P23 - Società Italiana di Urologia

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P23 - Società Italiana di Urologia
86° Congresso Nazionale SIU
Cari amici e soci SIU,
in questo volume troverete i contributi scientifici presentati allʼ86° Congresso Nazionale
della Società Italiana di Urologia che si svolgerà a Riccione.
Ci auguriamo che questa raccolta possa esservi di ausilio nel corso del Congresso e
costituisca un utile strumento per coinvolgervi nelle discussioni, nonché un prezioso
ricordo di questo evento.
Un grazie speciale va ai Colleghi che hanno svolto il compito di revisori, selezionando 254
poster e 42 video a partire dai 574 contributi che sono stati inviati questʼanno, con un tasso
di accettazione del 52%. Gli argomenti che hanno suscitato maggiore interesse sono stati
lʼoncologia e le tecniche chirurgiche laparoscopiche e robotiche.
Ogni lavoro scientifico è stato valutato da tre diversi esperti sulla base dellʼappropriatezza
metodologica, della rilevanza dei risultati e della qualità della stesura. Per quanto riguarda
i video, invece, i criteri di revisione sono stati: innovazione e riproducibilità della tecnica,
metodologia di condotta dellʼintervento e qualità complessiva del video.
Anche questʼanno il 30% degli abstract ricevuti erano in inglese, confermando il notevole
successo di questa iniziativa avviata nel 2010. Per tale motivo, 14 delle 34 sessioni
scientifiche saranno in inglese. Purtroppo per motivi organizzativi, inerenti alla suddivisione
dei lavori in sessioni con argomenti omogenei, non è stato possibile accontentare tutti
coloro che avevano fatto tale richiesta. Di questo ci scusiamo con i diversi Autori.
Il vero successo del Congresso dipende comunque da tutti voi, dalla vostra attiva
partecipazione, dal vostro entusiasmo e perché no, anche dalle vostre critiche.
Con lʼauspicio che questo Congresso sia allʼaltezza delle vostre aspettative vi auguriamo
una buona lettura di questa raccolta di abstract.
Carlo Terrone
Segue elenco revisori……
86° Congresso Nazionale SIU
comitato scientifico siu
Carlo terrone
Coordinatore
Alberto briganti
antonella giannantoni
massimo maffezzini
andrea tasca
ALBERTO MASALA
Il Comitato è coadiuvato nelle sue attività
da:
Barbara Fiorani
Capo Segreteria - SIU Executive
Manager
Presidente SIU
Carla Ceniccola
Amministrazione - Segreteria
Scientifica
Marco Carini
ex Officio
Responsabile Ufficio Scientifico
ANDREA MUGGIANO
Web e Comunicazione Grafica
POSTER
La responsabilità del contenuto
degli Abstract è interamente
ascrivibile agli Autori
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86° Congresso Nazionale SIU
VALUTAZIONE DEI SINTOMI DI VESCICA IPERATTIVA IN PAZIENTI OBESI PRIMA E DOPO
CHIRURGIA BARIATRICA
A. Ripoli, G. Palleschi, A. Pastore, F. Ciprian, D. Autieri, A. Fuschi, L. Silvestri, A. Leto, C. Maggioni, K.
Sacchi, A. Carbone (Latina)
Scopo del lavoro
E’ riportata in Letteratura un’associazione generica tra obesità e sintomi urinari.Non esistono,tuttavia,dati
specifici e su popolazioni selezionate.Scopo del nostro studio è stato valutare i sintomi di vescica iperattiva
in una popolazione di soggetti obesi prima e dopo chirurgia bariatrica.
Materiali e metodi
Sono stati arruolati nello studio pazienti con obesità patologica(BMI>30),di entrambi i sessi.I pazienti
sono stati sottoposti ad una valutazione preliminare con esame obiettivo, esame delle urine, indici di
funzionalità renale,valutazione del residuo post-minzionale,visita neurologica.Criteri d’inclusione sono
stati rappresentati da:obesità(BMI)e presenza di sintomi suggestivi per vescica iperattiva all’Overactive
Bladder Questionnaire Short Form(OAB-q SF).Criteri di esclusione sono stati rappresentati da:pregresse
o concomitanti patologie urologiche,pregressa chirurgia pelvica,infezione urinaria,alterazione degli indici di
funzionalità renale,prolasso genitale, residuo post-minzionale significativo, sospetto o evidenza di patologie
neurologiche.Sono stati confrontati il BMI ed il risultato dell’OAB-Q SF 1 giorno prima (baseline)e 90 giorni
dopo intervento di chirurgia bariatrica(sleeve gastrectomy).
Risultati
Da una preliminare coorte di 51 pazienti,sono stati arruolati nella fase sperimentale dello studio un totale di
29 soggetti,20 femmine e 9 maschi, di età compresa fra 19 e 58 anni, media 38+/-4,5 anni.Il BMI medio dei
pazienti è risultato: 43+/-8.3;il 65.38% dei pazienti presentava un BMI>40.La durata media della procedura
chirurgica è stata di 68+/-21 minuti.La durata media della degenza postoperatoria è stata di 3+/-1.3 giorni.Il
confronto tra il BMI pre e postoperatorio e tra il punteggio pre e post-operatorio dell’OAB-q SF ha dimostrato
una riduzione significativa di entrambi i parametri.
Discussione
Lo studio mostra che i sintomi di vescica iperattiva sono significativamente rappresentati nella popolazione
obesa.La valutazione statistica ha permesso di dimostrare che,dopo 90 giorni dall’intervento di sleeve
gastrectomy,il significativo calo ponderale è associato ad una riduzione importante dei sintomi urinari.
Le ragioni fisiopatologiche alla base di tale associazione sono diverse.Alcuni Autori attribuiscono alla
compressione esercitata sulla vescica dall’abbondante grasso addominale del soggetto obeso una
riduzione della sua compliance che determinerebbe una riduzione della capacità cistometrica,una maggiore
predisposizione al prolasso ed urgenza minzionale.Sicuramente l’eziopatogenesi dei disturbi minzionali
è multifattoriale,avendo i pazienti con obesità numerose patologie associate,sia cardiorespiratorie che
dismetaboliche,il miglioramento di queste comorbidità,chiaramente dimostrato dopo chirurgia bariatrica,ha
un impatto favorevole anche sui disturbi urinari.
Conclusioni
L’esperienza da noi condotta presenta dati ancora non riportati in Letteratura, documentando la presenza di
sintomi di vescica iperattiva in pazienti con obesità e loro miglioramento dopo chirurgia bariatrica.
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IPOSSIA D’ALTA QUOTA E VARIAZIONI FISIOLOGICHE DEI PARAMETRI UROFLUSSIMETRICI NELLA
DONNA
UTILIZZO DELL’URODINAMICA NON INVASIVA PER VALUTARE L’OUTCOME DELLA CHIRURGIA
PROSTATICA DISOSTRUTTIVA
L. Mastroserio, V. Verratti, R. Iantorno, J. Dantas, C. Di Giulio, R. Tenaglia (Chieti)
G. MOMBELLI, S. RANZONI, S. SANDRI (MAGENTA)
Scopo del lavoro
Scopo dello studio è stato stabilire una correlazione tra variazioni della pressione parziale dell’ossigeno
e lo stato di funzionalità dell’unità vescicouretrale, al fine di individuare un possibile ruolo fisiopatologico
dell’ipossia nei meccanismi della minzione.
Scopo del lavoro
La disostruzione chirurgica nei pazienti affetti da ostruzione prostatica documentata all’esame urodinamico
invasivo ha percentuale di successo del 15-29% maggiore rispetto a chi non lo esegue. L’utilizzo dell’esame
urodinamico è limitato perché è invasivo e costoso. Quindi sono state sviluppate tecniche di urodinamica
non invasiva. Abbiamo adottato una di queste tecniche prima e dopo il trattamento chirurgico dell’ipertrofia
prostatica per verificare la fattibilità della procedura e la correlazione dell’esame con l’outcome chirurgico
Materiali e metodi
Lo studio è stato condotto su 7 donne (27-41 anni). Per le valutazioni funzionali è stato utilizzato
l’uroflussimetro Model 2002 Microflo II, allestendo uno spazio dedicato in ogni location e per ciascuna
altitudine di riferimento (livello del mare pre-spedizione; 3500 metri e 5000 metri durante la spedizione;
livello del mare post-spedizione). I parametri valutati sono stati: flusso massimo; flusso medio; tempo di
flusso; tempo al flusso massimo; tempo di svuotamento; volume mitto. I dati sono stati presentati come
mediana, primo (Q1) e terzo (Q3) quartile. È stata effettuata la normalizzazione dei dati con l’ obbiettivo
di evitare interferenze di assoluta variabilità individuale dei parametri uroflussimetrici sull’analisi. Così, la
variabilità percentuale è stata utilizzata per il confronto. È stato effettuato il test di Friedman per i confronti di
tutte le variabili, il Wilcoxon Test per la post-hoc. Il livello di significatività è stato del 5% (P <0,05).
Risultati
Tutte le variazioni percentuali (∆%) di ciascun parametro uroflussimetrico si riferiscono al confronto tra le
valutazioni effettuate a: livello del mare pre-spedizione (SEA_PRE), 3500 metri (HIP_3500), 5000 metri
(HIP_5000) e livello del mare post-spedizione (SEA_POST). Le ∆% del flusso massimo, flusso medio e
tempo al flusso massimo, non hanno mostrato variazioni statisticamente significative. La ∆% del volume
mitto ha mostrato variazioni significative in rapporto a SEA_PRE, SEA_POST confrontati con HIP_5000.
La ∆% del tempo di flusso è risultata statisticamente significativa in rapporto a SEA_PRE confrontata con
HIP_5000 e in rapporto a HIP_3500 con SEA_POST. La ∆% del tempo di svuotamento è stata significativa
in rapporto al confronto tra HIP_5000 e SEA_PRE e SEA_POST.
Discussione
Nel nostro studio, l’ipossia deriva da una condizione di esposizione a basse pressioni parziali di ossigeno
(ipossia ipobarica), determinando una condizione sistemica di risposta all’ipossia e fornendo un primo
modello in vivo di possibili alterazioni minzionali in seguito a riduzione dell’oxygen supply tissutale. E’ noto
come l’esposizione cronica all’ipossia provochi un’ iperattività del sistema simpatico la cui attivazione si
correla a rilassamento del corpo vescicale e a contemporanea contrazione della base vescicale (collo
vescicale) e dell’uretra prossimale, contribuendo così al riempimento vescicale.
Materiali e metodi
Tutti i pazienti in programma per TURP o adenomectomia prostatica sono stati valutati con uno studio
pressione/flusso e IPSS prima e 3 mesi dopo l’intervento. Abbiamo escluso portatori di catetere vescicale,
calcolosi vescicale, ampi diverticoli, reflusso vescico-ureterale. Lo studio non invasivo si avvale di un
flussometro e una cuffia posizionata attorno al pene; il paziente minge nel flussometro: quando inizia la
minzione, la cuffia si gonfia di 10 cmH2O/sec fino a quando il flusso minzionale si interrompe o viene
raggiunta una pressione di 200 cmH2O. La pressione alla quale si interrompe il flusso riproduce una stima
della pressione isovolumetrica vescicale, misura della forza di contrazione detrusoriale. I valori di pressione
della cuffia (Pcuff) e di flusso massimo (Qmax) vengono elaborati
Risultati
Abbiamo eseguito 30 esami prima della chirurgia. 9 test preliminari (30%) erano inattendibili perchè il
paziente urinava meno di 150 ml di urina o la cuffia era mal posizionata. 2 pazienti sono persi al follow-up e
1 paziente non ha ancora raggiunto i 3 mesi post-operatori. Nei 18 pazienti che hanno concluso il follow-up,
abbiamo trovato i seguenti risultati (tabella). Prima della chirurgia, l’IPSS medio era 18, il volume prostatico
medio 79 ml, il residuo post-minzionale (RPM) medio 141 ml. La Pcuff media preoperatoria era 151 cmH2O,
il Qmax medio 11 ml/sec. Abbiamo eseguito 9 TURP, 1 RE-TURP e 8 adenomectomie prostatiche sec.
Millin. 3 mesi dopo la chirurgia l’IPSS medio era 5 e l’RPM medio 53 ml; la Pcuff media era 141 ml/sec,
mentre il Qmax medio 18 ml/sec
Discussione
Il 30% degli esami iniziali era inattendibile: questo deve essere tenuto in considerazione, escludendo
pazienti con capacità vescicale molto ridotta o eseguendo un’ecografia vescicale prima dell’esame e
istruendo adeguatamento lo staff. Come evidenziato nel grafico, l’aumento del Qmax è decisamente piu
marcato della riduzione della Pcuff; il miglioramento del Qmax è dovuto alla rimozione dell’ostruzione,
mentre l‘ipercontrattilità vescicale sembra persistere anche dopo la chirurgia
Conclusioni
L’aumento dell’attività del sistema simpatico in alta quota potrebbe, di per sé, spiegare l’aumento della ∆%
del volume urinato, correlato alle ∆% del tempo di flusso e di svuotamento. Altra possibile interpretazione,
dei nostri risultati, è da ricercare in una desensibilizzazione, ipossia-correlata, dell’urotelio vescicale durante
la fase di riempimento/riserva.
Conclusioni
Lo studio urodinamico non invasivo nell’ostruzione cervico-uretrale ha dimostrato di aumentare la predittività
dell’outcome chirurgico in pazienti sottoposti a disostruzione: l’outcome clinico post-chirurgico è in accordo
con i cambiamenti della valutazione urodinamica non invasiva. In particolare abbiamo osservato maggior
miglioramento del Qmax rispetto alla riduzione della pressione vescicalE
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ILEOCISTOPLASTICA DI AMPLIAMENTO IN PAZIENTI CON VESCICA NEUROLOGICA NELL’ERA
DELLA TOSSINA BOTULINICA
A. Ierardi, G. Lombardi, F. Nelli, M. Celso, S. Serni, M. Carini, G. Del Popolo (Firenze)
INIEZIONE INTRACERVICALE DI ONABOTULINOTOSSINAA PER IL TRATTAMENTO
DELL’OSTRUZIONE PRIMITIVA DEL COLLO VESCICALE REFRATTARIA ALLA TERAPIA MEDICA.
UNA NUOVA OPZIONE TERAPEUTICA
Scopo del lavoro
Valutare i risultati a medio e lungo termine dell’IleoCistoPlastica di Ampliamento (ICPA), in pazienti affetti
da vescica neurologica refrattaria a terapia antimuscarinica(Am) e a infiltrazione detrusoriale con tossina
botulinica (idBTX).
E. Sacco, R. Bientinesi, A. D’Addessi, M. Racioppi, G. Gulino, F. Pinto, A. Totaro, M. Vittori, F. Marangi, P.
Bassi (Roma)
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato in modo retrospettivo la nostra casistica di 17 pazienti, 8 maschi e 9 femmine,
sottoposti ad ICPA da Gennaio 2004 a Ottobre 2012 con età media (range) all’intervento di 40 anni (1964). Tutti i pazienti sono stati sottoposti prima dell’intervento ad esame videourodinamico (VU) che ha
evidenziato: incontinenza nel 100% a volume di riempimento medio (range) di 243ml (130–330), Capacità
Cistomanometrica Massima (CCMax) media (range) 260 ml (142-430), Compliance (Co) media (range) 8,9
ml/cmH2O (1,8-14,8), reflusso vescico-ureterale (RVU) presente in 6 (35,2%) pazienti. Il nostro protocollo
prevede come discriminante per l’intervento l’esecuzione di Cistomanomteria in Spinale (CiSp) che confermi
la riduzione della Co. L’ICPA è stata eseguita con risparmio del trigono vescicale e sua anastomosi diretta
all’ileo detubularizzato e configurazione di un serbatoio tipo VIP utilizzando circa 30 cm di ileo terminale a
20 cm dalla valvola ileociecale.
Risultati
15/17 pazienti hanno eseguito il follow up, che è stato in media è di 47 mesi (6–102), con esecuzione
periodica di esami VU e urodinamici. Nel postoperatorio i pazienti non hanno avuto complicanze maggiori
che abbiano necessitato reinterventi. L’acidosi metabolica è stata controllata tramite emogasanalisi e
corretta con assunzione di bicarbonato per os. I pazienti sono tornati al regime di Cateterismo Intermittente
(CI). I parametri urodinamici sono migliorati con aumento della CCMax media (range) 474,5 ml (300–600),
e della Co media (range) 29,8ml/cmH2O (9,2-100). 13 (86,7%) pazienti non hanno ripreso terapia Am né
eseguito idBTX. All’ultimo controllo 2 pazienti (13,3%), entrambe donne, sono in terapia con Am, 1 dopo
aver eseguito ciclo di radiotp per carcinoma uterino, l’altra in associazione anche a idBTX sul moncone
vescicale. 2 pazienti, un maschio e una femmina, sono stati sottoposti a sling uretrale per persistenza di
incontinenza urinaria di tipo misto. Il RVU è persistito in 2 (13,3%) pazienti diventando monolaterale in 1 di
essi ed è stato trattato con bulking ureterale.
Discussione
La ICPA è un intervento che
consente di salvaguardare
le alte vie urinarie con
un miglioramento della
qualità di vita nei pazienti
con vescica neurologica
refrattaria a terapia con
Am e idBTX ,con ridotta
Co. L’utilizzo della CiSp
preoperatoria permette di
discriminare i pazienti da
indirizzare alla ICPA da
quelli da inviare ad altre
terapie, senza rischio di
sovrattrattamenti.
Scopo del lavoro
Valutare sicurezza ed efficacia dell’iniezione intracervicale di OnabotulinotossinaA (BoNTA) come nuova
opzione terapeutica dell’ostruzione primitiva del collo vescicale (PBNO).
Materiali e metodi
Dal Gennaio 2008 al Settembre 2012, sono stati inclusi in questo studio pazienti consecutivi affetti da
sintomi del basso tratto urinario (LUTS) con IPSS ≥15, Qmax≤15 ml/sec e diagnosi video-urodinamica di
PBNO, non responsivi a terapia alfa-litica±anticolinergico. Criteri di esclusione: ipertrofia prostatica benigna,
sclerosi stenosante del collo vescicale, pregressa chirurgia uretrale o prostatica, neuropatie. Ogni paziente
è stato sottoposto ad iniezione di 200 UI di BoNTA (BOTOX®, Allergan) diluite in 4 ml di soluzione fisiologica
(50 U/ml) sul collo vescicale, per via trans-uretrale. I Pazienti sono stati valutati alla baseline e a 2, 6 e 12
mesi dopo l’intervento tramite IPSS totale, Storage (S-IPSS) e Voiding (V-IPSS) IPSS subscores, IPSSQoL score, uroflussometria con valutazione del residuo post-minzionale (RPM), ed un Patient Reported
Outcomes (PROs) questionnaire includente domande sulla soddisfazione (patient global impression of
satisfaction, PGI-S; range 0-5).
Risultati
Dei 37 pazienti consecutivi arruolabili, quattro sono stati esclusi. I 33 pazienti inclusi avevano età media
di 33,6 anni (range 18-49) e durata media dei LUTS di 4,4 anni (range 1-9). Non sono stati registrati effetti
avversi sistemici, mentre 20 pazienti (60,6%) hanno riportato effetti collaterali locali autolimitantesi, correlati
alla procedura: 16 (48,5%) ematuria, 17 (51,5%) stranguria, 5 (15,2%) ritenzione urinaria transitoria. Nessun
paziente ha riportato disfunzioni eiaculatorie. E’ stata osservata una riduzione statisticamente significativa
dell’IPSS medio da 21.3±8,1 a 8,2±6 (-61,5%; p
Discussione
L’iniezione intracervicale di BoNTA è efficace nel migliorare i parametri oggettivi e soggettivi in una
percentuale significativa di pazienti affetti da PBNO refrattaria alla terapia medica.
Conclusioni
L’iniezione intracervicale di BoNTA può rappresentare una nuova opzione terapeutica nel trattamento di
pazienti affetti da PBNO non responsivi alla terapia medica. I pazienti devono tuttavia essere informati della
necessità di iniezioni ripetute nel tempo e dell’utilizzo attualmente off-label del farmaco.
Conclusioni
La ICPA, eseguita in
centri di riferimento,
consente al paziente
con vescica neurologica
refrattario ad altre terapie
di preservare le alte vie
urinarie aumentando la Co
e CCMax e di migliorare la
qualità di vita in assenza di
fughe urinarie, senza presentare particolari complicanze.
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DIECI ANNI DI ESPERIENZA NELLA NEUROMODULAZIONE SACRALE: EFFICACIA A LUNGO
TERMINE
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RISULTATI A LUNGO TERMINE DI UNO STUDIO RANDOMIZZATO CONTROLLATO TOT VS TVT
I. intermite, G. deRienzo, E. chiarulli, S. alba, G. giocoli nacci, V. pagliarulo, A. pagliarulo (bari)
E. Costantini, A. Zucchi, E. Kocjancic, V. Bini, C. Lolli, L. mearini, E. Salvini, A. Pietropaolo, M. Porena
(Perugia)
Scopo del lavoro
La neuromodulazione sacrale (NMS), è una metodica approvata per la cura della vescica iperattiva (VI)
e dell’acontrattilità del detrusore (AD). Nonostante la sua dimostrata efficacia, è ancora sottoimpiegata.
Preconcetti esistono circa la sua invasività e la sua efficacia a lungo termine. Scopo dello studio: valutare i
risultati clinici a lungo termine e la tollerabilità nella nostra casistica sulla NMS
Scopo del lavoro
Le sling medio-uretrali tension-free Retropubiche (TVT) e Transotturatorie (TOT) rappresentano il gold
standard chirurgico dell’incontinenza urinaria da sforzo (IUS). Scopo di questo studio è riportare i risultati a
lungo termine (range 6-10 anni) di un gruppo di pz incluse in uno studio prospettico randomizzato
multicentrico disegnato per confrontare il tasso di complicanze e di successo della TVT vs TOT (obtape)
Materiali e metodi
Sono stati analizzati i dati relativi ai pz sottoposti ad impianto di NMS dal 2003 gennaio? a 2013, per VI ed
AD. Tutti i pz sono stati sottoposti preoperatoriamente ad esame urodinamico e a valutazione dei sintomi
con diario minzionale e nei pz con diagnosi di AD è stato considerato il numero medio di autocateterismi
(AC) al giorno. I pz sono stati valutati trimestralmente nel primo anno e quindi annualmente per controllare il
corretto funzionamento del neuromodulatore (NEM) e la sua efficacia terapeutica. Abbiamo inoltre contattato
telefonicamente i pz per porre loro le seguenti domande al fine di valutare la tollerabilità: ripeterebbe la
NMS? considera la NMS una metodica invasiva? la consiglierebbe ad un suo conoscente?
Materiali e metodi
95/148 pz (73 TVT e 75 TOT) incluse nello studio iniziale pubblicato nel 2007, sono state ricontattate
nell’ottobre 2012 per valutare: 1) la continenza (successo definito come assenza di perdite di urina in
qualsiasi condizione e non utilizzo di pads); 2) presenza di sintomi di riempimento e/o 3 ) di svuotamento
(terminologia ICS); 4) ulteriori interventi effettuati; 5) tasso di soddisfazione (scala 0-10); 6) se avrebbero
ripetuto l’intervento chirurgico. Le pz hanno inoltre risposto ai questionari UDI6 e IIQ7.Tests statistici
utilizzati: X2, Mann-Whitney, McNemar e Wilcoxon rank test. Analisi statistica effettuata con IBM SPSS rel.
21,0, 2012
Risultati
Dei 60 pz con indicazione ad impianto di neuromodulatore sacrale (48 donne e 12 uomini), 35 hanno
impiantato il NEM definitivo, di questi 22 affetti da VI e 13 da AD. Dei restanti 25 che non hanno risposto
al test iniziale,16 avevano una AD e 9 una VI. I pz sono stati seguiti per un periodo medio di 5 anni. Dei 35
pz con impianto definitivo, 4 hanno dovuto espiantarlo per scomparsa della efficacia, ed erano tutti pz con
AD. In 3 casi è stato sostituito il NEM per malfunzionamento dello stesso. Dei pz con VI, il 60% ha avuto
scomparsa dei sintomi, il 40% miglioramento superiore al 50% della sintomatologia, che si è mantenuto
stabile negli anni di osservazione. Il numero medio di riprogrammazione NEM è stato di 1,5 (C.I. 1-2) per i
pz con VI. In 5 pz con diagnosi di AD si è ottenuta la scomparsa della ritenzione urinaria, ed in 4 casi si è
ridotto di più del 50% il numero di AC. In media abbiamo eseguito 2,3 (C.I. 1,9-2,7) riprogrammazioni del
NEM. Dei 60 pz analizzati, 46 comprendenti tutti i 35 pz sottoposti ad impianto definitivo, hanno risposto
all’intervista telefonica. Il 90% avrebbe ripetuto una procedura di nms; l’80% dei pz considerava la tecnica
non invasiva, ed il 93% dei pz l’avrebbe consigliata ad un conoscente.
Risultati
Delle 95 pz (51 TOT e 44 TVT), 2 sono decedute e 10 sono state perse al follow-up (5 TOT e 5 TVT). Ad un
follow-up medio di 98,9 mesi (media 99±19) 83 pz sono state valutate (45 TOT e 38 TVT). Nel gruppo TOT
la percentuale di successo è stata del 60% (27/ 45 asciutte), sintomi di svuotamento presenti in 7 (15,5%),
sintomi di riempimento in 20 (44,4%). Sottoposte a re-intervento: 4 pz per recidiva della IUS, 2 per prolasso
urogenitale (POP), 7 per revisione della rete. 37 pz (82,2%) ripeterebbero l’intervento, VAS media 7,6±2.2.
Nel gruppo TVT la percentuale di successo è stata del 78,9% (30/38 asciutte), sintomi di svuotamento
presenti in 7 (18,4%), quelli di riempimento in 16 (42,1%). 2 sottoposte a re-intervento: 1 per POP e 1 per
laparocele. 34 pz (89,5%) ripeterebbero l’intervento, VAS media 8.4±1.8. Confrontando i risultati a lungo
termine con quelli a medio termine, il tasso di successo tende a diminuire di più nel gruppo TOT rispetto al
TVT (60% vs 78,9%, p=0,1) (Fig. 1). Nessuna differenza significativa tra TOT e TVT per sintomi di
svuotamento (p=0,8), sintomi di riempimento (p=0,2); UDI6 (p=0,87) e IIQ7 (p=0,9)
Discussione
Nella nostra esperienza la NMS ha mostrato un’efficacia duratura specie in caso di VI. I fallimenti negli anni
in caso di AD sono accettabili considerando che non vi sono terapie alternative a questa patologia. In alcuni
casi è stato necessario riprogrammare il NEM.
Conclusioni
La nms rappresenta una valida risorsa nel migliorare la sintomatologia nei casi di VI ed AD, e si mantiene
efficiente anche nel corso degli anni. I nostri dati sono in linea con quanto è descritto in letteratura.
Discussione
Ad un follow-up lungo il tasso
di continenza dopo TOT tende
a diminuire (dal 77,3% al
60%) mentre rimane stabile
dopo TVT. La differenza tra le
due procedure non è
statisticamente significativa,
forse a causa del numero di
pz valutate. I risultati peggiori
ottenuti nel gruppo TOT
possono essere legati all’uso
del obtape, non più disponibile
a causa dell’alto tasso di
erosioni, anche se in questo
studio, dopo le 7 revisioni 4 pz
sono asciutte e 3 bagnate
Conclusioni
I risultati a lungo termine
dimostrano che le sling mediouretrali sono un’opzione valida
nel trattamento della SUI ma i
risultati tendono a peggiorare
nelle TOT
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COLPORRAFIA ANTERIORE: USARE O NON USARE LA RETE PROTESICA? RISULTATI A LUNGO
TERMINE
VALUTAZIONE URODINAMICA PRIMA DELLA CHIRURGIA PER INCONTINENZA URINARIA DA
SFORZO FEMMINILE: IN QUANTE PAZIENTI POTREBBE ESSERE CONSIDERATA SUPERFLUA?
F. Dal Moro, L. Angelini, L. Frazza, F. Zattoni (Padova)
E. Finazzi Agro, F. Lamorte, J. Frey, S. Musco, L. Topazio, G. Patruno, G. Vespasiani (Roma)
Scopo del lavoro
Nella correzione del prolasso della parete vaginale anteriore la colporrafia anteriore (CA) svolge un ruolo di
primo piano. Le colporrafie anteriori con MESH (CAM) sembrano presentare una miglior percentuale di
successi. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare l’outcome a lungo termine della CA e della
CAM.
Scopo del lavoro
L’International Consultation on Incontinence (ICI) raccomanda di eseguire una valutazione urodinamica
prima della chirurgia per incontinenza urinaria da sforzo (IUS) femminile; tale raccomandazione è stata
messa in discussione dai risultati dello studio VALUE (N Engl J Med 366;21: 1987-97, 2012). Scopo dello
studio è stato valutare in quante donne che accedono al nostro servizio di urodinamica prima della chirurgia
per IUS si possa definire un quadro di IUS non complicata secondo i criteri di inclusione/esclusione dello
studio VALUE e, secondariamente, in quante donne la valutazione urodinamica fornisca osservazioni
differenti dal quadro clinico.
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato 140 pazienti consecutive sottoposte a chirurgia (105 CA e 35 CAM) per correzione di
prolasso vaginale anteriore di grado ≥2° (sec. Baden-Walker). Sono stati analizzati parametri preoperatori
(età, parità, peso, BMI, pregressa isterectomia, stadio del prolasso), intraoperatori (anestesia, durata
dell’intervento, perdite ematiche), postoperatori immediati (anemizzazione, tempi di mobilizzazione e
cateterizzazione, residuo post-minzionale, dimissione con catetere o in regime di cateterismo intermittente)
e postoperatori a lungo termine (complicanze, presenza o meno di recidiva-definita come la presenza di un
prolasso anteriore di grado ≥2°-, ulteriore chirurgia per prolasso, incontinenza urinaria, sintomi ostruttivi,
cateterismo intermittente, dispareunia, infezioni urinarie, dolore pelvico). Per l’analisi statistica dei dati
abbiamo usato il Test del χ2, Fisher Esatto, t di Student o Wilcoxon.
Risultati
L’età mediana alla chirurgia è stata di 66 anni (range 38-89) per le CA e 63 anni (38-81) per le CAM
(p=0,49). Il BMI è stato di 24,9 (18-33,2) e 25,3 (16,9-30,8) per CA e CAM (p=0,73). Gli altri parameri preoperatori sono risultati confrontabili nei due gruppi (p>0.05). Lo stadio del prolasso era rispettivamente per
CA e CAM: stadio 2° in 21 (20%) e 9 (25%) pazienti, stadio 3° in 57 (54,3%) e 21 (60%) casi, stadio 4° in 24
(22,9%) e in 5 (14,3%) pazienti. I dati relativi ai parametri intraoperatori e postoperatori sono riportati nella
tabella 1. Il follow-up medio è stato di 62,4 mesi (12,6-89,9) per le CA e 61,6 mesi (30,7-88,3) per le CAM.
Nel corso di questo periodo sono state perse 7 pazienti (7,1%), tutte appartenenti al gruppo della CA.
Discussione
Nella nostra esperienza a lungo termine abbiamo confermato un maggior successo anatomico a favore
della CAM rispetto alla CA (88,6% vs 75,5%, p=0,07), con un minor rischio di ritenzione acuta postoperatoria (11,4% vs 0%), una minore persistenza di incontinenza urinaria da stress (IUS) (100% vs 48,4%),
una minore tendenza a sviluppare
IUS de novo ( 6,4% vs 29,8%), una
minore percentuale di reinterventi
(9,2% vs 2,9%). Al contrario la CAM
ha dimostrato un leggero
svantaggio rispetto alla CA per
quanto riguarda dispareunia (14,3%
vs 9,2%), sintomi ostruttivi (22,9%
vs 18,4%) e dolore pelvico cronico
(5,7% vs 0%). Non abbiamo
registrato casi di erosione della rete
protesica.
Materiali e metodi
Lo studio è retrospettivo monocentrico. Sono stati analizzati dati di pazienti sottoposte a esame urodinamico
prima di un intervento chirurgico per IUS dal 2008 al 2012. Le pazienti sono state divise in due gruppi:
pazienti con IUS non complicata o complicata (secondo criteri VALUE). Le osservazioni urodinamiche sono
state comparate con i dati pre-urodinamici e considerate differenti in caso di diagnosi di diverso tipo di
incontinenza o di disturbo dello svuotamento. I risultati urodinamici sono stati valutati separatamente nei due
gruppi di pazienti.
Risultati
244 pazienti sono state analizzate; 33 sono state escluse per incompletezza dei dati. Delle rimanti 211, solo
47 sono state classificate nel gruppo IU non complicata (22,3%). Le osservazioni urodinamiche sono
risultate differenti dai dati pre-urodinamici in 134/211 pazienti. Questa percentuale è stata significativamente
più alta nel gruppo IUS complicata (70,1% vs 40,4%, p=0,0003). Una disfunzione minzionale è stata
diagnosticata in 43 pazienti con IUS complicata (26,2%) e in 11 con IUS non complicata (23,4%).
Discussione
La maggioranza (77,7%) delle pazienti che accede al nostro servizio di urodinamica prima di un intervento
chirurgico per IUS sembra appartenere al gruppo IUS complicata. L’esame urodinamico sembra fornire
nuove informazioni nel 70,1% dei casi e permette di diagnosticare una disfunzione minzionale in circa il
25,6% delle pazienti, con una prevalenza non significativamente diversa nei due gruppi (IUS complicata/non
complicata). Le pazienti con disfunzione minzionale sembrano mostrare risultati peggiori dopo l’intervento
chirurgico: non dovremmo informarne le pazienti prima dell’intervento? Come farlo senza eseguire l’esame
urodinamico anche nelle pazienti con IU non complicata?
Conclusioni
I risultati dello studio VALUE si applicano alle donne con IUS non complicata, che sono una minoranza sia
nello studio VALUE stesso sia nel nostro campione. Per la maggior parte delle pazienti non è stata
dimostrata una non inferiorità della semplice valutazione clinica rispetto ad una valutazione comprendente
l’esame urodinamico. Inoltre, un quarto delle pazienti (anche fra le non complicate) presenta un quadro di
disfunzione minzionale che può essere evidenziato solo con l’esame urodinamico.
Conclusioni
I nostri risultati a lungo termine
confermano che la CA è una tecnica
efficace, senza significative
complicanze. La CAM permette di
ottenere un successo anatomico
ancora maggiore rispetto alla CA,
con una maggior riduzione del
rischio di persistenza di IUS e di
sviluppo di IUS de novo.
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86° Congresso Nazionale SIU
LA “CORONA MORTIS”: UN PROBLEMA PER LA CHIRURGIA PROTESICA UROGINECOLOGICA?
G. Paradiso Galatioto, S. Masciovecchio, P. Saldutto, E. Toska, V. Galika, D. Biferi, C. Vicentini (L’Aquila)
Scopo del lavoro
La “corona mortis” è una frequente alterazione vascolare caratterizzata dalla presenza di una anomala
origine dell’arteria o della vena otturatoria dal sistema vascolare iliaco esterno o dalla presenza di un
vaso anastomotico che pone in comunicazione questi sistemi vascolari. La letteratura scientifica dimostra
come una lesione iatrogena della “corona mortis” può essere secondaria anche ad interventi miniinvasivi
di chirurgia uroginecologica. Scopo del nostro studio è stato quello di valutare la sicurezza circa danni
vascolari del posizionamento di benderelle mediouretrali o di reti protesiche in donne che presentano la
“corona mortis”
Materiali e metodi
Abbiamo valutato prospetticamente 71 pazienti (pz) con evidenza di “corona mortis” dimostrata alla
TC (senza e con mdc) addomino-pelvica e sottoposte a posizionamento di sling mediouretrale (31 pz
trattate con sistema Monarc® Subfascial Hammoc e 7 pz con Sparc® Sling System) per il trattamento
dell’ incontinenza urinaria da sforzo o a correzione protesica del prolasso urogenitale (22 pz trattate
con Elevate® Anterior & Apical Prolapse Repair System e 13 con Perigee® Transobturator Anterior
Prolapse Repair System). Tutti gli interventi sono stati condotti dalla stesso operatore e tutte le pz sono
state sottoposte ad attento monitoraggio clinico, laboratoristico e strumentale intra e peri-operatorio.
Quarantanove pz hanno accettato di essere sottoposte a RMN addome-pelvi nel periodo perioperatorio, al
fine di valutare l’insorgenza di eventuali ematomi retropubici
Risultati
RISULTATI Nel periodo intra e peri operatorio, in nessuna pz sono stati osservate variazioni dei parametri
vitali e/o dei segni clinici, laboratoristici o strumentali riconducibili ad emorragia intrapelvica. Lo studio in
RMN, in tutti i casi, ha evidenziato assenza di raccolte ematiche in sede retropubica
Discussione
La “corona mortis” è una anomalia vascolare molto frequente, infatti, quella arteriosa è presente dal 14,8%
al 36% della popolazione generale senza prevalenza di genere, mentre quella venosa è addirittura ancora
più frequente. Numerosi lavori scientifici dimostrano come i traumi pelvici ed alcuni interventi di chirurgia
generale sono tra le cause più frequenti di lesione della “corona mortis”. Le tecniche mininvasive in
chirurgia protesica uroginecologica utilizzate per il trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo e/o per la
correzione del prolasso urogenitale, sono caratterizzate contestualmente da elevata efficacia e basso tasso
di complicanze. Lesioni vascolari iatrogene nel corso di questi interventi sono stimate essere pari a circa l’
1%-2% dei casi. Nessuno studio è stato condotto per valutare l’impatto della presenza della “corona mortis”
sull’incidenza delle complicanze vascolari in chirurgia protesica uroginecologica. Nella nostra esperienza
questa anomalia vascolare non riduce la sicurezza di queste procedure
Conclusioni
La chirurgia uroginecologica miniinvasiva mostra alta sicurezza anche in presenza di “corona mortis”
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STUDIO GENETICO SUL POSSIBILE RUOLO DELLE VARIANTI DEL RECETTTORE DELGI
ANDROGENI NELL’AZOOSPERMIA SECRETORIA
E. Galletto, C. Arduino, L. Rolle, C. Ceruti, M. Timpano, C. Ceruti, O. Sedigh, M. Falcone, M. Preto, B. Frea
(Torino)
Scopo del lavoro
Le alterazione nel gene dell’AR causano la sindrome da insensibilità agli androgeni. Lo scopo del lavoro è
quello di valutare il possibile ruolo delle varianti del gene del AR nell’azoospermia secretoria.
Materiali e metodi
Sono stati consideradi 50 pazienti affetti da azoospermia secretoria.Tutti i pazienti sono stati sottoposti
a prelievo di spermatozooi direttamente dal parenchima testicolare. Un frammento è stato sottoposto a
processing al fine di un eventuale recupero di spermatozoi; un altro frammento è stato inviato al servizio
di anatomia patologica per la diagnosi istologica. Inoltre a tutti i pazienti sono stati effettuati due prelievi
di sangue periferico: uno è stato utilizzato per lo screening ormonale; l’altro è stato utilizzato per l’analisi
genetica. Ai fini dell’analisi statistica i pazienti, in base all’esame istologico, sono stati suddivisi in due
gruppi: un gruppo A con un quadro istologico di sindrome a sole cellule sertoli (SCOS) ed arresto maturativo
precoce ed un gruppo B con un quadro istologico di focale spermatogenesi conservata. Sono state quindi
analizzate le seguenti correlazioni: presenza di mutazioni e varianti del recettore degli androgeni in rapporto
al quadro istologico e all’assetto ormonale; le varianti del AR in rapporto alla probabilità di recupero di
spermatozoi dopo TeSE.
Risultati
Non sono state evidenziate mutazioni nel gene AR. In 13 pazienti abbiamo evidenziato il polimorfismo
p.995A>G: polimorfismo noto in letteratura e che ha una prevalenza nella popolazine maschile infertile
del 8-14%. La correlazione dei dati genetici con i dati istologici e ormonali, ha mostrato che i pazienti
con quadro istologico di SCOS e arresto maturativo, se presentavano il polimorfismo 995A, avevano una
significativa diminuzione di increzione di testosterone e un significativo aumento di increzione di LH. Infine, il
confronto dei dati genetici e il retrieval rate, non ha evidenziato correlazione.
Discussione
In base ai nostri risultati possiamo affermare che esiste una correlazione statisticamente significativa tra il
polimorfismo 995A e la presenza di un quadro endocrino maggiormente alterato nei pazienti con istologia
più grave. I nostri dati non evidenziano una correlazione tra i polimorfismi 995A e 995G del gene AR e il
retrieval rate di spermatozoi dopo biopsia testicolare, e non è quindi ipotizzabile utilizzare tali polimorfismi
come “marker” di probabilità di recupero di spermatozoi dopo TeSE.
Conclusioni
In seguito a questi risultati, abbiamo valutato sei marcatori polimorfici all’interno del gene AR. Sono stati
identificati quattro aplotipi prevalenti di cui uno (HAP4) che ha confermato la correlazione con un quadro
endocrino maggiormente alterato nei pazienti con istologia più grave. Questi risultati indicano che fattori
genetici in linkage disequilibrium con il gene AR interferiscono con la spermatogenesi.
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LA FECONDAZIONE IN VITRO NEI PAZIENTI AZOOSPERMICI AFFETTI DA FIBROSI CISTICA O DA
PATOLOGIA CFTR CORRELATA.
TRATTI DI PERSONALITà E DISFUNZIONI SESSUALI MASCHILI: ESISTE UNA RELAZIONE?
RISULTATI PRELIMINARI.
F. Gadda, A. Paffoni, V. Bianchi, M. Serrago, G. Cozzi, A. Conti, G. Pizzamiglio, F. Lalatta, E. Somigliana, F.
Rocco (Milano)
P. M. Michetti, M. Silvaggi, N. Tartaglia, I. Sabatini, M. Bellangino, C. Leonardo, R. Rossi (roma)
Scopo del lavoro
L’assenza congenita bilaterale dei vasi deferenti (CBAVD) è associata a mutazioni del gene Cystic Fibrosis
Transmembrane Conductance Regulator (CFTR).Oltre alla forma classica di fibrosi cistica (FC), vi sono
patologie CFTR-correlate in cui l’azoospermia ostruttiva è la principale manifestazione clinica al momento
della diagnosi.Scopo di questo lavoro è riportare l’esperienza di recupero ed utilizzo di spermatozoi in pz
azoospermici con mutazione CFTR.
Materiali e metodi
Dal 1/3/2005 al 1/3/2013 i pz con FC desiderosi di prole o azoospermici con riscontro di almeno una
mutazione a carico del gene CFTR sono stati sottoposti a visita andrologica. Dopo counselling genetico e
consenso informato i pz sono stati sottoposti a PESA+ ev.TESE. Gli spz recuperati sono stati crioconservati
in attesa della procedura di fecondazione in vitro.
Risultati
Sono stati individuati 42 pz con CBAVD, di cui 19 (45%) affetti da FC classica e 23 (55%) affetti da patologie
CFTR correlate. 25 pz sono stati sottoposti a ricerca di spz secondo la seguente modalità:19 (76%) casi
PESA; 6 (24%) casi PESA + TESE.In 23 pz su 25 la ricerca di spz ha dato esito positivo, pari ad un tasso di
recupero del 92% (95% CI 74%-99%). Per i 2 pz con esito negativo, è stato eseguito solo l’intervento PESA
(rischio anestesiologico elevato per TESE).In media sono state crioconservate 9 ± 2 paillettes da 0.3 ml per
pz. Ad oggi sono stati eseguiti 33 cicli di ICSI in 17 coppie che hanno fatto ricorso agli spz crioconservati. Il
tasso di fecondazione per ovocita inseminato è stato del 72% (95%CI : 65-79%). Sono stati trasferiti in utero
72 embrioni che hanno dato origine a 16 camere gestazionali in 12 gravidanze (tasso di impianto: 22%, 95%
CI: 13-34%). Il tasso di gravidanza per coppia è stato pari al 65% (11/17) (95%CI: 38%-86%). L’outcome
delle gravidanze è il seguente: 1 aborto spontaneo > 12 settimana; 4 gravidanze evolutive in corso; 7
gravidanze a termine con nascita.
Discussione
Nel 92% dei pz con CBAVD possono essere recuperati spz utili alla fecondazione in vitro. La ICSI offre
possibilità di successo soddisfacenti, non inferiori a quelle ottenibili con spz eiaculati.
Conclusioni
La CBVAD è una delle cause di azoospermia ostruttiva più frequentemente osservate nel nostro centro, e il
recupero di spz con PESA e/o TESE offre risultati molto incoraggianti.
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Scopo del lavoro
Già nel 1971 Eyesenk ha dimostrato che gli uomini con disfunzioni sessuali (DS), presentavano alti livelli
di neuroticismo, inteso come tendenza ad esperire sentimenti di ansia e preoccupazione, se comparati alla
popolazione senza DS (1). La relazione tra le DS, ed i tratti di personalità è stata da allora scarsamente
approfondita in letteratura. Scopo di questo lavoro è di verificare se vi siano dei profili di personalità più
frequentemente associati alle principali disfunzioni sessuali maschili (DSM), Disfunzione Erettile (DE) ed
Eiaculazione Precoce (EP), con conseguenti ripercussioni sulla pratica clinica.
Materiali e metodi
A 95 uomini compresi fra i 18 ed i 64 anni (età media 39,10 anni) richiedenti visita andrologica tra Novembre
2012 ed Aprile 2013, per DE o EP di origine non organica (67 DE, 19 EP, 9 EP + DE) , è stato somministrato
l’International Index of Erectile Function (IIEF) per DE e il Premature Ejaculation Severity Index (PESI)
per EP, insieme ad EPQ-R, un questionario strutturato per la valutazione del profilo di personalità. Questo
strumento si avvale di 5 scale corrispondenti a 5 aspetti della personalità più una di controllo.
Risultati
È emerso che nei soggetti con DE e/o EP, è presente in misura superiore alla popolazione di controllo
(PdC) la dimensione di personalità definita estroversione (impazienza, impulsività) con una media dei
percentili (MdP), rispetto alla PdC, di 54,59 e mediana 54. Nei pazienti con EP, sono invece presenti in
misura superiore alla PdC le dimensioni di personalità tipiche dei soggetti con dipendenze o comportamenti
antisociali, con MdP 59,94 e 62,29 e mediana 64 e 70.
Discussione
I nostri dati correlano con la tendenza dei pazienti con EP a cercare la gratificazione il prima possibile senza
porre attenzione alle possibili conseguenze per se e per gli altri, come avviene nei comportamenti di abuso
di sostanze, nelle dipendenze comportamentali o nelle condotte illegali. I pazienti con EP hanno inoltre
ottenuto valori molto bassi nella scala LIE (tendenza dissimulare per desiderabilità sociale), che indica
un’eccessiva non curanza del giudizio dell’altro, con una MdP 31,82 e mediana 31. Anche quest’ultimo dato
sembra poter descrivere le caratteristiche “relazionali” del soggetto più facilmente a rischio di sviluppare e
mantenere un’EP.
Conclusioni
Se i dati preliminari riportati troveranno conferma in una popolazione più estesa, attualmente in
osservazione, sarà possibile identificare i sottogruppi di pazienti in cui le componenti stabili della struttura
di personalità possono favorire l’insorgenza ed il mantenimento di una DS, suggerendo all’andrologo di
avvalersi di un approccio integrato con lo psicosessuologo per la risoluzione della DS del paziente, in
particolare laddove la terapia farmacologica non risulti risolutiva. (1)Eysenck HJ. Personality and sexual
adjustment. Br J Psychiatry 1971;118:593-608.
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86° Congresso Nazionale SIU
DISFUNZIONE VENO OCCLUSIVA ED N.P.T.: CORRELAZIONI CLINICHE
M. Carrino, L. Pucci, C. Meccariello, M. Fedelini, R. Giannella, P. Fedelini (Napoli)
Scopo del lavoro
Scopo di questo lavoro è la ricerca di parametri predittivi di D.V.O.con metodiche diagnostiche non invasive
come la N.P.T.
Materiali e metodi
Sono stati valutati 125 casi di D.E. giunti alla nostra osservazione presso l’U.O.S. di Andrologia Chirurgica
dal gennaio 2009 a dicembre 2011. I pazienti sono stati sottoposti a protocollo di valutazione con anamnesi,
esame obiettivo, glicemia, Hbg, testosterone totale, PRL, colesterolo HDL trigliceridi ed N.P.T. (Rigiscan
Dacomed) e successivamente ad ecocolordoppler penieno dinamico e farmaco cavernosometria/grafia.
In base ai risultati osservati, i pazienti sono stati stratificati in quattro gruppi diagnostici: psicogeni,
prevalentemente arteriogenici, prevalentemente venogenici e misti. I parametri Rigiscan riscontrati nel
gruppo “venogenici”, sono stati comparati con quelli “arteriogenici” mediante curve di analisi R.O.C. I
parametri considerati sono stati il numero degli episodi erettivi, la durata del miglior episodio erettivo e la
tumescenza e rigidità in TIP e BASE.
Risultati
Tutti i parametri considerati sono risultati statisticamente peggiori nel gruppo “venogenici”, risultavano infatti,
correlati con il flusso di mantenimento. Le curve ROC, mostrano che il parametro che esibisce la migliore
correlazione con la D.V.O. è la durata del miglior evento erettivo inferiore ad 11 minuti con una rigidità alla
base inferiore del 35%
Discussione
La diagnosi di D.E. secondaria a D.V.O. richiede indagini invasive quali l’ecocolor doppler penieno dinamico
e la farmaco cavenosometria/grafia ed è spesso gravata da un elevato numero di falsi positivi. Il tutto è
attribuibile ad una serie di fattori relativi alla patologia (fisiopatologia), al paziente (ansia) ed all’overlappping
di forme miste (arteriogeniche/venogeniche).
Conclusioni
La durata del miglior episodio erettivo inferiore ad 11 minuti ed una rigidità inferiore al 35% sono fortemente
indicativi di D.V.O. pertanto nei pazienti in cui tali parametri non risultano alla N.T.P. andrebbe sconsigliata
l’esecuzione di indagini invasive per lo studio del meccanismo veno-occlusivo.
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86° Congresso Nazionale SIU
DIVERGENZA TRA GRADO DI CURVATURA REALE E PERCEPITA NEL PAZIENTE AFFETTO DA
INCURVAMENTO PENIENO. RISULTATI PRELIMINARI.
G. Chiriacò, P. Umari, G. Mazzon, M. Rizzo, G. Ollandini, C. Trombetta (Trieste)
Scopo del lavoro
L’incurvamento penieno, sia nella sua forma congenita che acquisita(IPP), è una limitazione anatomofunzionale. Al momento non esiste un sistema di valutazione validato sulle implicazioni psico-sessuologiche
dell’incurvamento e sulla dismorfofobia peniena che ne deriva. Obiettivi del lavoro sono: -Valutare la
divergenza tra il grado di curvatura reale e percezione che ne ha il paziente -Valutare mediante variabili
psicometriche l’impatto sessuale e sociale della patologia
Materiali e metodi
20 pz (14 con ipp e 6 con incurvamento congenito) sono stati invitati a compilare 2 questionari: L’IIEF-5, il
BDI II ed a rappresentare graficamente il loro pene in erezione rispettando il più possibile le dimensioni reali
nelle stesse proiezioni richieste dal metodo Kelami per l’esecuzione delle autofotografie. Successivamente
i pz sono stati sottoposti ad anamnesi, esame obiettivo e fotografie in farmacoerezione secondo il metodo
Kelami. I pz con IPP hanno età media di 53,5anni (range 36-61). Il 21%(3) sono ipertesi ,il 7%(1) iperteso e
dislipidemico, il 14%(2), diabetici e il 7% (1) affetto da Dupuytren. L’85%(12/14) è coniugato. L’incurvamento
più frequente è quello dorsolaterale(8)(57%) seguito da quello dorsale (4)(28%) e laterale (2) (15%).
Risultati
Nell’IPP tra comparsa e prima visita specialistica passano in media 8,2 mesi (range: 1-48 mesi). Il 70%
(10) riferisce un accorciamento notevole del pene in seguito alla comparsa della patologia. Il 79% riferisce
di aver assunto terapia medica che ha portato beneficio solo nel 9% dei casi. Dolore a riposo, all’erezione
e coitale, difficoltà alla penetrazione e dispareunia della partner sono frequenti sintomi di questa patologia
causa di avvertito disagio psicologico nel 70% dei nostri pz. Dal risultato medio dell’ IIEF è emerso che
questi pz hanno una disfunzione erettiva lieve(risultato totale medio di 17). E dal BDI-II che solo 2 su 14
hanno un moderato grado di depressione, rispetto al totale in cui è assente. 14/14 pz con IPP sovrastimano
il loro grado di incurvamento di circa 16° a differenza di quelli con incurvamento congenito che lo
sottostimano di circa 14°.
Discussione
-L’incurvamento penieno colpisce l’identità maschile con ricadute sull’immagine che si ha di sé. -Il paziente
con incurvamento acquisito rispetto al pz con incurvamento congenito sovrastima graficamente la severità
della patologia.
Conclusioni
-L’incurvamento penieno colpisce l’identità maschile con ricadute sull’immagine che si ha di sé. -Il paziente
con incurvamento acquisito rispetto al pz con incurvamento congenito sovrastima graficamente la severità
della patologia.
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FOTOGONIOMETRIA DIGITALE CON SMARTPHONE I.P.P. L’APP PER MISURAZIONI DELLA
CURVATURA DEL PENE
MACROMORFOLOGIA DEL RECURVATUM PENIENO IN PAZIENTI CON I.P.P.: CORRELAZIONE CON
L’INCIDENZA DI D.E. E PATTERN ULTRASONOGRAFICI
L. Pucci, M. Carrino, R. De Biase, A. Curci (Napoli)
L. Pucci, P. Fedelini, M. Fedelini, A. Oliva, F. Monaco, M. Carrino (Napoli)
Scopo del lavoro
Scopo del nostro lavoro è quello di presentare un database innovativo installabile su smartphone in grado
di valutare con precisione gli angoli di erezione pre e post operatori, di archiviare i pazienti ed i risultati nel
tempo..
Scopo del lavoro
Scopo di questo lavoro è quello di valutare con metodica mono parametrica eventuali correlazioni tra le
alterazioni morfologiche del corpo cavernoso e l’emodinamica peniena all’ ecocolor doppler dinamico.
Materiali e metodi
Sono state rivalutate 72 procedure di corporoplastica eseguite dal Gennaio 2009 al Dicembre 2011 con
una curvatura peniena variabile tra i 30°-90°. Per tutti i pazienti è stata eseguita fotografia digitale in A.P. e
laterale in corso di erezione massimale con fotocamera digitale (Sony DSC-H10). Prima e dopo la tecnica
di raddrizzamento si procedeva quindi a stampa e misurazione classica con goniometro degli angoli di
recurvatum. La stessa misurazione è stata eseguita da altro operatore con smartphone effettuando i calcoli
direttamente sullo schermo con goniometro digitale. I dati ottenuti sono stati archiviati con programma
dedicato.
Risultati
Sono stati valutati il coefficiente di ripetibilità (RC) che indica l’efficacia del goniometro e l’errore tipico (TE)
comparando le due misurazioni. Il coefficiente di ripetibilità (RC) tra la camera digitale ed i dati ottenuti
mediante smartphone sotto condizioni ottimali è risultato essere di 0.92 gradi; l’ errore tipico (TE) era di 0.09
gradi. Quando veniva introdotta una rotazione di 5 gradi tra la camera e l’ angolo, non veniva riscontrato
un incremento di errore. Comunque, un incremento di rotazione di circa 5 gradi era proporzionale ad
un incremento dei valori di RC (RC a 40 gradi = 0.3 gradi; 50 gradi = 0.6; 60 gradi = 0.8; 70 gradi = 1.2;
80 gradi = 1.4; 90 gradi = 1.8; 95 gradi = 2.1) e di TE (TE a 40 gradi = 0.13 gradi; 50 gradi = 0.42 gradi;
60 gradi = 0.73 gradi; 70 gradi = 0.95 gradi; 80 gradi = 1.16; 90 gradi = 1.37; 95 gradi = 1. 55). Le due
misurazioni pre e post operatorie sono risultate essere comparabili in presenza di differenti angoli tra
camera e smartphone.
Discussione
La valutazione dell’angolo di rucurvatum è un parametro fondamentale della diagnostica e programmazione
terapeutica della I.P.P. in particolare nella valutazione della efficacia della terapia medica e chirurgica e nella
programmazione dei pazienti con I.P.P. candidati ad impianto protesico (Carrino e coll. AURO 2011).
Conclusioni
La videogonometria digitale è affidabile nella valutazione degli angoli di recurvatum della I.P.P. La
contemporanea opportunità di archiviazione immediata dei dati ottenuti e la possibilità di creare un archivio
di pazienti facilmente esportabile in rete rappresenta un ulteriore vantaggio nella compilazione di casistiche
chirurgiche in centri ad alto volume di attività.
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Materiali e metodi
Sono state riviste le cartelle di 135 pazienti giunti al nostro ambulatorio per induratio poenis (I.P.) nel periodo
gennaio 2009-dicembre 2011. di questi 82 con età media di 52 ±4 anni sono stati sottoposti a valutazione
clinica completa di primo livello ed ecocolor doppler dinamico con PGe1 10mcg per concomitante D.E.
di diversa gravità. È stato altresì documentato il tipo di rucurvatum e l’angolo di erezione. I pazienti sono
stati suddivisi in 4 gruppi in relazione alla morfologia della curvatura ed alle alterazioni morfologiche
dell’ albuginea: curvatura dorsale, ventrale laterale destra o sinistra e gruppo misto comprendente le
deformazioni a clessidra, le retrazioni senza recurvatum e la deformità ad “S”. Sono stati considerati
parametri di normalità dell’ ecocolor doppler una massima velocità sistolica ≥ 30 Cm/sec ed una velocità
telediastolica < 5 Cm/sec.
Risultati
Il 54% dei pazienti aveva una curvatura dorsale, il 17% una curvatura ventrale, il 22% laterale destra oppure
sinistra ed il 7% classificabili nel gruppo misto. Una D.E. di diversa gravità è stata riscontrata in poco meno
della metà dei pazienti con curvatura dorsale (48%) e nel 14% di quelli con curvatura ventrale, nel 35% dei
pazienti con recurvatum laterale mentre risultava essere del 100% nei pazienti con recurvatum appartenenti
al gruppo misto. Parametri emodinamici indicativi di insufficienza arteriosa sono stati riscontrati nei pazienti
con recurvatum dorsale e nel gruppo misto mentre pattern ultrasonografici tipici della D.V.O. sono stati
osservati nel 20% dei pazienti con recurvatum dorsale e nel 23% di quelli con penelaterocurvo. La direzione
della cuvatura non correla con nessuno dei fattori di rischio vascolare classici (fumo, diabete,dislipidemia,
ipertensione).
Discussione
L’I.P.P. si associa nel 84% dei pazienti ad alterazioni macroscopiche dell’ asse e della circonferenza
peniena. Le alterazioni morfostrutturali dell’ albuginea possono indurre alterazioni più o meno gravi dell’
emodinamica dei corpi cavernosi interferendo con la componente arteriosa, l’efficacia del meccanismo
veno-occlusivo o determinando un alterato deflusso venoso distrettuale perilesionale.
Conclusioni
I pazienti con recurvatum dorsale esibiscono frequentemente alterazioni emodinamiche all’ ecocolor
doppler, ma le alterazioni morfologiche dell’albuginea con retrazione, deformazione a clessidra ed ad “S”,
presentano un alto rischio di compromissione dell’ emodinamica dei corpi cavernosi. Le curvature ventrali
si associano a bassa incidenza di D.E., pertanto nella programmazione chirurgica è opportuno modulare
l’invasività della tecnica e la strategia terapeutica in rapporto anche a parametri di macromorfologia peniena.
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NOSTRA ESPERIENZA NEL TRATTAMENTO DEL VARICOCELE MEDIANTE
SCLEROEMBOLIZZAZIONE ANTEROGRADA SECONDO TAUBER.
MICROTESE CON TECNICA GRADUALE: RISULTATI DI UNO STUDIO PROSPETTICO
L. Divenuto, S. Boccasile, S. Alba, A. Venneri Becci, I. Intermite, A. Lorusso, A. Pagliarulo, A. Vitarelli (Bari)
G. Franco, D. Dente, F. Scarselli, F. De Luca, M. Minasi, D. Zavaglia, V. Casciani, M. Terribile, E. Greco
(Roma\)
Scopo del lavoro
Scopo dello studio è verificare retrospettivamente l’efficacia della Scleroembolizzazione sec.Tauber nel
trattamento del varicocele,valutando la riduzione del dolore nei pazienti(pz) sintomatici ed il miglioramento
qualitativo dei parametri seminali.
Materiali e metodi
Sono stati analizzati i dati dei pazienti sottoposti a Scleroembolizzazione Anterograda secondo
Tauber dal gennaio’09 al dicembre’12.La valutazione preoperatoria è stata condotta mediante esame
obiettivo,ecocolorDoppler dei vasi spermatici(ECD VS)e spermiogramma.La procedura,ambulatoriale e
senza controllo radiologico,è stata eseguita da unico chirurgo,in anestesia locale funicolare,con isolamento,
incannulamento e legatura di una vena spermatica adeguata,previa iniezione di 4 ml di Lauromacrogol 400.I
pz sono stati rivalutati a 6 mesi con spermiogramma e ECD VS.
Risultati
L’analisi è stata condotta su 120 pz di età tra 16 e i 38 anni,di cui 103(85,8%)con varicocele
sinistro,16(13,3%)con varicocele bilaterale ed 1(0,8%)con varicocele destro di II grado(già operato a
sinistra con altra metodica).Dei 103 pz con sola localizzazione a sinistra,39(32,5%), presentavano II
grado e 64(53,33%)III grado.Invece dei 16 pz con varicocele bilaterale,4(3,33%)presentavano II grado
bilaterale,4(3,33%)III grado bilaterale e 8(6,66%)III grado a sinistra e II grado a destra.In 26 pz(21,66%)il
varicocele risultava recidivo.L’ indicazione al trattamento è stata in 26 pz(21,66%)algie scrotali persistenti,in
34 pz( 28,33%) algie scrotali associate ad alterazioni dello spermiogramma,in 30 pz(25%) infertilità,in
8 pz(6,66%)infertilità e algie,e in 22 pz(18,33%)solo alterazioni dello spermiogramma.In totale 94 pz
(78,33%)nel preoperatorio avevano alterazioni dei parametri seminali, tuttavia c’è stato un miglioramento
post operatorio(anche in uno solo tra numero, motilità e morfologia)in 78(83 %),mentre in 16 pz( 17%)
i parametri seminali risultavano invariati.Dei 38 pz infertili, 28(73,7%) hanno presentato un miglioramento
dei parametri seminali,con concepimento nell’anno successivo la procedura in 12 casi(31,6%).Nei 68 pz
con dolore scrotale la remissione completa si è verificata in 66 pz(97%).Invece in 2 pz (1,7 %)comparsa di
sintomatologia algica nella sede della ferita.In 3 pz (2,5%) si è verificata deiscenza cutanea della sutura,
guarita per seconda intenzione, e in 2 pz (1,66%)di piccolo ematoma scrotale postoperatorio che in un solo
caso ha richiesto evacuazione chirurgica.Le recidive ecografiche sono state riscontrate in 6 pazienti( 5%),in
nessuno dei pz che aveva già una recidiva di varicocele trattato.
Discussione
La nostra esperienza dimostra che la Scleroembolizzazione sec.Tauber ha un alto tasso di successo
in termini di riduzione del dolore scrotale,di miglioramento dei parametri seminali nonchè in termini di
percentuale di concepimento.
Conclusioni
La Scleroembolizzazione sec.Tauber una tecnica sicura,mininvasiva,facilmente eseguibile ed efficace,e
rappresenta una valida scelta di trattamento del varicocele di qualsiasi grado,anche recidivo.
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Scopo del lavoro
Scopo del lavoro è di riportare i risultati definitivi di uno studio prospettico che valuta un nuova tecnica
“graduale” di microtese in casi di azoospermia non ostruttiva. Tale approccio permette di limitare l’invasività
della procedura.
Materiali e metodi
Dal 2007 al 2013 sono state effettuate 62 microtese con tecnica “graduale” in pazienti con NOA ad alto
rischio di insuccesso del recupero (precedenti TESE negative, istologia sfavorevole: SCOS o arresto
maturativo completi, s. di Klinefelter), casi nei quali era presumibile la necessità di prelievi multipli.
L’approccio “graduale” (stepwise) di microtese consisteva in: 1) piccola incisione equatoriale dell’albuginea e
prelievo testicolare singolo (5x2 mm) con ricerca spermatozoi a fresco e dopo centrifugazione. 2) estensione
dell’incisione con apertura completa dell’albuginea fino all’ilo testicolare ed effettuazione di microtese con
asportazione dei tubuli con pinze da gioielliere in differenti aree della sezione di taglio (almeno 20 prelievi).
Tutti i tubuli ottenuti con microtese venivano processati insieme per ricerca degli spermatozoi a fresco e
dopo centrifugazione. 3) TESE multipla tradizionale dal testicolo controlaterale con ricerca spermatozoi a
fresco e dopo centrifugazione. Sono state confrontate le percentuali di recupero spermatozoi con prelievo
singolo iniziale, con microtese e con prelievi multipli dal testicolo controlaterale.
Risultati
In 46 casi (74%) non sono stati recuperati spermatozoi con nessuno dei tre tipi di prelievo mentre in 16
casi (26%) sono stati recuperati spermatozoi. Di quest’ultimi 16 casi, 15 (24,4% del totale) hanno avuto
un recupero sia nel prelievo singolo che nella microtese che nei prelievi controlaterali, e solo 1 (1,6% del
totale) ha avuto recupero di spermatozoi solo nella microtese e non nel prelievo singolo o nei prelievi multipli
controlaterali. Sono stati effettuati 11 cicli ICSI con spermatozoi congelati o freschi ottenendo 5 gravidanze,
di cui una biochimica, una terminata con aborto spontaneo all’ottava settimana e tre a termine con nascita di
4 bambini sani (una gravidanza gemellare).
Discussione
I dati ottenuti dimostrano che nei casi di NOA a prognosi più sfavorevole il tasso di recupero di spermatozoi
(26%) è inferiore alle percentuali riportate in letteratura e che l’impiego della microtese così come da noi
effettuata riesce a migliorarlo di poco. Infatti, dei 16 casi con recupero positivo solo 1 (1,6 % del totale) è
riconducibile all’impiego della microtese, mentre 15 avrebbero avuto successo anche con il solo prelievo
iniziale, singolo e meno invasivo, di TESE.
Conclusioni
. La tecnica graduale di microtese da noi proposta ottimizza l’impiego di questa tecnica limitandone l’impiego
ai soli casi che la necessitano riducendo così l’invasività del recupero di spermatozoi.
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STUDIO COMPARATIVO DELLO SVILUPPO CINETICO DEGLI EMBRIONI IN PAZIENTI
CON SPERMATOZOI TESTICOLARI E IN PAZIENTI CON SPERMATOZOI DA EIACULATO
NORMOSPERMICO.
E. Greco, F. Scarselli, D. Dente, V. Casciani, D. Zavaglia, M. Terribile, M. Minasi, G. Franco (Roma)
Scopo del lavoro
E’ noto che esiste una differenza nel grado di maturazione nucleare tra gli spermatozoi testicolari e
quelli eiaculati. Durante la spermiogenesi, il transito dello spermatozoo nel tratto epididimale favorisce
l’impacchettamento del DNA spermatico attraverso la defosforilazione delle protamine e la formazione
di ponti molecolari. Altre differenze nella maturità spermatica possono coinvolgere i centrioli, implicati
nella divisione embrionale. Su queste osservazioni, la maturità spermatica potrebbe modificare i tempi di
fertilizzazione e le successive divisioni cellulari. Il nostro obiettivo è stato quello di comparare fino alla terza
giornata, con l’uso della tecnologia del time-lapse, lo sviluppo degli embrioni ottenuti da cicli di iniezione
introcitoplasmatica (ICSI) effettuati con spermatozoi provenienti da biopsia testicolare o da eiaculato di
pazienti con valori di liquido seminale normale (normospermia WHO 2010 – conc. > 15000000, motilità Pr.
>32%, forme norm. > 4).
Materiali e metodi
In questo studio retrospettivo, effettuato da settembre 2012 a gennaio 2013, abbiamo analizzato le cinetiche
degli embrioni ottenuti da spermatozoi testicolari (TS)(n=40 embrioni) e da spermatozoi eiaculati (ES)
(n=101 embrioni). I marker di sviluppo analizzati sono stati: l’estrusione del secondo corpo polare, la
comparsa e la scomparsa dei due pronuclei e la divisione embrionale da 2 a 8 cellule. Il tempo di clivaggio
è stato osservato su tutti gli embrioni(gruppo TS: 9 ICSI, età media femminile=33.78; gruppo ES: 25 ICSI,
età media femminile 35.5). Sono stati osservati solo gli oociti fertilizzati correttamente (40/50= 80% in
TS;101/117=86.3% in ES, NS). L’analisi statistica è stata effettuata usando il T-student test.
Risultati
Il secondo corpo polare è stato estruso nel gruppo TS a 3.86 ore (h) mentre nel gruppo ES a 4.03h. La
formazione dei pronuclei è avvenuta nel gruppo TS a 10.05h mentre nel gruppo ES a 10.33h. La scomparsa
dei pronuclei è stata nel gruppo TS a 24.93h e nel gruppo ES a 23,91h. Il clivaggio a 2 e 3 cellule è stato
uguale per entrambi i gruppi, mentre lo sviluppo degli embrioni a 4 cellule è stato nel gruppo ES a 39.07h
e nel gruppo TS a 42.08h. Lo stadio di 8 cellule per il gruppo TS è stato osservato a 54.99h, mentre per il
gruppo ES a 57.56h.
Discussione
Dal nostro studio non emergono differenze significative tra i due gruppi, eccetto per la formazione del
secondo corpo polare, che risulta essere anticipato nel gruppo TS
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TERAPIA DI COMBINAZIONE CON VERAPAMIL INTRALESIONALE E ANTIOSSIDANTI ORALI NELLA
MALATTIA DI LA PEYRONIE: STUDIO CLINICO CONTROLLATO RANDOMIZZATO.
S. Privitera, V. Favilla, G. Russo, S. Cimino, C. Calì, M. Madonia, G. Morgia (Catania)
Scopo del lavoro
Controversa risulta l’efficacia della terapia della terapia orale nel trattamento della M. di La Peyronie (MP).
Obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’efficacia dell’associazione verapamil intralesionale e
Peironimev-plus® orale rispetto a verapamil intralesionale in monoterapia in pazienti con MP.
Materiali e metodi
Da Gennaio 2010 a Giugno 2012, sono stati arruolati 105 pazienti (età mediana 52 anni) affetti da MP di
recente insorgenza (durata media 3 mesi). Tutti i pazienti sono stati valutati al baseline e a 12 settimane con
ecocolordoppler penieno dinamico, questionario IIEF-15, valutazione del dolore penieno mediante Visual
Analog Pain Scale (VAS), documentazione fotografica e misurazione con goniometro del grado di curvatura
peniena in erezione. I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi di trattamento: Gruppo A (n=52) trattato
con verapamil 5 mg intralesionale (1 infiltrazione/settimana per 6 settimane) e Gruppo B (n=53) trattato
con verapamil 5 mg intralesionale (1 infiltrazione/settimana per 6 settimane) + Peironiemev-plus® orale (1
compressa/die per 3 mesi). Obiettivi secondari sono stati la diminuzione del punteggio VAS, il miglioramento
del punteggio IEF-15 e dei singolo domini dell’IIEF-15.
Risultati
Dopo 12 settimane, nel gruppo A è stato riscontrata una riduzione delle dimensioni di placca (p
Discussione
Nel presente studio non sono stati dimostrati dei miglioramenti significativi delle dimensioni della placca e
della curvatura peniena da parte della terapia di associazione. La funzione sessuale invece è migliorata
significativamente a 12 settimane dopo la terapia di associazione, in particolare, la FO, la SR e la SG.
Questi risultati possono essere spiegati dall’integrazione di meccanismi simultanei da parte di entrambe
le terapie, il verapamil mediante la riduzione della dimensione di placca e della curvatura peniena, e la
combinazione di diversi antiossidanti attraverso l’inibizione della flogosi e la stabilizzazione della malattia.
Conclusioni
I pazienti affetti da MP in fase precoce, possono beneficiare, specialmente in termini di miglioramento dei
domini dell’IIEF-15, di una terapia di combinazione con antiossidanti.
Conclusioni
E’ stata osservata una differenza non significativa nel clivaggio a 4 cellule che risulta essere ritardato nel
gruppo TS.
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PACLITAXEL NEL CANCRO DEL PENE METASTATICO PRE-TRATTATO: RISULTATI FINALI DI UNO
STUDIO DI FASE 2.
METASTASI LINFONODALI IN PAZIENTI AFFETTI DA CARCINOMA DEL PENE TRATTATO CON
CHIRURGIA CONSERVATIVA: NOSTRA ESPERIENZA
L. Nicola, F. Fusco, D. Arcaniolo, R. La Rocca, A. Nazaraj, G. Velotti, G. Di Lorenza, S. De Placido, V.
Mirone (Naples)
T. Torelli, A. Guttilla, M. Catanzaro, G. Lughezzani, S. Stagni, D. Biasoni, M. Maffezzini, L. Piva, N. Nicolai,
A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, R. Salvioni (Milano)
Scopo del lavoro
Risultati preliminari, precedentemente pubblicati, hanno dimostrato un’attività promettente del Paclitaxel nel
cancro del pene metastatico pre-trattato mediante chemioterapia. L’obiettivo primario è stato di valutare il
tasso di risposta. Obiettivi secondari erano invece la misurazione della sicurezza, sopravvivenza libera da
progressione e sopravvivenza globale.
Scopo del lavoro
Le opzioni terapeutiche per il trattamento del carcinoma squamo cellulare del pene(pSCC)sono direttamente
legate allo stadio clinico del tumore primitivo. In presenza di neoformazioni superficiali è possibile
conservare l’organo con trattamento di circoncisione e/o asportazione della lesione del glande (laser
CO2 exeresi); nel caso di tumori con aspetto infiltrante clinico (≥cT2) è indicato un intervento demolitivo
(amputazione parziale/totale). Il pSCC ≤pT1 ha un basso rischio di sviluppare metastasi linfonodali (N+).
Presentiamo la nostra casisitica monoistutzionale di Pazienti affetti da pSCC che hanno sviluppato N+ dopo
trattamento conservativo, senza sviluppare recidiva sullo stesso mantenendo l’organo.
Materiali e metodi
Sono stati reclutati 25 pazienti in uno studio multicentrico di fase II a braccio unico che ha coinvolto 5 Istituti.
I pazienti sono stati trattati con 175 mg/m2 di Paclitaxel ad intervalli di 3 settimane, fino all’insorgenza di
tossicità irreversibile o di progressione della malattia.
Risultati
Sono state osservate risposte parziali nel 20 % ( 5 di 25 pazienti). Gli effetti collaterali più comuni sono
stati neutropenia di Grado 1- 2, nausea e mucosite orale, riscontrati rispettivamente in 13, 9 e 8 pazienti.
Neutropenia di Grado 3-4 è stata riportata in sette pazienti (28 %). La mediana di sopravvivenza libera da
progressione era di 11 settimane ( intervallo di confidenza 95 %, 7-30); la mediana di sopravvivenza globale
era di 23 settimane ( intervallo di confidenza 95 %, 13-48). La sopravvivenza media dei pazienti responsivi
a terapia era di 32 settimane( intervallo di confidenza 95 %, 20-48). Una limitazione del nostro studio era il
campione limitato, che non raggiungeva l’obiettivo di 27 pazienti, dovuto al lento reclutamento tipico di una
malattia rara.
Discussione
Questo trial descrive la più ampia casistica al momento presente in letteratura su tale argomento.
Complessivamente, il trattamento è stato ben tollerato. Non si sono verificati eventi letali, una tossicità
ematologica importante si è osservata solo in alcuni pazienti. Come trattamento di seconda linea, l’efficacia
del paclitaxel è stata incoraggiante, con un tasso globale di controllo della malattia(risposte parziali, più
malattia stabile)del 36%.
Conclusioni
I risultati finali del nostro studio dimostrano che il Paclitaxel è moderatamente attivo e ben tollerato. Sono
richiesti ulteriori trials in grado di esplorare la combinazione del Paclitaxel con altri agenti.
Materiali e metodi
Abbiamo valutato i pazienti che dopo trattamento conservativo sul pene, al follow up, non avendo
manifestato recidiva locale hanno altresì sviluppato N+; alla comparsa della malattia linfonodale clinica si
procedeva al trattamento della stessa con chirurgia (linfoadenctomia inguinale e/o pelvica) associata ad
eventuale chemioterapia in relazione all’estensione della malattia.
Risultati
Dal gennaio 1998 al giugno 2012 abbiamo estratto dal nostro data base compilato prospetticamente 127
pazienti che non hanno sviluppato recidiva locale sul pene dopo trattamento conservativo. L’età mediana
di questi Pazienti era di 59 anni (32-74). In 21 casi si sono presentate N+ al follow up. L’intervallo di tempo
mediano tra il trattamento locale sul pene e i trattamento dei linfonodi è stato di 9 mesi (range 1-146); 18/21
(85.7%) casi hanno sviluppato la malattia ai linfonodi entro 24 mesi dal trattamento sul pene, ed in 3 casi
si sono manifestate tardivamente al follow up (44, 70, 146 mesi). I 21 pazienti che hanno sviluppato N+
erano: 1 Cis (4.7%), 3 pTa (14.3%) e 17 pT1 (80.9%) con grading G1, G2, G3 e G4 rispettivamente in 4
(19%), 11 (52.4%), 3 (14.3%) e 1 (4.7%) caso. L’istologico della linfoadenctomia ha mostrato pN1, pN2 e
pN3 rispettivamente in 6, 8 e 7 casi (TNM 2002). Di questi Pazienti 6 sono stati trattati con chemioterapia
adiuvante: secondo schema VBM (Vinblastina, Bleomicina e Metotrexate) in un caso e TPF (Taxotere,
Platino e 5-Fluoruracile) in 5 casi. Il follow-up mediano è stato di 23 mesi (5-181); 8/127 (6.3%) pazienti
deceduti per malattia ad un follow-up mediano di 21 mesi (5-76 mesi).
Discussione
Lo pSCC ≤pT1, nonostante sia possibile il trattamento conservativo dell’organo, è in grado sviluppare
metastasi e portare ad exitus del paziente. Un adeguato follow up è necessario e mantenuto con frequenza
3-4 volte anno nei primi 2 anni, considerando che la maggior parte del rischio si sviluppa nei primi 24 mesi
(85%); anche se sono possibili ricadute tardive.
Conclusioni
Un attento follow-up dei pazienti affetti da SCC del pene trattato conservativamente è necessario, avendo
sempre cura di valutare i linfonodi, che possono manifestare metastasi anche in assenza di una recidiva
locale sul pene.
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CISPLATINO E 5-FLUOROURACILE NEL CARCINOMA DEL PENE A CELLULE SQUAMOSE
INOPERABILE, STADIO IV.
NEOPLASIA A CELLULE GERMINALI INTRATUBULARE E MULTIFOCALITA’ NEI TUMORI
TESTICOLARI E CELLULE GERMINALI
N. Longo, G. Di Lorenzo, M. Barbieri, R. Bianco, P. Verze, A. Palmieri, F. Mangiapia, S. De Placido, V.
Mirone (Napoli)
V. Favilla, G. Russo, D. Urzì, F. Spitaleri, G. Garau, S. Cimino, T. Castelli, M. Madonia, C. Corbu, F. Pirozzi
Farina, G. Morgia (Catania)
Scopo del lavoro
Obiettivo dello studio è quello di valutare l’attività e la tossicità del 5-fluorouracile (5-FU) come trattamento di
prima linea nel carcinoma a cellule squamose del pene(SCCP).
Scopo del lavoro
Il trattamento gold standard dei tumori testicolari è rappresentato dall’orchifuniculectomia. In pazienti
altamente selezionati, al fine di preservare la fertilità e la funzione gonadica, è possibile proporre un
approccio chirurgico conservativo (testis sparing surgery). Tuttavia, la radicalità oncologica di tale opzione
terapeutica è molto dibattuta. Obiettivo del nostro studio è stato quello di determinare, nei tumori testicolari,
la prevalenza istologica della neoplasia a cellule germinali intratubulare (Tis) e della multifocalità delle
lesioni.
Materiali e metodi
Sono state esaminate le cartelle cliniche di 78 pazienti con SCCP trattati tra il gennaio 2000 e il giugno
2011. Sono stati consultati i dati riguardanti i pazienti trattati con 5-FU come prima linea di trattamento. Sono
stati inclusi nello tutti i pazienti i cui referti radiologici erano disponibili per la determinazione della risposta
e della sopravvivenza libera da progressione (PFS) in base ai criteri di valutazione della risposta nei tumori
solidi (RECIST) 1.1.
Risultati
Tra il gennaio 2000 e il giugno 2011, 25 pazienti sono stati trattati con cisplatino endovena il primo giorno,
seguito dalla infusione continua con 5-FU per 24 ore per 4 giorni ogni 3 settimane fino alla progressione
della malattia o alla comparsa di tossicità inaccettabile. Risposte parziali e malattia stabile sono state
osservate rispettivamente in 8 (32%) e 10 (40%) pazienti, con un tasso di controllo della malattia del 72%.
Il più importante effetto collaterale è stato la neutropenia grave di grado 3-4 osservato, verificatosi nel 20%
dei pazienti. La sopravvivenza media libera da progressione (range interquartile [IQR]) è stata di 20 (11-20)
settimane e la sopravvivenza globale (OS) media (IQR) di 8 (7-12) mesi.
Discussione
Il carcinoma a cellule squamose del pene (SCCP), metastatico o localmente avanzato, è generalmente
incurabile, ma un approccio palliativo è rappresentato dalla chemioterapia sistemica. Due studi retrospettivi,
coinvolgenti meno di 10 pazienti ciascuno, hanno dimostrato che il cisplatino associato alla infusione
continua di 5-fluorouracile (5-FU) può essere efficace e ben tollerato. Il Cisplatino, il metotrexato e la
bleomicina, il cisplatino associato ad irinotecano e taxani possono svolgere un ruolo importante per i
pazienti con SCCP localmente avanzato/metastatico. Infine, anche la terapia anti-EGFR può essere efficace
nello SCCP avanzato. Sebbene il trattamento con cisplatino associato alla infusione continua di 5-FU è
ampiamente utilizzato nella pratica clinica per la palliazione dello SCCP, i dati riguardanti la tossicità e
l’efficacia di questo piano terapeutico comprendono un totale di 14 pazienti con SCCP, trattati più di due
decenni fa.
Conclusioni
Il 5-FU è associato ad un moderato tasso di risposta ed è ben tollerato in pazienti con SCCP metastatico
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Materiali e metodi
Sono stati inclusi nello studio 126 campioni di testicoli prelevati tra il 2003 ed il 2013 per noplasia testicolare
a cellule germinali (TCG). La multifocalità delle lesioni è stata definita come la presenza di due o più foci
neoplastici distinti dalla massa tumorale principale. Il Tis è stato definito come la presenza di tumore
microinvasivo, caratterizzato da un singolo o piccoli gruppi di cellule germinali maligne intratubulari,
disseminate nel contesto di un parenchima testicolare normale.
Risultati
L’analisi istologica ha documentato: 76 (60.3%) seminomin puri, 29 (19%) TCG non seminomatosi e
26 (20.6%) TCG di tipo misto includenti una componente seminomatosa. Il diametro tumorale medio è
risultato di 3.94 cm. Un diametro tumorale superiore a 4 cm è stato riscontrato in 41 casi (38%). L’invasione
linfo-vascolare e della rete-testis è stata documentata in 48 (38%) e 34 (27%)casi rispettivamente. La
multifocalità è stata identificata in 19 (15%), 5 (3.9%) e 9 (7.1%) casi di seminoma, TCG non seminomatosi
e TCG di tipo misto rispettivamente. Il Tis è stato descritto in 26 (20.6%), 10 (7.9%) e 9 (7.1%) casi di
seminoma, TCG non seminomatosi e TCG di tipo misto rispettivamente. In relazione al diametro della
lesione tumorale principale, rispettivamente ≤1 cm, 1.1-2 cm, 2.1-3 cm, 3.1-4 cm e >4 cm, la multifocalità è
stata identificata in 2 (1.6%), 9 (7.1%), 9 (7.1%), 4 (3.1%) e 9 (7.1%) ed il Tis in (0%),10 (7.9%), 6 (4.7%), 9
(7.1%) e 21 (16.6%) rispettivamente di seminomi, TCG non seminomatosi e TCG di tipo misto.
Discussione
La multifocalità delle lesioni ed il TIs risultano più frequentemente associati ai TCG con istotipo
seminomatosi. La loro prevalenza, tuttavia, risulta bassa nelle lesioni ≤1 cm.
Conclusioni
Questi risultati dovrebbero essere valutati, al fine di garantire la radicalità oncologica nella chirurgia testis
sparing.
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INGUINAL LYMPH NODES CHARACTERISTICS PREDICT PELVIC LYMPH NODES INVOLVEMENT IN
PENILE CANCER: A SINGLE-INSTITUTIONAL EXPERIENCE
M. Catanzaro, G. Lughezzani, A. Guttilla, T. Torelli, S. Stagni, D. Biasoni, N. NIcolai, M. Maffezzini, L. Piva,
A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, R. Salvioni (Milano)
Aim of the study
The aim of our study is to determine the predictors of pelvic Lymph-nodes metastasis (LNM) in a singleinstitutional population of patients with pathologically determined inguinal LNM.
Materials and methods
A total of 261 node-positive groins were retrieved from our institutional database. A concomitant pelvic
lymphadenectomy (LND) was performed in case of clinically evident positive nodes. In case of low-volume
inguinal disease, the decision to perform a deferred pelvic LND was detemined based on pathological
inguinal nodes characteristics. Logistic regression models (LRMs) were fitted to test the predictors of pelvic
lymph nodes involvement. The Mazumdar-Glassman method was used to determine the most significant
cut-off values for each predictor.
Results
Overall, pelvic LNM were observed in 48 (18.3%) cases. The mean number of positive inguinal and pelvic
lymph nodes was 1.9 (range:1-8) and 1.2 (range: 0-12), respectively. Mean inguinal LNM volume was 3.3
cm (range: 1-10 cm). At univariable LRMs, both the number of inguinal LNM (OR: 1.51: 95% CI: 1.20-1.90; p
Discussion
Although the need for a concomitant pelvic LND in patients with penile cancer with inguinal LNM is still a
matter of debate, it should be carefully evaluated in patients with penile cancer and inguinal LNM.
Conclusions
The number and volume of inguinal LNM should be taken into account when determining the need for a
concomitant pelvic LND.
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LAPAROSCOPIC POST-CHEMOTHERAPY RETROPERITONEAL LYMPH-NODE DISSECTION (L-PCRPLND) IN RESIDUAL MASS FROM NON-SEMINOMATOUS GERM-CELL TUMOURS OF THE TESTIS
(NSGCTT): EVALUATION AND COMPARISON WITH THE OPEN STANDARD SURGERY
N. Nicolai, S. Stagni, D. Biasoni, M. Catanzaro, G. Lughezzani, A. Guttilla, T. Torelli, L. Piva, M. Maffezzini,
A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, M. Colecchia, R. Salvioni (Milano)
Aim of the study
Patients with NSGCTT who had residual retroperitoneal masses following chemotherapy need PC-RPLND.
We report early observation of L-PC-RPLND compared with Open (O-) PC-RPLND in patients with
comparable disease at our Institution.
Materials and methods
Eighteeen consecutive L-RPLNDs performed following first line chemotherapy (3 to 4 PEB) between Feb
2011 and Feb 2012 for residual mass from NSGCTT, were compared with 10 open post-chemotherapy
RPLNDs having comparable features performed between Jun 2009 and Apr 2012 at our Institution. All
patients had unilateral disease (from one side of the aorta) since the beginning, and none had undergone
previous retroperitoneal surgery. Initial stage was II A to II C in both groups except a stage III in laparoscopic
group. Prognostic allocation according to IGCCCG was of good prognosis in all cases except one
intermediate in open group and one poor in laparoscopic group. All patients had normal markers prior to
surgery. Size of residual masses was comprehended between 10 and 70 mm (p=.18 at Mann-Withney test).
Patients were evaluated for: complications, hospital stay, histology, postoperative pain control (resting and
dynamic VAS), recurrence rate.
Results
Median operation time was 150 min (range 101 to 189) in O-PC-RPLND and 210 (range 131 to 278) in
L-PC-RPLND (p 0.0046 at Mann Withney test). Intra-operative bleeding was negligible in all cases, but 1
L-PC-RPLND (100 cc) and 1 O-PC-RPLND (150 cc). Histology according to procedure (O Vs L) was one of
mature teratoma in 6 Vs 10 patients, immature teratoma in 1 Vs 6 and fibro-necrotic tissue in 3 Vs 2 patient.
One L-PC-RPLND patient underwent postoperative blood transfusion (2 units). Postoperative lymphatic
leakage lasting more than 5 days, which spontaneously resolved, occurred in 2 patients following O-PCRPLN and in 1 following L-PC-RPLND. Dynamic VAS was inferior in L-PC-RPLND both in 1st and in 2nd
postoperative days (1st day: L-PC-RPLND: 2 to 8; O-PC-RPLND: 4 to 8. 2nd day: L-PC-RPLND: 0 to 7;
O-PC-RPLND 5 to 7). Median postoperative hospital stay was 8 days (6 to14) in O-PC-RPLND Vs 3 days
(2 to 6) in L-PC-RPLND (p < 0.0001 at Mann-Withney test). Following a median follow up of 15,5 months
(1- 37), all the patients but one are currently alive and disease free, with one patient in L-PC-RPLND group
suffering a recurrence of iliac teratoma (
Discussion
L-PC-RPLND needs usual longer operative times, it does not differ for complication rate and it was better
tolerated and permits an earlier discharge. No difference in oncologic outcome was observed up to now.
Conclusions
L-PC-RPLND is an alternative to O-PC-RPLND in selected patients with NSGCTT.
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PREDICTORS OF LOCAL FAILURE AFTER PARTIAL PENECTOMY FOR LOCALLY-INVASIVE PENILE
CANCER: A SINGLE-INSTITUTIONAL CASE SERIES
TOTAL NUMBER OF POSITIVE NODES AND POSITIVE NODE RATIO MAY PREDICT RECURRENCE
IN EARLY STAGE NON-SEMINOMATOUS GERM-CELL TUMOURS (NSGCT) UNDERGOING PRIMARY
RETROPERITONEAL LYMPH-NODE DISSECTION (RPLND)
M. Catanzaro, G. Lughezzani, A. Guttilla, T. Torelli, S. Stagni, D. Biasoni, N. Nicolai, M. Maffezzini, L. Piva,
A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, R. Salvioni (Milano)
N. Nicolai, G. Lughezzani, M. Catanzaro, A. Guttilla, T. Torelli, D. Biasoni, S. Stagni, L. Piva, M. Maffezzini,
A. Necchi, P. Giannatempo, D. Raggi, R. Salvioni (Milano)
Aim of the study
In the current study, we investigated the predictors of local failure in a sinlge-institutional population of
patients treated with partial penectomy (PP).
Aim of the study
Presence of nodal metastases at primary RPLND frequently triggers adjuvant chemotherapy in NSGCT,
although most of these patients will not relapse. We reviewed our valuable patients undergoing primary
RPLND who did not receive adjuvant chemotherapy in order to identify simple predictors of recurrence
according to nodal disease associated parameters.
Materials and methods
Data from 210 patients treated with PP for penile cancer between January 1980 and June 2012 were
retrieved from our institutional database. Local failure was defined as the presence of residual disease
(positive surgical margin; R1) or local disease recurrence requiring further surgical intervention. Cox
regression models were fitted to test the predictors of local failure.
Results
Mean patient age was 59.2 years (range 21-92). Positive surgical margins were detected in 13 (6.1%)
patients. Seven (25%) out of 21 patients with pT3 disease had positive surgical margins, as compared to
6 (5.3%) out of 108 patients with pT2 disease and 0 (0%) out of 81 patients with pT1 disease. All of these
patients were subjected to TP. Overall, 18 (8.6%) patients developed local recurrence at a median follow-up
time of 24.8 months (range: 4-47) and required further surgical intervention. At univariable Cox regression
analyses, pathological T stage and grade emerged as significant predictors of local failure (all p≤0.001).
Specifically, patients with pT2 and pT3 disease had respectively a 14.17- (95% CI:1.88-106.66) and a
42.2-fold (95% CI 5.32-334.8) higher probability of developing local recurrence relative to patients with pT1
disease. Similarly, patients with G2 and G3 disease had respectively a 2.40 (95% CI:0.93-6.94) and a 6.65
(95% CI 2.28-19.45) -fold higher probability of developing local recurrence relative to patients with low grade
disease .At multivariable Cox regression analysis, only pT stage emerged as an independent predictor of
local failure (p=0.005). Conversely, tumor grade did not achieve the independent predictor status (p=0.150).
Discussion
PP is an organ-sparing alternative to total penectomy in the treatment of locally-invasive penile cancer.
Although PP is a feasible and safety technique for the treatment of pT1-2 penile cancer, pT3 patients are at
high risk of local failure after PP.
Conclusions
Partial penectomy represents an oncologically safe option for the treatment of patients with pT1-2 penile
cancer.
Materials and methods
We identified 84 patients (median age 26, IQR: 21-30) with complete data who underwent primary RPLND
between 3/1991 and 3/2011, had nodal metastases and did not receive adjuvant chemotherapy. Extension
of RPLND was unilateral in 41 (48.8%) and bilateral in 43 (52.2%) cases. Medians were as follows: number
of positive nodes (NPN): 2 (IQR 1-3); number of removed nodes (NRN): 22 (IQR 15-30); number of negative
nodes (NNN): 20 (IQR 13-27); positive nodes ratio (PNR: no of positive nodes/total removed nodes): 8.7
(IQR 5.3-14.3). The Mazumdar-Glassman method was used to determine the most significant cut-off values
for each variable, which were considered both as continuously-coded and as categorically-coded. The
Kaplan-Mayer method was used to determine recurrence-free rate (RFR). A uni-variable Cox regression
model was fitted to test the predictors of 2-yrs recurrence-free survival (RFS).
