La funzione costituzionale dei giudici non statali

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La funzione costituzionale dei giudici non statali
SABINO CASSESE
La funzione costituzionale dei giudici non statali. Dallo spazio
giuridico globale all’ordine giuridico globale*
“Philosopher. What hope then is there of a constant Peace
in any Nation, or between one Nation, and another?
Lawyer. You are not to expect such a Peace between two
Nations, because there is no Common Power in this World
to punish their Injustice [….] Peace at home may [….] be
expected durable, when the common people shall be made
to see the benefit they shall receive by their Obedience and
Adhaesion to their Soveraign”.
T. Hobbes, A Dialogue between a Philosopher and a
Student, of the Common Laws of England (1681), Oxford,
Clarendon Press, 2005, p. 12.
*Testo della relazione tenuta – in versione francese – presso la Corte di Cassazione
francese, nell’ambito del ciclo di conferenze sul diritto europeo organizzate in
occasione del cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma, Parigi, 11 giugno
2007.
Ringrazio le dottoresse Elisa D’Alterio e Chiara Mari per l’aiuto fornito nella ricerca
della giurisprudenza e per i commenti a una prima versione di questo scritto, nonché
le dottoresse Irene Ambrosi, Mariangela Benedetti e il professore Bernardo Giorgio
Mattarella per i commenti.
1
Sommario
1.
Giudice comunitario e “raison d’Etat”
2.
Ordinamenti giuridici nazionali e spazio giuridico globale
3. Ruolo dei giudici nello spazio giuridico globale
4. Importanza della formazione per via giudiziaria di un ordine
giuridico globale
5. Una gerarchia tra ordinamenti?
6.
Un ordine unitario?
7. Un mondo ordinato dai giudici?
8. Dalla piramide, al tempio, alla rete
2
1. Giudice comunitario e “raison d’Etat”
Van Parys NV, una società belga, aveva importato banane
dall’Ecuador nella Comunità europea per più di venti anni. Nel
1998 e nel 1999 chiese al Belgisch Interventie-en Restitutiebureau
(BIRB) l’autorizzazione ad importare banane, che le fu concessa,
ma per un ammontare ridotto.
Propose quindi due ricorsi al Consiglio di Stato avverso le
decisioni che le rifiutavano titoli d’importazione per i quantitativi
complessivamente richiesti. Osservò che i regolamenti comunitari
sui quali si fondavano le autorizzazioni erano in contrasto con le
norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). In
effetti, l’organo giudiziario della Organizzazione Mondiale del
Commercio (“Dispute Settlement Body” - DSB) aveva accertato
nel 1997 e nel 1999 che i regolamenti comunitari in questione
erano incompatibili con le norme dell’Organizzazione. Il
Consiglio di Stato belga sospese il giudizio e sottopose alla Corte
di Giustizia delle Comunità europee la questione pregiudiziale
3
(verifica della validità dei regolamenti rispetto agli accordi
GATT).
La Corte di Giustizia stabilì1 che, prima di procedere alla
verifica, doveva accertare “se gli accordi OMC possano essere
utilmente invocati dai soggetti dell’ordinamento comunitario per
contestare la validità di una normativa comunitaria nell’ipotesi in
cui il DSB abbia dichiarato l’incompatibilità con le norme
dell’OMC” dei regolamenti comunitari (Par. 38). A questa
questione la Corte dette una risposta negativa: “un operatore
economico, in un caso come quello di specie, non può invocare
dinanzi a un giudice di uno Stato membro l’incompatibilità di una
normativa comunitaria con talune regole dell’OMC, quando tale
incompatibilità è stata dichiarata dal DSB” (Par. 54).
La motivazione di questa conclusione fu la seguente: il
sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC riserva un
ruolo importante ai negoziati tra le parti; “pertanto, imporre agli
1
C-377/02 del 1 marzo 2005 Van Parys NV v. Belgish Interventie-en Restitutiebureau (BIRB) (2005). Si vedano anche
tre precedenti decisioni: C-149/96 Portugal v. Council (1999); C-377/98 Netherlands v. Parliament and Council
(2001); C-93/02P Biret International v. Council (2003).
