Celeste Di Porto

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Celeste Di Porto
Delatrici
L’altra storia di Celeste Di Porto
E se la
Pantera Nera
non avesse mai
ruggito
davvero...?
La biografia spirituale di una
donna importante nella storia
di un movimento che ha
segnato la storia della Chiesa.
E, in mezzo, una delle pagine più nere
dell’occupazione nazista dell’Italia: la persecuzione degli
ebrei a Roma tra il 1943 e il 1944. Spesso a denunciare
i propri correligionari c’era un’altra donna, giovane,
prosperosa, sfacciata, assetata di vita e denaro: si chiamava
Celeste Di Porto. Oltre all’infamia, il destino le aveva
riservato una clamorosa conversione e una vita in silenzio
all’ombra di San Francesco e del movimento dei Focolari di
Chiara Lubich. Ora, nuovi documenti raccontano una storia
diversa di quella donna «maledetta»…
di Fabio Andriola
STORIA IN RETE
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Aprile 2013
Celeste Di Porto (1925-1981). Venne accusata di essere
una delatrice degli ebrei romani durante l’occupazione
nazista della capitale e le deportazioni (sullo sfondo)
C
i sono libri strani per contenuto
o per destino.
Quello che ha
scritto
Armando Droghetti è
quindi stranissimo perché lascia
stupiti sia per ciò che racconta sia per
lo scarso interesse che, nonostante
questo, lo accompagna dalla sua pubblicazione. Un’altra dose di stranezza
ce l’ha messa l’editore che ha evitato
di «pompare» mediaticamente questa
biografia di una donna «santa» che nasconde per oltre un terzo del volume la
vera storia di un’altra donna, inseguita
tutt’ora da una fama maledetta che –
stando al libro – sarebbe decisamente
immeritata. Le due donne al centro di
questo involontario ma non per questo
Aprile 2013
meno interessante esercizio di revisionismo storico hanno nomi e vite diversissime, destinate però ad incrociarsi in
un carcere. Il carcere è quello romano
di Regina Coeli, i mesi sono quelli della primavera 1946, mesi in cui l’Italia
uscita dalla guerra mondiale e presa a
fare i conti con il proprio passato recente si apprestava a girare una pagina importante: quella del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 che avrebbe
dato il «la» all’avventura repubblicana.
E ora presentiamo le due donne protagoniste del libro: la prima è anche
l’oggetto ufficiale dell’interesse dell’autore che è, non a caso, un «focolarino»
cioè un membro di quel movimento
ecclesiale di base sorto negli anni Quaranta per impulso di Chiara Lubich
(1920-2008) e che ha preso il nome di
«Movimento dei Focolari». «Focolari»
perché i primi nuclei si riunivano intorno a dei focolari domestici e quindi
in semplici case, dove poche persone
iniziavano – da laiche – un percorso di
fede e di carità che ben presto avrebbe
conquistato migliaia di persone in tutto
il mondo. Ebbene chi diede a Chiara Lubich e allo sparuto gruppetto delle sue
prime consorelle la casa dove iniziare
il proprio percorso spirituale? Si chiamava Elena Hoehn, una donna tedesca che da molti anni viveva a Roma e
che aveva avuto, fin dagli anni Trenta,
frequentazioni importanti. La Hoehn,
nata nel 1901 in Slesia, non era una
donna qualunque e la sua vita meritava davvero di essere raccontata e non
solo per il grande aiuto dato alla nascita dei «focolarini» e poi per il ruolo
dirigente che arrivò a svolgere negli
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