Results
Following a median follow-up of 38 months (IQR 5-65), 16 (19%) patients relapsed. The 2-yrs RFS is 82.1%.
NPN and PNR significantly associated with recurrences at uni-variable Cox regression model both as
continuous variables (NPN: HR 1.37; CI 1.09-1.72; p= .005. PNR: HR 1.07; CI 1.03-1,11; p < .0001) and as
categorical variables (NPN: HR 3.84, CI 1.42-10.39; p= .008. PNR: HR 5.93, CI 1.69-20.85; p= .005). The
most significant cut-offs are 9% for PNR and a total of 3 NPN. The 2-yrs RFR is 97.2% when PNR > 9% Vs
64.8% if PNR ≤ 9 (Log rank p = .002), and 90% if NPN ≥ 3 Vs 63% if NPN is < 3 (Log rank p = .004). On the
other hand, NRN, NNN and RPLND extension did not significantly associated with recurrence at uni-variable
Cox regression model.
Discussion
The vast majority of patients with nodal metastases at RPLND who did not undergo adjuvant chemotherapy
do not relapse. Small tumour burden (NPN < 3) and a very low nodal density (PNR ≤ 9%) associate with a
very favourable condition, as > 90% of patients without one of these factors remain disease-free at 2 yrs. On
the other hand, patients with “unfavourable” features have a probability of recurrence which is not lower than
63%.
Conclusions
These findings need to be confirmed and specially indicate that a proportion of patients with nodal
metastases bear a very low risk of recurrence, and adjuvant treatment in these patients shoul not be
advised.
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INVESTIGATING THE RELATIONSHIP BETWEEN TYPE OF SURGERY AND SURVIVAL IN PATIENTS
WITH LOCALLY-INVASIVE SQUAMOUS CELL CARCINOMA OF THE PENIS
A. Guttilla, G. Lughezzani, M. Catanzaro, T. Torelli, S. Stagni, D. Biasoni, M. Maffezzini, L. PIva, A. Necchi,
P. Giannatempo, D. Raggi, R. Salvioni (Padova)
Aim of the study
We evaluated whether type of surgery has an impact on the survival outcomes in a population of patients
with penile squamous cell carcinoma surgically treated at our Institution between 1980 and 2012.
Materials and methods
The study population consisted of 275 patients treated with partial penectomy (PP), total penectomy (TP)
or emasculation for locally-invasive penile cancer. We determined the pathological characteristics of the
disease and the oncological outcomes of these individuals. The Kaplan-Meier method was used to depict
cancer-specific survival (CSS) rates. Univariable and multivariable Cox regression models were fitted to test
the predictors of CSS.
Results
Overall, 202 (73.5%), 53 (19.3%) and 20 (7.3%) patients were treated with PP, TP and emasculation,
respectively. Tumor stage (p
Discussion
Different surgical approaches may be adopted for the treatment of locally invasive penile cancer.
Conclusions
The most appropriate approach should be chosen after careful evaluation of the disease characteristics and
expectations of the single patient.
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L’INSULINO RESISTENZA E LA FUNZIONE ORGASMICA SONO INVERSAMENTE ASSOCIATI ALLA
SINTOMATOLOGIA DI SVUOTAMENTO IN PAZIENTI CON LUTS MODERATI-SEVERI.
S. Cimino, G. Russo, V. Favilla, T. Castelli, E. Fragalà, S. Privitera, S. Trovato, M. Madonia, G. Morgia
(Catania)
Scopo del lavoro
Diversi studi hanno recentemente messo in relazione la presenza dei Sintomi della Basse Vie Urinarie
(LUTS) con la comparsa di Deficit Erettile (DE), dovuto all’interazione di diversi meccanismi, come la
riduzione del NO, l’aumento del tono simpatico o l’aumento del sistema delle Rho-K. Oltretutto, più
recenti osservazioni hanno dimostrato come l’insulino-resistenza (IR) possa giocare un ruolo importante.
L’iperinsulinemia è infatti associata ad un incremento dell’attività del sistema nervoso simpatico e
questa può contribuire all’aumentato tono muscolare della prostata, determinando LUTS più severi
indipendentemente dall’allargamento prostatico, ma anche determinare un danno endoteliale. Scopo di
questo lavoro è valutare l’associazione tra LUTS, IR ed alterazioni delle funzione sessuale, valutata come
IIEF-15.
Materiali e metodi
Da Gennaio 2013 a Marzo 2013 38 pazienti consecutivi affetti da LUTS di grado moderato-severo secondo
l’International Prostate Symptom Score (IPSS≥8) sono stati inclusi in questo studio. A tutti i pazienti è stato
effettuato un dosaggio di PSAtot, glicemia e insulinemia. Criteri di esclusione erano la diagnosi di tumore
prostatico, diabete mellito scompensato, terapia con PDE-5 e trattamento con 5-ARI. L’IR è stato valutato
utilizzando il QUICKI, calcolato secondo la seguente formula: QUICKI = 1 / [log insulin basale (μIU/ml) + log
glicemia basale (mg/100 ml)]. L’IR è stata definita in presenza di un valore di QUICKI
Risultati
Le medie dei parametric valutati erano le seguenti: IPSS (19,68 ± 5,21), IPSS-Storage (8,39 ± 2,61), IPSSVoiding (11,37 ± 4,42), IIEF-EF (15,84 ± 8,45), IIEF-Orgasmic (6,84 ± 3,39), IIEF-Sexual Desire (7,05 ±
2,43), IIEF-Intercourse Satisfaction (7,24 ± 4,31), IIEF-Overall Satisfaction (5,5 ± 2,33), Insulinemia (8,21
± 6,09), Quicki (0,36 ± 0,06). Utilizzando il cut-off del Quicki di 0,36, 21 (55,26%) pazienti presentavano
IR, mentre 34 pazienti (89,47%) presentavano DE (IIEF-EF < 26). Tuttavia non si è riscontratata nessuna
differenza significativa nei i diversi parametri tra i pazienti con o senza IR e con o senza DE. Infine alla
regressione lineare, è stata riscontrata un’associazione significativa tra Quicki e IPSS-Voiding (r=-0,33; p
Discussione
Nel nostro studio è stato dimostrato come al ridursi del Quicki, espressione di IR, si associ un aumento
della sintomatologia di svuotamento in pazienti con LUTS moderato-severi. Infine, la presenza di una buona
funzione orgasmica è espressione di una bassa sintomatologia di svuotamento.
Conclusioni
In pazienti con LUTS di grado moderato-severo dovrebbe essere presa in considerazione la correzione
dell’IR al fine di ridurre la sintomatologia. Il miglioramento della funzione orgasmica potrebbe essere
considerato come un parametro di miglioramento dell’IPSS-Voiding.
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ADERENZA ALLE LINEE GUIDA NAZIONALI NELLA DIAGNOSTICA E NELLA TERAPIA DELL’IPB SU
DI UN CAMPIONE DELLA POPOLAZIONE MASCHILE DELLA CAMPANIA: ANALISI DEI DATABASE
DEL CONSORZIO NAZIONALE DELLE COOPERATIVE MEDICHE (CNCM) E DEL CONSORZIO MEGA
ELLAS
VALUTAZIONE DELLA RISPOSTA TERAPEUTICA ALLA ANTIBIOTICOTERAPIA DEI PAZIENTI CON
PROSTATITE CRONICA BATTERICA IN BASE ALL’EPOCA DI INSORGENZA DEI SINTOMI
P. Verze, G. Arpino, D. Arcaniolo, M. Franco, R. La Rocca, G. Piccinocchi, B. Viscusi, V. Mirone (Napoli)
Scopo del lavoro
In base ai criteri del National Instititute of Diabetes and Digestive and Kidney (NIDDK) la diagnosi di
prostatite cronica batterica, si basa su parametri clinici e laboratoristici. Quando sospettata e senza
riscontro colturale, si somministra terapia antibiotica, supponendo una colonizzazione batterica. I pazienti
riferiscono un iniziale miglioramento dei sintomi, con recrudescenza nei mesi successivi. Un reale
miglioramento dovrebbe permanere almeno 6 mesi. Come nel dolore pelvico cronico, una ritardata diagnosi
giustificherebbe l’insuccesso terapeutico. Nostro scopo è valutare se il ritardo diagnostico influenza
l’efficienza terapeutica della terapia antibiotica
Scopo del lavoro
È stato valutato il livello di corrispondenza tra le Linee Guida Nazionali SIU e le scelte diagnostiche e
terapeutiche nella gestione della Iperplasia Prostatica Benigna (IPB) adottate dai Medici di Medicina
Generale afferenti all’ “Osservatorio Regionale per il monitoraggio e la valutazione dell’appropriatezza delle
prestazioni sanitarie nell’Area dell’Assistenza Primaria” costituito dal Consorzio Mega Ellas e dal Consorzio
Nazionale delle Cooperative Mediche (CNCM)
Materiali e metodi
E’stato utilizzato il database dell’Osservatorio, alimentato dalle Cartelle Cliniche di 591 MMG afferenti ai
due Consorzi. Sono stati considerati i dati relativi agli assistiti di sesso maschile tra i 15 e 90 anni. L’analisi,
ha riguardato la fascia 40-90 anni poiché considerata a rischio di IPB. Sono state analizzate l’incidenza e la
prevalenza di IPB nel campione, stratificandolo per fasce d’età e per singolo anno del triennio 2009-2011; i
dati ottenuti sono stati poi messi in relazione con indicatori del processo diagnostico e di quello terapeutico
(visita urologica, uroflussometria, ecografia trans-rettale, opzioni terapeutiche ecc).
Risultati
Sono stati considerati 205.540 uomini a rischio(pz 40-90 anni). La prevalenza di IPB sul campione
analizzato è risultata del 25,3% (52.078 casi). L’analisi degli indicatori del processo diagnostico ha mostrato
che: - la saturazione di PSA prescritto negli ultimi tre anni sull’intero campione è stata del 76 %; - Solo
il 41% dei pazienti diagnosticati con IPB , tuttavia, ha effettuato almeno un test di PSA totale, libero e
frazionato nell’ultimo anno; - l’8,7% ha effettuato una visita urologica in precedenza; - il 7,8% ha effettuato
un’ecografia sovra pubica ed il 4,1% un’ecografia trans-rettale; - il 2,1% ha eseguito una uroflussometria.
In ambito terapeutico, è emerso che 17.528 pazienti (31%) con diagnosi di IPB stanno attualmente
eseguendo una terapia: - 15667 (89,3%) pazienti assumono alfa-litici, di cui 11160 (63,6%) in monoterapia
e 4507 (25,7%) in associazione con 5ARI. - 6162 (35,1%) pazienti assumono 5ARI di cui 1655 (9,4%)
in monoterapia e 4507 (25,7%) in associazione con alfa-litici. - 206 pazienti assumono un trattamento
differente da quelli descritti.
Discussione
I dati evidenziano uno scarso livello di aderenza da parte degli MMG alle linee guida nazionali, in tema
di diagnosi e terapia dell’IPB. La prevalenza di pazienti con IPB registrata è inferiore a quella attesa,
evidenziando una sottodiagnosi della patologia.Vanno sottolienate la bassa percentuale di pazienti che
effettua un inquadramento adeguato della patologia ed, in ambito terapeutico, il fatto che solo il 31% dei
soggetti con IPB riceve un trattamento specifico
Conclusioni
Il basso livello di aderenza da parte dei MMG all’iter diagnostico-terapeutico dell’IPB suggerito dalle linee
guida nazionali suggerisce la necessità di effettuare programmi formativi destinati ai MMG, al fine di
incrementare il loro livello di competenza clinica nella gestione del paziente con IPB
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G. Galeone, E. Chiarulli, A. Venneri-Becci, F. Chiaradia, V. Pagliarulo, A. Pagliarulo, G. de Rienzo (Bari)
Materiali e metodi
Trattasi di studio osservazionale retrospettivo condotto dal gennaio 2010 a luglio 2012 su pazienti
ambulatoriali consecutivi. Criteri di inclusione: test di Meares-Stamey positivo all’esordio della
sintomatologia e negativizzatosi dopo ciclo di 28 giorni di terapia antibiotica mirata sull’antibiogramma;
disponibilità di questionario di autovalutazione dei sintomi (NIH-CPSI) eseguito alla diagnosi e 6 mesi dopo
la terapia; conoscenza della data di insorgenza dei sintomi; follow-up completo di 1 anno dopo la terapia.
Sono stati considerati il tempo trascorso fra insorgenza dei disturbi e diagnosi e la risposta al questionario
sottoposto 6 mesi dopo terapia. Per valutare il nesso di correlazione causa-effetto fra intervallo di tempo
trascorso dall’insorgenza dei sintomi prima della diagnosi ed entità del miglioramento sintomatologico
abbiamo condotto una analisi multivariata utilizzando il test di regressione lineare per variabili continue con
software SPSS (analisi di regressione)
Risultati
Nel rispetto dei criteri di inclusione sono stati analizzati 59 uomini, età media 45 anni (19-75). Abbiamo
osservato una correlazione statisticamente significativa tra i mesi trascorsi alla diagnosi e la ratio di
riduzione dei sintomi (F-test= 4,62; p= 0,035; coefficiente di correlazione pari a 0,08(C.I.±0,038). E’ una
relazione inversa, poichè aumentando l’intervallo tra insorgenza dei sintomi e diagnosi si riduce l’efficacia
della terapia antibiotica
Discussione
In base ai nostri risultati, ritardare la diagnosi riduce la risposta antibiotica. Questo dato correla con il
riscontro in letteratura che il dolore prostatico cronico è di tipo neuropatico: una prolungata permanenza
della flogosi trasformerebbe il dolore della prostata in dolore neuropatico cronico, permanente nonostante
l’eradicazione dell’infezione
Conclusioni
Un riconoscimento precoce della prostatite cronica batterica, porta a una migliore risposta alla
chemioterapia antibiotica, riducendo il numero di casi di sindrome del dolore prostatico cronico
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MESH GRAFT TWO STAGE URETHROPLASTY FOR RECURRENT OR SEVERE URETHRAL
STENOSIS: DESCRIPTION OF SURGICAL TECHNIQUE AND EARLY RESULTS.
TISSUE-ENGINEERED BUCCAL MUCOSA URETHROPLASTY: PRELIMINARY REPORT OF OUR
FIRST CASES.
M. Aragona, M. Reichert, J. Ekrutt, C. Bischoff, K. Sayedahmed, M. Salman, R. Seibel, J. Riepenhusen, R.
Olianas (Lüneburg, Germania)
M. Aragona, J. Ekrutt, M. Reichert, K. Sayedahmed, K. Urban, C. Bischoff, J. Riepenhusen, T. Jacherzt, R.
Olianas, G. Ram-Liebig (Lüneburg, Germania)
Scopo del lavoro
Mesh Graft two stage urethroplasty (MGUP) is indicated in the treatment of complex or recurrent urethral
strictures, after trauma or multiple surgical procedures. In recurrent posterior urethral stenosis it may also be
the last alternative to urinary diversion. We describe the MGUP and report the early results.
Aim of the study
The buccal mucosa (BM) urethroplasty (UP) is one of the preferred treatments for long urethral stenosis.
In case of the long urethral stricture this treatment is limited from the length of the graft that is possible to
harvest. In the aim to increase the graft length not only BM of the cheeks but also from the lower lip or the
tongue can be taken. However the morbidity increase with the extension of the harvesting. To overcome
these limitations a tissue engineered BM graft has been developed (Mukocell®). We report on the outcome
of our first 6 cases.
Materiali e metodi
I Stage: appropriate preoperative staging of the urethral disease is essential to plan a correct surgical
strategy. Bowel preparation is administered preoperative. The patient is positioned in lithotomy position
including the upper leg in the sterile field. With a perineal approach at the level of the urethral stenosis the
urethra is carefully mobilized removing all the scar tissue resulting from previous surgeries. After measuring
the stricture´s length a skin graft is taken from the medial upper leg with a microdermatome (depth of 0,2
mm). The Graft is then meshed and implanted with continues sutures and tissue glue. After completing
the perineostomy, a compressive dressing with fat gauze is then applied. This medication is crucial for the
correct engrafting Post-operative management contemplates bed rest and parenteral nutrition for 1 week.
Opium and Loperamide are given to inhibit peristaltic. In the first week is important to avoid mechanical
stress on the graft that may cause a graft displacement that may delay the angiogenesis and the prompt
engrafting. After 7 days the 1st dressing change is performed in lithotomy position; this allow a correct
assessment of the engrafting. Afterwards the dressing is changed every 2 days until a good healing of the
graft is obtained. The II Stage is performed after at least 3 months from the 1st surgery. After assessing the
good engraftment and excluding possible stenosis relapse, the neourethra is closed on a 20 ch catheter.
Between the X and XIV postoperative day a cistourethrography is performed; if no leakage is shown urethral
catheter is removed.
Materials and methods
From February 2012 to March 2013 7 patients underwent harvesting of BM for tissue engineered BM UP.
Only patients with no previous UP as well as stricture less then 4 cm were selected. Lichen schlerosus
was also an exclusion criterion. All patient were preoperative evaluated with uroflowmetry, retrograde
urethrography and questionnaire (IIEF, IPSS, incontinence questionnaire). The harvesting of the graft
was performed in an ambulant setting; a small BM biopsy of about 1cm2 was taken from the right cheek.
All patients went home about 1 hour after the procedure. 3 to 4 weeks after the harvesting the tissueengineered graft was implanted. In one case we could not proceed to implant because of bacterial
contamination of the harvest so that a classical BM was harvested and implanted. 2 patients underwent
an inlay UP, 2 patients an UP in onlay fashion and 2 patients had a combination of inlay and onlay.
Transurethral catheter was usually removed after 3 weeks and urethrography was performed after 6 weeks.
The patient performed a voiding diary and after assessing no significant residual the suprapubic catheter
was removed. A final uroflowmetry was also performed. Follow up was achieved with periodical telephonic
interviews and in office visits with uroflowmetry and post voidal residual ultrasound.
Risultati
From September 2006 to April 2012, 38 MGUP of those 26 patients underwent both stage of the procedure
while 12 underwent just the 1st stage. Stricture´s length varied from 4 cm up to 15 cm. Average follow up
was 21,6 months for the 1 Stage group and 24,8 months for the 2 Stage group. During the follow up we
observed 7 case (18,4 %) of relapse (Stricture 57%, Fistula 28,6%, Diverticula 14,3%).
Results
All 6 patients reported no problem on the donor
site. Median Age was 55 Jears (32-72). Stricture
etiology was in 4 cases idiopathic and 2 cases
iatrogenic. Average stricture length was 3,58 cm
(3-6cm). All the strictures were localized at the
bulbar urethra. In one case shortly after catheter
removal the patient complained about strangury
and a decreased flow; a cystoscopy was
performed and a small twist of the matrix was
found. After distending it the caliber of the urethra
widened and patient urinate without problem. At
time of follow up all Patients refer no problem and
a good uroflowmetry. No episode of urinary tract
infection or urinary retention was reported. All
patient were very satisfied and would recommend
this procedure based on their experience.
Discussione
The MGUP is a strength and challenging procedure for the surgeon as well as for the patient.
Conclusioni
However, in skilled hands this technique may be a valid treatment for complex or recurrent urethral strictures
and in some cases it may be the only alternative to urinary diversion.
Discussion
However in our experience the follow up is limited
and no definitive conclusion or comparison can
be made with the original BM UP the using of
engineered BM graft seems feasible and safe.
Conclusions
In our opinion it is important to continue
investigating this procedure for its potential
advantages (no limitation of graft size, lower
donor site morbidity).
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L’IMPATTO DELLE URETROPLASTICHE BULBARI CON MUCOSA BUCCALE SULLA VITA
SESSUALE.
E. Palminteri, C. De Nunzio, E. Berdondini, L. Larocca, L. Timossi (Arezzo)
Scopo del lavoro
Abbiamo determinato l’effetto della riparazione delle stenosi bulbari con innesto ventrale di mucosa buccale
(MB) sulla funzione eiaculatoria, sulla funzione erettile e sulla vita sessuale.
Materiali e metodi
Tra il 2009 ed il 2010, 52 pazienti sottoposti a Uretroplastica Bulbare con innesto ventrale di MB sono
stati valutati tramite questionari mirati alla valutazione dei disturbi sessuali prima e dopo la chirurgia.
Tutti i pazienti hanno completato pre e post-operatoriamente il questionario validato MSHQ e postoperatoriamente un questionario non validato ma adattato allo studio della funzione sessuale dopo
uretroplastica.
Risultati
Prima dell’uretroplastica, la maggior parte dei pazienti riferivano disturbi eiaculatori influenzanti la qualità
della vita; molti (34.6%) pazienti temevano un peggioramento post-operatorio della vita sessuale. Dopo
l’uretroplastica, nessuno ha riportato un peggioramento dell’erezione, mentre la maggior parte ha riferito
un miglioramento dell’eiaculazione con riguardo alla forza, volume e piacere dell’eiaculazione; 42% dei
pazienti hanno riferito disturbi della sensibilità scroto-perineale e 15% hanno riferito cambiamenti estetici dei
genitali ma senza impatto sulla vita sessuale. C’è stato un significativo miglioramento nell’attività e desiderio
sessuale, relazione con il partner e qualità della vita sessuale. Tutti hanno riportato un miglioramento della
qualità della vita e sono soddisfatti del risultato finale dell’uretroplastica.
Discussione
La stenosi uretrale può determinare disturbi eiaculatori che influenzano la qualità della vita. I pazienti
dichiarano una marcata ansietà per gli effetti dell’Uretroplastica, con particolare riguardo alle ipotetiche
complicanze sessuali. Il nostro studio ha dimostrato che l’Uretroplastica bulbare di ampliamento ventrale
con MB non solo non causa complicanze sessuali, ma anzi determina un miglioramento della funzione
sessuale e della qualità della vita sessuale in generale.
Conclusioni
L’uretroplastica bulbare con innesto ventrale di MB è un intervento minimalmente aggressivo che ha
dimostrato di migliorare la qualità della vita di relazione e della vita sessuale con particolare riguardo alla
funzione eiaculatoria.
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SONDAGGIO NAZIONALE SULLA GESTIONE DELLE STENOSI URETRALI MASCHILI IN ITALIA.
E. Palminteri, S. Maruccia, E. Berdondini, D. Giovanni, O. Sedigh, F. Rocco (Arezzo)
Scopo del lavoro
Sebbene la letteratura suggerisca che l’uretroplastica ha una percentuale di successo superiore alle
procedure meno invasive, non esiste consenso sul trattamento delle stenosi uretrali. Il numero ed i tipi di
procedure effettuate nelle varie nazioni non sono accertati. Noi abbiamo effettuato un sondaggio nazionale
tra gli urologi sulla gestione delle stenosi uretrali maschili in Italia.
Materiali e metodi
Abbiamo condotto una indagine tramite questionario su 523 urologi Italiani distribuiti tra Nord, Centro e Sud
dell’Italia.
Risultati
L’Uretrotomia Interna (UI) (81.8%) e le Dilatazioni (62.5%), sono risultate le procedure più usate, anche se
la maggior parte degli urologi (71.5%) considera la UI appropriata solo per stenosi < 1.5 cm; il 12 % degli
urologi ha dichiarato di usare gli Stent. Il 60.8% degli urologi non effettua uretroplastiche, il 30.8% effettua
annualmente da 1 a 5 uretroplastiche e solo l’8.5% effettua più di 5 uretroplastiche per anno. Il tipo di
uretroplastica più frequentemente effettuata è risultata l’uretroplastica in tempo unico con innesto a toppa di
ampliamento (21.2%), impiegando soprattutto la mucosa buccale (16.8%), prelevata dalla guancia (13.8%)
e posizionata ventralmente (11.3%). L’Anastomosi termino-terminale è effettuata dall’8.6% degli urologi. I
metodi diagnostici e di follow-up usati variano notevolemente.
Discussione
Similmente agli altri paesi occidentali, in Italia le procedure minimalmente invasive rappresentano il
tipo di trattamento per le stenosi uretrali più comunemente utilizzato. Solo una minima parte di Urologi
effettua l’Uretroplastica. L’uso della tradizionale tecnica di Anastomosi termino-terminale è stato superato
dall’impiego delle Uretroplastiche di ampliamento con mucosa buccale. Non esiste uniformità nella
metodologia diagnostica e nel follow-up dei pazienti trattati per stenosi uretrale.
Conclusioni
Solo una minima parte degli urologi italiani effettua l’uretroplastica. Il numero di uretroplastiche effettuate per
anno è basso e non garantisce l’aquisizione di un adeguata esperienza chirurgica.
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NUOVA METODICA DI ISOLAMENTO DI CELLULE EPITELIALI UROTELIALI EPCAM+ PER
RIGENERAZIONE TISSUTALE IN VITRO.
SAFETY OF COLD KNIFE URETHROTOMY FOR URETHRAL STRICTURE IN PATIENTS TAKING ANTIAGGREGANT THERAPY FOR CARDIOVASCULAR DISEASES
M. Rutigliano, A. Vavallo, V. Galleggiante, G. Lucarelli, F. Giangrande, M. Matera, M. Campagna, D. Di
Clemente, F. Palumbo, P. Ditonno, M. Battaglia, C. Bettocchi (Bari)
S. Picozzi, A. Macchi, C. Marenghi, S. Maruccia, S. Casellato, G. Bozzini, L. Carmignani (San Donato
Milanese)
Scopo del lavoro
generaazione di un pluristrato uroteliale in vitro partendo da cellule primarie epiteliali derivanti da tessuto
uretrale ed ureterale.
Aim of the study
There are no data in the literature regarding the possibility of performing cold knife urethrotomy in patients
on oral anti-aggregant therapy. The aim of this study was to evaluate the clinical course in patients receiving
single and double anti-thrombotic therapy who underwent cold knife urethrotomy for urethral stenosis.
Materiali e metodi
è stato utilizzato tessuto uroteliale non patologico proveniente da 6 pazienti sottoposti a riassegnazione
chirurgica di sesso andro-ginoide e da 6 soggetti sottoposti a nefrectomia a scopo di donazione per
trapianto da vivente. Il tessuto prelevato è stato frammentato e posto su una piastra con idoneo terreno
di coltura. Dopo 1 settimana, intorno a ciascun frammento era visibile una proliferazione cellulare.
L’isolamento delle cellule epiteliali uroteliali è stato effettuato con metodica MACS, utilizzando l’anticorpo
EpCam MicroBeads. Dopo aver confermato con la citofluorimetria la presenza del marcatore epiteliale
EpCam, è stata allestita una coltura cellulare in monostrato. La caratterizzazione cellulare è stata effettuata
mediante immunocitochimica con gli anticorpi CK7, Pancytokeratin, CK20, p63, Ki67 e Smooth muscle
α-actin (ASMA). Quindi, le cellule sono state seminate su scaffolds di polyethylene terephtalate (PET)
“Millicell membrane”, con terreno di coltura 3D Epidermal medium. A 7 giorni, la formazione del monostrato
cellulare è stata evidenziata mediante una colorazione ematossilina-eosina. Un mese dopo, il pluristrato
uroteliale è stato osservato in microscopia ottica e incluso in paraffina per verificare la crescita ed effettuare
la caratterizzazione immunoistochimica con gli stessi anticorpi precedentemente utilizzati.
Risultati
all’analisi citofluorimetrica, le cellule epiteliali isolate da tessuto uroteliale con metodica MACS sono risultate
per il 98% positive al marcatore epiteliale EpCAM confermando la presenza di una popolazione omogenea.
Il monostrato cellulare ottenuto da queste cellule è risultato 100% positivo ai marcatori epiteliali CK7 e
Pancytokeratin, parzialmente positivo ai marcatori coinvolti nella proliferazione e nel ciclo cellulare p63
e Ki67, negativo per marcatore mesenchimale ASMA e per il marcatore di citodifferenziazione CK20. Le
sezioni in paraffina del pluristrato uroteliale, colorate con ematossilina eosina, hanno mostrato una effettiva
stratificazione cellulare. L’immunoistochimica ha confermato la positività per CK7 e Pancytokeratin, la
presenza nello strato basale di p63 e Ki67 e l’assenza di ASMA e CK20.
Materials and methods
One hundred thirty-seven male patients were treated between January 2008 and December 2011. Mean
age was 68 years (range 51-86 years). Patients were divided into three groups based on the assumption of
mono, double or absence of anti-aggregant therapy. Bleeding complications were divided into urethrorragy
and haematuria.
Results
No a statistical differences in terms of moderate and major haematuria between were observed between
patients who were assuming mono anti-platelet therapy (p = 0,3341). There were no statistical differences
in terms of moderate and major urethrorragy between patients who were not taking assuming mono antiplatelet therapy (p = 0,3286). Patients on double anti-aggregant therapy did not present an increased
incidence of urethrorragy and haematuria. There was no statistical difference in terms of hospital stay
related to the onset of bleeding complications. No post-operatory major bleeding complications occurred
after patient discharge.
Discussion
In this article we report the feasibility of cold knife urethrotomy in patients assuming oral antiplatelets. The
aim of this article is to help in drafting in future general and specific guidelines for the urological procedure
which are at this moment in time inconsistent.
Conclusions
The surgical procedure can be performed without an increased risk of moderate and major bleeding.
Discussione
l’uso di un pluristrato uroteliale autologo rigenerato rappresenta una valida opzione terapeutica in pazienti
sottoposti a chirurgia uretrale. L’attuale ricorso a materiale autologo, con i limiti del maggior tempo
operatorio e estensione del tessuto, può trovare una sua giusta alternativa nell’impiego di questi nuovi patch
di biomateriali.
Conclusioni
I risultati preliminari ottenuti in questo studio hanno evidenziato la possibilità di poter ottenere un pluristrato
uroteliale costituito esclusivamente da cellule epiteliali mediante una nuova metodica che seleziona e
caratterizza cellule EpCAM+.
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EMBOLIZZAZIONE ARTERIOSA PROSTATICA (P.A.E.) NELL’IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA:
RISULTATI PRELIMINARI IN CINQUE PAZIENTI.
THULEP ED ATV PER IL TRATTAMENTO DI VOLUMINOSI ADENOMI PROSTATICI: DUE METODICHE
A CONFRONTO. 5 ANNI DI ESPERIENZA.
O. Maugeri, C. Ambruosi, A. Balderi, F. Sommatino, E. Galletto, F. Venzano, G. Chiappello, M. Mediago, C.
Dadone, M. Grosso, G. Arena (cuneo)
G. Di Lauro, L. Romis, S. Mordente, G. Romeo, A. Ruffo, D. Prezioso, E. Illiano, F. Iacono (pozzuoli)
Scopo del lavoro
Nella gestione dell’ipertrofia prostatica vi è sempre più la necessità di tecnologie innovative mininvasive.
L’embolizzazione arteriosa prostatica (P.A.E.) è stata recentemente proposta e valutata presso il nostro
Centro come alternativa al trattamento chirurgico nei pazienti affetti da IPB con gravi patologie associate.
Riportiamo i risultati preliminari di questa metodica in un campione di 5 pazienti.
Materiali e metodi
Sono stati trattati cinque pazienti (età media 83) affetti da ipertrofia prostatica benigna condizionante
ritenzione urinaria non rispondenti alla terapia alpha litica e non candidabili a trattamento chirurgico per
gravi patologie concomitanti. Tutti i pazienti gestiti inizialmente con terapia medica ormonale e cateterismo
uretrale e valutati preoperatoriamente con ecografia prostatica T. R. ed angio-TC. Dopo premedicazione
con 60 mg di Ketorolac e.v., tramite accesso percutaneo arterioso femorale comune previa angiografia degli
assi iliaci si è proceduto a cateterismo selettivo dell’arteria ipogastrica sinistra per angiografia ipogastrica.
Individuata l’arteria prostatica con tecnica telescopica e microcatetere angiografico si è cateterizzata
prima l’arteria prostatica sinistra e verificando l’assenza di vasi collaterali afferenti agli altri organi si è
proceduto all’embolizzazione arteriosa iniettando Embosphere da 300-500 micron. Successivamente si è
provveduto ad eseguire la medesima procedura controlateralmente. Il Successo tecnico è stato definito
dal completamento dell’embolizzazione prostatica arteriosa selettiva in almeno un lato. Tutti i pazienti sono
stati valutati nel postoperatorio utilizzando l’International Prostate Symptom Score (IPSS), questionari sulla
qualità di vita (QoL), PSA sierico e valutazione volumetria prostatica con ecografia T. R.
Risultati
I risultati sono riassunti nella tabella 1.P.A.E.
è stata completata bilateralmente in 3
pazienti (60%) mentre in 2 pazienti (40%)
è stata eseguita unilateralmente (in 1 caso
a causa di occlusione iliaca omolaterale,
in un altro caso per l’impossibilità di
cateterizzare l’arteria prostatica). Il tempo
di esposizione radioscopica è stato in
media di 65,62 min (range 41,9 -110 min),
mentre il tempo medio della procedura è
stato di 158,81 mi (range 120-240 min) In
tutti I pazienti il catetere vescicale è stato
rimosso dopo 2 settimane con ripresa delle
minzioni spontanee, netto miglioramento
dei parametri di QoL e netta riduzione del
volume prostatico eseguendo valutazione di
follow up a 6 mesi. Non sono state registrate
complicanze maggiori
Scopo del lavoro
Obiettivo del nostro studio è confrontare l’efficacia terapeutica e la sicurezza clinica della ThuLEP(Thulium
laser enucelation of prostate)rispetto all’adenomectomia prostatica trans vescicale(ATV) per il trattamento
dell’IPB (Iperplasia Prostatica Benigna)
Materiali e metodi
Abbiamo reclutato 296 pazienti dal 2007 al 2012 con età media di 66,3 anni ±8,8SD con IPB e LUTS.I
criteri di inclusione sono stati:volume prostatico>75ml,flusso urinario(Qmax)<=15 ml/sec e IPSS>7.Sono
stati esclusi pazienti con carcinoma prostatico,vescica neurogena e pregressa chirurgia pelvica.I pazienti
sono stati suddivisi in due gruppi:trattati con ThuLEP(gruppo A)e trattati con ATV(gruppo B)e valutati al
tempo 0 e a 12 mesi per volume prostatico,residuo post-minzionale,International Symptoms Score(IPSS),valore del PSA ed uroflussometria.Sono stati valutati la riduzione dei valori di emoglobina,il tempo di
cateterizzazione,il tempo di ospedalizzazione ed eventuali complicanze. Le caratteristiche pre-operatorie
del Gruppo A erano:PSA medio di 9,53ng/ml(±8,32SD);Volume Prostatico medio di 108,08ml(±24,73SD);IPSS medio di 21,1(±7,12SD);Qmax medio di 8,23ml/sec(±3,65SD);RPM medio di 146,12ml(±132,32SD).
Le caratteristiche pre-operatorie del Gruppo B erano:PSA medio di 8,57ng/m(±8,01 SD);volume prostatico
medio di 110,03ml(±20,32SD);I-PSS medio di 20,3(±7,03SD);Qmax medio di 9,52ml/sec(± 5,43SD);RPM
medio di 131,45 ml(±143,04SD)
Risultati
Significatività statistica(p75gr con significativa riduzione del tasso di complicanze e con risultati
sovrapponibili a lungo termine per efficacia terapeutica
Discussione
L’embolizzazione arteriosa prostatica
risulta una procedura mininvasiva che non
è associata a complicanze significative e,
seppur nella brevità del follow up, sembra
determinare un netto miglioramento dei
sintomi ostruttivi e della qualità di vita.
Conclusioni
P.A.E. potrebbe costituire, in mani esperte ed in pazienti selezionati, affetti da gravi patologie concomitanti,
una metodica da utilizzare al fallimento della terapia medica.
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ROBOTIC-ASSISTED SIMPLE ENUCLEATION FOR THE TREATMENT OF CLINICAL T1 RENAL
MASSES: SINGLE-CENTER EXPERIENCE
A. Tuccio, A. Minervini, L. Masieri, G. Vittori, M. Gacci, A. Lapini, G. Siena, G. Vignolini, A. Mari, M. Carini, S.
Serni (Firenze)
Scopo del lavoro
The simple enucleation is a technique of nephron sparing surgery that excides the tumor surrounded by
no visible rim of healthy parenchyma. The aim of the study was to report the feasibility and perioperative
outcomes of endoscopic robotic-assisted simple enucleation (ERASE) performed at our institution.
Materiali e metodi
Between January 2010 and January 2013, 130 consecutive patients had ERASE for suspicious solid renal
lesions. Clinicopathologic variables, nephrometry scores, perioperative parameters, and renal functional
outcomes were prospectively recorded and analyzed.
Risultati
Mean (± SD) tumor size was 3.2 cm (± 1.5). Median PADUA score was 8; 42 (32,3%) tumors had PADUA
≥ 8, and 10 (7,7%) had PADUA ≥ 10. Overall, 101 (77.7%) tumors were clinically T1a, 29 (22.3%) T1b. 30
(23.1%) cases were performed without clamping the hilum or renal artery, while a super selective arterial
branches clamping was done in 14 (10,8%) cases. In 66.1% of cases the main renal artery/renal pedicle
was clamped and mean warm ischemia time (WIT) was 18 minutes (±6). A WIT ≥ 25 minutes was necessary
in 21 cases (16.2%). The median operative time was 157 min (±54). The median blood loss was 119 mL.
Postoperative surgical complications were reported in 11 (8.6%) patients and of those, 6 (4.7 %) were
major complications according to the Calvien-Dindo classification. No urinary fistulas occurred in this series.
The mean ΔHb was 2.2g/dL and the mean Δ serum creatinine was 0.06 mg/dL. Histopathologic analysis
revealed 107 (82.3%) renal cell carcinomas and 23 (17.7%) benign tumors. Positive surgical margins were
observed in 3 cases (2.3%). Pathological T stage was pT1a in 70 (65,4%) cases, pT1b in 25 (23,4%), pT2a
in 1 (0,9%), pT3a in 11 (10,3%).
Discussione
The robotic surgical system may enable faster and greater technical proficiency, facilitating a minimally
invasive approach to more difficult lesions while reducing ischemia time.
Conclusioni
Robotic approach enhances the phase of enucleation and keeps the field less bloody. The vision
magnification allows a more accurate identification of small vessels, that can be readily coagulated during
enucleation. This makes ERASE a feasible and safe technique associated with a low incidence of surgical
complications, low risk of urinary fistulas and lower positive surgical margin rate.
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SIMPLE ENUCLEATION VERSUS STANDARD PARTIAL NEPHRECTOMY FOR CLINICAL T1 RENAL
MASSES: PERIOPERATIVE OUTCOMES BASED ON A MATCHED-PAIR COMPARISON OF 396
PATIENTS (RECORD PROJECT)
A. Minervini, N. Longo, A. Antonelli, G. Bianchi, A. Bocciardi, A. Tuccio, C. Fiori, S. Giancane, A. Mari,
G. Martorana, V. Mirone, G. Morgia, G. Novara, F. Porpiglia, M. Raspollini, B. Rocco, B. Rovereto, R.
Schiavina, S. Serni, C. Simeone, P. Verze, A. Volpe, V. Ficarra, M. Carini (Firenze)
Scopo del lavoro
To compare simple enucleation (SE) and standard partial nephrectomy (SPN) in terms of surgical results in
a multicenter dataset (RECORd Project).
Materiali e metodi
patients treated with nephron sparing surgery (NSS) for clinical T1 renal tumors between January 2009 and
January 2011 were evaluated. Overall, 198 patients who underwent SE were retrospectively matched with
198 patients who underwent SPN. The SPN and SE groups were compared regarding intraoperative, early
pot-operative and pathologic outcome variables. Multivariate analysis was applied to analyse predictors of
positive surgical margin (PSM) status.
Risultati
SE was associated with similar WIT (18 vs 17.8 min), lower intraoperative blood loss (177 vs 221 cc,
p=0.02) and shorter operative time (121 vs 147 min; p20 minutes. The incidence of PSM was significantly
lower in patients treated with SE (1.4% vs 6.9%; p=0.02). At multivariate analysis, PSM was related to the
surgical technique, with a 4.7-fold increased risk of PSM for SPN compared to SE. The incidence of overall,
medical and surgical complications was similar in both groups.
Discussione
The RECORd Project is a 4-Year prospective observational multicenter study promoted by the Italian
Society of Urology. To our knowledge this is the first multicenter study based on a matched-pair comparison
of patients treated by standard partial nephrectomy and simple enucleation.
Conclusioni
Type of NSS technique (SE vs SPN) adopted has a negligible impact on WIT and postoperative morbidity
but SE seems protective against PSM occurrence.
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PERIOPERATIVE OUTCOMES OF ROBOTIC VERSUS OPEN SIMPLE ENUCLEATION FOR THE
TREATMENT OF T1A-T1B RENAL CELL CARCINOMA. A SINGLE CENTER MATCHED-PAIR
COMPARISON.
S. Serni, G. Vittori, A. Mari, L. Masieri, M. Gacci, A. Lapini, G. Siena, A. Tuccio, G. Vignolini, M. Carini, A.
Minervini (Firenze)
Scopo del lavoro
The Simple Enucleation (SE), is a technique of nephron sparing surgery who excides the tumor surrounded
by no visible rim of healthy parenchyma, developing by blunt dissection the natural plane between tumor
pseudocapsule and healthy parenchyma. No previous study evaluated surgical, pathological, and short-term
functional perioperative outcomes of robotic approach to SE. Aim of this study is to compare surgical results,
morbidity and pathological data, including positive surgical margin (PSM) rate, of endoscopic roboticassisted simple enucleation (ERASE) with those of open simple enucleation (OSE).
Materiali e metodi
We undertook matched-pair analysis (age, tumor size and nephrometry) of 392 patients treated with OSE
or ERASE for T1a-T1b renal tumors in our department, including 160 patients in OSE group and 80 in
ERASE. Surgical, pathological, short-term functional data and complications of ERASE and OSE were
compared with univariate analysis. Perioperative variables independently associated with warm ischemia
time (WIT)>25 min, complications, and postoperative acute kidney dysfunction (AKD) were assessed with
multivariate analysis, separately.
Risultati
The matched groups were comparable in age, tumor size, nephrometry BMI, comorbidity index, and
preoperative renal function. No significant difference resulted in ERASE vs. OSE group regarding WIT (18.5
vs. 16.4 min; p=0.5), intraoperative complications, postoperative complications, transfusion rate, reoperation
rate for Clavien grade≥3 complication, and PSM rate (2.9% vs. 2.1%; p=0.63). In patients with elective
indication to nephron sparing surgery, no significant difference resulted in variation of estimated glomerular
filtration rate from baseline (8.5 vs. 13.9 ml/min; p=0.17) and in the incidence of acute renal failure. In
ERASE comparing with OSE group, the clamping of renal pedicle was used with a significantly lower
frequency (60% vs. 93.8% of patients; P25 min, nor with postoperative acute renal failure.
Discussione
The robotic approach to simple enucleation is feasible, and not inferior to open regarding surgical,
pathological, short-term functional outcomes and morbidity. The loss of tactile sensation did not increase the
technical difficulty of procedure, nor the positive surgical margin rate, in our analysis.
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CLAMPLESS LAPAROENDOSCOPIC SINGLE-SITE PARTIAL NEPHRECTOMY FOR RENAL CANCER
WITH LOW PADUA SCORE: TECHNIQUE AND SURGICAL OUTCOMES.
D. Veneziano, G. Pini , V. Altieri, A. Inferrera, L. Ascalone, P. Fornara, F. Greco (Reggio Calabria)
Scopo del lavoro
To describe the technique and report the surgical outcomes of clampless laparoendoscopic single-site
(LESS) partial nephrectomy (PN) in the treatment of renal cell carcinoma (RCC) with low PADUA score,
by reducing the blood pressure and increasing the intra-abdominal pressure of the pneumoperitoneum to
20 mmHg, timed to precisely coincide with excision of the tumour.
Materiali e metodi
Clampless LESS PN was performed in 14 patients with cT1a renal tumours. Indications to perform a
clampless LESS PN were low-risk, laterally based renal tumours, located away from the renal hilum, with
a PADUA score ≤7. Demographic data and peri-operative and postoperative variables were recorded and
analysed. Kidney function was evaluated by measuring serum creatinine concentration and estimated
glomerular filtration rate (eGFR) pre- and postoperatively and at 6-month follow-up.
Risultati
The median operating time was 120 min and warm ischaemia time was zero in all cases. Only one early
complication (Clavien grade 1) was recorded: one patient developed a flank haematoma which it was
possible to treat by conservative therapy. Serum creatinine and modification of diet renal disease eGFR
were not found to be significantly different pre- and postoperatively and at 6-month follow-up. Definitive
pathological results showed 12 pT1a RCCs and two pT1a-chromophobe RCCs. All tumours were removed
with negative surgical margins. All patients were satisfied with the cosmetic results. At a median (range)
follow-up period of 12 (8-15) months, all patients were alive without evidence of tumour recurrence or portsite metastasis.
Discussione
Clampless LESS PN remains a demanding surgical procedure, requiring much previous experience with
conventional laparoscopy. Its combination of bent and conventional instruments reduces instrument collision
and reproduces, albeit in a limited way, their triangulation as occurs in conventional laparoscopy.
Conclusioni
Clampless LESS PN is a safe and feasible surgical procedure in the treatment of low-risk T1a RCC, with
excellent cosmetic results.
Conclusioni
the ERASE showed comparable perioperative outcomes to OSE, with the added benefits of lower recourse
to pedicle clamping, a one day shorter hospitalization, along with the clear advantages of mini-invasivity.
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OPEN VERSUS LAPAROSCOPIC PARTIAL NEPHRECTOMY FOR CLINICAL T1A RENAL TUMORS:
SURGICAL, FUNCTIONAL AND TRIFECTA OUTCOMES BASED ON A MATCHED-PAIR COMPARISON
OF 280 PATIENTS (RECORD PROJECT)
A. Minervini, G. Siena, A. Antonelli, G. Bianchi, A. Bocciardi, S. Cosciani Cunico, V. Ficarra, C. Fiori, F.
Fusco, A. Mari, G. Martorana, M. Medica, G. Morgia, F. Porpiglia, F. Rocco, B. Rovereto, R. Schiavina, C.
Simeone, C. Terrone, A. Volpe, M. Carini, S. Serni (Firenze)
Scopo del lavoro
To report a match-pair comparative analysis between open (OPN) and laparoscopic partial nephrectomy
(LPN) for clinical (c) T1a renal masses from a large prospective multicenter dataset.
Materiali e metodi
The RECORd Project is a 4-Year prospective observational multicenter study promoted by the Italian
Society of Urology. The study includes all patients who underwent OPN and LPN for kidney cancer between
January 2009 and January 2011 at 19 Italian centers. Open and Laparoscopic groups were compared
regarding clinical, surgical, pathologic, functional results and TRIFECTA outcome (WIT 25 minutes, Surgical
Complications (SC) and the achievement of the TRIFECTA outcome.
Risultati
Overall, 301 patients had OPN and 149 LPN. Groups were matched 1:1 (140 matched pairs) for Clinical
Diameter, Tumor Side and Type of Indication. The achievement of the TRIFECTA outcome was comparable
between the OPN vs LPN group (78.6% vs 74.3%, p: ns). Overall, 46 Total Complications after OPN vs LPN
(17.9% vs 15%; p:ns) occurred. At multivariate analysis the surgical approach (Laparoscopic vs Open) was
not a predictor of a negative TRIFECTA and SC. Whereas, the Laparoscopic approach was associated with
a significantly mean longer WIT (19.9 vs 15.1 min; p25 minutes (RR: 6.29, 95%CI: 2.47-16.07; p
Discussione
Trifecta should be a routine goal during partial nephrectomy.
Conclusioni
No significant difference in achieving the TRIFECTA outcome (WIT
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LAPAROENDOSCOPIC SINGLE-SITE VERSUS CONVENTIONAL LAPAROSCOPIC RADICAL
NEPHRECTOMY FOR RENAL CELL CANCER IN PATIENTS WITH INCREASED COMORBIDITIES
AND PREVIOUS ABDOMINAL SURGERY: PRELIMINARY RESULTS OF A SINGLE-CENTRE
RETROSPECTIVE STUDY.
A. Inferrera, G. Pini , V. Altieri, L. Ascalone, P. Fornara, F. Greco (Messina)
Aim of the study
Laparoendoscopic single-site surgery (LESS) represents an evolution of laparoscopy for the treatment for
urologic diseases. The aim of this study is to investigate the feasibility of LESS in patients with increased
comorbidities and previous abdominal surgery undergoing radical nephrectomy (LESS-RN) for renal cell
carcinoma.
Materials and methods
A total of 25 patients with increased comorbidities and previous abdominal surgery who underwent LESSRN were compared to 31 patients with the same characteristics after conventional laparoscopic radical
nephrectomy (LRN). LRN was performed between January 2009 and May 2010, and LESS-RNs were
performed between June 2010 and November 2011. Demographic data and perioperative and postoperative
variables were recorded and analysed.
Results
The mean ASA score in the LESS-RN and LRN groups was 3.2 ± 0.4, and the mean BMI was 32.7 ± 2.1
and 34.2 ± 0.8 kg/m(2), respectively. The mean operative time in the LESS-RN and LRN groups was 143.7
± 24.3 and 130.6 ± 26.5 min, (p = 0.11), and the mean hospital stay was 3.8 ± 0.8 versus 4.2 ± 1.4 days in
the two groups (p = 0.06), respectively. Three and four complications were recorded in the LESS-RN and
in the LRN groups, for a mean complication rate of 12 and 12.9 % (p = 0.12), respectively All tumours were
organ-confined with negative surgical margins, and the mean R.E.N.A.L nephrometry score for LESS-RN
and LRN was 9.78 ± 1.7 and 9.82 ± 1.3 (p = 0.14), respectively.
Discussion
In our experience, there was no problem to perform LESS in obese patients too. Generally, muscle
relaxation is essential in these patients, and this requires a continuous collaboration between surgical
and anaesthesiologic team. At 14-month follow-up, no tumour recurrences nor progressions nor port-site
metastasis was recorded.
Conclusions
LESS-RN in patients with increased comorbidities and previous abdominal surgery is equally effective as
LRN without compromising on surgical, oncologic short-term and postoperative outcomes.
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PARTIAL NEPHRECTOMY REDUCES MORTALITY NOT RELATED TO RENAL CANCER? MATCHED
PAIR ANALYSIS COMPARISON WITH RADICAL NEPHRECTOMY.
NEFRECTOMIA PARZIALE LAPAROSCOPICA (NPL) PER CARCINOMA RENALE IN STADIO T1
ESEGUITA MEDIANTE TECNICA “CLAMPLESS”: ANALISI DELLA SICUREZZA E DELL’EFFICACIA
A. Antonelli, M. Sodano, S. Legramanti, G. Galvagni, A. Cozzoli, T. Zanotelli, C. Simeone (Brescia)
C. Fiori, R. Bertolo, D. Amparore, A. Di Stasio, N. Serra, F. Mele, F. Porpiglia (Orbassano)
Aim of the study
To evaluate survival not related to renal cell carcinoma in patients undergoing partial nephrectomy (PN),
compared to those who underwent radical nephrectomy (RN).
Scopo del lavoro
Scopo di questo studio prospettico è la valutazione della sicurezza ed efficacia della nefrectomia parziale
laparoscopica (NPL) per carcinoma renale in stadio T1 eseguita mediante tecnica “clampless” (senza
clampaggio dell’arteria renale).
Materials and methods
Retrospective evaluation of an institutional database that stores the data of more than 2200 patients
undergone surgery for kidney cancer. For the present study, the records of patients metastatic at
diagnosis or with follow up judged as insufficient (
Results
2 groups were generated, each of 389 patients who underwent PN and RN, homogeneous with the
desired characteristics (see table pts: patients). There were 37 (9.5%) and 39 (10.0%) deaths due to
causes not related to renal cell carcinoma in patients receiving respectively PN and RN (p = 0.904), with
a latency of 6.2 vs 6.8 years after surgery (p = 0.585). Survival free of death from causes unrelated to
renal carcinoma at 5 years was comparable (94.7% RN vs 94.2% PN, p = 0.414), as well as that related
to renal cell carcinoma (98.0% PN vs 96.1% RN, p = 0.075 ). The factors that showed a significant
correlation with mortality from causes unrelated to renal carcinoma were male sex (HR 2.100 [95% CI
1184-3723], p = 0.011), age (continuous variable, HR 1.056 [1031-1082 ], p = 2 (HR 2.637 [1633-4259], p
Discussion
The evidence that PN may exert a protective effect on mortality not-related to renal cell carcinoma arises
from USA population studies, which suffer from some well known biases related to lacking of data in
cancer registries, or from
studies on surgical series,
which often compare
groups very heterogeneous
due to the selection biases
relted to the selection of
the cases to be submitted
to PN rather than RN. The
present study, aims at
balancing several factors
associated with noncancer-related mortality,
but also others associated
with cancer-related
mortality to reduce the
influence that these factors
may exert on the analysis.
The data in the present
study cannot confirm a
survival advantage in
patients receiving PN.
Conclusions
The non-cancer-related
mortality in patients with
renal cell carcinoma
seems to be influenced
more by gender, age and
comorbidities of the patient,
than from the kind of
operation.
48
Materiali e metodi
Da settembre 2011 a settembre 2012, tutti i pazienti con diagnosi di massa renale candidabile a chirurgia
conservativa sono stati sottoposti a NPL clampless ed inclusi in questo studio prospettico. Tutti i dati relativi
ai pazienti sono stati registrati in un database dedicato. Sono stati considerati i seguenti parametri: (1)
demografici, inclusi il body mass index (BMI) e le comorbilità classificate mediante l’indice di Charlson; (2)
preoperatori, inclusi lato e sede della lesion classificati secondo il PADUA score; (3) perioperatori, incluse le
perdite ematiche e le complicanze intraoperatorie; (4) patologici, incluso il tasso di margini chirurgici positive
e lo spessore medio di parenchima peri-lesionale sano asportato; e (5) le complicanze postoperatorie
classificate mediante il sistema di Clavien. E’ stata inoltre valutata la funzionalità renale preoperatoria ed a
3 mesi dopo l’intervento mediante la creatininemia, il GFR e la scintigrafia renale sequenziale. I test statistici
utilizzati sono stati il t-test e il chi-quadro (significatività statistica per p
Risultati
Quarantadue pazienti sono stati inclusi: i risultati completi sono riportati in tabella. Lo studio della
funzionalità renale non ha evidenziato differenze tra pre-operatorio e postoperatorio: creatininemia:
0.95+0.19 vs 0.96+0.20, p=0.340; GFR: 89.0+17.5 vs 88.4+17.3, p=0.699; funzione renale splittata (rene
malato): 49.8+5.3 vs 48.6+5.3, p=0.245.
Discussione
I risultati della tecnica clampless eseguita nel Nostro Centro si sono rivelati soddisfacenti e sovrapponibili
ai dati pubblicati in letteratura per l’approccio conservativo laparoscopico convenzionale. L’unica differenza
osservabile consiste nelle maggiori perdite ematiche da cui è gravata tale tecnica rispetto alla NPL con
clampaggio dell’arteria renale. Questo fatto non ha però inficiato la resezione della lesione dal momento che
non abbiamo osservato un aumento del tasso di trasfusioni.
Conclusioni
Nella nostra esperienza, la laparoscopia conservativa nel management di tumori renali eseguita mediante
tecnica clampless si è dimostrata una tecnica con sicurezza sovrapponibile all’approccio convenzionale,
seppur con perdite ematiche
maggiori non compensate da un
aumentato tasso di trasfusioni.
Dal punto di vista dell’efficacia, la
NPL clampless sembra presentare
outcomes oncologici ottimi. Inoltre,
la tecnica sembra essere indolente
per il rene operato, dal momento
che non sono state osservate
alcune modificazioni funzionali tra
preoperatorio e postoperatorio.
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LAPAROENDOSCOPIC SINGLE-SITE PARTIAL NEPHRECTOMY: A MULTI-INSTITUTIONAL
OUTCOME ANALYSIS
APPLICATIONS OF NEAR-INFRARED FLUORESCENCE IMAGING WITH INDOCYANINE GREEN IN
ROBOT-ASSISTED PARTIAL NEPHRECTOMY
F. Greco, R. Autorino, K. Rha, I. Derweesh, L. Cindolo, L. Richstone, T. Herrmann, E. Liatsikos, Y. Sun, C.
Fanizza, U. Nagele, J. Stolzenburg, L. Schips, V. Altieri, P. Fornara, J. Kaouk (Halle Saale, Germania)
M. Gan, A. Volpe, V. Ficarra, D. Amparore, G. De Naeyer, A. Mottrie (Aalst, Belgium)
Aim of the study
To report a large multi-institutional series of LESS-PN and to analyze the predictors of outcomes after LESSPN.
Materials and methods
Consecutive cases of LESS-PN done between November 2007 and March 2012 at 11 participating
institutions were included in this retrospective analysis. Each group performed LESS-PN according to its
own protocols, entry criteria, and techniques. Demographic data, main perioperative outcome parameters,
and perioperative complications were gathered and analyzed. A multivariable analysis was used to assess
the factors predicting a short (< 20 min) warm ischemia time (WIT), the occurrence of postoperative
complication of any grade, and a “favorable outcome”, arbitrarily defined as a combination of the following
events: short WIT + no perioperative complications + negative surgical margins + no conversion to open/
laparoscopy.
Results
A total of 190 cases were included in this analysis. Mean renal tumor size was 2.6, and PADUA score 7.2.
Median operative time was 170 min with a median EBL of 150 ml. A clampless technique was adopted
in 70 cases (36.8%) and the median WIT was 16.5 min. PADUA score independently predicted length of
WIT (low vs high score: OR 5.11, CI 1.50-17.41, p=0.009; intermediate vs high score: OR 5.13, CI 1.5616.88, p=0.007). The overall postoperative complication rate was 14.7%. The adoption of a robotic LESS
technique vs a conventional LESS one (OR 20.92, CI 2.66-164.64, p=0.003) and the occurrence of lower (≤
250 ml) EBL (OR 3.60, CI 1.35-9.56, p=0.010) were found to be independent predictors of no postoperative
complications of any grade. A “favorable outcome” was obtained in 83 cases (43.68%) and, on multivariate
analysis, the only predictive factor of a “favorable outcome” resulted to be the PADUA score (low vs high
score: OR 4.99, CI 1.98-12.59 p
Discussion
The present study represents the first large multi-institutional analysis specifically evaluating risk factors
for outcomes of LESS-PN.In our study, the multivariable analysis demonstrated PADUA score to be the
only factor significantly predicting a short WIT. According to our results, robotic surgery resulted to be more
effective than conventional LESS for reducing the risk for surgical complications.One must note that the use
of one additional trocar was applied in 61.6% of cases in the present series. Nevertheless, according to the
current terminology, the use of an extra 3mm-trocar is still considered LESS.
Aim of the study
Modern technologies such as near infrared (NIR) indocyanine green (ICG) fluorescence imaging represent
potentially useful tools to facilitate intraoperative assessment of vascularization and tissue perfusion during
robot-assisted partial nephrectomy (RAPN). Aim of the study was to analyse our series of robot-assisted
partial nephrectomies (RAPNs) performed with use of NIR ICG fluorescence, in order to assess the impact
of this tool on surgical decisions.
Materials and methods
A retrospective review of medical records of 16 patients who underwent RAPN with use of NIR ICG
fluorescence for renal parenchymal tumors from June 2011 to June 2012 was performed. RAPN with use of
NIR ICG fluorescence was carried out with a standardized technique using the “Da Vinci surgical system”
with the integrated Firefly™ Fluorescence imaging mode. A test of selective clamping of the tumor-feeding
artery/ies was always attempted after injection of 10 mg of ICG to asses the adequacy of tumor ischemia.
The perfusion of renal parenchyma was also checked with ICG fluorescence after completion of the
renorraphy. The impact of the use of NIR ICG fluorescence on surgical decisions was evaluated.
Results
The test of selective clamping with use of NIR ICG fluorescence showed adequate tumor ischemia in 9
cases. Clamping of the main renal artery was carried out in 7 cases due to incomplete tumor ischemia at
the test. No significant subjective differences in fluorescence intensity between tumoral tissue and normal
renal parenchyma was detected. Hypoperfusion of the renal healthy tissue after renorraphy was observed in
one case and resolved with partial release of the sutures. No significant worsening of serum creatinine and
estimated glomerular filtration rate was observed in the postoperative period. No side effects of ICG injection
occurred.
Discussion
Conclusions
Intraoperative NIR ICG fluorescence imaging represents a useful tool to support surgical decisions during
RAPN. ICG fluorescence helps the surgeon to select the best suited candidates for a safe and effective
selective clamping and to make sure of the good perfusion of the healthy renal parenchyma after conclusion
of the renorraphy.
Conclusions
LESS-PN can be safely and effectively performed in experienced hands, but given a high likelihood of a
single additional port. Overall, anatomical tumor characteristics as determined by the PADUA score are
independent predictors of a favourable surgical outcome. Thus, patients presenting with low PADUA score
tumors represent the best candidates for LESS-PN. The application of a robotic platform is likely to reduce
the overall risk of postoperative complications.
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PREDICTIVE ACCURACY OF NEPHROMETRIC SCORES CAN BE IMPROVED BY ADDING CLINICAL
PATIENT CHARACTERISTICS: AN ALGORITHM COMBINING ANATOMIC TUMOUR COMPLEXITY, BMI
AND CHARLSON INDEX TO DEPICT PERIOPERATIVE COMPLICATIONS AFTER NEPHRON SPARING
SURGERY
M. Roscigno, F. Ceresoli, R. Naspro, U. Capitanio, R. Matloob, F. Dehò, G. Deiana, E. Di Trapani, C.
Carenzi, F. Montorsi, R. Bertini, L. Da Pozzo (Bergamo)
Aim of the study
Even though tumor complexity represents the most important predictor of genitourinary complications, the
overall rate of surgical complications may be influenced also by other patient characteristics. We developed
a user-friendly algorithm, that combined anatomical features, BMI and Charlson Co-morbidity Index (CCI), to
predict perioperative complications in patients undergoing nephron-sparing surgery (NSS).
Materials and methods
From 2010 to 2012, we prospectively collected 320 consecutive patients treated with open NSS. Patients
underwent open trans-peritoneal NSS via a median xifo-umbilical approach or an extraperitoneal NSS
through a flank incision. Complications within 40 perioperative days were collected and graded according
to the modified Clavien-Dindo Classification System (CCS), and stratified into minor (CCS 1-2) and major
complications (CCS 3-5). Multivariable logistic regression analyses using backward selection tested the
predictive value of age, gender, BMI (≤25 vs >25), CCI (0 vs 1-2 vs >2), PADUA score (6-7 vs 8-9 vs ≥10)
or R.E.N.A.L. nephrometry score (4-6 vs 7-9 vs 10-12), and surgical approach on overall complication rate.
Finally, the most parsimonious risk model in predicting the outcome of interest was developed. The ability of
the score of this risk model to predict overall complications was tested in multivariate analysis.
Results
One-hundred sixty three patients underwent open extraperitoneal NSS through a flank incision, while 157
patients underwent a transperitoneal approach. Mean patient age was 63±12 years. The mean tumor
diameter was 3.3±1.5 cm. The median PADUA score was 9 (range 6-13). The median R.E.N.A.L. score
was 7. Mean ischemia time was 20±9 min (median 19 min). A novel algorithm integrating anatomical
features and patient characteristics was generated (Risk of Surgical Complication Score – RoSCo Score).
Specifically the score included 3 independent variables: anatomical tumour features (PADUA score 6-9 =
1 point; PADUA score ≥10 = 3 points or R.E.N.A.L. score 4-9 = 1 point; R.E.N.A.L. score ≥10 = 5 point);
1,2 and 3 points for CCI 0, 1-2 and >2, respectively; 1 point for BMI ≤25 and 2 points for BMI >25. Patients
were categorized according to our score algorithm as 3-8 when using PADUA score. Patients with score 3-4,
5-6 and 7-8 had 14%, 27% and 52% overall complication rate. Our score algorithm was 3-10 when using
R.E.N.A.L. score. Patients with score 3-4, 5-6 and 7-10 had 18%, 33% and 51% overall complication rate.
the predictive accuracy of RoSCo score for surgical complications was 68%, with a gain of 4% relatively to
the use of PADUA only (64%) and of 6% relatively to the use of R.E.N.A.L. score only.
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COMPARISON OF CONTRAST-ENHANCED ULTRASOUND SCAN (CEUS) AND MRI IN THE FOLLOWUP OF CRYOABLATION FOR SMALL RENAL TUMORS.
G. zeccolini, D. Del Biondo, C. Cicero, A. Casarin, A. Guarise, A. Celia (bassano del grappa)
Aim of the study
To evaluate the ability of contrast enhanced ultrasound scan (CEUS) in monitoring the results of cryoablation
of small renal tumors, in comparison with contrast enhanced magnetic resonance imaging (MRI)
Materials and methods
our Department, percutaneous or laparoscopic assisted cryoablation is offered in the treatment of renal
tumors
Results
The mean age of the 25 pts was 67.7 years (range 56-79); 5 pts were females and 20 were males. The
mean tumor size was 2.8 cm (range 1.5-3.5). No patient required conversion to open procedure. 19 tumors
were located at the lower pole, 4 were interpolar and 2 tumor was located at the upper pole. There were
no intraoperative complications. The mean hospital stay was 4 days (range 1-7). Two pts required a blood
transfusion; there was no statistically significant difference between preoperative and postoperative serum
creatinine levels. The biopsy showed RCC in all cases. The follow-up consisted in CEUS/MRI every 3
months during the first year after cryoablation and every 6 months thereafter.
Discussion
In 24/25 patients both CEUS and MRI showed no enhancement. In 1/25 pts, during the follow-up, CEUS
and MRI showed a well visible recurrence at the perfusion study. It was histologically confirmed. The final
results of CEUS and MRI were concordant in all pts
Conclusions
CEUS is effective during the follow-up of renal tumor cryoablation. It could be an alternative technique
to standard CT and MRI, with some advantages: low cost, short time consuming procedure, no radiation
exposure, reduced amount of contrast agent (1-2 ml) and rare adverse reactions.
Discussion
The RoSCo score not only accounted for anatomic tumor complexity but also for additional clinical
characteristics that may affect non genito-urinary complications.
Conclusions
This novel tool could help clinicians better stratify patients candidates to undergo NSS into subgroups with
different risks of perioperative complications.
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CORRELATIONS BETWEEN NEPHROMETRIC SCORES (P.A.D.U.A AND R.E.N.A.L SCORE) AND
WARM ISCHEMIA TIME IN PATIENTS WHO UNDERWENT ELECTIVE OPEN OR MINIMALLY INVASIVE
NEPHRON SPARING SURGERY FOR RENAL CELL CARCINOMA
ROLE OF NEPHROMETRIC SCORES (P.A.D.U.A AND R.E.N.A.L SCORE) IN THE PREDICTION
OF POSTOPERATIVE COMPLICATIONS IN PATIENTS WHO UNDERWENT ELECTIVE OPEN OR
MINIMALLY INVASIVE NEPHRON SPARING SURGERY FOR RENAL CELL CARCINOMA
M. Borghesi, L. Della Mora, R. Schiavina, G. Rocca, C. Pultrone, F. Chessa, G. Saraceni, E. Brunocilla, G.
Martorana (Bologna)
M. Borghesi, L. Della Mora, R. Schiavina, G. Rocca, C. Pultrone, F. Chessa, G. Saraceni, E. Brunocilla, G.
Martorana (Bologna)
Aim of the study
Nephron sparing surgery (NSS) is the standard of care for cT1a renal masses, and offer equivalent
oncologic outcomes but lower renal function impairment when compared to radical nephrectomy. Recently,
several standardized anatomical classifications scoring systems (P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. score) have
been described, allowing urologists to predict the potential perioperative outcomes and complications. Aim
of this study was to evaluate the correlations between nephrometric scores and warm ischemia time (WIT)
in patients treated with NSS for renal cell carcinoma (RCC).
Aim of the study
Nephron sparing surgery (NSS) is the standard of care for renal masses ≤ 4 cm, and offer equivalent
oncologic outcomes but lower renal function impairment when compared to radical nephrectomy. Recently,
several standardized anatomical classifications scoring systems (P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. score) have
been described, allowing urologists to predict the potential perioperative outcomes and complications. Aim
of this study was to evaluate the correlations between nephrometric scores and postoperative complications
in patients treated with NSS for renal cell carcinoma (RCC).
Materials and methods
We retrospectively evaluated a cohort of 96 consecutive patients who underwent open or laparoscopic
NSS for RCC between 2006 and 2012 at our Institution. Exclusion criteria were: a) benign renal masses;
b) multiple renal tumors; c) incomplete clinical and pathological data. The Kruskall-Wallis test was used to
compare more than two non-parametric continuous variables; the Pearson χ2 test was used to compare
categorical variables. Two-tailed p
Materials and methods
A cohort of 96 consecutive patients who underwent open or laparoscopic NSS for RCC between 2006
and 2012 at our Institution was retrospectively evaluated. Exclusion criteria were: a) benign renal masses;
b) multiple renal tumors; c) incomplete clinical and pathological data. Postoperative complications were
classified according to the modified Clavien-Dindo system. Nephrometry risk groups categories and ClavienDindo grades of postoperative complications were used to stratify patients. The Pearson χ2 test was used to
compare categorical variables. Two-tailed p
Results
Clinical and pathological characteristics are summarized in Table 1. The median WIT was 14 (IQR: 8-20)
minutes, and was found to be > 20 minutes in 21 (21.8%) cases. The median WIT was significantly longer in
laparoscopic (21 min.) than open procedures (12.1 min.), p 20 minutes (p<0.001).
Discussion
.
Conclusions
The classification of patients into risk group categories allow urologists to predict the surgical outcomes after
NSS for RCC. More complex cases, included into high risk groups, reflect a more challenging procedure,
with a longer expected WIT. In our cohort of patients, P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. scores demonstrated to be
equivalent predictors of WIT > 20 minutes.
Results
The mean P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. scores were 7.6±1.31 and 7.02±1.58, respectively. Forty-nine (51%),
36 (37.5%) and 11 (11.5%) patients were classified into low, intermediate and high risk categories according
to the P.A.D.U.A. classification, respectively; conversely, 29(30.2%), 62 (64.6%) and 5 (5.2%) patients were
classified at low, intermediate and high risk according to the R.E.N.A.L. score, respectively. Postoperative
complications are listed in Table 1. Specifically, 35/96 patients (36.4%) experienced postoperative
complications; in the vast majority of them (82.9%) we observed low grade (grade 1-2) complications.
P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. risk group categories were found to be equivalent and significant predictors of the
grade of complications (p
Discussion
.
Conclusions
The classification of patients into risk group categories allow urologists to predict the surgical outcomes after
NSS for RCC. In our cohort of patients, P.A.D.U.A. and R.E.N.A.L. scores demonstrated to be equivalent
predictors of postoperative complications.
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THE EXTENT OF LYMPHADENECTOMY AT NEPHRECTOMY DOES AFFECT CANCER SPECIFIC
SURVIVAL AND METASTATIC PROGRESSION IN SPECIFIC SUBGROUPS OF PATIENTS WITH RENAL
CELL CARCINOMA
U. capitanio, R. Matloob, E. Di Trapani, F. Abdollah, N. Suardi, M. Moschini, P. Dell’Oglio, A. Briganti, A.
Gallina, A. Salonia, M. Roscigno, L. Da Pozzo, F. Montorsi, R. Bertini (Milano)
Aim of the study
Although prospective results failed to demonstrate a survival benefit of lymph node dissection (LND)
during nephrectomy, some retrospective reports suggested that LND might be beneficial in presence of
unfavourable conditions. To test whether the number of lymph nodes removed affects cancer specific
survival (CSS) or metastatic progression free survival (MPFS) in different clinical scenarios.
Materials and methods
Clinical, surgical, pathological and survival records of 1983 RCC patients were prospectively retrieved.
Cox regression analyses targeted the effect of the number of lymph nodes removed on CSS and MPFS.
To adjust for potential clinical and surgical selection bias, analyses were further adjusted for the number
of positive nodes, age, T stage, performance status, tumor size, Fuhrman grade, presence of metastases,
necrosis or sarcomatoid features.
Results
Mean follow-up period was 83.3 months. At multivariable analyses, the number of nodes removed showed
an independent, protective effect on CSS in patients with pT2a-pT2b tumors (hazard ratio [HR] 0.91,
p=0.008), locally advanced disease with extension to vena cava wall or above the diaphragm or invading
beyond Gerota fascia (pT3c-pT4, HR 0.89, p10 cm, HR 0.97, p=0.03) or when sarcomatoid features were
found (HR 0.81, p=0.006). The removal of each additional lymph node resulted associated with a 3 to
19% increase in CSS. When considering MPFS as endpoint, the number of nodes removed showed an
independent, protective effect in the same subgroups of patients.
Discussion
Our findings provide additional support to the concept that LND at the time of nephrectomy may affect
survival in patients with intermediate-high risk RCC.
Conclusions
When clinically indicated, LND extent does show an independent protective effect on CSS and MPFS in
specific subgroups of patients. Specifically, the number of lymph nodes removed seems to affect cancer
control in those cancers that show predilection for lymph node invasion.
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86° Congresso Nazionale SIU
FIRST EXTERNAL VALIDATION OF A PRE-OPERATIVE NOMOGRAM BASED ON R.E.N.A.L. SCORE
A. Antonelli, A. Minervini, M. Furlan, S. Crivellaro, A. Porreca, P. Parma, L. Cindolo, S. Zaramella, A.
Celia, M. Falsaperla, B. Rocco, V. Pagliarulo, R. Nuciotti, C. Ceruti, A. Morlacco, G. Vittori, D. Dente, F.
Berardinelli, L. Schips, C. Terrone, M. Carini, C. Simeone (Brescia)
Aim of the study
To perform the first external validation of a pre-operative nomogram [Kutikov et al. Eur Urol 2011, 60:
241-8] which integrates sex, gender and the single elements of RENAL score to predict malignancy or
aggressiveness of renal masses.
Materials and methods
Retrospective evaluation of a perspectively-maintained database that collects the data on partial
nephrectomy (PN) from 7 centers. For each case, the RENAL score has been assigned by an urologist not
directly involved in the operation and blinded of the final pathology. By an automatic calculator (available online at www.cancernomograms.com) the probability of malignancy and aggressiveness has been predicted
for each case. A statistical comparison between the estimated probabilities and final histology has been
performed with t-test and area under the curve of ROC curve.
Results
607 cases have been evaluated (387 M, 220 F, mean age 62.6 years), submitted to PN via open (421
cases), laparoscopic (89 cases) or robotic (97 cases)access, for renal masses with a mean diameter of
3.2+/-1.6 cm and a median RENAL score of 6 (interquartile range 5-7). At final histology 120 cases were
benign (19.8%), 487 malignant (83.9%); among malignant cases, 345 were not aggressive (83.9%), 66
aggressive (16.1%). The probability of malignancy estimated by the nomogram for masses found to be
benign vs malignant at final histology was 55.3+/-26.2% vs 53.8+/-27.5% (p=0.584). The AUC was 0.526
(p=0.375). The probability of aggressiveness estimated by the nomogram for masses found not aggressive
vs aggressive at final histology was 56.6+/-28.1% vs 61.5+/-27.2% (p=0.190). The AUC was 0.548
(p=0.222).
Discussion
The possibility to predict histology should be of paramount importance in the assessment of renal masses,
especially for the small ones that are more frequently benign or at least not aggressive. In the cohort
evaluated in the present study, including only patients submitted to PN for small renal masses, the predictive
ability of the nomogram is poor. Conversely, it showed excellent performances (>70%) in the cohort in which
it was generated. However, in that setting also larger, locally advanced or metastatic tumors were included,
and it’s reasonable that due to this fact the predictive ability of the system has been overestimated.
Conclusions
The only one pre-operative nomogram actually available that includes a nephrometric score, failed to
confirm in an external setting an adequate predictive ability.
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86° Congresso Nazionale SIU
WHEN TO PERFORM LYMPH NODE DISSECTION IN RENAL CELL CARCINOMA PATIENTS: A NOVEL
APPROACH TO PREOPERATIVELY ASSESS THE RISK OF LYMPH NODE INVASION AT SURGERY
AND NODAL PROGRESSION DURING FOLLOW UP
U. capitanio, F. Abdollah, R. Matloob, N. Suardi, F. Castiglione, E. Di Trapani, P. Capogrosso, A. Gallina, P.
Dell’Oglio, A. Briganti, A. Salonia, M. Roscigno, L. Da Pozzo, F. Montorsi, R. Bertini (milano)
Scopo del lavoro
Whether to perform lymph node dissection (LND) in renal cell carcinoma (RCC) is still debated. We aimed to
preoperatively identify patients who might benefit from LND.
Materiali e metodi
In 1983 RCC patients treated with either partial or radical nephrectomy, we considered as a mutual endpoint
the presence of lymph node invasion (LNI) at final pathology or lymph node (LN) progression during the
follow-up period. Nodal progression was defined as the onset of a new clinically detected lymphadenopathy
(>10 mm) in the retroperitoneal lymphatic area. Logistic regression analyses were used to assess the
effect of each potential clinical predictor (age, body mass index, tumor side, symptoms, performance
status, clinical tumor size, clinical TNM stage, albumin, calcium, creatinine, haemoglobin, and platelets
levels) on the outcome of interest. The most parsimonious multivariable predictive model was developed.
Discrimination, calibration and net benefit were calculated.
Risultati
The prevalence of nodal invasion was 6.1% (n=120/1983). During the follow-up period, 82 patients (4.1%)
experienced nodal progression. At multivariable analyses, the most informative independent predictors
resulted T stage [cT3-4 vs. cT1-2, odds ratio (OR) 1.52, p=0.05], clinical nodal status [cN1 vs. cN0, OR 7.09,
p
Discussione
We demonstrated that LN progression is not a negligible entity and it may occur when surgery planning
is inaccurate (the avoid of LND in high risk patients, e.g. pNx cases) or when limited LND is performed,
increasing the risk of false negative cases (e.g. a lymph node status underestimation for inadequate LND).
The model can be considered the first attempt to identify before surgery, exclusively relying on clinical
parameters, those cases in which the tumor shows a lymph node predilection during their natural history and
that might benefit from a LND at the time of surgery.
Conclusioni
By relying on a unique approach combining the risk of harbouring LNI and/or LN progression during followup period, we provided the first clinical pre-surgery model predicting the need for LND.
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86° Congresso Nazionale SIU
PATHOLOGICAL CHARACTERISTICS AND PROGNOSTIC IMPACT OF PERITUMORAL CAPSULE
PENETRATION IN RENAL CELL CARCINOMA AFTER TUMOR ENUCLEATION
A. Tuccio, A. Minervini, M. Raspollini, C. Di Cristofano, G. Siena, M. Salvi, G. Vittori, L. Masieri, A. Lapini, S.
Serni, M. Carini (Firenze)
Scopo del lavoro
To evaluate the pathological characteristics of peritumoral capsule and the prognostic impact of capsule
penetration on tumor recurrence in patients treated by tumor enucleation (TE) for RCC.
Materiali e metodi
Between January 2005 and June 2011, 304 consecutive patients with single sporadic intracapsular RCC
had TE. Peritumoral capsule status was carefully analyzed by two dedicated uropathologists. The degree
and the side of capsule penetration if present were evaluated.
Risultati
According to the peritumoral capsule status, of the 304 RCCs, in 155 (51%) the peritumoral capsule was
intact and free from neoplastic penetration (PC-) while in 149 (49%) there were signs of penetration within
its layers. Overall, 34.9% had capsular penetration on the parenchymal side and of those 75 (24.7%)
had penetration only (PCK+) and 31 (10.2%) had capsular penetration and invasion beyond it (PCK++).
Whereas, 14.1% had peritumoral capsule invasion on the perirenal fat tissue side and of those 18 (5.9%)
had capsular penetration (PCF+) and 25 (8.2%) had penetration and invasion beyond it (PCF++). None of
the patients had positive surgical margins detected at the pathologic examination. Mean (median, range)
follow up was 49 months (46, 25-69). During the study period, 13 (4.3%) patients had progressive disease.
The 5-year progression-free survival rate for RCC according to PC status was: PC- 97.5%, PCK+ 98.2%;
PCK++, 92.8%; PCF+, 82.6%; PCF++, 74% (p
Discussione
The presence of a capsular involvement could represent the first pathological evidence of the capacity
achieved by tumor cells to infiltrate and invade normal parenchyma and perirenal tissue, and might
potentially increase the risk of local and systemic recurrence and could eventually be used as a prognostic
factor in patients with clinically intracapsular RCC amenable for conservative surgery.
Conclusioni
TE is an oncologically safe NSS technique. PCF is a significant and independent predictor of tumor
recurrence in patients with clinically intracapsular RCCs scheduled for NSS and appear to be a stronger
predictor than TNM stage. PCK does not predict the risk of recurrence.
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INVASION OF RENAL TUMOR PSEUDOCAPSULE: CORRELATION WITH OTHER HISTOLOGICAL
FEATURES AND PROGNOSTIC VALUE
FULL-CORE BIOPSIES ARE SUPERIOR TO STANDARD BIOPSIES FOR THE HISTOLOGICAL
CHARACTERIZATION OF RENAL TUMORS
A. Di Domenico, A. Volpe, E. Bollito, C. Bozzola, R. Bertolo, L. Zegna, P. De Angelis, D. Amparore, F.
Porpiglia, C. Terrone (Novara)
A. Volpe, F. Varvello, L. Zegna, A. Di Domenico, M. Zacchero, P. De Angelis, E. De Lorenzis, G. Ceratti, C.
Terrone (Novara)
Aim of the study
A prognostic role of pseudocapsule invasion (PI) has been suggested for localized renal cell carcinomas
(RCCs). Aim of this study was to better define PI and assess its prognostic value and association with other
histopathological RCC features.
Aim of the study
Percutaneous renal tumor biopsies (RTBs) have been increasingly used in the last few years for histologic
characterization of renal tumors. Most RTBs are today performed with the use of 18G standard automatic
needles. However, full-core needles are available and can potentially increase the quantity and quality
of tumoral tissue retrieved. Aim of this study was to compare the adequacy and diagnostic yield of RTBs
performed with 18 G full-core and standard needles.
Materials and methods
The slides of 190 patients who underwent radical nephrectomy for pT1-T2 RCC between January 2000
and December 2008 were reviewed by two expert pathologists. Median tumor size was 4.9 cm (IQR 3.57). In all cases the tumor pseudocapsule was carefully evaluated. New criteria were defined to assess PI.
The correlation between PI and the classical histopathological variables was assessed. A survival analysis
according to the presence of PI was also performed.
Results
148 (77.9%) tumors were pT1 and 42 (22.1%) pT2 RCCs. 156 (82.1%) RCCs had clear cell histotype and
155 (81.6%) were low grade (Fuhrman I-II). At univariate analysis, PI was found to significantly correlate
with high Fuhrman grade (p=0.035) and clear cell histotype (p=0.031). No significant association with tumor
stage, size and necrosis was found. Mean follow-up was 72 months (IQR 39-72). 11 RCC-specific deaths
occurred. A correlation trend between PI and cancer-specific survival was observed.
Discussion
A clear definition of PI of RCCs is lacking. Using our criteria PI is frequent and correlates significantly with
Fuhrman grade and clear cell histotype. Our results suggest a possible prognostic impact of PI on survival
for localized RCC.
Conclusions
PI in localized RCCs correlates with a higher Fuhrman grade and clear cell histotype. Its prognostic role
needs to be confirmed in larger multicentre series.
Materials and methods
RTBs were performed on surgical specimens in 74 patients who underwent radical or partial nephrectomy
for a renal tumor. Median tumor size was 48 mm (IQR 30-73). In all cases one central and one peripheral
RTB were obtained with a standard 18G Tru-cut automatic needle. One central and one peripheral RTB
were also obtained with a 18G full-core automatic needle (BioPince®, AngioTech) in 42 cases. All cores
and surgical specimens were blindly analyzed by 4 expert pathologists. Adequacy of the specimen was
assessed and classified in 3 categories: adequate for diagnosis with good quality (AG), adequate for
diagnosis with poor quality (AP) and inadequate for diagnosis (NA). Tumor histotype and Fuhrman grade
were also assessed. Adequacy and diagnostic yield of standard and full-core RTBs were compared.
Results
Central RTBs were considered AG, AP and NA in 54-68%, 8-20% and 16-27% with standard needles vs.
69-79%, 10-17% and 7-19% with full-core needles. Peripheral RTBs were considered AG, AP and NA in 5369%, 11-23% and 15-24% with standard needles vs. 79-84%, 5-7% and 10-14% with full-core needles. The
diagnosis of histotype was possible on central cores in 73-84% of cases with standard needles vs. 80-93%
with full-core needles, on peripheral cores in 76-85% of cases with standard needles vs. 86-90% with fullcore needles. For RCCs, Fuhrman grading was possible on central cores in 70-89% of cases with standard
needles vs. 80-97% with full-core needles, on peripheral cores in 74-93% with standard needles vs. 77-94%
with full-core needles.
Discussion
RTBs obtained on the bench with full-core needles are more frequently adequate and have a higher
diagnostic yield for tumor histotype and Fuhrman grade than RTBs obtained with standard needles. No
significant difference in adequacy and diagnostic yield for tumor histotype and Fuhrman grade was observed
for central and peripheral RTBs with the use of either standard and full-core needles.
Conclusions
Central and peripheral RTBs with full-core needles should be obtained for histological characterization of
renal tumors. Full-core needles should be preferred to standard Tru-cut needles since they can obtain more
adequate cores and allow a higher diagnostic yield for tumor histotype and Fuhrman grade.
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DIFFERENTIAL EXPRESSED PROTEINS IN URINE SAMPLES FROM VON HIPPEL-LINDAU DISEASE
AND RENAL CELL CARCINOMA PATIENTS VERSUS HEALTHY PEOPLE
P. Destefanis, M. Allasia, A. Battaglia, F. Travaglini, A. Gonella, B. Lucatello, A. Notarpietro, G. Mandili, A.
Khadjavi, A. Bosio, B. Lillaz, G. Giribaldi, M. Maccario, B. Frea (Torino)
Scopo del lavoro
Von Hippel-Lindau (VHL) disease is an autosomal dominant, inherited syndrome occurring in 1 out
of 35 000 births. VHL is characterized by the development of retinal and CNS haemangioblastomas,
phaeochromocytomas, pancreatic neuroendocrine tumours, clear-cell renal cancers (RCC). RCC occurs in
about 40% of patients affected by VHL disease and is often bilateral and multifocal. Actually the only method
to identify abdominal lesion is the yearly radiological imaging. There are no reliable methods and markers
to classify the VHL patients base on the risk of developing RCC. In order to identify differentially expressed
proteins, that could be useful as predictors of the VHL related RCC, we performed 2DE analysis on urine
samples from healthy subjects, patients with sporadic RCC and VHL patients. The latter were collected
during the annual follow-up in our clinical care VHL-centre
Materiali e metodi
Urine samples were collected from 9 healthy subjects, 10 patients affected by VHL syndrome and 9 patients
with RCC. Proteins were obtained through the Acetone Precipitation approach and solubilised in Lysis Buffer
(9M Urea, 4% CHAPS, 1mM Na3VO4, 80 mM DTT, protease inhibitors). Following protein quantification,
200 µg of each sample were loaded on IPG strip gels (7 cm IPG strips, pH 3-10 NL) after dialysis. For
second dimension 10% Poly-Acrylamide gels were run. Colloidal Comassie-stained gels were analysed
by PD Quest 2D analysis software and statistical analysis was performed (T test). The study has been
approved by the internal institution ethical committee
Risultati
From January 2012 to January 2013 we collected urine samples (100 ml) from 10 VHL patients, 9 sporadic
RCC and 9 healthy people and we compared the protein expression profile among them. Mean age of the
VHL group was 34.33 years (range 24-58), 6 male and 3 female, 3 patients have positive history of renal
cancer. Mean age of sporadic RCC patients was 65 years (range 43-78), 4 male and 5 female, all with
histological diagnosis of clear cell RCC. The healthy urine samples were collected from 9 blood donors,
with mean age of 42 years (range 25-58) 4 male and 5 female. Image analysis of the 2DE maps showed 35
statistically significant (p
Discussione
Through PD Quest 2D analysis software of the 2DE urine maps we demonstrate the presence of 35
statistically significant (p
Conclusioni
Patients affected by VHL mutation are an excellent study group to understand the biology of kidney cancer
and to identify new RCC markers. We expected to find into the 35 differential expressed proteins a potential
biomarker, a RCC predictor, or a biological therapy target for sporadic and hereditary RCC
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86° Congresso Nazionale SIU
IDENTIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DELLE CELLULE STAMINALI TUMORALI NEL
CARCINOMA RENALE A CELLULE CHIARE: CTR2 COME MARCATORE PUTATATIVO DI CELLULE
STAMINALI TUMORALI
V. Galleggiante, M. Rutigliano, G. Lucarelli, P. Ditonno, C. Bettocchi, A. Vavallo, M. Campagna, F. Selvaggi,
M. Battaglia (Bari)
Scopo del lavoro
Isolamento e caratterizzazione delle cellule staminali tumorali (RCSCs) ottenute da carcinoma renale a
cellule chiare. Studio del profilo di espressione genica ed identificazione del marcatore di membrana in
grado di discriminare le RCSCs rispetto alla controparte staminale sana (ARPCs).
Materiali e metodi
Sono stati arruolati 40 pazienti sottoposti ad intervento di nefrectomia con diagnosi di RCC a cellule chiare.
Sono state prelevate una frazione corticale di tessuto sano e neoplastico. Le cellule ottenute da entrambe
le frazioni sono state purificate per il marcatore staminale CD133+ e per il marcatore di residenza renale
CD24+. Le cellule sono state caratterizzate con un kit di fenotipizzazione mesenchimale. Dall’estratto
proteico delle cellule CD133+/CD24+ è stato effettuato un Array di 15 proteine di staminalità (Oct3/4,
Nanog, SOX2, E-Cadherin, α-Fetoprotein, GATA4, HNF-3β/Fox A2, PDX-1/IPF1, SOX17, Otx2, TP63/
TP73L, Gosecoid, Snail, VEGF R2/KDR/Flk1, HCG). Le cellule CD133+/24+ tumorali sono state clonate
con la tecnica delle limiting diluition e differenziate in adipociti, osteociti e cellule epiteliali. È stata valulata la
proprietà tumorigenica delle RCSCs attraverso la tecnica Soft Agar Assay in vitro. L’RNA estratto da 6 linee
ARPCs e 6 linee RCSCs è stato ibridato su un chip ILLUMINA contenete i geni dell’intero genoma umano. I
dati sono stati validati in real time PCR.
Risultati
Sono state isolate cellule staminali renali CD133+/24+ sia da tessuto neoplastico che da tessuto
sano.L’analisi citofluorimetrica ha confermato la positività sia delle RCSCs che ARPCs per i marcatori
CD133, CD24. La fenotipizzazione mesenchimale ha confermato l’origine renale delle cellule staminali
normali e tumorali. Con l’analisi quantitativa delle proteine, ottenuta dagli Array proteici abbiamo
dimostrato che le RCSCs sono più indifferenziate rispetto alla controparte staminale sana. Le RCSCs
sono clonigeniche ed hanno la capacità di differenziarsi in adipociti, osteociti e cellule epiteliali. Abbiamo
dimostrato che le RCSCs sono tumorigeniche in quanto capaci di rigenerare tumore in vitro. Per la prima
volta abbiamo studiato il profilo di espressione genica delle RCSCs che ha portato all’identificazione del
marcatore di membrana CTR2 che risulta essere up-regolato solo nelle RCSCs. Inoltre tale dato è stato
confermato attraverso l’analisi citofluorimetrica e la microscopia confocale per CTR2 eseguite su 5 linee
RCSCs e 5 ARPCs.
Discussione
Le cellule staminali sono presenti nel tumore e sembrano essere più indifferenziate rispetto alla controparte
sana in quanto esprimono marcatori tipici dell’embriogenesi.Il CTR2 è un marcatore coinvolto nella chemio
resistenza ed è up-regolato solo nelle RCSCs.
Conclusioni
L’individuazione di cellule staminali nel carcinoma renale e la ricerca dei relativi marcatori può essere utile
per l’ottimizzazione delle strategie terapeutiche e per le informazioni predittive e prognostiche nei pazienti
affetti da carcinoma renale.
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IL TUMORE RENALE ANGIOMIOADENOMATOSO (RAT): DEFINIZIONE DELLE CARATTERISTICHE
CLINICHE, RADIOLOGICHE E PROGNOSTICHE DI NUOVA ENTITà TRA LE NEOPLASIE RENALI
PARENCHIMALI.
G. Galvagni, A. Antonelli, R. Tardanico, F. Franco, C. Simeone (Brescia)
Scopo del lavoro
Riesaminare una serie di 12 pazienti operati in un unico centro e affetti da tumore renale
angiomioadenomatoso (RAT) focalizzandosi sugli aspetti clinici, radiologici e prognostici
Materiali e metodi
Un esperto uro-patologo ha esaminato i campioni istologici di più di 1000 pazienti sottoposti presso la
nostra divisione a chirurgia per neoplasia renale tra il 2002 e il 2012 e ha formulato una diagnosi di RAT
sulla base di criteri morfologici (noduli ben capsulati con una mescolanza di componenti epiteliali, muscolari
lisce e vascolari) ed immunoistochimici (componente stromale desmina +; componente epiteliale CK7+,
34betaE12+, focale CD 10+, racemasi -). I dati clinici, chirurgici e di follow-up sono stati poi inseriti in
un database dedicato. Un esperto uro-radiologo, già a conoscenza della diagnosi, ha riesaminato la
documentazione radiologica disponibile.
Risultati
Sono stati ritrovati 12 casi con caratteristiche morfologiche ed immunoistochimiche compatibili con la
diagnosi di RAT (6 F, 6 M, età media 63,1 anni, range 42,5-76,8) tutti in precedenza diagnosticati come
tumori renali inclassificabili. In 11/12 pazienti il riscontro di neoplasia renale è avvenuto in modo incidentale.