4
organi giurisdizionali l’obbligo di disapplicare norme di diritto
interno che siano incompatibili con gli accordi OMC avrebbe la
conseguenza di privare gli organi legislativi o esecutivi delle parti
contraenti della possibilità […] di trovare, sia pure a titolo
provvisorio, soluzioni negoziate” (Par. 48); inoltre, “ammettere
che il compito di assicurare la conformità del diritto comunitario
alle
norme
dell’OMC
incombe
direttamente
al
giudice
comunitario equivarrebbe a privare gli organi legislativi o
esecutivi della Comunità del margine di manovra di cui
dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali della
Comunità. È pacifico che alcune parti contraenti, fra cui le
controparti più importanti della Comunità da un punto di vista
commerciale, hanno appunto tratto, alla luce dell’oggetto e dello
scopo degli accordi OMC, la conseguenza che questi ultimi non
figurano tra le norme alla luce delle quali i loro organi
giurisdizionali controllano la legittimità del loro diritto interno.
Una tale assenza di reciprocità, se la si ammettesse, rischierebbe di
5
condurre
a
uno
squilibrio
nell’applicazione
delle
norme
dell’OMC” (Par. 53).
Questa vicenda è istruttiva. In primo luogo, la corte
comunitaria afferma la superiorità del diritto globale (del
commercio
internazionale)
su
quello
sopranazionale
(comunitario), ma a condizione di reciprocità tra gli ordini legali
domestici. Quindi, collega le relazioni verticali tra OMC e Unione
europea a quelle orizzontali tra gli Stati. Se tutti gli Stati (o
organizzazioni sovranazionali) membri dell’OMC consentissero ai
loro organi giurisdizionali di controllare la legittimità del loro
diritto interno alla luce del diritto globale, la Corte di Giustizia
potrebbe verificare la conformità del regolamento comunitario
(già riconosciuto illegittimo dal DSB) con le regole dell’OMC.
L’equivalenza o reciprocità – che costituisce la dimensione
orizzontale – è importante quanto la dimensione gerarchica,
verticale.
6
In secondo luogo, considerato che nel diritto globale è
riconosciuta la negoziazione, questa viene per prima, il controllo
giudiziario può intervenire, ma solo a condizione di reciprocità,
quando è consentito in tutti gli Stati. Di conseguenza, l’Unione
europea, nonostante che – secondo la giurisprudenza della Corte di
Giustizia – sia una comunità di diritto, non consente la verifica
giudiziaria della conformità delle sue norme a quelle globali (di
cui pure ammette la superiorità).
Questa decisione solleva un problema. La Corte di Giustizia,
chiamata a fare una verifica della conformità di un diritto
“inferiore”, quello comunitario, a un diritto “superiore”, quello
globale, doveva svolgere il ruolo di regolatore dei rapporti tra due
ordini giuridici. Ma ha pensato di non farlo, in difesa di una
“raison d’Etat” comunitaria, per non indebolire la forza negoziale
dell’Unione rispetto agli altri Stati. Ha tuttavia riconosciuto la
superiorità del diritto globale e la necessità del diritto europeo di
7
conformarvisi. Avrebbe potuto andare oltre e svolgere il proprio
ruolo fino in fondo.
Questo caso illustra il ruolo costituzionale che i giudici sono
chiamati a svolgere nell’arena globale. Qui essi sono chiamati a
un duplice compito: definire (verticalmente) i rapporti tra i diversi
ordini giuridici e integrare (orizzontalmente) i diversi sistemi
regolatori settoriali.
In questo scritto mi propongo di esaminare questo problema.
L’analisi è divisa in tre parti. Nella prima esamino la questione nei
suoi termini generali, comparando la situazione interna agli Stati
con quella esterna. Nella seconda parte passo in rassegna gli
apporti delle Corti, nella dimensione europea e in quella globale.
Nella terza traccio le conclusioni che si evincono dall’analisi circa
il ruolo svolto dai giudici nella trasformazione dello spazio
giuridico globale in un ordine giuridico globale.
