico del Cancro) a più vasto range ecologico
(dalla tundra al deserto, dalla steppa alla foresta,
dal mare ai crinali altomontani, dai pressi delle
metropoli alle lande inabitate) a più vasto range
predatorio-alimentare (Artropodi, Pesci, Anfibi,
Rettili, Uccelli e Mammiferi, da sotto il grammo
a 50 chili di peso).
Una così vasta utilità non può che essere il risultato (o la causa?) della massima funzionalità,
sia morfologica che fisiologica e comportamentale: le forze modellatrici dell’evoluzione hanno
disegnato, con l’Aquila reale, il più versatile ed
efficiente strumento vivente del suo segmento
zoologico, quello che, meglio di chiunque altro,
è in grado di propagare con successo i propri
geni nel tempo e nello spazio.
La vista umana, uno dei più completi ed efficienti recettori e interpretatori di immagini,
percepisce l’Aquila reale come armonia; essa,
nell’ambito dei grandi uccelli cacciatori e carnivori obbligati, è la specie mai “troppo”: le ali
non sono troppo larghe o troppo strette rispetto
alla lunghezza, non sono troppo lunghe o troppo
corte rispetto alla coda, il collo non è troppo
corto o troppo lungo rispetto al corpo, gli artigli
non sono troppo lunghi o troppo corti rispetto
ai tarsi, questi non sono troppo lunghi o troppo
corti rispetto alle gambe e alle cosce, la testa
non è troppo corta o troppo lunga rispetto alla
ranfoteca, il capo non è troppo lungo o troppo
corto rispetto al collo; anche nel dimorfismo
sessuale (marker degli uccelli specialisti nella
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
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Bernardino Ragni
caccia di prede medio-grandi) Aquila chrysaetos
non è “troppo”: il maschio non è troppo grande
e troppo lento per non riuscire a strappare lo
scoiattolo rosso dai rami di un faggio nel folto
della foresta (Valnerina, Umbria, giugno 1973) e
la femmina non è troppo piccola e troppo debole
per non volare in soccorso del compagno esausto,
afferrare dai suoi artigli una enorme lepre bruna,
e colmare, potente e sicura, l’alto dislivello che
separa i due dal nido, con due pulli (Valnerina,
Umbria, luglio 1974); entrambi non sono troppo
lenti e troppo rigidi per non cacciare e nutrirsi
pressoché esclusivamente di uromastici, portando all’involo tre juvenes all’anno (Deserto del
Negev, Israele, aprile 1987).
L’armonia morfologica e locomotoria è anche
eleganza; così come i colori della livrea; il
bruno-nero-violaceo, con vivide chiazze bianche, segnala per breve tempo la vulnerabilità
e l’inesperienza della giovinezza e dell’immaturità: gli affini saranno tolleranti, gli estranei
li cacceranno senza ferocia se invaderanno il
loro spazio vitale (Valnerina, Monti Sibillini,
Appennino Umbro-marchigiano, Marsica, Orecchiella, Monti Lagorai, Stelvio, Gran Paradiso,
Engadina, 1967-2002); il bruno-marrone-ardesia
è il sobrio colore dell’età adulta, della maturità
e dell’esperienza, che non hanno più bisogno di
segnali salva-vita, ma l’identità di Golden eagle
è sancita, inequivocabilmente, dal regale pendant
dorato della nuca e dei grandi piedi.
Ecco quindi spiegata, si spera, la causa del Mal
d’Aquila: essa è bella, semplicemente bella,
almeno agli occhi ed ai sentimenti dei suoi
contagiati. I biologi, i naturalisti, i ricercatori, gli
scienziati, non devono vergognarsi di ammettere,
prima a se stessi, poi con gli altri, che amano
e trovano bello l’oggetto del loro lavoro e del
loro studio. Tale condizione non toglie “scientificità” o “oggettività” o “rigore” o “razionalità”
ai risultati, alla discussione, alle conclusioni,
della loro produzione scientifica. Al contrario,
le difficoltà economiche, le incomprensioni,
l’indifferenza, che tali lavoratori incontrano nel
programmare, avviare e portare a termine il loro
prodotto, potranno essere attenuate, addirittura
in certi casi rimosse, proprio dalla passione per
l’oggetto e lo scopo del lavoro.
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Trentatré anni fa, nel capoluogo di Mal d’Aquila,
il paese di Gavelli i cui abitanti consideravano
simpatici birbaccioni gli immaturi del rapace
che di tanto in tanto si “servivano” delle galline
razzolanti tra la piazzetta ed il campo di bocce,
le case medievali erano quasi tutte abitate da
famiglie residenti, che allevavano centinaia di
pecore, decine di vacche e vitelli, decine di
cavalli e muli, e un asino, cavavano tartufi neri,
ceduavano i boschi, producevano dello splendido
pecorino.
Dopo l’autunno del 1976, laddove si conclude
Mal d’Aquila, una serie di “opere pubbliche”
attaccò il paesaggio e gli ecosistemi di quel
frammento di Appennino Umbro, il quale può
essere considerato un perfetto campione geografico, ecologico, antropico, di tutto l’Appennino
calcareo centro-meridionale.
Nel 1977-78 furono aperte numerose strade e
piste di “servizio” e di “miglioramento” per i
pascoli e per i boschi, associando il danneggiamento ecologico e paesaggistico intrinseco,
a quello indotto dovuto alla nuova accessibilità
al traffico motorizzato di ampi distretti precedentemente raggiungibili solo a piedi e su
cavalcatura.
A seguito del disastroso terremoto che colpì
la Valnerina ed i Monti Sibillini nel settembre
del 1979, l’inviolata vetta del Monte Coscerno,
oasi di protezione e riserva di lepri e coturnici
per le aquile di Mal d’Aquila, fu raggiunta da
una strada per l’impianto e la manutenzione di
antenne radio, al fine di migliorare le comunicazioni della nascitura “protezione civile”: agli
occhi dei contagiati il peggiore danno ambientale
di quel sisma.
A partire dal 1975 arrivarono e si insediarono
il cinghiale, il lupo e il capriolo; scomparve
definitivamente la starna italica e si ridusse al
lumicino la coturnice.
Nel gennaio 1980 una femmina di Aquila reale
al terzo anno cattura e uccide una femmina
adulta-giovane di Gatto selvatico europeo, inesorabilmente acriptica sul biancore diurno del
manto nevoso che ricopriva tutta la Valle di
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Trentatré anni di Mal d’Aquila
Campofoglio, a qualche decina di metri dalla
vista esterrefatta di due contagiati.
Ma nel maggio 1984 una splendida femmina
adulta di Aquila reale, probabilmente in attività
di cova, fu trovata morta nei pressi della frazione di Caso, l’altro paesino di Mal d’Aquila.
L’uccello era stato attraversato da un proiettile
di arma da fuoco che l’aveva ucciso quasi sul
colpo. Un cacciatore di cinghiali e di caprioli
a bordo del suo fuoristrada, illegalmente in
vetta al Coscerno tramite le nuove strade, aveva
illegalmente potuto abbattere quel meraviglioso animale anche grazie alla totale assenza di
qualsiasi sorveglianza? I biologi di Mal d’Aquila
hanno ritenuto ciò molto probabile.
Intanto, dopo Mal d’Aquila e dopo le tesi di
Armentano e Magrini, i contagiati estesero lo
studio scientifico a tutto l’Appennino Umbromarchigiano, ai rilievi interni dell’Umbria, alla
Sicilia: al convegno internazionale di Roma
sulle tecniche e sull’etica delle reintroduzioni ne
definirono le esigenze ecologiche (Ragni 1976);
al convegno degli zoologi italiani di Firenze portarono la prima situazione umbro-marchigiana ed
un caso di sostituzione del partner (Armentano e
Ragni 1981 Magrini e Ragni 1981); al convegno
degli zoologi italiani di Bari portarono osservazioni sull’etologia (Magrini et al. 1982); al primo
seminario italiano sui censimenti faunistici di
Urbino portarono la loro esperienza (Ragni et
al. 1982 - pubbl. 1988); nel piano per la conservazione dell’area di Mal d’Aquila indicarono
metodi e provvedimenti dedicati alla specie
(Fratoni et al. 1984); nella ricognizione nazionale
sull’ecologia e conservazione dell’Aquila reale
curata da P. e L. Fasce trattarono della situazione
umbro-marchigiana (Ragni et al. 1984); per la
Regione dell’Umbria inserirono l’Aquila reale
nelle ricerche sulle specie regionali di interesse
venatorio e naturalistico (Ragni e OIKOS 1984);
nel 1986 pubblicarono lo stato delle conoscenze sulla biologia della specie nell’Appennino
Umbro-marchigiano (Ragni et al.); nello stesso
anno furono invitati al Premier colloque international sur l’Aigle royal en Europe tenutosi
ad Arvieux, Francia (Magrini et al. 1987); alla
Third world conference on birds of prey di
Eilat, Israele, portarono una comparazione eco-
etologica tra popolazioni appenninica e siciliana
(Ragni et al. 1987); furono invitati al congresso
annuale dell’Associazione Italiana Naturalisti di
Bagnoregio per trattare degli effetti sulla specie
dell’impatto ambientale (Ragni 1988); furono invitati al quarto convegno siciliano di ecologia per
trattare degli effetti sulla specie di randagismo,
ripopolamenti e reintroduzioni (Ragni 1992);
una ricognizione sulla biologia e sullo status
è stata pubblicata in una monografia dedicata
all’ambiente e alla fauna della Valnerina e dei
Monti Sibillini (Magrini 1995); in una mostra
di divulgazione scientifica organizzata nel Parco
Nazionale dei Monti Sibillini è stata curata una
monografia sulla specie (Magrini 1998).
Dopo trent’anni da Mal d’Aquila (e di mal
d’aquila!) in un giorno d’aprile del 2001, Ragni
e nuovi, giovani contagiati, si trovano a Cime di
Mutali, una delle emergenze cacuminali dell’Appennino calcareo Umbro-marchigiano presso
Fossato di Vico (PG). In tale luogo sono state
erette due torri eoliche, reciprocamente distanti
140 metri, alte 46 metri al rotore con tre pale
lunghe 22 metri, costituiscono un ingombro
sterico alto 68 e largo 44 metri; ogni pala pesa
3,5 tonnellate, la cui punta può raggiungere, in
esercizio, la velocità di 250 km orari.
Alle 10.50 un’Aquila reale è scesa in volo picchiato, ha sfrecciato sul piccolo valico scendendo
ancora sul versante del rilievo per 300-400 metri,
quindi si è sollevata in volo veleggiato roteante
per poi dirigersi verso il rilievo dal quale sembrava essere provenuta. Si trattava di un subadulto al terzo anno di età di sesso maschile. Le
cause scatenanti il comportamento dell’Aquila
reale sono da ricondurre ad un tipico tentativo
di predazione su lepre bruna che poteva essere
stata scorta dal rapace sul pascolo cespugliato
del versante in prossimità del crinale. Il rapace
ha sorvolato gli osservatori esattamente sulla
verticale delle loro teste ad un’altezza non superiore a 70-80 metri. La distanza, in laterale,
della traiettoria di volo dalla torre eolica è stata
di 60 metri e, dalla punta di una delle pale, di
meno di 40 metri; la distanza minima, in verticale, dell’uccello dalla punta di una delle pale
è stimabile tra 0 e 10 metri.
Il luogo nel quale si è svolto l’evento descrit-
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
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Bernardino Ragni
to non ricade tra quelle aree dell’Appennino
Umbro-marchigiano per le quali ci si deve necessariamente attendere un’elevata probabilità di
presenza ed attività dell’Aquila reale (Magrini
et al., questo convegno); ciò perché Cime di
Mutali dista non meno di 20 chilometri dal
più vicino territorio accertato di nidificazione
della specie.
D’altra parte l’osservazione si discosta in modo
altamente significativo dalla possibilità che si
sia trattato di un evento stocastico dato che
le probabilità che ciò si verificasse sono P =
0,000000002; vale a dire che quei ricercatori
avevano 1 probabilità su 500 milioni di incontrare per caso, quel giorno, un’Aquila reale a
Cime di Mutali.
Ciò significa che la presunta marginalità di
Cime di Mutali relativamente alla presenza e
all’attività dell’Aquila reale nell’Appennino
Umbro-marchigiano è da considerarsi infondata,
in quanto l’evento osservato da questo gruppo
di studio deve evidentemente ripetersi con frequenza, nonostante le condizioni di alterazione
e frammentazione locale dell’ecosistema.
La frequentazione funzionale di Cime di Mutali da parte del più grande e raro uccello da
preda diurno d’Italia non deve stupire; infatti
quell’individuo, nella sua condizione di subadulto o adulto-giovane, fa parte della frazione
non territoriale della popolazione di Aquila
reale dell’Appennino Umbro-marchigiano e
come tale costretto dalle coppie monogame,
adulte e residenti, a tenersi lontano dai territori di alimentazione e nidificazione di queste;
territori che normalmente comprendono le aree
ecologicamente più produttive ed integre: le
meno modificate e frammentate dall’attività
antropica.
Quindi, nell’angusto Appennino Umbro-marchigiano non esistono luoghi effettivamente “marginali” ai fini della sopravvivenza dell’Aquila
reale, nemmeno quando risultano così localmente
alterati; in subordine, naturalmente, ai luoghi che
mostrano, ancora, un buon grado di conservazione del paesaggio geografico, i quali devono
essere considerati d’importanza primaria, e cioè
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strategici, per la conservazione della specie nelle
due regioni.
La popolazione appenninica di Aquila reale,
ed in particolare quella della sezione Umbromarchigiana, è caratterizzata da un bassissimo
valore di densità di popolazione, exceptionally
low secondo Jeff Watson (1997) che cita i dati di
Ragni et al. (1986); ciò è dovuto alla particolare
sinergìa negativa tra la modesta offerta trofica
naturale e la storica influenza delle attività antropiche sull’ambiente fisico e biotico dell’Italia
peninsulare (Ragni et al. 1987).
L’evento osservato dai contagiati ha mostrato
tutta la pericolosità che le torri eoliche possono
rappresentare per l’Aquila reale nell’Appennino
Umbro-marchigiano: considerando la velocità di
spostamento (100-150 Km/h) e la distanza d’involo di qualche chilometro, i 38 e gli 0-10 metri
che separavano il rapace dalla punta di una delle
pale possono essere considerati inesistenti.
A pale ferme (pochi minuti prima del passaggio ruotavano) qualche possibilità di evitare
l’impatto, attraversando lo spazio interposto,
potrebbe esistere; ma con tali strutture in movimento, apparentemente lente a causa della
notevole lunghezza, l’uccisione dell’Aquila reale
è inevitabile.
L’estrema probabilità o certezza, a lungo andare,
degli esiti infausti per l’Aquila reale derivanti
dalla sua frequentazione di zone come Cime
di Mutali deriva dalla ben nota peculiarità del
comportamento predatorio della specie. L’Aquila
reale appartiene al gruppo di rapaci diurni che
adotta una strategia predatoria fondata sulla
sequenza: ricerca-avvistamento-avvicinamentoinseguimento veloce in picchiata-contatto-uccisione della preda, sul terreno o in aria.
Innumerevoli dati scientifici, osservazionali e
sperimentali, hanno dimostrato che l’Aquila
reale, come altre specie di cacciatori e carnivori
obbligati, nel corso di una sequenza predatoria
accumula elevate dosi di “comportamento appetitivo” durante le fasi di ricerca, avvistamento e
avvicinamento della preda, che viene poi liberato
in forma prorompente nello ”atto consumatorio”
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Trentatré anni di Mal d’Aquila
delle fasi di inseguimento, contatto e cattura
della stessa: in questa parte della sequenza il
rapace è totalmente “rapito” dall’azione di raggiungimento della preda, da giungere a perdere
ogni inibizione nei confronti del luogo e delle
componenti fisiche, biotiche e abiotiche, dello
spazio nel quale l’azione lo ha portato a trovarsi; potendosi porre in condizioni di estrema
pericolosità per la sua sopravvivenza. Per dirla
in parole povere, in tali circostanze il predatore,
specialmente nelle classi d’età giovanili, “perde
la testa”!
Naturalmente più il luogo è conosciuto, più è
libero da strutture antropiche, meno è modificato
nel suo assetto naturale, minori sono le probabilità che tale specifico comportamento possa
risolversi infaustamente per il rapace. L’evento
osservato a Cime di Mutali ricade, classicamente,
in tale pattern eco-etologico.
A trentatré anni da Mal d’Aquila nella frazione
di Gavelli, in quel campione di Appennino calcareo, le case medievali sono quasi tutte inabitate,
qualcuna è stata venduta a non-residenti, non ci
sono più pecore, vacche, vitelli, cavalli, muli
e l’asino, né formaggio fatto in casa; qualche
strada e qualche antenna radio si sono aggiunte
a quelle realizzate negli anni Settanta; tuttavia il
Paesaggio ad Aquila reale (Ragni et al. 1986)
ha sostanzialmente tenuto, infatti essa, l’oggetto
della passione, c’è ancora.
Ma lassù, come in quasi tutti i crinali dell’Appennino tra Umbria e Marche, amministratori
ingenui e/o incolti o truffaldini, dai governi
regionali a quelli di piccoli comuni montani,
progettano la promozione e l’affermazione
dell’industria eolica. Alla diffusione del mito
eolico non sono estranei naturalisti senza scrupoli e associazioni ambientaliste conniventi; gli
affetti da Mal d’Aquila vedono in questo scenario
il più cupo futuro, tremendamente prossimo e
incombente, che abbia mai insidiato il Paesaggio
ad Aquila reale dal Neolitico ad oggi.
Nel Paesaggio ad Aquila reale dell’Appennino
Umbro-marchigiano, la componente strategica
(sensu principio di Liebig) è rappresentata dalle
praterie primarie e secondarie cacuminali e di
alto versante; queste, a monte dei territori di
nidificazione, costituiscono gran parte dei territori di caccia e alimentazione, nonché dei siti
di display territoriale e riproduttivo. La cancellazione di tali componenti ad opera dei “parchi
eolici” e dei loro annessi e connessi, sarebbe la
cancellazione dell’Aquila reale dall’Appennino
Umbro-marchigiano.
Per i biologi ed i naturalisti che non si vergognano di amare il bello, non v’è distinzione tra
Paesaggio ad Aquila reale e Aquila reale: uno
senza l’altra non hanno ragione di esistere.
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20
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
La tutela della biodiversità
nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi
Massimiliano Scotti1, Jacopo Angelini2
1
Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi, Via Marcellini, 5 60048 Serra San Quirico (An)
2
Via Berti, 4 60044 Fabriano (An)
Il Parco Naturale Regionale Gola della Rossa e
di Frasassi è stato istituito nel 1997; si estende su
una superficie di 9.167 ettari dell’area montana
della provincia di Ancona e comprende quattro
aree SIC e tre ZPS individuate ai sensi delle
direttive europee.
Il mosaico ambientale che caratterizza questo
territorio, presenta molte tipologie del paesaggio
montano appenninico tra cui spiccano le gole rupestri, le cavità ipogee e le praterie sommitali. In
relazione all’altitudine, si individuano due piani
di vegetazione: quello collinare che si estende
sino ad 800-850 m s.l.m. e quello montano che
si sviluppa al di sopra sino alle quote più alte
rinvenibili nella zona (Monte San Vicino, m
1479). Nel piano collinare, si trovano boschi
a dominanza di Roverella con la presenza di
Orniello e Acero trilobo. Sui rilievi calcarei dominano formazioni miste a prevalenza di Carpino
nero. Negli impluvi e nei canaloni, in condizioni
climatiche umide e fresche, si sviluppano boschi
dominati da Nocciolo e Carpino bianco, mentre
nelle aree esposte a sud si osservano formazioni
di sclerofille sempreverdi in cui prevale il Leccio.
Il piano montano presenta formazioni forestali
a dominanza di Faggio che si sviluppano al di
sopra dei 900 m nei versanti più freschi esposti
a nord. In molti casi, si osservano anche l’Acero
riccio, l’Acero di monte, l’Olmo montano. Diverse zone del territorio, al pari di altre aree delle
dorsali appenniniche, sono state interessate da
interventi di rimboschimento di conifere effettuati a partire dalla fine del 1800, mentre lungo
le sponde dei fiumi Esino e Sentino permangono
nuclei di bosco ripariale a dominanza di Pioppo
bianco e Pioppo nero associati a varie specie di
salici. Nel territorio del Parco, si rinvengono
estese formazioni prative soprattutto nelle zone
sommitali dei rilievi. Queste praterie hanno tutte
un’origine secondaria, sono cioè distribuite su
aree che potenzialmente appartengono al dominio del bosco e sono state ricavate attraverso
il disboscamento che per secoli ha interessato
tutta l’area. La gran parte di queste praterie è
costituita da pascoli xerofitici in cui spicca una
tipologia ambientale che la Direttiva “Habitat”,
codifica come ambiente prioritario; si tratta
delle “Formazioni erbose secche e seminaturali
e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco Brometalia)* stupenda fioritura di
orchidee” - Cod. 6210, allegato I, Direttiva n.
43/92/CEE.
Il patrimonio floristico, presenta grande varietà di
specie, alcune rarissime, in relazione alla variabilità climatica e morfologica dei diversi ambienti.
In particolare nelle gole rupestri si concentrano
specie interessanti, di elevato interesse biogeografico e scientifico, quali Moehringia papulosa,
pianta rupicola endemica. Nelle gole rupestri si
trovano altre piante endemiche dell’Appennino
centrale, come Campanula tanfanii e Saxifraga
lingulata var. australis. Sulle pareti rocciose
calcaree sopravvive la rarissima Ephedra major,
specie relitta risalente al Terziario.
Gli ambienti suddetti ospitano specie animali
rare ed importanti almeno quanto le specie
floristiche. Gli studi effettuati nell’ambito del
Quadro Conoscitivo Territoriale per la redazione
del Piano del Parco e i monitoraggi che vengono
effettuati evidenziano la presenza di specie molto
interessanti sia tra gli Anfibi, che nelle classi
di Rettili, Uccelli e Mammiferi; ad esempio le
praterie secondarie risultano utilizzate da gran
parte delle specie di interesse comunitario e
conservazionistico monitorate. Tra i rapaci si
deve sottolineare la presenza di specie nidificanti
quali il Falco pecchiaiolo, il Biancone, l’Astore,
l’Aquila reale, il Lanario, il Pellegrino, il Lodolaio ed il Nibbio reale, quest’ultimo oggetto di un
riuscito progetto di reintroduzione. Altre specie
come l’Albanella minore, il Falco di palude e il
Nibbio bruno vengono regolarmente rilevate nel
periodo delle migrazioni. Anche alcune specie
di Passeriformi, accertate come nidificanti nel
parco, sono legate ecologicamente alle praterie
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
21
Massimiliano Scotti, Jacopo Angelini
secondarie, tra queste la Tottavilla, il Calandro,
l’Ortolano, il Culbianco, l’Averla piccola ed il
Succiacapre.
successiva si ritiene imprescindibile la partecipazione, anche economica, dell’Amministrazione
Provinciale.
Altre specie di rilevante interesse conservazionistico sono state osservate e studiate nel territorio del Parco, non solo in aree SIC e ZPS:
la Salamandrina dagli occhiali, il Tritone italico
ed il Geotritone tra gli Anfibi, il Cervone tra
i Rettili e, tra i Mammiferi, il Lupo e almeno
dieci specie di Chirotteri, alcune delle quali mai
segnalate per le Marche, rilevate nelle cavità
ipogee non ancora sfruttate a livello turistico
(Cod. 8310, allegato I, Direttiva n. 43/92/CEE).
Alcune delle specie suddette sono inserite negli
allegati II e IV della Direttiva Habitat; per la
loro conservazione, quindi, si richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione o
una protezione rigorosa.
·Area faunistica rapaci e centro recupero; importante per il monitoraggio delle cause di ricovero
e quindi per la verifica dei fattori limitanti delle
diverse specie, in particolare per il Lanario e il
Pellegrino.
Gli studi effettuati, sia in campo zoologico che
botanico, hanno convinto l’Amministrazione
della Comunità Montana dell’Esino-Frasassi,
ente gestore del Parco, a realizzare un Centro
Studi per la Conservazione della Biodiversità
all’interno delle aree protette, a scala locale e
regionale, che si colleghi con le attività svolte
dalla Regione anche attraverso l’apporto scientifico delle Università e dei professionisti presenti
sul territorio. In tal senso è opportuno sottolineare
alcuni progetti che sono stati realizzati, altri che
sono in fase di attuazione o che verranno realizzati nel prossimo futuro. Tali progetti non sono
rivolti esclusivamente all’approfondimento delle
conoscenze relative alla tutela della biodiversità
regionale, ma dovranno fornire degli indirizzi
gestionali appropriati per la conservazione degli
ambienti e delle specie che li abitano.
A questo punto è doveroso focalizzare l’attenzione sugli ultimi due progetti appena elencati,
in quanto il primo rappresenta un esempio di
buone pratiche da trasmettere e da tenere in
considerazione per il futuro, mentre il secondo
individua le linee di programmazione per la
progettualità dei prossimi anni.
·Potenziamento della Rete Ecologica; si tratta di
un progetto di potenziamento delle connessioni
ambientali del Parco, attuato anche attraverso la
minimizzazione dell’impatto dovuto alla presenza di elettrodotti sulle specie dell’avifauna,
in attuazione della Rete Ecologica Regionale,
finanziato con i fondi del Docup ob. 2;
·Studio di fattibilità per la reintroduzione della
starna in collaborazione con Associazioni Venatorie e Ambientaliste e A.T.C.; per la fase
22
·Reintroduzione del Nibbio reale; è stato realizzato tramite un co-finanziamento europeo
Docup ob. 5b ed ha avuto risultati eccellenti;
attualmente viene condotto con fondi propri
dell’amministrazione del parco e in collaborazione con il WWF.
·Osservatorio naturalistico - Centro Studi per
la Conservazione della Biodiversità.
La reintroduzione del Nibbio reale, condotta
dal WWF Italia, è stata finanziata dal Parco
Regionale Gola della Rossa e di Frasassi, anche
attraverso fondi della Regione Marche ob. 5B,
asse 2, sottoprogramma 1.2 Progetti aree protette
“Conservazione e valorizzazione aree protette”.
Sono stati seguiti i criteri indicati dall’Istituto
Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) e lo
studio di fattibilità è stato realizzato dal Prof.
Fernando Hiraldo, Direttore della Estacion Biologica de Doñana (Spagna). Il progetto ha visto
l’approvazione del Ministero per le Politiche
Agricole e Forestali attraverso la Commissione
C.I.T.E.S. - Corpo Forestale dello Stato, che ha
autorizzato anche l’acquisizione di nibbi reali
spagnoli da Galicia ed Extremadura.
I principali fattori limitanti per questa specie
sono rappresentati dalla rarefazione dell’habitat, dal ricorso ai bocconi avvelenati, dal
bracconaggio e anche dalla presenza di centrali
per la produzione di energia eolica. Il Nibbio
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
La tutela della biodiversità nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi
reale risulta estinto nelle Marche dal 1950 e
l’obiettivo del progetto è quello di sostenere la
popolazione dell’Italia centrale creando un nuovo
nucleo riproduttivo. Nell’ambito del progetto, in
località Vallemontagnana (Fabriano), nell’oasi
WWF “Bosco di Frasassi”, è stato realizzato un
centro per l’acclimatazione e la riproduzione;
il centro ospita gli individui per un periodo di
ambientamento di 6-8 mesi. I primi 8 nibbi reali
sono stati rilasciati nel 2001; altri 2 esemplari
ogni anno sono stati reintrodotti nel 2002 e
nel 2003, mentre nel corso del 2004 è stato
rilasciato un solo esemplare. Fino alla data del
Convegno, sono stati liberati in totale 13 individui, tutti dotati di anelli di identificazione. Gli
animali sono stati muniti di un’apposita radiotrasmittente allo scopo di essere seguiti durante
gli spostamenti dai ricercatori dell’Università di
Urbino. I risultati della ricerca radiotelemetrica,
sono stati pubblicati sia in occasione del IV
Convegno eurasiatico sui Rapaci di Siviglia, sia
al I Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni di
Treviso. Gli studi hanno reso possibile la verifica
dell’utilizzo del territorio da parte della specie,
mentre osservazioni periodiche hanno consentito
di verificare la sua ecletticità sia come spazzino,
che si nutre di animali morti lungo le strade, sia
come “selezionatore” di altre specie; interessanti
risultano le predazioni osservate sui nidiacei di
Cornacchia grigia e Gazza, spunto per una ricerca sul ruolo del Nibbio reale nel riequilibrare
la rete trofica nel territorio del Parco. È stata
inoltre verificata la riproduzione di una coppia
nel 2002 e nel 2004, con l’involo di 2 giovani
per ogni anno. Molti degli individui reintrodotti
sono stati osservati frequentare l’area di reintroduzione, specialmente in periodo invernale, ed
hanno dato luogo ad un sito di riposo (roost)
in un bosco circostante. Per il futuro si prevede
l’acquisizione di altri individui dalla Spagna e
dalla Corsica e si prevede di realizzare, nella
primavera del 2006, un convegno europeo sullo
status e la conservazione della specie e sulle
prospettive per il futuro.
Il Centro Studi per la Conservazione della Biodiversità è una struttura tecnica interna al Parco,
ideata in collaborazione con la Regione Marche
- Settore Ambiente, il cui programma di lavoro
raccoglie ed individua le linee progettuali del
Parco per i prossimi anni. In quest’ottica sono
stati iniziati dei progetti, ed altri stanno per
essere ultimati, che si propongono di sondare e
approfondire diversi aspetti della conservazione
della biodiversità, non solo a livello territoriale
locale, ma anche a scala regionale, che possono
essere brevemente riassunti nei seguenti punti:
·Monitoraggio dei processi dinamici della
vegetazione, con particolare riferimento alla
evoluzione delle praterie secondarie
·Monitoraggio dell’utilizzo delle praterie secondarie da parte dei rapaci diurni durante il
periodo post-riproduttivo
·Monitoraggio della presenza del Lupo nei
territori del Parco e della Comunità Montana
·Ricerca pluriennale sulla biologia e l’ecologia
dei rapaci diurni del Parco
Contributo alla Individuazione di una “Rete Ecologica Marchigiana” attraverso l’approfondimento delle ricerche sulla biodiversità vegetazionale,
oppure tramite i rilevamenti per la realizzazione
di un Atlante delle specie prioritarie ai sensi
della Direttiva Habitat o comunque minacciate
a livello regionale; in questa ottica si prevede
l’approfondimento degli studi e gli indirizzi gestionali relativi ad altri gruppi tassonomici quali
ad esempio, l’entomofauna, l’ittiofauna, ma in
particolare i Chirotteri e gli Anfibi.
I progetti, le ricerche e le attività promosse
non dovranno rappresentare esclusivamente lo
spunto per riflessioni teoriche a beneficio dei
soli “addetti ai lavori”; al contrario, uno degli
obiettivi principali che il Centro Studi per la
Conservazione della Biodiversità si propone,
forse quello più ambizioso ed anche più difficile da raggiungere, è la individuazione di
programmi, azioni ed interventi gestionali che
siano esportabili, ma soprattutto praticabili al di
fuori dei confini delle aree protette.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
23
Massimiliano Scotti, Jacopo Angelini
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24
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Stato delle ricerche sull’Aquila reale
Aquila chrysaetos in Italia
Paolo Fasce, Laura Fasce
via G. d’Annunzio, 2/112 16121 Genova
Le pubblicazioni sull’Aquila reale in Italia dei
primi anni del 900 riguardavano essenzialmente la sua distribuzione, rilevata molto spesso
attraverso le catture. Negli anni 30 troviamo
le prime notizie sulla nidificazione e sulla
biologia della specie. 24 sono i lavori risalenti
agli anni tra il 1900 e il 1970; negli anni 70
13 lavori trattano prevalentemente della distribuzione, ma forniscono pure le prime notizie
sui parametri riproduttivi, gli aspetti gestionali
e di conservazione della specie. Negli anni 80
sono stati pubblicati 44 lavori sull’Aquila: vi
compaiono revisioni storiche, rilevamenti della
distribuzione, notizie di varia natura sulla biologia, sui parametri riproduttivi, sulle minacce
alla specie, suggerimenti di gestione territoriale
e di protezione della specie.
56 lavori, tra cui diversi Atlanti, sono apparsi
negli anni 90 e 27 negli anni 2000: essi comprendono l’elaborazione critica dei dati, raccolti
ormai per diversi anni da vari Autori, oltre
ovviamente ad aggiornamenti di distribuzione
e a dati di biologia ed etologia.
Da un punto di vista geografico, sul oltre 160
pubblicazioni dal 1970 a oggi, rileviamo che il
maggior numero di pubblicazioni (75) riguarda
l’Appennino, mentre 57 riguardano le Alpi e
19 le isole; 7 riguardano la distribuzione in
tutta Italia.
Al I° Convegno Italiano sui Rapaci diurni e
notturni di Treviso, svoltosi nel 2002, avevamo presentato proprio un aggiornamento sullo
stato delle ricerche sull’Aquila reale in Italia,
che aveva portato a valutarne la consistenza
nazionale superiore alle 500 coppie (Fasce e
Fasce 2003).
Come già allora avevamo puntualizzato, l’incremento rispetto alle ultime stime pubblicate
è dovuto a un maggiore approfondimento delle
ricerche, ma pure all’insediamento di nuove
coppie, che hanno ricolonizzato siti noti storicamente in Italia centrale e meridionale, che hanno
occupato zone marginali rispetto all’areale di
distribuzione o si sono inserite in nuovi territori,
ubicati tra altri siti di nidificazione già noti.
La Tab. 1 riassume la situazione esposta allora,
con i soli aggiornamenti pervenuti dalle nostre
ricerche per le Alpi Occidentali (con la collaborazione di Franco Bergese ed altri) e dal gruppo
di lavoro per gli Appennini Settentrionali.
Tabella 1. Popolazione italiana di Aquila reale
censite
134
48
186
368
stimate
136
59
209
404
Appennino settentrionale
Appennino centrale
Appennino meridionale
Totale Appennino
25
30
7
62
27
36
10
73
Sicilia
15
17
Sardegna
41
53
Totale Italia
486
547
Alpi occidentali
Alpi centrali
Alpi orientali
Totale Alpi
Rielaborato da Fasce e Fasce 2003
Facciamo ora alcune brevi considerazioni sullo status e sul grado di conoscenza della popolazione.
· In alcune zone del territorio tradizionalmente
occupato dalla specie è ancora necessario, a
nostro avviso, un censimento approfondito: tra
queste le Alpi lombarde e l’estremità orientale
dell’arco alpino.
· Alla luce dei nuovi insediamenti rilevati in
Piemonte e Liguria, è utile una prospezione
di zone considerate fino a poco tempo fa non
idonee alla specie, per esempio zone pedemontane o di elevata altitudine.
·è carente la conoscenza della reale consistenza
numerica della popolazione. Si può ipotizzare
la presenza di un certo numero di adulti non
territoriali e, per le Alpi italiane, una percentuale vicina al 30%, se non maggiore, di
immaturi e subadulti, valore peraltro suscettibile di variazioni anche forti localmente. Per
quanto riguarda l’Appennino i dati a questo
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
25
Paolo Fasce, Laura Fasce
proposito sono molto scarsi. Il numero totale
di individui in Italia dovrebbe essere compreso
fra 1260 e 1450.
· Anche la composizione per classi di età è poco
nota: quanto si sa viene dedotto quasi esclusivamente dalla composizione delle coppie territoriali. Ne emerge che la popolazione alpina è
formata da un maggior numero di individui adulti
rispetto a quella appenninica, probabilmente a
causa delle maggiori persecuzioni a cui la specie
va soggetta in Appennino. Nelle Alpi occidentali
la percentuale di coppie adulte è in media del
95% (massimo 99% nel 1990; minimo 89% nel
1992), mentre in Appennino questa percentuale
scenderebbe anche al 60% (Chiavetta 2001).
· I parametri della popolazione non sono valutabili con certezza, dato che non vi sono
programmi di marcaggio, e dato che spesso
i valori pubblicati non sono omogenei nella
metodologia e nella terminologia; pur registrando nelle Alpi un decremento di produttività rispetto a una decina di anni fa, essi sono
buoni e indicano una sostanziale stabilità della
specie (l’abbassamento della produttività è
compensato dall’aumento in numero di coppie
riproduttrici). Per l’Appennino, i parametri
della popolazione sono molto meno conosciuti:
la produttività, come pure nelle isole, è però in
genere più elevata che nelle Alpi. è difficile
dare una valutazione critica di questo fatto,
poiché siamo in genere portati a considerare
una buona produttività segno inequivocabile
della buona salute di una popolazione e/o della
buona qualità del territorio che la ospita. Peraltro la spiegazione potrebbe essere individuata
nel fatto che, mentre nelle Alpi la popolazione
è satura, la popolazione appenninica è in fase
di espansione e/o ricolonizzazione.
Da quanto esposto, è evidente che conosciamo
ancora poco i meccanismi di regolazione della
densità dell’Aquila: prendiamo perciò spunto
da questo fatto per esaminare quali campi di
ricerca dovrebbero essere ampliati.
Alcuni approfondimenti sono ovvi:
· La durata degli studi. Data la longevità della
specie, sono necessari diversi anni per ottenere
parametri riproduttivi attendibili. Questo anche alla luce della nostra ignoranza in merito
alla durata e qualità della vita feconda degli
26
individui.
· La continuità della rilevazione. Una serie
ininterrotta di dati si associa ad una maggiore
affidabilità degli stessi.
· La qualità dei dati. Le tre visite minime raccomandate durante la fase riproduttiva (Fasce
1982) sono importanti.
· L’omogeneità nella raccolta e pubblicazione
dei dati.
Altri elementi potrebbero essere raccolti solo
grazie a programmi di marcaggio, di fatto quasi
impossibili a realizzarsi, vuoi per la difficoltà
di catturare gli individui, vuoi per il costo,
vuoi per la mancanza di sistemi di marcatura
sufficientemente duraturi.
Altri aspetti della biologia della specie sono
invece poco o nulla studiati. Altre volte abbiamo
accennato a questi argomenti, ma ancora una
volta riteniamo utile esaminarli, convinti del
loro interesse e della loro utilità.
· I fenomeni che influiscono sulle variazioni annuali nella produttività, che potrebbero essere
spiegate con le variazioni quantitative delle popolazioni di specie-preda. Devono però esistere
altri fattori che influenzano questo parametro.
Abbiamo in passato ipotizzato per l’arco alpino
un legame con le condizioni climatiche invernali (maggiori precipitazioni nevose=maggiore
reperibilità di carcasse di animali morti sotto
slavine e valanghe), ma le osservazioni degli
anni successivi hanno poi smentito questa
ipotesi. Sicuramente le condizioni climatiche
hanno influenza durante l’allevamento del
giovane e questo spiega ad esempio l’elevata
produttività del 2003 nelle Alpi occidentali
(picco di massimo relativo, pari a 0,52), anno
che ha visto la totale assenza di periodi di
cattivo tempo nella zona a partire dalla fine
di aprile. Potrebbe esservi una relazione con
le caratteristiche del territorio: Watson (1997)
ritiene che la riproduzione sia favorita da una
larga disponibilità di 1-2 specie preda di taglia
ottimale, mentre una dieta varia e generica
causerebbe una maggiore dispersione di energie (e quindi una performance riproduttiva
di qualità inferiore), dovuta all’affinamento
di diverse tecniche di caccia, necessarie a
nutrirsi con adeguatezza. L’ampiezza della
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Stato delle ricerche sull’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia
nicchia trofica sarebbe dunque inversamente
proporzionale, in buona approssimazione, alla
buona qualità del territorio. Un’altra spiegazione, proposta da Haller (1982), è che, in caso
di raggiungimento della carrying capacity,
lo stress indotto dalla continua necessità di
difendere il proprio territorio causerebbe un
abbassamento di produttività. Come abbiamo
più volte sottolineato, però, secondo noi questo
fattore, ancorché importante, non è certamente
il solo in gioco, come invece pensa Haller,
perché in zone alpine protette, dove le risorse
alimentari sono eccellenti ed è presente anche
un buon numero di individui erratici oltre a
quelli territoriali, abbiamo potuto rilevare una
produttività più alta di quella rilevata in zone
marginali, con densità faunistica inferiore e
minore densità di individui. Sarebbe dunque
interessante poter mettere in relazione tutti
i parametri di produttività con la densità
faunistica, poiché se una bassa disponibilità
alimentare porta a una bassa densità di Aquile,
una scarsa disponibilità delle specie che costituiscono la preda principale può portare ad
una bassa produttività. Vale forse la pena di
ribadire come il parametro produttività, cioè
il calcolo del numero di giovani involatisi
diviso il numero di coppie controllate per
anno, sia tra i più significativi per valutare
le condizioni della popolazione: esso, infatti,
tiene conto di tutti i tipi di fallimento durante
la fase riproduttiva e fornisce una indicazione
sulle risorse del territorio, essendo sicuramente
dipendente dalle risorse alimentari.