Era disponibile una documentazione radiologica in 8/12 pazienti : in tutti questi l’ecografia evidenziava una
lesione nodulare solida iperecogena localizzata in sede corticale; la TAC mostrava nelle scansioni basali
una lesione nodulare a densità sovraliquida, riccamente vascolarizzata in fase arteriosa e con un wash
out non omogeneo in fase parenchimale, conferendo alla lesione un aspetto a “mosaico”. 10/12 pazienti
sono stati sottoposti a chirurgia conservativa, 2/12 a nefrectomia. Il diametro medio delle lesioni era di
2,4 cm (1,5-4 cm). Ad un follow-up medio di 6 anni (range 1-10 anni) non vi sono stati segni di recidiva o
progressione di malattia
Discussione
Il tumore renale angiomioadenomatoso (RAT) è un raro sottotipo di tumore renale con solo 7 casi descritti
in letteratura. Le sue caratteristiche anatomo-patologiche ed immunoistochimiche non si adattano ad
alcun istotipo tra quelli compresi nella classificazione WHO delle neoplasie renali. Oltre ad una completa
definizione anatomo-patologica di questa entità, pochissime informazioni sono disponibili riguardo alle sue
caratteristiche cliniche, radiologiche e ai suoi aspetti prognostici. Il presente studio raccoglie la casistica di
maggiori dimensioni ad oggi riportata, riconoscendone aspetti radiologici tipici (piccoli noduli iperecogeni
e ben capsulati all’ecografia e con un pattern di enhancement a “mosaico” alla TC) e dimostrandone il
comportamento biologico di tipo benigno.
Conclusioni
Il RAT rappresenta un entità ben definita all’interno delle neoplasie renali parenchimali, sia dal punto di vista
radiologico che per quanto riguarda il suo comportamento biologico. Di fronte a neoformazioni renali con
queste caratteristiche radiologiche deve sempre essere considerato un atteggiamento di tipo conservativo.
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EFFETTO DELL’INIBIZIONE DI VIE METABOLICHE SPECIFICHE SULLA VITALITà IN VITRO DELLE
CELLULE DI CCRCC
C. Bianchi, V. Di Stefano, E. Cattaneo, B. Torsello, S. Bombelli, C. Meregalli, G. Bovo, P. Viganò, G. Strada,
R. Perego (Monza)
Scopo del lavoro
Il carcinoma renale a cellule chiare (ccRCC), il sottotipo più frequente di tumore renale, presenta nell’85%
delle forme sporadiche l’inattivazione bi-allelica del gene von Hippel –Lindau (VHL) con attivazione
costitutiva dei fattori inducibili dall’ipossia 1a e 2a (HIF-1a e HIF-2a). HIF-1a e HIF-2a, regolando
l’espressione di differenti e specifici target genici, hanno un ruolo chiave nello sviluppo del fenotipo
pseudo-ipossico dell’ccRCC. La glicolisi aerobia con produzione di lattato (effetto Warburg), l’alterazione
del metabolismo ossidativo mitocondriale e l’utilizzo della glutammina per alimentare il ciclo di Krebs e
la lipogenesi sono alcuni degli aspetti della riprogrammazione metabolica nella cellula del ccRCC su cui
possono convergere potenziali interventi terapeutici. Scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare
l’effetto dell’inibizione di vie metaboliche specifiche sulla vitalità in vitro delle cellule ottenute da ccRCC, in
relazione alle loro caratteristiche fenotipiche e molecolari.
Materiali e metodi
Colture primarie allestite a partire da campioni tessutali di ccRCC e cortex renale normale, estesamente
caratterizzate dal punto di vista fenotipico (FACS, immunofluorescenza, colorazioni istologiche) e
molecolare (western blot, real-time PCR) sono state coltivate per 72 ore in terreni addizionati con inibitori
specifici delle diverse vie metaboliche cellulari (rotenone, etomoxir, 2DG) e in terreni totalmente o
parzialmente depleti di glucosio o di glutammina. Al termine del trattamento la vitalità cellulare delle colture è
stata valutata con saggio MTT.
Risultati
A differenza delle colture corticali normali che risultavano sensibili ai trattamenti che interferiscono con il
metabolismo glicidico (2-DG e deplezione di glucosio), le colture tumorali mostravano variabile resistenza
a questi trattamenti in rapporto alle corrispondenti caratteristiche fenotipiche e molecolari (stadiazione e
grading del tumore, presenza o assenza di HIF1a e HIF2a). Le colture tumorali erano in generale resistenti
agli inibitori del metabolismo lipidico mitocondriale (etomoxir), come quelle normali corticali, ma sensibili alla
deplezione di glutammina.
Discussione
I dati ottenuti, seppure preliminari, confermano il ruolo di HIF nella riprogrammazione del metabolismo
della cellula tumorale renale ed evidenziano il ruolo diverso che il metabolismo glicidico (glicolitico
o mitocondriale) e quello lipidico possono avere sulla crescita cellulare del ccRCC in relazione alle
caratteristiche molecolari e di stadiazione del tumore d’origine. Inoltre il nostro modello in vitro si è
dimostrato utile per valutare l’eventuale effetto tossico dei diversi inibitori metabolici sulle cellule renali
normali.
Conclusioni
I risultati dei nostri studi metabolici sulle colture renali normali e tumorali potrebbero dare indicazioni
interessanti per lo sviluppo di strategie terapeutiche mirate ad interferire con le vie metaboliche che risultano
particolarmente importanti per la sopravvivenza e la crescita del ccRCC.
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86° Congresso Nazionale SIU
RISULTATI ONCOLOGICI DELLA NEFRECTOMIA PARZIALE NEL CARCINOMA RENALE DI
DIMENSIONI SUPERIORI A 4 CM: MATCHED-PAIR ANALYSIS DI CONFRONTO CON LA
NEFRECTOMIA RADICALE.
NEFRECTOMIA E ASPORTAZIONE DI TROMBOSI CAVALE ESTESA CON ARRESTO DI CIRCOLO E
PRESERVAZIONE DELLA PERFUSIONE CEREBRALE: RISULTATI NEI PRIMI 14 PAZIENTI E
CONFRONTO CON LA TECNICA STANDARD.
M. Sodano, A. Antonelli, S. Legramanti, G. Galvagni, T. Zanotelli, A. Cozzoli, C. Simeone (Brescia)
I. Mittino, A. Antonelli, G. Bisleri, C. Muneretto, A. Moggi, S. Cosciani Cunico, C. Simeone (Brescia)
Scopo del lavoro
Confrontare i risultati oncologici della nefrectomia parziale (PN) rispetto alla nefrectomia radicale (RN) per il
carcinoma renale di diametro maggiore di 4 cm, attraverso una matched-pair analysis che bilanci i possibili
fattori confondenti.
Scopo del lavoro
Valutare i risultati perioperatori ottenuti nell’asportazione della trombosi cavale estesa da carcinoma renale
impiegando una tecnica modificata di by-pass cardiopolmonare (CPB) che mantiene la perfusione cerebrale
anterograda
Materiali e metodi
Analisi retrospettiva di un database prospetticamente mantenuto che raccoglie i dati clinici, chirurgici,
patologici e del follow up di 2200 pazienti sottoposti ad intervento per una neoplasia renale parenchimale
presso la nostra istituzione. Sono stati rivalutati i dati dei casi con carcinoma renale di diametro superiore a
4 cm, trattati con RN o PN. Sono stati esclusi i casi con neoplasia di diametro pari o inferiore a 4 cm, quelli
con istologia benigna, quelli con neoplasie renali bilaterali, quelli con follow up giudicato inadeguato (< di 6
mesi). In questo modo sono stati selezionati 702 casi, di cui 70 sottoposti a PN e 632 a RN. E’ stato quindi
generato un propensity score verso l’intervento di PN o RN, integrando i seguenti parametri: sesso, età,
diametro tumorale, stadiazione clinica, sintomatologia alla diagnosi, istotipo tumorale, stadiazione
patologica, grading. E’ stato poi compiuto un matching 1:2 tra i 70 casi sottoposti a PN e i 140 casi
sottoposti a RN con propensity score più simile (tabella). E’ stata quindi analizzata la sopravvivenza cancrospecifica dei due gruppi.
Materiali e metodi
Valutazione retrospettiva di un database dedicato ai pazienti sottoposti a nefrectomia ed asportazione di
trombosi da carcinoma renale in CPB, compilato a partire dal 1998. L’indicazione all’impiego del CPB è
stata posta in tutti i casi in cui il livello della trombosi giungeva al piano dell’ingresso delle vene
sovraepatiche nella vena cava inferiore o oltre. Nel primo periodo dello studio (1998-2007), è stato condotto
un CPB con tecnica di standard (gruppo sCPB). Nel secondo (2007-oggi), è stata variata la tecnica per
mantenere una perfusione cerebrale anterograda durante l’arresto circolatorio (gruppo CPB+BP). Una serie
di fattori intra- e perioperatori sono stati confrontati tra i due gruppi (v. tabella, pts - pazienti)
Risultati
Si è verificata una progressione di malattia in 5/70 pazienti sottoposti a PN (7.1%, 3 metastasi a distanza, 2
recidiva nel rene operato) e in 10/140
sottoposti a RN (7.1%, 9 metastasi a
distanza, 1 recidiva locale) (p=1.000). La
sopravvivenza cancro-specifica stimata nel
gruppo PN vs RN a 5 e 10 anni è stata pari
a 97.6% vs 95.8% e 92.9% vs 92.3%
(p=0.716). L’unico fattore che ha mostrato
una correlazione con la sopravvivenza
cancro-specifica è stato lo stadio patologico
(p=0.031; stadio 1 referent, stadio 2
p=0.998, stadio 3 p=0.008, RR 5.818, 95%
CI 1.569-21.577), non la tipologia di
intervento (p=1.000, RR=1).
Discussione
La maggioranza degli studi che confrontano
i risultati oncologici di PN e RN pur
dimostrandone l’equivalenza, è altamente
limitata dalle significative differenze esistenti
tra le caratteristiche dei due gruppi dovute
alla selezione dei casi. Applicando una
metodologia che ha bilanciato gli indicatori
clinici pre-operatori e quelli patologici postoperatori correlati alla prognosi, nel
presente studio i risultati oncologici di PN e
RN per il carcinoma renale di diametro
maggiore di 4 cm sono stati sovrapponibili.
Risultati
Complessivamente, 23 pazienti sono stati sottoposti ad intervento con CPB nel periodo dello studio, 9
sCPB, 14 CPB+BP. Non sono emerse differenze nelle caratteristiche dei pazienti (sesso, età e comorbidità),
e delle neoplasie (estensione della trombosi e stadiazione). Solo 1 (11.1%) e 3 (23.0%) pazienti,
rispettivamente nel gruppo sCPB e CPB+BP, non hanno avuto complicanze post-operatorie; 15 eventi di
complicanza (5 di grado Clavien >=3, 33% degli eventi) sono occorse nel gruppo sCPB (media 1.66 eventi/
paziente); 29 eventi (10 di grado >=3, 30.3% degli eventi) nel gruppo CPB+BP, (media 2.1 eventi/paziente).
Nella tabella è riassunto il confronto dei risultati delle due tecniche
Discussione
Il CPB+BP, già impiegato nella chirurgia dell’arco aortico, permette di proteggere il tessuto cerebrale per
tempi di arresto di circolo maggiori con un’ipotermia più moderata. Così si riducono i rischi di disfuzione
coagulativa legati all’ipotermia e i tempi operatori di raffreddamento/ riscaldamento del paziente, senza
rinunciare al campo esangue garantito dall’arresto del circolo. Il presente studio raccoglie la più ampia
casistica di pazienti sottoposti a trombectomia con CPB+BP. A parità di caratteristiche dei pazienti e delle
neoplasie, è stato possibile raggiungere un’ipotermia più moderata, mantenuta per un tempo di arresto di
circolo superiore, ma con tempi di CPB complessivi inferiori, grazie alla riduzione dei tempi di
raffreddamento/riscaldamento. L’impiego di un CPB+BP non ha comportato differenze nella morbidità e
nella mortalità. In
particolare, il rischio di
insufficienza renale ed
epatica è risultato
sovrapponibile,
dimostrando che questi
parenchimi possono
tollerare un’ipotermia più
moderata, almeno per i
tempi di arresto di circolo
che questo tipo di
chirurgia richiede
Conclusioni
Un CPB+BP limita la
necessità dell’ipotermia,
senza determinare un
maggior numero di
complicanze rispetto ad
un CPB con ipotermia
più profonda
Conclusioni
Si conferma che la PN può offrire risultati
oncologici sovrapponibili alla RN, a parità di
caratteristiche dei casi trattati.
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86° Congresso Nazionale SIU
COMPLICANZE POSTOPERATORIE SECONDO LA CLASSIFICAZIONE DI CLAVIEN-DINDO DELLA
CHIRURGIA RENALE CONSERVATIVA LAPAROSCOPICA CLAMPLESS: ESPERIENZA DI UN
SINGOLO CENTRO CON 100 CASI CONSECUTIVI
D. TAGLIALATELA, P. FEDELINI, A. OLIVA, M. FEDELINI, C. MECCARIELLO, N. LONGO, P. VERZE, V.
MIRONE (NAPOLI)
Scopo del lavoro
Obiettivo dello studio: analisi delle complicanze postoperatorie delle tumorectomie laparoscopiche per il
trattamento di neoplasie renali (NR) con tecnica di zero ischemia effettuate un singolo centro.
Materiali e metodi
100 pazienti consecutivi son stati sottoposti a nefrectomia parziale laparoscopica (NPL) per via
transperitoneale tra il 2009 e il 2012. Tutte le procedure chirurgiche son state effettuate senza clampaggio
del peduncolo vascolare. Le complicanze postoperatorie son state incluse in un database e riportate
secondo la classificazione di Clavien-Dindo.
Risultati
L’indicazione alla NPL è stata una NR primitiva nel 99% dei casi, recidiva nell’1%. Nel 65% si trattava di
pazienti di sesso maschile. Nel 44% dei casi il lato interessato era il destro e nel 94% aveva avuto un
esordio clinicamente asintomatico. La localizzazione delle NR era polare superiore, inferiore, mesorenale ed
ilare rispettivamente nel 32, 16, 38 e 10% dei casi. Il diametro medio delle NR è stato di 3.2 cm (range 2.14.7). Tempo operatorio e perdite ematiche sono state in media 90 min (range 60-240) e 100 ml (range 20800). Complicanze postoperatorie si sono verificate nel 12% dei pazienti: 2 casi di ematuria (Clavien-1), 2
casi di infezioni delle vie urinarie ed uno di anemizzazione (Clavien-2), 2 casi di ematoma renale, un caso di
erniazione di epiploon dal sito chirurgico ed una perforazione di ulcera gastrica (Clavien-3), nessun caso di
insufficienza d’organo o morte (Clavien-4 e 5). La recidiva neoplastica (Clavien-3) è stata complicanza
tardiva (oltre 30 giorni) presente in 3 pazienti. Complicanze postoperatorie, e il loro management, son state
riportate nella figura 1.
Discussione
Il tasso di complicanze postoperatorie riportato nella nostra casistica è il 12% dei pazienti sottoposti a NPL.
L’ematoma renale ha rappresentato la complicanza postoperatoria più severa. Questa complicanza è stata
gestita in entrambi i casi con trasfusione di emoderivati ed embolizzazione (uno in quinta, l’altro in sesta
giornata postoperatoria) in corso di arteriografia selettiva a seguito di un angio-TC che evidenziava un
rifornimento attivo della raccolta ematica. I casi di ematuria si sono risolti spontaneamente, infezioni delle
vie urinarie ed anemizzazione son stati trattati in modo conservativo rispettivamente con antibioticoterapia e
trasfusione di emoderivati. L’erniazione di epiploon dal miniaccesso open e l’ulcera gastrica perforata sono
stati trattati chirurgicamente. Non sono stati riportati casi di fistola urinaria. I 3 casi di NR recidivante sono
stati sottoposti a: NPL (un caso
di necessità) o nefrectomia (2
casi).
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L’INDICAZIONE IMPERATIVA GIOCA UN RUOLO NEI RISULTATI ONCOLOGICI DELLA NEFRECTOMIA
PARZIALE?
G. Galvagni, A. Antonelli, M. Sodano, S. Legramanti, A. Cozzoli, T. Zanotelli, C. Simeone (Brescia)
Scopo del lavoro
Valutare i risultati oncologici dei pazienti sottoposti a nefrectomia parziale (PN) con indicazione imperativa
vs indicazione elettiva
Materiali e metodi
Analisi retrospettiva di un database che raccoglie i dati di 2200 pazienti operati per una neoplasia renale
parenchimale. Sono stati rivalutati i pazienti sottoposti a PN, escludendo quelli con istologia benigna,
neoplasie bilaterali, metastasi alla diagnosi, follow up giudicato insufficiente (< 12 mesi) Sono stati arruolati
461 pazienti sottoposti a PN, 366 con indicazione elettiva, 95 con indicazione di necessità (35 pazienti con
rene unico - chirurgico 10, funzionale 18, congenito 7; 60 con insufficienza renale in atto o patologie
direttamente predisponenti ad essa) E’ stato quindi generato un propensity score attraverso un modello di
regressione logistica binaria nei confronti della variabile “indicazione” (imperativa vs elettiva) che ha
bilanciato i seguenti fattori: sesso, età, sintomi alla diagnosi, dimensioni della neoplasia, stadio TNM
patologico, istotipo, grading, margini chirurgici. Sono stati selezionati 95 casi con indicazione imperativa e i
95 con indicazione elettiva aventi il propensity score più simile. E’ stata confrontata la sopravvivenza
cancro-specifica di questi due gruppi ed è stata compiuta un’analisi dei fattori correlati con essa
Risultati
Le caratteristiche dei gruppi sono mostrate in tabella 1. Nei pazienti con indicazione elettiva e imperativa, è
stata diagnosticata una ripresa di malattia in 5 (5.3%) vs 13 pazienti (13.7%, p=0.081), ad una latenza
media di 5.5 vs 6.4 anni dall’intervento (p=0.233); in particolare sono state diagnosticate nei 2 gruppi 3 vs 5
metastasi a distanza, 1 vs 2 recidive nella loggia renale, 3 vs 6 recidive nel rene operato. All’ultimo follow up
erano deceduti per carcinoma renale 5 (5.3%) e 7 pazienti (7.3%, p=0.322), ad una latenza media di 4.1 vs
5.1 anni (p=0.605). La sopravvivenza libera da malattia a 5 anni nei casi con indicazione di elezione o di
necessità è stata pari al 93.3% vs 87.6% (p=0.054)
Discussione
Pochi studi hanno indagato i risultati
oncologici della PN in presenza di
un’indicazione imperativa, rilevando una
prognosi peggiore. 2 limitazioni possono
mettere in discussione tale conclusione: le
caratteristiche differenti dei casi operati in
elezione messi a confronto e l’inclusione di
casi con neoplasie bilaterali. Questo studio,
confrontando 2 gruppi omogenei ed
escludendo i casi con neoplasie bilaterali,
rileva per l’indicazione imperativa una
maggior quota di eventi di progressione ed
una minore sopravvivenza libera da
malattia, benchè in assenza di una
significatività statistica. E’ possibile che tali
pazienti abbiano dei fattori avversi non
espressi dagli indicatori disponibili
Conclusioni
La nostra analisi conferma che la
NPL clampless è una procedura
sicura, efficace e rispettosa degli
outcomes oncologici e funzionali.
La complicanza postoperatoria
più grave è legata al
sanguinamento del sito
chirurgico, evento che oggi può
essere precocemente
diagnosticato e trattato in modo
conservativo grazie ai notevoli
progressi compiuti dalle tecniche
di radiologia interventistica
vascolare.
Conclusioni
Nei casi sottoposti a PN per indicazione
imperativa è opportuno un follow up più
intensivo. l’indicazione imperativa
dovrebbe essere inclusa come variabile a
sè stante negli studi che valutano i risultati
oncologici del trattamento chirurgico della
neoplasia renale
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86° Congresso Nazionale SIU
TRATTAMENTO PERCUTANEO CRIOTERAPICO TC GUIDATO IN ANESTESIA LOCALE DELLE
PICCOLE MASSE RENALI
L. Cristinelli, N. Pesenti, M. Finamanti, A. Moroni, L. Grazioli, F. Franco, C. Simeone (Brescia)
Scopo del lavoro
la crioterapia si sta proponendo come una valida opzione terapeutica nel trattamento di tumori renali di
piccole dimensioni (generalmente inferiori a 4 cm) in pazienti con comorbidità importanti determinanti un
elevato rischio operatorio o in pazienti con aspettativa di vita limitata. Riportiamo la nostra esperienza
triennale.
Materiali e metodi
dal mese di Agosto 2010 al mese di Gennaio 2013 sono stati eseguiti 21 trattamenti crioterapici su 19
pazienti. Il gruppo era costituito da 16 maschi e 2 femmine con un’età media di 69.4 anni (51-84). Il diametro
medio delle lesioni era 24.2 mm (11-52) e 5 pazienti erano stati sottoposti in precedenza a chirurgia renale
(omolaterale o controlaterale) per patologia neoplastica. L’approccio utilizzato è stato di tipo percutaneo TC
guidato con un doppio ciclo di congelamento-riscaldamento preceduto da biopsia renale eco guidata in 9
casi. Il trattamento è stato eseguito in anestesia locale in respiro spontaneo con sedazione gestita dall’
anestesista. Tutti i pazienti sono stati mantenuti in osservazione per almeno 24 ore con controlli
ematochimici seriati. Il follow up è stato condotto con una TC addome con MDC, Rx torace e dosaggio della
creatininemia a cadenza quadrimestrale durante il primo anno e semestrale durante il secondo anno.
Risultati
ad un follow up medio di 23.8 mesi (7-35) 18 su 19 pts risultano liberi da malattia nella sede trattata, 1 pz è
deceduto dopo 4 mesi dal trattamento per comparsa di malattia nel rene conbtrolaterale e metastasi multi
organo. 2 pazienti hanno effettuato 2 trattamenti: 1 per persistenza inaspettata di malattia riscontrata al
terzo mese (attualmente libero da malattia dopo ritrattamento); 1 pz per noto trattamento incompleto a
causa della posizione della lesione (libero da malattia dopo il 2° trattamento). Si sono verificati 2 casi di
sanguinamento peri trattamento: 1 caso embolizzato ed uno autolimitatosi; nessun paziente è stato trasfuso
nel periodo postoperatorio. Nessun paziente ha riportato un peggioramento significativo della creatinine mia
(incremento medio perioperatorio 0.8 mg/dl; a 4 mesi 0.12 erispetto al preoperatorio); la degenza media
postoperatoria è stata 2.4 gg (1-5).
Discussione
la nostra esperienza ha confermato che la crioterapia percutanea Tc guidata è una procedura efficace,
sicura e ben tollerata dai pazienti. La fattibilità in anestesia locale, la breve ospedalizzazione, lo scarso
sacrificio di massa nefronica ne sono i principali pregi.
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TUMORECTOMIA RENALE ROBOTICA: TECNICA DI MINIMIZZAZIONE DEL TEMPO DI ISCHEMIA.
D. Dente, A. Salvaggio, A. Cafarelli, E. Cappa, A. Porreca (Abano Terme)
Scopo del lavoro
Lo scopo del lavoro è quello di riportare la nostra esperienza nell’esecuzione della nefrectomia parziale
robot assistita con clampaggio tardivo e declampaggio precoce del peduncolo vascolare renale
Materiali e metodi
Le procedure condotte sia per vie retro che trans-peritoneale, prevedono sempre l’isolamento del
peduncolo vascolare, isolamento del rene e identificazione della massa senza rimozione del grasso ad
essa circostante. I tempi chirurgici necessari al minimizzare i tempi di ischemia sono: 1) Posizionamento di
vessel-loop che circonda due volte l’arteria lasciato in sede “tension-free” 2) Inizio della enucleoresezione
della neoformazione a livello della corticale in ipotensione controllata associata ad eventuale aumento delle
pressioni intraddominali 3) Clampaggio dell’arteria renale con trazione delicata da parte dell’aiuto del vesselloop precedentemente posizionato (se necessario) 4)Termine dell’enucleoresezione 5)Sutura continua con
Vycril 3/0 della midollare; 6) Declampaggio dell’arteria 6) Sutura della corticale con punti staccati Vycril 2/0;
Risultati
Tra il 2011 e il 2013 sono state effettuate 46 procedure, 42 con accesso retroperitoneale e 4 con accesso
trans peritoneale. In 15/46 casi la procedura è stata effettuata con clampaggio tardivo dell’arteria renale
e declampaggio precoce. La grandezza media delle masse enucleate è stata di 3.17 cm. In tutti i casi la
procedura è stata portata a termine senza complicanze intraoperatorie o conversione chirurgica. In un pz si
è verificato uno stravaso di urine con formazione di urinoma, per cui è stato posizionato uno stent ureterale.
Il tempo chirurgico medio è stato di 171’ (min 112 - max 211). Il tempo medio di ischemia è stato di 5’ (min 3
– max 7). La perdita ematica media è stata 285 cc (min 60 cc – max 310cc). In tutti i casi i margini chirurgici
sono risultati negativi all’esame istologico definitivo. La degenza media è stata 2.8 gg (min 2 – max 4 gg).
Discussione
La gestione delle pressioni intraddominali , combinata alla riduzione della pressione arteriosa e la rapidità di
clampaggio e declampaggio del vessel loop permettono di minimizzare i tempi di ischemia.
Conclusioni
Alla luce della nostra esperienza riteniamo che questa tecnica rappresenti un buon compromesso tra il
clamapggio routinario dell’ilo e le tecniche di zero ischemia permettendo di gestire quasiasi caso adattando
il tempo di ischemia alla difiicoltaà della resezione chirugica della neoplasia
Conclusioni
La chirurgia conservativa rimane il gold standard nel trattamento delle neoplasie renali di piccole dimensioni.
I dati in letteratura riguardanti i risultati oncologici anche a lungo termine sono ormai promettenti. In
un’epoca in cui la medicina tende alla minore invasività possibile il ruolo di questa tecnica potrà essere
sempre più importante.
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NEFRECTOMIA PARZIALE LAPAROSCOPICA “CLAMPLESS” VS “CLAMPED”: ANALISI
SCINTIGRAFICA DEI RISULTATI FUNZIONALI
F. Porpiglia, I. Morra, R. Bertolo, F. Ragni, D. Amparore, G. Cattaneo, D. Garrou, M. Manfredi, F. Mele, N.
Serra, S. Grande, A. Di Stasio, C. Fiori (Orbassano)
Scopo del lavoro
La nefrectomia parziale laparoscopica (NPL) con tecnica “clampless” è stata introdotta al fine di eliminare
l’ischemia renale in corso di intervento, potenzialmente responsabile della perdita di funzione renale.
L’obiettivo dello studio è valutare, attraverso dati scintigrafici, le differenze in termini di variazione di
funzionalità renale post-operatoria tra NP “clampless” e “convenzionale”.
Materiali e metodi
Dal settembre 2008 al settembre 2013, 125 pazienti con diagnosi di massa renale candidabili a NPL sono
stati prospetticamente arruolati. I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi in base alla durata del tempo
di ischemia (warm ischemia time [WIT]): gruppo A, NPL-clampless (WIT=0min); gruppo B e C, NPLconvenzionale, rispettivamente con WIT < 25 min e > 25 min. Dal settembre 2011 tutte le procedure sono
state eseguite con tecnica clampless. Tutte le variabili demografiche e perioperatorie sono state raccolte e
analizzate. I risultati funzionali sono stati valutati mediante markers biochimici e scintigrafia renale, eseguiti
pre-operatoriamente e al 3° mese post-operatorio. L’analisi statistica è stata eseguita mediante test-ANOVA
e l’analisi di regressione lineare, considerando statisticamente significativo un p-value inferiore a 0.05.
Risultati
In termini di dati demografici, tipo di lesione e variabili perioperatorie i tre gruppi sono risultati comparabili,
fatta eccezione per il WIT (ovviamente inferiore nel gruppo A) e per le perdite ematiche (significativamente
superiori ai gruppi B e C). La percentuale di perdita scintigrafica di funzione renale è risultata differente tra
i gruppi in esame: rispettivamente -5,-6,-23% per la funzione renale splittata e -12,-17,-24% per il flusso
plasmatico renale (p
Discussione
L’analisi multivariata eseguita senza il peso statistico di WIT (gruppo A) dimostra come nei pazienti
sottoposti a NPL-clampless il fattore indipendente di peggioramento della funzionalità renale è
rappresentato dal valore basale della variabile scintigrafica stessa. In caso di buona funzione basale una
NPL con WIT
Conclusioni
Nella nostra esperienza la NPL-clampless rappresenta la miglior opzione terapeutica solo nei pazienti con
una funzione renale basale compromessa.
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NEFRECTOMIA PARZIALE LAPAROSCOPICA “CLAMPLESS” E DANNO RENALE: è POSSIBILE
DETERMINARE PRECOCEMENTE IL DANNO POSTOPERATORIO ACUTO? RUOLO DI NGAL
URINARIO
C. Fiori, D. Amparore, R. Bertolo, D. Garrou, E. Aroasio, G. Cattaneo, R. Aimar, E. Checcucci, R. Scarpa, F.
Porpiglia (Orbassano)
Scopo del lavoro
Valutare il ruolo dei livelli urinari di NGAL (Neutrophil gelatinase-associated lipocain - proteina overespressa
precocemente nel plasma e nelle urine in caso di danno renale acuto) come marcatore per identificare e
quantificare il danno renale in pazienti sottoposti a nefrectomia parziale laparoscopica “clampless”(c-LPN).
Materiali e metodi
Sono stati inclusi in questo studio prospettico 24 pazienti consecutivi, sottoposti a c-LPN tra Marzo e Luglio
2012. Sono stati registrati e analizzati i dati demografici, peri-operatori e patologici. I valori di NGAL urinario
sono stati dosati e analizzati con metodica ELISA in tutti i pazienti, su campioni di urina raccolti prima
dell’intervento, 24 ore, 5 giorni e 3 mesi dopo l’intervento. I livelli sierici di Creatinina (SCr) e il GFR (MDRD
formula) sono stati valutati agli stessi time-points. I dati sono stati analizzati mediante Friedman ANOVA and
Kendall’s Concordance test (p
Risultati
Età e BMI medi sono risultati 65.6 anni e 25.54 rispettivamente. Charlson index, il diametro TC e il PADUA
score medi sono stati 3.25, 4.51 cm e 8.08, rispettivamente. Le medie di tempo operatorio e perdite
ematiche stimate sono state 115.2 min e 341.6 ml. Il tasso di complicanze e la durata dell’ospedalizzazione
medi sono stati 8.3%(2/24) e 5.4 giorni rispettivamente. La media di parenchima sano escisso con le lesioni
è risultata 0.7 mm. Non sono stati registrati margini positivi. Le medie dei valori di SCr e GFR sono risultate
praticamente stabili ad ogni time point. I valori di NGAL medi sono stati 21.3+21.7 ng/ml, 37.0+37.8 ng/ml,
56.5+42.7 ng/ml, 23.7+37.1 ng/ml, tutti testati rispettivamente prima dell’intervento, 24 ore, 5 giorni e 3 mesi
dopo l’intervento (p=0.042). Non sono state riscontrate differenze dal confronto specifico dei livelli di NGAL
basali rispetto a quelli valutati a 3 mesi (p=0.721).
Discussione
Nonostante la casistica limitata di questo studio, abbiamo osservato un significativo aumento dei valori
di NGAL urinario dal basale a quello valutato al 5° giorno postoperatorio; un ritorno a livelli basali è stato
registrato al 3° mese. Al contrario i valori di SCr e di GFR sono rimasti stabili in tutte le misurazioni.
Conclusioni
I nostri dati suggeriscono che NGAL potrebbe essere un marcatore molecolare utile per riscontrare
l’insorgenza precoce di danno renale, indipendentemente dall’ischemia. Ulteriori studi sono necessari per
comprendere meglio il ruolo di NGAL nel danno postoperatorio acuto dopo c-LPN.
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86° Congresso Nazionale SIU
IPOTENSIONE CONTROLLATA DURANTE CHIRURGIA CONSERVATIVA ROBOT-ASSISTITA DELLE
NEOPLASIE RENALI: IMPLICAZIONI INTRA E POSTOPERATORIE
CHEMIOTERAPIA ENDOVESCICALE CON GEMCITABINA COME SECONDA LINEA NEI PAZIENTI BCG
FAILURES: RISULTATI A LUNGO TERMINE DI UNO STUDIO CLINICO DI FASE II.
N. Tosi, F. Lanzi, F. Gentile, G. Pizzirusso, F. Cecconi, G. De Rubertis, G. Barbanti (Siena)
E. Ambrosini, C. Fiorito, M. Di Marco, S. Giona, B. Frea, P. Gontero (Torino)
Scopo del lavoro
Scopo del lavoro è valutare la fattibilità e sicurezza della chirurgia nephron-sparing robot-assistita (RTE) con
ipotensione controllata al fine di evitare il clampaggio del peduncolo renale ed eliminare il rischio di danno
parenchimale legato all’ischemia
Scopo del lavoro
Valutare l’outocome a lungo termine di un gruppo di pazienti BCG failures trattati con gemcitabina
endovescicale dopo recidiva a rischio intermedio. Sono stati seguiti con regolare follow up endoscopico.
Materiali e metodi
Da Aprile 2011 a Gennaio 2013 35 pazienti consecutivi sono stati sottoposti ad RTE per carcinoma
renale clinicamente localizzato. Complessivamente 31/35 pazienti non presentavano controindicazioni
maggiori all’anestesia con ipotensione controllata; età media (range): 68 (45-77) anni. Le neoplasie
sono state approcciate con tecnica di enucleazione tumorale attraverso un approccio transperitoneale
senza isolamento dell’ilo renale. Gli esami ematochimici vengono eseguiti di routine in I e III giornata
postoperatoria mentre esami di approfondimento diagnostico vengono richiesti solo in casi selezionati
Risultati
La pressione arteriosa media durante l’ipotensione controllata è stata di 68 mmHg (range 65-95 mmHg)
con una durata media di 12.4 (range 9.3-19.5) minuti. Il tempo operatorio medio (range) è stato di 115.8
(75-170) minuti con perdite ematiche medie di 150 ml (range 55-480 ml). Nessun caso ha richiesto
emotrasfusioni intraoperatorie. Le dimensioni tumorali medie (range) sono risultate 27 (10-54) mm e la
degenza postoperatoria media è stata di 3.4 (range 2-10) giorni. Complessivamente 3 pazienti hanno
sviluppato complicanze postoperatorie: 2 anemizzazioni trattate con trasfusione di 600cc di emocomponenti
ed 1 ritardata ripresa della peristalsi trattata mediante posizionamento di sondino nasogastrico. Nessun
paziente ha sviluppato complicanze mediche maggiori (sincope, infarto miocardico, stroke). In 2 casi è
stata riscontrata astenia di grado lieve-moderato regredita spontaneamente in III giornata postoperatoria.
La creatininemia media pre e postoperatoria (range) è risultata 1.0 (0.7-2.3) e 1.2 (0.7-2.7) mg/dl
rispettivamente (p=0.487); i valori medi pre e postoperatori di filtrato glomerulare sono stati stimati in 85.9 e
75.2 ml/minute/1.73m2. Alla valutazione istopatologica non sono stati evidenziati margini chirurgici positivi;
in un solo caso è stata riscontrata l’incisione della pseudocapsula peritumorale
Discussione
In letteratura è ampiamente dimostrata la necessità di minimizzare l’ischemia durante la chirurgia nephron
sparing delle neoplasie renali. L’ipotensione controllata può rappresentare un’alternativa all’ischemia
calda durante il clampaggio dell’ilo o al clampaggio superselettivo dei rami dell’arteria renale. Nella
nostra casistica, il mancato clampaggio del peduncolo renale non ha comportato un aumento dei tassi
di complicanze ed ha consentito un eccellente outcome funzionale. Il limite dello studio è rappresentato
dall’esiguità di dati sul follow-up funzionale a lungo termine
Conclusioni
L’enucleazione tumorale robot-assistita con tecnica “zero ischemia” rappresenta una tecnica fattibile e
sicura nel trattamento delle neoplasie renali indipendentemente dalle dimensioni tumorali
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Materiali e metodi
33 pazienti BCG failures con recidiva superficiale a rischio intermedio (pTa-1, G1-2) vennero trattati con
instillazioni di gemcitabina 2 g nell’ambito di un trial clinico di fase II tra il 2005 ed il 2007.
Risultati
Attualmente 29 pazienti sono valutabili, 3 sono stati persi al follow up, 1 decedette durante la terapia per
pancitopenia. Il follow up medio è di 61.6 mesi (range 30-87). 19 pazienti (65%) hanno presentato recidiva
. Il tempo medio alla recidiva è stato di 12.2 mesi (range 3-72). 9 pazienti (31%) sono andati incontro a
progressione (pT2 n=8, pT1G3+CIS n=1). Il tempo medio alla progressione è stato di 28.4 mesi (range
3-84). Di questi, 8 sono stati sottoposti a cistectomia, mentre per 1 paziente non si è proceduto a chirurgia
per riscontro di metastasi diffuse alla TC preoperatoria. All’istologico dopo chirurgia, 6 pazienti presentavano
uno stadio pT2, 1 Tis, 1 T3 e 3 coinvolgimento linfonodale (pN+). In totale 12 pazienti (41%) sono deceduti,
5 per malattia. 8 pazienti (27%) sono andati incontro a plurime recidive superficiali (numero medio di
recidive 3.3, range 2-5) che hanno richiesto, in 4 pazienti, ulteriori terapie (BCG n=2, termochemioterapia
n=2). 9 pazienti (31%) non hanno presentato recidiva né progressione. 5 Questi 9 avevano, all’ingresso in
studio, recidive monofocali di basso grado < 2 cm
Discussione
Le linee guida raccomandano la cistectomia per i pazienti BCG failures. Per coloro che presentano recidive
superficiali a rischio intermedio, la chirurgia può rappresentare un overtreatment. Questo sottogruppo di
pazienti rappresenta una sfida terapeutica e la scoperta di terapie di seconda linea efficaci una chimera
per l’uro-oncologo. I risultati del nostro follow up a lungo termine su pazienti sottoposti ad una seconda
linea dopo fallimento del BCG ci mostra che il successo di un approccio organ-sparing in questi pazienti è
sub-ottimale. Dei pazienti sottoposti a cistectomia, 3 presentavano metastasi linfonodali. Per uno dei nostri
pazienti la chance chirurgica è stata persa per comparsa di metastasi. 5 pazienti sono deceduti per malattia.
8 sono andati incontro a plurime recidive, rendendo necessarie ulteriori terapie di seconda linea, con un
impatto significativo sul qualità di vita e costi. Nella nostra serie solo il 31% dei pazienti non ha presentato
recidive né progressioni. Questi pazienti avevano piccole recidive monofocali di basso grado
Conclusioni
Le terapie organ sparing di seconda linea possono rappresentare un approccio percorribile in questo gruppo
di pazienti, in particolare per coloro che presentano piccole recidive di basso grado. E’ necessario tuttavia
tenere ben presente il rischio di progressione a cui questa proposta terapeutica può potenzialmente esporre
il paziente, sia al momento della scelta terapeutica che durante il follow up.
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86° Congresso Nazionale SIU
STABILITà DELLA RESINIFERATOSSINA IN SOLUZIONE E DIFFUSIONE DEL FARMACO IN SEZIONI
DI VESCICA DI MAIALE DOPO DIFFUSIONE PASSIVA E SOMMINISTRAZIONE ELETTROSTIMOLA
S. Di Stasi, R. Massoud, P. Navarra, C. Verri, E. Liberati, A. Giannantoni (Roma)
Scopo del lavoro
Studi sperimentali hanno mostrato che la somministrazione intravescicale di vanilloidi, già utilizzata per
il trattamento della iperattività detrusoriale, potrebbe avere un ruolo nel trattamento dei tumori uroteliali.
In questo studio sono stati valutati (a) la stabilità della Resiniferatossina (RTX) in soluzione in differenti
condizioni sperimentali e (b) le concentrazioni di RTX in sezioni di vescica di maiale dopo diffusione passiva
(DP) e electromotive drug administration (EMDA)
Materiali e metodi
Per gli studi di stabilità, 1 mg di RTX è stato sciolto in 1 ml di etanolo assoluto e diluito in una soluzione di 10
ml etanolo/acqua (50/50). Aliquote da 250 ml sono state conservate in contenitori di vetro o polipropilene a
differenti temperature (temperatura ambiente, 4 ° C e -20 ° C) e condizioni di luce/buio per intervalli di tempo
compresi tra 0-144 ore. I risultati sono stati normalizzati considerando al 100% il valore di concentrazione
al tempo 0. Per gli studi comparativi di diffusione tissutale, durante ogni sessione di esperimenti due sezioni
a tutto spessore di vescica di maiale sono state collocate tra i compartimenti di 2 celle di diffusione, con
l’urotelio esposto nei compartimenti donor, contenenti RTX 100 nM in 100 ml di soluzione salina, e la sierosa
esposta nei compartimenti receptor contenenti 100 ml di soluzione salina. Un anodo e un catodo sono stati
collocati rispettivamente nei compartimenti donor e receptor delle celle di diffusione sottoposte ad EMDA.
Sono state effettuate 10 sessioni di esperimenti appaiati della durata di 30 minuti: corrente pulsata 23 mA
(EMDA)/no corrente (DP). La concentrazione tissutale di RTX è stata determinata mediante HPLC.
Risultati
Temperatura ambiente e esposizione alla luce influenzano la stabilità della RTX e l’effetto combinato di
questi fattori è additivo. La degradazione della RTX raggiunge il nadir a 48 ore. A basse temperature (4 ° C o
-20 ° C) e in assenza di luce, la conservazione in contenitori di plastica permette una maggiore stabilità della
RTX rispetto al vetro. Le concentrazioni tissutali medie di RTX sono state di 0,894±0,22 mg/ml nei campioni
esposti EMDA e di 0,212±0,05 mg/ml nei campioni esposti a DP (p = 0,0076). Dopo EMDA le sezioni di
vescica sono risultate vitali e istologicamente indenni e non sono state osservate alterazioni strutturali della
RTX.
Discussione
Le soluzioni di RTX devono essere conservate a 4 ° C e in assenza di luce. Il materiale che compone i
contenitori per la conservazione della RTX sembra essere di importanza secondaria. L’EMDA aumenta la
somministrazione tissutale di RTX rispetto alla DP.
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86° Congresso Nazionale SIU
L’INSTILLAZIONE ENDOVESCICALE PRECOCE DI CHEMIOTERAPICO DOPO TUR RADICALE DI
UNA NEOPLASIA VESCICALE NON MUSCOLO INVASIVA TA T1: VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA
BASATA SUI GRUPPI DI RISCHIO INDIVIDUATI DALL’EAU
A. Moroni, L. Cristinelli, N. Bastiani, C. Simeone (Brescia)
Scopo del lavoro
l’instillazione precoce intravescicale di chemioterapico post-operatoria dopo TUR radicale è raccomandata
dalle linee guida EAU (Livello di evidenza: 1a). Lo scopo dello studio è quello di valutare l’efficacia di questo
trattamento (Early Treatment) in base alla classe di rischio di recidiva (EORTC score)
Materiali e metodi
abbiamo valutato i dati retrospettivi di 252 pazienti (198 M, 54 F) trattati con instillazione precoce di
chemioterapico tra gennaio 2000 e dicembre 2012. I dati raccolti sono: sesso, età alla prima diagnosi,
stadio e grado (classificazione WHO grading 1974 e 2004), lo stadio e il grado delle recidive, il diametro e
il numero di lesioni, gruppo di rischio EORTC (Recurrence Group EORTC), il tempo alla recidiva. Tutti i dati
sono stati analizzati con il metodo Cox Proportional Hazard Regression e con le curve di sopravvivenza
Kaplan Meier basate sul tempo alla progressione che è stato confrontato tra i diversi gruppi.
Risultati
I dati principali sono riassunti nella tabella 1.
Discussione
non vi è alcuna differenza tra le curve di Kaplan Meier dei pazienti in classe di rischio rischio basso e
medio-alto quando vengono trattati con ET (ET in High Risk vs ET a basso rischio, HR 1,02, IC 0,63-1,67;
valore di P=0,92); ET è più efficace se praticato in tumore primitivo, rispetto a un trattamento effettuato
per una recidiva indipendentemente dal gruppo di rischio (tumore primitivo ET vs ET in recidiva: HR 0,48,
IC 0,33-0,7; P-value 0,00017), considerando i gruppi di rischio di recidiva dell’EORTC, l’ET è molto più
efficace in tumori primitivi a basso rischio che in recidiva a basso rischio, mentre non vi è alcuna differenza
nella categoria di rischio medio-elevato durante una recidiva rispetto ad un trattamento effettuato per una
neoplasia primitiva (recidiva vs ET a basso rischio primitivo: HR 0,43, IC 0,29-0,66, P-Value 9,9 x10^-5; ET
in rischio elevato di recidiva vs rischio primario: HR 0,76, IC 0,31-1,87, P-Value 0,56)
Conclusioni
ET ha la stessa efficacia nel proteggere dalla malattia in pazienti ascrivibili alla categoria basso rischio e
in pazienti con rischio medio-alto di recidiva, inoltre in tumori di primo riscontro a basso rischio risulta una
metodica molto più efficace che in malattie recidive.
Conclusioni
I risultati di questo studio possono consentire un uso ottimale della RTX e modalità di trattamento più
appropriate.
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L’INTERAZIONE DEL CELECOXIB CON LE POMPE DI EFFLUSSO MDR AUMENTA L’ATTIVITÀ DELLA
MITOMICINA C IN UNA LINEA CELLULARE DI CARCINOMA UROTELIALE DELLA VESCICA
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RUOLO PROGNOSTICO DEL GRADO NELLA NEOPLASIA VESCICALE T1: CONFRONTO TRA LE
CLASSIFICAZIONI ISTOLOGICHE WHO 1973 E WHO 2004.
P. ancona, A. Pagliarulo, V. Pagliarulo (Bari)
Scopo del lavoro
E’ stato sviluppato un modello in vitro per capire se il celecoxib (CLX) può lavorare sinergicamente con
la Mitomicina C (MMC), usata per la prevenzione di recidiva del carcinoma vescicale superficiale, ed
eventualemente chiarire il meccanismo di interazione che coinvolge CLX e MMC con le pompe di efflusso
(MDR).
Materiali e metodi
Linee cellulari UMUC-3, TCCsup, 5637 e J82 di carcinoma vescicale superficiale, le prime due non
esprimenti la COX2 e le ultime due iperesprimenti la COX2. UMUC-3 e 5637 sono state sottoposte a
trasfezione, la prima con plasmide per indurre la sintesi di COX2, la seconda con siRNA COX2, per inibirne
la produzione. Su tali linee cellulari sono state valutate l’espressione della COX2 e delle pompe di efflusso
Pgp, BCRP, MRP1 mediante western blot, la produzione di PGE2 con saggio EIA, l’effetto citotossico del
CLX e della MMC da soli e in cosomministrazione mediante MTT, tre saggi per studiare l’interazione del
CLX con le pompe MDR, ed infine la capacità del CLX di fare accumulare MMC in cellula.
Risultati
La proteina COX2 risulta espressa nelle cellule 5637, J82 e UMUC-3-CX e non in 5637 siCX, TCCsup e
UMUC-3 (fig 1). Lo stesso dato è stato confermato dal saggio EIA sulle prostaglandine che risultano elevate
in 5637, J82 e UMUC-3-CX senza trattamento con CLX diminuendo, poi, in maniera dose dipendente, con
trattamento con CLX. Nelle linee 5637 si-CX, TCCsup e UMUC-3 il valore delle prostaglandine rimane
pressochè costante dopo trattamento con CLX (fig.2). CLX, quando somministrato da solo, ha mostrato
un effetto citotossico pressoché identico e minore rispetto a quello indotto dalla MMC da sola. Quando
cosomministrato alla MMC a 1 μM, 5 μM, and 10 μM nella UMUC-3 CX, unica linea overesprimente la
pompa BCRP, il CLX ha migliorato l’ effetto della MMC di circa 2-3 rispetto alla linea UMUC-3(fig 3). I saggi
di interazione con le pompe MDR hanno portato a classificare il CLX come substrato ambiguo delle pompe
Pgp, BCRP e MRP1.
Discussione
Dai diversi esperimenti risulta che la linea UMUC-3-CX trasfettata ha acquisito un fenotipo più aggressivo
con una minore risposta alla MMC rispetto alla UMUC-3 di partenza. La cosomministrazione del CLX e
MMC comporta un miglioramento dell’attività antiproliferativa. Sebbene l’interazione con la COX2 non può
essere esclusa, questi dati potrebbero essere il risultato di una diretta interazione tra CLX e i trasportatori
MDR.
Conclusioni
Questi risultati portano a pensare che l’approccio terapeutico di combinare la chemioterapia convenzionale
con gli inibitori selettivi della COX-2 sembra promettente e garantisce la valutazione clinico prospettico in
pazienti con NMIBC in cui la COX-2 è iperespresso.
Obiettivo: valutare la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) e la sopravvivenza libera da progressione
(PFS) in una serie di pazienti affetti da neoplasia vescicale T1 alto grado, e confrontare l’accuratezza
prognostica delle due classificazioni istologiche WHO 1973 e WHO 2004.
Metodi: abbiamo valutato retrospettivamente i dati di 266 pazienti consecutivi con una prima presentazione
di neoplasia vescicale stadio T1 alto grado, diagnostica mediante resezione transuretrale (TUR) tra il 2004
ed il 2011. Tutti i pazienti con CIS associato sono stati esclusi dalla analisi (n=20). Tutti i casi sono stati
valutati al momento dalle diagnosi da un singolo uropatologo e classificati simultaneamente come alto
grado e G2 o G3 secondo le classificazioni WHO 1973 e WHO 2004. Tutti i pazienti inclusi nello studio sono
stati sottoposti a Re-TUR e hanno ricevuto un ciclo di instillazioni adiuvanti con BCG (1 instillazione alla
settimana per 6 settimane). Tutti i pazienti con follow-up negativo hanno ricevuto successive instillazioni
di mantenimento secondo schema SWOG per almeno 12 mesi. Il follow-up è stato eseguito mediante
esame citologico delle urine e cistoscopia a 3 mesi dalla resezione e quindi ogni 6 mesi per 5 anni. E’ stata
definita recidiva ogni nuova presentazione di neoplasia vescicale istologicamente rilevata in corso di followup dopo biopsia o nuova TUR, mentre è stata definita progressione il riscontro istologico di una nuova
presentazione muscolo-infiltrante. Sono quindi state eseguite analisi uni e multivariata per la valutazione
della sopravvivenza libera da recidiva (RFS) e della sopravvivenza libera da progressione (PFS), mediante
metodo di Kaplan-Meier con long-rank test .
Risultati: età media (median: 68; range: 35-82). In totale, 29 (11%) pazienti erano femmine e 227 (89%)
erano maschi. La distribuzione del grado è stata alto secondo WHO 2004 in tutti i casi, G2 in 124 (46.6%) e
G3 in 142 (53.4%) pazienti, secondo WHO 1973. Il follow-up medio è stato di 31,1 mesi (median 19; range
1–93). Abbiamo riscontrato 62 (50%) e 96 (67,6%) casi di recidiva rispettivamente nei G2 e nei G3; 11
pazienti (8.9%) hanno avuto una progressione nel gruppo G2, 39 (27.5%) nel gruppo G3. La RFS è stata
39,1% fin tutta la popolazione alto grado. La RFS è stata 49,1% per i G2 e 31,8% per i G3. La PFS è stata
89% e73% per i G2 ed i G3 rispettivamente e 82% per tutta la popolazione alto grado. Sia la RFS rate a 5
anni (p<0.02) che la PFS rate a 5 anni (p<0.001) sono state riconosciute differenti in modo statisticamente
significativo comparando i gruppi di pazienti G2 e G3. Alla analisi multivariata entrambe la RFS (all p >0.7) e
la PFS (all p < 0.05) non sono state influenzate dalla focalità (HR 0.8) e dalla dimensione delle lesioni (HR
1.06). Da un punto di vista statistico il grado assegnato mediante la classificazione WHO 1973 si è rilevato
significativamente correlato con la RFS (HR 1.62 ; p= 0.003) e la PFS (HR 3,51 ; p <0.001).
Discussione: secondo l’esperienza di un singolo centro ad alto volume con un singolo esperto uropatologo
dedicato, la classificazione WHO 1973 si è dimostrata più affidabile nella valutazione prognostica dei pazieti
affetti da neoplasia vescicale T1.
Conclusioni: questi risultati dovrebbero essere considerati per una adeguata scelta tra trattamento
conservativo o radicale.
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OPTICAL BIOPSY WITH CONFOCAL LASER ENDOMICROSCOPY (CLE) : A NEW TECHNOLOGY FOR
DIAGNOSIS OF BLADDER CANCER. PRELIMINARY RESULTS OF A PILOT STUDY
Sospensione del fumo alla prima diagnosi di carcinoma non muscolo invasivo della vescica (NMIBC) e rischio di recidiva
M. Brausi, M. Gavioli, G. Peracchia, F. Swartz (Carpi)
(1)D›Amato F, (2)F Torretta, (1)Scalici Gesolfo C, (1)Napoli E, (1)Romeo S, (1)Solazzo A, (1)Di Gregorio L,
(1)Serretta V
Aim of the study
Confocal laser endomicroscopy is a new endoscopic imaging technology that could complement white light
cystoscopy by providing in vivo bladder histopathology. We evaluated confocal laser endomicroscopy by
imaging normal, malignant appearing and suspicious bladder mucosa areas in a pilot study.
Materials and methods
Patients scheduled to undergo transurethral resection of bladder tumors were recruited during a 2 month
period. After standard cystoscopy fluorescin was administer intravesically and/or intravenously as a contrast
dye. A 2.6 mm probe based confocal laser endomicroscope was passed through a 17.5 F flexible scope
and/or a 24 F rigid cystoscope to image normal or abnormal appearing areas before and after TUR. The
images were collected with 488 nm excitation at 8 to 12 frames per second. The endomicroscopic images
were compared with standard hematoxylin and eosin analysis of TUR and biopsies of bladder tumor
specimen and suspicious areas.
Results
Nine patients were recruited at our center in the last 2 months and trated in 3 OR sessions. 6 patients
had low grade tumors, 1 high grade, 2 patients had dysplasia (mild and severe) + inflammation.
Endomicroscopic images demonstrated clear differences between normal mucosa and low and high
grade tumors. In normal urothelium larger umbrella cells are seen most superficially followed by smaller
intermediate cells and the less cellular lamina propria. Low grade papillary tumors demonstrate densely
arranged but normal-shaped small cells in multiple layers (>6). High grade tumors show markedly irregular
architecture and cellular pleomorphism. Some artifact were often present which were delete during slide
preparation.
Discussion
We report one of the first experience in vivo done in europe of confocal laser endomicroscopy in the urinary
tract. Differences among normal urothelium , low grade and high grade tumors was observed. Larger
experience is needed in order to correctly interpret CLE images.
Conclusions
Further studies are needed to confirm and improve these data.
1Section di Urologia. Dipartimento di Scienze Chirurgiche ed Oncologiche, Università di Palermo
2Dipartimento Scienze Economiche Aziendali e Statistiche (DSEAS) dell›Università di Palermo
Introduzione e obiettivi
La correlazione tra fumo di sigaretta e cancro della vescica è stata ben documentata. Pochi studi tuttavia
hanno investigato la correlazione tra l’abitudine al fumo prima della diagnosi di NMI-BC e rischio di recidiva.
Verosimilmente, la sospensione nel periodo antecedente la diagnosi riduce il rischio pur rimanendo
controversi l’entità della riduzione ed il tempo necessario perché ciò avvenga. Non è ad oggi per altro noto
l’impatto sul tasso di recidiva della sospensione al momento della diagnosi rispetto a coloro che continuano
a fumare.
Scopo del presente studio è valutare se smettere di fumare al momento della diagnosi modifica l›outcome
dei pazienti.
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) in pazienti affetti da NMI-BC primitivo, in
relazione all’esposizione al fumo di sigaretta.
Abbiamo considerato come fumatori i pazienti che ancora fumavano al momento della diagnosi, ex
fumatori i pazienti che hanno smesso prima della diagnosi e non fumatori tutti gli altri. Tra i fumatori
abbiamo considerato pazienti che hanno continuato a fumare dopo la diagnosi e pazienti che hanno invece
smesso. I pazienti che hanno ridotto l›intensità dell›esposizione al fumo di sigaretta o hanno ricominciato
a fumare prima della recidiva sono stati considerati fumatori. L’analisi statistica univariata e multivariata ha
considerato lo status di fumatore, la durata di esposizione, il numero di sigarette al giorno e le caratteristiche
clinico-patologiche della neoplasia.
Risultati
Su 371 pazienti, con età media di 66 anni, 186 (50,1%) erano fumatori, 101 (27,2%) gli ex fumatori e 84
(22,7%) non fumatori. Dei 186 fumatori, 65 (34,9%) hanno smesso di fumare al momento della diagnosi,
mentre 121 (61%) hanno continuato a fumare o hanno ricominciato durante il follow-up. Nessuna differenza
è stata rilevata nella distribuzione delle caratteristiche cliniche tra i vari gruppi. Ad un intervallo di 3 anni, 188
pazienti (53,6%) hanno recidivato. Il RFS ad 1 anno e 3 anni è stato rispettivamente 58,4% e 62,6%, 64%
e 44,1%, e 49,4% e 53,8% nei fumatori, ex fumatori e non fumatori (p = 0,39). Nei 186 fumatori, il RFS a 3
anni è stato rispettivamente 49,4% in coloro che smettevano di fumare alla diagnosi e 41,1% nei pazienti
che continuavano a fumare (p = 0.43).
Discussione
Il dato che oltre il 60% dei pazienti non sospende il fumo dopo la diagnosi implica la necessità di un ruolo
più attivo da parte dell’urologo e delle strutture sanitarie. Nella nostra esperienza non emerge alcuna
differenza statisticamente significativa in termini di RFS in relazione allo status di fumatore durante il followup. Tuttavia, un trend per un beneficio in termini di RFS nei pazienti che smettono di fumare è evidente a 3
anni, con una riduzione assoluta pari a 8,3%. Un più lungo follow-up è necessario per dimostrare il beneficio
della sospensione del fumo al momento della diagnosi.
Conclusioni
Il beneficio della sospensione del fumo alla diagnosi in termini di recidiva non è ancora evidente dopo 3
anni.
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NEOPLASIE UROTELIALI PAPILLARI NON-INVASIVE IN ETA’ PEDIATRICA. ESPERIENZA DI TRE
CENTRI.
STUDIO DEL PROFILO GENOMICO DI CARCINOMI A CELLULE DI TRANSIZIONE (TCC) DELLA
VESCICA: EVIDENZE DI ETEROGENEITA’ E/O “IDENTITA’ NASCOSTE”?
A. Berrettini, M. Castagnetti, A. Salerno, D. Minoli, E. Zhapa, S. Gerocarni Nappo, G. Manzoni, W.
Rigamonti, P. Caione (Milano)
G. Strada, P. Viganò, D. Conconi, E. Panzeri, S. Redaelli, G. Bovo, L. Dalprà, A. Bentivegna (CINISELLO
BALSAMO )
Scopo del lavoro
Le Neoplasie Uroteliali Papillari non-invasive sono tipiche dell’età adulta e raramente si verificano nella
pediatrica con una incidenza di solo 0,1%-0,4% nelle prime due decadi di vita. Spesso il management di
questa patologia è dettato dall’esperienza sui pazienti adulti. Riportiamo l’esperienza di tre centri di Urologia
Pediatrica.
Scopo del lavoro
Circa il 90% dei tumori vescicali in Europa e negli Stati Uniti è di origine epiteliale, si tratta di carcinomi a
cellule di transizione (TCC). Il fenotipo è decisamente eterogeneo passando da lesioni piccole e benigne
che non recidivano mai, a tumori maligni aggressivi associati ad un alto rischio di mortalità, e possono
essere sia superficiali che infiltranti. Circa il 75% dei pazienti con carcinomi uroteliali non infiltranti
sviluppano recidive entro 5 anni dalla rimozione chirurgica, la maggior parte delle quali rimane non
infiltrante. Il 25%, invece, recidiva in una forma istologica meno differenziata e/o invade la lamina propria
o la tonaca muscolare, con la possibilità di sviluppare metastasi. L’obiettivo di questo lavoro è stato quello
di delineare il profilo genomico-molecolare in 20 campioni di TCC per identificare alterazioni del numero
di copie (CNA, Copy Number Alterations) comuni, mettendo a confronto le diverse biopsie, e ricercando
associazioni plausibili tra alterazioni comuni e uno specifico comportamento clinico-patologico.
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato retrospettivamente le cartelle di pazienti con diagnosi di neoplasia uroteliale per
valutarne sesso, età di esordio della malattia, presentazione, esami diagnostici, dimensioni e sede
intravescicale della lesione, trattamento chirurgico, diagnosi istologica (basata su 2004 WHO/International
Society of Urologic Pathology grading classification), e follow-up eseguiti nei tre centri.
Risultati
Sono stati identificati 15 pazienti, 7 femmine e 8 maschi, età media 11 anni (range 7-16). Tutti i pazienti
hanno esordito con macroematuria e tutti sono stati sottoposti ad ecografia delle vie urinarie come prima
indagine che ha sempre evidenziato una lesione vescicale solitaria: il diametro medio è risultato di 13 mm
(range 5-50). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a resezione endoscopica con resettoscopio ad ansa.
All’endoscopia, la lesione è stata localizzata in corrispondenza della parete laterale della vescica in 3, della
posteriore in 5 e in vicinanza degli osti ureterali in 7 pazienti. In tutti i casi, la resezione è apparsa completa.
L’esame istologico ha rivelato 5 papillomi, 9 neoplasie uroteliali papillari di basso potenziale di malignità
(PUNLMP), 1 carcinoma ad alto grado. In tutti i casi non vi era presenza di invasione dei tessuti sottostanti.
Un paziente è stato sottoposto ad un’unica instillazione endovescicale di Mitomicina. Tre pazienti (tutti
nello stesso centro) sono stati sottoposti a TAC risultata negativa per lesioni sincrone delle alte vie. Dopo
la resezione endoscopica, i pazienti sono stati sottoposti a controlli ecografici ogni 3 mesi nel primo anno,
ogni 6 mesi nel secondo e ogni 12 mesi successivamente in tutti i centri. Il monitoraggio ecografico è stato
l’unico follow-up eseguito in un centro, mentre negli altri due è stato associato a monitoraggio delle citologie
urinarie e controlli endoscopici anche se con cadenze differenti. In nessun caso, è stata riscontrata una
recidiva o progressione della malattia dopo un follow-up medio di 3,5 anni (range 1-13).
Discussione
Le Neoplasie Uroteliali Papillari non-invasive rappresentano la neoplasia vescicale predominante nei
pazienti pediatrici e il sottotipo istologico PUNLMP rappresenta il più frequente. Presentano un andamento
clinico favorevole e la resezione endoscopica risulta curativa.
Conclusioni
Non esiste attualmente un protocollo standardizzato per il loro follow-up
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Materiali e metodi
Il cariotipo molecolare è stato ottenuto tramite array-CGH su DNA estratto da 20 campioni TCC: 10 non
infiltranti a basso grado (NILG) e 10 infiltranti ad alto grado (INHG). I pazienti erano 3 femmine e 17 maschi
di età compresa tra i 58 e i 93 anni.
Risultati
Dallo studio sono emerse molte differenze ma anche uguaglianze/similitudini. Complessivamente sono state
identificate 92 CNA nei tumori NILG e 403 CNA nei tumori INHG. Nel gruppo NILG prevalgono le perdite
di sequenze rispetto all’aumento di numero (perdite totali 55 e guadagni totali 25, di cui 12 amplificazioni
geniche); il contrario si osserva nei INHG (perdite totali 120 e guadagni totali 283, di cui 42 amplificazioni
geniche). In particolare si evidenzia la perdita del cromosoma 9, intera o parziale, omogenea o a mosaico,
in 5/10 tumori NILG e in 6/10 tumori INHG. Inoltre è stato riscontrato un aumento del numero di copie per i
cromosomi 19 (1/10 tumori NILG e 7/10 tumori INHG) e 20 (2/10 tumori NILG e 7/10 tumori INHG): entrambi
i cromosomi non presentano in nessuno dei 20 tumori perdite di regioni genomiche. I cromosomi 1, 2 e 6
mostrano sia perdite che guadagni di diverse regioni genomiche nello stesso cromosoma e in 8, 9, 8 INHG
tumori rispettivamente. Gli stessi cromosomi nei NILG mostrano analoghe variazioni ma in un numero più
ridotto di tumori (4, 6, 2 tumori rispettivamente). In alcuni cromosomi le variazioni sono numericamente così
elevate da far supporre l’azione del meccanismo “chromotripsis” (“cromosoma in crisi”).
Discussione
Il confronto tra biopsie tumorali con diverso istotipo ha sottolineato l’elevata eterogeneità di questo tipo di
tumore ma ha permesso anche di identificare regioni comuni che potrebbero essere il punto di partenza per
la ricerca di nuovi marcatori e target terapeutici.
Conclusioni
Emerge l’importanza dell’utilizzo di tecniche genome-wide per ottenere un profilo genomico-molecolare
completo di questi tumori così eterogenei.
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CAN WE AMELIORATE THE COMPLIANCE TO INTRAVESICAL BCG MAINTENANCE? ANALYSIS OF
THE CAUSES OF TREATMENT INTERRUPTION IN 160 CONSECUTIVE PATIENTS.
PROGNOSTIC FACTORS AND RISK GROUPS IN T1G3 PATIENTS INITIALLY TREATED WITH BCG:
RESULTS OF A MULTICENTER RETROSPECTIVE SERIES IN 2530 PATIENTS
V. Alonge, F. Sommatino, C. Scalici Gesolfo, S. Scurria, F. D’Amato, F. Torretta, M. Vella, V. Serretta
(Palermo)
F. Pisano, P. Gontero, R. Sylvester, G. Tasso, S. Joniau, K. Vander Eeckt , V. Serretta, S. Larrè, S. Di Stasi,
B. Van Rhijn , A. Witjes , A. Grotenhuis, R. Colombo, A. Briganti, M. Babjuk, V. Soukup, P. Malmstrom,
J. Irani, N. Malats, J. Baniel, R. Mano, T. Cai, E. Cha, P. Ardelt, J. Varkarakis, R. Bartoletti, M. Spahn, G.
Dalbagni, S. Shariat, J. Karnes, J. Palou (Torino)
Aim of the study
BCG maintenance for at least one year is advocated by Urological Guidelines as the best intravesical
regimen in high risk non muscle invasive bladder cancer (NMI-BC), conservatively treated. Noteworthy, a
relevant number of patients does not complete the planned treatment,although a small percentage of them
suffers of moderate to severe toxicity. The causes of BCG interruption remain unclear. The aim of our study
was to identify the reasons for treatment interruption to ameliorate patients’ compliance.
Materials and methods
A homogenous population of patients affected by T1G3 NMIBC undergoing BCG maintenance for one
year according to the SWOG schedule were considered. BCG (Connaught 81mg/50ml) was administered
intravesically, 14-30 days after TUR, and maintained for 2 hours. If toxicity occurred treatment was
postponed up to 2 weeks. No dose reduction was proposed. In case of recurrence maintenance regimen
was continued after TUR. The causes of treatment interruption were registered.
Results
Out of 160 patients, 148 (92,5%) completed the induction cycle. Fifteen (9,4%) patients refused the
maintenance. In 10 (6,3%) more patients an early recurrence was detected. In 123 patients (76,8%)
maintenance for one year was planned. Eight patients never started and only 67 (54,4%) completed one
year. Adherence to treatment decreased from 84,5% at 3 months to 57,7% at 12 months, 56 (45,6%)
patients not completing one year. Only 9 patients (7,3%) interrupted the maintenance regimen due to
recurrence. Toxicity requiring treatment interruption was recorded in 6 (4,8%) patients only. Analyzing
the causes of patients’ discomfort and treatment interruption, grade-I local toxicity, not requiring therapy
interruption on urologists’ opinion, was lamented by 91 out of 123 (74%) patients. In the last 2 years in our
experience the introduction of programmed patients’ counseling reduced the drop-out rates due to “low
compliance” from 36,7% to 16.6%
Discussion
In EORTC protocol 30911 and 30962, only 25% and 62% of the patients completed 3-year and 1-year
maintenance, respectively. Neither reducing the dose nor shortening the duration from 3 to 1 year decreased
the percentage of patients who discontinued the treatment. Noteworthy, toxicity was reported in only 7.8%
of cases while 26% and 17% of patients interrupted the treatment due to recurrence or other reasons,
respectively. In our experience only 67 patients only (54%) completed one-year maintenance even if toxicity
requiring treatment interruption was evident in 6 patients. An adequate patients’ information is essential
to increase adherence to protocol scheme, and drop-out rate was reduced by 20% introducing periodic
patients counselling.
Conclusions
In our experience, moderate to severe toxicity caused the interruption of BCG maintenance in only 5%
of cases. A timely recognition and therapy of the symptoms and a planned counseling with the patients
undergoing BCG maintenance, significantly ameliorates the adherence to BCG regimen for one year.
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Aim of the study
The impact of prognostic factors in T1G3 patients (pts) is critical for proper treatment decision making,
however most available data are from small series of pts. The aim of the current study is to assess
prognostic factors in a large group of pts who received BCG as initial treatment of T1G3 tumours and
identify a subgroup of high risk pts who should be considered for early cystectomy.
Materials and methods
Individual pt data were collected for 2530 pts from 23 centers who received induction or maintenance
BCG between 1990 and 2008. Using Cox regression analysis, the prognostic importance of the following
variables were assessed for time to recurrence, progression to muscle invasive disease and overall survival:
age (< 70 vs > 70 yrs), gender, primary T1G3 vs recurrent T1G3 after previous non T1G3 tumour, tumour
size (< 3 vs > 3 cm), multiplicity (single vs multiple), concomitant CIS (no/yes), and maintenance BCG (no/
yes).
Results
Median age was 68 yrs, 82% were male, 89% were primary T1G3, 58% had multifocal disease, 67% had
tumours less than 3 cm, 25% had concomitant CIS, 42% had a restaging TUR, 37% received some sort
of maintenance BCG. With a follow up out to 15 years, 1300 pts (51%) recurred, 480 (19%) progressed,
523 underwent cystectomy (21%) and 623 (25%) died, 230 (9%) due to bladder cancer. In multivariate
analyses, the most important prognostic factors (p < 0.01) for recurrence were: tumour size and multiplicity;
for progression: age, size and concomitant CIS; for overall survival: age and size. Maintenance BCG had
a positive impact on recurrence (p < 0.001), progression (p = 0.007) and survival (p = .002). Patients were
divided into 4 risk groups according to the number of bad factors for progression among age > 70, size > 3
cm and presence of CIS. Progression free rates at 10 yrs were 82%, 73%, 67% and 42% for patients with
0, 1, 2 and 3 bad factors while the corresponding overall survival rates were 78%, 53%, 46% and 16%,
respectively.
Discussion
BCG therapy prevents, or at least delays, the risk of tumors progression. Even if most of the data available
demonstrate the importance of a maintenance schedule BCG to improve outcomes, as compared to
induction alone, fit pts over 70 yrs of age with tumours greater than 3 cm and concomitant CIS should be
considered for an early cystectomy.
Conclusions
T1G3 patients treated with BCG have a heterogeneous prognosis, with overall survival at 10 yrs ranging
from 78% to 16%.
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SIDE EFFECTS OF BCG IN THE TREATMENT OF INTERMEDIATE AND HIGH RISK TA T1 PAPILLARY
CARCINOMA OF THE BLADDER: RESULTS FROM EORTC GU CANCERS GROUP RANDOMIZED
STUDY 30962 COMPARING 1/3 DOSE VS FULL DOSE DURING 1 OR 3 YEARS
CURRENT CLINICAL PRACTICE GAPS IN THE TREATMENT OF INTERMEDIATE AND HIGH RISK
NON-MUSCLE-INVASIVE BLDDER CANCER (NMIBC) WITH EMPHASIS ON THE USE OF BCG:
RESULTS OF AN INTERNATIONAL INDIVIDUAL PATIENT DATA SURVEY
M. Brausi, J. Oddens, R. Sylvester, S. Collette, P. Gontero, A. Bono, L. Turkery (Carpi)
M. Brausi, J. Witjes, J. Palou, M. Soloway, D. Lamm, A. Kmat, R. Persad, R. Buckley, M. Colombel, A. Bohle
(Carpi)
Scopo del lavoro
Although BCG has been proven to be highly effective in Ta-T1 transitional cell carcinoma of the bladder and
CIS, it can produce severe local and systemic side effects (SE) and many patients (pts) will not finish their
instillation schedule. One possible way of decreasing BCG SE is to reduce the dose. The objectives of this
study were to compare the efficacy and toxicity of 1/3 dose (D) vs full dose (FD) BCG given for 1 year (yr) vs
3 yrs and to determine if 1/3D is associated with less SE.
Aim of the study
To examine the management of intermediate and high-risk NMIBC particularly with regard to the use of
BCG therapy in North America and Europe and to compare NMIBC management practices to European
Association of Urology (EAU) and American Urological Association (AUA) guidelines recommendations for
the management of intermediate and high-risk NMIBC
Materiali e metodi
After TUR, pts with intermediate and high risk Ta-T1 papillary TCC of the bladder without CIS were
randomized to either 1/3D or FD BCG and 1 or 3 yrs of maintenance (MAINT). Pts receiving 1 yr MAINT
received 15 instillations of BCG while pts on 3 yrs MAINT received 27 instillations according to the SWOG
protocol. SE were recorded according to a standardized format before and after each instillation and
classified as either local or systemic. Local SE included bacterial and chemical cystitis, frequency, and
macroscopic hematuria while systemic SE included fever, general malaise, lung infection, liver toxicity, and
sepsis. Skin rash, arthralgia and arthritis were classified as allergic reactions.
Materials and methods
102 urologists from Europe and North America participated in this retrospective on-line chart review, which
was conducted between 1 april 2011 and 30 april 2012. Participants selected the charts of the first 10
intermediate (defined as multiple, recurrenct low-grade tumors) or high-risk (defined as any T1 and/or highgrade/G3 tumors and/or Cis) patients who underwnt TURBT in 2009. Physicians retrospectively reviewed
the charts and completed an on-line survey consisting of questions related to diagnosis, planned treatment,
treatment status and follow-up. In all, 971 patients (197 intermediate-risk; 774 high-risk) were included in the
analysis; frequency counts and associated percentages were used to analyse treatment variables.
Risultati
1355 patients were randomized, 39 (3%) of whom did not receive any treatment. The remaining 1316 pts
who started BCG were evaluated for toxicity. 650 pts (49%) started but did not complete their treatment.
154 pts (11.7%) received the induction course only. 420 pts (61.8%) randomized to 1 yr MAINT finished
their treatment as compared to 246 pts (36.4%) on 3 yrs MAINT. The main reason for stopping treatment
was inefficacy or recurrence in 338 (26%) pts. 103 pts (7.8%) stopped BCG for local and/or systemic SE, 50
(7.6%) on 1/3D and 53 (8.0%) on FD. 47 pts (7.1%) stopped for SE on 1 yr MAINT. In the 3 yr MAINT group,
56 pts (8.6%) stopped for SE, 35 (5.4%) during the first yr and 21 (3.2%) in yr 2 or 3. The most frequent
local SE were bacterial and/or chemical cystitis (56%), hematuria (46%) and frequency (45%) whereas
the most frequent systemic SE were general malaise (15%) and fever (8%). There were no significant
differences in SE between the treatment groups.
Results
47% of intermediate-risk patients received EAU or AUA guideline-recommended intravesical therapy:
intravesical chemotherapy, BCG induction therapy or BCG induction plus maintenance. 50% of highrisk patients received maintenance BCG as recommended by EAU and AUA while 12.5% received
chemotherapy even if not recommended by EAU and AUA. 93% of patients prescribed to receive
BCG maitenance were scheduled to received the drug for at least 1 year. Only 15% discontinued BCG
maintenance and of these 65% were due to reasons urelated to BCG-associated adverse events.
Discussione
No significant differences in side effects were detected according to dose or duration of BCG maintenance in
the 4 arms.
Conclusioni
Neither reducing the dose nor shortening the duration of maintenance decreased the percent of pts who
stopped treatment due to SE. In particular, one third dose was not associated with less side effects.
86
Discussion
There is a significant NON-adherence to EAU and AUA guideline recommendations for BCG use in
intermediate and high risk NMIBC. However the majority of patients prescribed BCG maintenance were
scheduled for at least 1 year, as recommednded by current guidelines. BCG maintenance discountinuation
rate was low.
Conclusions
Urologists still nowadays do not follow properly national, european and international guidelines. The reason
for this should be part of a different study.
87
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86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
FIBRONECTIN (FN), EPIDERMAL GROWTH FACTOR-RECEPTOR (EGF-R) AND HEPARIN-BINDING
EPIDERMAL GROWTH FACTOR-LIKE GROWTH FACTOR (HB-EGF) EXPRESSIONS IN RELATION
TO TOXICITY OF ADJUVANT INTRAVESICAL THERAPY FOR NON MUSCLE INVASIVE BLADDER
CANCER.
CIRCULATING TUMOR CELLS IN NON-MUSCLE INVASIVE BLADDER CANCER AND THEIR
PROGNOSTIC VALUE: A CELLSEARCH ANALYSIS
G. CARUANA, V. SERRETTA, G. CHIAPPARRONE, V. ALONGE, C. SCALICI GESOLFO, G.
MASTROCINQUE, S. CARUSO, A. RUSSO, F. TORRETTA (PALERMO)
Aim of the study
Although most cases of bladder cancer patients present with a disease that is confined to mucosa (Ta)
or submucosa (T1), recurrence rate in this cohort of patients is greater than 50%. Furthermore, some
non-muscle-invasive bladder cancer (NMIBC), more frequently T1G3, present with biological features of
invasiveness, leading to cancer death after bladder-sparing treatment within 5 years in about 16–23% of
cases. Circulating tumor cells (CTCs) play a crucial role for distant failure in different types of solid tumors.
Their enumeration through Cell Search system (Veridex) is widely used for prognostic information in patients
with metastatic breast, colon and prostate cancer.
Aim of the study
Long-term maintenance is recommended to ameliorate the efficacy of intravesical adjuvant therapy, BCG
particularly. Many patients do not complete the treatment due to low compliance, often caused by persistent,
though not severe, local toxicity. We investigated the expression of potential biomarkers in urine and/or in
bladder washing fluid during intravesical adjuvant therapy and their correlation with local toxicity.
Materials and methods
Patients receiving adjuvant intravesical prophylaxis with mitomycin (40mg/40 ml), epirubicin (80mg/50 ml)
or BCG Connaught (81mg/50ml) were entered. All patients had to be asymptomatic. Urine and bladder
washings before, during and after intravesical therapy in 55 patients and in 10 controls (total of 200
samples) were collected. Cellular RNA was isolated using miRNeasy Mini Kit (Qiagen®). FN and EGF-R
gene expression were analyzed by RT-PCR. The expression of HB-EGF was measured in urine samples
by ELISA (Abcam®). Local toxicity was classified in 3 grades: absent/light (no therapy), moderate (therapy/
postponement), severe (postponement over 14 days).
Results
FN gene expression increased a median of 4.7 fold and the EGF-R decreased of 0.9 fold, compared to
controls. Before intravesical therapy and in absence of local toxicity, gene expression increased 1.9 fold for
FN and 1.1 fold for EGF-R. In contrast, in presence of bladder symptoms, the FN gene expression increased
5.82 fold. EGF-R remained unchanged. The administration of hyaluronic acid and chondroitin sulphate
solution decreased the mean FN gene expression from 3 to 0.6 fold, with symptomatic relief. HB-EGF urine
levels were 25.7 pg/ml in 13 patients before intravesical therapy and 18.9 pg/ml in 5 healthy controls. During
therapy HB-EGF varied only negligibly, from 21.6 pg/ml in absence of toxicity to 25.7 pg/ml in case of severe
toxicity to 18.5 pg/ml after hyaluronic acid and chondroitin sulphate solution.
Discussion
Only a few studies correlate the expression of FN, HB-EGF and EGF-R and local toxicity of intravesical
therapy. Some experiences on urinary HB-EGF in interstitial cystitis and on FN role in BCG activity were
published. As an exploratory step, the variations of Fibronectin (FN), Epidermal Growth Factor-Receptor
(EGF-R) and Heparin-binding Epidermal Growth Factor-like Growth Factor (HB-EGF) during intravesical
therapy and were investigated. Preliminarily, only FN gene expressions resulted related to the symptoms
induced by intravesical therapy and reduced by the administration of hyaluronic acid plus chondroitin
sulphate solution. In contrast, HB-EGF, increasing no more than 1.2 fold, and EGF-R do not appear markers
of urothelial damage
Conclusions
FN gene is overexpressed in presence of local toxicity by intravesical therapy and is reduced by intravesical
hyaluronic acid and chondroitin sulphate solution. EGF-R gene and HB-EGF do not seem related to local
toxicity due to intravesical therapy.
88
G. Busetto, P. Gazzaniga, R. Giovannone, H. Shahabadi, V. Gentile, E. De Berardinis (Roma)
Materials and methods
Primary endpoint of the present study was to investigate the prognostic significance of CTCs in NMIBC
patients; to this purpose the presence of CTCs has been used to predict time to first recurrence (TFR) and
time to progression (TTP) in a follow up of 24 months. Secondary endpoints were the association between
CTC and known prognostic variables such as T, G and presence of CIS. In a prospective study, 65 patients
were enrolled all with histopathological diagnosis of NMIBC. According to T, 26/65 (40%) were Ta and
39/65 (60%) were T1. 11/65 (17%) were G1, 15/65 (23%) were G2 and 39/65 (60%) were G3. Concomitant
presence of CIS was found in 13/65 (20%) patients. A population of 30 healthy donors was included as
negative control when needed. Blood drawings were carried out in all patients at the first diagnosis, 1h
before TURB. Patients were then included in a follow-up programme which consisted of cystoscopy and
urinary cytology every 3 months and a URO-CT every 12 months. CellSearch system (Veridex) was used for
CTCs enumeration.
Results
CTC were detectable in 11/65 patients (17%), and in 0/30 healthy volunteers. CTC were found in 11/39
(28%) patients with T1 tumors, and in 0/26 patients with Ta (p>0.02). CTC presence was also found
associated to concomitant presence of CIS; in the group of patients with CIS, CTC were found in 8/13
(61.5%) compared to 3/52 (5.7%) found in the group without CIS (p>= 0.01). For what concerns TTP, of the
11 CTC+ patients, 9 experienced the event within the end of follow-up, with a median TTP of 12 months. No
events were observed in the 54 CTC- patients (p
Discussion
Evaluation of circulating tumor cells from blood could provide a non-invasive source of representative tumor
material; although the prognostic significance of CTC has been more extensively validated in metastatic
setting, a growing body of evidence is now demonstrating their role in early staged tumors.
Conclusions
We suggest that NMIBC patients with similar stage and detectable CTCs may be considered at higher
risk for recurrence and progression, and therefore be candidates for more accurate surveillance and more
aggressive treatment options.
89
P90
86° Congresso Nazionale SIU
NON-MUSCLE INVASIVE BLADDER CANCER AND SURVIVIN EXPRESSING CIRCULATING
TUMOR CELLS (CTC): IDENTIFICATION AND THEIR CHARACTERIZAZION WITH CELLECTION™
DYNABEADS ANALYSIS.
E. De Berardinis, P. Gazzaniga, G. Antonini, R. Giovannone, A. Di Silverio, V. Gentile, G. Busetto (Roma)
Scopo del lavoro
Survivin, a small protein belonging to ‘inhibitor of apoptosis’ family, is frequently overexpressed in bladder
tumours but not detected in normal differentiated transitional epithelium. Thus, the presence of survivin
transcripts in bladder tumours is considered a marker of bladder cancer progression. The evasion of
apoptosis through the overexpression of survivin also represents one of the mechanisms by which tumour
cells acquire the ability to enter and survive in the blood flow; consistent with this hypothesis, it was shown
that survivin is often expressed by circulating tumour cells (CTCs), a subset of cancer cells that escape from
the primary tumour into the bloodstream and travel through the circulation to distant sites, where are thought
to possibly develop into secondary tumours. Main objective was to evaluate the presence of circulating
tumor cells (CTCs) in T1G3 tumors and to characterize them by the expression of survivin.
Materiali e metodi
141 patients with T1G3 non muscle invasive bladder cancer (NMIBC) were enrolled. Additional inclusion
criteria were: tumor size
P91
86° Congresso Nazionale SIU
PYTEST: DIAGNOSTIC VALIDATION OF URINARY TYR-PHOSPHORYLATED PROTEINS AS NEW
BLADDER CANCER MARKER
A. Battaglia, M. Allasia, S. Chiesa, A. Gonella, E. Alessandria, A. Khadjavi, A. Notarpietro, F. Mannu, G.
Giribaldi, F. Turrini, D. Fontana, P. Destefanis, B. Frea (Torino)
Aim of the study
Different urinary markers of transitional cell carcinoma (TCC) have been proposed in the years. None of
them, however, is approved by the international guidelines or used with scientific safety by urologists in their
clinical practises. Cystoscopy continues to represent the gold standard method of diagnosis, and is highly
accurate, sensitive and specific. The urine cytology is instead non-invasive but has a high rate of false
negative, especially in low-grade TCC. We try to give a significant answer of these open questions using a
proteomic approach, that is widely used in molecular oncology. Using proteomic approaches, we previously
demonstrated that the levels of Tyr-phosphorylated proteins (TPPs) are highly increased in bladder cancer
tissues and that soluble TPPs can be also detected in patient urine samples. Now, we have evaluated their
diagnostic performances measuring urinary TPP levels in 230 urine samples from bladder cancer patients
and healthy subjects.
Risultati
Survivin was found in 50% of tumors. Survivin - patients showed a longer DFS than Survivin + (χ2: 4.572; p
=0.029). CTCs were found in 48/141 patients (34%); 92% of CTC were Survivin expressing. The difference
in DFS between CTC - and CTC + patients was statistically significant (χ2: 28.098; p <0.001).
Materials and methods
Patients with suspected bladder cancer were enrolled in this study before undergoing transurethral resection
of the bladder or radical cystectomy. Urines for the control group were collected from healthy blood donors,
after an interview, to exclude urological problems. Only volunteers more than 50 years old were enrolled.
The urinary levels of TPPs were analyzed using an experimental diagnostic test (pYtest, provided by Nurex
srl). The area under the ROC curve (AUC), sensitivity, specificity, positive and negative predictive values
(PPV and PNV) were calculated using Bayes’ theorem (MedCalc 11.3.3)
Discussione
The prognosis of high risk non-muscle invasive bladder cancer is highly variable and unpredictable on the
basis of clinical and pathological variables, e.g. depth of invasion, tumour size, multifocality, presence of
carcinoma in situ (CIS). Understanding the molecular profile of the individual patient could improve the
prediction of the natural history of the disease and provide a more personalized and tailored treatment.
Results
Urinary TPP levels from 87 bladder cancer patients and from 143 healthy subjects were measured. The
AUC was 0.875 with a 95% confidence interval of 0.826-0.915. For the best cut-off value (261.26 standard
units), a sensitivity of 80.46% and a specificity of 79.72 % were obtained. PPV and PNV were 70.1% and
87.7%, respectively.
Conclusioni
CTC presence is an independent prognostic factor in high risk NMIBC patients.
Discussion
The proteomic approach is finding its excellent status in uro-oncology too, not only to understand the
molecular pathways of carcinogenesis, but also to detect possible markers in the urine samples. Preliminary
evaluation confirmes the excellent diagnostic performances of TPPs as bladder cancer marker.
Conclusions
We need to increase the enrolled patients with a multicenter study to confirm and validate the proteomic
approach through the individualisation of TPPs with the pYtest. Next aim is to recruit more patients to
confirm the statistic results obtained and validate definitely the pYtest like a bladder cancer marker
90
91
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86° Congresso Nazionale SIU
ENDOVESICAL ADJUVANT THERAPY FAILURE IN HIGH-RISK NON MUSCLE INVASIVE BLADDER
CANCER (NMIBC): CHEMOSENSITIVITY TESTING AND TAYLOR THERAPY.
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86° Congresso Nazionale SIU
LONG-TERM ERECTILE FUNCTION OUTCOMES AFTER HOLMIUM LASER ENUCLEATION OF THE
PROSTATE (HoLEP)
G. Busetto, G. Antonini, R. Giovannone, A. Di Silverio, P. Gazzaniga, V. Gentile, E. De Berardinis (Roma)
Scopo del lavoro
Adjuvant endovesical treatment of choice for high risk NMIBC is still debated and still open questions are:
which drug? Which dosage? Which therapy planning? Although intravesical treatment is the gold standard
after TURB the percentage of recurrence and progression is still high.
Materiali e metodi
It has been reported that some chemotherapy drugs used in intravesical regimens may induce a
phenomenon known as chemotherapy-inducedresistance (CIR), through the up-regulation of ATP-binding
cassette proteins. Furthermore, inefficient apoptotic machinery might also lead to chemotherapy resistance,
through the selection of more aggressive clones. We started a clinical trial with the aim to characterize, in
each patient, an individual chemosensitivity profile, based on the expression of a panel of markers that are
involved in the resistance to standard chemotherapy drugs. Specifically, we chose multidrug resistance
protein 1 and 2 (MRP1, MRP2), belonging to the superfamily of ATP-binding cassette transporters, which
are both involved in the resistance to epirubicin, doxorubicin and mytomicin-C; human equilibrative
nucleotide transporter 1 (hENT1) and deoxycytidine kinase (dCK), involved in the resistance to gemcitabine
and α5β1 integrin, which represents the fibronectin receptor, and is involved in the internalization of BCG.
As The present analysis was also extended to apoptosis regulating genes, such as the bcl-2/bax ratio and
surviving expression. 128 patients with high risk NMIBC have been enrolled, all candidates for TUR-B
followed by intravesical treatment. One mg of tumoral tissue from each patient was kept for molecular assay
subjected to RNA extraction and RTPCR amplifications with primers specific
for these components. We considered
high, intermediate and low sensitivity to
mitomycin c, epirubicin, and doxorubicin
a ratio MRP/GAPDH 1 respectively. For
gemcitabine resistance, we considered
sensitivity, intermediate sensitivity and
resistance a ratio hENT-dCK/GAPDH >1,
=1 and 1; =1 ;
Risultati
This chemosensitivity test was able
to predict response to treatment in
93% of patients. The assay is easy to
perform with low costs and rapid time of
execution.
Discussione
Our results are encouraging in the
view of an individualised therapeutic
approach, to provide a higher treatment
success rate while sparing patients
unnecessary toxicity from drugs that are
not suited for their tumors.
Paolo Capogrosso1, Matteo Ferrari1, Umberto Capitanio1, Maria Chiara Clementi1, Giulia Castagna1,
Michele Colicchia1, Eugenio Ventimiglia1, Fabio Castiglione1, Giuseppe Zanni1, Alberto Briganti1, Rocco
Damiano2, Francesco Montorsi1, Andrea Salonia1,2
1
Dept. of Urology, University Vita-Salute San Raffaele, Milan, Italy
2
Research Doctorate Program in Urology, Magna Graecia University Catanzaro, Italy
OBJECTIVES. To assess the rate of erectile function (EF) improvement at long-term follow-up (FU) in
patients who underwent HoLEP for symptomatic obstructive benign prostatic hyperplasia (BPH).
METHODS. Complete sociodemographic, clinical and psychometric data from 135 patients submitted
to HoLEP were analysed. All patients completed a remembered (=targeting sexual function regarding
a period preceding HoLEP) International Index of Erectile Function-erectile function (IIEF-EF) domain;
likewise, a real-time (=targeting the 4 weeks prior to surgery) IIEF (all domains) was filled. EF was
stratified according to Cappelleri criteria. Both a remembered and a real-time International Prostate
Symptom Score (IPSS) were also completed. Descriptive statistics and logistic regression models
tested the association among potential clinical and surgical predictors and the eventual improvement
of total IIEF-EF [also considering Minimal Clinically Important Differences (MCIDs) criteria].
RESULTS. Mean (median) age at surgery was 63 (63.6) years (range: 49-82). Post-HoLEP FU was
152.1 (163.9) months (range: 12-324). At long-term FU, mean (SD) IPSS score significantly improved
[15.9 (8.7) vs 5.4 (5.6); p<0.0001]. At long-term FU, IIEF domain scores were as follows: IIEF-EF:
19.2 (23); IIEF-SD: 6.3 (7); IIEF-OF: 4 (5); IIEF-IS: 8.0 (9); IIEF-OS: 6.6 (8). IIEF-EF significantly
changed [mean delta -3.9 (-1)] as compared with the preoperative assessment with 23 (17%) patients
reporting an improved IIEF-EF. Preoperative EF was normal EF, mild ED, mild-to-moderate ED,
moderate ED, and severe ED in 83 (61.5%), 12 (9.0%), 16 (12%), 8 (6%), and 16 (12%) patients,
respectively. Conversely, postoperative ED severity was normal EF, mild ED, mild-to-moderate ED,
moderate ED, and severe ED in 42.2%, 15.6%, 10.4%, 5.2%, and 26.7% patients, respectively. Of
all, 37% patients worsened of at least one IIEF-EF category; conversely, 55.6% and 7.4% patients
maintained and eventually improved their IIEF-EF domain category, respectively. Nine (6.7%)
patients showed a significant improvement according to MCIDs criteria. At MVA, both preoperative
IPSS (OR: 1.12; p=0.002) and IIEF-EF (OR: 0.92; p=0.005) scores were significantly associated with
postoperative improvement of IIEF-EF.
CONCLUSIONS. Long-term FU data showed that HoLEP significantly improved urinary symptoms in
patients with symptomatic obstructive BPH, with a concomitant clinically significant EF improvement
in roughly 7% of the individuals.
Conclusioni
There is really need to introduce the
concept of personalized medicine in
bladder cancer management and in
particular with molecular and genetic
testing we should be able to predict
which patients are at high risk for cancer
progression and which patients will
response to treatment.
92
93
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86° Congresso Nazionale SIU
PREVALENCE AND CLINICAL MEANING OF METABOLIC SYNDROME IN EUROPEAN
CAUCASIAN MEN PRESENTING FOR PRIMARY COUPLE’S INFERTILITY
Andrea Salonia1,2, Paolo Capogrosso1, Eugenio Ventimiglia1, Maria Chiara Clementi1, Marco Bianchi1,
Giulia Castagna1, Michele Colicchia1, Luca Boeri1, Cesare Regina1, Alessandro Serino1, Emanuele
Zaffuto1, Rayan Matloob1, Rocco Damiano2, Francesco Montorsi1
1
Dept. of Urology, University Vita-Salute San Raffaele, Milan, Italy
2
Research Doctorate Program in Urology, Magna Graecia University Catanzaro, Italy
3
Academic Division of Urology, IRCCS Policlinico San Donato, University of Milan, Milan, Italy.