8
2. Ordinamenti giuridici nazionali e spazio giuridico
globale
Gli ordinamenti statali dispongono di due strumenti di
regolazione dei loro rapporti con altri ordinamenti e dell’ordine
interno delle norme, che sono assenti nello spazio giuridico
ultrastatale.
In primo luogo, gli ordinamenti nazionali sono fondati su
costituzioni. Queste sono investite di un compito sovrano, in
quanto operano da interfaccia tra ordinamento nazionale e altri
ordinamenti
giuridici2.
Ad
esempio,
l’articolo
10
della
Costituzione italiana dispone che “l’ordinamento giuridico italiano
si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute” e l’articolo 11 dispone che “l’Italia […] consente, in
condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra
le Nazioni […]”. Queste norme, di rango superiore, operano come
2
T. Ginsburg, Locking in Democracy: Constitutions, Commitment and International Law, University of Illinois College
of Law, Law and Economics Working Papers, 2006, n. 55.
9
cerniera e come filtro per regolare i rapporti tra ordinamento
italiano e ordinamenti sopranazionali e internazionali.
In secondo luogo, gli ordinamenti nazionali sono organizzati
secondo i principi di unità, di gerarchia e di competenza, non
ammettono lacune e ricorrono a proprie regole di completamento
(ad esempio, secondo l’articolo 12 delle “disposizioni sulla legge
in generale”, in Italia, “se una controversia non può essere decisa
con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che
regolano casi simili o materie analoghe, se il caso rimane ancora
dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento
giuridico dello Stato”).
Ciò vuol dire che ogni ente od organo che fa parte di un
ordinamento nazionale ha una precisa collocazione e un ambito
materiale di attività riconosciuto, per cui c’è una divisione del
lavoro in relazione ai compiti e una prevalenza in relazione ai
poteri.
10
Inoltre, sono determinati i modi in cui, in ogni ordinamento
nazionale, i principi si trasferiscono da un settore all’altro e si
procede al completamento, in assenza di disposizioni normative
espresse regolanti un caso specifico.
Nello spazio giuridico ultrastatale, gli enti sopranazionali e
gli organismi globali non dispongono di atti solenni (costituzioni),
diretti a regolare i rapporti con altri ordinamenti. D’altro lato,
nello spazio giuridico globale non vi è un tessuto connettivo atto a
stabilire l’area della competenza di ciascun ente od organismo, né
una precisa gerarchia tra di essi, né legami reciproci, nè, infine, un
sistema di completamento atto a evitare le lacune.
La costituzione (in senso formale) è l’atto espressivo par
excellence della sovranità. Questa viene riconosciuta agli Stati,
non agli ordinamenti ultrastatali. Quando si parla di international
constitutionalism, ci si riferisce alla costituzione in senso
materiale, o nel senso di rapporti di fatto o convenzionali (quindi
nel senso inglese del termine).
11
Lo spazio giuridico globale, poi, è affollatissimo di
regulatory regimes settoriali, senza, però, che tra questi vi siano
né una definita ripartizione di competenze, né una precisa scala
gerarchica3. Ad esempio, della tutela dei diritti umani si
interessano sia organismi specializzati in determinati settori (ad
esempio, l’Organizzazione internazionale del lavoro, l’UNESCO),
sia organismi ad hoc (ad esempio, l’Alto Commissario per di
diritti umani, organo dell’ONU, o la Corte europea dei diritti
dell’uomo, organo del Consiglio di Europa), sia altri organismi, in
virtù dei linkages che si stabiliscono, ad esempio, tra commercio e
diritti umani. Quando si vogliono stabilire criteri di prevalenza di
un regime sull’altro, nello spazio giuridico globale, occorre
definirli ad hoc, su base cooperativa, mediante accordi raggiunti
dopo
negoziazioni.
Questi
accordi
valgono
per
il
caso
specificamente regolato, non assumono un valore ulteriore.
Mancano regole generali che, stabilita la prevalenza tra interessi o
3
La spiegazione è semplice: è più agevole riuscire a ottenere un coordinamento transnazionale su base settoriale, così
superando le resistenze degli Stati.
12
tra enti che li curino mediante scale gerarchiche, valgano per tutti i
casi.
