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La redazione raccomanda per la citazione bibliografica di questo volume la seguente dizione: The editor recommend that for references to this work the following citation should be used: Magrini M., Perna P., Scotti M. (eds). 2007. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione. Atti del Convegno, Serra San Quirico (Ancona), 26-28 Marzo 2004. Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi, pp. 160. In copertina: Disegno orginale di Lorenzo Starnini Copyright © 2007 Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi. È vietata la riproduzione anche parziale di testi e immagini. AQUILA REALE, LANARIO E PELLEGRINO NELL’ITALIA PENINSULARE stato delle conoscenze e problemi di conservazione a cura di Mauro Magrini, Paolo Perna e Massimiliano Scotti ATTI DEL CONVEGNO di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 In collaborazione con Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica 2007 Presentazione In un assolato pomeriggio di fine estate, al termine di una lunga e fruttuosa sessione di osservazioni ornitologiche, prese corpo l’idea di organizzare un incontro nazionale al quale potessero partecipare tutti gli esperti e studiosi del settore che, nelle diverse regioni, avessero studiato l’aquila reale, il lanario e il pellegrino in area appenninica. Forse il caldo eccessivo di quel giorno, forse i postumi di un’insolazione cocente non ancora del tutto riassorbita, ci hanno spinto a proseguire nell’intento e, nonostante qualche difficoltà, a realizzare gli atti di un convegno che ha rappresentato per il nostro parco un banco di prova importante, un forte momento di crescita e una chiara assunzione di responsabilità che ci ha portato a “immaginare” e poi a realizzare l’Osservatorio per la Biodiversità. Siamo convinti che tutelare un territorio significhi amarlo e per amare un territorio c’è sicuramente necessità di conoscerlo. In questa prospettiva, le iniziative compiute dal Parco per la conservazione della biodiversità e per l’uso razionale e consapevole delle risorse naturali ci offrono, non soltanto la possibilità di approfondire la conoscenza delle caratteristiche di questo territorio, ma ci invitano a riflettere sui nostri stili di vita e ci rafforzano nel perseguimento degli obiettivi di un’area protetta. Ringrazio nuovamente tutti coloro che si sono prodigati per la realizzazione di questo convegno e vi invito alla lettura del resoconto dei lavori, sottolineando l’importanza di queste iniziative per la diffusione delle conoscenze a tutti i cittadini interessati, con particolare riferimento a coloro che hanno il compito di prendere decisioni politiche, che coinvolgono non solo la nostra, ma anche le generazioni future. Massimiliano Scotti Funzionario Direttivo del Parco Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 5 Introduzione Da più di trent’anni il territorio nazionale è percorso da un numero crescente di ornitologi, professionisti o dilettanti, che dedicano il proprio tempo (lavorativo o libero) allo studio o alla semplice osservazione dei rapaci diurni, e tra essi alle tre specie oggetto di questo convegno. Tre specie che sovrappongono gran parte dei loro areali e l’ambiente di nidificazione, e che, inevitabilmente, condividono la lunga lista di “appassionati” che ad esse rivolgono le proprie attenzioni. È difficile studiarne una ignorando le altre due, quando ci sono; ecco così che i titoli di molti “frutti” di queste attenzioni le riguardano tutte e tre. Il convegno di Serra San Quirico ha voluto riunire in tre giorni e in un sol luogo, per ovvi motivi, quanti non riescono più a fare a meno di cercare, nella penisola, lungo le sue coste e nelle piccole isole, la soddisfazione di scoprire una “nuova coppia” o di confermare semplici o “ardite” ipotesi. Il tentativo sembra avere avuto buon esito, almeno a giudicare dai numeri: 40 partecipanti “addetti ai lavori” a ciascuna delle due tavole rotonde del 26 marzo, quasi 150 alle due sessioni del 27, tutte le regioni dell’Italia peninsulare rappresentate e trattate, 25 contributi originali pubblicati in questo volume a firma di ben 78 Autori. In più un esperimento di trattamento “univoco” di dati e conoscenze, apparentemente ben riuscito ed utile alla comprensione di alcuni significativi “fenomeni” riguardanti le popolazioni delle tre specie. Infine diverse proposte di coordinamento, di condivisione di obiettivi e linguaggi (la lingua è la stessa ma i “dialetti” permangono) che se non altro tradiscono il desiderio di confronto e condivisione, facendo apparire superabili certe “gelosie” che si spera appartengano esclusivamente al passato. Da tutto ciò la soddisfazione di chi ha ideato, organizzato, sostenuto e (crediamo) partecipato all’iniziativa. Un sentito ringraziamento è rivolto ad Alessandro Andreotti, in particolare per il suo decisivo contributo all’impostazione dei lavori e alla rilettura critica dei contributi, come anche a Pierandrea Brichetti e Francesco Mezzavilla per la grande attenzione accordata all’iniziativa. Il Comitato organizzatore Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 7 Indice Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Presentazione pag. 5 Introduzione pag. 7 I sessione: Stato delle conoscenze, problemi di conservazione e prospettive per le ricerche in Italia Bernardino Ragni Trentatré anni di Mal d’Aquila pag. 15 Massimiliano Scotti, Jacopo Angelini La tutela della biodiversità nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi pag. 21 Paolo Fasce, Laura Fasce Stato delle ricerche sull’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia pag. 25 Giovanni Leonardi, Alessandro Andreotti Lo stato delle ricerche finalizzate alla redazione del Piano d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus feldeggii pag. 36 Massimo Brunelli Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia pag. 50 Mauro Magrini, Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro Rapaci e praterie: uno studio triennale nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi pag. 59 Stefano Allavena Problemi attuali di conservazione dei rapaci diurni in Italia pag. 63 Alessandro Andreotti, Giovanni Leonardi Proposta per una standardizzazione del monitoraggio delle popolazioni di rapaci rupicoli nidificanti in Italia pag. 66 Francesco Mezzavilla Il CISO e le indagini sui rapaci. Indirizzi per un approfondimento delle ricerche pag. 71 Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 9 Indice II sessione: Stato delle conoscenze, problemi di conservazione e prospettive per le ricerche nelle regioni peninsulari Saura Andreotti, Massimo Campora, Renato Cottalasso, Laura Fasce, Paolo Fasce, Riccardo Nardelli, Ubaldo Ricci L’Aquila reale Aquila chrysaetos e il Pellegrino Falco peregrinus nell’Appennino ligure e piemontese pag. 79 Ubaldo Ricci, Michela Adami, Saura Andreotti, Luigi Armentano, Mario Cenni, Monica Lazzeri, Mauro Magrini, Riccardo Nardelli, Luigi Sesti L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana settentrionale pag. 83 Guido Ceccolini, Fausto Fabbrizi, Riccardo Nardi La presenza del Lanario Falco biarmicus e del Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana meridionale pag. 87 Mario Bonora, Luca Bagni, Angelo Battaglia, Pierpaolo Ceccarelli, Mario Chiavetta, Pierfrancesco Ferrari, Mauro Ferri, Dario Martelli, Maurizio Ravasini, Lorenzo Rigacci, Stefano Schiassi L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Emilia Romagna pag. 91 Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Gianni Cristiani, Carla Gambaro, Mauro Magrini, Massimo Pandolfi, Bernardino Ragni L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nelle Marche pag. 95 Mauro Magrini, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro, Paolo Perna, Bernardino Ragni L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Umbria pag. 99 Massimo Brunelli, Stefano Allavena, Fabio Borlenghi, Luigi Corsetti, Stefano Fanfani, Felice Simmi L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nel Lazio pag. 103 Antonio Antonucci, Carlo Artese, Siro Baliva, Mauro Bernoni, Marco Carafa, Marco Cirillo, Gino Damiani, Fabio De Marinis, Simone De Biase, Samuele Di Giovanni, Eugenio Di Zenobio, Paola Franceschini, Paolo Gialleonardo, Giorgio Lalli, Giorgio Marini, Stefano Scivola, Massimo Pellegrini Monitoraggio dell’Aquila reale Aquila chrysaetos in Abruzzo nella stagione riproduttiva 2003 pag. 107 Augusto De Sanctis, Massimo Pellegrini Aggiornamento delle conoscenze sulla distribuzione e lo status del Lanario Falco biarmicus e del Pellegrino Falco peregrinus in Abruzzo 10 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione pag. 109 Indice Lorenzo De Lisio, Stefano Allavena, Marco Carafa, Nicola Colonna L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Molise pag. 112 Stefano Piciocchi, Danila Mastronardi, Gabriele de Filippo Stato delle conoscenze su Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus in Campania pag. 117 Antonio Sigismondi, Michele Bux, Nicola Cillo, Vincenzo Cripezzi, Marisa Laterza, Ventura Talamo Il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Puglia pag. 120 Antonio Sigismondi, Michele Bux, Nicola Cillo, Marisa Laterza L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Basilicata pag. 123 Massimo Pandolfi, Alessandro Tanferna, Giorgia Gaibani, Paolo Perna, Mauro Tripepi, Pierpaolo Storino, Salvatore Urso, Toni Mingozzi L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Calabria e nel Parco Nazionale del Pollino: consistenza e status delle popolazioni pag. 126 Altri contributi Mauro Magrini, Paolo Perna Riepilogo ed analisi delle conoscenze sullo status delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare pag. 133 Mauro Magrini, Paolo Perna Proposta per il coordinamento del monitoraggio di base delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare pag. 140 Elenco degli autori pag. 143 Immagini dall'area di studio pag. 147 Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 11 I sessione STATO DELLE CONOSCENZE, PROBLEMI DI CONSERVAZIONE E PROSPETTIVE PER LE RICERCHE IN ITALIA Chairmen: Massimiliano Scotti e Mauro Magrini 14 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Trentatré anni di Mal d’Aquila Bernardino Ragni Dip. di Biologia Cellulare e Ambientale, Università degli Studi di Perugia, via Elce di Sotto 60123 Perugia Nelle prime due pagine del volumetto intitolato “Mal d’Aquila” (Ragni 1976) si legge: “Tutto è cominciato il 2 novembre 1971. Stavamo scendendo il gran fianco erboso di un monte dell’Appennino centrale…”, “l’aquila era stupenda: il sobrio piumaggio marrone…”, “Roteò senza fretta, con le vaste ali immobili…”, “Non potevo immaginare che sarei diventato sofferente di mal d’Aquila, ma il contagio era ormai avvenuto…”. è vero: quelle 43 pagine densamente stampate con caratteri “corpo 8” e illustrate da disegni e foto dell’autore, sono la prova dichiarata della morbosa passione, praticamente una dipendenza, che travolse Ragni dal 1971 al 1976. Poi quella fase acuta si cronicizzò, la malattia, insieme al suo agente eziologico, divennero una componente strutturale, perfettamente percepita e controllata, della consapevolezza e della cultura del contagiato. Dalla metà degli anni Settanta dello scorso secolo alcune decine di persone condivisero, con livelli diversi di virulenza, tale morbosa passione ma, tra tutti, due di essi ancora oggi l’hanno cronicizzata e intimamente assimilata: Luigi Armentano e Mauro Magrini. Entrambi discussero la loro tesi di laurea di naturalisti su tale agente eziologico; per il primo è stata l’inizio di un lungo, permanente giuoco colto e appassionato, per il secondo è stata l’inizio di una professione rigorosa, amorevole e non negoziabile. Ma perché Aquila chrysaetos fa ammalare di passione? Scomodare J. W. Goethe per rispondere al quesito non è difficile per uno spoletano: fu infatti al cospetto del Ponte delle Torri di Spoleto, il 26 ottobre 1786, che il grande drammaturgo tedesco, nel corso del suo Italienische Reise (1816-17), intuì che la “seconda natura” costruita dall’uomo piace ed appassiona in quanto funzionale, armoniosa, utile; mentre ciò che non ha funzionalità, armonia, utilità, “nasce morto” e quindi non potrà mai essere “bello”, mai piacere, mai appassionare. Per dirla con Goethe, quindi, la “natura prima” Aquila reale, piace e appassiona perché è bella, in quanto funzionale, armoniosa, utile. Utile a se stessa, naturalmente. Infatti l’Aquila reale, nell’ambito dei grandi uccelli cacciatori e carnivori obbligati, è la specie “più”. Quella a più vasto range geografico (tutto l’emisfero boreale dai pressi del Circolo Polare a oltre il Tropico del Cancro) a più vasto range ecologico (dalla tundra al deserto, dalla steppa alla foresta, dal mare ai crinali altomontani, dai pressi delle metropoli alle lande inabitate) a più vasto range predatorio-alimentare (Artropodi, Pesci, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi, da sotto il grammo a 50 chili di peso). Una così vasta utilità non può che essere il risultato (o la causa?) della massima funzionalità, sia morfologica che fisiologica e comportamentale: le forze modellatrici dell’evoluzione hanno disegnato, con l’Aquila reale, il più versatile ed efficiente strumento vivente del suo segmento zoologico, quello che, meglio di chiunque altro, è in grado di propagare con successo i propri geni nel tempo e nello spazio. La vista umana, uno dei più completi ed efficienti recettori e interpretatori di immagini, percepisce l’Aquila reale come armonia; essa, nell’ambito dei grandi uccelli cacciatori e carnivori obbligati, è la specie mai “troppo”: le ali non sono troppo larghe o troppo strette rispetto alla lunghezza, non sono troppo lunghe o troppo corte rispetto alla coda, il collo non è troppo corto o troppo lungo rispetto al corpo, gli artigli non sono troppo lunghi o troppo corti rispetto ai tarsi, questi non sono troppo lunghi o troppo corti rispetto alle gambe e alle cosce, la testa non è troppo corta o troppo lunga rispetto alla ranfoteca, il capo non è troppo lungo o troppo corto rispetto al collo; anche nel dimorfismo sessuale (marker degli uccelli specialisti nella Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 15 Bernardino Ragni caccia di prede medio-grandi) Aquila chrysaetos non è “troppo”: il maschio non è troppo grande e troppo lento per non riuscire a strappare lo scoiattolo rosso dai rami di un faggio nel folto della foresta (Valnerina, Umbria, giugno 1973) e la femmina non è troppo piccola e troppo debole per non volare in soccorso del compagno esausto, afferrare dai suoi artigli una enorme lepre bruna, e colmare, potente e sicura, l’alto dislivello che separa i due dal nido, con due pulli (Valnerina, Umbria, luglio 1974); entrambi non sono troppo lenti e troppo rigidi per non cacciare e nutrirsi pressoché esclusivamente di uromastici, portando all’involo tre juvenes all’anno (Deserto del Negev, Israele, aprile 1987). L’armonia morfologica e locomotoria è anche eleganza; così come i colori della livrea; il bruno-nero-violaceo, con vivide chiazze bianche, segnala per breve tempo la vulnerabilità e l’inesperienza della giovinezza e dell’immaturità: gli affini saranno tolleranti, gli estranei li cacceranno senza ferocia se invaderanno il loro spazio vitale (Valnerina, Monti Sibillini, Appennino Umbro-marchigiano, Marsica, Orecchiella, Monti Lagorai, Stelvio, Gran Paradiso, Engadina, 1967-2002); il bruno-marrone-ardesia è il sobrio colore dell’età adulta, della maturità e dell’esperienza, che non hanno più bisogno di segnali salva-vita, ma l’identità di Golden eagle è sancita, inequivocabilmente, dal regale pendant dorato della nuca e dei grandi piedi. Ecco quindi spiegata, si spera, la causa del Mal d’Aquila: essa è bella, semplicemente bella, almeno agli occhi ed ai sentimenti dei suoi contagiati. I biologi, i naturalisti, i ricercatori, gli scienziati, non devono vergognarsi di ammettere, prima a se stessi, poi con gli altri, che amano e trovano bello l’oggetto del loro lavoro e del loro studio. Tale condizione non toglie “scientificità” o “oggettività” o “rigore” o “razionalità” ai risultati, alla discussione, alle conclusioni, della loro produzione scientifica. Al contrario, le difficoltà economiche, le incomprensioni, l’indifferenza, che tali lavoratori incontrano nel programmare, avviare e portare a termine il loro prodotto, potranno essere attenuate, addirittura in certi casi rimosse, proprio dalla passione per l’oggetto e lo scopo del lavoro. 16 Trentatré anni fa, nel capoluogo di Mal d’Aquila, il paese di Gavelli i cui abitanti consideravano simpatici birbaccioni gli immaturi del rapace che di tanto in tanto si “servivano” delle galline razzolanti tra la piazzetta ed il campo di bocce, le case medievali erano quasi tutte abitate da famiglie residenti, che allevavano centinaia di pecore, decine di vacche e vitelli, decine di cavalli e muli, e un asino, cavavano tartufi neri, ceduavano i boschi, producevano dello splendido pecorino. Dopo l’autunno del 1976, laddove si conclude Mal d’Aquila, una serie di “opere pubbliche” attaccò il paesaggio e gli ecosistemi di quel frammento di Appennino Umbro, il quale può essere considerato un perfetto campione geografico, ecologico, antropico, di tutto l’Appennino calcareo centro-meridionale. Nel 1977-78 furono aperte numerose strade e piste di “servizio” e di “miglioramento” per i pascoli e per i boschi, associando il danneggiamento ecologico e paesaggistico intrinseco, a quello indotto dovuto alla nuova accessibilità al traffico motorizzato di ampi distretti precedentemente raggiungibili solo a piedi e su cavalcatura. A seguito del disastroso terremoto che colpì la Valnerina ed i Monti Sibillini nel settembre del 1979, l’inviolata vetta del Monte Coscerno, oasi di protezione e riserva di lepri e coturnici per le aquile di Mal d’Aquila, fu raggiunta da una strada per l’impianto e la manutenzione di antenne radio, al fine di migliorare le comunicazioni della nascitura “protezione civile”: agli occhi dei contagiati il peggiore danno ambientale di quel sisma. A partire dal 1975 arrivarono e si insediarono il cinghiale, il lupo e il capriolo; scomparve definitivamente la starna italica e si ridusse al lumicino la coturnice. Nel gennaio 1980 una femmina di Aquila reale al terzo anno cattura e uccide una femmina adulta-giovane di Gatto selvatico europeo, inesorabilmente acriptica sul biancore diurno del manto nevoso che ricopriva tutta la Valle di Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Trentatré anni di Mal d’Aquila Campofoglio, a qualche decina di metri dalla vista esterrefatta di due contagiati. Ma nel maggio 1984 una splendida femmina adulta di Aquila reale, probabilmente in attività di cova, fu trovata morta nei pressi della frazione di Caso, l’altro paesino di Mal d’Aquila. L’uccello era stato attraversato da un proiettile di arma da fuoco che l’aveva ucciso quasi sul colpo. Un cacciatore di cinghiali e di caprioli a bordo del suo fuoristrada, illegalmente in vetta al Coscerno tramite le nuove strade, aveva illegalmente potuto abbattere quel meraviglioso animale anche grazie alla totale assenza di qualsiasi sorveglianza? I biologi di Mal d’Aquila hanno ritenuto ciò molto probabile. Intanto, dopo Mal d’Aquila e dopo le tesi di Armentano e Magrini, i contagiati estesero lo studio scientifico a tutto l’Appennino Umbromarchigiano, ai rilievi interni dell’Umbria, alla Sicilia: al convegno internazionale di Roma sulle tecniche e sull’etica delle reintroduzioni ne definirono le esigenze ecologiche (Ragni 1976); al convegno degli zoologi italiani di Firenze portarono la prima situazione umbro-marchigiana ed un caso di sostituzione del partner (Armentano e Ragni 1981 Magrini e Ragni 1981); al convegno degli zoologi italiani di Bari portarono osservazioni sull’etologia (Magrini et al. 1982); al primo seminario italiano sui censimenti faunistici di Urbino portarono la loro esperienza (Ragni et al. 1982 - pubbl. 1988); nel piano per la conservazione dell’area di Mal d’Aquila indicarono metodi e provvedimenti dedicati alla specie (Fratoni et al. 1984); nella ricognizione nazionale sull’ecologia e conservazione dell’Aquila reale curata da P. e L. Fasce trattarono della situazione umbro-marchigiana (Ragni et al. 1984); per la Regione dell’Umbria inserirono l’Aquila reale nelle ricerche sulle specie regionali di interesse venatorio e naturalistico (Ragni e OIKOS 1984); nel 1986 pubblicarono lo stato delle conoscenze sulla biologia della specie nell’Appennino Umbro-marchigiano (Ragni et al.); nello stesso anno furono invitati al Premier colloque international sur l’Aigle royal en Europe tenutosi ad Arvieux, Francia (Magrini et al. 1987); alla Third world conference on birds of prey di Eilat, Israele, portarono una comparazione eco- etologica tra popolazioni appenninica e siciliana (Ragni et al. 1987); furono invitati al congresso annuale dell’Associazione Italiana Naturalisti di Bagnoregio per trattare degli effetti sulla specie dell’impatto ambientale (Ragni 1988); furono invitati al quarto convegno siciliano di ecologia per trattare degli effetti sulla specie di randagismo, ripopolamenti e reintroduzioni (Ragni 1992); una ricognizione sulla biologia e sullo status è stata pubblicata in una monografia dedicata all’ambiente e alla fauna della Valnerina e dei Monti Sibillini (Magrini 1995); in una mostra di divulgazione scientifica organizzata nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini è stata curata una monografia sulla specie (Magrini 1998). Dopo trent’anni da Mal d’Aquila (e di mal d’aquila!) in un giorno d’aprile del 2001, Ragni e nuovi, giovani contagiati, si trovano a Cime di Mutali, una delle emergenze cacuminali dell’Appennino calcareo Umbro-marchigiano presso Fossato di Vico (PG). In tale luogo sono state erette due torri eoliche, reciprocamente distanti 140 metri, alte 46 metri al rotore con tre pale lunghe 22 metri, costituiscono un ingombro sterico alto 68 e largo 44 metri; ogni pala pesa 3,5 tonnellate, la cui punta può raggiungere, in esercizio, la velocità di 250 km orari. Alle 10.50 un’Aquila reale è scesa in volo picchiato, ha sfrecciato sul piccolo valico scendendo ancora sul versante del rilievo per 300-400 metri, quindi si è sollevata in volo veleggiato roteante per poi dirigersi verso il rilievo dal quale sembrava essere provenuta. Si trattava di un subadulto al terzo anno di età di sesso maschile. Le cause scatenanti il comportamento dell’Aquila reale sono da ricondurre ad un tipico tentativo di predazione su lepre bruna che poteva essere stata scorta dal rapace sul pascolo cespugliato del versante in prossimità del crinale. Il rapace ha sorvolato gli osservatori esattamente sulla verticale delle loro teste ad un’altezza non superiore a 70-80 metri. La distanza, in laterale, della traiettoria di volo dalla torre eolica è stata di 60 metri e, dalla punta di una delle pale, di meno di 40 metri; la distanza minima, in verticale, dell’uccello dalla punta di una delle pale è stimabile tra 0 e 10 metri. Il luogo nel quale si è svolto l’evento descrit- Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 17 Bernardino Ragni to non ricade tra quelle aree dell’Appennino Umbro-marchigiano per le quali ci si deve necessariamente attendere un’elevata probabilità di presenza ed attività dell’Aquila reale (Magrini et al., questo convegno); ciò perché Cime di Mutali dista non meno di 20 chilometri dal più vicino territorio accertato di nidificazione della specie. D’altra parte l’osservazione si discosta in modo altamente significativo dalla possibilità che si sia trattato di un evento stocastico dato che le probabilità che ciò si verificasse sono P = 0,000000002; vale a dire che quei ricercatori avevano 1 probabilità su 500 milioni di incontrare per caso, quel giorno, un’Aquila reale a Cime di Mutali. Ciò significa che la presunta marginalità di Cime di Mutali relativamente alla presenza e all’attività dell’Aquila reale nell’Appennino Umbro-marchigiano è da considerarsi infondata, in quanto l’evento osservato da questo gruppo di studio deve evidentemente ripetersi con frequenza, nonostante le condizioni di alterazione e frammentazione locale dell’ecosistema. La frequentazione funzionale di Cime di Mutali da parte del più grande e raro uccello da preda diurno d’Italia non deve stupire; infatti quell’individuo, nella sua condizione di subadulto o adulto-giovane, fa parte della frazione non territoriale della popolazione di Aquila reale dell’Appennino Umbro-marchigiano e come tale costretto dalle coppie monogame, adulte e residenti, a tenersi lontano dai territori di alimentazione e nidificazione di queste; territori che normalmente comprendono le aree ecologicamente più produttive ed integre: le meno modificate e frammentate dall’attività antropica. Quindi, nell’angusto Appennino Umbro-marchigiano non esistono luoghi effettivamente “marginali” ai fini della sopravvivenza dell’Aquila reale, nemmeno quando risultano così localmente alterati; in subordine, naturalmente, ai luoghi che mostrano, ancora, un buon grado di conservazione del paesaggio geografico, i quali devono essere considerati d’importanza primaria, e cioè 18 strategici, per la conservazione della specie nelle due regioni. La popolazione appenninica di Aquila reale, ed in particolare quella della sezione Umbromarchigiana, è caratterizzata da un bassissimo valore di densità di popolazione, exceptionally low secondo Jeff Watson (1997) che cita i dati di Ragni et al. (1986); ciò è dovuto alla particolare sinergìa negativa tra la modesta offerta trofica naturale e la storica influenza delle attività antropiche sull’ambiente fisico e biotico dell’Italia peninsulare (Ragni et al. 1987). L’evento osservato dai contagiati ha mostrato tutta la pericolosità che le torri eoliche possono rappresentare per l’Aquila reale nell’Appennino Umbro-marchigiano: considerando la velocità di spostamento (100-150 Km/h) e la distanza d’involo di qualche chilometro, i 38 e gli 0-10 metri che separavano il rapace dalla punta di una delle pale possono essere considerati inesistenti. A pale ferme (pochi minuti prima del passaggio ruotavano) qualche possibilità di evitare l’impatto, attraversando lo spazio interposto, potrebbe esistere; ma con tali strutture in movimento, apparentemente lente a causa della notevole lunghezza, l’uccisione dell’Aquila reale è inevitabile. L’estrema probabilità o certezza, a lungo andare, degli esiti infausti per l’Aquila reale derivanti dalla sua frequentazione di zone come Cime di Mutali deriva dalla ben nota peculiarità del comportamento predatorio della specie. L’Aquila reale appartiene al gruppo di rapaci diurni che adotta una strategia predatoria fondata sulla sequenza: ricerca-avvistamento-avvicinamentoinseguimento veloce in picchiata-contatto-uccisione della preda, sul terreno o in aria. Innumerevoli dati scientifici, osservazionali e sperimentali, hanno dimostrato che l’Aquila reale, come altre specie di cacciatori e carnivori obbligati, nel corso di una sequenza predatoria accumula elevate dosi di “comportamento appetitivo” durante le fasi di ricerca, avvistamento e avvicinamento della preda, che viene poi liberato in forma prorompente nello ”atto consumatorio” Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Trentatré anni di Mal d’Aquila delle fasi di inseguimento, contatto e cattura della stessa: in questa parte della sequenza il rapace è totalmente “rapito” dall’azione di raggiungimento della preda, da giungere a perdere ogni inibizione nei confronti del luogo e delle componenti fisiche, biotiche e abiotiche, dello spazio nel quale l’azione lo ha portato a trovarsi; potendosi porre in condizioni di estrema pericolosità per la sua sopravvivenza. Per dirla in parole povere, in tali circostanze il predatore, specialmente nelle classi d’età giovanili, “perde la testa”! Naturalmente più il luogo è conosciuto, più è libero da strutture antropiche, meno è modificato nel suo assetto naturale, minori sono le probabilità che tale specifico comportamento possa risolversi infaustamente per il rapace. L’evento osservato a Cime di Mutali ricade, classicamente, in tale pattern eco-etologico. A trentatré anni da Mal d’Aquila nella frazione di Gavelli, in quel campione di Appennino calcareo, le case medievali sono quasi tutte inabitate, qualcuna è stata venduta a non-residenti, non ci sono più pecore, vacche, vitelli, cavalli, muli e l’asino, né formaggio fatto in casa; qualche strada e qualche antenna radio si sono aggiunte a quelle realizzate negli anni Settanta; tuttavia il Paesaggio ad Aquila reale (Ragni et al. 1986) ha sostanzialmente tenuto, infatti essa, l’oggetto della passione, c’è ancora. Ma lassù, come in quasi tutti i crinali dell’Appennino tra Umbria e Marche, amministratori ingenui e/o incolti o truffaldini, dai governi regionali a quelli di piccoli comuni montani, progettano la promozione e l’affermazione dell’industria eolica. Alla diffusione del mito eolico non sono estranei naturalisti senza scrupoli e associazioni ambientaliste conniventi; gli affetti da Mal d’Aquila vedono in questo scenario il più cupo futuro, tremendamente prossimo e incombente, che abbia mai insidiato il Paesaggio ad Aquila reale dal Neolitico ad oggi. Nel Paesaggio ad Aquila reale dell’Appennino Umbro-marchigiano, la componente strategica (sensu principio di Liebig) è rappresentata dalle praterie primarie e secondarie cacuminali e di alto versante; queste, a monte dei territori di nidificazione, costituiscono gran parte dei territori di caccia e alimentazione, nonché dei siti di display territoriale e riproduttivo. La cancellazione di tali componenti ad opera dei “parchi eolici” e dei loro annessi e connessi, sarebbe la cancellazione dell’Aquila reale dall’Appennino Umbro-marchigiano. Per i biologi ed i naturalisti che non si vergognano di amare il bello, non v’è distinzione tra Paesaggio ad Aquila reale e Aquila reale: uno senza l’altra non hanno ragione di esistere. BIBLIOGRAFIA Armentano L., Ragni B. 1981. Note sulla popolazione di Aquila reale nell’Appennino umbro-marchigiano. Bollettino di Zoologia, 48 supp., Firenze: 15. Fratoni F., Giacchè L., Orsomando L., Ragni B. 1984. Piano per la conservazione e l’uso razionale dell’ambiente naturale del Gruppo Coscerno-Civitella-Aspra (Media Valnerina Umbria). In: Verde, città, territorio. Aspetti, dinamiche e metodologie della tutela ambientale urbana ed extraurbana. Edizioni Centro Studi Valleremita, Fabriano: 273-292. Goethe J. W. 1959. Viaggio in Italia (1786-1788). Vallecchi Editore, Firenze: 173 pp. Magrini M. 1995. L’Aquila reale. In: Ragni B. (ed). La Fauna selvatica e l’Ambiente della Valnerina e dei Monti Sibillini. Arnaud Editore, Perugia: 120-137. Magrini M. 1998. L’Aquila reale nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Nuova Eliografica, Spoleto: 47 pp. Magrini, M., Ragni B. 1981. Sostituzione di un partner in una coppia di Aquila reale. Bollettino di Zoologia, 48 suppl., Firenze: 70. Magrini M., Angelini J., Armentano L., Gambaro C., Perna P., Ragni B. Questo convegno. L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Umbria. In: Magrini M., Perna P. (eds). Atti del Convegno “Aquila reale, lanario e pellegrino nell’italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione”. Magrini M., Pirisinu Q., Ragni B. 1982. Note etologiche sull’Aquila reale. Boll. Zool., 49 Suppl., Padova: 113. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 19 Bernardino Ragni Magrini M., Ragni B., Armentano L. 1987. L’Aigle Royal dans la partie centrale des Appennins. In: Samy M. (ed). L’Aigle Royal (Aquila chrysaetos) en Europe. Briancon: 29-32. Ragni B. 1976. Mal d’Aquila (Osservazioni sulla biologia dell’Aquila reale nell’Appennino centrale). In: S.O.S. Fauna. Animali in pericolo in Italia. Ed. WWF, Camerino: 373-416. Ragni B. 1976. Esigenze ecologiche del Gatto selvatico e dell’Aquila reale in caso di reintroduzione. In: Reintroductions: techniques and ethics (Seminario internazionale). Ed. WWF, Roma: 183-194. Ragni B. 1988. Impatto ambientale e pianificazione naturalistica: il caso dell’Aquila reale e della Lince eurasiatica nell’Appennino centrale. Congresso annuale dell’Associazione Italiana Naturalisti, Bagnoregio: 11 pp. Ragni B. 1992. I predatori e le “3R”: aspetti conservazionistici e gestionali relativi ai felini e ai rapaci. In: Impatto 3R, Randagismo, Ripopolamenti, Reintroduzioni. Collana di Ecologia, diretta da Marcello La Greca. Zangarastampa, Siracusa: 75-90. Ragni B., OIKOS s.a. 1984. Ricerche sulla distribuzione geografica e sull’habitat in Umbria di specie di mammiferi e uccelli d’interesse venatorio e naturalistico. Università degli Studi di Perugia, Regione dell’Umbria, Perugia: 27 pp., tavv. I-XV. Ragni B., Magrini M., Armentano L. 1984. Appennino Umbro-marchigiano. In: Fasce P., Fasce L. L’Aquila reale in Italia. Edizioni LIPU, Parma: 34-36. Ragni B., M. Magrini, L. Armentano. 1986. Aspetti della biologia dell’Aquila reale (Aquila chrysaetos) nell’Appennino umbro-marchigiano. Avocetta, 10: 71-85. Ragni B., Magrini M., Seminara S. 1987. Comparison on the breeding and population biology of Golden Eagle in two different areas of the Mediterranean region. Third World Conference on Birds of Prey, Eilat, Israel: 18. Ragni B., Armentano L., Inverni A., Magrini M., Mariani L. 1988. Esperienze di censimento dell’Aquila reale (Aquila chrysaetos) con il metodo naturalistico. In: Pandolfi M., Frugis S. (eds). Atti del I Seminario italiano sui censimenti faunistici - Metodi e applicabilità alla gestione territoriale. Arti Grafiche Editoriali, Urbino: 243-245. Watson J. 1997. The Golden Eagle. T & AD Poyser, London. 20 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione La tutela della biodiversità nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi Massimiliano Scotti1, Jacopo Angelini2 1 Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi, Via Marcellini, 5 60048 Serra San Quirico (An) 2 Via Berti, 4 60044 Fabriano (An) Il Parco Naturale Regionale Gola della Rossa e di Frasassi è stato istituito nel 1997; si estende su una superficie di 9.167 ettari dell’area montana della provincia di Ancona e comprende quattro aree SIC e tre ZPS individuate ai sensi delle direttive europee. Il mosaico ambientale che caratterizza questo territorio, presenta molte tipologie del paesaggio montano appenninico tra cui spiccano le gole rupestri, le cavità ipogee e le praterie sommitali. In relazione all’altitudine, si individuano due piani di vegetazione: quello collinare che si estende sino ad 800-850 m s.l.m. e quello montano che si sviluppa al di sopra sino alle quote più alte rinvenibili nella zona (Monte San Vicino, m 1479). Nel piano collinare, si trovano boschi a dominanza di Roverella con la presenza di Orniello e Acero trilobo. Sui rilievi calcarei dominano formazioni miste a prevalenza di Carpino nero. Negli impluvi e nei canaloni, in condizioni climatiche umide e fresche, si sviluppano boschi dominati da Nocciolo e Carpino bianco, mentre nelle aree esposte a sud si osservano formazioni di sclerofille sempreverdi in cui prevale il Leccio. Il piano montano presenta formazioni forestali a dominanza di Faggio che si sviluppano al di sopra dei 900 m nei versanti più freschi esposti a nord. In molti casi, si osservano anche l’Acero riccio, l’Acero di monte, l’Olmo montano. Diverse zone del territorio, al pari di altre aree delle dorsali appenniniche, sono state interessate da interventi di rimboschimento di conifere effettuati a partire dalla fine del 1800, mentre lungo le sponde dei fiumi Esino e Sentino permangono nuclei di bosco ripariale a dominanza di Pioppo bianco e Pioppo nero associati a varie specie di salici. Nel territorio del Parco, si rinvengono estese formazioni prative soprattutto nelle zone sommitali dei rilievi. Queste praterie hanno tutte un’origine secondaria, sono cioè distribuite su aree che potenzialmente appartengono al dominio del bosco e sono state ricavate attraverso il disboscamento che per secoli ha interessato tutta l’area. La gran parte di queste praterie è costituita da pascoli xerofitici in cui spicca una tipologia ambientale che la Direttiva “Habitat”, codifica come ambiente prioritario; si tratta delle “Formazioni erbose secche e seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco Brometalia)* stupenda fioritura di orchidee” - Cod. 6210, allegato I, Direttiva n. 43/92/CEE. Il patrimonio floristico, presenta grande varietà di specie, alcune rarissime, in relazione alla variabilità climatica e morfologica dei diversi ambienti. In particolare nelle gole rupestri si concentrano specie interessanti, di elevato interesse biogeografico e scientifico, quali Moehringia papulosa, pianta rupicola endemica. Nelle gole rupestri si trovano altre piante endemiche dell’Appennino centrale, come Campanula tanfanii e Saxifraga lingulata var. australis. Sulle pareti rocciose calcaree sopravvive la rarissima Ephedra major, specie relitta risalente al Terziario. Gli ambienti suddetti ospitano specie animali rare ed importanti almeno quanto le specie floristiche. Gli studi effettuati nell’ambito del Quadro Conoscitivo Territoriale per la redazione del Piano del Parco e i monitoraggi che vengono effettuati evidenziano la presenza di specie molto interessanti sia tra gli Anfibi, che nelle classi di Rettili, Uccelli e Mammiferi; ad esempio le praterie secondarie risultano utilizzate da gran parte delle specie di interesse comunitario e conservazionistico monitorate. Tra i rapaci si deve sottolineare la presenza di specie nidificanti quali il Falco pecchiaiolo, il Biancone, l’Astore, l’Aquila reale, il Lanario, il Pellegrino, il Lodolaio ed il Nibbio reale, quest’ultimo oggetto di un riuscito progetto di reintroduzione. Altre specie come l’Albanella minore, il Falco di palude e il Nibbio bruno vengono regolarmente rilevate nel periodo delle migrazioni. Anche alcune specie di Passeriformi, accertate come nidificanti nel parco, sono legate ecologicamente alle praterie Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 21 Massimiliano Scotti, Jacopo Angelini secondarie, tra queste la Tottavilla, il Calandro, l’Ortolano, il Culbianco, l’Averla piccola ed il Succiacapre. successiva si ritiene imprescindibile la partecipazione, anche economica, dell’Amministrazione Provinciale. Altre specie di rilevante interesse conservazionistico sono state osservate e studiate nel territorio del Parco, non solo in aree SIC e ZPS: la Salamandrina dagli occhiali, il Tritone italico ed il Geotritone tra gli Anfibi, il Cervone tra i Rettili e, tra i Mammiferi, il Lupo e almeno dieci specie di Chirotteri, alcune delle quali mai segnalate per le Marche, rilevate nelle cavità ipogee non ancora sfruttate a livello turistico (Cod. 8310, allegato I, Direttiva n. 43/92/CEE). Alcune delle specie suddette sono inserite negli allegati II e IV della Direttiva Habitat; per la loro conservazione, quindi, si richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione o una protezione rigorosa. ·Area faunistica rapaci e centro recupero; importante per il monitoraggio delle cause di ricovero e quindi per la verifica dei fattori limitanti delle diverse specie, in particolare per il Lanario e il Pellegrino. Gli studi effettuati, sia in campo zoologico che botanico, hanno convinto l’Amministrazione della Comunità Montana dell’Esino-Frasassi, ente gestore del Parco, a realizzare un Centro Studi per la Conservazione della Biodiversità all’interno delle aree protette, a scala locale e regionale, che si colleghi con le attività svolte dalla Regione anche attraverso l’apporto scientifico delle Università e dei professionisti presenti sul territorio. In tal senso è opportuno sottolineare alcuni progetti che sono stati realizzati, altri che sono in fase di attuazione o che verranno realizzati nel prossimo futuro. Tali progetti non sono rivolti esclusivamente all’approfondimento delle conoscenze relative alla tutela della biodiversità regionale, ma dovranno fornire degli indirizzi gestionali appropriati per la conservazione degli ambienti e delle specie che li abitano. A questo punto è doveroso focalizzare l’attenzione sugli ultimi due progetti appena elencati, in quanto il primo rappresenta un esempio di buone pratiche da trasmettere e da tenere in considerazione per il futuro, mentre il secondo individua le linee di programmazione per la progettualità dei prossimi anni. ·Potenziamento della Rete Ecologica; si tratta di un progetto di potenziamento delle connessioni ambientali del Parco, attuato anche attraverso la minimizzazione dell’impatto dovuto alla presenza di elettrodotti sulle specie dell’avifauna, in attuazione della Rete Ecologica Regionale, finanziato con i fondi del Docup ob. 2; ·Studio di fattibilità per la reintroduzione della starna in collaborazione con Associazioni Venatorie e Ambientaliste e A.T.C.; per la fase 22 ·Reintroduzione del Nibbio reale; è stato realizzato tramite un co-finanziamento europeo Docup ob. 5b ed ha avuto risultati eccellenti; attualmente viene condotto con fondi propri dell’amministrazione del parco e in collaborazione con il WWF. ·Osservatorio naturalistico - Centro Studi per la Conservazione della Biodiversità. La reintroduzione del Nibbio reale, condotta dal WWF Italia, è stata finanziata dal Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi, anche attraverso fondi della Regione Marche ob. 5B, asse 2, sottoprogramma 1.2 Progetti aree protette “Conservazione e valorizzazione aree protette”. Sono stati seguiti i criteri indicati dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) e lo studio di fattibilità è stato realizzato dal Prof. Fernando Hiraldo, Direttore della Estacion Biologica de Doñana (Spagna). Il progetto ha visto l’approvazione del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali attraverso la Commissione C.I.T.E.S. - Corpo Forestale dello Stato, che ha autorizzato anche l’acquisizione di nibbi reali spagnoli da Galicia ed Extremadura. I principali fattori limitanti per questa specie sono rappresentati dalla rarefazione dell’habitat, dal ricorso ai bocconi avvelenati, dal bracconaggio e anche dalla presenza di centrali per la produzione di energia eolica. Il Nibbio Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione La tutela della biodiversità nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi reale risulta estinto nelle Marche dal 1950 e l’obiettivo del progetto è quello di sostenere la popolazione dell’Italia centrale creando un nuovo nucleo riproduttivo. Nell’ambito del progetto, in località Vallemontagnana (Fabriano), nell’oasi WWF “Bosco di Frasassi”, è stato realizzato un centro per l’acclimatazione e la riproduzione; il centro ospita gli individui per un periodo di ambientamento di 6-8 mesi. I primi 8 nibbi reali sono stati rilasciati nel 2001; altri 2 esemplari ogni anno sono stati reintrodotti nel 2002 e nel 2003, mentre nel corso del 2004 è stato rilasciato un solo esemplare. Fino alla data del Convegno, sono stati liberati in totale 13 individui, tutti dotati di anelli di identificazione. Gli animali sono stati muniti di un’apposita radiotrasmittente allo scopo di essere seguiti durante gli spostamenti dai ricercatori dell’Università di Urbino. I risultati della ricerca radiotelemetrica, sono stati pubblicati sia in occasione del IV Convegno eurasiatico sui Rapaci di Siviglia, sia al I Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni di Treviso. Gli studi hanno reso possibile la verifica dell’utilizzo del territorio da parte della specie, mentre osservazioni periodiche hanno consentito di verificare la sua ecletticità sia come spazzino, che si nutre di animali morti lungo le strade, sia come “selezionatore” di altre specie; interessanti risultano le predazioni osservate sui nidiacei di Cornacchia grigia e Gazza, spunto per una ricerca sul ruolo del Nibbio reale nel riequilibrare la rete trofica nel territorio del Parco. È stata inoltre verificata la riproduzione di una coppia nel 2002 e nel 2004, con l’involo di 2 giovani per ogni anno. Molti degli individui reintrodotti sono stati osservati frequentare l’area di reintroduzione, specialmente in periodo invernale, ed hanno dato luogo ad un sito di riposo (roost) in un bosco circostante. Per il futuro si prevede l’acquisizione di altri individui dalla Spagna e dalla Corsica e si prevede di realizzare, nella primavera del 2006, un convegno europeo sullo status e la conservazione della specie e sulle prospettive per il futuro. Il Centro Studi per la Conservazione della Biodiversità è una struttura tecnica interna al Parco, ideata in collaborazione con la Regione Marche - Settore Ambiente, il cui programma di lavoro raccoglie ed individua le linee progettuali del Parco per i prossimi anni. In quest’ottica sono stati iniziati dei progetti, ed altri stanno per essere ultimati, che si propongono di sondare e approfondire diversi aspetti della conservazione della biodiversità, non solo a livello territoriale locale, ma anche a scala regionale, che possono essere brevemente riassunti nei seguenti punti: ·Monitoraggio dei processi dinamici della vegetazione, con particolare riferimento alla evoluzione delle praterie secondarie ·Monitoraggio dell’utilizzo delle praterie secondarie da parte dei rapaci diurni durante il periodo post-riproduttivo ·Monitoraggio della presenza del Lupo nei territori del Parco e della Comunità Montana ·Ricerca pluriennale sulla biologia e l’ecologia dei rapaci diurni del Parco Contributo alla Individuazione di una “Rete Ecologica Marchigiana” attraverso l’approfondimento delle ricerche sulla biodiversità vegetazionale, oppure tramite i rilevamenti per la realizzazione di un Atlante delle specie prioritarie ai sensi della Direttiva Habitat o comunque minacciate a livello regionale; in questa ottica si prevede l’approfondimento degli studi e gli indirizzi gestionali relativi ad altri gruppi tassonomici quali ad esempio, l’entomofauna, l’ittiofauna, ma in particolare i Chirotteri e gli Anfibi. I progetti, le ricerche e le attività promosse non dovranno rappresentare esclusivamente lo spunto per riflessioni teoriche a beneficio dei soli “addetti ai lavori”; al contrario, uno degli obiettivi principali che il Centro Studi per la Conservazione della Biodiversità si propone, forse quello più ambizioso ed anche più difficile da raggiungere, è la individuazione di programmi, azioni ed interventi gestionali che siano esportabili, ma soprattutto praticabili al di fuori dei confini delle aree protette. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 23 Massimiliano Scotti, Jacopo Angelini BIBLIOGRAFIA Allavena S., Angelini J., Pellegrini Mr. 2001. The Red Kite in Italy. 4th Eurasian Congress on Raptors. Seville (Spain), Estacion Biologica de Donana, Raptor Research Foundation. Angelini J. 1996. Biology and ecology of Golden Eagle Aquila chrysaetos in the Frasassi’s gorge. Central Appennine. 2nd International Conference on Raptors. Raptors Research Foundation. University of Urbino. Angelini J. 2000. I rapaci: conoscerli per tutelarli. Parco Naturale Gola della Rossa e di Frasassi. WWF ITALIA. Comunità Montana dell’Esino-Frasassi. Angelini J., Armentano L., Magrini M., Perna P. 2003. I rapaci diurni del Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi - Dati di consistenza e biologia riproduttiva. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27 (1): 25. Angelini J. Tanferna A., Bulgarini F., Pandolfi M. 2003. Primi risultati sulla reintroduzione di Nibbio reale Milvus milvus nel Parco Naturale “Gola della Rossa e di Frasassi”. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27 (1): 129. Angelini J., Tanferna A., Bulgarini F., Pandolfi M. 2001. Reintroduction of Red Kite (Milvus milvus) in Gola della Rossa Regional Park (Italy) and first radiotracking data of released birds. 4th Euroasiatic Congress on Raptors. Sevilla (Spain), Estacion Biologica de Donana, Raptor Research Foundation. 24 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Stato delle ricerche sull’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia Paolo Fasce, Laura Fasce via G. d’Annunzio, 2/112 16121 Genova Le pubblicazioni sull’Aquila reale in Italia dei primi anni del 900 riguardavano essenzialmente la sua distribuzione, rilevata molto spesso attraverso le catture. Negli anni 30 troviamo le prime notizie sulla nidificazione e sulla biologia della specie. 24 sono i lavori risalenti agli anni tra il 1900 e il 1970; negli anni 70 13 lavori trattano prevalentemente della distribuzione, ma forniscono pure le prime notizie sui parametri riproduttivi, gli aspetti gestionali e di conservazione della specie. Negli anni 80 sono stati pubblicati 44 lavori sull’Aquila: vi compaiono revisioni storiche, rilevamenti della distribuzione, notizie di varia natura sulla biologia, sui parametri riproduttivi, sulle minacce alla specie, suggerimenti di gestione territoriale e di protezione della specie. 56 lavori, tra cui diversi Atlanti, sono apparsi negli anni 90 e 27 negli anni 2000: essi comprendono l’elaborazione critica dei dati, raccolti ormai per diversi anni da vari Autori, oltre ovviamente ad aggiornamenti di distribuzione e a dati di biologia ed etologia. Da un punto di vista geografico, sul oltre 160 pubblicazioni dal 1970 a oggi, rileviamo che il maggior numero di pubblicazioni (75) riguarda l’Appennino, mentre 57 riguardano le Alpi e 19 le isole; 7 riguardano la distribuzione in tutta Italia. Al I° Convegno Italiano sui Rapaci diurni e notturni di Treviso, svoltosi nel 2002, avevamo presentato proprio un aggiornamento sullo stato delle ricerche sull’Aquila reale in Italia, che aveva portato a valutarne la consistenza nazionale superiore alle 500 coppie (Fasce e Fasce 2003). Come già allora avevamo puntualizzato, l’incremento rispetto alle ultime stime pubblicate è dovuto a un maggiore approfondimento delle ricerche, ma pure all’insediamento di nuove coppie, che hanno ricolonizzato siti noti storicamente in Italia centrale e meridionale, che hanno occupato zone marginali rispetto all’areale di distribuzione o si sono inserite in nuovi territori, ubicati tra altri siti di nidificazione già noti. La Tab. 1 riassume la situazione esposta allora, con i soli aggiornamenti pervenuti dalle nostre ricerche per le Alpi Occidentali (con la collaborazione di Franco Bergese ed altri) e dal gruppo di lavoro per gli Appennini Settentrionali. Tabella 1. Popolazione italiana di Aquila reale censite 134 48 186 368 stimate 136 59 209 404 Appennino settentrionale Appennino centrale Appennino meridionale Totale Appennino 25 30 7 62 27 36 10 73 Sicilia 15 17 Sardegna 41 53 Totale Italia 486 547 Alpi occidentali Alpi centrali Alpi orientali Totale Alpi Rielaborato da Fasce e Fasce 2003 Facciamo ora alcune brevi considerazioni sullo status e sul grado di conoscenza della popolazione. · In alcune zone del territorio tradizionalmente occupato dalla specie è ancora necessario, a nostro avviso, un censimento approfondito: tra queste le Alpi lombarde e l’estremità orientale dell’arco alpino. · Alla luce dei nuovi insediamenti rilevati in Piemonte e Liguria, è utile una prospezione di zone considerate fino a poco tempo fa non idonee alla specie, per esempio zone pedemontane o di elevata altitudine. ·è carente la conoscenza della reale consistenza numerica della popolazione. Si può ipotizzare la presenza di un certo numero di adulti non territoriali e, per le Alpi italiane, una percentuale vicina al 30%, se non maggiore, di immaturi e subadulti, valore peraltro suscettibile di variazioni anche forti localmente. Per quanto riguarda l’Appennino i dati a questo Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 25 Paolo Fasce, Laura Fasce proposito sono molto scarsi. Il numero totale di individui in Italia dovrebbe essere compreso fra 1260 e 1450. · Anche la composizione per classi di età è poco nota: quanto si sa viene dedotto quasi esclusivamente dalla composizione delle coppie territoriali. Ne emerge che la popolazione alpina è formata da un maggior numero di individui adulti rispetto a quella appenninica, probabilmente a causa delle maggiori persecuzioni a cui la specie va soggetta in Appennino. Nelle Alpi occidentali la percentuale di coppie adulte è in media del 95% (massimo 99% nel 1990; minimo 89% nel 1992), mentre in Appennino questa percentuale scenderebbe anche al 60% (Chiavetta 2001). · I parametri della popolazione non sono valutabili con certezza, dato che non vi sono programmi di marcaggio, e dato che spesso i valori pubblicati non sono omogenei nella metodologia e nella terminologia; pur registrando nelle Alpi un decremento di produttività rispetto a una decina di anni fa, essi sono buoni e indicano una sostanziale stabilità della specie (l’abbassamento della produttività è compensato dall’aumento in numero di coppie riproduttrici). Per l’Appennino, i parametri della popolazione sono molto meno conosciuti: la produttività, come pure nelle isole, è però in genere più elevata che nelle Alpi. è difficile dare una valutazione critica di questo fatto, poiché siamo in genere portati a considerare una buona produttività segno inequivocabile della buona salute di una popolazione e/o della buona qualità del territorio che la ospita. Peraltro la spiegazione potrebbe essere individuata nel fatto che, mentre nelle Alpi la popolazione è satura, la popolazione appenninica è in fase di espansione e/o ricolonizzazione. Da quanto esposto, è evidente che conosciamo ancora poco i meccanismi di regolazione della densità dell’Aquila: prendiamo perciò spunto da questo fatto per esaminare quali campi di ricerca dovrebbero essere ampliati. Alcuni approfondimenti sono ovvi: · La durata degli studi. Data la longevità della specie, sono necessari diversi anni per ottenere parametri riproduttivi attendibili. Questo anche alla luce della nostra ignoranza in merito alla durata e qualità della vita feconda degli 26 individui. · La continuità della rilevazione. Una serie ininterrotta di dati si associa ad una maggiore affidabilità degli stessi. · La qualità dei dati. Le tre visite minime raccomandate durante la fase riproduttiva (Fasce 1982) sono importanti. · L’omogeneità nella raccolta e pubblicazione dei dati. Altri elementi potrebbero essere raccolti solo grazie a programmi di marcaggio, di fatto quasi impossibili a realizzarsi, vuoi per la difficoltà di catturare gli individui, vuoi per il costo, vuoi per la mancanza di sistemi di marcatura sufficientemente duraturi. Altri aspetti della biologia della specie sono invece poco o nulla studiati. Altre volte abbiamo accennato a questi argomenti, ma ancora una volta riteniamo utile esaminarli, convinti del loro interesse e della loro utilità. · I fenomeni che influiscono sulle variazioni annuali nella produttività, che potrebbero essere spiegate con le variazioni quantitative delle popolazioni di specie-preda. Devono però esistere altri fattori che influenzano questo parametro. Abbiamo in passato ipotizzato per l’arco alpino un legame con le condizioni climatiche invernali (maggiori precipitazioni nevose=maggiore reperibilità di carcasse di animali morti sotto slavine e valanghe), ma le osservazioni degli anni successivi hanno poi smentito questa ipotesi. Sicuramente le condizioni climatiche hanno influenza durante l’allevamento del giovane e questo spiega ad esempio l’elevata produttività del 2003 nelle Alpi occidentali (picco di massimo relativo, pari a 0,52), anno che ha visto la totale assenza di periodi di cattivo tempo nella zona a partire dalla fine di aprile. Potrebbe esservi una relazione con le caratteristiche del territorio: Watson (1997) ritiene che la riproduzione sia favorita da una larga disponibilità di 1-2 specie preda di taglia ottimale, mentre una dieta varia e generica causerebbe una maggiore dispersione di energie (e quindi una performance riproduttiva di qualità inferiore), dovuta all’affinamento di diverse tecniche di caccia, necessarie a nutrirsi con adeguatezza. L’ampiezza della Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Stato delle ricerche sull’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia nicchia trofica sarebbe dunque inversamente proporzionale, in buona approssimazione, alla buona qualità del territorio. Un’altra spiegazione, proposta da Haller (1982), è che, in caso di raggiungimento della carrying capacity, lo stress indotto dalla continua necessità di difendere il proprio territorio causerebbe un abbassamento di produttività. Come abbiamo più volte sottolineato, però, secondo noi questo fattore, ancorché importante, non è certamente il solo in gioco, come invece pensa Haller, perché in zone alpine protette, dove le risorse alimentari sono eccellenti ed è presente anche un buon numero di individui erratici oltre a quelli territoriali, abbiamo potuto rilevare una produttività più alta di quella rilevata in zone marginali, con densità faunistica inferiore e minore densità di individui. Sarebbe dunque interessante poter mettere in relazione tutti i parametri di produttività con la densità faunistica, poiché se una bassa disponibilità alimentare porta a una bassa densità di Aquile, una scarsa disponibilità delle specie che costituiscono la preda principale può portare ad una bassa produttività. Vale forse la pena di ribadire come il parametro produttività, cioè il calcolo del numero di giovani involatisi diviso il numero di coppie controllate per anno, sia tra i più significativi per valutare le condizioni della popolazione: esso, infatti, tiene conto di tutti i tipi di fallimento durante la fase riproduttiva e fornisce una indicazione sulle risorse del territorio, essendo sicuramente dipendente dalle risorse alimentari. · I meccanismi che regolano l’interruzione del ciclo riproduttivo. Si sa che un certo numero di coppie non depongono uova: la percentuale media sui 2113 controlli delle Alpi occidentali è del 25% (minimo 2% nel 1995, massimo 52% nel 2001). Altre coppie, pur deponendo e covando regolarmente, non portano a buon fine la nidificazione. Sempre nelle Alpi occ., la percentuale media di nidificazioni fallite su quelle intraprese è di 24,2% (1140 accertamenti di cova in corso; minimo nel 1987 di 13% e massimo nel 2001 di 46%). Purtroppo non sappiamo quasi mai quando la riproduzione si è interrotta e tanto meno il motivo. Questo parametro potrebbe costituire un altro elemento nel puzzle della comprensione del meccani- smo di autoregolazione della popolazione. Per chiarire questo aspetto sarebbe necessario un monitoraggio quasi quotidiano, comunque regolare e continuativo delle coppie in cova, cosa che non è mai stata attuata, ma assolutamente fattibile, per esempio nell’ambito di qualche progetto di ricerca. A questo dovrebbe evidentemente seguire l’analisi delle uova non schiuse per determinarne la fecondazione o meno. · Il cainismo. Le Aquile reali appartengono al gruppo di specie per cui questo fenomeno è facoltativo. Esso si verifica soprattutto nei primi 20 giorni di vita dei pulli e il suo significato selettivo è chiaro: riduce la competizione per cibo e aumenta le probabilità di sopravvivenza del pullus aggressore. Il pullus più debole semplicemente viene ucciso prima di morire di fame. Il fenomeno del cainismo può però verificarsi anche in presenza di apparente abbondanza di cibo, forse per prevenire uno sviluppo insufficiente di entrambi i pulli in una fase successiva. Secondo Watson (1997), il cainismo è facoltativo dove ci sono fluttuazioni stagionali nel clima e quindi nella quantità di cibo disponibile. Inoltre la differenza di taglia tra i due pulli è un importante fattore immediato nella probabilità di cainismo. Se il cibo è abbondante, la femmina può deporre le uova a breve distanza, riducendo le possibili differenze di taglia tra i due nidiacei. Dunque l’accertamento della frequenza di casi di cainismo aiuterebbe a valutare la qualità del territorio. · La mortalità. Nelle Alpi occidentali in 32 anni si sono involati 994 juvv = 31,06 juv/ anno e si ha certezza di 70 sostituzioni nelle coppie = 2.2 casi/anno. Questo porta ad una sopravvivenza giovanile di almeno 7,08%. Il valore effettivo è però maggiore, in quanto ci sono sicuramente giovani sopravvissuti che non sono entrati a far parte di coppie o che vi sono entrati in fase già adulta. Sempre dall’osservazione della scomparsa di un partner dalle coppie territoriali, otteniamo un valore minimo di mortalità adulta. Le 70 sostituzioni avvenute nelle 1933 coppie di cui è stata controllata la composizione nelle Alpi occ. (altre 26 composte da adulto e subadulto erano di recente formazione o negli anni precedenti un partner Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 27 Paolo Fasce, Laura Fasce era già subad o non era stata precedentemente controllata la composizione) costituiscono pertanto l’1,83% dei casi. La mortalità adulta deve essere pari, come minimo, allo stesso valore. In realtà deve essere maggiore, poiché non abbiamo potuto rilevare i casi di sostituzione di adulto con adulto. Per l’Appennino avevamo proposto a Treviso (Fasce e Fasce 2003) una valutazione simile, sulla base dei dati raccolti da Chiavetta (2001), che portava ad una mortalità adulta minima di 8,67% e ad una sopravvivenza giovanile del 19,2%. L’apparente incongruenza della maggiore entità di entrambi i valori si spiega considerando che a causa delle persecuzioni, la mortalità adulta è effettivamente maggiore che nelle Alpi, mentre la sopravvivenza giovanile viene rilevata solo dalle sostituzioni nelle coppie, necessariamente più frequenti, data la maggiore mortalità adulta. Il fatto che così spesso un subadulto entri a far parte di una coppia territoriale indica che non vi sono adulti in soprannumero in quantità sufficiente a rimpiazzare quelli morti, rendendo così necessaria una sostituzione per così dire “di ripiego”. L’apparente maggiore sopravvivenza giovanile è dunque un sintomo negativo della situazione generale di questa parte della popolazione, perché dimostra la difficoltà di raggiungere l’età adulta. · I motivi dell’avvicendamento nell’occupazione dei nidi a disposizione di ogni coppia. Newton (1979) ipotizzava una migliore difesa dai parassiti, ma conosciamo coppie che si sono riprodotte nello stesso nido per diversi anni (anche se questo non invalida necessariamente l’ipotesi, in quanto negli anni di utilizzo dello stesso nido potrebbero non essersi verificate parassitosi). Watson (1997) ritiene possa trattarsi di una affermazione territoriale. Per noi il fenomeno resta inspiegabile. · Un interrogativo che è venuto ad essere di attualità con i recenti nuovi insediamenti: quali sono i fattori che determinano la scelta di un territorio? Gli individui tornano nei pressi del 28 luogo natale e si insediano quando e dove possibile? Oppure la scelta rispetta regole che non riusciamo ad intuire? Il fenomeno della filopatria non ci risulta ancora accertato per l’Aquila. Studi condotti nell’Idaho (Steenhof et al. 1984) e da Haller (1994), hanno evidenziato una maggiore portata degli spostamenti dei giovani nei primi due anni di vita. · Quali sono le variazioni nella performance riproduttiva? Quanto varia la produttività in relazione all’individuo e, per uno stesso individuo, al variare dell’età? Sebbene senza poterne dare alcuna prova, noi pensiamo che, come Newton (1986) ha verificato per lo Sparviero, vi siano variabilità individuali di natura genetica e che si verifichi un aumento graduale nella performance individuale ed una successiva diminuzione con l’età. La produttività di un individuo sembra poi influenzata dalla qualità del territorio, dato che abbiamo assistito a lunghe serie di eccezionali regolarità nella riproduzione in alcuni territori, particolarmente ricchi in risorse alimentari. Riepilogando quindi gli argomenti più interessanti da approfondire sono i seguenti: · completamento del censimento · accertamento della consistenza numerica · valutazione percentuale delle classi di età · ampliamento della raccolta dati finalizzata alla valutazione dei parametri riproduttivi · ampliamento nel tempo della suddetta raccolta · comprensione della relazione tra produttività e caratteristiche del territorio · studio dei fenomeni che determinano l’interruzione del ciclo riproduttivo · valutazione della mortalità giovanile ed adulta · studio della dispersione giovanile · filopatria · elaborazione e pubblicazione dei dati in forma il più possibile omogenea per metodologia e terminologia. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Stato delle ricerche sull’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia BIBLIOGRAFIA Chiavetta M. 2001. 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Delle quattro o cinque sottospecie sino ad ora riconosciute, solo una non abita i grandi deserti del Paleartico occidentale: si tratta di F. b. feldeggii, distribuito nell’Europa meridionale ed in piccole enclavi nella regione del Caucaso (Abuladze et al. 1991; Leonardi 2001). L’areale di questa sottospecie, in linea di massima, sembra indicare una netta preferenza verso ambienti caldo-asciutti, a conferma dell’origine africana del taxon; di conseguenza, alcuni Autori hanno dedotto che il ridotto numero di coppie, nonché la loro frammentata distribuzione, sia legata alla limitata capacità a colonizzare ambienti più freddi e piovosi (Glutz von Blotzheim et al. 1971; Cade 1982). F.b.feldeggii in relazione alla sua rarità è stato inserito dall’UE tra i taxa di prioritario interesse conservazionistico in Europa (cfr. Tucker e Heath 1994; Birdlife International 2004) ed è stato oggetto di un piano d’azione internazionale (Gustin et al. 1999). Poiché si stima che oltre il 75% della popolazione europea viva in Italia, il nostro Paese ha forti responsabilità per la conservazione di questo rapace. Per questo, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio nel 2002 ha affidato all’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) uno studio biennale per la produzione di un piano d’azione nazionale. La decisione di promuovere attività di studio, propedeutiche alla redazione del piano d’azione, è stata motivata dalle scarse conoscenze disponibili sul Lanario (Leonardi, 2001), malgrado diversi Autori abbiano lavorato su questa specie (all. n. 1). Sino ad ora sono mancati programmi di ricerca coordinati e a lungo termine sui diversi aspetti della biologia e dell’ecologia di questo Falconiforme ed anche le informazioni 36 sulla consistenza della popolazione nidificante risultano disomogenee. A questo ha concorso il mancato uso di metodologie standard, che ha reso difficile effettuare comparazioni tra aree e periodi diversi ed ha ostacolato l’ottenimento di stime precise (cfr. Andreotti e Leonardi, questo convegno). In relazione all’esigenza di determinare nel modo più accurato possibile lo status della popolazione italiana, nonché le minacce e i fattori limitanti attualmente esistenti, aspetti essenziali per la redazione del piano d’azione, nel programmare le ricerche sono stati individuati i seguenti obiettivi prioritari: 1) la definizione della distribuzione e della consistenza della popolazione di Lanario nei diversi contesti regionali; 2) l’individuazione dei principali parametri che condizionano la distribuzione delle coppie nidificanti su ampia scala; 3) il miglioramento delle conoscenze sulla biologia riproduttiva e sull’eco-etologia della specie attraverso rilievi effettuati in aree campione. MATERIALI E METODI Gli obiettivi della ricerca hanno determinato la necessità di operare contemporaneamente su diverse scale, adottando differenti modalità per la raccolta e l’elaborazione dei dati: 1) l’indagine per la definizione della distribuzione e della consistenza della popolazione italiana su ampia scala è stata condotta sull’intero territorio occupato dalla specie attraverso un rilevamento sul campo e la raccolta delle informazioni pregresse disponibili. I rilievi sono stati effettuati da oltre 70 osservatori operanti in 12 regioni nel corso delle stagioni riproduttive 2003 e 2004. Il coordinamento è stato curato dall’INFS, che ha definito una metodologia standardizzata per la raccolta delle informazioni relative a ciascun sito occupato (all. n. 2), all’area oggetto del monitoraggio e allo sforzo di rilevamento (all. n. 3). Il passaggio di infor- Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Lo stato delle ricerche finalizzate alla redazione del Piano d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus feldeggii mazioni tra coordinamento nazionale e singoli rilevatori è avvenuto tramite la redazione di tre newsletters veicolate per via informatica e l’individuazione di responsabili regionali, ornitologi di comprovata esperienza sul Lanario, disponibili a fungere da referenti locali per la rete di monitoraggio. Questi hanno svolto un ruolo di raccordo con i collaboratori e hanno verificato la validità e la completezza dei dati rilevati. La raccolta delle informazioni pregresse disponibili ha riguardato sia la distribuzione e la consistenza delle coppie nidificanti nel decennio precedente, sia le segnalazioni di soggetti in dispersione al di fuori dell’areale riproduttivo noto. Le notizie pregresse su distribuzione e consistenza delle coppie nidificanti sono state acquisite dalle fonti bibliografiche e dai responsabili regionali, mentre quelle sui soggetti in dispersione sono state ricavate anche dalle collezioni museali, dai centri per il recupero della fauna selvatica, nonché da siti web e discussion list on line, purché adeguatamente documentate. 2) l’individuazione dei principali parametri che condizionano la distribuzione delle coppie nidificanti è stata effettuata sulla base dei dati raccolti al precedente punto 1) utilizzando applicazioni GIS. La carta d’Italia rasterizzata ed orientata attraverso l’uso di software cartografici (ArcView e MapInfo) è stata usata come base (layer) per la costruzione di una griglia con maglia di dimensioni 10∞10 km, costituita da 2.909 celle. Ognuna di queste celle costituisce l’unità fondamentale di riferimento a cui associare le variabili in grado di influenzare la distribuzione del Lanario (clima, precipitazioni, vegetazione potenziale, uso del suolo, ecc.) e il dato riguardante la presenza (1) o l’assenza della specie (0) come nidificante. Per evitare inconvenienti statistici dovuti alla estrema sporadicità o totale assenza del Lanario in alcuni ambiti geografici, non sono stati considerati l’arco alpino e la Sardegna. Tra gli obiettivi finali che si prevede di raggiungere al termine del lavoro vi è quello di mettere a punto un modello che definisca la probabilità di trovare la specie all’interno di ciascuna cella in relazione ai diversi parametri ambientali esistenti, calcolando una serie di regressioni logistiche confrontate con un modello probabilistico (Area Under Curve - AUC) (Fielding e Bell 1997). 3) il miglioramento delle conoscenze sulla biologia riproduttiva e sull’eco-etologia della specie ha comportato una serie di osservazioni standardizzate, effettuate da fine gennaio a fine giugno, con cadenza settimanale, in corrispondenza dei siti di nidificazione occupati all’interno di due aree di studio ubicate nella Sicilia centroorientale e nell’Appennino settentrionale. Nel corso delle stagioni riproduttive 2003 e 2004 sono stati registrati i comportamenti dei membri delle coppie e dei giovani, le interazioni con le altre specie presenti, le risposte dei soggetti alle varie forme di disturbo antropico. Dopo l’involo sono stati visitati i nidi per prelevare resti di prede e boli. In un ambito territoriale più vasto che ha interessato, oltre all’Emilia-Romagna (D. Martelli e coll.) e alla Sicilia (G. Leonardi e coll.), anche il Lazio (M. Brunelli e coll.), l’Abruzzo (A. De Sanctis e M. Pellegrini) e parte delle Marche (G. Marini e coll.), nel 2003 sono stati effettuati rilievi volti a determinare la produttività delle coppie nidificanti. Complessivamente hanno collaborato 27 rilevatori che hanno seguito 91 siti su un territorio esteso 25.444 km2. Nella maggior parte dei casi è stata controllata la popolazione già conosciuta in passato, tuttavia in alcune realtà (Lazio, Sicilia orientale) vi è stato un incremento considerevole della copertura rispetto all’anno precedente. RISULTATI I dati raccolti nel corso delle attività di ricerca sono ancora in fase di analisi, tuttavia le prime elaborazioni effettuate consentono di tracciare un bilancio provvisorio del lavoro svolto. 1) distribuzione e consistenza della popolazione italiana - La piena adesione al programma di monitoraggio da parte di tutti i gruppi di ornitologi che nelle diverse realtà regionali si dedicano all’osservazione dei rapaci rupicoli ha permesso di delineare con un livello di precisione superiore rispetto al passato l’areale occupato dal Lanario in Italia e di stimare la consistenza della popolazione nidificante (Fig. 1 e Tab. 1). In particolare, è stato chiarito quali sono le realtà dell’Italia peninsulare che ospitano i nuclei riproduttivi più consistenti e sono state individuate le aree ove intensificare in futuro gli sforzi di Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 37 Giovanni Leonardi, Alessandro Andreotti monitoraggio. I dati riferiti al ritrovamento di individui al di fuori degli areali riproduttivi, inoltre, hanno permesso di evidenziare la capacità di dispersione della specie e di definire gli ambiti maggiormente frequentati dai soggetti in fase di svernamento e/o erratismo. 2) principali parametri che condizionano la distribuzione delle coppie nidificanti - La creazione di una banca dati nazionale contenente le informazioni relative ad ogni sito di nidificazione occupato dalla specie nel corso dell’ultimo decennio ha consentito di ottenere un numero di dati sufficientemente ampio da analizzare i parametri che condizionano la distribuzione delle coppie nidificanti sul territorio. In particolare, le celle nel cui ambito sono stati segnalati siti di nidificazione di Lanario nel periodo 1990-2004 sono risultate 162, a cui se ne aggiungono 180 ove è stata riscontrata la sola presenza di individui non impegnati nella riproduzione. Da una prima analisi generale sul clima (Fig. 2) si nota come il Lanario per nidificare selezioni prevalentemente le celle a clima temperato sub-litoraneo o sub-continentale, pur non disdegnando anche quelle a clima temperato caldo. 3) biologia riproduttiva ed eco-etologia - I dati eco-etologici raccolti in Sicilia in Appennino settentrionale sono tuttora in fase di elaborazione; i primi risultati ottenuti mostrano tuttavia la notevole importanza che una conoscenza dettagliata della specie riveste ai fini di una efficace politica di conservazione. A titolo esemplificativo si riporta l’indice dello sforzo parentale in relazione alla dimensione della covata (Fig. 3, - D’Angelo, 2004), che dimostra l’utilità di impiegare la presenza di coppie in grado di allevare quattro giovani quale parametro per valutare lo stato di salute di una popolazione. Per quanto concerne l’indagine condotta in cinque aree di studio, il 35% dei siti controllati è risultato occupato da una coppia territoriale (n = 32) e l’8% da un singolo individuo (n = 7). Considerando l’area totale esplorata, la densità di coppie si aggira attorno a 1/795 km2. Il 25% delle coppie non ha deposto per motivi che non sono noti. Sempre in relazione al totale delle coppie censite (quindi contando anche quelle che non hanno deposto) solo il 62% ha portato a termine la nidificazione con successo, facendo involare almeno un giovane. 38 Complessivamente è stato prodotto un numero di giovani (n = 42) corrispondente al 65% della popolazione riproduttrice. Considerando che, probabilmente, solo 1/3 dei giovani arriva allo stadio adulto e che una coppia ipoteticamente ha bisogno di un sostituto almeno ogni 3 anni (dato teorico estrapolato in base alla situazione riscontrata in Sud Africa dove, in presenza di una popolazione florida, si stima un rimpiazzo ogni 5 anni, Kemp 1993) vi è la possibilità di un turnover effettivo solo per l’87% delle coppie. I nuovi siti occupati individuati per la prima volta sono molto pochi (n = 3) e tutti alternativi ad altri situati nelle vicinanze. CONCLUSIONI L’indagine condotta sulla distribuzione e sulla consistenza della popolazione nidificante ha consentito di migliorare sensibilmente il livello di conoscenza sul Lanario in Italia, malgrado i limiti temporali legati alla necessità di rispettare i termini stabiliti dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio per la redazione del piano d’azione. Il merito di questo risultato va attribuito principalmente a tutti coloro che hanno collaborato come responsabili regionali o come osservatori alla rete di rilevamento e che hanno fornito informazioni sulla situazione pregressa nei diversi contesti regionali. L’esperienza maturata dimostra l’importanza che i programmi coordinati di monitoraggio possono assumere nel caso di specie rare, disperse sul territorio e di interesse prioritario per la conservazione. Si auspica, pertanto, che la rete di rilevamento creata per il Lanario continui ad operare anche in futuro e che analoghi sistemi di monitoraggio possano estendersi a tutti i rapaci rupicoli di maggior valore naturalistico. Considerata la grande responsabilità dell’Italia per la conservazione di F.b.feldeggii, nel prossimo futuro sarebbe importante venissero svolte indagini mirate nelle aree ove mancano informazioni circostanziate sulla presenza della specie e venisse intensificata l’attività di ricerca avviata nel biennio 20032004. Una particolare attenzione dovrebbe essere dedicata allo studio dei parametri ambientali che influenzano la scelta dei siti di nidificazione, nonché dei fattori limitanti che agiscono sulle Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Lo stato delle ricerche finalizzate alla redazione del Piano d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus feldeggii diverse sub-popolazioni. Ringraziamenti - Sentiti ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno contributo, sotto varie forme, allo sviluppo del progetto per il Piano d’Azione per il Lanario e alla creazione della rete di referenti e collaboratori. Un particolare riconoscimento va tributato a Jacopo Angelini, Mario Bonora, Massimo Brunelli, Vincenzo Ca- valiere, Andrea Ciaccio, Pino Cortone, Lorenzo De Lisio, Augusto De Sanctis, Mauro Magrini, Dario Martelli, Bruno Massa, Danila Mastronardi, Toni Mingozzi, Riccardo Nardi, Massimo Pellegrini, Paolo Perna, Lorenzo Rigacci, Maurizio Sarà e Antonio Sigismondi. G. L. ha beneficiato di un assegno di ricerca dell’INFS finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della BIBLIOGRAFIA Abuladze A., Eligulashvili V., Rostiashvili G. 1991. On status of Lanner in Soviet Union. 10th All-Union Ornithological Conference, Vol. 1, 26-28. Minsk. Fielding A. H., Bell J. F. 1997. A reviews of methods for the assessment of prediction errors in conservation presence/ absence models. Environmental Conservation 24, 38-49. Andreotti A., Leonardi G. Questo convegno. Proposta per una standardizzazione del monitoraggio delle popolazioni di rapaci rupicoli nidificanti in Italia. Glutz von Blotzheim U. N., Bauer K. 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Per esigenze di salvaguardia dei siti riproduttivi sono stati omessi i riferimenti a singole celle isolate facilmente identificabili ed è stata ampliata l’estensione effettiva di alcuni sub-areali. Siti riproduttivi (%) Osservazioni (%) 50 50 45 45 40 40 35 35 30 30 25 25 20 20 15 15 10 10 5 5 0 % % Clima (%) 0 Temperato Temperato Temperato Temperato Temperato Temperato Temperato freddo fresco continentale sub sub litoraneo caldo sub tropicale continentale Fig. 2. Ripartizione percentuale delle celle riportate in Fig. 1 all’interno delle diverse fasce climatiche. Gli istogrammi si riferiscono all’insieme di tutte le celle in cui è stata ripartita l’area di studio considerata (n = 2.909), mentre le linee si riferiscono alle sole celle ove sono stati segnalati siti di nidificazione (linea intera; n. = 162) o singoli individui di Lanario (linea tratteggiata; n. = 180). 40 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Lo stato delle ricerche finalizzate alla redazione del Piano d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus feldeggii Regione Tab. 1 - Consistenza della popolazione di Lanario nidificante in Italia. Le stime di ciascuna subpopolazione sono state calcolate in base alla numero minimo e massimo di coppie effettivamente rilevate sul territorio nel corso dell’ultimo decennio, eccetto che per la Campania; per questa regione il numero di coppie nidificanti è stato estrapolato sulla base di osservazioni preliminari e dei dati riportati in letteratura. Popolazione nidificante Emilia Romagna Toscana Marche Umbria Lazio Abruzzo Molise Puglia Basilicata Campania Calabria Sicilia 0-3 11 11 5-9 5-6 6-8 4-6 11 - 16 10 - 13 3-4 4-5 70 - 80 Totale Italia 140 - 172 30000 Tempi medi di riposo Tempi medi delle cure parentali 25000 20000 15000 10000 5000 0 0 1 2 3 4 5 Grandezza della covata (numero piccoli) Fig. 3. Variazioni dei tempi medi spesi per le cure parentali e per il riposo da parte dei genitori in relazione al numero di piccoli presenti nella covata (D’Angelo 2004). Si noti il forte aumento dello sforzo riproduttivo in presenza di nidiate composte da 4 giovani, testimoniato dall’incremento del tempo trascorso dai genitori per le cure parentali e per il riposo in prossimità del nido. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 41 Giovanni Leonardi, Alessandro Andreotti ALLEGATO 1 Principali contributi alla conoscenza della sottospecie Falco biarmicus feldeggii in Italia Amato M., 2004 - Influenza dei fattori microclimatici sulle attività di volo del Lanario (Falco biarmicus feldeggii Schlegel, 1843) durante il periodo riproduttivo. Tesi di laurea in Scienze Naturali A.A. 2003-2004. Università degli Studi di Catania. Angelini J., L. Armentano, M. Magrini, A. Manzi, P. Perna, 1993 - Le popolazioni di Pellegrino e Lanario tra l’alta valle dell’Esino e la valle del Marecchia. Biogeographia, 17: 531-534. Angle G., (non pubblicato) - Dati sullo status del Lanario (F. biarmicus) nel Lazio. II Convegno Italiano di Ornitologia. Parma (1983). Bassi S., M. Brunelli, 1991 - Consistenza e distribuzione del Lanario (Falco biarmicus) nel Lazio: dati preliminari. In: S.R.O.P.U. (ed.), Atti V Convegno Italiano di Ornitologia, Suppl. Ric. Biol. 