OBJECTIVES. Assess prevalence of and clinical impact of metabolic syndrome (MetS) in European
Caucasian men presenting for primary couple’s infertility.
METHODS. Complete demographic, clinical and laboratory data from 1169 consecutive infertile men
were analysed. Health-significant comorbidities were scored with the Charlson Comorbidity Index
(CCI; categorized 0 vs 1 vs ≥2); NCEP-ATPIII criteria were used to define MetS. Testicular volume
was assessed with a Prader orchidometer. Semen analysis values were assessed based on 2010
World Health Organization (WHO) reference criteria. Descriptive statistics and logistic regression
models tested the association between semen parameters and clinical characteristics and MetS.
RESULTS. Of all, male factor infertility and mixed infertility were found in 890 (76.1%) and 279
(23.9%) men, respectively. MetS was found in 101 (8.6%) of 1169 men. Patients with MetS were
older (p<0.001), had a higher BMI (p<0.001), a greater rate of CCI≥1 (χ2:44.205; p<0.001), and lower
testicular volumes (all p<0.03), as compared with those without MetS. Moreover, MetS patients had
a lower serum total testosterone (tT) (p=0.002), a higher level of luteinizing hormone (LH) (p=0.001),
and were hypogonadal in a higher rate (χ2:6.958; p=0.008) than patients without MetS. Conversely,
no differences were found between groups in terms of follicle-stimulating hormone (FSH), inhibin
B, 17b estradiol (E2) levels, and tT/E2 ratio values. Likewise, the two groups did not significantly
differ in terms of semen parameters and rate of either obstructive or non-obstructive azoospermia.
At multivariate logistic regression analysis serum FSH (OR: 1.36; p<0.001) and testicular volume
(OR: 0.59; p<0.001) achieved independent predictor status for WHO normal semen concentration;
conversely, age, CCI scores, MetS, and inhibin B values did not.
P95
86° Congresso Nazionale SIU
CORRECTION OF COMPLEX CONGENITAL PENILE CURVATURE USING SUPERFICIAL TUNICA
ALBUGINEA EXCISIONS WITH GEOMETRICAL PRINCIPLES
L. mavilla, L. Albanesi, F. Attisani, B. Gentile, D. Granata, G. Mirabile, F. Pisanti, M. Schettini, G. Vincenti, R.
Giulianelli, F. Kuehhas, P. Egydio (Roma, italila)
Aim of the study
Congenital penile curvature can present with both uniplanar and biplanar defects, the latter of which entails
more technically demanding surgery. To demonstrate the efficacy and safety of our novel technique of
multiple, small, superficial tunica albuginea excisions based on geometrical principles, for correcting biplanar
congenital penile curvature.
Materials and methods
Between June 2006 and March 2012, 145 patients with disabling congenital biplanar ventro-lateral (n =
131; 90.3%) or dorso-lateral (n = 14; 9.7%) curvature of the penis underwent stepwise superficial tunica
albuginea excisions. The mean follow-up period was 21 months (range, 6–62 months). The procedure is
based on the geometrical principles of the Egydio technique for any kind of penile curvature correction and
objectified the curvature. Multiple 3-mm excisions of the superficial tunica albuginea were performed without
compromising the inner layer of the tunica albuginea, thus resulting in a stepwise correction of the curvature
and improved distribution of the bending force of the curvature.
Results
We evaluated the rate of successful penile straightening, the complication rate, and patient satisfaction.
Mean age at surgery was 23.8 years (range, 15–47 years). Mean degree of curvature was 65° (range,
45–90°). There was no recurrent curvature. No intra- or post-operative complications were encountered.
Complete correction of the penile axis was obtained in 98.6% (n = 143).
Discussion
We recommend this novel technique as the optimal surgical intervention for correcting both uniplanar and
biplanar congenital deviations.
Conclusions
The excellent functional outcomes resulted in a high level of patient satisfaction, including improved selfesteem, libido, sexual intercourse, and psychosexual relief. Two patients had a residual curvature of up to
30° requiring a re-operation.
Testicular volume alone predicted normal sperm total progressive motility (OR: 0.91; p=0.005). No
parameters predicted normal sperm morphology.
CONCLUSIONS. MetS accounts for roughly 9% in men presenting for primary couple’s infertility.
Overall, while MetS patients have a lower general male health status, semen analysis values seem
independent of the presence of MetS.
94
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86° Congresso Nazionale SIU
PRACTICE PATTERNS IN ERECTILE FUNCTION REHABILITATION FOLLOWING PELVIC SURGERY:
RESULTS FROM A EUROPEAN MULTI-INSTITUTIONAL SURVEY
P. Verze, G. Bozzini , E. Garcia-Cruz , C. Gratzke , J. Martinez-Salamanca, M. Mergreiter, J. Otero , A.
Mueller (Napoli)
Aim of the study
Despite a growing body of evidence supporting erectile function (EF) rehabilitation after pelvic surgery, there
are no guidelines on this subject. We wanto to explore EF rehabilitation practice patterns of major european
urological centres.
Materials and methods
A 12-question instrument was constructed assessing centre demographics and EF rehabilitation practices
after pelvic surgery, and was e-mailed to staff members of major european urological centres. Data were
acquired and analyzed by the investigators.
P97
86° Congresso Nazionale SIU
INTRATUNICAL INJECTION OF HUMAN ADIPOSE TISSUE-DERIVED STEM CELLS PREVENTS
FIBROSIS
AND IS ASSOCIATED WITH IMPROVED ERECTILE FUNCTION IN A RAT MODEL OF PEYRONIE’S
DISEASE.
F. Castiglione , A. Salonia , L. Villa, G. La Croce , M. Moschini , M. Tutolo, F. Montorsi, P. Hedlund (Milano )
Aim of the study
To test the effects of a local injection of adipose tissue-derived stem cells (ADSC) in the active phase of a
rat model of PD on the subsequent development of fibrosis and elastosis of the TA and underlying erectile
tissue.
Results
: A total of 26 centres distributed all over Europe responded. All centres perform surgery, with indications
to nerve sparing procedures at least in 30% of cases (mean 45% of cases). 19 out of 26 (73%) centres
start the rehabilitation immediately after complete surgical recovery. PDE5-inhibitors (PDE5-i) are always
included in rehabilitation strategy, and in 16 out of 26 (62%) cases a daily administration is suggested. 19
out of 26 (82%) centres prefers Tadalafil because of the long-acting characteristics. In 8 out of 26 (30%)
intracavernous injections (ICI) are prescribed concomitantly with PDE5-i. Other strategies including MUSE,
VCD and SKAT are prescribed in 6 out of 26 cases (24%).
Materials and methods
A total of 27 male 12-wk-old Sprague-Dawley rats were divided in three equal groups and underwent
injection of vehicle (sham), 0.5-μg transforming growth factor (TGF)-β1 in a 50-μl vehicle in either a PD
or a PD plus ADSC group in the dorsal aspect of the TA. The sham and PD groups were treated 1 d after
TGF-β1 injection with intralesional treatment of vehicle, and the PD plus ADSC group received 1 million
human-labeled ADSCs in the 50-μl vehicle. Five weeks after treatment, six rats per group underwent
erectile function measurement. Following euthanasia, penises were harvested for histology and Western
blot. OUTCOME MEASUREMENTS AND STATISTICAL ANALYSIS: The ratio of intracavernous pressure to
mean arterial pressure (ICP/MAP) upon cavernous nerve stimulation (CNS), elastin, and collagen III protein
expression and histomorphometric analysis of the penis. Statistical analysis was performed by analysis
of variance followed by the Tukey-Kramer test for post hoc comparisons or the Mann-Whitney test when
applicable.
Discussion
Fifty four percent of centres (14/26) perform the rehabilitation until spontaneous erection is achieved. All
centres (26/26, 100%) perform rehabilitation at least for 3 months. Fifty percent (13/26) of the centres
prescribe erectile function rehabilitation also in patients in whom a not nerve sparing procedure was
performed.
Results
Erectile function significantly improved after ADSC treatment (ICP/MAP 0.37 in PD vs 0.59 in PD plus
ADSC at 5-V stimulation; p=0.03). PD animals developed areas of fibrosis and elastosis with a significant
upregulation of collagen III and elastin protein expression. These fibrotic changes were prevented by ADSC
treatment.
Conclusions
Among the respondents, penile rehabilitation is a common practice, despite of the nerve-sparing status. The
most commonly employed strategy is daily PDE5i use, with Tadalafil being the most used one because of
its long-acting profile. All centres perform rehabilitation for at least 3 months, and in 54% of the cases until
spontaneous erection is achieved.
Discussion
Peyronie’s disease (PD) is a connective tissue disorder of the tunica albuginea (TA). Currently, no gold
standard has been developed for the treatment of the disease in its active phase. This study is the first to
test stem cell therapy in an animal model of PD.
96
Conclusions
This study is the first to test stem cell therapy in an animal model of PD. Injection of ADSCs into the
TA during the active phase of PD prevents the formation of fibrosis and elastosis in the TA and corpus
cavernosum
97
P98
86° Congresso Nazionale SIU
COMBINED DAPOXETINE AND BEHAVIOURAL TREATMENT PROVIDES BETTER RESULTS THAN
DAPOXETINE ALONE IN THE MANAGEMENT OF PATIENTS WITH PREMATURE EJACULATION
P. Massenio, L. Cormio, G. Di Fino, O. Selvaggio, F. Turri, G. Carrieri (Foggia)
Aim of the study
Several studies have demonstrated the efficacy and safety of dapoxetine in prolonging the intravaginal
ejaculatory latency time (IELT) but, to our knowledge, there is no previous study testing whether the efficacy
of dapoxetine can be increased by its association with behavioural therapy (BTx), such as the “squeeze”
and the “stop and start” techniques. The present study therefore aimed to determine whether the association
of BTx improved the efficacy of dapoxetine in patients with PE.
Materials and methods
Twenty-two patients, 4 with lifelong (primary) and 18 with acquired (secondary) PE, were randomized to
receive dapoxetine 30 mg on-demand (Group A) or dapoxetine 30 mg on demand + BTx (Group B). All
patients had never been treated before for PE, had no erectile dysfunction, and those with acquired PE
suffered from this condition by at least 6 months. The premature ejaculation diagnostic tool (PEDT), the
intravaginal ejaculatory latency time (IELT) and the number (#) of tablets taken per week were recorded at 1,
3 and 6 months.
Results
Mean patients’ age was 39 years (range 19 – 66). In both groups, PE was primary in 2 cases and secondary
in the remaining 9. Mean IELT before treatment was 1.18 and 1.27 min in Group A and B, respectively; at 1,
3 and 6 months of treatment it increased to 1.45, 2.18 and 2.59 min in Group A and to 2.22, 3.68 and 6.14 in
Group B, respectively, with a significant (p
Discussion
The association of BTx to dapoxetine significantly increased the IELT while significantly reducing the PEDT
score and the # of tablets/week in both patients with primary and acquired PE.
Conclusions
This pilot study therefore provides grounds for further systematic evaluation of such combined treatment for
PE.
98
P99
86° Congresso Nazionale SIU
UROTENSIN II AS A POSSIBLE SERUM MARKER OF ERECTILE DYSFUNCTION
M. Franco, F. Fusco, R. D’Emanuele di Villa Bianca, R. Sorrentino, D. Arcaniolo, E. Mitidieri, C. Imbimbo, G.
Cirino, V. Mirone (Napoli)
Aim of the study
The purpose of this study is to measure the plasma level of U-II in men with ED compared to healthy
controls and to correlate the values obtained with the IIEF score and other clinical variables and
comobidities
Materials and methods
70 healthy volunteers and 80 ED patients have been enrolled. Each patient was interviewed, exploring
the presence of risk factors and co-morbidities related to ED or to other diseases. Furthermore all patients
were asked to complete the IIEF. The physical examination included BMI. Blood samples were obtained in
the same day: a routine serum profile was performed, comprehensive of plasma level of U-II. The results
obtained from the present clinical study are reported as mean ± SD for continuous variables and as median
and interquartile ranges for categorical variables. The data were analyzed with a Pearson product-moment
correlation coefficient (PPMCC) evaluating the association between UII plasma levels in ED patients and
IIEF score, the association between UII plasma levels and BMI, blood total cholesterol and glycemia.
Results
Mean values of UII plasma levels measured both in controls and ED patients resulted of 1662,06 pg/ml and
3513,21pg/ml, respectively (ratio 2,11). A a strong, statistically significant, negative correlation between the
IIEF score and the UII plasma levels was found (PPMCC of -0,82; p value< 0.001) were found.
Discussion
U-II was identified as the natural ligand of a G-protein coupled receptor, namely UT receptor. U-II and
UT receptor are expressed in a variety of peripheral organs and especially in cardiovascular tissue and
their expression is up-regulated in human cardiovascular disease, including congestive heart failure,
hypertension, type II diabetes and diabetic nephropathy. Recent evidence indicates that the U-II/UT pathway
has a vasodilator effect on human corpus cavernosum tissue, and this effect is mediated by eNOS. Based
on these evidences we proposed UII as a biomarker of Erectile Function.
Conclusions
UII plasma levels are doubled in ED patients compared to healthy controls and are significantly inversely
correlated to IIEF score suggesting a possible role of this peptide as a biomarker for Erectile Dysfunction.
A moderate but statistically significant positive correlation was found between UII plasma levels and BMI.
The small PPMCC between UII plasma levels and blood total cholesterol and the no statistically significant
correlation with glycemia excluded these variables as possible indirect markers of ED risk. Further studies
are warranted to evaluate a possible role of Urotensin II as serum marker of ED.
99
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86° Congresso Nazionale SIU
GENDER REASSIGNMENT SURGERY: A 20 YEARS REVIEW OF SURGICAL OUTCOMES
D. Arcaniolo, P. Verze, A. Palmieri, N. Longo, F. Mangiapia, M. Barbieri, V. Viscusi, C. Imbimbo, V. Mirone
(Naples)
Aim of the study
To provide a retrospective comparison among two different SRS techniques (penoscrotal flap – PSF - and
penile skin inversion – PSI - ) in terms of surgical (intra-peri-postoperative data) and functional outcomes
and patient’s satisfaction.
Materials and methods
We retrospectively review our data on 219 male-to-female transsexuals who underwent sexual reassignment
surgery in our Institution between January 1992 and November 2011. Patients were contacted by telephone
12 to 18 months after their surgery and requested to attend our clinic for a follow-up visit. At that time they
were requested to complete a Patient’s Satisfaction Questionnaire devised by our gender physician team.
147 patients (67%) underwent vaginoplasty with penoscrotal flap (PSF), 66 patients underwent vaginoplasty
with simple penile skin inversion (PSI) (30%) and 6 patients (3%) underwent colovaginoplasty. These 6
patients have not been included in our analysis. We provide a comparison among the two different SRS
techniques (PSF – group 1 and PSI - group 2) in terms of surgical and functional outcomes and patient’s
satisfaction.
Results
94% of patients were satisfied with their new sexual status and had no regrets, with no statistically
significant differences between two groups. When questioned about sex life, 164 patients (75%) reported
enjoying a more satisfactory sex life after their SRS. No significant differences were found between two
groups in term of sexual satisfaction. Patients who underwent PSI were more satisfied with the aesthetic
appearance of their neovaginas compared to PSF group (p
Discussion
The relatively high satisfaction level with the functional and aesthetic qualities of the newly acquired genitalia
reported by the patients is due to a combination of competent surgical skills, a well-conducted pre-operative
preparation program and adequate post-operative counseling which, based upon our experience, are
indispensable for a successful SRS outcome.
Conclusions
We can conclude that both penile skin inversion and peno-scrotal flap techniques provide good aesthetic
and functional results and could be performed safely in male-to-female transsexuals.
P101
86° Congresso Nazionale SIU
COMPLIANCE TO THERAPY WITH DAPOXETINE IN COMPARISON TO A CONVENTIONAL
SELECTIVE SEROTONIN REUPTAKE INHIBITOR (CITALOPRAM) IN 118 PATIENTS WITH PREMATURE
EJACULATION
C. Pavone, D. Abbadessa, G. Scaduto, G. Caruana, G. Gambino, V. Serretta, C. Scalici Gesolfo (palermo)
Aim of the study
Premature ejaculation (PE) is a sexual dysfunction that would concern 20-30% of the male population.
Dapoxetine is a new re-uptake inhibitor (SSRI), the only commercial formulation for the specific treatment
of PE. Primary aim of the study is the assessment of compliance and the effectiveness of treatment with
dapoxetine compared to treatment with citalopram, an SSRI classic in a group of selected patients with PE.
Materials and methods
We selected a sample of 334 male patients aged between 18 and 64 years who reported EP from the male
population transited at the Clinic of Urology ‘of Policlinico in Palermo. Intravaginal latency time (IELT) was
less than 2 minutes in 233 patients (70%). Of the 233 patients, 134 patients (57%) were pharmacologically
treatable and among them 118 (88%) agreed to entry on our study, through informed consent, thus
constituting the Treatment Sample. This sample was divided into 2 groups: 82 (70%) patients received
dapoxetine while 36 (30%) of Citalopram prescription.
Results
Of the 82 patients treated with Dapoxetine compliance to treatment was good in 20 (24%), poor in 26
(32%), and absent in 36 (44%) patients respectively. In the 36 patients treated with Citalopram, treatment
compliance was good in 12 patients (33%), it was poor in 10 (28%) and it was absent in 14 (39%). The dropout stood at 23.6% (50 patients) without any statistical correlation between type of medication and quality
of compliance. The relationship between patients who had-or-less follow the correct therapy has remained
almost constant. Due the report of the 68 patients was evaluated the effectiveness of treatment: Dapoxetine
was effective in 86% of cases versus 75% of Citalopram. The occurrence of side effects was observed in
32% of cases: in 17% of patients treated with Dapoxetine and in 15% of patients treated with Citalopram.
However, side effects were generally mild and self-limiting, and occurred just at the first intake in about 90%
of treated with Dapoxetine.
Discussion
PE may have considerable effects on the sexual life of the affected individuals and their partners. Despite
dapoxetine is effective in the treatment of PE with a reduction of the IELT and good patient satisfaction, EP
is still conditioned by a strong psychological component of the subject. Indeed, it seems that it plays a key
role also in compliance with therapy. From results of our study, it seems that patients with a stable couple
relationship follow the therapy continuously.
Conclusions
In our experience, dapoxetine in the treatment of PE was effective and well tolerated. The levels of
compliance to treatment have not appeared particularly high. It is hypothesized that this depends mostly by
patient factors. In fact, it is right to emphasize that the assessment of treatment compliance on-demand EP
suffers from a limit can not be corrected by the doctor: affective status. A greater involvement of patients with
more difficulty following therapy should be the goal in andrological counseling in the patient with PE.
100
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P102
86° Congresso Nazionale SIU
INHIBITION OF THE FATTY ACID AMIDE HYDROLASE (FAAH) REDUCES IN VIVO SPONTANEOUS
SEMINAL VESICLE CONTRACTIONS AND INCREASES LATENCY TO APOMORPHINE-INDUCED
EJACULATION
G. La Croce, A. Bettiga, R. Buono, G. Colciago, F. Benigni, F. Castiglione, M. Albersen, F. Montorsi , P.
Hedlund (Milano)
Scopo del lavoro
The endocannabinoid system modulates afferent signals under certain conditions and is expressed in
regions of the urogenital tract. It is not known if the endocannabinoid-regulatory enzyme fatty acid amide
hydrolase (FAAH) is located in the ejaculatory system or if FAAH may be a drug target in ejaculatory
disorders. We aimed to examine the expression of FAAH in the seminal vesicle and vas deferens and
effects of inhibition of FAAH on seminal vesicle function and ejaculation.
Materiali e metodi
After ethical approval, male Sprague Dawley rats (250gram) were anesthetized and received a polyethylene
(PE)-50 catheter in (I) the seminal vesicle for recordings of intraluminal pressure, or (II) in the corpus
spongiousum for pressure registration during apomorphine-induced (s.c., 150μg/kg) ejaculatory responses.
Effects by intraperitoneal (0.1, 1, or 10 mg/kg) oleoyl ethyl amide (OEtA; a FAAH inhibitor) or vehicle were
studied. Expression of FAAH was examined by PCR, Western Blot and immunohistochemistry in rat and
human seminal vesicle and vas deferens. Effect by OEtA (0.1-100 μM) on isolated seminal vesicle was
studied in organ baths. T-test was used for comparisons.
Risultati
Messenger RNA and protein for FAAH was demonstrated in rat and human seminal vesicle and vas
deferens. FAAH was located in epithelial cells of both tissues. In human samples, the FAAH-2 isoform was
similarly expressed. In isolated tissues, maximum inhibitory effects by OEtA (100 μM) on nerve-induced
contractions were 35±5% (human;n=4) and 22±9% (rat;n=7). In vivo, the frequencies of spontaneous
seminal vesicle pressure waves (contractions) per minute were 1.08±0.32 (baseline) and 0.58±0.13 (OEtA;p
Discussione
The FAAH is expressed in the rat and human vas deferens and seminal vesicle. Inhibition of FAAH seems to
depress the excitability of the seminal vesicle and prolongs latency for apomorphine-induced ejaculation in
rats.
Conclusioni
Pharmacological targeting of FAAH may be an interesting principle to further develop in premature
ejaculation.
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P103
86° Congresso Nazionale SIU
CHLAMYDIA TRACHOMATIS INFECTION IS RELATED TO PRECOX EJACULATION IN YOUNG
PROSTATITIS PATIENTS
D. Tiscione, T. Cai, N. Mondaini, C. D’Elia, F. Meacci, G. Malossini, S. Mazzoli, V. Magri, G. Perletti, R.
Bartoletti (Trento)
Aim of the study
The chronic prostatitis are an important test for both the urologist in terms of treatment and for the
microbiologist in terms of diagnosis. These diseases also, as already well described in the literature, have a
considerable impact on quality of life of the young male, meaning the quality of sex life. The purpose of this
study was to evaluate the epidemiological prevalence of premature ejaculation (PE) in a group of patients
with chronic bacterial prostatitis by atypical bacteria, such as Chlamydia trachomatis (CT).
Materials and methods
From May 2006 to May 2008, 454 patients referred to the same MST Center, were enrolled in this study.
The diagnosis of infection by CT was performed through analysis of secretory IgA anti-CT (analysis in
Westernblot) and CT-DNA (PCR amplification). The analysis was carried out on urine (test Meares) and
on sperm. All patients were subjected to regular clinical evaluation, to the questionnaire NIH-CPSI and
the evaluation of the presence of PE. The data obtained from the group of patients suffering from chronic
prostatitis from CT (Group 1) were compared with the data obtained from a control group of 707 patients
suffering from chronic prostatitis from common germs (Group 2).
Results
All patients in Group 1 were positive for at least one marker of infection for CT, whereas no patients in Group
2 showed positivity to the markers. The group of patients suffering from chronic prostatitis from CT (Group
1) did not differ statistically significantly from the control group (Group 2) in terms of: NIH-CPSI score 13.73
(11-26) vs. 13.37 (11-26), IPSS 8.99 (2-24) vs 8.70 (2-24) and time of onset of symptoms 2.7 years (1-6)
vs 2.2 years (1-6). The two groups, however, differed statistically significantly in terms of prevalence of PE:
125/454 (27.5%) Group 1 and 89/707 (12.5%) Group 2.
Discussion
The pathophysiology that underlies the increased prevalence of PE in the group infected with CT is not still
clearly demonstrated or clarified.
Conclusions
However, the present study demonstrates how the EP is an important symptom able to contribute to the
deterioration of the quality of life in patients suffering from chronic prostatitis, in particular, when supported
by CT.
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P104
86° Congresso Nazionale SIU
COSTRUZIONE DI UN QUESTIONARIO SPECIFICO PER I PAZIENTI CON NEOVESCICA ILEALE
ORTOTOPICA (IONB-PRO): CREAZIONE DI ITEM QUALITATIVI E PRESENTAZIONE DELLA
VERSIONE ITALIANA
S. Siracusano1, C. Lonardi2, L.Toffoli1, G. Benedetto3, P. Curti4, M.A. Cerruto4, F. Dal Moro5, V. Ficarra5,D.
Signorello6, C. Simeone7, M. Brausi8, S. Ciciliato1, F. Visalli1, M. Niero2
1) Dipartimento di Urologia – Università di Trieste, 2) Dipartimento di Scienze dell’ educazione – Università di
Verona, 3) Dipartimento di Urologia – Ospedale di Vicenza, 4) Dipartimento di Urologia – Università di Verona,
5) Dipartimento di Urologia – Università di Padova, 6) Dipartimento di Urologia –Ospedale di Bolzano, 7)
Dipartimento di Urologia – Università di Brescia, 8) Dipartimento di Urologia – Ospedale di Carpi (Modena)
Scopo dello studio
È noto che la neovescica ortotopica può causare un impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti
portatori di questa derivazione urinaria. L’espressione PRO (patient reported outcome) si riferisce a
questionari utilizzati nella pratica clinica per chiedere ai pazienti la percezione clinica dei sintomi, l’impatto
delle attività della vita quotidiana e altri aspetti della qualità della vita ai pazienti che nel caso specifico
sono stati sottoposti a cistectomia radicale con la realizzazione di una neovescica ileale ortotopica. Al
momento non esistono questionari validati per la valutazione dei pazienti sottoposti a questa tipologia di
intervento mentre sono invece disponibili per altri tipi di derivazione urinaria quale ad esempio l’ureteroileocutaneostomia. L’obiettivo di questo studio è pertanto quello di illustrare i requisiti che hanno consentito
la costruzione del questionario in oggetto.
Materiali e metodi
Il questionario è stato progettato in 7 fasi: a) generazione delle domande; b) analisi dei contenuti e
produzione di una versione preliminare di IONB-PRO; c) applicazione iniziale ad un numero limitato
di pazienti; d) validazione internazionale del questionario; e) test psicometrici; f) perfezionamento
informatizzato del questionario. Finora sono state completate solo le fasi a) e b). Riassunto della fase a): in
7 centri italiani sono stati intervistati 35 pazienti con IONB (età media 63.3; 28 maschi e 7 donne) di questi
pazienti 21 sono continenti, 10 incontinenti solo durante la notte, 2 totalmente incontinenti e 2 ipercontinenti.
Nella fase b) i contenuti raccolti sono stati elaborati mediante il sistema ATLAS-TI. La procedura di codifica
ha fatto si che le frasi venissero raggruppate in 18 concetti ulteriormente raggruppati in 8 macro gruppi. La
valutazione clinica dei sintomi ha permesso di ricavare 43 item distribuiti a loro volta in 6 gruppi: I) sintomi;
II) autogestione della neovescica; III) attività della vita quotidiana; IV) aspetti emotivi; V) aspetti sociali; VI)
sonno e affaticamento.
86° Congresso Nazionale SIU
Tab. 1
SYMPTOMS (5)
Incontinence day time
Incontinence night time
Urinating regularly
Feverish sensations
Difficulty urinating
ACTIVITIES OF DAILY LIVING (7)
Difficulties in carrying light physical activities
Fear of not being close to a toilet when out of home
Limits in drinking liquids
Organizing daily time table
Problems in using public means of transport (buses, plains, etc.)
Level of performance in activity (paid or unpaid worl or chores)
Having to limited activities
NEOBLADDER SELF MANAGEMENT (3)
Neobladder compression/ decompression exercises
Emptying neobladder
Waking-up at night
SOCIAL (11)
Support from family members
Difficulty to get on with people
Giving up leisure activities
Avoiding going out
Fear the others feel smell of urine
Being embarrassad in small places (elevators, etc.)
Feeling different
Fear in meeting new people
Fear of being refused
Avoiding physical contacts with family members
Avoiding sexual relations
SLEEP AND FATIGUE (7)
Sleeping well
Being tired during the day
Waking-up refreshed
Need to rest during the day
Run out of energy easily in doing things
Problems of thinking clearly in doing
things
Having to interrupt activity because of tiredness
EMOTIONAL (10)
Feeling dependent
Adaptation to living with neobladder
Feeling angry because of the condition
Panicking
Feeling irritable
Hopelessness
Fear that cancer enhanced
Worry for the future
Feeling handicapped
Loss of self-esteem
Tab. 2
SLEEP AND TIREDNESS
Risultati
During the last 7 days…
Il questionario è diviso in due parti. La prima parte include tutte le sezioni e gli elementi di cui sopra e
presentato in modo sintetico sulla tabella 1. Il questionario è stato modificato secondo i risultati della ricerca
cognitiva e sulla progettazione visiva di questionari: un esemplare è in tabella 2, che mostra anche il tempo
di riferimento (la scorsa settimana) e quattro sistema di risposta (sempre, a volte, raramente, mai). In questo
progetto gli elementi sono formulati come domande. La seconda parte del questionario appartiene invece
al cosiddetto approccio individualizzato in cui il paziente è libero di esprimere i suoi punti di vista previo una
scala numerica di priorità .
(version A questions)
Alla visita successiva il paziente viene quindi invitato ad indicare in quale percentuale siano stati raggiunti gli
obiettivi, se siano rimasti immutati o siano cambiati nel corso del follow-up.
Discussione
Always

Often

Sometimes

Never

















I slept badly at night..........................................................................




I have been tired during the day ……...............................................




I woke-up refreshed in the morning ……….......................................




Have you slept badly at night?...........................................................
Have you been tired during the day?.................................................
Did you wake-up refreshed in the morning?......................................
(version B statements)
Il nostro studio è il primo a trattare questa tematica. Al momento non esiste un questionario validato per i
pazienti con IONB. Tale studio ha permesso di individuare i domini in cui la QoL è più compromessa e di
redarre un questionario da validare in lingua italiana.
Conclusioni
La prima fase di analisi ci ha permesso di produrre gli elementi utili alla valutazione della QoL nei pazienti
con IONB.
104
105
P105
86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
MASSIMIZZARE IL RISPARMIO DI URETRA FUNZIONALE DURANTE CISTECTOMIA RADICALE CON
CONFEZIONAMENTO DI NEOVESCICA ORTOTOPICA ILEALE IDENTIFICANDO IL VERUMONTANUM
CISTECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA CON CONFEZIONEAMENTO EXTRACORPOREO DI
CONDOTTO ILEALE O URETEROCUTANEOSTOMIA NELL’ANZIANO
G. Pizzirusso, F. Lanzi, F. Gentile, N. Tosi, F. Cecconi, G. De Rubertis, G. Barbanti (Siena)
S. alba, F. Chiaradia, G. Giocoli-Nacci, A. Pagliarulo, A. Venneri-Becci, A. Mastrorosa, V. Pagliarulo (bari)
Scopo del lavoro
Scopo del lavoro è indagare funzionalmente ed oncologicamente il ruolo del verumontanum come
riferimento per il completo risparmio dello sfintere striato in pazienti sottoposti a cistectomia radicale e
sostituzione ortotopica ileale
Scopo del lavoro
La cistectomia radicale con linfoadenectomia estesa pelvica (ePLND) è il gold standard nel trattamento
del carcinoma uroteliale muscolo invasivo della vescica. La complessità della procedura dovuta al tempo
demolitivo ed al tempo ricostruttivo rappresenta un limite nel paziente anziano, spesso affetto da elevata
comorbidità. Scopo del lavoro è dimostare fattibilità e sicurezza della Cistectomia radicale laparoscopica
(CRL) con confezionamento extracorporeo di condotto ileale (CI) o ureterocutaneostomia bilaterale (UCS)
anche in tale categoria di pazienti.
Materiali e metodi
Da Gennaio 2008 a Dicembre 2011 42 pazienti consecutivi sono stati sottoposti a cistectomia radicale
e confezionamento di neovescica ileale ortotopica per carcinoma vescicale clinicamente localizzato.
Sono stati confrontati i dati ottenuti dal riscontro intraoperatorio di mantenimento del verumontanum e
le valutazioni eseguite in corso di follow-up. I dati clinici, chirurgici e di follow-up sono risultati completi
per 37/42 pazienti. L’uretra è stata funzionalmente valutata con studio urodinamico in clino-ortostatismo
ad un follow-up minimo di 12 mesi; una successiva uretrocistoscopia è stata eseguita per confermare le
osservazioni intraoperatorie con l’effettivo mantenimento del verumontanum. La continenza è stata valutata
con questionario ICIQ-SF ai mesi 1, 3, 6 e 12
Risultati
Il follow-up medio (range) è stato di 21.5 (12-41) mesi. In 4/37 (10.8%) casi è stata identificata la presenza
di neoplasia a sede trigonale ed in un caso è stato scoperto un carcinoma prostatico pT2b Gleason 3+3.
Complessivamente, 30/37 (81.1%) pazienti soddisfano i nostri criteri di continenza (≤1 pad/die ed ICIQSF≤2/2/2) nelle ore diurne e 24/37 (64.8%) nelle ore notturne ad un follow-up minimo di 12 mesi. Nei 15/37
(40.5%) pazienti con conservazione del verumontanum (Gruppo A) la continenza è stata raggiunta entro
il primo mese in 2/15 (13.3%) casi Vs 0/22 dei pazienti senza risparmio del verumontanum (Gruppo B),
5/15 (33.3%) Vs 5/22 (22.7%) entro il terzo mese, 0/15 (66.7%) Vs 13/22 (59%) entro il sesto mese ed in
13/15 (86.7%) Vs 16/22 (72.7%) a 12 mesi di follow-up nei gruppi A e B rispettivamente. Il risparmio del
verumontanum è risultato significativo sulla continenza complessiva (p=0.0067) e determinante sul suo
precoce recupero (p
Discussione
Il recupero della continenza in pazienti con neovescica ortotopica rappresenta un outcome funzionale
cruciale. Seppur limitato dal ridotto campione e dall’esiguità degli eventi questo studio ha evidenziato
come il risparmio del verumontanum durante cistectomia radicale e sostituzione ortotopica ileale abbia
determinato elevati tassi di continenza ed un suo rapido recupero
Conclusioni
Il verumontanum può essere considerato un importante repere chirurgico per la salvaguardia della massima
lunghezza dell’uretra funzionale in pazienti sottoposti a cistectomia con sostituzione ortotopica
106
Materiali e metodi
Criteri di inclusione: età > 70 aa, diagnosi istologica di carcinoma vescicale, ECOG performance status
0-3. Criteri di esclusione: carcinoma sincrono dell’alta via urinaria, pregressa irradiazione pelvica,
cistectomia radicale a scopo palliativo. La CRL con ePLND bilaterale è stata eseguita mediante accesso
transperitoneale attraverso 5 trocar. Il pezzo operatorio, dopo introduzione in endo bag, è stato estratto
attraverso un’incisione longitudinale mediana periombelicale di 8 cm, quindi utilizzata, ove indicato, per
il confezionamento del CI, ovvero se controindicato, è stata eseguita UCS. Sono stati valutati parametri
operatori, perioperatori (clinici e patologici), postoperatori a breve termine.
Risultati
Da ottobre 2012 ad aprile 2013, 10 pazienti maschi di età media 75anni (range 71-79) sono stati sottoposti
a CRL. In 7 pazienti è stato eseguito un CI, in 3 pazienti UCS bilaterale. In 8 pazienti è stata eseguita una
ePLND bilaterale. Tempo operatorio medio 225 min (range 170 – 260). Perdite stimate medie 170 ml (150550). Il numero medio di linfonodi rimossi: 17 (8- 26). Sette pazienti all’esame istologico definitivo avevano
un pT2 G3, tre pT3, un solo N+. Nessuno margine chirurgico positivo è stato osservato. Il tempo medio alla
canalizzazione intestinale è stato 2,1 giorni e alla mobilizzazione attiva 2,3 giorni. Sei pazienti sono stati
dimessi in VI giornata P.O., tre in VII P.O., uno in X P.O. Abbiamo osservato tre infezioni di ferita (Grado I
sec. Clavien),una trombosi venosa profonda (Grado II sec. Clavien ) ed un paziente è stato trasfuso (Grado
II sec. Clavien).
Discussione
La cistectomia radicale laparoscopica è una tecnica fattibile e sicura anche nell’anziano nel quale è
auspicabile una chirurgia veloce e mininvasiva. In questi pazienti il condotto ileale confezionato per via
extracorporea non compromette i vantaggi dell’approccio laparoscopico e rappresenta la migliore soluzione
in termini di tipo di derivazione urinaria, tempo operatorio e complicanze a breve termine.
Conclusioni
La cistectomia radicale laparoscopica è una opzione terapeutica alternativa e valida nell’anziano anche con
alta comorbidità.
107
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APPLICAZIONE DEL PROTOCOLLO ERAS (ENHANCED RECOVERY AFTER SURGERY) NEI
PAZIENTI SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA RADICALE: NOSTRA ESPERIENZA
CISTECTOMIA RADICALE CON SERBATOIO VESCICALE ILEALE ORTOTOPICO DOPO
PROSTATECTOMIA RADICALE RETROPUBICA
M. Poggio, E. Calza, G. Cattaneo, C. Fiori, I. Morra, M. Cossu, S. Galotti, F. Gamna, P. Avagnina, A. Tempia,
F. Porpiglia (Orbassano, Itlia)
C. Selli, G. Giannarini, M. De Maria, D. Pistolesi, G. Thalmann (Pisa)
Scopo del lavoro
Il protocollo ERAS [Enhanced Recovery After Surgery -anche conosciuto come “Fast Track”] è una
modalità di approccio al paziente sottoposto ad intervento chirurgico che coinvolge numerose figure
specialistiche atte a garantire una diminuzione delle complicanze da stress chirurgico. Sinteticamente,
le differenze rispetto al protocollo standard consistono in: assenza di preparazione intestinale per os,
anestesia combinata (generale + epidurale senza oppioidi), rimozione del sondino nasogastrico al
termine dell’intervento chirurgico, precoce mobilizzazione (2° GPO) e alimentazione (1° GPO). Lo scopo
di questo studio è confrontare gli outcomes post-operatori dei pazienti sottoposti a cistectomia radicale
con derivazione urinaria gestiti secondo protocollo ERAS e quelli dei pazienti trattati secondo il protocollo
standard.
Materiali e metodi
Abbiamo rivisto retrospettivamente i dati del nostro database istituzionale mantenuto prospetticamente.
Sono stati considerati i dati relativi a 100 pazienti sottoposti a cistectomia radicale con derivazione urinaria
sec. Bricker (Br) o neovescica (NV), (12 donne, 88 uomini) suddividendoli in due gruppi: Gruppo A (n=50)
- pazienti sottoposti ad intervento chirurgico con protocollo standard, nel periodo compreso tra Marzo 2006
e Dicembre 2010 (37 Br, 13 NV); Gruppo B (n=50) - pazienti gestiti nel postoperatorio con protocollo ERAS
nel periodo compreso tra Gennaio 2011 e Marzo 2013 (29 Br, 21 NV). In entrambe i gruppi sono state
valutate le variabili demografiche, durata dell’intervento, tempo necessario alla canalizzazione a gas e feci,
alla mobilizzazione e alla deambulazione, degenza post operatoria. Le complicanze postoperatorie sono
state valutate utilizzando la classificazione di Clavien.
Risultati
. I due gruppi sono risultati comparabili in termini di caratteristiche demografiche. Sono emerse differenze
statisticamente significative tra i due gruppi (A vs B rispettivamente) relativamente a: canalizzazione ai gas
4,01 vs 2,44 giorni (p< 0,001), canalizzazione alle feci 6 vs 4,94 giorni (p= 0,003), mobilizzazione 3,47 vs
1,55 giorni (p< 0,001), deambulazione 5,35 vs 2,88 giorni (p< 0,001) e giorno di dimissione 20,6 vs 14,02
giorni (p= 0,048). Non sono state registrate differenze in termini di complicanze postoperatorie.
Discussione
Nella nostra esperienza, il protocollo è facilmente applicabile nella gestione dei pazienti sottoposti a
cistectomia radicale, pur in assenza di dati di letteratura consolidati.
Conclusioni
I dati che emergono dalla nostra casistica suggeriscono come il protocollo ERAS consenta un miglioramento
degli outcomes postoperatori, in assenza di un evidente incremento delle complicanze postoperatorie
rispetto al protocollo standard.
108
Scopo del lavoro
. La diffusione ed i buoni risultati oncologici e funzionali dell’intervento di prostatectomia radicale pongono
alcuni pazienti a rischio di sviluppare neoplasie vescicali che necessitano di un trattamento chirurgico
radicale. La scelta della derivazione urinaria in questi casi rimane controversa. Riportiamo i risultati
oncologici e funzionali in 4 pazienti sottoposti a cistectomia radicale con serbatoio vescicale ileale ortotopico
dopo prostatectomia radicale retropubica.
Materiali e metodi
Quattro pazienti di età compresa tra 62 e 72 anni, che avevano subito una prostatectomia radicale
retropubica per adenocarcinoma pT2bN0 Gleason score 6 (n=1), pT2cN0 Gleason score 5 e 6 (n=2) e
pT3bN0 Gleason score 7 (n=1) da 2 a 8 anni prima, sono stati sottoposti (n=2 a Pisa, n=2 a Berna) a
cistectomia radicale con confezionamento di serbatoio vescicale ileale ortotopico per carcinoma uroteliale
vescicale non muscolo-invasivo di alto grado (n=3) e muscolo-invasivo (n=1). Le comorbidità consistevano
in diabete mellito (n=3) e cardiopatia ischemica (n=1). Dopo la prostatectomia tre pazienti erano
completamente continenti e uno presentava incontinenza da sforzo grado I. Inoltre tre conservavano attività
sessuale con iniezioni intracavernose di alprostadil e uno non aveva attività sessuale.
Risultati
Con un follow-up da 2.2 a 4 anni dalla cistectomia un paziente è deceduto per progressione del carcinoma
vescicale, gli altri tre sono vivi senza evidenza di malattia. I risultati funzionali sono stati valutati a 2 anni
dalla cistectomia. La continenza urinaria diurna era totale in un paziente, due usavano 1 pad per piccole
perdite, uno presentava incontinenza media. Di notte un paziente aveva solo piccole perdite senza pad,
due usavano 1 pad e uno era incontinente. Quest’ultimo aveva sviluppato una stenosi dell’anastomosi
ileo-uretrale che aveva richiesto un’incisione endoscopica dopo 10 mesi dalla cistectomia, e un successivo
impianto di Advance Male Sling dopo 23 mesi aveva prodotto solo un modesto miglioramento.
Discussione
Nella letteratura mondiale vi è una limitata esperienza con la derivazione continente ortotopica in soggetti
precedentemente sottoposti a prostatectomia radicale retropubica (solo 29 casi). I risultati funzionali
sono discordanti, con un tasso di continenza urinaria diurna intorno al 50% ed un’alta (67%) incidenza
di stenosi dell’anastomosi ileo-uretrale in alcuni centri. L’indicazione ad una derivazione continente
ortotopica va riservata a pazienti motivati che presentino neoplasie vescicali a rischio relativamente basso
di progressione. La dissezione chirurgica della giunzione vescico-uretrale dopo prostatectomia radicale
rappresenta l’aspetto più impegnativo dell’intervento, e solo dopo accurata preparazione dell’uretra si
può decidere se procedere ulteriormente con ragionevole sicurezza al confezionamento di un serbatoio
vescicale ileale ortotopico.
Conclusioni
La neovescica ortotopica può essere propostata a pazienti motivati e continenti dopo prostatectomia
radicale.
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86° Congresso Nazionale SIU
LE COMPLICANZE DELLA CISTECTOMIA TOTALE (RC) NEI PAZIENTI ANZIANI (>80 ANNI) CON
CARCINOMA DELLA VESCICA: COME RIDURLE. ESPERIENZA A LUNGO TERMINE DI UN SINGOLO
CENTRO
G. de luca, M. Gavioli, G. Peracchia, M. Viola, G. Verrini, G. Simonini, A. Romano, M. Foresio, M. Brausi
(CARPI)
Scopo del lavoro
La RC è il trattamento di scelta per i carcinomi infiltranti della vescica e/o per tumori NMI refrattari al BCG.
La percentuale di complicanze anche in centri di eccellenza raggiunge il 50 % e nei pazienti anziani >
80 anni può superare il 70%.Obiettivo dello studio è stato valutare se modificando 4 punti: preparazione
del paziente (fast track, team multidisciplinare), intervento chirurgico (standard vs intervento minivasivo,
extraperitoneale), Terapia Intensiva (TI) Post-op (sempre vs al bisogno), follow-up (standard ambulatoriale
vs dedicato-ravvicinato) la mortalità e le complicanze potevano essere ridotte
Materiali e metodi
Dal 2000 al 2007 105 pazienti di > 80 anni hanno ricevuto RC con derivazione urinaria per ca vescicale
presso il nostro centro. Età media: 83.2, Sesso: 73M/32F. ASA score: ASA 2 = 21/105 (20%), ASA III =
55/105 (52.4%), ASA IV = 29/105 (27.6%) Dal 2000 al 2005 la RC è stata eseguita con preparazione
standard e senza valutazione pre-op multidiscliplinare, intervento e follow-up standard., TI al bisogno
in 57 pazienti (Gruppo 1) .Dal 2005 al 2012 48 pazienti sono stati preparati all’intervento da un team
multidisciplinare, hanno seguito “fast track” , l’intervento è stato mininvasivo, extraperitoneale, TI sempre
(1 o > 1 gg), follow-up ravvicinato (1 mese Post-op) e dedicato(Gruppo 2).I parametri di valutazione sono
stati: Mortalità (primi 30 gg) e percentuale di complicazioni, mediche e chirurgiche, degenza media, perdite
ematiche.Stadio patologico: T1s + T1 11/105 (10.4%), T2b 15/105 (14.3%), T3a 24/105 (22.8%), T3b
37/105(35.2%) T4 18/105(17.1%). 23/105 pazienti (22%) erano N+ (pT3-T4). Lo stadio di malattia era
bilanciato nei due gruppi, così come l’ASA.
Risultati
Follow-up medio:46.5 mesi (24-96).Mortalità:Gruppo1=4.7% vs 3.8% nel Gruppo 2. Mortalità a seconda
dell’utilizzo della TI: 1,7% sempre vs 12% al bisogno.Degenza media:14.5 gg in Gruppo 1 vs 12.5 gg in
Gruppo 2. Complicazioni: Gruppo 1 = 54.5% ( mediche 34.5%, chirurgiche 20%. re-interventi = 8.3%)
Gruppo 2 = 36.8% ( mediche 22.4%, chirurgiche 14.4%. Re-interventi = 3.5%). Complicazioni secondo
ASA: ASA II 11.8%, ASA III 50%, ASA IV = 38%. Complicazioni chirurgiche secondo la derivazione:
Ureterocutaneostomia = 2.3% vs Bricker = 8.3% .Perdite ematiche medie durante RC: Gruppo 1 = 780cc
Gruppo 2 = 350cc
Discussione
Nei pazienti anziani >80 anni con carcinoma della vescica l’intervento di RC è indicato. La sopravvivenza
globale a 3 anni è del 40% mentre la sopravvivenza malattia specifica è del 50%. La qualità di vita di questi
pazienti (testata con questionarioEORTC Q30) migliora significativamente.
Conclusioni
La preparazione del paziente all’intervento di RC con approccio multidisciplinare, l’intervento di RC
minivasivo- extraperitoneale, l’utilizzo routinario della TI post-op e lo stretto Follow-up sono condizioni
importanti per ridurre la mortalità, e le complicazioni nei pazienti di > 80 anni che ricevono la RC per
carcinoma della vescica.
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86° Congresso Nazionale SIU
IMPATTO DELLA DERIVAZIONE URINARIA SULLA SOPRAVVIVENZA CANCRO-SPECIFICA NEI
PAZIENTI AFFETTI DA NEOPLASIA VESCICALE CON RISCONTRO PATOLOGICO DI LINFONODI
POSITIVI
Obiettivo: valutare l’impatto della derivazione urinaria sulla sopravvivenza cancro-specifica (CSS) nei
pazienti affetti da neoplasia vescicale muscolo-invasiva sottoposti a cistectomia radicale (RC) con riscontro
patologico di linfonodi positivi (N+).
Methods: sono stati valutati retrospettivamente 210 pazienti consecutivi sottoposti a RC per neoplasia
vescicale-muscolo infiltrante nel nostro Istituto tra il 1999 ed il 2011, nei quali è stata riscontrata all’esame
istologico definitivo positività linfonodale. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a derivazione urinaria con
ureteroileocutaneostomia o neovescica ileale ortotopica. I dati clinici e patologici completi (incluso la stadio
il grado, l’età, il sesso, il tipo di derivazione) ed il follow-up erano disponibili per 133 patients (63%). La CSS
è stata valutata mediante metodo di Kaplan-Meier. Le analisi uni e multivariate (Cox regression) sono state
utilizzate per verificare l’impatto della derivazione sulla CSS.
Risultati: l’età media 68.2 yr (median: 68; range: 48-87). Di 133 patients, 24 (18%) erano femmine e 109
(82%) erano maschi. Tutti i pazienti presentavano malattia transizionale ad alto grado. Lo stadio patologico
era pT2, pT3 and pT4 in 21 (15.7%), 69 (52%) e 43 (32.3%) pazienti rispettivamente. Lo stadio patologico
dei linfonodi (in accordo con la Sixth Edition of TNM classification) era pN1 in 43 (32.4%), e pN2 in 90
(67.6%). Una ureteroileocutaneostomia è stata eseguita in 72 (54.2%) pazienti, una neovescica ileale
ortotopica in 61 (45.8%). Il follow-up medio è stato di 71 months (median: 51; range 1-125). La 5-year
CSS è stata pari a 55.7%. Stratificando le analisi sulla base della derivazione urinaria la 5-year CSS è stata
pari a 56.3%, 54.7% per la ureteroileocutaneostomia e la neovescica ileale ortotopica, rispettivamente. Alla
analisi multivariata sia l’età (HR 1.03, p=0.01) che il numero di linfonodi positivi (HR 1.04, p=0.02) erano
associati ad una peggiore CSS. Dopo correzione per i possibili fattori di confondimento, le due derivazioni
presentavano una simile CSS (p=0.9). Nessuna differenza statisticamente significativa è stata osservata
nelle rimanenti varibili in esame (all p>0.2).
Discussione: nei pazienti affetti da neoplasia vescicale muscolo-infiltrante con linfonodi positivi il tipo di
derivazione urinaria con sembra avere un significativo impatto sulla sopravvivenza cancro-specifica.
Conclusioni: questi risultati dovrebbero essere considerati al momento della scelta della derivazione
urinaria nei pazienti con linfondi positivi.
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86° Congresso Nazionale SIU
ANALISI DELLE VARIANTI RARE DEL CARCINOMA A CELLULE UROTELIALI DELLA VESCICA NEI
PAZIENTI SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA RADICALE: IMPATTO SULLA PROGNOSI
Tommaso Cai1, Daniele Tiscione1, Giorgio Pomara2, Paolo Verze3, Marco Racioppi4, Gabriella Nesi5, Maurizio
Brausi6, Mauro Gacci7, Paolo Gontero8, Francesco Francesca2, Fabio Campodonico9, Alchiede Simonato10,
Savino Di Stasi11, Renzo Colombo12, Vincenzo Serretta13, Giorgio Carmignani10, Gianni Malossini1, Massimo
Maffezzini9, Vincenzo Altieri14, Marco Carini7, Carlo Terrone15, Cesare Selli16, PierFrancesco Bassi4, Vincenzo
Mirone3 and Riccardo Bartoletti17
Affiliation
1 - Department of Urology, Santa Chiara Regional Hospital, Trento, Italy.
2 - Urology Unit, Department of Endocrinology, S. Chiara Hospital, Pisa, Italy.
3 - Department of Urology, University Federico II, Naples, Italy.
4 - Department of Urology, University of Sacro Cuore, Policlinico Gemelli, Rome, Italy.
5 - Department of Pathology and Oncology, University of Florence, Italy.
6 - Department of Urology, New S. Agostino and Estense Hospital, Modena, Italy.
7 - Department of Urology, Careggi Hospital, University of Florence, Florence, Italy.
8 - Department of Urology, University of Turin, Turin, Italy.
9 - Urology Unit, Department of Specialty Surgery, EO Ospedali Galliera, Genoa, Italy.
10 - Department of Urology ‘L. Giuliani’, University of Genoa, Genoa, Italy.
11 - Department of Surgery/Urology, Tor Vergata University, Rome, Italy.
12 - Department of Urology, University Vita-Salute, Milan, Italy.
13 - Section of Urology, Maternal-Infant, Andrology and Urology Department, University of Palermo, Italy.
14 - Department of Urology, University of Salerno, Salerno, Italy.
15 - Division of Urology, ASO Maggiore della Carità University Hospital, University of Eastern Piedmont.
16 - Department of Urology, University of Pisa, Pisa, Italy.
17 - Department of Urology, Santa Maria Annunziata Hospital, University of Florence, Florence, Italy.
Introduzione ed obiettivi
Il carcinoma uroteliale muscolo-invasivo della vescica ha una costituzionale propensione alla differenziazione
verso altre varianti istologiche più rare. Negli ultimi anni abbiamo assistito, inoltre, ad un aumento della
prevalenza di queste varianti istologiche a causa di un più diffuso utilizzo di tecniche di immunoistochimica.
Alcuni autori hanno anche ipotizzato che queste varianti rare, seppur con casistiche esigue, hanno
una prognosi peggiore quando confrontate con il carcinoma uroteliale puro. Scopo di questo studio è
la valutazione dell›impatto delle diverse varianti istopatologiche del carcinoma uroteliale della vescica
sulla sopravvivenza dei pazienti sottoposti a cistectomia radicale, attraverso uno studio osservazionale
multicentrico.
Materiali e Metodi
Tutti i campioni patologici di cistectomia radicale, raccolti dal Gennaio 2000 al Dicembre 2009, sono stati
revisionati da patologi dedicati al fine di trovare le varianti istologiche rare del carcinoma uroteliale della
vescica. Sono stati raccolti, retrospettivamente, tutti i dati clinici, patologici e strumentali al momento della
cistectomia radicale ed al follow-up (Marzo 2013). Il major outcome measure era lo status al termine del followup. Abbiamo eseguito un’analisi multivariata al fine di valutare l’impatto di ogni fattore sulla prognosi ed è stata,
inoltre, utilizzata l’analisi della sopravvivenza attraverso le curve di Kaplan Meier.
Risultati e Limiti
Nel periodo dello studio, da 17 Centri Italiani, sono state raccolte 368 varianti rare del carcinoma uroteliale
della vescica da 3.392 cistectomie radicali. La prevalenza è stata del 10,8%. Analisi patologica ha
mostrato: 104 carcinomi a cellule squamose, 35 carcinomi micropapillari, 35 carcinomi a cellule chiare, 32
adenocarcinomi, 26 carcinomi a piccole cellule, 69 carcinomi con differenziazione sarcomatoide, 6 nested
type, 17 linfoepiteliomi, 21 carcinomi a cellule giganti e 23 indifferenziati. Inoltre, abbiamo trovato 11 pT1, 46
pT2, 76 pT3a, 40 pT3b, 195 pT4 e 36 N1, N2 41, 28 N3. 16 hanno, inoltre, mostrato un Cis associato. 46
pazienti su 368 erano stati sottoposti a chemioterapia adiuvante. Ad un follow-up medio di 116,3 mesi (da 19
a 121), 73 erano vivi e liberi da malattia, 59 vivi ma con progressione di malattia e 236 morti per la malattia
(sopravvivenza media tempo di 11,5 mesi). La differenziazione squamosa è risultata la variante più comune ed
è stata correlata con il più alto grado e stadio (r = 0.79, r = 0.81, rispettivamente, p <0.003). Inoltre, la variante
con differenziazione sarcomatoide ha mostrato la prognosi peggiore.
Discussione
Il presente studio mette in evidenza che le varianti patologiche rare del carcinoma uroteliale della vescica
sono specifiche entità cliniche e patologiche da tenere assolutamente in considerazione, poiché sono
caratterizzate da una storia naturale specifica. Inoltre, abbiamo evidenziato che il carcinoma della vescica con
differenziazione sarcomatoide mostra la prognosi peggiore.
Conclusione
Il presente studio raccoglie il maggior numero di casi di varianti patologiche rare del carcinoma uroteliale della
vescica e mette in evidenza che queste entità patologiche hanno una specifica storia naturale molto diversa
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86° Congresso Nazionale SIU
IL TIPO DI DERIVAZIONE URINARIA ( CONDOTTO ILEALE vs NEOVESCICA) HA UN’INFLUENZA SULLA
MORBILITA’ DOPO CISTECTOMIA RADICALE?
ANALISI COMPARATA SU 134 PAZIENTI.
Obiettivo
Confrontare la morbidità di un condotto ileale (IC) con quella della neovescica (NB) eseguite dopo
cistectomia radicale (RC).
Materiali e metodi
Nel nostro istituto sono stati raccolti i dati di più di 400 pazienti sottoposti a cistectomia radicale tra il 2001 e
il 2011, creando quindi un database retrospettivo.
L’indicazione all’esecuzione della cistectomia radicale ha seguito le linee guida; in tutti i casi si è proceduto
con la tecnica standard attraverso un accesso laparotomico.
L’IC è la derivazione urinaria standard, preferendo confezionare una NB (vescica ileale padovana, VIP),
nei pazienti con tumori <= cT2/T3a senza il coinvolgimento dell’uretra prostatica e nei pazienti giovani e in
buona salute.
Per questo studio sono stati analizzati 223 pazienti sottoposti a RC con successiva IC e 115 pazienti con
NB. Tenendo in considerazioni i seguenti parametri (età,sesso, fumo, Charlson Comorbidity Score, uso
di antiaggreganti o di terapia anticoagulante orale, ASA score, la presenza di idroureteronefrosi, stadio T
e l’esecuzione di una linfoadenectomia), attraverso un modello di regressione logistico, è stato generato
un Propensity score, che ha reso possibile eseguire un confronto diretto fra i due gruppi di pazienti aventi
caratteristiche pressoché uguali.
E’ stata quindi comparata la morbilità intra e post-operatoria tra i due gruppi.
Risultati
Sono stati selezionati 134 pazienti, 67 sottoposti a NB, 67 a IC e confrontati fra loro in accordo ai parametri
sopra citati.
La tabella riassume il confronto tra i fattori presi in considerazione (pts-pazienti).
Discussione
Generalmente, la NB non viene proposta ai pazienti con molteplici comorbidità, per paura delle
complicanze, e neppure in pazienti con malattia in stadio avanzato, data la possibilità di dover necessitare
in un secondo momento di una radioterapia del distretto pelvico.
Quindi, l’indicazione alla derivazione urinaria versus neovescica è strettamente correlata alle caratteristiche
del paziente e della malattia; come indirettamente ha mostrato la selezione, su 223 pazienti con IC e 115
con NB, è stato possibile fare un confronto solo su 134 pazienti.
Nello studio presentato, usando una match pair analysis, abbiamo potuto generare 2 gruppi di pazienti
con caratteristiche pre-operatorie ed estensione della malattia pressoché uguali, che differiscono
esclusivamente per il tipo di derivazione urinaria eseguita (IC vs NB) . Il confronto dell’outcome postoperatorio dimostra che, sotto le stesse condizioni, la morbidità dell’IC e della NB si sovrappongono, ad
eccezione della durata del ricovero. Tale dato risulta maggiore per la NB, probabilmente in ragione della
nostra scelta di dimettere I pazienti solo dopo la rimozione del catetere vescicale, che viene mantenuto in
sede per almeno 2 settimane.
Conclusioni
La morbilità per RC non sembra essere dipendente dalla scelta di eseguire IC vs NB.
dalla variante uroteliale pura, con risvolti importanti sulla prognosi dei pazienti.
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86° Congresso Nazionale SIU
IC
male gender
86.6% (58/67)
P113
NB
85.1% (57/67)
p
1.000
age
63.9+/-8.8 yrs
63.5+/-6.7 yrs
0.767
ex
23.9% (16/67)
22.4% (15/67)
0.976
smoking
no
43.3% (29/67)
44.8% (30/67)
yes
32.8% (22/67)
32.8% (22/67)
ASA class
0.750
1
1.5% (1/67)
0
2
55.2% (37/67)
52.2% (35/67)
3
40.3% (27/67)
44.8% (30/67)
4
3.0% (2/67)
3.0% (2/67)
preoperative
hydronephrosis
19.4% (13/67)
22.4% (15/67)
0.832
anticoagulant/
antiaggregant
therapy
20.9% (14/67)
20.9% (14/67)
1.000
0
37.3% (25/67)
37.3% (25/67)
1
23.9% (16/67)
19.4% (13/67)
>1
38.8% (26/67)
43.2% (29/67)
Charlson index
pT3-4
LAD
0.718
38.8% (26/67)
98.5% (66/67)
40.3% (27/67)
98.5% (66/67)
1.000
1.000
86° Congresso Nazionale SIU
SIGNIFICATO CLINICO DELLE CELLULE TUMORALI CIRCOLANTI NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A
CISTECTOMIA RADICALE PER CARCINOMA DELLA VESCICA: RISULTATI A LUNGO TERMINE
A. salerno, P. Ancona, R. Spadavecchia, G. De Rienzo, A. Pagliarulo, V. Pagliarulo (bari)
Scopo del lavoro
Ad oggi non esistono biomarcatori cinicamente validi per definire il rischio di progressione del tumore di
vescica.Sappiamo che la cistectomia radicale è il trattamento di elezione dei carcinomi uroteliali localmente
avanzati,ma che circa il 50% dei pz con stadio pT2-4 sviluppa metastasi a distanza entro 2 anni dalla
chirurgia.Nella nostra esperienza l’espressione di cellule tumorali circolanti (CTC) nel sangue periferico dei
pazienti ad alto rischio di progressione si è già rivelata utile nell’individuare i pazienti a più alto rischio di
malattia sistemica.Riportiamo i risultati dopo un follow-up a lungo termine.
Materiali e metodi
La popolazione oggetto di studio è rappresentata da 59 pazienti sottoposti a cistectomia radicale per
neoplasia vescicale di vari stadi patologici,prospetticamente monitorati.Dal sangue periferico di questi
pazienti,prelevato previo consenso informato,prima della chirurgia e crioconservato a -80°C,è stato estratto
RNA con soluzione TRIZOL secondo specifico protocollo.Su tale RNA è stata successivamente eseguita
RT-PCR utilizzando primers specifici per citokeratina 7 (CK7) e uroplakina II (UPII).I pazienti positivi a tali
reazioni sono stati definiti CTC+.Abbiamo correlato la percentuale di CTC+ deceduti per cancro rispetto a
quelli deceduti per altre cause.Il test statistico utilizzato è stato chi-quadro non parametrico.
Risultati
Ad un follow-up medio di 90 mesi,dei 59 pazienti in esame,35(59.32%)sono deceduti e di questi 27(45.76%)
per tumore vescicale e 8 per altre cause.Dei CTC+(21/59),solo un paziente è risultato vivo senza malattia.
Infatti,17/27 pazienti deceduti per tumore erano anche CTC+(62.96% CI 0.62+/-0.07),mentre 3/8 pz
deceduti per altre cause presentavano CTC nel sangue periferico(37.50% CI 0.37+/-0.12).Tale differenza è
risultata statisticamente significatica (p
Discussione
Nella nostra esperienza, dopo un follow-up a lungo termine, la presenza di CTC nel sangue periferico di
pazienti affetti da neoplasia localmente invasiva ma non ancora sistemica, correla molto bene con lo stadio
della malattia e con l’outcome clinico.
Conclusioni
L’utilizzo delle CTC nella pratica clinica potrebbe essere d’aiuto ad individuare quei pazienti che possono
beneficiare di un trattamento sistemico precoce.
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86° Congresso Nazionale SIU
Risultati cosmetici e sessuali nella cistectomia radicale laparoscopica con assistenza transvaginaleNOTES
Giovannalberto Pini, Stefano Alba, Vincenzo Maria Altieri, Ascalone Luigi, Paolo Fornara and Francesco
Greco
Reparto di urologia e centro trapianti renale, Università Martin-Lutero Halle/Wittenberg, Halle/Saale,
Germania
OBBIETTIVO:
Valutare in risultati cosmetici e la soddisfazione sessuale postoperatoria in seguito a cistectomia radicale
laparoscopica (LRC) con assistenza transvaginale (Tv) in pazienti affette da carcinoma uroteliale della
vescica.
MATERIALI E METODI:
Da Dicembre 2011 e Giugno 2013, 7 pazienti affette da carcinoma della vescica muscolo invasivo non
metastatico (MITCC) o ad alto rischio (pT1G3+CIS) sono state sottoposte a TV-LRC. Il gruppo è stato
accoppiato per età, body mass index, numero di parti, ASA Score, indice di coomorbidità Charlson,
stadiazione patologica e grading con due gruppi controllo di pazienti sottoposti a cistectomia radicale open
(ORC: 10 pazienti) e laparoscopica (LRC: 10 pazienti).
Sono state ricavate le varibilie demografiche e perioperatorie e la soddisfazione cosmetica e sessuale
(Femaul Sexual Function Index – FSFI) postoperatoria.
RESULTATI:
Il tempo operatorio medio, il giorno di mobilizzazione e di dimissione ed il numero di linfonodi rimossi sono
risultati comparabili. Le perdite ematiche sono state minori in Tv-LRC e LRC rispetto a ORC (p.02). La
Tv-LRC non ha presentato infezioni o fistole vaginali e le complicanze sono state comparabili con gli altri
gruppi. Alla dimissione il dolore postoperatorio medio (VAS-Visual analogue score) (Tv-LRC: 2,0±0,8)
è stato comparabile in tutti i gruppi (p.54). La soddisfazione cosmetica nel Tv-LRC (Tv-LRC: 3,4±0,5) è
risultata superiore alla ORC (1,8±0,8; p.012) e alla LRC (2,6±0,5; p0.32). Con un follow up differente (TvLRC: 10,3±1,7; ORC: 38.2±15,1; LRC:21,4±7,1; p.02) tutte le pazienti sono vive senza segni di recidiva
e assenza di metastasi vaginali e in sede di porte d’accesso. Le pazienti sessualmente attive sono state
5,7e 7 in Tv-LRC, ORC e LRC con una riduzione significativa (p.03) dell’indice-FSFI di 5,1±1,5, 6,7±1,3 e
5,5±0,9. In particolare si è mostrata una riduzione spiccata della capacità orgasmica e lubrificatoria, mentre
la capacità eccitatoria è stata conservata e non si è assenza di dispareunia.
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LAPAROSCOPIC AND ROBOT-ASSISTED RADICAL CYSTECTOMY AND URINARY DIVERSION:
G. zeccolini, D. Del Biondo, S. Ricciardulli, A. Celia (Bassano del Grappa)
Aim of the study
Laparoscopic radical cystectomy with intra or extracorporeal urinary diversion is still technically challenging
for urologists, even with a long experience in laparoscopy. This technique was proved to be feasible and
now it is approaching standardization. We describe our experience with this procedure in 45 patients,
focusing on the results and complications, according to Clavien classification system revised by Dindo.
Materials and methods
From March 2006 to January 2013, 50 Patients (38 men and 12 women) underwent laparoscopic radical
cystectomy (LRC) with extracorporeal urinary diversion (UD) for transitional cell carcinoma of the bladder.
The last 15 ones had robot-assisted laparoscopic radical cystectomy (RRC). 20 patients received
ortotopic neobladders (10 VIP, 8 Y, 1 Camey II and 1 Reddy), 25 ileal conduit (Bricker and Wallace) and
5 ureterostomy. Here we report our experience with this technique with special concern to the technical
points that may make the procedure more feasible and reproducible and focusing on the results and the
complications.
Results
The mean total operative time was 370 minutes for the LRC including extended pelvic lymphadenectomy
and 440 minutes for the RRC, including pelvic lymphadenectomy. The mean operative time for
laparoscopic cystectomy was 142 minutes, the mean blood loss was 407 ml. ASA score was third grade
in the most patients. About half of the patients had complications of type I by Clavien, such as fever and
pain. The transfusion rate was 28.9% (Clavien II). 23/50 Patients (46%) had complications of Clavien
IIIa (wound dehiscence 12%, abdominal pain 12%, dyspnea 8%, pain in the leg 8%, pelvic lymphocele
4%, hematemesis 2%). One patients (2%) had urinary leakage due to accidental removal of a ureteral
stent, managed surgically; 8 (16%) underwent laparotomy: five because of leakage from the intestinal
anastomosis and three because of retroperitoneal hematoma (Clavien IIIb). 2 Patients (4%) had respiratory
failure (Clavien IVa). 2 patients (4%) had multi-organ dysfunction (Clavien IVb) and 1 Patient (2%) died in
the postoperative period due to fecal fistula and septicemia (Clavien V). In only one case the procedure
for cystectomy needed conversion from laparosocopy to laparotomy. The patients were dismitted after 12
average days (range 7-25) The histopathological analysis revealed no residual malignancy after TURB in
20% of patients, organ confined transitional cell carcinoma in 57.6% and locally advanced disease in 22.1%.
All patients had negative surgical margins. Extended lymphadenectomy (18 lymphonode average) detected
lymph node metastasis in seven patients.
Discussion
Laparoscopic-assisted radical cystectomy is feasible and reproducible procedure with oncological results
and complication rate equivalent to open procedure, but with the advantages of minimally invasive surgery.
Conclusions
It is still technically challenging and must be confined to centers with long experience in laparoscopy.
CONCLUSIONE
L’approccio transvaginale è una opzione miniinvasiva potenzialmente eseguibile in caso di LRC e donne
giovani multipare. Sembra migliorare il risultato estetico, non è relazionato a complicazioni vaginali o
aumentato rischio di “seeding” metastatico e non influenza direttamente la funzionalità sessuale, pittosto
peggiorata dalla cistectomia di per se. Una selezione accurata delle pazienti è fondamentale.
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CISTECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA ROBOT-ASSISTITA NEL TRATTAMENTO DEL
CARCINOMA VESCICALE INVASIVO: LA NOSTRA ESPERIENZA.
F. Gaboardi, S. Ranzoni, V. Varca, A. Granata, F. Scieri, F. Pietrantuono, A. Gregori, G. Incarbone, A.
Romanò (Milano)
Scopo del lavoro
La cistectomia radicale open rappresenta il trattamento chirurgico standard per il carcinoma vescicale
infiltrante e in casi selezionati di carcinoma non invasivo refrattario alle terapia intravescicali. La tecnica
laparoscopica robot-assistita è un’opzione terapeutica sempre più impiegata. Riportiamo i risultati della
nostra esperienza.
Materiali e metodi
Dal 6/2011 al 4/2013 21 pazienti (16 maschi e 5 donne) sono stati sottoposti a cistectomia radicale
laparoscopica robot-assistita per carcinoma vescicale (pregressa diagnosi di T1G3 in 6 casi,di T2 in 14 e in
uno, precedentemente sottoposto a prostatectomia radicale, sospetta infiltrazione vescicale da neoplasia
prostatica). L’età media dei pazienti era 62,5 anni (range 50-83). Le comorbilità presenti erano: cardiopatia
ischemica (n:1), vasculopatia (2), ipertensione arteriosa (9), diabete mellito (2), BPCO (2), obesità (1);
pregressa chirurgia addominale (4). Nella tabella 1 sono elencate le procedure e le derivazioni effettuate;
tutti i pazienti sono stati sottoposti a linfoadenectomia pelvica estesa.
Risultati
I tempi operatori totali medi sono stati di 342 minuti (range 210-478) e le perdite ematiche medie sono state
di 350 ml (range 50-1000).Non si sono verificate complicanze intraoperatorie. La degenza è stata di 17.1
giorni (range 9-37). I giorni in Terapia Sub- Intensiva sono stati 0.9 (range0-3). La ripresa dell’alimentazione
è avvenuta in media in 8° giornata. Il n. medio di trasfusioni di emazie è stato 0.4 (range 0-4). L’esame
istologico ha diagnosticato un ca. uroteliale in 20 pazienti (v.tab. 2); un caso è risultato positivo per
carcinoma scarsamente differenziato con immunoistochimica positiva per adenoca. prostatico. Il n. medio
di linfonodi asportati è stato 19.4 (range 12-36) e in 3 casi positivi per metastasi.E’ stato riscontrato un
margine chirurgico positivo a livello della sezione uretrale solo in una paziente che successivamente è stata
sottoposta a uretrectomia . Il follow up medio è di 10 mesi (range 2-22). 4 pazienti sono stati sottoposti a
chirurgia entro 30 giorni per deiscenza della ferita chirurgica (n: 3) e per occlusione intestinale (n:1); in un
caso è stata applicata una nefrostomia per riscontro di stenosi dell’anastomosi uretero-ileale.
Discussione
La cistectomia radicale laparoscopica robot-assistita combina la mini-invasività della laparoscopia con i
vantaggi tecnici legati all’impiego del robot. I nostri risultati iniziali sono stati incoraggianti, con una bassa
percentuale di complicanze peri-operatorie e di margini chirurgici positivi. Il follow up è a breve termine e
sono necessari ulteriori dati per confermare la validità dei risultati oncologici iniziali.
Conclusioni
La cistectomia radicale laparoscopica robot-assistita rappresenta un’opzione chirurgica fattibile e
promettente per il trattamento del carcinoma vescicale; sono necessari risultati a lungo termine e una più
ampia casistica per confermarne i vantaggi e l’efficacia oncologica e funzionale.
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MINIMALLY INVASIVE INTRACORPOREAL URINARY DIVERSION AFTER ROBOTIC RADICAL
CYSTECTOMY IN PATIENTS WITH TRANSITIONAL CELL CARCINOMA OF THE BLADDER
ANGIOPLASTICA PERCUTANEA TRANSLUMINALE (PTA) E STENTING NELLE STENOSI
DELL’ARTERIA RENALE POST TRAPIANTO (TRAS): ESPERIENZA MONOCENTRICA
R. Nucciotti, F. Costantini, F. Mengoni, F. Viggiani, A. Bragaglia, M. Gnech, G. Passavanti, R. Ponchietti, C.
Brunettini, V. Pizzuti (Grosseto)
E. DATTOLO, V. Li Marzi, M. Marzocco, C. Paoletti, N. Stomaci, G. Santoro, D. Villari, G. Nicita (FIRENZE)
Scopo del lavoro
Robot-assisted radical cystectomy (RARC) and laparoscopic radical cystectomy (LRC)are becoming
increasingly widespread for the treatment of bladder tumor. We present our technique of intracorporeal
urinary diversion and present oncological and functional outcomes focusing specifically on the oncological
parameters and comorbidity of the procedures.
Materiali e metodi
Single hospital case series from 2009 to 2012 including 46 selected patients with high grade and/or muscle
invasive urothelial cancer of the bladder without clinical evidence of limph-node involvement and an
American Society of Anesthesiologists (ASA) score < 4. Group A (N=31) underwent robotic intracorporeal
neobladder after robotic radical cystectomy, whereas group B (N=15) anderwent laparoscopic ileal conduit
after laparoscopic cystectomy. The two group were demographically comparable. We evaluated the mean
age, clinical stage, operative time, blodd loss, intracorporeal complication and trasfusion, type of diversion,
time of catheterization, analgesic consumption, start of oral nutrition, rate of postoperatorive complication,
lenght of hospital stay, pathologic diagnosis of the specimen, number of lymph nodes removed, and the
oncologic outcome.
Risultati
The mean operative time was 320 minutes (range: 280-380 minutes) for group A and 280 minutes (range:
260-310minutes) for group B. The mean blood loss was 640 mL (range: 370-810 mL) in group A and 410 mL
(range: 300-650 mL) in group B. The mean of lymph nodes removed was 18 (range: 16-21) for group A and
13 (range: 11-16) for group B. Five patients were diagnosed with positive lymph nodes. Surgical margins
were clear in all but one patient. Early complications occurred in 8 patients. Median postoperative stay was
14 d (range: 12-18).
Scopo del lavoro
Le TRAS incidono dall’1,8 al 25%. Possono causare ipertensione arteriosa e riduzione della funzionalità
renale. Scopo dello studio è la valutazione retrospettiva della nostra esperienza.
Materiali e metodi
L’esame ecocolordoppler a 269±636 giorni dall’intervento ha evidenziato TRAS in 74(8,9%) su 828 trapianti.
In 56 casi si è eseguita angiografia selettiva, in 51 PTA e STENTING e in 1 PTA. In 4 casi non sono state
necessarie manovre endoluminali. Nel 60% dei casi la TRAS era situata nel tratto prossimale dell’arteria
renale. I valori della pressione arteriosa, creatininemia, GFR e i parametri Vmax e IR dell’ecocolordoppler
sono stati valutati prima e dopo il trattamento. Il follow up medio è stato 1997±1765 giorni.
Risultati
In 1(1.9%) caso su 51 un’importante complicanza emorragica durante la procedura ha richiesto l’espianto
immediato del rene. Una re-stenosi si è verificata in 8(17%) casi; 4 ritrattati con PTA, 2 PTA e STENTING
e 2 con terapia medica. L’ecocolordoppler di controllo ha mostrato riduzione della Vmax da 336,5±80,9 a
159,65±59,1 cm/sec(P
Discussione
L’ecocolordoppler è l’esame di scelta per la diagnosi di TRAS. L’angiografia conferma la diagnosi e
consente, con bassa incidenza di gravi complicanze, l’efficace trattamento con PTA ed eventuale stenting.
Conclusioni
Nel nostro centro la PTA con stenting è la terapia di elezione delle TRAS critiche.
Discussione
The numbers of robotic series are still limited. However, various technical procedures have been described
concerning both the radical cystectomy (radical cystoprostatectomy, nerve sparing and prostate sparing
cystectomy and anterior exentration) and the type of urinary diversion (ileal conduit, continent pouch and
neobladder). Benefits include decreased blood loss and decreased pain which would finally translate in early
recovery and faster return to normal activities especially in patients with peri-operative morbidity including
the obese and elderly.
Conclusioni
Laparoscopy/robotic assisted radical cystectomy and minimally invasive intracorporeal urinary diversion is
a safe procedure, like open surgery, but it offers the advantage of minimal invasiveness, represented by
reduced analgesic consumption and early recovery of peristalsis with rapid oral nutrition.
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THE MANAGEMENT OF URETERO-PELVIC JUNCTION (UPJ) SYNDROME IN KIDNEY
TRANSPLANTATION: A RETROSPECTIVE TRIAL.
LE CARATTERISTICHE CLINO-PROGNOSTICHE DEL CARCINOMA A CELLULE RENALI INSORTO
NEI RENI NATIVI DEI PAZIENTI TRAPIANTATI DI RENE: UNO STUDIO CASO-CONTROLLO
A. Bosio, E. Dalmasso, F. Lasaponara, E. Alessandria, G. Pasquale, O. Sedigh, B. Frea (Torino)
M. Sodano, L. Cristinelli, N. Arrighi, S. Sandrini, C. Simeone, S. Cosciani Cunico, A. Alessandro (Brescia)
Aim of the study
A post-operative uretero-pelvic junction (UPJ) syndrome occurs in about 1% of renal transplants. When a
diagnosis is done before kidney transplantation a corrective bench surgery should be considered. The aim
of our study is to identify the optimal management of UPJ syndrome when it is clinically diagnosed after
kidney transplantation.
Scopo del lavoro
I pazienti trapiantati di rene hanno un elevato rischio di sviluppare neoplasie, ad oggi la seconda causa di
morte nei trapiantati, ed in particolare è stata dimostrata un’elevata incidenza di neoplasie renali dei reni
nativi. Tra le cause identificate le più importanti sono la terapia immunosoppressiva, il periodo trascorso
in dialisi prima del trapianto e la degenerazione cistica dei reni nativi (ACKD). Lo scopo di questo lavoro è
quello di analizzare le caratteristiche clinico-prognostiche del tumore a cellule renali che insorge nei pazienti
trapiantati, confrontandolo con la neoplasia renale che insorge nei pazienti non trapiantati.
Materials and methods
We have retrospectively analyzed the data of the 1412 renal units transplanted from 1999 to 2010 in the
Kidney Transplantation Center of Turin. Lich-Gregoir uretero-vesical anastomosis technique and a 4.8 Fr
antirefluxive ureteral stent are routinely used. We have observed 13 cases of UPJ syndrome diagnosed
after renal transplantation.
Results
Uretero-pelvic junction syndrome occurred in 0.9% of renal transplanted units. Diagnosis was made in
media 7,7 months (from 1 to 24 months) after kidney transplantation. In 54% of cases UPJ syndrome was
diagnosed at removal of ureteral stent placed during renal transplantation. Serum creatinine was 2.68 mg/
dL ± 0,6 at diagnosis and increasing in all cases. Placement of a nephrostomy tube allowed to recover graft
function and to obtain a contrast study of the urinary tract in all patients. Anterograde pyelography showed 9
severe and 4 moderate obstructions. A primary percutaneous approach was chosen in 8 patients: a ureteral
stent was placed in 6 cases and a balloon dilation was performed in 2. A surgical treatment was chosen
at first in 5 patients and in 6 more patients after failure of percutaneous treatment. Y-V UPJ plasty was
performed in 5 cases and reconstruction with upper native urinary tract in 6: 4 pyelo-ureteral, 1 pyelo-pielic
and 1 calico-ureteral anastomoses. Long-term overall success rate of percutaneous approach was 25%:
50% in case of balloon dilation and 17% in case of simple ureteral stent placement. Surgery was successful
in 92% of cases. A pyelo-ureteral anastomosy with native urinary tract was successfully performed after
failure of a Y-V UPJ plasty in one patient. A persisting obstruction after pyelo-pyelic anastomosis was treated
by indwelling ureteral stent in one case. Y-V UPJ plasty was successful in 80%, reconstruction with native
upper urinary tract in 86%, pyelo-ureteral anastomosis in 100%. Overall success rate of UPJ syndrome
treatment with our approach was 92%. 85% of successfully treated patients underwent surgery. There was
no graft or patient loss. An indwelling ureteral stent allows maintenance of normal graft function in the only
patient who failed surgery.
Discussion
Surgery obtained better results in the treatment of UPJ syndrome compared to percutaneous approach
according to our data. Pyelo-ureteral anastomosis seemed especially effective and demonstrated the best
success rate, followed by Y-V UPJ plasty.
Materiali e metodi
Analisi retrospettiva di un database che raccoglie i dati di oltre 1250 pazienti trapiantati di rene in un
lasso di 30 anni. Tra questi sono stati identificati tutti i pazienti che hanno sviluppato una neoplasia renale
parenchimale dei reni nativi (20), confrontandoli con i dati di 1104 pazienti che sono stati sottoposti a
nefrectomia radicale per neoplasia renale presso la divisione di Urologia dello stesso centro (escludendo i
casi con metastasi alla diagnosi o con neoplasia renale bilaterale). Nel nostro studio caso-controllo a ogni
caso di neoplasia renale nei pazienti trapiantati è stato messo in relazione con 2 casi di neoplasia renale
insorta nei non-trapiantati, con lo stesso stadio (TNM), grado e istotipo. La valutazione statistica delle
variabili continue è stata effettuata con t-test o u-test rispettivamente. Il paragone tra i singoli parametri è
stato fatto utilizzando il χ2 test; La cancer specific survival è stata valutata utilizzando il log-rank test.
Risultati
I risultati sono mostrati in tabella 1. I risultati dello studio caso-controllo sono invece in tabella 2. A causa
dello scarso numero di pazienti in alcuni gruppi non per tutte le variabili si è potuto ottenere un perfetto
match statistico, ma la significatività statistica è stata comunque garantita.
Discussione
Il carcinoma a cellule renali nei reni native dei pazienti sottoposti a trapianto di rene è più frequente nei
pazienti maschi che non nella popolazione generale, e questo rischio aumenta con l’età. C’è una prevalenza
delle varianti papillari e cromofobe (spesso miste e multifocali). Nessuna differenza è stata trovata nella
prognosi e dei due gruppi (per neoplasie dello stesso stadio, grado e istotipo).
Conclusioni
La neoplasia renale non sembra presentare una prognosi peggiore nei pazienti trapiantati di rene,
nonostante la terapia immunosoppressiva. Questo probabilmente grazie ai frequenti controlli cui questi
pazienti sono sottoposti che permettono una diagnosi, ed un trattamento, precoce.
Conclusions
Surgery (Y-V UPJ plasty and pyelo-ureteral anastomosis) should be considered the treatment of choice in
severe UPJ obstruction after renal transplantation. A percutaneous approach should be attempted in case of
moderate obstruction.
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PCR- BASED DETECTION FOR MICROCHIMERISM AND GRAFT OUTCOME IN KIDNEY TRANSPLANT
RECIPIENTS
ANASTOMOSI URETERO-URETERALE LAPAROSCOPICA: DECRIZIONE DELLA NOSTRA TECNICA E
RISULTATI CHIRURGICI E FUNZIONALI
T. Chini, D. Villari, M. Zanazzi, S. Caroassai Grisanti, P. Pinzani, F. Salvianti, E. Buti, C. Cini, M. Paoletti, A.
Delle Rose, G. Nicita (Firenze)
C. MECCARIELLO, D. TAGLIALATELA, M. FEDELINI, A. OLIVA, L. PUCCI, C. IMBIMBO, P. VERZE, V.
MIRONE, P. FEDELINI (NAPOLI)
Aim of the study
Microchimerism (MC) is the presence of a small amount of foreign cells or DNA within a person’s
circulation or tissues. In transplant recipients it seems to be critical for the development and maintenance
of immunological tolerance. Nevertheless, natural and/or iatrogenic MC can also be acquired prior to
transplantation, deriving from pregnancy or blood transfusion. Aim of this study was to analyse the possible
influence of donor MC after kidney transplantation for possible tolerance mechanism purposes.
Scopo del lavoro
Obiettivo dello studio: analisi retrospettiva delle anastomosi laparoscopiche uretero-ureterali (LUUA)
praticate in un singolo centro per il trattamento delle stenosi ureterali (SU).
Materials and methods
We studied 12 female (mean age 47 ±8.5 years) recipients of a first renal transplant (RTR) from a male
donor. All the patients received cyclosporine, steroids, Mycophenolate mofetil and basiliximab as induction.
They were prospectively studied by a quantitative real time PCR method (qPCR) for male MC detection
in plasma DNA based on the detection of the DYS14 gene sequence on the Y-chromosome. Y-related
DNA sequence can be considered as a cell-death marker released from necrotic or apoptotic cells in the
transplanted organ or donor-derived haemopoietic cells in the recipient’s blood or other tissues. Persistence
of donor DNA in recipient plasma was assessed at day 15 and months 12 after transplantation. A pretransplant blood sample was collected from each patient and used as negative control.
Results
• Mean serum creatinine was 1.36±0.35 mg/dl and mean GFR 74±15.5 ml/min 1 year after transplantation.
• No acute rejection episode was documented. • The median of HLA mismatches was 3 (range 2-5) •
No Y-related DNA was detected in pre-transplant samples. • Mean DNA quantity after 15 days resulted
0.80±0.69 ng/ml plasma corresponding to 121.8±104,8 genome equivalents/ml plasma. • A 5-fold decrease
was recorded in mean plasma Y-related DNA at month 12, resulting 0.15±0.26 ng/ml plasma (23.1±40.0
genome equivalents/ml plasma) . It is worth to note that most of the patients (80%) had levels of donor DNA
below 10 genome equivalents/ml plasma at month 12.
Discussion
.
Conclusions
Donor-specific DNA sequences are present in the plasma of all patients 15 days after transplant. A marked
decrease in plasma DNA donor concentration was recorded after 1 year. We observed no acute rejection.
The absence of acute rejection episodes in these patients prevents a complete clinico-immunological
correlation.
Materiali e metodi
12 pazienti son stati sottoposti a LUUA per via transperitoneale tra il 2008 ed il 2011. Da quest’analisi son
stati esclusi i pazienti precedentemente sottoposti a pieloplastica o reimpianto ureterale laparoscopico. Tutte
le procedure chirurgiche sono state praticate col paziente in decubito laterale previa ureterografia retrograda
e posizionamento di un sondino a ridosso della stenosi. Identificato, l’uretere viene isolato, sezionato nel
suo tratto stenotico e spatulato su entrambi i versanti. Infine, praticata l’anastomosi (su catetere ureterale)
con tecnica tension-free, l’uretere viene ricoperto dal peritoneo parietale a protezione da fenomeni flogistici
peritissutali che potrebbero causare recidive. Al termine dell’intervento è stato posizionato uno stent
pieloureterale doppioJ.
Risultati
L’indicazione alla LUUA è stata la SU iatrogena, congenita, endometriosica e da litiasi ureterale inveterata
rispettivamente nel 17, 17, 8 e 58% dei casi. Nel 67% si trattava di pazienti di sesso femminile, nel 58%
il lato interessato era il destro e nel 92% la SU aveva avuto un esordio clinicamente sintomatico. La SU è
stata sempre diagnosticata e documenta con uro-TC. Tempo operatorio e perdite ematiche sono state in
media rispettivamente 110 min (range 90-210 min) e 30 ml (range 0-100 ml). Follow-up e ospedalizzazione
media sono stati rispettivamente di 32 mesi (range 13-60 mesi) e 5 giorni (range 3-8 giorni). Lo stent
pieloureterale è stato rimosso in media dopo 5 settimane (range 4-8 settimane). I risultati sono stati
eccellenti in 10 (83%) casi: in un paziente si è sviluppata una pielonefrite da reflusso vescicoureterale, in un
altro paziente si è presentata una recidiva della stenosi ureterale. Gli outcomes intra e postoperatori sono
stati racccolti in un database e riportati nella tabella 1.
Discussione
La ricostruzione ureterale è una delle procedure più impegnative in urologia poiché la patologia di base,
la localizzazione e la lunghezza della stenosi ureterale rendono l’approccio chirurgico sempre unico ed
individuale. La possibilità di trattare per via laparoscopica le SU permette una soluzione mini-invasiva
anche per casi molto complessi. L’uro-TC con ricostruzione tridimensionale rimane l’indagine più accurata
ma l’ureterografia retrograda
preoperatoria è tutt’ora molto utile
per precisare la localizzazione
della stenosi. Al fine di meglio
localizzare e delimitare la stenosi
ureterale, la fase diagnostica
è arricchita dall’ureterografia
anterograda transnefrostomica
e/o dall’ureteroscopia flessibile
intraoperatoria con indicatore
luminoso.
Conclusioni
L’uretero-uretero anastomosi
laparoscopica è un’opzione sicura
ed efficace nel trattamento delle
SU specie nei pazienti sottoposti
ad un precedente trattamento
infruttuoso endourologico
(endoureterotomia, dilatazione con
palloncino, laser).
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USO ENDOSCOPICO DELLA COLLA DI FIBRINA NEL TRATTAMENTO DELLA CISTITE EMORRAGICA
SEVERA SUCCESSIVA A TRAPIANTO ALLOGENICO DI CELLULE STAMINALI EMATOPOIETICHE.
P. Bove, M. Tirindelli, G. Flammia, F. Sergi, R. Cerretti, L. Cudillo, A. Picardi, G. De Angelis, F. Celestino, V.
Iacovelli, W. Arcese, G. Vespasiani (Roma)
Scopo del lavoro
I pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche sono particolarmente esposti al rischio di
sviluppare una cistite emorragica con caratteristiche cliniche variabili dalla franca ematuria all’insufficienza
renale. La cistite emorragica può ridurre notevolmente la qualità della vita divenendo, in taluni casi,
intrattabile e letale per il paziente. Il trattamento della cistite emorragica non è stato ancora chiarito in
maniera univoca. In questo studio prospettico, abbiamo usato colla di fibrina, un agente emostatico derivato
dal plasma umano, per trattare 34 pazienti con cistite emorragica post-trapianto refrattaria alle terapie
standard.
Materiali e metodi
Da Gennaio 2006 a Ottobre 2012, 1116 pazienti (249 bambini e 867 adulti) sono stati sottoposti a trapianto
di cellule staminali ematopoietiche presso il centro trapianti di Roma. Tra gli adulti, 554 hanno ricevuto un
trapianto autologo senza sviluppare cistite emorragica. Dei 313 pazienti sottoposti a trapianto allogenico, 45
(14%) hanno sviluppato una cistite emorragica; in 34 casi di grado II o superiore (grado: II n=10, III n= 21,
IV n=3). Tutti questi pazienti refrattari alla terapia convenzionale per cistite emorragica sono stati trattati con
colla di fibrina. Attraverso un cistoscopio e un insufflatore di anidride carbonica si è ottenuta una pneumocistoscopia con pressione endovescicale costante di 12 mmHg. La colla di fibrina è stata diffusamente
applicata sulle superfici ulcerate e sanguinanti della mucosa vescicale attraverso un applicatore
endoscopico. La risposta è stata valutata a 10, 30 e 60 giorni dalla prima applicazione di colla di fibrina.
Risultati
Il numero di applicazioni di colla di fibrina è stato di 1 in 21pazienti, 2 in 10 e 3 in 3 con un volume medio
di 10.8 ml (range, 6.3-16). Il dolore pelvico è scomparso nelle prime 24 ore dalla applicazione della colla di
fibrina in tutti i pazienti e la remissione completa, definita come la scomparsa di tutti i sintomi e di ematuria,
valutata a 10, 30 e 60 giorni è stata ottenuta nel 18%, 61% e 83% dei pazienti rispettivamente. La risposta è
stata indipendente dal recupero delle piastrine e dal trattamento della viruria da BK virus.
Discussione
Il trattamento delle cistiti emorragiche in pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali
emopoietiche può risultare difficoltoso. L’applicazione endoscopica della colla di fibrina offre buoni risultati a
breve, medio e lungo termine.
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86° Congresso Nazionale SIU
SURRENECTOMIA MINI-LAPAROSCOPICA NELL’ADULTO: NOSTRA ESPERIENZA
C. Fiori, M. Cossu, S. Grande, M. Poggio, F. Ragni, I. Morra, A. Di Stasio, M. Manfredi, R. Bertolo, F. Mele,
N. Serra, D. Garrou, G. Cattaneo, R. Scarpa, F. Porpiglia (Orbassano)
Scopo del lavoro
Negli ultimi anni, sono state proposte numerose tecniche per ridurre ulteriormente l’invasività della
laparoscopia tradizionale. Fra queste, la mini laparoscopia sembra essere assai promettente nelle
procedure ricostruttive come la pieloplastica anche se è stata utilmente impiegata anche nelle procedure
demolitive. Lo scopo di questo studio è presentare la nostra esperienza con la surrenectomia mini
laparoscopica (mL-A).