Lo spazio giuridico globale, poi, è cloisonné, nel senso di
essere composto di sistemi, in principio, poco permeabili, tra i
quali non vi è comunicazione o trasporto di regole o principi, né vi
è un metodo per colmare le lacune, perché mancano le
“passerelle” che potrebbero consentire il ricorso all’analogia e la
formazione di principi comuni. Ad esempio, se in uno di questi
sistemi è garantito il diritto di difesa o di partecipazione nel corso
del procedimento amministrativo, questo principio non si applica
immediatamente anche negli altri sistemi, perché questi non fanno
parte di un unico ordinamento, nel quale valgano principi generali
comuni, o nel quale principi propri di un settore possano essere
applicati per analogia in altri settori.
Infine, mancando un “regolatore” superiore, nello spazio
giuridico globale è persino incerta l’attribuzione di una
controversia ad uno o ad altro regime regolatorio. Ad esempio, un
13
caso riguardante il trasporto per nave di sostanze pericolose
potrebbe essere definito come un problema attinente al
commercio, oppure al trasporto marittimo, oppure alla tutela
dell’ambiente, oppure al diritto del mare, ed essere sottoposto a
regolamentazioni diverse a seconda dei modi di classificazione4.
Insomma, lo spazio giuridico globale non è costituito da una
“anarchical society” (per riprendere un’espressione di Hedley
Bull)5 e non è un “free floating melange of legal organizations”6,
perché non è composto da “self-contained regimes”7 frammentati
e separati8. Ma non può neppure essere considerato un “global
legal regime”9, perché è costituito da un aggregato di sistemi
regolatori speciali, tra i quali non c’è il vuoto, ma manca il
requisito dell’unità, vi è contiguità, non continuità, il diritto
generale ed unificante ha un basso tasso di densità, il
4
L’esempio è fatto da M Koskenniemi, The Fate of Public International Law: Between Technique and Politics, in The
Modern Law Review, vol. 70, January 2007, no. 1, p. 8.
5
H. Bull, The Anarchical Society – A Study of Order in World Politics, Oxford 1977 (seconda ed., New York, 1999).
Vedi anche M. Koskenniemi, Global Legal Pluralism: Multiple Regimes and Multiple Modes of Thought, paper
presentato ad Harvard. 5 March 2005, p. 4.
6
R. Post, The Challenge of Globalization to American Public Law Scholarship, in “Theoretical Inquiries in Law”, Vol.
2, n. 1, January 2001, p.8.
7
A. Lindroos and M. Mehling, Dispelling the Chimera of “Self-Contained Regimes” International Law and the WTO,
in “European Journal of International Law”, Vol. 16, n. 5, 2005, p. 857 ss.
8
International Law Commission, Fragmentation of International Law: Difficulties Arising From the Diversification
and Expansion of International Law, UN General Assemply, A/CN.4/L.682 13 April 2006.
9
C. H. Koch, Judicial Review and Global Federalism, in “Administrative Law Review”, vol. 54, 2002, p. 491 e p. 494.
14
coordinamento non è imposto dall’alto, ma è stabilito dagli stessi
corpi che vi operano. Il diritto globale, insomma, proprio perché
“without any author”10, costituisce un esempio estremo di “legal
pluralism”11
3. Ruolo dei giudici nello spazio giuridico globale
Per rimediare all’assenza di questi strumenti di raccordo con
altri ordinamenti o di definizione dell’ordine interno delle norme,
nello spazio giuridico globale i soggetti, siano essi organizzazioni
globali, o organismi sopranazionali, o anche Stati, provvedono, di
regola, con lo strumento tipico del diritto internazionale, la
negoziazione e l’accordo.
Tuttavia, con il recente sviluppo dei giudici non statali (ora in
numero superiore a cento12), si nota un fenomeno nuovo: le corti
divengono i regolatori dei rapporti tra i diversi livelli di governo
10
R. Post, op. cit., p. 7. L’unità di un sistema legale presuppone una singola volontà costituente, coerente e non
contraddittoria: C. W. Hermann, Much Ado about Pluto? The ‘Unity of the Legal Order of the European Union’
revisited, EUI Working Papers, RSCAS 2007/05, p. 20.