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Altezza parete (m) Larghezza parete (m) Altezza dalla base della parete al nido (m) Altezza valle (m, altezza dal fondo della valle alla base della parete) Larghezza valle (m, larghezza della valle fino alla base della parete) Pendenza del suolo parete fondo valle (°) Indice Topografico (numero totale delle isoipse tagliate da due linee equivalenti di 2 km disegnate sulla carta nelle direzioni N-S e E-W ed incrocianti sul nido) Apertura della valle (m, distanza partendo perpendicolarmente dal nido fino ad una isoipse di uguale quota) Picco del sito (m, distanza tra il bordo superiore della parete e la parte sommatale del sito) Distanza centro urbano (m, distanza tra la parete e il primo centro urbano) Distanza strade 1 (m, distanza tra la parete e la prima strada sterrata) - Distanza strade 2 (m, distanza tra la parete e la prima strada asfaltata) - Distanza strade 3 (m, distanza tra la parete e il primo sentiero percorribile a piedi) - Distanza abitato (m, distanza tra la parete e la prima abitazione regolarmente usata) - Distanza coltivazione (m, distanza tra la parete e la prima coltivazione) - Distanza aree aperte (m, distanza tra la parete e la prima area aperta incolta) - Strade sterrate (km, totale strada sterrata all’interno del cerchio di 2 km di raggio con centro la parete) - Strade asfaltate (km, totale strada asfaltata all’interno del cerchio di 2 km di raggio con centro la parete) - Distanza nidi (m, distanza tra il nido considerato e il più vicino conosciuto) - Disponibilità pareti (percentuale all’interno di 1 kmq con pareti potenzialmente utilizzabili) Utilizzo del nido (A) nuovo, (B) riutilizzato, (B1) stagione precedente, (B2) in passato: indicare quando Tipo di nido (A) buco, (B) terrazza, (C) cengia Copertura (A) copertura erbacea, (B) nudo, (C) copertura arbustiva/arborea Accessibilità a predatori terrestri si no Geomorfologia (A) arenaria (B) calcare (C) conglomerato (D) altro Esposizione versante Orientazione nido Disponibilità di buchi, cenge e terrazzini idonei nella parete divise in tre classi di grandezza (A) <5 (B) >5 (C) >10 Presenza vegetazione sulla parete classi per altezza (A) erbaceo, (B) arbustivo, (C) arboreo Distanza dalla costa Incluso in aree protette Distanza corpi idrici interni (lago) si no Distanza dall’area protetta più vicina Distanza dal più vicino sito di nidificazione di Falco pellegrino Distanza dal più vicino sito di nidificazione di altri rapaci Distanza dal più vicino sito di nidificazione di Corvo imperiale Presenza nell’area di Gufo reale si no Presenza di uccelli coloniali si no Altre presenze nidificanti in parete Rilevamento caratteristiche ambientali (habitat sampling) Prerequisiti: sarà posta in esame un’area circolare di 2 km di raggio con al centro il sito di nidificazione. Analisi: 1. Se si ha disponibilità di software GIS l’habitat sampling può essere misurato attraverso carte geografiche e/o tematiche orientate nonché ortofoto. In caso di mancanza di carte tematiche e foto aeree, la puntualità dei parametri sull’uso del suolo può essere integrata da sopralluoghi sul campo. 2. Se non si hanno software GIS tutte le misurazioni potranno essere demandate ai referenti oppure direttamente al coordinamento nazionale presso l’INFS. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 47 Giovanni Leonardi, Alessandro Andreotti ALLEGATO 3 Tabella riassuntiva dell’area monitorata PROGETTO PIANO D'AZIONE PER IL LANARIO TA B E L L A ● Anno ● Regione ● Area totale controllata ● 48 RIASSUNTIVA Grado di copertura rispetto alla stagione precedente: uguale (stessi siti controllati) minore maggiore specificare in percentuale quanti siti controllati in più o in meno ● Numero di rilevatori ● Numero di siti controllati ● Numero di siti con singoli individui ● Numero di coppie territoriali ● Numero di coppie che hanno deposto ● Numero di coppie che si sono riprodotte con successo ● Numero di giovani involati ● Siti abbandonati rispetto alla stagione precedente ● Cause di abbandono rilevate ● Nuovi siti occupati rispetto alla stagione precedente ● Siti di Lanario della stagione precedente rioccupati dal Falco pellegrino Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia Massimo Brunelli S.R.O.P.U. Via Aldo Moro, 83 00065 Fiano Romano (RM), e-mail: [email protected] INTRODUZIONE Il Pellegrino è, tra i rapaci, una delle specie che più ha focalizzato l’interesse degli ornitologi; tale interesse ha fatto sì che venisse prodotta una notevole mole di lavori. La dispersione di informazioni nel tempo e in molteplici pubblicazioni (riviste, atti di convegni nazionali e locali, monografie, atlanti ecc.), rende però difficoltoso individuare le carenze sulle conoscenze dei vari aspetti della biologia della specie e analizzare i risultati nel loro complesso. Oltre a riunire le informazioni e aggiornare quanto riportato in altri lavori di sintesi (Schenk et al. 1983; Allavena 1988; Fasce e Fasce 1988; 1992; Allavena e Brunelli 2003; Brichetti e Fracasso 2003), si vuole qui individuare quali aspetti necessitano di ulteriori approfondimenti e stimolare quindi i ricercatori italiani che si occupano di questa specie ad indirizzare di conseguenza le loro indagini. STATO DELLE RICERCHE E PROPOSTE Vengono di seguito analizzati i principali aspetti legati alla biologia e allo status della specie in Italia. Per ognuno di essi sono riportati, attraverso un’analisi bibliografica, i risultati raggiunti dalle ricerche svolte a partire dagli anni ‘70 ad oggi e messe in evidenza le lacune riscontrate. Habitat. L’incremento della popolazione nidificante ha determinato un’espansione dell’areale che, come conseguenza, ha determinato a sua volta l’occupazione di territori un tempo ritenuti marginali. La specie ha infatti colonizzato aree dove la sua presenza era occasionale o molto scarsa, come ad esempio le aree collinari interne dell’Alto Lazio e della Toscana o alcuni ambiti urbani (Allavena e Brunelli 2003). Anche la scelta dei siti riproduttivi sembrerebbe essere meno selettiva e la specie ha iniziato a riprodursi anche su pareti di modeste dimensioni o prossi- 50 me a fonti di disturbo (Brambilla et al. 2003b; Brunelli in stampa). A questo proposito sarebbe interessante avviare delle indagini sulla selezione dei siti, dove vengano presi in considerazione parametri quali altezza della parete, distanza da aree urbanizzate e da strade, presenza di specie preda e competitrici, da mettere in relazione con i parametri relativi al successo riproduttivo. Riproduzione. Complessivamente le ricerche sulla biologia riproduttiva hanno coperto un periodo di trent’anni ed hanno interessato varie aree del Paese; i dati sono stati rappresentati in Tab. 1, riuniti per macro aree (alpina, appenninica, mediterranea) in modo da ottenere dei valori significativi per aree ecologicamente simili. Complessivamente sono state controllate 536 nidificazioni. La produttività (n. giovani involati/n. coppie controllate) è risultata particolarmente elevata nelle aree di studio della Sicilia e della Campania, anche se in quest’ultima regione il campione è molto esiguo; i valori più bassi si sono registrati in alcune aree montane e lungo la costa laziale, ma anche in quest’ultimo caso il campione è troppo esiguo per essere significativo. Il tasso d’involo (n. giovani involati/n. coppie che hanno allevato giovani) è risultato mediamente più elevato per l’area alpina, ma valori simili si sono riscontrati anche nelle altre aree. La percentuale di coppie che si è riprodotta con successo è stata nettamente più elevata nell’area mediterranea. Tramite un’analisi statistica effettuata mediante il Kruskall-Wallis test, non sono emerse differenze significative tra le tre aree, sia per la produttività (H2-13=1,9 P=0,39), sia per il tasso d’involo (H2-13=4,2 P=0,12).. Anche facendo i confronti a coppie mediante il Mann-Whitney test con la correzione di Bonferroni non sono risultate differenze significative. La mancanza di significatività era attesa a causa del campione ridotto. Risulta invece altamente significativa la differenza tra le coppie che hanno allevato giovani Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia nelle tre aree, valutata mediante il test del chiquadrato (∞22=14,7 P=0,0006). Complessivamente, per l’Italia nel periodo 19712002 il valore della produttività è risultato di 1,6; il tasso d’involo di 2,3; la percentuale di coppie che hanno allevato giovani è stata del 68% (i valori sono determinati dalla media dei tre valori registrati per le macro aree). I valori riscontrati rientrano negli intervalli registrati in altri Paesi europei (Cramp e Simmons 1980; Schenk et al. 1983; Gensbol 1988; Ratcliffe 1993). Considerato che l’analisi dei parametri riproduttivi costituisce elemento fondamentale per lo studio dello status e della dinamica di una popolazione, è auspicabile avviare un programma di monitoraggio nazionale che analizzi quantità proporzionalmente rappresentative delle subpopolazioni presenti nelle tre macro aree. Distribuzione, consistenza e densità. Successivamente alla recente revisione sulla distribuzione e la consistenza della specie in Italia (Allavena e Brunelli 2003), si sono rese disponibili indagini riguardanti l’area del Parco dell’Alto Garda Bresciano (Leo e Micheli 2003), le Prealpi centroorientali (Brambilla et al. 2003 b), la Provincia di Ascoli Piceno (Marini e Di Martino 2003), la Campania (Piciocchi e Mastronardi 2003) e il Lazio (Brunelli in stampa; Corsetti e Fusacchia in stampa). Anche i dati che emergono da queste ultime ricerche indicano in modo univoco il trend positivo della specie. Considerato quanto già evidenziato da Allavena e Brunelli (2003) e dalle nuove indagini sopra citate, le conoscenze sulla distribuzione della specie possono essere ritenute soddisfacenti. Per ottenere una migliore conoscenza della consistenza della popolazione italiana, in considerazione del generale incremento e dell’occupazione di siti un tempo ritenuti non idonei, sarebbero auspicabili indagini mirate in alcune aree del Paese, in particolare in quelle per le quali ricerche sistematiche non sono state condotte in quest’ultimo decennio, come ad esempio in Friuli-Venezia Giulia, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. Per quanto attiene alla densità in periodo riproduttivo, i valori disponibili in bibliografia sono stati riuniti in Tab. 2. I diversi criteri applicati per la definizione dell’estensione dell’area di studio (vedere note in Tab. 2) permettono un confronto solo parziale. Tra i dati più interessanti merita una menzione quello relativo all’Appennino Umbro-Marchigiano: qui nella stessa area di studio è stato registrato un incremento di quasi il 50% a distanza di dieci anni. Al fine di rendere il parametro della densità sempre confrontabile, si propone di utilizzare il metodo della “nearestneighbour distance” (Ratcliffe 1993), metodo che già Penteriani e Pinchera (1995) proponevano venisse usato costantemente. A meno che non si tratti di piccole isole o zone molto omogenee circondate da aree sufficientemente estese non idonee alla nidificazione della specie, la definizione della superficie sulla quale calcolare la densità andrebbe definita successivamente alla localizzazione dei siti di nidificazione e non a priori (confini amministrativi, confini di aree protette ecc). Resta comunque complesso stabilire la densità per una specie che, sostanzialmente, trova il principale fattore limitante nella disponibilità dei siti di nidificazione e che frequenta ambienti molto diversi. Per quanto attiene alle distanze minime tra nidi contemporaneamente occupati (Tab. 2), i valori più bassi si sono registrati in Sardegna e Sicilia, e, in misura minore, in corrispondenza dell’Appennino Umbro-Marchigiano; le distanze maggiori si siono riscontrate nelle Prealpi Comasche e nell’Appennino settentrionale. Conservazione. I principali fattori di minaccia per il Pellegrino hanno subito delle modifiche nel corso degli ultimi trent’anni. La persecuzione diretta in passato causava ingenti perdite (Mocci Demartis e Guenzi 1979; Mirabelli 1979; Chiavetta 1981; Fasce e Fasce 1992), ma in questi ultimi anni la situazione sembrerebbe migliorata, anche se non sono rari gli episodi di bracconaggio (Tab. 3). Non è di facile valutazione l’impatto che queste uccisioni determinano sulla popolazione nidificante, in quanto gli abbattimenti avvengono soprattutto in periodo autunno-invernale, quando sono presenti in Italia numerosi individui svernanti provenienti dall’Europa centrale e settentrionale. Per tentare di valutare comunque il fenomeno nel suo complesso, sarebbe molto utile istituire una banca dati nazionale (Fraticelli e Brutti 2003) dove riunire tutti i dati provenienti dai centri recupero della Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 51 Massimo Brunelli fauna selvatica ormai presenti in modo piuttosto diffuso sul territorio nazionale e gestiti da vari Enti (LIPU, WWF, Corpo Forestale delle Stato, Province ecc.). Purtroppo l’abbattimento di specie protette è un malcostume diffuso tra i cacciatori italiani, pertanto si ritiene che sarebbe estremamente negativo per la specie il prolungamento della stagione venatoria fino a tutto febbraio e l’apertura della caccia nelle aree protette di cui in questi tempi si parla. Inoltre occorre considerare che l’attività venatoria provoca disturbo anche nei confronti delle specie non oggetto di caccia, soprattutto quelle che, come il Pellegrino, in gennaio-febbraio si insediano nei siti di nidificazione e iniziano le prime attività di corteggiamento. Il prelievo di piccoli e uova in alcune aree del Paese è stato un fattore di forte impatto sulle popolazioni nidificanti (Mocci Demartis e Guenzi 1979; Chiavetta 1981; Schenk et al. 1983; Fasce e Fasce 1992); attualmente il fenomeno sembra più contenuto, anche se non del tutto scomparso. L’arrampicata sportiva costituisce un importante fattore limitante (Chiavetta 1981; Fasce e Fasce 1992; Bassi e Brunelli 1995), mancano però dati circostanziati e ben ripartiti sul territorio. Sarebbe auspicabile avviare un’indagine che accerti l’impatto reale di questa forma di disturbo sull’occupazione delle pareti e sul successo riproduttivo ed arrivare ad una regolamentazione della modalità di fruizione delle pareti rocciose da parte degli appassionati. L’impatto con elettrodotti è probabilmente causa di decesso per molti soggetti, poiché la specie è considerata tra quelle “estremamente sensibili al rischio elettrico, con mortalità molto elevata” (Penteriani 1998). Anche per questo fattore mancano dati circostanziati per l’Italia; sarebbe pertanto utile individuare la reale portata del fenomeno per studiare e proporre interventi di mitigazione. Le centrali eoliche costituiscono una minaccia potenziale; in Italia questi impianti sono ancora scarsi, ma esistono numerosi progetti, alcuni già in fase di realizzazione. In diverse realtà estere l’impatto dei generatori eolici si è dimostrato fortemente negativo per molte specie di rapaci (Thelander e Rugge 2001). 52 CONCLUSIONI L’incremento che il Pellegrino ha avuto in questi ultimi dieci anni non era immaginabile vent’anni fa; ciononostante resta una specie di grande interesse sia per gli ornitologi, sia per il grande pubblico. Il fenomeno di espansione in atto facilita notevolmente la possibilità di raccogliere importanti quantità di dati, pertanto si potrebbe avviare, a quasi vent’anni dalla prima indagine nazionale su questa specie (Schenk et al. 1983), una nuova campagna di rilevamento su tutto il territorio nazionale. I punti principali di un Piano di Monitoraggio potrebbero essere i seguenti: 1. costituzione di un gruppo di ricerca (possibilmente investito ufficialmente dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e/o dall’INFS e sotto l’egida del CISO); 2. completamento del censimento della popolazione nidificante attraverso al copertura delle aree non interessate da recenti indagini sistematiche; 3. raccolta dei dati sul successo riproduttivo. Essendo impossibile controllare tutte le coppie, si dovrà stabilire una porzione significativa della popolazione (10%) da sottoporre a monitoraggio per un periodo di cinque anni. La selezione dei siti da monitorare dovrà essere ripartita proporzionalmente tra le macro aree in base alla porzione di popolazione nazionale che ognuna di esse ospita. 4. raccolta dei parametri relativi alla selezione dei siti di nidificazione: altitudine, esposizione, caratteristiche geomorfologiche, presenza di specie preda e di competitori (Aquila reale, Lanario, Gufo reale, Corvo imperiale), presenza e tipologia di infrastrutture. Sarebbe inoltre possibile raccogliere molte altre informazioni su altri aspetti altrettanto importanti: nicchia trofica, tasso di mortalità, svernamento, genetica, tossicologia, etc.. Considerando una popolazione nidificante di circa 1000 coppie (Allavena e Brunelli 2003), al termine dei cinque anni si saranno raccolti dati su circa 500 coppie, numero simile a quello delle coppie controllate dal 1971 ad oggi. La riuscita di un tale progetto permetterebbe di avere una serie di dati per un arco temporale Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia di quasi quarant’anni, su un campione di oltre 1000 coppie; le informazioni che si andrebbero ad acquisire costituirebbero un importante riferimento per la conoscenza della specie in ambito mediterraneo. Ringraziamenti. Desidero ringraziare Stefano Allavena, Alessandro Andreotti, Fulvio Fra- ticelli, Alessandro Montemaggiori e Stefano Sarrocco per il proficuo scambio di opinioni; Alberto Sorace per l’elaborazione statistica dei dati; Pierandrea Brichetti per l’aiuto fornito nella ricerca bibliografica; la LIPU nella persona di Marco Gustin e il WWF nelle persone di Maurizio Fraissinet e Massimiliano Rocco per aver fornito i dati relativi ai centri BIBLIOGRAFIA Agostani G., Bonvicini P. 1993. 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Proceedings of National Avian-Wind Power Planning Meting IV: 5-14. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Angelini et al. 2003 Marini e Di Martino 2003 Provincia di Ascoli Piceno Mirabelli 1979 Fasce e Fasce 1992 Fasce e Fasce 1992 Calabria Sicilia Sardegna Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 Italia Totale area mediterranea De Filippo e Kalby 1981 Campania 1971-2002 1972-1981 1978-1981 1977-1979 1981 155 32 56 33 4 6 Fasce e Fasce 1992 Costa laziale 1981 24 Fasce e Fasce 1992 Costa ligure 1979-1989 114 9 15 Totale area appenninica 2000-2001 1999-2001 30 Appennino Marchigiano 1986-1989 Chiavetta 1991 Appennino settentrionale 26 60 1971-1985 2002 75 Fasce e Fasce 1992 Brambilla et al. 2003 a Prealpi centro-occidentali 1998-2001 166 Appennino settentrionale Rizzolli et al. 2003 Alpi centro-orientali 1979-1989 267 Fasce e Fasce 1992 Alpi occidentali Periodo Totale area alpina Riferimento bibliografico AREA DI STUDIO n. coppie controllate (a) 123 23 51 27 4 3 15 74 8 11 18 37 164 12 39 113 n. coppie che hanno allevato giovani (b) 278 55 115 55 9 7 37 158 14 25 46 73 420 29 97 294 1,6 1,79 1,72 2,05 1,67 2,25 1,17 1,54 1,39 1,56 1,67 1,53 1,22 1,57 1,12 1,29 1,77 2,3 2,26 2,39 2,25 2,04 2,25 2,33 2,47 2,14 1,75 2,27 2,56 1,97 2,56 2,42 2,49 2,6 giovani produttività tasso involati (c/a) d’involo (c) (c/b) 68 79 72 91 82 100 50 63 65 89 73 60 62 61 46 52 68 % coppie che hanno allevato giovani Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia Tabella 1. Parametri riproduttivi del Pellegrino Falco peregrinus in Italia 55 56 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 2 2 3 - 4 23 70 52 4 11 8 29 33 105 9 7 13 - 64 83 86 87 100 136 138 155 212 276 367 571 2.615 - 254 1.900 6.000 4.500 400 1.500 1.100 4.500 7.000 28.943 3.300 4.000 34.000 - 6,8 2 5 3 3,5 2,5 1,5 10,5 5,7 10 1981 2002 1971-1981 2000 1999-2001 1998-2000 1981-1982 1990 1971-1981 1996 2001 1971-1981 1971-1981 1987-1991 Di Filippo e Kalby 1981 Brambilla et al. 2003 a Schenk et al. 1983 Magrini et al. 2001 Marini e Di Martino 2003 Magrini e Cenni 2001 Mascara 1984 Magrini e Armentano 1994 Schenk et al. 1983 De Sanctis et al. 1997 Mascara 2003 Schenk et al. 1983 Schenk et al. 1983 Agostani e Bonvicini 1993 Prealpi centro-occidentali Sicilia Appennino Umbro-Marchigiano Provincia di Ascoli Piceno Alpi Apuane e Appennino Lucchese Sicilia centro-meridionale Appennino Umbro-Marchigiano Sardegna Abruzzo-Marche-Umbria Sicilia centro-meridionale Appennino settentrionale Alpi occidentali Prealpi Comasche Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione 3. Considerata la superficie amministrativa 2. Considerata la superficie dell'area campione 1. Considerata la superficie agro-forestale dell'area di studio con esclusione di aree urbane e lacuali NOTE * In alcuni lavori il valore è riportato per cp/100 kmq, qui è stato riderminato per uniformità Campania 2 41 57 2.330 3,5 1998-2001 Rizzolli et al. 2003 Alpi centro-orientali 1 5 50 251 6 1990-1999 Leo e Micheli 2003 Alto Garda Bresciano Note Numero di coppie Territorio medio per coppia in kmq* Superficie (kmq) Periodo Distanza minima nido più vicino (km) Riferimento bibliografico AREA DI STUDIO Massimo Brunelli Tabella 2. Densità del Pellegrino Falco peregrinus in Italia Lo stato delle ricerche sul Pellegrino Falco peregrinus in Italia Tabella 3. Individui di Pellegrino Falco Peregrimus giunti presso alcuni centri recupero di fauna selvatica Periodo N. ind. feriti arrivati N. ind. feriti da arma da fuoco LIPU - Roma 1997-2003 30 16 (53%) Altri centri LIPU (solo stagioni venatorie) 2002-2004 18 15 (83%) WWF Campania 1989-2003 38 20 (53%) WWF Vanzago 1993-2003 21 7 (33%) 107 58 (54%) CENTRO DI RECUPERO TOTALE Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 57 Rapaci e praterie: uno studio triennale nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi Mauro Magrini1, Paolo Perna2, Jacopo Angelini3, Luigi Armentano4, Carla Gambaro1, 1 OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario, 9 06049 Spoleto (PG) 2 Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra, 2 62010 Urbisaglia (MC) 3 via Berti, 4 60044 Fabriano (AN) 4 via Toniolo, 8 06083 Bastia Umbra (PG) INTRODUZIONE La presente relazione espone la sintesi e le prime elaborazioni dei dati raccolti nella stagione 2003 per lo svolgimento dell’indagine triennale denominata “Monitoraggio dell’utilizzo delle praterie montane da parte dei rapaci diurni” nel territorio del Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi (AN). Nel territorio del Parco si riproducono numerose specie di rapaci diurni: Falco pecchiaiolo, Nibbio reale (reintroduzione in corso), Astore, Sparviere, Poiana, Aquila reale, Gheppio, Lodolaio, Lanario, Pellegrino. Altre specie sono presenti essenzialmente come migratrici: Nibbio bruno, Falco di palude, Albanella minore. Tra i nidificanti va probabilmente considerato anche il Biancone, la cui continua presenza in periodo riproduttivo è stata osservata negli ultimi due anni. La consistenza e la biologia riproduttiva delle specie nidificanti, in particolare di quelle di maggior interesse scientifico-conservazionistico (Aquila reale, Lanario e Pellegrino) sono state oggetto di organici programmi di monitoraggio svolti dalla seconda metà degli anni 90 (Angelini et al. 2003). Le praterie montane dell’Appennino sono considerate di estrema importanza per molte specie di rapaci diurni che vivono nell’area peninsulare d’Italia, in quanto ne costituiscono il preferenziale ambito di caccia/alimentazione. Nonostante il fenomeno appaia estremamente evidente, esso non risulta essere stato interessato da alcuna ricerca mirata a quantificarlo in qualche modo. Le stesse aree aperte con vegetazione spontanea, oltre alle praterie anche i prati falciabili, sono inoltre utilizzate da individui di rapaci diurni durante le migrazioni, appartenenti sia ad alcune delle stesse specie che si riproducono nelle zone considerate (es. Falco pecchiaiolo), sia ad altre che le frequentano solo nei periodi di passo (es. Falco di palude). Lo scopo della presente indagine è quindi tentare una prima quantificazione dell’utilizzo delle aree aperte montane (di seguito indicate sinteticamente come praterie) del Parco da parte dei rapaci diurni. I risultati così ottenuti nel triennio di ricerca risulteranno di fondamentale utilità per l’individuazione e la programmazione di corretti interventi di gestione dell’area protetta finalizzati alla conservazione di una delle parti della componente faunistica di maggior interesse. AREA DI STUDIO E METODI L’utilizzo delle praterie montane da parte dei rapaci diurni è stato indagato nel 2003 in due delle maggiori aree così caratterizzate presenti nel territorio del Parco: Poggio San Romualdo e Monte Valmontagnana, ciascuna estesa circa 100 ettari e situata ad un’altitudine di 900-1000 metri. In entrambi i siti prescelti per il monitoraggio sono state effettuate sessioni di rilevamento con cadenza settimanale nel periodo luglio-settembre 2003, generalmente il giovedì (Poggio San Romualdo) e il venerdì (Monte Valmontagnana). Ogni sessione, condotta sempre da due rilevatori e da uno stesso punto di osservazione in ciascuna delle due aree, ha avuto la durata di 5 ore continuative, con inizio circa due ore dopo il sorgere del sole (6.30-11.30 in luglio, 7.00-12.00 in agosto, 7.30-12.30 in settembre - ora solare). Le 5 ore di sessione sono state suddivise in 30 intervalli di 10 minuti: per ciascuno di essi è stato annotato, in un’apposita scheda, il massimo numero di individui diversi conteggiati per ogni specie osservata. È stato altresì annotato il comportamento mostrato da ciascun individuo in ogni intervallo di 10 minuti, distinguendo in primo luogo le “presenze” sulle aree aperte da quelle su altre formazioni (per lo più boschive), e quindi gli atteggiamenti di caccia dai display e dai voli di sollevamento e/o trasferimento. Nei Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 59 Mauro Magrini, Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro, casi di comportamenti “misti” (ad esempio un individuo che sorvola tanto le aree aperte che i boschi, o che compie sia un volo di trasferimento che uno di caccia), l’annotazione ha privilegiato rispettivamente i casi “aree aperte” e “caccia”. I rapaci diurni non identificati a livello specifico sono comunque stati annotati. Sono state compiute 12 sessioni di rilevamento nell’area di Poggio San Romualdo (per un totale di 356 intervalli di osservazione della durata di 10 minuti) e 11 in quella di Monte Valmontagnana (per un totale di 330 intervalli); in quest’ultima località non è stato possibile svolgere una sessione a causa di condizioni meteorologiche avverse perduranti. In entrambe le indagini è stato fatto uso di binocoli da 7-10 ingrandimenti e di cannocchiali da 20-60 ingrandimenti. Nel corso del 2004 verranno effettuate sessioni di rilevamento, con lo stesso metodo, nella sola stazione di Monte Valmontagnana, ma protratte per l’intera giornata (dall’alba al tramonto), mentre nel 2005 il progetto si concluderà ritornando alle modalità del 2003, sostituendo Poggio San Romualdo con Monte Murano al fine di monitorare la terza delle più estese aree con vegetazione erbacea presenti nel Parco. RISULTATI Nelle due aree sono state osservate complessivamente 12 specie a Monte Valmontagnana e 10 a Poggio San Romualdo, come indicato nella Tab. 1. Tutte le specie osservate a Poggio San Romualdo sono state contattate anche a Monte Tabella 1. Specie rilevate. Specie Falco pecchiaiolo Nibbio bruno Falco di palude Albanella minore Astore Sparviere Poiana Aquila reale Gheppio Lodolaio Lanario Pellegrino 60 Poggio San Romualdo X X X X X X X X X X Monte Valmontagnana X X X X X X X X X X X X Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Rapaci e praterie: uno studio triennale nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi Nelle Tabb. 2 e 3 sono indicate le specie rilevate in ciascuna giornata in ognuna delle due aree. x x x x x x x x x x x x x x x x x x 25 settembre 2003 28 agosto 2003 4 settembre 2003 x x x x x x x x x x 26 settembre 2003 x x x x x x x 19 settembre 2003 x x x x x x x 20 settembre 2003 x 21 agosto 2003 14 agosto 2003 7 agosto 2003 31 luglio 2003 x 23 luglio 2003 x 13 settembre 2003 Falco pecchiaiolo Falco di palude Albanella minore Astore Sparviere Poiana Aquila reale Gheppio Lodolaio Pellegrino 16 luglio 2003 SPECIE 10 luglio 2003 Tabella 2. Specie rilevate per giornata - Poggio San Romualdo. Falco pecchiaiolo Nibbio bruno Falco di palude Albanella minore Astore Sparviere Poiana Aquila reale Gheppio Lodolaio Lanario Falco pellegrino x 7 settembre 2003 29 agosto 2003 22 agosto 2003 15 agosto 2003 8 agosto 2003 2 agosto 2003 26 luglio 2003 17 luglio 2003 SPECIE 11 luglio 2003 Tabella 3. Specie rilevate per giornata - Monte Valmontagnana. x x x x x x x x x x x x Il numero di specie osservate in una sola giornata è variato da 2 a 8 a Poggio San Romualdo e da 1 a 6 a Monte Valmontagnana. Il Gheppio è stato osservato in tutte le giornate in entrambe le aree; la Poiana in 11 giornate su 12 a Poggio San Romualdo e in 8 giornate su 11 a Monte Valmontagnana. x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x Notevole appare la frequenza dell’Aquila reale a Monte Valmontagnana: 7 giornate su 11, come quella del Lodolaio. Di particolare interesse risulta la presenza dell’Astore osservato in caccia in più occasioni sulle aree aperte di entrambi i siti. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 61 Mauro Magrini, Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro, Valmontagnana. Nella Tab. 4 è riportato il numero di osservazioni di ciascuna specie negli intervalli di 10 minuti, distinto per le due aree. I rapaci diurni non identificati a livello specifico sono comunque stati annotati, contraddistinti dalle seguenti denominazioni: Circus, Accipiter, Grande accipitriforme (Falco pecchiaiolo o Poiana o Biancone) Tabella 4. Numero degli intervalli di rilevamento delle specie. Specie Totale intervalli di osservazione effettuati Falco pecchiaiolo Nibbio bruno Falco di palude Albanella minore Astore Sparviere Poiana Aquila reale Gheppio Lodolaio Lanario Falco pellegrino Circus Accipiter Grande accipitriforme Falcone Poggio San Romualdo Monte Valmontagnana Totale 356 330 686 5 4 9 0 1 1 6 2 8 1 2 3 8 3 11 7 19 26 81 27 108 5 22 27 166 309 475 5 32 37 0 1 1 3 2 5 1 1 2 2 0 2 19 2 21 2 2 3 In entrambe le aree la specie più frequente (osservata nel maggior numero di intervalli da 10 minuti) è risultata il Gheppio: 166 intervalli su 356 a Poggio San Romualdo (46,6%) e 309 su 330 a Monte Valmontagnana (93,6%). A Monte Valmontagnana è stato osservato anche il più alto numero di individui di Gheppio (19) in uno stesso intervallo. Pur trattandosi di dati del tutto preliminari essi dimostrano chiaramente come le aree aperte del Parco siano intensamente utilizzate dai rapaci diurni durante il periodo estivo. 62 La ricerca, come detto, proseguirà anche nel 2004 e nel 2005 al fine di completare il quadro da cui l’Ente Parco potrà trarre importanti informazioni per svolgere con sempre maggior efficacia i suoi compiti istituzionali. È nostro auspicio che questo progetto di ricerca ed il metodo proposto possano stimolare ulteriori iniziative ed occasioni di confronto, rivolte in definitiva a sottolineare l’importanza delle aree aperte montane per la conservazione dei rapaci diurni e della biodiversità nel complesso. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Problemi attuali di conservazione dei rapaci diurni in Italia Stefano Allavena A.L.T.U.R.A., Via degli Estensi, 165 00164 Roma Il livello di tutela degli ambienti naturali, del territorio in genere, della fauna sta attraversando da qualche anno in Italia un periodo di grave crisi. Vecchie e nuove minacce si addensano sempre più e situazioni di degrado inconcepibili anche solo alcuni anni fa oggi diventano possibili e probabili. Tralasciamo, per brevità, di sottolineare alcuni problemi, come le scalate, non di rado fattori fortemente limitanti per le nidificazioni, ed altre forme di disturbo, non perché non significative, ma perché ben note a tutti gli addetti ai lavori. Analogamente non è il caso di soffermarci, in quanto ampiamente conosciute, sulle recenti proposte di modifica alla vigente normativa nazionale sul prelievo venatorio (la legge n. 157/92), che se approvate, porterebbero il Paese indietro di decenni e sicuramente arrecherebbero incisivi danni, diretti ed indiretti, agli animali selvatici in generale ed ai rapaci in particolare. Discorso simile vale per il bracconaggio, l’uso dei veleni, e comunque per gli atti illegali di caccia, fenomeni troppo frequenti e troppo spesso favoriti da gravi carenze nella sorveglianza. è forse invece il caso di approfondire maggiormente altre tematiche e cioè: la scarsa tutela esercitata dagli organismi gestori di aree protette; lo sfruttamento forestale; l’urbanizzazione selvaggia; l’eolico selvaggio. Scarsa tutela esercitata dagli organismi gestori di aree protette. Negli ultimi anni, sia a livello di Ministero dell’Ambiente che a livello di Regioni, è in atto una sistematica operazione di depotenziamento degli organismi di gestione delle aree protette. Risorse sempre più scarse e soprattutto allontanamento di presidenti e dirigenti dagli enti di gestione, per sostituirli con persone spesso legate ai partiti dominanti e quindi assai più compiacenti e sensibili a interessi antitetici alla tutela dell’ambiente. Stiamo così assistendo ad un moltiplicarsi di progetti devastanti che minacciano le aree protette e le loro immediate vicinanze. Le montagne di S. Caterina Valfurva nel Parco Nazionale dello Stelvio, il Monte Falco nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, Campo Imperatore, nel Parco Nazionale del Gran Sasso-Monti della Laga, Monte Greco ai confini del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, sono solo alcuni dei molti esempi che si potrebbero citare di iniziative a grande impatto sull’ambiente e sul paesaggio per il cui contrasto gli Enti parco, istituzionalmente preposti alla tutela dei territori di loro competenza, fanno ben poco, quando non sono essi stessi a promuovere iniziative devastanti. In conclusione l’esistenza di un territorio protetto costituisce oggi una garanzia assai più debole, per la tutela ambientale, di qualche anno fa. Sfruttamento forestale. Negli ultimi anni, come noto, si è notevolmente accresciuto il valore economico degli assortimenti legnosi, compresa la legna da ardere che da merce povera destinata agli usi locali è diventata merce ricercata per alimentare caminetti di ville, forni a legna e quant’altro, con un notevole aumento del prezzo di vendita. Inoltre l’arrivo in massa di extracomunitari ha abbassato in misura notevole il costo della manodopera. Si è allargata quindi in misura notevole l’area dei boschi a cosiddetto “macchiatico positivo”, nei quali cioè è conveniente tagliare. Il decentramento in campo forestale, improvvisato e malfatto, ha fatto il resto, per cui le Regioni possono legiferare in materia forestale, materia nella quale hanno competenza primaria, mancando una legge cornice nazionale che stabilisca dei capisaldi. Il risultato è una ripresa delle utilizzazioni forestali in grande stile incoraggiata da leggi regionali che, come quella attualmente in vigore nel Lazio, non costituiscono certo un valido baluardo a difesa del bosco. Dopo decenni in cui i boschi cedui stavano avviandosi spontaneamente verso cedui invecchiati e quindi boschi d’alto fusto, stiamo ormai assistendo al Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 63 Stefano Allavena fenomeno opposto, per cui i cedui invecchiati, anziché essere convertiti in boschi d’alto fusto, operazione questa tecnicamente facile ed ambientalmente assai opportuna, vengono riportati a ceduo matricinato, tra l’altro rilasciando spesso poche e deboli matricine. Anche le utilizzazioni nelle fustaie tendono ad aumentare di intensità, interessando inoltre superfici vieppiù maggiori. Utilizzazioni forestali condotte come sopra vengono effettuate anche nelle aree protette. Salvo poche eccezioni, i criteri di utilizzazione dei boschi nelle aree protette non si discostano da quelli adottati nelle aree non tutelate. Il risultato è un danno non indifferente nei confronti dell’ecosistema forestale e più specificatamente nei confronti dei rapaci che nidificano in foresta, primi fra tutti, ma non solo, astore, sparviero, nibbio bruno, nibbio reale, poiana, falco pecchiaiolo. Sui Monti della Tolfa, a nord di Roma, ad esempio, attualmente il principale fattore limitante nei confronti della piccola popolazione di nibbi reali che vi nidifica, è costituito, oltre che dai bocconi avvelenati, anche dai tagli di cedui invecchiati che vengono ridotti a povere e misere boscaglie rade, degradate ed impoverite. Urbanizzazione dilagante. Dopo un periodo piuttosto lungo di stasi dell’edilizia, negli ultimi anni, per una serie di motivi congiunturali, si sta assistendo ad una ripresa vigorosa del settore. Prime case e seconde case e spesso edilizia abusiva, favorita dai condoni che si succedono senza sosta, stanno allargando a macchia d’olio le aree urbanizzate, invadendo anche zone di notevole interesse ambientale nelle pianure, lungo le coste, in collina ed in montagna. Lo sviluppo dell’edilizia viene favorito da una serie di altre opere quali impianti sciistici, strade, campi da golf (in via di allarmante diffusione anche in regioni ben povere d’acqua), per cui l’effetto finale è un’antropizzazione intensiva di aree di pregio che va naturalmente ad interferire negativamente sia con le aree di riproduzione che con i territori di caccia di molte specie di uccelli, tra cui diversi rapaci. In troppi casi inoltre gli strumenti di pianificazione urbanistica, anziché porre un fremo a questa tendenza, vengono adattati e modificati così da legalizzare anche gli scempi più 64 dannosi. Anche in questo caso un decentramento delle competenze, realizzato in modo disordinato e senza garanzie, sta aggravando e complicando ulteriormente la situazione. Eolico selvaggio. Sicuramente ai primissimi posti nelle preoccupazioni degli ambientalisti degni di questo nome, non può non stare, in questo momento storico, il proliferare indiscriminato delle centrali eoliche. L’energia elettrica prodotta dal vento è pulita ed inesauribile. Chiunque abbia a cuore la riduzione dei gas serra non può pertanto essere contrario a questa fonte energetica. Ciò che però si sta realizzando nella prassi in Italia, paese peraltro notoriamente poco ventoso, non è uno sviluppo dell’eolico equilibrato ed integrato con altre forme di energia da fonti rinnovabili, come l’energia solare. Si sta invece assistendo all’assalto indiscriminato e selvaggio, al di fuori di qualunque seria programmazione, delle zone più importanti, sotto il profilo ambientale e paesistico. Favorito da un vantaggioso sistema di incentivi economici pubblici, l’eolico sta dilagando su colline e montagne, e specialmente lungo i crinali dell’Appennino, lungo le coste meno antropizzate, in Sicilia, in Sardegna, e sta cominciando a farsi spazio anche su Alpi e Prealpi. Si tratta di veri e propri impianti industriali, ciascuno costituito da decine e a volte da centinaia di aerogeneratori alti anche più di 100 metri, con pale di enormi dimensioni. Ogni centrale eolica, per poter funzionare, ha bisogno di grandi strade di servizio, di elettrodotti per il trasporto dell’energia. Inoltre vanno scavate grandi fondamenta per la stabilizzazione degli aerogeneratori, ciascuno dei quali pesa anche più di 200 tonnellate, e la rumorosità è notevole. La perdita di habitat è ingente, inoltre una vasta letteratura internazionale ha ormai pienamente dimostrato come il movimento delle pale provochi l’uccisione per collisione di un gran numero di uccelli, di varie specie, dai piccoli passeriformi in migrazione, ai grandi veleggiatori come cicogne, aquile, nibbi ed avvoltoi. In Italia mancano studi adeguati. Tuttavia popolazioni di nibbi reali preesistenti, ai confini tra Puglia, Basilicata e Campania sono scomparse dopo la costruzione in zona di centrali eoliche. Si tratta di una vera e propria emergenza ambientale, cui si deve far fronte con un’azione Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Problemi attuali di conservazione dei rapaci diurni in Italia coerente e compatta da parte di quanti hanno a cuore il nostro patrimonio ambientale e la nostra fauna, per pretendere che le centrali eoliche vengano realizzate esclusivamente nelle aree a minor valenza ambientale. Così come si pretenderebbe del resto per altre opere comunque a minor impatto e di assai minore vastità. Purtroppo le principali associazioni ambientaliste non si muovono come ci si aspetterebbe su questo tema, che non affrontano nei modi dovuti. Per produrre energia pulita, ma poca, fortemente intermittente e quindi ben poco risolutiva, si stanno mettendo a repentaglio territori prioritari, con il silenzio, quando non con il plauso, o comunque con un impegno assai modesto per arginare il fenomeno, da parte di quelle organizzazioni specificatamente nate per salvaguardare la natura ed il territorio, con l’eccezione di alcune piccole associazioni e di alcune sezioni locali delle grandi associazioni. Il risultato di tutto ciò è il rischio che, entro pochi anni, gran parte del nostro patrimonio ambientale venga irrimediabilmente e gravemente compromesso, tra l’altro con grave degrado del paesaggio e quindi con danni anche ad attività compatibili, come l’agriturismo, che si stanno da qualche anno realizzando sul territorio, con notevoli benefici economici per le popolazioni locali. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 65 Proposta per una standardizzazione del monitoraggio delle popolazioni di rapaci rupicoli nidificanti in Italia Alessandro Andreotti, Giovanni Leonardi INFS - Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica Via Ca Fornacetta, 9 40064 Ozzano dell’Emilia (BO), Italy In Italia il monitoraggio degli uccelli rapaci rupicoli viene effettuato da ornitologi che operano per lo più singolarmente o nell’ambito di gruppi locali relativamente circoscritti. Tale circostanza, unitamente al fatto che l’attività viene svolta a titolo di volontariato o all’interno di progetti finanziati solo per brevi periodi e per coprire aree geografiche circoscritte, fa sì che i dati raccolti nelle diverse realtà territoriali presentino marcate discontinuità temporali e spaziali, non siano uniformi e dunque risultino difficilmente confrontabili tra loro. Le implicazioni di questa situazione sono negative soprattutto nel caso di specie molto rare e a distribuzione diffusa. Per effetto della bassa densità delle popolazioni oggetto di studio, in ogni singola area campione si trova un esiguo numero di coppie e dunque ciascun gruppo di lavoro difficilmente riesce ad ottenere un set di dati sufficientemente rappresentativo per valutare parametri riproduttivi, trend demografici e preferenze ambientali, sia pure a scala regionale. D’altra parte, il confronto tra diverse realtà risulta problematico per il basso livello di standardizzazione delle procedure di raccolta ed elaborazione dei dati; diviene dunque difficile ottenere un quadro dello stato di conservazione delle specie a livello nazionale ed individuare l’esistenza di eventuali meccanismi che condizionano la sopravvivenza dei diversi nuclei riproduttivi (fenomeni sink-source, dinamiche riconducibili all’esistenza di metapopolazioni, ecc.). La stessa messa a fuoco delle minacce e dei fattori limitanti che agiscono sulle specie in questi casi può diventare complessa, precludendo di fatto l’avvio di interventi di conservazione organici ed efficaci. Le implicazioni di una tale situazione sono risultate evidenti nel corso della redazione del piano d’azione nazionale per il Lanario Falco biarmicus, in relazione al forte grado di dispersione ed alle basse densità che contraddistinguono la popolazione italiana di questa specie. Per questo, nell’ambito delle iniziative promosse per acquisire gli elementi di conoscenza di base sul 66 Lanario, essenziali per la stesura del piano, molte energie sono state dedicate per la creazione di un coordinamento nazionale tra gli ornitologi che operano nelle diverse realtà territoriali, al fine di superare i limiti della situazione sopra descritta (Leonardi e Andreotti, questo convegno). Tale coordinamento ha comportato la necessità di definire protocolli standard per la raccolta dei dati da far confluire in un’unica banca dati centralizzata. Per non disperdere le esperienze maturate e dare continuità al programma di monitoraggio avviato con l’occasione del piano d’azione, in questa sede si presentano alcune proposte finalizzate a favorire una maggiore uniformità di lavoro tra quanti si dedicano all’osservazione del Lanario in Italia. Considerata la sostanziale analogia delle problematiche e delle tecniche di rilevamento esistenti per questa specie rispetto agli altri rapaci rupicoli diurni non coloniali, si ritiene che tali proposte possano essere agevolmente estese ad altri taxa di rilevante interesse conservazionistico, quali il Capovaccaio Neophron percnopterus, l’Aquila reale Aquila chrysaetos, l’Aquila del Bonelli Hieraaetus fasciatus e il Pellegrino Falco peregrinus. A tal fine si auspica di ricevere contributi da coloro hanno maturato esperienze su queste specie, in modo da arricchire e completare il quadro delle iniziative da intraprendere. Nel formulare le proposte si è tenuto conto di due esigenze diverse, anche se complementari tra loro: da un lato si sono elaborate metodiche di lavoro che, se adottate da tutti, potrebbero portare ad una maggiore uniformità nella raccolta delle informazioni, dall’altro si è suggerita la creazione di un centro di coordinamento nazionale che garantisca il raccordo tra quanti operano nei diversi contesti. Poiché il contenimento dei costi rappresenta un fattore chiave nel determinare il successo di un programma di monitoraggio da condurre su vasta scala e per un lungo arco temporale, nell’indicare una linea d’intervento si è considerata l’opportu- Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Proposta per una standardizzazione del monitoraggio delle popolazioni di rapaci rupicoli nidificanti in Italia nità di ridurre al minimo le risorse necessarie per il coordinamento dei rilevatori. Tale approccio, tra l’altro, ha portato a valorizzare il ruolo di quanti già operano localmente, promuovendo forme di raccordo tra i diversi rilevatori attivi in una stessa realtà territoriale. Definizione di metodologie condivise - Una maggiore uniformità nell’attività di monitoraggio può essere ottenuta in tempi brevi e senza oneri aggiuntivi se gli ornitologi che operano nelle diverse realtà territoriali sceglieranno di adottare un medesimo protocollo metodologico di riferimento che permetta di raggiungere i seguenti obiettivi: 1) l’utilizzo di una terminologia comune; 2) l’adozione di metodi di rilevamento standard; 3) l’elaborazione dei dati e la presentazione dei risultati secondo procedure definite. In allegato viene presentato un documento che tiene conto di queste esigenze e che potrà servire alla definizione di un protocollo condiviso. Nel corso del dibattito che, si auspica, seguirà la presentazione di tale documento, si potranno apportare modifiche o integrazioni sulla base di altre esperienze maturate in Italia; in ogni caso, tuttavia, si dovrà prestare attenzione affinché venga approvato un protocollo metodologico che permetta di ottenere dati confrontabili con quelli raccolti in altre realtà nazionali. Creazione di un centro nazionale di coordinamento - La forma di coordinamento attivata dall’INFS per il monitoraggio del Lanario nell’ambito delle azioni intraprese per la redazione del piano d’azione nazionale ha dato risultati soddisfacenti e può essere assunta a riferimento per realizzare una struttura analoga destinata ad operare per tutti i rapaci rupicoli nidificanti in Italia. Il modello organizzativo adottato, già descritto da Leonardi e Andreotti (questo convegno), è semplice e flessibile, consente di limitare i costi e, al tempo stesso, permette di conseguire tre importanti risultati: 1) la standardizzazione delle metodiche di lavoro seguite dai diversi gruppi di ornitologi, 2) la validazione dei dati raccolti 3) il mantenimento di un adeguato livello di riservatezza delle informazioni sensibili che non risulta opportuno divulgare per esigenze di conservazione. Estendendo il coordinamento a tutte le specie rupicole nidificanti in Italia, si potrebbero ottenere economie di scala considerevoli, anche se ovviamente questo comporterebbe la necessità di coprire l’intero territorio nazionale ed aumentare il numero di collaboratori coinvolti. In questo caso, per meglio organizzare l’attività sarebbe auspicabile creare un comitato scientifico, formato da esperti, con competenze per diverse specie e realtà territoriali, e una segreteria tecnica incaricata di mantenere i contatti con i referenti locali, garantire un passaggio delle informazioni e di acquisire i dati ed elaborarli in forma di report annuale, secondo le indicazioni ricevute dal comitato scientifico. definizioni generali Home range È l’area frequentata dalla coppia durante l’intero ciclo biologico annuale (nel caso delle specie non migratrici) o nel periodo di permanenza nell’areale di nidificazione (nel caso delle specie migratrici). La dimensione dell’home range nel caso delle specie stanziali può variare nel corso dell’anno. Aree di caccia (hunting areas o hunting place) È la porzione di home range utilizzata per l’attività di foraggiamento; in taluni casi le aree di caccia possono essere lontane e nettamente separate dal sito di nidificazione (Newton 1979). Sito di nidificazione (nest site o nesting place) È il luogo utilizzato dalla coppia per la costruzione del nido (Newton 1979; Banasch e Holroyd 2004). Va considerata l’emergenza rocciosa dove il nido viene collocato e dove si posano i membri della coppia; nidi alternativi sulla stessa parete vanno considerati come appartenenti allo stesso sito. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 67 Alessandro Andreotti, Giovanni Leonardi Territorio di nidificazione (breeding territory o nesting territory) È la porzione di home range utilizzata per tutte le fasi della riproduzione, attivamente difesa dalla coppia (Newton 1979); comprende il sito di nidificazione, l’area ad esso circostante e, talvolta, parte delle aree di caccia. Coppie Si considerano coppie due individui appaiati di sesso diverso, indipendentemente dall’età di ciascun individuo. Si distinguono quattro categorie di coppie: a) coppie non legate ad un sito di nidificazione; b) coppie che occupano il sito durante il periodo del corteggiamento e della scelta del nido; c) coppie che depongono, covano e allevano i piccoli; è un sott’insieme di b); d) coppie che portano a termine la nidificazione con l’involo dei giovani (productive pair o successful pair); è un sott’insieme di b) e di c). Coppie territoriali Sono quelle riscontrate nelle situazioni b), c), d); difendono attivamente il territorio di nidificazione allontanando i propri conspecifici (Banasch e Holroyd 2004). Coppie nidificanti (breeding pair) Sono quelle riscontrate nelle situazioni c), d). Prole uova; pulli; giovani non involati; giovani involati. Definizione dei siti A) Sito non occupato Sito controllato nel corso di almeno tre visite di adeguata durata, ben distribuite durante il periodo riproduttivo, durante le quali non è stata accertata la presenza della specie; le visite devono essere intervallate tra loro in relazione al ciclo riproduttivo della specie oggetto di censimento (Fasce 1982; Ratcliffe 1993). L’osservazione occasionale della specie non può essere considerata una prova di occupazione del sito. B) Sito occupato (occupied nest site) Sito occupato dalla specie, indipendentemente dal numero di individui osservati, dalla loro età e dall’esito della riproduzione. Si tratta di un “sito difeso”, a cui gli individui tendono a tornare regolarmente durante il giorno o per il roost notturno. La specie deve essere osservata in parete senza che vi siano indizi di nidificazione e almeno nel corso di due visite di adeguata durata, ben distribuite durante il periodo riproduttivo. Va considerato occupato anche un sito frequentato da una coppia territoriale in una fase precoce del periodo di riproduzione, prima della deposizione, anche qualora successivamente il sito venga abbandonato e non vi siano più osservazioni di individui in parete. C) Sito di nidificazione attivo Sito dove la coppia viene rilevata in cova e/o in fase di allevamento della prole (è un sott’insieme di B). D) Sito di nidificazione produttivo Sito dove viene accertato l’avvenuto involo di almeno un giovane (è un sott’insieme di B e di C) (Newton 1979). E) Sito di nidificazione con esito negativo Sito dove viene accertato l’avvenuto fallimento della nidificazione (è un sott’insieme di B e di C). 68 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Proposta per una standardizzazione del monitoraggio delle popolazioni di rapaci rupicoli nidificanti in Italia Definizione dello sforzo di rilevamento e dei parametri riproduttivi Sforzo di rilevamento Numero di siti controllati in un’area definita (siti A+B+C). Variazione dello sforzo di rilevamento Aumento/diminuzione del numero assoluto dei siti rilevati nella stagione in corso rispetto alla stagione precedente. Grado di fedeltà al sito Numero di anni in cui un sito è stato occupato dalla stessa coppia (solo se vi sono individui marcati o chiaramente riconoscibili). Grado di occupazione del sito Numero di anni in cui il sito è occupato dalla specie (valido solo nel caso di siti rilevati continuativamente nel tempo). Percentuale di successo (nest success) Percentuale delle coppie che hanno portato almeno un giovane all’involo sull’insieme delle coppie territoriali (Craig e Enderson 2004). Tasso d’involo Numero di giovani involati rispetto al numero di uova schiuse o, più precisamente, al numero di pulcini nati. La raccolta al nido di informazioni sul numero di uova schiuse o di pulcini nati va effettuata solamente se si è certi di non causare il fallimento delle nidificazione (come nel caso dell’utilizzo di webcam). Dimensione media della covata (average brood size o fledged brood size) Numero medio di giovani involati rispetto al numero di coppie che hanno portato a termine con successo la nidificazione (coppie di cui alla lettera d) secondo le definizioni generali) (Watson 1997; Craig e Enderson 2004). Successo riproduttivo Numero medio di giovani involati rispetto al numero di coppe nidificanti che hanno deposto e/o allevato giovani (coppie di cui alla lettera c) secondo le definizioni generali) (Cheylan 1981; Mavor et al. 2004). Produttività (productivity) Numero medio di giovani involati rispetto alle coppie territoriali (coppie di cui alla lettera b) secondo le definizioni generali) (Cheylan 1981; Ratcliffe 1993; Craig e Enderson 2004). Informazioni minime che devono essere fornite nell’ambito di rapporti riepilogativi sullo status e sulla biologia riproduttiva di una specie in una determinata area 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. estensione e confini dell’area indagata; numero di stagioni riproduttive durante le quali si è svolto il monitoraggio; sforzo di rilevamento; numero di siti non occupati; numero di siti occupati; numero di siti di nidificazione attivi; numero di siti di nidificazione produttivi; numero di siti di nidificazione con esito non accertato; numero di giovani involati; grado di occupazione dei siti controllati per più anni consecutivi. Le informazioni relative ai punti dal 3 al 9 devono essere riportate specificando i valori ottenuti in ciascun anno di rilevamento. Le informazioni relative al punto 10 devono essere completate specificando il numero di siti controllati per più anni consecutivi; per ogni sito deve essere indicato anche il numero di stagioni nelle quali è stato effettuato il monitoraggio. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 69 Alessandro Andreotti, Giovanni Leonardi BIBLIOGRAFIA Banasch U., Holroyd G. (eds.). 2004. The 1995 Peregrine Falcon survey in Canada. Occasional Paper 110, Canadian Wildlife Service. Cheylan G. 1981. Introduction. Rapaces Mediterraneens, pp. 2-3. Parc Naturel Règional de Corse-Centre de Recherche Ornithologique de Provence, Aix-en-Provence. Craig G. R., Enderson J. H. 2004. Peregrine Falcon biology and management in Colorado (1973-2001). Technical Publication No. 43, Colorado Division of Wildlife, Fort Collins, USA. Fasce P. 1982. Censimento dell’Aquila reale Aquila chrysaetos nelle Alpi occidentali italiane: metodologia e problemi. In: Pandolfi M., Frugis S. (eds). Atti del 1° Seminario italiano sui censimenti faunistici, Urbino: 246-249. 70 Leonardi G., Andreotti A. Questo convegno. Mavor R. A., Parsons M., Heubeck M., Schmitt S. 2004. Seabird numbers and breeding success in Britain and Ireland, 2003. UK Nature Conservation No. 28, Joint Nature Conservation Committee, Peterborough. Newton I. 1979. Population Ecology of Raptors. T & AD Poyser, London. Ratcliffe D. 1993. The Peregrine Falcon. T& AD Poyser, London. Watson J. 1997. The Golden Eagle. T & AD Poyser, London. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Il CISO e le indagini sui rapaci. Indirizzi per un approfondimento delle ricerche Francesco Mezzavilla Via Malviste, 4 31057 Silea (TV) PREMESSA Il CISO (Centro Italiano Studi Ornitologici) è stato istituito legalmente quasi trenta anni fa grazie alla fattiva collaborazione di un gruppo di ornitologi trainati dall’entusiasmo del prof. Sergio Frugis. Nel 1978 è stato pubblicato il primo numero della rivista Avocetta che attualmente ha assunto un ruolo sempre più rilevante nella ricerca scientifica italiana. Tra le attività svolte dal CISO, i convegni italiani di ornitologia organizzati con cadenza biennale, hanno favorito un produttivo confronto di conoscenze e di esperienze tra i ricercatori italiani. Nel 2002 con il “1° Convegno Italiano sui rapaci diurni e notturni”, si è cercato di fare il punto sulle ricerche svolte in questo settore e si è dato il via ad un processo di coordinamento delle ricerche (Mezzavilla et al. 2003). Da allora si sono organizzati diversi gruppi di lavoro che, come nel caso di questo Convegno, hanno portato nuovi contributi in campo ornitologico ed hanno evidenziato un crescente bisogno di confronto. Attualmente nonostante l’incremento delle indagini svolte a livello nazionale, appare ancora importante ribadire le linee guida che dovrebbero portare ad una più approfondita conoscenza dei rapaci. Per questo motivo si è pensato di produrre una bozza di protocollo che possa rendere le ricerche più conformi agli standard europei, ma soprattutto permetta una raccolta dei dati che siano facilmente confrontabili tra loro. PROPOSTE Secondo quanto evidenziato anche da questo Convegno, appare utile auspicare un salto di qualità che permetta il passaggio da ricerche quali-quantitative a ricerche eco-etologiche che diano migliori risposte a domande inerenti la biologia e la conservazione dei rapaci. In particolare le ricerche dovrebbero basarsi su livelli di indagine sempre più approfonditi, riassumibili a grandi linee nei seguenti punti: definizione delle indagini per specie/territorio/ macroaree censimenti qualitativi (distribuzione nel territorio) censimenti semi-quantitativi (densità degli individui svernanti o nidificanti) indagini bio-ecologiche basate su analisi dei parametri riproduttivi, rapporto preda/predatore, rapporto con l’ambiente, analisi degli impatti determinati dell’uomo. Un altro campo di indagini che negli ultimi anni ha evidenziato un forte incremento, è quello inerente i censimenti dei flussi migratori nel territorio nazionale. Anche in questo caso si tratta di definire alcuni metodi di ricerca e di elaborazione dei dati che permettano un confronto più semplice tra le varie località. Come base di confronto e per una migliore definizione delle indagini, si è cercato di riassumere tutto questo in una bozza di protocollo (Tab. 1) che pur nella sua sinteticità, riprende alcuni concetti che non sempre sono stati recepiti in campo ornitologico. Definizione delle indagini Le indagini dovranno essere definite in funzione delle finalità che si vorranno perseguire. Operando su scala ridotta, come ad esempio nel caso di piccole realtà naturalisticamente valide ma spesso molto sensibili ai cambiamenti ambientali come Riserve Naturali, Parchi, ZPS o SIC, le indagini potranno riguardare sia una singola specie di particolare valore, sia l’intera popolazione di rapaci. Questo tipo di indagini è abbastanza diffuso in Italia, mentre sono carenti i censimenti effettuati su scala regionale o nazionale, anche per l’assenza di specifici gruppi di lavoro creati ad hoc. Analizzando alcuni interventi fatti nel corso di questo Convegno e di altri precedenti, si notano pregevoli relazioni di sintesi come quelle Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 71 Francesco Mezzavilla inerenti l’Aquila reale (Fasce e Fasce 2003) ed il Pellegrino (Allavena e Brunelli 2003), ma anche carenze nella programmazione di specifiche indagini su larga scala inerenti le specie più vulnerabili (Gipeto, Capovaccaio, Grifone, Biancone, Albanella minore, Lanario). Censimenti qualitativi Lo studio della distribuzione dei rapaci nel territorio costituisce una priorità da perseguire, come pure quello relativo all’analisi del trend delle diverse popolazioni perché permette di fare correlazioni con lo stato dell’ambiente. Anche se negli ultimi decenni si è fatto un grosso passo in avanti nei censimenti grazie alla pubblicazione dell’Atlante italiano (Meschini e Frugis 1993) e di numerosi Atlanti locali, del primo volume della Fauna d’Italia (Brichetti et al. 1992) e di altri lavori a livello generale (Brichetti & Fracasso 2003), attualmente manca un lavoro di sintesi che riunisca ed elabori in dettaglio i dati nazionali. In merito a ciò, si hanno diverse possibilità di confronto con realtà già avviate in Germania (Mammen e Stubbe 1999), Finlandia (Haapala e Saurola 1991; Saurola 1985), Francia (Thiollay e Bretagnolle 2004). Tra queste appare rilevante l’attività svolta in Francia dove, grazie ai censimenti effettuati tra il 2000 ed il 2001 da circa 1700 ornitologi, è stata svolta una tra le indagini più interessanti a livello europeo. Censimenti semi-quantitativi Questo tipo di censimenti costituisce uno dei momenti più importanti delle ricerche perché permette di ricavare dati riguardanti la densità delle singole specie e, di conseguenza, consente di effettuare correlazioni con le possibili cause di alterazione ambientale. Riguardo ai metodi, la scelta dipende dal tipo di preparazione di ogni ricercatore e dalle conoscenze acquisite (Ralph e Scott 1981; Bibby et al. 1992; Ralph et al. 1997). Appare però utile consigliare l’utilizzo di un metodo di censimento molto diffuso all’estero ma poco noto in Italia, il Distance Sampling (www.ruwpa.st-and.ac.uk/distance ), impiegato nello studio dei rapaci svernanti in Piemonte (Boano e Toffoli 2002). Indagini bio-ecologiche Anche le indagini sulla biologia riproduttiva ed in 72 particolare quelle svolte a in un lungo intervallo temporale sono quasi completamente assenti. In questo campo, spesso mancano parametri di riferimento che rendono difficili i confronti perchè la standardizzazione nella raccolta dei dati è ancora una realtà poco diffusa. Per questo si riporta un protocollo d’indagine formulato sul modello di quanto già pubblicato in Francia (Cheylan 1980): Oltre ai parametri sopra riportati, si possono raccogliere altre informazioni relative alla popolazione: n. coppie che hanno solo occupato il nido, n. coppie che non hanno allevato giovani, % di coppie senza giovani, n. coppie di cui non si conosce se hanno portato i giovani all’involo; oppure dati relativi alla coppia: totale delle perdite nella covata (uova e giovani non volanti), n. giovani morti dopo l’involo, densità di coppie per 100 km2. Nei censimenti dei rapaci svernanti questo dato viene espresso come n. individui /100 km2. Un altro tipo d’indagini da approfondire meglio è costituito dalle ricerche inerenti l’habitat. Anche in questo caso, pur notando un certo incremento delle ricerche come ad esempio quelle inerenti l’Aquila reale (Pedrini e Sergio 2001; 2002), sembra ancora mancare una loro diffusione nel territorio nazionale. A livello del tutto esemplificativo si citano alcuni settori d’indagine che permettono un in- Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Il CISO e le indagini sui rapaci. Indirizzi per un approfondimento delle ricerche cremento delle conoscenze: preferenze e qualità dell’habitat, differenze geografiche e temporali nell’uso dell’habitat, correlazioni morfologiche e fisiologiche nell’uso dell’habitat, differenze interspecifiche nell’uso dell’habitat. Altre ricerche di particolare importanza possono riguardare il confronto tra la densità delle singole specie e la produttività in aree diverse, i fattori limitanti, la dimensione dell’home-range, il trend dei caratteri riproduttivi, come la dimensione della covata ed il successo riproduttivo in rapporto all’habitat. A margine di queste ricerche, ma per questo non meno importanti, si possono citare gli studi sulla correlazione tra dieta e densità dei rapaci con l’abbondanza delle prede (Lohmus 2004). La migrazione dei rapaci Lo studio delle migrazioni ha avuto un forte impulso nell’ultimo decennio. A fronte delle conoscenze acquisite sullo Stretto di Messina ed ancora solo in parte pubblicate (Giordano 1991; Agostini et al. 1994; Corso 2001), sono state scoperte nuove rotte migratorie (Mezzavilla et al. 2003) e sempre nuove indagini sono in fase di attuazione (Agostini 2003; Infomigrans 2004). Le ricerche si possono dividere in due filoni: a) scoperta di nuove linee migratorie, b) censimenti a lungo termine in uno stesso sito. Nel primo caso si cercano di individuare nuovi punti (hot spot) di transito o nuove linee migratorie non note nel passato, nel secondo si raccolgono sequenze di dati relative a diversi anni con lo scopo di capire l’evoluzione delle popolazioni migratorie e per confrontarle con altre realtà nazionali od europee. Talvolta in queste indagini si nota un estremo bisogno di trarre conclusioni sulle modalità migratorie anche quando il materiale raccolto è limitato a poche centinaia di osservazioni. In questi casi si consiglia di riassumere il tutto in una breve nota relativa all’importanza del sito. Solo in seguito, con l’acquisizione di una mole di dati superiore alle 2-3000 osservazioni sarà possibile svolgere un’analisi riportando i parametri citati in Tab. 1. In tale modo sarà possibile fare confronti e verificare meglio l’entità dei migratori che si muovono nell’ambito nazionale. Quanto sopra esposto vuole essere un momento di confronto e di indirizzo soprattutto nei riguardi di chi inizia ad avvicinarsi allo studio dei rapaci. La validità dei temi riportati potrà essere verificata o meno in futuro quando il CISO od altre Associazioni od Istituzioni troveranno la possibilità di organizzare nuovi incontri aventi per tema questi uccelli. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 73 Francesco Mezzavilla Tabella 1. Bozza di protocollo per lo svolgimento di alcune indagini sui rapaci. Obiettivi generali Obiettivi specifici Aree/Strumenti/Finalità Definizione indagini Definizione specie Creazione Gruppo di lavoro - Comune, Regione, Nazione - Parco o Riserva Naturale - ZPS o SIC - Comunità Montana - Altro Censimenti qualitativi Definizione metodi Scelta scala (IGM, UTM, CTR, etc.) Scelta stagione (nidificanti, svernanti) - Produzione Check-list - Progetti Atlante - Censimento rapaci svernanti Censimenti semi-quantitativi Definizione metodi - Mappaggio - Campionamento per punti - Transetti (Distance Sampling) - Road Count Indagini bio-ecologiche Settori di ricerca - Biologia riproduttiva - Habitat - Rapporti con l’uomo Ricerca nuove aree (hot spot e flyway) - Periodo - Metodo (visual count) - Strumenti (staz. meteo, altimetro, telemetro etc.) Creazione Gruppo di lavoro e attività di censimento - Conteggio totale - Conteggio per specie - Passaggi orari/gg - Analisi meteo, altitudine, direzione di volo, etc. - Analisi correlazioni meteo/altezze di volo - Analisi correlazioni meteo/pass. orari-gg Migrazione Definizione area Elaborazione dati BIBLIOGRAFIA Agostini N. 2003. La migrazione dei rapaci sul Mediterraneo centrale: stato attuale della ricerca e prospettive. Avocetta 27: 48-51. Agostini N., Malara G., Neri F., Mollicone D. 1994. La migrazione primaverile del Falco pecchiaiolo, Pernis apivorus, sullo Stretto di Messina: problemi di protezione. Riv. ital. Orn. 63: 187-192. Allavena S., Brunelli M. 2003. Revisione delle conoscenze sulla distribuzione e la consistenza del Pellegrino Falco peregrinus in Italia. Avocetta 27: 20-23. Bibby C. J., Burgess N.D., Hill D.A. 1992. Bird census techniques. Academic Press, London. Boano G., Toffoli R. 2002. A line transect survey of wintering raptors in the Western Po plain of northern Italy. J. Raptor Res. 32: 128-135. 74 Brichetti P., Fracasso G. 2003. Ornitologia Italiana, Vol. 1 Gaviidae-Falconidae. Perdisa Editore, Bologna. Brichetti P., De Franceschi P., Baccetti N. (eds.) 1992. Fauna d’Italia. Aves I, Vol. 29. Calderini, Bologna. Cheylan G. 1980. Introduction. In: AA.VV. Rapaces Mediterraneens. Parc Naturel Regional de Corse, Centre de Recherche Ornithologique de Provence. Corso A. 2001. Raptor migration across the Strait of Messina, southern Italy. British Birds 94: 196-202. Fasce P., Fasce L. 2003. L’Aquila reale Aquila chrysaethos in Italia: un aggiornamento sullo status della popolazione. Avocetta 27: 10-13. Giordano A. 1991. The migration of birds of prey and storks in the Strait of Messina. Birds of Prey Bulletin 4: 239-250. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Il CISO e le indagini sui rapaci. Indirizzi per un approfondimento delle ricerche Haapala J., Saurola P. 1991. Raptor grid scheme. In: Koskimies P., Vaisanen R.A. Monitoring bird populations pp 87-90. Zoological Museum, Finnish Museum of Natural History. Infomigrans. 2004. Un mondo in crescita. Coordinamento Nazionale Rapaci Migratori. Parco Naturale Alpi Marittime, Valdieri. Lohmus A. 2004. Raptor habitat studies - the state of the art. In: Chancellor R.D. & Meyburg B.-U.(Eds), Raptors Worldwide, WWGBPO, MME/BirdLife Hungary. Pedrini P., Sergio F. 2001. Golden Eagle Aquila chrysaetos density and productivity in relation to land abandonment and forest expansion in the Alps. Bird Study 48: 194-199. Pedrini P., Sergio F. 2002. Regional conservation priorities for a large predator: Golden Eagles (Aquila chrysaetos) in the Alpine range. Biol. Conserv. 103: 163-172. Ralph C. J., Scott J. M. 1981. Estimating numbers of terrestrial birds. Cooper Ornithological Society. Allen Press, Lawrence. Mammen U., Stubbe M. 1999. Monitoring of Raptors and Owls in Europe: a review of the first ten years. Vogelwelt 120 suppl.: 75-78. Ralph C. J., Sauer J. R., Droege S. 1997. Monitoring bird populations by Point Counts. Gen. Tech. Rep. PSWGTR-149. Forest Service, US Department of Agriculture. Meschini E., Frugis S. 1993. Atlante degli uccelli nidificanti in Italia. Suppl. Ric. Biol. Selv. XX: 1-344. Saurola P. 1985. Finnish birds of prey: status and population changes. Ornis Fennica 62: 64-72. Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). 2003. Atti 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27: 1-156. Thiollay J. M., Bretagnolle V. 2004. Rapaces nicheurs de France. Distribution, effectifs et conservation, Delachaux et Niestlé, Paris. Mezzavilla F., Martignago G., Silveri G. 2003. Migrazione visibile post riproduttiva del Falco pecchiaiolo Pernis apivorus sopra i Colli Asolani (NE Italia): anni 1994-2001. Avocetta 27: 52-56. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 75 II sessione STATO DELLE CONOSCENZE, PROBLEMI DI CONSERVAZIONE E PROSPETTIVE PER LE RICERCHE NELLE REGIONI PENINSULARI Chairmen: Paolo Perna e Jacopo Angelini Note per l'interpretazione delle schede riepilogative Allo scopo di disporre di risultati omogenei, e quindi confrontabili, è stato chiesto ai partecipanti di riepilogare i salienti risultati delle proprie indagini attraverso la compilazione di una scheda appositamente predisposta. Le “voci” della scheda riguardano la descrizione e l’estensione dell’area di studio, lo sforzo di ricerca, la consistenza della popolazione, gli ambiti di tutela interessati, i fattori di minaccia, il finanziamento delle ricerche. Di seguito, si forniscono le necessarie precisazioni e definizioni. Area di studio estensiva: in genere l’intera regione amministrativa o una o più province; Area di studio intensiva: la porzione dell’area di studio estensiva che presenta le caratteristiche tipiche dell’habitat della specie ed in cui si concentra il massimo sforzo di ricerca; Copertura: la percentuale dell’area di studio intensiva effettivamente indagata, distinta in zone a copertura buona e zone a copertura scarsa secondo il soggettivo giudizio degli Autori; Consistenza accertata della popolazione nel 2003: il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata la presenza nella stagione riproduttiva 2003; Consistenza probabile della popolazione al 2003: il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata la presenza in almeno una stagione riproduttiva negli ultimi 3 anni (2001-2003); Consistenza possibile della popolazione al 2003: il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata la presenza in almeno una stagione riproduttiva negli ultimi 10 anni (1994-2003); Consistenza stimata della popolazione al 2003: il numero di coppie territoriali che si stima possano essere attualmente presenti, comprese quelle che si presume possano abitare ambiti poco o per nulla indagati nel periodo 1994-2003; Coppia territoriale: una coppia di cui sono stati osservati, in periodo riproduttivo, comportamenti territoriali presso un territorio di nidificazione già conosciuto e utilizzato o comunque ritenuto idoneo: display, difesa del territorio di nidificazione, visite al sito di nidificazione, nidificazione vera e propria, il tutto a prescindere dal fatto che la nidificazione si sia conclusa e dal suo esito; Numero di coppie territoriali possibili (osservate in almeno una stagione riproduttiva degli ultimi 10 anni) con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi nazionali, Riserve statali, Parchi regionali, Riserve regionali, Oasi di Protezione, Siti di Interesse Comunitario (SIC), Zone di Protezione Speciale (ZPS), Important Birds Areas (IBA); una stessa coppia con territorio di nidificazione ricadente in più ambiti va attribuita a ciascuno di essi, pertanto i valori dei diversi ambiti non sono cumulabili, con eccezione di quelli relativi a Parchi nazionali e Parchi regionali; Studi e/o programmi di monitoraggio finanziati: s’intendono quelli svolti da dipendenti di amministrazioni ed enti pubblici nell’ambito della propria attività lavorativa, quelli svolti dalle Università con programmi di ricerca specifici (escluse le ricerche svolte da tesisti), quelli retribuiti svolti da “personale esterno” per conto di Pubbliche Amministrazioni, Enti e Associazioni. 78 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos e il Pellegrino Falco peregrinus nell’Appennino ligure e piemontese Saura Andreotti1, Massimo Campora2, Renato Cottalasso3, Laura Fasce4, Paolo Fasce4, Riccardo Nardelli1, Ubaldo Ricci1 Museo di Storia Naturale della Lunigiana, Fortezza della Brunella, 54011 Aulla (MS) 2 strada Valmassini, 6 15066 Gavi (AL) 3 strada Monterotondo, 85 15067 Novi Ligure (AL) 4 via G. D’Annunzio, 2/112 16121 Genova 1 L’area oggetto del monitoraggio si estende dal passo del Colle di Cadibona fino ai contrafforti appenninici toscani e a gran parte dell’area appenninica in Provincia di Alessandria. Trattandosi di uno studio che riguarda soltanto l’Appennino, non è stata presa in considerazione la porzione del territorio ligure a Ovest del colle di Cadibona: diverse coppie delle due specie risultano pertanto escluse dai conteggi. In questi ultimi anni si sono svolti monitoraggi atti a stabilire il numero di coppie presenti e nidificanti, valutando l’areale di caccia, la dispersione giovanile e le problematiche ecologiche connesse. Purtroppo lo scarso numero di osservatori (solo 7-8 impegnati saltuariamente) rispetto all’ampio territorio da controllare ha inciso sulla buona conoscenza del numero effettivo di coppie di Aquila reale e Pellegrino presenti sul territorio. Nella zona di studio, che misura circa 9.000 km2, vive una buona popolazione di Pellegrino, nidificante sia sulla costa sia all’interno. Per quanto riguarda l’Aquila reale la distribuzione appare ovviamente diversa, con un minor numero di coppie. Di seguito viene riassunta la situazione delle due specie. AQUILA REALE Il rapace è in espansione sul territorio ligure-piemontese; le coppie territoriali sono 5, comprese quelle che non si sono ad oggi mai riprodotte. Appaiono frequenti le segnalazioni di individui erratici (per lo più giovani), osservabili su gran parte del territorio. Diversi sono stati i tentativi di nidificazione in Provincia di Alessandria (Val Borbera e Capanne di Marcarolo) da parte di coppie di sub-adulti apparentemente stabili: tuttavia ad oggi nessuna di esse è riuscita a nidificare con successo. Una coppia recentemente insediatasi in Val Fontanabuona (GE), formata da individui apparentemente adulti, di cui attualmente non si conosce alcun nido (area poco frequentata dagli osservatori), sembra essersi riprodotta nel 2003. In questi ultimi anni sulle aquile reali (sopratutto sulle coppie nidificanti) si sono svolte numerose osservazioni basate principalmente sull’alimentazione e sulla scelta dei territori riproduttivi. Le aquile reali liguri-piemontesi hanno una dieta molto varia, costituita prevalentemente da prede di dimensioni medio/grandi. Dalle osservazioni dirette sulle prede portate ai nidi e dai resti di quelle catturate da individui anche erratici, si osserva che lo sforzo energetico è indirizzato alla predazione di mammiferi come volpi, giovani caprioli, cinghiali e daini; meno frequenti lepri, gatti domestici e scoiattoli. Tra gli uccelli si sono osservati in prevalenza galliformi, ardeidi e anatidi, diversi casi di predazione anche su pollame domestico, inoltre rettili (serpenti) e carogne di svariate specie anche domestiche. La scelta delle aree di nidificazione per l’Aquila reale in questo settore appenninico appare problematica in quanto le poche pareti disponibili sono spesso molto disturbate; tuttavia si nota come questa specie sia anche notevolmente adattabile a tipologie di territorio decisamente differenti da quelle definite “classiche”. Si sono osservati tentativi di nidificazione (allestimento del nido) in piccole pareti (20-30 metri di altezza) spesso ricche di vegetazione arborea, a volte anche posizionate relativamente vicino a strade e caseggiati. Anche i territori di caccia sfruttati sono alquanto vari, comprendendo aree rocciose appenniniche, altipiani e boschi, zone prettamente collinari, fino a raggiungere addirittura il limite della Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 79 Saura Andreotti, Massimo Campora, Renato Cottalasso, Laura Fasce, Paolo Fasce, Riccardo Nardelli, Ubaldo pianura padana. Analizzando le problematiche negative che incidono sulle coppie e che quindi influiscono sulla loro riproduzione, si possono constatare alcuni fattori limitanti fondamentali. A causa della scarsità di prede (soprattutto nell’area di levante sono presenti pochi ungulati selvatici), le coppie nidificanti predano principalmente rettili e animali domestici. Altri fattori limitanti possono essere la scarsità di siti di riproduzione (soprattutto nell’area di ponente), il disturbo arrecato in molte aree apparentemente idonee da sportivi appassionati di roccia o quello conseguente ad altre attività, abbattimenti illegali (molti giovani in inverno si spingono a caccia in riserve venatorie e vengono quindi eliminati con armi da fuoco o bocconi avvelenati). PELLEGRINO Positiva la situazione di questo falconide, nidificante con numerose coppie: la specie è in considerevole espansione e, se prima era osservabile solo lungo le falesie marine, ora si trova nidificante regolarmente anche all’interno dei 80 settori appenninici, sia liguri che piemontesi. La dieta è costituita esclusivamente da uccelli, predati principalmente in volo. Si sono osservate catture e sono state rinvenute spiumate di numerose specie ornitiche: gabbiano comune, colombaccio, tortora, rondone, picchio verde, picchio rosso maggiore, gallinella d’acqua, colombo domestico, storno. Le nidiate sono costituite prevalentemente da 2 pulli, più raramente 3, eccezionalmente 1 e 4. I giovani nati spesso arrivano all’involo senza eccessivi problemi: per la coppia di falchi è frequente la perdita di qualche uovo della covata dovuta per lo più ad una mancata schiusa; in qualche raro caso si è anche registrata la sparizione della covata, dovuta a cause ignote. Il Pellegrino risente meno, rispetto all’Aquila reale, del disturbo antropico e spesso nidifica su pareti relativamente vicine a strade o abitati. Attualmente non sono in atto progetti provinciali o comunitari che contribuiscano alla protezione di questi rapaci: il gruppo di lavoro formato, seppur poco numeroso, costituisce attualmente l’unico strumento per monitorare di anno in anno le popolazioni di Aquila reale e Pellegrino Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos e il Pellegrino Falco peregrinus nell’Appennino ligure e piemontese APPENNINO LIGURE E PIEMONTESE AQUILA REALE PELLEGRINO Definizione dell’area di studio estensiva Appennino ligure e piemontese 4909 Appennino ligure e piemontese 4909 2/3 35 65 5 6 6 8 Appennino ligure e piemontese 4909 Appennino ligure e piemontese 4909 2/3 35 65 14 22 23 28 0 0 0 0 2 10 0 2 0 2 3 9 2 8 1 1 Disturbo antropico, attività sportive, bracconaggio Impianti eolici, fotografia o video naturalistici Attività sportive, bracconaggio Impianti eolici, falconeria, prelievo uova o pulli 0 0 0 0 Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 81 L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana settentrionale Ubaldo Ricci1, Michela Adami2, Saura Andreotti1, Luigi Armentano3, Mario Cenni4, Monica Lazzeri5, Mauro Magrini6, Riccardo Nardelli1, Luigi Sesti1 Museo di Storia Naturale della Lunigiana, Fortezza della Brunella, 54011 Aulla (MS) 2 Riserva Naturale dell’Orecchiella, 55030 Corfino (LU) 3 Via Toniolo, 8 06083 Bastia Umbra (PG) 4 ARPAT, via Vallisneri, 6 55100 Lucca 5 Coop. Linnea, Museo di Storia Naturale e del