· I meccanismi che regolano l’interruzione del
ciclo riproduttivo. Si sa che un certo numero
di coppie non depongono uova: la percentuale
media sui 2113 controlli delle Alpi occidentali
è del 25% (minimo 2% nel 1995, massimo
52% nel 2001). Altre coppie, pur deponendo
e covando regolarmente, non portano a buon
fine la nidificazione. Sempre nelle Alpi occ.,
la percentuale media di nidificazioni fallite su
quelle intraprese è di 24,2% (1140 accertamenti
di cova in corso; minimo nel 1987 di 13% e
massimo nel 2001 di 46%). Purtroppo non
sappiamo quasi mai quando la riproduzione
si è interrotta e tanto meno il motivo. Questo
parametro potrebbe costituire un altro elemento
nel puzzle della comprensione del meccani-
smo di autoregolazione della popolazione. Per
chiarire questo aspetto sarebbe necessario un
monitoraggio quasi quotidiano, comunque
regolare e continuativo delle coppie in cova,
cosa che non è mai stata attuata, ma assolutamente fattibile, per esempio nell’ambito di
qualche progetto di ricerca. A questo dovrebbe
evidentemente seguire l’analisi delle uova non
schiuse per determinarne la fecondazione o
meno.
· Il cainismo. Le Aquile reali appartengono al
gruppo di specie per cui questo fenomeno è facoltativo. Esso si verifica soprattutto nei primi
20 giorni di vita dei pulli e il suo significato
selettivo è chiaro: riduce la competizione per
cibo e aumenta le probabilità di sopravvivenza
del pullus aggressore. Il pullus più debole
semplicemente viene ucciso prima di morire
di fame. Il fenomeno del cainismo può però
verificarsi anche in presenza di apparente
abbondanza di cibo, forse per prevenire uno
sviluppo insufficiente di entrambi i pulli in
una fase successiva. Secondo Watson (1997), il
cainismo è facoltativo dove ci sono fluttuazioni
stagionali nel clima e quindi nella quantità
di cibo disponibile. Inoltre la differenza di
taglia tra i due pulli è un importante fattore
immediato nella probabilità di cainismo. Se il
cibo è abbondante, la femmina può deporre le
uova a breve distanza, riducendo le possibili
differenze di taglia tra i due nidiacei. Dunque l’accertamento della frequenza di casi di
cainismo aiuterebbe a valutare la qualità del
territorio.
· La mortalità. Nelle Alpi occidentali in 32
anni si sono involati 994 juvv = 31,06 juv/
anno e si ha certezza di 70 sostituzioni nelle
coppie = 2.2 casi/anno. Questo porta ad una
sopravvivenza giovanile di almeno 7,08%. Il
valore effettivo è però maggiore, in quanto ci
sono sicuramente giovani sopravvissuti che non
sono entrati a far parte di coppie o che vi sono
entrati in fase già adulta. Sempre dall’osservazione della scomparsa di un partner dalle
coppie territoriali, otteniamo un valore minimo
di mortalità adulta. Le 70 sostituzioni avvenute
nelle 1933 coppie di cui è stata controllata la
composizione nelle Alpi occ. (altre 26 composte da adulto e subadulto erano di recente
formazione o negli anni precedenti un partner
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
27
Paolo Fasce, Laura Fasce
era già subad o non era stata precedentemente
controllata la composizione) costituiscono
pertanto l’1,83% dei casi. La mortalità adulta
deve essere pari, come minimo, allo stesso
valore. In realtà deve essere maggiore, poiché
non abbiamo potuto rilevare i casi di sostituzione di adulto con adulto. Per l’Appennino
avevamo proposto a Treviso (Fasce e Fasce
2003) una valutazione simile, sulla base dei
dati raccolti da Chiavetta (2001), che portava
ad una mortalità adulta minima di 8,67% e ad
una sopravvivenza giovanile del 19,2%. L’apparente incongruenza della maggiore entità di
entrambi i valori si spiega considerando che a
causa delle persecuzioni, la mortalità adulta è
effettivamente maggiore che nelle Alpi, mentre
la sopravvivenza giovanile viene rilevata solo
dalle sostituzioni nelle coppie, necessariamente
più frequenti, data la maggiore mortalità adulta. Il fatto che così spesso un subadulto entri
a far parte di una coppia territoriale indica
che non vi sono adulti in soprannumero in
quantità sufficiente a rimpiazzare quelli morti,
rendendo così necessaria una sostituzione per
così dire “di ripiego”. L’apparente maggiore
sopravvivenza giovanile è dunque un sintomo
negativo della situazione generale di questa
parte della popolazione, perché dimostra la
difficoltà di raggiungere l’età adulta.
· I motivi dell’avvicendamento nell’occupazione
dei nidi a disposizione di ogni coppia. Newton (1979) ipotizzava una migliore difesa dai
parassiti, ma conosciamo coppie che si sono
riprodotte nello stesso nido per diversi anni
(anche se questo non invalida necessariamente
l’ipotesi, in quanto negli anni di utilizzo dello
stesso nido potrebbero non essersi verificate
parassitosi). Watson (1997) ritiene possa trattarsi di una affermazione territoriale. Per noi
il fenomeno resta inspiegabile.
· Un interrogativo che è venuto ad essere di
attualità con i recenti nuovi insediamenti: quali
sono i fattori che determinano la scelta di un
territorio? Gli individui tornano nei pressi del
28
luogo natale e si insediano quando e dove
possibile? Oppure la scelta rispetta regole che
non riusciamo ad intuire? Il fenomeno della
filopatria non ci risulta ancora accertato per
l’Aquila. Studi condotti nell’Idaho (Steenhof
et al. 1984) e da Haller (1994), hanno evidenziato una maggiore portata degli spostamenti
dei giovani nei primi due anni di vita.
· Quali sono le variazioni nella performance
riproduttiva? Quanto varia la produttività
in relazione all’individuo e, per uno stesso
individuo, al variare dell’età? Sebbene senza
poterne dare alcuna prova, noi pensiamo che,
come Newton (1986) ha verificato per lo
Sparviero, vi siano variabilità individuali di
natura genetica e che si verifichi un aumento
graduale nella performance individuale ed una
successiva diminuzione con l’età. La produttività di un individuo sembra poi influenzata
dalla qualità del territorio, dato che abbiamo
assistito a lunghe serie di eccezionali regolarità
nella riproduzione in alcuni territori, particolarmente ricchi in risorse alimentari.
Riepilogando quindi gli argomenti più interessanti da approfondire sono i seguenti:
· completamento del censimento
· accertamento della consistenza numerica
· valutazione percentuale delle classi di età
· ampliamento della raccolta dati finalizzata alla
valutazione dei parametri riproduttivi
· ampliamento nel tempo della suddetta raccolta
· comprensione della relazione tra produttività
e caratteristiche del territorio
· studio dei fenomeni che determinano l’interruzione del ciclo riproduttivo
· valutazione della mortalità giovanile ed adulta
· studio della dispersione giovanile
· filopatria
· elaborazione e pubblicazione dei dati in forma
il più possibile omogenea per metodologia e
terminologia.
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Stato delle ricerche sull’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia
BIBLIOGRAFIA
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London.
APPENDICE
Bibliografia cronologica dell’Aquila reale in Italia, raggruppata secondo zone geografiche, con ampliamento della bibliografia
raccolta da Pierandrea Brichetti nella Banca Dati Ornitologica.
Lavori antecedenti il 1970
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
Cipolla F., 1900 - Aquila reale. Atti Ist. Veneto Sc. Lett. Arti 2/2: 667-669
Fabani C., 1900 - Catture di specie rare od avventizie. Varietà-Mostruosità-Ibridismi ed altre note ornitologiche. Avicula
4 . 27; 53
Arrigoni degli Oddi E., 1901 - Birds notes fron Brembana Valley, Zoologist 715: 1-16
Magretti P., 1902 - Catture di specie rare od avventizie. Varietà-Mostruosità-Ibridismi ed altre note ornitologiche.
Avicula 6: 139-140
Boschetti G.A., 1905 - Cattura di specie rare od avventizie, Avicula 9:25
De Stefani Perez T. 1905 - Importante cattura ornitologica fatta in Sicilia. Avicula 9: 157-158
Venanzi G., 1906 - Cattura di specie rare od avventizie. Avicula 10: 103
Ghidini A., 1913 - Vultur monachus e Gyps fulvus e Aquila fulva nelle Alpi nel 1912. Riv.
Grillo R., 1913 - Cattura di Aquila reale. Riv. It. Orn. 2: 207
Podenzana G., 1913 - Aggiunte all’avifauna della Lunigiana. Riv. It. Orn. 2: 1-10It. Orn. 2:198-199
Schettino M., 1918 - Catture accidentali di Aquila chrysaetos nella Campania. Riv. It. Orn. 4: 36-37
Schettino M., 1924 - Catture di due Aquile reali nella Campania. Riv. It. Orn. 6: 30
Duse A., 1932 - Dall’Osservatorio ornitologico del Garda. Riv. It. Orn. 2: 78-82
Trafojer A., 1934 - Der Adlerhorst am Johanneskopfel (Sarntal). Der Schlern 15/8: 367-368
Moltoni E., 1937 - Osservazioni bromatologiche sugli Uccelli rapaci italiani (Continuazione e fine). Riv. It. Orn. 7: 61-119
Orlando C., 1937 - Catture di Aquile in Sicilia. Riv. It. Orn. 7: 141-142
Monastero L., 1942 - La cattura di un’ Aquila reale in Sicilia. Boll: Soc. Sci. Nat. Econ. Palermo 24: 24-30
Orlando C., 1943 - Catture di Aquile in Sicilia. Riv. It. Orn. 13: 62
Moltoni E., 1948 - Ulteriori osservazioni bromatologiche sugli Uccelli rapaci italiani. Riv. It. Orn. 18:101-125
Moltoni E., 1949 - Alcuni dati sul peso e la longevità degli Uccelli rapaci italiani. Riv. It. Orn. 19: 95-122
Moltoni E., 1952 - Alcuni dati sulla nidificazione del Nibbio bruno, dell’Aquila, della Taccola in Valtellina e del
Lodolaio e della Colombella in Lombardia. Riv. It. Orn. 22: 24-30
Caterini F., 1956 - Elenco degli uccelli osservati nella città di Pisa. Riv. It. Orn. 26: 93-104
Priolo A., 1956 - Catture di Aquile in Sicilia. Riv. It. Orn. 26: 36-37
Foschi F., 1959 - E’ ritornata l’Aquila reale in Romagna. Riv. It. Orn. 29: 73-74
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
29
Paolo Fasce, Laura Fasce
Lavori riguardanti le Alpi
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1. Fasce P., 1974 - Densità di rapaci in una valle alpina. In: “Rapaci oggi”. Serie Atti e Studi WWF n° 1: 54-56
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settentrionale. Riv. It. Orn. 49: 34-39
ANNI ‘80
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2. Toso S. (red.), 1980 - Nuovi avvistamenti. Avocetta 4: 45-46
3. Zanon V. e Longo M., 1980 - Segnalazioni ornitologiche. Riv. It. Orn. 50: 170
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8. Haller H., 1982 - Raumorganisation und Dynamik einer Population des Steineradlers in den Zentralalpen. Orn. Beob.
79: 163-211
9. Bocca M. e Maffei G., 1984 - Gli Uccelli della Valle d’Aosta: Indagine bibliografica e dati inediti. Regione Autonoma
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10. Fasce P. e Fasce L., 1984 - L’Aquila reale in Italia. Ecologia e conservazione. Serie Scientifica LIPU, Parma
11. Ferrario G., 1985 - Osservazione di un’Aquila reale in caccia di Fagiani di monte all’alba. Riv. It. Orn. 55: 202-203
12. Ferrario G., Scherini G., Tosi G. e Toso S., 1985 - Distribuzione, consistenza e abitudini alimentari dell’Aquila reale
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13. Rabacchi R., 1985 - Nuova osservazione sul comportamento dell’ Aquila reale verso un deltaplano. Picus 11: 88
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Negrar. N 1: 77-89
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18. Fasce P. e Fasce L., 1987 - L’Aigle royal en Italie. Actes I Coll. Intern. sur l’Aigle royal en Europe  : 23-28
19. Genero F., 1987 - Indagine sui rapaci della provincia di Udine, con particolare riferimento a Aquila reale e Grifone.
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20. Bocca M. e Maffei G:, 1988 - Gli Uccelli della Valle d’Aosta. Appendice di aggiornamento 1987. Regione Autonoma
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23. Bocca M., 1989 - Status del Biancone, dell’Aquila reale e del Pellegrino in Valle d’Aosta. Boll. Mus. Reg. Sci. Nat.
Torino 7: 163-183
24. Cattaneo G., 1989 - Censimento di rapaci in una valle delle Alpi Occidentali (Aves: Accipitriformes, Falconiformes).
Riv. Puem. St. Nat. 10: 227-244
25. Mezzavilla F. e Lombardo S., 1989 - Prima nidificazione dell’Aquila reale in provincia di Treviso. Riv. It. Orn. 59: 120
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Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Stato delle ricerche sull’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia
7.
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Avocetta 25: 176
3. Catello M., Foggiato B. e Sommavilla G., 2001 - Questionario: il cacciatore bellunese e i predatori. Boll. Mus. Civ.
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6. Bocca M., 2002 - Gli uccelli del Parco Naturale Mont Avic. Ente Parco, Champdepraz (Ao)
7. Pedrini P. e Sergio F., 2002 - Regional conservation priorities for a large predator: Golden eagles in the Alpine range.
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nel Parco Naturale Dolomiti Friulane. Avocetta 27: 149
12. Fasce P. e Fasce L., 2003 - L’Aquila reale in Italia: un aggiornamento sullo status della popolazione. Avocetta 27: 10-13
13. Gilio N., Oppio C., Pompilio L., Viterbi R., Bassano B. e Meriggi A., 2003 - Modelli di idoneità ambientale per
Aquila reale, Sparviere e Astore nel Parco Nazionale del Gran Paradiso. Avocetta 27: 110
14. Leo R. e Micheli A., 2003 - I rapaci diurni (Accipitriformes Falconiformes) del Parco Alto Garda Bresciano (Lombardia orientale). Natura bresciana 33: 111-131
Lavori riguardanti gli Appennini
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Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
31
Paolo Fasce, Laura Fasce
3.
4.
5.
6.
Di Carlo E.A., 1975 - Notizie ornitologiche dall’Abruzzo. Riv. It. Orn. 45: 317-322
Padula M., 1975 - Un’Aquila reale e un Gatto selvatico nelle foreste casentinesi. Natura e Montagna 22/4: 40-41
Silvestri A., 1975 - L’Aquila in Romagna. Riv. It. Orn. 45: 302-304
Ragni B., 1976 - Mal d’Aquila (Osservazioni sulla biologia dell’Aquila reale nell’Appennino centrale). In: SOS Fauna.
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Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Stato delle ricerche sull’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia
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Pellegrino nelle Marche e in Umbria. Avocetta 25: 57
7. Nini G., Conventi L., Ruggeri E. e Miceli P., 2001 - Dati preliminari sulla biologia riproduttiva di una coppia di
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25: 260
9. Viggiani G., 2001 - Cause di abbandono di siti di nidificazione di Aquila reale nell’Appennino meridionale. Avocetta
25: 261
10. Battaglia A., 2002 - Aquile. L’Aquila reale e il Biancone in provincia di Piacenza. Provincia di Piacemza
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Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
33
Paolo Fasce, Laura Fasce
reale nidificante sull’Appennino Ligure. Avocetta 27: 97
13. Fasce P. e Fasce L., 2003 - L’Aquila reale in Italia: un aggiornamento sullo status della popolazione. Avocetta 27:1013
14. Ricci U., Nardelli R., Andreotti S. e Ferrari P. F., 2003 - I risultati di un conteggio simultaneo dell’Aquila reale
nell’Appennino settentrionale. Avocetta 27:116
Lavori riguardanti le Isole
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ANNI ‘80
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ANNI ‘90
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3. Fasce P. e Fasce L., 1992 Aquila reale. In: Brichetti P., De Franceschi P. e Baccetti N., Fauna d’Italia. Aves. Calderoni,
Bologna: 601-610
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6. Aresu M., Fizzi A., Marras N. e Schenk H., 1995 - An annotated checklist of Sardinian birds of prey, 1900-94. Rapaces del Holoartico. Adenex: 83-84
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4. Di Vittorio M., Seminara S. e Lo Valvo M., 2003 - Nuovi dati sulla biologia e sullo status dell’Aquila reale in Sicilia.
Avocetta 27: 40
5 Schenk H., Aresu M; Fozzi A. e Marras N., 2003 - An annotated checklist of Sardinian Birds of Prey (1900-1994).
34
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Lo stato delle ricerche finalizzate alla redazione del Piano
d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus feldeggii
Giovanni Leonardi1, Alessandro Andreotti2
Osservatorio Natura s.r.l., Via Gabriello Carnazza 27, 95129 Catania [email protected]
Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS), Via Ca Fornacetta 9, 40064 Ozzano dell’Emilia (BO) [email protected]
1
2
INTRODUZIONE
Il Lanario (Falco biarmicus) è una specie politipica a corologia mediterraneo-afrotropicale
(Boano e Brichetti 1989), legata essenzialmente
ad ambienti steppici e predesertici (Clark 1999;
Leonardi 2001). Delle quattro o cinque sottospecie sino ad ora riconosciute, solo una non
abita i grandi deserti del Paleartico occidentale:
si tratta di F. b. feldeggii, distribuito nell’Europa
meridionale ed in piccole enclavi nella regione
del Caucaso (Abuladze et al. 1991; Leonardi
2001). L’areale di questa sottospecie, in linea
di massima, sembra indicare una netta preferenza verso ambienti caldo-asciutti, a conferma
dell’origine africana del taxon; di conseguenza,
alcuni Autori hanno dedotto che il ridotto numero di coppie, nonché la loro frammentata
distribuzione, sia legata alla limitata capacità a
colonizzare ambienti più freddi e piovosi (Glutz
von Blotzheim et al. 1971; Cade 1982).
F.b.feldeggii in relazione alla sua rarità è stato
inserito dall’UE tra i taxa di prioritario interesse conservazionistico in Europa (cfr. Tucker e
Heath 1994; Birdlife International 2004) ed è
stato oggetto di un piano d’azione internazionale (Gustin et al. 1999). Poiché si stima che
oltre il 75% della popolazione europea viva in
Italia, il nostro Paese ha forti responsabilità
per la conservazione di questo rapace. Per questo, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio nel 2002 ha affidato all’Istituto
Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) uno
studio biennale per la produzione di un piano
d’azione nazionale.
La decisione di promuovere attività di studio,
propedeutiche alla redazione del piano d’azione,
è stata motivata dalle scarse conoscenze disponibili sul Lanario (Leonardi, 2001), malgrado
diversi Autori abbiano lavorato su questa specie
(all. n. 1). Sino ad ora sono mancati programmi di ricerca coordinati e a lungo termine sui
diversi aspetti della biologia e dell’ecologia di
questo Falconiforme ed anche le informazioni
36
sulla consistenza della popolazione nidificante
risultano disomogenee. A questo ha concorso il
mancato uso di metodologie standard, che ha
reso difficile effettuare comparazioni tra aree e
periodi diversi ed ha ostacolato l’ottenimento di
stime precise (cfr. Andreotti e Leonardi, questo
convegno).
In relazione all’esigenza di determinare nel modo
più accurato possibile lo status della popolazione
italiana, nonché le minacce e i fattori limitanti
attualmente esistenti, aspetti essenziali per la
redazione del piano d’azione, nel programmare le
ricerche sono stati individuati i seguenti obiettivi
prioritari: 1) la definizione della distribuzione e
della consistenza della popolazione di Lanario
nei diversi contesti regionali; 2) l’individuazione
dei principali parametri che condizionano la
distribuzione delle coppie nidificanti su ampia
scala; 3) il miglioramento delle conoscenze
sulla biologia riproduttiva e sull’eco-etologia
della specie attraverso rilievi effettuati in aree
campione.
MATERIALI E METODI
Gli obiettivi della ricerca hanno determinato
la necessità di operare contemporaneamente su
diverse scale, adottando differenti modalità per
la raccolta e l’elaborazione dei dati:
1) l’indagine per la definizione della distribuzione e della consistenza della popolazione
italiana su ampia scala è stata condotta sull’intero territorio occupato dalla specie attraverso
un rilevamento sul campo e la raccolta delle
informazioni pregresse disponibili. I rilievi sono
stati effettuati da oltre 70 osservatori operanti in
12 regioni nel corso delle stagioni riproduttive
2003 e 2004. Il coordinamento è stato curato
dall’INFS, che ha definito una metodologia
standardizzata per la raccolta delle informazioni relative a ciascun sito occupato (all. n. 2),
all’area oggetto del monitoraggio e allo sforzo
di rilevamento (all. n. 3). Il passaggio di infor-
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Lo stato delle ricerche finalizzate alla redazione del Piano d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus feldeggii
mazioni tra coordinamento nazionale e singoli
rilevatori è avvenuto tramite la redazione di tre
newsletters veicolate per via informatica e l’individuazione di responsabili regionali, ornitologi
di comprovata esperienza sul Lanario, disponibili a fungere da referenti locali per la rete di
monitoraggio. Questi hanno svolto un ruolo di
raccordo con i collaboratori e hanno verificato
la validità e la completezza dei dati rilevati. La
raccolta delle informazioni pregresse disponibili
ha riguardato sia la distribuzione e la consistenza
delle coppie nidificanti nel decennio precedente,
sia le segnalazioni di soggetti in dispersione al
di fuori dell’areale riproduttivo noto. Le notizie
pregresse su distribuzione e consistenza delle
coppie nidificanti sono state acquisite dalle
fonti bibliografiche e dai responsabili regionali,
mentre quelle sui soggetti in dispersione sono
state ricavate anche dalle collezioni museali,
dai centri per il recupero della fauna selvatica,
nonché da siti web e discussion list on line,
purché adeguatamente documentate.
2) l’individuazione dei principali parametri
che condizionano la distribuzione delle coppie
nidificanti è stata effettuata sulla base dei dati
raccolti al precedente punto 1) utilizzando applicazioni GIS. La carta d’Italia rasterizzata ed
orientata attraverso l’uso di software cartografici
(ArcView e MapInfo) è stata usata come base
(layer) per la costruzione di una griglia con maglia di dimensioni 10∞10 km, costituita da 2.909
celle. Ognuna di queste celle costituisce l’unità
fondamentale di riferimento a cui associare le
variabili in grado di influenzare la distribuzione
del Lanario (clima, precipitazioni, vegetazione
potenziale, uso del suolo, ecc.) e il dato riguardante la presenza (1) o l’assenza della specie
(0) come nidificante. Per evitare inconvenienti
statistici dovuti alla estrema sporadicità o totale
assenza del Lanario in alcuni ambiti geografici,
non sono stati considerati l’arco alpino e la
Sardegna. Tra gli obiettivi finali che si prevede
di raggiungere al termine del lavoro vi è quello
di mettere a punto un modello che definisca la
probabilità di trovare la specie all’interno di
ciascuna cella in relazione ai diversi parametri
ambientali esistenti, calcolando una serie di
regressioni logistiche confrontate con un modello probabilistico (Area Under Curve - AUC)
(Fielding e Bell 1997).
3) il miglioramento delle conoscenze sulla
biologia riproduttiva e sull’eco-etologia della
specie ha comportato una serie di osservazioni
standardizzate, effettuate da fine gennaio a fine
giugno, con cadenza settimanale, in corrispondenza dei siti di nidificazione occupati all’interno
di due aree di studio ubicate nella Sicilia centroorientale e nell’Appennino settentrionale. Nel
corso delle stagioni riproduttive 2003 e 2004
sono stati registrati i comportamenti dei membri
delle coppie e dei giovani, le interazioni con le
altre specie presenti, le risposte dei soggetti alle
varie forme di disturbo antropico. Dopo l’involo
sono stati visitati i nidi per prelevare resti di
prede e boli. In un ambito territoriale più vasto
che ha interessato, oltre all’Emilia-Romagna
(D. Martelli e coll.) e alla Sicilia (G. Leonardi
e coll.), anche il Lazio (M. Brunelli e coll.),
l’Abruzzo (A. De Sanctis e M. Pellegrini) e
parte delle Marche (G. Marini e coll.), nel 2003
sono stati effettuati rilievi volti a determinare
la produttività delle coppie nidificanti. Complessivamente hanno collaborato 27 rilevatori
che hanno seguito 91 siti su un territorio esteso
25.444 km2. Nella maggior parte dei casi è stata controllata la popolazione già conosciuta in
passato, tuttavia in alcune realtà (Lazio, Sicilia
orientale) vi è stato un incremento considerevole
della copertura rispetto all’anno precedente.
RISULTATI
I dati raccolti nel corso delle attività di ricerca
sono ancora in fase di analisi, tuttavia le prime
elaborazioni effettuate consentono di tracciare
un bilancio provvisorio del lavoro svolto.
1) distribuzione e consistenza della popolazione italiana - La piena adesione al programma
di monitoraggio da parte di tutti i gruppi di
ornitologi che nelle diverse realtà regionali si
dedicano all’osservazione dei rapaci rupicoli ha
permesso di delineare con un livello di precisione
superiore rispetto al passato l’areale occupato
dal Lanario in Italia e di stimare la consistenza
della popolazione nidificante (Fig. 1 e Tab. 1). In
particolare, è stato chiarito quali sono le realtà
dell’Italia peninsulare che ospitano i nuclei riproduttivi più consistenti e sono state individuate
le aree ove intensificare in futuro gli sforzi di
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
37
Giovanni Leonardi, Alessandro Andreotti
monitoraggio. I dati riferiti al ritrovamento di
individui al di fuori degli areali riproduttivi,
inoltre, hanno permesso di evidenziare la capacità di dispersione della specie e di definire gli
ambiti maggiormente frequentati dai soggetti in
fase di svernamento e/o erratismo.
2) principali parametri che condizionano la
distribuzione delle coppie nidificanti - La creazione di una banca dati nazionale contenente le
informazioni relative ad ogni sito di nidificazione occupato dalla specie nel corso dell’ultimo
decennio ha consentito di ottenere un numero
di dati sufficientemente ampio da analizzare i
parametri che condizionano la distribuzione delle
coppie nidificanti sul territorio. In particolare, le
celle nel cui ambito sono stati segnalati siti di
nidificazione di Lanario nel periodo 1990-2004
sono risultate 162, a cui se ne aggiungono 180
ove è stata riscontrata la sola presenza di individui non impegnati nella riproduzione. Da una
prima analisi generale sul clima (Fig. 2) si nota
come il Lanario per nidificare selezioni prevalentemente le celle a clima temperato sub-litoraneo
o sub-continentale, pur non disdegnando anche
quelle a clima temperato caldo.
3) biologia riproduttiva ed eco-etologia - I
dati eco-etologici raccolti in Sicilia in Appennino settentrionale sono tuttora in fase di
elaborazione; i primi risultati ottenuti mostrano
tuttavia la notevole importanza che una conoscenza dettagliata della specie riveste ai fini di
una efficace politica di conservazione. A titolo
esemplificativo si riporta l’indice dello sforzo
parentale in relazione alla dimensione della
covata (Fig. 3, - D’Angelo, 2004), che dimostra
l’utilità di impiegare la presenza di coppie in
grado di allevare quattro giovani quale parametro
per valutare lo stato di salute di una popolazione. Per quanto concerne l’indagine condotta in
cinque aree di studio, il 35% dei siti controllati
è risultato occupato da una coppia territoriale
(n = 32) e l’8% da un singolo individuo (n
= 7). Considerando l’area totale esplorata, la
densità di coppie si aggira attorno a 1/795
km2. Il 25% delle coppie non ha deposto per
motivi che non sono noti. Sempre in relazione
al totale delle coppie censite (quindi contando
anche quelle che non hanno deposto) solo il
62% ha portato a termine la nidificazione con
successo, facendo involare almeno un giovane.
38
Complessivamente è stato prodotto un numero
di giovani (n = 42) corrispondente al 65% della
popolazione riproduttrice. Considerando che,
probabilmente, solo 1/3 dei giovani arriva allo
stadio adulto e che una coppia ipoteticamente
ha bisogno di un sostituto almeno ogni 3 anni
(dato teorico estrapolato in base alla situazione
riscontrata in Sud Africa dove, in presenza di
una popolazione florida, si stima un rimpiazzo
ogni 5 anni, Kemp 1993) vi è la possibilità di un
turnover effettivo solo per l’87% delle coppie. I
nuovi siti occupati individuati per la prima volta
sono molto pochi (n = 3) e tutti alternativi ad
altri situati nelle vicinanze.
CONCLUSIONI
L’indagine condotta sulla distribuzione e sulla
consistenza della popolazione nidificante ha
consentito di migliorare sensibilmente il livello
di conoscenza sul Lanario in Italia, malgrado i
limiti temporali legati alla necessità di rispettare
i termini stabiliti dal Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio per la redazione del
piano d’azione. Il merito di questo risultato va
attribuito principalmente a tutti coloro che hanno
collaborato come responsabili regionali o come
osservatori alla rete di rilevamento e che hanno
fornito informazioni sulla situazione pregressa
nei diversi contesti regionali. L’esperienza maturata dimostra l’importanza che i programmi
coordinati di monitoraggio possono assumere
nel caso di specie rare, disperse sul territorio
e di interesse prioritario per la conservazione.
Si auspica, pertanto, che la rete di rilevamento
creata per il Lanario continui ad operare anche
in futuro e che analoghi sistemi di monitoraggio possano estendersi a tutti i rapaci rupicoli
di maggior valore naturalistico. Considerata la
grande responsabilità dell’Italia per la conservazione di F.b.feldeggii, nel prossimo futuro sarebbe
importante venissero svolte indagini mirate nelle
aree ove mancano informazioni circostanziate
sulla presenza della specie e venisse intensificata
l’attività di ricerca avviata nel biennio 20032004. Una particolare attenzione dovrebbe essere
dedicata allo studio dei parametri ambientali che
influenzano la scelta dei siti di nidificazione,
nonché dei fattori limitanti che agiscono sulle
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Lo stato delle ricerche finalizzate alla redazione del Piano d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus feldeggii
diverse sub-popolazioni.
Ringraziamenti - Sentiti ringraziamenti vanno
a tutti coloro che hanno contributo, sotto varie
forme, allo sviluppo del progetto per il Piano
d’Azione per il Lanario e alla creazione della
rete di referenti e collaboratori. Un particolare
riconoscimento va tributato a Jacopo Angelini,
Mario Bonora, Massimo Brunelli, Vincenzo Ca-
valiere, Andrea Ciaccio, Pino Cortone, Lorenzo
De Lisio, Augusto De Sanctis, Mauro Magrini,
Dario Martelli, Bruno Massa, Danila Mastronardi, Toni Mingozzi, Riccardo Nardi, Massimo Pellegrini, Paolo Perna, Lorenzo Rigacci,
Maurizio Sarà e Antonio Sigismondi. G. L. ha
beneficiato di un assegno di ricerca dell’INFS
finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della
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Studi di Catania.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
39
Giovanni Leonardi, Alessandro Andreotti
Fig. 1. Distribuzione accertata della popolazione
nidificante di Lanario (in colore pieno), riportata
su un reticolo con maglia di dieci chilometri di
lato. Le aree retinate indicano le zone non adeguatamente monitorate e che potrebbero ospitare
nuclei riproduttivi; i quadrati neri individuano
le celle dove sono stati segnalati individui al di
fuori del periodo riproduttivo nell’arco di tempo
compreso tra il 1900 e il 2003. Per esigenze di
salvaguardia dei siti riproduttivi sono stati omessi
i riferimenti a singole celle isolate facilmente
identificabili ed è stata ampliata l’estensione
effettiva di alcuni sub-areali.
Siti riproduttivi (%)
Osservazioni (%)
50
50
45
45
40
40
35
35
30
30
25
25
20
20
15
15
10
10
5
5
0
%
%
Clima (%)
0
Temperato Temperato Temperato Temperato Temperato Temperato Temperato
freddo
fresco
continentale
sub
sub litoraneo caldo
sub tropicale
continentale
Fig. 2. Ripartizione percentuale delle celle riportate in Fig. 1 all’interno delle diverse fasce climatiche. Gli istogrammi si
riferiscono all’insieme di tutte le celle in cui è stata ripartita l’area di studio considerata (n = 2.909), mentre le linee si
riferiscono alle sole celle ove sono stati segnalati siti di nidificazione (linea intera; n. = 162) o singoli individui di Lanario
(linea tratteggiata; n. = 180).
40
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Lo stato delle ricerche finalizzate alla redazione del Piano d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus feldeggii
Regione
Tab. 1 - Consistenza della popolazione di Lanario
nidificante in Italia. Le stime di ciascuna subpopolazione sono state calcolate in base alla
numero minimo e massimo di coppie effettivamente
rilevate sul territorio nel corso dell’ultimo decennio,
eccetto che per la Campania; per questa regione
il numero di coppie nidificanti è stato estrapolato
sulla base di osservazioni preliminari e dei dati
riportati in letteratura.
Popolazione nidificante
Emilia Romagna
Toscana
Marche
Umbria
Lazio
Abruzzo
Molise
Puglia
Basilicata
Campania
Calabria
Sicilia
0-3
11
11
5-9
5-6
6-8
4-6
11 - 16
10 - 13
3-4
4-5
70 - 80
Totale Italia
140 - 172
30000
Tempi medi di riposo
Tempi medi delle cure parentali
25000
20000
15000
10000
5000
0
0
1
2
3
4
5
Grandezza della covata (numero piccoli)
Fig. 3. Variazioni dei tempi medi spesi per le cure parentali e per il riposo da parte dei genitori in relazione al numero
di piccoli presenti nella covata (D’Angelo 2004). Si noti il forte aumento dello sforzo riproduttivo in presenza di nidiate
composte da 4 giovani, testimoniato dall’incremento del tempo trascorso dai genitori per le cure parentali e per il riposo
in prossimità del nido.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
41
Giovanni Leonardi, Alessandro Andreotti
ALLEGATO 1
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46
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Lo stato delle ricerche finalizzate alla redazione del Piano d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus feldeggii
ALLEGATO 2
Scheda per la caratterizzazione dei siti di nidificazione
SITI DI NIDIFICAZIONE
Cognome e Nome del rilevatore
Data
Provincia amministrativa
-
Demo di appartenenza (secondo cartina demi)
Altitudine del sito (m s.l.m.)
Altezza parete (m)
Larghezza parete (m)
Altezza dalla base della parete al nido (m)
Altezza valle (m, altezza dal fondo della valle alla base della parete)
Larghezza valle (m, larghezza della valle fino alla base della parete)
Pendenza del suolo parete fondo valle (°)
Indice Topografico (numero totale delle isoipse tagliate da due linee
equivalenti di 2 km disegnate sulla carta nelle direzioni N-S e E-W ed
incrocianti sul nido)
Apertura della valle (m, distanza partendo perpendicolarmente dal
nido fino ad una isoipse di uguale quota)
Picco del sito (m, distanza tra il bordo superiore della parete e la
parte sommatale del sito)
Distanza centro urbano (m, distanza tra la parete e il primo centro
urbano)
Distanza strade 1 (m, distanza tra la parete e la prima strada sterrata)
- Distanza strade 2 (m, distanza tra la parete e la prima strada asfaltata)
- Distanza strade 3 (m, distanza tra la parete e il primo sentiero
percorribile a piedi)
- Distanza abitato (m, distanza tra la parete e la prima abitazione
regolarmente usata)
- Distanza coltivazione (m, distanza tra la parete e la prima coltivazione)
- Distanza aree aperte (m, distanza tra la parete e la prima area aperta
incolta)
- Strade sterrate (km, totale strada sterrata all’interno del cerchio di 2
km di raggio con centro la parete)
- Strade asfaltate (km, totale strada asfaltata all’interno del cerchio di
2 km di raggio con centro la parete)
- Distanza nidi (m, distanza tra il nido considerato e il più vicino
conosciuto)
- Disponibilità pareti (percentuale all’interno di 1 kmq con pareti
potenzialmente utilizzabili)
Utilizzo del nido (A) nuovo, (B) riutilizzato, (B1) stagione precedente, (B2) in passato: indicare quando
Tipo di nido
(A) buco, (B) terrazza, (C) cengia
Copertura
(A) copertura erbacea, (B) nudo, (C) copertura arbustiva/arborea
Accessibilità a predatori terrestri
si no
Geomorfologia (A) arenaria (B) calcare (C) conglomerato (D) altro
Esposizione versante
Orientazione nido
Disponibilità di buchi, cenge e terrazzini idonei nella parete divise in tre classi di grandezza (A) <5 (B) >5 (C) >10
Presenza vegetazione sulla parete classi per altezza (A) erbaceo, (B) arbustivo, (C) arboreo
Distanza dalla costa
Incluso in aree protette
Distanza corpi idrici interni (lago)
si no
Distanza dall’area protetta più vicina
Distanza dal più vicino sito di nidificazione di Falco pellegrino
Distanza dal più vicino sito di nidificazione di altri rapaci
Distanza dal più vicino sito di nidificazione di Corvo imperiale
Presenza nell’area di Gufo reale
si no
Presenza di uccelli coloniali
si no
Altre presenze nidificanti in parete
Rilevamento caratteristiche ambientali (habitat sampling)
Prerequisiti: sarà posta in esame un’area circolare di 2 km di raggio con al centro il sito di nidificazione.
Analisi:
1. Se si ha disponibilità di software GIS l’habitat sampling può essere misurato attraverso carte geografiche e/o tematiche orientate nonché ortofoto. In caso di mancanza di carte tematiche e foto aeree, la
puntualità dei parametri sull’uso del suolo può essere integrata da sopralluoghi sul campo.
2. Se non si hanno software GIS tutte le misurazioni potranno essere demandate ai referenti oppure
direttamente al coordinamento nazionale presso l’INFS.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
47
Giovanni Leonardi, Alessandro Andreotti
ALLEGATO 3
Tabella riassuntiva dell’area monitorata
PROGETTO PIANO D'AZIONE PER IL LANARIO
TA B E L L A
●
Anno
●
Regione
●
Area totale controllata
●
48
RIASSUNTIVA
Grado di copertura rispetto alla stagione precedente:
uguale (stessi siti controllati)
minore
maggiore
specificare in percentuale quanti siti controllati in più o in meno
●
Numero di rilevatori
●
Numero di siti controllati
●
Numero di siti con singoli individui
●
Numero di coppie territoriali
●
Numero di coppie che hanno deposto
●
Numero di coppie che si sono riprodotte con successo
●
Numero di giovani involati
●
Siti abbandonati rispetto alla stagione precedente
●
Cause di abbandono rilevate
●
Nuovi siti occupati rispetto alla stagione precedente
●
Siti di Lanario della stagione precedente rioccupati dal Falco pellegrino
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia
Massimo Brunelli
S.R.O.P.U. Via Aldo Moro, 83 00065 Fiano Romano (RM), e-mail: [email protected]
INTRODUZIONE
Il Pellegrino è, tra i rapaci, una delle specie che
più ha focalizzato l’interesse degli ornitologi;
tale interesse ha fatto sì che venisse prodotta
una notevole mole di lavori. La dispersione di
informazioni nel tempo e in molteplici pubblicazioni (riviste, atti di convegni nazionali e locali,
monografie, atlanti ecc.), rende però difficoltoso
individuare le carenze sulle conoscenze dei vari
aspetti della biologia della specie e analizzare i
risultati nel loro complesso.