Materiali e metodi
Dal marzo 2009 al febbraio 2013, tutti i pazienti con neoplasia surrenalica 18 anni, BMI
Risultati
Sono stati trattati mediante mL-A 38 pazienti (17 F e 21 M). In 17 casi (44.8%) dei casi è stata asportata la
ghiandola destra, in 20/38 (52.6%) la sinistra e in 1 caso (2.6%) entrambe le ghiandole. Nel 10.5% dei casi
l’approccio è stato transperitoneale, nell’89.5% retroperitoneale. Il tempo operatorio medio è stato di 97.4
min, le perdite ematiche 77.8 cc. Non sono state registrate complicanze intraoperatorie ed in 3/38 (7.89%)
casi è stata necessaria la sostituzione di una porta 3.9mm con porta 5 mm standard. Sono state registrate
4/38 complicanze post operatorie (1 complicanza grado I, 3 grado II secondo Clavien). La degenza postoperatoria è risultata pari a 2.95 giorni. L’esame patologico ha dimostrato la presenza di adenoma/iperplasia
in 26 casi, feocromocitoma in 3 casi, adenocarcinoma corticosurrenalico (ACC) in 2, secondarietà in 4 altro
in 3 casi. I pazienti sottoposti a mL-A per ACC sono liberi da malattia dopo un follow up medio di 43 mesi. A
tre mesi dall’intervento, tutti i pazienti sono stati molto soddisfatti (90 %) o soddisfatti (10 %) dell’intervento.
Discussione
I risultati del nostro studio suggeriscono che la mL-A, se proposta a pazienti selezionati, è una tecnica
fattibile sicura ed efficace nel trattamento delle neoplasie surrenaliche. Ulteriori studi sono necessari per
comparare i risultati della mL-A e della surrenectomia standard.
Conclusioni
A nostro avviso la mL rappresenta un passo verso una chirurgia (virtualmente) scarless.
Conclusioni
La terapia endoscopica con colla di fibrina rappresenta una procedura efficace, possibile e riproducibile per
il trattamento delle cistiti emorragiche di grado II o superiore refrattarie alle terapie convenzionali.
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PIELOPLASTICA MINI-LAPAROSCOPICA VERSUS ROBOTIC LESS: RISULTATI PERIOPERATORI ED
ESTETICI
INCIDENZA E DISTRIBUZIONE DEI LINFOMI DELL’APPARATO UROGENITALE IN UN’AREA URBANA
DEL NORD ITALIA NELL’ULTIMO DECENNIO
I. Morra, C. Fiori, M. Manfredi, R. Bertolo, F. Mele, D. Garrou, D. Amparore, G. Cattaneo, R. Scarpa, F.
Porpiglia (Orbassano)
F. Vedovo, N. Pavan, G. Liguori, R. Bussani, G. Mazzon, B. de Concilio, C. Trombetta (Trieste)
Scopo del lavoro
La pieloplastica laparoscopica (LP) si è imposta come gold standard nel trattamento della patologia del
giunto pielo-ureterale (GPU). Per ridurre ulteriomente l’invasività della procedura, sono state proposte
tecniche di laparoscopia ”avanzata” come la mini-LPS e la Laparoendoscopic Single Site Surgery (LESS).
Lo studio confronta la pieloplastica mini laparoscopica (mL-P) e LESS robot assistita (rLESS-P) in termini di
risultati perioperatori ed estetici.
Materiali e metodi
Da aprile 2009 a giugno 2010, 12 pazienti (11F,1M) con anomalia del GPU primitiva, età >18 anni,BMI
Risultati
I 2 gruppi di pazienti erano comparabili per età, BMI, ASA score. Il tempo operatorio medio è stato di 134’nel
gruppo mL-P e 192’ nel gruppo rLESS-P (p
Discussione
I risultati suggeriscono che la mL-P e la rLESS-P sono paragonabili per outcomes perioperatori e risultati
estetici. L’approccio LESS robot assistito sembra gravato da maggiori tempi operatori.
Conclusioni
A nostro avviso la mL-P e la rLESS-P rappresentano un importante passo verso una chirurgia (virtualmente)
scarless.
Scopo del lavoro
Obiettivo di questa studio è effettuare una revisione della casistica dei linfomi del tratto urinario in pazienti
(pz) afferenti alla nostra clinica tra il 2001 ed il 2012, per valutare distribuzione e incidenza di tali neoplasie.
Materiali e metodi
Sono stati riscontrati 25 pz affetti da linfomi del tratto urinario; 8 in sede renale (4/8 M, 4/8 F), 7 testicolari, 7
prostatici e 3 vescicali (2/3 M, 1/3 F). E’ stato valutato sesso,età d’insorgenza del linfoma,sede e primitività
della neoplasia, esami clinico diagnostici, eventuale terapia medica e/o chirurgica con cui sono stati trattati,
fattori di comorbidità e mortalità correlata.
Risultati
I pz avevano un’età compresa tra 13 ed 87 anni con età media di insorgenza del linfoma di 61,7 aa. Su 25
casi di linfoma, 15 erano neoplasie primitive. Il 32% erano LNH diffusi a grandi cell B, il 24% era affetto da
leucemia linfatica cronica, il 20% erano LNH a piccole cell, l’8% erano MALTomi, il 4% linfomi di Burkitt, il
4% linfomi follicolari, il 4% LNH diffusi a grandi cell B Alk+ ed il 4% si è sviluppato in quadro di leucemia
linfoblastica. Valutando le neoplasie concomitanti: 11 pz avevano sviluppato una seconda neoplasia solida
e/o alterazione ematologica. Per quanto riguarda l’iter diagnostico; 9 pz sono stati sottoposti ad esame
esame bioptico; 15/25 hanno eseguito un esame TC pre-trattamento; 17/25 hanno eseguito un esame
ecografico pre-trattamento. Il 40% dei pz è stato sottoposto a resezione chirurgica associata a trattamento
chemioterapico, il 36% unicamente a trattamento chirurgico, il 12% è stato trattato con chirurgia associata a
chemioterapia e radioterapia di consolidamento, l’8% ha eseguito radioterapia ed il 4% chemioterapia. 11 pz
hanno avuto una morte linfoma correlata.
Discussione
In accordo con la letteratura, è emerso come i linfomi del tratto genitourinario siano prevalentemente LNH
diffusi a grandi cell B. La sede più frequente è quella renale e, dopo i 50 anni, quella testicolare. L’incidenza
dei linfomi prostatici risulta in aumento, non tanto per un incremento della linfomagenesi, quanto più per una
maggior frequenza delle biopsie prostatiche. I pz affetti da linfoma hanno un rischio maggiore di sviluppare
una seconda neoplasia, soprattutto a 10 anni dalla diagnosi, pertanto, è fondamentale effettuare una
sorveglianza clinica a lungo termine. L’imaging spesso risulta complicato e l’esame TC è il gold standard
per la diagnosi e per il monitoraggio della risposta alla terapia. Nei casi in cui l’imaging risulti dubbio, la
biopsia renale, per quanto ancora molto dibattuta, potrebbe indirizzare verso un approccio terapeutico
non chirurgico. La somministrazione della sola chemioterapia, l’associazione di questa con la radioterapia
oppure esclusivamente l’intervento chirurgico non hanno rilevanza sulla sopravvivenza.
Conclusioni
Pur con i limiti di un’analisi di tipo retrospettivo, questo studio pone in evidenza l’importanza di considerare i
linfomi nella DD delle neoplasie del tratto genitourinario.
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86° Congresso Nazionale SIU
86° Congresso Nazionale SIU
NUOVI APPROCCI PER LA RIDUZIONE DEI COSTI IN CHIRURGIA UROLOGICA ROBOT-ASSISTITA:
ANALISI COSTO-EFFICACIA
F. Lanzi, N. Tosi, F. Gentile, G. Pizzirusso, F. Cecconi, G. De Rubertis, G. Barbanti (Siena)
Scopo del lavoro
Scopo del lavoro è valutare le implicazioni economiche della prostatectomia radicale robot-assistita
(RRP) e della chirurgia nephron-sparing robotica delle neoplasie renali (RTE) condotte secondo tecniche
standardizzate o con procedure finalizzate al contenimento dei costi e di compararne i risultati funzionali ed
oncologici
Materiali e metodi
Da Aprile 2011 a Gennaio 2013 87 pazienti sono stati sottoposti a chirurgia robot-assistita per neoplasia
prostatica (52) o renale (35 pazienti). Abbiamo identificato il primo set di pazienti trattati dopo la necessaria
curva di apprendimento (Gruppo A) e gli ultimi casi trattati (Gruppo B) di ognuna delle due procedure.
Per le prime 8 RRP e 5 RTE sono state adottate lo strumentario e le procedure standard. Sono quindi
state ridefinite le procedure operatorie escludendo dai kit alcuni strumenti ritenuti non indispensabili al
completamento dell’intervento. Sono stati quindi comparati i costi e l’outcome chirurgico dei primi set di
pazienti con gli ultimi. Le caratteristiche tecniche della chirurgia prostatica e renale sono riassunte in tabella
1 e 2 rispettivamente
Risultati
I costi di entrambe le procedure, prostatectomia radicale ed enucleazione tumorale, sono risultati
significativamente inferiori negli ultimi 20 interventi: 2577€ Vs 4961€ per la RRP e 2457€ Vs 4836€ per
l’RTE, con un risparmio del 48% e 49.2% rispettivamente (Tab 1-2). Il tempo operatorio medio (range) per
l’RRP del Gruppo A è stato di 226.2(165-270) minuti Vs 172.5 (150-180) del Gruppo B (p=0.0041). Entrambi
i gruppi delle prostatectomie sono risultati comparabili per perdite ematiche intraoperatorie (p=0.482),
margini chirurgici positivi (p=0.089) ed ospedalizzazione (p=0.195). Per le enucleazioni tumorali il tempo
operatorio medio (range) del Gruppo A è stato di 115.8 (75-170) minuti Vs 104.1 (85-150) del Gruppo B
(p=0.5151). Le perdite ematiche intraoperatorie e le degenze sono risultate sovrapponibili (p=0.487 e
p=0.379 rispettivamente). In entrambi i gruppi non sono stati riscontrati margini chirurgici positivi, mentre in
un caso del Gruppo B è stata identificata un’incisione della pseudocapsula peritumorale
Discussione
In letteratura sono ampiamente dimostrati i buoni risultati funzionali ed oncologici con ridotti tassi di
complicanze e degenza ottenibili con la chirurgia robot-assistita; di contro si registrano costi più elevati
delle rispettive procedure open o laparoscopiche. Nella nostra esperienza la riduzione degli strumenti
laparoscopici e robotici ed il relativo adeguamento delle procedure operative ha comportato difficoltà
tecniche limitate ai primi casi, a fronte di un importante riduzione della spesa
Conclusioni
Nel confronto con gli interventi robotici convenzionali di prostatectomia radicale ed enucleazione tumorale
gli accorgimenti tecnici impiegati nella nostra esperienza hanno determinato un risparmio fino al 49.2%
per ogni singola procedura con tempi, complicanze intra e postoperatorie, ospedalizzazione ed outcome
oncologico sovrapponibili alle procedure standard
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86° Congresso Nazionale SIU
TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO E ROBOTICO DELLE STENOSI URETERALI (S.U.), RISULTATI DI
UNO STUDIO RETROSPETTIVO MULTICENTRICO
S. Zaramella, A. Minervini, A. Cocci, R. Fantechi, D. Dente, P. Parma, A. Antonelli, M. Falsaperla, A. Celia,
B. Rocco, L. Cindolo, A. Porreca (Novara)
Scopo del lavoro
La chirurgia laparoscopica e robotica presentano indubbi vantaggi in termini di mini invasività, in ambito
urologico sono diventate il trattamento di scelta di molte patologie neoplastiche, funzionali e malformative;
scopo dello studio è valutare la morbilità e l’efficacia di queste tecniche nella correzione delle stenosi
ureterali (S.U.) di varia eziologia
Materiali e metodi
sono stati raccolti retrospettivamente i dati di pazienti affetti da S.U. trattate per via laparoscopica o robotassistita in 8 centri urologici italiani. Le variabili analizzate sono state: età dei pazienti, sede ed eziologia
delle stenosi, tempo operatorio e di permanenza dello stent, le complicanze secondo classificazione di
Clavien, e l’efficacia nel trattamento
Risultati
Tra Gennaio 2008 e Marzo 2013 42 pazienti sono stati operati [(età media 46,2 anni (range 17-74)], tipo e
sede della S.U. sono state riportate in tabella 1, la lunghezza media delle stenosi era di 1,8 cm (range 0,54). In 20 pazienti è stata eseguita una resezione ureterale segmentaria con anastomosi termino-terminale,
in 16 un’ureterocistoneostomia ed in 5 un’ureterolisi. Tutti gli interventi sono stati eseguiti con approccio
trans-peritoneale (29 per via laparoscopica, 13 per via laparoscopica Robot-assistita), 10 pazienti avevano
calcolosi associata, ed e’ stata eseguita una litotripsia intraoperatoria. Non sono state registrate conversioni
a chirurgia open, il tempo operatorio medio è stato di 229 minuti (range 55-720), in tutti i pazienti è stato
posizionato uno stent ureterale doppio J. Il tasso di trasfusione è stato del 4,7% [(2/42 pazienti) Clavien
gr. 2], in un caso si è verificata una lesione della vena cava (Clavien gr. 2), un solo caso di fistola ureterale
è stata trattata con nefrostomia percutanea (Clavien gr. 3a). La degenza media è stata di 6,6 gg (range
4-16), il tempo medio di permanenza dello stent 34,3 gg (range 3-90). 38 dei 42 pazienti sono valutabili ad
un follow up medio di 20 mesi: 36 pazienti (94,8%) sono liberi da stenosi mentre in 2 pazienti (5,2%) si è
verificata una recidiva. In un caso la recidiva è stata trattata con dilatazione endoscopica con palloncino, nel
secondo caso con nefroureterectomia
Discussione
La chirurgia laparoscopica e robotica delle S.U. rappresenta spesso un intervento complesso di chirurgia
ricostruttiva, in mani esperte presenta basso rischio di conversione, le complicanze nella nostra serie
sono state accettabili, il tasso di re-intervento e di recidiva è basso. I tempi chirurgici relativamente lunghi
risentono dell’esiguo numero di casi trattati per singolo centro, ed alla necessità di eseguire una litotripsia
contestuale
Conclusioni
Anche con i limiti di uno studio retrospettivo, e con un follow-up ancora non significativo, i nostri dati
dimostrano che la laparoscopica e la robotica sono un trattamento promettente delle S.U., in termini di
complicanze
ed efficacia.
Idealmente
sarebbe
auspicabile un
prolungamento
del follow-up
e il disegno
di uno studio
prospettico di
confronto tra le
metodiche
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86° Congresso Nazionale SIU
COMPLICANZE INTRA E POSTOPERATORIE DELLA PIELOPLASTICA LAPAROSCOPICA SECONDO
LE CLASSIFICAZIONI DI SATAVA E CLAVIEN-DINDO: ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO CON
236 CASI CONSECUTIVI
P. FEDELINI, P. VERZE, D. TAGLIALATELA, M. FEDELINI, A. OLIVA, C. MECCARIELLO, D. MATTACE
RASO, V. MIRONE (NAPOLI)
Scopo del lavoro
Obiettivo dello studio: analisi delle complicanze intra- e postoperatorie della pieloplastica laparoscopica (PL)
con tecnica di Anderson-Hynes per il trattamento della stenosi del giunto pieloureterale (MGPU), effettuata
presso un singolo centro.
Materiali e metodi
236 pazienti sono stati sottoposti a PL secondo Anderson-Hynes per via transperitoneale tra il 2004 e
il 2012. Le complicanze intra e postoperatorie sono state incluse in un database e riportate secondo la
classificazione di Satava e Clavien-Dindo, rispettivamente.
Risultati
L’indicazione alla PL è stata la MGPU primitiva nel 96% dei casi, recidiva nel 4%. Nel 53% dei casi si
trattava di pazienti di sesso femminile, nel 54% il lato interessato era il destro e nell’89% la MGUP aveva
avuto un esordio clinicamente sintomatico. Si associavano litiasi e nefroptosi rispettivamente nel 9 e nel
3% dei casi. Nel 40% dei casi è stata riscontrata la presenza di un vaso anomalo. Lo stent pieloureterale
(SPU) è stato posizionato in tutti i casi: per via retrograda nelle femmine, al termine della PL e con controllo
fluoro-endoscopico nei maschi. La procedura di PL è stata risolutiva nel 97% dei casi. Complicanze intra- e
postoperatorie si son verificate rispettivamente in 9 (4%) e 32 (14%) casi e son state riportate nella tabella
1.
Discussione
In analogia ad altre casistiche precedentemente pubblicate, abbiamo riportato complicanze intra
e postoperatorie rispettivamente nel 4% e nel 14% dei pazienti sottoposti a PL. La complicanza
intraoperatoria più frequente è stata la delocalizzazione dell’SPU (2%) verificatosi in pazienti femmine
(ove il posizionamento dell’SPU è intraoperatorio) necessitando sempre di un “riparo” endoscopico. La
complicanza intraoperatoria più grave è stato il coinvolgimento dell’SPU nella sutura pieloureterale con
suo conseguente malfunzionamento, idronefrosi, apertura della sutura del giunto ed uroperitoneo risoltosi
con un reintervento chirurgico. Senza conseguenza sono state le 2 infrazioni della capsula renale. La
complicanza postoperatoria più frequente (3%) è stata la fuoriuscita di urine dalla sutura pieloureterale per
ostruzione dell’SPU, con necessità di posizionare una nefrostomia percutanea e sostituire l’SPU. Tuttavia
nel caso in cui l’SPU era ancorato alla sutura è stato necessario un reintervento chirurgico per riposizionare
l’SPU e drenare la raccolta infetta. Questa è stata la complicanza postoperatoria più severa. Enfisema
sottocutaneo o ematuria, verificatesi in meno del 4% dei casi non hanno necessitato di terapia. Infezioni,
febbre ed ileo paralitico, verificatesi in meno di 4% dei casi, si sono risolti spontaneamente. I casi di UPJO
recidivante (3%) son stati sottoposti con successo a re-PL.
Conclusioni
La nostra analisi conferma che la PL è una procedura sicura ed efficace. Le complicanze più frequenti e più
gravi intra e postoperatorie sono legate al posizionamento e soprattutto al funzionamento dell’SPU la cui
gestione rappresenta uno dei momenti più delicati ed importanti del periodo postoperatorio.
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86° Congresso Nazionale SIU
CONTEMPORARY UROLOGIC MINI-LAPAROSCOPY: INDICATIONS, TECHNIQUES AND SURGICAL
OUTCOMES IN A MULTI-INSTITUTIONAL EUROPEAN COHORT
R. Autorino, F. Porpiglia, V. Pagliarulo, A. Volpe, M. Falsaperla, A. Celia, A. Breda, F. Greco, M. De Sio, A.
Cicione, A. Saita, A. Venneri Becci, M. Zacchero, R. Bertolo, P. Fornara, C. Fiori, C. Terrone, E. Lima, J.
Rassweiler (Napoli)
Aim of the study
Mini-laparoscopy has been re-discovered over the last 3 years in urologic surgery, based on the rationale of
a scarless surgery and thanks to the recent availability of a more reliable instrumentation. Aim of this study
is to report a the first large series of contemporary mini-laparoscopy in urology
Materials and methods
Cases of urologic mini-laparoscopy performed between 2009 and 2013 at 9 european institutions were
retrospectively gathered. Each group performed a variety of procedures according to its own protocols,
entry criteria, and techniques. Main demographic data, and surgical outcomes were analyzed. Postoperative
complications were recorded using a standardized reporting system.
Results
Overall, 190 patients (mean age 44.5; mean BMI 24.8; mean ASA 1.8; history of previous abdominal
surgery: 16%) were included in the analysis. The most common procedure was pyeloplasty (n=103; 54%),
but a variety of other extirpative procedures were performed, including adrenalectomies (37; 19.4%), radical
prostatectomies (21; 11%), nephrectomies (13; 7%). The most common approach was transperitoneal
(68%). A 10 mm scope was most commonly used, placed at level of the umbilicus. Most of the ports were
3 mm (67% of total). No intraoperative complications were recorded, and no conversions to open surgery.
Overall, mean OR time was 132 min and mean EBL was 60 ml. Postoperative complications were recorded
in 30% of cases, but only 1.5% being major (grade 3) ones.
Discussion
This study provides a view of the recent evolution of urologic mini-laparoscopy in multiple European
centers. A broad range of procedures can be safely and effectively performed with this newly re-discovered
technique, given the current availability of purpose-built instrumentation.
Conclusions
By duplicating the principles of standard laparoscopy, but potentially offering less surgical scar and trauma,
mini-laparoscopy can be regarded a low-cost approach in the evolving field of minimally invasive urologic
surgery.
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86° Congresso Nazionale SIU
IMPATTO DELLA CURVA DI APPRENDIMENTO DI UN SINGOLO CHIRURGO IN TERMINI DI
COMPLICANZE, DANNI TISSUTALI DA POSIZIONAMENTO CHIRURGICO E FUNZIONALITà RENALE
IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA E LINFADENECTOMIA
PELVICA ESTESA.
G. Di Pierro, J. Wirth, M. Ferrari, H. Danuser, A. Mattei (Roma)
Scopo del lavoro
Analizzare la curva di apprendimento di un singolo chirurgo e valutarne l’impatto in termini di complicanze,
danni tissutali da posizionamento e funzionalità renale in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale
robotica (RARP) e linfadenectomia pelvica estesa (ePLND) per adenocarcinoma prostatico clinicamente
localizzato con rischio intermedio-elevato
Materiali e metodi
Sono stati raccolti in modo prospettico i dati relativi a 233 pazienti consecutivi sottoposti a RARP e ePLND
fra Novembre 2008 ed Ottobre 2012. Per valutare l’impatto della curva di apprendimento per la ePLND,
i pazienti sono stati divisi in 4 gruppi (1: 1-59; 2: 60-117; 3: 118-175; 4: 176-233) ed i risultati messi a
confronto. La RARP è stata eseguita per via transperitoneale da un unico chirurgo. Un dosaggio della
creatinchinasi (CK) sierica quale marker di danno tissutale è stato eseguito prima e durante la procedura
e nel corso dei 5 giorni dopo la RARP. La funzionalità renale è stata monitorata fino alla dimissione. Le
complicanze sono state valutate sulla base del Modified Clavien System, con attenzione alle complicanze
correlate al posizionamento chirurgico. Il follow-up minimo è stato di 3 mesi
Risultati
Nel complesso, il tempo operatorio medio è stato di 264 minuti (range: 165-460) mostrando un progressivo
decremento (dal Gruppo 1 al Gruppo 4, p=0.001). In totale, 114 complicanze sono state riportate in 98/233
pazienti (42%) con incidenza minore nel Gruppo 4 (p=0.087). Le complicanze minori (85/114 complicanze,
75%) hanno mostrato una riduzione significativa nel Gruppo 4 (p
Discussione
Vari autori riportano i risultati relativi alla RARP con ePLND. Tuttavia, pochi studi analizzano l’esperienza di
un singolo chirurgo, impiegano criteri di valutazione standardizzati nonché un adeguato follow-up. Pertanto,
riguardo la curva di apprendimento per la RARP e ePLND ed il relativo impatto sui risultati i dati attualmente
disponibili non sono da considerarsi conclusivi. In aggiunta, in corso di RARP i pazienti sono posti in
posizione di Trendelemburg estremo, in grado di determinare danni tissutali clinicamente rilevanti
Conclusioni
Il nostro studio suggerisce come per un chirurgo con precedente esperienza in chirurgia open e
laparoscopica classica la riduzione nel tasso di complicanze globali e da posizionamento chirurgico mostri
un plateau dopo 175 procedure durante la curva di apprendimento per la RARP con ePLND. La funzionalità
renale, invece, risulta essere costantemente inalterata
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P132
86° Congresso Nazionale SIU
OLTRE LA LEARNING CURVE DI UN APPROCCIO RETZIUS-SPARING ALLA PROSTATECTOMIA
RADICALE ROBOTICA: RISULTATI ONCOLOGICI E FUNZIONALI DEI PRIMI 200 PAZIENTI CON
ALMENO 1 ANNO DI FOLLOW-UP
A. Galfano, F. Sozzi, D. Di Trapani, G. Petralia, E. Strada, A. Bocciardi (Milano)
Scopo del lavoro
La prostatectomia radicale laparoscopica robot-assistita (RARP) è diventata l’opzione chirurgica di scelta
per il carcinoma della prostata clinicamente localizzato. Nel 2010 abbiamo sviluppato un nuovo approccio,
passando esclusivamente dallo spazio di Douglas ed evitando tutte le strutture coinvolte nella preservazione
di continenza e potenza. L’obiettivo del nostro lavoro è di riportare i risultati oncologici e funzionali dei primi
200 pazienti operati con questo approccio e con un anno di follow-up minimo, con particolare attenzione alla
variazione dei risultati con il maturare dell’esperienza.
Materiali e metodi
I primi 200 pazienti consecutivi sottoposti a RARP con approccio Retzius-sparing trans-Douglas sono stati
inclusi nello studio. La serie è stata divisa in 2 gruppi (casi 1-100 e casi 101-200) per valutare l’effetto della
learning curve. Tutti i dati perioperatori, oncologici e funzionali sono stati registrati prospetticamente in un
database elettronico. I risultati oncologici sono stati riportati in termini di margini chirurgici positivi (PSM)
e sopravvivenza libera da ripresa biochimica di malattia ad 1 anno (1y-bDFS). La recidiva biochimica di
malattia è stata definita in presenza di un PSA > 0,2ng/ml. La potenza è stata definita in presenza di un
IIEF5>17; la continenza come l’utilizzo di 1 salvaslip di sicurezza o di nessun ausilio. Le complicanze sono
state classificate secondo il sistema di Clavien-Dindo.
Risultati
L’età mediana era di 65 anni. Il tempo mediano di consolle è diminuito significativamente da 120 a 97,5
minuti (p
Discussione
I risultati oncologici sono migliorati dopo una learning curve di 100 pazienti, mentre i risultati funzionali sono
rimasti stabili.
Conclusioni
Dopo una adeguata learning curve, l’approccio alla RARP trans-Douglas Retzius-sparing garantisce il
mantenimento dei risultati oncologici con eccellenti risultati funzionali, in particolare riguardo alla continenza
immediata.
137
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86° Congresso Nazionale SIU
“SIDE DOCKING” DEL SISTEMA ROBOTICO DAVINCI IN CORSO DI PROSTATECTOMIA RADICALE:
VANTAGGI RISPETTO AL TRADIZIONALE DOCKING
A. Cestari, M. Zanoni, F. Fabbri, M. Sangalli, M. Ghezzi, P. Rigatti (Milano)
Scopo del lavoro
Scopo del lavoro è di valutare i vantaggi clinici del “side docking” (SD) del sistema robotico daVinci in
corso di prostatectomia radicale (RALP) rispetto al tradizionale “docking” (TD), che richiede l’ingresso delle
braccia robotica in mezzo alle gambe del paziente.
Materiali e metodi
Trenta pazienti candidati ad intervento di RALP presso il nostro Istituto sono stati randomizzati in due
gruppi relativamente al posizionamento delle braccia del sistema robotico a) SD con posizione supina del
paziente sul tavolo operatorio e b) TD con paziente in posizione litotomica bassa a gambe divaricate su
gambali di Allen. Sono stati valutati a) i tempi necessari dal termine induzione anestesia al docking del
robot al paziente, b) eventuali contrasti intraoperatori delle braccia e strumentario robotici, c) eventuali
problematiche neurologiche relative al posizionamento del paziente
Risultati
Nella tabella vengono riportati i risultati dei parametri valutati (mediana e range) SD TD Tempo di docking
(OK anestesia – docking robot al paziente) (mediana – range) 14 (12-20) min 23 (15-34) min Contrasti tra le
braccia robotiche 0 0 Disturbi neurologici arti inferiori n° (%) 0 3 (20%)
Discussione
Il SD in corso di RALP ha permesso di ridurre i tempi chirurgici necessari al docking del sistema robotico
in corso di RALP, grazie alla semplificazione della posizione del paziente sul tavolo operatorio. Tale
semploficazione di posizione, inoltre, ha ridotto il numero di problematiche neurologiche (difficoltà di
adduzione) degli arti inferiori, possibile problematica con il TD che richiede una posizione litotomica bassa
con le gambe divaricate.In nessun caso si sono avuti contrasti durante gli interventi delle braccia robotiche o
dello strumentario. Inoltre l’assistente al tavolo può beneficiare di un miglior campo di lavoro.
Conclusioni
In corso di RALP il SD si è rivelato efficace, senza contrasti intraoperatori delle braccia robotiche o dello
strumentario. Il SD è inoltre risultato più veloce rispetto al TD e grazie alla posizione supina del paziente ha
ridotto il rischio di disturbi neurologici agli arti inferiori dopo RALP
P134
86° Congresso Nazionale SIU
ANALISI STANDARDIZZATA DELLA CURVA DI APPRENDIMENTO DI UN SINGOLO CHIRURGO
RELATIVAMENTE ALLA LINFADENECTOMIA PELVICA ESTESA IN CORSO DI PROSTATECTOMIA
RADICALE ROBOTICA: RISULTATI PERIOPERATORI E COMPLICANZE.
G. Di Pierro, J. Wirth, M. Ferrari, H. Danuser, A. Mattei (Roma)
Scopo del lavoro
Analizzare la curva di apprendimento di un singolo chirurgo relativamente alla linfadenectomia pelvica
estesa (ePLND) e valutarne l’impatto in termini di risultati perioperatori e complicanze in pazienti sottoposti a
prostatectomia radicale robotica (RARP) per adenocarcinoma prostatico clinicamente localizzato con rischio
intermedio-elevato.
Materiali e metodi
Sono stati raccolti in modo prospettico i dati relativi a 233 pazienti consecutivi sottoposti a ePLND e
RARP fra Novembre 2008 ed Ottobre 2012. Per valutare l’impatto clinico e patologico della curva di
apprendimento per la ePLND, i pazienti sono stati divisi in 4 gruppi (1: 1-59; 2: 60-117; 3: 118-175; 4: 176233) ed i relativi risultati messi a confronto. La RARP con ePLND è stata eseguita da un unico chirurgo
per via transperitoneale. Le complicanze sono state valutate sulla base del Modified Clavien System, con
particolare riguardo alle complicanze direttamente correlabili alla ePLND (lesione del nervo otturatorio,
sanguinamento, trombosi venosa, linfocele). Il follow-up minimo è stato di 3 mesi.
Risultati
Il tempo operatorio medio è stato di 264 minuti (range: 165-460) mostrando un progressivo decremento (dal
Gruppo 1 al Gruppo 4, p=0.001). Nel Gruppo 4, 2 pazienti hanno riportato un sanguinamento postoperatorio
correlabile alla ePLND trattato con revisione open. Il numero di linfonodi asportati ha mostrato un plateau
dopo 60 procedure [media (range): 13 (6-32), 15 (7-34), 17 (8-41), 16.5 (8-42) nei Gruppi 1, 2, 3 e 4,
rispettivamente (p=0.001)]. All’esame patologico, la percentuale di coinvolgimento neoplastico linfonodale
è stata del 12% nei Gruppi 1 e 2, e del 7% e 8% nei Gruppi 3 and 4 (p=0.071). In totale, 114 complicanze
sono state riportate in 98/233 pazienti (42%) con un’incidenza minore nel Gruppo 4 (p=0.087). Complicanze
correlabili alla ePLND sono state osservate nel 3%, 8%, 5% e 2% dei pazienti nei Gruppi 1, 2, 3 e 4 (Gruppi
2 vs 1, 3 e 4, p
Discussione
Vari autori riportano i risultati relativi alla ePLND in corso di RARP. Tuttavia, pochi studi analizzano
l’esperienza di un singolo chirurgo, impiegano criteri di valutazione standardizzati ed un adeguato follow-up.
Pertanto, riguardo la curva di apprendimento per la ePLND ed il suo impatto sui risultati i dati disponibili non
sono da considerarsi conclusivi
Conclusioni
Il nostro studio suggerisce come per un chirurgo con precedente esperienza in chirurgia open e
laparoscopica la curva di apprendimento per la ePLND sia caratterizzata da un tasso di complicanze
correlate alla procedura stabilmente basso nel tempo. Il numero di linfonodi asportati raggiunge un massimo
dopo 60 casi, mentre l’incidenza globale di complicanze mostra un plateau dopo 175 procedure
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86° Congresso Nazionale SIU
86° Congresso Nazionale SIU
PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA: INFLUENZA DELLA CURVA DI APPRENDIMENTO SUL
RECUPERO PRECOCE DELLA CONTINENZA
L. Gatti, A. Antonelli, A. Peroni, A. Moroni, M. Finamanti, A. Gritti, C. Simeone (Brescia)
Scopo del lavoro
La prostatectomia laparoscopica robot-assistita (RALP) con il sistema DaVinci® si sta rapidamente
affermando in tutto il mondo. La possibilità di diffusione di una tecnica chirurgica dipende anche dal grado di
morbidità che comporta e in particolare l’incontinenza urinaria è la sequela più temuta di questo intervento,
colpendo sino al 40% dei pazienti operati. Il presente lavoro si propone di valutare quali fattori influiscano
sul recupero precoce della continenza dopo prostatectomia robotica o open.
Materiali e metodi
Il sistema robotico DaVinci® è installato presso il nostro centro dal marzo 2010; la RALP viene condotta per
via anterograda transperitoneale da 3 operatori (1 esperto in chirurgia open, 2 in chirurgia laparoscopica),
tutti in fase di apprendimento. La prostatectomia radicale retropubica (RRP) viene condotta da più di 20
anni per via retrograda (sec.Walsh), da operatori ormai esperti. L’indicazione all’intervento open o robotico
è stata inizialmente dettata dalle preferenze dell’operatore e/o del paziente, ma dopo i primi 75 interventi
robotici, è avvenuto uno shift quasi completo dell’indicazione a favore della RALP. Tutti i dati dei pazienti
sottoposti a prostatectomia dal Marzo 2010 sono archiviati in un database, mantenuto prospetticamente. Per
il presente studio sono stati valutati alcuni fattori clinici, patologici e chirurgici, per giudicarne la correlazione
con il rischio di manifestare a 1 mese dall’intervento un’incontinenza, intesa come impiego di più di 1 PAD/
dì. In particolare, è stato giudicato l’esito dei casi sottoposti a RRP, RALP nei primi 75 interventi (RALP-1),
RALP nei successivi interventi (RALP-2). L’analisi è stata condotta applicando un modello di regressione
logistica binaria, uni e multivariato.
Risultati
La tabella riassume i risultati del confronto. Si può notare che all’analisi univariata le variabili con una
distribuzione significativamente differente tra chi è continente a 30 giorni e chi non lo è, sono: età, tecnica
chirurgica e intervento nerve sparing.
Discussione
All’analisi multivariata la differenza statisticamente significativa è rappresentata dalla tecnica chirurgica. Ad
un mese dall’intervento i tassi di continenza nel gruppo RALP-2 sono statisticamente superiori alla RRP.
Nella nostra esperienza preliminare, età, tecnica chirurgica e intervento nerve sparing risultano essere
fattori prognostici che influenzano i tassi di continenza post-operatoria
Conclusioni
La RALP nella curva di apprendimento offre risultati sovrapponibili alla RRP. Fuori dalla curva di
apprendimento offre risultati significativamente superiori, esponendo il paziente ad un rischio relativo di
incontinenza pari a 1/3 della RRP.
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Confronto tra l’incidenza di margini positivi nella prostatectomia laparoscopica rispetto alla
prostatectomia robotica: studio multicentrico
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Match case-control tra sistema tridimensionale ad alta definizione (3D-HD) e bidimensionale (2D-HD)
nella prostatectomia radicale laparoscopica.
Scopo del lavoro
I margini chirurgici positivi (PSM) sono un potenziale fattore di rischio per la recidiva dopo l’intervento
chirurgico per il tumore alla prostata (RP). Laparoscopia (LRP) e Robotica (RARP) non hanno dimostrato
differenze significative in termini di PSM, in particolare nei centri di riferimento. Tuttavia, in centri che hanno
un volume chirurgico intermedio l’impatto della curva di apprendimento può portare a risultati diversi.
Lo scopo del nostro studio è quello di valutare lo stato dei PSM confrontando la loro incidenza tra LPR
e RARP in centri con volumi chirurgici intermedi (50-150 casi / anno). Abbiamo anche analizzato le
correlazioni tra tecnica chirurgica, approccio nerve-sparing (NS) e l’incidenza di PSM, stratificando i nostri
risultati in base allo stadio patologico.
Materiali e Metodi
Da dicembre 2009 a febbraio 2013, 1.622 pazienti sono stati sottoposti a RP in 10 centri urologici, di questi
pazienti 1.308 erano idonei ad essere inclusi in questo studio. 391 (29,9%) pazienti sono stati trattati
con LRP e 917 (70,1%) sono stati sottoposti a RALP. Abbiamo valutato l’incidenza di PSM, poi abbiamo
comparato l’incidenza di PSM correlata allo stadio patologico, per entrambe le tecniche.
Pini Giovannalberto, Altieri Vincenzo Maria, Ascalone Luigi, Fornara Paolo and Greco Francesco.
Reparto di urologia e centro trapianti renale, Università Martin-Lutero Halle/Wittenberg, Halle/Saale,
Germania
Introduzione
Recentemente, laparoscopi con visione tridimensionale di nuova generazione forniti di alta definizione (3DHD) hanno preso diffusione in laparoscopia offrendo una superiore ergonomia e maggiore qualità visiva.
Scopo dello studio è comparare questi sitemi 3D-HD con il classico laparoscopio a visione bidimensionale
(2D-HD) durante la prostatectomia radicale laparoscopica (LRP) misurando i dati peri- e postoperatori e
risultati funzionali.
Risultati
Materiali e metodi
Nel complesso sono stati diagnosticati margini positivi in 330 pazienti (25,2%). L’incidenza di PSM stratificati
per stadio pT e procedura sono riportati nella tabella 1. Vi era una differenza significativa nell’intento di
eseguire un intervento chirurgico NS tra i 2 gruppi: una procedura NS è stata eseguita in 84 casi (40,0%) del
gruppo LRP e in 595 casi (79,3%) del gruppo RARP (p <0,0001). Tra i pazienti pT2, il tasso di PSM è stato
del 17% (16,2% -17,5%) nel gruppo LRP e del 17,6% (10,1% -28,2%) nel gruppo RARP. La percentuale di
PSM per gli stadi pT3-4 è stato del 47,4% (41,6% -57,1%) nei pazienti LRP e 49,4% nel gruppo di RARP
(38,8% -54,6%). Gli stadi patologici erano equamente distribuiti tra LRP e RARP. Abbiamo osservato un
tasso di PSM del 25% nel gruppo LPR NS e del 22% nel gruppo RARP NS. All’ analisi stratificata del rischio
di PSM abbiamo trovato un effetto protettivo della tecnica NS sui PSM, anche quando questa associazione
è corretta per procedura e stadio pT [OR (95% CI) = 0,66 (0,45-0,97)]; questo effetto protettivo è più
evidente negli stadi pT3-4.
Da Febbraio ad Aprile 2013 abbiamo raccolto in modo prospettivo i dati di 10 pazienti affetti da carcinoma
prostatico clinicamente localizzato e sottoposti con intento curative e da un esparto chirugo a LRP eseguita
con sistema 3D-HD (laparoscopio a doppio canale, telecamera stereoscopica, controllo di camera con
uscita doppia distinta e un monitor stereoscopico: 3D TIPCAM®; Karl Storz; Tubingen, GER). Il gruppo è
stato accoppiato per età, ASA Score, BMI, caratteristiche patologiche cliniche (stadio e Gleason-score) con
10 procedure eseguite mediante sistema 2D-HD da Gennaio 2012 ad Aprile 2013. Sono stati raccolti dati
demografici, peri- e postoperatori (tempo operatorio totale, tempo di anastomosi e linfadenectomia, perdite
ematiche intraoperatorie, complicazioni, tempo di degenza).
Discussione
Nella nostra coorte, abbiamo osservato un tasso complessivo elevato di PSM senza differenze tra LPR e
RARP, ma una significativa variabilità tra i diversi Centri. Questo può essere messo in relazione all’impatto
delle curve di apprendimento, incluso nell’analisi; inoltre l’incidenza di malattia extracapsulare nei pazienti
pT3 potrebbe essere più estesa nella nostra serie rispetto ai centri di Paesi con un maggior tasso di
screening del PSA. Abbiamo scoperto che l’esecuzione di NS durante RP potrebbe svolgere un ruolo
protettivo in termini di minori PSM, in particolare nei casi pT3. Una possibile spiegazione è la selezione dei
pazienti candidabili a NS sulla base dello stadio clinico e sulla percentuale dei prelievi positivi alla biopsia.
Conclusioni
Nel nostro studio
retrospettivo, non abbiamo
trovato alcuna differenza
in termini di PSM in RARP
contro LPR. I nostri PSM
non sono stati trascurabili,
in particolare negli stadi
pT3, rispetto ai centri ad
alto volume; l’ esperienza
chirurgica e la selezione dei
pazienti potrebbero esserne
una possibile spiegazione.
Tabella 1 Distribuzione di 1308 pazienti a seconda dei margini in base a determinate variabili * Variabile Tipo di procedura LRP RARP Stadio pT pT2 pT3-­‐pT4 Nerve Sparing No Sì Margini chirurgici positivi (%) 90(23.0) 240(26.2) 172(17.5) 159(49.4) 81(33.5) 127(22.3) Margini chirurgici negativi (%) 301(77.0) 677(73.8) 810(82.5) 163(50.6) 161(66.5) 443(77.7) *I dati mancanti sono stati esclusi da ciascuna analisi 142
p-­‐value 0.229 <0.0001 0.0008 Sono stati inoltre ricavate le impressioni del chirugo e degli assistenti durante le procedure 3D sul comfort/
ergonomia della camera, qualità dell’immagine e impressioni generali.
Risultati
Il tempo operatorio totale, di anastomosi e di linfadenectomia medi sono risultati inferiori nella
3D (3D:78.1±18.4min vs 2D:98.3±19.5min, p.035; 3D:13.3±5.4min vs 2D:18.3±10.5 min, p.012;
3D:25.1±4.4min vs 2D:31.3±5.5 min, p.45). Le perdite ematiche intraoperatorie sono state ridotte nel 3D
ma non statisticamente significative (3D:250.6±102 vs 2D:279.6± ml; p = 0.6); le trasfusioni postoperatorie
sono state 1% e 2% (p.07). Il tempo di rimozione del catetere, tasso di temporanea insufficienza
anastomotica, tempo di ricovero, tasso di continenza precoce alla rimozione del catetere, margini positive
sono stati comparabili nei 2 gruppi.
Le impressioni del chirugo e degli assistenti sono state sempre positive ad fatta eccezione per un iniziale
discomfort dato dagli occhiali-3D e da un lieve senso di nausea. Inoltre, in caso di sanguinamento diffuso
nel campo operatorio, una ridotta intensità di contrasto e di definizione dei colori può essere incontrata.
Conclusione
I nuovi sistemi laparoscopici stereoscopici incrementano la capacità e la precisione in termine di velocità
e sicurezza operatoria in un chirugo esperto. Un discomfort in termini di visione può richiedere un’iniziale
adattamento agli occhiali-3D.
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86° Congresso Nazionale SIU
PERCENTUALI DI RECIDIVA BIOCHIMICA NELLA PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA ED A
CIELO APERTO: C’E’ QUALCHE DIFFERENZA? RISULTATI DA UNO STUDIO PROSPETTICO NON
RANDOMIZZATO CON FOLLOW UP MEDIANO DI 5 ANNI
V. Fulcoli, G. Costa, D. Massari, L. Laurini (Camposampiero)
Scopo del lavoro
Confrontare le curve di sopravvivenza libera da progressione biochimica (BCRFS) dei pazienti sottoposti
a prostatectomia radicale robot assistita extraperitoneale (e-RALP) con quelle dei pazienti operati a cielo
aperto (ORP), nel medio periodo di osservazione.
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato i dati, raccolti in data base aggiornati prospetticamente, di 455 pazienti consecutivi
sottoposti a prostatectomia radicale per neoplasia prostatica, dal dicembre 2004 al marzo 2009. In 191
è stata eseguita una e-RALP, in 264 una ORP. Nove sono stati i chirurghi coinvolti, di cui 3 esecutori di
entrambe le procedure. Mediante l’analisi di Kaplan-Meier, abbiamo calcolato, nelle due coorti di pazienti, le
percentuali di BCRFS relative alle variabili patologiche considerate e con il log rank test le differenze tra le
curve, con p
Risultati
Il follow up mediano è stato di circa 5 anni nei due gruppi. La coorte di pazienti sottoposti a e-RALP
presentava caratteristiche demografiche e clinico-patologiche della neoplasia migliori rispetto a quella dei
pazienti sottoposti ad ORP. Non vi sono state differenze nell’incidenza di margini chirurgici positivi e nel
ricorso a terapie oncologiche adiuvanti nel post-operatorio tra i due gruppi. L’overall BCRFS è stata pari
all’89,9% vs 85% (p=0,12) a 3 anni e 87,3% vs 78,3% (p=0,01) a 5 anni, rispettivamente. Relativamente allo
stadio patologico, la BCRFS nei pT2 è stata pari al 90,4% vs 89,2% (p=0,71) a 3 anni e 88,4% vs 82,3%
(p=0,12) a 5 anni, rispettivamente; nei pT3 pari a 84,8% vs 69,6% (p=0,11) a 3 anni e 81,8% vs 64,9%
(p=0,09) a 5 anni, rispettivamente.
Discussione
Il principale pregio di questo studio è rappresentato dal follow up relativamente lungo che ha consentito di
evidenziare, per la prima volta in letteratura, un impatto favorevole della tecnologia robotica sulle percentuali
complessive di BCRFS , risultate migliori rispetto alla chirurgia cielo aperto nelle proiezioni a 5 anni. E’ stato
osservato un trend favorevole a migliori curve di BCRFS anche nella stratificazione dei pazienti per stadio
patologico. Tuttavia, la mancata sovrapponibilità delle caratteristiche cliniche delle due coorti di pazienti fa
soffrire lo studio di bias di selezione che, ovviamente, non consentono di affermare in maniera conclusiva il
vantaggio oncologico della prostatectomia radicale robotica sul tradizionale intervento a cielo aperto.
Conclusioni
L’e-RALP potrebbe dimostrasi più efficace dell’ORP nel controllo oncologico del tumore prostatico nel
follow up a medio-lungo termine. Studi prospettici randomizzati dovranno doverosamente chiarire questo
importantissimo aspetto.
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86° Congresso Nazionale SIU
IL TRATTAMENTO DEL CARCINOMA PROSTATICO NEI TRAPIANTATI RENALI; ESPERIENZA DI UN
SINGOLO CENTRO
S. caroassai grisanti, D. Villari, M. Zanazzi, M. Paoletti, A. Delle Rose, V. Li Marzi, E. Dattolo, G. Nesi, M.
Marzocco, G. Nicita (Firenze)
Scopo del lavoro
E’ noto che i pazienti sottoposti a trapianto renale presentano un rischio maggiore di sviluppare neoplasie
rispetto alla popolazione generale. Abbiamo esaminato retrospettivamente l’incidenza del carcinoma
prostatico(PCa) nei riceventi di sesso maschile sottoposti a trapianto di rene presso il centro trapianti di
Firenze nel periodo 1991 -2013, valutando l’iter diagnostico e terapeutico; analizzando l’outcome oncologico
e funzionale del graft.
Materiali e metodi
Numero totale di trapianti effettuati su ricevente maschio:535.Variabili prese in esame: tempo dialitico,età
al momento del trapianto,terapia immunosoppressiva , tempo intercorso tra trapianto e insorgenza del
PCa,neoplasie metacrone o sincrone, caratteristiche clinico patologiche della neoplasia,iter terapeutico,
outcome oncologico e outcome funzionale del graft. L’analisi della sopravvivenza è stato effettuata secondo
il metodo di Kaplan Meier.
Risultati
Nella coorte di 535 pazienti abbiamo riscontato 15 PCa(2,8%).In 14 casi la diagnosi è stata eseguita
mediante agobiopsia mentre in 1 caso nel tessuto di resezione post TURP. Al momento della diagnosi tutti i
graft risultavano funzionanti. 11 pazienti (pts) sono stati sottoposti a Prostatectomia Radicale(PR), 1 a wait
and watching (WW) 3 a radioterapia con ormonoterapia (RT-OT).Il follow up medio è stato di 51,6 mesi
(range 4-170).Solo 1 paziente è deceduto in seguito alla progressione del PCa (tasso di decesso cancro
specifico pari al 6,6%).Tre pazienti sono deceduti per cause non correlate al PCa. Nel 40% dei casi abbiamo
riscontrato altre neoplasie.L’overall survival a 170 mesi dalla diagnosi di PCa è risultata pari al 35%.Solo
1 paziente è rientrato in dialisi per nefropatia da rigetto cronico.Per la descrizione dei risultati oncologici e
terapeutici si rimanda alle tabelle allegate.
Discussione
In letteratura è dibattuto l’aumento dell’incidenza del PCa nei pts trapiantati renali.Le peculiarità immunitarie
di questi pts impongono attenzione nell’attuare scelte terapeutiche che consentano la radicalità oncologica
e la preservazione del graft.L’efficacia e la sicurezza delle singole modalità terapeutiche sono in fase di
dibattito.Le difficoltà chirurgiche legate alla presenza del graft sono tali da richiedere esperienza oltre che
nella chirurgia urologica anche in quella dei trapianti.
Conclusioni
Nella casistica da noi esaminata il Pca ha dimostrato incidenza del 2,8% simile a quella riportata nella
popolazione generale.Il PCa è risultato spesso associato ad altre neoplasie (nel 40% dei casi) ed in
particolare a quelle cutanee.
I nostri dati evidenziano
come sia la PR che e la RT
pelvica si sono dimostrate
sicure,efficaci e fattibili anche
nei pazienti trapiantati,
garantendo un tasso di
decesso PCa specifico pari al
6,6% e, nello stesso tempo,
consentendo il mantenimento
funzionale dell’organo
trapiantato. Per limitare le
possibili complicanze legate
alla chirurgia è auspicabile
che questa venga eseguita
da una equipe di urologi con
esperienza trapiantologia.
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86° Congresso Nazionale SIU
NOMOGRAM FOR PROSTATE CANCER RISK IN MEN WITH A PREVIOUS DIAGNOSIS OF PROSTATIC
INTRAEPITHELIAL NEOPLASIA (PIN)
L. Benecchi, M. Potenzoni, F. Bocchi, L. Perucchini, F. Russo, M. Quarta, M. Tonghini, C. Destro Pastizzaro,
C. Del Boca (Cremona)
Aim of the study
Prostatic intraepithelial neoplasia (PIN) as an isolated diagnostic finding in needle biopsy tissue has
previously been associated with subsequent detection of carcinoma in a large number of cases. In most of
previous studies, the detection rate was greater than 33%, and in about one half of the series, the proportion
of men detected with carcinoma on repeat biopsy was greater than 43%. In contrast, the detection rate after
a diagnosis of benign prostatic tissue is around 20%. The aim of this study is to develop a nomogram that
would be useful for counseling patients in the decision to repeat prostate biopsy after a previous diagnosis
of prostatic intraepithelial neoplasia (PIN)
Materials and methods
Our prospective institutional review board-approved database of twelve core prostate biopsies performed at
our institution from January 2002 to January 2012 was searched for men who repeated prostate biopsy after
a previous diagnosis of PIN. A total of 189 men were included in this study. Median age was 69 years (range
51 to 90). Median PSA was 7.2 ng/ml (range 0.7 to 47.6). Logistic regression model to predict the presence
of prostate cancer at biopsy was fitted using age, prostate cancer family history, digital rectal examination
findings (DRE), PSA, prostate volume and foci of atypical small acinar proliferation (ASAP).
Results
A nomogram for a positive biopsy was developed from the final logistic regression model findings. For
internal validation and to decrease overfit bias models were subjected to 200 bootstrap resamples.
Calibration in the large was assessed by comparing the average of observed vs predicted indolent cancers.
A calibration slope was calculated with a logistic regression model with the (logit of) the predicted probability
as the only covariable.
Discussion
It is likely that, despite extensive sampling of the prostate, a number of patients with high grade prostatic
intraepithelial neoplasia will have cancer missed at baseline due to limitations in our biopsy ability. It is
intuitive that small undetectable cancers would be detected at a delayed interval as they continue to grow.
Some authorities argue that a PSA increase is an appropriate indicator of a missed cancer, while others
recommend serial biopsy in all cases of high grade prostatic intraepithelial neoplasia. In addition to those
cancers missed at baseline, if one believes that prostatic intraepithelial neoplasia is a premalignant lesion,
some men with no cancer at
baseline are likely to have
prostate cancer during followup
Our model can reasonably
predict prostate cancer in patient
with a previous diagnosis of
PIN. We recognize that a single
pathological outcome may not
define the presence of a tumor.
Nevertheless, our model provides
valuable information to a patient
who is considering to repat or not
a prostate biopsy.
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86° Congresso Nazionale SIU
MRI TRUS/FUSION BIOPSIES: IS MRI ACCURATE IN PREDICTING HIGH GRADE PROSTATE CANCER ?
R. Lombardo, A. Cantiani, C. De Nunzio, C. Kastner (Roma)
Aim of the study
The aim of our study was to determine accuracy of MRI in detecting significant cancer in MRI/TRUS fusion
prostate biopsies in patients with previous negative biopsies at increase risk of prostate cancer.
Materials and methods
A consecutive series of patients underwent transperinal targeted prostate biopsies using MRI/TRUS Fusion
technology after previous negative biopsies . Each patient underwent pelvic 3 T MRI (T1, T2, DWI and
ADC map) before biopsy and lesions on the MRI were characterized as non suspicious, suspicious or very
suspicious. If lesions were present on MRI, they were contoured and fused to a live transrectal ultrasound
image in order to target the suspected lesions. In addition to these targeted biopsies additional sector
biopsies were taken. If no lesions were identified standard sector biopsies were taken. Age, PSA, DRE,
prostate volume, number of cores and Gleason score on histological analysis were recorded. The prostate
was divided in 12 sectors and each sector was analyzed to see correlation between MRI and Histology. Low
grade disease was defined as gleason 7 (3+4) or lower and high grade was defined as gleason 7 (4+3) or
higher.
Results
108 patients were analyzed retrospectively. At the time of biopsy, median age was 64 (IQR=58/68) years,
median PSA was 9.6 (IQR=6.6/13.2)ng/ml, median prostate volume was 55 (IQR=39/82)ml and the median
number of cores for each biopsy was 30 (IQR=27/33). Overall 5/108 (5%) complications were recorded,
out of them 4 were acute urinary retentions and 1 bleeding that didn’t require intervention. A total of 1082
sectors were analyzed and out of them 172/1082(15%) were positive on MRI. Positive sectors were: 30/172
(17%) score 3, 53/172 (31%) score 4 and 89/172 (52%) score 5 while no score 2 was given. Out of all
161/1082 (15%) had cancer and 99/161 (61%) had low grade disease while 62/161(39%) had high grade
disease. In the analysis per sector MRI reached a negative predictive value of 89%, a positive predictive
value of 36% and an accuracy of 79%. On univariate analysis age(p=0.000), PSA(p=0.000) and score
(p=0.000) correlated with the presence of cancer. Moreover on univariate analysis Age (p=0.000), PSA
(p=0.000) and score (0.0020) correlated with high grade disease. On multivariate analysis Age was found to
increase by 6.1% per unit the risk of having cancer, PSA increased it by 3.1 % and score on MRI by 6.2%.
Risk of high grade disease is increased by 8.6% per unit of age and by 7.5% per unit of PSA.
Discussion
The high negative predictive value could avoid unnecessary biopsies or decrease number of biopsies with
lower morbidity rates. Moreover MRI score could be included in normograms in order to improve detection of
significant cancer. However improving and standardization in prostate MRI reading is still necessary.
Conclusions
The use of MRI/TRUS fusion biopsy is a very good option for patients with previous negative biopsies and
ongoing suspicion of cancer.
Conclusions
We successfully developed
a model that would be useful
for counseling patients in the
decision to repeat prostate biopsy
after a previous diagnosis of
prostatic intraepithelial neoplasia.
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86° Congresso Nazionale SIU
EVALUATION OF PROSTATE-SPECIFIC ANTIGEN ISOFORM P2PSA AND ITS DERIVATES, %P2PSA,
PROSTATE HEALTH INDEX PHI AND P2PSA DENSITY IN THE DETECTION OF PROSTATE CANCER
AT FIRST BIOPSY: AN EXPLORATORY, PROSPECTIVE STUDY
L. Mearini, C. Ferri, M. Lazzeri, V. Bini, E. Nunzi, D. Fiorini, G. Manasse, M. Porena (Perugia)
Aim of the study
Aim of current study is to confirm the accuracy of serum proPSA (p2PSA) and its derivatives, %p2PSAto-freePSA (%p2PSA), Prostate Health Index (PHI) and to test the value of p2PSA density p2PSAD in
discriminating between patients with and without PCa.
Materials and methods
This is a prospective cohort study of patients with a total PSA (tPSA) range of 2–10ng/ml who underwent
initial prostate biopsy. The primary end point was to evaluate the diagnostic accuracy of index tests in
determining the presence of PCa at biopsy in comparison to tPSA, %fPSA-to-tPSA (%fPSA), PSA density
(PSAD); the secondary endpoint was to evaluate the predictive value of p2PSA-volume-adjusted expressed
as p2PSA density. Multivariable logistic regression models were complemented by predictive accuracy
analysis and decision curve analysis.
Results
PCa was diagnosed in 31.2% of cases. Median tPSA did not differ between groups, while PSAD, %fPSA,
p2PSA, %p2PSA, PHI and p2PSAD (all p
Discussion
Current study analyzed and confirmed, in a prospective cohort subjects, the superior diagnostic accuracy
of %p2PSA and PHI in the detection of prostate cancer. The p2PSA density, expressed by the ratio p2PSA/
prostate volume, was statistically different between patients with PCa vs patients without PCa (p
Conclusions
Considering patients suited for initial prostate biopsy by a tPSA range of 2–10ng/ml, %p2PSA and PHI
confirmed as strong predictors of PCa. The p2PSA density has been shown to differentiate between patients
with or without PCa, with an AUC of 0.71, offering a 5% gain in accuracy respect to tPSA, %fPSA and
PSAD.
P143
86° Congresso Nazionale SIU
MRI TRANSPERINEAL PROSTATE BIOPSIES- ARE THERE ANY BENEFITS IN MRI/TRUS FUSION
TARGETING OVER COGNITIVE DETECTION?
R. Lombardo, A. Cantiani, C. De Nunzio, C. Kastner (Roma)
Aim of the study
Recently the improvements in diagnostics for prostate cancer have accelerated due to a significant
development in MRI technology. We compare targeting accuracy and detection rate of MRI/TRUS fusion
technique over cognitive direction during transperineal prostate biopsies in patients with persistent suspicion
of cancer after initial negative standard biopsy from three European centres.
Materials and methods
Records of patients from three centres with persistent suspicion of carrying prostate cancer after previous
negative biopsy were reviewed. 407 patients having undergone MRI/TRUS fusion transperineal prostate
biopsies (MTTP) or cognitive MRI directed transperineal prostate (cognTP) biopsies were selected forming
two cohorts of patients. 263 patients underwent MTTP and 144 underwent cognTP. All patients had
multiparametric MRI prior to biopsy. The MRI was reported and lesions were highlighted on the images. For
MTTP biopsies the image was fused to a live transrectal ultrasound image for guidance of lesion biopsies.
During the cognTP biopsies the surgeon had MRI images available on a separate screen in theatre. In
addition sector biopsies were taken preferentially from the peripheral zone dividing the prostate into six
sectors for guidance. If MRI was negative normal TP biopsies were taken in both groups. Age, PSA,
Prostate Volume, number of previous biopsies and number of cores were recorded. Low grade disease
was defined as Gleason 7 (3+4) or lower and high grade disease was defined as Gleason score 7 (4+3) or
higher. Statistical analysis was made using SPSS 16 software with chi-square correlation test for categorical
variables and Mann-Whitney for continuous variables.
Results
Mean age for the MTTP group was 64 ± 7 years and for cognTP 64 ± 7 years, respectively mean PSA
was 10,9 ± 7.5 ng/ml and 9.7±6.5; mean prostate volume was 56±27 ml and 60 ± 31 ml; mean number of
previous biopsies was 1,7±1 and 1,1 ±0,7 and mean number of cores was 26 ± 5 and 28 ± 13 cores. No
differences beside for the number of cores (p=0.000) was found in these terms. Detection rate of cancer in
the MTTP group was 122/263 (46%) and in the cognitive group 67/144(46%) (p=1.000). High risk disease
was found in 46/122 (38%) and 19/67 (28%) patients (p=0.203) respectively. In the MTTP group 192/263
(73%) had a lesion on MRI and 137/144 (95%) in the cognTP. Correlation of MRI lesion and positive biopsy
core location was found to be 92/192(48%) in the MTTP group and 40/137 (29%) in the cognTP group with a
statistically significant difference(p=0.001).
Discussion
Our data shows how MRI/TRUS fusion technology compared to cognitive MRI direction offers the advantage
of a more precise sampling of lesions found on MRI during transperineal biopsies in patients with previous
negative biopsies still at risk of prostate cancer. However, accuracy in terms of MRI reading still needs
improvement.
Conclusions
MRI/TRUS fusion is a very good option for patients undergoing second prostate biopsies.
148
149
P144
86° Congresso Nazionale SIU
TRANSPERINEAL LIMITED SECTOR SATURATION BIOPSY (TLSSB) IS AS ACCURATE AS
TRANSPERINEAL EXTENDED SATURATION BIOPSY (TESB) IN PROSTATE CANCER DETECTION:
LESS CORES SAME RESULTS
C. Fiorito, L. Carmona Echevarria, P. Gontero, C. Filippini, C. Negro, D. Nurse, R. Popert, G. Muir (Torino)
Aim of the study
To compare 2 techniques of saturation prostate biopsy (SPB), differentiated by number of cores and scheme
of sampling.
Materials and methods
118 patients undewent SPB, 59 underwent transperineal extended saturation biopsy (TESB), 59
transperineal limited sector saturation biopsy (TLSSB). Indications for SPB were: persistently raised PSA,
suspicious digital rectal examination (DRE) after negative biopsy, mHGPIN/ASAP on prior biopsy and restaging for active surveillance (AS). For both techniques the setup was the one used for brachytherapy, with
a grid to address the sampling. In TESB the number of cores was linear function of the prostate volume:
1 up to 5 cores, depending on the volume, were taken from each of the 24 areas shown in Figure 1a. As
shown in Figure 1b, in TLSSB the prostate was divided into sectors. 4 cores were taken in each sector, from
medial to lateral aspect. Right and left base were sampled only for prostates > 50 cc. Overall, 24 cores were
taken for prostates ≤ 50 cc, 32 for prostates > 50 cc.
Results
No differences were detected between 2 groups neither on continuous variables (age, PSA, prostate
volume), nor on categoric variables (indications to perform SPB, DRE). On univariate analysis none of
2 techniques appeared to be superior in detection rate (TESB 54.2% TLSSB 40.6% p=0.02). On logistic
regression analysis TLSSB showed overall a worse performance in terms of detection rate compared to
TESB (OR 0.4 CI 95% 0.185-0.973). Interestingly, when considering only patients with clinical indication to
SPB (excluding AS patients) no differences appeared to be present in detection rate (TLSSB vs TESB OR
0.386 CI 95% 0.123-1.210). Among AS patients, overall 65% had an upgrade, 75% in TESB, 50% in TLSSB
group.
Discussion
Despite SPB is a widespread technique, it is not clear neither the ideal timing, nor the optimal number of
cores. Our study compares 2 techniques of SPB, different for scheme and number of cores. Our detection
rate is in line with the literature. We observed a weak difference only on multivariate analysis in favor of
TESB when considering all patients. Such difference disappeared when considering only non-AS patients.
Increasing the number of cores over 10-12 does not lead to an increase of detection rate at first biopsy.
Our results confirm the same trend in SPB, suggesting that anatomic distribution is more relevant than high
number of cores. We observed more upgrades in AS group with TESB. This is related to the risk of sampling
the same small lesion more times,
giving a false impression of high
volume cancer and consequent
overstaging.
Conclusions
TLSSB showed a detection
rate comparable to TESB and
other published series. In AS
patients, high number of cores
may lead to oversampling, with
consequent overstaging and risk
of overtreatment. This must be
taken in account when SPB is
used to re-stage AS patients. The
scheme we propose suggests that
a wiser distribution of cores results
in optimal sampling, avoiding
overstaging, keeping adequate the
detection rate.
150
P145
86° Congresso Nazionale SIU
MRI/TRUS FUSION AGAINTS MD ANDERSON PROTOCOL AGAINTS TRANSPERINEAL SECTOR
PROSTATE BIOPSIES: A COMPARATIVE STUDY
A. Cantiani, R. Lombardo, C. Pellegrino, C. De Nunzio, C. Kastner (Roma)
Aim of the study
Biopsy detection of prostate cancer remains imperfect, limited by over detection of indolent tumors and
under detection of clinically relevant cancers.compare differences in terms of detection rate and efficacy
between TP biopsies, MDA biopsies and TRUS/FUSION biopsies in patients with previous biopsies still at
risk of prostate cancer.
Materials and methods
A consecutive series of patients with previous negative biopsies were analysed. Patients needed rebiopsy
either because of rising PSA, suspicious changes in the previous biopsy, abnormal DRE or combination of
theese. Patients underwent either transperineal sector biopsies , MD Anderson prostate biopsies or MRI/
TRUS fusion biopsies. The MD Anderson (MDA) protocol biopsy which involves transrectal sampling of both
peripheral and transitional zones, zonal transperineal template (TPT) biopsy which offers the advantage of
more comprehensive access to the prostate. Patients that underwent TRUS/fusion transperineal targeted
biopsies underwent a 3T MRI prior to the biopsy, lesions on the MRI were contoured and the image was
fused to a live transrectal ultrasound image in order to biopsy the lesions, in addition to those standard
sector biopsies were taken. Low grade disease was defined as Gleason 7 (3+4) or lower and high grade
disease was defined as gleason score 7 (4+3) or higher. Statistical analysis was made using SPSS 16
software with chi-square correlation test for univariate analysis and binary logistic regression for multivariate
analysis.
Results
738 patients were recorded retrospectively in 2 centers. 188 patients underwent transperineal(TPT) sector
biopsies, 349 underwent MDA protocol biopsies and 201 underwent MRI/TRUS fusion biopsies. Mean age
was 65±7 years, mean PSA was 12.21±10.6 and mean volume was 58±29. No differences between groups
were found in these terms. Detection rate of cancer in the TPT group was 79/188 (42%), in the MDA group
was 106/243 (30%) and in the TRUS/FUSION group was 107/201 (53%) (p=0.000). Detection rate of high
grade disease was found to be respectively 20/79 (25%) in the MDA group, 22/106 (21%) and 40/107 (37%)
in the TRUS/FUSION group (p=0.031).
Discussion
MRI/TRUS fusion as second biopsies show very good results in terms of detection rate of cancer and high
grade disease. Diagnosis of high grade cancer and avoidance of unnecessary treatment are one of the main
problems for urologist nowadays. MRI/TRUS fusion biopsies could enhance accuracy of prostate diagnosis
in a safe way giving the fact that transperineal biopsies do not carry the risk of sepsis.
Conclusions
From our experience MRI/TRUS fusion should be preferred to MDA or TPT in order to improve not only
detection rate of tumours but also of high grade disease. Cost/effectiveness studies are required to validate
other aspects of MRI/TRUS fusion biopsies.
151
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86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
EVALUATION OF CONCORDANCE BETWEEN BIOPSY AND RADICAL PROSTATECTOMY GLEASON
SCORE IN INTERNAL AND EXTERNAL PATHOLOGICAL ANATOMY FACILITIES
CORRELATION BETWEEN LEPTIN PLASMATIC LEVELS IN NON-OBESE PATIENTS AND DETECTION
RATE AT PROSTATE BIOPSY
A. Grasso, C. Palumbo, G. Randi, G. Cozzi, E. De Lorenzis, A. Conti, M. Talso, A. Tafa, M. Serrago, G. Albo,
B. Rocco, F. Rocco (Milano)
V. Serretta, S. Scurria, G. Caruana, C. Pavone, S. Caruso, G. Cicero, G. Rinaldi, A. Russo, F. Torretta
(Palermo)
Aim of the study
Biopsy Gleason score (bGS) is an important tool for staging and decision making in patients with prostate
cancer. Therefore, the data from biopsy should be both reproducible across different pathologists and
predictive of the true underlying tumour. We evaluated the agreement between bGS with prostatectomy
Gleason score (pGS) comparing patients who underwent prostate biopsy at our hospital with those who
did it at an outside facility. We also evaluated the correlation between agreement of GS and proportion of
positive biopsy cores (median value of 30%).
Aim of the study
Prostate tumors diagnosed in patients with elevated Body Mass Index (BMI) show higher Gleason score
and more aggressive biological behavior than those diagnosed in normal population. To reduce the
number of negative prostate biopsies and to detect clinical significant prostate tumors in patients with
elevated serum PSA represents a major challenge in urological oncology. Elevated plasmatic levels of
leptin, and other adipose tissue derived factors (adipokines), are evident in obese men. Many studies have
investigated the role of leptin as a putative molecular mediator between obesity and prostate cancer with
contradictory results. Also in normal or overweight (BMI < 30) men, leptin might represent a marker of tumor
aggressiveness and an useful tool in selecting patients undergoing prostate biopsy.
Materials and methods
We retrospectively analyzed patients who underwent robot-assisted radical prostatectomy at our hospital in
2011 and 2012. Patients were divided depending on the site of prostate biopsy. Group 1: biopsy taken in our
facility; group 2 biopsy taken outside. GS were grouped as /=8. We calculated a weighted κ statistic (that
assigns different weights to subjects for whom the raters differ by categories) to evaluate the concordance
from bGS and pGS in the two groups and to evaluate the GS concordance comparing the proportion of
positive cores at biopsy.
Results
A total of 125 patients with completed data were identified (69 patients performed biopsy at our institution
and 56 at an outside facility). The weighted κ score for GS agreement was 0.40 for our institution and 0.27
for other facilities (table 1). The weighted κ score stratified by biopsy hospital for patients with at least 30%
of positive cores was 0,46 for our hospital and 0,42 for other facilities (table 2).
Discussion
Several studies have investigated the correlation between the bGS and pGS, demonstrating discrepancy,
especially upgrading from biopsy to prostatectomy specimens. The agreement values (weighted ĸ) range
from 0.41 to 0.64 for core needle biopsies, and this seems in line with literature. Differences in the two
groups might be possibly explained by differential expertise of pathologists, considering that some outside
facilities are less likely to have dedicated genitourinary pathologists. It also must be noted that in our hospital
the same team of pathologists read both the prostate biopsy and the final surgical specimen, possibly
contributing to increase concordance. The increment of the proportion of positive cores increases the
concordance between the two groups. One explanation might be that with the increase of tumour volume,
the cancer characteristics
are better identified by the
pathologist. Major limitations of
the study are its sample size
and retrospective nature.
Conclusions
Internal prostate biopsy
predicted pGS better than
outside facility biopsy reports.
When the percentage of biopsy
positive cores increases, the
agreement between bGS
and pGS is similar between
the two groups. For certain
cases in which an outside
laboratory biopsy results in
equivocal clinical decision,
biopsy re-evaluation by internal
pathologists can help revealing
the true underlying tumour
architecture and extension.
152
Materials and methods
Only patients undergoing prostate biopsy for PSA level above 4 ng/ml and/or suspicious palpable prostate
nodule, were entered in our preliminary study. The plasmatic level of Leptin was measured by BioPlex
immunoassay in 50 patients, 15 (30%) of them with a previous negative biopsy. A 12-core transrectal biopsy
was planned. The serum leptin levels were related with the results of the biopsy and the PSA levels. ROC
curve analysis was exploited to test the diagnostic accuracy of leptin by AUC calculation. A potential cut-off
level was computed.
Results
The median PSA was 6.8 ng/ml. A prostate nodule was palpable in 18 (36%) patients. The median prostate
volume was 45cc. Prostate cancer was detected in 25 (50%) and ASAP and PIN in 2 more patients
respectively. At a cut-off value of 2.16 ng/ml, leptin demonstrates a sensitivity of 74% and a specificity of
75%. Sixteen patients (32%) had negative leptin and negative prostate biopsy in spite of elevated PSA and/
or palpable nodule.
Discussion
Meta-analyses of observational studies have found body mass index to be positively associated with risk
of advanced and fatal prostate cancer and treatment failure. Adipokines, like leptin, may mediate this
association. We examined the association of leptin with cancer detection rate at biopsy within an exploratory
study design. The high sensitivity and specificity values, although promising, are obtained in selected
patients at high risk for prostate cancer. Nevertheless, our results are encouraging, suggesting that leptin
might represent an useful marker.
Conclusions
Leptin in our preliminary study shows promising diagnostic accuracy for the selection of patients candidate
to prostate biopsy. Further and larger studies are needed to confirm our results. Adiponectin should be also
considered in further research.
153
P148
86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
NATURAL HISTORY OF HIGH-GRADE PROSTATIC INTRAEPITHELIAL NEOPLASIA (HGPIN) AND
ATYPICAL SMALL ACINAR PROLIFERATION (ASAP): WHAT HAPPENS IN THE LONG TERM?
PRELIMINARY RESULTS OF A MULTI-INTISTUTIONAL LONG-TERM SERIES
EFFETTO DELLA SERENOA REPENS (PERMIXON) SULL’ESPRESSIONE DEI GENI CORRELATI
ALL’INFIAMMAZIONE E SULL’ ATTIVAZIONE DELL’NFKB IN COLTURE PRIMARIE DI CARCINOMA
PROSTATICO
S. Giona, F. Pisano, M. Barale, S. Joniau, B. Frea, P. Gontero (Torino)
S. Cattarino, I. Silvestri, A. Aglianò, S. Scarpa, S. Salciccia, M. Innocenzi, F. Minisola, L. Frati, V. Gentile, A.
Sciarra (Roma)
Aim of the study
High-grade prostatic intraepithelial neoplasia (HGPIN) and atypical small acinar proliferation (ASAP) are
histologic findings on prostate biopsy, considered to be predictors of subsequent prostate cancer (PCa). The
long-term natural history of HGPIN and ASAP, however, remains poorly understood. Up-to-date, no large
series have addressed this issue and the ideal follow-up strategy is yet to be defined. Aim of the current
study is to shed light on the natural history of HGPIN and ASAP evaluating a large, multicentric series of
patients who have undergone extended prostate biopsies.
Materials and methods
This is a multicenter study which involved the Department of Urology of Molinette Hospital of Turin and
the Department of Urology of University Hospitals of Leuven Individual patients’ data were retrospectively
collected for 502 Patients who had a bioptic diagnosys of HGPIN or ASAP between 2001 and 2009. Patients
were contacted by phone for updating follow up on prostate cancer status and offered a clinical appointment.
We considered as primary end points the long term probability of being free from a diagnosis of prostate
cancer. Continuus variables were expressed as mean and standard deviation or median and interquartile
range when non-normal. The analysis of survival was performed with Kaplan Mayer method.
Results
Mean age at first biopsy was 64.8 years (SD 7.1), median PSA at first biopsy was 6 ng/ml (IQR 4,8-8,7).
At enrollment 205 (40.8%) cases were ASAP, 95 (18,9%) monofocal and 202 (40,2%) widespread HGPIN.
Median PSA values were not statistically different among these groups (p=0,02). 52 (10,36%) patients
had a re-biopsy within 3 months, 119(23,7%) between 3 and 6 months, 179 (35,66%) between 6 and 12
months, 159 (31,67%) between 1 and 3 and 71(14,4%) after 3 years. At a median follow up of 4,6 years
(IQR 3,5-6,0) , 113 (22.5%) subjects were diagnosed a prostate cancer, 51 (45.1%) of whom underwent a
prostatectomy. 27 (7.7%) patient died, 2 (2,2%) of these due to a prostate cancer. The probability not to be
diagnosed with prostate cancer at 4.6 years was 63.6% ( IC 95% 56.9-69.5) which was statistically different
(log rank p=0.001) between monofocal HGPIN (83.9, IC 95% 66.3-92.8), widespread HGPIN (68.1%, IC
95% 56.4-77.4) and ASAP cases (53.5, IC 95% 43.9-62.3). Median time to cancer diagnosis was 1.6 years
(IQR 0.7-3.6). In the univariate survival model, ASAP and widespread HGPIN respectively conferred an HR=
3.3 (IC 95% 1.6-7.0) and of 2.2 (IC 95% 1.2-4.8) of developing a prostate cancer.
Scopo del lavoro
Lo scopo del nostro studio è stato analizzare l’espressione di citochine e chemochine infiammatorie e
l’attivazione dell’NFKB in linee cellulari PC3 e LNCaP e per la prima volta in colture cellulari primarie di
carcinoma prostatico. Inoltre abbiamo valutato l’effetto della Serenoa Repens (Permixon) su tali fattori
determinando l’effetto del farmaco sul processo proliferativo-apoptotico, correlandolo con l’espressione
infiammatoria e l’attivazione dell’NFKB.
Materiali e metodi
E’ stata valutata l’espressione dei seguenti geni: IL-6, CCL-5, CCL-2, COX-1, COX-2 e iNOS in vitro (linee
cellulari LNCaP e PC3) ed in vivo in campioni di tessuto prelevati da 40 pazienti affetti da adenocarcinoma
prostatico e sottoposti a prostatectomia radicale. Tutte le colture cellulari sono state trattate con Serenoa
Repens (Permixon) a dosi di 44 e 88 microg/ml a differenti tempi di incubazione (16,24,48 e 72 ore). Sono
stati analizzati: l’espressione dei geni correlati all’infiammazione, la crescita cellulare intesa come risultato
dei processi proliferativi-apoptotici e l’attivazione dell’NFKB in cellule trattate e non trattate mediante le
seguenti metodiche: analisi semi-quantitativa, conta cellulare mediante XTT (Cell Proliferation kit SigmaAldrich) e immunofluorescenza, rispettivamente.
Risultati
E’ stato osservato una riduzione significativa (p
Discussione
L’effetto inibitorio della Serenoa Repens (Permixon) sulla crescita cellulare può essere correlato in parte
alla riduzione dell’attività infiammatoria ed in parte all’attivazione dell’NFKB. Ulteriori studi sono necessari
per capire il ruolo dell’NFKB nei processi infiammatori proliferativi apoptotici correlati alla carcinogenesi
prostatica.
Conclusioni
I risultati della somministrazione della Sereonoa repens dimostrano una riduzione dei fattori
dell’infiammazione sia in line cellulari sia in colture cellulari primarie.
Discussion
A ASAP increases significantly the risk of PCa detection compared to HGPIN monofocal. It is not known
whether continuous long term repeat biopsy may have increased the probability of prostate cancer
diagnosis.
Conclusions
63.6% of patients with an initial biopsy of ASAP or HGPIN remain free from a clinical diagnosis of prostate
cancer up to 9 years of follow up.
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86° Congresso Nazionale SIU
L’ANALISI MOLECOLARE DI SEQUENZE DI DNA DI POLIOMAVIRUS UMANO DIMOSTRA
UN’ELEVATA INCIDENZA DI JVC IN PZ AFFETTI DA CARCINOMA PROSTATICO: RISULTATI
PRELIMINARI
S. Cattarino, E. Anzivino, A. Bellizzi, V. Pietropaolo, M. Innocenzi, F. Minisola, V. Gentile, A. Sciarra (Roma)
Scopo del lavoro
L’infiammazione prostatica, causata da numerosi fattori tra cui le infezioni sessualmente trasmesse, sembra
essere coinvolta nella eziopatogenesi e nella progressione del tumore della prostata (CP) e dell’ipertrofia
prostatica benigna (IPB). Anche alcuni agenti responsabili di infezioni non sessualmente trasmesse, come
il BKV umano (hPy), sembrano essere coinvolti nel processo di carcinogenesi. Attualmente solo due studi
hanno dimostrato che il JVC è correlato al carcinoma prostatico. Sulla base di queste considerazioni, in
questo studio abbiamo cercato le sequenze di DNA di JVC.
Materiali e metodi
Abbiamo sequenziato, attraverso un analisi qualitativa, le regioni trascrizionali TCR e le regioni VP1 nelle
urine, plasma, cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) e in tessuto prostatico maligno e benigno
ottenuto da 15 pazienti sottoposti a prostatectomia radicale. I campioni di urina e plasma sono stati anche
analizzati mediante metodica quantitativa per stabilire il livello di reazione virale al momento dell’intervento
chirurgico.
Risultati
Il JVC è stato trovato in 14 su 15 (93%) pazienti analizzati -in 9 su 15 campioni di CP e IPB, in 2 su 14
campioni di plasma, in 10 su 14 campioni di PBMC e in 8 su 14 campioni di urine- e il BKV è stato trovato 4
su 14 (7%) pazienti analizzati -in 3 su 14 campioni di plasma e 2 su 14 campioni di urine. In 4 pazienti sono
stati trovati entrambe i virus. L’analisi delle sequenze TCR ha dimostrato per entrambe i virus la presenza di
una struttura archetipica con alcune sostituzioni di singoli nucleotidi. Queste sostituzioni di nucleotidi trovate
nelle sequenze TCR di BKV sono rappresentative del sottotipo II identificato nell’analisi delle sequenze VP1
mentre quelle identificate nelle sequenze TCR di JCV corrispondono a sequenze polimorfiche conosciute.
Discussione
Nonostante il ristretto numero di pz analizzati, il nostro studio ha dimostrato la presenza di sequenze di
DNA di JCV in 60% di CP e IPB, confermando i risultati dei precedenti studi nei quali il JCV è stato definito
un comune germe della prostata aprendo un futuro dibattito sul suo potenziale ruolo nella carcinogenesi
prostatica.
Conclusioni
L’analisi della regione del gene VP1 del JCV mostra una predominanza del tipo 1B (71%). Attraverso
un’analisi quantitativa abbiamo dimostrato che i pz JCV + presentano un elevato livello di viruria e viremia
se paragonati ai pz BKV +. Questa differenza è principalmente evidente nei campioni di urine e plasma di 3
su 4 pazienti risultati co-infetti.
156
P151
86° Congresso Nazionale SIU
HEAD-TO-HEAD COMPARISON OF LYMPH NODE DENSITY AND NUMBER OF POSITIVE LYMPH
NODES IN STRATIFYING THE OUTCOME OF PATIENTS WITH LYMPH NODE POSITIVE PROSTATE
CANCER SUBMITTED TO RADICAL PROSTATECTOMY AND EXTENDED PELVIC LYMPH NODE
DISSECTION
N. Passoni, M. Bianchi , F. Abdollah, A. Gallina, N. Suardi , M. Tutolo, N. Fossati, R. Damiano, F. Cantiello,
R. Colombo, C. Cozzarini, A. Salonia, P. Rigatti, . Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano, Italia )
Scopo del lavoro
The aim of this study was to compare the ability of lymph node density (LND) and of the number of positive
lymph nodes in predicting cancer-specific survival (CSS)in patients with prostate cancer (PCa) and lymph
node invasion (LNI) at radical prostatectomy (RP).
Materiali e metodi
We included 568 patients with LNI treated with RP and extended pelvic lymph node dissection (ePLND)
between January 1990 and July 2011 at a single tertiary referral center. ePLND consisted of removal of
external iliac, hypogastric, obturator +/- pre-sacral and common iliac lymph nodes. Kaplan Meier method
and multivariable Cox regression models tested the association between number of positive lymph nodes or
LND and CSS. The predictive accuracy of a baseline model including only pathological stage was assessed
using the Harrel′s concordance index and then compared with that of a model including either the number of
positive nodes or LND.
Risultati
The median number of positive lymph nodes was 2, while the median LND was 11.1%. At 5, 8 and 10 years,
CSS rates were 92.5%, 83.9% and 82.8%, respectively. At multivariable analyses, the number of positive
lymph nodes and LND, considered as continuous variables, were both independent predictors of CSS (all
p ≤.01). A 30% LND cut off was found to be the most informative cut-off value for CSS (p=0.004). Similarly,
two positive nodes cut-off was found to be a strong predictor of CSS (p=0.02). CSS rates at 5 and 10 years
were 94.6 and 87.0% for patients with 1 and 2 positive lymph nodes, and 87.6 and 73.0% for patients with
>2 positive nodes (p = 0.003). Similarly, CSS rates at 5 and 10 years were 94.1 and 85.2%, respectively, for
men with LND ≤30%, and 83.8% and 71.0%, respectively, for men with LND > 30% (p 30% and ≤2 vs. >2 for
LND and number of positive nodes, respectively ; all p≤0.02).
Discussione
The number of positive lymph nodes and LND showed comparable discriminative power for long term CSS
predictions.
Conclusioni
A cut-off of 2 positive lymph nodes or 30% LND might be suggested for the selection of candidates for
adjuvant systemic therapy, provided that men are treated with an anatomically defined ePLND.
157
P152
86° Congresso Nazionale SIU
DISCORDANT FINDINGS BETWEEN CHOLINE-PET/CT AND BONE SCAN IN DETECTING BONE
METASTASES OF PROSTATE CANCER: A BICENTRIC EXPERIENCE AND A META-ANALYSIS OF THE
LITERATURE.
F. Zattoni, G. Andrea, L. Evangelista (Padova)
Scopo del lavoro
Radiolabelled choline-PET/CT and bone scan are both used for detecting bone metastases of prostate
cancer. To date, there is an open debate between the experts whether choline-PET/CT could substitute
bone scan to this regard. The aim of our study was to evaluate the pooled prevalence of discordant findings
between these methods in this setting presenting the results of a bicentric experience associated to a metaanalysis of the literature, in order to establish whether one of these methods could be really omitted.
Materiali e metodi
Choline-PET/CT and bone scans both performed in patients with prostate cancer for staging or restaging
at the Oncology Institute of Southern Switzerland and Oncology Venetian Institute were retrospectively
reviewed. Scintigraphic findings were considered positive or negative based on histology or clinical/
imaging follow-up. The prevalence of discordant findings on a per patient-based analysis was calculated.
Furthermore a systematic review of the literature was carried out including articles in which both methods
were performed in prostate cancer patients without selection bias. Data about discordant findings were
retrieved by these articles. Finally, the overall pooled prevalence of discordant findings (including 95%
confidence intervals) was calculated using the statistical software StatsDirect.
Risultati
One hundred fifty-two patients (mean age: 70.1±6.9) who performed both methods were included in our
centers. Concordant findings were found in 126 cases (82.9%), discordant in 26 (17.1%). In 11 cases
(7.2%) choline-PET/CT was positive and bone scan was negative/inconclusive for metastases, whereas in
15 cases (9.9%) bone scan was positive and choline-PET/CT was negative. Pooling these data with those
obtained from 14 articles in the literature including other 782 patients, the overall prevalence of discordant
findings was 8.2% (95%CI: 5-12%). Choline-PET/CT was positive and bone scan negative/inconclusive in
5.8% (95%CI: 3.4-8.7%) of cases, whereas bone scan was positive and choline-PET/CT negative in 2.4%
(95%CI: 0.8-4.9%), without a statistically significant difference about the prevalence of these two groups.
Discussione
Discordance rate between choline-PET/CT and bone scan in prostate cancer patients is not negligible.
There is not a statistically significant difference between the prevalence of patients with choline-PET/
CT positive and bone scan negative/inconclusive and those with bone scan positive and choline-PET/CT
negative.
P153
86° Congresso Nazionale SIU
HIGH RISK AND VERY HIGH RISK PROSTATE CANCER AND THE ROLE OF CHOLINE PET/CT AT
INITIAL STAGING
A. Guttilla, F. Zattoni, L. Evangelista, A. Cervino, M. Gregianin, G. Saladini, F. Zattoni (Padova)
Scopo del lavoro
To prospectively evaluate the role of 18F-fluorocholine (FCH) positron emission tomography (PET)/
computed tomography (CT) in the preoperative staging of patients with prostate cancer at high and very
high risk of recurrence, according to National Comphrensive Cancer Network (NCCN) classification (version
2.2013).
Materiali e metodi
30 patients with prostate cancer (median age: 67 years; range: 57-85 yrs) and very or very high risk of
recurrence (cT3-T4 or Gleason score ≥ 8 or PSA value≥ 20 ng/mL) were prospectively enrolled between
July 2010 and December 2012. Five patients were subsequently excluded. All patients underwent FCH PET/
CT before surgical or other treatments, although seven subjects were already on hormonal therapy (HT) with
LH-RH analogues. Imaging was performed with an integrated PET/CT system after injection of 3 MBq FCH
per kilogram of body weight with acquisition of whole-body images. In 11 patients, radical prostatectomy
with extended pelvic lymph node dissection was performed, two were treated by the association of external
radiation therapy and HT, 10 started HT and two continued on going HT. Statistical analysis was performed
on a per-patient basis.
Risultati
out of 25 patients, 11 (44%) had a positive PET/CT finding in prostate gland, seven (28%) in prostate and
loco-regional lymph nodes, three (12%) in prostate, lymph nodes and bone and in four (16%) cases only
in prostate and bone. The median SUVmax in prostate gland was 7.82 (range 3.01-17.91), and the lowest
value was found in a patient undergoing HT. The SUVmax of lymph nodes ranged between 1.51-15.89 and
the value was correlated with the size of lesions (r=0.93; p
Discussione
FCH PET/CT seems useful in the evaluation of patients with prostate cancer who are at high and very-high
risk for distant metastases.
Conclusioni
FCH PET/CT could be used preoperatively for excluding distant metastases and for tailoring the best
treatment approach.
Conclusioni
To date, a clear superiority of one method on the other in detecting bone metastases of prostate cancer is
not evident. Large prospective studies are needed to assess the factors which could guide the choice of the
best scintigraphic method in this setting.
158
159
P154
86° Congresso Nazionale SIU
ARE THE EFFORTS TOWARDS PROSTATE CANCER EARLY DETECTION ASSOCIATED WITH A
SIGNIFICANT REDUCTION IN TUMOR VOLUME? AN ANALYSIS STRATIFIED ACCORDING TO RISK
CATEGORIES
G. La Croce, S. Nazareno, A. Gallina, U. Capitanio, N. Fossati, R. Matloob, A. Salonia, R. Bertini, M.
Moschini, R. Damiano, F. Cantiello, M. Freschi , C. Doglioni , G. Guazzoni , F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
The introduction of early detection policies in prostate cancer (PCa) has resulted in a significant increase
in the number of diagnoses. However, whether the impact of such policies have affected tumor volume in
radical prostatectomy (RP) specimens is unknown. We thus tested the variation in tumor volume over time
in a large population of patients treated with RP stratified according to PCa characteristics
Materiali e metodi
We analyzed prospectively collected data of 2308 patients affected by PCa and treated with RP between
2006 and 2012 in a single tertiary care referral center. Patients treated with neo-adjuvant hormonal therapy
were excluded from the study. Tumor volumes were calculated by visual inspection. Patients were stratified
in three risk groups: low (PSA < 10 ng/ml, clinical stage T1c and Gleason score 6 or less), high (PSA >20
ng/ml, clinical stage T3 or Gleason score 8-10) and intermediate (all the remaining). The analyses targeted
the variation of tumor volume over time within each risk group. Linear regression analyses were used to
investigate the relation between date of surgery and tumor volume in each risk group.
Risultati
Mean and median age at diagnosis was 63.9 and Mean and median tumor volume at RP was 4.8 and
2.85 ml, respectively (range: 0.12-68.6). Overall, 40.2, 43.7 and 16.2% of patients were affected by low,
intermediate and high risk PCa, respectively. Mean tumor volume was 2.82, 4.66 and 10.08 ml in low,
intermediate and low risk patients, respectively (p
Discussione
The efforts towards early stage PCa detection has resulted in a significant reduction of tumor volume in
patients diagnosed with low and intermediate PCa. However, a non negligible proportion of these patients
might not even need active treatment. Conversely, such reduction was not valid for patients affected by high
risk PCa where local tumor burden remained stable over time
Conclusioni
Efforts should be made to decrease tumor burden specifically in those patients where active treatment has
the highest impact in order to increase patient outcomes.
160
P155
86° Congresso Nazionale SIU
CHANGING AND UNCHANGING FACE OF HIGH RISK PROSTATE CANCER. RESULTS FROM A 15YEAR, SINGLE INSTITUTION SERIES.
V. Cucchiara, U. Capitanio, N. Suardi, A. Gallina, N. Fossati, M. Bianchi, V. Scattoni, R. Damiano, F.
Cantiello, R. Colombo, P. Dell’Oglio, F. Castiglione , V. Mirone, G. Guazzoni, . Montorsi , A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Several studies have shown that the outcome of high risk prostate cancer (PCa) is not invariably poor.
However, such favorable outcomes might be due to a change into Clinical presentation of high risk PCa
towards less aggressive variants over time. The aim of this study was to describe changes in clinical and
pathological characteristics of high risk PCa patients treated with radical prostatectomy (RP) over a 15-year
period.
Materiali e metodi
The study included 1154 patients with pre-operative high risk PCa (defined according to the NCCN criteria
as the presence of at least one of the following adverse characteristics: PSA>20 ng/ml and/or cT3 and/
or biopsy Gleason 8-10) treated with RP and extended pelvic lymph node dissection (ePLND) at a single
tertiary referral center between 1997 and 2012. Preoperative data as well as post-operative pathological
information (pathological stage, nodal status and Gleason sum) were available for all patients. Patients were
stratified into tertiles according to the year of surgery (1997-2004 vs. 2004-2008 vs. 2008-2012). Anova and
chi-square trend tests were used to report the clinical and pathological characteristics of the cohort over
time.
Risultati
When considering clinical characteristics, patient age (66.8 vs. 66.0 vs. 66.3 years, p=0.3) and clinical T3
cases (47.1 vs. 54.9 vs. 53.6%, p=0.2) resulted steady over the three tertiles. Mean PSA decreased (33.1
vs. 32.5 vs. 19.7 ng/ml, p=0.02) and the prevalence of biopsy Gleason sum 8-10 increased (35.1 vs. 46.4
vs. 52.3%, p20 ng/ml or cT3 or biopsy Gleason 8-10) was 72.0 vs. 71.1 vs. 73.3% in the three tertiles,
respectively (p=0.2). Similarly, the prevalence of patients defined as high risk for the simultaneous presence
of two or three criteria remained stable (all p>0.2).