11
M. Koskenniemi, op. cit., p. 14 ss.
12
In realtà, in numero molto superiore, se si includono anche i molti organi non statali a carattere quasi giurisdizionale o
con funzioni in parte amministrative, in parte giurisdizionali.
15
(in senso verticale) e i produttori delle norme che riempiono gli
“spazi vuoti” tra i diversi regulatory regimes ultrastatali (in senso
orizzontale). Di qui la domanda alla quale questo scritto intende
dare una risposta: può dirsi che le corti contribuiscano a creare il
tessuto normativo comune in grado di supplire all’assenza di un
diritto globale generale, divenendo, così, uno degli attori principali
dello sviluppo del diritto globale?13
Lo scopo di questo scritto è quello, dunque, di esaminare i
sistemi giuridici ultrastatali (regionali e globali) come ordini
giuridici separati, che si auto-regolano attraverso le corti.
Le domande principali alle quali si vuole dare risposta sono:
a. come svolgono questa funzione le corti?
b.
quali risultati conseguono alla assunzione di questa funzione
da parte delle corti?
13
Un problema diverso, ma connesso, è esaminato da A.-M. Slaughter, A Global Community of Courts, in Harvard
International Law Journal, vol. 44, Winter 2003, p. 191; questa considera i legami che si stabiliscono tra alte corti
nazionali.
16
La questione che, in particolare, interessa è la seguente: nello
svolgere le funzioni indicate, le corti consentono lo sviluppo nello
spazio giuridico globale di un ordine giuridico globale?
4. Importanza della formazione per via giudiziaria di un
ordine giuridico globale
La questione posta in precedenza ha una importanza che va
spiegata. Come si è notato, nell’arena globale vi sono solo diritti
speciali. La costruzione di un diritto generale richiede il
riconoscimento di un sistema di principi, valori, regole, poi, il
disegno delle loro ramificazioni e delle interconnessioni tra
queste; infine, la promozione di moduli di cooperazione fondati
sul procedimento piuttosto che su accordi. Tutto ciò viene
chiamato sistema giuridico.
Ora, questa costruzione di un sistema giuridico può avvenire
per volontà di un legislatore – o, più in generale, per via politica –
17
oppure
per
opera
di
giudici.
Negli
ordinamenti
statali,
normalmente, legislatori e giudici concorrono in questa opera.
Le due strade per la costruzione di un sistema giuridico
hanno conseguenze diverse. Se sono i giudici che contribuiscono
alla formazione di un sistema generale di principi, la conseguenza
è che questo si sviluppa in base a criteri di giustizia, al di fuori di
valutazioni politiche e con un ruolo secondario degli Stati
nazionali. Se – al contrario – il motore dell’integrazione è
costituito dagli organi politico – amministrativi, le conseguenze
sono sia che sul sistema peserà maggiormente la componente
politica e quella statale, sia che il sistema stesso sarà meno
orientato alle regole che alla negoziazione (in altre parole, al modo
di procedere proprio della politica e degli Stati nei reciproci
rapporti).
Molto istruttivo, in questo senso, lo sviluppo dell’Unione
europea, nata come unione economica in base ai trattati, ma
divenuta comunità di diritto in virtù dell’opera della Corte di
18
giustizia. Accordi tra Stati hanno prodotto l’integrazione
economica, mentre l’attività giudiziaria ha realizzato il sistema
giuridico. Lo spazio giuridico globale, tuttavia, si differenzia da
quello europeo: in quest’ultimo il principio di unità era contenuto
in nuce nei trattati, che hanno istituito un unico corpo, la
Comunità, anche se con due esecutivi (il Consiglio e la
Commissione).
La formazione di un sistema giuridico per via giudiziaria
nello spazio globale ha una seconda importante conseguenza. I
corpi operanti in tale spazio hanno una legittimazione solo
indiretta, attraverso gli Stati. Si lamenta, quindi, un “deficit
democratico”. Ora, il rispetto della règle de droit conferisce agli
organismi operanti nell’arena globale una legittimazione che
supplisce alla sua insufficiente democraticità.