Oltre a riunire le informazioni e aggiornare
quanto riportato in altri lavori di sintesi (Schenk
et al. 1983; Allavena 1988; Fasce e Fasce 1988;
1992; Allavena e Brunelli 2003; Brichetti e
Fracasso 2003), si vuole qui individuare quali
aspetti necessitano di ulteriori approfondimenti
e stimolare quindi i ricercatori italiani che si
occupano di questa specie ad indirizzare di
conseguenza le loro indagini.
STATO DELLE RICERCHE E PROPOSTE
Vengono di seguito analizzati i principali aspetti
legati alla biologia e allo status della specie in
Italia. Per ognuno di essi sono riportati, attraverso
un’analisi bibliografica, i risultati raggiunti dalle
ricerche svolte a partire dagli anni ‘70 ad oggi
e messe in evidenza le lacune riscontrate.
Habitat. L’incremento della popolazione nidificante ha determinato un’espansione dell’areale
che, come conseguenza, ha determinato a sua
volta l’occupazione di territori un tempo ritenuti
marginali. La specie ha infatti colonizzato aree
dove la sua presenza era occasionale o molto
scarsa, come ad esempio le aree collinari interne
dell’Alto Lazio e della Toscana o alcuni ambiti
urbani (Allavena e Brunelli 2003). Anche la
scelta dei siti riproduttivi sembrerebbe essere
meno selettiva e la specie ha iniziato a riprodursi
anche su pareti di modeste dimensioni o prossi-
50
me a fonti di disturbo (Brambilla et al. 2003b;
Brunelli in stampa). A questo proposito sarebbe
interessante avviare delle indagini sulla selezione
dei siti, dove vengano presi in considerazione
parametri quali altezza della parete, distanza da
aree urbanizzate e da strade, presenza di specie
preda e competitrici, da mettere in relazione con
i parametri relativi al successo riproduttivo.
Riproduzione. Complessivamente le ricerche
sulla biologia riproduttiva hanno coperto un
periodo di trent’anni ed hanno interessato varie
aree del Paese; i dati sono stati rappresentati
in Tab. 1, riuniti per macro aree (alpina, appenninica, mediterranea) in modo da ottenere
dei valori significativi per aree ecologicamente
simili. Complessivamente sono state controllate
536 nidificazioni.
La produttività (n. giovani involati/n. coppie controllate) è risultata particolarmente elevata nelle
aree di studio della Sicilia e della Campania,
anche se in quest’ultima regione il campione è
molto esiguo; i valori più bassi si sono registrati
in alcune aree montane e lungo la costa laziale,
ma anche in quest’ultimo caso il campione è
troppo esiguo per essere significativo.
Il tasso d’involo (n. giovani involati/n. coppie che
hanno allevato giovani) è risultato mediamente
più elevato per l’area alpina, ma valori simili si
sono riscontrati anche nelle altre aree.
La percentuale di coppie che si è riprodotta con
successo è stata nettamente più elevata nell’area
mediterranea.
Tramite un’analisi statistica effettuata mediante il
Kruskall-Wallis test, non sono emerse differenze
significative tra le tre aree, sia per la produttività (H2-13=1,9 P=0,39), sia per il tasso d’involo
(H2-13=4,2 P=0,12).. Anche facendo i confronti
a coppie mediante il Mann-Whitney test con la
correzione di Bonferroni non sono risultate differenze significative. La mancanza di significatività
era attesa a causa del campione ridotto.
Risulta invece altamente significativa la differenza tra le coppie che hanno allevato giovani
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia
nelle tre aree, valutata mediante il test del chiquadrato (∞22=14,7 P=0,0006).
Complessivamente, per l’Italia nel periodo 19712002 il valore della produttività è risultato di 1,6;
il tasso d’involo di 2,3; la percentuale di coppie
che hanno allevato giovani è stata del 68% (i
valori sono determinati dalla media dei tre valori
registrati per le macro aree). I valori riscontrati
rientrano negli intervalli registrati in altri Paesi
europei (Cramp e Simmons 1980; Schenk et al.
1983; Gensbol 1988; Ratcliffe 1993).
Considerato che l’analisi dei parametri riproduttivi costituisce elemento fondamentale per
lo studio dello status e della dinamica di una
popolazione, è auspicabile avviare un programma
di monitoraggio nazionale che analizzi quantità
proporzionalmente rappresentative delle subpopolazioni presenti nelle tre macro aree.
Distribuzione, consistenza e densità. Successivamente alla recente revisione sulla distribuzione e
la consistenza della specie in Italia (Allavena e
Brunelli 2003), si sono rese disponibili indagini
riguardanti l’area del Parco dell’Alto Garda Bresciano (Leo e Micheli 2003), le Prealpi centroorientali (Brambilla et al. 2003 b), la Provincia
di Ascoli Piceno (Marini e Di Martino 2003),
la Campania (Piciocchi e Mastronardi 2003) e
il Lazio (Brunelli in stampa; Corsetti e Fusacchia in stampa). Anche i dati che emergono da
queste ultime ricerche indicano in modo univoco
il trend positivo della specie.
Considerato quanto già evidenziato da Allavena
e Brunelli (2003) e dalle nuove indagini sopra
citate, le conoscenze sulla distribuzione della
specie possono essere ritenute soddisfacenti.
Per ottenere una migliore conoscenza della
consistenza della popolazione italiana, in considerazione del generale incremento e dell’occupazione di siti un tempo ritenuti non idonei,
sarebbero auspicabili indagini mirate in alcune
aree del Paese, in particolare in quelle per le
quali ricerche sistematiche non sono state condotte in quest’ultimo decennio, come ad esempio
in Friuli-Venezia Giulia, Campania, Calabria,
Sicilia e Sardegna.
Per quanto attiene alla densità in periodo riproduttivo, i valori disponibili in bibliografia sono
stati riuniti in Tab. 2. I diversi criteri applicati per
la definizione dell’estensione dell’area di studio
(vedere note in Tab. 2) permettono un confronto
solo parziale. Tra i dati più interessanti merita
una menzione quello relativo all’Appennino
Umbro-Marchigiano: qui nella stessa area di
studio è stato registrato un incremento di quasi il
50% a distanza di dieci anni. Al fine di rendere
il parametro della densità sempre confrontabile,
si propone di utilizzare il metodo della “nearestneighbour distance” (Ratcliffe 1993), metodo che
già Penteriani e Pinchera (1995) proponevano
venisse usato costantemente. A meno che non
si tratti di piccole isole o zone molto omogenee
circondate da aree sufficientemente estese non
idonee alla nidificazione della specie, la definizione della superficie sulla quale calcolare la
densità andrebbe definita successivamente alla
localizzazione dei siti di nidificazione e non a
priori (confini amministrativi, confini di aree protette ecc). Resta comunque complesso stabilire
la densità per una specie che, sostanzialmente,
trova il principale fattore limitante nella disponibilità dei siti di nidificazione e che frequenta
ambienti molto diversi.
Per quanto attiene alle distanze minime tra
nidi contemporaneamente occupati (Tab. 2), i
valori più bassi si sono registrati in Sardegna e
Sicilia, e, in misura minore, in corrispondenza
dell’Appennino Umbro-Marchigiano; le distanze
maggiori si siono riscontrate nelle Prealpi Comasche e nell’Appennino settentrionale.
Conservazione. I principali fattori di minaccia
per il Pellegrino hanno subito delle modifiche
nel corso degli ultimi trent’anni.
La persecuzione diretta in passato causava ingenti perdite (Mocci Demartis e Guenzi 1979;
Mirabelli 1979; Chiavetta 1981; Fasce e Fasce
1992), ma in questi ultimi anni la situazione
sembrerebbe migliorata, anche se non sono rari
gli episodi di bracconaggio (Tab. 3). Non è di
facile valutazione l’impatto che queste uccisioni
determinano sulla popolazione nidificante, in
quanto gli abbattimenti avvengono soprattutto in
periodo autunno-invernale, quando sono presenti
in Italia numerosi individui svernanti provenienti
dall’Europa centrale e settentrionale. Per tentare
di valutare comunque il fenomeno nel suo complesso, sarebbe molto utile istituire una banca dati
nazionale (Fraticelli e Brutti 2003) dove riunire
tutti i dati provenienti dai centri recupero della
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
51
Massimo Brunelli
fauna selvatica ormai presenti in modo piuttosto
diffuso sul territorio nazionale e gestiti da vari
Enti (LIPU, WWF, Corpo Forestale delle Stato,
Province ecc.). Purtroppo l’abbattimento di specie
protette è un malcostume diffuso tra i cacciatori
italiani, pertanto si ritiene che sarebbe estremamente negativo per la specie il prolungamento
della stagione venatoria fino a tutto febbraio e
l’apertura della caccia nelle aree protette di cui
in questi tempi si parla. Inoltre occorre considerare che l’attività venatoria provoca disturbo
anche nei confronti delle specie non oggetto
di caccia, soprattutto quelle che, come il Pellegrino, in gennaio-febbraio si insediano nei siti
di nidificazione e iniziano le prime attività di
corteggiamento.
Il prelievo di piccoli e uova in alcune aree del
Paese è stato un fattore di forte impatto sulle
popolazioni nidificanti (Mocci Demartis e Guenzi 1979; Chiavetta 1981; Schenk et al. 1983;
Fasce e Fasce 1992); attualmente il fenomeno
sembra più contenuto, anche se non del tutto
scomparso.
L’arrampicata sportiva costituisce un importante
fattore limitante (Chiavetta 1981; Fasce e Fasce
1992; Bassi e Brunelli 1995), mancano però
dati circostanziati e ben ripartiti sul territorio.
Sarebbe auspicabile avviare un’indagine che
accerti l’impatto reale di questa forma di disturbo sull’occupazione delle pareti e sul successo
riproduttivo ed arrivare ad una regolamentazione
della modalità di fruizione delle pareti rocciose
da parte degli appassionati.
L’impatto con elettrodotti è probabilmente causa
di decesso per molti soggetti, poiché la specie
è considerata tra quelle “estremamente sensibili
al rischio elettrico, con mortalità molto elevata”
(Penteriani 1998). Anche per questo fattore
mancano dati circostanziati per l’Italia; sarebbe
pertanto utile individuare la reale portata del
fenomeno per studiare e proporre interventi di
mitigazione.
Le centrali eoliche costituiscono una minaccia
potenziale; in Italia questi impianti sono ancora
scarsi, ma esistono numerosi progetti, alcuni già
in fase di realizzazione. In diverse realtà estere
l’impatto dei generatori eolici si è dimostrato
fortemente negativo per molte specie di rapaci
(Thelander e Rugge 2001).
52
CONCLUSIONI
L’incremento che il Pellegrino ha avuto in
questi ultimi dieci anni non era immaginabile
vent’anni fa; ciononostante resta una specie di
grande interesse sia per gli ornitologi, sia per
il grande pubblico.
Il fenomeno di espansione in atto facilita notevolmente la possibilità di raccogliere importanti
quantità di dati, pertanto si potrebbe avviare, a
quasi vent’anni dalla prima indagine nazionale
su questa specie (Schenk et al. 1983), una nuova
campagna di rilevamento su tutto il territorio
nazionale.
I punti principali di un Piano di Monitoraggio
potrebbero essere i seguenti:
1. costituzione di un gruppo di ricerca (possibilmente investito ufficialmente dal Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e/o
dall’INFS e sotto l’egida del CISO);
2. completamento del censimento della popolazione nidificante attraverso al copertura delle
aree non interessate da recenti indagini sistematiche;
3. raccolta dei dati sul successo riproduttivo.
Essendo impossibile controllare tutte le coppie,
si dovrà stabilire una porzione significativa della
popolazione (10%) da sottoporre a monitoraggio
per un periodo di cinque anni. La selezione dei
siti da monitorare dovrà essere ripartita proporzionalmente tra le macro aree in base alla porzione
di popolazione nazionale che ognuna di esse
ospita.
4. raccolta dei parametri relativi alla selezione
dei siti di nidificazione: altitudine, esposizione,
caratteristiche geomorfologiche, presenza di
specie preda e di competitori (Aquila reale,
Lanario, Gufo reale, Corvo imperiale), presenza
e tipologia di infrastrutture.
Sarebbe inoltre possibile raccogliere molte
altre informazioni su altri aspetti altrettanto
importanti: nicchia trofica, tasso di mortalità,
svernamento, genetica, tossicologia, etc..
Considerando una popolazione nidificante di
circa 1000 coppie (Allavena e Brunelli 2003),
al termine dei cinque anni si saranno raccolti
dati su circa 500 coppie, numero simile a quello
delle coppie controllate dal 1971 ad oggi.
La riuscita di un tale progetto permetterebbe di
avere una serie di dati per un arco temporale
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia
di quasi quarant’anni, su un campione di oltre
1000 coppie; le informazioni che si andrebbero ad acquisire costituirebbero un importante
riferimento per la conoscenza della specie in
ambito mediterraneo.
Ringraziamenti. Desidero ringraziare Stefano
Allavena, Alessandro Andreotti, Fulvio Fra-
ticelli, Alessandro Montemaggiori e Stefano
Sarrocco per il proficuo scambio di opinioni;
Alberto Sorace per l’elaborazione statistica
dei dati; Pierandrea Brichetti per l’aiuto fornito nella ricerca bibliografica; la LIPU nella
persona di Marco Gustin e il WWF nelle
persone di Maurizio Fraissinet e Massimiliano
Rocco per aver fornito i dati relativi ai centri
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Massimo Brunelli
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Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Angelini et al. 2003
Marini e Di Martino 2003
Provincia di Ascoli Piceno
Mirabelli 1979
Fasce e Fasce 1992
Fasce e Fasce 1992
Calabria
Sicilia
Sardegna
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
Italia
Totale area mediterranea
De Filippo e Kalby 1981
Campania
1971-2002
1972-1981
1978-1981
1977-1979
1981
155
32
56
33
4
6
Fasce e Fasce 1992
Costa laziale
1981
24
Fasce e Fasce 1992
Costa ligure
1979-1989
114
9
15
Totale area appenninica
2000-2001
1999-2001
30
Appennino Marchigiano
1986-1989
Chiavetta 1991
Appennino settentrionale
26
60
1971-1985
2002
75
Fasce e Fasce 1992
Brambilla et al. 2003 a
Prealpi centro-occidentali
1998-2001
166
Appennino settentrionale
Rizzolli et al. 2003
Alpi centro-orientali
1979-1989
267
Fasce e Fasce 1992
Alpi occidentali
Periodo
Totale area alpina
Riferimento bibliografico
AREA DI STUDIO
n. coppie
controllate
(a)
123
23
51
27
4
3
15
74
8
11
18
37
164
12
39
113
n. coppie
che hanno
allevato
giovani (b)
278
55
115
55
9
7
37
158
14
25
46
73
420
29
97
294
1,6
1,79
1,72
2,05
1,67
2,25
1,17
1,54
1,39
1,56
1,67
1,53
1,22
1,57
1,12
1,29
1,77
2,3
2,26
2,39
2,25
2,04
2,25
2,33
2,47
2,14
1,75
2,27
2,56
1,97
2,56
2,42
2,49
2,6
giovani produttività tasso
involati
(c/a)
d’involo
(c)
(c/b)
68
79
72
91
82
100
50
63
65
89
73
60
62
61
46
52
68
% coppie
che hanno
allevato
giovani
Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia
Tabella 1. Parametri riproduttivi del Pellegrino Falco peregrinus in Italia
55
56
2
2
2
2
2
2
2
2
2
3
2
2
3
-
4
23
70
52
4
11
8
29
33
105
9
7
13
-
64
83
86
87
100
136
138
155
212
276
367
571
2.615
-
254
1.900
6.000
4.500
400
1.500
1.100
4.500
7.000
28.943
3.300
4.000
34.000
-
6,8
2
5
3
3,5
2,5
1,5
10,5
5,7
10
1981
2002
1971-1981
2000
1999-2001
1998-2000
1981-1982
1990
1971-1981
1996
2001
1971-1981
1971-1981
1987-1991
Di Filippo e Kalby 1981
Brambilla et al. 2003 a
Schenk et al. 1983
Magrini et al. 2001
Marini e Di Martino 2003
Magrini e Cenni 2001
Mascara 1984
Magrini e Armentano 1994
Schenk et al. 1983
De Sanctis et al. 1997
Mascara 2003
Schenk et al. 1983
Schenk et al. 1983
Agostani e Bonvicini 1993
Prealpi centro-occidentali
Sicilia
Appennino Umbro-Marchigiano
Provincia di Ascoli Piceno
Alpi Apuane e Appennino Lucchese
Sicilia centro-meridionale
Appennino Umbro-Marchigiano
Sardegna
Abruzzo-Marche-Umbria
Sicilia centro-meridionale
Appennino settentrionale
Alpi occidentali
Prealpi Comasche
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
3. Considerata la superficie amministrativa
2. Considerata la superficie dell'area campione
1. Considerata la superficie agro-forestale dell'area di studio con esclusione di aree urbane e lacuali
NOTE
* In alcuni lavori il valore è riportato per cp/100 kmq, qui è stato riderminato per uniformità
Campania
2
41
57
2.330
3,5
1998-2001
Rizzolli et al. 2003
Alpi centro-orientali
1
5
50
251
6
1990-1999
Leo e Micheli 2003
Alto Garda Bresciano
Note
Numero
di coppie
Territorio
medio per
coppia
in kmq*
Superficie
(kmq)
Periodo
Distanza
minima
nido più
vicino (km)
Riferimento bibliografico
AREA DI STUDIO
Massimo Brunelli
Tabella 2. Densità del Pellegrino Falco peregrinus in Italia
Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia
Tabella 3. Individui di Pellegrino Falco Peregrimus giunti presso alcuni centri recupero di fauna selvatica
Periodo
N. ind. feriti
arrivati
N. ind. feriti
da arma da fuoco
LIPU - Roma
1997-2003
30
16 (53%)
Altri centri LIPU (solo stagioni venatorie)
2002-2004
18
15 (83%)
WWF Campania
1989-2003
38
20 (53%)
WWF Vanzago
1993-2003
21
7 (33%)
107
58 (54%)
CENTRO DI RECUPERO
TOTALE
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
57
Rapaci e praterie: uno studio triennale
nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi
Mauro Magrini1, Paolo Perna2, Jacopo Angelini3, Luigi Armentano4, Carla Gambaro1,
1
OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario, 9 06049 Spoleto (PG)
2
Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra, 2 62010 Urbisaglia (MC)
3
via Berti, 4 60044 Fabriano (AN)
4
via Toniolo, 8 06083 Bastia Umbra (PG)
INTRODUZIONE
La presente relazione espone la sintesi e le prime elaborazioni dei dati raccolti nella stagione
2003 per lo svolgimento dell’indagine triennale
denominata “Monitoraggio dell’utilizzo delle
praterie montane da parte dei rapaci diurni” nel
territorio del Parco Regionale Gola della Rossa
e di Frasassi (AN).
Nel territorio del Parco si riproducono numerose specie di rapaci diurni: Falco pecchiaiolo,
Nibbio reale (reintroduzione in corso), Astore,
Sparviere, Poiana, Aquila reale, Gheppio, Lodolaio, Lanario, Pellegrino. Altre specie sono
presenti essenzialmente come migratrici: Nibbio
bruno, Falco di palude, Albanella minore. Tra i
nidificanti va probabilmente considerato anche
il Biancone, la cui continua presenza in periodo
riproduttivo è stata osservata negli ultimi due
anni. La consistenza e la biologia riproduttiva
delle specie nidificanti, in particolare di quelle
di maggior interesse scientifico-conservazionistico
(Aquila reale, Lanario e Pellegrino) sono state
oggetto di organici programmi di monitoraggio
svolti dalla seconda metà degli anni 90 (Angelini
et al. 2003).
Le praterie montane dell’Appennino sono considerate di estrema importanza per molte specie
di rapaci diurni che vivono nell’area peninsulare
d’Italia, in quanto ne costituiscono il preferenziale ambito di caccia/alimentazione. Nonostante
il fenomeno appaia estremamente evidente, esso
non risulta essere stato interessato da alcuna
ricerca mirata a quantificarlo in qualche modo.
Le stesse aree aperte con vegetazione spontanea,
oltre alle praterie anche i prati falciabili, sono
inoltre utilizzate da individui di rapaci diurni
durante le migrazioni, appartenenti sia ad alcune
delle stesse specie che si riproducono nelle zone
considerate (es. Falco pecchiaiolo), sia ad altre
che le frequentano solo nei periodi di passo (es.
Falco di palude).
Lo scopo della presente indagine è quindi
tentare una prima quantificazione dell’utilizzo
delle aree aperte montane (di seguito indicate
sinteticamente come praterie) del Parco da parte
dei rapaci diurni.
I risultati così ottenuti nel triennio di ricerca
risulteranno di fondamentale utilità per l’individuazione e la programmazione di corretti
interventi di gestione dell’area protetta finalizzati
alla conservazione di una delle parti della componente faunistica di maggior interesse.
AREA DI STUDIO E METODI
L’utilizzo delle praterie montane da parte dei
rapaci diurni è stato indagato nel 2003 in due
delle maggiori aree così caratterizzate presenti nel
territorio del Parco: Poggio San Romualdo e Monte
Valmontagnana, ciascuna estesa circa 100 ettari e
situata ad un’altitudine di 900-1000 metri.
In entrambi i siti prescelti per il monitoraggio
sono state effettuate sessioni di rilevamento con
cadenza settimanale nel periodo luglio-settembre
2003, generalmente il giovedì (Poggio San Romualdo) e il venerdì (Monte Valmontagnana).
Ogni sessione, condotta sempre da due rilevatori e da uno stesso punto di osservazione
in ciascuna delle due aree, ha avuto la durata
di 5 ore continuative, con inizio circa due ore
dopo il sorgere del sole (6.30-11.30 in luglio,
7.00-12.00 in agosto, 7.30-12.30 in settembre
- ora solare).
Le 5 ore di sessione sono state suddivise in 30
intervalli di 10 minuti: per ciascuno di essi è
stato annotato, in un’apposita scheda, il massimo numero di individui diversi conteggiati per
ogni specie osservata. È stato altresì annotato il
comportamento mostrato da ciascun individuo
in ogni intervallo di 10 minuti, distinguendo in
primo luogo le “presenze” sulle aree aperte da
quelle su altre formazioni (per lo più boschive),
e quindi gli atteggiamenti di caccia dai display
e dai voli di sollevamento e/o trasferimento. Nei
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
59
Mauro Magrini, Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro,
casi di comportamenti “misti” (ad esempio un
individuo che sorvola tanto le aree aperte che i
boschi, o che compie sia un volo di trasferimento
che uno di caccia), l’annotazione ha privilegiato
rispettivamente i casi “aree aperte” e “caccia”. I
rapaci diurni non identificati a livello specifico
sono comunque stati annotati.
Sono state compiute 12 sessioni di rilevamento nell’area di Poggio San Romualdo (per un
totale di 356 intervalli di osservazione della
durata di 10 minuti) e 11 in quella di Monte
Valmontagnana (per un totale di 330 intervalli);
in quest’ultima località non è stato possibile
svolgere una sessione a causa di condizioni
meteorologiche avverse perduranti.
In entrambe le indagini è stato fatto uso di binocoli da 7-10 ingrandimenti e di cannocchiali
da 20-60 ingrandimenti.
Nel corso del 2004 verranno effettuate sessioni
di rilevamento, con lo stesso metodo, nella sola
stazione di Monte Valmontagnana, ma protratte
per l’intera giornata (dall’alba al tramonto),
mentre nel 2005 il progetto si concluderà ritornando alle modalità del 2003, sostituendo
Poggio San Romualdo con Monte Murano al
fine di monitorare la terza delle più estese aree
con vegetazione erbacea presenti nel Parco.
RISULTATI
Nelle due aree sono state osservate complessivamente 12 specie a Monte Valmontagnana e
10 a Poggio San Romualdo, come indicato nella
Tab. 1. Tutte le specie osservate a Poggio San
Romualdo sono state contattate anche a Monte
Tabella 1. Specie rilevate.
Specie
Falco pecchiaiolo
Nibbio bruno
Falco di palude
Albanella minore
Astore
Sparviere
Poiana
Aquila reale
Gheppio
Lodolaio
Lanario
Pellegrino
60
Poggio San Romualdo
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
Monte Valmontagnana
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Rapaci e praterie: uno studio triennale nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi
Nelle Tabb. 2 e 3 sono indicate le specie rilevate in ciascuna giornata in ognuna delle due aree.
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
25 settembre 2003
28 agosto 2003
4 settembre 2003
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
26 settembre 2003
x
x
x
x
x
x
x
19 settembre 2003
x
x
x
x
x
x
x
20 settembre 2003
x
21 agosto 2003
14 agosto 2003
7 agosto 2003
31 luglio 2003
x
23 luglio 2003
x
13 settembre 2003
Falco pecchiaiolo
Falco di palude
Albanella minore
Astore
Sparviere
Poiana
Aquila reale
Gheppio
Lodolaio
Pellegrino
16 luglio 2003
SPECIE
10 luglio 2003
Tabella 2. Specie rilevate per giornata - Poggio San Romualdo.
Falco pecchiaiolo
Nibbio bruno
Falco di palude
Albanella minore
Astore
Sparviere
Poiana
Aquila reale
Gheppio
Lodolaio
Lanario
Falco pellegrino
x
7 settembre 2003
29 agosto 2003
22 agosto 2003
15 agosto 2003
8 agosto 2003
2 agosto 2003
26 luglio 2003
17 luglio 2003
SPECIE
11 luglio 2003
Tabella 3. Specie rilevate per giornata - Monte Valmontagnana.
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Il numero di specie osservate in una sola giornata
è variato da 2 a 8 a Poggio San Romualdo e
da 1 a 6 a Monte Valmontagnana.
Il Gheppio è stato osservato in tutte le giornate
in entrambe le aree; la Poiana in 11 giornate su
12 a Poggio San Romualdo e in 8 giornate su
11 a Monte Valmontagnana.
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Notevole appare la frequenza dell’Aquila reale a
Monte Valmontagnana: 7 giornate su 11, come
quella del Lodolaio.
Di particolare interesse risulta la presenza
dell’Astore osservato in caccia in più occasioni
sulle aree aperte di entrambi i siti.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
61
Mauro Magrini, Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro,
Valmontagnana.
Nella Tab. 4 è riportato il numero di osservazioni
di ciascuna specie negli intervalli di 10 minuti,
distinto per le due aree. I rapaci diurni non
identificati a livello specifico sono comunque
stati annotati, contraddistinti dalle seguenti denominazioni: Circus, Accipiter, Grande accipitriforme (Falco pecchiaiolo o Poiana o Biancone)
Tabella 4. Numero degli intervalli di rilevamento delle specie.
Specie
Totale intervalli di osservazione effettuati
Falco pecchiaiolo
Nibbio bruno
Falco di palude
Albanella minore
Astore
Sparviere
Poiana
Aquila reale
Gheppio
Lodolaio
Lanario
Falco pellegrino
Circus
Accipiter
Grande accipitriforme
Falcone
Poggio San Romualdo Monte Valmontagnana Totale
356
330
686
5
4
9
0
1
1
6
2
8
1
2
3
8
3
11
7
19
26
81
27
108
5
22
27
166
309
475
5
32
37
0
1
1
3
2
5
1
1
2
2
0
2
19
2
21
2
2
3
In entrambe le aree la specie più frequente (osservata nel maggior numero di intervalli da 10
minuti) è risultata il Gheppio: 166 intervalli su
356 a Poggio San Romualdo (46,6%) e 309 su
330 a Monte Valmontagnana (93,6%).
A Monte Valmontagnana è stato osservato anche
il più alto numero di individui di Gheppio (19)
in uno stesso intervallo.
Pur trattandosi di dati del tutto preliminari essi
dimostrano chiaramente come le aree aperte del
Parco siano intensamente utilizzate dai rapaci
diurni durante il periodo estivo.
62
La ricerca, come detto, proseguirà anche nel
2004 e nel 2005 al fine di completare il quadro da cui l’Ente Parco potrà trarre importanti
informazioni per svolgere con sempre maggior
efficacia i suoi compiti istituzionali.
È nostro auspicio che questo progetto di ricerca
ed il metodo proposto possano stimolare ulteriori
iniziative ed occasioni di confronto, rivolte in
definitiva a sottolineare l’importanza delle aree
aperte montane per la conservazione dei rapaci
diurni e della biodiversità nel complesso.
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Problemi attuali di conservazione dei rapaci diurni in Italia
Stefano Allavena
A.L.T.U.R.A., Via degli Estensi, 165 00164 Roma
Il livello di tutela degli ambienti naturali, del
territorio in genere, della fauna sta attraversando
da qualche anno in Italia un periodo di grave
crisi. Vecchie e nuove minacce si addensano
sempre più e situazioni di degrado inconcepibili anche solo alcuni anni fa oggi diventano
possibili e probabili.
Tralasciamo, per brevità, di sottolineare alcuni
problemi, come le scalate, non di rado fattori
fortemente limitanti per le nidificazioni, ed
altre forme di disturbo, non perché non significative, ma perché ben note a tutti gli addetti
ai lavori.
Analogamente non è il caso di soffermarci, in
quanto ampiamente conosciute, sulle recenti proposte di modifica alla vigente normativa nazionale sul prelievo venatorio (la legge n. 157/92),
che se approvate, porterebbero il Paese indietro
di decenni e sicuramente arrecherebbero incisivi
danni, diretti ed indiretti, agli animali selvatici
in generale ed ai rapaci in particolare.
Discorso simile vale per il bracconaggio, l’uso
dei veleni, e comunque per gli atti illegali di
caccia, fenomeni troppo frequenti e troppo spesso
favoriti da gravi carenze nella sorveglianza.
è forse invece il caso di approfondire maggiormente altre tematiche e cioè: la scarsa tutela
esercitata dagli organismi gestori di aree protette; lo sfruttamento forestale; l’urbanizzazione
selvaggia; l’eolico selvaggio.
Scarsa tutela esercitata dagli organismi gestori di aree protette. Negli ultimi anni, sia a
livello di Ministero dell’Ambiente che a livello
di Regioni, è in atto una sistematica operazione
di depotenziamento degli organismi di gestione
delle aree protette. Risorse sempre più scarse
e soprattutto allontanamento di presidenti e
dirigenti dagli enti di gestione, per sostituirli
con persone spesso legate ai partiti dominanti e
quindi assai più compiacenti e sensibili a interessi antitetici alla tutela dell’ambiente. Stiamo
così assistendo ad un moltiplicarsi di progetti
devastanti che minacciano le aree protette e le
loro immediate vicinanze. Le montagne di S.
Caterina Valfurva nel Parco Nazionale dello
Stelvio, il Monte Falco nel Parco Nazionale delle
Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, Campo Imperatore, nel Parco Nazionale del
Gran Sasso-Monti della Laga, Monte Greco ai
confini del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio
e Molise, sono solo alcuni dei molti esempi
che si potrebbero citare di iniziative a grande
impatto sull’ambiente e sul paesaggio per il cui
contrasto gli Enti parco, istituzionalmente preposti alla tutela dei territori di loro competenza,
fanno ben poco, quando non sono essi stessi a
promuovere iniziative devastanti.
In conclusione l’esistenza di un territorio protetto
costituisce oggi una garanzia assai più debole,
per la tutela ambientale, di qualche anno fa.
Sfruttamento forestale. Negli ultimi anni, come
noto, si è notevolmente accresciuto il valore
economico degli assortimenti legnosi, compresa
la legna da ardere che da merce povera destinata agli usi locali è diventata merce ricercata
per alimentare caminetti di ville, forni a legna
e quant’altro, con un notevole aumento del
prezzo di vendita. Inoltre l’arrivo in massa di
extracomunitari ha abbassato in misura notevole
il costo della manodopera. Si è allargata quindi
in misura notevole l’area dei boschi a cosiddetto
“macchiatico positivo”, nei quali cioè è conveniente tagliare.
Il decentramento in campo forestale, improvvisato e malfatto, ha fatto il resto, per cui le
Regioni possono legiferare in materia forestale,
materia nella quale hanno competenza primaria,
mancando una legge cornice nazionale che stabilisca dei capisaldi. Il risultato è una ripresa delle
utilizzazioni forestali in grande stile incoraggiata
da leggi regionali che, come quella attualmente
in vigore nel Lazio, non costituiscono certo un
valido baluardo a difesa del bosco. Dopo decenni in cui i boschi cedui stavano avviandosi
spontaneamente verso cedui invecchiati e quindi
boschi d’alto fusto, stiamo ormai assistendo al
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
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Stefano Allavena
fenomeno opposto, per cui i cedui invecchiati,
anziché essere convertiti in boschi d’alto fusto,
operazione questa tecnicamente facile ed ambientalmente assai opportuna, vengono riportati
a ceduo matricinato, tra l’altro rilasciando spesso
poche e deboli matricine.
Anche le utilizzazioni nelle fustaie tendono ad
aumentare di intensità, interessando inoltre superfici vieppiù maggiori. Utilizzazioni forestali
condotte come sopra vengono effettuate anche
nelle aree protette. Salvo poche eccezioni, i
criteri di utilizzazione dei boschi nelle aree
protette non si discostano da quelli adottati nelle
aree non tutelate.
Il risultato è un danno non indifferente nei confronti dell’ecosistema forestale e più specificatamente nei confronti dei rapaci che nidificano
in foresta, primi fra tutti, ma non solo, astore,
sparviero, nibbio bruno, nibbio reale, poiana,
falco pecchiaiolo. Sui Monti della Tolfa, a nord
di Roma, ad esempio, attualmente il principale
fattore limitante nei confronti della piccola
popolazione di nibbi reali che vi nidifica, è costituito, oltre che dai bocconi avvelenati, anche
dai tagli di cedui invecchiati che vengono ridotti
a povere e misere boscaglie rade, degradate ed
impoverite.
Urbanizzazione dilagante. Dopo un periodo
piuttosto lungo di stasi dell’edilizia, negli ultimi
anni, per una serie di motivi congiunturali, si sta
assistendo ad una ripresa vigorosa del settore.
Prime case e seconde case e spesso edilizia
abusiva, favorita dai condoni che si succedono
senza sosta, stanno allargando a macchia d’olio
le aree urbanizzate, invadendo anche zone di notevole interesse ambientale nelle pianure, lungo
le coste, in collina ed in montagna.
Lo sviluppo dell’edilizia viene favorito da una
serie di altre opere quali impianti sciistici, strade,
campi da golf (in via di allarmante diffusione
anche in regioni ben povere d’acqua), per cui
l’effetto finale è un’antropizzazione intensiva di
aree di pregio che va naturalmente ad interferire
negativamente sia con le aree di riproduzione che
con i territori di caccia di molte specie di uccelli,
tra cui diversi rapaci. In troppi casi inoltre gli strumenti di pianificazione urbanistica, anziché porre
un fremo a questa tendenza, vengono adattati e
modificati così da legalizzare anche gli scempi più
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dannosi. Anche in questo caso un decentramento
delle competenze, realizzato in modo disordinato
e senza garanzie, sta aggravando e complicando
ulteriormente la situazione.
Eolico selvaggio. Sicuramente ai primissimi posti nelle preoccupazioni degli ambientalisti degni
di questo nome, non può non stare, in questo momento storico, il proliferare indiscriminato delle
centrali eoliche. L’energia elettrica prodotta dal
vento è pulita ed inesauribile. Chiunque abbia a
cuore la riduzione dei gas serra non può pertanto
essere contrario a questa fonte energetica. Ciò
che però si sta realizzando nella prassi in Italia,
paese peraltro notoriamente poco ventoso, non è
uno sviluppo dell’eolico equilibrato ed integrato
con altre forme di energia da fonti rinnovabili,
come l’energia solare. Si sta invece assistendo
all’assalto indiscriminato e selvaggio, al di fuori
di qualunque seria programmazione, delle zone
più importanti, sotto il profilo ambientale e
paesistico. Favorito da un vantaggioso sistema
di incentivi economici pubblici, l’eolico sta dilagando su colline e montagne, e specialmente
lungo i crinali dell’Appennino, lungo le coste
meno antropizzate, in Sicilia, in Sardegna, e
sta cominciando a farsi spazio anche su Alpi e
Prealpi. Si tratta di veri e propri impianti industriali, ciascuno costituito da decine e a volte
da centinaia di aerogeneratori alti anche più di
100 metri, con pale di enormi dimensioni. Ogni
centrale eolica, per poter funzionare, ha bisogno
di grandi strade di servizio, di elettrodotti per
il trasporto dell’energia. Inoltre vanno scavate
grandi fondamenta per la stabilizzazione degli
aerogeneratori, ciascuno dei quali pesa anche
più di 200 tonnellate, e la rumorosità è notevole.
La perdita di habitat è ingente, inoltre una vasta
letteratura internazionale ha ormai pienamente dimostrato come il movimento delle pale
provochi l’uccisione per collisione di un gran
numero di uccelli, di varie specie, dai piccoli
passeriformi in migrazione, ai grandi veleggiatori
come cicogne, aquile, nibbi ed avvoltoi. In Italia
mancano studi adeguati. Tuttavia popolazioni
di nibbi reali preesistenti, ai confini tra Puglia,
Basilicata e Campania sono scomparse dopo la
costruzione in zona di centrali eoliche.
Si tratta di una vera e propria emergenza ambientale, cui si deve far fronte con un’azione
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Problemi attuali di conservazione dei rapaci diurni in Italia
coerente e compatta da parte di quanti hanno a
cuore il nostro patrimonio ambientale e la nostra
fauna, per pretendere che le centrali eoliche
vengano realizzate esclusivamente nelle aree a
minor valenza ambientale. Così come si pretenderebbe del resto per altre opere comunque a
minor impatto e di assai minore vastità.
Purtroppo le principali associazioni ambientaliste non si muovono come ci si aspetterebbe
su questo tema, che non affrontano nei modi
dovuti. Per produrre energia pulita, ma poca,
fortemente intermittente e quindi ben poco
risolutiva, si stanno mettendo a repentaglio
territori prioritari, con il silenzio, quando non
con il plauso, o comunque con un impegno assai modesto per arginare il fenomeno, da parte
di quelle organizzazioni specificatamente nate
per salvaguardare la natura ed il territorio, con
l’eccezione di alcune piccole associazioni e di
alcune sezioni locali delle grandi associazioni.
