Introduzione al corso `InNova Musica` parte dalla costatazione che le

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Introduzione al corso `InNova Musica` parte dalla costatazione che le
Introduzione al corso
‘InNova Musica’ parte dalla costatazione che le musiche contemporanee e di frontiera
risultano quasi del tutto assenti nelle scuole, con ricadute poco significative nelle attività
musicali e performative realmente adottate per la pratica musicale. Gli ultimi dati ufficiali
del Miur (Rapporto scuola 2008, Studi e documenti degli Annali della Pubblica Istruzione,
123/2008), riferendosi ai generi musicali del segmento “fare musica”, riportano che solo il
2% della musica ‘praticata’ è rivolto alla musica elettronica e solo il 5% al jazz, a fronte del
30% per la classica, del 20% per la musica folkloristica e del 19% per quella popular. Le
attività collettive permanenti utilizzano la tecnologia elettronica solo per lo 0,8%. Le attività
svolte vengono documentate sul Web solo per l’8%, a fronte di un 82% dedicato al cartaceo
e alla stampa su cd. Dalla medesima indagine (2008) risulta che almeno nel 12% delle
scuole è presente un laboratorio; dal più recente rapporto 2010 (Musica e tecnologia nella
scuola italiana”, Annali della Pubblica Istruzione nn. 3-4/2010), risulta che di questo 12%
circa l’80% ha dato vita a esperienze di insegnamento della musica attraverso le tecnologie
digitali (su un totale di 989 istituzioni scolastiche).
Incrociando i dati, si può notare che, anche laddove siano presenti laboratori attrezzati per
l’uso di tenologie digitali musicali, l’effettiva utilizzazione di tali tecnologie per produrre
musiche elettroniche o riprodurre e documentare/divulgare quelle di repertorio è stato
davvero residuale: tra lo 0,8% e il 2%, nonostante il dato di una presenza documentata di
attrezzature e laboratori al 12%.
Ciò induce alla riflessione che se da un lato occorre aumentare la presenza dei laboratori di
TD, sia anche opportuno valorizzarne le potenzialità attraverso interventi di formazione
dedicati proprio alle musiche contemporanee elettroniche e di frontiera, offrendo nuovi
strumenti didattici e teorici utili a colmare il divario tra l’offerta e la produzione di tali
musiche (nonché incentivando la presenza di strumentazioni elettroniche). Oggi, peraltro,
tale divaricazione appare aumentata dall’estrema diffusione delle cosiddette ‘smart
technologies’ (cellulari e palmari iTouch), e dal loro utilizzo prevalente - rispetto ai
tradizionali mezzi di produzione e comunicazione - da parte dei ragazzi. Il rischio è di
assistere ad una vera e propria inversione del gap tecnologico tra docenti ed alunni,
lasciando questi ultimi privi di una guida ad un corretto uso dei nuovi straordinari media:
usi creativi, performativi, di fruizione e divulgazione. In questo contesto il termine
‘tecnologia’ andrà inteso secondo un’ampia accezione (foucaltiana): ‘tecnologia’ è strategia
d’uso che non individua solo lo strumento (ad esempio un iPhone, o un mixer digitale), ma
anche il retroterra culturale, l’atteggiamento teorico da assumere, il modo per enfatizzare
l’utilizzo di quello strumento a fini didattici. Un giovane in possesso di un terminale iTouch
potrà usarlo in tanti modi, esattamente come potrebbe fare con la tastiera di un pianoforte.
Una guida consapevole e formata agli usi ed alle strategie da adottare sarà pertanto ben più
che auspicabile per i docenti di Musica e strumento musicale calati nelle prassi vive della
scuola.
Il secondo aspetto rilevante di un intervento di formazione rivolto alle innovazioni riguarda
gli strumenti tradizionali. Non bisogna incorrere nell’erroneo approccio per il quale risulti
contemporaneo o innovativo solo ciò che ricorra a strumenti elettronici. L’assoluta
residualità nella proposta effettiva e performativa di musiche contemporanee, di frontiera e
jazz, ci suggerisce di affrontare il tema di come sia possibile e auspicabile aumentare questa
presenza nelle pratiche effettivamente svolte nelle scuole anche attraverso gli strumenti
convenzionali; per condurre/eseguire musiche di questo tipo non è indispensabile l’uso
dell’elettronica. In alcune pratiche di musica concettuale è possibile persino rivolgersi ad
oggetti d’uso comune, o almeno enfatizzare l’ascolto grazie ad ‘attraversamenti’ musicali
creativi. Non si entrerà ora nello specifico: basti pensare a mo’ d’esempio ad alcune
partiture concettuali di John Cage, Giuseppe Chiari, Walter Marchetti (per citare un’area
omogenea); alle pratiche dell’improvvisazione (con strumenti o anche soltanto attraverso la
ritmica) o alle cosiddette partiture ‘emozionali’; e, per l’ascolto, ad alcune pratiche derivanti
dalla musica ambient; alle ‘passeggiate sonore’; alle ‘sculture sonore’ (uso di pietre sonore),
etc. Si precisa che qui la parola ‘ascolto’ assumerà una valenza di ‘ascolto funzionale’, cioè
di un ascolto in cui l’alunno possa svolgere funzioni di comprensione/produzione attraverso
l’immaginazione generativa, ovvero attraverso l’attivazione di meccanismi di produzione e
generazione di immagini sonore, subito utilizzate nella concretezza del far musica.
Il terzo aspetto è metodologico: la presenza nel mondo reale di sollecitazioni sempre più
rapide e mutanti (si è parlato in passato di ‘musiche replicanti’), come ad esempio la rapidità
degli spot, o il continuo e rutilante passaggio/aggiornamento di numerose musiche di
consumo sugli iPod e lettori mp3 degli allievi, impone al docente di confrontarsi con un
adeguamento delle metodologie tradizionali di insegnamento anche per ciò che riguarda gli
strumenti e i repertori tradizionali. Questa esigenza dovrebbe spingere gli insegnanti di
musica e strumento a non ‘congelare’ quella tradizione, ma a salvaguardarla e a rivificarla
tenendo conto di ciò che accade nel mondo contemporaneo. Ciò si traduce, da un lato, nello
sguardo sul mondo della percezione: cosa sta cambiando nella nostra mente, ad esempio,
usando gli schermi di cellulari col solo tocco delle dita? come sta mutando la percezione
della forma musicale? cosa ci arriva oggi di una ‘grande forma’ della durata di quaranta
minuti, quando il nostro ascolto si è ormai ‘configurato’ sui due minuti della canzone o i
quaranta secondi dello spot? D’altra parte, sarà opportuno offrire degli esempi didattici di
nuove metodiche e, sempre a fini esemplari, di musiche di frontiera, senza per ciò stesso
tentare di farne sistema o esaustiva proposta panottica.