Territorio, via Roma, 79 56011 Calci (PI) 6 OIKOS Studio naturalistico, Via del Seminario, 9 06049 Spoleto (PG) 1 AQUILA REALE Lo studio dell’Aquila reale nella Toscana settentrionale è stato avviato alla fine degli anni 70 per iniziativa di alcuni naturalisti che hanno cominciato a seguire sistematicamente la riproduzione delle coppie presenti in Lunigiana, Alpi Apuane e Garfagnana anche in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato (CFS) di Corfino (LU) e con ricercatori e studiosi di rapaci affiliati al CISO. Dagli anni 90 sono stati stabiliti contatti con gruppi di ricerca operanti in aree limitrofe dell’Appennino settentrionale; ciò ha consentito di raccogliere dati in maniera coordinata ed organizzare conteggi simultanei autunnali e invernali ad integrare il tradizionale controllo delle coppie nidificanti, acquisendo informazioni su estensione e uso degli home-range, presenza di individui non territoriali, dinamiche territoriali in senso lato. Un primo conteggio effettuato il 9/2/2002 tra M. Chiappo (PC) e Pian degli Ontani (LU) (Ricci et al. 2003) ha coinvolto 3 organizzatori, 10 “coordinatori territoriali”, 7 Coordinamenti Provinciali e 2 Aziende del CFS, 2 corpi di Polizia Provinciale, 97 squadre di osservatori, per un totale di 198 rilevatori di 9 province. Altri conteggi sono stati effettuati nell’ottobre 2002 in collaborazione con l’AsOER e nel febbraio 2003 con un gruppo ornitologico ligure-piemontese per lo studio di “nuove” coppie tra la Val Fontanabuona (GE) e la Val di Vara (SP). L’organizzazione di periodici convegni (cfr Ricci 2000) e “giornate di studio” ha permesso di illustrare i risultati conseguiti e di intensificare la collaborazione tra i ricercatori operanti in tutto l’Appennino settentrionale. L’area di studio “intensiva”, estesa circa 2000 kmq, comprende il settore montano e submon- tano delle province di Massa Carrara e Lucca: si distinguono lo spartiacque tra la Val di Magra e la Val di Vara, l’alta valle del Magra, la porzione tirrenica dell’Appennino parmense orientale e dell’Appennino reggiano, le Alpi Apuane, l’Appennino lucchese. La complessa morfologia del territorio, l’abbondanza di contrafforti rocciosi e siti idonei alla nidificazione, la stessa ubicazione dei nidi, spesso relativamente distanti tra loro pur appartenendo alla stessa coppia, sono elementi che rendono problematico lo studio delle coppie nidificanti. Il numero medio di visite annuali é pertanto di ben 8 per coppia. Complessivamente le zone meglio indagate rappresentano il 70% dell’area di studio “intensiva”; altre porzioni sono controllate esclusivamente durante i conteggi simultanei. Da alcune zone ritenute poco idonee alla presenza stabile della specie provengono recenti segnalazioni di sub-adulti che fanno ritenere necessari ulteriori approfondimenti. Con la sola apparente eccezione di una coppia nidificante nel Mugello (versante adriatico), l’area di studio qui considerata comprende la totalità delle coppie di Aquila reale nidificanti in Toscana. La specie nelle due province ha mostrato un certo incremento negli ultimi 20 anni, in linea con l’andamento nazionale (Fasce e Fasce 2003), tanto come coppie nidificanti (da 8 a 9-11), quanto come estensione di territorio frequentato, verosimilmente come conseguenza di una maggior offerta trofica derivante dall’istituzione di alcune aree protette. Oltre alle 9 coppie accertate se ne suppone l’esistenza di altre 2; attraverso i conteggi simultanei si stima inoltre la presenza di una decina di individui tra giovani dell’anno e immaturi. Se negli ultimi venticinque anni la persecuzione diretta sembra quasi svanita, permangono invece Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 83 Ubaldo Ricci, Michela Adami, Saura Andreotti, Luigi Armentano, Mario Cenni, Monica Lazzeri, Mauro Magrini, Riccardo Nardelli, Luigi Sesti la minaccia di avvelenamenti, l’ancor crescente disturbo dovuto all’uso di vie di roccia (probabile causa del continuo insuccesso di una coppia apuana), il potenziale disturbo causato da osservatori e fotografi. Una potenziale minaccia per l’Aquila reale, e più in generale per gli ecosistemi montani, è la costruzione di centrali eoliche sulle praterie montane utilizzate dalla specie come preferenziali territori di caccia. LANARIO E PELLEGRINO La prima e unica indagine mirata sulle due specie nella Toscana settentrionale risulta quella svolta per la Provincia di Lucca nel periodo 1998-2000 (Magrini 2001; Magrini e Cenni 2001) sui cui risultati si basa il presente contributo. L’area di studio intensiva, circa 1500 km2, è rappresentata dall’intero massiccio delle Alpi Apuane e dall’Appennino lucchese; essa è considerata a copertura buona per il 70% della sua estensione. L’osservazione di un individuo di Lanario del 2 maggio 1998 e quella compiuta da Tellini nel luglio 1999 nello stesso ambito delle Apuane centrali, sono gli unici indizi di presenza della specie. Da ciò si può ipotizzare non più che la probabile presenza di una coppia, ma vista l’elusività della specie, l’articolazione del territorio e l’enorme disponibilità di pareti atte alla riproduzione, non si esclude l’esistenza di una “popolazione” pur di modesta consistenza. Nella ricerca non ha trovato conferma la segnalazione di Romè e Vanoni (1980) di una coppia nidificante nella zona della Pania di Corfino. Nel 1998-2000 sono state accertate 7 coppie territoriali di Pellegrino nelle Apuane e 4 nell’Appennino lucchese. Il successivo e casuale rinvenimento di un’altra coppia nelle Apuane ha portato a 12 la consistenza possibile (cfr tabella) della popolazione nell’area di studio intensiva, ma si presume che la reale consistenza sia significativamente più alta, stimata in circa 18 coppie. I valori di una sola coppia osservata nell’anno 2003 e nel periodo 2001-2003 (nella tabella rispettivamente consistenza accertata e probabile), derivano dal mancato controllo delle 84 coppie accertate negli anni precedenti. La distribuzione del Pellegrino appare sostanzialmente uniforme nelle Apuane, mentre la 4 coppie note nell’Appennino lucchese si “concentrano” nei due settori estremi (NO e SE) costituiti da rilievi calcarei con abbondanti pareti rocciose. Almeno 7 delle 12 coppie di Pellegrino si riproducono all’interno di un’area protetta (5 nel Parco Regionale delle Alpi Apuane, 2 nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano) ed i siti di nidificazione di 2 di esse ricadono allo stesso tempo in Riserve Naturali Statali ed Oasi di Protezione. Inoltre almeno 7 coppie si riproducono all’interno di ZPS e/o SIC. La presenza di cave attive è verosimilmente un fattore limitante per il Pellegrino, tanto nelle Apuane quanto in parte dell’Appennino lucchese: nell’indagine di Magrini (op. cit.) si osserva che, di 11 coppie, 2 nidificano a 500-1000 metri di distanza da esse, altre 2 a circa 1500 metri, e ben 7 ad almeno 2 chilometri. L’arrampicata sportiva interessa le pareti rocciose utilizzate per la riproduzione di almeno 3 delle 8 coppie apuane di Pellegrino. Le conoscenze disponibili non permettono di quantificare il disturbo al ciclo riproduttivo; peraltro sono note pareti rocciose ideali per la nidificazione, ma non utilizzate dalla specie, intensamente frequentate per detta attività. Il più grave tra i fattori di minaccia potenziali appare l’eventuale installazione di impianti eolici sui rilievi dell’area di studio; a tal proposito si segnala che in più occasioni nel corso dell’indagine del 1998-2000 sono stati osservati individui di Pellegrino in caccia sulle praterie montane, crinali d’alta quota compresi, tanto nelle Apuane che nell’Appennino lucchese. Come detto, una sola indagine mirata su Lanario e Pellegrino ha mai interessato la Toscana settentrionale e, terminata questa, nessun significativo progresso delle conoscenze appare verificatosi. Future ricerche sono ritenute pertanto indispensabili in particolare per chiarire lo status del Lanario al limite settentrionale del suo areale italiano, per aggiornare quello del Pellegrino, specie in significativo incremento, per estendere le conoscenze anche nelle aree mai indagate allo scopo (provincia di Massa Carrara extra Apuane). Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana settentrionale BIBLIOGRAFIA Fasce P., Fasce L. 2003. L’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia: un aggiornamento sullo status della popolazione. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta, 27 (1): 10-13. Magrini M. 2001. Indagine sulla presenza dell’Aquila reale, del Lanario e del Pellegrino nella Provincia di Lucca. Provincia di Lucca, rapporto inedito: 49 pp più allegati. Magrini M., Cenni M. 2001. L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nelle Alpi Apuane e nell’Appennino lucchese. In: Tellini Florenzano G., Barbagli F., Baccetti N. (eds). Atti del XI Convegno Italiano di Ornitologia. Avocetta, 25: 225. Ricci U., Nardelli R., Andreotti S., Ferrari P. F. 2003. Primi risultati di un conteggio simultaneo dell’Aquila reale Aquila chrysaetos nell’Appennino settentrionale. In: Conti P., Rubolini D., Galeotti P., Milone M., de Filippo G. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta, 27 (Numero speciale): 116. Ricci U. 2000. Il monitoraggio della popolazione di Aquila reale Aquila chrysaetos L. nell’area tosco-ligure: vent’anni di indagini. In: Nardelli R. (ed). Fauna 2000 Indagini sulla fauna del comprensorio provinciale dello spezzino. Luna Editore - Società Editrice Ligure Apuana, La Spezia: 57-63. Romè A., Vanoni A. 1980. Indagine preliminare sul Lanario Falco biarmicus feldeggi, Schlegel in Toscana: sua presenza nella zona dell’Orecchiella (Alta Garfagnana). Atti Soc. Tosc. Sci. Nat., Mem., Serie B, 87: 205-210. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 85 Ubaldo Ricci, Michela Adami, Saura Andreotti, Luigi Armentano, Mario Cenni, Monica Lazzeri, Mauro Magrini, Riccardo Nardelli, Luigi Sesti TOSCANA SETTENTRIONALE Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 86 AQUILA REALE PELLEGRINO Province di Lucca e Massa Carrara 2929 Rilievi collinari e montani 2000 6/9 70 30 9 9 9 11 Provincia di Lucca e porzione Alpi Apuane in Provincia di Massa Carrara 2060 Alpi Apuane e Appennino lucchese 1500 1 70 30 1 1 12 18 3 2 2 2 2 5 0 0 2 2 7 7 2 6 0 12 Arrampicata, escursionismo, avvelenamento, abbattimenti, caccia fotografica e bird watching, linee elettriche Impianti eolici, prolungamento della stagione venatoria Arrampicata, escursionismo, attività estrattive, abbattimenti, linee elettriche Impianti eolici, prolungamento della stagione venatoria 45 61 0 0 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione La presenza del Lanario Falco biarmicus e del Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana meridionale Guido Ceccolini1, Fausto Fabbrizi2, Riccardo Nardi3 1 Progetto WWF Capovaccaio, Via Costarella 2, 58055 Semproniano (GR) Corpo Forestale dello Stato, Coordinamento Provinciale di Grosseto, Piazza del Risorgimento 13, 58100 Grosseto 3 Riserva Naturale Provinciale ed Oasi WWF Bosco Rocconi, Via del Cassero 27, 58053 Roccalbegna (GR) 2 LANARIO La presenza del Lanario nella Toscana meridionale è documentata fin dalla metà degli anni 80 (Fabbrizzi 1998). Attualmente la specie risulta diffusa nelle Crete senesi ed in Val d’Orcia, in provincia di Siena (4 coppie nel 2003), ed in alcune aree dell’entroterra della provincia di Grosseto, nelle valli del Fiora, Ombrone ed Albegna (4 coppie nel 2003). Recenti osservazioni (2003) hanno permesso di individuare altre 3 coppie nella parte meridionale della provincia di Pisa, che interessa il comprensorio di Volterra: siamo incerti se attribuire il dato a nuove colonizzazioni o ad una scarsa copertura, in passato, del territorio in questione. Il numero complessivo delle coppie accertate nel 2003 assomma quindi a 11. è possibile, infine, la presenza di una coppia all’isola della Gorgona, in provincia di Livorno, per il ritrovamento in zona, in tempi successivi, di due individui giovani. Fondamentale per la specie è la presenza nel territorio di pareti calcaree, tufi o formazioni arenaceo-argillose idonee alla nidificazione, che è stata accertata fino ai 700 metri circa di quota. La dinamica della popolazione mostra, negli ultimi 5 anni, una tendenza al leggero incremento, con un tasso medio di riproduzione di 2,2-2,4 giovani involati per coppia. Si ritiene plausibile la presenza nel territorio di un certo numero di individui erratici pronti a colmare le “lacune” nelle coppie, indice questo di vitalità della specie. Citiamo a proposito un episodio che risale allo scorso gennaio 2004, verificatosi nella Valle dell’Albegna (GR), dove il maschio di una coppia riproduttiva, rinvenuto ferito per una fucilata ad un’ala, è stato prontamente sostituito da un altro maschio vagante dopo appena una ventina di giorni; quindi la nidificazione è regolarmente iniziata. Tra i fattori limitanti è da evidenziare al primo posto il bracconaggio: diversi esemplari, negli ultimi anni, sono stati abbattuti nell’area di studio (Passalacqua et al. 2001). Vanno poi segnalati il disturbo causato dalla presenza umana in prossimità dei siti di riproduzione (attività agro silvo pastorali, cacciatori, escursionisti e naturalisti) e la carenza di pareti idonee alla nidificazione. Nella competizione con il Pellegrino il Lanario risulta in genere perdente, anche se quest’ultimo sembra più adattabile e meno selettivo riguardo ai siti: difatti sono state riscontrate nidificazioni su calanchi a pochi metri di altezza dal suolo. La disponibilità di risorse alimentari parrebbe in ogni caso sostenibile e non causa limitante, mentre la predazione dei nidi da parte di commercianti falconieri sempre rappresenta una concreta minaccia, con il verificarsi nel recente passato di alcuni episodi dubbi. Altro fattore negativo di rilievo è costituito dalle trasformazioni ambientali in atto in alcune aree agricole dell’entroterra, dove l’impianto di vaste colture specializzate (vigneti) sta causando la perdita significativa di habitat idonei alla caccia, come pascoli arborati, seminativi estensivi, zone cespugliate ed incolti. PELLEGRINO La distribuzione del Pellegrino nella Toscana meridionale, e segnatamente nella provincia di Grosseto, pare soprattutto legata alla fascia costiera ed alle isole, con una consistenza accertata nel 2003 di 16 coppie nidificanti. Il presente contributo esclude, per carenza di una copertura adeguata, il territorio della provincia di Livorno: la specie pare comunque distribuita diffusamente nelle isole dell’Arcipelago Toscano. La presenza del Pellegrino, come nidificante, nella provincia di Siena sembra al momento rivestire un carattere sporadico; abbastanza frequenti invece gli individui svernanti. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 87 Guido Ceccolini, Fausto Fabbrizi, Riccardo Nardi La dinamica della popolazione grossetana, nell’ultimo decennio, pare sostanzialmente stabile od in leggero incremento, con una tendenza alla colonizzazione di alcuni territori idonei nella fascia collinare e montana dell’interno (4 delle 16 coppie accertate nel 2003), dove il Pellegrino entra sistematicamente in competizione con il Lanario riguardo ai siti di nidificazione; sono almeno tre i casi accertati in cui questa “lotta” ha causato il fallimento della nidificazione del Lanario. Riguardo ai fattori di minaccia, il principale sembra consistere nel bracconaggio: particolarmente deleteria pare la caccia da appostamento fisso, quando esercitata lungo le rotte migratorie costiere ed insulari abitualmente frequentate dal Pellegrino come da altri rapaci. Nel periodo 1997-2001 sono stati ricoverati 12 esemplari nel Centro Recupero Animali Selvatici della Maremma di Semproniano, di cui 7 impallinati provenienti dalla costa (Passalacqua et al. 2001). Il disturbo antropico ed il turismo balneare lungo le coste, soprattutto nella stagione primaverile, rappresentano un sicuro elemento di disturbo; come nel caso del Lanario, la predazione dei nidi da parte di commercianti falconieri senza scrupoli viene considerata una continua minaccia. Anche le trasformazioni ambientali del territorio, come l’intensivizzazione delle colture agricole e la progressiva antropizzazione delle zone litoranee a vocazione turistica, costituiscono a nostro parere cause limitanti di primo ordine. Infine, la forte espansione del Gabbiano reale (Larus cachinnans michahellis) potrebbe a nostro avviso incidere negativamente, sia per competizione alimentare (frequente predazione dei piccoli uccelli in transito migratorio sulle coste e sulle isole), sia per il possesso dei siti di nidificazione (disponibilità limitata di pareti idonee) od il possibile verificarsi di episodi di aggressione, da parte del Gabbiano reale, nei confronti di rapaci di varie specie. Per la gentile collaborazione si ringraziano Beppe Anselmi, Gianni Chiancianesi, Fausto Corsi, Pietro Giovacchini e Stefano Fanfani. BIBLIOGRAFIA Passalacqua L., Ceccolini G., Cenerini A. 2001. The Impact of Human Activities on Raptors in Central Italy. Abstract. 4th Eurasian Congress on Raptors. Siviglia, 25-29 settembre 2001: 140. 88 Fabbrizzi F. 1998. Accipitriformi e Falconiformi delle Province di Siena e Grosseto. Amministrazioni Provinciali di Siena e Grosseto, inedito. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nella Toscana settentrionale TOSCANA MERIDIONALE Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 LANARIO Province di Siena e Grosseto, distretto di Volterra e Isola Gorgona 9265 Aree ad habitat idoneo 1850 4 80 20 11 13 15 13-16 PELLEGRINO Provincia di Siena e Grosseto 8325 Aree ad habitat idoneo 830 2 50 50 16 17 18 18-20 1 3 - - - 3 3 1 - - 2* - 2* - 2* 12 Bracconaggio, disturbo antropico, saccheggio dei nidi Modificazioni ambientali, turismo ambientale Bracconaggio, disturbo antropico, saccheggio dei nidi Modificazioni ambientali, turismo balneare 20 7 0 0 * = valore minimo - = dato non fornito Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 89 L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Emilia Romagna Mario Bonora1, Luca Bagni2, Angelo Battaglia3, Pierpaolo Ceccarelli1, Mario Chiavetta4, Pierfrancesco Ferrari5, Mauro Ferri1, Dario Martelli6, Maurizio Ravasini1, Lorenzo Rigacci6, Stefano Schiassi7 ASOER, Assoc. Ornitologi dell’Emilia-Romagna, via Massa-Rapi 3, 40064 Ozzano dell’Emilia (BO) 2 via Gambizzi 11, 42020 Rivalta di Reggio Emilia (RE) 3 Provincia di Piacenza, Polizia Provinciale,via Garibaldi 50 29100 Piacenza 4 via Croara 4, 40068 S.Lazzaro di Savena (BO) 5 Dipartimento di Neuroscienze Università di Parma, via Volturno 39 43100 Parma 6 Provincia di Bologna, Unità speciale Corpo di Polizia Provinciale, via Malvasia 6, 40131 Bologna 7 via Emilia Ponente 252, 40139 Bologna 1 INQUADRAMENTO DEL TERRITORIO Della superficie dell’Emilia-Romagna (20.265 km2) solo 8315 Km2 comprendono aree collinari e montane che rappresentano l’habitat delle tre specie in oggetto. I rilievi costituiscono la catena dell’Appennino Tosco-Emiliano, orientata in senso NO-SE, il cui versante settentrionale Emiliano-Romagnolo, meno acclive, digrada verso la Pianura Padana. Poche cime superano i 2000 metri (M. Prato, Alpe di Succiso, M. Cimone, M. Cusna). Sono distinguibili tre zone parallele: 1) la catena assiale dell’Alto Appennino le cui sommità nella parte emiliana (dal confine amministrativo al Corno alle Scale) sono occupate da praterie, favorite nel passato dai pastori che estendevano con il fuoco i pascoli, 2) la zona intermedia di bassa montagna e alta collina in cui emergono formazioni importanti per la nidificazione come la Pietra di Bismantova, il Contrafforte Pliocenico bolognese, la Vena dei Gessi romagnoli, S. Marino e numerose altre, 3) la zona di bassa collina prossima alla pianura soggetta a formazione di calanchi per i disboscamenti eccessivi dei secoli scorsi. I rapaci rupicoli trovano in questo ambiente buone possibilità di nidificazione, e nel caso dell’Aquila reale, ampi territori di caccia particolarmente sulle praterie di crinale e nelle fasce collinari calanchive. AQUILA REALE Sono note 9 coppie nidificanti; la popolazione è stabile (Chiavetta 2001) o in leggero incremento. La specie si riproduce preferibilmente nella parte medio-alta dell’Appennino, a quote di 800-1000 m s.l.m. ma è presente in tutta la fascia collinare e montana, in quanto un elevato numero di immaturi non territoriali frequenta regolarmente le aree seminaturali adatte alla caccia fino al limite della pianura. L’habitat della specie è indagato in maniera soddisfacente e si può stimare che almeno l’80% dell’area sia monitorata annualmente da parte di circa 8 rilevatori particolarmente dedicati. Sono possibili altre 2-3 coppie (una in Romagna e 1-2 in Emilia) di cui non sono noti i siti di nidificazione. I siti sono rappresentati spesso da rocce di ridottissime dimensioni, a volte completamente nascoste dalla vegetazione arborea. è nota una coppia che ha nidi alternativi su una piccola roccia e su alberi. I fattori di minaccia per la specie sono rappresentati dal bracconaggio (due abbattimenti di subadulti noti dal 2000, una cattura di un subadulto in una tagliola negli anni 90), disturbo al nido (escursionisti, fotografi). Noti due episodi di folgorazione di giovani contro linee elettriche appena dopo l’involo, nel Piacentino (Battaglia 2002) e nel Forlivese. Minacce potenziali sono l’apertura di cave in prossimità dei siti di nidificazione, lavori forestali vicino ai nidi (un caso di abbandono della cova per ceduazione nel 2003) e, più grave, la realizzazione eventuale di impianti eolici i cui studi di fattibilità coinvolgono la maggior parte dei territori occupati. Anche la riforestazione spontanea o artificiale dei terreni montani abbandonati costituisce una perdita di habitat significativa (Watson 1997; Pedrini e Sergio 2001; Fasce e Fasce 2003). La protezione della specie è insufficiente. Due Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 91 Mario Bonora, Luca Bagni, Angelo Battaglia, Pierpaolo Ceccarelli, Mario Chiavetta, Pierfrancesco Ferrari, coppie nidificano in siti sprovvisti di alcuna tutela; solo 5 in aree di Parco Nazionale o Regionale; le 2 restanti ricadono in IBA o aree della Rete Natura 2000, che di per se non comportano limitazioni ad esempio dell’attività venatoria. LANARIO La consistenza accertata per il 2003 è di 3 coppie. L’Appennino Emiliano-Romagnolo è al limite settentrionale dell’areale del Lanario, la cui presenza è nota dagli anni 70 (Bonora e Chiavetta 1975). Ad un primo periodo di circa 20 anni durante i quali poche coppie si sono riprodotte regolarmente in provincia di Bologna, irregolarmente in province emiliane e una volta in Val Marecchia, ha fatto seguito un periodo di circa un decennio in cui la specie era osservata saltuariamente presso falesie precedentemente occupate senza però prove di riproduzione. I siti di nidificazione noti erano stati occupati in gran parte dal Pellegrino, che tuttavia non esclude completamente il Lanario come dimostrano vari episodi di riproduzione contemporanea di entrambe le specie sulla stessa falesia. Al termine degli anni 90 una coppia si è insediata stabilmente su una parete precedentemente occupata, seguita successivamente da 1 o 2 altre coppie in altre aree (Martelli e Rigacci 2003). Rispetto al Pellegrino dimostra maggiore propensione a cambiare i siti riproduttivi: a volte coppie insediate su una determinata falesia su cui si sono riprodotte con successo si spostano nella stagione successiva senza motivo apparente. L’areale della specie è rappresentato dalla fascia collinare, fino ad altitudini di 6-800 m s.l.m. Rispetto al Pellegrino si adatta anche a pareti di minori dimensioni. Fattori di minaccia sono rappresentati dal bracconaggio (due immaturi trovati feriti dal 2000 nel Riminese e nella pianura bolognese) e dal disturbo al nido (fotografi, escursionisti). Una delle coppie attuali si trova su parete idonea all’arrampicata. Si è accertato in un caso predazione da parte del Gufo reale (Bubo bubo), fatto eccezionale data l’estrema rarità della specie. Lo stato di protezione è insoddisfacente: solo una delle 3 coppie presenti nel 2003 ricade in un SIC. 92 PELLEGRINO Sono accertate 45 coppie nidificanti; la popolazione ha subito un marcato incremento negli ultimi anni, evidente dove lo sforzo di monitoraggio è stato costante. Nella provincia di Bologna ad esempio era presente una sola coppia ad inizio anni 70; la popolazione è cresciuta poi assestandosi per lungo tempo a valori di circa 5 coppie. A metà anni 90 all’inizio dei rilevamenti per l’Atlante Provinciale dei nidificanti erano presenti 7 coppie con altre in via di insediamento (Tinarelli et al. 2002). Dal 1999 si è assistito al passaggio da 11 coppie alle 19 del 2003 con un incremento di 1-3 all’anno. L’areale della specie comprende attualmente tutta la fascia collinare e montana; è evidente la tendenza ad espandersi verso zone ad altitudini maggiori e soprattutto verso ambienti antropizzati. Una coppia si riproduce regolarmente su un palazzo del Distretto Fieristico di Bologna, una su una ciminiera di una centrale elettrica a Piacenza, una di cui non si conosce l’eventuale sito riproduttivo frequenta il centro storico di Modena, una è stata osservata accoppiarsi nel centro storico di Bologna, 1-2 adulti frequentano il centro storico di Forlì. La specie è monitorata intensivamente in provincia di Piacenza, Parma, Modena, Bologna, Forlì e Repubblica di S. Marino. Nel 20% dell’areale potenziale la copertura è da considerare non soddisfacente. La consistenza stimabile in base a queste considerazioni è intorno alle 60 coppie. I fattori di minaccia sono il bracconaggio (un giovane dell’anno abbattuto in prossimità del sito nel 2002) e in grado minore disturbo ai nidi (arrampicate, fotografia, escursionismo) data la sostanziale adattabilità del Pellegrino come dimostrano le nidificazioni in ambenti urbani. Per i nidificanti in condizioni sinantropiche, sussiste l’elevato rischio di malattie infettive e parassitarie (un giovane morto a Bologna per Trichomoniasi) trasmesse dal Piccione domestico che rappresenta l’80% della biomassa su un campione di prede raccolte in centri urbani (Ceccarelli et al. 2003). Lo stato di protezione della specie è solo parzialmente soddisfacente. Delle coppie possibili 22 non ricadono in alcuna forma di area protetta; le tipologie di area protetta più frequenti sono Oasi di Protezione (12 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Emilia Romagna coppie), Parco Regionale (9), Riserva regionale (4). In misura minore contribuiscono Parchi Nazionali, IBA e Rete Natura 2000. STUDI E PROGRAMMI DI MONITORAGGIO Le conoscenze attuali derivano in larga misura da attività volontaristica non finanziata. L’Amministrazione Provinciale di Bologna tramite la Sezione Fauna e Flora Protetta della Polizia Provinciale, e quella di Piacenza sempre attraverso la Polizia Provinciale, dedicano a tempo parziale personale dipendente al monitoraggio delle popolazioni di Lanario e di Pellegrino. Ringraziamenti. Un monitoraggio su un’area così estesa non potrebbe aver luogo senza la collaborazione di numerosi osservatori. Si ringraziano in particolare M. Casadei, L. Casini, C. Ciani, M. Colombari, G. Cristiani, G. Fontanesi, U. Fusini, G. Leoni, G. Nini, D. Palumbo, A. Suzzi Valli, N. Toscani per aver messo a disposizione i risultati del loro lavoro. BIBLIOGRAFIA Battaglia A. 2002. Aquile. Provincia di Piacenza, Assessorato alla Caccia, 64 pp. Bonora M., Chiavetta M. 1975. Contribution à l’etude du Faucon lanier Falco biarmicus feldeggi en Italie. Nos Oiseaux 33: 153-168. Ceccarelli P., Gellini S., Bonora M. 2003. Note sull’alimentazione del Pellegrino Falco peregrinus in ambienti urbani dell’Emilia-Romagna. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27 (1): 92. Chiavetta M. 2001. Sei anni di monitoraggio (1995-2000) dell’Aquila reale Aquila chrysaetos dal Colle di Cadibona al Valico di Colfiorito. In: Tellini Florenzano G., Barbagli F., Baccetti N. (eds). Atti XI Convegno Italiano di Ornitologia. Avocetta 25 (1): 43. Martelli D., Rigacci L. 2003. Interpretazione sintetica della demografia del Lanario Falco biarmicus feldeggi in Italia dal 1971 al 2000. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27 (1): 14-16. Pedrini P., Sergio F. 2001. Golden Eagle Aquila chrysaetos density and productivity in relation to land abandonment and forest expansion in the Alps. Bird Study 48: 194-199. Tinarelli R., Bonora M., Balugani M. (eds). 2002. Atlante degli Uccelli nidificanti nella Provincia di Bologna (19951999). Comitato per il progetto Atlante Uccelli Nidificanti nella Provincia di Bologna. Watson J. 1997. The Golden Eagle. T & AD Poyser, London. Fasce P., Fasce L. 2003. L’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia: un aggiornamento sullo status della popolazione. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27 (1): 10-13. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 93 Mario Bonora, Luca Bagni, Angelo Battaglia, Pierpaolo Ceccarelli, Mario Chiavetta, Pierfrancesco Ferrari, EMILIA ROMAGNA AQUILA REALE LANARIO PELLEGRINO Regione Emilia Romagna Regione Emilia Romagna Regione Emilia Romagna Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Superficie dell’area di studio intensiva (km ) 2 20265 20265 20265 Appennino Appennino Appennino emiliano-romagnolo emiliano-romagnolo emiliano-romagnolo 8315 6000 8315 Numero di operatori impegnati con continuità 8 7 12 % dell’area di studio intensiva con copertura buona 90 40 80 % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa 10 60 20 Consistenza accertata della popolazione nel 2003 9 3 45 Consistenza probabile della popolazione al 2003 11 3 47 Consistenza possibile della popolazione al 2003 11 4 47 Consistenza stimata della popolazione al 2003 12 6 61 2 0 2 0 0 0 3 0 9 0 0 4 0 0 12 2 1 6 4 0 9 1 0 6 Bracconaggio, linee Disturbo al nido, Disturbo al nido, elettriche, disturbo bracconaggio bracconaggio riforestazione - - 0 50 35 0 50 35 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali al nido Principali fattori di minaccia potenziali Impianti eolici, % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 94 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nelle Marche Paolo Perna1, Jacopo Angelini2, Luigi Armentano3, Gianni Cristiani4, Carla Gambaro5, Mauro Magrini5, Massimo Pandolfi6, Bernardino Ragni7 Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra 2, 62010 Urbisaglia (MC) 2 via Berti 4, 60044 Fabriano (AN) 3 via Toniolo 8, 06083 Bastia Umbra (PG) 4 via Albini 6, 47835 Saludecio (RN) 5 OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario 9, 06049 Spoleto (PG) 6 Istituto di Scienze Morfologiche, Sezione di Zoologia, Università degli Studi di Urbino, via Oddi 21, 61029 Urbino 7 Dip. di Biologia Cellulare e Ambientale, Università degli Studi di Perugia, via Elce di Sotto, 60123 Perugia 1 Il monitoraggio delle popolazioni di Aquila reale, Lanario e Pellegrino nelle Marche è iniziato, in modo sistematico, già alla fine degli anni 70. Le indagini che da allora si sono susseguite hanno coinvolto, con diverso livello di approfondimento e regolarità, l’intero territorio regionale che per questa ragione può essere considerato come area di studio estensiva. La regione, dalla morfologia apparentemente semplice, in realtà presenta numerose articolazioni che danno origine a zone con differente grado di idoneità per le tre specie in oggetto. La parte occidentale è caratterizzata dalla dorsale appenninica che fino al valico di Bocca Serriola, nel pesarese, si presenta boscosa e povera di pareti rocciose per la sua natura marnosoarenacea. Con il massiccio del Monte Nerone inizia il sistema calcareo che caratterizza tutta la regione fin quasi al confine meridionale. In realtà le dorsali calcaree sono almeno due, quella umbro-marchigiana, che segna il limite occidentale della regione ed è in larga parte condivisa con l’Umbria, e quella marchigiana, più orientale e più bassa, non superando mai i 1500 m s.l.m. Le due dorsali si fondono nei Monti Sibillini dove l’Appennino marchigiano raggiunge la sua quota massima con i 2476 m del M. Vettore. A sud dei Sibillini, al confine con l’Abruzzo ed il Lazio, il substrato ritorna marnoso-arenaceo con i Monti della Laga che superano anch’essi i 2000 m. Accanto a queste dorsali principali se ne trovano altre meno estese ed isolate, come ad esempio quella del Furlo nel pesarese o quella di Cingoli nel maceratese. Ad oriente di queste aree montane si estendono ampie zone collinari dalle morfologie dolci, per lo più argillose ed intensamente coltivate, poco adatte alla nidificazione delle tre specie. Tuttavia questo quadro cambia in modo abbastanza significativo nelle porzioni più settentrionali e meridionali della regione. Qui, in particolare nei bacini del Marecchia, Conca e Foglia in provincia di Pesaro e Urbino e nel territorio del fermano e dell’ascolano, sono più o meno frequenti affioramenti di substrati più consistenti, in particolare arenarie, che danno luogo a pareti verticali in alcuni casi anche di notevole altezza. Da ultimo la zona costiera che sebbene caratterizzata da un litorale in larghissima parte basso e sabbioso presenta due interessanti tratti con falesie rispettivamente a nord di Pesaro (San Bartolo) e a sud di Ancona (Conero). AQUILA REALE I territori potenzialmente idonei all’Aquila reale nelle Marche sono limitati alle sole dorsali montane. In particolare per la concomitante presenza di aree rupestri ed ampie praterie, la popolazione nidificante sembra allo stato attuale essere quasi tutta concentrata nella porzione calcarea il cui grado di copertura è da considerarsi buono. Nella parte settentrionale della regione, che come detto appare meno adatta, la specie, seppur osservata con una certa regolarità, non sembra riprodursi. Il grado di copertura di questa zona è comunque scarso ad esclusione dell’area del Parco Naturale dei Sassi Simone e Simoncello e dell’alta Valle del Marecchia dove è buono. Queste aree, poste al confine con Emilia Romagna e Toscana sono comunque a brevissima distanza da siti di riproduzione ricadenti in queste regioni. Complessivamente nel territorio delle Marche Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 95 Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Gianni Cristiani, Carla Gambaro, Mauro Magrini, Massimo Pandolfi, Bernardino Ragni il numero di coppie territoriali è stimato in 15. Il sistema di aree protette e Siti Natura 2000, appare in generale congruo con le esigenze di conservazione della specie. Il 71% delle coppie possibili si trova all’interno di aree protette, con i Parchi Nazionali (Monti Sibillini e Gran SassoMonti della Laga) che ne ospitano oltre metà (8/14). Anche la Rete Natura 2000 ha tenuto in considerazione la specie, se si considera che rispettivamente 11 e 12 delle 14 coppie possibili si trovano all’interno di pSIC e ZPS. Allo stato attuale i principali fattori di minaccia sono da individuarsi nell’abbandono delle attività tradizionali, che ha innescato, soprattutto nei massicci montani più piccoli, evidenti fenomeni di ricolonizzazione delle aree aperte da parte della vegetazione legnosa, con conseguente riduzione dei territori di caccia più idonei, nello sviluppo incontrollato di attività di fruizione all’area aperta e localmente nella presenza di linee elettriche e nella pressione venatoria eccessiva sulle specie preda (Lepre). Nel futuro a breve e medio termine le minacce più incombenti sono la proliferazione incontrollata degli impianti eolici e le ventilate ipotesi di prolungamento del calendario venatorio fino al 28 febbraio, periodo in cui le coppie sono ormai in pieno periodo riproduttivo. LANARIO Per il Lanario valgono molte delle considerazioni più avanti fatte per il Pellegrino, a cominciare dalla definizione dell’area di studio intensiva. Ovviamente, viste le caratteristiche ecologiche della specie, le aree idonee risultano più limitate, dovendo escludere le porzioni più interne della catena appenninica. Il grado di copertura può essere considerato lo stesso del Pellegrino, anche se il monitoraggio di questa specie risulta, allo stato attuale, più complesso sia perché si può rinvenire anche in siti con pareti molto piccole e nascoste, sia perché l’occupazione dei territori sembra essere molto meno stabile rispetto al congenere. Allo stato attuale si possono stimare nelle Marche circa 15 territori occupati. La specie sembra comunque attraversare una fase di intenso dinamismo, con l’abbandono di siti occupati da 96 anni ed il rinvenimento di nuovi territori. Pur non volendo fare nessuna congettura in merito ai rapporti tra le due specie, sembra comunque utile segnalare che in tutti i casi di abbandono noti i siti sono stati immediatamente occupati dal Pellegrino. Dei 13 territori possibili 6 (46%) sono all’interno di aree protette, in particolare parchi regionali, mentre il 69% e il 61% sono rispettivamente all’interno di pSIC e ZPS. Complessivamente il grado di protezione che questi ultimi garantiscono alla specie può quindi essere considerato buono. Per le aree protette va segnalato come la tendenza ad individuarle in aree montane riduca la loro efficacia per questa specie. I fattori di minaccia sono gli stessi più avanti indicati per il pellegrino ma va sottolineato che, per le caratteristiche dei siti di nidificazione, le palestre di roccia e le reti paramassi possono incidere sul lanario in modo molto più significativo. In particolare, se si ipotizza una competizione per i siti di nidificazione tra le due specie, anche interventi su pareti non occupate possono essere di estrema gravità, riducendo la possibilità per il lanario di trovare siti alternativi. PELLEGRINO La distribuzione del Pellegrino nelle Marche è molto più ampia di quella dell’Aquila reale, interessando tutti i territori per essa descritti. L’area di studio intensiva comprende quindi, oltre alla dorsale appenninica, le medie valli del Marecchia, Conca e Foglia a nord, le aree collinari dell’ascolano e del fermano e i due tratti di costa alta presenti nella regione. Il grado di copertura delle diverse aree è disomogeneo. Può essere considerato buono per la dorsale appenninica calcarea, per le aree costiere, per la Valle del Marecchia e per parte delle colline ascolane; è invece ancora scarso per le restanti zone adatte alla specie. La popolazione stimata ammonta a circa 80 coppie. La grande diffusione della specie ha reso sempre più difficile, in assenza di appositi finanziamenti, un monitoraggio regolare dei diversi territori, come emerge anche dalla differenza significativa tra coppie accertate, probabili e possibili. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nelle Marche Il sistema delle aree protette allo stato attuale tutela circa un terzo dei territori possibili (21/61) di cui ben 12 nel solo Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Decisamente maggiore è il numero di quelli compresi all’interno di pSIC (36/61 pari 59%) e soprattutto di ZPS (43/61 pari al 70%) dimostrando in questo modo come, disponendo di informazioni puntuali, l’individuazione degli strumenti di tutela possa essere molto più efficace. Le minacce che attualmente gravano sulla specie, pur tenendo conto che la popolazione ad oggi è certamente in buona salute, sono in parte le stesse già descritte per l’aquila reale. Vanno aggiunte la realizzazione di sempre nuove palestre di roccia, che rendono praticamente non idonee le pareti più piccole, e la crescente proliferazione degli interventi con reti paramassi. Ringraziamo chi ha consentito di integrare i dati raccolti e fornire questo quadro delle tre specie nelle Marche, in particolare Annibale e Giorgio Marini, il Coordinamento Territoriale per l’Ambiente (CFS) del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, Marco Borioni, Laurent Sonet e Alessandro Tanferna. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 97 Paolo Perna, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Gianni Cristiani, Carla Gambaro, Mauro Magrini, Massimo Pandolfi, Bernardino Ragni MARCHE Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 98 AQUILA REALE LANARIO PELLEGRINO Regione Marche 9700 Dorsali appenniniche 3100 5 80 20 11 13 14 15 Regione Marche 9700 Dorsali appenniniche, aree collinari marnosoarenacee dell’ascolano aree collinari delle valli del Foglia, Conca e Marecchia 6100 5 65 35 10 12 13 15 Regione Marche 9700 Dorsali appenniniche, aree collinari marnosoarenacee dell’ascolano, aree collinari delle valli del Foglia, Conca e Marecchia 6100 5 65 35 40 54 63 80 8 1 12 1 1 1 1 4 8 0 0 0 0 0 0 11 9 36 12 8 44 11 2 22 Sviluppo di vegetazione legnosa nelle aree aperte, assenza/scarsità di specie preda abbattimenti, linee elettriche, escursionismo, deltaplano, parapendio caccia fotografica e bird watching Impianti eolici, prolungamento della stagione venatoria Palestre di roccia, abbattimenti, linee elettriche, reti paramassi e altri interventi sulle pareti rocciose, caccia fotografica e bird watching Impianti eolici, prolungamento della stagione venatoria Palestre di roccia, abbattimenti, linee elettriche, reti paramassi e altri interventi sulle pareti rocciose, caccia fotografica e bird watching Impianti eolici, prolungamento della stagione venatoria 60 33 31 47 33 31 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Umbria Mauro Magrini1, Jacopo Angelini2, Luigi Armentano3, Carla Gambaro1, Paolo Perna4, Bernardino Ragni5 OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario 9, 06049 Spoleto (PG) 2 via Berti 4, 60044 Fabriano (AN) 3 via Toniolo 8, 06083 Bastia Umbra (PG) 4 Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra 2, 62010 Urbisaglia (MC) 5 Dip. di Biologia Cellulare e Ambientale, Università degli Studi di Perugia, via Elce di Sotto, 60123 Perugia 1 AQUILA REALE Ricerche mirate sull’Aquila reale in Umbria sono cominciate intorno al 1970 (Ragni 1976) ed hanno successivamente coinvolto anche il territorio marchigiano, rivolte al censimento della specie nell’intero Appennino umbro-marchigiano (Armentano 1980) e allo studio di aspetti comportamentali (Magrini 1982). I risultati sono stati nel tempo restituiti in diversi contributi (Ragni et al. 1986; Magrini et al. 1987, 2001; Magrini 1995). Più recentemente le indagini sono state inquadrate nel “Monitoraggio degli uccelli nidificanti in aree rupestri 2000-2002”, promosso e sostenuto dall’Osservatorio Faunistico Regionale della Regione dell’Umbria (Magrini, dati non pubbl.). Le ricerche sono state svolte essenzialmente nella fascia orientale della regione, a confine con Marche e Lazio, caratterizzata da rilievi calcarei con boschi di versante, pareti rocciose e praterie sommitali, da radi insediamenti abitati ed aree coltivate. La maggior parte del territorio umbro con habitat idoneo all’Aquila reale corrisponde ai rilievi di Valnerina, Spoletino e Ternano e prosegue verso nord, meno ampio, ad est della Via Flaminia, nei monti tra Nocera Umbra, Gualdo Tadino e il Valico di Scheggia. Nella restante parte della regione, segnata da estesi fondovalle antropizzati e rilievi collinarimontani anche marnoso-arenacei, la specie è stata osservata solo occasionalmente. Nel periodo 1970-2003 la consistenza della popolazione è rimasta invariata, pari a due coppie territoriali entrambe localizzate nei massicci montuosi della Valnerina, tra Spoleto e Norcia (PG), dove fino agli anni 60 del secolo scorso si riproducevano almeno altre 3 coppie. L’estesa dorsale tra M. Moricone, M. Patino e Forca Canapine (versante umbro del Parco Nazionale dei Monti Sibillini) risulta anche oggi così intensamente frequentata dall’Aquila reale da far ipotizzare l’esistenza di una “propria” coppia territoriale della quale non è stata tuttavia accertata la riproduzione in tempi recenti. Oltre ciò va sottolineato che tutti i rilievi orientali della regione risultano frequentati dalla specie: individui adulti e immaturi, singoli o in coppia, vengono regolarmente osservati anche in aree notevolmente distanti (oltre 30 km) dai territori di nidificazione delle due coppie accertate, fino all’estremo settentrionale dell’appennino umbro ai confini con la provincia di Pesaro. Buona parte di queste osservazioni vanno ascritte agli individui di 3 coppie nidificanti in territorio marchigiano a breve distanza dal confine con l’Umbria (tra 150 e 2500 metri). Le due coppie accertate posseggono i propri territori di nidificazione, e parzialmente anche le aree preferenziali di caccia, all’interno di altrettanti SIC, ma al di fuori di ZPS o IBA La mancata istituzione del Parco Regionale del Coscerno-Aspra, già previsto dal Piano Urbanistico Territoriale dell’Umbria del 1982, non ne ha invece consentito l’inclusione in un’area protetta ai sensi della Legge 394. I principali fattori che affliggono la popolazione umbra di Aquila reale, e verosimilmente ne impediscono il ritorno alla consistenza pregressa, appaiono lo sviluppo incontrollato di vegetazione arbustiva ed arborea su pascoli e prati montani, la scarsa disponibilità di specie-preda e in particolare di ungulati selvatici, gli abbattimenti con arma da fuoco, il disturbo derivante da attività turistico-ricreative (escursionismo, deltaplano e parapendio) non regolamentate allo scopo e favorite da una capillare rete di strade di montagna. La più grave minaccia potenziale è Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 99 Mauro Magrini, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro, Paolo Perna, Bernardino Ragni senz’altro la ventilata installazione di impianti eolici sulle praterie alto-collinari e montane della regione. LANARIO E PELLEGRINO Studi specifici sulle due specie in Umbria sono stati avviati dai primi anni 80 del secolo scorso, limitati alla definizione di consistenza e tendenza delle popolazioni (Magrini e Armentano 1994, 2001). Particolare attenzione alle due specie è stata dedicata nel già citato “Monitoraggio degli uccelli nidificanti in aree rupestri 2000-2002”. L’habitat tipico di Lanario e Pellegrino si riscontra in particolare nel rilievo orientale calcareo dove sono molto diffuse le pareti rocciose utilizzabili per la nidificazione. Queste ultime tuttavia si rinvengono anche in altre parti dell’Umbria: in alcuni rilievi calcarei isolati dalle principali dorsali dell’Appennino umbro (Monti di Gubbio, M. Tezio e M. Acuto a nord di Perugia, M. Peglia), nonché in aree con substrato marnoso-arenaceo, sabbioso-argilloso o tufaceo (Orvietano). La consistenza del Lanario sembra aver subito un decremento negli ultimi 10 anni. I siti in cui in almeno un anno è stata osservata una coppia in attività riproduttiva sono 9. Il numero più alto di coppie accertate nella stessa stagione è 5 (2000), sceso successivamente a 4 (2001 e 2002) e infine a 3 (2003). Anche qui, come in altre regioni, non è dato sapere se le coppie “assenti” siano realmente scomparse o semplicemente trasferitesi in altri siti. La competizione “vincente” del Pellegrino per il sito è considerata una possibile causa, ma talvolta coppie delle due specie hanno nidificato con successo a meno di 400 metri l’una dall’altra, e in un caso è stato il Lanario ad occupare un sito precedentemente utilizzato dal Pellegrino. Tutti i 9 siti di Lanario noti sono localizzati nella parte calcarea meridionale della regione (monti di Valnerina, Spoletino e Ternano, alte colline tra Todi e Orvieto. Circa il 50% del territorio umbro con habitat da Lanario è da considerare insufficientemente indagato. Una possibile stima della popolazione ammonta a 12 coppie. Fino al 1999 erano note 16 coppie nidificanti 100 di Pellegrino. L’approfondimento delle ricerche dovuto al citato programma di monitoraggio dei rupicoli ha consentito, nel periodo 2000-2003, di accertare un totale di 27 coppie; considerando che anche per il Pellegrino la copertura è giudicata sufficiente per non più del 50% del territorio idoneo, si stima una consistenza regionale di circa 40 coppie. L’incremento della popolazione è almeno in parte sicuramente reale, in quanto molte “nuove” coppie sono state osservate in siti precedentemente risultati non occupati. Solo un sito di quelli già noti negli anni 90 appare definitivamente abbandonato, verosimilmente per imponenti opere di messa in sicurezza delle pareti rocciose; contestualmente, tuttavia, due nuovi siti occupati sono stati rilevati a 1,9 e 3,5 km di distanza. Oltre a tutta la fascia orientale della regione (il grosso dei massicci calcarei), il Pellegrino occupa anche “isolati” rilievi altocollinari e montani ove siano presenti anche modeste pareti rocciose utili alla nidificazione. In alcune zone della regione si rilevano notevoli concentrazioni di coppie nidificanti e distanze piuttosto ridotte tra i loro siti di riproduzione, fino ad appena 1,5 km (Bassa Valnerina e Spoletino, Parco regionale di M. Cucco). Una coppia si riproduce in una cava dismessa di calcare. La specie è inoltre osservata con relativa frequenza anche in aree urbane, utilizzate come ambiti di caccia (Spoleto, Foligno, Perugia). Solo un sito di Lanario e 5 di Pellegrino ricadono all’interno di Parchi regionali; appena 3 dei 9 siti di Lanario e 6 dei 28 di Pellegrino ricadono in ZPS, mentre una sola “coppia” di entrambe le specie ricade in IBA. Le opere di messa in sicurezza delle pareti rocciose (in particolare l’apposizione di “reti paramassi”) e la capillare diffusione delle attività di arrampicata che ormai interessano anche isolate pareti calcaree, sono considerate le due più gravi minacce incombenti sulle popolazioni umbre di Lanario e Pellegrino. L’eventuale realizzazione di impianti eolici sulle praterie alto-collinari e montane della regione costituirebbe un ulteriore e grave fattore di rischio per entrambe le specie, osservate frequentare regolarmente tali ambiti per esigenze trofiche. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Umbria BIBLIOGRAFIA Armentano L. 1980. L’Aquila reale nell’Appennino Umbro-Marchigiano. Tesi di Laurea, Università degli Studi di Perugia. Magrini M. 1982. Osservazioni sul comportamento dell’Aquila reale nell’Appennino Umbro-Marchigiano. Tesi di Laurea, Università degli Studi di Perugia. Magrini M. 1995. L’Aquila reale. In: Ragni B. (ed). La Fauna selvatica e l’ambiente della Valnerina e dei Monti Sibillini. Provincia di Perugia: 119-137. Magrini M., Armentano L. 1994. Il Pellegrino Falco peregrinus ed il Lanario Falco biarmicus nell’Appennino umbro-marchigiano. In: Baldaccini N. E., Mingozzi T., Violani C. (eds). Atti del VI Convegno Italiano di Ornitologia. Museo Regionale di Scienze Naturali. Torino: 482. Magrini M., Perna P., Angelini J., Armentano L. 2001. Tendenza delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nelle Marche e in Umbria. In: Tellini Florenzano G., Barbagli F., Baccetti N. (eds). Atti del XI Convegno Italiano di Ornitologia. Avocetta, 25: 57. Ragni B. 1976. Mal d’Aquila (Osservazioni sulla biologia dell’Aquila reale nell’Appennino centrale). In: Pedrotti F. (ed). SOS Fauna - Animali in pericolo in Italia. WWF. Camerino: 373-416. Ragni B., Magrini M., Armentano L. 1986. Aspetti della biologia dell’Aquila reale Aquila chrysaetos nell’Appennino umbro-marchigiano. Avocetta, 10: 71-85. Magrini M., Ragni B., Armentano L. 1987. L’Aigle royal dans la partie centrale des Appennins. In: Michel S. (ed). L’Aigle Royal (Aquila chrysaetos) en Europe - Actes du Premier Colloque International sur l’Aigle Royal en Europe. Maison de la Nature, Briancon: 29-32. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 101 Mauro Magrini, Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro, Paolo Perna, Bernardino Ragni UMBRIA Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 102 AQUILA REALE LANARIO PELLEGRINO Regione Umbria 8456 Tutti i rilievi montani 2500 3 80 20 2 2 2 3 Regione Umbria 8456 Rilievi medio-alto collinari e montani 6000 3 50 50 3 4 9 12 Regione Umbria 8456 Rilievi medio-alto collinari e montani 6000 3 50 50 19 27 28 40 0 1 1 0 0 0 0 1 5 0 0 0 0 0 1 2 4 16 0 3 6 0 1 1 Sviluppo di vegetazione legnosa nelle aree aperte, assenza/ scarsità di specie preda abbattimenti, linee elettriche, escursionismo, deltaplano, parapendio caccia fotografica e bird watching Impianti eolici, prolungamento della stagione venatoria Palestre di roccia, abbattimenti, linee elettriche, reti paramassi e altri interventi sulle pareti rocciose, caccia fotografica e bird watching Palestre di roccia, abbattimenti, linee elettriche, reti paramassi e altri interventi sulle pareti rocciose, caccia fotografica e bird watching Impianti eolici, prolungamento della stagione venatoria Impianti eolici, prolungamento della stagione venatoria 100 75 75 100 75 50 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nel Lazio Massimo Brunelli1, Stefano Allavena2, Fabio Borlenghi2, Luigi Corsetti2, Stefano Fanfani2, Felice Simmi1 1 S.R.O.P.U., Via Britannia 36, 00183 Roma A.L.T.U.R.A., Via degli Estensi 165, 00164 Roma 2 INTRODUZIONE RISULTATI E DISCUSSIONE L’evoluzione dello status delle popolazioni di Aquila reale, Lanario e Pellegrino nidificanti nel Lazio è ben documentata grazie alle indagini condotte a partire dagli anni 80 (Di Carlo 1980; Allavena et al. 1987; SROPU 1987; Bassi e Brunelli 1991; 1995; Borlenghi 1992; Zocchi 1992; Boano et al. 1995; Borlenghi e Corsetti 1996; 2002; Corsetti 1996; 2003; Allavena e Brunelli 2003; Borlenghi e Corsetti in stampa; Brunelli in stampa; Corsetti e Fusacchia in stampa). La presente indagine si inquadra nell’ottica di aggiornare lo status di queste tre specie nell’ambito delle azioni di monitoraggio, ritenute necessarie per la loro conservazione (LIPU e WWF 1999), nonché di verificare se l’attuale sistema delle aree protette sia efficace per la conservazione dei territori di nidificazione. Aquila reale. Il territorio dell’area di studio nel quale ricade l’habitat potenzialmente idoneo alla presenza della specie è di circa 3.800 km2 e si sviluppa in modo continuo lungo la dorsale appenninica, dai Monti della Laga a nord alle Mainarde a sud, interessa poi i massicci isolati del Monte Cairo, dei Monti Lepini e dei Monti Aurunci. Attualmente la presenza dell’Aquila reale come nidificante è limitata alla dorsale appenninica. La popolazione nidificante è costituita da 7 coppie che occupano i gruppi montuosi dei Reatini, dei Lucretili, dei Simbruini, degli Ernici, della Meta e del sottogruppo del Cornacchia. Sui Monti della Laga è possibile la presenza di un’ulteriore coppia. I massicci dei Lepini, degli Aurunci e del Cairo risultano frequentati solo occasionalmente, pur mantenendo habitat ancora idonei alla presenza della specie (Borlenghi e Corsetti 1996; in stampa; Corsetti 1996). Dopo il calo registrato tra gli anni 60 e 70 la popolazione da circa quindici anni è sostanzialmente stabile. Tra i fattori limitanti che impediscono la ricolonizzazione di nuove aree pesano particolarmente gli abbattimenti illegali, l’avvelenamento, il disturbo legato ad attività antropiche e la pressione venatoria sulle specie preda, in particolare sulla Lepre (Borlenghi 1992; Borlenghi e Corsetti 2002). Delle 7 coppie certe solo 3 occupano territori che godono di una forma di protezione soddisfacente ricadendo una in un Parco Nazionale e due in Parchi Regionali. Adeguata invece l’individuazione delle IBA e delle ZPS che coprono tutte le aree attualmente interessate alla presenza della specie. Per una più efficace azione di tutela dell’Aquila reale sarebbe auspicabile quanto meno l’applicazione del divieto di attività venatoria nelle aree IBA e ZPS. Positivo in questo senso la recente AREA DI STUDIO E METODI Le indagini hanno riguardato tutte le aree idonee alla presenza dell’Aquila reale, del Lanario e del Pellegrino nel Lazio. I sopralluoghi si sono svolti nel periodo più idoneo al rinvenimento delle specie presso i siti di nidificazione, da gennaio a luglio per l’Aquila reale, da febbraio a maggio per il Lanario e per il Pellegrino. Sono state inoltre raccolte le segnalazioni di numerosi ornitologi e consultata la bibliografia disponibile. Sono state considerate certe le coppie osservate in display territoriale o intente nell’attività riproduttiva. Individui adulti isolati in aree potenzialmente idonee alla nidificazione sono stati considerati come coppia possibile. Tutti i siti sono stati riportati su base cartografica IGM 1:25.000 ed è stata quindi rilevata la presenza e la tipologia degli eventuali vincoli di protezione esistenti sul territorio. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 103 Massimo Brunelli, Stefano Allavena, Fabio Borlenghi, Luigi Corsetti, Stefano Fanfani, Felice Simmi istituzione del Parco Regionale dei Monti Aurunci; iniziative analoghe andrebbero intraprese anche per i Monti Lepini e per il comprensorio Monte Cairo - Gole del Melfa. nella pianificazione per la realizzazione di aree protette. Una importante tappa sarà costituita dall’emanazione del Piano d’Azione Nazionale curato dall’INFS. Lanario. Il territorio dell’area di studio nel quale ricade l’habitat potenzialmente idoneo alla presenza della specie è di circa 7.800 km2 e si sviluppa nelle aree collinari dell’Alto Lazio, lungo la dorsale appenninica e nei gruppi montuosi dei Lepini, degli Ausoni, degli Aurunci e del Cairo. La popolazione nidificante è costituita da 5-7 coppie, di queste 3-5 sono distribuite nelle aree collinari dell’Alto Lazio, una coppia è nota per l’Appennino centrale e una per l’Antiappennino meridionale (Brunelli in stampa; Corsetti e Fusacchia in stampa). Il Lanario nel Lazio probabilmente non è mai stata una specie molto diffusa e le notizie in letteratura sono alquanto scarse, pertanto resta difficile stabilire un trend nel lungo periodo; comunque dopo una probabile diminuzione, negli ultimi dieci anni la popolazione sembrerebbe essere stabile anche se con una popolazione esigua (Bassi e Brunelli 1991; 1995; Brunelli in stampa). I principali fattori limitanti possono essere individuati nella generale riduzione di habitat, nel disturbo ai siti di nidificazione, nell’arrampicata sportiva che ha compromesso l’agibilità di alcune pareti di modeste dimensioni e nel furto di uova e piccoli. Solo il territorio di una coppia gode di una forma di protezione soddisfacente ricadendo in una Riserva Regionale. Anche il sistema delle IBA e delle ZPS per questa specie non è risultato particolarmente idoneo. Per la conservazione del Lanario sarebbe principalmente necessaria una maggiore tutela dei siti di nidificazione, in particolare le aree collinari dell’Alto Lazio sono state a torto sottovalutate Pellegrino. Il territorio dell’area di studio nel quale ricade l’habitat potenzialmente idoneo alla presenza della specie è di circa 8.500 km2 e si sviluppa nelle aree collinari dell’Alto Lazio, lungo la dorsale appenninica, nei gruppi montuosi dell’Antiappennino meridionale, lungo le coste rocciose e nelle Isole Pontine. La popolazione è costituita da 72-80 coppie nidificanti, di queste 30-32 sono distribuite sui massicci dell’Antiappennino e lungo le coste rocciose del Lazio meridionale, 25-28 lungo la dorsale appenninica, 6-9 nelle aree collinari interne e 9-11 nelle Isole Pontine (Corsetti 2003; Brunelli in stampa; Corsetti e Fusacchia in stampa). In continuo incremento il trend della popolazione come evidenziato in recenti lavori (Bassi e Brunelli 1995; Allavena e Brunelli 2003; Brunelli in stampa; Corsetti e Fusacchia in stampa). Un’attenuazione dei fattori limitanti che in passato hanno condizionato negativamente la distribuzione della specie, in particolare furto di uova e piccoli e abbattimenti illegali, è stata probabilmente alla base del trend positivo che la specie ha fatto registrare in questi ultimi dieci anni (Allavena e Brunelli 2003). Degli 80 territori individuati 31 ricadono in aree a vario titolo protette. Il sistema delle IBA e delle ZPS è risultato sufficientemente adeguato interessando circa il 50% dei territori individuati. Il Pellegrino nel Lazio attualmente non sembra correre rischi particolari, il rispetto delle normative vigenti ed una maggiore regolamentazione per quanto attiene all’attività alpinistica, sarebbero sufficienti a garantire un livello di tutela adeguato. 104 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nel Lazio BIBLIOGRAFIA Allavena S., Brunelli M. 2003. Revisione delle conoscenze sulla distribuzione e la consistenza del Pellegrino Falco peregrinus in Italia. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27 (1): 20-23. Allavena S., Panella M., Pellegrini M., Zocchi A. 1987. Status e protezione dell’Aquila reale nell’Appennino centrale. Suppl. 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L’Aquila reale (Aquila chrysaetos) nel Lazio. Atti del Convegno “I Rapaci nel Lazio”, 13 dicembre 2003, Sperlonga. Brunelli M. In stampa. Il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus nel Lazio. Atti del Convegno “I Rapaci nel Lazio”, 13 dicembre 2003, Sperlonga. Corsetti L. 1996. Indagine preliminare sugli uccelli rapaci (Accipitriformes, Falconiformes) dell’Antiappennino laziale meridionale. Alula 3: 37-47. Corsetti L. 2003. Status e distribuzione dei rapaci diurni e notturni (Accipitriformes, Falconiformes, Strigiformes) della provincia di Latina (Lazio): dati preliminari. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27 (1): 35. Corsetti L., Fusacchia P. In stampa. Status del Pellegrino (Falco peregrinus) e del Lanario (Falco biarmicus) nel Lazio meridionale. Atti del Convegno “I Rapaci nel Lazio”, 13 dicembre 2003, Sperlonga. Di Carlo E. A. 1980. Indagine preliminare sulla presenza passata ed attuale dell’Aquila reale, Aquila chrysaetos, sugli Appennini. Gli Uccelli d’Italia 5: 263-283. LIPU, WWF. 1999. Nuova Lista Rossa degli Uccelli Nidificanti in Italia. Rivista Italiana di Ornitologia 69 (1): 3-43. S.R.O.P.U. 1987. I rapaci nel Lazio. Regione Lazio. Quaderno Lazionatura, n. 6. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 105 Massimo Brunelli, Stefano Allavena, Fabio Borlenghi, Luigi Corsetti, Stefano Fanfani, Felice Simmi LAZIO Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 106 AQUILA REALE LANARIO PELLEGRINO Regione Lazio 17200 Appennino e Antiappennino meridionale 3800 4 80 20 7 7 8 8 Regione Lazio 17200 Alto Lazio, Appennino e Antiappennino meridionale, 7800 4 70 30 5 5 7 7 Regione Lazio 17200 Alto Lazio, Appennino e Antiappennino meridionale, coste rocciose e Isole Pontine 8500 6 70 30 40 58 72 80 2 0 5 0 0 3 2 0 17 0 1 4 1 1 1 8 2 27 8 3 42 8 2 53 Abbattimenti, avvelenamento, disturbo, pressione venatoria su specie preda Afforestazione, impianti eolici, prolungamento stagione venatoria, riduzione habitat Abbattimenti, arrampicata, disturbo, furto uova o piccoli Abbattimenti, arrampicata, disturbo, furto uova o piccoli Impianti eolici (?), prolungamento stagione venatoria, riduzione habitat Impianti eolici (?), prolungamento stagione venatoria 0 0 0 0 0 0 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Monitoraggio dell’Aquila reale Aquila chrysaetos in Abruzzo nella stagione riproduttiva 2003 Antonio Antonucci, Carlo Artese, Siro Baliva, Mauro Bernoni, Marco Carafa, Marco Cirillo, Gino Damiani, Fabio De Marinis, Simone De Biase, Samuele Di Giovanni, Eugenio Di Zenobio, Paola Franceschini, Paolo Gialleonardo, Giorgio Lalli, Giorgio Marini, Stefano Scivola, Massimo Pellegrini Staz. Ornitologica Abruzzese, c/o Carlo Artese, fraz. S. Pietro, 64045 Isola del Gran Sasso (TE) Nel corso della primavera 2003 17 soci della Stazione Ornitologica Abruzzese (SOA) hanno partecipato in maniera del tutto volontaria al monitoraggio delle coppie di Aquila reale in Abruzzo. Durante alcune riunioni della SOA era stato evidenziato come le ultime pubblicazioni in merito all’Aquila reale non corrispondessero, in Abruzzo, alla situazione reale della specie; inoltre appariva carente a tutti il monitoraggio che gli Enti preposti eseguivano. In base a queste considerazioni si è avviato un programma specifico di monitoraggio che nel 2003 ha visto coinvolti oltre 20 rilevatori e vari studenti dell’Università dell’Aquila. Sono stati controllati 25 siti, di cui 16 ricadenti interamente in Abruzzo e 5 posti sul confine (uno in Molise e 4 nel Lazio) ma le cui coppie gravitano stabilmente all’interno del territorio regionale. Sono state rilevate 21 coppie. Per due coppie i dati sono pervenuti dal Corpo Forestale dello Stato della Riserva Naturale “Monte Velino” che ringraziamo. Per 6 coppie i dati sono stati concessi o integrati dal Parco Nazionale della Majella essendo stato il monitoraggio effettuato anche da soci SOA per conto dell’Ente. 3 dei 25 siti controllati non sono riportati in letteratura, mentre nessuno risulta essere stato recentemente abbandonato Un sito è stato sicuramente rioccupato dopo il 1997 (CARF 1997) con nidificazione accertata dal 1999, dopo un assenza “storica” risalente all’inizio degli anni 50. La metodologia seguita ha previsto un minimo di quattro sopralluoghi per ogni sito da parte del referente della SOA per constatare la presenza della coppia, la deposizione, la schiusa e l’involo, con il riempimento di una scheda per raccogliere tutte le informazioni relative all’età degli esemplari, alla tipologia del nido e della parete, al numero di nidi presenti nell’areale ed in particolare ad eventuali cause di disturbo. Le osservazioni sono state condotte per un tempo massimo di quattro ore nel caso non venisse osservata la coppia. Sono state inoltre raccolte tutte le informazioni ritenute utili dagli osservatori come quelle in merito all’alimentazione e al comportamento. Le uscite sono state indirizzate sia a controllare le coppie “storiche”, sia nuove aree dove in anni recenti vi sono state segnalazioni di presenza. I risultati dello sforzo dell’Associazione sono stati incoraggianti, mentre il trend osservato per la popolazione si presenta in linea con quanto conosciuto in letteratura per l’Appennino Centrale. L’andamento appare poco positivo, anche se sarebbe errato considerare rappresentativo il solo anno 2003. Delle 21 coppie stabilmente presenti controllate 15 hanno nidificato; per una non si è certi. 10 sono riuscite a portare all’involo un giovane; una, nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, è riuscita a portare all’involo due giovani, fatto peraltro già verificato nel 1997 riguardo ad un’altra coppia controllata dai Soci SOA di Teramo. La nidificazione di 4 coppie è fallita. La produttività media è pari a 0,57, il successo riproduttivo è pari a 71,42 (riferito alle 21 coppie controllate), il tasso d’involo risulta pari a 0,80. Rispetto a quanto conosciuto (Borlenghi e Corsetti 2002), da questo monitoraggio si evince la formazione di almeno 3 nuove coppie apparentemente stabili, la rioccupazione di un territorio, nessun sito recentemente abbandonato, e la formazione di almeno 2 coppie con immaturi. La situazione della specie sembra migliorare essenzialmente grazie ai nuovi divieti di caccia su vasti territori determinati dalla istituzione di Parchi e Riserve negli ultimi 10-15 anni. Tutte Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 107 Antonio Antonucci, Carlo Artese, Siro Baliva, Mauro Bernoni, Marco Carafa, Marco Cirillo, Gino Damiani, Fabio De Marinis, Simone De Biase, Samuele Di Giovanni, Eugenio Di Zenobio, Paola Franceschini, Paolo Gialleonardo, Giorgio Lalli, Giorgio Marini, Stefano Scivola, Massimo le nuove coppie hanno occupato antichi siti di nidificazione, abbandonati in passato a causa del disturbo diretto o indiretto determinato dall’attività venatoria che determinava inoltre una evidente diminuzione delle prede potenziali (Lepre, Coturnice), come evidenziato anche nel recente lavoro di Borlenghi e Corsetti (op. cit.). A differenza invece di quanto riportato in questo lavoro i dati raccolti dal nostro gruppo hanno confermato l’insediamento di ben 3 nuove coppie a dimostrazione dell’effetto positivo delle nuove aree protette. Di tale effetto non hanno però “beneficiato” quei siti definitivamente e irrimediabilmente devastati a causa di forti manomissioni ambientali (strade, urbanizzazioni, bacini sciistici), come nel caso della Maielletta e di Scanno. L’ampliamento o la realizzazione di nuovi impianti sciistici come per esempio Monte Greco o Prato Selva, recentemente approvati e finanziati dalla regione Abruzzo, rischiano di rappresentare una nuova causa di crollo della popolazione. È da rilevare la mancanza di dati completi e raccolti periodicamente, relativi ai diversi aspetti della biologia e conservazione della specie; compito al quale dovrebbero provvedere gli Enti gestori delle Aree Protette. In particolare mancano dati sul turn-over delle coppie e sulle origini dei membri delle stesse (Appenninica, Alpina o Balcanica?). Il continuo rinvenimento, ogni anno, di esemplari morti per l’ingestione di bocconi o carogne avvelenate (nel caso di una coppia è stato verificato per ben due volte in 6 anni) e la presenza di una significativa percentuale di membri immaturi o sub-adulti (il 30%) nelle coppie monitorate potrebbero indicare una scarsità di floaters adulti e quindi uno stato di salute non eccellente per la popolazione abruzzese di Aquila reale, nonché una eventuale, probabile sopravvivenza legata al continuo arrivo di esemplari delle più vitali popolazioni alpine o balcaniche. BIBLIOGRAFIA Borlenghi F., Corsetti L. 2002. Densità e fattori limitanti dell’Aquila reale Aquila chrysaetos nell’Appennino Centrale. Rivista Italiana di Ornitologia 72 (1): 19-26. N.B.: i dati riepilogativi riguardanti la popolazione di Aquila reale dell'Abruzzo sono riportati nella scheda a pagina 111 insieme a quelli riguardanti il Lanario e il Pellegrino. 108 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Aggiornamento delle conoscenze sulla distribuzione e lo status del Lanario Falco biarmicus e del Pellegrino Falco peregrinus in Abruzzo Augusto De Sanctis, Massimo Pellegrini c/o WWF Abruzzo, via D’Annunzio 68, 65127 Pescara LANARIO Nella prima stima della popolazione di Lanario in Abruzzo, Pellegrini et al. (1993) riportavano 14 siti in cui era stata accertata, in anni diversi, la nidificazione. Successivamente (1994 e 1995) si sono aggiunti due nuovi siti non oggetto di monitoraggio negli anni precedenti. Dal 1996 al 1999 alcune aree protette (Parco Regionale Sirente-Velino 1996, Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga 1997, Parco Nazionale d’Abruzzo 1998 e Parco Nazionale della Majella 1999) hanno promosso monitoraggi di tutte le pareti con altezza minima di 15 metri. Sono stati così identificati nuovi siti di riproduzione rispetto a quelli noti, anche se in almeno due casi sono state occupate alcune pareti limitrofe a quelle utilizzate negli anni precedenti. Complessivamente sono stati identificati dal 1985 ad oggi 16 siti di riproduzione in cui in almeno un anno è avvenuta la riproduzione (De Sanctis et al. 1997). Tutti questi siti sono stati monitorati contemporaneamente nel 1996 (De Sanctis et. al. 1997) e poi nuovamente nel 2003 (tranne un sito). Nel 1996 sono risultate presenti contemporaneamente solo 4 coppie mentre nel 2003 ne sono state rilevate 6. Cinque dei 16 siti in cui almeno un anno è avvenuta la riproduzione del Lanario sono risultati occupati nel 2003 dal Pellegrino; nel 1996 erano 4. Considerate le nuove modalità monitoraggio e il fatto che sono stati osservati diversi casi di cambio di pareti di riproduzione con conseguente difficoltà nella rilocalizzazione delle coppie, è difficile indicare quale sia il trend della specie. Un declino sembra essersi verificato rispetto ai primi anni 90 quando, pur non essendo noti i due siti scoperti nel 1994 e nel 1995, erano state censite contemporaneamente 9 coppie. In Abruzzo poche pareti sono disponibili nelle aree pedemontane della regione, siti che proba- bilmente rappresentano una situazione ottimale per la specie. Nei massicci montuosi la specie occupa pareti a quote minori di 1000 metri, in versanti caldi e con vaste aree aperte circostanti (valli interne), condizioni forse sub-ottimali per la specie. Sono stati registrati i seguenti fattori di minaccia: abbandono del sito a causa della stabilizzazione con reti delle pareti (2 casi di cui uno con abbandono temporaneo), uccisione di una femmina con arma da fuoco, presenza di turisti nei pressi della parete. In Abruzzo preoccupano i seguenti fattori di minaccia: eolico (4 siti con progetti a meno di 5 km dalla parete), riapertura di sentieri turistici vicino alle pareti (2 siti), arrampicata sportiva (2 siti). PELLEGRINO In Abruzzo, Pellegrini e Di Giambattista (1993) riportavano la presenza di 39 coppie certe e 6 probabili. Successivamente è stato possibile verificare un aumento delle coppie, alla stregua di quanto segnalato per l’intero territorio italiano (Allavena e Brunelli 2003). Tra il 1999 e il 2003, alle osservazioni condotte prevalentemente da ornitologi volontari della Stazione Ornitologica Abruzzese (SOA) o del WWF, sono stati realizzati monitoraggi per conto di Parchi e Riserve. Attualmente sono 72 i siti in cui è stata accertata la riproduzione della specie almeno in un anno tra il 1997 e il 2003 a cui si aggiungono altri 5 siti probabili, con un incremento di siti conosciuti rispetto ai dati del 1993 di circa l’84%, dato superiore all’incremento minimo del 67% calcolato per la popolazione italiana. Per valutare i probabili errori di sottostima o di sovrastima è stato monitorato un campione di 19 coppie dell’area del Parco Nazionale della Majella. Circa il 10% di queste coppie “storiche” non si è riprodotto nel 1998 e 1999, percentuale di poco inferiore a quella delle nuove coppie Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 109 Augusto De Sanctis, Massimo Pellegrini rinvenute nell’area. Questi dati sono paragonabili a quelli indicati da Ratcliffe (1980) per diverse popolazioni europee. Quindi il numero di 72 coppie +/- 10% (65-77) può ritenersi sufficientemente rappresentativo della realtà. Se a tale numero si aggiungono le 5 coppie probabili una stima verosimile per la popolazione abruzzese dovrebbe essere non inferiore alle 75 coppie. Gran parte delle coppie si riproduce in aree montane (i _ della Regione) a quote maggiori ai 500 metri. Le popolazioni più consistenti risultano quella del Parco Nazionale della Majella (23 coppie) e quella dei monti che circondano l’altopiano del Fucino (8 coppie). Il territorio abruzzese del Parco Nazionale d’Abruzzo ospita invece solo 4 o 5 coppie. La tutela (essenzialmente divieto di caccia) derivante dall’istituzione dal 1991 di nuovi parchi sembra aver apportato un limitato beneficio, poiché la specie è aumentata in aree, come il Fucino, non tutelate ed oggetto di una agricoltura intensiva con utilizzo massiccio di fitofarmaci. Inoltre la maggior parte delle coppie con siti riproduttivi in aree protette utilizza territori in buona parte esterni alle stesse. Si ritiene che l’incremento registrato sia da attribuire ad un aumento reale degli effettivi poiché in numerosi casi è stata verificata la occupazione di siti nuovi (o abbandonati) e solo parzialmente potrebbe essere frutto di una migliore copertura durante i monitoraggi. Gli abbattimenti sembrano diminuiti nel corso degli ultimi dieci anni. Dal 1994 al 2003 sono arrivati al Centro Recupero Rapaci del CFS di Pescara 32 pellegrini su 2013 rapaci, con una percentuale annuale compresa tra 0 e 3,01 non correlata significativamente all’aumento della popolazione (media 1,69%). In 5 casi la specie ha occupato pareti precedentemente utilizzate dal Lanario. Mancano dati sufficienti per capire se si tratta di una reale dominanza del Pellegrino sui siti o se esiste anche un trend negativo del Lanario. Purtroppo le ricerche sulla biologia di queste specie appaiono non abbastanza approfondite ed anche i monitoraggi effettuati saltuariamente da alcuni Enti Parco non si dimostrano sufficienti. BIBLIOGRAFIA Allavena S., Brunelli M. 2003. Revisione delle conoscenze sulla distribuzione e la consistenza del Pellegrino Falco peregrinus in Italia. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27 (1): 20-23. De Sanctis A. et al. 1997. Il Lanario (Falco biarmicus) nel Parco Nazionale Gran Sasso-Laga. Relazione del C.A.R.F. per conto dell’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso-Laga. 110 Pellegrini Ms, Di Giambattista P. 1993. Consistenza e distribuzione del Pellegrino, Falco peregrinus, in Abruzzo. Rivista Italiana di Ornitologia II-63 (1): 103. Pellegrini Ms, Civitarese S., De Sanctis A., Di Giambattista P. 1993. Distribuzione e status del Lanario (Falco biarmicus) in Abruzzo. Rivista Italiana di Ornitologia II-63 (1): 99. Ratcliffe D. 1980. The Peregrine Falcon. T.&A.D. Poyser, London. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Aggiornamento delle conoscenze sulla distribuzione e lo status del Lanario Falco biarmicus e del Pellegrino Falco peregrinus in Abruzzo ABRUZZO Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 AQUILA REALE (*) LANARIO PELLEGRINO Regione Abruzzo 10798 Appennino abruzzese 6476 17 80 20 16 17 17 17 Regione Abruzzo 10798 Regione Abruzzo 9000 4 90 10 6 8 9 10 Regione Abruzzo 10798 Appennino e subappennino 7500 90 10 60 72 75 13 4 39 3 - - 2 1 6 2 1 3 0 0 0 16 6 66 17 5 48 17 5 65 Avvelenamento, manomissioni ambientali, impianti sciistici Turismo non regolamentato, nuove opere pubbliche Impianti eolici Turismo e attività sportive non regolamentate, linee elettriche, caccia, depredazione nidi per collezionismo Impianti eolici 0 80 65 0 10 0 Impianti eolici, nuovi impianti sciistici, riduzione agricoltura montana * Secondo Antonucci et al. pag. 107-108 ( ) Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 111 L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Molise Lorenzo De Lisio1, Stefano Allavena2, Marco Carafa3, Nicola Colonna3 Dip. STAT, Università degli Studi del Molise, Via Mazzini, 8 86170 Isernia 2 A.L.T.U.R.A., Via degli Estensi, 165 00164 Roma 3 Centro Studi Naturalistici ed Ambientali del Molise (CeSNaM) “G. Altobello”, via Gerbone 9, 86035 Larino (CB) 1 AREA DI STUDIO Il Molise, compreso tra il Mare Adriatico, l’Abruzzo, il Lazio, la Campania e la Puglia, è situato tra 41° 22' e 42° 41' di latitudine Nord e 1° 29' e 2° 42' di longitudine Est dal meridiano di Roma e si sviluppa su una superficie di 4437 km2. I principali rilievi sono posti alla periferia della regione e costituiscono i massicci delle Mainarde-Meta, il massiccio del Matese e l’Alto Molise. A differenza della parte occidentale e meridionale, costituita dai rilievi più elevati, la parte orientale tra i fiumi Trigno, Biferno e Fortore assume un aspetto collinare, con valli disposte trasversalmente alle valli fluviali ed interrotte diffusamente da costoni rocciosi, ripidi pendii ed incisioni vallive anche profonde. Nel Molise si possono individuare tre sistemi paesistici principali (Pignatti 1994). Nella zona adriatica si ha un paesaggio costiero, la cui vegetazione climatogena è costituita da boschi a prevalenza di specie sempreverdi. Il Molise centrale e parte dell’Alto Molise presentano un paesaggio sannitico, in cui dominano, di regola, querce decidue. Per il terzo paesaggio, individuabile nelle aree montane, definito come centroappenninico, la vegetazione climatogena è rappresentata da almeno cinque fasce di vegetazione, secondo i gradienti altitudinali. STATUS E DISTRIBUZIONE Nel presente lavoro sono riportati dati su status e distribuzione delle tre specie in Molise. Per ognuna di essa si riportano dati bibliografici e dati inediti inerenti le aree della Montagna del Matese a confine con la Campania, del gruppo Mainarde-Meta a confine con Abruzzo e Lazio e dei Monti Frentani orientali, quest’ultimi situati nel comprensorio collinare costiero della provin- 112 cia di Campobasso e costituiti essenzialmente dal bacino del fiume Biferno. Allo stato attuale, risultano scarsamente indagati i comprensori dell’Alto Molise, del bacino idrografico del basso Trigno a confine con l’Abruzzo e del Fortore-Saccione a confine con la Puglia. Queste aree costituiscono circa il 35% dell’intero territorio regionale. Le prime informazioni riguardo la consistenza delle tre specie in oggetto nel Molise risalgono agli inizi del 900, quando naturalisti locali, in particolare Altobello (1920) e De Leone (1933), riferiscono di sporadiche ed occasionali “catture” di individui adulti e di pulli. Dagli anni 80 in poi, il CeSNaM ha intrapreso indagini costanti ed approfondite nella regione volte alla conoscenza dello status e della distribuzione di alcune specie di Accipitriformi e Falconiformi. AQUILA REALE La presenza dell’Aquila reale nel Molise sembra essere stata limitata ai massicci montuosi del Matese e delle Mainarde, dove si sono riprodotte contemporaneamente non più di tre coppie. Scarse o nulle sono le notizie dei rilievi vicini, Montagnola Molisana e Alto Molise. Già Altobello (1920) riporta la nidificazione di questo accipitride nelle Mainarde sulla montagna di Pizzone ed in quella di S. Michele presso S. Vincenzo al Volturno. All’area del Matese è riferita dallo stesso autore la cattura di due pulli avvenuta nel 1896. Purtroppo, in questo settore appenninico, due coppie di Aquila reale che da tempo popolavano questi territori hanno gradualmente abbandonato i siti riproduttivi e le ultime nidificazioni accertate risalgono agli anni 70 (Battista com. pers.). Fino a qualche decennio fa alcuni individui si spingevano nelle aree planiziali della regione, Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Molise in zone relativamente distanti dagli ambienti montani più idonei. Attorno alla metà degli anni 40 una femmina veniva uccisa nei pressi di Montorio nei Frentani e conservata da un tassidermista locale (Bruno e Guacci 1988), mentre nel 1987 stessa sorte toccava ad un immaturo giunto fino alle campagne di S. Croce di Magliano (Battista com. pers.). Attualmente nella regione l’Aquila reale è presente come nidificante con una sola coppia nelle Mainarde dove si riproduce con un successo quasi costante, dato confermato dalla CVF (Carta delle Vocazioni Faunistiche (CVF) (AA. VV. 1983) e da Chiavetta (1992). La “popolazione” risulta dunque stabile da diversi decenni, pertanto la consistenza accertata, quella possibile e quella probabile sono di una coppia. Tuttavia, vista la disponibilità di siti riproduttivi potenzialmente idonei (Montagna del Matese) si può ipotizzare una possibile ripresa demografica della specie. LANARIO Il Lanario veniva considerato accidentale nel Molise da Altobello (1920), ma già circa dieci anni dopo sembrava essere più diffuso del Pellegrino, soprattutto in Abruzzo e Molise (De Leone 1933). Nella CVF è riportato come nidificante con meno di 5 coppie (AA.VV. 1983), successivamente la popolazione molisana, indagata dal CeSNaM veniva stimata attorno alle 15 coppie con 10 coppie censite (Battista et al. 1995). Attualmente, in Molise il Lanario occupa buona parte dei siti idonei, soprattutto della provincia di Campobasso, in una fascia altitudinale compresa tra i 200 m ed i 900 m, dove si riproduce in buche o cenge, su pareti sia di calcare che di arenaria, esposte prevalentemente tra Sud ed Ovest (in un solo caso a Nord-Ovest). Il successo riproduttivo (giovani involati/nidificazioni riuscite) per ciascuna stagione riproduttiva è compreso tra 2,5 e 3,0 con un numero di giovani involati per coppia compreso tra 3 e 4. L’analisi delle distanze minime tra i siti riproduttivi ha rivelato valori medi di 20,0 km con un range di 14,3-29,1 km. Anche in Molise si sta assistendo alla competizione diretta tra Lanario e Pellegrino, difatti, nel corso dei rilievi fatti nel 2003 su 5 siti di riproduzione controllati, 2 di questi sono risultati occupati dal Pellegrino. La consistenza accertata è di 3 coppie, quella possibile di 9 coppie, e quella probabile di 6 coppie. PELLEGRINO Sono decisamente scarse le informazioni bibliografiche relative a questo falcone per il Molise tanto che fino agli inizi del 900 la specie risultava assente nell’intera regione (Altobello 1920). Dati sulla specie si hanno nella CVF dove è riportata come nidificante con meno di 8 coppie (AA.VV. 1983). Inoltre, Chiavetta (1992) stima 1-2 coppie nel gruppo Mainarde-Meta. In tempi relativamente recenti, grazie ad una maggior presenza di ornitologi, sono state individuate 6 coppie riproduttive nei settori montuosi del Matese e delle Mainarde con una stima di 10 coppie in tutta la regione (Battista et al. 1996). La distanza minima tra i nidi conosciuti è compresa tra 18,6 km e 33,5 km, con valore medio di 24,0 km. In questi ultimi anni la popolazione di Pellegrino sembra essere in espansione, soprattutto ai danni del Lanario, un fenomeno già osservato in aree limitrofe (Pellegrini et al. 1994). Infatti, nel corso dei rilievi fatti nel 2003, sono stati accertati due siti riproduttivi storici di quest’ultimo occupati dal Pellegrino. La consistenza accertata è di 4 coppie, quella possibile di 7 coppie e quella probabile di 6 coppie. CONSIDERAZIONI Dall’analisi dei dati disponibili e dalle indagini effettuate, risulta che la specie che ha subito il maggior calo è l’Aquila reale, scomparsa come nidificante dal Matese molisano, anche se una coppia sopravvive nel versante campano. Questo fa supporre che con interventi mirati se ne potrebbe facilitare la ricolonizzazione. Il Pellegrino in Molise non è particolarmente minacciato se non da qualche sporadico evento di bracconaggio e sembra in espansione a spese del congenere Lanario. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 113 Lorenzo De Lisio, Stefano Allavena, Marco Carafa, Nicola Colonna Diversamente, il Lanario appare delle tre specie la più vulnerabile, sia perché sembra subire la competizione del Pellegrino, sia perché alcuni siti di nidificazione, situati nel medio e basso Molise, risultano più accessibili alle attività antropiche, quali cave nei pressi delle pareti di nidificazione e strade. Rari risultano gli episodi di bracconaggio. Uno scenario futuro preoccupante per queste e altre specie in regione è dato dal proliferare delle centrali eoliche, il cui impianto interessa aree di notevole importanza per l’avifauna, una per tutte il crinale di Monte Campo - Monte Capraro a Capracotta (IS). Al contempo, in Molise manca una politica di programmazione energetica e in più non sono attivati, da parte di enti e amministrazioni, studi o programmi di monitoraggio che permettano di monitorare queste e altre specie. Si ritiene necessario sottolineare, inoltre, che la Regione Molise, non si è ancora dotata di una legge regionale sulle aree protette, difatti, mancano parchi e riserve regionali fatta eccezione per un’unica riserva naturale istituita di recente. Tuttavia, in considerazione del fatto che molti siti di nidificazione ricadono in aree pSIC si spera che vengano previsti, all’interno dei piani di gestione, idonei programmi di monitoraggio. BIBLIOGRAFIA AA. VV. 1983. Carta delle Vocazioni Faunistiche. Istituto Nazionale di Biologia della Selvaggina. Regione Molise. Altobello G. 1899. Rapaci del Molise. Catture di specie rare. Avicula 23-24: 176-177. Altobello G. 1920. Saggio di ornitologia italiana. I Rapaci, con speciale riferimento all’Abruzzo e al Molise. Tirelli, Acqui. Battista G., De Lisio L., Carafa M., Colonna N., Dardes G. 1995. Prime note sull’osservazione in Molise di Biancone Circaetus gallicus, Nibbio reale Milvus milvus e Lanario Falco biarmicus. Rivista Italiana di Ornitologia 65: 71-73. Battista G., Carafa M., Colonna N., De Lisio L. 1996. Check-list dei Rapaci diurni nel Molise. Uccelli d’Italia XXI: 17-20. Bruno S., Guacci C. 1988. Uccelli dei Monti Frentani Orientali nella raccolta Carfagnini. Umanesimo della Pietra Verde 3: 67-102. Martina Franca. Chiavetta M. 1978. I Falconiformi nidificanti nel Parco Nazionale d’Abruzzo e nelle aree limitrofe con particolare riferimento all’Aquila reale. Contributi Scientifici alla Conoscenza del P. N. d’Abruzzo. Vol. 14. CISO, Parma. Chiavetta M. 1992. Gli uccelli delle Mainarde. In: Le Mainarde, zona di ampliamento in Molise del Parco Nazionale d’Abruzzo. Università degli Studi di Camerino. Pellegrini M., Civitarese S., De Sanctis A., Di Giambattista P. 1994. Consistenza e distribuzione del Lanario Falco biarmicus feldeggi in Abruzzo. In: Baldacchini N. E., Mingozzi T., Violani C. (eds). Atti del 6° Convegno Italiano di Ornitologia. Museo Regionale Scienze Naturali, Torino: 483. Battista G., Carafa M., Colonna N., De Lisio L. 1998. Check-list degli Uccelli del Molise con note sullo status e sulla distribuzione. Rivista Italiana di Ornitologia 68 (1): 11-26. 114 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Molise MOLISE Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 AQUILA REALE LANARIO PELLEGRINO Regione Molise 4437 Montagna del Matese, Gruppo Mainarde-Meta 300 3 80 20 1 1 1 1 Regione Molise 4437 Montagna del Matese, Monti Frentani,Gruppo Mainarde-Meta 2000 3 60 40 3 6 9 9 Regione Molise 4437 Montagna del Matese, Monti Frentani, Gruppo Mainarde-Meta 2000 3 60 40 4 6 7 7 1 - 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 2 1 1 7 4 1 0 1 1 4 2 Insufficiente livello di protezione Impianti eolici, insufficiente livello di protezione Bracconaggio Attività antropiche Impianti eolici, bracconaggio, attività antropiche Impianti eolici, attività antropiche 0 0 0 0 0 0 Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 115 Stato delle conoscenze su Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus in Campania Stefano Piciocchi, Danila Mastronardi, Gabriele De Filippo A.S.O.I.M. Associazione Studi Ornitologici Italia Meridionale - ONLUS c.p. 253 80046 S. Giorgio a Cremano (NA) INTRODUZIONE La Regione Campania, in questi ultimi anni, è stata oggetto di notevoli mutamenti in campo conservazionistico ed è divenuta la seconda in Italia per superficie protetta; infatti nel suo ambito insistono due Parchi Nazionali, 7 Parchi Regionali, 4 Riserve Naturali dello Stato, 3 Riserve Naturali Regionali, 12 Oasi del WWF e 2 Oasi di Legambiente. Gli uccelli rapaci sono di grande interesse ecologico e protezionistico, infatti molte specie sono considerate a rischio e classificate come categoria SPEC 1, 2 o 3 (Tucker e Heath 1994). è di prioritaria importanza conoscerne la distribuzione e la consistenza sul territorio da correlare a tali modificazioni ambientali e per operare corrette azioni di gestione. Nel presente lavoro si analizza lo status e la distribuzione a livello regionale delle tre specie Aquila chrysaetos, Falco biarmicus e Falco peregrinus. AREA DI STUDIO La Campania, con i suoi 13.995 Km2, si colloca al dodicesimo posto tra le regioni italiane per superficie, mentre con i suoi 5.667.000 abitanti si colloca al secondo posto per popolazione. Ciò nonostante la Campania si presenta come una delle regioni più interessanti dal punto di vista naturalistico e ciò è dovuto alla grande varietà di ambienti che la caratterizzano tra i quali predominano i rilievi. La regione, sotto il profilo orografico, risulta formata da un complesso intreccio di massicci montuosi che, in alcuni casi, superano o sfiorano i 2000 m di altitudine. Tale contesto favorisce la presenza dei rapaci oggetto di studio. METODI Molti dei dati presentati derivano da progetti e ricerche non finalizzati allo studio dei rapaci, eccetto quelli ricavati dal Progetto Atlante Rapaci nidificanti in Campania, iniziato nell’anno 2000 e tuttora in corso; sono stati selezionati rilevatori ad ognuno dei quali è stata affidata un’area della regione. Le osservazioni sono state effettuate, nel periodo febbraio-agosto, alternando percorsi in auto a velocità costante, a soste in aree con ampia visuale, a percorsi a piedi in zone boscose o non facilmente accessibili. Per le osservazioni sono stati utilizzati binocoli 8x30 o 12x30 e, in alcuni casi, cannocchiali. RISULTATI Dalla tabella riepilogativa si evince che il 100% delle coppie nidificanti di Aquila reale occupa territori compresi in Parchi Nazionali o Regionali, mentre una sola coppia di cui non si è mai accertata la nidificazione, occupa un territorio non protetto. Analoga situazione si verifica per il Lanario il cui possibile areale riproduttivo ricade in aree protette. Circa il 50% delle coppie stimate di Pellegrino nidifica in territori tutelati (Parchi o Riserve). Per quanto concerne la percentuale di territorio indagato, si nota che per l’Aquila reale c’è una copertura quasi completa, non così, invece, per il Lanario e per il Pellegrino per i quali è stata coperta dai rilevatori solo una parte dell’areale di possibile nidificazione. L’esame dettagliato delle singole specie permette le seguenti analisi. L’Aquila reale è presente in Campania con tre coppie nidificanti più una probabile. Alla coppia storica del Matese si sono aggiunte nell’ultimo decennio quella del Monte Accellica, sui Picentini, e quella del Cervati, sui Monti del Cilento. Ultimamente è stata segnalata una quarta coppia in una zona al confine tra Campania e Basilicata, in un’area non protetta. La coppia seguita con maggiore assiduità è quella del Matese; dal 1987 essa ha iniziato a nidificare su una parete rocciosa posta a circa 800 Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 117 Stefano Piciocchi, Danila Mastronardi, Gabriele De Filippo m di altitudine in un vallone isolato (Rocco 1991). In genere viene deposto un solo uovo mentre rare sono state le deposizioni di due, che peraltro mai si sono concluse con il pieno successo. Nel 2003 è iniziato un progetto, finanziato dal Parco Regionale del Matese, che prevede l’osservazione continua da parte di due ricercatori e l’installazione di un carnaio durante il periodo invernale. La ricerca continuerà nel 2004 con la diretta osservazione del sito di nidificazione. Per quanto riguarda invece le altre coppie, il successo riproduttivo nel corso degli ultimi anni è stato alterno. Relativamente alle coppie il cui areale ricade in territori protetti (Parchi Nazionali e Regionali) sussistono limitati fattori di minaccia che possono configurarsi nell’eventuale bracconaggio, ma soprattutto nella scarsità di prede e in un eccessivo possibile turismo escursionistico. Attuale e potenziale minaccia è inoltre costituita dagli impianti eolici. Il Lanario è uno dei falconidi più rari della regione. La popolazione nidificante è stimata in 4-5 coppie distribuite fra la provincia di Salerno (Motola, Alburni, Gole del Calore, Gelbison Cervati) e nell’alto casertano (Matese) (Scebba 1993). Sui Monti Picentini, invece, non è stata attualmente segnalata la sua presenza che peraltro era stata indicata nell’Atlante degli Uccelli nidificanti in Campania 1983-1987 (Fraissinet e Kalby 1989), probabilmente perché poco indagati. Per quanto riguarda i fattori di minaccia sia attuali che potenziali possono essere indicati la presenza e lo sviluppo di impianti eolici, il bracconaggio e la cattura di giovani per destinarli alla falconeria. Il Pellegrino è tra i tre rapaci oggetto di studio, quello maggiormente diffuso; sono infatti stimate in Campania circa un centinaio di coppie. Il Pellegrino è un rapace che, dopo aver attraver- sato un momento alquanto difficile legato a vari fattori (bracconaggio, presenza di inquinanti con fenomeno di magnificazione biologica, cattura di pulli per falconeria) è in netta ripresa in tutta Italia. In Campania occupa i più svariati ambienti, dalle coste rocciose alle falesie poste fino a circa 1200 m di altitudine, alle città. Nella sola Napoli nidificano ben 4 coppie con un buon successo riproduttivo. (Guglielmi com. pers.). I nidi vengono posti in cavità naturali delle pareti rocciose; la deposizione avviene in marzo e le uova si schiudono ad aprile. Le coppie sono molto fedeli al sito di nidificazione e lo occupano anche per più anni. Anche per il Pellegrino vanno considerati gli stessi fattori di minaccia attuali e potenziali indicati per il Lanario. BIBLIOGRAFIA 15-19. Centili D., Fasano S., D’Amicis B., Catoni C., Carsughi M. 2003. Uso del playback per la cattura dell’Assiolo durante la migrazione post-riproduttiva. Avocetta 27: 33. Fraissinet M., Kalby M. 1989. Atlante degli uccelli nidificanti in Campania 1983-1987. Tipolitografia Incisivo, Salerno. Mastrolilli M. 1997. Popolazioni di Civetta e selezione dell’habitat in un’area di pianura della provincia di Bergamo. Riv. Mus. Civ. Scienze Naturali di Bergamo 19: 118 CONCLUSIONI Dall’analisi dei dati si rileva che la popolazione di Aquila reale è vicina al massimo grado di espansione possibile nella regione, tenendo conto che spesso una sola coppia occupa territori che possono variare dai 250 ai 400 km2. Lo stesso vale per il Pellegrino che risulta presente con coppie consolidate in quasi tutte le aree che si prestano alla sua nidificazione. Il Lanario invece risulta piuttosto scarso su tutto il territorio, anche nelle aree potenzialmente idonee. L’aumento delle popolazioni di Aquila reale e di Pellegrino che, negli ultimi quindici anni, risultano triplicate (cfr Atlante degli Uccelli nidificanti in Campania 1983-1987, Fraissinet e Kalby 1989) è dovuto a vari fattori, primi fra tutti la maggiore protezione del territorio e la diminuzione dell’attività venatoria. Rocco M. 1991. Conferma della nidificazione dell’Aquila reale (Aquila chrysaetos) in Campania. Rivista Italiana di Ornitologia 61: 79-80. Scebba S. 1993. Gli uccelli della Campania. Ed. Esselibri, Napoli. Tucker G.M., Heath M.F. 1994. Birds in Europe: their conservation status. Birdlife International, Cambridge, U.K. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Stato delle conoscenze su Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus in Campania CAMPANIA AQUILA REALE LANARIO PELLEGRINO Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Regione Campania 13995 Matese e Appennino campano Regione Campania 13995 Matese e Appennino campano 2000 4 100 0 3 3 3 4 2000 10 15 85 0 1 3 5 Regione Campania 13995 Matese, Penisola Sorrentina, Rilievi casertani, Provincia di Napoli, Appennino campano 9000 10 33 67 14 24 24 50 1 2 20 0 0 1 2 1 10 0 0 0 0 0 0 1 1 19 3 4 8 2 1 3 Bracconaggio, scarsità di prede, impianti eolici Impianti eolici, escursionismo Bracconaggio, cattura giovani, impianti eolici Impianti eolici escursionismo, falconeria Bracconaggio, cattura giovani, impianti eolici Impianti eolici, cattura giovani per falconeria 0 0 0 0 0 0 Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 119 Il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Puglia Antonio Sigismondi1, Michele Bux2, Nicola Cillo1, Vincenzo Cripezzi3, Marisa Laterza1, Ventura Talamo1 1 A.L.T.U.R.A. Puglia e Basilicata, Via Leone XIII 33, 70021 Acquaviva delle Fonti (BA) Museo del Dipartimento di Zoologia, Università degli Studi di Bari, via Orabona, 4/a 70125 Bari 3 LIPU Puglia 2 LANARIO I primi dati sulla presenza del Lanario in Puglia sono riportati da Cambi (1982) che ne segnala la nidificazione per il Gargano. Successivamente Petretti (in Massa et al. 1991) stima in 15 coppie la popolazione presente in Puglia e Basilicata e Brichetti (1991) riporta la specie come nidificante ”raro e localizzato con pochissime coppie”. Ricerche specifiche condotte negli ultimi 15 anni dagli autori riportano la presenza di 10-15 coppie per la prima parte degli anni 90 (Sigismondi et al. 1995), dato di recente aggiornato a 13-18 coppie. (Sigismondi et al. 2003a). In Puglia la specie nidifica nelle province di Foggia, Taranto e Bari, mentre risulta assente nelle province di Lecce e Brindisi, probabilmente per la mancanza di siti riproduttivi adatti. Sono stati monitorati 35 siti con caratteristiche ritenute adatte alla presenza della specie. In 22 siti è stata accertata la frequentazione di almeno un individuo durante il ciclo riproduttivo e in 18 sono state verificate nidificazioni, con una stima totale al 2004 di 13-18 coppie. La suddivisione per aree geografiche è la seguente: Gargano 6-8 coppie, Murge 3-4, Sub Appennino dauno 2-3, Gravine 2-3 (un sito è stato confermato nel corso del 2004). Tale stima si ritiene, molto vicina al dato della reale popolazione nidificante, sulla base delle caratteristiche del territorio e dell’elevato grado di copertura del monitoraggio. Riteniamo che solo per il Gargano, in funzione della grande varietà e disponibilità di habitat rupestri, e in minima parte per le Gravine, ci possano essere margini di aumento delle coppie. Nel corso degli anni sono state seguite 87 nidificazioni, con un tasso d’involo (giovani involati/coppie riprodottesi con successo) pari a 2,3 (201/87). La distanza minima rilevata tra due siti contemporaneamente occupati è stata di 3,5 km. 120 Le aree maggiormente rappresentative per la specie sono soprattutto il Gargano e le Murge. Sul Gargano sono stati rilevati 7 siti con riproduzione accertata e 5 coppie contemporaneamente nidificanti, mentre sulle Murge 6 siti con riproduzione accertata e 4 coppie contemporaneamente nidificanti. Per quanto riguarda la scelta del substrato, 13 siti sono su pareti calcaree, 2 su arenaria e uno su altro substrato, mentre 2 siti sono situati in cave abbandonate. In un caso si è accertata la riproduzione su un edificio, Castel del Monte, sito poi abbandonato a causa dei lavori di ristrutturazione del castello. Per quanto riguarda i problemi di conservazione è stata svolta un’indagine relativa ai siti riproduttivi (Sigismondi et al. 2003b), che riteniamo essere il principale fattore di rischio per la specie a livello regionale. Infatti l’orografia della Puglia, povera di rilievi, determina la carenza di pareti adatte e sicure. I risultati evidenziano un’elevata vulnerabilità dei siti riproduttivi con il 65% dei siti con riproduzione accertata che presentano un grado elevato di vulnerabilità. I principali fattori di rischio rilevati sono: le ridotte dimensioni delle pareti, la vicinanza di strade e infrastrutture (13 siti distano meno di 1 km da strade e fabbricati), la costruzione di nuove strade e fabbricati nei pressi dei siti di nidificazione (in 9 siti è stata osservata la costruzione di nuove infrastrutture entro 1-2 km dal nido). Particolarmente critica è la situazione nelle Murge, dove tutti i siti di nidificazione presentano infrastrutture a meno di 500 m. Le attività legate al tempo libero (arrampicata, escursionismo, attività venatoria), rappresentano un ulteriore e serio fattore di minaccia. La trasformazione degli habitat trofici è avvenuta in forma più o meno significativa in tutte le aree di presenza della specie, ma non si è in grado di correlarla direttamente ad un effetto negativo. In particolare si segnala la messa a Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Puglia coltura di grandi estensioni degli habitat trofici d’interesse comunitario (Direttiva 92/43/CEE), inquadrabili fitosociologicamente nell’associazione Festuco-Brometalia e in minima parte nel Thero-Brachypodietea. Nelle Murge nel periodo tra il 1990 e il 1999 tali trasformazioni hanno raggiunto dimensioni drammatiche interessando circa il 30% delle superfici presenti, pari a circa 30.000 ettari (AA. VV. 2003). Se si considera che le trasformazioni dal 1999 al 2004 sono continuate, il dato di degrado si ritiene possa attualmente estendersi su circa 40.000 ettari. Per quanto riguarda il grado di conservazione, 7 siti rientrano in aree protette istituite, 10 siti in pSIC, ZPS, o altre forme, mentre un sito è fuori da ogni forma di protezione. L’unica forma di tutela diretta attualmente esistente è il regolamento per le arrampicate promosso dal Parco Nazionale del Gargano. La popolazione nidificante appare stabile per il Gargano e le Gravine mentre il Sub Appennino e le Murge hanno evidenziato un trend negativo. A tal proposito si segnala l’abbandono di uno dei 2 siti riproduttivi del Sub Appennino, a causa di disturbo antropico, e la riduzione della popolazione dalle 5-6 coppie degli anni 80 alle 3-4 attuali per le Murge. In conclusione si può affermare che il grado di vulnerabilità e sicurezza del sito riproduttivo appare il principale problema di conservazione della specie in Puglia. Nessuna forma di prote- zione diretta è assicurata ai siti riproduttivi, anche per quelli presenti all’interno di aree protette. PELLEGRINO L’orografia poco accidentata della regione sembra condizionare la presenza di coppie nidificanti di Pellegrino, la cui presenza è stata accertata solo per il promontorio del Gargano. Nel resto della regione è assente come nidificante con solo alcune segnalazioni, non verificate, lungo le falesie costiere che vanno da Otranto a Santa Maria di Leuca in Provincia di Lecce. Durante l’inverno sono stati osservati individui in diverse aree della regione compresi alcuni centri urbani tra cui la città di Bari, dove la specie sverna regolarmente. La popolazione nidificante del Gargano è stimata in 5-8 coppie, suddivisa in due nuclei, uno presente nell’arcipelago delle Tremiti con 2-3 coppie e l’altro con circa 3-5 coppie nel promontorio. Tale stima è però suscettibile di possibili variazioni in aumento, tenendo conto che le falesie costiere del Gargano sono molto estese e articolate e solo un’indagine specifica condotta da imbarcazione, potrebbe definire in modo preciso il numero di coppie presenti. Il monitoraggio delle coppie meglio seguite, evidenzia una sostanziale stabilità della popolazione. BIBLIOGRAFIA AA. VV. 2003. Rapporto sullo Stato dell’Ambiente. Provincia di Bari Servizio Acque, Parchi e Protezione Civile. Osservatorio Ambientale Provinciale. Bari. di Accipitriformi e Falconiformi nelle regioni di Puglia e Basilicata. In: Pandolfi M., Foschi U. (eds). Atti del VII Convegno Italiano di Ornitologia. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXII: 707-710. Brichetti P. 1991. Uccelli. In: Carta Faunistica Regione Puglia. I.N.B.S., Ozzano dell’Emilia (BO). Sigismondi A., Cillo N., Cripezzi V., Laterza M., Talamo V. 2003a. Status e successo riproduttivo del Lanario Falco biarmicus feldeggi in Puglia e Basilicata. In: Conti P., Rubolini D., Galeotti P., Milone M., de Filippo G. (eds). Atti XII Convegno Italiano di Ornitologia. Avocetta 27 (Numero speciale): 123. Cambi D. 1982. Ricerche ornitologiche in provincia di Foggia (zone umide e Gargano) dal 1964 al 1981. Rivista Italiana di Ornitologia 52: 137-153. Massa B., Lo Valvo F., Siracusa M., Ciaccio A. 1991. Il Lanario Falco biarmicus feldeggi in Italia: status, biologia e tassonomia. Naturalista Siciliano XV: 27-63. Sigismondi A., Cassizzi G., Cillo N., Laterza M., Rizzi V., Talamo V. 1995. Distribuzione e consistenza delle popolazioni Sigismondi A., Bux M., Cillo N., Laterza M., Talamo V. 2003b. Vulnerabilità dei siti riproduttivi del Lanario Falco biarmicus feldeggi in Puglia e Basilicata. In: Conti P., Rubolini D., Galeotti P., Milone M., de Filippo G. (eds). Atti XII Convegno Italiano di Ornitologia. Avocetta 27 (Numero speciale): 181. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 121 Antonio Sigismondi, Michele Bux, Nicola Cillo, Vincenzo Cripezzi, Marisa Laterza, Ventura Talamo PUGLIA Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 122 LANARIO PELLEGRINO Province di Foggia, Bari e Taranto 14814 Gargano, Gravine, Murgia, Monti Dauni 4500 4/5 60 40 8 10 13 18 Provincia di Foggia 7 8 0 0 0 0 0 0 4 0 13 8 10 1 - 8 Disturbo, urbanizzazione, infrastrutture, trasformazioni ambientali, arrampicata, messa a coltura delle aree trofiche Impianti eolici Turismo, visite turistiche via mare, arrampicata 100 13 12 0 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione 7184 Gargano, Isole Tremiti 2500 4/5 30 70 3 3 5 8 Attività del tempo libero L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Basilicata Antonio Sigismondi1, Michele Bux2, Nicola Cillo1, Marisa Laterza1 A.L.T.U.R.A. Puglia e Basilicata, Via Leone XIII 33, 70021 Acquaviva delle Fonti (BA) Museo del Dipartimento di Zoologia, Università degli Studi di Bari, Via Orabona, 4/a 70125 Bari 1 2 AQUILA REALE Per la Basilicata Bavusi e Libutti (1997) riportano la nidificazione della specie all’interno del Parco Nazionale del Pollino. Tale dato appare però impreciso, in quanto tutti i siti riproduttivi a noi noti sono ubicati sul versante calabrese e nessuna coppia nidifica sul versante lucano. Alcuni individui frequentano l’area Sirino-M. Alpi, dove però non sembrano riprodursi. Vecchie segnalazioni di nidificazione nell’area del M. Volturino, attualmente non trovano conferma. Nidi “storici” probabilmente appartenenti a questa specie sono stati rilevati nella parte centrale della Val d’Agri. Una piccola popolazione nidificante di 2 coppie è stata scoperta agli inizi degli anni 90 in un’area settentrionale della provincia di Potenza (Sigismondi et al. 1995). Delle due coppie, una è risultata stabile mentre l’altra è stata osservata nel 1991 e nel 1992 per più giorni in parata nuziale. Negli anni successivi sono stati osservati individui isolati che non hanno mostrato comportamenti riproduttivi. Altra possibile area di presenza e/o nidificazione riguarda una zona della costa tirrenica: il 9 marzo 1997 è stata osservata una coppia in parata nuziale da parte di Cavaliere del G.I.L. (Gruppo Inanellamento Limicoli) di Napoli (Moschetti com. pers.). Il comportamento osservato e le caratteristiche dell’ambiente, che ben si adattano all’ecologia della specie, ne rendono possibile la riproduzione. Si stima, quindi, per la regione la presenza di 1-2 coppie. Si ritiene però necessaria una indagine specifica e più approfondita per definire l’effettivo status nella regione. Per quanto riguarda gli eventuali problemi di conservazione della specie si rileva come nel corso degli ultimi anni è stato osservato nei pressi dell’unico sito riproduttivo certo un aumento generico dell’attività antropica e di realizzazione di infrastrutture. Un nuovo e grave problema è costituito dalla recente proposta di installazione di impianti eolici all’interno dell’area trofica della coppia. Durante il monitoraggio non si è venuti a conoscenza di danni diretti alla specie: abbattimento, disturbo, depredazione del nido, ecc. In alcuni anni, in accordo con la biologia della specie, la coppia non si è riprodotta e non è stato possibile correlare direttamente questo evento ad alcuna particolare causa, naturale o di origine antropica. LANARIO Pochi dati presenti in letteratura. Petretti (in Massa et al. 1991) stima 15 coppie presenti complessivamente tra Puglia e Basilicata. Sigismondi et al. (1995) stimano la presenza di 8 coppie, successivamente aggiornata a 8-16 nel corso della stesura dell’Action Plan per BirdLife International (1999). La stima più recente riporta una popolazione di 10-18 coppie (Sigismondi et al. 2003a). Nella stima della popolazione nidificante si è avuto un continuo, anche se lieve, trend positivo, dovuto ad un aumento delle conoscenze. Si ritiene che lo status della specie non sia ancora del tutto definito, soprattutto per quanto riguarda la consistenza delle coppie nidificanti. La Basilicata presenta un’orografia accidentata con vaste aree ricche di pareti idonee ad ospitare la specie, soprattutto nella provincia di Matera. Inoltre, il grado di copertura non è completo e diverse aree sono state poco indagate. Migliore è invece il grado di conoscenza delle aree geografiche e dei comprensori ambientali di presenza del Lanario. Nel corso degli anni sono stati individuati e monitorati 40 siti con caratteristiche ritenute adatte alla presenza della specie; in 26 si è accertata la frequentazione di almeno un individuo durante il ciclo riproduttivo e in 10 si è accertata la nidificazione. Il tasso d’involo (giovani involati/coppie riprodottesi con successo) è pari a 2,4 (93/39), in linea con i dati della Sicilia (2,3) (Massa et al. 1991). La distanza minima tra due siti contemporaneamente occupati è pari a 4,5 km, Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 123 Antonio Sigismondi, Michele Bux, Nicola Cillo, Marisa Laterza valore superiore a quello noto per la Sicilia (2 km) (Massa et al. 1991). Cinque siti sono su pareti di arenaria, 5 su calcare mentre nessun sito è stato rilevato sui calanchi, molto diffusi in Basilicata in ambienti adatti alla specie. Per quanto riguarda il grado di conservazione, 5 siti rientrano in aree protette istituite, solo 2 in pSIC e ZPS, mentre un sito è fuori da ogni forma di protezione. Lo stato di conservazione appare relativamente stabile. Si segnalano problemi di alterazione delle aree trofiche in particolare attraverso messa a coltura, costruzione d’infrastrutture e disturbo (Sigismondi et al. 2003b). Al momento appare difficile definire con sicurezza un trend di popolazione complessivo per la Basilicata. Si ritiene comunque realistica, alla luce dei dati in nostro possesso, una tendenza alla stabilità. PELLEGRINO Pochi i dati disponibili in letteratura. Boano (1985) segnala l’osservazione di falconi senza ulteriori precisazioni; Sigismondi et al. (1995) stimano una popolazione complessiva di circa 10-16 coppie; Bavusi e Libutti (1997) segnalano varie osservazioni per la provincia di Potenza senza ulteriori precisazioni sulla riproduzione e consistenza della popolazione; più di recente Allavena e Brunelli (2003) segnalano la presenza di 15-25 coppie. Un valore preciso della consistenza della specie appare difficoltoso alla luce dei dati disponibili e del grado di copertura non essendo mai stata svolta, a quanto ci risulta, un’indagine specifica sulla specie nella regione; la stima di 15-25 coppie di Allavena e Brunelli (op. cit.) è comunque ritenuta realistica. Il Pellegrino appare distribuito abbastanza regolarmente nella provincia di Potenza. Presenta la massima densità, in accordo con la biologia della specie, lungo la fascia costiera tirrenica di Maratea, dove un ampio sistema di falesie marine determina la presenza di 3-6 coppie. è presente in vari gruppi montuosi, come M. Alpi e M. Paratiello. Appare molto raro invece nella provincia di Matera, dove sembra presente solo in alcune aree settentrionali confinanti con la provincia di Potenza. Per quanto riguarda i problemi di conservazione valgono orientativamente quelli evidenziati per il Lanario, anche se questa specie frequentando ambienti più montuosi appare meno minacciata. BIBLIOGRAFIA Allavena S., Brunelli M. 2003. Revisione delle conoscenze sulla distribuzione e la consistenza del Pellegrino Falco peregrinus in Italia. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27 (1): 20-23. Ventura T. 1995. Distribuzione e consistenza delle popolazioni di Accipitriformi e Falconiformi nelle regioni di Puglia e Basilicata. In: Pandolfi M., Foschi U. (eds). Atti del VII Convegno Italiano di Ornitologia. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXII: 707-710. Bavusi A., Libutti C. 1997. I rapaci diurni nella provincia di Potenza (Basilicata). Alfagrafica Volonnino, Lavello. Sigismondi A., Cillo N., Cripezzi V., Laterza M., Talamo V. 2003a. Status e successo riproduttivo del Lanario Falco biarmicus feldeggi in Puglia e Basilicata. In: Conti P., Rubolini D., Galeotti P., Milone M., de Filippo G. (eds). Atti XII Convegno Italiano di Ornitologia. Avocetta 27 (Numero speciale): 123. Boano G., Brichetti P., Cambi D., Meschini E., Mingozzi T., Pazzucconi A. 1985. Contributo alla conoscenza dell’avifauna della Basilicata. Ricerche di biologia della selvaggina 75, I.N.B.S.. Massa B., Lo Valvo F., Siracusa M., Ciaccio A. 1991. Il Lanario Falco biarmicus feldeggi in Italia: status, biologia e tassonomia. Naturalista Siciliano XV: 27-63. Sigismondi A., Cassizzi G., Cillo N., Laterza M., Rizzi V., 124 Sigismondi A., Bux M., Cillo N., Laterza M., Talamo V. 2003b. Vulnerabilità dei siti riproduttivi del Lanario Falco biarmicus feldeggi in Puglia e Basilicata. In: Conti P., Rubolini D., Galeotti P., Milone M., de Filippo G. (eds). Atti XII Convegno Italiano di Ornitologia. Avocetta 27 (Numero speciale): 181. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Basilicata BASILICATA AQUILA REALE LANARIO PELLEGRINO Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Provincia di Potenza 6456 Porzione nord occidentale e costa tirrenica 400 2 10 90 1 1 1 2 Regione Basilicata 9988 Provincia di Matera e parte della Provincia di Potenza 3500 4 40 60 5 8 12 18 Regione Basilicata 9988 Provincia di Potenza e parte della Provincia di Matera 5500 2 20 80 3 6 11 20 0 2 4 0 0 0 0 5 3 0 0 0 - - - 1 2 - 1 2 - 0 6 8 Disturbo, urbanizzazione, trasformazioni ambientali Impianti eolici, strade Disturbo, urbanizzazione, trasformazioni ambientali Impianti eolici Antropizzazione 100 100 100 0 0 0 Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 Impianti eolici Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 125 L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Calabria e nel Parco Nazionale del Pollino: consistenza e status delle popolazioni Massimo Pandolfi1, Alessandro Tanferna1, Giorgia Gaibani2, Paolo Perna3, Mauro Tripepi4, Pierpaolo Storino4, Salvatore Urso4, Toni Mingozzi5 Istituto di Scienze Morfologiche, Sezione di Zoologia, Università degli Studi di Urbino, via Oddi, 21 61029 Urbino Dip. Biologia Evolutiva e Funzionale, Sez. Museo di Storia Naturale, Università di Parma, via Farini 90 43100 Parma 3 Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra, 2 62010 Urbisaglia (MC) 4 C.I.P.R. (Comitato Italiano per la Protezione degli Uccelli Rapaci), Cosenza 5 Dipartimento di Ecologia, Università della Calabria, 87036 Rende (CS) 1 2 INTRODUZIONE AREA DI STUDIO E METODI I contributi significativi succedutisi nel tempo e riguardanti gli effettivi numeri degli esemplari appartenenti alle varie popolazioni di rapaci presenti soprattutto in Appennino centro-meridionale, sono per lo più frammentari e non certo numerosi. Gli stessi si dividono in almeno due categorie distinte; la prima raccoglie tutti quei lavori che, in maniera più ampia e generale, affrontano l’argomento dello status dei rapaci in Calabria (Di Carlo 1962; Lehmann 1962; Mirabelli e Saita 1975; Mirabelli 1978; AA.VV. 1998; Cortone e Mordente 1997; Di Carlo 1981; Mirabelli 1982b; Cortone e Mirabelli 1987) mentre la seconda si compone prevalentemente di lavori di andamento delle popolazioni delle specie oggetto o su considerazioni conservazionistiche (Mingozzi 1994; Malara 1999; Viggiani 1999a, Viggiani 1999b; Pandolfi et al. 2002a; Pandolfi et al. 2002b). Il quadro che emerge, da una parte, è quello della presenza di un notevole numero di specie, risultato di una grande varietà di ambienti, dall’altro appare evidente, invece, un quadro di conoscenze non omogeneo, con settori, specie e linee di ricerca meglio indicati di altri. In questa sede si presenta un quadro aggiornato delle conoscenze su distribuzione, consistenza numerica e fattori di minaccia relativamente alle popolazioni nidificanti di Aquila chrysaetos, Falco biarmicus e Falco peregrinus in Calabria, includendo nella regione anche il versante lucano del Parco Nazionale del Pollino. Il lavoro mira, in particolare, ad evidenziare le lacune conoscitive ancora esistenti riguardo la distribuzione di queste tre specie, come base di riferimento per future e più approfondite indagini. La ricerca interessa un’area di complessivi 15.601 km2, di cui 15.120 km2 corrispondenti all’estensione territoriale della regione Calabria, mentre 481 km2 relativi alla porzione lucana del Parco Nazionale del Pollino. Da un punto di vista geo-morfologico ed ecologico, nella regione si possono riconoscere alcune grandi unità territoriali. L’area comprende l’Appennino calabro (parzialmente inserito all’interno della porzione calabra del Parco Nazionale del Pollino), le fasce montuose costiere che si affacciano sia sulla porzione ionica che su quella tirrenica della Calabria, la porzione meridionale dell’Appennino calabrese (compreso per buona parte all’interno dei confini del Parco Nazionale dell’Aspromonte), la Piana di Sibari a nord, l’Altopiano della Sila ad ovest e il Marchesato crotonese, un ambito territoriale ben definito da una propria fisionomia morfologica, litologica e climatica. In base alla specie rupicola oggetto del rilevamento, i dati sono stati raccolti selezionando su base cartografica i potenziali siti di nidificazione prima e con controlli diretti sul campo poi. Inoltre per quanto riguarda la ricerca all’interno del Parco Nazionale del Pollino, le coppie di Pellegrino e Aquila reale sono state costantemente monitorate per l’intero periodo riproduttivo. I dati qui esposti derivano, per la porzione centro-meridionale del territorio calabrese, da ricerche condotte nell’arco degli ultimi 15 anni da personale del C.I.P.R. (Comitato Italiano per la Protezione degli Uccelli Rapaci) e mirate all’acquisizione d’informazioni riguardo la distribuzione e la biologia delle specie di falconiformi presenti sul territorio. I dati riferiti invece alla 126 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Calabria e nel Parco Nazionale del Pollino: consistenza e status delle popolazioni porzione settentrionale della Calabria, ricadenti essenzialmente nel territorio del Parco Nazionale del Pollino, sono il risultato del progetto di ricerca su “Monitoraggio e Conservazione degli uccelli rapaci nel Parco Nazionale del Pollino” condotto dal 1999 al 2003 dal gruppo di lavoro dell’Università degli Studi di Urbino. Le elaborazioni cartografiche sono state realizzate tramite software Map-Info e ArcView e forniscono un’immagine sintetica dei risultati dell’indagine. RISULTATI L’area estensiva di studio per le tre specie considerate coincide con l’intero territorio calabrese. Nella tabella riepilogativa sono precisate: l’area di studio, in riferimento alla sua definizione e caratterizzazione quantitativa. In tale contesto è stata individuata la Calabria come Area di studio estensiva, all’interno della quale è stata individuata e quantificata (in termini di superficie) l’Area di studio intensiva; la misu- ra in percentuale dell’Area di studio intensiva con copertura buona o scarsa è stata ottenuta rapportando la superficie della stessa area, con la misura dell’Area di studio intensiva; la consistenza numerica delle popolazioni (come numero di coppie territoriali), in riferimento a diversi periodi temporali; il numero delle coppie territoriali possibili, ossia con territori di nidificazione accertati o presunti, ricadenti in vari ambiti regionali di protezione; in tale ambito, mettendo in rapporto il numero di coppie (valore assoluto) e la consistenza possibile della popolazione di ogni specie al 2003, si è ottenuto un valore percentuale che rappresenta il numero relativo di coppie realmente ricadenti in aree protette; la stima in percentuale delle coppie territoriali che sono state o saranno interessate da programmi di monitoraggi finanziati; i principali fattori di minaccia sia attuali che potenziali. I risultati sullo status delle coppie riproduttive censite all’interno del Parco Nazionale del Pollino sono ripotate nelle tabelle 1 e 2 (Pandolfi Tabella 1. Numero di coppie nidificanti di Pellegrino e Aquila reale presenti all’interno di SIC ZPS e IBA del Parco Nazionale del Pollino n.coppie territoriali n.coppie presenti in Calabria n.coppie NND presenti in media Basilicata tra i nidi (metri) coppie coppie coppie territoriali territoriali territoriali con territori di con territori di con territori di nidificazione nidificazione nidificazione all’interno di SIC all’interno di ZPS all’interno di IBA Pellegrino 18 12 6 7.812 6 3 17 Aquila reale 4 4 0 2.117 3 2 4 Tabella 2. Coppie territoriali di Pellegrino e Aquila reale nel Parco Nazionale del Pollino Pellegrino Aquila reale 1999 Totale - Calabria - Basilicata - Totale 3 Calabria 3 Basilicata 0 2000 - - - 3 3 0 2001 27 19 8 3 3 0 2002 22 17 5 4 4 0 2003 18 12 6 4 4 0 Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 127 Massimo Pandolfi, Alessandro Tanferna, Giorgia Gaibani, Paolo Perna, Mauro Tripepi, Pierpaolo Storino, Salvatore Urso, Toni Mingozzi Ringraziamenti. Si ringrazia il Dipartimento di Ecologia dell’Università degli Studi della Calabria ed in particolar modo il Prof. Sandro Tripepi e il Dott. Emilio Sperone per la cortese collaborazione nella fase di costruzione delle carte di distribuzione delle specie. Si ringraziano inoltre il gruppo di lavoro del Progetto Rapaci coordinato dall’Università di Urbino: Arianna Aradis, Pepe Ayala, Javier Balbontin, Barbara Carelli, Eva Casado, Rosaria Cataudella, Antonia Celani, Miguel Ferrer, Maurizio Fusari, Giacomo Gerva- sio, Elena Giardinazzo, Massimo Landi, Patricia Masini, Luigi Paternostro, Manuela Policastrese, Rossella Rotondaro, Vincenzo Penteriani per il loro contributo alla ricerca e Antonio Sigismondi per il proficuo scambio di informazioni sulle specie in oggetto. Un ringraziamento particolare va a Mauro Tripepi e Francesco Fino, Presidenti del Parco Nazionale del Pollino, per aver voluto realizzare questa importante ricerca a lungo termine sulla distribuzione e la conservazione dei rapaci nel Parco. BIBLIOGRAFIA AA. VV. 1998. Il Centro di Recupero Animali Selvatici. Gli Uccelli Rapaci nella Provincia di Cosenza, 206 pp. Bulgarini F., Calvario E., Fraticelli F., Petretti F., Sarrocco S. (eds). 