Il risultato di tutto ciò è il rischio che, entro pochi
anni, gran parte del nostro patrimonio ambientale
venga irrimediabilmente e gravemente compromesso, tra l’altro con grave degrado del paesaggio
e quindi con danni anche ad attività compatibili,
come l’agriturismo, che si stanno da qualche anno
realizzando sul territorio, con notevoli benefici
economici per le popolazioni locali.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
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Proposta per una standardizzazione del monitoraggio
delle popolazioni di rapaci rupicoli nidificanti in Italia
Alessandro Andreotti, Giovanni Leonardi
INFS - Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica
Via Ca Fornacetta, 9 40064 Ozzano dell’Emilia (BO), Italy
In Italia il monitoraggio degli uccelli rapaci rupicoli viene effettuato da ornitologi che operano
per lo più singolarmente o nell’ambito di gruppi
locali relativamente circoscritti. Tale circostanza,
unitamente al fatto che l’attività viene svolta a
titolo di volontariato o all’interno di progetti
finanziati solo per brevi periodi e per coprire
aree geografiche circoscritte, fa sì che i dati
raccolti nelle diverse realtà territoriali presentino
marcate discontinuità temporali e spaziali, non
siano uniformi e dunque risultino difficilmente
confrontabili tra loro. Le implicazioni di questa
situazione sono negative soprattutto nel caso di
specie molto rare e a distribuzione diffusa. Per
effetto della bassa densità delle popolazioni
oggetto di studio, in ogni singola area campione
si trova un esiguo numero di coppie e dunque
ciascun gruppo di lavoro difficilmente riesce
ad ottenere un set di dati sufficientemente rappresentativo per valutare parametri riproduttivi,
trend demografici e preferenze ambientali, sia
pure a scala regionale. D’altra parte, il confronto
tra diverse realtà risulta problematico per il basso
livello di standardizzazione delle procedure di
raccolta ed elaborazione dei dati; diviene dunque
difficile ottenere un quadro dello stato di conservazione delle specie a livello nazionale ed individuare l’esistenza di eventuali meccanismi che
condizionano la sopravvivenza dei diversi nuclei
riproduttivi (fenomeni sink-source, dinamiche
riconducibili all’esistenza di metapopolazioni,
ecc.). La stessa messa a fuoco delle minacce e
dei fattori limitanti che agiscono sulle specie in
questi casi può diventare complessa, precludendo
di fatto l’avvio di interventi di conservazione
organici ed efficaci.
Le implicazioni di una tale situazione sono
risultate evidenti nel corso della redazione del
piano d’azione nazionale per il Lanario Falco
biarmicus, in relazione al forte grado di dispersione ed alle basse densità che contraddistinguono la popolazione italiana di questa specie. Per
questo, nell’ambito delle iniziative promosse per
acquisire gli elementi di conoscenza di base sul
66
Lanario, essenziali per la stesura del piano, molte
energie sono state dedicate per la creazione di
un coordinamento nazionale tra gli ornitologi
che operano nelle diverse realtà territoriali, al
fine di superare i limiti della situazione sopra
descritta (Leonardi e Andreotti, questo convegno). Tale coordinamento ha comportato la
necessità di definire protocolli standard per la
raccolta dei dati da far confluire in un’unica
banca dati centralizzata.
Per non disperdere le esperienze maturate e dare
continuità al programma di monitoraggio avviato
con l’occasione del piano d’azione, in questa
sede si presentano alcune proposte finalizzate a
favorire una maggiore uniformità di lavoro tra
quanti si dedicano all’osservazione del Lanario
in Italia. Considerata la sostanziale analogia delle
problematiche e delle tecniche di rilevamento
esistenti per questa specie rispetto agli altri
rapaci rupicoli diurni non coloniali, si ritiene
che tali proposte possano essere agevolmente
estese ad altri taxa di rilevante interesse conservazionistico, quali il Capovaccaio Neophron
percnopterus, l’Aquila reale Aquila chrysaetos,
l’Aquila del Bonelli Hieraaetus fasciatus e il
Pellegrino Falco peregrinus. A tal fine si auspica
di ricevere contributi da coloro hanno maturato
esperienze su queste specie, in modo da arricchire e completare il quadro delle iniziative da
intraprendere.
Nel formulare le proposte si è tenuto conto di
due esigenze diverse, anche se complementari
tra loro: da un lato si sono elaborate metodiche
di lavoro che, se adottate da tutti, potrebbero
portare ad una maggiore uniformità nella raccolta delle informazioni, dall’altro si è suggerita
la creazione di un centro di coordinamento
nazionale che garantisca il raccordo tra quanti
operano nei diversi contesti.
Poiché il contenimento dei costi rappresenta un
fattore chiave nel determinare il successo di un
programma di monitoraggio da condurre su vasta
scala e per un lungo arco temporale, nell’indicare
una linea d’intervento si è considerata l’opportu-
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Proposta per una standardizzazione del monitoraggio delle popolazioni di rapaci rupicoli nidificanti in Italia
nità di ridurre al minimo le risorse necessarie per
il coordinamento dei rilevatori. Tale approccio,
tra l’altro, ha portato a valorizzare il ruolo di
quanti già operano localmente, promuovendo
forme di raccordo tra i diversi rilevatori attivi
in una stessa realtà territoriale.
Definizione di metodologie condivise - Una
maggiore uniformità nell’attività di monitoraggio può essere ottenuta in tempi brevi e senza
oneri aggiuntivi se gli ornitologi che operano
nelle diverse realtà territoriali sceglieranno di
adottare un medesimo protocollo metodologico
di riferimento che permetta di raggiungere i seguenti obiettivi: 1) l’utilizzo di una terminologia
comune; 2) l’adozione di metodi di rilevamento
standard; 3) l’elaborazione dei dati e la presentazione dei risultati secondo procedure definite.
In allegato viene presentato un documento che
tiene conto di queste esigenze e che potrà servire alla definizione di un protocollo condiviso.
Nel corso del dibattito che, si auspica, seguirà
la presentazione di tale documento, si potranno
apportare modifiche o integrazioni sulla base di
altre esperienze maturate in Italia; in ogni caso,
tuttavia, si dovrà prestare attenzione affinché
venga approvato un protocollo metodologico
che permetta di ottenere dati confrontabili con
quelli raccolti in altre realtà nazionali.
Creazione di un centro nazionale di coordinamento - La forma di coordinamento attivata dall’INFS per il monitoraggio del Lanario nell’ambito
delle azioni intraprese per la redazione del piano
d’azione nazionale ha dato risultati soddisfacenti
e può essere assunta a riferimento per realizzare
una struttura analoga destinata ad operare per tutti
i rapaci rupicoli nidificanti in Italia. Il modello
organizzativo adottato, già descritto da Leonardi e
Andreotti (questo convegno), è semplice e flessibile, consente di limitare i costi e, al tempo stesso,
permette di conseguire tre importanti risultati: 1) la
standardizzazione delle metodiche di lavoro seguite
dai diversi gruppi di ornitologi, 2) la validazione
dei dati raccolti 3) il mantenimento di un adeguato
livello di riservatezza delle informazioni sensibili
che non risulta opportuno divulgare per esigenze
di conservazione. Estendendo il coordinamento
a tutte le specie rupicole nidificanti in Italia, si
potrebbero ottenere economie di scala considerevoli, anche se ovviamente questo comporterebbe
la necessità di coprire l’intero territorio nazionale
ed aumentare il numero di collaboratori coinvolti.
In questo caso, per meglio organizzare l’attività
sarebbe auspicabile creare un comitato scientifico,
formato da esperti, con competenze per diverse
specie e realtà territoriali, e una segreteria tecnica
incaricata di mantenere i contatti con i referenti
locali, garantire un passaggio delle informazioni
e di acquisire i dati ed elaborarli in forma di report annuale, secondo le indicazioni ricevute dal
comitato scientifico.
definizioni generali
Home range
È l’area frequentata dalla coppia durante l’intero ciclo biologico annuale (nel caso delle specie non migratrici) o nel periodo
di permanenza nell’areale di nidificazione (nel caso delle specie migratrici). La dimensione dell’home range nel caso delle
specie stanziali può variare nel corso dell’anno.
Aree di caccia (hunting areas o hunting place)
È la porzione di home range utilizzata per l’attività di foraggiamento; in taluni casi le aree di caccia possono essere lontane
e nettamente separate dal sito di nidificazione (Newton 1979).
Sito di nidificazione (nest site o nesting place)
È il luogo utilizzato dalla coppia per la costruzione del nido (Newton 1979; Banasch e Holroyd 2004). Va considerata
l’emergenza rocciosa dove il nido viene collocato e dove si posano i membri della coppia; nidi alternativi sulla stessa
parete vanno considerati come appartenenti allo stesso sito.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
67
Alessandro Andreotti, Giovanni Leonardi
Territorio di nidificazione (breeding territory o nesting territory)
È la porzione di home range utilizzata per tutte le fasi della riproduzione, attivamente difesa dalla coppia (Newton 1979);
comprende il sito di nidificazione, l’area ad esso circostante e, talvolta, parte delle aree di caccia.
Coppie
Si considerano coppie due individui appaiati di sesso diverso, indipendentemente dall’età di ciascun individuo. Si distinguono quattro categorie di coppie:
a) coppie non legate ad un sito di nidificazione;
b) coppie che occupano il sito durante il periodo del corteggiamento e della scelta del nido;
c) coppie che depongono, covano e allevano i piccoli; è un sott’insieme di b);
d) coppie che portano a termine la nidificazione con l’involo dei giovani (productive pair o successful pair); è un sott’insieme di b) e di c).
Coppie territoriali
Sono quelle riscontrate nelle situazioni b), c), d); difendono attivamente il territorio di nidificazione allontanando i propri
conspecifici (Banasch e Holroyd 2004).
Coppie nidificanti (breeding pair)
Sono quelle riscontrate nelle situazioni c), d).
Prole
 uova;

pulli;

giovani non involati;

giovani involati.
Definizione dei siti
A) Sito non occupato
Sito controllato nel corso di almeno tre visite di adeguata durata, ben distribuite durante il periodo riproduttivo, durante
le quali non è stata accertata la presenza della specie; le visite devono essere intervallate tra loro in relazione al ciclo
riproduttivo della specie oggetto di censimento (Fasce 1982; Ratcliffe 1993). L’osservazione occasionale della specie non
può essere considerata una prova di occupazione del sito.
B) Sito occupato (occupied nest site)
Sito occupato dalla specie, indipendentemente dal numero di individui osservati, dalla loro età e dall’esito della riproduzione.
Si tratta di un “sito difeso”, a cui gli individui tendono a tornare regolarmente durante il giorno o per il roost notturno.
La specie deve essere osservata in parete senza che vi siano indizi di nidificazione e almeno nel corso di due visite di
adeguata durata, ben distribuite durante il periodo riproduttivo. Va considerato occupato anche un sito frequentato da una
coppia territoriale in una fase precoce del periodo di riproduzione, prima della deposizione, anche qualora successivamente
il sito venga abbandonato e non vi siano più osservazioni di individui in parete.
C) Sito di nidificazione attivo
Sito dove la coppia viene rilevata in cova e/o in fase di allevamento della prole (è un sott’insieme di B).
D) Sito di nidificazione produttivo
Sito dove viene accertato l’avvenuto involo di almeno un giovane (è un sott’insieme di B e di C) (Newton 1979).
E) Sito di nidificazione con esito negativo
Sito dove viene accertato l’avvenuto fallimento della nidificazione (è un sott’insieme di B e di C).
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Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Proposta per una standardizzazione del monitoraggio delle popolazioni di rapaci rupicoli nidificanti in Italia
Definizione dello sforzo di rilevamento e dei parametri riproduttivi
Sforzo di rilevamento
Numero di siti controllati in un’area definita (siti A+B+C).
Variazione dello sforzo di rilevamento
Aumento/diminuzione del numero assoluto dei siti rilevati nella stagione in corso rispetto alla stagione precedente.
Grado di fedeltà al sito
Numero di anni in cui un sito è stato occupato dalla stessa coppia (solo se vi sono individui marcati o chiaramente riconoscibili).
Grado di occupazione del sito
Numero di anni in cui il sito è occupato dalla specie (valido solo nel caso di siti rilevati continuativamente nel tempo).
Percentuale di successo (nest success)
Percentuale delle coppie che hanno portato almeno un giovane all’involo sull’insieme delle coppie territoriali (Craig e
Enderson 2004).
Tasso d’involo
Numero di giovani involati rispetto al numero di uova schiuse o, più precisamente, al numero di pulcini nati. La raccolta
al nido di informazioni sul numero di uova schiuse o di pulcini nati va effettuata solamente se si è certi di non causare il
fallimento delle nidificazione (come nel caso dell’utilizzo di webcam).
Dimensione media della covata (average brood size o fledged brood size)
Numero medio di giovani involati rispetto al numero di coppie che hanno portato a termine con successo la nidificazione
(coppie di cui alla lettera d) secondo le definizioni generali) (Watson 1997; Craig e Enderson 2004).
Successo riproduttivo
Numero medio di giovani involati rispetto al numero di coppe nidificanti che hanno deposto e/o allevato giovani (coppie
di cui alla lettera c) secondo le definizioni generali) (Cheylan 1981; Mavor et al. 2004).
Produttività (productivity)
Numero medio di giovani involati rispetto alle coppie territoriali (coppie di cui alla lettera b) secondo le definizioni generali)
(Cheylan 1981; Ratcliffe 1993; Craig e Enderson 2004).
Informazioni minime che devono essere fornite nell’ambito di rapporti riepilogativi
sullo status e sulla biologia riproduttiva di una specie in una determinata area
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
estensione e confini dell’area indagata;
numero di stagioni riproduttive durante le quali si è svolto il monitoraggio;
sforzo di rilevamento;
numero di siti non occupati;
numero di siti occupati;
numero di siti di nidificazione attivi;
numero di siti di nidificazione produttivi;
numero di siti di nidificazione con esito non accertato;
numero di giovani involati;
grado di occupazione dei siti controllati per più anni consecutivi.
Le informazioni relative ai punti dal 3 al 9 devono essere riportate specificando i valori ottenuti in ciascun anno di rilevamento.
Le informazioni relative al punto 10 devono essere completate specificando il numero di siti controllati per più anni consecutivi; per ogni sito deve essere indicato anche il numero di stagioni nelle quali è stato effettuato il monitoraggio.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
69
Alessandro Andreotti, Giovanni Leonardi
BIBLIOGRAFIA
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Wildlife Service.
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2-3. Parc Naturel Règional de Corse-Centre de Recherche
Ornithologique de Provence, Aix-en-Provence.
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Publication No. 43, Colorado Division of Wildlife, Fort
Collins, USA.
Fasce P. 1982. Censimento dell’Aquila reale Aquila chrysaetos nelle Alpi occidentali italiane: metodologia e problemi.
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70
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Mavor R. A., Parsons M., Heubeck M., Schmitt S. 2004.
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Conservation Committee, Peterborough.
Newton I. 1979. Population Ecology of Raptors. T & AD
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London.
Watson J. 1997. The Golden Eagle. T & AD Poyser,
London.
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Il CISO e le indagini sui rapaci. Indirizzi
per un approfondimento delle ricerche
Francesco Mezzavilla
Via Malviste, 4 31057 Silea (TV)
PREMESSA
Il CISO (Centro Italiano Studi Ornitologici) è
stato istituito legalmente quasi trenta anni fa
grazie alla fattiva collaborazione di un gruppo
di ornitologi trainati dall’entusiasmo del prof.
Sergio Frugis. Nel 1978 è stato pubblicato il
primo numero della rivista Avocetta che attualmente ha assunto un ruolo sempre più rilevante
nella ricerca scientifica italiana.
Tra le attività svolte dal CISO, i convegni
italiani di ornitologia organizzati con cadenza
biennale, hanno favorito un produttivo confronto
di conoscenze e di esperienze tra i ricercatori
italiani. Nel 2002 con il “1° Convegno Italiano
sui rapaci diurni e notturni”, si è cercato di fare
il punto sulle ricerche svolte in questo settore e
si è dato il via ad un processo di coordinamento
delle ricerche (Mezzavilla et al. 2003). Da allora si sono organizzati diversi gruppi di lavoro
che, come nel caso di questo Convegno, hanno
portato nuovi contributi in campo ornitologico
ed hanno evidenziato un crescente bisogno di
confronto.
Attualmente nonostante l’incremento delle indagini svolte a livello nazionale, appare ancora
importante ribadire le linee guida che dovrebbero
portare ad una più approfondita conoscenza dei
rapaci. Per questo motivo si è pensato di produrre una bozza di protocollo che possa rendere
le ricerche più conformi agli standard europei,
ma soprattutto permetta una raccolta dei dati che
siano facilmente confrontabili tra loro.
PROPOSTE
Secondo quanto evidenziato anche da questo
Convegno, appare utile auspicare un salto di
qualità che permetta il passaggio da ricerche
quali-quantitative a ricerche eco-etologiche che
diano migliori risposte a domande inerenti la
biologia e la conservazione dei rapaci.
In particolare le ricerche dovrebbero basarsi
su livelli di indagine sempre più approfonditi,
riassumibili a grandi linee nei seguenti punti:
 definizione delle indagini per specie/territorio/
macroaree
 censimenti qualitativi (distribuzione nel territorio)
 censimenti semi-quantitativi (densità degli
individui svernanti o nidificanti)
 indagini bio-ecologiche basate su analisi dei
parametri riproduttivi, rapporto preda/predatore, rapporto con l’ambiente, analisi degli
impatti determinati dell’uomo.
Un altro campo di indagini che negli ultimi anni
ha evidenziato un forte incremento, è quello
inerente i censimenti dei flussi migratori nel
territorio nazionale. Anche in questo caso si
tratta di definire alcuni metodi di ricerca e di
elaborazione dei dati che permettano un confronto più semplice tra le varie località.
Come base di confronto e per una migliore definizione delle indagini, si è cercato di riassumere
tutto questo in una bozza di protocollo (Tab.
1) che pur nella sua sinteticità, riprende alcuni
concetti che non sempre sono stati recepiti in
campo ornitologico.
Definizione delle indagini
Le indagini dovranno essere definite in funzione delle finalità che si vorranno perseguire.
Operando su scala ridotta, come ad esempio
nel caso di piccole realtà naturalisticamente
valide ma spesso molto sensibili ai cambiamenti
ambientali come Riserve Naturali, Parchi, ZPS
o SIC, le indagini potranno riguardare sia una
singola specie di particolare valore, sia l’intera
popolazione di rapaci. Questo tipo di indagini è
abbastanza diffuso in Italia, mentre sono carenti
i censimenti effettuati su scala regionale o nazionale, anche per l’assenza di specifici gruppi
di lavoro creati ad hoc.
Analizzando alcuni interventi fatti nel corso di
questo Convegno e di altri precedenti, si notano pregevoli relazioni di sintesi come quelle
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
71
Francesco Mezzavilla
inerenti l’Aquila reale (Fasce e Fasce 2003) ed
il Pellegrino (Allavena e Brunelli 2003), ma
anche carenze nella programmazione di specifiche indagini su larga scala inerenti le specie
più vulnerabili (Gipeto, Capovaccaio, Grifone,
Biancone, Albanella minore, Lanario).
Censimenti qualitativi
Lo studio della distribuzione dei rapaci nel
territorio costituisce una priorità da perseguire,
come pure quello relativo all’analisi del trend
delle diverse popolazioni perché permette di fare
correlazioni con lo stato dell’ambiente.
Anche se negli ultimi decenni si è fatto un
grosso passo in avanti nei censimenti grazie alla
pubblicazione dell’Atlante italiano (Meschini e
Frugis 1993) e di numerosi Atlanti locali, del
primo volume della Fauna d’Italia (Brichetti et al.
1992) e di altri lavori a livello generale (Brichetti
& Fracasso 2003), attualmente manca un lavoro
di sintesi che riunisca ed elabori in dettaglio i
dati nazionali. In merito a ciò, si hanno diverse
possibilità di confronto con realtà già avviate in
Germania (Mammen e Stubbe 1999), Finlandia
(Haapala e Saurola 1991; Saurola 1985), Francia
(Thiollay e Bretagnolle 2004). Tra queste appare
rilevante l’attività svolta in Francia dove, grazie
ai censimenti effettuati tra il 2000 ed il 2001 da
circa 1700 ornitologi, è stata svolta una tra le
indagini più interessanti a livello europeo.
Censimenti semi-quantitativi
Questo tipo di censimenti costituisce uno dei
momenti più importanti delle ricerche perché
permette di ricavare dati riguardanti la densità
delle singole specie e, di conseguenza, consente
di effettuare correlazioni con le possibili cause
di alterazione ambientale. Riguardo ai metodi, la
scelta dipende dal tipo di preparazione di ogni
ricercatore e dalle conoscenze acquisite (Ralph
e Scott 1981; Bibby et al. 1992; Ralph et al.
1997). Appare però utile consigliare l’utilizzo di
un metodo di censimento molto diffuso all’estero
ma poco noto in Italia, il Distance Sampling
(www.ruwpa.st-and.ac.uk/distance ), impiegato
nello studio dei rapaci svernanti in Piemonte
(Boano e Toffoli 2002).
Indagini bio-ecologiche
Anche le indagini sulla biologia riproduttiva ed in
72
particolare quelle svolte a in un lungo intervallo
temporale sono quasi completamente assenti.
In questo campo, spesso mancano parametri
di riferimento che rendono difficili i confronti
perchè la standardizzazione nella raccolta dei dati
è ancora una realtà poco diffusa. Per questo si
riporta un protocollo d’indagine formulato sul
modello di quanto già pubblicato in Francia
(Cheylan 1980):
Oltre ai parametri sopra riportati, si possono
raccogliere altre informazioni relative alla popolazione: n. coppie che hanno solo occupato il
nido, n. coppie che non hanno allevato giovani,
% di coppie senza giovani, n. coppie di cui non
si conosce se hanno portato i giovani all’involo; oppure dati relativi alla coppia: totale delle
perdite nella covata (uova e giovani non
volanti), n. giovani morti dopo l’involo, densità
di coppie per 100 km2. Nei censimenti dei rapaci
svernanti questo dato viene espresso come n.
individui /100 km2.
Un altro tipo d’indagini da approfondire meglio è
costituito dalle ricerche inerenti l’habitat. Anche
in questo caso, pur notando un certo incremento
delle ricerche come ad esempio quelle inerenti
l’Aquila reale (Pedrini e Sergio 2001; 2002),
sembra ancora mancare una loro diffusione nel
territorio nazionale.
A livello del tutto esemplificativo si citano
alcuni settori d’indagine che permettono un in-
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Il CISO e le indagini sui rapaci. Indirizzi per un approfondimento delle ricerche
cremento delle conoscenze: preferenze e qualità
dell’habitat, differenze geografiche e temporali
nell’uso dell’habitat, correlazioni morfologiche
e fisiologiche nell’uso dell’habitat, differenze interspecifiche nell’uso dell’habitat. Altre ricerche
di particolare importanza possono riguardare il
confronto tra la densità delle singole specie e la
produttività in aree diverse, i fattori limitanti, la
dimensione dell’home-range, il trend dei caratteri
riproduttivi, come la dimensione della covata ed
il successo riproduttivo in rapporto all’habitat. A
margine di queste ricerche, ma per questo non
meno importanti, si possono citare gli studi sulla
correlazione tra dieta e densità dei rapaci con
l’abbondanza delle prede (Lohmus 2004).
La migrazione dei rapaci
Lo studio delle migrazioni ha avuto un forte
impulso nell’ultimo decennio. A fronte delle
conoscenze acquisite sullo Stretto di Messina
ed ancora solo in parte pubblicate (Giordano
1991; Agostini et al. 1994; Corso 2001), sono
state scoperte nuove rotte migratorie (Mezzavilla
et al. 2003) e sempre nuove indagini sono in
fase di attuazione (Agostini 2003; Infomigrans
2004).
Le ricerche si possono dividere in due filoni: a)
scoperta di nuove linee migratorie, b) censimenti
a lungo termine in uno stesso sito. Nel primo
caso si cercano di individuare nuovi punti (hot
spot) di transito o nuove linee migratorie non
note nel passato, nel secondo si raccolgono
sequenze di dati relative a diversi anni con lo
scopo di capire l’evoluzione delle popolazioni
migratorie e per confrontarle con altre realtà
nazionali od europee.
Talvolta in queste indagini si nota un estremo
bisogno di trarre conclusioni sulle modalità
migratorie anche quando il materiale raccolto
è limitato a poche centinaia di osservazioni. In
questi casi si consiglia di riassumere il tutto in
una breve nota relativa all’importanza del sito.
Solo in seguito, con l’acquisizione di una mole di
dati superiore alle 2-3000 osservazioni sarà possibile svolgere un’analisi riportando i parametri
citati in Tab. 1. In tale modo sarà possibile fare
confronti e verificare meglio l’entità dei migratori
che si muovono nell’ambito nazionale.
Quanto sopra esposto vuole essere un momento
di confronto e di indirizzo soprattutto nei riguardi
di chi inizia ad avvicinarsi allo studio dei rapaci. La validità dei temi riportati potrà essere
verificata o meno in futuro quando il CISO od
altre Associazioni od Istituzioni troveranno la
possibilità di organizzare nuovi incontri aventi
per tema questi uccelli.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
73
Francesco Mezzavilla
Tabella 1. Bozza di protocollo per lo svolgimento di alcune indagini sui rapaci.
Obiettivi generali
Obiettivi specifici
Aree/Strumenti/Finalità
Definizione
indagini
Definizione specie
Creazione Gruppo di lavoro
- Comune, Regione, Nazione
- Parco o Riserva Naturale
- ZPS o SIC
- Comunità Montana
- Altro
Censimenti
qualitativi
Definizione metodi
Scelta scala (IGM, UTM, CTR, etc.)
Scelta stagione (nidificanti, svernanti)
- Produzione Check-list
- Progetti Atlante
- Censimento rapaci svernanti
Censimenti
semi-quantitativi
Definizione metodi
- Mappaggio
- Campionamento per punti
- Transetti (Distance Sampling)
- Road Count
Indagini
bio-ecologiche
Settori di ricerca
- Biologia riproduttiva
- Habitat
- Rapporti con l’uomo
Ricerca nuove aree
(hot spot e flyway)
- Periodo
- Metodo (visual count)
- Strumenti (staz. meteo, altimetro, telemetro etc.)
Creazione Gruppo di lavoro
e attività di censimento
- Conteggio totale
- Conteggio per specie
- Passaggi orari/gg
- Analisi meteo, altitudine, direzione di volo, etc.
- Analisi correlazioni meteo/altezze di volo
- Analisi correlazioni meteo/pass. orari-gg
Migrazione
Definizione area
Elaborazione dati
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Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
75
II sessione
STATO DELLE CONOSCENZE,
PROBLEMI DI CONSERVAZIONE
E PROSPETTIVE PER LE RICERCHE
NELLE REGIONI PENINSULARI
Chairmen:
Paolo Perna e Jacopo Angelini
Note per l'interpretazione delle schede riepilogative
Allo scopo di disporre di risultati omogenei, e quindi confrontabili, è stato chiesto ai partecipanti di riepilogare i salienti risultati delle proprie indagini attraverso la compilazione di una scheda appositamente
predisposta. Le “voci” della scheda riguardano la descrizione e l’estensione dell’area di studio, lo sforzo
di ricerca, la consistenza della popolazione, gli ambiti di tutela interessati, i fattori di minaccia, il finanziamento delle ricerche. Di seguito, si forniscono le necessarie precisazioni e definizioni.
Area di studio estensiva: in genere l’intera regione amministrativa o una o più province;
Area di studio intensiva: la porzione dell’area di studio estensiva che presenta le caratteristiche tipiche
dell’habitat della specie ed in cui si concentra il massimo sforzo di ricerca;
Copertura: la percentuale dell’area di studio intensiva effettivamente indagata, distinta in zone a copertura buona e zone a copertura scarsa secondo il soggettivo giudizio degli Autori;
Consistenza accertata della popolazione nel 2003: il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata
la presenza nella stagione riproduttiva 2003;
Consistenza probabile della popolazione al 2003: il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata
la presenza in almeno una stagione riproduttiva negli ultimi 3 anni (2001-2003);
Consistenza possibile della popolazione al 2003: il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata
la presenza in almeno una stagione riproduttiva negli ultimi 10 anni (1994-2003);
Consistenza stimata della popolazione al 2003: il numero di coppie territoriali che si stima possano
essere attualmente presenti, comprese quelle che si presume possano abitare ambiti poco o per nulla
indagati nel periodo 1994-2003;
Coppia territoriale: una coppia di cui sono stati osservati, in periodo riproduttivo, comportamenti territoriali presso un territorio di nidificazione già conosciuto e utilizzato o comunque ritenuto idoneo: display,
difesa del territorio di nidificazione, visite al sito di nidificazione, nidificazione vera e propria, il tutto a
prescindere dal fatto che la nidificazione si sia conclusa e dal suo esito;
Numero di coppie territoriali possibili (osservate in almeno una stagione riproduttiva degli ultimi 10 anni)
con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi nazionali, Riserve statali, Parchi
regionali, Riserve regionali, Oasi di Protezione, Siti di Interesse Comunitario (SIC), Zone di Protezione
Speciale (ZPS), Important Birds Areas (IBA); una stessa coppia con territorio di nidificazione ricadente
in più ambiti va attribuita a ciascuno di essi, pertanto i valori dei diversi ambiti non sono cumulabili, con
eccezione di quelli relativi a Parchi nazionali e Parchi regionali;
Studi e/o programmi di monitoraggio finanziati: s’intendono quelli svolti da dipendenti di amministrazioni
ed enti pubblici nell’ambito della propria attività lavorativa, quelli svolti dalle Università con programmi
di ricerca specifici (escluse le ricerche svolte da tesisti), quelli retribuiti svolti da “personale esterno” per
conto di Pubbliche Amministrazioni, Enti e Associazioni.
78
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos e il Pellegrino Falco peregrinus
nell’Appennino ligure e piemontese
Saura Andreotti1, Massimo Campora2, Renato Cottalasso3,
Laura Fasce4, Paolo Fasce4, Riccardo Nardelli1, Ubaldo Ricci1
Museo di Storia Naturale della Lunigiana, Fortezza della Brunella, 54011 Aulla (MS)
2
strada Valmassini, 6 15066 Gavi (AL)
3
strada Monterotondo, 85 15067 Novi Ligure (AL)
4
via G. D’Annunzio, 2/112 16121 Genova
1
L’area oggetto del monitoraggio si estende dal
passo del Colle di Cadibona fino ai contrafforti
appenninici toscani e a gran parte dell’area appenninica in Provincia di Alessandria.
Trattandosi di uno studio che riguarda soltanto
l’Appennino, non è stata presa in considerazione
la porzione del territorio ligure a Ovest del colle
di Cadibona: diverse coppie delle due specie
risultano pertanto escluse dai conteggi.
In questi ultimi anni si sono svolti monitoraggi atti a stabilire il numero di coppie presenti
e nidificanti, valutando l’areale di caccia, la
dispersione giovanile e le problematiche ecologiche connesse.
Purtroppo lo scarso numero di osservatori (solo
7-8 impegnati saltuariamente) rispetto all’ampio
territorio da controllare ha inciso sulla buona conoscenza del numero effettivo di coppie di Aquila
reale e Pellegrino presenti sul territorio.
Nella zona di studio, che misura circa 9.000
km2, vive una buona popolazione di Pellegrino,
nidificante sia sulla costa sia all’interno. Per
quanto riguarda l’Aquila reale la distribuzione
appare ovviamente diversa, con un minor numero di coppie.
Di seguito viene riassunta la situazione delle
due specie.
AQUILA REALE
Il rapace è in espansione sul territorio ligure-piemontese; le coppie territoriali sono 5, comprese
quelle che non si sono ad oggi mai riprodotte.
Appaiono frequenti le segnalazioni di individui
erratici (per lo più giovani), osservabili su gran
parte del territorio.
Diversi sono stati i tentativi di nidificazione in
Provincia di Alessandria (Val Borbera e Capanne
di Marcarolo) da parte di coppie di sub-adulti
apparentemente stabili: tuttavia ad oggi nessuna
di esse è riuscita a nidificare con successo. Una
coppia recentemente insediatasi in Val Fontanabuona (GE), formata da individui apparentemente
adulti, di cui attualmente non si conosce alcun
nido (area poco frequentata dagli osservatori),
sembra essersi riprodotta nel 2003.
In questi ultimi anni sulle aquile reali (sopratutto
sulle coppie nidificanti) si sono svolte numerose
osservazioni basate principalmente sull’alimentazione e sulla scelta dei territori riproduttivi.
Le aquile reali liguri-piemontesi hanno una dieta
molto varia, costituita prevalentemente da prede
di dimensioni medio/grandi. Dalle osservazioni
dirette sulle prede portate ai nidi e dai resti di
quelle catturate da individui anche erratici, si
osserva che lo sforzo energetico è indirizzato
alla predazione di mammiferi come volpi, giovani caprioli, cinghiali e daini; meno frequenti
lepri, gatti domestici e scoiattoli. Tra gli uccelli
si sono osservati in prevalenza galliformi, ardeidi
e anatidi, diversi casi di predazione anche su
pollame domestico, inoltre rettili (serpenti) e
carogne di svariate specie anche domestiche.
La scelta delle aree di nidificazione per l’Aquila
reale in questo settore appenninico appare problematica in quanto le poche pareti disponibili
sono spesso molto disturbate; tuttavia si nota
come questa specie sia anche notevolmente
adattabile a tipologie di territorio decisamente
differenti da quelle definite “classiche”. Si sono
osservati tentativi di nidificazione (allestimento
del nido) in piccole pareti (20-30 metri di altezza) spesso ricche di vegetazione arborea, a volte
anche posizionate relativamente vicino a strade
e caseggiati.
Anche i territori di caccia sfruttati sono alquanto
vari, comprendendo aree rocciose appenniniche,
altipiani e boschi, zone prettamente collinari,
fino a raggiungere addirittura il limite della
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
79
Saura Andreotti, Massimo Campora, Renato Cottalasso, Laura Fasce, Paolo Fasce, Riccardo Nardelli, Ubaldo
pianura padana.
Analizzando le problematiche negative che
incidono sulle coppie e che quindi influiscono
sulla loro riproduzione, si possono constatare
alcuni fattori limitanti fondamentali. A causa
della scarsità di prede (soprattutto nell’area di
levante sono presenti pochi ungulati selvatici),
le coppie nidificanti predano principalmente
rettili e animali domestici. Altri fattori limitanti
possono essere la scarsità di siti di riproduzione
(soprattutto nell’area di ponente), il disturbo
arrecato in molte aree apparentemente idonee
da sportivi appassionati di roccia o quello conseguente ad altre attività, abbattimenti illegali
(molti giovani in inverno si spingono a caccia
in riserve venatorie e vengono quindi eliminati
con armi da fuoco o bocconi avvelenati).
PELLEGRINO
Positiva la situazione di questo falconide, nidificante con numerose coppie: la specie è in
considerevole espansione e, se prima era osservabile solo lungo le falesie marine, ora si trova
nidificante regolarmente anche all’interno dei
80
settori appenninici, sia liguri che piemontesi.
La dieta è costituita esclusivamente da uccelli,
predati principalmente in volo. Si sono osservate catture e sono state rinvenute spiumate di
numerose specie ornitiche: gabbiano comune,
colombaccio, tortora, rondone, picchio verde,
picchio rosso maggiore, gallinella d’acqua, colombo domestico, storno.
Le nidiate sono costituite prevalentemente da 2
pulli, più raramente 3, eccezionalmente 1 e 4.
I giovani nati spesso arrivano all’involo senza
eccessivi problemi: per la coppia di falchi è
frequente la perdita di qualche uovo della covata
dovuta per lo più ad una mancata schiusa; in
qualche raro caso si è anche registrata la sparizione della covata, dovuta a cause ignote.
Il Pellegrino risente meno, rispetto all’Aquila
reale, del disturbo antropico e spesso nidifica su
pareti relativamente vicine a strade o abitati.
Attualmente non sono in atto progetti provinciali
o comunitari che contribuiscano alla protezione
di questi rapaci: il gruppo di lavoro formato,
seppur poco numeroso, costituisce attualmente
l’unico strumento per monitorare di anno in
anno le popolazioni di Aquila reale e Pellegrino
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos e il Pellegrino Falco peregrinus nell’Appennino ligure e piemontese
APPENNINO LIGURE E PIEMONTESE
AQUILA REALE
PELLEGRINO
Definizione dell’area di studio estensiva
Appennino
ligure e piemontese
4909
Appennino
ligure e piemontese
4909
2/3
35
65
5
6
6
8
Appennino
ligure e piemontese
4909
Appennino
ligure e piemontese
4909
2/3
35
65
14
22
23
28
0
0
0
0
2
10
0
2
0
2
3
9
2
8
1
1
Disturbo antropico,
attività sportive,
bracconaggio
Impianti eolici,
fotografia o video
naturalistici
Attività sportive,
bracconaggio
Impianti eolici,
falconeria, prelievo
uova o pulli
0
0
0
0
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi di monitoraggio
finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
81
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana settentrionale
Ubaldo Ricci1, Michela Adami2, Saura Andreotti1, Luigi Armentano3, Mario Cenni4,
Monica Lazzeri5, Mauro Magrini6, Riccardo Nardelli1, Luigi Sesti1
Museo di Storia Naturale della Lunigiana, Fortezza della Brunella, 54011 Aulla (MS)
2
Riserva Naturale dell’Orecchiella, 55030 Corfino (LU)
3
Via Toniolo, 8 06083 Bastia Umbra (PG)
4
ARPAT, via Vallisneri, 6 55100 Lucca
5
Coop. Linnea, Museo di Storia Naturale e del Territorio, via Roma, 79 56011 Calci (PI)
6
OIKOS Studio naturalistico, Via del Seminario, 9 06049 Spoleto (PG)
1
AQUILA REALE
Lo studio dell’Aquila reale nella Toscana settentrionale è stato avviato alla fine degli anni
70 per iniziativa di alcuni naturalisti che hanno
cominciato a seguire sistematicamente la riproduzione delle coppie presenti in Lunigiana, Alpi
Apuane e Garfagnana anche in collaborazione
con il Corpo Forestale dello Stato (CFS) di
Corfino (LU) e con ricercatori e studiosi di
rapaci affiliati al CISO.
Dagli anni 90 sono stati stabiliti contatti con
gruppi di ricerca operanti in aree limitrofe
dell’Appennino settentrionale; ciò ha consentito di raccogliere dati in maniera coordinata
ed organizzare conteggi simultanei autunnali e
invernali ad integrare il tradizionale controllo
delle coppie nidificanti, acquisendo informazioni
su estensione e uso degli home-range, presenza
di individui non territoriali, dinamiche territoriali
in senso lato. Un primo conteggio effettuato
il 9/2/2002 tra M. Chiappo (PC) e Pian degli
Ontani (LU) (Ricci et al. 2003) ha coinvolto
3 organizzatori, 10 “coordinatori territoriali”,
7 Coordinamenti Provinciali e 2 Aziende del
CFS, 2 corpi di Polizia Provinciale, 97 squadre
di osservatori, per un totale di 198 rilevatori di
9 province. Altri conteggi sono stati effettuati
nell’ottobre 2002 in collaborazione con l’AsOER
e nel febbraio 2003 con un gruppo ornitologico ligure-piemontese per lo studio di “nuove”
coppie tra la Val Fontanabuona (GE) e la Val
di Vara (SP). L’organizzazione di periodici convegni (cfr Ricci 2000) e “giornate di studio” ha
permesso di illustrare i risultati conseguiti e di
intensificare la collaborazione tra i ricercatori
operanti in tutto l’Appennino settentrionale.
L’area di studio “intensiva”, estesa circa 2000
kmq, comprende il settore montano e submon-
tano delle province di Massa Carrara e Lucca:
si distinguono lo spartiacque tra la Val di
Magra e la Val di Vara, l’alta valle del Magra,
la porzione tirrenica dell’Appennino parmense
orientale e dell’Appennino reggiano, le Alpi
Apuane, l’Appennino lucchese.
La complessa morfologia del territorio, l’abbondanza di contrafforti rocciosi e siti idonei alla nidificazione, la stessa ubicazione dei nidi, spesso
relativamente distanti tra loro pur appartenendo
alla stessa coppia, sono elementi che rendono
problematico lo studio delle coppie nidificanti.
Il numero medio di visite annuali é pertanto di
ben 8 per coppia. Complessivamente le zone
meglio indagate rappresentano il 70% dell’area di
studio “intensiva”; altre porzioni sono controllate
esclusivamente durante i conteggi simultanei. Da
alcune zone ritenute poco idonee alla presenza
stabile della specie provengono recenti segnalazioni di sub-adulti che fanno ritenere necessari
ulteriori approfondimenti.