Discussione
Despite the trend towards early diagnosis, Pathological characteristics and presence of more aggressive
PCa variants remained virtually identical over the last 15 years. Increase of higher Gleason grade might be
due to improved pathological PCa staging
Conclusioni
Characteristics of high risk PCa patients did not change over time.
161
P156
86° Congresso Nazionale SIU
EXTERNAL VALIDATION OF THE EAU GUIDELINES FOR PELVIC LYMPH NODE DISSECTION AMONG
PATIENTS TREATED WITH ROBOTIC ASSISTED RADICAL PROSTATECTOMY
A. Gallina, N. Suardi, E. Di Trapani, N. Fossati, D. Di Trapani, G. Gandaglia, R. Damiano, F. Cantiello, V.
Scattoni, N. Buffi, V. Mirone, A. Cestari, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
The European Urological Association (EAU) guidelines recommend to perform extended pelvic lymph node
dissection (PLND) in all patients with a risk of lymph node invasion (LNI) higher than 5% estimated by the
updated Briganti nomogram. However, this model has been developed in patients treated with open radical
prostatectomy only. No study has specifically assessed the accuracy of this model among men treated
with robotic assisted radical prostatectomy (RARP). We hypothesized that EAU indications for PLND are
accurate also among patients treated with RARP.
Materials and methods
The study included consecutive 615 patients treated with RARP and PLND between January 2008 and
December 2011 at a single tertiary referral center. All cases were performed by three different surgeons.
The anatomical extent of PLND was not standardized among surgeons. All patients had complete clinical
and pathological data. The predictive accuracy of the nomogram was quantified using the receiver operating
characteristics derived area under the curve (AUC) and the calibration plot method.
Results
The mean number of lymph nodes removed and examined was 10.2 (median: 9; interquartile range: 6-13).
LNI was found in 31 patients (5%). Overall, 337 (54.8%), 160 (26%), 118 (19.2%) had 15 lymph nodes
removed, respectively. Preoperative clinical and biopsy characteristics differed significantly between men
with and without LNI (all p
Discussion
We report the first validation of the EAU guidelines recommendation for PLND among patients treated with
RARP. Use of 5% cut-off in men treated with more limited PLND would have led to a 20% LNI missing rate.
Conversely, the accuracy of such recommendations increased significantly in men with more extensive
PLND.
Conclusions
The use of EAU recommendations in men treated with RARP are only valid in presence of more extensive
PLND.
162
P157
86° Congresso Nazionale SIU
THE NUMBER OF POSITIVE NODES IS THE STRONGEST PREDICTOR OF CANCER SPECIFIC
SURVIVAL IN PATIENTS TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY FOR PATHOLOGICAL T3
PROSTATE CANCER
P. Dell’Oglio, M. Bianchi, A. Gallina, N. Suardi, F. Abdollah, A. Nini, E. Di Trapani, M. Tutolo, F. Castiglione,
U. Capitanio, V. Mirone, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
Previous studies demonstrated that patients (pts) with one or two positive lymph nodes have a significantly
better cancer specific survival (CSS) compared to pts with three or more nodes involved at radical
prostatectomy (RP). However the impact of the number of positive nodes on CSS have never been tested
in pts with locally advanced prostate cancer (aPCa). The aim of the study was to examine CSS according to
the number of positive nodes in pts harboring pT3 PCa at RP.
Materials and methods
We identified 1562 pT3 pts treated with RP and extended pelvic lymph node dissection between 1988 and
2012 at our institution. Pts were stratified according to the absence of seminal vesicle invasion (SVI) vs
presence of SVI and according to the number of positive nodes: 0 (N0), 1-2 (N1a) and ≥3 (N1b). KaplanMeier analyses assessed CSS. Multivariable (MVA) Cox regression analyses was used to test the impact
of number of positive nodes on CSS. Covariates included patient age, surgical margin (SM) status,
pathological Gleason score (GS), and adjuvant therapy.
Results
Overall, SVI was reported in 756 (48.4%) pts and 990 (63.4%), 366 (23.4%), and 206 (13.2%) pts were N0,
N1a, and N1b, respectively. Mean follow-up time was 71 months (median 60 months). The mean number of
nodes removed was 17 (median: 16, range: 1-66). The 5 and 10 year CSS after RP was 94.5% and 86.5%.
After stratification according to the number of positive nodes, 5 and 10 year CSS was 96% and 86% for N0,
93% and 78% for N1a, 78% and 61% for N1b (all p
Discussion
Locally aPCa pts do not share the same prognosis. This is the first study assessing the impact of the
number of positive nodes on CSS in locally aPCa pts, according to the absence vs presence of SVI.
Conclusions
In conclusion in pT3 pts, the presence of a high nodal burden is associated with poor prognosis. However,
a limited (2 or less) number of nodes involved does not compromise cancer control in pts with locally
advanced disease. Our results reinforce the need for stratification of node positive prostate cancer pts
according to the number of positive nodes, specifically for locally advanced disease.
163
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86° Congresso Nazionale SIU
P159
86° Congresso Nazionale SIU
A COMPETING-RISKS ANALYSIS OF SURVIVAL AFTER ALTERNATIVE TREATMENT MODALITIES
FOR LOCALLY ADVANCED PROSTATE CANCER PATIENTS: A POPULATION-BASED STUDY.
PATIENTS WITH DISSEMINATED HGPIN AND METABOLIC SYNDROME HAVE AN ELEVATED RISK OF
PROSTATE CANCER AT REPEAT BIOPSY: RESULT OF A MULTICENTRE STUDY.
A. Nini, F. Abdollah, M. Bianchi, N. Passoni, P. Dell’Oglio, S. Corti, R. Colombo, C. Cozzarini, G. Guazzoni,
F. Cantiello, R. Damiano, M. Sun, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
A. Cicione, F. Cantiello, I. Bava, C. De Nunzio, A. Tubaro, E. Carvalho-Dias , C. Oliveira, P. Da Mota, E.
Lima, R. Damiano (Germaneto)
Aim of the study
Despite the evidence on the impact of active treatment for patients with locally advanced prostate cancer,
the optimal management of this patient group is still under debate. In order to address this issue, the
impact of initial treatment type (radical prostatectomy [RP], radiotherapy [RT], hormonal therapy [HT] and
observation) on cancerspecific (CSM) and other-cause mortality (OCM) has been tested in men with locally
advanced disease
Aim of the study
To test in multicentre setting if patients with metabolic syndrome (MetS) and initial disseminated high grade
prostatic intraepithelial neoplasia (HGPIN) diagnosis are at higher risk of prostate cancer (PCa) at repeat
biopsy.
Materials and methods
The study included 3,910 patients with clinically T3-T4 PCa, within the Surveillance, Epidemiology, and End
Results-Medicare linked database. Patients were stratified according to treatment type, and either Gleason
score or age categories. Competing-risks survival plots and Cox regression analyses were used to estimate
the impact of treatment type on CSM and OCM rates
Results
At 10 years, CSM and OCM rates were 14 and 28% in RP patients vs. 20 and 38%in RT patients vs. 36 and
47% in HT patients vs. 26 and 49%, respectively in the observation cohort (all p≤0.001). The same trend
observed in favor of RP was confirmed when patients were stratified according to Gleason score or age
groups. At multivariable competing-risks analyses, the adjusted hazard ratios recorded for RP, radiotherapy,
and HT were 0.51 (95% confidence interval [CI]: 0.36-0.72), 0.80 (95% CI: 0.65-0.99), and 1.28 (95% CI:
1.05-1.56), respectively relative to observation (all p≤0.04)
Discussion
Our results indicate that patients with locally advanced PCa should be considered for treatment options with
curative intent (RP or radiotherapy), whenever feasible, regardless of tumor characteristics or patients age.
Conclusions
With respect to treatment type, RP appears to provide the most favorable CSM rates.
Materials and methods
Multicentre retrospective study. Patients with an initial diagnosis of HGPIN underwent a repeat biopsy six
months later regardless PSA level and DRE findings. A 12 core prostate biopsy template was used in both
biopsies. MetS was defined according to the National Cholesterol Education Program’s Adult Treatment
Panel III criteria. Disseminated HGPIN was defined when more than 4 biopsy cores and the two prostate
lobes were involved.
Results
Overall 283 patients were enrolled in three European academic Hospitals. Median age was 67 years
(IQR 62-72). MetS was diagnosed in 116/283 (41%) patients and PCa was detected in 84/283 (29.7%)
patients. In particular, PCa was more frequently diagnosed in patients affected of disseminate HGPIN
and MetS (45/86, 52.3%) than in patients with disseminate HGPIN and normal metabolic profile (28/95,
29.5%), p=0.002. Moreover binary logistic regression confirmed that disseminated HGPIN and MetS are
independent risk factors for following PCa diagnosis, respectively OR 3.9 (95% CI 2.4-8.3, p=0.001), OR 3.6
(95% CI 2.3-6.4, p=0.001) while PSA and DRE are not able to predict PCa at repeat biopsy OR 1.01 (95%
CI 0.98-1.3 p=0.400) and OR 0.97 (95% CI 0.55-1.72, p=0.928).
Discussion
HGPIN is still considered as pre neoplastic lesion. However not general consensus exists on when and
whether a repeat prostate biopsy has to be performed after HGPIN diagnosis so new high risk predictive
markers of PCa are pleasing in order to decrease unnecessary prostate biopsies number. MetS was recently
hypothesized as etiological cause of PCa though a pro inflammatory status, whereby it is reasonable
presuming that it may work at time of pre neoplastic lesion too. Our findings maintain this hypothesis in a
multicentre setting too. However retrospective nature of the study and absence of previous more data about
MetS and HGPIN link are the limits study.
Conclusions
Our experience confirms that the lesion spread is the actual existing variable predictive of PCa for patients
with initial diagnosis of HGPIN. Furthermore, the increase of prostate cancer risk in presence of MetS
suggests to assess metabolic profile and to repeat prostate biopsy.
164
165
P160
86° Congresso Nazionale SIU
NUMBER OF POSITIVE SPOTS AT [11C]CHOLINE PET-CT SCAN PREDICTS CANCER SPECIFIC
AND OVERALL SURVIVAL IN PATIENTS TREATED WITH SALVAGE LYMPH NODE DISSECTION FOR
NODAL RECURRENCE AFTER RADICAL PROSTATECTOMY: IMPORTANCE OF PATIENT SELECTION
M. Tutolo, N. Suardi, N. Fossati, F. Abdollah, U. Capitanio, M. Picchio, L. Gianolli, G. Giovacchini, C. Messa,
R. Damiano, F. Cantiello, P. Rigatti, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milan)
Aim of the study
Salvage lymph node dissection (SLND) may be considered in patients with prostate cancer (PCa) and nodal
recurrence at [11C]Choline PET-CT scan (PET/CT) after radical prostatectomy (RP).The aim ofour study
was to identify clinical and pathological predictors of cancer specific (CSS) and overall survival (OS) in men
treated with SLND for patients with nodal recurrence at PET/CT after RP.
Materials and methods
We identified 94 patients treated with SLND (pelvic and/or retroperitoneal) between January 2002 and
July 2011 at a single tertiary care centre for PCa nodal recurrence after RP. Clinical nodal recurrence
was defined as at least one positive spot at [11]Choline PET/CT. All patients underwent pelvic and/or
retroperitoneal SLND. The Kaplan-Meier methodology was used to assess the 5-year CSS and OS rates
after SLND. Univariable (UVA) and multivariable (MVA) Cox-regression analyses were used to predict
CSS and OS. Covariates consisted of age and PSA at SLND, adjuvant or salvage treatment administration
between RP and nodal recurrence, time from RP to BCR and number of positive spots at PET/CT (stratified
according to the most informative cut-off).
Results
Overall, 23 (24.5%) patients underwent pelvic SLND and 71 (65.5%) patients received both pelvic and
retroperitoneal SLND. Mean PSA at SLND was 6.46 ng/ml (median 2.36 ng/ml). Most individuals had a
single positive spot at PETCT (77; 81.4%). Overall, 8 (8.6%), and 12 (12.9%) patients experienced CSS and
OS after SLND at a mean follow-up of 54 months. At 5 years, the overall CSS and OS rates were 87.8 and
86.1%, respectively. After stratification according to number of positive spots, the 5 year CSS and OS were
95.1 and 29.6 %, 88.1 and 29.6% for patients with ≤2 and 3 or more positive spots at PET/CT, respectively
(all p
Discussion
The number of positive spots at PET/CT represents the only independent predictor of CSS and OS in
patients treated with SLND for lymph node recurrence after RP for PCa.
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86° Congresso Nazionale SIU
LONG TERM DIABETES MELLITUS INCREASES THE RISK OF POORLY DIFFERENTIATED TUMOR IN
PROSTATE CANCER PATIENTS.
A. Russo, F. Abdollah, A. Nini, M. Bianchi, N. Passoni, P. Karakiewicz, A. Salonia, A. Gallina, F. Castiglione,
N. Fossati, G. La Croce, G. Guazzoni, M. Sun, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
The aim of our study was to test the hypothesis that diabetic patients with prostate cancer (PCa) are at a
higher risk of harboring more aggressive disease characteristics
Materials and methods
The study included 104,822 patients diagnosed with PCa between 1992 and 2005 and undergoing different
treatment modalities in the Surveillance, Epidemiology and End Results-Medicare linked database.
Univariable and multivariable logistic regression analyses were used to test the relationship between
diabetes mellitus (DM) status and two endpoints: 1)poorly differentiated tumors (Gleason score 8-10); 2)
locally-advanced PCa (T3-T4 disease).
Results
The overall rate of DM was 14%. In diabetic patients, the mean DM duration was 41.6 months (median:
35.0). The rates of DM without complication, DM with complication, and DM with organ failure were 42,
21, and 37%, respectively. After adjusting for all covariates, diabetic men with PCa were 5% more likely to
harbor poorly-differentiated disease. Patients with long term DM (>35 months) or with DM with organ-failure
were 15 and 21% more likely to harbor poorly-differentiated PCa, respectively relative to their non-diabetic
counterparts (all p
Discussion
Prostate cancer patients with long-term DM, and/or DM with organ failure are at a higher risk of harboring a
poorly differentiated tumor.
Conclusions
When counseling diabetic patients about PCa screening and PCa management, those individuals should be
properly informed about the risk of developing poorly differentiated tumor due to diabetes.
Conclusions
Our study is of importance as it offers new criteria for the selection of the ideal candidate for salvage
surgery.
166
167
P162
86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
PATHOLOGICAL OUTCOMES IN PATIENTS CANDIDABLE FOR ACTIVE SURVEILLANCE TREATED
WITH RADICAL PROSTATECTOMY. ARE THEY REALLY LOW RISK PATIENTS?
SIURO-PRIAS-ITA PROJECT: UPDATE OF THE ITALIAN EXPERIENCE IN THE PRIAS INTERNATIONAL
STUDY
A. Minervini, E. De Lorenzis, A. Grasso, A. Conti, M. Falsaperla, A. Porreca, L. Cindolo, A. Celia, A.
Antonelli, P. Parma, S. Crivellaro, S. Zaramella, A. Di Domenico, D. Del Biondo , P. Bove, M. Gacci, M.
Lanciotti, S. Serni, B. Rocco (Firenze)
M. Alvisi, T. Magnani, T. Rancati, G. Conti, R. Papalia, M. Gallucci, D. Diazzi, G. Martorana, R. Sanseverino,
G. Napodano, P. Graziotti, G. Taverna, S. Proietti, M. Tanello, E. Fregio, A. Turci, G. Cicchetti, E. Bollito, M.
Colecchia, M. Fiorentino, R. Montironi, C. Patriarca, S. Sentinelli, R. Valdagni (Milano)
Aim of the study
Over-diagnosis and over-treatment are potential side effects of PSA screening policies for prostate
cancer (PCa). Active surveillance (AS) has evolved as an alternative to active treatment in case of lowrisk PCa, to minimize side effects. Several protocols of AS has been proposed, based on standardized
clinical parameters such as Prostate Cancer Research International Active Survelliance (PRIAS) criteria.
Nevertheless in patients in AS the real pathological stage remains unknown. The aim of our study is to
retrospectively make out the pathological stage in a multicenter cohort of patients who had undergone
radical prostatectomy (RP) meeting the preoperative PRIAS criteria.
Aim of the study
Active Surveillance (AS) is being confirmed worldwide as an alternative to radical treatment (Prostatectomy/
Radiotherapy/Brachytherapy) for low risk prostate cancer (PCa). The aims of AS are to deal with the issue of
overdiagnosis resulting from PSA based opportunistic screening, to limit overtreating of potentially indolent
PCa and to avoid/delay therapy-induced side effects. Based these assumptions, in December 2009 the
SIUrO-PRIAS-ITA project started including PCa patients in PRIAS (Prostate cancer Research International:
Active Surveillance), the international study coordinated by the Erasmus University Medical Center in
Rotterdam. We here report on the SIUrO-PRIAS-ITA experience.
Materials and methods
Out of 923 patients recruited for minimally invasive RP between December 2009 and February 2013 in 5
Italian urological centers, 144 (15.6%) would have met the PRIAS criteria modified (clinical stage T1c/T2,
PSA < or =6). The pathological features of these low risk patients have been investigated.
Materials and methods
Eligibility criteria are iPSA≤10ng/ml, Gleason Score≤6 or Gleason 3+4 in>69 years old with60 ml), pathologic
review of diagnostic biopsy. Follow-up is based on PSA every 3 months, clinical evaluation every 6 months,
evaluation of PSA doubling time (PSA DT), re-biopsy at 12, 48 and 84 months and possible extra biopsy
(if PSA DT is between 3 and 10 years). Exit criteria are PSA DT≤3 year, upgrading or upsizing at the rebiopsies. Active Treatment Free Survival (ATFS) was assessed using Kaplan-Meier survival analysis.
Results
The preoperative patients’ characteristics are shown in table 1. Out of 144 patients included, 89 (61.8%)
underwent laparoscopic RP and 55 (38.2%) robot-assisted RP. At pathological evaluation, Gleason score
upgrade was reported in 40.9% of patients; 47 (32.6%), 11 (7.6%), 1 (0.7%) patients showed RP Gleason
sum 7, 8 and 9, respectively. 15 (10.4%) and 4 (2.7%) patients had T3a and T3b pathological stage
respectively. One patient showed lymph node invasion. 31 patients (20.9%) had positive surgical margins, of
these 11 (35.5%) were multifocal. The positive surgical margin rate for pT2 and pT3 disease was 16.8% and
52.6%, respectively.
Discussion
AS is a well established standard approach for low risk localized prostate cancer. However, probably due
to the poor reproducibility of the clinical tools, significant diseases can be under-diagnosed or missed.
Analysing the pathological features on definitive specimens, some of these low risk patients demonstrated
a migration in to
intermediate or high risk
groups according to
D’Amico classification.
Despite the preoperative
estimated low risk of
these patients, the rate of
positive surgical margins
was not negligible,
particularly in pT3 stage.
Conclusions
Notwithstanding some
preoperative criteria can
define patients affected by
PCa as low risk patients,
at the pathological
evaluation some of these
revealed intermediate-high
risk disease. So, based
on our data, patients
candidated to AS should
be carefully counseled
on possible disease
understaging.
168
Results
From December 2009 to April 2013, 378 patients from 8 Italian centres entered SIUrO-PRIAS-ITA. Figure
1a shows enrolment grouped by centre. Mean age at diagnosis was 67 years (SD=7 yrs), mean PSA
was 5.4 ng/ml (SD=1.9 ng/ml) and mean volume was 53 cc. The mean number of total cores sampled in
the diagnostic biopsy was 15 (min 8– max 40), 95% of patients had clinical stage equal to T1c and 73%
reported one positive core at diagnostic biopsy. 283/378 patients are still on AS protocol with a median
follow up of 18 months (min 2 months – max 40 months). 95 patients discontinued AS based on protocol or
personal decision; reasons for discontinuation are reported in Figure 1b. ATFS at two years follow up is 67%
(Fig 1c).
Discussion
AS is proving an acceptable alternative to radical therapies for patients with low risk PCa, who might harbor
an indolent PCa thus avoiding overtreatment and treatment induced toxicities. Unfortunately, the definition of
indolent cancer is still cloudy and it is still not possible to distinguish between aggressive PCa, which needs
immediate treatment, and non aggressive PCa. For this reason AS should be carried on within protocols
with well defined criteria for inclusion, follow up management and discontinuation.
Conclusions
The follow up phase should be organized according to a precise scheme to guarantee high standard of care
and switch to therapy, should any modification in the clinical situation occur. Every effort should be made to
systematically check adherence to the protocol criteria and limit the number of patients lost at follow up.
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86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
CORRELATION BETWEEN BASAL PCA3 LEVEL AND BIOPSY-DRIVEN DISEASE RECLASSIFICATION
IN ACTIVE SURVEILLANCE
THE HEALTH STATUS OF MEN ON ACTIVE SURVEILLANCE: A COMPARISON WITH GENERAL MALE
POPULATION
C. Marenghi, T. Rancati, F. Ravagnani, C. Lombardo, F. Taverna, T. Magnani, M. Alvisi, M. Colecchia, N.
Nicolai, N. Bedini, R. Salvioni, R. Valdagni (Milano)
L. Bellardita, M. Alvisi, T. Rancati, D. Biasoni, M. Catanzaro, T. Magnani, C. Marenghi, N. Nicolai, S. Stagni,
S. Villa, S. Villa, R. Salvioni, R. Valdagni (Milano)
Aim of the study
One of the open issues in Active Surveillance (AS) for prostate cancer (PCa) is lack of consensus on the
optimal selection criteria and on triggers for drop out and radical intervention. The current methodologies
for PCa staging are sub-optimal in distinguishing patients (pts) with indolent cancer from pts harboring
aggressive disease. Ongoing research is focused on the study of new biomarkers that could more clearly
discriminate PCa aggressiveness. Among them PCA3, which is a prostate specific noncoding mRNA that
is over-expressed in PCa tissue compared to non-neoplastic prostatic cells. Urinary PCA3 levels has been
significantly associated with Gleason Score (GPS) and PCa volume in prostatectomy series, suggesting that
this marker may be useful in the selection of pts for AS. The goal of the present study was to evaluate the
relationship between PCA3 and biopsy-driven disease reclassification in an AS cohort. Preliminary results
are here presented.
Aim of the study
Active Surveillance (AS) is increasingly becoming a viable alternative to radical treatments for low risk
Prostate Cancer (PCa) patients. Studies conducted in Northern Europe highlighted that QoL was not
impaired in patients on AS protocols, both compared to patients undergoing radiotherapy [1] and to
respondents with no disease [2]. The aim of the present research was to compare the health status (HS) of
Italian patients who entered an AS protocol with normative data for general Italian male population.
Materials and methods
Starting in 2005, we are proposing AS in very low-risk PCa within an institutional protocol (SAINT). In
November 2007 we activated the international PRIAS protocol. Until February 2013 a total of 454 pts were
enrolled in AS (287 PRIAS + 167 SAINT). Entry criteria are: iPSA≤10ng/ml, T≤T2a, GPS≤3+3, maximum 2
positive cores (PRIAS) and positive biopsy-cores≤20% (SAINT), max core length containing cancer≤50%
(SAINT), PSA density
Results
Seventy-eight pts had PCA3 measured at AS enrollment (75/78 had at least one re-biopsy). Twenty-one
and 3 pts had a second and a third evaluation, respectively. There was no significant difference in age,
PSA and PSA density between the subpopulation with PCA3 measurement and the whole AS population. A
PCA3 score>80 was correlated with increased disease reclassification rate due to UPG+UPS (log-rank test
p=0.005, Hazard Ratio=3.7) and to UPG (log-rank test p=0.04, Hazard Ratio=4.4). Kaplan-Meier curves are
presented in figure 1.
Discussion
In this preliminary analysis, in a cohort of pts with very-low risk PCa who were selected for AS, a PCA3
score>80 was significantly associated with disease re-classification at re-biopsy. Specifically, it was
correlated to enhanced rates of upgrading.
Conclusions
Further analysis is necessary to assess the usefulness of PCA3 in AS management.
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Materials and methods
Between Nov 2007 and Apr 2013, patients included in AS protocol completed self-report questionnaires
assessing QoL; in 2011 SF-36 Health Survey (Italian validated form) was included, assessing Physical
Functioning, Role Physical, Role Emotional, Vitality, Mental Health, Social Functioning, Bodily Pain and
General Health. For each scale, a score ranging from 0-100 was calculated (higher score, better health
status). T-test was used to compare SF-36 mean scores of AS cohort to normative data for Italian general
male population by age [3].
Results
At entrance in the AS protocol, 131 patients completed SF-36 (Mean age= 65 years, SD=7). Figure 1
shows the SF-36 normalized mean scores for AS patients grouped by age and compared to normative
data for Italian male population. T-test showed significant differences between AS cohort and normative
data for patients under 65 years of age (all p-values < 0.05) with higher scores for AS patients in each SF36 dimension. Physical Functioning, Bodily Pain, Vitality and Mental Health were statistically higher in AS
patients than in normative data for patients above 65.
Discussion
Patients on AS protocol reported equal or better HS than the general male population. Despite patients had
been facing the challenge of PCa diagnosis and of the decision of AS versus active treatment, their physical,
emotional and social functioning did not seem to be worse than in a disease-free male population. Results
are particularly interesting given that SF-36 does not merely evaluate the presence of dysfunctions, but also
patients’ own perception by requiring the respondents to compare their general health now with their health
a year ago, their anticipated health in the future, and the health of other people they know. A limitation of
this study is the relatively small data set for AS patients. The study is ongoing and prospective data will be
collected to reach up to 5-years follow-up, which will allow to compare the health status of AS patients to
normative population over time and on a larger dataset.
Conclusions
AS did not negatively impact the patients’ QoL. Our results were similar to those reported in studies
conducted in Northern Europe. We can argue that the belief of AS being impracticable for men in the
Mediterranean area due to cultural reasons should be considered a prejudice. Acknowledgments to
Foundations I. Monzino and ProADAMO Onlus. [1] Thong et al., BJUI 2012. [2] Vasarainen et al., BJUI 2012
[3] Apolone et al., 1997
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THE NUMBER OF BIOPSY CORES TAKEN IS A MAJOR PREDICTOR OF UNFAVORABLE PROSTATE
CANCER AT FINAL PATHOLOGY IN PATIENTS CANDIDATE FOR ACTIVE SURVEILLANCE: CLINICAL
IMPLICATIONS.
ASSOCIATION BETWEEN THE NUMBER OF CORES TAKEN AT INITIAL PROSTATE BIOPSY AND
INSIGNIFICANT PROSTATE CANCER AT RADICAL PROSTATECTOMY IN PATIENTS SUITABLE FOR
ACTIVE SURVEILLANCE.NEED FORACCURATE BIOPSY SAMPLING.
A. Russo, N. Suardi, U. Capitanio, A. Gallina, F. Abdollah, G. Gandaglia, P. Capogrosso, N. Fossati, P.
Dell’Oglio, R. Damiano, F. Cantiello, R. Colombo, C. Doglioni, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
L. Villa, N. Suardi, U. Capitanio, R. Damiano, F. Cantiello, M. Bianchi, A. Nini, M. Moschini, P. Dell’Oglio, V.
Di Girolamo, V. Scattoni, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
Accurate staging is a key pre-requisite for all patients with low risk prostate cancer considered for active
surveillance (AS). Despite this, the most commonly used criteria for AS do not include the number of cores
taken as a parameter to be considered. We investigated whether the number of cores taken at biopsy
affects the rate of unfavorable disease in patients candidates to AS.
Aim of the study
The role of the number of cores taken at prostate biopsy in patients suitable foractive surveillance
(AS) is controversial. We tested the role of the number of cores in confirming the presence of
pathologicallyconfirmedinsignificant prostate cancer (pIPCa) in patients eligible for AS.
Materials and methods
Data were analyzed from 449 patients who fulfilled the PRIAS criteria for AS (PSA 10, PSAD ≤20, biopsy
Gleason score 6 or lower, clinical T stage 1-2, and 1 or 2 positive cores), subsequently treated with RP at a
single tertiary referral center. Chi-square test and cubic spline analyses were used to depict the relationship
between the number of cores taken and the probability of finding unfavorable disease(defined as either non
organ-confined disease or RP Gleason score 7 or higher) at final pathology. Univariable and multivariable
logistic regression analyses were used to identify clinical predictors of unfavorable disease at final
pathology.
Results
Overall, 123 patients (27.4%) showed unfavorable disease at RP. Mean PSA was 5.4 (median 5.5, range
0.5-9.9). The mean number of cores taken was 14 (median 13, range 6-32). At univariable analyses, an
increasing number of cores taken was significantly associated with a lower risk of harboring unfavorable
disease at RP (OR 0.94: p=0.002). The rate of unfavorable disease was 61.8, 20.8 and 17.4% in men
submitted to ≤12, 13-18 and >18 cores at biopsy, respectively (p
Discussion
Among candidates to AS, the number of biopsy cores taken represents a major independent predictor of
unfavorable disease at RP.
Conclusions
When AS is considered as a possible approach, an appropriate number of cores taken at diagnosis is
mandatory
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Materials and methods
Of 3349 patients diagnosed with PCa at prostate biopsy and subsequently treated with RP at our
institutionbetween 2002 and 2012, we selected 272 patients who were eligible for AS according to PRIAS
criteria (PSA ≤ 10 ng/mL, PSAD < 2, T1c-T2 clinical stage). Patients were divided according to the number
of cores taken atbiopsy ( ≤12 vs. 13-18 vs. ≥19 cores). At pathology, pIPCa was defined according to
Epstein’s criteria (Gleason score ≤6, tumorvolume ≤0.5 ml and organ-confined disease). We relied on Chisquare test to depict the rate of pIPCa according to the number ofcores. The effect of PSA, PSA density,
number of positive cores, number of cores, prostate volume and clinical stage in predictingthe presence of
pIPCa was addressed using univariable and multivariable logistic regression analyses.
Results
At pathology, 49 (18%) patients had pIPCa. The rate of pIPCa in patients submitted to ≤12 cores, 13-18
coresand ≥19 cores were 11.7% (13 of 111 pts), 25% (20 of 80 pts) and 20.6 % (16 of 81 pts), respectively
(p=0.05).
Discussion
At unviariable logistic regression analyses, prostate volume and number of cores were the only significant
predictors of pIPCa (OR=1.01, p=0.05and OR=2.5, p=0.02). After adjusting for the effect of other available
features, the number of cores taken remained the onlyparameter significantly associated with the presence
of pIPCa. Indeed at multivariable analyses, although the probability of havingpIPCa in patients with ≥19
cores is not significantly higher than patients with ≤12 cores, patients submitted to 13-18 cores had 2.4-fold
higher probability of having pIPCa compared with patients submitted to ≤12 cores (p=0.03).
Conclusions
The number of cores taken is a major predictor of pIPCa in patients suitable for AS. In this patientgroup, 1318 cores seems to be an adequate sampling to safely rely on favorable pre-operative features in addressing
patients toconservative treatment. Although there are no recommendation about the sampling bioptic extent
when identifying patients for AS,the number of cores taken at prostate biopsy should be carefully considered
in decision making.
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SPATIAL DISTRIBUTION OF POSITIVE CORES DECREASES MISCLASSIFICATION RATES OF
PATIENTS WITH LOW RISK PROSTATE CANCER CANDIDATE FOR ACTIVE SURVEILLANCE
CONFRONTO FRA UNA GESTIONE MULTIDISCIPLINARE ED UNA MONODISCIPLINARE UROLOGICA
DEI PAZIENTI CON CARCINOMA PROSTATICO
E. Di Trapani, F. Abdollah , N. Passoni, U. Capitanio, A. Gallina, M. Tutolo, M. Bianchi, G. Gandaglia, N.
Suardi, R. Damiano, F. Cantiello, A. Salonia, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
S. Salciccia, A. Sciarra, A. Gentilucci, S. Cattarino, M. Innocenzi, G. D’Eramo, V. Gentile, V. Panebianco
(Roma)
Scopo del lavoro
A non negligible proportion of prostate cancer (PCa) patients who fulfill the current active surveillance (AS)
criteria harbor unfavorable tumor characteristics at radical prostatectomy (RP). Although several criteria
proposed for AS have included detailed biopsy parameters, none of them has considered the pattern of
intra-prostatic distribution of positive cores taken at initial biopsy. We tested the hypothesis that positive
cores spatial distribution at biopsy is a predictor of unfavorable PCa characteristics at RP in AS candidates
Scopo del lavoro
Valutare i risultati di una gestione multidisciplinare (MDT) tipo Prostate Unit (PU)confrontandoli con quelli di
una gestione monodisciplinare urologica, nei pazienti con carcinoma prostatico (CaP)
Materiali e metodi
We examined the data of 524 patients treated with RP, between 2000 and 2012. All men fulfilled at least
one of four commonly used AS criteria (namely, JH, PRIAS, MSKCC, UCSF). Univariable and multivariable
(MVA)regression models tested the relationship between positive cores spatial distribution, defined as either
the number of positive zones at biopsy (PBxZ; namely, right apex, right margin, right base, left base, left
margin, left apex) or tumor laterality at biopsy and two endpoints: 1) unfavorable PCa at RP (Gleason score
≥4+3, and/or pT3 disease), and 2) clinically significant PCa (tumor volume ≥2.5 cc, as recently suggested).
Risultati
Overall, unfavorable and clinically significant PCa rates were 8.4% and 25%, respectively. In patients with 1
PBxZ (n=393;75%), the rates of pathologically unfavorable and clinically significant tumor was 6.9 (27/393)
and 23.1% (91/393), respectively vs. 13% (17/131) and 30.5% (40/131) respectively in men with more than
1 PBxZ (all p ≤0.04). Similarly, the rates of unfavorable and clinically significant tumors in men with bilateral
tumor at biopsy were 17.7 (14/62) and 33.9% (21/62) vs. 7.1 (33/462) and 23.8% (110/462) in men with
unilateral tumor at biopsy. (all p ≤0.04). These results were confirmed at multivariable analyses, where
patients with >1 PBxZ or bilateral tumor at biopsy had a 3.2-fold and 1.7-2.3 fold higher risk of harboring
pathologically unfavorable and clinically significant tumor, respectively, after accounting for age, PSA,
prostate volume, clinical stage, number of positive cores, and number of total cores (all p ≤0.04).
Materiali e metodi
Dal gennaio 2011 all’aprile 2012, 292 casi (Gruppo A) di eta’ media 62.6 ±11.0 anni ( range 43-76) sono stati
inclusi e valutati dalla nostra PU con gestione MDT. I casi inclusi erano o soggetti idonei per un programma
di diagnosi precoce ( eta’ 40-70 anni e PSA totale > 2.5 ng/ml) o gia’ con diagnosi di CaP. Questo gruppo
e’ stato confrontato con 124 casi (65.4±6.8 51-72) valutati e trattati nello stesso periodo e nella stessa
istituzione ma con una gestione urologica monodisciplinare (2 urologi)(Gruppo B). Il team della PU
comprendeva
Risultati
Il tempo medio per concludere tutto il programma iniziale fino alla diagnosi istologica alla biopsia prostatica
e’ stato di 22.3 ± 5.4 giorni nel Gruppo A (32.7 ± 8.6 giorni nel Gruppo B su 124 casi) (p
Discussione
La collaborazione multidisciplinare offerta da una PU, riunendo l’esperienza di specialisti di diversi settori
particolarmente dedicati al CaP, puo’ produrre rilevanti vantaggi per il paziente in tutte le fasi della gestione
della neoplasia prostatica.
Discussione
The addition of spatial core distribution might help in the identification of patients at a higher risk of
progression, thus reducing the rate of inappropriate surveillance of more aggressive tumors.
Conclusioni
Positive cores spatial distribution at biopsy should be considered in the clinical decision making process for
the selection of patients candidate to AS.
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PERCENTAGE OF CANCER INVOLVEMENT IN POSITIVE CORES CAN PREDICT UNFAVOURABLE
DISEASE IN MEN WITH LOW-RISK PROSTATE CANCER BUT ELIGIBLE FOR THE PROSTATE
CANCER INTERNATIONAL: ACTIVE SURVEILLANCE CRITERIA
Objectives: The spread of screening for prostate cancer with PSA serum led to the reduction in mortality
from this cancer. To this regard, the active surveillance, has reached an important popularity with the
intention to avoid or postpone surgery in patients with prostate cancer at low risk. Unfortunately, some
doubts persist about the ability of the different criteria to predict an organ-confined prostate cancer.
To identify predictive factors of unfavourable disease and of biochemical failure in patients treated with
radical prostatectomy (RP) but eligible for AS according to PRIAS criteria. We aimed to introduce and
validate the percentage of cancer involvement in positive cores (CIPC) as potential worse predictive factor.
Methods: From January 2002 to December 2007, 750 consecutive subjects underwent RP at a single
institution. We identified 147 (19.05%) patients who were eligible for AS based on PRIAS criteria: clinical
stage T1c or T2 disease, PSA level of ≤10 ng/ml, Gleason score ≤6, PSA-D of <0.2 ng/ml2 and fewer than
three positive biopsy cores. CIPC was included in the analysis.
Results: Of the 147 patients, 95 (66.43%) patients had favourable while 48 (33.57%) had unfavourable
disease. In multivariate logistic regression, maximum cancer length (OR 12.52, p<0.01) and CIPC (OR 1.70,
p<0.01) represented independent predictors of unfavourable PCa. The AUC analysis revealed significantly
higher performance after including CIPC to the PRIAS criteria (0.61 vs. 0.94, p<0.01). A cutoff of 0.4 mm of
CIPC was set to predict unfavourable disease with 93% specificity, 76% sensibility and 87% accuracy based
on the ROC curve analysis. Finally, the 3- and 5-years BFS were significantly lower in subjects with CIPC
≥0.4 mm, 88.4 % and 81.0% vs. 97.8% and 95.7% respectively (p<0.01).
Discussion: It has recently been demonstrated that 27% of patients included in the PRIAS protocol have
been reclassified (Gleason score> 6 and / or more than 2 cores positive) at re-biopsy during follow-up. In our
study, we showed that including the relationship CIPC to the pathological parameters of prostate biopsy is
possible to estimate the presence of organ-confined disease in 93% of cases.
Conclusions: Our findings suggest that the inclusion of CIPC to the prostate biopsy features could be
helpful to avoid misclassification in patients eligible for AS according to the PRIAS criteria.
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ROBOTIC RADICAL PROSTATECTOMY PATHOLOGY OUTCOMES IN PATIENTS WHO DISCONTINUED
ACTIVE SURVEILLANCE
G. D’Elia, P. Emiliozzi, A. Iannello, A. Cardi, P. Tariciotti (Roma)
Scopo del lavoro
Little is known about the outcome of robotic radical prostatectomy (RRP) specimens of patients initially
followed using active surveillance (AS). We evaluated pathology findings of 19 patients undergoing RRP
after an initial period of AS.
Materiali e metodi
From January 2008 to August 2012, n = 49 patients with low-risk prostate cancer entered our AS protocol.
Eligibility criteria for AS were: clinical stage T1c, Gleason score 6 (no pattern 4/5), two or fewer positive
cores and < 50 % single-core involvement, PSA < 10 ng/ml. AS protocol consisted of PSA measurements
every 6 months and an annual 10 core biopsy. Progression leading to active treatment recommendation was
defined as: PSA > 10 ng/ml or any Gleason pattern grade 4/5 or > 50% cancer in any core or cancer in more
than two cores.
Risultati
A total of 19 patients discontinued AS (38 % of the cohort) and underwent RRP (mean age 69 years,
range 65-73). Median time to RRP was 13 months (6-22 months). Eleven patients (58 %) switched to RRP
because of anxiety and 8 patients (42 %) underwent deferred RRP due to protocol-based recommendations.
The pathologic stage was T2a in 10 % of the cases (2 pts), T2b in 5 % (1 pt), T2c in 53 % (10 pts), T3a in
27 % (5 pts) and T3b in 5 % (1 pt). The Gleason score of the prostate specimen was upgraded in 58 % of
cases. A Gleason 6 pattern was evident in 42 % of cases, Gleason 3+4 in 21 %, Gleason 4+3 in 27 % and
Gleason 8 in 10 %. Unfavourable pathologic RRP results (pT3–4 and/or Gleason score ≥ 4 + 3) were found
in 37 % of cases (7 pts). All the patients who discontinued AS because of anxiety had pT2 disease. None of
the patients with organ confined disease had positive margins whereas 1 patient with extracapsular disease
had a monofocal positive margin. Overall positive surgical margin rate was 5.2 %. Complete continence
(pad free) at 1, 3, 6, and 12 months was 57%, 88%, 94% and 98%, respectively. At 1, 3, 6 and 12 months
return of potency (IIEF-5 > 21) with or without the use of oral medications was achieved in 6%, 22%, 51%
and 68%, respectively.
Discussione
In our series, there was a high rate of AS discontinuation and most of these patients switched to deferred
RRP because of anxiety. This might be related to profound popularity of RRP among patients in the belief
of opting for a safe and efficacious intervention. This is confirmed by our high rates of early return to
continence and preservation of erectile function despite the old age of the cohort.
Conclusioni
Pathology results in men who were initially followed with AS show potentially unfavourable outcomes in 37%
of the cases. This finding emphasises the need for better prediction tools to achieve safe AS protocols.
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IS ROBOTIC ASSISTED RADICAL PROSTATECTOMY THE REAL ALTERNATIVE TO ACTIVE
SURVEILLANCE? RESULTS OF PERI-OPERATIVE AND FUNCTIONAL OUTCOME ANALYSES
PRELIMINARY RESULTS FROM ITALIAN REGISTRY OF A NEW QUADRATIC MALE SLING (VIRTUE)
IN THE TREATMENT OF MALE STRESS URINARY INCONTINENCE
A. Gallina, N. Suardi, N. Passoni, A. Nini, P. Dell’Oglio, M. Tutolo, V. Mirone, R. Colombo, R. Damiano, F.
Cantiello, V. Scattoni, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
S. Crivellaro, D. Bottero, S. Melegari, F. Gadda (Udine)
Scopo del lavoro
Active surveillance (AS) is a viable option for selected patients with low-risk prostate cancer (PCa). Such
approach would avoid potential treatment-related complications in those patients in whom treatment might
not be needed. However, concerns about possible complications in this patient group might be reduced after
the introduction of minimally invasive approaches. We compared pathological, peri-operative and functional
outcomes of robotic-assisted (RARP) and retropubic radical prostatectomy (RRP) in patients eligible for AS
Materiali e metodi
We considered data on 4831 men treated with RP at a single tertiary referral center. Of these, 449(9.3%)
were eligible for AS according to the PRIAS criteria (PSA≤10.0 ng/ml, PSA-density
Risultati
At pathological evaluation, 24 (5.3%), 11 (2.4%), 7 (1.6%), and 138 (30.7%) patients showed ECE, SVI, LNI
and RP Gleason sum ≥7. The cumulative rate of unfavourable PCa was 38.3%. Mean and median length of
hospital stay was 6.7 and 11.2 days for RARP and RRP patients respectively (p
Discussione
The introduction of RARP has minimized treatment related complications. However, even in these patients
intra- and peri-operative morbidity is not negligible and functional results, although very good, are not
perfect.
Conclusioni
The decision to perform a RARP vs. active AS should be carefully discussed balancing excellent cancer
control with potential, although limited, functional impairments after surgery
Aim of the study
Stress urinary incontinence following radical prostatectomy remains a significant problem for both patients
and urologists, with an incidence of 5-20%. A recent surgical treatment option includes Virtue quadratic
transobturator an prepubic male sling. Aim of this registry is evaluation of safety and efficacy of this new
treatment.
Materials and methods
Between June 2012 and March 2013 a total of 25 patients (range 59-82 years old) underwent Virtue
implant. After positioning the patient in lithotomy position, an incision was made in the perineal region.
Dissection was conducted to the bulbocavernosus muscle which was left intact. The Quadratic sling Virtue
was implanted through transobturator and prepubic arms using fluoro to guide the tunneler insertion. RLPP
was measured to reach at least 60 cmH20 after tensioning. All patients enrolled in our study underwent a
urodynamic exam to confirm the presence of intrinsic sphincteric insufficiency in the absence of detrusor
overactivity. Efficacy of the treatment has been evaluated with 24 hours pad test, daily pads count and
with questionnaire (ICIq). Moreover, patients’ impression has been evaluated using overall impression of
improvement from 1 (very improved) to 8 (very worsened). Surgical details and complications have been
reported for each patient at follow up visits at 1 and 3 months.
Results
Mean surgery time was 45 minutes. Mean follow-up time was 4 months (range 1-9). 24 hours pad test
decreased from a mean of 247 gr to a mean of 47 gr . Daily pads count highlighted that after surgery a total
of 6 patients (24%) were completely dry and 10 pts (40%) were improved. ICIq score decreased from an
average of 16.5 before Virtue implant to 7.9 at last follow-up. Average overall impression score was 3. No
perineal pain nor complications that required devices removal have been reported.
Discussion
Virtue a new sling for male stress urinary incontinence born with the rational of compressing distal urethra
on a wider area in order to obtain continence avoiding complications such as erosion or retention.
Conclusions
The preliminary results of Virtue for male stress urinary incontinence shows good efficacy and reassuring
safety.
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ARGUS-T DEVICE IN MALE INCONTINENCE: SHORT-TERM RESULTS
F. Visalli, S. Siracusano, C. Tallarigo, M. Saccomanni, S. Ciciliato, A. Kugler (Trieste)
Aim of the study
Although surgical techniques for radical prostatectomy have been refined significantly during the last
20 years, a significant number of patients still suffer from persisting post-prostatectomy stress urinary
incontinence (SUI). 5-48% of patients underwent radical prostatectomy is affected by SUI and the 6-9% of
them looks for a specific treatment. In this way the artificial urinary sphincter (AUS) has become the gold
standard for the treatment of this disorder but it is expensive and associated with mechanical failure and for
this reason there is a renewed interest for male sling implantation. The aim of this study was to evaluate the
short-term results of patients treated by Argus-T device
Materials and methods
From June 2008 until March 2013 97 patients affected by post-prostatectomy SUI and 20 patients affected
by post-TURP SUI respectively underwent surgical procedure of positioning Argus-T device. We divided
the study population according to the degree of the incontinence: mild (1-2 pads daily), moderate (3-5 pads
daily) and severe (more than 5 pads daily). We considered as satisfactory results the patients cured and
improved. Each patient was evaluated on QoL by specific questionnaires (VAS score incontinence/QoL
score) and daily pads number before and after the surgery
Results
All patients had a mean age of 71.5 years (range 52-86 years) and the mean follow-up was 26.7 months
(1-61 months). The patients were affected by mild incontinence in 7.7% (9/117 patients), moderate
incontinence in 69.2% (81/117 patients) and severe incontinence in 23.1% (27/117 patients) respectively.
24.8% (29/117 patients) were previously treated by adjuvant radiotherapy. The overall cure improvement
rate was 73.5% (86/117 patients). In patients previously treated by adjuvant radiotherapy the success rate
was 48.3% (14/29 patients). In 29.9% (35/117 patients) it was necessary a single revision while in 17.9%
(21/117 patients) were performed at least 2 revisions. Overall post-operative complication rate was of 7.7%
(9/117 patients) requiring in some cases the removal of the device
Discussion
Sling procedures are quicker and less invasive than artificial urinary sphincter (AUS). In particular the use of
a trans-obturator approach seems to be safer and easier than retropubic approach with a lower incidence of
intraoperative complications. At present this study represents the first report about the results in the shortterm regarding ARGUS-T device
Conclusions
These initial outcomes by ARGUS-T seem to be promising even if results in the long-term are needed
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DOES THE NEOBLADDER FILLING ACTIVATE H-REFLEX? A NEUROPHYSIOLOGICAL AND
URODYNAMIC INVESTIGATION
G. Palleschi, A. Pastore, G. Morgia, G. Salerno, A. Conte, A. Giannantoni, A. Berardelli, A. Carbone (Latina)
Aim of the study
Patients with neobladder urinate when they feel an increased pressure in the pelvis mi due to the loss
of physiological micturition reflex. Previous studies showed that bladder filling induces changes in the
excitability of somatic spinal motoneurons as tested with the soleus H reflex study and suggested that this
modulation takes place at spinal level possibly through propriospinal pathways. Overall the above studies
also suggested that spinal motoneurons inhibition arises from bladder afferent input during bladder filling.
Whether spinal motoneurons modulation during bladder filling at least partly depends also on an increase of
abdominal pressure is unknown. Aim of this study was to evaluate whether ileal neobladder distension also
affects the excitability of spinal motoneurons.
Materials and methods
We performed soleus muscle H reflex study during ileal neobladder distension in 8 male patients (age
range 64-72 years, mean 67,5) with ileal orthotopic neobladder. Patients underwent the H-reflex study
during urodynamic assessment. Because evidence in humans suggests that hip angle and forearm
positions are critical for soleus and flexor carpi radialis (FCR) H-reflex modulation, subjects laid supine in
a gynaecological position with the forearm in pronation. EMG signals were recorded from the FCR muscle.
The H-reflex was tested at empty neobladder and maximum neobladder capacity.
Results
Date from surgery ranged from 8 months to 7 years. Mean neobladder capacity resulted 235.5±18 mls
and mean neobladder pressure 29±7 cmH2O. Median nerve stimulation elicited an FCR H reflex at empty
bladder with a mean amplitude±SD 0.63±0.17mV. Tibial nerve stimulation elicited a soleus H reflex at empty
bladder with a mean±SD amplitude 2.90±1.09mV. Paired sample T test showed that the amplitude of FCR
H reflex and soleus H reflex did not statistically differ when tested at empty neobladder and at maximum
neobladder capacity (FCR H reflex p=0.88; Soleus H reflex p=0.83).
Discussion
Our research firstly shows that neobladder filling left the H-reflex size unchanged suggesting that
bladder filling-induced modulation on H reflex size, previously reported in Literature, was actually due to
bladder afferents activity and did not depend on an aspecific increase in pelvic and abdominal pressure
during micturition. Furthermore the results suggest that small intestine afferents do not modulate spinal
motoneurones excitability. Whether small intestine afferent-induced modulation on spinal motoneurones
is weaker than bladder filling-induced modulation making it undetectable with our techniques remains
unknown. The lack of neobladder filling induced modulation on somatic spinal motoneurons might be partly
responsible for the absence of a real desire to void in patients with neobladder.
Conclusions
The filling of ileal orthotopic neobladder does not determine any modification of H-reflex amplitude in
humans, suggesting that ileal afferent pathways do not modulate spinal motoneurone’s activity.
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86° Congresso Nazionale SIU
DESMOPRESSIN AND PARKINSON’S DISEASE: A “NEW” APPROACH TO TREAT NOCTURIA
S. Proietti, M. Gubbiotti, J. de Vermandois, A. Giannantoni (Rozzano)
Aim of the study
The efficacy and safety of desmopressin in the treatment of adults with nocturia have been demonstrated in
several randomized trials, but no consistent information exist on its use in patients affected by Parkinson’s
disease (PD). We investigated the effects of desmopressin in the treatment of nocturia in PD patients, in a
short term follow up.
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86° Congresso Nazionale SIU
MORPHOLOGICAL EVIDENCE OF DEG/ENAC FAMILY CHANNELS IN HUMAN UROTHELIUM OF
PATIENTS WITH CHRONIC SPINAL CORD INJURIES SCI
G. Del Popolo, M. Lazzeri, F. Nelli, C. Traini, S. Serni, V. Li Marzi, M. Vannucchi (Firenze)
Aim of the study
Morphological expression of Deg/ENaC family channels Epithelial Na+ Channel (γ−ENaC) and Acid-Sensing
Ion Channel 1 (ASIC1) was investigated in patients with chronic spinal cord injury (SCI) and correlated their
expression with the clinical conditions
Materials and methods
Thirty-three PD patients were included in this prospective open label study. After a baseline evaluation
including a 7 day voiding diary, serum chemistry and the Nocturia Quality of Life questionnaire (N-QoL),
patients underwent treatment with desmopressin 60 μg sublingually administered at bedtime for 7 day.
Patients with 50% or greater reduction in nocturnal voids at day 7 continued to assume the same drug
dosage for 12 weeks. Patients who did not report such a response to treatment, after the first week
changed to desmopressin 120 μg for the whole observation time. Voiding diary, serum chemistry and N-QoL
questionnaire were repeated after 1 week and 12 weeks of treatment. Primary end point was the proportion
of patients with a 50% or greater reduction in the mean number of nocturnal voids after treatment compared
with baseline. Secondary end points were changes in nocturnal urinary volume, duration of the sleep period
until the first nocturnal void, change in QoL, safety of treatment with desmopressin.
Materials and methods
Specimens were obtained from normal urinary bladder (# 3 male) and from patients with SCI and
urodynamic proved neurogenic detrusor overactivity (NDO) (3 F, mean age 42 ± 7 ys, and 8 M, mean
age 39 ±11 ys). Samples were got by multiple cold cup biopsies (posterior wall, dome, trigone) of the
bladder mucosa. The primary outcome of the study was to report the morphological expression of ENaC
and ASIC receptors in the urothelium. The secondary end point was to correlate the morphological
findings with the clinical status. Specimens were fixed, embedded and frozen, cut by using cryostatat
and incubated in the presence antibodies: rabbit polyclonal anti-ASIC1 and goat polyclonal anti-gENAC
(SantaCruzBiotechnology). The immunoreactions were revealed by using the Cy2 goat anti-rabbit and
the Cy2 donkey anti-goat (JacksonImmunoResearch) secondary fluorescent antibodies, respectively. The
fluorescent immunoreaction were observed under an epifluorescence Zeiss Axioskop microscope
Results
At week 1 a (>50%) reduction in the mean number of nocturnal voids, mean nocturnal urinary volume,
mean duration of the sleep period until the first nocturnal void and a significant increase in mean N- QoL
total score were observed in 15 patients (41.9%). All the 15 patients continued to assume desmopressin 60
μg for 12 weeks. Nine patients changed to desmopressin 120 μg for 12 weeks. Nine patients discontinued
treatment due to adverse effects, mainly nausea and diarrhea, and lack of efficacy. Overall, at 12 weeks 24
patients (70.9%) reported significant effects in all the considered parameters and none of them presented
with a serum sodium < 135 mmol/l. (Table 1).
Results
In control subjects, ASIC labelling is extremely faint, homogenously distributed in all the cell layers and
made by few, small granules; no ENaC labelling is detectable. In SCI patients with NDO, ASIC labelling was
uniformly distributed along the urothelium, located mainly in the more superficial layers, particularly in the
club cells immediately underlining the dome-cells. The labelling is distributed along the cell profile as thin
and continuous rings alternating and was consistent in responders to antimuscarinics and Botulinum Toxin
A (BoNT/A) (Fig.1). ENaC labelling is located in the dome-shaped cells and it is uniformly distributed along
the entire urothelium, but with lower intensity than the ASIC one. In 1 patient refractory to BoNT/A, ASIC
labelling was distributed mainly along the more superficial layers, particularly in the dome-shaped and in
the club cells immediately underlining. Along the urothelium there are areas intensely labelled alternating to
faintly labelled. The urothelium in the posterior wall is richer in labelled cells than the trigone. ENAC labelling
intensity was lower than the ASIC one
Discussion
Nocturia is the most common
urinary symptom in PD,
occurring in 60–80% of
patients, strongly affecting
QoL. Factors underlying
nocturia may be different.
Nocturnal polyuria contributes
to nocturia in around 75% of
patients. To our knowledge
this is the first study
investigating the efficacy
and safety of sublingual
desmopressin in the treatment
of nocturia in patients with PD,
showing good clinical results
and improvement of QoL.
Discussion
Deg/ENaC family represents a new class of cation channels. Our findings demonstrated the presence
of ENaCs and ASICSs on human urothelium of normal subjects and of SCI patients. are overexpressed
in NDO patients , seem to correlate with the treatment outcome. Our findings are the first morphological
evidence of urothelium expression of these cation channels in SCI and NDO. They could have implications
in the pathophysiology of voiding reflex and in the drugs mechanism of action
Conclusions
Further functional studies remain mandatory to understand potential roles of urothelial degenerines
Conclusions
Different dosages of
desmopressin sublingually
administered are able to
control nocturia in about 70%
of patients in the short term
follow up, without any serious
adverse effect.
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86° Congresso Nazionale SIU
LONG-TERM EFFICACY AFTER REPEAT ONABOTULINUMTOXINA DETRUSOR INJECTIONS IN
PATIENTS WITH NEUROGENIC DETRUSOR OVERACTIVITY: AN INTERIM ANALYSIS AFTER 7
TREATMENT CYCLES
G. Del Popolo, R. Dmochowski, J. Zhou, B. Jenkins, M. Kennelly (firenze)
Aim of the study
OnabotulinumtoxinA (onabotA) has been shown to be well tolerated and provide efficacy in patients
with UI due to neurogenic detrusor overactivity (NDO). However, many previous long-term studies were
retrospective and/orfrom single centers with few patients. Here we present an analysis of the large cohort
of patients (with multiple sclerosis or spinal cord injury) treated in the long-term extension study of the two
onabotA phase 3 pivotal studies
Materials and methods
Patients with UI due to NDO who completed the pivotal trials receive onabotA injections into the bladder
wall via cystoscopy, avoiding the trigone,in this 3-year extension study (NCT00876447). Initially, this was
the same onabotA dose allocated in the pivotal phase 3 studies (200U or 300U); however, on approval of
the 200U dose for treatment of UI due to NDO, the protocol was amended so all patients receive 200U.
Data were integrated across the pivotal and extension studies and analyzed by onabotA treatment cycle.
Change from study baseline (BL) in UI episodes/day and volume/void at wk 6 after each treatment were
assessed, as were time to request for retreatment, adverse events (AEs), and initiation of clean intermittent
catheterization (CIC).
Results
A total of 387, 348, 283, 195, 108, 59, and 40 patients received 1, 2, 3, 4, 5, 6, and 7 onabotA treatments,
respectively. Mean UI episodes/day at BL were 4.5 and 4.4 in the onabotA 200U and 300U groups; at week
6, mean changes from BL across treatment cycles 1-7 ranged from -3.1 to -4.4 for onabotA 200U and -3.0 to
-3.7 for onabotA 300U (Fig. 1). Volume/void was ~150 mL at BL and doubled to ~300mL following onabotA
treatment across all cycles. For patients who completed 3 onabotA 200U treatment cycles, the median
time to request for retreatment was ~9.5 months. The most common AEs were urinary tract infections and
urinary retention. Only 10 patients discontinued due to AEs. No new safety signals were observed over
repeat treatment. De novo initiation of CIC was 30.2%, 3.6%, and 4.9% in the 200U group (cycles 1-3,
respectively); 42.4%, 17.5% and 4.0% in the 300U group (cycles 1-3, respectively); and 0% in cycles 4-7
(both dose groups).
Discussion
Consistent and clinically relevant reductions in UI episodes/day from BL and improvements in the ability
of the bladder to store urine, indicated by increased volume/void, were seen following repeat onabotA
treatment across all cycles. A durable duration of effect was observed.AEs did not increase with repeat
treatment, with no new safety signals. Risk of de novo CIC was highest after the first treatment and was
reduced after subsequent
treatments.
Conclusions
Consistent and persistent
improvements in UI
episodes and volume/
void were observed, with
no new safety signals
identified, after repeat
onabotA treatment (up to 7
treatment cycles). This is
the first large, multicentre,
long-term extension trial
to demonstrate tolerability
and efficacy of repeat
treatment with onabotA in
NDO patients.
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86° Congresso Nazionale SIU
WHICH VARIABLES COULD PREDICT THE OUTCOME IN MID-URETHRAL SLING FOR FEMALE
URINARY INCONTINENCE? A PRELIMINARY ANALYSIS
SLING MODULABILE (ARGUS®) PER IL TRATTAMENTO DELL’INCONTINENZA URINARIA MASCHILE
POST CHIRURGICA: ESPERIENZA SU 70 CASI
E. Costantini, V. Li Marzi, M. Serati, D. Pistolesi, A. Carbone, E. Finazzi Agro, M. Soligo, V. Bini, G.
Palleschi, A. Cocci, A. Turri, G. Del Popolo, G. M. U. S, S. I. UD (Perugia)
M. FAVRO, A. DI DOMENICO, M. ZACCHERO, A. VOLPE, S. MUNEGATO, M. FUSANO, F. SOGNI, C.
TERRONE (Novara)
Aim of the study
Aim of this study is to analyze predictive parameters linked to outcome in female patients who underwent
Mid-Urethral Sling (MUS) for female stress urinary incontinence (SUI). This study reports preliminary results
of a retrospective multicenter trial in which all data regarding patients treated with trans-obturator (TO) or
retrobupic (RP) MUS were included in a database to perform a multivariate analysis
Scopo del lavoro
L’incontinenza urinaria da sforzo (IUS) rappresenta una condizione invalidante che può interessare una non
trascurabile parte di pazienti sottoposti a prostatectomia radicale (PR). Negli ultimi anni sono stati proposti
diversi trattamenti della IUS maschile post chirurgica. Scopo di questo studio è valutare la fattibilità e
l’efficacia dell’impianto di sling sottouretrale modulabile Argus®.
Materials and methods
6 Italian Centers were asked to search their databases, looking for female patients who underwent a transvaginal procedure of TO or RP MUS placement. Inclusion criteria were: female patients with SUI or mixed
urinary incontinence with prevalence of stress symptoms and post-op minimum follow-up of 2 years. The
following variables were evaluated: demographic data, Body Mass Index (BMI) , pre- and post-operative
assessment including voiding and storage symptoms, incontinence outcome (subjective cure: patient
reporting no urinary leakage during physical activity, coughing or sneezing and no pads use in any situation;
objective cure: negative stress test at clinical evaluation; considered dry: subjective and objective cured
pts), IIQ7 and UDI6 questionnaires, VAS scale (0-10) for satisfaction, pre-operatory urodynamic parameters
(uroflowmetry, filling cystometry and pressure flow study, terms and definitions according to the ICS). The
Chi square and Mann-Whitney tests were used to analyze categorical and non parametric continuous
independent data, respectively; All data analyses were performed by using IBM SPSS rel. 21.0, 2012.
Materiali e metodi
Da Febbraio 2010 a Marzo 2013, 70 maschi affetti da IUS post-chirurgica sono stati sottoposti ad impianto
di Argus®. La tecnica prevede un’incisione perineale, l’esposizione del muscolo bulbospongioso e
l’applicazione del cuscinetto della sling su di esso, con passaggio trans-otturatorio (o sovrapubico) delle
estremità della sling. Per modulare la tensione della sling, con cistoscopio, si misura la Retrograde Leak
Point Pressure incrementandola di 10-15 cm H2O senza superare i 40 cmH2O. Per ciascun paziente
sono stati registrati: variabili demografiche, urodinamiche, grado di incontinenza (pad test/24 ore), dati
perioperatori. Il follow up è stato eseguito ogni 3 mesi con visita, controllo del ristagno post-minzionale, pad
test/24 ore.
Results
Three hundred and six patients (mean age 59 ± 9.8 yrs) who had performed TO (230) or RP (76) MUS were
included in a database. The results showed 263 patient dry (85.4%): 201/230 in the TO (87.4%) and 62/76
(81.6%) in the RP group. Overall post-operative incontinence outcome was related to higher BMI (p=0.047)
and to age (p=0.020), patients with post-operative voiding symptoms have higher open vesical pressure at
urodynamics (p=0.044) and were younger (p=0.025). Patients with pre-operative MUI have higher frequency
of post-operative storage symptoms (p
Discussion
This is a preliminary evaluation of an ongoing study showing that some pre-operative parameters emerge
as independent predictors of failure of MUS. Other studies reported controversial data on these parameters
and prospective trial are ongoing, however retrospective study including high number of patients could help
urogynaecologist in obtaining correct informations for patient counseling
Conclusions
In patients with SUI who underwent MUS, higher age and BMI and the presence of mixed urinary
incontinence symptoms seem to be relevant predictors of subjective and objective failure of MUS. Moreover
higher open vesical pressure at urodynamics correlate with post-operative voiding symptoms
186
Risultati
Il dispositivo è stato applicato per via trans-otturatoria (88,5%) o retropubica (11,5%). La maggior parte
dei pazienti (63/70) erano stati sottoposti a PR (31,7% con radioterapia adiuvante). 7 presentavano IUS
dopo chirurgia prostatica disostruttiva per patologia benigna. Il tempo medio fra la chirurgia e l’impianto di
Argus è stato 42 mesi (8-132). In 12 casi si trattava del secondo intervento per incontinenza. L’età media
della popolazione era 67,7 anni (50-83). Il valore medio del pad test/24 ore pre-operatorio era 627 cc (1001000). Il tempo operatorio medio è stato di 70 min (40-120). Intraoperatoriamente sono state registrate 2
perforazioni del collo vescicale. Nel post-operatorio si sono verificate 17 ritenzioni urinarie (24,2%, risoltesi
mantenendo il catetere qualche giorno) e 3 diastasi della ferita perineale. Il follow-up medio è stato di
16 mesi (1-38). Solo 66 pazienti hanno un follow-up minimo di 3 mesi; di questi l’86% usa al massimo 1
pad di sicurezza (pad test/24 ore < 50 cc) mentre il 5% è migliorato (pad test/24 ore medio 160 cc). 23
pazienti hanno necessitato un primo aggiustamento del dispositivo (32,8%), di cui 13 radiotrattati (3 sono
stati sottoposti ad un secondo aggiustamento). 6 complicanze tardive (tutti pazienti radio trattati) hanno
determinato una rimozione della sling, per rottura o infezione.
Discussione
La procedura dimostra un interessante profilo di efficacia, anche nei pazienti radiotrattati, seppure con
risultati meno favorevoli. La tecnica chirurgica vede i suoi punti di forza nella riproducibilità e nella possibilità
di una regolazione della tensione uretrale anche dopo l’impianto.
Conclusioni
Si può affermare la fattibilità e l’efficacia dell’impianto del dispositivo come tecnica alternativa per la
correzione della IUS post-chirurgica.
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86° Congresso Nazionale SIU
RISULTATI A MEDIO TERMINE DELL’IMPIANTO DI CONSTRITTORE PERIURETRALE PER
INCONTINENZA URINARIA POST-PROSTATECTOMIA
M. FAVRO, M. ZACCHERO, A. VOLPE, L. ZEGNA, M. FUSANO, F. REGIS, F. SOGNI, A. MAURIZI, S.
MUNEGATO, C. TERRONE (Novara)
Scopo del lavoro
Lo scopo di questo studio è valutare fattibilità, sicurezza ed efficacia dell’impianto di un nuovo costrittore
periuretrale modulabile (CP-Silimed) per la terapia dell’incontinenza urinaria in esiti di prostatectomia
radicale (IUPR).
Materiali e metodi
Da agosto 2008 a Luglio 2011, 52 pazienti (età media 70,8 anni) sono stati sottoposti ad impianto di
costrittore periuretrale Silimed. Un’incontinenza lieve (1-2 pads die), moderata (3-5 pads die) o grave (>
5 pads die) era presente, rispettivamente in 5, 24 e 23 pazienti. Il valore medio del pad test delle 24 ore
era 711 gr (150-1600 gr). Una radioterapia (RT) adiuvante era stata impiegata in 16 pazienti (30,8%).
Tutti i pazienti hanno eseguito un’indagine urodinamica e una cistoscopia preoperatoria per confermare
IUPR e assenza di stenosi uretrali. Sono state raccolte le seguenti variabili: anagrafiche, demografiche,
urodinamiche, pad count/pad test-24ore, tempo operatorio, degenza e complicanze. Il follow up è stato
eseguito ogni 3 mesi con valutazione del residuo post-minzionale e pad test. A 12 mesi è stata eseguita
indagine urodinamica. Gli endpoints dello studio sono stati: sicurezza ed efficacia della procedura a medio
termine. Il grado di continenza dopo impianto di CP è stato stabilito in base alla variazione di pad count/padtest e i pazienti classificati come segue: asciutto (0 pads), migliorato (riduzione > 50% dei pads, pad-test <
50% PADS o pad test invariato).
Risultati
Il tempo operatorio medio è stato 52,6 minuti (30-90 minuti), la degenza media 3,5 giorni (3-8 giorni). La
rimozione del dispositivo è stata necessaria in 17/52 pazienti (32,7%) per erosione uretrale, verificatasi in
media dopo 25 mesi dall’applicazione del Silimed. 9 pazienti in cui si è verificata una erosione erano stati
sottoposti a RT. In tutti i soggetti è stata eseguita una anastomosi uretrale termino-terminale. Al follow up
medio di 41 mesi (20-55), di tutti i pazienti, 15 (28,8%) sono asciutti, 17 (32,7%) migliorati e i restanti falliti o
hanno rimosso il dispositivo. Il pad test delle 24 ore medio è risultato 143 gr (0-500 gr). In 7 pazienti è stata
effettuata una revisione chirurgica del port scrotale per malfunzionamento.
Discussione
L’impianto di sfintere artificiale rimane il gold standard per la terapia dell’IUPR. L’utilizzo del Silimed
comporta un alto tasso di revisione chirurgica, con necessità di rimozione del dispositivo in un terzo dei casi
per erosione uretrale. Ad un follow-up medio di 41 mesi, il 60% circa dei pazienti è asciutto o migliorato.
Conclusioni
L’impianto transcorporale di CP in pazienti con IUPR presenta un alto tasso di erosione uretrale con
necessità di rimozione del dispositivo. Tale metodica pertanto non può essere considerata come una valida
alternativa nella terapia dell’IUPR.
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86° Congresso Nazionale SIU
MORFOLOGIA DEL SISTEMA PIELOCALICEALE E SUO IMPATTO SULLE SCELTE STRATEGICHE
DURANTE ECIRS: ANATOMIA STATICA DA IMAGING PREOPERATORIO VERSUS ANATOMIA
DINAMICA ENDOVISION INTRAOPERATORIA
C. Cracco, F. Liberale, C. Scoffone (Torino)
Scopo del lavoro
La pianificazione della puntura renale percutanea e della successiva strategia durante una ECIRS
(Endoscopic Combined IntraRenal Surgery) per urolitiasi non può prescindere dalla uroTC preoperatoria,
indispensabile per definire caratteristiche della calcolosi, morfologia del sistema collettore, rapporti con i
visceri circostanti. Scopo del presente lavoro è quello di dimostrare il ruolo predominante dell’anatomia
dinamica del sistema pielocaliceale, rilevabile intraoperatoriamente con tecnica Endovision real-time,
rispetto a una valutazione statica desunta dalla precedente uroTC, nella scelta del calice di accesso e del
metodo di dilatazione del tramite.
Materiali e metodi
Da 01/2012 a 06/2012 sono stati selezionati 10 pazienti da sottoporre ad ECIRS per calcolosi a stampo
pielocaliceale (44 mm + 19 S.D.), che hanno eseguito la uroTC preoperatoria presso la nostra Radiologia.
Sono state misurate IL (lunghezza infundibolare) e IW (larghezza infundibolare) del calice prescelto per
l’accesso al rene sulla TC. Gli stessi parametri sono stati poi rivalutati intraoperatoriamente, correlando
il dato statico di partenza con le modificazioni dinamiche indotte da manovre intraoperatorie (irrigazione
attraverso l’ago di Chiba e/o l’ureteroscopio flessibile applicato per via retrograda). I dati sono infine stati
correlati con il calice punto e il tipo di dilatazione adoperata.
Risultati
Dei 10 pazienti valutati, 3 avevano una IW 4 mm sono stati punti senza alcun problema, poi dilatati con
balloon (Amplatz 24 Ch in 4 casi, 30 Ch in 3 casi). Dei 3 pazienti con IW 4 mm; quindi è stato possibile
pungere il calice e dilatare il tramite con balloon 24 Ch. Nel secondo paziente, punto il calice prescelto, la
IW infundibolare è aumentata, ma non si è creato un “water path” tra calice e calcolo, quindi sono stato
impiegati i dilatatori di Alken invece del balloon. Infine, per il terzo paziente, la IW
Discussione
Lo studio uroTC pre-ECIRS dell’anatomia pielocaliceale è fondamentale, ma tali dati vanno integrati con
quelli acquisiti a inizio intervento, per adattare gli strumenti all’anatomia del paziente e non viceversa.
Elasticità e modificabilità di un infundibulo caliceale sono caratteristiche non desumibili da alcuna
diagnostica per immagini, per cui l’ureteroscopia flessibile retrograda preliminare prevista dalla ECIRS è
essenziale nello studio anatomico pielocaliceale da trattare.
Conclusioni
Nella ECIRS l’ureteroscopia flessibile preliminare permette di integrare i dati di anatomia pielocaliceale
statica da uroTC con dati di anatomia dinamica fondamentali nella gestione dell’intervento.
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86° Congresso Nazionale SIU
NUOVA CLASSIFICAZIONE DELLA COMPLICANZE DELLA PCNL
R. Peschechera, S. Proietti, G. Taverna, P. Graziotti, G. Giusti (Rozzano)
Scopo del lavoro
Secondo le linee guida Europee, la PCNL rappresenta l’approccio di prima linea per calcoli renali di
dimensioni maggiori ai 2 cm. Essa E’ una procedura sicura ed efficace associata a relativamente poche ma
specifiche complicanze. Recentemente, il CROES ha riclassificato le complicanze legate alla PCNL secondo
la classificazione di Clavien-Dindo, per migliorare la attendibilità e la coerenza nel riportare gli eventi avversi
connessi alla procedura stessa. Scopo di questo studio retrospettivo è riclassificare le complicanze della
nostra serie storica di PCNL secondo tale nuova validazione della classificazione Clavien-Dindo.
Materiali e metodi
Da giugno 1999, sono state eseguite 619 PCNL, di cui 344 in posizione prona e da maggio 2006 275 in
posizione supina. Di queste 251 tubeless. Le caratteristiche demografiche e della calcolosi sono riportate in
Tabella 1.
Risultati
Le complicanze classificate secondo il sistema di Clavien-Dindo sono riportate nella Tabella 2.
Discussione
Le complicanze del nostro studio, classificate secondo Clavien-Dindo e la validazione del CROES, sono
pressoché sovrapponibili a quelle riportate in letteratura e non differiscono in modo significativo tra le
2 posizioni. Questa classificazione permette un confronto dei risultati più affidabile e riproducibile sia
all’interno dello stesso centro che tra le diverse istituzioni con innegabili vantaggi scientifici ed in ultima
analisi per la comunità urologica. Inoltre, l’assegnazione alle complicanze della PCNL di uno score
universale interurologico permette di migliorare l’affidabilità degli eventi avversi riportati.
Conclusioni
La PCNL effettuata secondo indicazioni adeguate con un’appropriata selezione dei pazienti è caratterizzata
da un basso tasso di complicanze maggiori. La classificazione delle complicanze secondo Clavien-Dindo
modificata ad hoc per la PCNL da sicuri vantaggi in termini di standardizzazione dei risultati in modo di
permettere confronti scientifici più attendibili ed utili per ulteriori evoluzioni di questa “vecchia procedura”
sempre in evoluzione. Referenza: -de la Rosette JJ, Opondo D, Daels FP, Giusti G, Serrano A, Kandasami
SV, Wolf JS Jr, Grabe M, Gravas S; CROES PCNL Study Group. Categorisation of complications and
validation of the Clavien score for percutaneous nephrolithotomy. Eur Urol. 2012 Aug;62(2):246-55
P184
86° Congresso Nazionale SIU
ANALISI PROSPETTICA DEI SINTOMI DELLE BASSE VIE URINARIE E DEL DOLORE DOPO
URETEROSCOPIA NON COMPLICATA CON UTILIZZO DI ENDOPROTESI URETERALE A DOPPIO J
A. Bosio, P. Destefanis, E. Alessandria, E. Dalmasso, A. Buffardi, M. Lucci Chiarissi, A. Bisconti, B. Frea
(Torino, TO)
Scopo del lavoro
L’utilizzo di un’endoprotesi ureterale a doppio J al termine di un’ureteroscopia è assai frequente nella pratica
clinica, nonostante i disagi che essa può provocare ai pazienti. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di
valutare l’impatto dei doppi J dopo ureteroscopia sulla sintomatologia delle basse vie urinarie e sul dolore
utilizzando un questionario specifico validato.
Materiali e metodi
Abbiamo organizzato uno studio osservazionale prospettico su tutti i pazienti sottoposti a ureteroscopia
semirigida o flessibile con posizionamento di doppio J da gennaio 2010 a marzo 2012. Ai pazienti è stato
chiesto di compilare la versione validata in lingua italiana dell’Ureteral Stent Symptoms Questionnaire
(USSQ), che si compone di 6 sezioni ed esplora l’influenza dello stent su diversi aspetti della vita quotidiana.
Prendiamo in considerazione in particolare in questo lavoro gli effetti del doppio J sulla sintomatologia delle
basse vie urinarie e sul dolore raccolti nelle prima due sezioni del questionario.
Risultati
128 pazienti, dei 155 cui è stato proposto di partecipare allo studio, hanno compilato e restituito il
questionario. I sintomi urinari hanno rappresentato un problema per l’88% dei pazienti e vengono riassunti
di seguito: frequenza minzionale diurna ≤ una volta all’ora nel 57% dei pazienti, una o più minzioni notturne
nell’89%, urgenza nel 90%, incontinenza da urgenza nel 38% e non da urgenza nel 13%, incompleto
svuotamento vescicale nell’81%, bruciore alla minzione nell’82%, episodi di macroematuria nel 70%
(marcata e/o con coaguli nel 28%). L’84% dei pazienti sarebbe insoddisfatto (il 45% molto scontento)
nell’ipotesi di dover trascorrere il resto della vita con tali sintomi urinari. Lo stent è stato causa di dolore o
fastidio nell’80% dei pazienti. Le sedi più frequenti di dolore sono state il rene durante la minzione (70%)
e la vescica (37%). Il valore medio nella Visual Analogue Scale (VAS) del dolore è risultato 5,72 ± 2,36
(range 0-10). L’88% dei pazienti lamentava dolore durante l’attività fisica. Il dolore è stato responsabile
di interruzione del sonno nel 66%, è stato presente durante la minzione nel 93% e interferiva con la vita
quotidiana nel 95%. Il 60% dei pazienti è ricorso all’utilizzo di antidolorifici.
Discussione
L’utilizzo di un questionario specifico validato ha evidenziato come gli stent ureterali dopo un’ureteroscopia
non complicata abbiano un profondo impatto sulla sintomatologia delle basse vie urinarie e sul dolore dei
pazienti. Se nella pratica clinica è esperienza comune che i pazienti lamentino significativi disagi legati alla
presenza di un doppio J, l’entità, la frequenza e la molteplicità dei sintomi messi in risalto dall’analisi dei
questionari è sorprendente ed impone un’attenta riflessione.
Conclusioni
E’ consigliabile limitare il più possibile l’utilizzo ed il tempo di permanenza dei doppi J dopo un’ureteroscopia
non complicata.
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STRATEGIA MULTIMODALE PER LA PREVENZIONE DELLE COMPLICANZE INFETTIVE DEL
TRATTAMENTO PERCUTANEO DELLA UROLITIASI
C. Cracco, F. Liberale, C. Scoffone (Torino)
Scopo del lavoro
L’incidenza complessiva delle complicanze infettive della nefrolitotrissia percutanea arriva al 33%.
L’urosepsi è rara (
Materiali e metodi
Tutti i pazienti sottoposti a ECIRS (Endoscopic Combined IntraRenal Surgery) per calcolosi da 01/2011 a
04/2013 hanno rigorosamente seguito questo protocollo. 1) Preoperatorio: urocoltura negativa (ab initio o
dopo terapia antibiotica mirata); correzione dei fattori di rischio per complicanze infettive (diabete mellito,
sostituzione di dispositivi colonizzati,...). 2) Intraoperatorio: profilassi antibiotica endovenosa a largo spettro
a inizio intervento (cefalosporina di seconda generazione e aminoglicoside, salvo allergie, dosaggio
adeguato a peso e funzione renale), da proseguire per 24 ore; diuresi forzata; urocoltura da puntura renale;
mantenimento di basse pressioni intrarenali utilizzando un nefroscopio di calibro inferiore di 4 Fr rispetto alla
camicia di Amplatz; no irrigazione pressurizzata, uso limitato nel tempo di sacche da irrigazione ad altezza
elevata; massimo due ore di intervento (una nel bambino). Stop procedura se alla puntura fuoriescono
urine purulente (colturali, drenaggio, antibiotici mirati, riprogrammazione ECIRS). 3) Postoperatorio:
monitoraggio parametri vitali e diuresi, emocromo con formula e coagulazione dopo una e sei ore, il mattino
dopo anche funzionalità renale ed elettroliti. Se febbre: dosaggio di procalcitonina ed emocolture seriate; la
profilassi antibiotica diventa terapia ad ampio spettro fino a normalizzazione di quadro clinico/ematochimici;
abbondante idratazione, diuresi forzata.
Risultati
113 pazienti, 57 maschi, 56 femmine, range età 19 mesi–83 anni; ASA score 1 40%, 2 55%, 3 5%; 25%
obesi/obesi gravi. Nella nostra casistica non abbiamo mai riscontrato alcuna urosepsi (0%); 6 sono state le
febbri transitorie (fino a 38°C) durante le prime 48 ore dopo l’intervento (5.3%), solo 3 (2.6%) con rialzo di
procalcitonina, leucocitosi neutrofila, emocolture positive (stessa IVU della urocoltura da puntura renale),
prontamente regredite con terapia medica.
Discussione
Nei primi 127 pazienti sottoposti a ECIRS (2004-2008) senza protocolli standardizzati l’urosepsi era
stata 1.6%, la febbre postoperatoria 26%. Il rialzo termico transitorio può essere anche solo dovuto alla
liberazione durante la litotrissia di batteri/endotossine dal calcolo (SIRS).
Conclusioni
Identificare e limitare i fattori di rischio preoperatori, minimizzare il riassorbimento pielorenale
intraoperatorio, effettuare una valida profilassi antibiotica e riconoscere precocemente uno stato settico
postoperatorio sono provvedimenti fondamentali per limitare al massimo l’insorgenza di complicanze
infettive post-ECIRS.
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PCNL BILATERALE: AZZARDO O OPZIONE RAGIONEVOLE?
R. Peschechera, S. Proietti, G. Taverna, P. Graziotti, G. Giusti (Rozzano)
Scopo del lavoro
Tradizionalmente i pazienti con voluminosa calcolosi bilaterale vengono sottoposti a PCNL bilaterale non
simultaneamente. Negli ultimi anni sta emergendo la possibilità di effettuare la PCNL bilaterale in una
singola seduta, ottenendo simili risultati clinici, riducendo però i costi legati ai tempi operatori, alla degenza e
al ritorno alle attività lavorative. Riportiamo in tale studio la nostra casistica di PCNL bilaterali.
Materiali e metodi
Dal Gennaio 2006, 25 pazienti sottoposti a PCNL bilaterale in posizione supina sono stati analizzati
retrospettivamente. Di questi, 17 pazienti erano uomini e 8 donne. L’ età media era 45,5±5,3. Il BMI medio
25,5±3,4. Lo stone burden/unità renale medio era 2,7±1 cm2. Il secondo lato è stato iniziato solo se il
primo si era concluso senza complicanze maggiori. In tutti i pazienti, alla fine della procedura, sono stati
posizionati cateteri ureterali DJ bilateralmente e catetere vescicale. 15 casi sono stati tubeless bilaterale, in
7 è stata posizionata una nefrostomia monolaterale e in 3 bilaterale. Sono stati valutati i seguenti parametri:
la variazione di emoglobina nel post-operatorio, la variazione della creatinemia, complicanze peri e postoperatorie classificate secondo il sistema di Clavien modificato secondo Dindo, giorni di ospedalizzazione,
lo stone-free rate e i giorni di ritorno alle attività lavorative.
Risultati
Il tempo medio operatorio è stato 110,5±37 min. La variazione di Hb pre e post-operatoria è stata 2,5±1,2
g/dl. La variazione di creatinemia è stata di 0.4±0,6 mg/dl. La degenza media ospedaliera è stata 3,9±1,9
giorni. Non si sono registrate complicanze intraoperatorie maggiori. Le complicanze post-operatorie
sono state: grado I 5 casi (20%) (4 casi di iperpiressia e 1 di ematuria), grado II 2 casi (8%) (necessità di
trasfusioni), grado IIIA 1 (4%) (idropneumotorace che ha richiesto il posizionamento di drenaggio pleurico).
Il tasso di stone-free rate è stato di 92,5%. 4 pazienti (16%) pazienti hanno necessitato una seconda
procedura di completamento per la bonifica della calcolosi (RIRS). Il ritorno alle attività lavorative è stato di
11±3,5 giorni.
Discussione
La PCNL bilaterale sincrona riduce i tempi operatori e di ospedalizzazione, permette un rapido ritorno alle
attività lavorative, effettuando una singola anestesia, rispetto alla stessa procedura effettuata,invece, in 2
steps. Il tasso di stone-free e le complicanze peri e post-operatorie sono sovrapponibili. Unico svantaggio di
cui ci vantiamo non esser stati condizionati è in termini di DRG in quanto non si prevede nessun incremento
nell’ammontare del rimborso per procedure bilaterali
Conclusioni
La PCNL bilaterale simultanea è una sicura ed efficace opzione terapeutica, in casi ben selezionati,
associata a bassa morbidità, in pazienti affetti da calcolosi renale bilaterale.
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86° Congresso Nazionale SIU
RETROGRADE INTRARENAL SURGERY (RIRS) NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI RENALE IN
PAZIENTI MONORENE
ESPOSIZIONE RADIOGENA DEL PAZIENTE SOTTOPOSTO A URETEROSCOPIA PER CALCOLOSI
URETERALE: IMPATTO DEI PRINCIPALI DETERMINANTI.
S. Proietti, R. Peschechera, G. Taverna, P. Graziotti, G. Giusti (Rozzano)
F. Nigro (Vicenza)
Scopo del lavoro
I recenti progressi nell’armamentario endourologico hanno esteso le indicazioni della RIRS alla maggior
parte dei calcoli renali. Infatti ormai anche in caso di pazienti monorene, tale metodica non viene più
considerata un azzardo ma viene impiegata sempre più diffusamente. In questo lavoro presentiamo la
nostra casistica di 29 RIRS in pazienti monorene.
Scopo del lavoro
La storia naturale del paziente affetto da calcolosi ureterale si associa a una ripetuta esposizione a
radiazioni ionizzanti. Abbiamo valutato l’esposizione radiogena relativa a un gruppo di pazienti affetti
da calcolosi ureterale, dall’esordio sintomatologico alla risoluzione del caso, misurando il peso degli
accertamenti radiologici pre- e post-operatori, nonché delle diverse fasi della manovra endourologica
impiegata.
Materiali e metodi
Sono stati arruolati in tale studio prospettico 29 pazienti monorene affetti da calcolosi renale. 16 pazienti
erano stati pre-stentati a causa di precedente IRA e/o urosepsi.L’ età media era 55,75±12,3.Il diametro
medio della calcolosi era 1.3±0.4 cm (0.6-1.9).Alla fine della procedura è sempre stato posizionato uno stent
a doppio J lasciando i cordini per autorimozione ove possibile ed il catetere vescicale per una notte. In caso
di decorso regolare, i pazienti hanno trascorso una notte in ospedale e dimessi all’indomani. I pazienti sono
stati sottoposti nel pre-operatorio e ad 1 mese dall’ intervento a TC addome smc. Gli end-points sono stati:
valutazione dello stone-free-rate e della funzionalità renale ad 1 mese dalla procedura.
Risultati
I 15 pazienti con calcolosi inferiore al cm hanno richiesto una singola procedura, mentre un 2nd look si
è reso necessario in 5 dei 14 pazienti con calcolosi superiore al cm. Il tempo operatorio medio è stato
75.2±12 min (includendo anche i 5 2nd look). Non abbiamo riscontrato significativo aumento della creatinina
postoperatoria (0.2±0.03 mg/dL; range 0.1- 0.6) senza differenze statisticamente significative rispetto al preoperatorio (p=0.06).In 3 pazienti su 29 (10.3%) si è riscontrata febbre >38°C . La degenza media è stata
1.4±0.6 gg mentre il tempo di recupero delle normali attività lavorative è stato pari 10.8±1,4 gg. Lo stone
free rate primario è stato 79.3% (23/29) raggiungendo un soddisfacente 93.1% (27/29) dopo un 2nd look in
5 pazienti. Va sottolineato come tutti i pazienti sono stati comunque resi asintomatici e liberi da dilatazione
dell’asse escretore nonostante la presenza di frammenti residui senza peggioramento significativo della
funzione renale.
Discussione
Sebbene la PCNL e l’ ESWL rimangano il gold standard nel trattamento della calcolosi renale in pazienti
monorene, grazie ai progressi ottenuti nell’ armamentario endourologico e al perfezionamento delle capacità
chirurgiche nell’ ultimo decennio, la RIRS viene sempre più considerata come una valida alternativa a
tali metodiche anche nei pazienti monorene.Da quanto emerso dai nostri risultati quest’ ultima procedura
endoscopica, in mani esperte, può rappresentare il giusto compromesso con un tasso di stone-free simile a
quello della PCNL ma con una bassa percentuale di complicanze come garantito dall’ESWL.Degno di nota è
il fatto che la funzionalità renale rimanga comunque sostanzialemnte stabile dopo una RIRS se eseguita nel
rispetto di rigide regole della moderna endourologia
Materiali e metodi
Studio retrospettivo (2011-2012) che include i pazienti sottoposti presso il nostro reparto ad ureteroscopia
(URS) per calcolosi ureterale. È stata misurata l’esposizione radiogena complessiva considerando tutti gli
accertamenti con impiego di radiazioni ionizzanti eseguiti dall’esordio dei sintomi a 3 mesi di follow-up post
operatorio, ivi inclusa la dose utilizzata durante il trattamento endourologico, considerando separatamente
le manovre di bonifica della calcolosi ed il tempo relativo al posizionamento del catetere ureterale a fine
procedura, quando necessario.
Risultati
Sono stati reclutati 167 pazienti affetti da calcolosi ureterale a sede giuntale in 37 (22%) casi (gruppo
1), lombare in 52 (31%) (gruppo 2), pelvica in 43 (26%) (gruppo 3), intramurale nei rimanenti 35 (21 %)
(gruppo 4). Tutti i pazienti sono stati studiati in prima istanza con Rx diretta addome (RxAB) ed ecografia
reno-pelvica (ECO); è stato necessario circostanziare la diagnosi con TAC addome in 127 pazienti (76%). Il
tempo medio di fluoroscopia durante l’URS è risultato pari a 158 secondi (s) (gruppo1), 149 s (gruppo 2), 77
s (gruppo 3) e 75 s (gruppo 4), con una minor durata di esposizione radiogena (p
Discussione
L’esposizione radiogena media è risultata, complessivamente, pari a 18 mSv (1), 21 mSv (2), 16 mSv (3),
15 mSv (4). La dose di radiazione erogata alla popolazione esaminata è risultata sotto la soglia di 50 mSv,
dose massima annua secondo la International Commission on Radiological Protection.
Conclusioni
L’esposizione radiogena relativa agli accertamenti radiologici cui il paziente affetto da urolitiasi
viene sottoposto si somma a quella determinata dall’impiego della fluoroscopia durante le manovre
endourologiche. Esami radiologici e posizionamento del DJ al termine dell’URS rappresentano i principali
fattori determinanti È opportuno che l’endourologo sia sensibilizzato a tale problema.
Conclusioni
La RIRS rappresenta una ragionevole alternativa alla PCNL in caso di calcolosi SWL resistente di diametro
inferiore ai 2 cm.
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86° Congresso Nazionale SIU
ENDOSCOPIC COMBINED INTRA RENAL SURGERY (ECIRS) NEI PAZIENTI OBESI: NOSTRA
ESPERIENZA
M. Cossu, C. Fiori, M. Poggio, N. Serra, S. Grande, C. Scoffone, A. Di Stasio, F. Porpiglia (Orbassano)
Scopo del lavoro
La nefrolitotomia percutanea (PCNL) in posizione prona può essere problematica nei pazienti obesi.
Idealmente la Endoscopic Combined Intra Renal Surgery (ECIRS) con il paziente in posizione supina
supera queste limitazioni. Il lavoro valuta l’efficacia e la sicurezza dell’ECIRS nei pazienti obesi.
Materiali e metodi
Sono stati selezionati dal nostro database sulle procedure ECIRS,mantenuto prospetticamente,i dati relativi
ai pazienti con BMI >30 trattati da gennaio 2004 a dicembre 2012. Tecnica operatoria: tutti gli interventi
sono stati eseguiti in anestesia generale. I pazienti sono stati trattati in posizione di Valdivia mod.Galdakao.
Quando possibile l’accesso alla via escretrice è stato condotto mediante tecnica endovision, la dilatazione
del tramite mediante palloncino o dilatatori di Alken, la litotrissia è stata effettuata prevalentemente con
strumento balistico/ultrasonico. Al termine della procedura è stato effettuato il controllo ureteroscopico
retrogrado e/o nefroscopico flessibile anterogrado per la valutazione/asportazione dei frammenti residui.
Sono stati valutate le caratteristiche demografiche dei pazienti, le caratteristiche dei calcoli, i dati
perioperatori (comprese le complicanze anestesiologiche e chirurgiche intraoperatorie) e la percentuale
di stone free definita come assenza di frammenti residui significativi (>3mm) ai controlli e a tre mesi dal
trattamento. Le complicanze postoperatorie sono state classificate secondo il sistema di Clavien.
Risultati
Sono stati analizzati i dati di 49 pazienti. L’età media era pari a 54 anni, il BMI era pari a 32.95, l’ ASA score
mediano pari a 2 (1-3),mentre l’8% dei pazienti era monorene. Il diametro medio dei calcoli trattati era pari
a 22.18mm (8-50 mm); il 32%(16) dei pazienti presentava calcolosi multipla. I calcoli erano localizzati: nel
34%(17)a livello del calice superiore, nel 42%(21)nel calice medio, nell’81%(40) nel calice inferiore, nel
59% (29) pielici. Nel 34%(17)dei pazienti era presente calcolosi a stampo e nel 6%(3) era presente anche
calcolosi ureterale. Il tempo operatorio medio è stato di 88.9 min e non sono state registrate significative
complicanze intraoperatorie né chirurgiche né anestesiologiche. La durata media del ricovero è stata di
6.7 giorni. La percentuale di pazienti stone-free dopo il primo trattamento è risultata pari all’85%. Il tasso
complessivo di complicanze di grado >III è stato del 2% (1 paziente).