1998. Libro Rosso degli Animali d’Italia. WWF, Roma, 210 pp. Cortone P., Mirabelli P. 1987. Situazione dei rapaci in Calabria dal 1964 al 1984. Suppl. Ric. Biol. Selv. 12: 57-65. Cramp S., Simmons K. E. L. 1998. The Complete Birds of the Western Palearctic, Oxford University Press. London. Dessì Fulgheri F., Mirabelli P., Simonetta A. M. 1972. Osservazioni preliminari sui Falconidi della Sila Grande. In: Una vita per la natura. WWF Italia, Camerino: 141-153. Mingozzi T. 1994. L’avifauna della Riserva Naturale Orientata “Valle del Fiume Argentino” (Orsomarso, CS): analisi faunistico-ecologica ed indicazioni conservazionistico-gestionali. Min. Ris. Agr. Alim. e Forest., CFS, Coll. Verde n. 96, Roma, 94 pp. Mirabelli P. 1978. Distribuzione dei Falconiformi in Calabria. Riv. ital. Orn. 48: 157-171. Mirabelli P., Saita A. 1975. Osservazioni sui falconidi del massiccio del Pollino. Boll. Zool. 42:479. Pandolfi M., Gaibani G., Cataudella R., Fusari M., Perna P. 2002a. Status del Pellegrino (Falco peregrinus) all’interno del Parco Nazionale del Pollino. 63° Congresso Nazionale Unione Zoologica Italiana: 87. Di Carlo E. A. 1961. Ricerche ornitologiche attraverso la Calabria. Parte I: Dal Pollino alla Sila. Riv. ital. Orn. 31: 41-100. Pandolfi M., Gaibani G., Policastrese M., Storino P., Urso S. 2002b. Status dell’Aquila reale (Aquila chrysaetos) nel Parco Nazionale del Pollino. 63° Congresso Nazionale Unione Zoologica Italiana: 89. Di Carlo E. A. 1962. Ricerche ornitologiche attraverso la Calabria. Parte II: Dalle Serre all’Aspromonte. Riv. ital. Orn. 32: 235-279. Tucker G. M., Heath M. F. 1994. Birds in Europe: their conservation status. Birdlife International. Cambridge, U.K. Di Carlo E. A. 1981. L’Aigle royal Aquila chrysaetos dans les Appennins: tentative de recensement. Annales du Centre de Recherches Ornithologiques de Provence 1:85-87. Viggiani G. 1999a. Cainismo ed involo eccezzionalmente ritardati di Aquila reale Aquila chrysaetos nell’Appennino meridionale. Avocetta 25: 260. Malara G. 1999. Nidificazione dell’Aquila reale, Aquila chrysaetos, sull’Aspromonte. Riv. ital. Orn. 69: 137-138. Viggiani G., 1999b. Cause di abbandono di siti di nidificazione di Aquila reale Aquila chrysaetos nell’Appennino meridionale. Avocetta 25: 261. Massa B., Brichetti P. 2003. Revisione delle segnalazioni italiane di Falco peregrinus peregrinoides Temminck, 1829. Avocetta 27: 167-171. 128 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione L’Aquila reale Aquila chrysaetos, il Lanario Falco biarmicus e il Pellegrino Falco peregrinus in Calabria e nel Parco Nazionale del Pollino: consistenza e status delle popolazioni CALABRIA AQUILA REALE LANARIO PELLEGRINO Definizione dell’area di studio estensiva Superficie dell’area di studio estensiva (km2) Definizione dell’area di studio intensiva Regione Calabria 15120 Appennino calabro Regione Calabria 15120 Appennino calabro 4700 47 53 4 5 5 6 Regione Calabria 15120 Versante Ionico calabrese 4696 54 46 4 4 6 8 5 0 20 0 0 2 0 0 0 0 0 1 0 0 0 5 3 13 2 0 2 4 3 21 Bracconaggio, caccia, linee elettriche, bocconi avvelenati, arrampicata non regolamentata Impianti eolici Bracconaggio, caccia, linee elettriche, arrampicata non regolamentata Bracconaggio, caccia, linee elettriche, arrampicata non regolamentata Impianti eolici Impianti eolici 83 0 55 0 0 0 Superficie dell’area di studio intensiva (km2) Numero di operatori impegnati con continuità % dell’area di studio intensiva con copertura buona % dell’area di studio intensiva con copertura scarsa Consistenza accertata della popolazione nel 2003 Consistenza probabile della popolazione al 2003 Consistenza possibile della popolazione al 2003 Consistenza stimata della popolazione al 2003 Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Nazionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Statali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Parchi Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Riserve Regionali Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Oasi di Protezione Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Siti di Interesse Comunitario (SIC) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS) Coppie territoriali possibili con territori di nidificazione, accertati o presunti, ricadenti in IBA Principali fattori di minaccia attuali Principali fattori di minaccia potenziali % delle coppie territoriali stimate interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel periodo 1994-2003 % delle coppie territoriali stimate che saranno interessate da studi e/o programmi di monitoraggio finanziati nel 2004 8820 64 36 15 34 35 48 Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 129 ALTRI CONTRIBUTI 132 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Riepilogo ed analisi delle conoscenze sullo status delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare Mauro Magrini1, Paolo Perna2 1 OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario, 9 06049 Spoleto (PG) 2 Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra, 2 62010 Urbisaglia (MC) Il presente contributo riassume e commenta nel loro complesso i dati forniti da ogni gruppo regionale intervenuto al Convegno “Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione” (Serra San Quirico - AN, 26-28 marzo 2004), trasmessi attraverso la compilazione della scheda sintetica predisposta dai curatori. AREA DI STUDIO ESTENSIVA Nella maggior parte dei casi corrisponde ai territori amministrativi delle regioni peninsulari in cui si verifica la presenza delle specie considerate. Nel complesso sono interessate 13 regioni: Liguria (area appenninica), Piemonte (area appenninica), Toscana (due aree distinte), Emilia Romagna, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria. Si estende per complessivi 114.265 km2 nel caso dell’Aquila reale, per 134.398 nel caso del Lanario, per 132.437 nel caso del Pellegrino, rispettivamente il 38%, il 45% e il 44% del territorio nazionale (301.302 km2). AREA DI STUDIO INTENSIVA, OPERATORI IMPEGNATI, COPERTURA L’area di studio intensiva è stata definita come la porzione dell’area di studio estensiva che presenta le caratteristiche tipiche dell’habitat delle specie considerate, in cui, di conseguenza, si concentra il massimo sforzo di ricerca. Risulta costituita nel complesso dai principali rilievi montani e collinari della penisola, dalle sue coste rocciose, dalle cosiddette isole minori escluse quelle di Sicilia e Sardegna nonché quelle dell’Arcipelago Toscano in Provincia di Livorno, queste ultime in quanto non indagate. Si estende per complessivi 38.500 km2 nel caso dell’Aqui- la reale, per 51.946 nel caso del Lanario, per 71.474 nel caso del Pellegrino, rispettivamente il 34%, il 37% e il 54% delle relative aree di studio estensive. Il numero di operatori impegnati nelle ricerche è compreso, per tutte e tre le specie, tra i 50 e i 60 circa, variabile tra 1 e 17 nelle varie “regioni”. La porzione dell’area di studio intensiva in cui il livello di indagine è giudicato buono (copertura buona) è complessivamente pari al 72% per l’Aquila reale, al 60% per il Lanario e al 58% per il Pellegrino, rispettivamente tra 10% e 100%, tra 15% e 90%, tra 20% e 90%. CONSISTENZA DELLE POPOLAZIONI È stata distinta in 4 “livelli”: - accertata nel 2003, ovvero il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata la presenza nella stagione riproduttiva del 2003; - probabile al 2003, ovvero il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata la presenza in almeno una stagione riproduttiva negli ultimi 3 anni (2001-2003); - possibile al 2003, ovvero il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata la presenza in almeno una stagione riproduttiva negli ultimi 10 anni (1994-2003); - stimata al 2003, ovvero il numero di coppie territoriali che si stimano attualmente presenti nell’area di studio, comprese quelle che si presume possano abitare ambiti poco o per nulla indagati nel periodo 1994-2003. Per l’Aquila reale il valore di consistenza accertata nel 2003 è assunto come numero di coppie censite e messo a confronto con quello riportato da Fasce e Fasce (2003) relativo alla situazione nota al 2001 ed analogo confronto è presentato per la consistenza stimata (Tab. 1). Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 133 Mauro Magrini, Paolo Perna Tabella 1. Confronto tra valori di consistenza della popolazione di Aquila reale verificati nell’Italia peninsulare NUMERO DI COPPIE censite stimate valore assoluto incremento valore assoluto incremento Fasce e Fasce 2003* 57 - 69 - Presente analisi 68 19% 87 26% * somma dei valori di Appennino settentrionale, A. centrale e A. meridionale Per il Pellegrino i valori di consistenza accertata nel 2003, e talvolta anche quelli di consistenza probabile al 2003, risultano significativamente influenzati da assenza o insufficienza di sforzo di ricerca in alcune porzioni dell’area di studio. È quanto accade ad esempio nella Toscana settentrionale, dove nel 2003, in assenza di indagini mirate, è stata verificata (casualmente) la presenza di una sola coppia, mentre ne erano state accertate altre 11 nel periodo 1998-2000. In questo caso, considerata anche la riconosciuta “fedeltà al sito” della specie, si ritiene pertanto che il miglior parametro cui riferirsi per definire il numero reale di coppie censite possa essere quello qui definito come consistenza possibile (numero di coppie territoriali accertate in almeno una delle ultime 10 stagioni riproduttive). Tale ricorso garantisce a nostro avviso una buona “difesa” da eventuali lacune di rilevamento che inevitabilmente si verificano in singole stagioni. Assumendo così il valore di consistenza possibile al 2003 come valore di consistenza accertata (numero di coppie censite) al 2003 è possibile confrontare la situazione attuale (presente analisi) della popolazione peninsulare di Pellegrino con alcune precedentemente definite (Tab. 2). I valori di consistenza calcolati con la presente analisi presentano significativi “incrementi” rispetto a quelli relativi ad appena 2-3 anni prima, sia per Aquila reale che per Pellegrino. Per quest’ultimo va fra l’altro notato come qui non siano conteggiate le “popolazioni” di alcune importanti aree di presenza (Isole dell’Arcipelago Toscano in Provincia di Livorno, alcune aree interne della Toscana). Tuttavia, anche e soprattutto in questo caso e come in precedenza osservato da diversi autori tra cui Fasce e Fasce (2003) e Allavena e Brunelli (2003), il fenomeno può dipendere più dal progresso e maggior approfondimento delle ricerche, che dal reale aumento di coppie territoriali, fatto comunque parzialmente verificato. Quanto considerato per il Pellegrino (come detto specie relativamente “fedele al sito”) per valutarne la più recente tendenza di popolazione, non appare applicabile al Lanario, specie per cui sono state verificate reali e frequenti “defezioni”, da un anno all’altro, in numerose zone della penisola, le cui cause sono tuttora oggetto di dibattito (reale decremento o trasferimento delle coppie Tabella 2. Confronto tra valori di consistenza della popolazione di Pellegrino verificati nell’Italia peninsulare NUMERO DI COPPIE Fasce e Fasce 1992* Allavena e Brunelli 2003* Presente analisi minimo (coppie censite) massimo (coppie stimate) valore assoluto incremento valore assoluto incremento 155 305 417 97% 37% 172 376 535 119% 42% * somma dei valori di Appennini, Costa peninsulare, Isole minori escluse quelle di Sicilia e Sardegna 134 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Riepilogo ed analisi delle conoscenze sullo status delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare in siti sconosciuti?). Relativamente ad esso si può comunque apprezzare la notevole differenza (42 coppie) tra il valore di consistenza possibile al 2003 (numero di coppie territoriali accertate in almeno uno degli ultimi 10 anni, n = 100) e quello della consistenza accertata nel 2003 (n = 58). In pratica nel 2003 è risultato occupato dalla specie appena il 58% del totale dei siti noti. La differenza appare dovuta non tanto ad insufficiente sforzo di ricerca (“pochi” siti controllati), ma essenzialmente a reale “scomparsa” di coppie da siti precedentemente occupati: in Umbria, ad esempio, sono stati controllati nel 2003 8 dei 9 siti noti, e solo in 3 di essi è stata accertata la presenza di coppie territoriali. EFFICACIA DEGLI AMBITI DI “PROTEZIONE” Allo scopo di valutare l’efficacia, per la conservazione delle tre specie, di diversi tipi di ambiti, è stato definito il numero di coppie territoriali possibili (presenti in almeno uno degli ultimi 10 anni) con territori di nidificazione compresi all’interno di Parchi Nazionali, Riserve Statali, Parchi Regionali, Riserve Regionali, Oasi di Protezione, Siti di Interesse Comunitario (SIC), Zone di Protezione Speciale (ZPS) e Important Birds Areas (IBA). I dati ottenuti non sono cumulabili (se non quelli di Parchi Nazionali e Parchi Regionali) in quanto una stessa coppia può ricadere in diversi di essi. L’insieme di Parchi Nazionali e Parchi Regionali risulta piuttosto “efficace” per le popolazioni di Aquila reale e Pellegrino, ospitandone rispettivamente il 63% (45% + 18%) e il 46% (28% + 18%) delle coppie, meno per quella del Lanario (30% = 18% + 12%). Gli istituti di conservazione/gestione di più “antica” istituzione (Riserve naturali e Oasi di Protezione) non superano singolarmente il 7% di coppie interessate. I “nuovi istituti” SIC, ZPS e IBA appaiono in generale notevolmente “dedicati” alla conservazione delle tre specie, in particolare per quella dell’Aquila reale (rispettivamente 74%, 67% e 58% di “coppie” comprese nei loro confini). FATTORI DI MINACCIA ATTUALI E POTENZIALI Dalle informazioni provenienti dalle diverse regioni si evince la permanenza di tradizionali fattori avversi alle popolazioni delle tre specie, quali gli abbattimenti, l’attività venatoria che deprime le popolazioni di importanti specie-preda, il denichage, il disturbo ai siti di nidificazione apportato da rocciatori e da operatori di riprese fotografiche e video, il disturbo nei territori di alimentazione determinato dalla presenza di escursionisti e praticanti del “volo libero”, nonché la progressiva riduzione di zone aperte adatte alla ricerca del cibo a causa della ricolonizzazione di territori abbandonati (pascoli, prati, seminativi) da parte della vegetazione legnosa arbustiva ed arborea. Particolarmente preoccupanti appaiono inoltre due fattori relativamente “nuovi”: gli interventi di “messa in sicurezza” di pareti rocciose soprattutto con l’apposizione di reti metalliche in aderenza (in particolare per Lanario e Pellegrino), e, ancor di più, lo sviluppo di impianti industriali eolici sulle aree aperte collinari e montane. Questo ultimo fattore, già definito come minaccia attuale in alcune zone del meridione, è indicato come fattore di minaccia potenziale in tutte le “regioni” della penisola. SOSTEGNI FINANZIARI DI STUDI E PROGRAMMI DI MONITORAGGIO Si identificano nelle attività svolte da dipendenti di amministrazioni ed enti pubblici nell’ambito della propria attività lavorativa, in quelle svolte dalle università con programmi di ricerca specifici (escluse le ricerche svolte da tesisti), in quelle svolte da personale esterno per conto di pubbliche amministrazioni, enti ed associazioni. Nel periodo 1993-2004 la popolazione di Aquila reale è stata interessata da ricerche finanziate in 5 delle 11 “regioni” considerate, con risorse sufficienti per il controllo di circa un quarto (26%) della popolazione complessiva stimata; per il Lanario si verificano 7 “regioni” su 10 per il 52% della popolazione complessiva stimata, per il Pellegrino 9 “regioni” su 13 per il 34% Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 135 Mauro Magrini, Paolo Perna della popolazione complessiva stimata. Le previsioni per la sola stagione 2004 riguardano due sole “regioni” per l’Aquila reale (Marche e Umbria), 5 per il Lanario (Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo e Puglia) e 3 per il Pellegrino (Emilia Romagna, Marche e Umbria), con valori di “copertura” (% di coppie stimate interessate) pari rispettivamente a 11%, 16% e 12% dell’intera popolazione peninsulare. Nelle Tabb. 3-5 è riportato il dettaglio dei dati parziali e complessivi sopra trattati. I valori complessivi calcolati vanno intesi come minimi nei casi in cui risultino non forniti i relativi dati di una o più “regioni”. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Dall’analisi delle informazioni fornite dai gruppi di ricerca regionali intervenuti al convegno e del loro riepilogo è possibile trarre le seguenti, sintetiche considerazioni: 1. nell’Italia peninsulare esistono tuttora, nonostante il progresso delle ricerche verificatosi negli ultimi 10-20 anni, vaste aree potenzialmente idonee alle tre specie che risultano per nulla o insufficientemente indagate; 2. anche nel breve periodo di 2-3 anni (20012003) è possibile apprezzare ulteriori e significativi “incrementi” delle popolazioni di Aquila reale e Pellegrino, verosimilmente derivanti più da un miglioramento delle conoscenze che da un reale aumento di siti occupati; 3. la situazione della popolazione di Lanario, specie qui al margine settentrionale del suo areale, presenta andamenti di più problematica interpretazione, bisognosi pertanto di sforzi di ricerca particolarmente elevati; 4. numerose coppie delle tre specie si riproducono al di fuori di qualsiasi ambito istituito per scopi conservazionistici, e pertanto gli sforzi di tutela delle popolazioni non possono limitarsi ad essi ma dovranno orientarsi verso soluzioni di carattere generale, da applicare anche al di fuori delle aree protette sensu lato; 5. almeno per il Lanario appare irrinunciabile una revisione migliorativa delle Zone di Protezione Speciale (ZPS) e delle Important Birds Areas (IBA), allo scopo di includervi un numero significativamente maggiore dell’attuale di siti occupati da coppie territoriali; 6. particolarmente grave per la conservazione delle tre specie appare l’avvento di un nuovo fattore di minaccia universalmente riconosciuto come tale, e non solo per l’avifauna, in gran parte del mondo, ovvero lo sviluppo di impianti industriali eolici sulle aree aperte collinari e montane della penisola; 7. la disponibilità di dati aggiornati sulle popolazioni delle tre specie, premessa indispensabile per orientare correttamente i doverosi interventi gestionali ad esse dedicati, dipende fortemente dalle risorse finanziarie attivate che attualmente, nella maggior parte dell’area in oggetto, risultano ampiamente al di sotto del necessario; 8. da un punto di vista metodologico si ribadisce la necessità di intraprendere mirate iniziative di coordinamento del monitoraggio delle tre specie nell’area peninsulare, ancor meglio a livello nazionale, allo scopo di ottimizzare gli sforzi di ricerca e per disporre di dati e informazioni sempre confrontabili. Si ringraziano sentitamente tutti i componenti dei gruppi regionali di ricerca senza la cui disponibilità ed attenzione nella fornitura dei dati attraverso la compilazione delle schede il presente contributo riepilogativo non avrebbe potuto, ovviamente, essere redatto. BIBLIOGRAFIA CITATA Allavena S., Brunelli M. 2003. Revisione delle conoscenze sulla distribuzione e la consistenza del Pellegrino Falco peregrinus in Italia. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27 (1): 20-23. Fasce P., Fasce L. 1992. Pellegrino Falco peregrinus. In: 136 Brichetti P. et al. (eds). Fauna d’Italia. XXIX. Aves. I. Edizioni Calderini, Bologna: 682-693. Fasce P., Fasce L. 2003. L’Aquila reale Aquila chrysaetos in Italia: un aggiornamento sullo status della popolazione. In: Mezzavilla F., Scarton F., Bon M. (eds). Atti del 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Avocetta 27(1): 20-23. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 - = dato non fornito Marche Emilia Romagna Umbria Abruzzo Molise 26 11 83 0 100 0 0 0 0 0 0 0 0 0 100 47 0 0 0 114265 38500 54-58 72 28 68 75 77 87 35 (45%) 6 (8%) 14 (18%) 2 (3%) 4 (5%) 57 (74%) 52 (67%) 45 (58%) 100 13995 6456 15120 2000 400 4700 2 4 47 10 100 53 90 0 4 1 3 5 1 3 5 1 3 6 2 4 5 0 1 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 0 5 1 1 2 1 3 4 0 2 60 Appennino Ligure-Piemontese 0 Toscana settentrionale 45 4437 300 3 80 20 1 1 1 1 1 0 0 0 1 1 1 1 Campania 0 17200 10798 3800 6476 17 4 80 80 20 20 16 7 17 7 17 8 17 8 13 2 3 0 2 2 2 0 0 1 16 8 17 8 17 8 Basilicata (Provincia di Potenza) 2929 2000 6-9 70 30 9 9 9 11 3 2 2 0 2 7 2 0 8456 2500 3 80 20 2 2 2 3 0 0 0 0 0 2 0 0 Calabria 4909 4909 2-3 35 65 5 6 6 8 0 0 2 0 0 3 2 1 20265 9700 8315 3100 5 8 80 90 20 10 11 9 13 11 14 11 15 12 8 2 1 0 1 3 0 0 0 0 11 2 12 4 11 1 TOTALE N. B.: i valori totali di alcuni parametri, causa la non completa fornitura di dati, vanno considerati come minimi area di studio estensiva (km2) area di studio intensiva (km2) numero di operatori % area di studio intensiva con copertura buona % area di studio intensiva con copertura scarsa consistenza accertata nel 2003 consistenza probabile al 2003 consistenza possibile al 2003 consistenza stimata al 2003 coppie possibili in Parchi Nazionali coppie possibili in Riserve Statali coppie possibili in Parchi Regionali coppie possibili in Riserve Regionali coppie possibili in Oasi di Protezione coppie possibili in SIC coppie possibili in ZPS coppie possibili in IBA % coppie stimate interessate da ricerche finanziate nel periodo 1994-2003 % coppie stimate interessate da ricerche finanziate nel 2004 AQUILA REALE Lazio Tabella 3. Riepilogo dei dati inerenti la popolazione di Aquila reale nellʼItalia peninsulare Riepilogo ed analisi delle conoscenze sullo status delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare 137 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione * = valore minimo - = dato non fornito Emilia Romagna Toscana meridionale 0 0 80 10 0 0 75 75 33 33 50 0 10798 4437 7500 2000 4 3 90 60 10 40 6 3 8 6 9 9 10 9 4 0 1 0 1 0 0 2 6 7 5 0 5 4 Abruzzo 50 8456 17200 6000 7800 4 3 70 50 30 50 5 3 5 4 7 9 7 12 0 1 0 0 0 1 1 0 1 0 2 4 3 3 2 1 Marche 9700 6100 5 65 35 10 12 13 15 1 1 4 0 0 9 8 2 Molise 20 9265 20625 1850 6000 7 4 40 80 60 20 3 11 3 13 4 15 6 13-16 0 1 0 0 0 3 0 1 2* 0 2* 0 2* Calabria Basilicata Puglia Campania 0 0 12 100 0 100 0 0 13995 14814 9988 15120 2000 4500 3500 4696 4 4-5 10 54 40 60 15 46 60 40 85 4 5 8 0 4 8 10 1 6 12 13 3 8 18 18 5 0 2 7 2 0 0 0 0 0 5 0 1 0 0 0 0 0 4 0 3 2 13 1 0 2 10 4 3 6 1 16 52 134398 51946 48-49 60 40 58 74 100 121-124 18 (18%) 1 (1%) 12 (12%) 5 (5%) 7 (7%) 50 (50%) 37 (37%) 26 (26%) TOTALE N. B.: i valori totali di alcuni parametri, causa la non completa fornitura di dati, vanno considerati come minimi area di studio estensiva (km2) area di studio intensiva (km2) numero di operatori % area di studio intensiva con copertura buona % area di studio intensiva con copertura scarsa consistenza accertata nel 2003 consistenza probabile al 2003 consistenza possibile al 2003 consistenza stimata al 2003 coppie possibili in Parchi Nazionali coppie possibili in Riserve Statali coppie possibili in Parchi Regionali coppie possibili in Riserve Regionali coppie possibili in Oasi di Protezione coppie possibili in SIC coppie possibili in ZPS coppie possibili in IBA % coppie stimate interessate da ricerche finanziate nel periodo 1994-2003 % coppie stimate interessate da ricerche finanziate nel 2004 LANARIO Umbria 138 Lazio Tabella 4. Riepilogo dei dati inerenti la popolazione di Lanario nellʼItalia peninsulare Mauro Magrini, Paolo Perna Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 - = dato non fornito 0 0 61 0 7 35 35 Appennino ligure-piemontese 0 Toscana settentrionale 2060 8325 20265 1500 830 8315 1 2 12 70 50 80 30 50 20 1 16 45 1 17 47 12 18 47 18 18-20 61 2 3 2 2 0 5 3 9 0 1 4 2 12 7 6 6 9 12 12 6 Toscana meridionale 4909 4909 2-3 35 65 14 22 23 28 0 0 10 2 2 9 8 1 Emilia Romagna n = valore influenzato da nullo o insufficiente sforzo di ricerca da ricerche finanziate nel 2004 % coppie stimate interessate da ricerche finanziate nel periodo 1994-2003 % coppie stimate interessate coppie possibili in IBA coppie possibili in ZPS coppie possibili in SIC coppie possibili in Oasi di Protezione coppie possibili in Riserve Regionali coppie possibili in Parchi Regionali coppie possibili in Riserve Statali coppie possibili in Parchi Nazionali consistenza stimata al 2003 consistenza possibile al 2003 consistenza probabile al 2003 consistenza accertata nel 2003 % area di studio intensiva con copertura scarsa % area di studio intensiva con copertura buona numero di operatori 2 area di studio intensiva (km ) area di studio estensiva (km2) PELLEGRINO Marche Molise Abruzzo Umbria 50 75 0 0 0 65 0 0 8456 17200 10798 4437 6000 8500 7500 2000 3 6 3 50 70 90 60 50 30 10 40 19 40 4 27 58 60 6 28 72 72 7 40 80 75 7 1 5 39 1 0 3 0 5 17 6 0 0 4 3 0 1 1 0 1 16 27 66 4 6 42 48 1 1 53 65 2 Puglia Campania 0 0 0 13 13995 7184 9000 2500 10 4-5 33 30 67 70 14 3 24 3 24 5 50 8 20 8 1 0 10 0 0 0 0 0 19 8 8 1 3 8 Calabria Basilicata 0 100 0 55 12 34 9988 15120 132437 5500 8820 71474 2 51-53 20 64 58 80 36 42 3 15 214 6 34 359 11 35 417 20 48 533-535 4 20 117 (28%) 0 2 9 (2%) 3 0 76 (18%) 0 1 15 (4%) 0 19 (5%) 13 211 (51%) 2 175 (42%) 8 21 214 (51%) TOTALE N. B.: i valori totali di alcuni parametri, causa la non completa fornitura di dati, vanno considerati come minimi 31 31 9700 6100 5 65 35 40 54 63 80 12 1 8 0 0 36 44 22 Lazio Tabella 5. Riepilogo dei dati inerenti la popolazione di Pellegrino nellʼItalia peninsulare Riepilogo ed analisi delle conoscenze sullo status delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare 139 Proposta per il coordinamento del monitoraggio di base delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare Mauro Magrini1, Paolo Perna2 OIKOS Studio naturalistico, via del Seminario, 9 06049 Spoleto (PG) 2 Studio Helix Associati, Abbadia di Fiastra, 2 62010 Urbisaglia (MC) 1 La proposta, finalizzata a ottimizzare lo sforzo di ricerca e uniformare i metodi, è basata innanzitutto sulla dettagliata e condivisa suddivisione dell’area di studio in settori geografico-amministrativi (generalmente le regioni) all’interno dei quali operano altrettanti gruppi di ricerca. S’intende per monitoraggio di base quello che assicura la definizione annuale di: 8. produttività, ovvero il rapporto tra il numero di giovani involati e il numero di coppie controllate; 9. tasso d’involo, ovvero il rapporto tra il numero di giovani involati e il numero di coppie che hanno allevato giovani; 10. % delle coppie territoriali stimate interessate da ricerche finanziate. 1. aggiornamento dell’areale accertato; 2. consistenza accertata della popolazione, ovvero il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata la presenza nella stagione riproduttiva dell’anno considerato; 3. consistenza probabile della popolazione, ovvero il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata la presenza in almeno una stagione riproduttiva negli ultimi 3 anni (l’anno considerato e i due precedenti); 4. consistenza possibile della popolazione, ovvero il numero di coppie territoriali di cui è stata accertata la presenza in almeno una stagione riproduttiva negli ultimi 10 anni (l’anno considerato e i 9 precedenti); 5. consistenza stimata della popolazione, ovvero il numero di coppie territoriali che si stimano attualmente presenti nell’area di studio, comprese quelle che si presume possano abitare ambiti poco o per nulla indagati negli ultimi 10 anni (l’anno considerato e i 9 precedenti); 6. numero di coppie stimate controllate; 7. composizione delle coppie (adulti, adulto e immaturo, etc.); 140 Per coppia territoriale s’intende una coppia di cui sono stati osservati, in periodo riproduttivo, comportamenti territoriali presso un territorio di nidificazione già conosciuto e utilizzato o comunque ritenuto idoneo: display, difesa del territorio di nidificazione, visite al sito di nidificazione, nidificazione vera e propria, etc., il tutto a prescindere dal fatto che la nidificazione si sia conclusa e dal suo esito. I dati raccolti in ogni singola regione sono elaborati da un coordinatore regionale che redige il resoconto annuale regionale, documento sintetico costituito essenzialmente dalla tabella compilata, firmato da tutti coloro che hanno contribuito significativamente alle indagini di campo. L’ordine degli autori del resoconto annuale regionale è stabilito dai componenti del relativo gruppo. Ogni gruppo regionale è libero, ovviamente, di utilizzare il proprio resoconto annuale in qualsiasi modo ritenga opportuno. Tutti i resoconti annuali regionali sono inviati a un comitato redazionale costituito da tutti i coordinatori regionali; tale comitato redazionale elabora il resoconto annuale generale, documento sintetico costituito essenzialmente dalla “somma” delle situazioni regionali e riguardante tutta l’area di studio considerata, ovvero l’Italia peninsulare. Il resoconto annuale generale è pubblicato in idonea Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Proposta per il coordinamento del monitoraggio di base delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare sede, firmato con nome collettivo da tutti i componenti di tutti i gruppi regionali partecipanti, elencati in ordine alfabetico, con i nomi dei “coordinatori regionali” semplicemente citati. Esempio: Allavena, Alessandro Andreotti, Saura Andreotti, Carlo Artese, Luca Bagni, Angelo Battaglia, Mario Bonora, Fabio Borlenghi, … Hanno inoltre fornito dati: Pinco e Pallino. TITOLO Resoconto del monitoraggio della popolazione di Papera dalmatina Papetta papetta nell’Italia peninsulare nel 3087 AUTORE Gruppo di studio sulla Papera dalmatina nell’Italia peninsulare nel testo: Gruppo di studio sulla Papera dalmatina nell’Italia peninsulare: Michela Adami, Stefano Coordinatori regionali (comitato redazionale): Tizio (Liguria), ... Caio (Lazio), ... Sempronio (Calabria). Ogni 5 anni i 5 resoconti annuali generali vengono ulteriormente elaborati, dallo stesso comitato redazionale, per redigere la relazione quinquennale generale, finalizzata in particolare a delineare la tendenza delle popolazioni e il relativo grado di conoscenza. Anche la relazione quinquennale generale è pubblicata in idonea sede, firmata secondo lo stesso schema dei resoconti annuali generali. COMMENTI La proposta è stata presentata, nel corso della tavola rotonda svoltasi la sera del 26 marzo 2004 nella sede del Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi a Serra San Quirico (AN), ad un nutrito gruppo di partecipanti al convegno (circa 45). Sono di seguito riportati, in ordine cronologico, gli interventi a commento. Ubaldo Ricci. Manifesta gradimento per l’iniziativa di coordinamento delle ricerche e per la condivisione di dati e informazioni, sottolineando l’importanza della collaborazione anche per scopi conservazionistici. Massimo Brunelli. Auspica che il coordinamento proposto possa interessare non solo il settore peninsulare bensì tutto il territorio nazionale. Suggerisce che per il Pellegrino sia interessato dal monitoraggio un campione del 10% della popolazione per ciascuna area geografica. Antonio Sigismondi. Non ritiene interessante continuare a considerare dati di presenza di coppie territoriali “vecchi” di 10 anni e propone invece di istituire il coordinamento “azzerando” la situazione ad oggi. Suggerisce inoltre di prendere in considerazione anche gli aspetti relativi ai fattori di minaccia. Massimo Pellegrini. Ritiene fattibile monitorare le intere popolazioni di Aquila reale e Lanario, ma non quella di Pellegrino; propone per quest’ultima specie di controllare solo una percentuale significativa delle coppie territoriali. Apprezza la struttura organizzativa e ne propone inoltre una sua ufficializzazione. Mario Bonora. Apprezza la proposta di coordinamento presentata, definendola “molto civile” e tale da non suscitare nei rilevatori alcuna diffidenza (“un rilevatore non si sente spiazzato o impaurito”). Suggerisce di eliminare le voci di consistenza possibile e probabile, e di redigere tre rapporti distinti per le tre specie in oggetto. Ritiene fattibile monitorare le intere popolazioni di Aquila reale e Lanario, ma non quella di Pellegrino; propone per quest’ultima specie di controllare solo una percentuale significativa delle coppie territoriali. Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 141 Mauro Magrini, Paolo Perna Laura Fasce. Manifesta apprezzamento per l’iniziativa di coordinamento del monitoraggio. Ritiene opportuno redigere tre rapporti distinti per le specie in oggetto. Suggerisce di inserire tra i parametri da rilevare anche la percentuale di coppie che hanno deposto e la percentuale di coppie che si sono riprodotte. Stefano Allavena. Considera fattibile, per il Lazio, monitorare l’intera popolazione di Aquila reale ma non quella di Pellegrino. Ritiene che la popolazione di Lanario, vista la sua importanza, meriti un maggiore sforzo di ricerca. Alessandro Andreotti. Definisce indilazionabile il coordinamento dell’attività di monitoraggio nell’area in questione, da considerare come base per un coordinamento a livello nazionale che coinvolga quindi gli altri gruppi di ricerca di Alpi, Sicilia e Sardegna. Ritiene indispensabile, in primis, definire dettagliatamente gli aspetti della terminologia e delle modalità di presentazione dei dati, mirando ad un unico “protocollo metodologico” valido anche per altre specie. Considera inoltre importante inserire parametri utili a valutare lo sforzo di rilevamento. 142 Pierandrea Brichetti. Apprezza l’iniziativa presentata ed auspica che essa possa estendersi a tutto il territorio nazionale, in particolare per non trascurare porzioni altamente significative delle popolazioni delle tre specie, quali quella siciliana del Lanario. Suggerisce di semplificare i parametri e di stabilire un “punto 0” della situazione. Auspica la creazione di una “banca dati pregressi”. Manifesta la disponibilità del Centro Italiano Studi Ornitologici (CISO) a fungere da “patrocinatore/riferimento” dell’iniziativa, ed offre la possibilità di pubblicare regolarmente i resoconti del monitoraggio nella rivista Avocetta. Maurizio Ravasini. Informa dell’avviamento di un “progetto specie rare” della Provincia di Parma. Auspica l’ufficializzazione dell’iniziativa di coordinamento. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Elenco degli Autori Adami Michela Allavena Stefano Andreotti Alessandro Andreotti Saura Angelini Jacopo Antonucci Antonio Armentano Luigi Artese Carlo Bagni Luca Battaglia Angelo Baliva Siro Bernoni Mauro Bonora Mario Borlenghi Fabio Brunelli Massimo Bux Michele Campora Massimo Carafa Marco Ceccarelli Pierpaolo Ceccolini Guido Cenni Mario Chiavetta Mario Cillo Nicola Cirillo Marco Colonna Nicola Corsetti Luigi Cottalasso Renato Cripezzi Vincenzo Cristiani Gianni Damiani Gino De Filippo Gabriele De Marinis Fabio De Biase Simone De Lisio Lorenzo De Sanctis Augusto Di Giovanni Samuele Di Zenobio Eugenio Fabbrizi Fausto Fanfani Stefano Fasce Laura Fasce Paolo Ferrari Pierfrancesco Ferri Mauro Franceschini Paola Gaibani Giorgia Gambaro Carla Gialleonardo Paolo Lalli Giorgio Laterza Marisa Lazzeri Monica Leonardi Giovanni Magrini Mauro Marini Giorgio Martelli Dario Mastronardi Danila Mezzavilla Francesco Mingozzi Toni Nardelli Riccardo Nardi Riccardo Pandolfi Massimo Pellegrini Massimo Perna Paolo Piciocchi Stefano Ragni Bernardino Ravasini Maurizio Ricci Ubaldo Rigacci Lorenzo Schiassi Stefano Scivola Stefano Scotti Massimiliano Sesti Luigi Sigismondi Antonio Simmi Felice Storino Pierpaolo Talamo Ventura Tanferna Alessandro Tripepi Mauro Urso Salvatore Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 143 CONVEGNO Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Serra San Quirico (Ancona), 26-28 marzo 2004 VENERDI, 26 MARZO Sede del Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi Tavole rotonde Problemi di conservazione del Lanario Falco biarmicus in Italia (Riunione di coordinamento nell’ambito del Piano d’azione per il Lanario - INFS) Proposta per il coordinamento del monitoraggio di base delle popolazioni di Aquila reale Aquila chrysaetos, Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus nell’Italia peninsulare Cena SABATO, 27 MARZO Teatro Santa Maria del Mercato Apertura del Convegno Saluto delle Autorità e introduzione al Convegno: Comune di Serra San Quirico, Comunità Montana Dell’Esino-Frasassi, Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi Sessioni scientifiche Stato delle conoscenze, problemi di conservazione e prospettive per le ricerche in Italia Stato delle conoscenze, problemi di conservazione e prospettive per le ricerche nelle regioni peninsulari DOMENICA, 28 MARZO Escursione nella Gola di Frasassi CONVEGNO Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Serra San Quirico (Ancona), 26-28 marzo 2004 Organizzato da in collaborazione con Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica con il patrocinio di Regione Marche Provincia di Ancona Comitato organizzatore Jacopo Angelini, Luigi Armentano, Carla Gambaro, Mauro Magrini, Paolo Perna, Massimiliano Scotti. Comitato scientifico Alessandro Andreotti, Massimo Brunelli, Laura Fasce, Giovanni Leonardi, Mauro Magrini, Francesco Mezzavilla, Paolo Perna, Massimiliano Scotti. Segreteria Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi - Cooperativa Hesis. IMMAGINI DALL’AREA DI STUDIO 148 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Valle del Torrente Gargassa, nel Parco Regionale del Monte Beigua (Genova) - (Foto di Massimo Campora) Costa rocciosa presso Punta Chiappa, nel Parco Regionale di Portofino (Genova) - (Foto di Mauro Magrini) Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 149 Monte Sumbra, nel Parco Regionale delle Alpi Apuane (Lucca) (Foto di Mauro Magrini) Valle del Torrente Sestaione da M. Gomito, nella Foresta Demaniale dell’Abetone (Pistoia) - (Foto di Mauro Magrini) 150 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Versante romagnolo del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (Forlì-Cesena) - (Foto di Pierpaolo Ceccarelli) Praterie e calanchi nelle colline emiliano-romagnole (Bologna) - (Foto di Mario Bonora) Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 151 Costa rocciosa del M. Argentario a Punta Avoltore (Grosseto) (Foto di Anna Cenerini) Roccalbegna e Monte Labbro (Grosseto) - (Foto di Anna Cenerini) 152 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Praterie e pareti rocciose del M. Bove, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini (Macerata) - (Foto di Mauro Magrini) Gola della Rossa, nel Parco Regionale Gola della Rossa e di Frasassi (Ancona) - (Foto di Mauro Magrini) Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 153 Praterie di M. Pozzoni e M. Alvagnano, nell’Appennino nursino (Perugia) - (Foto di Mauro Magrini) Valle del Torrente Serra, nei monti tra Terni e Spoleto (Terni) - (Foto di Mauro Magrini) 154 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Vallone di Teve, nella Riserva Naturale delle Montagne della Duchessa (Rieti) - (Foto di Fabio Borlenghi) Costa rocciosa dell’Isola di Ventotene (Latina) - (Foto di Massimo Brunelli) Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 155 Praterie rocciose e faggete nell’alta Val di Rose, nel Parco Nazionale d’Abruzzo (L’Aquila) - (Foto di Mauro Magrini) Sistema agro-forestale nel Molise centrale (Campobasso) - (Foto di Lorenzo De Lisio) 156 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Costa rocciosa dell’Isola di Capri presso Marina Piccola (Napoli) (Foto di Mauro Magrini) Praterie nei Monti del Matese (Caserta) - (Foto di Stefano Piciocchi) Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 157 Isole Tremiti (Foggia), nel Parco Nazionale del Gargano (Foto di Antonio Sigismondi) Praterie aride nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia (Bari) - (Foto di Jacopo Angelini) 158 Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell'Italia peninsulare - Stato delle conoscenze e problemi di conservazione Valle del Fiume Sinni, nel Parco Nazionale del Pollino (Matera, Potenza) - (Foto di Antonio Sigismondi) Timpa di San Lorenzo, nel Parco Nazionale del Pollino (Cosenza) - (Foto di Mauro Magrini) Atti del Convegno di Serra San Quirico (Ancona) 26-28 marzo 2004 159 Finito di stampare nel mese di ottobre 2007 Arti Grafiche “Gentile” Fabriano (An)