Con la sola apparente eccezione di una coppia
nidificante nel Mugello (versante adriatico),
l’area di studio qui considerata comprende la
totalità delle coppie di Aquila reale nidificanti
in Toscana. La specie nelle due province ha
mostrato un certo incremento negli ultimi 20
anni, in linea con l’andamento nazionale (Fasce
e Fasce 2003), tanto come coppie nidificanti (da
8 a 9-11), quanto come estensione di territorio
frequentato, verosimilmente come conseguenza
di una maggior offerta trofica derivante dall’istituzione di alcune aree protette. Oltre alle 9
coppie accertate se ne suppone l’esistenza di
altre 2; attraverso i conteggi simultanei si stima
inoltre la presenza di una decina di individui tra
giovani dell’anno e immaturi.
Se negli ultimi venticinque anni la persecuzione
diretta sembra quasi svanita, permangono invece
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
83
Ubaldo Ricci, Michela Adami, Saura Andreotti, Luigi Armentano, Mario Cenni,
Monica Lazzeri, Mauro Magrini, Riccardo Nardelli, Luigi Sesti
la minaccia di avvelenamenti, l’ancor crescente
disturbo dovuto all’uso di vie di roccia (probabile
causa del continuo insuccesso di una coppia
apuana), il potenziale disturbo causato da osservatori e fotografi. Una potenziale minaccia
per l’Aquila reale, e più in generale per gli
ecosistemi montani, è la costruzione di centrali
eoliche sulle praterie montane utilizzate dalla
specie come preferenziali territori di caccia.
LANARIO E PELLEGRINO
La prima e unica indagine mirata sulle due
specie nella Toscana settentrionale risulta quella
svolta per la Provincia di Lucca nel periodo
1998-2000 (Magrini 2001; Magrini e Cenni
2001) sui cui risultati si basa il presente contributo. L’area di studio intensiva, circa 1500
km2, è rappresentata dall’intero massiccio delle
Alpi Apuane e dall’Appennino lucchese; essa è
considerata a copertura buona per il 70% della
sua estensione.
L’osservazione di un individuo di Lanario del 2
maggio 1998 e quella compiuta da Tellini nel
luglio 1999 nello stesso ambito delle Apuane
centrali, sono gli unici indizi di presenza della
specie. Da ciò si può ipotizzare non più che
la probabile presenza di una coppia, ma vista
l’elusività della specie, l’articolazione del territorio e l’enorme disponibilità di pareti atte alla
riproduzione, non si esclude l’esistenza di una
“popolazione” pur di modesta consistenza. Nella
ricerca non ha trovato conferma la segnalazione
di Romè e Vanoni (1980) di una coppia nidificante nella zona della Pania di Corfino.
Nel 1998-2000 sono state accertate 7 coppie
territoriali di Pellegrino nelle Apuane e 4
nell’Appennino lucchese. Il successivo e casuale
rinvenimento di un’altra coppia nelle Apuane
ha portato a 12 la consistenza possibile (cfr
tabella) della popolazione nell’area di studio
intensiva, ma si presume che la reale consistenza
sia significativamente più alta, stimata in circa
18 coppie. I valori di una sola coppia osservata
nell’anno 2003 e nel periodo 2001-2003 (nella
tabella rispettivamente consistenza accertata e
probabile), derivano dal mancato controllo delle
84
coppie accertate negli anni precedenti. La distribuzione del Pellegrino appare sostanzialmente
uniforme nelle Apuane, mentre la 4 coppie
note nell’Appennino lucchese si “concentrano”
nei due settori estremi (NO e SE) costituiti da
rilievi calcarei con abbondanti pareti rocciose.
Almeno 7 delle 12 coppie di Pellegrino si riproducono all’interno di un’area protetta (5 nel
Parco Regionale delle Alpi Apuane, 2 nel Parco
Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano) ed
i siti di nidificazione di 2 di esse ricadono allo
stesso tempo in Riserve Naturali Statali ed Oasi
di Protezione. Inoltre almeno 7 coppie si riproducono all’interno di ZPS e/o SIC.
La presenza di cave attive è verosimilmente un
fattore limitante per il Pellegrino, tanto nelle
Apuane quanto in parte dell’Appennino lucchese:
nell’indagine di Magrini (op. cit.) si osserva che,
di 11 coppie, 2 nidificano a 500-1000 metri di
distanza da esse, altre 2 a circa 1500 metri, e
ben 7 ad almeno 2 chilometri. L’arrampicata
sportiva interessa le pareti rocciose utilizzate
per la riproduzione di almeno 3 delle 8 coppie
apuane di Pellegrino. Le conoscenze disponibili
non permettono di quantificare il disturbo al ciclo
riproduttivo; peraltro sono note pareti rocciose
ideali per la nidificazione, ma non utilizzate dalla
specie, intensamente frequentate per detta attività. Il più grave tra i fattori di minaccia potenziali
appare l’eventuale installazione di impianti eolici
sui rilievi dell’area di studio; a tal proposito si
segnala che in più occasioni nel corso dell’indagine del 1998-2000 sono stati osservati individui
di Pellegrino in caccia sulle praterie montane,
crinali d’alta quota compresi, tanto nelle Apuane
che nell’Appennino lucchese.
Come detto, una sola indagine mirata su Lanario
e Pellegrino ha mai interessato la Toscana settentrionale e, terminata questa, nessun significativo
progresso delle conoscenze appare verificatosi.
Future ricerche sono ritenute pertanto indispensabili in particolare per chiarire lo status del
Lanario al limite settentrionale del suo areale
italiano, per aggiornare quello del Pellegrino,
specie in significativo incremento, per estendere
le conoscenze anche nelle aree mai indagate
allo scopo (provincia di Massa Carrara extra
Apuane).
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana settentrionale
BIBLIOGRAFIA
Fasce P., Fasce L. 2003. L’Aquila reale Aquila chrysaetos
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In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1°
Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta, 27
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Magrini M. 2001. Indagine sulla presenza dell’Aquila reale, del Lanario e del Pellegrino nella Provincia di Lucca.
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Magrini M., Cenni M. 2001. L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco
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In: Tellini Florenzano G., Barbagli F., Baccetti N. (eds).
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Tosc. Sci. Nat., Mem., Serie B, 87: 205-210.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
85
Ubaldo Ricci, Michela Adami, Saura Andreotti, Luigi Armentano, Mario Cenni,
Monica Lazzeri, Mauro Magrini, Riccardo Nardelli, Luigi Sesti
TOSCANA SETTENTRIONALE
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi di
monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
86
AQUILA REALE
PELLEGRINO
Province di Lucca
e Massa Carrara
2929
Rilievi collinari
e montani
2000
6/9
70
30
9
9
9
11
Provincia di Lucca e
porzione Alpi Apuane
in Provincia
di Massa Carrara
2060
Alpi Apuane e
Appennino lucchese
1500
1
70
30
1
1
12
18
3
2
2
2
2
5
0
0
2
2
7
7
2
6
0
12
Arrampicata,
escursionismo,
avvelenamento,
abbattimenti, caccia
fotografica e bird
watching, linee elettriche
Impianti eolici,
prolungamento della
stagione venatoria
Arrampicata,
escursionismo,
attività estrattive,
abbattimenti,
linee elettriche
Impianti eolici,
prolungamento della
stagione venatoria
45
61
0
0
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
La presenza del Lanario Falco biarmicus e del Pellegrino Falco
peregrinus nella Toscana meridionale
Guido Ceccolini1, Fausto Fabbrizi2, Riccardo Nardi3
1
Progetto WWF Capovaccaio, Via Costarella 2, 58055 Semproniano (GR)
Corpo Forestale dello Stato, Coordinamento Provinciale di Grosseto, Piazza del Risorgimento 13, 58100 Grosseto
3
Riserva Naturale Provinciale ed Oasi WWF Bosco Rocconi, Via del Cassero 27, 58053 Roccalbegna (GR)
2
LANARIO
La presenza del Lanario nella Toscana meridionale è documentata fin dalla metà degli anni 80
(Fabbrizzi 1998). Attualmente la specie risulta
diffusa nelle Crete senesi ed in Val d’Orcia, in
provincia di Siena (4 coppie nel 2003), ed in
alcune aree dell’entroterra della provincia di
Grosseto, nelle valli del Fiora, Ombrone ed Albegna (4 coppie nel 2003). Recenti osservazioni
(2003) hanno permesso di individuare altre 3
coppie nella parte meridionale della provincia di
Pisa, che interessa il comprensorio di Volterra:
siamo incerti se attribuire il dato a nuove colonizzazioni o ad una scarsa copertura, in passato,
del territorio in questione. Il numero complessivo
delle coppie accertate nel 2003 assomma quindi
a 11. è possibile, infine, la presenza di una
coppia all’isola della Gorgona, in provincia di
Livorno, per il ritrovamento in zona, in tempi
successivi, di due individui giovani.
Fondamentale per la specie è la presenza nel
territorio di pareti calcaree, tufi o formazioni
arenaceo-argillose idonee alla nidificazione,
che è stata accertata fino ai 700 metri circa di
quota.
La dinamica della popolazione mostra, negli
ultimi 5 anni, una tendenza al leggero incremento, con un tasso medio di riproduzione di
2,2-2,4 giovani involati per coppia. Si ritiene
plausibile la presenza nel territorio di un certo
numero di individui erratici pronti a colmare le
“lacune” nelle coppie, indice questo di vitalità
della specie. Citiamo a proposito un episodio
che risale allo scorso gennaio 2004, verificatosi
nella Valle dell’Albegna (GR), dove il maschio
di una coppia riproduttiva, rinvenuto ferito per
una fucilata ad un’ala, è stato prontamente sostituito da un altro maschio vagante dopo appena
una ventina di giorni; quindi la nidificazione è
regolarmente iniziata.
Tra i fattori limitanti è da evidenziare al primo
posto il bracconaggio: diversi esemplari, negli
ultimi anni, sono stati abbattuti nell’area di studio
(Passalacqua et al. 2001). Vanno poi segnalati il
disturbo causato dalla presenza umana in prossimità dei siti di riproduzione (attività agro silvo
pastorali, cacciatori, escursionisti e naturalisti)
e la carenza di pareti idonee alla nidificazione.
Nella competizione con il Pellegrino il Lanario
risulta in genere perdente, anche se quest’ultimo
sembra più adattabile e meno selettivo riguardo
ai siti: difatti sono state riscontrate nidificazioni
su calanchi a pochi metri di altezza dal suolo.
La disponibilità di risorse alimentari parrebbe
in ogni caso sostenibile e non causa limitante,
mentre la predazione dei nidi da parte di commercianti falconieri sempre rappresenta una
concreta minaccia, con il verificarsi nel recente
passato di alcuni episodi dubbi.
Altro fattore negativo di rilievo è costituito dalle
trasformazioni ambientali in atto in alcune aree
agricole dell’entroterra, dove l’impianto di vaste
colture specializzate (vigneti) sta causando la
perdita significativa di habitat idonei alla caccia,
come pascoli arborati, seminativi estensivi, zone
cespugliate ed incolti.
PELLEGRINO
La distribuzione del Pellegrino nella Toscana
meridionale, e segnatamente nella provincia di
Grosseto, pare soprattutto legata alla fascia costiera ed alle isole, con una consistenza accertata
nel 2003 di 16 coppie nidificanti. Il presente
contributo esclude, per carenza di una copertura
adeguata, il territorio della provincia di Livorno:
la specie pare comunque distribuita diffusamente
nelle isole dell’Arcipelago Toscano. La presenza
del Pellegrino, come nidificante, nella provincia
di Siena sembra al momento rivestire un carattere sporadico; abbastanza frequenti invece gli
individui svernanti.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
87
Guido Ceccolini, Fausto Fabbrizi, Riccardo Nardi
La dinamica della popolazione grossetana,
nell’ultimo decennio, pare sostanzialmente stabile od in leggero incremento, con una tendenza
alla colonizzazione di alcuni territori idonei nella
fascia collinare e montana dell’interno (4 delle
16 coppie accertate nel 2003), dove il Pellegrino
entra sistematicamente in competizione con il
Lanario riguardo ai siti di nidificazione; sono
almeno tre i casi accertati in cui questa “lotta”
ha causato il fallimento della nidificazione del
Lanario.
Riguardo ai fattori di minaccia, il principale
sembra consistere nel bracconaggio: particolarmente deleteria pare la caccia da appostamento
fisso, quando esercitata lungo le rotte migratorie
costiere ed insulari abitualmente frequentate dal
Pellegrino come da altri rapaci. Nel periodo
1997-2001 sono stati ricoverati 12 esemplari
nel Centro Recupero Animali Selvatici della
Maremma di Semproniano, di cui 7 impallinati
provenienti dalla costa (Passalacqua et al. 2001).
Il disturbo antropico ed il turismo balneare lungo
le coste, soprattutto nella stagione primaverile,
rappresentano un sicuro elemento di disturbo;
come nel caso del Lanario, la predazione dei nidi
da parte di commercianti falconieri senza scrupoli viene considerata una continua minaccia.
Anche le trasformazioni ambientali del territorio,
come l’intensivizzazione delle colture agricole e
la progressiva antropizzazione delle zone litoranee a vocazione turistica, costituiscono a nostro
parere cause limitanti di primo ordine.
Infine, la forte espansione del Gabbiano reale
(Larus cachinnans michahellis) potrebbe a
nostro avviso incidere negativamente, sia per
competizione alimentare (frequente predazione
dei piccoli uccelli in transito migratorio sulle
coste e sulle isole), sia per il possesso dei siti
di nidificazione (disponibilità limitata di pareti
idonee) od il possibile verificarsi di episodi di
aggressione, da parte del Gabbiano reale, nei
confronti di rapaci di varie specie.
Per la gentile collaborazione si ringraziano Beppe Anselmi, Gianni Chiancianesi, Fausto Corsi,
Pietro Giovacchini e Stefano Fanfani.
BIBLIOGRAFIA
Passalacqua L., Ceccolini G., Cenerini A. 2001. The
Impact of Human Activities on Raptors in Central Italy.
Abstract. 4th Eurasian Congress on Raptors. Siviglia, 25-29
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Fabbrizzi F. 1998. Accipitriformi e Falconiformi delle
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di Siena e Grosseto, inedito.
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana settentrionale
TOSCANA MERIDIONALE
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o
programmi di monitoraggio finanziati nel 2004
LANARIO
Province di Siena
e Grosseto, distretto
di Volterra
e Isola Gorgona
9265
Aree ad habitat
idoneo
1850
4
80
20
11
13
15
13-16
PELLEGRINO
Provincia di Siena
e Grosseto
8325
Aree ad habitat
idoneo
830
2
50
50
16
17
18
18-20
1
3
-
-
-
3
3
1
-
-
2*
-
2*
-
2*
12
Bracconaggio,
disturbo antropico,
saccheggio dei nidi
Modificazioni
ambientali, turismo
ambientale
Bracconaggio,
disturbo antropico,
saccheggio dei nidi
Modificazioni
ambientali, turismo
balneare
20
7
0
0
* = valore minimo - = dato non fornito
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
89
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Emilia Romagna
Mario Bonora1, Luca Bagni2, Angelo Battaglia3, Pierpaolo Ceccarelli1,
Mario Chiavetta4, Pierfrancesco Ferrari5, Mauro Ferri1, Dario Martelli6,
Maurizio Ravasini1, Lorenzo Rigacci6, Stefano Schiassi7
ASOER, Assoc. Ornitologi dell’Emilia-Romagna, via Massa-Rapi 3, 40064 Ozzano dell’Emilia (BO)
2
via Gambizzi 11, 42020 Rivalta di Reggio Emilia (RE)
3
Provincia di Piacenza, Polizia Provinciale,via Garibaldi 50 29100 Piacenza
4
via Croara 4, 40068 S.Lazzaro di Savena (BO)
5
Dipartimento di Neuroscienze Università di Parma, via Volturno 39 43100 Parma
6
Provincia di Bologna, Unità speciale Corpo di Polizia Provinciale, via Malvasia 6, 40131 Bologna
7
via Emilia Ponente 252, 40139 Bologna
1
INQUADRAMENTO DEL TERRITORIO
Della superficie dell’Emilia-Romagna (20.265
km2) solo 8315 Km2 comprendono aree collinari
e montane che rappresentano l’habitat delle tre
specie in oggetto. I rilievi costituiscono la catena dell’Appennino Tosco-Emiliano, orientata
in senso NO-SE, il cui versante settentrionale
Emiliano-Romagnolo, meno acclive, digrada
verso la Pianura Padana. Poche cime superano
i 2000 metri (M. Prato, Alpe di Succiso, M.
Cimone, M. Cusna). Sono distinguibili tre zone
parallele: 1) la catena assiale dell’Alto Appennino le cui sommità nella parte emiliana (dal
confine amministrativo al Corno alle Scale) sono
occupate da praterie, favorite nel passato dai
pastori che estendevano con il fuoco i pascoli,
2) la zona intermedia di bassa montagna e alta
collina in cui emergono formazioni importanti
per la nidificazione come la Pietra di Bismantova,
il Contrafforte Pliocenico bolognese, la Vena dei
Gessi romagnoli, S. Marino e numerose altre, 3)
la zona di bassa collina prossima alla pianura
soggetta a formazione di calanchi per i disboscamenti eccessivi dei secoli scorsi. I rapaci rupicoli
trovano in questo ambiente buone possibilità di
nidificazione, e nel caso dell’Aquila reale, ampi
territori di caccia particolarmente sulle praterie
di crinale e nelle fasce collinari calanchive.
AQUILA REALE
Sono note 9 coppie nidificanti; la popolazione
è stabile (Chiavetta 2001) o in leggero incremento. La specie si riproduce preferibilmente
nella parte medio-alta dell’Appennino, a quote
di 800-1000 m s.l.m. ma è presente in tutta la
fascia collinare e montana, in quanto un elevato
numero di immaturi non territoriali frequenta
regolarmente le aree seminaturali adatte alla
caccia fino al limite della pianura. L’habitat
della specie è indagato in maniera soddisfacente
e si può stimare che almeno l’80% dell’area
sia monitorata annualmente da parte di circa 8
rilevatori particolarmente dedicati. Sono possibili altre 2-3 coppie (una in Romagna e 1-2 in
Emilia) di cui non sono noti i siti di nidificazione. I siti sono rappresentati spesso da rocce di
ridottissime dimensioni, a volte completamente
nascoste dalla vegetazione arborea. è nota una
coppia che ha nidi alternativi su una piccola
roccia e su alberi.
I fattori di minaccia per la specie sono rappresentati dal bracconaggio (due abbattimenti di
subadulti noti dal 2000, una cattura di un subadulto in una tagliola negli anni 90), disturbo al
nido (escursionisti, fotografi). Noti due episodi
di folgorazione di giovani contro linee elettriche
appena dopo l’involo, nel Piacentino (Battaglia
2002) e nel Forlivese. Minacce potenziali sono
l’apertura di cave in prossimità dei siti di nidificazione, lavori forestali vicino ai nidi (un caso di
abbandono della cova per ceduazione nel 2003)
e, più grave, la realizzazione eventuale di impianti eolici i cui studi di fattibilità coinvolgono
la maggior parte dei territori occupati. Anche la
riforestazione spontanea o artificiale dei terreni
montani abbandonati costituisce una perdita di
habitat significativa (Watson 1997; Pedrini e
Sergio 2001; Fasce e Fasce 2003).
La protezione della specie è insufficiente. Due
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
91
Mario Bonora, Luca Bagni, Angelo Battaglia, Pierpaolo Ceccarelli, Mario Chiavetta, Pierfrancesco Ferrari,
coppie nidificano in siti sprovvisti di alcuna
tutela; solo 5 in aree di Parco Nazionale o
Regionale; le 2 restanti ricadono in IBA o
aree della Rete Natura 2000, che di per se non
comportano limitazioni ad esempio dell’attività
venatoria.
LANARIO
La consistenza accertata per il 2003 è di 3
coppie. L’Appennino Emiliano-Romagnolo è
al limite settentrionale dell’areale del Lanario,
la cui presenza è nota dagli anni 70 (Bonora e
Chiavetta 1975). Ad un primo periodo di circa
20 anni durante i quali poche coppie si sono
riprodotte regolarmente in provincia di Bologna,
irregolarmente in province emiliane e una volta
in Val Marecchia, ha fatto seguito un periodo di
circa un decennio in cui la specie era osservata
saltuariamente presso falesie precedentemente
occupate senza però prove di riproduzione. I
siti di nidificazione noti erano stati occupati in
gran parte dal Pellegrino, che tuttavia non esclude completamente il Lanario come dimostrano
vari episodi di riproduzione contemporanea di
entrambe le specie sulla stessa falesia. Al termine
degli anni 90 una coppia si è insediata stabilmente su una parete precedentemente occupata,
seguita successivamente da 1 o 2 altre coppie
in altre aree (Martelli e Rigacci 2003).
Rispetto al Pellegrino dimostra maggiore propensione a cambiare i siti riproduttivi: a volte
coppie insediate su una determinata falesia su cui
si sono riprodotte con successo si spostano nella
stagione successiva senza motivo apparente.
L’areale della specie è rappresentato dalla fascia
collinare, fino ad altitudini di 6-800 m s.l.m.
Rispetto al Pellegrino si adatta anche a pareti
di minori dimensioni.
Fattori di minaccia sono rappresentati dal bracconaggio (due immaturi trovati feriti dal 2000 nel
Riminese e nella pianura bolognese) e dal disturbo
al nido (fotografi, escursionisti). Una delle coppie
attuali si trova su parete idonea all’arrampicata.
Si è accertato in un caso predazione da parte del
Gufo reale (Bubo bubo), fatto eccezionale data
l’estrema rarità della specie. Lo stato di protezione è insoddisfacente: solo una delle 3 coppie
presenti nel 2003 ricade in un SIC.
92
PELLEGRINO
Sono accertate 45 coppie nidificanti; la popolazione ha subito un marcato incremento negli
ultimi anni, evidente dove lo sforzo di monitoraggio è stato costante. Nella provincia di Bologna ad esempio era presente una sola coppia
ad inizio anni 70; la popolazione è cresciuta poi
assestandosi per lungo tempo a valori di circa 5
coppie. A metà anni 90 all’inizio dei rilevamenti
per l’Atlante Provinciale dei nidificanti erano
presenti 7 coppie con altre in via di insediamento
(Tinarelli et al. 2002). Dal 1999 si è assistito
al passaggio da 11 coppie alle 19 del 2003 con
un incremento di 1-3 all’anno.
L’areale della specie comprende attualmente
tutta la fascia collinare e montana; è evidente la
tendenza ad espandersi verso zone ad altitudini
maggiori e soprattutto verso ambienti antropizzati. Una coppia si riproduce regolarmente su
un palazzo del Distretto Fieristico di Bologna,
una su una ciminiera di una centrale elettrica a
Piacenza, una di cui non si conosce l’eventuale
sito riproduttivo frequenta il centro storico di
Modena, una è stata osservata accoppiarsi nel
centro storico di Bologna, 1-2 adulti frequentano
il centro storico di Forlì.
La specie è monitorata intensivamente in provincia di Piacenza, Parma, Modena, Bologna, Forlì
e Repubblica di S. Marino. Nel 20% dell’areale
potenziale la copertura è da considerare non
soddisfacente. La consistenza stimabile in base a
queste considerazioni è intorno alle 60 coppie.
I fattori di minaccia sono il bracconaggio (un
giovane dell’anno abbattuto in prossimità del
sito nel 2002) e in grado minore disturbo ai
nidi (arrampicate, fotografia, escursionismo) data
la sostanziale adattabilità del Pellegrino come
dimostrano le nidificazioni in ambenti urbani.
Per i nidificanti in condizioni sinantropiche,
sussiste l’elevato rischio di malattie infettive e
parassitarie (un giovane morto a Bologna per
Trichomoniasi) trasmesse dal Piccione domestico che rappresenta l’80% della biomassa su
un campione di prede raccolte in centri urbani
(Ceccarelli et al. 2003). Lo stato di protezione
della specie è solo parzialmente soddisfacente.
Delle coppie possibili 22 non ricadono in alcuna
forma di area protetta; le tipologie di area protetta più frequenti sono Oasi di Protezione (12
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Emilia Romagna
coppie), Parco Regionale (9), Riserva regionale
(4). In misura minore contribuiscono Parchi
Nazionali, IBA e Rete Natura 2000.
STUDI E PROGRAMMI DI MONITORAGGIO
Le conoscenze attuali derivano in larga misura
da attività volontaristica non finanziata. L’Amministrazione Provinciale di Bologna tramite
la Sezione Fauna e Flora Protetta della Polizia
Provinciale, e quella di Piacenza sempre attraverso la Polizia Provinciale, dedicano a tempo
parziale personale dipendente al monitoraggio
delle popolazioni di Lanario e di Pellegrino.
Ringraziamenti. Un monitoraggio su un’area
così estesa non potrebbe aver luogo senza la
collaborazione di numerosi osservatori. Si ringraziano in particolare M. Casadei, L. Casini, C.
Ciani, M. Colombari, G. Cristiani, G. Fontanesi,
U. Fusini, G. Leoni, G. Nini, D. Palumbo, A.
Suzzi Valli, N. Toscani per aver messo a disposizione i risultati del loro lavoro.
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(1): 10-13.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
93
Mario Bonora, Luca Bagni, Angelo Battaglia, Pierpaolo Ceccarelli, Mario Chiavetta, Pierfrancesco Ferrari,
EMILIA ROMAGNA
AQUILA REALE
LANARIO
PELLEGRINO
Regione Emilia Romagna Regione Emilia Romagna Regione Emilia Romagna
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Superficie dell’area di studio intensiva (km )
2
20265
20265
20265
Appennino
Appennino
Appennino
emiliano-romagnolo
emiliano-romagnolo
emiliano-romagnolo
8315
6000
8315
Numero di operatori impegnati con continuità
8
7
12
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
90
40
80
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
10
60
20
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
9
3
45
Consistenza probabile della popolazione al 2003
11
3
47
Consistenza possibile della popolazione al 2003
11
4
47
Consistenza stimata della popolazione al 2003
12
6
61
2
0
2
0
0
0
3
0
9
0
0
4
0
0
12
2
1
6
4
0
9
1
0
6
Bracconaggio, linee
Disturbo al nido,
Disturbo al nido,
elettriche, disturbo
bracconaggio
bracconaggio
riforestazione
-
-
0
50
35
0
50
35
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
al nido
Principali fattori di minaccia potenziali
Impianti eolici,
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
94
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus nelle Marche
Paolo Perna1, Jacopo Angelini2, Luigi Armentano3, Gianni Cristiani4,
Carla Gambaro5, Mauro Magrini5, Massimo Pandolfi6, Bernardino Ragni7
Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra 2, 62010 Urbisaglia (MC)
2
via Berti 4, 60044 Fabriano (AN)
3
via Toniolo 8, 06083 Bastia Umbra (PG)
4
via Albini 6, 47835 Saludecio (RN)
5
OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario 9, 06049 Spoleto (PG)
6
Istituto di Scienze Morfologiche, Sezione di Zoologia, Università degli Studi di Urbino, via Oddi 21, 61029 Urbino
7
Dip. di Biologia Cellulare e Ambientale, Università degli Studi di Perugia, via Elce di Sotto, 60123 Perugia
1
Il monitoraggio delle popolazioni di Aquila reale, Lanario e Pellegrino nelle Marche è iniziato,
in modo sistematico, già alla fine degli anni 70.
Le indagini che da allora si sono susseguite
hanno coinvolto, con diverso livello di approfondimento e regolarità, l’intero territorio regionale
che per questa ragione può essere considerato
come area di studio estensiva.
La regione, dalla morfologia apparentemente
semplice, in realtà presenta numerose articolazioni che danno origine a zone con differente
grado di idoneità per le tre specie in oggetto. La
parte occidentale è caratterizzata dalla dorsale
appenninica che fino al valico di Bocca Serriola, nel pesarese, si presenta boscosa e povera
di pareti rocciose per la sua natura marnosoarenacea. Con il massiccio del Monte Nerone
inizia il sistema calcareo che caratterizza tutta
la regione fin quasi al confine meridionale.
In realtà le dorsali calcaree sono almeno due,
quella umbro-marchigiana, che segna il limite
occidentale della regione ed è in larga parte
condivisa con l’Umbria, e quella marchigiana,
più orientale e più bassa, non superando mai
i 1500 m s.l.m. Le due dorsali si fondono nei
Monti Sibillini dove l’Appennino marchigiano
raggiunge la sua quota massima con i 2476 m
del M. Vettore. A sud dei Sibillini, al confine
con l’Abruzzo ed il Lazio, il substrato ritorna
marnoso-arenaceo con i Monti della Laga che
superano anch’essi i 2000 m. Accanto a queste
dorsali principali se ne trovano altre meno estese
ed isolate, come ad esempio quella del Furlo
nel pesarese o quella di Cingoli nel maceratese.
Ad oriente di queste aree montane si estendono
ampie zone collinari dalle morfologie dolci, per
lo più argillose ed intensamente coltivate, poco
adatte alla nidificazione delle tre specie. Tuttavia questo quadro cambia in modo abbastanza
significativo nelle porzioni più settentrionali e
meridionali della regione. Qui, in particolare
nei bacini del Marecchia, Conca e Foglia in
provincia di Pesaro e Urbino e nel territorio
del fermano e dell’ascolano, sono più o meno
frequenti affioramenti di substrati più consistenti, in particolare arenarie, che danno luogo a
pareti verticali in alcuni casi anche di notevole
altezza. Da ultimo la zona costiera che sebbene
caratterizzata da un litorale in larghissima parte
basso e sabbioso presenta due interessanti tratti
con falesie rispettivamente a nord di Pesaro (San
Bartolo) e a sud di Ancona (Conero).
AQUILA REALE
I territori potenzialmente idonei all’Aquila reale
nelle Marche sono limitati alle sole dorsali montane. In particolare per la concomitante presenza
di aree rupestri ed ampie praterie, la popolazione
nidificante sembra allo stato attuale essere quasi
tutta concentrata nella porzione calcarea il cui
grado di copertura è da considerarsi buono. Nella
parte settentrionale della regione, che come detto
appare meno adatta, la specie, seppur osservata
con una certa regolarità, non sembra riprodursi.
Il grado di copertura di questa zona è comunque
scarso ad esclusione dell’area del Parco Naturale dei Sassi Simone e Simoncello e dell’alta
Valle del Marecchia dove è buono. Queste aree,
poste al confine con Emilia Romagna e Toscana
sono comunque a brevissima distanza da siti di
riproduzione ricadenti in queste regioni.
Complessivamente nel territorio delle Marche
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
95
Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Gianni Cristiani,
Carla Gambaro, Mauro Magrini, Massimo Pandolfi, Bernardino Ragni
il numero di coppie territoriali è stimato in 15.
Il sistema di aree protette e Siti Natura 2000,
appare in generale congruo con le esigenze di
conservazione della specie. Il 71% delle coppie
possibili si trova all’interno di aree protette, con
i Parchi Nazionali (Monti Sibillini e Gran SassoMonti della Laga) che ne ospitano oltre metà
(8/14). Anche la Rete Natura 2000 ha tenuto
in considerazione la specie, se si considera che
rispettivamente 11 e 12 delle 14 coppie possibili
si trovano all’interno di pSIC e ZPS.
Allo stato attuale i principali fattori di minaccia
sono da individuarsi nell’abbandono delle attività
tradizionali, che ha innescato, soprattutto nei
massicci montani più piccoli, evidenti fenomeni
di ricolonizzazione delle aree aperte da parte
della vegetazione legnosa, con conseguente riduzione dei territori di caccia più idonei, nello
sviluppo incontrollato di attività di fruizione
all’area aperta e localmente nella presenza di
linee elettriche e nella pressione venatoria eccessiva sulle specie preda (Lepre).
Nel futuro a breve e medio termine le minacce
più incombenti sono la proliferazione incontrollata degli impianti eolici e le ventilate ipotesi
di prolungamento del calendario venatorio fino
al 28 febbraio, periodo in cui le coppie sono
ormai in pieno periodo riproduttivo.
LANARIO
Per il Lanario valgono molte delle considerazioni
più avanti fatte per il Pellegrino, a cominciare
dalla definizione dell’area di studio intensiva.
Ovviamente, viste le caratteristiche ecologiche
della specie, le aree idonee risultano più limitate, dovendo escludere le porzioni più interne
della catena appenninica. Il grado di copertura
può essere considerato lo stesso del Pellegrino,
anche se il monitoraggio di questa specie risulta, allo stato attuale, più complesso sia perché
si può rinvenire anche in siti con pareti molto
piccole e nascoste, sia perché l’occupazione
dei territori sembra essere molto meno stabile
rispetto al congenere.
Allo stato attuale si possono stimare nelle Marche circa 15 territori occupati. La specie sembra comunque attraversare una fase di intenso
dinamismo, con l’abbandono di siti occupati da
96
anni ed il rinvenimento di nuovi territori. Pur
non volendo fare nessuna congettura in merito
ai rapporti tra le due specie, sembra comunque
utile segnalare che in tutti i casi di abbandono
noti i siti sono stati immediatamente occupati
dal Pellegrino.
Dei 13 territori possibili 6 (46%) sono all’interno
di aree protette, in particolare parchi regionali,
mentre il 69% e il 61% sono rispettivamente
all’interno di pSIC e ZPS. Complessivamente
il grado di protezione che questi ultimi garantiscono alla specie può quindi essere considerato
buono. Per le aree protette va segnalato come la
tendenza ad individuarle in aree montane riduca
la loro efficacia per questa specie.
I fattori di minaccia sono gli stessi più avanti
indicati per il pellegrino ma va sottolineato che,
per le caratteristiche dei siti di nidificazione, le
palestre di roccia e le reti paramassi possono incidere sul lanario in modo molto più significativo.
In particolare, se si ipotizza una competizione
per i siti di nidificazione tra le due specie, anche
interventi su pareti non occupate possono essere
di estrema gravità, riducendo la possibilità per
il lanario di trovare siti alternativi.
PELLEGRINO
La distribuzione del Pellegrino nelle Marche
è molto più ampia di quella dell’Aquila reale,
interessando tutti i territori per essa descritti.
L’area di studio intensiva comprende quindi,
oltre alla dorsale appenninica, le medie valli
del Marecchia, Conca e Foglia a nord, le aree
collinari dell’ascolano e del fermano e i due
tratti di costa alta presenti nella regione.
Il grado di copertura delle diverse aree è disomogeneo. Può essere considerato buono per la
dorsale appenninica calcarea, per le aree costiere,
per la Valle del Marecchia e per parte delle
colline ascolane; è invece ancora scarso per le
restanti zone adatte alla specie.
La popolazione stimata ammonta a circa 80
coppie. La grande diffusione della specie ha
reso sempre più difficile, in assenza di appositi finanziamenti, un monitoraggio regolare
dei diversi territori, come emerge anche dalla
differenza significativa tra coppie accertate,
probabili e possibili.
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nelle Marche
Il sistema delle aree protette allo stato attuale tutela circa un terzo dei territori possibili
(21/61) di cui ben 12 nel solo Parco Nazionale
dei Monti Sibillini. Decisamente maggiore è il
numero di quelli compresi all’interno di pSIC
(36/61 pari 59%) e soprattutto di ZPS (43/61
pari al 70%) dimostrando in questo modo come,
disponendo di informazioni puntuali, l’individuazione degli strumenti di tutela possa essere
molto più efficace.
Le minacce che attualmente gravano sulla specie,
pur tenendo conto che la popolazione ad oggi è
certamente in buona salute, sono in parte le stesse
già descritte per l’aquila reale. Vanno aggiunte la
realizzazione di sempre nuove palestre di roccia,
che rendono praticamente non idonee le pareti
più piccole, e la crescente proliferazione degli
interventi con reti paramassi.
Ringraziamo chi ha consentito di integrare i
dati raccolti e fornire questo quadro delle tre
specie nelle Marche, in particolare Annibale e
Giorgio Marini, il Coordinamento Territoriale
per l’Ambiente (CFS) del Parco Nazionale dei
Monti Sibillini, Marco Borioni, Laurent Sonet
e Alessandro Tanferna.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
97
Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Gianni Cristiani,
Carla Gambaro, Mauro Magrini, Massimo Pandolfi, Bernardino Ragni
MARCHE
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
98
AQUILA REALE
LANARIO
PELLEGRINO
Regione Marche
9700
Dorsali
appenniniche
3100
5
80
20
11
13
14
15
Regione Marche
9700
Dorsali appenniniche,
aree collinari marnosoarenacee dell’ascolano
aree collinari delle
valli del Foglia,
Conca e Marecchia
6100
5
65
35
10
12
13
15
Regione Marche
9700
Dorsali appenniniche,
aree collinari marnosoarenacee dell’ascolano,
aree collinari delle
valli del Foglia,
Conca e Marecchia
6100
5
65
35
40
54
63
80
8
1
12
1
1
1
1
4
8
0
0
0
0
0
0
11
9
36
12
8
44
11
2
22
Sviluppo di vegetazione
legnosa nelle aree aperte,
assenza/scarsità di specie
preda abbattimenti, linee
elettriche, escursionismo,
deltaplano, parapendio
caccia fotografica
e bird watching
Impianti eolici,
prolungamento della
stagione venatoria
Palestre di roccia,
abbattimenti, linee
elettriche, reti
paramassi e altri
interventi sulle
pareti rocciose,
caccia fotografica
e bird watching
Impianti eolici,
prolungamento della
stagione venatoria
Palestre di roccia,
abbattimenti, linee
elettriche, reti
paramassi e altri
interventi sulle
pareti rocciose,
caccia fotografica
e bird watching
Impianti eolici,
prolungamento della
stagione venatoria
60
33
31
47
33
31
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Umbria
Mauro Magrini1, Jacopo Angelini2, Luigi Armentano3,
Carla Gambaro1, Paolo Perna4, Bernardino Ragni5
OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario 9, 06049 Spoleto (PG)
2
via Berti 4, 60044 Fabriano (AN)
3
via Toniolo 8, 06083 Bastia Umbra (PG)
4
Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra 2, 62010 Urbisaglia (MC)
5
Dip. di Biologia Cellulare e Ambientale, Università degli Studi di Perugia, via Elce di Sotto, 60123 Perugia
1
AQUILA REALE
Ricerche mirate sull’Aquila reale in Umbria
sono cominciate intorno al 1970 (Ragni 1976)
ed hanno successivamente coinvolto anche il
territorio marchigiano, rivolte al censimento della
specie nell’intero Appennino umbro-marchigiano
(Armentano 1980) e allo studio di aspetti comportamentali (Magrini 1982). I risultati sono stati
nel tempo restituiti in diversi contributi (Ragni
et al. 1986; Magrini et al. 1987, 2001; Magrini
1995). Più recentemente le indagini sono state
inquadrate nel “Monitoraggio degli uccelli nidificanti in aree rupestri 2000-2002”, promosso e
sostenuto dall’Osservatorio Faunistico Regionale
della Regione dell’Umbria (Magrini, dati non
pubbl.).
Le ricerche sono state svolte essenzialmente
nella fascia orientale della regione, a confine
con Marche e Lazio, caratterizzata da rilievi
calcarei con boschi di versante, pareti rocciose
e praterie sommitali, da radi insediamenti abitati
ed aree coltivate. La maggior parte del territorio umbro con habitat idoneo all’Aquila reale
corrisponde ai rilievi di Valnerina, Spoletino e
Ternano e prosegue verso nord, meno ampio,
ad est della Via Flaminia, nei monti tra Nocera
Umbra, Gualdo Tadino e il Valico di Scheggia.
Nella restante parte della regione, segnata da
estesi fondovalle antropizzati e rilievi collinarimontani anche marnoso-arenacei, la specie è
stata osservata solo occasionalmente.