Discussione
I dati derivati dalla nostra esperienza suggeriscono che la ECIRS con il paziente in posizione supina sia una
tecnica sicura ed efficace nei pazienti obesi. Pur in assenza di un confronto formale con i dati relativi alla
popolazione generale della nostra casistica, i risultati dei due gruppi in termini di stone free e complicanze
non differiscono significativamente.
Conclusioni
Gli elementi descritti,in particolare il fatto che non è richiesta la variazione di decubito del
paziente,suggeriscono che questa tecnica possa rappresentare la prima scelta nel trattamento dei pazienti
obesi.
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86° Congresso Nazionale SIU
VALUTAZIONE DEI FRAMMENTI RESIDUI POST-NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA: ENDOSCOPIA
FLESSIBILE ASSOCIATA A CONTRASTOGRAFIA A FINE INTERVENTO VERSUS TC BASALE UN
MESE DOPO
C. Scoffone, F. Liberale, C. Cracco (Torino)
Scopo del lavoro
I dati in letteratura sull’incidenza dei frammenti residui post-nefrolitotrissia percutanea (CIRF, Clinically
Insignificant Residual Fragments) sono molto variabili (8-80%) a seconda dei criteri per definirli (96% e
specificità >99%. Siccome effettuare una MDCT un mese dopo l’intervento comporta una esposizione
radiologica che si somma alla uroTC preoperatoria e alla fluoroscopia intraoperatoria, abbiamo cercato una
valida alternativa diagnostica, specie per giovani e/o donne.
Materiali e metodi
Da 01/2012 a 06/2012 30 pazienti consecutivi sono stati sottoposti a ECIRS (Endoscopic Combined
IntraRenal Surgery), tecnica che prevede, oltre all’uso integrato di nefroscopia ed ureteroscopia flessibile
per un migliore tasso stone-free attraverso un unico accesso percutaneo, l’esplorazione finale sistematica
di tutti i calici con flessibili associati a contrastografia. La valutazione finale dei CIRF (numero, dimensioni,
sede)registrata per ciascun paziente è stata paragonata all’esito della MDCT effettuata un mese dopo. Per
noi stone-free significa assenza completa di CIRF.
Risultati
Sono stati valutati 16 maschi, 14 femmine, età media 54 anni + 13, 18 operati a sinistra, 12 a destra, tempo
operatorio medio 85 minuti + 30, calcolosi a stampo o complesse di 43 mm + 20 di diametro. Il tasso stonefree in base alla endoscopia flessibile finale associata a contrastografia è stato del 90% (27 pazienti), con
CIRF in 3 pazienti (10%). Il responso della MDCT un mese dopo ha fornito risultati sovrapponibili al 100%
riguardo a numero, dimensione e sede dei CIRF. Tuttavia, dei 3 pazienti con MDCT refertata per calcolosi
residua, 2 non erano da trattare (dato endoscopico di calcificazione parenchimale in un caso, di calcolo in
un calice escluso con infundibolo inaccessibile nell’altro).
Discussione
La Rx diretta renovescicale per valutare i CIRF ha sensibilità (46%) e specificità (82%) troppo basse
rispetto alla MDCT. Anche la sola pielografia anterograda ha bassa sensibilità (35%), mentre è noto che
la nefroscopia flessibile è seconda solo alla CT per sensibilità e specificità. Dati i progressi fatti nell’ultimo
ventennio in termini di qualità delle immagini digitali e prestazioni tecniche degli endoscopi flessibili,
pensiamo sia il momento di rivalutare il valore aggiunto di questo approccio contestuale all’intervento.
Conclusioni
L’esecuzione standardizzata dell’endoscopia flessibile a fine ECIRS con l’esplorazione sistematica di
tutti i calici evidenziati dalla contrastografia è strumento con sensibilità e specificità sovrapponibili alla
MDCT. Il valore aggiunto di questa metodica (essenziale durante tutta la ECIRS) consiste nella migliore
caratterizzazione dei CIRF, in grado di guidare le successive decisioni terapeutiche. Questo non significa
bandire l’esecuzione della MDCT postoperatoria, bensì limitarla a casi selezionati.
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86° Congresso Nazionale SIU
URETERORENOSCOPIA FLESSIBILE PER CALCOLI RENALI: I NOSTRI PRIMI 50 CASI
MICRONEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA (MICRO-PERC): LA PRIMA ESPERIENZA IN ITALIA
F. Berardinelli, L. Cindolo, F. Pellegrini, F. Neri, F. Tamburro, L. Schips (Vasto)
G. Bianchi, F. Fidanza, R. Galli, M. Rosa, A. Zordani, C. Di Pietro, S. Micali (Modena)
Scopo del lavoro
L’ureterorenoscopia flessibile (f-URS) sta guadagnando spazio come trattamento di prima linea per i calcoli
renali fino a 2cm e anche per quelli più grandi con tassi di stone-free più elevati rispetto alla ESWL e con
morbilità inferiore alla PCNL. Scopo del lavoro è analizzare gli outcomes e le complicanze della f-URS per
calcoli renali.
Scopo del lavoro
Le metodiche mini-invasive per il trattamento della calcolosi reno-ureterale quali nefrolitotrissia percutanea
(PCNL) e ureterorenoscopia flessibile sono sempre più utilizzate. Eventuali complicanze nella PCNL
si possono riscontrare fin dalla puntura di accesso al rene; pertanto effettuare un accesso ottimale e
atraumatico alle vie escretrici e il primo step per eseguire una PCNL con successo e per ridurre il rischio
della più frequente complicanza legata a tale tecnica, cioè il sanguinamento del tramite di accesso
Materiali e metodi
Sono state raccolte prospetticamente informazioni demografiche, peri e post-operatorie dei pazienti
consecutivamente sottoposti a f-URS per litiasi renali. Le complicanze sono state classificate secondo la
classificazione di Clavien.
Risultati
Tra marzo 2012 ad marzo 2013 abbiamo eseguito 50 f-URS in 44 pazienti (25M; 19F): età media:54 anni
(15-80), BMI medio 27,3kg/m2 (16-33). Dimensione media dei calcoli:16mm (5-30mm). I calcoli, radiopachi
in 36 casi (81%), erano così localizzati: 21 pielici, 3 calice superiore, 3 calice medio, 7 calice inferiore,10
caliceali multipli. In 6 pazienti (13%) era stato posizionato un DJ prima dell’intervento mentre tutti
presentavano urinocoltura preoperatoria negativa. Per tutti è stata utilizzata una guaina d’accesso ureterale
(di preferenza Ch9.5) e somministrata una terapia antibiotica peri e post-operatoria. In 46 procedure (92%)
è stato utilizzato l’ureteroscopio Flex-X2, in 4 (8%) quello digitale Flex-XC con fibra laser da 200 micron.
Il tempo operatorio medio è stato di 86 minuti (40-120); un DJ è stato posizionato in 45 casi (90%). Non si
sono verificate complicanze intraoperatorie. Tempo di ospedalizzazione medio:2 giorni. Nel post-operatorio
3 pazienti (6%) hanno avuto un episodio febbrile e 1(2%) ha presentato una severa lombosciatalgia
(complicanze di grado Clavien I, trattate con terapia medica). Ad 1 mese dall’intervento sono stati eseguiti
Rx ed ecografia renale: 32 pazienti (73%) erano stone-free, 7 (16%) presentavano frammenti 5mm. Per
questi (tutti con calcolo iniziale >2cm) è stato eseguito un second-look endoscopico: per 4 risolutivo, per
1 è stato necessario eseguire una terza procedura. Al follow-up medio di 6 mesi (1-12 mesi) nessuno ha
presentato ulteriori complicanze.
Discussione
Grazie ai progressi tecnologici, la f-URS ha ampliato il suo ruolo nella calcolosi renale. I nostri risultati
avvalorano l’idea che la f-URS può rappresentare la procedura di prima scelta nella calcolosi renale fino
a 2 cm e una scelta alternativa nei calcoli >2 cm. Tuttavia in questi casi non deve essere sottovalutata la
necessità di una procedura aggiuntiva per rendere il paziente stone-free. Infatti tutti i pazienti in cui è stato
necessario un ritrattamento presentavano calcoli >2cm. La classificazione delle complicanze secondo
Clavien ha reso l’analisi dei risultati oggettiva, riproducibile da garantire il confronto dei risultati tra centri
diversi.
Conclusioni
La f-URS per calcoli renali è una procedura valida e sicura con buoni outcomes e basse complicanze anche
in un centro con esperienza iniziale nella ureterorenoscopia flessibile.
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Materiali e metodi
Dal Febbraio 2013 ad Aprile 2013 abbiamo eseguito 4 procedure di Micronefrolitotrissia percutanea
(Micro-perc). L’accesso è stato effettuato con l’utilizzo di “3-part all-seeing needle”, costituito da un ago, un
mandrino e una camicia da lavoro di 4.85 Fr (Polydiagnost) che permette l’inserimento di una micro-ottica
con diametro di 0.9mm, l’ampiezza dell’ angolo di visione di 120° e una risoluzione superiore a 10.000 pixel
(Polydiagnost) e la puntura del rene sotto visione, caratteristica di questa tecnica. Sono disponibili inoltre
camicie da lavoro del diametro di 8 Fr e 10 Fr
Risultati
Nei 4 pazienti trattati la dimensione media dei calcoli è 15mm (range 5–27 mm). Il valore in unità Hounsfield
alla tomografia è 1032 (range 931-1130). Anomalie anatomiche erano presenti in un paziente (Rene a
ferro di cavallo). I calcoli erano localizzati in pelvi renale (3) e nel calice inferiore (1). La polverizzazione
del calcolo è stata ottenuta utilizzando camicie da lavoro del diametro di 4.8Fr o 8Fr in 2 pazienti
rispettivamente. Il tempo dell’intervento è stato registrato di 93.5 minuti (range 76–117 min). Il tempo medio
di esposizione alla fluoroscopia è di 187 secondi (range 128–283 secondi). I pazienti sono stati dimessi
in 3.5 giorni (range 1–9 giorni). Non si sono osservate perdite ematiche significative e non sono state
necessarie trasfusioni ematiche in nessun paziente
Discussione
La micro-perc si è dimostrata una tecnica efficace, riproducibile e sicura che riduce il costo del trattamento
della calcolosi in termini di minor impiego di materiale chirurgico, riduzione dei giorni di ospedalizzazione,
riduzione trasfusioni e farmaci antidolorifici e antibiotici. La micro-perc può rivelarsi utile, inoltre, nel
trattamento della calcolosi pediatrica e in pazienti monorene o con compromissione del parenchima renale
per la diminuzione delle complicanze come l’emorragie
Conclusioni
La micro-perc rappresenta una valida alternativa alla PCNL per la calcolosi renale non complessa. Inoltre
si è evidenziata una diminuzione delle complicanza come l’emorragie, traumatizzando meno il parenchima
renale e le vie urinarie (calici e pelvi), Questo potrà essere utile nel trattamento della calcolosi renale in
pazienti monorene o in pazienti con compromissione del parenchima renale e nel trattamento della calcolosi
pediatrica.
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86° Congresso Nazionale SIU
ENDOSCOPIC COMBINED INTRA RENAL SURGERY: 9 ANNI DI ESPERIENZA
IL TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO RETROGRADO DELLA CALCOLOSI CISTINICA
M. Cossu, C. Fiori, M. Poggio, N. Serra, S. Grande, C. Scoffone, F. Porpiglia (Orbassano)
P. Beltrami, L. Bettin, A. Iannetti, M. Iafrate, L. Angelini, P. Bernich, C. Valotto, F. Zattoni (Padova)
Scopo del lavoro
La nefrolitotomia percutanea (PCNL), è il trattamento di scelta per la calcolosi renale voluminosa e/o
complessa e la Endoscopic Combined Intra Renal Surgery (ECIRS) con il paziente in posizione supina
rappresenta una valida alternativa alla PCNL standard con il paziente prono. Scopo del lavoro è presentare i
risultati della ECIRS a 9 anni dalla sua introduzione nella nostra pratica clinica.
Scopo del lavoro
La calcolosi cistinica è sostenuta dalla cistinuria, malattia genetica rara caratterizzata da un alterato
trasporto degli aminoacidi dibasici a livello dell’orletto a spazzola delle cellule del tubulo contorto prossimale.
Tende a manifestarsi clinicamente in età precoce, nella maggior parte dei casi entro la seconda decade di
vita ed è caratterizzata da un decorso di tipo recidivante. La terapia medica (alcalinizzazione delle urine e
uso di farmaci quali la tiopronina) e comportamentale (iperidratazione e conseguente iperdiuresi) sono però
gravose, tanto che la compliance del paziente stimata risulta inferiore al 15%. La frequente interruzione
della terapia farmacologica fa sì che i soggetti sviluppino recidive, con formazione di calcoli a rapida crescita
spesso di dimensioni elevate, con conseguente necessità di plurimi interventi di rimozione attiva dei calcoli
nell’arco della vita. Riportiamo la nostra recente esperienza nel trattamento endourologico di tale forma di
litiasi renoureterale.
Materiali e metodi
Sono stati estratti dal nostro database (mantenuto prospetticamente) i dati relativi ai pazienti sottoposti
a ECIRS da gennaio 2004 a dicembre 2012. Tecnica operatoria. Tutti gli interventi sono stati eseguiti in
anestesia generale ed i pazienti sono stati trattati in posizione di Valdivia modificata Galdakao. Quando
possibile l’accesso alla via escretrice è stato condotto mediante tecnica endovision, la dilatazione del tramite
è stata eseguita mediante palloncino o dilatatori di Alken, la litotrissia è stata effettuata prevalentemente
con balistico/ultrasonico. Al termine della procedura è stato effettuato il controllo ureteroscopico retrogrado
e/o e nefroscopico flessibile anterogrado per la valutazione/asportazione dei frammenti residui. Sono state
valutate le caratteristiche demografiche dei pazienti, le caratteristiche dei calcoli, i dati perioperatori e la
percentuale di stone-free definita come assenza di frammenti residui significativi (>3mm) ai controlli (eco
e radiologici) a tre mesi dal trattamento. Le complicanze postoperatorie sono state classificate secondo il
sistema di Clavien.
Risultati
Sono stati analizzati i dati di 219 pazienti trattati consecutivamente presso la nostra Divisione. L’età media
era di 52 anni, il BMI era pari a 26.4; l’ASA score mediano pari a 2; 4 pazienti (1.8%) erano monorene.
Il diametro medio dei calcoli trattati è risultato pari a 25.2 mm. In 120 casi (54%) i pazienti presentavano
calcolosi multipla; la distribuzione dei calcoli era così rappresentata: 137 (62%) a livello del calice inferiore,
71(32%) nel calice medio, 59 (27%) nel calice superiore, 133 (60%) pielici. In 70 pazienti era presente
calcolosi a stampo (32%). In 17 casi (7%) era presente calcolosi ureterale associata. Il tempo operatorio
medio è stato di 87.7 minuti e non sono state registrate significative complicanze intraoperatorie né
chirurgiche né anestesiologiche. La durata media del ricovero è stata di 6 giorni.
Materiali e metodi
Dal gennaio 2009 al settembre 2012 sono stati reclutati 19 pazienti (12 maschi e 7 femmine) di età mediana
24 anni (IR 22.75), trattati con metodiche endourologiche per la bonifica di calcolosi cistinica presso la
nostra Clinica. Sono state eseguite 48 procedure, 34 litotrissie per via retrograda per calcoli ureterali (URS)
e renali (RIRS) e 14 litotrissie percutanee per calcolosi renale (PCNL), a cui si aggiungono 9 litotrissie
extracorporee, per un totale di 29 assi trattati (6 pazienti hanno presentato calcolosi bilaterale ed in 4 casi
erano recidivi nello stesso lato). 3 pazienti sono ancora in corso di trattamento.
Risultati
Mentre con PCNL la bonifica è risultata completa nella maggior parte dei casi con una singola seduta,
con la URS/RIRS, come prevedibile, l’esito del trattamento si correla in modo statisticamente significativo
(p=0,0005) con le dimensioni dei calcoli. Considerando gli assi trattati esclusivamente con URS/RIRS,
la bonifica completa è avvenuta nell’83% dei casi con un unico trattamento per calcoli iniziali di diametro
inferiore ai 20 mm, nel 44% per calcoli di dimensioni superiori ai 20 mm. La durata operatoria e il tempo
di degenza sono risultati minori per l’approccio retrogrado rispetto alla via percutanea (rispettivamente,
p=0.034 e p
Discussione
La percentuale di pazienti stone-free dopo il singolo trattamento è risultata pari all’84%. Il tasso di
complicanze di grado > III è risultato pari al 2.3%.
Discussione
L’URS/RIRS è una procedura efficace, sicura, mini-invasiva e ripetibile, motivo per cui risponde
maggiormente ai bisogni dei pazienti affetti da calcolosi cistinica.
Conclusioni
I dati della nostra casistica suggeriscono che la ECIRS sia una tecnica sicura ed efficace, riteniamo inoltre
che sia particolarmente utile nella risoluzione di patologie quali calcolosi multiple reno-ureterali voluminose
e/o complicate.
Conclusioni
Essendo l’efficacia della RIRS inferiore per calcoli di dimensioni superiori a 20 mm, è fondamentale uno
stretto follow-up per poter diagnosticare e trattare i calcoli con approccio retrogrado qualora siano ancora di
dimensioni contenute.
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86° Congresso Nazionale SIU
FATTORI PREDITTIVI DI SUCCESSO NELLA URETEROSCOPIA PER IL TRATTAMENTO DELLA
CALCOLOSI RENO-URETERALE. NOSTRA ESPERIENZA.
L. D’Arrigo, F. Savoca, A. Bonaccorsi, A. Costa, M. Pennisi, F. Aragona (Messina)
Scopo del lavoro
La chirurgia endoscopica intrarenale per via retrograda (RIRS) ha modificato l’atteggiamento terapeutico
della calcolosi reno-ureterale con una significativa riduzione del numero di procedure per via percutanea
(PCNL). Tuttavia il trattamento di prima scelta nelle calcolosi pieliche e caliciali superiori ad 1.5 cm
resistenti a SW resta la PCNL. Scopo dello studio è di analizzare i parametri predittivi di successo (stone
free) in pazienti affetti da calcolosi reno-ureterale sottoposti a chirurgia endoscopica per via retrograda per
identificare quali pazienti possono avvalersi dei vantaggi della tecnica.
Materiali e metodi
Tra Maggio 2011 e Dicembre 2012 abbiamo sottoposto 192 pazienti a 211 trattamenti endoscopici per
calcolosi reno-ureterale. Abbiamo valutato il diametro massimo, l’area, il volume e la densità mediante TC.
Un’analisi statistica è stata condotta con software R per valutare la correlazione tra i parametri, il successo
dell’intervento e l’influenza sui tempi operatori. La litotrissia è stata eseguita con energia balistica, laser o
con entrambi.
Risultati
In 132 casi era presente una calcolosi ureterale di cui in 53 il calcolo era localizzato nell’uretere prossimale,
in 28 nel medio e in 51 nell’uretere distale. La percentuale di successo dopo un primo trattamento è
stata del 95%. Nei restanti 79 casi era presente una calcolosi renale trattata con RIRS. In questi ultimi la
percentuale di stone free è stata del 78% dopo primo trattamento e dell’89,5% dopo “second-look”. La
calcolosi in più sedi ha determinato una riduzione significativa della percentuale di successo. L’età media
era di 54.1 anni, il diametro medio di 11.4, l’area media 96.9 mm², il volume medio di 372.9 mm³, la densità
media di 1052.1, i tempi operatori medi 40.4 min.
Discussione
L’analisi univariata di tutti i pazienti ha mostrato come, il volume del calcolo (p=0.0176) ed il diametro
(p=0.0036) correlino in modo significativo con lo la percentuale di stone free rate. Dall’analisi dei casi
sottoposti a RIRS è emerso come lo stone burden (area) p=0.104, e la densità del calcolo p= 0.907,
analizzati singolarmente, non siano significativi ai fini dell’esito del trattamento ma sono correlati al tempo
operatorio (p=0.002 e p=0.01). Solo la presenza di una calcolosi caliceale (p= 0.007) è risultata significativa
ai fini dell’esito del trattamento. Dall’analisi multivariata emerge invece che i tre parametri correlati tra di loro
assumono rilevanza statistica anche al fine dell’esito del trattamento (diametro: p=0.01; calcolosi caliceale:
p=0.0009; densità: p=0.05).
Conclusioni
La calcolosi multipla e/o caliceale determina una significativa riduzione delle percentuali di successo mentre
nelle calcolosi localizzate in una singola sede la RIRS offre maggiore stone free rate. I parametri analizzati
singolarmente sembrano utili nel predire il tempo operatorio ma non l’esito del trattamento. La valutazione
combinata di questi parametri può predire la percentuale di stone free e dare informazioni sui tempi della
litotrissia.
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86° Congresso Nazionale SIU
A SINGLE GROUP OF WORK EXPERIENCE WITH MICROPERC FOR RENAL STONES
G. di lauro, S. mordente, L. romis, G. romeo, A. pane, A. ruffo, D. masala, F. iacono (pozzuoli)
Aim of the study
Our purpose is to describe our initial experience of using Micro-Perc technique for renal stones
Materials and methods
We enrolled 10 patients with symptomatic renal calculi(3 right;7 kidney)between March 2012 and January
2013.Patients mean age was 51,3yo±12,9SD(29 to 67yo). The mean stone size was 2,5 cm ±0,9 SD(0,8
to 4,5 cm),the mean Body Mass Index(BMI)was 24,83kg/m2 ±4,1SD(15,8 to 32 kg/m2).We evaluated
perioperative parameters in terms of: Operation Duration, Duration of hospitalization, Hemoglobin Drop,
Percentage of Success in terms of stone free rate(SFR),clinical insignificant residual fragment(CIRF) and
residual stone(RS). We used the three part all-seeing needle of diameter of 1,6 mm (4.85Fr) that is a bit
larger than diameter of standard Chiba needle 1,3 mm. The all-seeing needle is made with a three way
connector on is tip to allow in one channel the passage of the micro-optics with 120 degree lens with an
integrated light lead. In a second channel the passage of the irrigation pump for water outlet. A third channel
allows a holmium laser fiber passage. The operative technique for Micro-perc procedure we used is the
same described by Desai et al.As first step with patients in supine position we placed a transurethral 6 Fr
ureteral catheter or 7 double J stent if the stone diameter was > 2,5cm. After the antegrade step we turned
the patients in prone position and under fluoroscope and/or ultrasound guidance,we performed percutaneos
selective access to renal calyx with the optical needle previously described. We removed urethral Foley
catheter and ureteral catheter in postoperative day 1, double J stent was removed after 1 month.Every
patients was evaluate in post-operative day 1 and after 1 month with X-ray (KUB) and ultrasound of kidneys,
ureteres and bladder. We consider as clearance the absence of stones on KUB or ultrasound, as CIRF the
presence of stones not bigger than 4 mm, as RS the presence of stone bigger than 4 mm after one month
Results
All patients treated referred as main symptom the presence the pain after surgery.The main operation
duration in minutes and hospitalization duration in hours was 65,3 min±28,4SD(35 – 110 min) and
39,3hours±8,2 SD(36 – 72 hours).The main haemoglobin drop was 0,6 g/dl ±0,4 SD(0,2 – 1,6 g/dl).We did
not report any sever bleeding or any other kind of complication.Totally stone free rate was achieved in 8
patients after one month. We observed CIRF in 2 patients, no residual stone bigger than 4 mm have been
observed after one month from the treatment.
Discussion
Micro-Perc have been recently introduced as safe technique with less invasiveness then stantard PCNL,
using a particular needle called: all-seeing needle. Micro-Perc provides in a single step percutaneous renal
access under direct vision, stone disintegration and clearance of stones fragments.
Conclusions
Our results provide that microperc might take a part in the management of renal calculi. Routinary
application is promising,but further studies comparing PCNL and MicroPerc are needed
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86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
XENX, A NEW DEVICE TO PREVENT STONE AND FRAGMENTS MIGRATION DURING THE
ENDOSCOPIC LASER LITOTHRIPSY: EXPERIENCE IN A SINGLE CENTER.
NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA IN ANESTESIA COMBINATA SPINALE-EPIDURALE: ESPERIENZA
QUADRIENNALE DI UN SINGOLO CENTRO
N. Macchione, F. Lonogo, G. Zanetti, A. Trinchieri, E. Montanari (Milano)
M. Creta, S. Di Meo, R. Buonopane, L. Maio, G. Scibelli, V. Imperatore (Naples)
Aim of the study
A new anti-repulsion device for the endoscopic treatment of ureteral stones in terms of safety and efficacy
has been evaluated.
Scopo del lavoro
Lo scopo del presente studio è valutare l’efficacia e la sicurezza della nefrolitotrissia percutanea (PCNL) in
anestesia combinata spinale-epidurale(CSE)
Materials and methods
Xenx (Xenolith) is an anti-repulsion device working “closed” as a normal hydrophilic guide wire (0.038 floppy
tip / 0.04 shaft) and “open” as a nitinol ureteral mesh (max. diam. 12 mm / 4 F). The mesh lays between
two radiopaque markers, one on the top of the other in the closed device, and is springed pushing the
internal wire handled at the distal part of the Xenx. We performed a semirigid ureterorenoscopy using a
Wolf instrument (6.5-8.5 F) with double channel. The papilla was negotiated with Xenx, the radiopaque
marker positioned over the stone under direct vision and the device opened under fluoroscopic control. The
ureteroscope was retracted and reinserted beside Xenx. The stone was treated under continuous flow ( bag
at 150 cm ) by holmium laser (400 micron Medilas fiber) until it was reduced to subtle sand. At the end of
the procedure no basket was passed, Xenx was closed, an ureteral catheter coaxially placed and left 24-48
hours post-op. Over 3 months, 8 patients with ureteral stone positioned in the upper, in the middle and in the
lower ureter in 5, 2, and 1 cases respectively and were 9 mm median diameter (7-12 mm) with a median CTHU 887 (600-1100). Success in device positioning, operative time, post-op. analgesy (NSAID vs. Opioid),
post-op. complications (Clavien-Dindo scale) ultrasound (US) stone free rate (SFR) and hydronephrosis
grade were recorded. At 4 weeks post-op. stone free rate was assessed by NCCT 1 mm slice.
Materiali e metodi
Dal Gennaio 2009 al Febbraio 2013 è stato condotto uno studio osservazionale prospettico su 210 pazienti
sottoposti a PCNL in CSE. La CSE ha previsto l’iniezione sub aracnoidea di 5 mg di bupivacaina 0.5%
associata a 25 μg di fentalyl attraverso lo spazio L1-L2 seguita dal posizionamento di un catetere epidurale
connesso, a fine intervento, ad una pompa elastomerica con bolo a richiesta contenente ropivacaina
0.2%. Tutti gli interventi sono stati eseguiti dallo stesso operatore a paziente a decubito prono previo
posizionamento di catetere ureterale mediante ausilio di cistoscopio flessibile. L’accesso percutaneo è stato
eseguito mediante ago di Chiba 18-gauge e la dilatazione del tramite mediante dilatatori metallici telescopici
di Alken. La frammentazione dei calcoli è stata effettuata mediante energia ultrasonica. Al termine della
procedura è stata posizionata, in tutti i casi una nefrostomia Ch 18. Sono state registrate le caratteristiche
demografiche e cliniche pre-operatorie, i parametri intra- e post-operatori precoci. L’intensità del dolore
è stata valutata mediante Visual Analogue Sacale (VAS) (0-10). Le complicanze sono state classificate
secondo lo schema di Clavien modificato.
Results
The median operative time was 22 min (17’-33’). In two cases we used a post-op. analgesy with Opiod
(tramadol) associated to NSAID and only in one case we reported a presence of a small stone fragment in
the kidney at ultrasound control performed at second post-op. day. No cases of hydronephrosis and post-op.
complications were recorded.
Discussion
Xenx is a new and revolutionary device that works like a guide wire and like an antirepulsion decìvice at
same time.
Conclusions
Xenx in our experience is safe and effective in terms of stone free rate, complications and operating time.
Moreover, the use of Xenx allows to avoid using neither a basket nor a guide wire. These previous results
support the need of the involvement of more patients and of a multicenter experience.
204
Risultati
Le principali caratteristiche pre-operatorie ed i principali parametri intra e post-operatori sono riportati in
Tabella 1. In nessun caso è stato necessario convertire l’anestesia in generale. Non sono state registrate
complicanze chirurgiche intraoperatorie. L’evenienza di ipotensione intraoperatoria significativa è stata
registrata in 4 casi (1.9%) ed è stata controllata mediante iniezione di efedrina. Sono state riscontrate 30
complicanze post-operatorie precoci (entro 30 giorni) in 19 pazienti (9.0%), di cui 25 di grado I (febbre (n=2),
sanguinamento (n=7), leakage urinoso (n=4), dolore (n=12) e 5 di grado II (sanguinamento con necessità
di trasfusione). Non sono state registrate complicanze infettive e neurologiche legate alla presenza del
catetere epidurale
Discussione
La PCNL è comunemente effettuata in anestesia generale. Recenti evidenze hanno dimostrato l’efficacia e
la sicurezza della PCNL eseguita in CSE. Tale tipo di anestesia consente al paziente di poter collaborare in
corso di intervento e garantisce un miglior controllo antalgico in fase post operatoria. La presente costituisce
la più ampia casistica pubblicata ad oggi sull’argomento.
Conclusioni
La nostra esperienza dimostra come la PCNL eseguita CSE rappresenta una metodica sicura ed efficace in
grado di fornire un buon controllo analgesico intra e post operatorio.
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86° Congresso Nazionale SIU
IMPIEGO DELLA MATRICE EMOSTATICA FLOSEAL® IN CASO DI SANGUINAMENTO SEVERO
DALLA VIA ESCRETRICE IN CORSO DI UTETEROLITOTRISSIA ENDOSCOPICA: ESPERIENZA
PRELIMINARE.
M. Creta, S. Di Meo, R. Buonopane, V. Imperatore (Naples)
Scopo del lavoro
Descriviamo l’impiego della matrice emostatica Floseal® in caso di sanguinamento severo della pelvi renale
in corso di uteterolitotrissia endoscopica (URSL).
Materiali e metodi
Da Gennaio 2011 a Gennaio 2013 è stata riscontrata l’evenienza di sanguinamento severo dalla pelvi
renale in corso di URSL in 5/280 pazienti (1.7%). In tutti i casi e’ stata effettuata l’inizione endopielica
trans-ureteroscopica di 5mL di Floseal. La matrice emostatica e’ stata lasciata in sede per 10 minuti. Si è’
proceduto successivamente al lavaggio della via escretrice con soluzione fisiologica e alla rivalutazione per
la possibile prosecuzione della procedura. Sono stati riportati parametri intra- e post-operatorie dei pazienti
trattati. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad ecografia renale e radiografia diretta dell’apparato urinario a
distanza di 24 ore dall’intervento e successivamente dopo 3 mesi.
Risultati
In tutti e 5 i casi l’URSL è stata eseguita mediante strumento semirigido 6.7.5 Fr per calcolosi giuntale ed il
sanguinamento, secondario a lesione della mucosa pielica, impediva la prosecuzione della procedura per la
scarsa visibilità. L’età media di pazienti è stata di 56.4 anni (range: 40-67) e le dimensioni medie del calcolo
1.8 cm (range: 1.5-2). Il rapporto maschi:femmine è stato di 3:2. La durata media dell’intervento è stata
di 45.3 minuti (range:30-50). In tutti i casi l’impiego della matrice emostatica Floseal® ha determinato un
arresto del sanguinamento consentendo di portare a termine la procedura. Si è proceduto al posizionamento
di uno stent ureterale doppio J Ch 7 in tutti i casi. Il decorso post operatorio e’ stato regolare: non è stata
registrata l’evenienza di ematuria significativa post-operatoria, complicanze infettive o ostruzione delle
vie urinarie. Tutti i pazienti sono stati resi stone free. Al controllo eseguito a distanza di 3 mesi non è stata
evidenziata recidiva di calcolosi.
Discussione
L’evenienza di sanguinamento severo della via escretrice secondario a lesioni della mucosa ureterale e/o
pelvica in corso di URSL è descritta in circa il 2.1% dei casi. Tale complicanza è potenzialmente in grado di
ostacolare la visibilità endoscopica e la manovrabilità degli strumenti al punto da costringere a sospendere
la procedura. Essa è inoltre responsabile di anemizzazione e formazione di coaguli che possono ostruire
la via escretrice e causare dolore durante il decorso post-operatorio. L’impiego di agenti emostatici e’
descritto in chirurgia percutanea per il controllo dell’emostasi della pelvi renale. L’impiego di tali agenti in
caso di sanguinamento in corso di URSL non è stato precedentemente descritto. L’esperienza preliminare
del nostro studio suggerisce la necessità di condurre ulteriori studi prospettici su un campione più ampio di
pazienti.
Conclusioni
L’impiego di Floseal® in caso di sanguinamento severo in corso di URSL costituisce una potenziale
strategia per il controllo dell’emostasi.
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DOPPLER EVALUATION BEFORE AND AFTER EXTRACORPOREAL SHOCK WAVE LITHTRIPSY: IS
THERE A CHANGE IN RESISTIVE INDEX?
INSUCCESSO DELLA ESWL NEL TRATTAMENTO DEI CALCOLI URETERALI: FATTORI CHE
COMPORTANO UN SUCCESSIVO TRATTAMENTO CHIRURGICO
M. Sighinolfi, A. Mofferdin, N. Nyek Ntep, E. Martorana, F. Fidanza, S. Micali, G. Bianchi (Modena)
G. Mazzon, B. De Concilio, G. Ollandini, B. Stefano, C. Trombetta, M. Rizzo, N. Pavan, D. Marega (Trieste)
Scopo del lavoro
La litotrissia extracorporea (ESWL) rappresenta il trattamento mini-invasivo dell’urolitiasi: nonostante la
sicurezza clinica del trattamento, gli effetti sulla funzionalità renale non sono stati del tutto definiti. L’ecocolor doppler consente di studiare l’apporto vascolare renale attraverso la valutazione del picco sistolico,
della velocità tele-diastolica e delle resistenze vascolari (resistive index, RI). Lo scopo di questo lavoro
è quello di registrare il RI prima e dopo trattamento ESWL, per definire eventuali modifiche del sistema
vascolare e rapportare le variabili ottenute con caratteristiche sia del paziente che del trattamento.
Scopo del lavoro
La litotrissia extracorporea (ESWL) rappresenta il trattamento minimamente invasivo della urolitiasi. Le linee
guida EAU non sono univoche sul trattamento dei calcoli ureterali, lasciando allo Specialista la possibilità di
scegliere caso per caso quale sia la strategia terapeutica migliore. Scopo del nostro lavoro è verificare quali
siano i fattori che portano al fallimento del trattamento extracorporeo e richiedano una successiva bonifica
chirurgica del calcolo.
Materiali e metodi
Un totale di 50 pazienti consecutivi affetti da calcolosi renale sono stati sottoposti ad ESWL con Dornier
Lithotripter S XXP. Per ogni soggetto sono state considerate le seguenti variabili: • Età, co-morbidità
(diabete, ipertensione, cardiopatia ischemica, obesità, infezioni vie urinarie); • Pregresse ESWL o litotrissia
percutanea a carico dello stesso rene, • Caratteristiche del calcolo (dimensioni e sede), • Caratteristiche del
trattamento ESWL effettuato (numero onde d’urto, energia totale accumulata). L’esame Eco Color Doppler
(BK-Medical, FlexFocus1202) è stato eseguito in tutti i pazienti immediatamente prima e dopo il trattamento
ESWL (entro le 2 ore successive): la lettura è stata ottenuta a livello delle arterie interlobari o arciformi
adiacenti il calcolo.
Risultati
Delle variabili ottenute (velocità di picco sistolico, velocità tele-diastolica, resistenze) abbiamo considerato
la variazione pre e post-trattamento del RI. L’analisi statistica è stata eseguita mediante t-test per campioni
appaiati e non, e test non parametrici. Non è stata documentata alcuna variazione significativa nella media
di RI prima (0.7089, DS:0.077 ) e dopo trattamento ESWL (0.6959, DS: 0.090) (p = 0.441). Considerando
separatamente 22/50 pazienti che presentavano un leggero peggioramento delle resistenze, tale variazione
non è risultata correlata all’età, al numero di shock waves e all’energia totale accumulata, alle co-morbidità o
a precedenti procedure urologiche.
Discussione
L’utilizzo dell’Eco Color Doppler per la valutazione della funzionalità renale post-ESWL è già stato
descritto nelle scorse decadi; sebbene i report preliminari deponessero per un danno indotto da ESWL alla
vascolarizzazione renale, l’utilizzo di litotritori di ultima generazione sembra non influire negativamente sulla
funzionalità renale a breve termine.
Conclusioni
L’ulteriore valutazione della vascolarizzazione a medio e lungo follow-up è necessaria per confermare questi
out-comes.
208
Materiali e metodi
Studio prospettico su pazienti sottoposti a una o più ESWL per calcolosi ureterale tra il 2009 ed il 2012
presso il nostro Centro. I pazienti sono stati suddivisi in base alle dimensioni del calcolo, alla sede
dell’ostruzione, al tempo trascorso tra il primo trattamento e l’insorgenza dell’ostruzione, al numero di colpi
somministrati e alla potenza dei colpi erogata. In caso di persistenza del calcolo, persistenza delle coliche,
iperpiressia o idronefrosi i pazienti sono stati successivamente sottoposti a intervento chirurgico.
Risultati
Sono stati arruolati 260 pazienti. L’età media al momento del trattamento era di 57 anni (DS: 6 anni). 44,8%
dei pazienti trattati aveva un calcolo iuxtavescicale, il 22,4% aveva un calcolo sottogiuntale, il rimanente
32,8% un calcolo lombare. Le dimensioni medie del calcolo erano di 10,64 mm (DS: 3,57 mm). In media tra
il primo trattamento e l’insorgenza dell’ostruzione sono trascorsi 67,01 giorni (DS: 108,53 giorni). Numero
medio di colpi somministrati: 2887 (DS: 520), potenza erogata: 18 Kv (DS: 1,9). Ancora, 70 pazienti su
260 (26,92%) hanno avuto bisogno di una bonifica endoscopica per il fallimento della ESWL. Dall’analisi
statistica dei nostri dati esiste una differenza significativa tra il gruppo di pazienti trattati efficacemente
con l’ESWL e quelli che hanno richiesto un trattamento endoscopico in relazione al tempo trascorso tra
il trattamento e l’insorgenza dell’ostruzione (54 giorni in media per il primo gruppo, 92 giorni in media
per il secondo gruppo, p:0,047). Tutti gli altri parametri considerati non hanno evidenziato differenze
statisticamente significative tra i gruppi.
Discussione
Nella nostra esperienza la litotrissia extracorporea risulta una procedura efficace in una alta percentuale
dei pazienti, in accordo con le linee guida EAU. Dai nostri dati emerge come il tempo intercorso tra primo
trattamento e insorgenza dell’ostruzione sia un fattore predittivo per il successo del trattamento stesso.
Calcoli ureterali presenti dal almeno tre mesi poco giovano di un trattamento con onde d’urto, e potrebbero
pertanto beneficiare direttamente di una procedura endoscopica.
Conclusioni
La litotrissia extracorporea per calcolosi ureterali risulta una metodica efficace, in caso di calcoli ureterali
presentida lungo tempo si potrebbe optare direttamente per un trattamento endoscopico.
209
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86° Congresso Nazionale SIU
ESWL AND RENAL DAMAGE: A PROSPECTIVE RANDOMISED TRIAL USING WOLF PIEZOLITH 3000
LITHOTRIPTER
I. Oliva, M. Gelosa, G. Zanetti, D. Abed El Rahman, M. Talso, A. Tafa, M. Rastaldi, D. Croci, P. Messa, M.
Ferruti, F. Rocco (Milano)
Aim of the study
Shock wave lithotripsy (SWL) was proven to be safe and effective for renal stone treatment. The shock wave
rate used during the SWL procedure causes cavitation, which is the responsible phenomenon for stone
fragmentation and may be responsible for tissue and vascular damages ascribed to lithotripsy. Neutrophil
Gelatinase-Associated Lipocalin (NGAL) has been shown to be one of the earliest and most overexpressed
markers in case of cellular damage in the kidney. Aim of the study is to evaluate the relation among renal
damage, stone fragmentation rate and pain using a new generation piezoelectric lithotripter (Wolf Piezolith
3000)
Materials and methods
127 patients affected by a single renal stone were included in our clinical trial and underwent SWL with Wolf
PiezoLith 300 lithotripter. A urine sample was collected in all patients (38 belonging to Group A treated with
a frequency of 60 Sw/min, 57 to Group B treated with a frequency of 120 Sw/min and 32 to Group C with a
frequency of 180 Sw/min) before treatment, within 2 hours and 72 hours after SWL, for NGAL measurement.
Results
The stone fragmentation rate obtained in the 3 groups was practically the same 30 days after SWL, with an
efficacy rate of 69% in Group A, of 61% in Group B and of 64% in the Group C. In the Groups A and B we
didn’t see any increase of NGAL value within 2 hours and 72 hours from treatment compared within pretreatment NGAL value. In the Group C NGAL increased after treatment, but returned to the baseline value
after 72 h. Furthermore, NGAL was always well below the threshold value of 350 ng/mL, indicative of acute
renal failure. The group C showed a statistically significant higher degree of pain (measured through VAS
scale) compared to groups A and B.
Discussion
Wolf Piezolith 3000 litotripter allows to achieve a valid stone fragmentation even with higher frequencies,
thus reducing SWL treatment time and without significant renal damage
Conclusions
Our data show that it is possible to improve stone fragmentation rate by increasing the shock wave number
without a significant renal damage. According to our data anyway higher frequencies are always associated
with higher pain that can be easily treated by standard antipain drugs.
210
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86° Congresso Nazionale SIU
ESWL IN ELDERLY PATIENTS: OUR EXPERIENCE
I. Oliva, M. Gelosa, G. Zanetti, D. Abed El Rahman, A. Tafa, M. Talso, A. Nardin, M. Ferruti, F. Rocco
(Milano)
Aim of the study
Aim of the study was to assess effectiveness and complications of extracorporeal shockwave lithotripsy
(SWL) in a population over 70 years of age
Materials and methods
A retrospective study was carried out on 150 patients over 70 (mean age 73.6 years) who underwent SWL
with a Storz Modulith SLX. A medium/long-term follow-up was also performed (mean length of follow-up was
59.2 months per patient).A control group was selected, comprised of 115 patients under 50 years of age
(range: 21- 50; mean: 40.7 years), treated consecutively at our 595 (8.4%) using the same lithotripter.
Results
Mean shock wave (SW) number was 2,850 per patient (range 1,800-4,500) with average power setting
of 18 KV (range 16-20). At short-term follow-up (1-3 months from treatment) we observed 72.1% (83/115)
stone-free patients, 20% (23/115) with residual stones (4 mm, 4.3% (5/115) of patients showing no change.
Comparing the study group with a control group results: a) no statistically significant difference between the
two groups with respect to complications due to treatment; b) a statistically significant worsening in stonefree rate (SFR) in renal calculi in the elderly patients compared with the younger patients (SFR = 60% vs.
75.4%, p=0.053); c) a comparable SFR for ureteral calculi in elderly and younger patients (SFR = 86.7%
vs. 87%; p= 0.967). A significant increase in post-treatment complications was observed in subjects who
presented with calculi larger than one centimetre (28% vs. 18.5%).
Discussion
Lithotripsy appears to be an effective first-line treatment for urinary stones in elderly patients, showing
good results and no significant increase in complications. However recent works in the literature seem to
show that elderly patients who undergo SWL for stones located only in the kidneys have a lower stone
fragmentation rate (FrR) and, consequently, a lower stone-free rate compared with younger subjects
Conclusions
Our data indicate that in elderly patients suffering from stones that are located only in the kidney, are
larger than one centimetre, and are not causing kidney pain, extracorporeal lithotripsy is less effective
than in younger subjects. In this type of patients, therefore, indication for extracorporeal lithotripsy must be
assessed in relation to comorbidity, clinical conditions, and possible alternative therapies.
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E’ UTILE ESEGUIRE IL TEST DI BRAND COME SCREENING NELL’ADULTO CON COLICA RENALE?
INSUFFICIENZA RENALE ACUTA IN CORSO DI COLICA RENOURETERALE, IL RUOLO DEI FANS
G. Patruno, D. Del Fabbro, V. Iacovelli, G. Gaziev, A. Asimakopoulos, E. Finazzi Agrò, S. Germani, G.
Vespasiani, R. Miano (Roma)
A. Crestani, F. Dal Moro, F. Zattoni (Padova)
Scopo del lavoro
La cistinuria è un disordine autosomico recessivo caratterizzato da un’alterazione dei meccanismi di
trasporto (riassorbimento) della cistina a livello del tubulo renale prossimale e del tratto gastrointestinale.
Un’elevata concentrazione di cistina nelle urine è responsabile della formazione di calcoli renali. I calcoli
di cistina rappresentano circa l’1% di tutti calcoli renali, con un picco di incidenza tra la seconda e terza
decade di vita. La reale prevalenza della cistinuria nella popolazione generale è sconosciuta con molti
casi probabilmente misconosciuti. Il test di Brand per il rilievo di cistinuria è oggi consigliato nel paziente
pedriatico con calcolosi ricorrente o nel paziente adulto solo dopo accertamento della presenza di cistina
all’analisi del calcolo. Obiettivo del nostro studio è stato di testare l’incidenza di cistinuria nel paziente adulto
affetto da colica renale.
Materiali e metodi
Previo consenso informato, abbiamo raccolto i dati di 300 pazienti adulti (>18aa) consecutivi che afferivano
al nostro ambulatorio immediatamente dopo accesso al Pronto Soccorso per colica renale. A tutti i pazienti è
stato richiesto un campione di urina spot che è stato conservato a -80° per poi essere analizzato, mediante
il test di Brand, per il rilievo di cistinuria. Se l’esame dava esito dubbio, esso è stato ripetuto su un nuovo
campione di urina spot. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti che presentavano condizioni cliniche
(catetere vescicale a permanenza, precedente diagnosi di Sindrome di Fanconi o aminoaciduria) o terapie
(N-acetilcisteina, ampicillina o farmaci contenenti sulfamidici) che potessero generare falsi positivi al test di
Brand.
Risultati
Dei 300 pz arruolati, 193 (64%) erano uomini e 107 (36%) donne. L’età media era di 42,5 aa (range 18–79
aa). Dividendo la popolazione per quartili di età: 18-32 aa=76 pz; 33-47 aa=122 pz; 48-62 aa=73 pz; 63-79
aa=29 pz. 154/300 (51,3%) presentavano storia di calcolosi renale ricorrente. Dividendo la popolazione per
quartili d’età e storia di calcolosi renale ricorrente: 18-32 aa=36pz; 33-47 aa=64 pz; 48-62 aa=38 pz; 63-79
aa=16 pz. 3/300 (1%) pazienti sono risultati positivi al test di Brand [2/193 uomini (1.03%) e 1/107 donna
(0.93%)]. Tutti i pazienti con test di Brand positivo presentavano una storia di calcolosi renale ricorrente. Il
confronto tra l’incidenza di cistinuria nella sola popolazione giovane adulta (18-32 aa, 1° quartile) con storia
di calcolosi renale ricorrente (2/36 casi) rispetto al resto della popolazione ha evidenziato una differenza
statisticamente significativa (5.5% vs 0.4%; p=0,04 Fisher’s exact test).
Scopo del lavoro
Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare gli effetti sulla funzione renale dei farmaci antiinfiammatori non
steroidei (FANS) utilizzati a scopo analgesico in corso di colica renoureterale sostenuta da calcolosi.
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato in modo retrospettivo il database del nostro Pronto Soccorso urologico dal maggio 2012
al gennaio 2013. Sono stati identificati 281 accessi per colica renoureterale. Sono stati esclusi dall’analisi
i casi di colica renoureterale non sostenuta da calcolosi, i pazienti monorene, i pazienti con insufficienza
renale cronica (IRC). Sono stati quindi selezionati 104 casi di colica renoureterale. I casi selezionati avevano
assunto terapia con FANS prescritta ad una precedente valutazione ambulatoriale oppure prescritta
autonomamente. La quantità di farmaco assunta è stata variabile.
Risultati
Nel 25% dei casi (26/104) i pazienti avevano sviluppato un quadro di insufficienza renale acuta di entità
variabile.
Discussione
Nella nostra casistica il 25% dei pazienti che assumono FANS in corso di colica renoureterale sviluppano
un quadro di insufficienza renale acuta. La ridotta perfusione renale causata dalla dall’inibizione della sintesi
delle prostaglandine è una delle cause principali di insufficienza renale acuta causata dall’assunzione
di FANS. Inoltre un quadro di ipovolemia causata dall’assunzione cronica di diuretici o dal ridotto introito
di liquidi sono concause per la compromissione della funzione renale. In corso di colica renoureterale
l’assunzione spesso non controllata di FANS e la riduzione dell’introito di liquidi che spesso avviene sono
fattori che potrebbero favorire lo sviluppo di un quadro di insufficienza renale acuta anche in pazienti con
normale funzione renale.
Conclusioni
Una notevole quota di pazienti, spesso sottostimata, sviluppano un quadro di insufficienza renale acuta
in corso di colica renoureterale causata dall’assunzione di FANS. Ne deriva la necessità di un utilizzo
ragionato dei FANS ed un attento counseling con il paziente al momento della prescrizione del farmaco.
Discussione
Conclusioni
Seppure l’incidenza di cistinuria nella popolazione giovane adulta (18-32 aa) con storia di calcolosi renale
ricorrente possa sembrare bassa (5.5%), la sua frequenza significativamente maggiore e il rilevante
problema clinico suggeriscono l’esecuzione del test di Brand come screening in questo sottogruppo di
pazienti dopo episodi di colica renale.
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SICUREZZA ED EFFICACIA DEL TRATTAMENTO DELLA NEFROLITIASI MEDIANTE LITOTRITORE
EDAP - TMS SONOLITH I-MOVE DOPO I PRIMI 100 CASI.
CONFRONTO PROSPETTICO TRA TAMSULOSINA E RENALIT COMBI COLIC COME TRATTAMENTO
ESPULSIVO DELLA CALCOLOSI RENO-URETERALE DOPO LITOTRISSIA EXTRACORPOREA
C. Fiori, M. Manfredi, M. Cossu, D. Garrou, G. Cattaneo, D. Amparore, R. Aimar, E. Checcucci, F. Porpiglia
(Orbassano)
A. Zordani, G. Pirola, R. Galli, M. Sighinolfi, A. Mofferdin, S. Micali, G. Bianchi (Modena)
Scopo del lavoro
Grazie alla sua efficacia ed alla sua mini invasività, la litotrissia extracorporea (ESWL) rappresenta la terapia
di scelta nelle calcolosi renali di diametro < 20 mm. Riportiamo i risultati relativi alla nostra casistica in
termini di sicurezza ed efficacia a breve termine del trattamento della calcolosi renale con ESWL mediante
litotritore di nuova generazione.
Materiali e metodi
Abbiamo rivisto retrospettivamente i dati contenuti nel database istituzionale (mantenuto prospetticamente)
relativi ai pazienti sottoposti a ESWL per litiasi renale dal febbraio 2011 al marzo 2013 presso la nostra
SCDU. Tutti i trattamenti sono stato eseguiti mediante EDAP TECHNOMED Sonolith I-Move, con
generatore di tipo elettroconduttivo. La valutazione post-operatoria è stata effettuata mediante ecografia
reno-vescicale ed Rx addome diretto a 1 e a 3 mesi dal trattamento. Sono stati registrati i dati relativi a
caratteristiche demografiche, dimensione e sede dei calcoli, durata del trattamento, valutazione del dolore
in corso di ESWL mediante VAS score e conseguente somministrazione di farmaci antidolorifici, tasso di
“stone-free”, tasso di ricorso a terapie ancillari e di re-trattamento, complicanze. La condizione di “stonefree” è stata definita come assenza di frammenti significativi (>3mm) alla ETG e all’RX renovescicale a 3
mesi dal trattamento.
Risultati
La popolazione in studio comprendeva 100 pazienti con follow up mediano di 17 mesi (3-30). L’età media
era 50(+4.6)anni mentre il BMI medio era 26.5 (+2.4)Kg/m2.Sono stati trattati 100 calcoli, di cui 44 con
diametro < 10 mm e 68% per i calcoli di 10-20mm. In base alla sede, abbiamo registrato tassi di stone-free
pari a 46% per i calici inferiori, 50% per i calici medi, 80% per i calici superiori e 70%, per quanto riguarda
i calcoli del bacinetto. In due casi (2%) è stata registrata una complicanza (ematoma renale), risoltasi
spontaneamente senza necessità di terapia. In due casi (2%) si è reso necessario il ricorso a terapie
ancillari in regime di urgenza (ureteroscopia operativa). Il tasso di re-trattamento è stato pari al 26%.
Discussione
Secondo la nostra casistica, la ESWL continua a rappresentare la terapia di scelta soprattutto nei pazienti
con calcoli < 10 mm localizzati in sede caliceale superiore.
Conclusioni
Nella nostra casistica, il trattamento della nefrolitiasi mediante ESWL con litotritore EDAP TMS Sonolith
I-Move si è dimostrato sicuro, ben tollerato ed efficace.
Scopo del lavoro
In questo preliminare studio prospettico confrontiamo l’efficacia della terapia espulsiva con Tamsulosina
0.4mg rispetto ad un’associazione di Dimettosi-Diidrossi-Aporfina 250mcg, Arbutina 60mg ed Umbelliferone
(Renalit-Combi Colic) dopo ESWL.L’Aporfina è da tempo nota per la sua azione alfa-litica, essendo
un’antagonista diretta degli adrenorecettori di tipo 1a e 1b.Recentemente è stata combinata con l’arbutina
ad azione infiammatoria per l’inibizione dell’enzima fosfolipasi A2, l’asparagina ad azione diuretica e
l’herniaria con azione antiadesiva sulle cellule dell’urotelio
Materiali e metodi
Da Gennaio 2013 abbiamo considerato in maniera prospettica 51 pazienti candidati a trattamento ESWL
per calcolosi reno-ureterale (età media: 54 +/-14,8 ; 35 uomini, 16 donne).L’ESWL è stata condotta
mediante Dornier Lithotripter S XXP, utilizzando il puntamento sia ecografico che fluoroscopico.Al termine
del trattamento i pazienti sono stati randomizzati a ricevere terapia espulsiva mediante: a)aporfina (Renalit
Combi Colic) per 12/die; b)tamsulosina 0,4mg/die per 20/die (gruppo di controllo).Il follow up è stato
condotto a circa 30/die dal trattamento ESWL mediante ecografia renale e, in casi selezionati, radiografia
dell’addome.Le variabili considerate sono state: sede e dimensione dei calcoli;apparente frammentazione
del calcolo in corso di trattamento;espulsione di frammenti o evidente riduzione di dimensioni del calcolo.Le
variabili ottenute sono state inserite in un apposito data base ed analizzate mediante SPSS12 per Windows,
mediante l’utilizzo di test parametrici e non parametrici(chi square)
Risultati
24 pazienti sono stati sottoposti a terapia con aporfina(A) e 27 pazienti a terapia con tamsulosina(B)
dopo ESWL.Le dimensioni medie dei calcoli nei due gruppi erano pari a 8,3mm e 9,5mm rispettivamente
(p=0.058).La localizzazione era prevalentemente pielica ed ureterale in entrambi i gruppi (21/24 pazienti
del gruppo A, 23/27 pazienti del gruppo B, p=0.8). 6 casi sono stati esclusi dall’analisi per assenza di
significativa frammentazione in corso di trattamento. L’espulsione di frammenti o comunque un’evidente
riduzione delle dimensioni del calcolo al follow up è avvenuta in 90,4% (19/21) pazienti in terapia con
aporfina e in 91,6%(22/24) pazienti in terapia con tamsulosina (p=0.64).Nei restanti pazienti non è stata
documentata alcuna evidenza di espulsione di frammenti.Non si sono registrati effetti collaterali (connessi
ad ESWL o a terapia medica) in entrambi i bracci di trattamento
Discussione
L’utilizzo di Renalit Combi Colic in questa preliminare esperienza sembra mostrare un’efficacia
sovrapponibile a quella della tradizionale tamsulosina in termini di espulsione dei frammenti.Questa
formulazione consente inoltre di superare le difficoltà che spesso si incontrano nella prescrizione di un
farmaco off label in alcune categorie di pazienti, come donne e bambini
Conclusioni
Ulteriori studi su campioni più ampi e selezionati potranno confermare l’efficacia dell’aporfina come terapia
espulsiva dopo ESWL
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EARLY RECOVERY OF URINARY CONTINENCE IS STRONGLY CORRELATED TO SUBSEQUENT
POST-OPERATIVE ERECTILE FUNCTION OUTCOMES IN MEN TREATED WITH RADICAL
PROSTATECTOMY
D. Vizziello, G. Gandaglia, N. Suardi, L. Villa, F. Castiglione, A. Salonia, N. Passoni, V. Mirone, R. Damiano,
F. Cantiello, E. Di Trapani, M. Ferrari, V. Scattoni, A. Gallina, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
No study has tested the value of early urinary continence (UC) recovery in predicting erectile function (EF)
recovery over time. We hypothesized that early recovery of complete UC is a strong predictor of subsequent
potency recovery.
Materials and methods
The study included 898 patients affected by PCa submitted to either retropubic radical prostatectomy
(RRP; n=460; 58.6%) or to robot-assisted laparoscopic prostatectomy (RALP; n=325; 41.4%) between
January 2003 and December 2011 at a single referral tertiary center. After surgery, all information regarding
functional outcomes were recorded every three months during the first year and every 6 months thereafter.
UC recovery was defined as use of no pad. The International Index of Erectile Function (IIEF) was used to
evaluate EF after BNSRP. Postoperative EF recovery was defined as an IIEF-EF domain score ≥22. We
excluded from the analyses patients who recovered EF during the first month after surgery (n=113). This
resulted in 785 patients included in the study. We stratified patients in two groups: those who experienced
UC recovery within the first month (n=178; 22.7%) and patients who did not recover continence after 1
month (n=607; 77.3%). Kaplan-Meier curves assessed the time to EF recovery. Multivariable Cox regression
analyses addressed the predictors of EF recovery after surgery.
Results
At a mean follow up of 28.7 months (median 21), 113 patients (47.3%) recovered complete EF.
Postoperative potency recovery rates at 1 and 2 years were 44% and 54.2%, respectively. The 6, 12 and 24
month EF recovery rates were significantly higher in patients who recovered UC within the first month after
surgery as compared to those who did not recover continence during the first month (44.9, 58.9, 64.3% vs.
22.7, 39.5 and 51.2%, respectively; p
Discussion
Patients who experienced early UC recovery were at higher probability to recover postoperative EF
compared to those not continent at 1 month after RP. These data should be considered for patient
counseling and for adequate rehabilitation regimens after surgery.
Conclusions
The early recovery of urinary function is strongly associated with the subsequent recovery of erectile
function in patients undergoing radical prostatectomy.
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PREOPERATIVE FUNCTIONAL STATUS PREDICTS URINARY CONTINENCE RECOVERY AFTER
RADICAL PROSTATECTOMY
D. Di Trapani, G. Gandaglia, P. Dell’Oglio, U. Capitanio, V. Scattoni, N. Suardi, N. Passoni, F. Abdollah, V.
Mirone, R. Damiano, F. Cantiello, A. Gallina, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
The aim of our study was to correlate pre-operative functional status with postoperative urinary continence
(UC) recovery after radical prostatectomy.
Materials and methods
The study included 1118 patients submitted to open retropubic radical prostatectomy (RRP; n=645, 57.7%)
or robot assisted laparoscopic prostatectomy (RALP; n=473, 42.3%) between 2002 and 2011 at a single
referral tertiary center. All patients had complete preoperative available data, including age at surgery, body
mass index (BMI), and risk group according to D’Amico classification. Moreover, baseline erectile function
was assessed using the Erectile Function (EF) domain of the IIEF and preoperative lower urinary tract
symptoms (LUTS) were evaluated using the International Prostatic Symptom Score (IPSS). Severity of
LUTS was categorized into : no or mild (0-7), moderate (8-19) and or severe (<=20). After surgery, data on
functional outcomes were recorded every three months during the first year and every 6 months thereafter.
UC recovery was defined as being completely pad-free over a 24-hour period. Kaplan-Meier curves
assessed the time to UC recovery. Cox regression analyses addressed predictors of UC recovery after
surgery.
Results
At a mean follow-up of 28.4 months, 924 patients (83.5%) recovered UC. Overall, UC recovery at 1 and 2
years were 84.3% and 88%, respectively. The 1 and 2-years UC recovery rates were significantly higher in
patients with severe LUTS as compared to those with moderate and no or mild symptoms (85.8 vs. 74.9 vs.
62.4% and 89.3 vs. 78.7 vs. 74.6%, respectively; p=0.001). Similarly, patients without preoperative erectile
dysfunction (ED) had higher 1 and 2-years UC recovery rates compared to those with ED (84.7 vs. 77.7%
and 89.7 vs. 81.9%; p=0.01). At MVA analyses IPSS, IIEF-EF, age and surgical approach were significantly
associated with UC recovery (all p≤0.04) after accounting for BMI and risk group. Interestingly, patients
with no or mild prostatic symptoms had 1.4-fold higher probability to recover UC as compared to those with
severe symptoms (p=0.04). Patients with no ED had 1.5-fold higher probability to recover UC as compared
to those with severe ED (p=0.03).
Discussion
Age at surgery, preoperative erectile dysfunction and LUTS are associated with UC recovery after radical
prostatectomy. All these parameters might be considered proxy of poor pelvic vascular status.
Conclusions
Patient expectations regarding postoperative functional outcomes should take into account both age at
surgery and preoperative functional status.
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86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
PROSPECTIVE RANDOMIZED STUDY OF RADIOFREQUENCY VERSUS ULTRASOUND SCALPELS
ON FUNCTIONAL OUTCOMES OF LAPAROSCOPIC RADICAL PROSTATECTOMY
IMPACT OF INTRAOPERATIVE BLEEDING ON URINARY CONTINENCE RECOVERY AFTER
BILATERAL NERVE SPARINGRADICAL PROSTATECTOMY
A. Pastore, G. Palleschi, A. Leto, L. Silvestri, D. Autieri, A. Ripoli, A. Fuschi, K. Sacchi, C. Maggioni, A.
Carbone (Latina)
L. Villa, N. Fossati, N. Passoni, G. Gandaglia, D. Di Trapani, R. Bertini, R. Damiano, F. Cantiello, P.
Dell’Oglio, V. Mirone, G. Zanni, A. Gallina, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
Surgical treatment of prostate cancer currently involves laparoscopic radical prostatectomy (LRP) or robotassisted LRP. Continence and nerve-sparing procedures in these techniques are supported by dissection
and hemostatic surgical devices powered by different types of energy. The aim of this study was to assess
recovery of continence and erectile function after laparoscopic extraperitoneal radical prostatectomy
comparing 2 surgical devices for dissection and hemostasis, radiofrequency (RF) and ultrasound (US)
scalpels.
Aim of the study
Although several pre- and intra-operative factors have been associated withfunctional recovery after
nerve sparing radical prostatectomy (NSRP), conflicting results have been reported regarding the role
ofintraoperative bleeding on postoperative UC recovery.
Materials and methods
A total of 132 men with localized prostate cancer were prospectively enrolled and scheduled for
extraperitoneal LRP. Patients were randomly assigned to the RF group (LigaSure; n = 66) or the US group
(UltraCision; n = 66). Outcomes were measured by the self-administered questionnaires (International
Consultation on Incontinence Questionnaire–Urinary Incontinence [ICIQ-UI] and International Index of
Erectile Function 5 [IIEF 5]) 15 days before surgery, 90 and 180 days after prostatectomy to assess recovery
of urinary continence and erectile function.
Results
No significant difference was found between the 2 groups regarding operative time, intra- and perioperative
complications, or time of hospital stay. At 180 days after surgery, patients in the RF treated group showed
better recovery in terms of continence and erectile function compared to patients in the US group (ICIQ-UI: p
= 0.0016; IIEF 5: p = 0.0352).
Discussion
Results of the present study showed that the RF and US scalpels were similar with respect to operative
time, blood loss, catheterization time, and postoperative hospital stay. However, at the 180-day followup, a better functional outcome was demonstrated for patients in the RF group (LigaSure), as shown
by significantly improved ICIQ-UI and IIEF 5 scores compared to the US group (UltraCision), while no
significant difference was observed at an earlier time point (90 days). The main limit of this study could
be represented by the sample size and by the mean range of follow-up; however, the prospective design,
the execution of all surgical procedures by the same surgeon and the homogeneous characteristics of the
patient groups may balance this study limitation. Additional larger prospective randomized studies with
a longer follow-up are necessary to assess other scalpel devices and to encourage surgeons to select a
particular device based on an objective demonstration of its superiority.
Materials and methods
The study included 665 patients affected by prostate cancer (PCa) submitted to retropubic NSRP between
January 2005 and December 2011 at a single referral tertiary center. All patients had complete data,
including PSA at diagnosis,age at surgery, body mass index (BMI) and pre-operative erectile function
(EF) assessed by the International Index of Erectile Function (IIEF). Patients were classified according to
intraoperative bleeding in two groups according to median value of blood loss: patients with blood loss
Results
At a mean follow up of 36.4 months (median 35), 452 patients (68%) recovered UC. Overall, postoperative
UC recovery rate at 1 and 2 years were 66% and 70.4%, respectively. The mean intraoperative blood loss
was 820 ml (median 700 ml).
Discussion
At 1- and 2-year analysis, UC recovery rates were significantly lower in patients with intraoperative bleeding
≥700 ml as compared to those with a blood loss <0.01).
Conclusions
Intraoperative bleeding significantly affects UC recovery after NSRP. Bleeding might lead to pelvicischemia
and/or to a worse visualization of the operative field, which in turn might affect the quality of surgery. For
these reasons,minimally invasive approaches associated with lower blood bloss might thus be beneficial in
the context of functional outcomes
Conclusions
The use of the RF scalpel provided better functional outcomes compared to the US scalpel in patients
undergoing extraperitoneal LRP. This might be attributed to the low contiguous damage of those tissues,
which are not directly involved in dissection and hemostasis, achieved using the RF device.
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RISULTATI ONCOLOGICI ED MORBIDITà IN PAZIENTI AFFETTI DA CARCINOMA PROSTATICO
SOTTOPOSTI A TRATTAMENTO CON CRIOTERAPIA
ASSESSMENT OF PREDICTIVE FACTORS OF PERIOPERATIVE COMPLICATIONS AFTER MINIMALLY
INVASIVE RADICAL PROSTATECTOMY: A MULTICENTRE STUDY
A. Di Benedetto, C. Lucan, G. Mucciardi, E. D’Amico, A. Barbos, I. Gheorghita, L. Macchione, C. Magno, M.
Lucan (Messina)
A. Porreca, E. De Lorenzis, G. Randi, M. Rosso, G. Cozzi, S. Zaramella, M. Zacchero, A. Antonelli, P.
Parma, A. Celia, S. Ricciardulli, S. Crivellaro, M. Falsaperla, P. Bove, V. Iacovelli, L. Cindolo, D. Dente, E.
Cappa, A. Minervini, L. Masieri, S. Serni, M. Carini, C. Simeone, B. Rocco (Abano Terme)
Scopo del lavoro
Valutare gli outcomes oncologici e la morbidità di pazienti affetti da carcinoma prostatico (CaP) sottoposti a
trattamento focale con crioterapia
Materiali e metodi
Sono stati arruolati 556 pazienti con CaP ( età media di 65.9 ± 15) Secondo la classificazione di D’Amico
62(11.2%) pazienti erano ad alto rischio, 97 (17.4%) a rischio intermedio, 397 (71.4%) a basso rischio. 123
(22.1%) che presentavano ,con eco TR, un volume prostatico >50 gr, sono stati sottoposti a trattamento
ormonale neoadiuvante con ciproterone acetato 150 mg/die per 6 mesi. Pre-operatoriamente ai pazienti
sono stati somministrati i questionari IPSS e IIEF-5. La procedura è stata eseguita in anestesia generale
e sotto controllo ecografico TR previa introduzione in uretra di un urethral warmer. La formazione delle ice
balls è stata costantemente monitorata. Sono stati eseguiti due cicli di congelamento-scongelamento. Il
follow-up medio è stato di 31.6 ± 4.7 (range da 12 a 54 mesi) e prevedeva: monitoraggio mensile del PSA
a 6 mesi e successivamente ogni 3 ; biopsie prostatiche (12 prelievi) tra 6-12 mesi; somministrazione dei
questionari IPSS ed IIEF-5 a 6 e 12 mesi; verifica delle complicanze.
Risultati
La procedura variava tra i 90 e 120 minuti; la degenza media registrata è stata di 4,5 giorni . Le complicanze
post-operatorie evidenziate ad un mese sono state: incontinenza urinaria (2.9%), ematuria (5.6%), UTI
(9.7%), LUTS (33.1%), sludging uretrale (7%), stenosi uretrale (3.4%), parestesia peniena (3.6%), dolore
rettale e pelvico (9.2%), ecchimosi perineale (59.9%), ecchimosi scrotale (27.2%), edema testicolare (9.2%),
fistola urinaria (0.2%). Il PSA nadir di 0.12 ng/ml è stato raggiunto a 3 mesi. La recidiva biochimica è stata
evidenziata nel 16.2% dei pazienti, ed è risultata rispettivamente del 4.6% nel basso rischio, del 19.8% nel
rischio intermedio, e del 31.1% nell’alto rischio. Alla prima biopsia di follow-up è stata evidenziata nel 10.2%
dei pazienti malattia residua. ed è stata del 10.5% nel basso rischio, del 27.1% nel rischio intermedio e del
36.1% nell’alto rischio. Dei pazienti trattati pre-operatoriamente 101 (18.2%) presentavano una DE severa,
204 (36.7%) moderata, 192 (34.5%) lieve e 59 (10.6%) assente. A 6 mesi 360 pazienti (64.7%) riferivano
DE severa, 116 (20.9%) moderata, 80 (14.4%) lieve. Gli IIEF-5 score a 12 mesi hanno evidenziato una DE
severa in 263 pazienti (47.3%), moderata in 135 (24.3%), lieve in 147 (26.4%) ed assente in 11 (2%).
Discussione
la crioterapia è una metodica con un basso tasso di complicanze ad eccezione per la DE. Gli outcomes
oncologici dimostrano risultati incoraggianti per i pazienti a basso ed intermedio rischio, mentre la sua
applicabilità per i soggetti ad alto rischio va verosimilmente riservata in casi selezionati o di salvataggio.
Conclusioni
la crioterapia prostatica è una procedura mini-invasiva sicura. La sua efficacia in termini oncologici rimane
una questione aperta che ulteriori studi e follow-up a lungo termine potranno chiarire.
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Aim of the study
Perioperative complications following minimally invasive radical prostatectomy (RP) have been reported
in some recent series. Few studies, however, standardized surgical complications and defined potential
predictive factors. Our aim was to analyze the incidence of perioperative complications in a large
multincenter series of RP; we also assessed pre- and intraoperative variables to identify potential risk
factors for surgical complications.
Materials and methods
Between December 2009 and February 2013, 1622 patients underwent laparoscopic (LPS) or robot-assisted
RP in 10 urological centres. Of these, 760 were evaluable for the analysis on intraoperative complications
(ICs) and 566 for the study about the postoperative complications (PCs). All PCs were stratified according
to Clavien-Dindo classification. Univariable and multiviariable logistic regression analysis were performed to
identify risk factors for ICs and PCs. We also performed a multinomial analysis grouping PCs grade I-II and
grade III-IV.
Results
Overall, we observed 26 (3.4%) ICs in 760 patients and 88 (15.5%) PCs in 566 patients. Of these, 34
were grade I (38.6%), 25 grade II (28.4%), 12 grade IIIa (13.6%), 10 grade IIIb (11.4%) and 2 grade IVa
(2.3%), 5 were not classified. Table 1 shows the multivariable analysis of the association between pre- and
intraoperative parameters and ICs and PCs. Operative time (OT) and LPS approach are associated with
an increased risk of ICs, whereas OT is associated also with PCs. At the subsequent multinomial analysis
grouping grade I-II and III-IV complications OT showed a significant association with grade III-IV. Moreover,
we observed a trend between pre-operative variables (age, BMI, % positive cores) and low grade PCs and
between operative variables (pelvic lymph node dissection, LPS) and higher grade PCs.
Discussion
The rate of ICs and PCs in our cohort is similar to those reported in the literature. OT shows an association
with ICs and PCs, particularly high grade PCs. The association with ICs might be explain by the time
necessary to fix this ICs and possible sequelae in terms of PCs. Robotics seems to have a protective
effect on ICs and we can speculate that this is related to its easier surgical interface. Trends toward minor
(age, BMI, % positive cores) and major (lymph node dissection and laparoscopy) complications should be
investigated prospectively in a larger cohort.
Conclusions
In our study OT and LPS are significantly associated with higher incidence of ICs; only OT was associated
with PCs, particularly high grade.
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86° Congresso Nazionale SIU
LAPAROSCOPIC VERSUS OPEN BILATERAL INTRAFASCIAL NERVE-SPARING RADICAL
PROSTATECTOMY AFTER TUR-P FOR INCIDENTAL PROSTATE CANCER: SURGICAL OUTCOMES
AND EFFECT ON POSTOPERATIVE URINARY CONTINENCE AND SEXUAL POTENCY.
V. Altieri, G. Pini , L. Ascalone , P. Fornara , F. Greco (Halle, Saale, Germany)
Aim of the study
To evaluate the surgical and functional outcomes in nerve-sparing laparoscopic radical prostatectomy
(nsLRPT) and nerve-sparing retropubic radical prostatectomy (nsRRPT) after TUR-P for incidental prostate
cancer.
Materials and methods
Between January 2003 and August 2011, 125 nsLRPT and 128 nsRRPT for incidental prostate cancer
diagnosed after TUR-P were performed at our clinic. Demographic data, peri- and postoperative
measurements and functional outcomes were compared.
Results
The mean operative time was 153.1 ± 35.4 min for nsLRPT and 122.5 ± 67.5 min for nsRRPT (p = 0.03).
The mean catheterization time was 8 ± 1 days in the laparoscopic group and 11 ± 2 days in the open group
(p = 0.02). Also, the length of hospitalization presents statistical significant difference in the two groups.
Positive margins were detected in 2.4 and 4.7 % of patients with pT2c tumours in the laparoscopic and open
groups, respectively (p = 0.09). At a mean follow-up of 26.9 ± 9.3 months for the nsLRPT group and of 27.8
± 9.7 months for the nsRRPT group, all patients were alive with no evidence of tumour recurrence. Twelve
months postoperatively, complete continence was reported in 96.8 % of patients who underwent an nsLRPT
and in 89.4 % of patients in the nsRRPT group (p = 0.02). At that time, 74.4 % of patients in the nsLRPT
group and 53.1 % in the nsRRPT group reported the ability to engage in sexual intercourse (p = 0.0004).
Discussion
In our study, we observed an earlier return to continence in the patients who underwent an nsLRPT after
TUR-P compared to the patients who underwent an nsRRPT after TUR-P. Significant differences were also
reported for postoperative sexual potency. One year after bilateral nerve-sparing radical prostatectomy
patients of the laparoscopic group showed improved percent return to potency sufficient for intercourse
compared with patients of nsRRPT groups.
Conclusions
nsLRPT after TUR-P, performed by expert surgeons, results to be a safe procedure with excellent functional
outcomes with regard to the urinary continence and sexual potency.
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86° Congresso Nazionale SIU
PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOT ASSISTITA IN PAZIENTI PRECEDENTEMENTE SOTTOPOSTI
A TURP. ANALISI DELLE VARIBILI PERI-OPERETORIE E POST-OPERATORIE.
G. Isgrò, S. Puliatti, F. Fidanza, C. De Carne, A. Zordani, S. Micali, G. Bianchi (Modena)
Scopo del lavoro
L’obbiettivo di questo studio è quello di valutare i risultati chirurgici, oncologici e funzionali di pazienti con
pregressa resezione transureterale endoscopica di prostata (TURP), sottoposti a prostatectomia radicale
laparoscopica robot assitita. Risulta, infatti, molto importante valutare la sicurezza e l’efficacia dell’intervento
di prostatectomia robotica anche in casi complessi quali possono essere pazienti obesi, con prostate molto
voluminose o, come nel caso di questo studio, pazienti che hanno eseguito una pregressa TURP.
Materiali e metodi
Considerando solo le variabili preoperatorie (età, BMI, PSA, Gleason Score) abbiamo individuato due
gruppi di pazienti mediante il propensity score matching. Ciascuno dei due gruppi è costituito da 15 pazienti,
l’unica differenza rilevante fra questi è la pregressa TURP (variabile dipendente). Tutti gli interventi sono
stati eseguiti da un unico operatore con Robot “da vinci” standard a 4 braccia. La tecnica chirurgica prevede
un accesso transperitoneale e una dissezione nerve sparing intrafasciale (inter- o endo-fasciale). I pazienti
sono stati seguiti e i dati raccolti in maniera prospettica. I risultati funzionali sono stati raccolti mediante
intervista verbale a 1, 3, 6 e 12 mesi e successivamente ogni anno.
Risultati
Risultati pre-operatori: relativamente al gruppo di pazienti senza pregressa TURP si sono registrate perdite
ematiche in media di 250 cc, tempo operatorio medio di 245 min, peso della prostata 45,6 gr, la nerve
sparing è stata endofasciale in 6 casi, interfasciale in 9 casi. Relativamente ai pazienti con pregressa TURP
si sono registrate perdite ematiche in media di 340 cc, tempo operatorio medio di 263 min, peso della
prostata 37,2 gr, la nerve sparing è stata endofasciale in 3 casi, interfasciale in 12 casi. In entrambi i gruppi
non si sono verificate significate complicanze intra- o peri-operatorie sono . Risultati post-operatori: Nel
gruppo di pazienti senza pregressa TURP si sono registrati margini positivi (considerando solo i pT3a) in 2
casi (13,3% ), incontinenza in 3 pazienti (20%), recupero della potenza sessuale in 7 pazienti. Nel gruppo di
pazienti con pregressa TURP si sono registrati margini positivi (considerando solo i pT3a) in 5 casi (33,3%),
incontinenza in 2 pazienti (13,3%), recupero della potenza sessuale in 6 pazienti.
Discussione
Nella nostra esperienza, nonostante sia gravata da numeri relativamente ridotti, la prostatectomia radicale
robot assisitita in pazienti sottoposti in precedenza a TURP non ha evidenziato per quanto riguarda le
problematiche peri-operatorie e gli outcome oncologici e funzionali differenze statisticamente significative.
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86° Congresso Nazionale SIU
L’IMPATTO DELLA OBESITÀ ADDOMINALE CENTRALE SULLE COMPLICANZE CHIRURGICHE E SUI
RISULTATI FUNZIONALI POSTOPERATORI IN UOMINI SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE
PER CARCINOMA PROSTATICO: RISULTATI DELLO STUDIO M.I.R.R.O.R.
A. Sebastianelli, M. Gacci, M. Salvi, C. De Nunzio, R. Schiavina, A. Simonato, A. Tubaro, V. Mirone, M.
Carini, G. Carmignani (Firenze)
Scopo del lavoro
Gli uomini obesi sottoposti a prostatectomia radicale (RP) per carcinoma prostatico (PCa) sono pazienti più
difficili per il chirurgo e maggiormente suscettibili a difficoltà intraoperatorie ed a complicanze postoperatorie
come la disfunzione erettile e l’incontinenza urinaria. Scopo dello studio è quantificare l’impatto dell’obesità
addominale, definita come circonferenza addominale (WC), sulle caratteristiche preoperatorie, sulle
complicanze intra e perioperatorie e sui risultati funzionali in uomini sottoposti a RP per PCa
Materiali e metodi
Sono stati valutati 470 pazienti consecutivi sottoposti a RP per PCa, dalla popolazione dello studio
MIRROR. Abbiamo considerato i seguenti dati: parametri preoperatori e obesità addominale; caratteristiche
preoperatorie del PCa; specifiche operatorie; complicanze e trasfusioni; risultati istopatologici e
continenza ad 1 mese. Abbiamo calcolato le correlazioni tra tutti i parametri e la WC tramite il coefficiente
di correlazione di Spearman; i risultati significativi sono stati inclusi in una analisi regressiva logistica
multivariata utilizzando poi un modello logistico binario per valutare il rischio rispetto al parametro WC inteso
come maggiore/uguale vs. minore di 102cm
Risultati
Sulla base del parametro WC, 131 (27.9%) pazienti sono risultati obesi. Abbiamo riscontrato una
correlazione negativa (p
Discussione
L’obesità centrale è stata associata a numerosi disordini metabolici e ormonali presumibilmente implicati
nello sviluppo del PCa,e ne può inoltre condizionare i risultati terapeutici
Conclusioni
L’obesità addominale centrale,un rilievo comune nella popolazione di uomini italiani sottoposti a RP per
PCa,è associata ad un rischio incrementato di complicanze intra e postoperatorie ed a risultati funzionali
perioperatori peggiori
Conclusioni
Vista la relativa scarsa numerosità dei campioni di pazienti, tale ricerca risulta essere in parte limitata,
pertanto necessita di ulteriori studi prospettici multicentrici.
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IMPACT OF STAGE MIGRATION ON NODE POSITIVE PROSTATE CANCER RATE AND FEATURES :
A 20-YEAR, SINGLE INSTITUTION ANALYSIS IN MEN TREATED WITH EXTENDED PELVIC LYMPH
NODE DISSECTION
PREDICTORS OF LONG TERM SURVIVAL OF NODE POSITIVE PROSTATE CANCER PATIENTS
AFTER RADICAL PROSTATECTOMY ACCORDING TO THE EXTENT OF NODAL INVASION.
IMPLICATIONS FOR ADJUVANT THERAPIES.
N. Fossati, F. Abdollah, A. Gallina, U. Capitanio, N. Suardi, V. Di Girolamo, V. Scattoni, A. Salonia, R.
Damiano, F. Cantiello, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milan)
F. Abdollah, J. Karnes, N. Passoni, P. Capogrosso, N. Fossati, U. Capitanio, C. Cozzarini, R. Lucianò, M.
Freschi, C. Doglioni, F. Castiglione, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milan)
Aim of the study
Previous studies have shown a decrease in the prevalence of prostate cancer (PCa) lymph node
metastases in the recent years. However, these data might be biased by decreased rates and extents
of pelvic lymph node dissections (PLND). We therefore assessed the evolution of rates and tumor
characteristics of men with node positive disease at radical prostatectomy (RP) and extended PLND
(ePLND) at a single tertiary referral center over a two decades period.
Aim of the study
Previous studies reported significant differences in terms of cancer-specific mortality (CSM) among lymph
node positive prostate cancer (PCa) patients according to the extent of lymph node involvement (LNI).
However, patients with node positive disease represent an heterogeneous population whose survival might
not be dictated by the extent of nodal invasion only, especially in those men with low volume LNI. Despite
this, no study has tested the predictors of long term CSM in node positive men according to the extent of
nodal disease. This is key for accurate multi-modality treatment administration.
Materials and methods
We evaluated data on 5,274 PCa patients treated with open RP and ePLND between 1990 and 2010 at
a single tertiary referral center. Extended PLND consisted of removal of obturator, hypogastric, external
iliac +/- pre-sacral and common iliac lymph nodes. Year-per-year trends of lymph node invasion (LNI)
rates and clinical and pathological characteristics were examined. Univariable and multivariable logistic
regression analyses addressed predictors of pN1, including year of surgery as predictor as well as tumor
characteristics.
Results
Overall, 730 patients had LNI (13.8%). Mean and median number of lymph nodes (LNs) removed was 17,4
and 16, respectively (IQR: 12-22). Mean (median) number of lymph nodes removed remained high over the
study period, being 20.2 (20) and 18.7 (17) in 1990 and 2010, respectively. Overall, LNI rate was 13.8%,
and it decreased from 26.1% to 15.6% between 1990 and 2010 (p
Discussion
Stage migration in PCa patients was associated with a decrease in overall LNI rate. However, contemporary
intermediate- and high-risk patients still harbor a significant LNI risk if treated with ePLND. Moreover, the
volume of nodal invasion did not decrease over time.
Conclusions
In conclusion, stage migration does not justify omitting or limiting the extent of PLND in these individuals.
226
Materials and methods
This study included 1173 LNI patients treated with RP and extended pelvic lymph node dissection (ePLND),
between 1988 and 2011 at two tertiary referral centers. Univariable and multivariable Cox regression
analyses (MVA) tested the relationship between CSM and tumor characteristics such as PSA value at
surgery, pathological Gleason score, pathological tumor stage, surgical margins status (SM), total lymph
nodes count, positive lymph nodes count (PosLNC) and adjuvant therapy status. The aforementioned
analyses were repeated after stratifying patients according to PosLNC: ≤2 vs. >2 nodes.
Results
Mean patient age at surgery was 64.5 years (median: 65.0, IQR: 60.0-69.8). Mean and median followup time was 97 and 79 months, respectively. The 10, and 15-year CSM-free rate was 85% and 79%,
respectively in the entire cohort, 88% and 83%, respectively in patients with PosLNC≤2 vs. 77% and 66% in
patients with PosLNC>2 (p2, only PosLNC was an independent predictors of CSM (HR: 1.05, p=0.001).
Discussion
In lymph node positive PCa patients treated with RP and ePLND, local tumor characteristics are important
predictors of CSM, when the PosLNC is low (≤2). Conversely, local tumor characteristics are not
determinants of CSM, when the PosLNC is high (>2).
Conclusions
Maximal local control should be given to patients with low volume LNI, where the disease might not be
necessarily systemic after surgery.
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86° Congresso Nazionale SIU
PREDICTION OF LONG-TERM CANCER RECURRENCE AFTER RADICAL PROSTATECTOMY IN
PATIENTS WITH LYMPH NODE INVASION: RESULTS OF CONDITIONAL SURVIVAL ANALYSES.
DEVOLEPMENT AND INTERNAL VALIDATION OF THE FIRST TOOL TO PREDICT LONG TERM
SURVIVAL OF NODE POSITIVE PROSTATE CANCER PATIENTS TREATED IN THE PSA ERA.
F. Abdollah, J. Karnes, F. Castiglione, N. Suardi, C. Cozzarini, N. Di Muzio, R. Lucianò, G. Gandaglia, A.
Nini, G. Zanni, M. Freschi, F. Montorsi, A. Briganti (Milan)
A. Nini, F. Abdollah, J. Karnes, M. Bianchi, A. Gallina, C. Cozzarini, M. Freschi, R. Lucianò, R. Colombo, A.
Salonia, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milan)
Aim of the study
Lymph node invasion (LNI) at radical prostatectomy (RP) represents an adverse pathological finding,
which is associated with less favorable biochemical recurrence (BCR) rates and cancer control outcomes.
However, for men who are still BCR-free at a certain time point, the probability of subsequent BCR at longterm changes significantly according to the time between surgery and patient assessment. This effect,
otherwise known as conditional survival, has not been assessed yet. We set to evaluate the long-term
probability of BCR in LNI patients according to the time between surgery and patient evaluation.
Aim of the study
Prostate cancer (PCa) patients with lymph node invasion (LNI) are considered as a single risk category by
the most recent TNM staging system. However, not all pN1 patients necessarily share the same cancer
control outcomes. We developed and internally validate a novel risk-stratification tool to predict cancerspecific mortality (CSM) in pN1 patients.
Materials and methods
This study included 1173 LNI patients treated with RP and extended pelvic lymph node dissection between
1988 and 2012 at two tertiary referral centers. All patients had complete clinical and follow-up data. KaplanMeier curves assessed the time to BCR, defined as two subsequent prostate-specific antigen values of 0.2
ng/ml or higher. Cumulative survival estimates were used to generate conditional survival rates. Univariable
and multivariable Cox regression analyses were performed to predict BCR, after stratification according to
the post-operative period (namely, time without BCR), and after adjusting for potential confounders.
Results
Mean patient age was 64.5 years (median: 65.0, IQR: 60.0-69.8). BCR-free rates were 90, 71, 55 and
48% at 1-, 5-, 10- and 15-year, respectively. However, in patients who were still BCR-free at a certain time
point after surgery, the probability of remaining BCR-free in the following 5 years significantly increased
as the time from surgery increased, being 74, 77, 88 and 97% for patients still BCR-free at 1, 5, 10,and 15
years after surgery. This increment trend in the 5-year BCR-free rates was maintained, when patients were
stratified according to tumor stage and grade. At multivariable analyses, the 5-year BCR risk became equal
in patients with Gleason score ≥8 vs. Gleason score
Discussion
In LNI patients, the period elapsed from RP represents an important predictor of the subsequent BCRfree
rate.
Conclusions
These findings can be used to build optimal follow-up schemes in these individuals.
228
Materials and methods
This study included 1173 LNI patients treated with radical prostatectomy (RP) and extended pelvic lymph
node dissection between 1988 and 2012, at two tertiary referral centers. A conditional inference tree (CIT),
which accounts for censored data, was used to evaluate CSM rate. The area-under-curve (AUC) quantified
the discrimination accuracy of the model. Moreover, 200-bootstrap resamples were used for internal
validation and to reduce overfit bias. Covariates consisted of prostatespecific antigen (PSA) value at RP,
pathological Gleason score (pGS), pathological tumor stage (namely, pT2 vs pT3a vs pT3b/pT4), surgical
margins (SM) status, total lymph nodes count, positive lymph nodes count (PosNC) and adjuvant therapy
status.
Results
Mean patient age was 64.5 years (median: 65.0, IQR: 60.0-69.8). Most patients had a pGS7, PosNC
≤3, negative SM), high-risk group (pGS>7, PosNC ≤3, positive SM), and very high-risk group (pGS>7,
PosNC>3). The 15-year CSM-free rate in these groups was 90% vs. 85% vs. 73% vs. 59%, respectively (p
Discussion
Long-term CSM rates may highly vary among pN1 PCa patients according to their tumor characteristics.
Therefore, patients with LNI do not share uniform prognosis and should be sub-classified according to their
pathological characteristics.
Conclusions
We developed and internally validated the first simple risk-stratification tool that allows for an accurate
assessment of CSM rates in these individuals.
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PATHOLOGICAL NODAL STAGING SCORE FOR PROSTATE CANCER: A TOOL TO ADDRESS
ADEQUATE NODAL DISSECTION IN MEN TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY
SALVAGE LYMPH NODE DISSECTION FOR PATIENTS TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY
WITH BIOCHEMICAL RECURRENCE AND IMAGING-DETECTED NODAL METASTASES
M. Bianchi, A. Nonis, C. Brombin, U. Capitanio, A. Gallina, A. Nini, M. Freschi, C. Doglioni, P. Rigatti, L.
Kluth, F. Chun, S. Shariat, G. Guazzoni, C. Di Serio, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
M. Tutolo, N. Suardi, J. Karnes, S. Joniau, K. Touijer, D. Osmonov, M. Bianchi, H. Van Poppel, P. Rigatti, K.
Junemann, F. Montorsi, A. Briganti (Milan)
Aim of the study
According to all guidelines, whenever pelvic lymph node dissection (PLND) is indicated in prostate cancer
(PCa), it should be extended, since more limited nodal dissections are associated with high rates of
false negative findings. In this context, quantifying the probability that a pathologically N0 patient has no
potentially missing positive lymph nodes at PLND is key. We aimed at evaluating the probability that a
pathologically node negative patient at PLND is a true pN0 according to the extent of nodal dissection.
Aim of the study
The aim of the study was to determine the outcome of patients with biochemical (BCR) and clinically
recurrent nodal disease submitted to salvage lymph node dissection (sLND).
Materials and methods
The study included 5353 patients submitted to radical prostatectomy and extended PLND between January
1987 and May 2012 at a single tertiary referral center. Extended PLND consisted of removal of obturator,
external iliac, hypogastric ± presacral and common iliac lymph nodes. All patients had complete pathological
data, including 2002 pathological T stage (namely, pT2, pT3a, pT3b/pT4), lymph node status, number of
lymph nodes removed and of positive lymph nodes. The sensitivity of pathologic nodal staging using a betabinomial model was estimated. A post-operative nodal staging score (pNSS) that represents the probability
that a patient has been correctly staged as node negative as a function of the number of examined nodes
was developed. Patients were stratified according to pathological stage.
Results
Overall, 799 patients had LNI (14.9%). The mean number of nodes removed was 17 (median 16; IQR 1121). When stratified according to pT stage, the mean and median number of lymph nodes removed was 16.1
and 15 , 17.3 and 16, 18.3 and 17 in pT2, pT3a, pT3b/pT4 patients, respectively. Overall, the probability of
missing a positive node decreases with the increasing number of lymph nodes removed and examined (48%
if 5 nodes are examined, 29% if 10 are examined, 15% if 20 are examined, 8% if 30 are examined). The
proportion of positive lymph nodes increased proportionally with advancing pathologic T stage (for 2.2, 15.3,
56.7% for pT2, pT3a, pT3b/pT4 disease; p
Discussion
In contrast to other tumors, a high number of lymph nodes removed (n=20) is required to reach high staging
accuracy even in low disease stages.
Conclusions
We developed a model estimating the probability of false negative results in pN0 patients. This should be
taken into account when evaluating pathological reports of recurring patients.
230
Materials and methods
The study included 162 patients from 5 tertiary referral centers affected by BCR after RP associated with
nodal recurrence detected at either (11C) choline PET/TC scan or conventional imaging. All patients
received extended pelvic +/- retroperitoneal sLND between 2002 and 2011. Pre-op variables were used to
predict complete response to sLND (defined as a the first post-op PSA
Results
Mean and median PSA at sLND was 3.6 and 1.9 ng/ml, respectively. Mean time to BCR after RP
was 29.2 months, respectively. Patients were submitted to sLND with a mean number of 24.6 nodes
removed(median:20; range 3-87). The extent of LND was: pelvic only, retroperitoneal only and pelvic +
retroperitoneal in 76 (46.9%), 2 (1.2%) and 84 (51.9%) patients. Positive nodes were found in 132 patients
(81.4%). The mean number of positive nodes was 6.1 (median:2; range 0-66). Overall, 66 (40.7%) patients
showed complete response at the first PSA test after surgery at a median follow-up of 40 months after
sLND. Inthese patients, the 3- and 5-year BCR-free survival was 59 and 40%, respectively. This results
in a number of 11 patients (out of 162) who are BCR-free without ADT at 5-year follow-up. At MVA Cox
regression analyses, only time from RP to BCR was an independent predictor of complete PSA response
(OR:1.01;p=0.04). In the overall population, the 5-year CR- and CSM-free survival were 47 and 86%,
respectively. At MVA analyses, only the number of positive nodes (HR:1.05; p2 nodes at sLND had a 2-fold
increased probability of CR at 5 years.
Discussion
sLND is associated with complete PSA response in 40% of highly selected patients with nodal recurrence
after RP. Of these, only 40% are BCR-free at 5 years, therefore allowing for at least a delay in the use of
further treatments.
Conclusions
Men with low volume disease and complete response to surgery seem to benefit the most from this surgical
approach in terms of clinical progression.
231
P223
86° Congresso Nazionale SIU
A COMPETING RISKS ANALYSIS OF LONG TERM SURVIVAL ON NODE POSITIVE PROSTATE
CANCER PATIENTS TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY
G. Gandaglia, F. Abdollah, J. Karnes, M. Bianchi, A. Gallina, N. Passoni, C. Cozzarini, N. Di Muzio, R.
Lucianò, M. Freschi, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milan)
Aim of the study
Lymph node invasion (LNI) in prostate cancer (PCa) patients is a detrimental factor, being associated with
less favorable cancer-specific mortality (CSM) rates. However, little is known about the natural history
of the tumor, and the importance of other-cause mortality (OCM) in these individuals. Impact of OCM on
survival of these individuals might be indeed non negligible, especially in those with more favorable cancer
characteristics. We set to test CSM and OCM rates in LNI patients based on competing-risks methodology.
Materials and methods
We relied on 1173 LNI patients treated with RP and extended pelvic lymph node dissection (PLND) between
1988 and 2012 at two tertiary referral centers. All patients had complete pathological and follow-up data.
First, univariable and multivariable Cox regression analyses were used to identify independent predictors
of CSM and OCM. Covariates included patient age, pathological Gleason score (GS), pathological stage,
surgical margin status and number of positive lymph nodes (namely ≤2vs>2). Second, competing-risks
survival analyses were used to estimate CSM and OCM rates, after stratifying patients according to CSM
and OCM independent predictors.
Results
Mean patient age at surgery was 64.5 years (median: 65.0, IQR: 60.0-69.8). Most patients had a
pathological GS 2 (HR: 1.7) were independent predictors of CSM, while age (HR:1.07) was the only
independent predictor of OCM (all p≤0.005). The overall 10-year CSM and OCM rates were 13 and 13%,
respectively. In patients aged 2. The corresponding 10-year OCM rates were 7% vs. 19%, 9% vs. 17%, 7%
vs. 20%, and 6% vs. 13%, respectively.
Discussion
Cancer-specific mortality rates in elderly patients with node positive PCa are similar or higher than gradespecific CSM rates in their younger counterparts, even after accounting for OCM.
Conclusions
Older age should not be considered as a criterion to exclude more aggressive treatments, when feasible, in
these individuals.
P224
86° Congresso Nazionale SIU
IS THERE A ROLE FOR SALVAGE EXTENDED LYMPH NODE DISSECTION FOR PATIENTS WITH
NODAL RECURRENCE OF PROSTATE CANCER ON ANDROGEN DEPRIVATION THERAPY?
RESULTS BASED ON A MULTI-INSTITUTIONAL ANALYSIS
N. Suardi, D. Osmonov, J. Karnes, S. Joniau, K. Touijer, P. Rigatti, K. Junemann, H. Van Poppel, F. Montorsi,
A. Briganti (Milano)
Aim of the study
The management of patients with systemic progression after radical prostatectomy (RP) and adjuvant
or salvage therapy is challenging. These patients are considered for second-line hormonal therapy,
chemotherapy or clinical trials testing novel agents. We tested the hypothesis that a surgical salvage
approach might have an impact on cancer control in highly selected patients with rising PSA and nodal
recurrence despite androgen deprivation therapy (ADT).
Materials and methods
We included 47 patients treated at 4 tertiary referral centers with salvage lymph node dissection (sLND) for
(11C)choline PET/TC scan detected nodal recurrence and rising PSA after RP between 2002 and 2011. All
patients were on ADT at the time of PSA rising. Kaplan-Meier analyses were used to assess cancer control
outcomes in terms clinical recurrence (CR) and cancer-specific mortality (CSM). Univariable Cox regression
models were fitted addressing both CR and CSM. Variables tested consisted of PSA at sLND, number of
positive lymph node removed, number of positive spots at choline PET/TC scan and time to ADT failure
Results
Mean and median PSA at sLND was 4.4 and 2.3 ng/ml, respectively. Mean time to BCR after RP was 36.8
months. Mean time from BCR to sLND was 30.7 months. Twenty-five pts(51.1%) received salvage radiation
therapy before sLND. At surgery, 48 (98%) and 38 (77.6%) pts. were subjected to pelvic and retroperitoneal
sLND, respectively. Mean and median number of nodes removed was 27 and 25, respectively. Nodal
metastases of PCa were found in 41 (83.3%) pts. Mean and median number of positive nodes was 9.3 and
4, respectively. A reduction of 50% at first post-operative PSA value was seen in 30 patients (63.8%), while
complete immediate PSA response (PSA
Discussion
Salvage LND for selected patients with BCR and clinically recurrent nodal disease on ADT can achieve an
immediate complete PSA response in roughly one third of these patients. Although further PSA progression
was seen in the majority of these patients, half of them were CR-free at 5-years, provided a low volume of
nodal recurrence.
Conclusions
Salvage LND for selected patients with BCR and clinically recurrent nodal disease on ADT can achieve an
immediate complete PSA response and long-term CR-free survival.
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86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
METABOLIC SYNDROME AND LOWER URINARY TRACT SYMPTOMS: A POSSIBLE LINK TO
STORAGE SYMPTOMS
PREDICTION OF BLADDER PROSTATIC OBSTRUCTION: DEVELOPMENT OF A CLINICAL
NOMOGRAM
C. De Nunzio, M. Gacci, R. Lombardo, M. Guidotti, M. Bonetto, M. Leo, L. Cindolo, L. Schips, D. Amore, C.
Leonardo, A. Tubaro (Roma)
C. De Nunzio, R. Autorino, A. Bachmann, A. Briganti, S. Carter, F. Chun, G. Novara, R. Sosnowski, N.
Thiruchelvam, A. Tubaro, S. ahyai (Roma)
Aim of the study
Metabolic sindrome (Mets) is a cluster of several metabolic abnormalities such as obesity, insulin resistance,
dislypidemia and hypertension. There is a growing interest in the possible relationship between MEts and
lower urinary tract symptoms (LUTS) and Benign prostatic Hyperplasia (BPH). However few studies and
mostly in American or Asia population have evaluated these associations. Aim of our study was to evaluate
the association between Mets and LUTS in a group of Italian patients with BPH.
Aim of the study
Indication for surgical therapy in patients with lower urinary tract symptoms (LUTS) and benign prostatic
enlargement (BPE) is ideally confirmed by pressure flow studies demonstrating significant prostatic
obstruction. Unfortunately, urodynamic studies are invasive and time consuming. To address this void we
developed a nomogram predicting benign prostatic obstruction (BPO).
Materials and methods
From 2009 onwards, a consecutive series of patients with LUTS related to BPH were prospectively enrolled.
Patients were evaluated using the International prostatic symptom score (IPSS) and ultrasound prostate
volume assessment. Body mass index (BMI) as well as waist circumferences were measured. Blood
samples were collected and tested for: PSA levels, fasting glucose, triglycerides, HDLs and testosterone.
Blood pressure was also recorded. We evaluated the association between metabolic syndrome defined
according to Adult Treatment Panel III (ATPIII) and LUTS risk using logistic regression analyses.
Results
431 patients were enrolled with a median age and PSA of 66.6 (IQR: 61/73) years and 6 ng/ml (IQR: 4/9)
respectively. Median BMI was 27 k/m2 (IQR: 25/29); median waist circumference was 100 cm (IQR: 93/106);
median testosterone level was 3.8 ng/ml (IQR: ¾.7); median IPSS was 8 (IQR: 4/14).According to the ATPIII
criteria, 103 pts (23.8%). Patients with Mets presented a lower testosterone level (3.3 ng/ml, IQR: 2.7/4.4; vs
4.7ng/ml, IQR: 3/4.9, p= 0.001), a higher IPSS (10, IQR: 5/14; vs 8, IQR (4/14), p= 0.037). IPSS sub-score
analysis showed a higher IPSS storage subscore in patients with MetS (4, IQR: 2/7; 3, IQR: 1/7; p= 0.036).
Overall 269 pts (62%) presented an IPSS storage subscore ≥3. On multivariate analysis the presence of
MetS was associated with an increased storage symptoms (IPSS storage subscores≥ 3) risk (OR: 2.15;
95%CI: 1.15-3.9; p= 0.014).
Discussion
These results should be confirmed in a larger epidemiologic study. Even though the molecular pathways
are yet to be understood, it is assumable that abdominal obesity, hypertension, dyslipidaemia and impaired
fasting glucose should be considered as possible factors involved in LUTS/BPH pathogenesis .
Materials and methods
Between 1996-2000, all patients with LUTS and BPE underwent standardized pressure flow studies (PFS)
before considering transurethral surgery. Complete clinical and urodynamic data was available for 300 men.
Variables assessed were IPSS, PSA, prostate size, maximal urinary flow rate (Qmax), post void residual
urine (PVR) and bladderwall thickness (BWT). These were used to predict significant BPO (defined as a
Schaefer grade ≥3 in PFS) in multivariate models.
Results
In the base model, consisting of IPSS, Qmax and PVR, only Qmax was a statistically significant predictor
of BPO. The predictive accuracy (PA) of the base model was 82%. Interestingly, clinical parameters such
as PSA and BWT were not statistically significant and did not increase PA. Only transitional volume (TV)
was an additional statistically significant predictor for BPO. Qmax and TV, together in a multivariable
model, demonstrated a PA of 83.2%. Accuracy and calibration of the two variable model was high and well
calibrated (Fig. 1).
Discussion
According to our results our new non-invasive nomogram appears helpful in surgical treatment decision in
patients with LUTS and BPE.
Conclusions
An external validation is warranted to confirm our findings and to confirm the possible role of our normogram
in clinical practice.
Conclusions
In our single center study, Mets is associated with an increased risk of LUTS and specifically of storage
symptoms in patients with BPH.
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86° Congresso Nazionale SIU
METABOLIC SYNDROME CORRELATES WITH PERI-URETHRAL FIBROSIS SECONDARY TO
CHRONIC PROSTATE INFLAMMATION: EVIDENCE OF A LINK IN A COHORT OF PATIENTS
UNDERGOING RADICAL PROSTATECTOMY
F. Cantiello, A. Cicione, A. Salonia, A. Briganti, R. Autorino, M. Bevacqua, S. Manno, R. Damiano
(Catanzaro)
Aim of the study
To investigate the pathologic relationship between metabolic syndrome (MetS) and peri-urethral fibrosis
status secondary to chronic prostate inflammation.
Materials and methods
Peri-urethral prostate tissue from 80 consecutive patients who underwent retropubic radical prostatectomy
for prostate cancer was analyzed. Patients were divided in two groups according to whether they had or not
a diagnosis of MetS ( defined according to the National Cholesterol Education Program’s Adult Treatment
Panel III criteria) . We circumferentially performed 16 peri-urethral core bench biopsies on each radical
prostatectomy specimen to evaluate the extent of peri-urethral inflammatory infiltrate and collagen and
elastin amount. Spearman correlation analysis tested the association between variables. Furthermore, the
data were used to define a bivariate logistic regression model in which the presence (>50% collagen amount
for each patients) or absence (≤ 50% collagen amount) of peri-urethral fibrosis was analyzed after adjusting
for clinical and pathological variables.
Results
A significant difference was found between the two groups in terms of International Prostatic Symptoms
Score [ IPSS (p
Discussion
Chronic prostatic inflammation has been postulated as a potential etiological agent in the development of
benign prostatic hyperplasia. However, lower urinary tract symptoms (LUTS) are not always associated with
prostate enlargement in the elderly male population; likewise, patients without benign prostatic enlargement
may actually complain of LUTS and ultimately experience urinary retention, especially those presenting
with chronic prostate inflammation. Our study confirmed the hypothesis that MetS – interpreted as a lowgrade, chronic inflammation state - may have a role in promoting prostate inflammation and, consequently,
fibrotic changes within the peri-urethral prostate tissue secondary to chronic inflammation. It can be
arbitrarily speculated that the peri-urethral fibrosis may cause LUTS through a decreased urethral flexibility,
compromising the ability of the prostatic urethra to enlarge itself and to adequately accommodate urinary
flow during micturition.
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86° Congresso Nazionale SIU
PDE5 INHIBITORS CAN BLUNT PROSTATE INFLAMMATION IN MEN WITH BPH: A RANDOMIZED
DOUBLE BLIND PROSPECTIVE STUDY
M. Gacci, O. Saleh, A. Sebastianelli, M. Salvi, R. Santi, G. Nesi, L. Vignozzi, M. Maggi, S. Serni, M. Carini
(Firenze)
Aim of the study
Metabolic syndrome (MetS) and benign prostate hyperplasia (BPH)/low urinary tract symptoms (LUTS) are
often comorbid. One putative link is chronic inflammation. Phosphodiesterases type 5 inhibitors (PDE5i) are
recognized as an effective treatment for BPH/LUTS. In this study we investigate whether PDE5i could blunt
inflammation in the human prostate.
Materials and methods
Previously we demonstrated the safety and efficacy of combined therapy of tamsulosin (0.4mg/day) plus
vardenafil (10mg/day) vs. tamsulosin alone (0.4mg/day) on LUTS secondary to BPH. Those who underwent
to simple prostatectomy for persistent/recurrent severe urinary symptoms after the end of the study,
refractory to medical treatment (n=44), were evaluated for inflammatory infiltrates in prostatic specimens.
The histological features of prostatic specimens obtained at surgery were blindly analyzed for inflammatory
scoring (IS), (calculated as the sum of the three different histological inflammatory parameters: anatomical
location; grade; extent), and by a quantitative, computer-assisted, analysis of immunostaining with a specific
antibody anti-pan leukocytes (CD45). Then stratified patients according to the presence/absence of MetS
and according to their study treatment allocation.
Results
The anti-CD45 staining was positively correlated with IS (r=0.662, p=0.0001). In an age-adjusted model,
both IS and anti-CD45 immunostaining (CD45 score) increased as a function of MetS components (Adj.
r=0.533 and Adj.r=0.409, respectively, both p
Discussion
In a multi-center study (n=244), we previously demonstrated that the severity of BPH-related intraprostatic
inflammation increased as a function of MetS factors (expecially low HDL and high triglyceride). The
presents study confirms these results also by staining with a specific antibody (anti-CD45), which allows
a quantitative computer-assisted analysis. Also patients who underwent prostatectomy in the MetS cohort
showed significant lower CD45 scoring in the vardenafil arm. On the contrary, vardenafil did not affect CD45
score in patients without MetS. This observation, may stem for a peculiar sensitization of prostatic tissue to
the action of PDE5 inhibitors in course of MetS.
Conclusions
Our experimental findings show that MetS represent a independent risk factor for prostate inflammation and
fibrotic changes within the peri-urethral prostate tissues secondary to inflammation.
Conclusions
Our study demonstrates that PDE5i blunt inflammatory response induced by MetS, as well as inflammatory
stimuli. The efficacy of PDE5i add new insights into the comprehension of the mechanism of action of PDE5
inhibitors in alleviating LUTS in MetS patients.
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86° Congresso Nazionale SIU
THE EVOLUTION OF STORAGE SYMPTOMS IN PATIENTS WITH PROSTATIC INFLAMMATION AND
BENIGN PROSTATIC OBSTRUCTION TREATED WITH TRANSURETHRAL PROSTATIC RESECTION
(TURP): A SINGLE CENTRE COHORT ANALYSIS
A. Tubaro, M. Gacci, C. Leonardo, F. Puccini, A. Brassetti, F. Cancrini, F. Presicce, M. Guidotti, M. Cerasini,
C. De Nunzio (Roma)
Aim of the study
Aim of our study was to evaluate the association between prostatic inflammation, MetS and post-operative
persistent LUTS in a group of patients treated with TURP
Materials and methods
From 2011 onwards, a consecutive series of patients treated with TURP for LUTS and benign prostatic
obstruction were enrolled into a prospective database. Body mass index (BMI) and waist circumferences
were measured before the TURP. Prostate volume was evaluated with a transrectal ultrasound. Blood
samples were collected before TURP and tested for: total PSA, glycemia, HDL, trygliceridemia levels. Blood
pressure was recorded. Metabolic syndrome (MetS) was defined according to the Adult Treatment panel
III. International prostatic symptom score (IPSS) including the storage and voiding subscore, overactive
bladder questionnaire (OAB) as well as an uroflowmetry evaluation were recorded preoperatively and one
month post-operatively. All TURP specimens were examined for the presence of an inflammatory infiltrate,
according to the standardized classification system of chronic prostatitis (CP-CPPS) of the National
Institutes of Health (NIH).
Results
81 patients were enrolled with a median age and PSA of 65 (IQR 60/72) years and 5.6 ng/ml (IQR 3.3/91)
respectively. Median BMI was 25.3 kg/m2 (IQR: 22.7/27.3); median waist circumference was 102 cm (IQR:
94.5/115); median prostate volume 65 cc (IQR: 47/80); median preoperative IPSS was 15 (IQR: 11/18);
median IPSS voiding score was 7 (IQR: 6/10); median storage IPSS subscore was 7 (IQR: 5/9.5). Median
Qmax was 8 ml/sec (IQR: 6/10). On histology samples, inflammatory infiltrates was observed in 62/81
patients (76%) and out of them severe inflammation was recorded in 24/62 patients (38.7%). MetS was
observed in 20 pts (27%). Patients with MetS presented an higher rate of inflammatory infiltrates (18/20
pts; 90%; p= 0,01) and of severe inflammation (11/18 patients; 66%; p= 0.02) when compared to patients
without MeS. One month post-operative evaluation showed a significant lower IPSS total score (2; IQR: 0/5
vs 5 ; IQR: 2/9; p= 0.01); storage subscore (2; IQR: 1/3; vs 4; IQR: 2/9; p= 0.004) and OAB questionnaire
score (38; IQR: 30/56 vs 54; IQR: 30/66; p= 0.03) in patients with inflammatory infiltrates when compared
to patients without inflammation. These data were confirmed in patients with moderate/severe inflammation
versus mild inflammation.
Discussion
Our study hypothesized a more significant prostatic sensory denervation effect of the TURP, which may
reduce the abnormal sensory input of the voiding reflex, in patients with prostate inflammation. However
these results should be confirmed by a large multicenter trial.
Conclusions
In our single center study, MetS was associated with prostate inflammation. Patients with inflammatory
infiltrates mostly benefit from a TURP when compared to patients with no inflammation particularly regarding
the storage symptoms.
238
P230
86° Congresso Nazionale SIU
A RANDOMIZED COMPARATIVE EFFECTIVENESS TRIAL ON TRANSURETHRAL ENUCLEATION
WITH OLYMPUS BUTTON ELECTRODE (B-TUEP)VERSUS “TRADITIONAL LOOP” GYRUS PK
FOR THE TREATMENT OF CLINICAL OBSTRUCTING BENIGN PROSTATE HYPERPLASIA. RUA’S
2-YEARS EXPERIENCE
F. Attisani, R. Giulianelli, L. Albanesi, B. Gentile, D. Granata, L. Mavilla, G. Mirabile, F. Pisanti, M. Schettini,
G. Vincenti (Roma)
Aim of the study
Transurethral resection of the prostate (TURP) has been, for many decades, the reference standard
in the surgical management of lower urinary tract syndrome (LUTS) due to bladder outlet obstruction.
Transurethral resection of the prostate (TURP) is the current optimal therapy for the relief of bladder outflow
obstruction, with subjective and objective success rate of 85 to 90% . Besides these excellent success rate,
bleeding, urinary tract infection , retrograde ejaculation and incontinence are the complications associated
with the procedure. Aim of the study was to compare the outcome of “traditional” bipolar TURP with
Gyrus PK vs the new technique called B-TUEP (Trans-urethral in saline enucleation with Olimpus Button
electrode).
Materials and methods
From February 2011 to February 2013 , 120 consecutive patients, with a mean age of 63,34 ± 7,1 years,
who had LUTS of BPE were enrolled in this study. A total of 60 patients with a mean age of 62,5 ± 6,9 years
were randomised to undergo bipolar “traditional loop” TURP (Traditional Gyrus group) and 60 with a mean
age of 64,18 ± 7,2 years to Transurethral in saline enucleation ( B-TUEP group). All surgical procedures
were performed by one surgeon who were fully trained in bipolar Gyrus TURP and in B-TUEP resection.
Preoperative work-up was assessed by administering I.P.S.S., I.I.E.F.-5 and Qol. All patients were submitted
to uroflowmetry, TRUS, measurament of post-voidal residual urine and PSA determination. In traditional
TURP and B-TUEP groups, I.P.S.S., I.I.E.F.-5 and Qol , uroflowmetry, TRUS, measurament post-voidal
residual urine (PVR) , PSA determination and number of reoperations were evaluated 3, 6, 9,12,15,18, 21
and months. Thus, in traditional TURP and B-TUEP groups were analized operative time, resected tissue
weight and perioperative complications. Total postoperative catheter time, total post-operative hospital stay,
haemoglobin loss were recorded in the 2 groups.
Results
Comparative data on IPSS symptom score, I.E.F.F.-5 and Qol, PSA, peak urinary flow rates and postvoid residual urine volume in the 2 groups are similar but showed a significative improvements regarding
baselines value .The postoperative haemoglobin levels (13,6 ± 0,6 versus 11,4 ± 0,5, respectively),
postoperative catheterization, hospital stay and 2-yrs overall surgical re-treatment-free rate (5% vs 11,65%,
respectively) were better in the Bipolar TURP group.
Discussion
B-TUEP has a comparable outcome to Bipolar “traditional” TURP at short, medium and long term to
subjective and objective outcome measures. Its impact on bladder outlet function is also similar to that of
Bipolar “traditional” TURP.
Conclusions
Improvement in I.-P.S.S. , Qol index, I.E.E.F.-5, Qmax and post-void residual urine volume were comparable
in both group denoting similar efficacy of the techniques.
239
P231
86° Congresso Nazionale SIU
THE USE OF TADALAFIL TO TREAT LOWER URINARY TRACT SYMPTOMS AND ERECTILE
DYSFUNCTION IN MEN WITH BENIGN PROSTATIC HYPERPLASIA: A SYSTEMATIC REVIEW
M. Gacci, O. Saleh, A. Sebastianelli, M. Salvi, T. Chini, C. Cini, G. Corona, L. Vignozzi, M. Maggi, A.
Minervini, S. Serni, M. Carini (Firenze)
Aim of the study
Several clinical trials have extensively investigated the efficacy and safety of chronic treatment with PDE5Inhibitors (PDE5-I), alone or in combination with alpha blockers, in ameliorating LUTS in men with or without
erectile dysfunction (ED). In particular, tadalafil represents one of the most extensively investigated. The aim
of present study is to perform a systematic review of the current literature concerning the use of tadalafil for
the treatment of LUTS and ED in men with BPH.
Materials and methods
An wide Medline search was performed including the combination of following words: “LUTS”, “BPH”,
“PDE5-Is”, “ED”, “tadalafil”. No temporary limits were adopted. IIEF-5 (International Index of Erectile
Function), IPSS (International Prostate Symptom Score) and Maximum urinary flow rate (Qmax) were
the validated efficacy outcomes. We also evaluated the most common adverse events (AEs) reported for
tadalafil in selected studies.
Results
Out of 96 retrieved articles, 87 were excluded for missing or incomplete data (baseline data, standard
deviation), deficiency in methodology (several biases not included), assessment of clinical outcomes without
validated instruments. Data from 9 RCTs were included in the present review, for a total of 1936 treated
patients with tadalafil daily administration for a mean duration of 12 weeks. Seven RCTs reported the
efficacy of daily administration of tadalafil 5mg in relieving LUTS in terms of significant IPSS reduction from
a minimum of -1.60 to a maximum -4.09 (p
Discussion
Many epidemiologic evidences emphasize the close association between LUTS and ED in men with BPH.
Preclinical animal models have provided a great deal of information on potential common pathogenic
mechanisms underlying these two clinical identities. Although the efficacy of the most commonly used
treatments for LUTS/BPH is well defined, the negative impact of these treatments on erectile function has
triggered the search for new treatment options. In this regard, a new role for phosphodiesterase type 5
inhibitors in the treatment of LUTS/BPH and ED has been claimed.
Conclusions
The remarkable improvement of both LUTS/BPH and ED, and the good safety profile with tadalafil 5 mg
once daily suggests a leading role of tadalafil 5 mg for men with LUTS due to BPH with or without ED.
240
P232
86° Congresso Nazionale SIU
A PROSPECTIVE EVALUATION OF 200 PATIENTS UNDERGOING THULEP AT OUR INSTITUTION
L. Carmignani, S. Picozzi, A. Macchi, S. Casellato, C. Marenghi, E. Finkelberg, G. Bozzini (San Donato
Milanese)
Aim of the study
Thulium Laser Enucleation of the Prostate (ThuLEP) has been introduced as a minimally invasive treatment
for benign prostatic obstruction (BPO). The objectives of the study were the evaluation of immediate
outcomes and the institutional learning curve of ThuLEP, and to report its complication rates.
Materials and methods
We performed a prospective evaluation of the first 200 patients undergoing ThuLEP from January 2012 until
April 2013 at our Institution.
Results
The average age of the patients was 67.3 years with a BMI of 25.9. Median prostate size was 75,3 cc with
42,8 of adenoma and PSA of 3,5 mg/ml. Median operation time was 1,22 hours. Median catheterization time
was 1,5 days (or 34 hours), median length of hospital stay was 2,4 days. Median resected tissue weight was
28,8 g. Incidental carcinoma of the prostate was detected in 5 patients (2,5 %). Median maximum urinary
flow rate (9.3 vs 21.1 ml/s) and postvoid residual urine volume (160 vs 29,8 ml) changed significantly. Early
reinterventions were necessary in 1 of the patients (0,5 %) to ensure haemostasis. 13 patients (6,5 %) had
a postoperative acute urinary retention to the removal of the bladder catheter and only two patients (1%)
required transfusions. The major limitations of the study are the mono-centric study design, the lack of a
control group, and that only short-term data were documented on morbidity and efficacy of the ThuLEP
procedure.
Discussion
Thulium laser is a new surgical laser, with tunable wavelength. It may have several advantages over
the other lasers, including improved spatial beam quality, more precise tissue incision, and operation
in continuous-wave/pulsed modes. Thulium laser has been proved capable of rapid vaporization and
coagulation of prostate tissue. These two characteristics are at the basis of the endoscopical use to
enucleate obstructing prostatic tissue in a relatively bloodless manner.
Conclusions
ThuLep is an effective procedures for removal of prostatic adenomas. ThuLep is safe and resulted in
low perioperative morbidity and may become the endourological alternative to standard TURP and open
prostatectomy.
241
P233
86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
TURIS PLASMA VAPORIZATION: SAFETY AND EFFICACY IN ANTICOAGULATED PATIENTS. THE
RUA’S EXPERIENCE
PROSTATE CALCIFICATIONS AND LUTS: THE POTENTIAL ROLE OF BACTERIAL BIOFILM AND
PROSTATE INFLAMMATION
F. Pisanti, R. Giulianelli, L. Albanesi, F. Attisani, B. Gentile, D. Granata, L. Mavilla, G. Mirabile, M. Schettini,
G. Vincenti, F. Pisanti (Roma)
T. Cai, D. Tiscione, I. Caola, F. Tessarolo, N. Mondaini, F. Meacci, G. Malossini, P. Lanzafame, S. Mazzoli,
R. Bartoletti (Trento)
Aim of the study
Morbidity of transurethral resection of prostate necessitates continuous attempts of modifications of standard
equipment and technique. Recently the TURis Plasma Vaporization (TURis-V) technique, which uses the
Olympus Gyrus PK generator and ”Botton” vapo-resection electrode, was introduced in clinical practice. We
evaluated our results with Botton TURis Gyrus PK for the treatment of bladder outlet obstruction (BOO) due
to benign prostatic hyperplasia (BPH) in patients using anticoagulant drugs.
Aim of the study
Prostate calcifications have been recently found in patients with prostate inflammation, BPH and prostate
carcinoma. In addition some Authors found that E. coli inoculation into the mice prostate causes chronic
protatitis and subsequent prostatic atypia and PIN thus suggesting the potential linkage between
inflammation and prostate cancer. The aim of this study was to determine morphological, microbiological
and pathological characteristics of prostate calcifications in patients with lower urinary tract symptoms and
evaluate the role of inflammation in the genesis of prostate calcifications.
Materials and methods
Between June 2011 to December 2012, the RUA’s urologists, performed 100 Plasma Transurethral Prostate
Vaporization in saline using Olympus Gyrus PK for the treatment of BOO due to BPH. All patients continued
anticoagulant therapies for the procedure: 30 of them showed significant cardiovascular co-morbidity (prior
stroke or systemic embolism, coronary artery disease or peripheral vascular disease). The average age
of the patients was 72,5 yrs (range 52-89 yrs) and medium follow-up 11,5 months (range 3-21 mo.). The
preoperative investigation protocol included: digital rectal examination (DRE), Prostatic Specific Antigen
(PSA), International Prostate symptom Score (IPSS), Quality of Life (QOL), urinalysis with urine culture,
uroflowmetry with post-voiding residual urinary volume (PVR) and transrectal ultrasonography assessing
prostate volume. Before surgery we performed Hbg dosage and we repeat it the day after. The patients were
evaluated every 3 months after surgery using PSA, HB dosage, IPSS, QOL, urinalysis with urine culture,
uroflowmetry with PVR . The patients were evaluated after 6, 12 and 18 months using TRUS (to evaluate
residual prostate volume).
Results
Mean operating time was 47 minutes, median catheterization time was 36 hours, the mean hospital stay
was 59 hours . Mean bleeding loss were 1,7 gr/dl. No death during peri or post-operative follow-up . Early
Adverse Events (EAs) include : dysuria in 24% (24pts), urgency in 25% (25pts), haematuria in 13% (13pz)
and AUR with re-catheterization for clots in 11% (11 pz).
Discussion
.
Conclusions
The endoscopic plasma vapo-resection of the prostate in saline (TURis- V) using Olympus Button Gyrus
PK electrode for Bladder Outlet Obstruction (BOO) caused by Benign Prostate Hypertrophy (BPH) is a safe
tecnique showing optimal outcomes, also in anticoagulated patients.
242
Materials and methods
From November 2012 to March 2013, 38 patients referred to the same Urology Unit affected by with lower
urinary tract symptoms with or without sonographic evidence for prostate calcifications, were enrolled in
this prospective cohort study. At the enrollment time all patients will undergo clinical and microbiological
evaluations in order to evaluate the presence of bacterial biofilm. Total ejaulate lymphocyte population
will be also investigated by cytometric analysis. Prostate calcifications will be collected and ultratructurally
analyzed from all patients who had undergone prostate biopsy. All patients have been divided into two
groups: patients with prostate calcifications and those without. Two groups were analysed in order to
evaluate the clinical, microbiological or instrumental parameters that are important in the genesis of prostate
calcifications.
Results
38 patients were enrolled (mean age 56.7). The mean IPSS was 16.5. 21 patients showed prostate
calcifications (Group A) while 17 no (Group B). The mean prostate volume was 45.3 cc. In the Group A
13 out of 21 (61.9%) showed positive results at micorbiological analysis while in the Group B 6 out of 17
(35.2%) (p
Discussion
The role of biofilm producing bacteria seems relevant in the genesis of prostate calcifications and LUTS.
Moreover, the role of associated inflammatory tissue have to be taken into account.
Conclusions
The present study, even if supported by preliminary results, highlight an association between bacterial
biofilm and prostate calcifications and LUTS. Moreover, highlight that the relevant role of prostatic
inflammation in genesis of prostate calcifications and LUTS.
243
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86° Congresso Nazionale SIU
THE PHYSICAL THERAPY OF CHRONIC PROSTATITIS / CHRONIC PELVIC PAIN SYNDROME
M. Capece, F. Fusco, E. Maisto, R. Bianco, F. Villani, A. Pischedda, A. Currelli, F. Pirozzi Farina, C. Imbimbo
(Napoli)
Scopo del lavoro
Chronic prostatitis / chronic pelvic pain syndrome (CP / CPPS) (NIH-CPSI IIIb) is characterized by chronic
pelvic pain and LUTS. The aetiology of CP/CPPS is poorly understood, and even though a lot of studies on
pelvic floor muscle tone have been proposed, no clear cause-effect between pelvic floor muscle tone and
CP/CPPS has been found. In this study we evaluate the effect of biofeedback(BFB) therapy on CP/CPPS
symptoms, and correlate symptoms improvement with PFM tone.
Materiali e metodi
Between March 2008 and May 2011, we recruited 88 patients with CP / CPPS NIH IIIb. All patients were
treated with a BFB cycle. Inclusion criteria: age greater than 18 years, pelvic pain and discomfort for at
least 4 months, NIH-CPSI greater than 14. Exclusion criteria: UTI in the previous four months, malignancy,
previous endoscopy, neurological diseases. The NIH-CPSI questionnaire and tone of the pelvic floor
muscles evaluation were used for follow-up. Student’s t-test and Pearson’s correlation were used for
statistical analysis.
Risultati
Differences between NIH-CPSI mean, pain, quality of life, micturition and EMG scores before and after the
biofeedback treatment are significant (p<0.05).
Discussione
Traditionally, chronic prostatitis / chronic pelvic pain syndrome (CP / CPPS) has been often related to a
prostate inflammation caused by a localized infection. However, many theories suggest that the prostate
may be not the only responsible of the CP / CPPS symptoms . Indeed many studies, evaluating the muscle
tone with various methods, have concentrated their attention on the role of PFM in the etiopathogenesis of
CP/CPPS.On one hand we demonstrate that biofeedback therapy highly improve pain as well as voiding
complaints and QoL of CP/CPPS type IIIB patients, as already stated by other authors. On the other hand
we could not confirm a clear correlation between PFM tone and CP/CPPS symptoms.
Conclusioni
Biofeedback therapy highly improve pain as well as voiding complaints and QoL of CP/CPPS type IIIB
patients. On the contrary no clear correlation between NIH-CPSI and PFM tone has been found.
244
P236
86° Congresso Nazionale SIU
DUTASTERIDE CAN REDUCE INTRAOPERATIVE BLEEDING DURING TRANSURETHRAL
RESECTION OF THE PROSTATE: EVALUATION OF VASCULAR ENDOTHELIAL GROWTH FACTOR
(VEGF) AND CD34
R. Giovannone, G. Antonini, Y. Al Salhi, V. Gentile, E. De Berardinis, G. Busetto (Roma)
Scopo del lavoro
Dutasteride is an antiandrogen that inhibits 5-α-reductase, an enzyme that converts testosterone to
dihydrotestosterone. Dutasteride significantly reduces intraoperative bleeding when 0.5 mg/d is administered
for 60 days before transurethral resection of the prostate.
Materiali e metodi
Our double-blind, randomized, placebo-controlled study evaluated 300 patients with benign prostatic
hyperplasia who underwent transurethral resection of the prostate. We compared a placebo group (n =
150) with a group (n = 150) administered 0.5 mg of dutasteride once a day for 8 weeks. We intended to
demonstrate the mechanisms and effects of dutasteride compared with those of vascular endothelial growth
factor, and to evaluate CD34, an immunohistochemical marker of blood vessel density in the prostate.
Risultati
In 8 weeks, 0.5 mg/d of dutasteride reduced serum DHT by 95%, with intraprostatic DHT about 27
times lower than in the placebo group. A difference in perioperative bleeding was observed between the
dutasteride group (1.4– 1.6 g Hb resected) and the placebo group (2.1–2.5 g Hb resected). Average MVD of
the hypertrophic prostate, calculated by CD34 evaluation, was lower in patients treated with dutasteride than
placebo. The average VEGF index of the hypertrophic prostate was lower in patients treated with finasteride
(1.87 ± 0.39) than placebo (4.05 ± 0.80).
Discussione
Our study used VEGF and CD34 antibodies, starting from preclinical study in rats, to determine microvessel
density in patients with BPH. We intending to demonstrate a correlation between dutasteride action and the
vascularization of hypertrophic prostate tissue. We clearly demonstrated that VEGF and CD34 values were
firmly lower in patients pretreated with dutasteride than placebo; therefore, a correlation exists.
Conclusioni
Dutasteride reduces intraoperative TURP bleeding, as demonstrated by MVD reduction in hypertrophic
prostatic tissue.
245
P237
86° Congresso Nazionale SIU
COMBINED THERAPY WITH SERENOA REPENS PLUS PINUS MASSONIANA PLUS CROCUS
SATIVUS EXTRACT (IDIPROST GOLD®) IN PATIENTS WITH LUTS AND ED
C. Imbimbo, M. Capece, F. Forchia, E. Maisto, R. Bianco, M. Barbieri, M. Creta, P. Verze, V. Mirone (Napoli)
Aim of the study
Lower urinary tract symptoms (LUTSs) and erectile dysfunction (ED) are highly prevalent, frequently coassociated, and significantly contribute to the quality of life. They may share a common pathophysiology.
The ability to treat both BPH and ED with one medication is noteworthy. The aim of the present study was to
evaluate the efficacy of a combined therapy with serenoa repens plus pinus massoniana plus crocus sativus
extract (IDIProst Gold®) in patients with LUTS and ED.
Materials and methods
We performed a randomized, placebo controlled trial. A total of 50 men complaining of both mild ED
(International Index of Erectile Function - 5 (IIEF-5) score 17-21) and mild LUTS/BPH (International Prostatic
Symptom Score (IPSS) 0-7) were included in the study. Concomitant therapies for ED and/or LUTS/BPH,
hypogonadism, diabetes mellitus, antihypertensive therapy, previous pelvic surgery or radiotherapy, and
severe cardiovascular diseases were exclusion criteria. Patients were assessed at baseline and were
randomized (1:1) to either IDIProst Gold® (active treatment) once a day or placebo once a day for 90 days.
All participants completed the IIEF-5 and the IPSS questionnaire at the end of the study.
Results
Mean patients’ age was 60 years (range 45-70). At baseline evaluation, mean IIEF-5 score were 18.96
(range: 17-21) and 19.08 (range: 17-21) in the active treatment and placebo groups, respectively (p: not
significant). Mean IPSS scores were 4.44 (range 1-7) and 4.12 (range 1-7) in the active treatment and
placebo groups, respectively (p: not significant). All patients completed the study protocol, tolerated the
treatments well, and were available for follow-up assessments. At the end of the treatment mean IIEF-5
score improved in the active treatment group and also in the placebo group (20.8 vs 19.7 respectively), even
though there has been shown a statistically significant difference between the groups (p< 0.05).
Discussion
There is a revival of interest in phytotherapeutic agents, especially as a consequence of patients’
dissatisfaction with the adverse effects of medical alternatives. Serenoa Repens is efficacious in patients
with LUTS/BPH. Pre-clinical evidences have demonstrated that pinus massoniana extract is efficacious to
protect against oxidative damage and that crocus sativus has aphrodisiac effects in animal and humans. We
evaluated, for the first time, the efficacy of the association of these three compound in patients with ED and
LUTS/BPH.
Conclusions
The association of serenoa repens plus pinus massoniana plus crocus sativus extracts is better than
placebo in improving IIEF-5 and IPSS scores in patients complaining of both ED and LUTS/BPH.
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86° Congresso Nazionale SIU
CONTROLLO DEL DOLORE IN CORSO DI BIOPSIA PROSTATICA TRANSRETTALE: CONFRONTO
TRA BLOCCO PERIPROSTATICO ASSOCIATO A SOMMINISTRAZIONE TOPICA DI LIDOCAINA/
PRILOCAINA E BLOCCO PERIPROSTATICO ASSOCIATO A SOMMINISTRAZIONE TOPICA DI
LIDOCAINA/NIFEDIPINA.
V. Imperatore, S. Di Meo, R. Buonopane, M. Creta (Naples)
Scopo del lavoro
Lo scopo del presente studio è comparare l’efficacia del blocco periprostatico (PNB) combinato alla
somministrazione topica endorettale e perianale della miscela anestetica di lidocaina/prilocaina con il PNB
associato alla somministrazione topica dalla miscela di lidocaina/nifedipina in corso di biopsia prostatica
trans rettale.
Materiali e metodi
Dal Marzo 2011 al Marzo 2013 abbiamo condotto uno studio prospettico randomizzato. Sono stati inclusi
nello studio 200 pazienti con indicazione clinica alla biopsia prostatica. I pazienti arruolati sono stati
randomizzati a ricevere PNB (iniezione di 5mL di lidocaina 1%) associato alla somministrazione topica di
lidocaina /prilocaina (gruppo A, n=100) o PNB associato alla somministrazione topica di lidocaina/nifedipina
(gruppo B, n=100). Tutte le biopsie sono state effettuate dallo stesso operatore utilizzando lo stesso
strumentario. Ai pazienti è stato chiesto di compilare una scala analogo visiva (VAS) graduata da 0 a 10
al fine di quantizzare la sensazione dolorosa durante l’introduzione della sonda (VAS1), in corso di PNB
(VAS2), in corso di biopsia prostatica (VAS3), 30 minuti dopo la biopsia (VAS4), la sera della biopsia (VAS5),
e il giorno dopo la biopsia (VAS6).
Risultati
I due gruppi sono risultati omogenei in termini di età media, valore medio di antigene prostatico specifico ,
volume prostatico medio. La durata della procedura ed il numero medio di prelievi è risultato essere simile
nei due gruppi. Il punteggio VAS medio relativo all’introduzione della sonda ed all’esecuzione del PNB è
risultato essere significativamente inferiore nel gruppo A (VAS1=0.3 vs 1.2; P < 0.05, VAS2=0.8 vs 1.8; P
< 0.05). I punteggi VAS medi relativi all’esecuzione della biopsia prostatica e quelli registrati nelle ore e nei
giorni successivi sono risultati invece sovrapponibili nei due gruppi ( VAS3=1.1 vs 1.2, P = non significativo;
VAS4= 0.6 vs 0.7, P: non significativo; VAS5 =0.5 vs 0.6, P : non significativo; VAS6= 0.21 vs 0.23, P: non
significativo). L’incidenza di complicanze infettive ed emorragiche è risultata essere bassa e sovrapponibile
in entrambi i gruppi. Non sono state registrate ulteriori complicanze.
Discussione
Il dolore in corso di biopsia prostatica ecoguidata trans rettale riconosce due origini: introduzione della
sonda, perforazione della capsula prostatica. Il presente rappresenta il primo studio di confronto tra
crema anestetica a base di lidocaina/prilocaina e crema anestetica a base di lidocaina/nifedipina quale
supplemento antalgico al blocco periprostatico per il controllo del dolore in corso di biopsia prostatica.
Conclusioni
La somministrazione topica perianale ed endorettale della crema anestetica a base di lidocaina/prilocaina è
più efficace rispetto alla crema a base di lidocaina/nifedipina per il controllo del dolore legato all’introduzione
della sonda ecografica ed all’ esecuzione del PNB.
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86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
STUDIO CLINICO RANDOMIZZATO NELL’IMPIEGO DI MICROCLISMA VS SOLUZIONE A BASE DI
POLIETILENGLICOLE NELLA PREPARAZIONE DELLA BIOPSIA PROSTATICA TRANS RETTALE:
ANALISI DELLE COMPLICANZE SECONDO CLAVIEN.
RUOLO DI PSA, PROPSA, PCA3 E RM PROSTATICA MULTIPARAMETRICA NELLA SELEZIONE
DEI PAZIENTI CANDIDATI A SECONDO MAPPING BIOPTICO PROSTATICO NEL PERSISTENTE
SOSPETTO DI CARCINOMA PROSTATICO
M. Bonetto, C. De Nunzio, R. Lombardo, M. Leo, F. Cancrini, C. Avitabile, A. Tubaro (Roma)
F. Porpiglia, C. Fiori, F. Mele, M. Manfredi, D. Garrou, F. Ragni, E. Bollito, M. Papotti, F. Russo, D. Regge
(Orbassano)
Scopo del lavoro
Le biopsie prostatiche trans rettali (BPTR) si associano a un rischio di complicanze valutato tra 64% e
98%. Il tipo di preparazione intestinale, secondo alcuni autori può influenzare la morbidità associata alla
biopsia. Scopo del nostro studio è valutare la morbidità associata alla BPTR impiegando due diversi tipi di
preparazioni intestinali.
Materiali e metodi
Tra maggio 2012 e febbraio 2013 una serie consecutiva di pazienti in attesa di eseguire una BPTR per un
PSA> 4ng/ml e/o un’esplorazione rettale sospetta sono stati randomizzati in due gruppi in base al tipo di
preparazione: gruppo A (con clistere evacuativo eseguito la mattina dell’esame) e gruppo B con soluzione
di 1gr di polietilenglicole in 4L di acqua assunta il giorno prima della procedura. I pazienti hanno ricevuto
una antibioticoterapia basata su ciprofloxacina 500mg bid 5 giorni prima e 5giorni dopo la biopsia ed una
somministrazione unica di gentaminicina 80mg endovena il giorno della BPTR. Le complicanze sono state
categorizzate secondo la classificazione di Clavien.
Risultati
153 pazienti sono stati valutati di cui 65/153 (42%) hanno effettuato il microclisma e 88/153 (58%) la
soluzione a base di polietilenglicole. L’età media dei pazienti è stata 67.5±7.8 anni, il volume prostatico
medio 62.5±28.3 cc, il BMI medio 27.4±4.5 kg/m2 e il PSA medio 10.0±10.2ng/ml. Non si sono riscontrate
differenze statisticamente significative tra i due gruppi in base alle caratteristiche generali dei pazienti. Il
numero totale di pazienti che hanno manifestato complicanze è stato di 98/153 (65%). La maggior parte di
queste complicanze sono state di basso grado: 85/99 (85%) di grado I (ematuria persistente) e 7/99 (8%)
di grado II (sostituzione dell’antibiotico terapia) . Le complicanze di alto grado (IIIa) sono state 7/99 (5%)
di cui 5 ritenzioni acute di urina e 2 febbri uro settiche. In base al tipo di preparazione abbiamo riscontrato
le seguenti complicanze: 45/99 (45%) nel gruppo A e 54/99 (55%) nel gruppo B (p=0.733), 39/85 (46%)
Clavien I nel gruppo A e 46/85 (54%) nel gruppo B (p=0.742), 3/7 (42%) Clavien II nel gruppo A e 4/7 (58%)
nel gruppo B (p=1.000) e Clavien III 3/6 (50%) nel gruppo A e 3/6 (50%) nel gruppo B (p=1.000).
Discussione
Nella nostra esperienza sia la preparazione intestinale con microclisma che con polietilenglicole si sono
dimostrate efficaci nel ridurre il rischio di complicanze post BPTR.
Conclusioni
Sebbene un analisi di costo beneficio non era l’obiettivo primario del nostro studio, i costi elevati del
polietilenglicole rispetto al microclisma (6 euro vs < 1euro) ci inducono a ritenere il microclisma il tipo di
preparazione intestinale da preferire nei pazienti sottoposti a BPTR.
248
Scopo del lavoro
Nei pazienti con PSA persistentemente elevato ed una precedente biopsia negativa, si presenta la necessità
di ripetere tale procedura. Per ridurre il numero di re-biopsie (RB) sono stati sviluppati nuovi esami quali:
pro-PSA, PCA3 e Risonanza Magnetica prostatica multiparametrica (mp-MRI). Scopo di questo studio è
stato quello di valutare il ruolo di queste indagini complementari in un percorso diagnostico standardizzato in
pazienti con sospetto clinico di CaP e/o PSA elevato con una precedente biopsia negativa.
Materiali e metodi
Abbiamo prospetticamente selezionato pazienti con un primo set bioptico negativo (12 prelievi) e livelli
di PSA anomalo, sospetto clinico o patologico (c.d. ASAP e/o HGPIN). Ogni paziente è stato quindi
sottoposto a misurazione del PSA e pro-PSA sierico, analisi delle urine dopo massaggio prostatico (PCA3)
e risonanza magnetica con studio pesato in T1, T2, diffusione e successiva analisi dopo iniezione di mezzo
di contrasto paramagnetico per via endovenosa (tutte le immagini sono state esaminate da un esperto
uroradiologo). Tutti i pazienti sono quindi stati sottoposti a RB (transrettale a 18 prelievi). L’operatore non
era a conoscenza dei risultati degli esami pre-procedura. Sono stati esclusi dallo studio tutti i pazienti
che alla mp-MRI presentavano una lesione sospetta per CaP anteriore o della zona di transizione, i quali
sono stati sottoposti ad una biopsia con approccio transperineale. Abbiamo valutato i valori di sensibilità,
specificità, valore predittivo positivo (VPP), valore predittivo negativo (VPN) e accuratezza diagnostica dei
test individualmente e combinandoli per predire la positività per CaP alla RB.
Risultati
Sono stati arruolati consecutivamente 149 pazienti nello studio. L’età media era di 65 (47-79) anni, il PSA
medio all’arruolamento di 8,06 ng/ml. Alla RB sono risultate positive per tumore 47/149 (31,3%) delle
biopsie. [Fig.1]
Discussione
Il limite principale dello studio è che lo standard di riferimento è dato da un mapping bioptico random. I
nostri risultati mostrano come il test con la maggior accuratezza diagnostica sia la mp-MRI. Ciononostante,
obiettivo del nostro studio è evitare il maggior numero di biopsie inutili senza perdere CaP, il miglior VPN
si ottiene pertanto dalla combinazione di PCA3 + MRI che avrebbe potuto evitare 71 (47,6%) RB non
evidenziando 2 CaP (peraltro entrambi microfocolai).
Conclusioni
Da questi dati preliminari, estremamente promettenti, abbiamo avuto conferma del razionale del nostro
studio e possiamo affermare che, nei pazienti con una precedente biopsia prostatica negativa e persistente
sospetto clinico di CaP, la negatività di PCA3 e mp-MRI ci permette di evitare un inutile RB, accettando un
rischio inferiore al 3%.
249
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86° Congresso Nazionale SIU
IL RUOLO DELLA 11C-COLINA PET/CT IN PAZIENTI CON RECIDIVA BIOCHIMICA DOPO
PROSTATECTOMIA RADICALE E CARCINOMA PROSTATICO ORMONO-RESISTENTE SOTTOPOSTI A
TERAPIA DI DEPRIVAZIONE ANDROGENICA.
INCIDENZA DI COMPLICANZE EMORRAGICHE DURANTE IL MAPPING BIOPTICO PROSTATICO
TRANSRETTALE IN PAZIENTI CHE ASSUMONO ASPIRINA PER MALATTIE CARDIOVASCOLARI:
ESPERIENZA MONOCENTRICA
G. Martorana, M. Borghesi, L. Bianchi, M. cevenini, E. Molinaroli, F. Chessa, F. Ceci, P. Castellucci, S. Fanti,
E. Brunocilla, R. Schiavina (Bologna)
L. DELL’ ATTI, G. Ughi, C. Ippolito, S. Papa, G. Daniele, G. Russo (FERRARA)
Scopo del lavoro
Lo scopo di questo studio è quello di valutare l’ utilità della 11C-Colina TC/PET eseguita in corso di terapia
di deprivazione androgenica (ADT) in pazienti con recidiva biochimica dopo prostatectomia radicale per
carcinoma prostatico ormono-resistente.
Materiali e metodi
Abbiamo complessivamente valutato 157 pazienti sottoposti a prostatectomia radicale con progressione
biochimica durante terapia di deprivazione androgenica. In tutti i casi abbiamo effettuato un restaging con
11C-Colina TC/PET. Al momento della ristadiazione, 61 pazienti erano in trattamento mono-terapico, mentre
96 erano trattati con blocco androgenico totale. I pazienti risultati positivi alla PET sono stati ulteriormente
valutati con follow-up clinico e tecniche di imaging aggiuntive (biopsia prostatica ecoguidata, TC o
risonanza magnetica, scintigrafia ossea, TC/PET con colinal o, in casi selezionati, linfoadenectomia pelvica/
retroperitoneale). I valori di PSA, il PSA doubling time (PSAdt), l’età, lo stadio TNM, il Gleason Score ed il
tipo di ADT somministrata al momento della PET sono stati valutati con analisi univariate e multivariate con
lo scopo di determinare il principale fattore predittivo di una TC/PET positiva.
Risultati
Il PSA medio (mediano) al momento della 11C-Colina TC/PET era 8,3 (4,5) ng/mL, il PSAdt medio
(mediano) era 5,3 (3,0) mesi, la PSA velocity media (mediana) era 14,5 ( 7.2) ng/mL/anno. La 11C-Colina
TC/PET è risultata positiva in 104/157 pazienti (66%). In particolare, la 11C-Colina TC/PET ha individuato
lesioni singole in 40 pazienti (una recidiva locale in 7; un linfonodo (LN) positivo in 10; lesioni ossee (BL) in
23); due lesioni in 18 pazienti (LNs a 7; BLs in 7; LN e BL in 4), 3-4 lesioni in 7 pazienti (LNs a 4; BLs in 3) e
multiple lesioni (> 4) nei restanti 39 pazienti (recidiva locale e LNs in 2; multipli LNs in 12 , BLs in 12; multipli
LNs e BLs in 11; multiple BLs e lesioni viscerali in 2). Nei pazienti negativi alla 11C-Colina-TC/PET, il PSA
medio ed il PSAdt erano 3,8 ng/mL e 7,0 mesi rispettivamente, mentre erano pari a 10,5 ng/mL e 4,4 mesi
nei pazienti PET-positivi (p < 0.05). All’analisi multivariata, il PSA e il PSAdt al momento della 11C-Colina
TC/PET si sono dimostrati fattori predittivi indipendenti ed hanno mostrato una correlazione statisticamente
significativa con i risultati positivi alla PET.
Discussione
.
Conclusioni
La 11C-Colina TC/PET si è dimostrata uno strumento utile nella detection delle recidive di carcinoma
prostatico ormono-resistente in caso di elevato PSAdt. L’interruzione della terapia ormono-soppressiva
avrebbe tuttavia potuto consentire il riscontro di ulteriori lesioni secondarie, specialmente in caso di
neoplasie con cloni ormono -sensibili. L’interruzione della terapia ormonale prima di eseguire una PET
potrebbe non essere utile in caso di elevato PSAdt o qualora non venisse presa in considerazione una
terapia di salvataggio (radioterapia della pelvi o linfadenectomia retroperitoneale).
250
Scopo del lavoro
Lo scopo dello studio è quello di verificare se i pazienti(pz) che proseguono l’assunzione di aspirina a basso
dosaggio per malattie cardiovascolari (MC) durante una biopsia prostatica transrettale ecoguidata (BPT)
aumentano il numero complicanze emorragiche rispetto a pz che l’hanno interrotta e/o sostituita con eparina
a basso peso molecolare (EPBM).
Materiali e metodi
E’ stato condotto uno studio prospettico comparativo tra due gruppi per un totale di 175pz. Il Guppo
A(GA):79pz a cui non è stato interrotto il trattamento con antiaggregante prima della BPT; Il Gruppo
B(GB):86pz a cui è stato sospeso l’antiaggregante (5 giorni prima e 10 giorni dopo la BPT) e/o sostituendolo
con EPBM. I pz furono selezionati in base PSA elevato, incremento PSA velocity e/o DRE sospetta. Tutti
i pz ricevettero una profilassi antibiotica orale con levofloxacina ed amoxicillina/ac.clavulanico prima BPT
e per i 4 giorni seguenti. L’intento fu quello di applicare a ciascun pz una BPT standard a 16 prelievi con
utilizzo di ago 18G. L’analisi statistica è stata condotta utilizzando il test esatto di Fisher ed un valore
Risultati
Nel GA:l’età media dei pz: 61anni(range 52-73), il PSA: 6,1ng/ml(range 2,9-14,4), il volume prostatico:
53ml(range 28-75), numero di biopsie: 12,1(range 5-16); mentre nel GB: 63,5 anni(range 54-77), 5,8ng/
ml(range 3,1-12,7), 52,5(range 32-73), 13,1(range 6-16) rispettivamente. L’incidenza di ematuria
31/79(39%) nel GA rispetto a 17/86(19%) nel GB(p=0,022), l’emospermia 22/79(28%) e 19/86(22%) nel
GA e GB rispettivamente. In contrasto l’incidenza di rettorragia era pressoché simile nel GA(43/79pz,54%)
e nel GB(45/86pz,52%). Lo sviluppo di febbre dopo BPT è stata riscontrata per l’8%(7/79) e il 9%(8/86) nel
GA e GB rispettivamente. Solo 2pz del GA e 3 del GB hanno richiesto un’ospedalizzazione, 1pz (GB) ha
sviluppato urosepsi. Tutte le altre complicanze riscontrate si sono autolimitate fatta eccezione di 2pz(GA)
dove è stata necessaria la cateterizzazione per episodio di ritenzione d’urina con emissione di coaguli.
Discussione
Anche se in molti centri è comune l’abitudine a sospendere l’aspirina sostituendola con EPBM prima di una
BPT per ridurre al minimo le complicanze trombotiche cardiovascolari, vi è evidenza in letteratura che esiste
un rischio aumentato di eventi cardiovascolari associato all’arresto di queste terapie sino al 10,2%(Burger W
et al.2005). Nel nostro studio vi è una differenza statistica in termini di ematuria, ma non di sanguinamento
rettale o emospermia, quasi sempre autolimitatisi. Sicuramente un limite dello studio è stato quello di non
classificare i pz sessualmente attivi dopo la procedura.
Conclusioni
E’possibile continuare in maniera sicura la terapia con aspirina durante una BPT ed eventuali complicanze
emorragiche sono gestibili ed autolimitate rispetto all’insorgere di eventi cardiovascolari; riteniamo pertanto
che possa esser sospesa in pz che la assumono come trattamento profilattico per la MC o cerebrale.
251
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86° Congresso Nazionale SIU
ANALISI DEI COSTI DELL’ INTRODUZIONE DI UN TEST GENETICO (KLK3) NELLA DIAGNOSTICA
DEL CARCINOMA PROSTATICO
SPONDIN 2 - UNA PROTEINA DELLA MATRICE EXTRACELLULARE- è UN NUOVO MARCATORE DEL
CARCINOMA PROSTATICO.
T. Prayer Galetti, C. Zambon, D. Basso, S. Secco, M. Pelloso, M. Pebani, F. Zattoni (Padova, Padova)
G. Lucarelli, M. Rutigliano, V. Galleggiante, A. Vavallo, C. Bettocchi, S. Palazzo, M. Matera, G. Di Cosmo, O.
Colamonico, M. Ancona, M. Campagna, F. Selvaggi, P. Ditonno, M. Battaglia (Bari)
Scopo del lavoro
Valutare l’ impatto economico della caratterizzazione genotipica KLK3 dei pazienti con PSA > 4.0 ng/ml
candidati a biopsia prostatica.
Materiali e metodi
Valutazione prospettica di campioni di siero raccolti da 1058 uomini sottoposti consecutivamente a biopsia
prostatica (Bx) per t-PSA > 4.0 ng/ml e sospetto clinico di carcinoma prostatico (CP). Nei campioni sono stati
dosati t-PSA, f-PSA, PSA-ratio, polimorfismo di KLK3 (rs2569733 – re2739448 – rs925013 – rs2735839). In
401 casi la Bx ha documentato un CP; in 657 la Bx è risultata negativa. La valutazione statistica di t-PSA,
f/t-PSA e KLK3 è stata effettuata con analisi multivariata di regressione lineare e ROC curve. L’ analisi
dei costi è basata sul tariffario procedure del Sistema Sanitario della Regione di appartenenza. Sono stati
calcolati i costi x100000 casi delle analisi di laboratorio, delle Bx ed il risparmio economico ottenibile con l’
utilizzo del KLK3 per selezionare i Pazienti candidabili a Bx
Risultati
L’ analisi di KLK3 si correla al t-PSA. Nei pazienti con KLK3 sono stati identificati due valori di cutoff per t/fPSA: 11% e 14.5%. Nei pazienti con f/tPSA tra 11 e 14.5% la probabilità di avere una Bx positiva varia dal
30% al 47.4%. Questo gruppo di Pazienti rappresenta il 14% del totale dei 1058 Pazienti valutati. Il costi
unitari sono risultati essere 14.45 € per il t-PSA, 26.05€ per il f/tPSA, 598€ per KLK3 e 1215€ per la Bx. I
costi globali (: analisi + Bx) x100000 casi sono risultati 88 925 000€ utilizzando il solo t-PSA, 45 858 000€
utilizzando PSA + f/t-PSA al cutoff < 11%, 62 990 500€ utilizzando t-PSA + f/t-PSA al cutoff < 14.5%, 56 601
900€ utilizzando KLK3 nei pazienti con t-PSA > 4.0ng/ml e f/t-PSA 11-14.5%
Discussione
L’ introduzione di nuove tecnologie in sanità comporta un incremento dei costi che necessita di una
giustificazione. La nostra analisi dimostra che l’ introduzione dello studio del polimorfismo KLK3 può portare,
se correttamente utilizzato, ad una riduzione dei costi per Paziente migliorando l’ efficacia diagnostica.
Considerando un valore di t-PSA >4.0 ng/ml come indicazione ad una Bx il costo globale di t-PSA + biopsia
x100000 casi risulta 87 480 000€. Questo valore si riduce del 48.3% se si utilizza la PSA-ratio con un
cutoff 4.0 ng/ml e valori di f/tPSA tra 11% e 14.5% comporta una riduzione dei costi del 36.4%. In questo
sottogruppo di pazienti l’ utilizzo del KLK3 consente una migliore selezione dei candidati alla Bx riducendo le
biopsie negative dal 45.8% al 39.3% con una potenziale riduzione di 12200 Bx x 100000 casi.
Conclusioni
Nella nostra esperienza l’identificazione di un sottogruppo di pazienti idonei al dosaggio del KLK3 (14%
del totale) consente l’ introduzione di un test genetico che, nonostante i costi unitari elevati, fornisce utili
informazioni cliniche migliorando l’ efficacia di t-PSA e f/t-PSA riducendo i costi globali
252
Scopo del lavoro
Spondin 2 appartiene alla famiglia delle F-Spondin, una classe di proteine della matrice extracellulare che
risultano deregolate in alcuni tumori. In questo studio prospettico, abbiamo valutato il ruolo di Spondin 2
come marcatore diagnostico per il carcinoma prostatico (CaP), ed abbiamo studiato l’associazione tra i livelli
sierici di questa proteina e le caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti con CaP. Inoltre è stata eseguita
un’analisi comparativa sulla differente performance diagnostica di Spondin 2 rispetto ad altri tre marcatori:
PSA totale,PSA libero e sarcosina sierica.
Materiali e metodi
Spondin 2 è stata dosata mediante metodica “sandwich-ELISA” nel siero di 354 pazienti sottoposti a biopsia
prostatica per sospetta neoplasia (n=286 pazienti con diagnosi di CaP; n=68 soggetti con biopsia negativa
per tumore). Inoltre al fine di studiare l’espressione e la localizzazione tissutale di Spondin 2, è stata
eseguita un’analisi immunoistochimica su campioni di tessuto sano e patologico con differente Gleason
score. L’analisi statistica è stata condotta con l’utilizzo di test non parametrici e mediante la costruzione di
curve ROC (receiver operating characteristics).
Risultati
I livelli mediani di Spondin 2 sono risultati significativamente più elevati nella popolazione affetta da CaP
rispetto ai controlli sani (77.5 versus 23.6 ng/ml; p< 7) presentavano livelli più elevati di questo marcatore
rispetto ai soggetti con tumore di alto grado. Tali risultati sono confermati dal test di Spearman che
evidenziava una correlazione negativa tra i livelli di Spondin 2 e il Gleason score (rs=-0.29;p=0.0005)
e dall’analisi immunoistochimica. Alla regressione logistica, considerando l’età, il PSA totale e libero,
la sarcosina sierica, Spondin 2, il volume prostatico e l’esplorazione rettale sospetta come variabili
indipendenti, le uniche variabili presenti nel modello finale sono risultate essere Spondin 2 (O.R.=1.15;95%
CI:1.08-1.22;p=0.0001) e PSA libero (O.R.=0.86;95% CI:0.80-0.93;p=0.0001).
Discussione
In questo studio prospettico è stato valutato il ruolo diagnostico di Spondin 2 in una popolazione di pazienti
a rischio per carcinoma prostatico e sottoposti a biopsia. I livelli sierici di Spondin 2 risultano essere
significativamente più elevati nei pazienti affetti da CaP rispetto ai soggetti sani. Inoltre i livelli di questo
marcatore non presentano alcuna correlazione con l’età o con il volume prostatico.
Conclusioni
Spondin 2 rappresenta un nuovo biomarker per il carcinoma prostatico. Inoltre presenta una maggiore
performance diagnostica rispetto al PSA totale, PSA libero e alla sarcosina sierica e tale maggiore
accuratezza è conservata anche in una sottopopolazione di pazienti con valori normali di PSA.
253
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86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
IL CARCINOMA DELLA PROSTATA CON DIFFERENZIAZIONE NEUROENDOCRINA: RISULTATI DI
UNA CONSENSUS ITALIANA
INDICATION AND EXTENSION OF PELVIC LYMPH NODE DISSECTION DURING ROBOT-ASSISTED
RADICAL PROSTATECTOMY. AN ANALYSIS OF 5 INSTITUTIONS.
A. SCIARRA, A. BERUTTI, C. TERRONE, M. PAPOTTI, V. VAVASSORI (Roma)
S. Nazareno, A. Haese, V. Ficarra, A. Govorov, N. Buffi, A. Cestari, J. Walz, B. Rocco, T. Steuber, M.
Borghesi, A. Mottrie, G. Guazzoni, D. Pushkar, H. Van Der Poel, F. Montorsi, A. Briganti (Milan)
Scopo del lavoro
Raccogliere le opinioni di oncologi (O), urologi (U) e radioterapisti (R) relativamente ad alcune caratteristiche
del carcinoma prostatico resistente alla castrazione (CRPC) e alla sua differenziazione neuroendocrina.
Materiali e metodi
Gli autori hanno sviluppato, secondo metodo Delfi, 19 statement da sottoporre ad un panel di specialisti
che hanno espresso opinione, anonimamente, secondo una scala da 1= massimo disaccordo a 5=massimo
accordo. Consensus positiva è stata definita quando le opinioni 3+4+5 erano > 66%; consensus negativa è
stata dichiarata quando le opinioni 1+ 2 > 66%.
Risultati
Gli specialisti sono concordi nel considerare il CRPC come un gruppo eterogeneo di neoplasie da
diversificare secondo caratteristiche prognostiche come progressione sierologica e distinzione fra casi
metastatici sintomatici e non. Tendenza concorde, senza agreement, sulla necessità di trattare questi
pazienti con sequenza terapeutica (ormonoterapia, chemioterapia) in base alla prognosi. Pareri in parte
concordanti relativamente all’uso della cromogranina A (CgA) sierica, come possibile marcatore di una
differenziazione e progressione neuroendocrina del tumore. Gli specialisti sono concordi sulla non utilità
della CgA sierica in prima diagnosi e in caso di prolungato utilizzo della terapia di deprivazione androgenica.
Incertezza espressa riguardo al suo impiego a scopo prognostico. Agreement è stato espresso per un
possibile ruolo della CgA sierica nella decisione di cambiamento della terapia. Parziale agreement nel
riconoscere che elevati livelli di CgA sono indice di malattia aggressiva e resistente all’ormonoterapia e
di sensibilità agli analoghi della somatostatina. Consenso positivo fra tutti gli specialisti nell’indicare gli
analoghi della somatostatina come una possibile terapia per i pazienti con CRPC e CgA sierica elevata o
octreoscan positivo. Meno definito, ma con tendenza positiva, è il consenso nell’uso degli analoghi della
somatostatina in pazienti con carcinoma prostatico ancora androgeno sensibile ma con elevati livelli di CgA
sierica.
Discussione
In generale gli specialisti sono risultati concordi, ma non sempre con un totale consenso, relativamente agli
aspetti relativi alla CgA sierica e possibili strategie terapeutiche nel CRPC. La CgA non viene considerata
come un marcatore utile in prima diagnosi o in corso di prolungate terapie di deprivazione androgenica,
tuttavia può fornire indicazioni sulla necessità di modificare la terapia medica di questi pazienti. In particolare
il marcatore non viene associato alla necessità di iniziare una chemioterapia ma alla possibilità di associare
od utilizzare un analogo della somatostatina.
Aim of the study
Several reports have shown that patients (pts) submitted to robotic-assisted radical prostatectomy (RARP)
have a lower chance to undergo lymph node dissection (LND), irrespective of the characteristics of the
disease. We evaluated rate and extension of LND in pts submitted to RARP
Materials and methods
We collected data of pts submitted to RARP in 5 institutions with complete pre-operative and pathological
information regarding the occurrence of LND and the number of lymph nodes. Pts were stratified according
to pre-operative risk group: : low (PSA < 10 ng/ml, clinical stage T1c and Gleason score 6 or less), high
(PSA >20 ng/ml, clinical stage T3 or Gleason score 8-10) and intermediate (all the remaining). ANOVA
and Chi-square analyses evaluated the rate and the extent of LND acrossdifferent institutions for each risk
group of pts. Logistic regression analyses targeted the multivariable association between number of nodes
removed and presence on nodal metastases.
Results
Complete data were available for 2985 pts from 5 institutions. Mean and median PSA value at diagnosis
was 9.18 and 7.0 ng/ml, respectively. Clinical stage was T1, T2 and T3 in 60.8, 35.1 and 4.0% of pts,
respectively. Biopsy Gleason sum was 2-6, 7 and 8-10 in 58.4, 32.9 and 8.8% of pts, respectively. Risk
groups: low: 31.6%, intermediate: 52.4%, high: 16.0%. Overall, a LND was performed in 1777 pts (59.7%;
34.5% of low-risk, 65.0% of intermediate risk and 91.2% of high risk pts). These rates were different across
institutions: 5.0-41.4% in low-risk (p<0.001).
Discussion
The rate of LND in RARP pts varies among institutions in low and intermediate risk pts.
Conclusions
In high risk pts, the attention to LND in similar in all the considered institutions. An effort towards a more
rigorous standardization of LND is advocated
Conclusioni
L’utilizzo degli analoghi della somatostatina è maggiormente sostenuto da U e R rispetto agli O che
esprimono parere positivo per pazienti CRPC e CgA sierica od octreoscan positivo e parere negativo nei
pazienti con tumore ancora androgeno sensibile ma con CgA sierica elevata.
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PROSTATECTOMIA RADICALE ASSOCIATA A RADIOTERAPIA INTRAOPERATORIA (IORT) PER IL
TUMORE PROSTATICO (PCA) AD ALTO RISCHIO: RISULTATI DI UNA SERIE PROSPETTICA A 7 ANNI
G. MARCHIORO, M. KRENGLI, A. MAURIZI, A. DI DOMENICO, P. DE ANGELIS, G. BONDONNO, F.
REGIS, A. VOLPE, R. TARABUZZI, S. ZARAMELLA, D. BELDI’, G. APICELLA, B. FREA, C. TERRONE
(Novara)
Scopo del lavoro
La IORT è una tecnica in grado di fornire alte dosi di radiazioni durante il trattamento chirurgico. Riportiamo i
nostri risultati funzionali ed oncologici, la morbilità e la tossicità per il PCa ad alto rischio.
Materiali e metodi
Dal 2005, 85 pazienti (pz) con PCa sono stati sottoposti a prostatectomia radicale (RP) e IORT, di questi,
80 pz presentano un follow-up (FU) di almeno 12 mesi. Criteri di inclusione: età ≤ 75 anni, stadio clinico
T3-T4, N0-1, M0, probabilità di malattia extracapsulare >25% (Kattan di nomogrammi), nessuna malattia
infiammatoria intestinale. Durante l’intervento chirurgico la prostata viene esposta dopo dissezione di
fascia endopelvica e dei legamenti pubo-prostatico. Si misura ecograficamente la distanza tra prostata e
retto utilizzando un collimatore dell’acceleratore lineare (Mobetron, Intraop, California, USA) con diametro
medio di 5,5 cm (range 4,5-7) e un angolo di 15-30 °. Si procede quindi alla fase di irradiazione con
somministrazione di 10-12 Gy con 9-12 MeV, prescritta alla isodose del 90%. Il volume trattato comprende
prostata, vescicole seminali e area periprostatica. Si completa quindi la RP con linfadenectomia estesa. La
RT post operatoria è stata somministrata a 3 mesi per 65 pz con Box Tecnique (Foton X 6-15 MV) e dose di
50 Gy, 2 Gy / giorno. La terapia ormonale (HT) è stato prescritta nei pazienti N1 e con stadio patologico pT3
e pT4. L’analisi della sopravvivenza è stata condotta con il metodo di Kaplan-Meier.
Risultati
Follow-up medio: 48,3 mesi (12-88); età media: 67 anni (52-75); valore di PSA mediano 18,1 ng / ml (IQR
7.6-33.1, min-max 2.0-67.5). Il valore del Gleason Score bioptico è stato ≥ 8 nel 70% dei pz; lo stadio clinico
≥ T3 nel 76% dei pz. Il 12% dei pz ha ricevuto HT neoadiuvante. Stadio patologico: T2 31%; T3a 19%; T3b
46%; T4 5%. Linfonodi positivi sono stati riscontrati in 19 pz (27,1%) e margini chirurgici positivi (PSM) in
46 pz (57,5%). Abbiamo osservato complicanze chirurgiche in 15 pz (19%): 7 linfoceli (8%), 3 ematomi
pelvici (3%), 3 stenosi dell’anastomosi (4%), 1 fistola urinosa (1,2%). La degenza media è stata di 5 giorni
(4-8). Hanno concluso il trattamento con un FU di 12 mesi e con tossicità rettale e urinaria bassa (G0-G3)
(tabella 1), 55 pz. All’ultimo FU 74 pz sono vivi, 6 pz deceduti, di cui 2 per causa non cancro-specifica. La
sopravvivenza cancro specifica è del 90% a 10 anni.
Discussione
I principali limiti dello studio sono rappresentati dall’utilizzo di HT neoadiuvante e dal breve FU per valutare i
risultati oncologici.
Conclusioni
La IORT in corso di RP, rappresenta una procedura sicura, con tempi operatori accettabili, bassa
percentuale di
complicanze e tossicità.
Sono necessari casistica
e FU maggiori per
confermare i risultati
oncologici e valutare la
tossicità a lungo termine.
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86° Congresso Nazionale SIU
ASSOCIATION BETWEEN TIME TO BIOCHEMICAL RECURRENCE AND CANCER SPECIFIC AND
OTHER CAUSE MORTALITY IN MEN WITH HIGH RISK PROSTATE CANCER TREATED WITH
RADICAL PROSTATECTOMY WITHOUT ADJUVANT TREATMENTS. A MULTI-INSTITUTIONAL
ANALYSIS
D. Di Trapani, M. Bianchi, J. Karnes, S. Joniau, M. Spahn, P. Gontero, F. Chun, J. Hansen, G. Marchioro,
F. Abdollah, B. Tombal, U. Capitanio, P. Bastian, H. Van Der Poel, H. Van Poppel, R. Sanchez-Sala, F.
Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
Time to biochemical recurrence (BCR) represents a significant predictor of mortality after radical
prostatectomy (RP). However, the exact patterns of recurrences associated with higher risk of dying from
either prostate cancer (PCa) or other causes are unknown
Materials and methods
We evaluated data of 5878 patients treated with RP at 13 tertiary care centers for high risk PCa defined
according to the NCCN criteria (PSA>20 ng/ml or cT3 or higher or biopsy Gleason sum 8-10). Only patients
who experienced BCR after RP and did not receive any adjuvant therapy were included. This resulted in a
cohort of 1858 (31.6%) men. We estimated the CSM and OCM free survival probabilities using the KaplanMeier method. Relying on cumulative survival estimates, conditional CSM and OCM rates were derived
according to time of BCR after RP. Finally, multivariable (MVA) Cox regression analyses were performed
for prediction of cancer specific (CSM) and other cause mortality (OCM) after accouting for confounders
including time to BCR
Results
Overall, 707 (54%), 160 (12.4%), 144 (11.2%), and 277 (21.5%) patients experienced BCR during the first 2
years, in the 3rd, 4th, and after the 4th year post-RP, respectively. Mean follow up time after BCR was 102
months (median 92 months). Overall, 179 (13.9%) and 246 (19.1%) patients succumbed to CSM and OCM,
respectively. After patient stratification according to time of BCR, men who experienced early BCR (within
the first 2 years) were more likely to succumb to CSM compared to patients who experienced delayed BCR
(p≤0.001). Amongst individuals who experienced BCR within the first 2 years, during the 3rd year, and
during the 4th year after RP, the probability to survive free from CSM for additional five years significantly
increased, being 79.8%, 87.3%, and 89%, respectively. At MVA predicting CSM, patients who experienced
BCR during or after the 4th year were less likely to succumb to CSM (HR 0.55 and 0.68; all p≤0.04). When
OCM was the MVA endpoint, patients who experienced BCR after 4 years were significantly more likely to
experience OCM
Discussion
The probability of CSM and OCM of high risk PCa patients experiencing BCR is highly variable according to
the time to BCR.
Conclusions
While patients who develop BCR early after surgery are more likely to succumb to CSM, in men recurring
during or after the fourth year after RP, OCM represents the predominant cause of death. This should be
taken into account in patient selection for appropriate salvage therapy
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86° Congresso Nazionale SIU
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86° Congresso Nazionale SIU
CANCER SPECIFIC MORTALITY AFTER SYSTEMIC PROGRESSION IN HIGH RISK PROSTATE
CANCER PATIENTS TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY: NEED FOR PATIENT
STRATIFICATION.
SURVIVAL FOLLOWING BIOCHEMICAL RECURRENCE AFTER RADICAL PROSTATECTOMY AND
ADJUVANT RADIOTHERAPY: THE IMPACT OF COMPETING RISKS OF MORTALITY AND PATIENT
STRATIFICATION
M. Bianchi, S. Joniau, M. Spahn, P. Gontero, F. Chun, J. Hansen, U. Capitanio, G. Marchioro, B. Tombal, F.
Abdollah, P. Bastian, H. Van Der Poel, R. Sanchez-Salas, H. Van Poppel, J. Karnes, F. Montorsi, A. Briganti
(Milano)
G. Gandaglia, F. Abdollah, S. Boorjian, J. Karnes, A. Gallina, C. Cozzarini, N. Di Muzio, U. Capitanio, M.
Bianchi, N. Suardi, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milan)
Aim of the study
Several studies have shown that radical prostatectomy (RP) can achieve excellent survival outcomes in
men with high risk prostate cancer (PCa). However, a certain proportion of patients (pts) will recur after RP.
Although previous studies addressed the pattern of biochemical recurrence in this patient group, few data
exist on the association between systemic progression (SP) and death from PCa. To address this void, we
evaluated survival in men with SP according to pts characteristics
Materials and methods
We evaluated 5878 pts who underwent RP at 13 tertiary care centers for high risk PCa defined as the
presence of either PSA>20 ng/ml, cT3 or higher or biopsy Gleason score 8-10. Data on clinical progression
was available for 4888 (83.1%) pts. Only pts who experienced SP were included (n=171). We estimated
cancer specific survival (CSS) using the Kaplan-Meier method in the overall population and according to
the time from RP to SP. Analyses were repeated for pts with early SP (within 36 months after RP) after
stratification according to disease characteristics (nodal status [LNI], Gleason score [GS], and surgical
margins [SM] at RP). Uni- (UVA) and multivariable (MVA) Cox regression analyses predicted CSS.
Covariates consisted of age, pathological stage, SM status, and pathological GS
Results
Overall, 69 (40.4%) pts died from PCa. Mean time from SP to PCa death was 70 months (median 44).
Overall, 112 (65.5%), 66(38.6%), and 97 (57.7%) had positive SM, LNI, and GS 8-10 at RP, respectively.
The overall 3 and 5 years CSS rates were 55.0 and 36.8%. Roughly half of the pts (n=95; 55.6%) had SP
within the first 36 months after RP. In pts who experienced SP during the 1st, 2nd, and 3rd year after RP,
CSS rates at 5 years after SP were 19.0, 24.7, and 45.0%, respectively. Within pts with early SP, the 5 years
CSS rates were 54.0 and 19.2% in pts with negative and positive nodes at RP, respectively (p=0.006). The 5
year CSS rates were 51.8 vs. 24.8% for pts with GS ≤7 and GS ≥8, and 61.5 vs 30.7% for pts with negative
and positive SM, respectively (all p≥0.1). At MVA, LNI was the only significant predictor of CSS. Specifically,
LNI pts had a shorter CSS than pts with node negative disease (HR: 2.2; p = 0.003)
Discussion
Although SP can be considered a proxy of CSS, patients with SP after RP for high risk PCa present an
heterogenous patient group.
Conclusions
Early progression in men with LNI at RP is associated with worse survival rates (19% at 5 year after SP).
These patients should be considered candidate for clinical trials
258
Aim of the study
Data regarding the natural history of biochemical recurrence (BCR) after radical prostatectomy (RP) and
adjuvant radiotherapy (aRT) are limited. Such information would be valuable for patient counseling, since
not all men with BCR even after such a multimodal approach will ultimately die from prostate cancer (PCa).
To address this void, we evaluated cancer-specific (CSM) and other-cause mortality (OCM) in PCa patients
with BCR after RP and aRT.
Materials and methods
We identified 336 patients with BCR after RP plus aRT treated between 1990 and 2006 at two tertiary
care centers. Univariable and multivariable Cox regression analyses tested the association between
clinicopathologicvariables and CSM rates. Independent predictors of CSM were then used to develop
a novel risk score based on the cumulative number of risk factors. Patients were stratified into groups
according to risk score and age categories. Competing-risks survival analyses were used to estimate CSM
and OCM in each group.
Results
Median age at RP was 65.0 years (mean: 64.2, range: 43.0-77.0), while the median follow-up after surgery
and aRTwas 9.6 yearsTen-year CSM and OCM rates were 21.5 and 21.7%, respectively.On multivariable
analyses, only time to BCR ≤3 years after aRT, pathological Gleason score ≥8, and positive lymph node
count >2 at RP were independently associated with a higher CSM rate (all p ≤0.04). The cumulative number
of these characteristics was used to develop a novel risk score, which was 0, 1, and ≥2 in 37%, 44%, and
19% of patients. The corresponding 10-year CSM rate in these groups was 3%, 17% and 55%,respectively,
for patients aged ≤68 years, vs. 11%, 22% and 44% for patients aged >68 years. The corresponding 10year OCM rate was 20%, 15% and 6%, respectivelyfor patients aged ≤68 years vs. 32%, 29% and 22%,
respectively for patients aged >68 years.
Discussion
Patients with BCR after RRP and ART have a heterogeneous natural history. We identified time to BCR
≤3 years, pathological Gleason score ≥8, and positive lymph node count >2 as risk factors for CSM in this
cohort.
Conclusions
As such, these men may benefit from additional secondary therapies, ideally in a clinical trial setting, while
patients with none of these features are more likely to experience OCM than death from PCa.
259
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86° Congresso Nazionale SIU
PATTERNS OF BIOCHEMICAL RECURRENCE OF HIGH RISK PROSTATE CANCER TREATED BY
RADICAL PROSTATECTOMY ALONE. RESULTS OF CONDITIONAL SURVIVAL ANALYSES
N. Passoni, M. Bianchi, J. Karnes, S. Joniau, M. Spahn, P. Gontero, F. Chun, J. Hansen, G. Marchioro,
U. Capitanio, F. Abdolah, B. Tombal, P. Bastian, H. Van Der Poel, R. Sanchez-Salas, H. Van Poppel, F.
Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
In several malignancies, the risk of recurrence is often highest during the initial years of follow-up and
it decreases proportionally with increasing years without recurrence. This effect, otherwise known as
conditional survival (CS), has never been tested in the context of high risk prostate cancer (PCa). To
address this void, we evaluated the patterns of long-term biochemical recurrence (BCR) of high risk
PCa patients treated with radical prostatectomy (RP) according to the time from surgery without cancer
recurrence.
Materials and methods
The study included 2706 patients treated at 8 tertiary referral centers for high risk PCa defined according
to NCCN categories (PSA>20 ng/ml or cT3 or higher or biopsy Gleason score 8-10). BCR was defined
as a post-operative PSA > 0.2 ng/ml and raising. No patient received any adjuvant therapy. We estimated
BCR free survival using the Kaplan-Meier method. Cumulative survival estimates were used to generate
conditional BCR rates assessed at a 5-year interval. The same analyses were repeated according to
different PCa features. Finally, multivariable Cox regression analyses were performed for time specific
prediction of BCR according to the number of risk factors (namely 1 vs 2-3). Covariates consisted of patient
age and year of surgery.
Results
Overall, 1195 (44.2%) patients experienced BCR after RRP. The mean follow-up time was 111 months
(median 63 months). Overall, 5,8 and 10 year BCR free survival rates were 51.4, 42.5 and 38.5%,
respectively. Immediately following surgery, the 5-year BCR-free survival rate was 51.2%. Among individuals
who survived without BCR ≥1, ≥2, ≥3, ≥4, and ≥5 years following RRP, the probability to survive additional
five years without BCR was 58.7, 63.0, 67.3, 70.9, and 74.7%,respectively. Interestingly, conditional BCRfree rates continued to be lower in patients with more aggressive PCa. Specifically, patients with 1 risk factor
who remained BCR-free after 5 and 10 years from RP had a subsequent 5 BCR-free rate of 79 and 92%,
respectively vs. 73 and 82% in patients with 2-3 risk factors. These results were confirmed at multivariable
analyses, where patients with 2-3 risk factors had a 1.7-, 1.4-, and 1.3-fold higher BCR rate as compared to
patients with 1 risk factor, after 0, 5, and 10 postoperative BCR-free years (all p<0.001).
Discussion
These results should be taken into account when planning follow-up schedules of patients with high risk
PCa.
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86° Congresso Nazionale SIU
PREDICTORS OF EARLY BIOCHEMICAL RECURRENCE AFTER RADICAL PROSTATECTOMY AND
ADJUVANT RADIOTHERAPY IN MEN WITH PT3N0 PROSTATE CANCER. IMPLICATIONS FOR MULTIMODAL THERAPIES
P. Dell’Oglio, M. Bianchi, T. Wiegel, S. Joniau, F. Abdollah, M. Tutolo, C. Cozzarini, B. Tombal, K.
Haustermans, N. Di Muzio, H. Van Poppel, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
Not all men with biochemical recurrence (BCR) after radical prostatectomy (RP) and adjuvant radiotherapy
(aRT) will die from prostate cancer (PCa). Men who are more likely to experience clinical progression and
death from PCa are those who recur early after local treatment. The We aimed at evaluating predictors
of early BCR (eBCR) after RP and aRT. This analysis would help in identifying men in whom addition of
systemic treatment might be useful.
Materials and methods
The study included 390 patients who received RP and aRT for pT3N0 PCa at six tertiary care centers
between 1993 and 2006. Patients who were free of BCR but had a follow-up shorter than 2 years (n=14)
were excluded. This resulted in 374 assessable patients. All men had undetectable PSA after surgery (
Results
Overall, 100 patients (26.6%) experienced BCR after ART. Of these, 33 patients (33%) experienced BCR
within 24 months after aRT. Mean radiotherapy dose was 65.0 Gy (median 66.6 Gy, range 59-74 Gy).
Patients who experienced eBCR had higher pathological GS and tumor stage as compared to patients
without eBCR (GS 8-10: 29.0% vs. 10.2%; pT3b: 48.4% vs. 30.3%; all p≤0.01). Conversely, non statistically
significant differences were identified when surgical margins, pre-operative PSA values and radiotherapy
dose were compared (all p ≥0.1). At UVA Cox regression analyses, pathological Gleason score and tumor
stage were statistically significantly associated with eBCR after ART (all p ≤ 0.04). At MVA, only pathological
GS remained an independent predictor of eBCR after ART (p=0.005). Specifically, patients with pathological
Gleason score 8-10 had a 6.8-fold higher risk of experiencing eBCR as compared to patients with Gleason
score 6, respectively (all p=0.005).
Discussion
Pathological Gleason score 8-10 should be considered the most important predictor of eBCR after RP and
aRT in patients with pT3,N0 PCa.
Conclusions
In order to increase efficacy of combined treatments, use of adjuvant medical therapy might be indicated in
patients pT3N0 prostate cancer with pathological Gleason score 8-10.
Conclusions
Patients with aggressive tumor characteristics continue to have less favorable BCR rates even after a long
period without BCR post RP.
260
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86° Congresso Nazionale SIU
DEVELOPMENT AND INTERNAL VALIDATION OF A NOMOGRAM PREDICTING BIOCHEMICAL
RECURRENCE AFTER EARLY SALVAGE RADIOTHERAPY IN PROSTATE CANCER PATIENTS
TREATED WITH RADICAL PROSTATECTOMY
R. Matloob, M. Bianchi, S. Joniau, C. Cozzarini, B. Tombal, K. Haustermans, W. Hinkelbein, N. Di Muzio, N.
Suardi, H. Van Poppel, T. Wiegel, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Aim of the study
Previous studies have shown that the efficacy of salvage radiotherapy (SRT) in men with biochemical
recurrence (BCR) after radical prostatectomy (RP) is strongly related to PSA value at SRT. Contemporary
guidelines suggest that SRT,when indicated, should be given at a PSA≤0.5 ng/ml (early SRT - eSRT).
Such approach might be comparable in terms of cancer control to adjuvant RT while significantly reducing
the number of patients exposed to RT. However,there is no available model for the prediction of BCR after
eSRT. We developed and internally validated a model predicting BCR in patients treated with eSRT after RP
for PCa
Materials and methods
The study included 342 patients who received eSRT for BCR after RP at 6 European tertiary care centers
between 1993 and 2006. Early SRT was defined as a salvage treatment given at a PSA≤0.5 ng/ml.
All patients had pT3, pN0, +/- positive surgical margins (SM). BCR after RP and eSRT was defined as
two consecutive PSA values≥ 0.2 ng/mL. No patient received adjuvant hormonal therapy. Radiotherapy
consisted of a local radiation delivered to the prostate and seminal vesicle bed alone. Univariable (UVA) and
multivariable (MVA) Cox regression models predicting BCR after eSRT were fitted. Predictors consisted of
PSA at eSRT, time from RP to BCR, SM status, pT stage, radiotherapy dose and pathological Gleason score
(6 vs. 7 vs. 8 or more). Regression-based coefficients were then used to develop a nomogram predicting
BCR at 5 years after eSRT. The accuracy of the nomogram was quantified with the Harrel′s concordance
index and the calibration plot method. Two hundred bootstrap resamples were used for internal validation.
Results
Mean follow-up was 81 months (median 68 months). Mean RT dose was 68 Gy (median 66.6
Gy,range:60-75.6 Gy). BCR-free survival rates at 2, 5 and 8 years after eSRT were 78.4,61.5 and 56.8%,
respectively. At univariable Cox regression analyses, pathological Gleason sum, PSA at eSRT and SM
status were indipendent predictors of BCR after eSRT (all p ≤ 0.005). The results were confirmed at MVA
where all mentioned predictors, including PSA at eSRT, were significantly associated with BCR after eSRT
(all p ≤ 0.004). The coefficient-based nomogram demonstrated a bootstrap-corrected predictive accuracy of
74.7%.
Discussion
More than half of patients treated with eSRT for BCR after surgery had undetectable PSA at 5 years. We
report the first nomogram predicting BCR in these patients.
Conclusions
Our model might be used to assess the impact of eSRT according to each individual characteristics
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P254
86° Congresso Nazionale SIU
EFFICACY AND INDICATION OF HORMONAL TREATMENT FOR PATIENTS WITH PROSTATE
CANCER: AN ITALIAN CONSENSUS BY DELPHI METHODOLOGY
C. TERRONE, A. BERUTTI, M. PAPOTTI, A. SCIARRA, V. VAVASSORI (Novara)
Aim of the study
The androgen deprivation therapy (ADT) is a common treatment for prostate cancer (PC). However, some
controversies still exist on this issue. We adopted the Delphi method in order to investigate this topic with a
panel of Urologists, oncologists and radiation oncologists.
Materials and methods
The Advisory Board (the authors) developed 19 groups of statements that were presented to the panelists.
The topics under investigations were the following: 1) ADT in patients (pts.) with PC, 2) castration-resistant
PC (CRPC) definition and treatment variables, 3) CRPC management, 4) PC with neuroendocrine
phenotype. The first topic is the object of this report. A high number of participants (244) was involved: 210
participants completed the 1st statements-list and 123 completed the 2nd statements-list. Respondents
had to indicate the extent to which they agree or disagree with the items by marking one of the responses
ranging from “1=strongly disagree” to “5=strongly agree”. The disagreement consensus was declared when
>66% of answers were 1+2, whilst the agreement consensus was declared when >66% of answers were
3+4+5. If a consensus was not achieved, the question was deemed to have no agreement.
Results
All specialists agreed that a candidate for ADT is a pt. with M+PC or with locally advanced PC or with
biochemical relapse after primary treatment or with risk factors for PSA recurrence after primary treatment.
However an agreement consensus about the efficacy of ADT in high risk pts. was attained among the
radiation oncologists only. In pts. with M+PC, the panel did not achieve a consensus on the curative effect
of ADT but agreed that ADT is not only a palliative therapy since it is efficacious in delaying progression,
preventing complications and prolonging survival. There was an agreement consensus on reduction of both
the risk of progression and complications by immediate ADT. Urologists and Oncologists agreed that CAB
has a limited advantage compared to androgen suppression. There was no consensus about the use of
nonsteroidal antiandrogens monotherapy in pts. with M0PC. Following the current guidelines, Urologists
and Oncologists agreed that is recommended to continue ADT in CRPC pts. although the whole panel
concluded that is not clear the role of ADT in this setting. A consensus was achieved about the importance of
monitoring serum testosterone during ADT. Urologists and Oncologists agreed that the best cutoff to define
the castration level of testosterone is below 20 ng/dL.
Discussion
A consensus was achieved for 17 on 27 items (63%). Urologists generally agreed with oncologists and
radiations oncologists except for 7 and 4 items, respectively. The opinions of the panel substantially adhered
with the EAU guidelines on PC although several discordance existed.
Conclusions
The results of this study show that ADT for PC still have several controversial areas. All specialists
involved are often in agreement with each other but their views are not always consistent with international
guidelines.
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