Nel periodo 1970-2003 la consistenza della popolazione è rimasta invariata, pari a due coppie
territoriali entrambe localizzate nei massicci
montuosi della Valnerina, tra Spoleto e Norcia
(PG), dove fino agli anni 60 del secolo scorso
si riproducevano almeno altre 3 coppie. L’estesa
dorsale tra M. Moricone, M. Patino e Forca
Canapine (versante umbro del Parco Nazionale
dei Monti Sibillini) risulta anche oggi così intensamente frequentata dall’Aquila reale da far
ipotizzare l’esistenza di una “propria” coppia
territoriale della quale non è stata tuttavia accertata la riproduzione in tempi recenti. Oltre
ciò va sottolineato che tutti i rilievi orientali
della regione risultano frequentati dalla specie:
individui adulti e immaturi, singoli o in coppia,
vengono regolarmente osservati anche in aree
notevolmente distanti (oltre 30 km) dai territori
di nidificazione delle due coppie accertate, fino
all’estremo settentrionale dell’appennino umbro
ai confini con la provincia di Pesaro. Buona
parte di queste osservazioni vanno ascritte agli
individui di 3 coppie nidificanti in territorio
marchigiano a breve distanza dal confine con
l’Umbria (tra 150 e 2500 metri).
Le due coppie accertate posseggono i propri
territori di nidificazione, e parzialmente anche
le aree preferenziali di caccia, all’interno di
altrettanti SIC, ma al di fuori di ZPS o IBA
La mancata istituzione del Parco Regionale del
Coscerno-Aspra, già previsto dal Piano Urbanistico Territoriale dell’Umbria del 1982, non
ne ha invece consentito l’inclusione in un’area
protetta ai sensi della Legge 394.
I principali fattori che affliggono la popolazione
umbra di Aquila reale, e verosimilmente ne impediscono il ritorno alla consistenza pregressa,
appaiono lo sviluppo incontrollato di vegetazione
arbustiva ed arborea su pascoli e prati montani,
la scarsa disponibilità di specie-preda e in particolare di ungulati selvatici, gli abbattimenti con
arma da fuoco, il disturbo derivante da attività
turistico-ricreative (escursionismo, deltaplano
e parapendio) non regolamentate allo scopo
e favorite da una capillare rete di strade di
montagna. La più grave minaccia potenziale è
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
99
Mauro Magrini, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro, Paolo Perna, Bernardino Ragni
senz’altro la ventilata installazione di impianti
eolici sulle praterie alto-collinari e montane
della regione.
LANARIO E PELLEGRINO
Studi specifici sulle due specie in Umbria sono
stati avviati dai primi anni 80 del secolo scorso,
limitati alla definizione di consistenza e tendenza
delle popolazioni (Magrini e Armentano 1994,
2001). Particolare attenzione alle due specie è
stata dedicata nel già citato “Monitoraggio degli
uccelli nidificanti in aree rupestri 2000-2002”.
L’habitat tipico di Lanario e Pellegrino si riscontra in particolare nel rilievo orientale calcareo
dove sono molto diffuse le pareti rocciose utilizzabili per la nidificazione. Queste ultime tuttavia
si rinvengono anche in altre parti dell’Umbria: in
alcuni rilievi calcarei isolati dalle principali dorsali dell’Appennino umbro (Monti di Gubbio, M.
Tezio e M. Acuto a nord di Perugia, M. Peglia),
nonché in aree con substrato marnoso-arenaceo,
sabbioso-argilloso o tufaceo (Orvietano).
La consistenza del Lanario sembra aver subito
un decremento negli ultimi 10 anni. I siti in
cui in almeno un anno è stata osservata una
coppia in attività riproduttiva sono 9. Il numero più alto di coppie accertate nella stessa
stagione è 5 (2000), sceso successivamente a 4
(2001 e 2002) e infine a 3 (2003). Anche qui,
come in altre regioni, non è dato sapere se le
coppie “assenti” siano realmente scomparse o
semplicemente trasferitesi in altri siti. La competizione “vincente” del Pellegrino per il sito
è considerata una possibile causa, ma talvolta
coppie delle due specie hanno nidificato con
successo a meno di 400 metri l’una dall’altra,
e in un caso è stato il Lanario ad occupare un
sito precedentemente utilizzato dal Pellegrino.
Tutti i 9 siti di Lanario noti sono localizzati nella
parte calcarea meridionale della regione (monti
di Valnerina, Spoletino e Ternano, alte colline
tra Todi e Orvieto. Circa il 50% del territorio
umbro con habitat da Lanario è da considerare
insufficientemente indagato. Una possibile stima
della popolazione ammonta a 12 coppie.
Fino al 1999 erano note 16 coppie nidificanti
100
di Pellegrino. L’approfondimento delle ricerche
dovuto al citato programma di monitoraggio dei
rupicoli ha consentito, nel periodo 2000-2003, di
accertare un totale di 27 coppie; considerando
che anche per il Pellegrino la copertura è giudicata sufficiente per non più del 50% del territorio
idoneo, si stima una consistenza regionale di
circa 40 coppie. L’incremento della popolazione
è almeno in parte sicuramente reale, in quanto
molte “nuove” coppie sono state osservate in
siti precedentemente risultati non occupati. Solo
un sito di quelli già noti negli anni 90 appare
definitivamente abbandonato, verosimilmente
per imponenti opere di messa in sicurezza delle
pareti rocciose; contestualmente, tuttavia, due
nuovi siti occupati sono stati rilevati a 1,9 e 3,5
km di distanza. Oltre a tutta la fascia orientale
della regione (il grosso dei massicci calcarei),
il Pellegrino occupa anche “isolati” rilievi altocollinari e montani ove siano presenti anche
modeste pareti rocciose utili alla nidificazione.
In alcune zone della regione si rilevano notevoli
concentrazioni di coppie nidificanti e distanze
piuttosto ridotte tra i loro siti di riproduzione,
fino ad appena 1,5 km (Bassa Valnerina e Spoletino, Parco regionale di M. Cucco). Una coppia
si riproduce in una cava dismessa di calcare. La
specie è inoltre osservata con relativa frequenza
anche in aree urbane, utilizzate come ambiti di
caccia (Spoleto, Foligno, Perugia).
Solo un sito di Lanario e 5 di Pellegrino ricadono all’interno di Parchi regionali; appena 3
dei 9 siti di Lanario e 6 dei 28 di Pellegrino
ricadono in ZPS, mentre una sola “coppia” di
entrambe le specie ricade in IBA.
Le opere di messa in sicurezza delle pareti rocciose (in particolare l’apposizione di “reti paramassi”) e la capillare diffusione delle attività di
arrampicata che ormai interessano anche isolate
pareti calcaree, sono considerate le due più gravi
minacce incombenti sulle popolazioni umbre di
Lanario e Pellegrino. L’eventuale realizzazione
di impianti eolici sulle praterie alto-collinari e
montane della regione costituirebbe un ulteriore
e grave fattore di rischio per entrambe le specie,
osservate frequentare regolarmente tali ambiti
per esigenze trofiche.
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Umbria
BIBLIOGRAFIA
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Umbro-Marchigiano. Tesi di Laurea, Università degli
Studi di Perugia.
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Magrini M., Perna P., Angelini J., Armentano L. 2001.
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Premier Colloque International sur l’Aigle Royal en Europe.
Maison de la Nature, Briancon: 29-32.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
101
Mauro Magrini, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro, Paolo Perna, Bernardino Ragni
UMBRIA
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
102
AQUILA REALE
LANARIO
PELLEGRINO
Regione Umbria
8456
Tutti i rilievi
montani
2500
3
80
20
2
2
2
3
Regione Umbria
8456
Rilievi medio-alto
collinari e montani
6000
3
50
50
3
4
9
12
Regione Umbria
8456
Rilievi medio-alto
collinari e montani
6000
3
50
50
19
27
28
40
0
1
1
0
0
0
0
1
5
0
0
0
0
0
1
2
4
16
0
3
6
0
1
1
Sviluppo di vegetazione legnosa nelle
aree aperte, assenza/
scarsità di specie
preda abbattimenti,
linee elettriche,
escursionismo, deltaplano, parapendio
caccia fotografica e
bird watching
Impianti eolici,
prolungamento della
stagione venatoria
Palestre di roccia,
abbattimenti, linee
elettriche, reti
paramassi e altri
interventi sulle
pareti rocciose,
caccia fotografica
e bird watching
Palestre di roccia,
abbattimenti, linee
elettriche, reti
paramassi e altri
interventi sulle
pareti rocciose,
caccia fotografica
e bird watching
Impianti eolici,
prolungamento della
stagione venatoria
Impianti eolici,
prolungamento della
stagione venatoria
100
75
75
100
75
50
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus nel Lazio
Massimo Brunelli1, Stefano Allavena2, Fabio Borlenghi2,
Luigi Corsetti2, Stefano Fanfani2, Felice Simmi1
1
S.R.O.P.U., Via Britannia 36, 00183 Roma
A.L.T.U.R.A., Via degli Estensi 165, 00164 Roma
2
INTRODUZIONE
RISULTATI E DISCUSSIONE
L’evoluzione dello status delle popolazioni di
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nidificanti nel
Lazio è ben documentata grazie alle indagini
condotte a partire dagli anni 80 (Di Carlo 1980;
Allavena et al. 1987; SROPU 1987; Bassi e Brunelli 1991; 1995; Borlenghi 1992; Zocchi 1992;
Boano et al. 1995; Borlenghi e Corsetti 1996;
2002; Corsetti 1996; 2003; Allavena e Brunelli
2003; Borlenghi e Corsetti in stampa; Brunelli
in stampa; Corsetti e Fusacchia in stampa).
La presente indagine si inquadra nell’ottica di aggiornare lo status di queste tre specie nell’ambito
delle azioni di monitoraggio, ritenute necessarie
per la loro conservazione (LIPU e WWF 1999),
nonché di verificare se l’attuale sistema delle
aree protette sia efficace per la conservazione
dei territori di nidificazione.
Aquila reale. Il territorio dell’area di studio
nel quale ricade l’habitat potenzialmente idoneo
alla presenza della specie è di circa 3.800 km2
e si sviluppa in modo continuo lungo la dorsale
appenninica, dai Monti della Laga a nord alle
Mainarde a sud, interessa poi i massicci isolati
del Monte Cairo, dei Monti Lepini e dei Monti
Aurunci. Attualmente la presenza dell’Aquila
reale come nidificante è limitata alla dorsale
appenninica.
La popolazione nidificante è costituita da 7
coppie che occupano i gruppi montuosi dei Reatini, dei Lucretili, dei Simbruini, degli Ernici,
della Meta e del sottogruppo del Cornacchia.
Sui Monti della Laga è possibile la presenza di
un’ulteriore coppia. I massicci dei Lepini, degli
Aurunci e del Cairo risultano frequentati solo
occasionalmente, pur mantenendo habitat ancora
idonei alla presenza della specie (Borlenghi e
Corsetti 1996; in stampa; Corsetti 1996).
Dopo il calo registrato tra gli anni 60 e 70 la
popolazione da circa quindici anni è sostanzialmente stabile. Tra i fattori limitanti che
impediscono la ricolonizzazione di nuove aree
pesano particolarmente gli abbattimenti illegali,
l’avvelenamento, il disturbo legato ad attività
antropiche e la pressione venatoria sulle specie
preda, in particolare sulla Lepre (Borlenghi 1992;
Borlenghi e Corsetti 2002).
Delle 7 coppie certe solo 3 occupano territori
che godono di una forma di protezione soddisfacente ricadendo una in un Parco Nazionale
e due in Parchi Regionali. Adeguata invece
l’individuazione delle IBA e delle ZPS che coprono tutte le aree attualmente interessate alla
presenza della specie.
Per una più efficace azione di tutela dell’Aquila
reale sarebbe auspicabile quanto meno l’applicazione del divieto di attività venatoria nelle aree
IBA e ZPS. Positivo in questo senso la recente
AREA DI STUDIO E METODI
Le indagini hanno riguardato tutte le aree idonee
alla presenza dell’Aquila reale, del Lanario e
del Pellegrino nel Lazio. I sopralluoghi si sono
svolti nel periodo più idoneo al rinvenimento
delle specie presso i siti di nidificazione, da
gennaio a luglio per l’Aquila reale, da febbraio a maggio per il Lanario e per il Pellegrino.
Sono state inoltre raccolte le segnalazioni di
numerosi ornitologi e consultata la bibliografia
disponibile.
Sono state considerate certe le coppie osservate in display territoriale o intente nell’attività
riproduttiva. Individui adulti isolati in aree
potenzialmente idonee alla nidificazione sono
stati considerati come coppia possibile.
Tutti i siti sono stati riportati su base cartografica IGM 1:25.000 ed è stata quindi rilevata la
presenza e la tipologia degli eventuali vincoli
di protezione esistenti sul territorio.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
103
Massimo Brunelli, Stefano Allavena, Fabio Borlenghi, Luigi Corsetti, Stefano Fanfani, Felice Simmi
istituzione del Parco Regionale dei Monti Aurunci; iniziative analoghe andrebbero intraprese
anche per i Monti Lepini e per il comprensorio
Monte Cairo - Gole del Melfa.
nella pianificazione per la realizzazione di aree
protette. Una importante tappa sarà costituita
dall’emanazione del Piano d’Azione Nazionale
curato dall’INFS.
Lanario. Il territorio dell’area di studio nel
quale ricade l’habitat potenzialmente idoneo
alla presenza della specie è di circa 7.800 km2
e si sviluppa nelle aree collinari dell’Alto Lazio, lungo la dorsale appenninica e nei gruppi
montuosi dei Lepini, degli Ausoni, degli Aurunci
e del Cairo.
La popolazione nidificante è costituita da 5-7
coppie, di queste 3-5 sono distribuite nelle aree
collinari dell’Alto Lazio, una coppia è nota per
l’Appennino centrale e una per l’Antiappennino meridionale (Brunelli in stampa; Corsetti e
Fusacchia in stampa).
Il Lanario nel Lazio probabilmente non è mai
stata una specie molto diffusa e le notizie in
letteratura sono alquanto scarse, pertanto resta
difficile stabilire un trend nel lungo periodo;
comunque dopo una probabile diminuzione, negli
ultimi dieci anni la popolazione sembrerebbe
essere stabile anche se con una popolazione
esigua (Bassi e Brunelli 1991; 1995; Brunelli
in stampa). I principali fattori limitanti possono essere individuati nella generale riduzione
di habitat, nel disturbo ai siti di nidificazione,
nell’arrampicata sportiva che ha compromesso
l’agibilità di alcune pareti di modeste dimensioni
e nel furto di uova e piccoli.
Solo il territorio di una coppia gode di una forma di protezione soddisfacente ricadendo in una
Riserva Regionale. Anche il sistema delle IBA
e delle ZPS per questa specie non è risultato
particolarmente idoneo.
Per la conservazione del Lanario sarebbe principalmente necessaria una maggiore tutela dei siti
di nidificazione, in particolare le aree collinari
dell’Alto Lazio sono state a torto sottovalutate
Pellegrino. Il territorio dell’area di studio nel
quale ricade l’habitat potenzialmente idoneo alla
presenza della specie è di circa 8.500 km2 e si
sviluppa nelle aree collinari dell’Alto Lazio,
lungo la dorsale appenninica, nei gruppi montuosi dell’Antiappennino meridionale, lungo le
coste rocciose e nelle Isole Pontine.
La popolazione è costituita da 72-80 coppie nidificanti, di queste 30-32 sono distribuite sui massicci
dell’Antiappennino e lungo le coste rocciose del
Lazio meridionale, 25-28 lungo la dorsale appenninica, 6-9 nelle aree collinari interne e 9-11 nelle
Isole Pontine (Corsetti 2003; Brunelli in stampa;
Corsetti e Fusacchia in stampa).
In continuo incremento il trend della popolazione come evidenziato in recenti lavori (Bassi
e Brunelli 1995; Allavena e Brunelli 2003;
Brunelli in stampa; Corsetti e Fusacchia in
stampa). Un’attenuazione dei fattori limitanti
che in passato hanno condizionato negativamente
la distribuzione della specie, in particolare furto
di uova e piccoli e abbattimenti illegali, è stata
probabilmente alla base del trend positivo che
la specie ha fatto registrare in questi ultimi dieci
anni (Allavena e Brunelli 2003).
Degli 80 territori individuati 31 ricadono in
aree a vario titolo protette. Il sistema delle
IBA e delle ZPS è risultato sufficientemente
adeguato interessando circa il 50% dei territori
individuati.
Il Pellegrino nel Lazio attualmente non sembra
correre rischi particolari, il rispetto delle normative vigenti ed una maggiore regolamentazione per quanto attiene all’attività alpinistica,
sarebbero sufficienti a garantire un livello di
tutela adeguato.
104
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nel Lazio
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Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
105
Massimo Brunelli, Stefano Allavena, Fabio Borlenghi, Luigi Corsetti, Stefano Fanfani, Felice Simmi
LAZIO
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
106
AQUILA REALE
LANARIO
PELLEGRINO
Regione Lazio
17200
Appennino e
Antiappennino
meridionale
3800
4
80
20
7
7
8
8
Regione Lazio
17200
Alto Lazio,
Appennino e
Antiappennino
meridionale,
7800
4
70
30
5
5
7
7
Regione Lazio
17200
Alto Lazio, Appennino e Antiappennino
meridionale, coste
rocciose e Isole Pontine
8500
6
70
30
40
58
72
80
2
0
5
0
0
3
2
0
17
0
1
4
1
1
1
8
2
27
8
3
42
8
2
53
Abbattimenti,
avvelenamento,
disturbo, pressione
venatoria su
specie preda
Afforestazione,
impianti eolici,
prolungamento
stagione venatoria,
riduzione habitat
Abbattimenti,
arrampicata,
disturbo, furto
uova o piccoli
Abbattimenti,
arrampicata,
disturbo, furto
uova o piccoli
Impianti eolici (?),
prolungamento
stagione venatoria,
riduzione habitat
Impianti eolici (?),
prolungamento
stagione venatoria
0
0
0
0
0
0
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Monitoraggio dell’Aquila reale Aquila chrysaetos
in Abruzzo nella stagione riproduttiva 2003
Antonio Antonucci, Carlo Artese, Siro Baliva, Mauro Bernoni, Marco Carafa, Marco Cirillo,
Gino Damiani, Fabio De Marinis, Simone De Biase, Samuele Di Giovanni, Eugenio Di Zenobio,
Paola Franceschini, Paolo Gialleonardo, Giorgio Lalli, Giorgio Marini,
Stefano Scivola, Massimo Pellegrini
Staz. Ornitologica Abruzzese, c/o Carlo Artese, fraz. S. Pietro, 64045 Isola del Gran Sasso (TE)
Nel corso della primavera 2003 17 soci della
Stazione Ornitologica Abruzzese (SOA) hanno
partecipato in maniera del tutto volontaria al
monitoraggio delle coppie di Aquila reale in
Abruzzo.
Durante alcune riunioni della SOA era stato
evidenziato come le ultime pubblicazioni in
merito all’Aquila reale non corrispondessero,
in Abruzzo, alla situazione reale della specie;
inoltre appariva carente a tutti il monitoraggio
che gli Enti preposti eseguivano. In base a
queste considerazioni si è avviato un programma specifico di monitoraggio che nel 2003 ha
visto coinvolti oltre 20 rilevatori e vari studenti
dell’Università dell’Aquila.
Sono stati controllati 25 siti, di cui 16 ricadenti
interamente in Abruzzo e 5 posti sul confine
(uno in Molise e 4 nel Lazio) ma le cui coppie
gravitano stabilmente all’interno del territorio
regionale.
Sono state rilevate 21 coppie. Per due coppie
i dati sono pervenuti dal Corpo Forestale dello
Stato della Riserva Naturale “Monte Velino”
che ringraziamo. Per 6 coppie i dati sono stati
concessi o integrati dal Parco Nazionale della
Majella essendo stato il monitoraggio effettuato
anche da soci SOA per conto dell’Ente.
3 dei 25 siti controllati non sono riportati in
letteratura, mentre nessuno risulta essere stato
recentemente abbandonato
Un sito è stato sicuramente rioccupato dopo il
1997 (CARF 1997) con nidificazione accertata
dal 1999, dopo un assenza “storica” risalente
all’inizio degli anni 50.
La metodologia seguita ha previsto un minimo
di quattro sopralluoghi per ogni sito da parte
del referente della SOA per constatare la presenza della coppia, la deposizione, la schiusa e
l’involo, con il riempimento di una scheda per
raccogliere tutte le informazioni relative all’età
degli esemplari, alla tipologia del nido e della
parete, al numero di nidi presenti nell’areale ed
in particolare ad eventuali cause di disturbo. Le
osservazioni sono state condotte per un tempo
massimo di quattro ore nel caso non venisse
osservata la coppia.
Sono state inoltre raccolte tutte le informazioni
ritenute utili dagli osservatori come quelle in
merito all’alimentazione e al comportamento.
Le uscite sono state indirizzate sia a controllare
le coppie “storiche”, sia nuove aree dove in anni
recenti vi sono state segnalazioni di presenza.
I risultati dello sforzo dell’Associazione sono
stati incoraggianti, mentre il trend osservato per
la popolazione si presenta in linea con quanto
conosciuto in letteratura per l’Appennino Centrale. L’andamento appare poco positivo, anche
se sarebbe errato considerare rappresentativo il
solo anno 2003.
Delle 21 coppie stabilmente presenti controllate
15 hanno nidificato; per una non si è certi. 10
sono riuscite a portare all’involo un giovane;
una, nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti
della Laga, è riuscita a portare all’involo due
giovani, fatto peraltro già verificato nel 1997
riguardo ad un’altra coppia controllata dai Soci
SOA di Teramo. La nidificazione di 4 coppie
è fallita.
La produttività media è pari a 0,57, il successo riproduttivo è pari a 71,42 (riferito alle 21
coppie controllate), il tasso d’involo risulta pari
a 0,80.
Rispetto a quanto conosciuto (Borlenghi e Corsetti 2002), da questo monitoraggio si evince la
formazione di almeno 3 nuove coppie apparentemente stabili, la rioccupazione di un territorio,
nessun sito recentemente abbandonato, e la
formazione di almeno 2 coppie con immaturi.
La situazione della specie sembra migliorare
essenzialmente grazie ai nuovi divieti di caccia
su vasti territori determinati dalla istituzione di
Parchi e Riserve negli ultimi 10-15 anni. Tutte
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
107
Antonio Antonucci, Carlo Artese, Siro Baliva, Mauro Bernoni, Marco Carafa, Marco Cirillo, Gino Damiani, Fabio De Marinis, Simone De
Biase,
Samuele Di Giovanni, Eugenio Di Zenobio, Paola Franceschini, Paolo Gialleonardo, Giorgio Lalli, Giorgio Marini, Stefano Scivola, Massimo
le nuove coppie hanno occupato antichi siti di
nidificazione, abbandonati in passato a causa
del disturbo diretto o indiretto determinato
dall’attività venatoria che determinava inoltre
una evidente diminuzione delle prede potenziali
(Lepre, Coturnice), come evidenziato anche
nel recente lavoro di Borlenghi e Corsetti (op.
cit.). A differenza invece di quanto riportato in
questo lavoro i dati raccolti dal nostro gruppo
hanno confermato l’insediamento di ben 3 nuove
coppie a dimostrazione dell’effetto positivo delle
nuove aree protette. Di tale effetto non hanno
però “beneficiato” quei siti definitivamente e
irrimediabilmente devastati a causa di forti
manomissioni ambientali (strade, urbanizzazioni,
bacini sciistici), come nel caso della Maielletta e
di Scanno. L’ampliamento o la realizzazione di
nuovi impianti sciistici come per esempio Monte
Greco o Prato Selva, recentemente approvati e
finanziati dalla regione Abruzzo, rischiano di
rappresentare una nuova causa di crollo della
popolazione.
È da rilevare la mancanza di dati completi e
raccolti periodicamente, relativi ai diversi aspetti
della biologia e conservazione della specie;
compito al quale dovrebbero provvedere gli
Enti gestori delle Aree Protette. In particolare
mancano dati sul turn-over delle coppie e sulle
origini dei membri delle stesse (Appenninica,
Alpina o Balcanica?).
Il continuo rinvenimento, ogni anno, di esemplari
morti per l’ingestione di bocconi o carogne avvelenate (nel caso di una coppia è stato verificato
per ben due volte in 6 anni) e la presenza di una
significativa percentuale di membri immaturi o
sub-adulti (il 30%) nelle coppie monitorate potrebbero indicare una scarsità di floaters adulti e
quindi uno stato di salute non eccellente per la
popolazione abruzzese di Aquila reale, nonché
una eventuale, probabile sopravvivenza legata
al continuo arrivo di esemplari delle più vitali
popolazioni alpine o balcaniche.
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N.B.: i dati riepilogativi riguardanti la popolazione di Aquila reale dell'Abruzzo sono riportati
nella scheda a pagina 111 insieme a quelli
riguardanti il Lanario e il Pellegrino.
108
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Aggiornamento delle conoscenze sulla distribuzione
e lo status del Lanario Falco biarmicus
e del Pellegrino Falco peregrinus in Abruzzo
Augusto De Sanctis, Massimo Pellegrini
c/o WWF Abruzzo, via D’Annunzio 68, 65127 Pescara
LANARIO
Nella prima stima della popolazione di Lanario
in Abruzzo, Pellegrini et al. (1993) riportavano
14 siti in cui era stata accertata, in anni diversi,
la nidificazione.
Successivamente (1994 e 1995) si sono aggiunti
due nuovi siti non oggetto di monitoraggio negli
anni precedenti. Dal 1996 al 1999 alcune aree
protette (Parco Regionale Sirente-Velino 1996,
Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga
1997, Parco Nazionale d’Abruzzo 1998 e Parco
Nazionale della Majella 1999) hanno promosso
monitoraggi di tutte le pareti con altezza minima
di 15 metri. Sono stati così identificati nuovi siti
di riproduzione rispetto a quelli noti, anche se
in almeno due casi sono state occupate alcune
pareti limitrofe a quelle utilizzate negli anni
precedenti.
Complessivamente sono stati identificati dal
1985 ad oggi 16 siti di riproduzione in cui in
almeno un anno è avvenuta la riproduzione (De
Sanctis et al. 1997). Tutti questi siti sono stati
monitorati contemporaneamente nel 1996 (De
Sanctis et. al. 1997) e poi nuovamente nel 2003
(tranne un sito). Nel 1996 sono risultate presenti
contemporaneamente solo 4 coppie mentre nel
2003 ne sono state rilevate 6.
Cinque dei 16 siti in cui almeno un anno è
avvenuta la riproduzione del Lanario sono
risultati occupati nel 2003 dal Pellegrino; nel
1996 erano 4.
Considerate le nuove modalità monitoraggio e
il fatto che sono stati osservati diversi casi di
cambio di pareti di riproduzione con conseguente
difficoltà nella rilocalizzazione delle coppie, è
difficile indicare quale sia il trend della specie.
Un declino sembra essersi verificato rispetto ai
primi anni 90 quando, pur non essendo noti i
due siti scoperti nel 1994 e nel 1995, erano state
censite contemporaneamente 9 coppie.
In Abruzzo poche pareti sono disponibili nelle
aree pedemontane della regione, siti che proba-
bilmente rappresentano una situazione ottimale
per la specie. Nei massicci montuosi la specie
occupa pareti a quote minori di 1000 metri, in
versanti caldi e con vaste aree aperte circostanti
(valli interne), condizioni forse sub-ottimali per
la specie.
Sono stati registrati i seguenti fattori di minaccia: abbandono del sito a causa della stabilizzazione con reti delle pareti (2 casi di cui uno
con abbandono temporaneo), uccisione di una
femmina con arma da fuoco, presenza di turisti
nei pressi della parete.
In Abruzzo preoccupano i seguenti fattori di minaccia: eolico (4 siti con progetti a meno di 5 km
dalla parete), riapertura di sentieri turistici vicino
alle pareti (2 siti), arrampicata sportiva (2 siti).
PELLEGRINO
In Abruzzo, Pellegrini e Di Giambattista (1993)
riportavano la presenza di 39 coppie certe e 6
probabili. Successivamente è stato possibile verificare un aumento delle coppie, alla stregua di
quanto segnalato per l’intero territorio italiano
(Allavena e Brunelli 2003). Tra il 1999 e il 2003,
alle osservazioni condotte prevalentemente da
ornitologi volontari della Stazione Ornitologica
Abruzzese (SOA) o del WWF, sono stati realizzati monitoraggi per conto di Parchi e Riserve.
Attualmente sono 72 i siti in cui è stata accertata
la riproduzione della specie almeno in un anno
tra il 1997 e il 2003 a cui si aggiungono altri
5 siti probabili, con un incremento di siti conosciuti rispetto ai dati del 1993 di circa l’84%,
dato superiore all’incremento minimo del 67%
calcolato per la popolazione italiana.
Per valutare i probabili errori di sottostima o di
sovrastima è stato monitorato un campione di
19 coppie dell’area del Parco Nazionale della
Majella. Circa il 10% di queste coppie “storiche”
non si è riprodotto nel 1998 e 1999, percentuale
di poco inferiore a quella delle nuove coppie
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
109
Augusto De Sanctis, Massimo Pellegrini
rinvenute nell’area. Questi dati sono paragonabili
a quelli indicati da Ratcliffe (1980) per diverse
popolazioni europee. Quindi il numero di 72
coppie +/- 10% (65-77) può ritenersi sufficientemente rappresentativo della realtà.
Se a tale numero si aggiungono le 5 coppie
probabili una stima verosimile per la popolazione abruzzese dovrebbe essere non inferiore
alle 75 coppie.
Gran parte delle coppie si riproduce in aree
montane (i _ della Regione) a quote maggiori
ai 500 metri. Le popolazioni più consistenti risultano quella del Parco Nazionale della Majella
(23 coppie) e quella dei monti che circondano
l’altopiano del Fucino (8 coppie). Il territorio
abruzzese del Parco Nazionale d’Abruzzo ospita
invece solo 4 o 5 coppie.
La tutela (essenzialmente divieto di caccia) derivante dall’istituzione dal 1991 di nuovi parchi
sembra aver apportato un limitato beneficio,
poiché la specie è aumentata in aree, come il
Fucino, non tutelate ed oggetto di una agricoltura
intensiva con utilizzo massiccio di fitofarmaci.
Inoltre la maggior parte delle coppie con siti
riproduttivi in aree protette utilizza territori in
buona parte esterni alle stesse.
Si ritiene che l’incremento registrato sia da
attribuire ad un aumento reale degli effettivi
poiché in numerosi casi è stata verificata la
occupazione di siti nuovi (o abbandonati) e
solo parzialmente potrebbe essere frutto di una
migliore copertura durante i monitoraggi. Gli
abbattimenti sembrano diminuiti nel corso degli
ultimi dieci anni. Dal 1994 al 2003 sono arrivati
al Centro Recupero Rapaci del CFS di Pescara
32 pellegrini su 2013 rapaci, con una percentuale
annuale compresa tra 0 e 3,01 non correlata
significativamente all’aumento della popolazione
(media 1,69%). In 5 casi la specie ha occupato
pareti precedentemente utilizzate dal Lanario.
Mancano dati sufficienti per capire se si tratta di
una reale dominanza del Pellegrino sui siti o se
esiste anche un trend negativo del Lanario. Purtroppo le ricerche sulla biologia di queste specie
appaiono non abbastanza approfondite ed anche
i monitoraggi effettuati saltuariamente da alcuni
Enti Parco non si dimostrano sufficienti.
BIBLIOGRAFIA
Allavena S., Brunelli M. 2003. Revisione delle conoscenze
sulla distribuzione e la consistenza del Pellegrino Falco
peregrinus in Italia. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon
M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e
notturni. Avocetta 27 (1): 20-23.
De Sanctis A. et al. 1997. Il Lanario (Falco biarmicus)
nel Parco Nazionale Gran Sasso-Laga. Relazione del
C.A.R.F. per conto dell’Ente Parco Nazionale del Gran
Sasso-Laga.
110
Pellegrini Ms, Di Giambattista P. 1993. Consistenza e
distribuzione del Pellegrino, Falco peregrinus, in Abruzzo.
Rivista Italiana di Ornitologia II-63 (1): 103.
Pellegrini Ms, Civitarese S., De Sanctis A., Di Giambattista P. 1993. Distribuzione e status del Lanario (Falco
biarmicus) in Abruzzo. Rivista Italiana di Ornitologia
II-63 (1): 99.
Ratcliffe D. 1980. The Peregrine Falcon. T.&A.D. Poyser,
London.
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Aggiornamento delle conoscenze sulla distribuzione e lo status del Lanario Falco biarmicus
e del Pellegrino Falco peregrinus in Abruzzo
ABRUZZO
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
AQUILA REALE (*)
LANARIO
PELLEGRINO
Regione Abruzzo
10798
Appennino
abruzzese
6476
17
80
20
16
17
17
17
Regione Abruzzo
10798
Regione
Abruzzo
9000
4
90
10
6
8
9
10
Regione Abruzzo
10798
Appennino e
subappennino
7500
90
10
60
72
75
13
4
39
3
-
-
2
1
6
2
1
3
0
0
0
16
6
66
17
5
48
17
5
65
Avvelenamento,
manomissioni
ambientali,
impianti sciistici
Turismo non
regolamentato,
nuove opere
pubbliche
Impianti eolici
Turismo e attività
sportive non
regolamentate, linee
elettriche, caccia,
depredazione nidi
per collezionismo
Impianti eolici
0
80
65
0
10
0
Impianti eolici,
nuovi impianti
sciistici, riduzione
agricoltura montana
* Secondo Antonucci et al. pag. 107-108
( )
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
111
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Molise
Lorenzo De Lisio1, Stefano Allavena2, Marco Carafa3, Nicola Colonna3
Dip. STAT, Università degli Studi del Molise, Via Mazzini, 8 86170 Isernia
2
A.L.T.U.R.A., Via degli Estensi, 165 00164 Roma
3
Centro Studi Naturalistici ed Ambientali del Molise (CeSNaM) “G. Altobello”, via Gerbone 9, 86035 Larino (CB)
1
AREA DI STUDIO
Il Molise, compreso tra il Mare Adriatico,
l’Abruzzo, il Lazio, la Campania e la Puglia, è
situato tra 41° 22' e 42° 41' di latitudine Nord e
1° 29' e 2° 42' di longitudine Est dal meridiano
di Roma e si sviluppa su una superficie di 4437
km2. I principali rilievi sono posti alla periferia
della regione e costituiscono i massicci delle
Mainarde-Meta, il massiccio del Matese e l’Alto
Molise. A differenza della parte occidentale e
meridionale, costituita dai rilievi più elevati,
la parte orientale tra i fiumi Trigno, Biferno e
Fortore assume un aspetto collinare, con valli
disposte trasversalmente alle valli fluviali ed
interrotte diffusamente da costoni rocciosi, ripidi
pendii ed incisioni vallive anche profonde.
Nel Molise si possono individuare tre sistemi
paesistici principali (Pignatti 1994). Nella zona
adriatica si ha un paesaggio costiero, la cui
vegetazione climatogena è costituita da boschi
a prevalenza di specie sempreverdi. Il Molise
centrale e parte dell’Alto Molise presentano
un paesaggio sannitico, in cui dominano, di
regola, querce decidue. Per il terzo paesaggio,
individuabile nelle aree montane, definito come
centroappenninico, la vegetazione climatogena è
rappresentata da almeno cinque fasce di vegetazione, secondo i gradienti altitudinali.
STATUS E DISTRIBUZIONE
Nel presente lavoro sono riportati dati su status
e distribuzione delle tre specie in Molise. Per
ognuna di essa si riportano dati bibliografici e
dati inediti inerenti le aree della Montagna del
Matese a confine con la Campania, del gruppo
Mainarde-Meta a confine con Abruzzo e Lazio e
dei Monti Frentani orientali, quest’ultimi situati
nel comprensorio collinare costiero della provin-
112
cia di Campobasso e costituiti essenzialmente
dal bacino del fiume Biferno.
Allo stato attuale, risultano scarsamente indagati
i comprensori dell’Alto Molise, del bacino idrografico del basso Trigno a confine con l’Abruzzo
e del Fortore-Saccione a confine con la Puglia.
Queste aree costituiscono circa il 35% dell’intero
territorio regionale.
Le prime informazioni riguardo la consistenza
delle tre specie in oggetto nel Molise risalgono
agli inizi del 900, quando naturalisti locali, in
particolare Altobello (1920) e De Leone (1933),
riferiscono di sporadiche ed occasionali “catture”
di individui adulti e di pulli. Dagli anni 80 in
poi, il CeSNaM ha intrapreso indagini costanti ed
approfondite nella regione volte alla conoscenza
dello status e della distribuzione di alcune specie
di Accipitriformi e Falconiformi.
AQUILA REALE
La presenza dell’Aquila reale nel Molise sembra essere stata limitata ai massicci montuosi
del Matese e delle Mainarde, dove si sono
riprodotte contemporaneamente non più di tre
coppie. Scarse o nulle sono le notizie dei rilievi
vicini, Montagnola Molisana e Alto Molise.
Già Altobello (1920) riporta la nidificazione di
questo accipitride nelle Mainarde sulla montagna
di Pizzone ed in quella di S. Michele presso
S. Vincenzo al Volturno. All’area del Matese
è riferita dallo stesso autore la cattura di due
pulli avvenuta nel 1896. Purtroppo, in questo
settore appenninico, due coppie di Aquila reale
che da tempo popolavano questi territori hanno
gradualmente abbandonato i siti riproduttivi e le
ultime nidificazioni accertate risalgono agli anni
70 (Battista com. pers.).
Fino a qualche decennio fa alcuni individui si
spingevano nelle aree planiziali della regione,
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Molise
in zone relativamente distanti dagli ambienti
montani più idonei. Attorno alla metà degli
anni 40 una femmina veniva uccisa nei pressi
di Montorio nei Frentani e conservata da un
tassidermista locale (Bruno e Guacci 1988),
mentre nel 1987 stessa sorte toccava ad un immaturo giunto fino alle campagne di S. Croce
di Magliano (Battista com. pers.).
Attualmente nella regione l’Aquila reale è
presente come nidificante con una sola coppia
nelle Mainarde dove si riproduce con un successo quasi costante, dato confermato dalla CVF
(Carta delle Vocazioni Faunistiche (CVF) (AA.
VV. 1983) e da Chiavetta (1992).
La “popolazione” risulta dunque stabile da diversi decenni, pertanto la consistenza accertata,
quella possibile e quella probabile sono di una
coppia. Tuttavia, vista la disponibilità di siti
riproduttivi potenzialmente idonei (Montagna del
Matese) si può ipotizzare una possibile ripresa
demografica della specie.
LANARIO
Il Lanario veniva considerato accidentale nel
Molise da Altobello (1920), ma già circa dieci
anni dopo sembrava essere più diffuso del Pellegrino, soprattutto in Abruzzo e Molise (De Leone
1933). Nella CVF è riportato come nidificante
con meno di 5 coppie (AA.VV. 1983), successivamente la popolazione molisana, indagata dal
CeSNaM veniva stimata attorno alle 15 coppie
con 10 coppie censite (Battista et al. 1995).
Attualmente, in Molise il Lanario occupa buona
parte dei siti idonei, soprattutto della provincia
di Campobasso, in una fascia altitudinale compresa tra i 200 m ed i 900 m, dove si riproduce
in buche o cenge, su pareti sia di calcare che
di arenaria, esposte prevalentemente tra Sud ed
Ovest (in un solo caso a Nord-Ovest).
Il successo riproduttivo (giovani involati/nidificazioni riuscite) per ciascuna stagione riproduttiva
è compreso tra 2,5 e 3,0 con un numero di giovani involati per coppia compreso tra 3 e 4.
L’analisi delle distanze minime tra i siti riproduttivi ha rivelato valori medi di 20,0 km con
un range di 14,3-29,1 km.
Anche in Molise si sta assistendo alla competizione diretta tra Lanario e Pellegrino, difatti,
nel corso dei rilievi fatti nel 2003 su 5 siti di
riproduzione controllati, 2 di questi sono risultati
occupati dal Pellegrino.
La consistenza accertata è di 3 coppie, quella
possibile di 9 coppie, e quella probabile di 6
coppie.
PELLEGRINO
Sono decisamente scarse le informazioni bibliografiche relative a questo falcone per il Molise
tanto che fino agli inizi del 900 la specie risultava
assente nell’intera regione (Altobello 1920). Dati
sulla specie si hanno nella CVF dove è riportata
come nidificante con meno di 8 coppie (AA.VV.
1983). Inoltre, Chiavetta (1992) stima 1-2 coppie
nel gruppo Mainarde-Meta. In tempi relativamente recenti, grazie ad una maggior presenza
di ornitologi, sono state individuate 6 coppie
riproduttive nei settori montuosi del Matese e
delle Mainarde con una stima di 10 coppie in
tutta la regione (Battista et al. 1996). La distanza
minima tra i nidi conosciuti è compresa tra 18,6
km e 33,5 km, con valore medio di 24,0 km.
In questi ultimi anni la popolazione di Pellegrino
sembra essere in espansione, soprattutto ai danni
del Lanario, un fenomeno già osservato in aree
limitrofe (Pellegrini et al. 1994). Infatti, nel corso
dei rilievi fatti nel 2003, sono stati accertati due
siti riproduttivi storici di quest’ultimo occupati
dal Pellegrino.
La consistenza accertata è di 4 coppie, quella
possibile di 7 coppie e quella probabile di 6
coppie.
CONSIDERAZIONI
Dall’analisi dei dati disponibili e dalle indagini
effettuate, risulta che la specie che ha subito il
maggior calo è l’Aquila reale, scomparsa come
nidificante dal Matese molisano, anche se una
coppia sopravvive nel versante campano. Questo fa supporre che con interventi mirati se ne
potrebbe facilitare la ricolonizzazione.
Il Pellegrino in Molise non è particolarmente
minacciato se non da qualche sporadico evento
di bracconaggio e sembra in espansione a spese
del congenere Lanario.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
113
Lorenzo De Lisio, Stefano Allavena, Marco Carafa, Nicola Colonna
Diversamente, il Lanario appare delle tre specie
la più vulnerabile, sia perché sembra subire la
competizione del Pellegrino, sia perché alcuni
siti di nidificazione, situati nel medio e basso
Molise, risultano più accessibili alle attività
antropiche, quali cave nei pressi delle pareti di
nidificazione e strade. Rari risultano gli episodi
di bracconaggio.
Uno scenario futuro preoccupante per queste
e altre specie in regione è dato dal proliferare
delle centrali eoliche, il cui impianto interessa
aree di notevole importanza per l’avifauna, una
per tutte il crinale di Monte Campo - Monte
Capraro a Capracotta (IS). Al contempo, in
Molise manca una politica di programmazione
energetica e in più non sono attivati, da parte
di enti e amministrazioni, studi o programmi
di monitoraggio che permettano di monitorare
queste e altre specie.
Si ritiene necessario sottolineare, inoltre, che la
Regione Molise, non si è ancora dotata di una
legge regionale sulle aree protette, difatti, mancano parchi e riserve regionali fatta eccezione per
un’unica riserva naturale istituita di recente.
Tuttavia, in considerazione del fatto che molti siti
di nidificazione ricadono in aree pSIC si spera
che vengano previsti, all’interno dei piani di
gestione, idonei programmi di monitoraggio.
BIBLIOGRAFIA
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Nazionale di Biologia della Selvaggina. Regione Molise.
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Altobello G. 1920. Saggio di ornitologia italiana. I Rapaci, con speciale riferimento all’Abruzzo e al Molise.
Tirelli, Acqui.
Battista G., De Lisio L., Carafa M., Colonna N., Dardes G. 1995. Prime note sull’osservazione in Molise di
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Battista G., Carafa M., Colonna N., De Lisio L. 1996.
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XXI: 17-20.
Bruno S., Guacci C. 1988. Uccelli dei Monti Frentani
Orientali nella raccolta Carfagnini. Umanesimo della Pietra
Verde 3: 67-102. Martina Franca.
Chiavetta M. 1978. I Falconiformi nidificanti nel Parco
Nazionale d’Abruzzo e nelle aree limitrofe
con particolare riferimento all’Aquila reale. Contributi
Scientifici alla Conoscenza del P. N. d’Abruzzo. Vol. 14.
CISO, Parma.
Chiavetta M. 1992. Gli uccelli delle Mainarde. In: Le Mainarde, zona di ampliamento in Molise del Parco Nazionale
d’Abruzzo. Università degli Studi di Camerino.
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Torino: 483.
Battista G., Carafa M., Colonna N., De Lisio L. 1998.
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e sulla distribuzione. Rivista Italiana di Ornitologia 68
(1): 11-26.
114
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Molise
MOLISE
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
AQUILA REALE
LANARIO
PELLEGRINO
Regione Molise
4437
Montagna del
Matese, Gruppo
Mainarde-Meta
300
3
80
20
1
1
1
1
Regione Molise
4437
Montagna del
Matese, Monti
Frentani,Gruppo
Mainarde-Meta
2000
3
60
40
3
6
9
9
Regione Molise
4437
Montagna del
Matese, Monti
Frentani, Gruppo
Mainarde-Meta
2000
3
60
40
4
6
7
7
1
-
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
2
1
1
7
4
1
0
1
1
4
2
Insufficiente livello
di protezione
Impianti eolici,
insufficiente livello
di protezione
Bracconaggio
Attività antropiche
Impianti eolici,
bracconaggio, attività
antropiche
Impianti eolici,
attività antropiche
0
0
0
0
0
0
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
115
Stato delle conoscenze su
Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus
e Pellegrino Falco peregrinus in Campania
Stefano Piciocchi, Danila Mastronardi, Gabriele De Filippo
A.S.O.I.M. Associazione Studi Ornitologici Italia Meridionale - ONLUS c.p. 253 80046 S. Giorgio a Cremano (NA)
INTRODUZIONE
La Regione Campania, in questi ultimi anni, è stata
oggetto di notevoli mutamenti in campo conservazionistico ed è divenuta la seconda in Italia per
superficie protetta; infatti nel suo ambito insistono
due Parchi Nazionali, 7 Parchi Regionali, 4 Riserve
Naturali dello Stato, 3 Riserve Naturali Regionali,
12 Oasi del WWF e 2 Oasi di Legambiente. Gli
uccelli rapaci sono di grande interesse ecologico e
protezionistico, infatti molte specie sono considerate
a rischio e classificate come categoria SPEC 1, 2 o
3 (Tucker e Heath 1994). è di prioritaria importanza
conoscerne la distribuzione e la consistenza sul territorio da correlare a tali modificazioni ambientali e
per operare corrette azioni di gestione. Nel presente
lavoro si analizza lo status e la distribuzione a
livello regionale delle tre specie Aquila chrysaetos,
Falco biarmicus e Falco peregrinus.
AREA DI STUDIO
La Campania, con i suoi 13.995 Km2, si colloca al
dodicesimo posto tra le regioni italiane per superficie, mentre con i suoi 5.667.000 abitanti si colloca
al secondo posto per popolazione. Ciò nonostante
la Campania si presenta come una delle regioni
più interessanti dal punto di vista naturalistico e
ciò è dovuto alla grande varietà di ambienti che la
caratterizzano tra i quali predominano i rilievi. La
regione, sotto il profilo orografico, risulta formata
da un complesso intreccio di massicci montuosi
che, in alcuni casi, superano o sfiorano i 2000 m
di altitudine. Tale contesto favorisce la presenza
dei rapaci oggetto di studio.
METODI
Molti dei dati presentati derivano da progetti e
ricerche non finalizzati allo studio dei rapaci,
eccetto quelli ricavati dal Progetto Atlante Rapaci
nidificanti in Campania, iniziato nell’anno 2000
e tuttora in corso; sono stati selezionati rilevatori
ad ognuno dei quali è stata affidata un’area della
regione. Le osservazioni sono state effettuate,
nel periodo febbraio-agosto, alternando percorsi
in auto a velocità costante, a soste in aree con
ampia visuale, a percorsi a piedi in zone boscose
o non facilmente accessibili. Per le osservazioni
sono stati utilizzati binocoli 8x30 o 12x30 e, in
alcuni casi, cannocchiali.
RISULTATI
Dalla tabella riepilogativa si evince che il 100%
delle coppie nidificanti di Aquila reale occupa
territori compresi in Parchi Nazionali o Regionali, mentre una sola coppia di cui non si è mai
accertata la nidificazione, occupa un territorio
non protetto. Analoga situazione si verifica per
il Lanario il cui possibile areale riproduttivo
ricade in aree protette. Circa il 50% delle coppie
stimate di Pellegrino nidifica in territori tutelati
(Parchi o Riserve).
Per quanto concerne la percentuale di territorio
indagato, si nota che per l’Aquila reale c’è una
copertura quasi completa, non così, invece, per
il Lanario e per il Pellegrino per i quali è stata
coperta dai rilevatori solo una parte dell’areale
di possibile nidificazione.
L’esame dettagliato delle singole specie permette
le seguenti analisi.
L’Aquila reale è presente in Campania con tre coppie nidificanti più una probabile. Alla coppia storica
del Matese si sono aggiunte nell’ultimo decennio
quella del Monte Accellica, sui Picentini, e quella
del Cervati, sui Monti del Cilento. Ultimamente è
stata segnalata una quarta coppia in una zona al
confine tra Campania e Basilicata, in un’area non
protetta. La coppia seguita con maggiore assiduità
è quella del Matese; dal 1987 essa ha iniziato a
nidificare su una parete rocciosa posta a circa 800
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
117
Stefano Piciocchi, Danila Mastronardi, Gabriele De Filippo
m di altitudine in un vallone isolato (Rocco 1991).
In genere viene deposto un solo uovo mentre rare
sono state le deposizioni di due, che peraltro mai
si sono concluse con il pieno successo. Nel 2003 è
iniziato un progetto, finanziato dal Parco Regionale
del Matese, che prevede l’osservazione continua
da parte di due ricercatori e l’installazione di un
carnaio durante il periodo invernale. La ricerca
continuerà nel 2004 con la diretta osservazione del
sito di nidificazione. Per quanto riguarda invece
le altre coppie, il successo riproduttivo nel corso
degli ultimi anni è stato alterno. Relativamente alle
coppie il cui areale ricade in territori protetti (Parchi
Nazionali e Regionali) sussistono limitati fattori di
minaccia che possono configurarsi nell’eventuale
bracconaggio, ma soprattutto nella scarsità di prede
e in un eccessivo possibile turismo escursionistico.
Attuale e potenziale minaccia è inoltre costituita
dagli impianti eolici.
Il Lanario è uno dei falconidi più rari della regione. La popolazione nidificante è stimata in 4-5
coppie distribuite fra la provincia di Salerno (Motola, Alburni, Gole del Calore, Gelbison Cervati)
e nell’alto casertano (Matese) (Scebba 1993). Sui
Monti Picentini, invece, non è stata attualmente
segnalata la sua presenza che peraltro era stata
indicata nell’Atlante degli Uccelli nidificanti in
Campania 1983-1987 (Fraissinet e Kalby 1989),
probabilmente perché poco indagati. Per quanto
riguarda i fattori di minaccia sia attuali che potenziali possono essere indicati la presenza e lo
sviluppo di impianti eolici, il bracconaggio e la
cattura di giovani per destinarli alla falconeria.
Il Pellegrino è tra i tre rapaci oggetto di studio,
quello maggiormente diffuso; sono infatti stimate
in Campania circa un centinaio di coppie. Il
Pellegrino è un rapace che, dopo aver attraver-
sato un momento alquanto difficile legato a vari
fattori (bracconaggio, presenza di inquinanti con
fenomeno di magnificazione biologica, cattura
di pulli per falconeria) è in netta ripresa in
tutta Italia. In Campania occupa i più svariati
ambienti, dalle coste rocciose alle falesie poste
fino a circa 1200 m di altitudine, alle città. Nella
sola Napoli nidificano ben 4 coppie con un buon
successo riproduttivo. (Guglielmi com. pers.). I
nidi vengono posti in cavità naturali delle pareti
rocciose; la deposizione avviene in marzo e le
uova si schiudono ad aprile. Le coppie sono
molto fedeli al sito di nidificazione e lo occupano
anche per più anni. Anche per il Pellegrino vanno
considerati gli stessi fattori di minaccia attuali e
potenziali indicati per il Lanario.
BIBLIOGRAFIA
15-19.
Centili D., Fasano S., D’Amicis B., Catoni C., Carsughi M.
2003. Uso del playback per la cattura dell’Assiolo durante
la migrazione post-riproduttiva. Avocetta 27: 33.
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Mastrolilli M. 1997. Popolazioni di Civetta e selezione
dell’habitat in un’area di pianura della provincia di Bergamo. Riv. Mus. Civ. Scienze Naturali di Bergamo 19:
118
CONCLUSIONI
Dall’analisi dei dati si rileva che la popolazione
di Aquila reale è vicina al massimo grado di
espansione possibile nella regione, tenendo conto
che spesso una sola coppia occupa territori che
possono variare dai 250 ai 400 km2. Lo stesso
vale per il Pellegrino che risulta presente con
coppie consolidate in quasi tutte le aree che si
prestano alla sua nidificazione. Il Lanario invece
risulta piuttosto scarso su tutto il territorio, anche
nelle aree potenzialmente idonee.
L’aumento delle popolazioni di Aquila reale e
di Pellegrino che, negli ultimi quindici anni,
risultano triplicate (cfr Atlante degli Uccelli
nidificanti in Campania 1983-1987, Fraissinet
e Kalby 1989) è dovuto a vari fattori, primi fra
tutti la maggiore protezione del territorio e la
diminuzione dell’attività venatoria.
Rocco M. 1991. Conferma della nidificazione dell’Aquila
reale (Aquila chrysaetos) in Campania. Rivista Italiana di
Ornitologia 61: 79-80.
Scebba S. 1993. Gli uccelli della Campania. Ed. Esselibri,
Napoli.
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Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Stato delle conoscenze su Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus in Campania
CAMPANIA
AQUILA REALE
LANARIO
PELLEGRINO
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Regione Campania
13995
Matese e
Appennino campano
Regione Campania
13995
Matese e
Appennino campano
2000
4
100
0
3
3
3
4
2000
10
15
85
0
1
3
5
Regione Campania
13995
Matese, Penisola
Sorrentina,
Rilievi casertani,
Provincia di Napoli,
Appennino campano
9000
10
33
67
14
24
24
50
1
2
20
0
0
1
2
1
10
0
0
0
0
0
0
1
1
19
3
4
8
2
1
3
Bracconaggio,
scarsità di prede,
impianti eolici
Impianti eolici,
escursionismo
Bracconaggio,
cattura giovani,
impianti eolici
Impianti eolici
escursionismo,
falconeria
Bracconaggio,
cattura giovani,
impianti eolici
Impianti eolici,
cattura giovani
per falconeria
0
0
0
0
0
0
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
119
Il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Puglia
Antonio Sigismondi1, Michele Bux2, Nicola Cillo1,
Vincenzo Cripezzi3, Marisa Laterza1, Ventura Talamo1
1
A.L.T.U.R.A. Puglia e Basilicata, Via Leone XIII 33, 70021 Acquaviva delle Fonti (BA)
Museo del Dipartimento di Zoologia, Università degli Studi di Bari, via Orabona, 4/a 70125 Bari
3
LIPU Puglia
2
LANARIO
I primi dati sulla presenza del Lanario in Puglia
sono riportati da Cambi (1982) che ne segnala
la nidificazione per il Gargano. Successivamente
Petretti (in Massa et al. 1991) stima in 15 coppie
la popolazione presente in Puglia e Basilicata e
Brichetti (1991) riporta la specie come nidificante ”raro e localizzato con pochissime coppie”.
Ricerche specifiche condotte negli ultimi 15 anni
dagli autori riportano la presenza di 10-15 coppie
per la prima parte degli anni 90 (Sigismondi et
al. 1995), dato di recente aggiornato a 13-18
coppie. (Sigismondi et al. 2003a).
In Puglia la specie nidifica nelle province di
Foggia, Taranto e Bari, mentre risulta assente
nelle province di Lecce e Brindisi, probabilmente
per la mancanza di siti riproduttivi adatti.
Sono stati monitorati 35 siti con caratteristiche
ritenute adatte alla presenza della specie. In 22
siti è stata accertata la frequentazione di almeno
un individuo durante il ciclo riproduttivo e in
18 sono state verificate nidificazioni, con una
stima totale al 2004 di 13-18 coppie.
La suddivisione per aree geografiche è la seguente: Gargano 6-8 coppie, Murge 3-4, Sub
Appennino dauno 2-3, Gravine 2-3 (un sito è
stato confermato nel corso del 2004). Tale stima si ritiene, molto vicina al dato della reale
popolazione nidificante, sulla base delle caratteristiche del territorio e dell’elevato grado di
copertura del monitoraggio. Riteniamo che solo
per il Gargano, in funzione della grande varietà
e disponibilità di habitat rupestri, e in minima
parte per le Gravine, ci possano essere margini
di aumento delle coppie.
Nel corso degli anni sono state seguite 87 nidificazioni, con un tasso d’involo (giovani involati/coppie
riprodottesi con successo) pari a 2,3 (201/87). La
distanza minima rilevata tra due siti contemporaneamente occupati è stata di 3,5 km.
120
Le aree maggiormente rappresentative per la
specie sono soprattutto il Gargano e le Murge.
Sul Gargano sono stati rilevati 7 siti con riproduzione accertata e 5 coppie contemporaneamente
nidificanti, mentre sulle Murge 6 siti con riproduzione accertata e 4 coppie contemporaneamente
nidificanti. Per quanto riguarda la scelta del
substrato, 13 siti sono su pareti calcaree, 2 su
arenaria e uno su altro substrato, mentre 2 siti
sono situati in cave abbandonate. In un caso si
è accertata la riproduzione su un edificio, Castel
del Monte, sito poi abbandonato a causa dei
lavori di ristrutturazione del castello.
Per quanto riguarda i problemi di conservazione
è stata svolta un’indagine relativa ai siti riproduttivi (Sigismondi et al. 2003b), che riteniamo
essere il principale fattore di rischio per la specie
a livello regionale. Infatti l’orografia della Puglia,
povera di rilievi, determina la carenza di pareti
adatte e sicure. I risultati evidenziano un’elevata
vulnerabilità dei siti riproduttivi con il 65% dei
siti con riproduzione accertata che presentano un
grado elevato di vulnerabilità. I principali fattori
di rischio rilevati sono: le ridotte dimensioni delle
pareti, la vicinanza di strade e infrastrutture (13
siti distano meno di 1 km da strade e fabbricati),
la costruzione di nuove strade e fabbricati nei
pressi dei siti di nidificazione (in 9 siti è stata
osservata la costruzione di nuove infrastrutture
entro 1-2 km dal nido).
Particolarmente critica è la situazione nelle Murge, dove tutti i siti di nidificazione presentano
infrastrutture a meno di 500 m. Le attività legate
al tempo libero (arrampicata, escursionismo,
attività venatoria), rappresentano un ulteriore e
serio fattore di minaccia.
La trasformazione degli habitat trofici è avvenuta in forma più o meno significativa in tutte
le aree di presenza della specie, ma non si è in
grado di correlarla direttamente ad un effetto
negativo. In particolare si segnala la messa a
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Puglia
coltura di grandi estensioni degli habitat trofici
d’interesse comunitario (Direttiva 92/43/CEE),
inquadrabili fitosociologicamente nell’associazione Festuco-Brometalia e in minima parte nel
Thero-Brachypodietea. Nelle Murge nel periodo
tra il 1990 e il 1999 tali trasformazioni hanno
raggiunto dimensioni drammatiche interessando
circa il 30% delle superfici presenti, pari a circa
30.000 ettari (AA. VV. 2003). Se si considera
che le trasformazioni dal 1999 al 2004 sono
continuate, il dato di degrado si ritiene possa
attualmente estendersi su circa 40.000 ettari.
Per quanto riguarda il grado di conservazione,
7 siti rientrano in aree protette istituite, 10 siti
in pSIC, ZPS, o altre forme, mentre un sito
è fuori da ogni forma di protezione. L’unica
forma di tutela diretta attualmente esistente è
il regolamento per le arrampicate promosso dal
Parco Nazionale del Gargano.
La popolazione nidificante appare stabile per il
Gargano e le Gravine mentre il Sub Appennino
e le Murge hanno evidenziato un trend negativo.
A tal proposito si segnala l’abbandono di uno
dei 2 siti riproduttivi del Sub Appennino, a
causa di disturbo antropico, e la riduzione della
popolazione dalle 5-6 coppie degli anni 80 alle
3-4 attuali per le Murge.
In conclusione si può affermare che il grado di
vulnerabilità e sicurezza del sito riproduttivo
appare il principale problema di conservazione
della specie in Puglia. Nessuna forma di prote-
zione diretta è assicurata ai siti riproduttivi, anche
per quelli presenti all’interno di aree protette.
PELLEGRINO
L’orografia poco accidentata della regione sembra condizionare la presenza di coppie nidificanti
di Pellegrino, la cui presenza è stata accertata
solo per il promontorio del Gargano. Nel resto
della regione è assente come nidificante con
solo alcune segnalazioni, non verificate, lungo
le falesie costiere che vanno da Otranto a Santa
Maria di Leuca in Provincia di Lecce.
Durante l’inverno sono stati osservati individui
in diverse aree della regione compresi alcuni
centri urbani tra cui la città di Bari, dove la
specie sverna regolarmente.
La popolazione nidificante del Gargano è stimata in 5-8 coppie, suddivisa in due nuclei,
uno presente nell’arcipelago delle Tremiti con
2-3 coppie e l’altro con circa 3-5 coppie nel
promontorio. Tale stima è però suscettibile di
possibili variazioni in aumento, tenendo conto
che le falesie costiere del Gargano sono molto
estese e articolate e solo un’indagine specifica
condotta da imbarcazione, potrebbe definire in
modo preciso il numero di coppie presenti.
Il monitoraggio delle coppie meglio seguite,
evidenzia una sostanziale stabilità della popolazione.
BIBLIOGRAFIA
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Atti XII Convegno Italiano di Ornitologia. Avocetta 27
(Numero speciale): 181.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
121
Antonio Sigismondi, Michele Bux, Nicola Cillo, Vincenzo Cripezzi, Marisa Laterza, Ventura Talamo
PUGLIA
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi di
monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
122
LANARIO
PELLEGRINO
Province di Foggia,
Bari e Taranto
14814
Gargano, Gravine,
Murgia, Monti Dauni
4500
4/5
60
40
8
10
13
18
Provincia di Foggia
7
8
0
0
0
0
0
0
4
0
13
8
10
1
-
8
Disturbo, urbanizzazione, infrastrutture,
trasformazioni ambientali,
arrampicata, messa
a coltura delle
aree trofiche
Impianti eolici
Turismo, visite
turistiche via mare,
arrampicata
100
13
12
0
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
7184
Gargano,
Isole Tremiti
2500
4/5
30
70
3
3
5
8
Attività del
tempo libero
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Basilicata
Antonio Sigismondi1, Michele Bux2, Nicola Cillo1, Marisa Laterza1
A.L.T.U.R.A. Puglia e Basilicata, Via Leone XIII 33, 70021 Acquaviva delle Fonti (BA)
Museo del Dipartimento di Zoologia, Università degli Studi di Bari, Via Orabona, 4/a 70125 Bari
1
2
AQUILA REALE
Per la Basilicata Bavusi e Libutti (1997) riportano
la nidificazione della specie all’interno del Parco
Nazionale del Pollino. Tale dato appare però impreciso, in quanto tutti i siti riproduttivi a noi noti
sono ubicati sul versante calabrese e nessuna coppia nidifica sul versante lucano. Alcuni individui
frequentano l’area Sirino-M. Alpi, dove però non
sembrano riprodursi. Vecchie segnalazioni di nidificazione nell’area del M. Volturino, attualmente
non trovano conferma. Nidi “storici” probabilmente
appartenenti a questa specie sono stati rilevati nella
parte centrale della Val d’Agri.
Una piccola popolazione nidificante di 2 coppie è stata scoperta agli inizi degli anni 90 in
un’area settentrionale della provincia di Potenza
(Sigismondi et al. 1995).
Delle due coppie, una è risultata stabile mentre
l’altra è stata osservata nel 1991 e nel 1992 per
più giorni in parata nuziale. Negli anni successivi sono stati osservati individui isolati che non
hanno mostrato comportamenti riproduttivi.
Altra possibile area di presenza e/o nidificazione
riguarda una zona della costa tirrenica: il 9 marzo 1997 è stata osservata una coppia in parata
nuziale da parte di Cavaliere del G.I.L. (Gruppo
Inanellamento Limicoli) di Napoli (Moschetti
com. pers.). Il comportamento osservato e le
caratteristiche dell’ambiente, che ben si adattano
all’ecologia della specie, ne rendono possibile
la riproduzione.
Si stima, quindi, per la regione la presenza di
1-2 coppie. Si ritiene però necessaria una indagine specifica e più approfondita per definire
l’effettivo status nella regione.
Per quanto riguarda gli eventuali problemi di
conservazione della specie si rileva come nel
corso degli ultimi anni è stato osservato nei pressi dell’unico sito riproduttivo certo un aumento
generico dell’attività antropica e di realizzazione
di infrastrutture. Un nuovo e grave problema è
costituito dalla recente proposta di installazione
di impianti eolici all’interno dell’area trofica della
coppia.
Durante il monitoraggio non si è venuti a conoscenza di danni diretti alla specie: abbattimento,
disturbo, depredazione del nido, ecc. In alcuni
anni, in accordo con la biologia della specie, la
coppia non si è riprodotta e non è stato possibile
correlare direttamente questo evento ad alcuna particolare causa, naturale o di origine antropica.
LANARIO
Pochi dati presenti in letteratura. Petretti (in Massa
et al. 1991) stima 15 coppie presenti complessivamente tra Puglia e Basilicata. Sigismondi et al.
(1995) stimano la presenza di 8 coppie, successivamente aggiornata a 8-16 nel corso della stesura
dell’Action Plan per BirdLife International (1999).
La stima più recente riporta una popolazione di
10-18 coppie (Sigismondi et al. 2003a).
Nella stima della popolazione nidificante si è
avuto un continuo, anche se lieve, trend positivo, dovuto ad un aumento delle conoscenze. Si
ritiene che lo status della specie non sia ancora
del tutto definito, soprattutto per quanto riguarda
la consistenza delle coppie nidificanti. La Basilicata presenta un’orografia accidentata con vaste
aree ricche di pareti idonee ad ospitare la specie,
soprattutto nella provincia di Matera. Inoltre, il
grado di copertura non è completo e diverse aree
sono state poco indagate. Migliore è invece il
grado di conoscenza delle aree geografiche e dei
comprensori ambientali di presenza del Lanario.
Nel corso degli anni sono stati individuati e monitorati 40 siti con caratteristiche ritenute adatte
alla presenza della specie; in 26 si è accertata la
frequentazione di almeno un individuo durante
il ciclo riproduttivo e in 10 si è accertata la
nidificazione.
Il tasso d’involo (giovani involati/coppie riprodottesi con successo) è pari a 2,4 (93/39),
in linea con i dati della Sicilia (2,3) (Massa
et al. 1991). La distanza minima tra due siti
contemporaneamente occupati è pari a 4,5 km,
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
123
Antonio Sigismondi, Michele Bux, Nicola Cillo, Marisa Laterza
valore superiore a quello noto per la Sicilia (2
km) (Massa et al. 1991). Cinque siti sono su
pareti di arenaria, 5 su calcare mentre nessun
sito è stato rilevato sui calanchi, molto diffusi
in Basilicata in ambienti adatti alla specie.
Per quanto riguarda il grado di conservazione,
5 siti rientrano in aree protette istituite, solo 2
in pSIC e ZPS, mentre un sito è fuori da ogni
forma di protezione.
Lo stato di conservazione appare relativamente
stabile. Si segnalano problemi di alterazione
delle aree trofiche in particolare attraverso messa
a coltura, costruzione d’infrastrutture e disturbo
(Sigismondi et al. 2003b).
Al momento appare difficile definire con sicurezza un trend di popolazione complessivo per
la Basilicata. Si ritiene comunque realistica, alla
luce dei dati in nostro possesso, una tendenza
alla stabilità.
PELLEGRINO
Pochi i dati disponibili in letteratura. Boano (1985)
segnala l’osservazione di falconi senza ulteriori
precisazioni; Sigismondi et al. (1995) stimano una
popolazione complessiva di circa 10-16 coppie;
Bavusi e Libutti (1997) segnalano varie osservazioni per la provincia di Potenza senza ulteriori
precisazioni sulla riproduzione e consistenza della
popolazione; più di recente Allavena e Brunelli
(2003) segnalano la presenza di 15-25 coppie.
Un valore preciso della consistenza della specie
appare difficoltoso alla luce dei dati disponibili
e del grado di copertura non essendo mai stata
svolta, a quanto ci risulta, un’indagine specifica
sulla specie nella regione; la stima di 15-25 coppie di Allavena e Brunelli (op. cit.) è comunque
ritenuta realistica.
Il Pellegrino appare distribuito abbastanza regolarmente nella provincia di Potenza. Presenta
la massima densità, in accordo con la biologia
della specie, lungo la fascia costiera tirrenica
di Maratea, dove un ampio sistema di falesie
marine determina la presenza di 3-6 coppie. è
presente in vari gruppi montuosi, come M. Alpi
e M. Paratiello.
Appare molto raro invece nella provincia di
Matera, dove sembra presente solo in alcune
aree settentrionali confinanti con la provincia
di Potenza.
Per quanto riguarda i problemi di conservazione
valgono orientativamente quelli evidenziati per il
Lanario, anche se questa specie frequentando ambienti più montuosi appare meno minacciata.
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Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Basilicata
BASILICATA
AQUILA REALE
LANARIO
PELLEGRINO
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Provincia di Potenza
6456
Porzione nord
occidentale e
costa tirrenica
400
2
10
90
1
1
1
2
Regione Basilicata
9988
Provincia di Matera
e parte della
Provincia di Potenza
3500
4
40
60
5
8
12
18
Regione Basilicata
9988
Provincia di Potenza
e parte della
Provincia di Matera
5500
2
20
80
3
6
11
20
0
2
4
0
0
0
0
5
3
0
0
0
-
-
-
1
2
-
1
2
-
0
6
8
Disturbo,
urbanizzazione,
trasformazioni
ambientali
Impianti eolici,
strade
Disturbo,
urbanizzazione,
trasformazioni
ambientali
Impianti eolici
Antropizzazione
100
100
100
0
0
0
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
Impianti eolici
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
125
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus
e il Pellegrino Falco peregrinus in Calabria e nel Parco Nazionale
del Pollino: consistenza e status delle popolazioni
Massimo Pandolfi1, Alessandro Tanferna1, Giorgia Gaibani2, Paolo Perna3,
Mauro Tripepi4, Pierpaolo Storino4, Salvatore Urso4, Toni Mingozzi5
Istituto di Scienze Morfologiche, Sezione di Zoologia, Università degli Studi di Urbino, via Oddi, 21 61029 Urbino
Dip. Biologia Evolutiva e Funzionale, Sez. Museo di Storia Naturale, Università di Parma, via Farini 90 43100 Parma
3
Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra, 2 62010 Urbisaglia (MC)
4
C.I.P.R. (Comitato Italiano per la Protezione degli Uccelli Rapaci), Cosenza
5
Dipartimento di Ecologia, Università della Calabria, 87036 Rende (CS)
1
2
INTRODUZIONE
AREA DI STUDIO E METODI
I contributi significativi succedutisi nel tempo e
riguardanti gli effettivi numeri degli esemplari
appartenenti alle varie popolazioni di rapaci presenti soprattutto in Appennino centro-meridionale,
sono per lo più frammentari e non certo numerosi.
Gli stessi si dividono in almeno due categorie
distinte; la prima raccoglie tutti quei lavori che,
in maniera più ampia e generale, affrontano l’argomento dello status dei rapaci in Calabria (Di
Carlo 1962; Lehmann 1962; Mirabelli e Saita
1975; Mirabelli 1978; AA.VV. 1998; Cortone e
Mordente 1997; Di Carlo 1981; Mirabelli 1982b;
Cortone e Mirabelli 1987) mentre la seconda si
compone prevalentemente di lavori di andamento
delle popolazioni delle specie oggetto o su considerazioni conservazionistiche (Mingozzi 1994;
Malara 1999; Viggiani 1999a, Viggiani 1999b;
Pandolfi et al. 2002a; Pandolfi et al. 2002b).
Il quadro che emerge, da una parte, è quello
della presenza di un notevole numero di specie, risultato di una grande varietà di ambienti,
dall’altro appare evidente, invece, un quadro di
conoscenze non omogeneo, con settori, specie e
linee di ricerca meglio indicati di altri.
In questa sede si presenta un quadro aggiornato
delle conoscenze su distribuzione, consistenza
numerica e fattori di minaccia relativamente
alle popolazioni nidificanti di Aquila chrysaetos,
Falco biarmicus e Falco peregrinus in Calabria,
includendo nella regione anche il versante lucano
del Parco Nazionale del Pollino. Il lavoro mira,
in particolare, ad evidenziare le lacune conoscitive ancora esistenti riguardo la distribuzione di
queste tre specie, come base di riferimento per
future e più approfondite indagini.
La ricerca interessa un’area di complessivi
15.601 km2, di cui 15.120 km2 corrispondenti
all’estensione territoriale della regione Calabria,
mentre 481 km2 relativi alla porzione lucana del
Parco Nazionale del Pollino.
Da un punto di vista geo-morfologico ed ecologico,
nella regione si possono riconoscere alcune grandi
unità territoriali. L’area comprende l’Appennino
calabro (parzialmente inserito all’interno della
porzione calabra del Parco Nazionale del Pollino),
le fasce montuose costiere che si affacciano sia
sulla porzione ionica che su quella tirrenica della
Calabria, la porzione meridionale dell’Appennino
calabrese (compreso per buona parte all’interno
dei confini del Parco Nazionale dell’Aspromonte),
la Piana di Sibari a nord, l’Altopiano della Sila
ad ovest e il Marchesato crotonese, un ambito
territoriale ben definito da una propria fisionomia
morfologica, litologica e climatica.
In base alla specie rupicola oggetto del rilevamento, i dati sono stati raccolti selezionando su
base cartografica i potenziali siti di nidificazione
prima e con controlli diretti sul campo poi. Inoltre per quanto riguarda la ricerca all’interno del
Parco Nazionale del Pollino, le coppie di Pellegrino e Aquila reale sono state costantemente
monitorate per l’intero periodo riproduttivo.
I dati qui esposti derivano, per la porzione
centro-meridionale del territorio calabrese, da
ricerche condotte nell’arco degli ultimi 15 anni
da personale del C.I.P.R. (Comitato Italiano per
la Protezione degli Uccelli Rapaci) e mirate
all’acquisizione d’informazioni riguardo la distribuzione e la biologia delle specie di falconiformi
presenti sul territorio. I dati riferiti invece alla
126
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Calabria
e nel Parco Nazionale del Pollino: consistenza e status delle popolazioni
porzione settentrionale della Calabria, ricadenti
essenzialmente nel territorio del Parco Nazionale
del Pollino, sono il risultato del progetto di
ricerca su “Monitoraggio e Conservazione degli
uccelli rapaci nel Parco Nazionale del Pollino”
condotto dal 1999 al 2003 dal gruppo di lavoro
dell’Università degli Studi di Urbino.
Le elaborazioni cartografiche sono state realizzate tramite software Map-Info e ArcView e
forniscono un’immagine sintetica dei risultati
dell’indagine.
RISULTATI
L’area estensiva di studio per le tre specie
considerate coincide con l’intero territorio calabrese.
Nella tabella riepilogativa sono precisate:
l’area di studio, in riferimento alla sua definizione e caratterizzazione quantitativa. In tale
contesto è stata individuata la Calabria come
Area di studio estensiva, all’interno della quale
è stata individuata e quantificata (in termini di
superficie) l’Area di studio intensiva; la misu-
ra in percentuale dell’Area di studio intensiva
con copertura buona o scarsa è stata ottenuta
rapportando la superficie della stessa area, con
la misura dell’Area di studio intensiva;
la consistenza numerica delle popolazioni (come
numero di coppie territoriali), in riferimento a
diversi periodi temporali;
il numero delle coppie territoriali possibili, ossia
con territori di nidificazione accertati o presunti,
ricadenti in vari ambiti regionali di protezione; in
tale ambito, mettendo in rapporto il numero di
coppie (valore assoluto) e la consistenza possibile
della popolazione di ogni specie al 2003, si è
ottenuto un valore percentuale che rappresenta
il numero relativo di coppie realmente ricadenti
in aree protette;
la stima in percentuale delle coppie territoriali
che sono state o saranno interessate da programmi di monitoraggi finanziati;
i principali fattori di minaccia sia attuali che
potenziali.
I risultati sullo status delle coppie riproduttive
censite all’interno del Parco Nazionale del Pollino sono ripotate nelle tabelle 1 e 2 (Pandolfi
Tabella 1. Numero di coppie nidificanti di Pellegrino e Aquila reale presenti all’interno di SIC ZPS
e IBA del Parco Nazionale del Pollino
n.coppie
territoriali
n.coppie
presenti
in Calabria
n.coppie NND
presenti in media
Basilicata tra i nidi
(metri)
coppie
coppie
coppie
territoriali
territoriali
territoriali
con territori di
con territori di
con territori di
nidificazione
nidificazione
nidificazione
all’interno di SIC all’interno di ZPS all’interno di IBA
Pellegrino
18
12
6
7.812
6
3
17
Aquila reale
4
4
0
2.117
3
2
4
Tabella 2. Coppie territoriali di Pellegrino e Aquila reale nel Parco Nazionale del Pollino
Pellegrino
Aquila reale
1999
Totale
-
Calabria
-
Basilicata
-
Totale
3
Calabria
3
Basilicata
0
2000
-
-
-
3
3
0
2001
27
19
8
3
3
0
2002
22
17
5
4
4
0
2003
18
12
6
4
4
0
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
127
Massimo Pandolfi, Alessandro Tanferna, Giorgia Gaibani, Paolo Perna,
Mauro Tripepi, Pierpaolo Storino, Salvatore Urso, Toni Mingozzi
Ringraziamenti. Si ringrazia il Dipartimento di
Ecologia dell’Università degli Studi della Calabria ed in particolar modo il Prof. Sandro Tripepi
e il Dott. Emilio Sperone per la cortese collaborazione nella fase di costruzione delle carte di
distribuzione delle specie. Si ringraziano inoltre
il gruppo di lavoro del Progetto Rapaci coordinato dall’Università di Urbino: Arianna Aradis,
Pepe Ayala, Javier Balbontin, Barbara Carelli,
Eva Casado, Rosaria Cataudella, Antonia Celani,
Miguel Ferrer, Maurizio Fusari, Giacomo Gerva-
sio, Elena Giardinazzo, Massimo Landi, Patricia
Masini, Luigi Paternostro, Manuela Policastrese,
Rossella Rotondaro, Vincenzo Penteriani per il
loro contributo alla ricerca e Antonio Sigismondi
per il proficuo scambio di informazioni sulle
specie in oggetto. Un ringraziamento particolare
va a Mauro Tripepi e Francesco Fino, Presidenti
del Parco Nazionale del Pollino, per aver voluto
realizzare questa importante ricerca a lungo termine sulla distribuzione e la conservazione dei
rapaci nel Parco.
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128
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Calabria
e nel Parco Nazionale del Pollino: consistenza e status delle popolazioni
CALABRIA
AQUILA REALE
LANARIO
PELLEGRINO
Definizione dell’area di studio estensiva
Superficie dell’area di studio estensiva (km2)
Definizione dell’area di studio intensiva
Regione Calabria
15120
Appennino calabro
Regione Calabria
15120
Appennino calabro
4700
47
53
4
5
5
6
Regione Calabria
15120
Versante Ionico
calabrese
4696
54
46
4
4
6
8
5
0
20
0
0
2
0
0
0
0
0
1
0
0
0
5
3
13
2
0
2
4
3
21
Bracconaggio,
caccia, linee
elettriche, bocconi
avvelenati,
arrampicata non
regolamentata
Impianti eolici
Bracconaggio,
caccia, linee
elettriche,
arrampicata non
regolamentata
Bracconaggio,
caccia, linee
elettriche,
arrampicata non
regolamentata
Impianti eolici
Impianti eolici
83
0
55
0
0
0
Superficie dell’area di studio intensiva (km2)
Numero di operatori impegnati con continuità
% dell’area di studio intensiva con copertura buona
% dell’area di studio intensiva con copertura scarsa
Consistenza accertata della popolazione nel 2003
Consistenza probabile della popolazione al 2003
Consistenza possibile della popolazione al 2003
Consistenza stimata della popolazione al 2003
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC)
Coppie territoriali possibili con territori
di nidificazione, accertati o presunti,
ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione,
accertati o presunti, ricadenti in IBA
Principali fattori di minaccia attuali
Principali fattori di minaccia potenziali
% delle coppie territoriali stimate
interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003
% delle coppie territoriali stimate
che saranno interessate da studi e/o programmi
di monitoraggio finanziati nel 2004
8820
64
36
15
34
35
48
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
129
ALTRI CONTRIBUTI
132
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Riepilogo ed analisi delle conoscenze sullo status delle popolazioni
di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus
e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare
Mauro Magrini1, Paolo Perna2
1
OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario, 9 06049 Spoleto (PG)
2
Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra, 2 62010 Urbisaglia (MC)
Il presente contributo riassume e commenta nel
loro complesso i dati forniti da ogni gruppo regionale intervenuto al Convegno “Aquila reale,
Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione”
(Serra San Quirico - AN, 26-28 marzo 2004),
trasmessi attraverso la compilazione della scheda
sintetica predisposta dai curatori.
AREA DI STUDIO ESTENSIVA
Nella maggior parte dei casi corrisponde ai
territori amministrativi delle regioni peninsulari in cui si verifica la presenza delle specie
considerate. Nel complesso sono interessate 13
regioni: Liguria (area appenninica), Piemonte
(area appenninica), Toscana (due aree distinte), Emilia Romagna, Marche, Umbria, Lazio,
Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata,
Calabria. Si estende per complessivi 114.265
km2 nel caso dell’Aquila reale, per 134.398
nel caso del Lanario, per 132.437 nel caso del
Pellegrino, rispettivamente il 38%, il 45% e il
44% del territorio nazionale (301.302 km2).
AREA DI STUDIO INTENSIVA,
OPERATORI IMPEGNATI, COPERTURA
L’area di studio intensiva è stata definita come
la porzione dell’area di studio estensiva che
presenta le caratteristiche tipiche dell’habitat
delle specie considerate, in cui, di conseguenza, si concentra il massimo sforzo di ricerca.
Risulta costituita nel complesso dai principali
rilievi montani e collinari della penisola, dalle
sue coste rocciose, dalle cosiddette isole minori
escluse quelle di Sicilia e Sardegna nonché quelle
dell’Arcipelago Toscano in Provincia di Livorno,
queste ultime in quanto non indagate. Si estende
per complessivi 38.500 km2 nel caso dell’Aqui-
la reale, per 51.946 nel caso del Lanario, per
71.474 nel caso del Pellegrino, rispettivamente
il 34%, il 37% e il 54% delle relative aree di
studio estensive.
Il numero di operatori impegnati nelle ricerche
è compreso, per tutte e tre le specie, tra i 50
e i 60 circa, variabile tra 1 e 17 nelle varie
“regioni”.
La porzione dell’area di studio intensiva in cui
il livello di indagine è giudicato buono (copertura buona) è complessivamente pari al 72%
per l’Aquila reale, al 60% per il Lanario e al
58% per il Pellegrino, rispettivamente tra 10%
e 100%, tra 15% e 90%, tra 20% e 90%.
CONSISTENZA DELLE POPOLAZIONI
È stata distinta in 4 “livelli”:
- accertata nel 2003, ovvero il numero di coppie
territoriali di cui è stata accertata la presenza
nella stagione riproduttiva del 2003;
- probabile al 2003, ovvero il numero di coppie
territoriali di cui è stata accertata la presenza
in almeno una stagione riproduttiva negli ultimi
3 anni (2001-2003);
- possibile al 2003, ovvero il numero di coppie
territoriali di cui è stata accertata la presenza
in almeno una stagione riproduttiva negli ultimi
10 anni (1994-2003);
- stimata al 2003, ovvero il numero di coppie
territoriali che si stimano attualmente presenti
nell’area di studio, comprese quelle che si
presume possano abitare ambiti poco o per
nulla indagati nel periodo 1994-2003.
Per l’Aquila reale il valore di consistenza accertata nel 2003 è assunto come numero di coppie
censite e messo a confronto con quello riportato
da Fasce e Fasce (2003) relativo alla situazione
nota al 2001 ed analogo confronto è presentato
per la consistenza stimata (Tab. 1).
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
133
Mauro Magrini, Paolo Perna
Tabella 1. Confronto tra valori di consistenza della popolazione di Aquila reale verificati nell’Italia
peninsulare
NUMERO DI COPPIE
censite
stimate
valore assoluto
incremento
valore assoluto
incremento
Fasce e Fasce 2003*
57
-
69
-
Presente analisi
68
19%
87
26%
* somma dei valori di Appennino settentrionale, A. centrale e A. meridionale
Per il Pellegrino i valori di consistenza accertata
nel 2003, e talvolta anche quelli di consistenza
probabile al 2003, risultano significativamente
influenzati da assenza o insufficienza di sforzo
di ricerca in alcune porzioni dell’area di studio.
È quanto accade ad esempio nella Toscana
settentrionale, dove nel 2003, in assenza di
indagini mirate, è stata verificata (casualmente)
la presenza di una sola coppia, mentre ne erano
state accertate altre 11 nel periodo 1998-2000.
In questo caso, considerata anche la riconosciuta
“fedeltà al sito” della specie, si ritiene pertanto
che il miglior parametro cui riferirsi per definire
il numero reale di coppie censite possa essere
quello qui definito come consistenza possibile
(numero di coppie territoriali accertate in almeno
una delle ultime 10 stagioni riproduttive). Tale
ricorso garantisce a nostro avviso una buona
“difesa” da eventuali lacune di rilevamento che
inevitabilmente si verificano in singole stagioni.
Assumendo così il valore di consistenza possibile
al 2003 come valore di consistenza accertata
(numero di coppie censite) al 2003 è possibile
confrontare la situazione attuale (presente analisi)
della popolazione peninsulare di Pellegrino con
alcune precedentemente definite (Tab. 2).
I valori di consistenza calcolati con la presente
analisi presentano significativi “incrementi”
rispetto a quelli relativi ad appena 2-3 anni
prima, sia per Aquila reale che per Pellegrino.
Per quest’ultimo va fra l’altro notato come qui
non siano conteggiate le “popolazioni” di alcune
importanti aree di presenza (Isole dell’Arcipelago Toscano in Provincia di Livorno, alcune
aree interne della Toscana). Tuttavia, anche e
soprattutto in questo caso e come in precedenza
osservato da diversi autori tra cui Fasce e Fasce
(2003) e Allavena e Brunelli (2003), il fenomeno può dipendere più dal progresso e maggior
approfondimento delle ricerche, che dal reale
aumento di coppie territoriali, fatto comunque
parzialmente verificato.
Quanto considerato per il Pellegrino (come detto
specie relativamente “fedele al sito”) per valutarne la più recente tendenza di popolazione, non
appare applicabile al Lanario, specie per cui sono
state verificate reali e frequenti “defezioni”, da un
anno all’altro, in numerose zone della penisola,
le cui cause sono tuttora oggetto di dibattito
(reale decremento o trasferimento delle coppie
Tabella 2. Confronto tra valori di consistenza della popolazione di Pellegrino verificati nell’Italia
peninsulare
NUMERO DI COPPIE
Fasce e Fasce 1992*
Allavena e Brunelli 2003*
Presente analisi
minimo (coppie censite)
massimo (coppie stimate)
valore assoluto
incremento
valore assoluto
incremento
155
305
417
97%
37%
172
376
535
119%
42%
* somma dei valori di Appennini, Costa peninsulare, Isole minori escluse quelle di Sicilia e Sardegna
134
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Riepilogo ed analisi delle conoscenze sullo status delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos,
Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare
in siti sconosciuti?). Relativamente ad esso si
può comunque apprezzare la notevole differenza
(42 coppie) tra il valore di consistenza possibile
al 2003 (numero di coppie territoriali accertate
in almeno uno degli ultimi 10 anni, n = 100) e
quello della consistenza accertata nel 2003 (n
= 58). In pratica nel 2003 è risultato occupato
dalla specie appena il 58% del totale dei siti
noti. La differenza appare dovuta non tanto ad
insufficiente sforzo di ricerca (“pochi” siti controllati), ma essenzialmente a reale “scomparsa”
di coppie da siti precedentemente occupati: in
Umbria, ad esempio, sono stati controllati nel
2003 8 dei 9 siti noti, e solo in 3 di essi è stata
accertata la presenza di coppie territoriali.
EFFICACIA DEGLI AMBITI
DI “PROTEZIONE”
Allo scopo di valutare l’efficacia, per la conservazione delle tre specie, di diversi tipi di ambiti,
è stato definito il numero di coppie territoriali
possibili (presenti in almeno uno degli ultimi
10 anni) con territori di nidificazione compresi
all’interno di Parchi Nazionali, Riserve Statali,
Parchi Regionali, Riserve Regionali, Oasi di
Protezione, Siti di Interesse Comunitario (SIC),
Zone di Protezione Speciale (ZPS) e Important
Birds Areas (IBA). I dati ottenuti non sono
cumulabili (se non quelli di Parchi Nazionali e
Parchi Regionali) in quanto una stessa coppia
può ricadere in diversi di essi.
L’insieme di Parchi Nazionali e Parchi Regionali
risulta piuttosto “efficace” per le popolazioni di
Aquila reale e Pellegrino, ospitandone rispettivamente il 63% (45% + 18%) e il 46% (28% +
18%) delle coppie, meno per quella del Lanario
(30% = 18% + 12%).
Gli istituti di conservazione/gestione di più
“antica” istituzione (Riserve naturali e Oasi di
Protezione) non superano singolarmente il 7%
di coppie interessate.
I “nuovi istituti” SIC, ZPS e IBA appaiono in
generale notevolmente “dedicati” alla conservazione delle tre specie, in particolare per quella
dell’Aquila reale (rispettivamente 74%, 67% e
58% di “coppie” comprese nei loro confini).
FATTORI DI MINACCIA
ATTUALI E POTENZIALI
Dalle informazioni provenienti dalle diverse
regioni si evince la permanenza di tradizionali
fattori avversi alle popolazioni delle tre specie,
quali gli abbattimenti, l’attività venatoria che deprime le popolazioni di importanti specie-preda,
il denichage, il disturbo ai siti di nidificazione
apportato da rocciatori e da operatori di riprese
fotografiche e video, il disturbo nei territori
di alimentazione determinato dalla presenza
di escursionisti e praticanti del “volo libero”,
nonché la progressiva riduzione di zone aperte
adatte alla ricerca del cibo a causa della ricolonizzazione di territori abbandonati (pascoli,
prati, seminativi) da parte della vegetazione
legnosa arbustiva ed arborea. Particolarmente
preoccupanti appaiono inoltre due fattori relativamente “nuovi”: gli interventi di “messa
in sicurezza” di pareti rocciose soprattutto con
l’apposizione di reti metalliche in aderenza (in
particolare per Lanario e Pellegrino), e, ancor
di più, lo sviluppo di impianti industriali eolici
sulle aree aperte collinari e montane. Questo
ultimo fattore, già definito come minaccia attuale in alcune zone del meridione, è indicato
come fattore di minaccia potenziale in tutte le
“regioni” della penisola.
SOSTEGNI FINANZIARI DI STUDI
E PROGRAMMI DI MONITORAGGIO
Si identificano nelle attività svolte da dipendenti
di amministrazioni ed enti pubblici nell’ambito
della propria attività lavorativa, in quelle svolte
dalle università con programmi di ricerca specifici (escluse le ricerche svolte da tesisti), in quelle
svolte da personale esterno per conto di pubbliche amministrazioni, enti ed associazioni.
Nel periodo 1993-2004 la popolazione di Aquila
reale è stata interessata da ricerche finanziate
in 5 delle 11 “regioni” considerate, con risorse
sufficienti per il controllo di circa un quarto
(26%) della popolazione complessiva stimata;
per il Lanario si verificano 7 “regioni” su 10 per
il 52% della popolazione complessiva stimata,
per il Pellegrino 9 “regioni” su 13 per il 34%
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
135
Mauro Magrini, Paolo Perna
della popolazione complessiva stimata.
Le previsioni per la sola stagione 2004 riguardano due sole “regioni” per l’Aquila reale (Marche
e Umbria), 5 per il Lanario (Emilia Romagna,
Marche, Umbria, Abruzzo e Puglia) e 3 per il
Pellegrino (Emilia Romagna, Marche e Umbria),
con valori di “copertura” (% di coppie stimate
interessate) pari rispettivamente a 11%, 16% e
12% dell’intera popolazione peninsulare.
Nelle Tabb. 3-5 è riportato il dettaglio dei dati
parziali e complessivi sopra trattati. I valori
complessivi calcolati vanno intesi come minimi
nei casi in cui risultino non forniti i relativi dati
di una o più “regioni”.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Dall’analisi delle informazioni fornite dai gruppi
di ricerca regionali intervenuti al convegno e
del loro riepilogo è possibile trarre le seguenti,
sintetiche considerazioni:
1. nell’Italia peninsulare esistono tuttora, nonostante il progresso delle ricerche verificatosi
negli ultimi 10-20 anni, vaste aree potenzialmente idonee alle tre specie che risultano per
nulla o insufficientemente indagate;
2. anche nel breve periodo di 2-3 anni (20012003) è possibile apprezzare ulteriori e significativi “incrementi” delle popolazioni di Aquila
reale e Pellegrino, verosimilmente derivanti più
da un miglioramento delle conoscenze che da
un reale aumento di siti occupati;
3. la situazione della popolazione di Lanario,
specie qui al margine settentrionale del suo
areale, presenta andamenti di più problematica interpretazione, bisognosi pertanto di
sforzi di ricerca particolarmente elevati;
4. numerose coppie delle tre specie si riproducono al di fuori di qualsiasi ambito istituito per
scopi conservazionistici, e pertanto gli sforzi di
tutela delle popolazioni non possono limitarsi
ad essi ma dovranno orientarsi verso soluzioni
di carattere generale, da applicare anche al di
fuori delle aree protette sensu lato;
5. almeno per il Lanario appare irrinunciabile
una revisione migliorativa delle Zone di
Protezione Speciale (ZPS) e delle Important
Birds Areas (IBA), allo scopo di includervi un
numero significativamente maggiore dell’attuale di siti occupati da coppie territoriali;
6. particolarmente grave per la conservazione
delle tre specie appare l’avvento di un nuovo
fattore di minaccia universalmente riconosciuto come tale, e non solo per l’avifauna,
in gran parte del mondo, ovvero lo sviluppo
di impianti industriali eolici sulle aree aperte
collinari e montane della penisola;
7. la disponibilità di dati aggiornati sulle popolazioni delle tre specie, premessa indispensabile
per orientare correttamente i doverosi interventi
gestionali ad esse dedicati, dipende fortemente
dalle risorse finanziarie attivate che attualmente,
nella maggior parte dell’area in oggetto, risultano ampiamente al di sotto del necessario;
8. da un punto di vista metodologico si ribadisce
la necessità di intraprendere mirate iniziative
di coordinamento del monitoraggio delle tre
specie nell’area peninsulare, ancor meglio a
livello nazionale, allo scopo di ottimizzare
gli sforzi di ricerca e per disporre di dati e
informazioni sempre confrontabili.
Si ringraziano sentitamente tutti i componenti
dei gruppi regionali di ricerca senza la cui
disponibilità ed attenzione nella fornitura dei
dati attraverso la compilazione delle schede il
presente contributo riepilogativo non avrebbe
potuto, ovviamente, essere redatto.
BIBLIOGRAFIA CITATA
Allavena S., Brunelli M. 2003. Revisione delle conoscenze
sulla distribuzione e la consistenza del Pellegrino Falco
peregrinus in Italia. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon
M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e
notturni. Avocetta 27 (1): 20-23.
Fasce P., Fasce L. 1992. Pellegrino Falco peregrinus. In:
136
Brichetti P. et al. (eds). Fauna d’Italia. XXIX. Aves. I.
Edizioni Calderini, Bologna: 682-693.
Fasce P., Fasce L. 2003. L’Aquila reale Aquila chrysaetos in
Italia: un aggiornamento sullo status della popolazione. In:
Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno
Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27(1): 20-23.
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
- = dato non fornito
Marche
Emilia Romagna
Umbria
Abruzzo
Molise
26
11
83
0
100
0
0
0
0
0
0
0
0
0
100
47
0
0
0
114265
38500
54-58
72
28
68
75
77
87
35 (45%)
6 (8%)
14 (18%)
2 (3%)
4 (5%)
57 (74%)
52 (67%)
45 (58%)
100
13995 6456 15120
2000 400 4700
2
4
47
10
100
53
90
0
4
1
3
5
1
3
5
1
3
6
2
4
5
0
1
0
0
0
0
0
2
0
0
0
0
0
5
1
1
2
1
3
4
0
2
60
Appennino
Ligure-Piemontese
0
Toscana
settentrionale
45
4437
300
3
80
20
1
1
1
1
1
0
0
0
1
1
1
1
Campania
0
17200 10798
3800 6476
17
4
80
80
20
20
16
7
17
7
17
8
17
8
13
2
3
0
2
2
2
0
0
1
16
8
17
8
17
8
Basilicata
(Provincia di Potenza)
2929
2000
6-9
70
30
9
9
9
11
3
2
2
0
2
7
2
0
8456
2500
3
80
20
2
2
2
3
0
0
0
0
0
2
0
0
Calabria
4909
4909
2-3
35
65
5
6
6
8
0
0
2
0
0
3
2
1
20265 9700
8315 3100
5
8
80
90
20
10
11
9
13
11
14
11
15
12
8
2
1
0
1
3
0
0
0
0
11
2
12
4
11
1
TOTALE
N. B.: i valori totali di alcuni parametri, causa la non completa fornitura di dati, vanno considerati come minimi
area di studio estensiva (km2)
area di studio intensiva (km2)
numero di operatori
% area di studio intensiva con copertura buona
% area di studio intensiva con copertura scarsa
consistenza accertata nel 2003
consistenza probabile al 2003
consistenza possibile al 2003
consistenza stimata al 2003
coppie possibili in Parchi Nazionali
coppie possibili in Riserve Statali
coppie possibili in Parchi Regionali
coppie possibili in Riserve Regionali
coppie possibili in Oasi di Protezione
coppie possibili in SIC
coppie possibili in ZPS
coppie possibili in IBA
% coppie stimate interessate
da ricerche finanziate nel periodo 1994-2003
% coppie stimate interessate
da ricerche finanziate nel 2004
AQUILA REALE
Lazio
Tabella 3. Riepilogo dei dati inerenti la popolazione di Aquila reale nellʼItalia peninsulare
Riepilogo ed analisi delle conoscenze sullo status delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos,
Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare
137
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
* = valore minimo
- = dato non fornito
Emilia Romagna
Toscana meridionale
0
0
80
10
0
0
75
75
33
33
50
0
10798 4437
7500 2000
4
3
90
60
10
40
6
3
8
6
9
9
10
9
4
0
1
0
1
0
0
2
6
7
5
0
5
4
Abruzzo
50
8456 17200
6000 7800
4
3
70
50
30
50
5
3
5
4
7
9
7
12
0
1
0
0
0
1
1
0
1
0
2
4
3
3
2
1
Marche
9700
6100
5
65
35
10
12
13
15
1
1
4
0
0
9
8
2
Molise
20
9265 20625
1850 6000
7
4
40
80
60
20
3
11
3
13
4
15
6
13-16
0
1
0
0
0
3
0
1
2*
0
2*
0
2*
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
0
0
12
100
0
100
0
0
13995 14814 9988 15120
2000 4500 3500 4696
4
4-5
10
54
40
60
15
46
60
40
85
4
5
8
0
4
8
10
1
6
12
13
3
8
18
18
5
0
2
7
2
0
0
0
0
0
5
0
1
0
0
0
0
0
4
0
3
2
13
1
0
2
10
4
3
6
1
16
52
134398
51946
48-49
60
40
58
74
100
121-124
18 (18%)
1 (1%)
12 (12%)
5 (5%)
7 (7%)
50 (50%)
37 (37%)
26 (26%)
TOTALE
N. B.: i valori totali di alcuni parametri, causa la non completa fornitura di dati, vanno considerati come minimi
area di studio estensiva (km2)
area di studio intensiva (km2)
numero di operatori
% area di studio intensiva con copertura buona
% area di studio intensiva con copertura scarsa
consistenza accertata nel 2003
consistenza probabile al 2003
consistenza possibile al 2003
consistenza stimata al 2003
coppie possibili in Parchi Nazionali
coppie possibili in Riserve Statali
coppie possibili in Parchi Regionali
coppie possibili in Riserve Regionali
coppie possibili in Oasi di Protezione
coppie possibili in SIC
coppie possibili in ZPS
coppie possibili in IBA
% coppie stimate interessate
da ricerche finanziate nel periodo 1994-2003
% coppie stimate interessate
da ricerche finanziate nel 2004
LANARIO
Umbria
138
Lazio
Tabella 4. Riepilogo dei dati inerenti la popolazione di Lanario nellʼItalia peninsulare
Mauro Magrini, Paolo Perna
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
- = dato non fornito
0
0
61
0
7
35
35
Appennino
ligure-piemontese
0
Toscana
settentrionale
2060 8325 20265
1500 830
8315
1
2
12
70
50
80
30
50
20
1
16
45
1
17
47
12
18
47
18 18-20
61
2
3
2
2
0
5
3
9
0
1
4
2
12
7
6
6
9
12
12
6
Toscana meridionale
4909
4909
2-3
35
65
14
22
23
28
0
0
10
2
2
9
8
1
Emilia Romagna
n = valore influenzato da nullo o insufficiente sforzo di ricerca
da ricerche finanziate nel 2004
% coppie stimate interessate
da ricerche finanziate nel periodo 1994-2003
% coppie stimate interessate
coppie possibili in IBA
coppie possibili in ZPS
coppie possibili in SIC
coppie possibili in Oasi di Protezione
coppie possibili in Riserve Regionali
coppie possibili in Parchi Regionali
coppie possibili in Riserve Statali
coppie possibili in Parchi Nazionali
consistenza stimata al 2003
consistenza possibile al 2003
consistenza probabile al 2003
consistenza accertata nel 2003
% area di studio intensiva con copertura scarsa
% area di studio intensiva con copertura buona
numero di operatori
2
area di studio intensiva (km )
area di studio estensiva (km2)
PELLEGRINO
Marche
Molise
Abruzzo
Umbria
50
75
0
0
0
65
0
0
8456 17200 10798 4437
6000 8500
7500 2000
3
6
3
50
70
90
60
50
30
10
40
19
40
4
27
58
60
6
28
72
72
7
40
80
75
7
1
5
39
1
0
3
0
5
17
6
0
0
4
3
0
1
1
0
1
16
27
66
4
6
42
48
1
1
53
65
2
Puglia
Campania
0
0
0
13
13995 7184
9000 2500
10
4-5
33
30
67
70
14
3
24
3
24
5
50
8
20
8
1
0
10
0
0
0
0
0
19
8
8
1
3
8
Calabria
Basilicata
0
100
0
55
12
34
9988 15120 132437
5500 8820
71474
2
51-53
20
64
58
80
36
42
3
15
214
6
34
359
11
35
417
20
48
533-535
4
20
117 (28%)
0
2
9 (2%)
3
0
76 (18%)
0
1
15 (4%)
0
19 (5%)
13
211 (51%)
2
175 (42%)
8
21
214 (51%)
TOTALE
N. B.: i valori totali di alcuni parametri, causa la non completa fornitura di dati, vanno considerati come minimi
31
31
9700
6100
5
65
35
40
54
63
80
12
1
8
0
0
36
44
22
Lazio
Tabella 5. Riepilogo dei dati inerenti la popolazione di Pellegrino nellʼItalia peninsulare
Riepilogo ed analisi delle conoscenze sullo status delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos,
Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare
139
Proposta per il coordinamento del monitoraggio di base delle
popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco
biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare
Mauro Magrini1, Paolo Perna2
OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario, 9 06049 Spoleto (PG)
2
Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra, 2 62010 Urbisaglia (MC)
1
La proposta, finalizzata a ottimizzare lo sforzo
di ricerca e uniformare i metodi, è basata innanzitutto sulla dettagliata e condivisa suddivisione
dell’area di studio in settori geografico-amministrativi (generalmente le regioni) all’interno dei
quali operano altrettanti gruppi di ricerca.
S’intende per monitoraggio di base quello che
assicura la definizione annuale di:
8. produttività, ovvero il rapporto tra il numero
di giovani involati e il numero di coppie
controllate;
9. tasso d’involo, ovvero il rapporto tra il
numero di giovani involati e il numero di
coppie che hanno allevato giovani;
10. % delle coppie territoriali stimate interessate da ricerche finanziate.
1. aggiornamento dell’areale accertato;
2. consistenza accertata della popolazione,
ovvero il numero di coppie territoriali di cui
è stata accertata la presenza nella stagione
riproduttiva dell’anno considerato;
3. consistenza probabile della popolazione,
ovvero il numero di coppie territoriali di
cui è stata accertata la presenza in almeno
una stagione riproduttiva negli ultimi 3 anni
(l’anno considerato e i due precedenti);
4. consistenza possibile della popolazione,
ovvero il numero di coppie territoriali di
cui è stata accertata la presenza in almeno
una stagione riproduttiva negli ultimi 10
anni (l’anno considerato e i 9 precedenti);
5. consistenza stimata della popolazione,
ovvero il numero di coppie territoriali che
si stimano attualmente presenti nell’area di
studio, comprese quelle che si presume possano abitare ambiti poco o per nulla indagati
negli ultimi 10 anni (l’anno considerato e i
9 precedenti);
6. numero di coppie stimate controllate;
7. composizione delle coppie (adulti, adulto
e immaturo, etc.);
140
Per coppia territoriale s’intende una coppia di
cui sono stati osservati, in periodo riproduttivo,
comportamenti territoriali presso un territorio
di nidificazione già conosciuto e utilizzato o
comunque ritenuto idoneo: display, difesa del
territorio di nidificazione, visite al sito di nidificazione, nidificazione vera e propria, etc., il
tutto a prescindere dal fatto che la nidificazione
si sia conclusa e dal suo esito.
I dati raccolti in ogni singola regione sono elaborati da un coordinatore regionale che redige
il resoconto annuale regionale, documento
sintetico costituito essenzialmente dalla tabella
compilata, firmato da tutti coloro che hanno
contribuito significativamente alle indagini di
campo. L’ordine degli autori del resoconto annuale regionale è stabilito dai componenti del
relativo gruppo. Ogni gruppo regionale è libero,
ovviamente, di utilizzare il proprio resoconto
annuale in qualsiasi modo ritenga opportuno.
Tutti i resoconti annuali regionali sono inviati
a un comitato redazionale costituito da tutti i
coordinatori regionali; tale comitato redazionale
elabora il resoconto annuale generale, documento
sintetico costituito essenzialmente dalla “somma”
delle situazioni regionali e riguardante tutta l’area
di studio considerata, ovvero l’Italia peninsulare. Il
resoconto annuale generale è pubblicato in idonea
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Proposta per il coordinamento del monitoraggio di base delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos,
Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare
sede, firmato con nome collettivo da tutti i componenti di tutti i gruppi regionali partecipanti, elencati
in ordine alfabetico, con i nomi dei “coordinatori
regionali” semplicemente citati. Esempio:
Allavena, Alessandro Andreotti, Saura Andreotti,
Carlo Artese, Luca Bagni, Angelo Battaglia,
Mario Bonora, Fabio Borlenghi, …
Hanno inoltre fornito dati: Pinco e Pallino.
TITOLO
Resoconto del monitoraggio della popolazione
di Papera dalmatina Papetta papetta nell’Italia
peninsulare nel 3087
AUTORE
Gruppo di studio sulla Papera dalmatina
nell’Italia peninsulare
nel testo:
Gruppo di studio sulla Papera dalmatina
nell’Italia peninsulare: Michela Adami, Stefano
Coordinatori regionali (comitato redazionale):
Tizio (Liguria), ... Caio (Lazio), ... Sempronio
(Calabria).
Ogni 5 anni i 5 resoconti annuali generali
vengono ulteriormente elaborati, dallo stesso
comitato redazionale, per redigere la relazione
quinquennale generale, finalizzata in particolare a delineare la tendenza delle popolazioni
e il relativo grado di conoscenza. Anche la
relazione quinquennale generale è pubblicata in
idonea sede, firmata secondo lo stesso schema
dei resoconti annuali generali.
COMMENTI
La proposta è stata presentata, nel corso della
tavola rotonda svoltasi la sera del 26 marzo
2004 nella sede del Parco Regionale Gola della
Rossa e di Frasassi a Serra San Quirico (AN),
ad un nutrito gruppo di partecipanti al convegno
(circa 45). Sono di seguito riportati, in ordine
cronologico, gli interventi a commento.
Ubaldo Ricci. Manifesta gradimento per l’iniziativa di coordinamento delle ricerche e per la
condivisione di dati e informazioni, sottolineando
l’importanza della collaborazione anche per scopi
conservazionistici.
Massimo Brunelli. Auspica che il coordinamento proposto possa interessare non solo il settore
peninsulare bensì tutto il territorio nazionale.
Suggerisce che per il Pellegrino sia interessato
dal monitoraggio un campione del 10% della
popolazione per ciascuna area geografica.
Antonio Sigismondi. Non ritiene interessante
continuare a considerare dati di presenza di
coppie territoriali “vecchi” di 10 anni e propone
invece di istituire il coordinamento “azzerando”
la situazione ad oggi. Suggerisce inoltre di prendere in considerazione anche gli aspetti relativi
ai fattori di minaccia.
Massimo Pellegrini. Ritiene fattibile monitorare le intere popolazioni di Aquila reale e
Lanario, ma non quella di Pellegrino; propone
per quest’ultima specie di controllare solo una
percentuale significativa delle coppie territoriali.
Apprezza la struttura organizzativa e ne propone
inoltre una sua ufficializzazione.
Mario Bonora. Apprezza la proposta di coordinamento presentata, definendola “molto civile”
e tale da non suscitare nei rilevatori alcuna
diffidenza (“un rilevatore non si sente spiazzato
o impaurito”). Suggerisce di eliminare le voci di
consistenza possibile e probabile, e di redigere
tre rapporti distinti per le tre specie in oggetto.
Ritiene fattibile monitorare le intere popolazioni
di Aquila reale e Lanario, ma non quella di
Pellegrino; propone per quest’ultima specie di
controllare solo una percentuale significativa
delle coppie territoriali.
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
141
Mauro Magrini, Paolo Perna
Laura Fasce. Manifesta apprezzamento per
l’iniziativa di coordinamento del monitoraggio.
Ritiene opportuno redigere tre rapporti distinti
per le specie in oggetto. Suggerisce di inserire
tra i parametri da rilevare anche la percentuale
di coppie che hanno deposto e la percentuale
di coppie che si sono riprodotte.
Stefano Allavena. Considera fattibile, per il
Lazio, monitorare l’intera popolazione di Aquila
reale ma non quella di Pellegrino. Ritiene che la
popolazione di Lanario, vista la sua importanza,
meriti un maggiore sforzo di ricerca.
Alessandro Andreotti. Definisce indilazionabile
il coordinamento dell’attività di monitoraggio
nell’area in questione, da considerare come base
per un coordinamento a livello nazionale che
coinvolga quindi gli altri gruppi di ricerca di
Alpi, Sicilia e Sardegna. Ritiene indispensabile,
in primis, definire dettagliatamente gli aspetti
della terminologia e delle modalità di presentazione dei dati, mirando ad un unico “protocollo
metodologico” valido anche per altre specie.
Considera inoltre importante inserire parametri
utili a valutare lo sforzo di rilevamento.
142
Pierandrea Brichetti. Apprezza l’iniziativa
presentata ed auspica che essa possa estendersi
a tutto il territorio nazionale, in particolare per
non trascurare porzioni altamente significative
delle popolazioni delle tre specie, quali quella
siciliana del Lanario. Suggerisce di semplificare
i parametri e di stabilire un “punto 0” della
situazione. Auspica la creazione di una “banca
dati pregressi”. Manifesta la disponibilità del
Centro Italiano Studi Ornitologici (CISO) a
fungere da “patrocinatore/riferimento” dell’iniziativa, ed offre la possibilità di pubblicare
regolarmente i resoconti del monitoraggio nella
rivista Avocetta.
Maurizio Ravasini. Informa dell’avviamento
di un “progetto specie rare” della Provincia di
Parma. Auspica l’ufficializzazione dell’iniziativa
di coordinamento.
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Elenco degli Autori
Adami Michela
Allavena Stefano
Andreotti Alessandro
Andreotti Saura
Angelini Jacopo
Antonucci Antonio
Armentano Luigi
Artese Carlo
Bagni Luca
Battaglia Angelo
Baliva Siro
Bernoni Mauro
Bonora Mario
Borlenghi Fabio
Brunelli Massimo
Bux Michele
Campora Massimo
Carafa Marco
Ceccarelli Pierpaolo
Ceccolini Guido
Cenni Mario
Chiavetta Mario
Cillo Nicola
Cirillo Marco
Colonna Nicola
Corsetti Luigi
Cottalasso Renato
Cripezzi Vincenzo
Cristiani Gianni
Damiani Gino
De Filippo Gabriele
De Marinis Fabio
De Biase Simone
De Lisio Lorenzo
De Sanctis Augusto
Di Giovanni Samuele
Di Zenobio Eugenio
Fabbrizi Fausto
Fanfani Stefano
Fasce Laura
Fasce Paolo
Ferrari Pierfrancesco
Ferri Mauro
Franceschini Paola
Gaibani Giorgia
Gambaro Carla
Gialleonardo Paolo
Lalli Giorgio
Laterza Marisa
Lazzeri Monica
Leonardi Giovanni
Magrini Mauro
Marini Giorgio
Martelli Dario
Mastronardi Danila
Mezzavilla Francesco
Mingozzi Toni
Nardelli Riccardo
Nardi Riccardo
Pandolfi Massimo
Pellegrini Massimo
Perna Paolo
Piciocchi Stefano
Ragni Bernardino
Ravasini Maurizio
Ricci Ubaldo
Rigacci Lorenzo
Schiassi Stefano
Scivola Stefano
Scotti Massimiliano
Sesti Luigi
Sigismondi Antonio
Simmi Felice
Storino Pierpaolo
Talamo Ventura
Tanferna Alessandro
Tripepi Mauro
Urso Salvatore
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
143
CONVEGNO
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare
Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Serra San Quirico (Ancona), 26-28 marzo 2004
VENERDI, 26 MARZO
Sede del Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi
Tavole rotonde
Problemi di conservazione del Lanario Falco biarmicus in Italia
(Riunione di coordinamento nell’ambito del Piano d’azione per il Lanario - INFS)
Proposta per il coordinamento del monitoraggio di base delle popolazioni
di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus
e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare
Cena
SABATO, 27 MARZO
Teatro Santa Maria del Mercato
Apertura del Convegno
Saluto delle Autorità e introduzione al Convegno: Comune di Serra San Quirico,
Comunità Montana Dell’Esino-Frasassi, Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi
Sessioni scientifiche
Stato delle conoscenze, problemi di conservazione e prospettive per le ricerche in Italia
Stato delle conoscenze, problemi di conservazione
e prospettive per le ricerche nelle regioni peninsulari
DOMENICA, 28 MARZO
Escursione nella Gola di Frasassi
CONVEGNO
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare
Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Serra San Quirico (Ancona), 26-28 marzo 2004
Organizzato da
in collaborazione con
Istituto Nazionale
per la Fauna Selvatica
con il patrocinio di
Regione Marche
Provincia di Ancona
Comitato organizzatore
Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro,
Mauro Magrini, Paolo Perna, Massimiliano Scotti.
Comitato scientifico
Alessandro Andreotti, Massimo Brunelli, Laura Fasce, Giovanni Leonardi,
Mauro Magrini, Francesco Mezzavilla, Paolo Perna, Massimiliano Scotti.
Segreteria
Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi - Cooperativa Hesis.
IMMAGINI DALL’AREA DI STUDIO
148
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Valle del Torrente Gargassa, nel Parco Regionale del Monte Beigua (Genova) - (Foto di Massimo Campora)
Costa rocciosa presso Punta Chiappa, nel Parco Regionale di Portofino (Genova) - (Foto di Mauro Magrini)
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
149
Monte Sumbra, nel Parco
Regionale delle Alpi Apuane (Lucca)
(Foto di Mauro Magrini)
Valle del Torrente Sestaione da M. Gomito, nella Foresta Demaniale dell’Abetone (Pistoia) - (Foto di Mauro Magrini)
150
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Versante romagnolo del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (Forlì-Cesena) - (Foto di Pierpaolo Ceccarelli)
Praterie e calanchi nelle colline emiliano-romagnole (Bologna) - (Foto di Mario Bonora)
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
151
Costa rocciosa del M. Argentario
a Punta Avoltore (Grosseto)
(Foto di Anna Cenerini)
Roccalbegna e Monte Labbro (Grosseto) - (Foto di Anna Cenerini)
152
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Praterie e pareti rocciose del M. Bove, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini (Macerata) - (Foto di Mauro Magrini)
Gola della Rossa, nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi (Ancona) - (Foto di Mauro Magrini)
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
153
Praterie di M. Pozzoni e M. Alvagnano, nell’Appennino nursino (Perugia) - (Foto di Mauro Magrini)
Valle del Torrente Serra, nei monti tra Terni e Spoleto (Terni) - (Foto di Mauro Magrini)
154
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Vallone di Teve, nella Riserva Naturale delle Montagne della Duchessa (Rieti) - (Foto di Fabio Borlenghi)
Costa rocciosa dell’Isola di Ventotene (Latina) - (Foto di Massimo Brunelli)
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
155
Praterie rocciose e faggete nell’alta Val di Rose, nel Parco Nazionale d’Abruzzo (L’Aquila) - (Foto di Mauro Magrini)
Sistema agro-forestale nel Molise centrale (Campobasso) - (Foto di Lorenzo De Lisio)
156
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Costa rocciosa dell’Isola di Capri
presso Marina Piccola (Napoli)
(Foto di Mauro Magrini)
Praterie nei Monti del Matese (Caserta) - (Foto di Stefano Piciocchi)
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
157
Isole Tremiti (Foggia),
nel Parco Nazionale del Gargano
(Foto di Antonio Sigismondi)
Praterie aride nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia (Bari) - (Foto di Jacopo Angelini)
158
Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione
Valle del Fiume Sinni, nel Parco Nazionale del Pollino (Matera, Potenza) - (Foto di Antonio Sigismondi)
Timpa di San Lorenzo, nel Parco Nazionale del Pollino (Cosenza) - (Foto di Mauro Magrini)
Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004
159
Finito di stampare nel mese di ottobre 2007
Arti Grafiche “Gentile” Fabriano (An)