In terzo luogo, la evoluzione per via giudiziaria di un ordine
giuridico globale ha conseguenze importanti per la sua
affermazione sugli Stati, perché è attraverso il diritto e non certo
19
attraverso né la forza, né l’investitura popolare che i poteri
ultrastatali possono imporsi agli ordinamenti giuridici nazionali.
5. Una gerarchia tra ordinamenti?
I giudici non statali riconoscono che i sistemi regolatori
operanti nello spazio giuridico globale non possono essere
collocati allo stesso livello, ma sono ordinati in posizione scalare o
persino gerarchica. Standard globali prevalgono su norme
comunitarie (sia pure in modi diversi da come queste ultime
prevalgono su quelle nazionali).
L’affermazione più sicura di questa prevalenza è stata fatta
dall’”Appellate
Body”
dell’Organizzazione
mondiale
del
commercio (OMC) nel caso Sardines14, nel quale è stato affermato
che l’attività comunitaria doveva svolgersi sulla base degli
standard stabiliti in sede globale dalla “Codex Alimentarius
Commission” e dalla Organizzazione Mondiale della Sanità.
14
WTO AB European Communities – Trade Description of Sardines, WT/DS 231/AB/R 26 September 2002 Si veda
anche il caso Hormones, AB EC Measures Concerning Meat and Meat Products (Hormones), WT/DS26/AB/R –
WTDS48/AB/R 18 January 1998.
20
Il Tribunale di prima istanza delle Comunità europee, a sua
volta, nel caso Kadi, ha sostenuto: “ [….] gli obblighi degli Stati
membri dell’Onu ai sensi della Carta delle Nazioni Unite
prevalgono incontestabilmente su qualsiasi altro obbligo di diritto
interno o di diritto internazionale pattizio, ivi compreso, per quelli
tra di essi che sono membri del Consiglio d’Europa, sugli obblighi
derivanti dalla Cedu e, per quelli che tra di essi sono anche
membri della Comunità, sui loro obblighi derivanti dal trattato
Ce”15.
A sua volte, la Corte di Giustizia delle Comunità europee, nel
caso Demirel, ha stabilito che “una disposizione di un accordo
stipulato dalla Comunità con Paesi terzi va considerata
direttamente efficace, qualora, tenuto conto del suo tenore
letterale, nonché dell’oggetto e della natura dell’accordo, implichi
un obbligo chiaro e preciso la cui esecuzione ed i cui effetti non
siano subordinati all’adozione di alcun atto ulteriore”16.
15
16
TPI, 21 settembre 2005, causa 315/01, Yassin Abdullah Kadi, par. 181.
C-12/86, 30 settembre 1987, par. 14.
21
La prevalenza, però, non è assoluta. Il giudice comunitario ha
distinto accordi con Stati terzi che “instaurano una certa
asimmetria di obblighi o creano relazioni speciali di integrazione”
dagli accordi “reciprocamente convenienti”17 ed ha stabilito che
gli accordi OMC non possono servire come metro per il controllo
della legittimità degli atti comunitari, salvo quando la Comunità
ha inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare18.
C’è, dunque, un ordine scalare, non una precisa gerarchia,
fondata su criteri uniformi e rigidi di definizione dei diversi livelli
e della diversa forza giuridica delle norme.
Si potrebbe obiettare che gli obblighi menzionati non sono
diversi da quelli di tipo contrattuale propri del diritto
internazionale. Si considerino, però, i seguenti tre aspetti.
In primo luogo, qui non si tratta di obblighi derivanti da
accordi tra Stati (salvo quelli assunti dagli Stati membri
dell’Unione europea e da questi trasmessi all’Unione), bensì di
17
18
Corte di Giustizia, C-149/96, del 23 novembre 1999, par. 42 – 46 e C-377/98 del 9 ottobre 2001, par. 50 – 55.
Si veda il caso Biret già citato.
22
obblighi derivanti da accordi o da atti adottati a livello ultrastatale, tra organizzazioni internazionali.
In secondo luogo, i diritti e gli obblighi derivanti da accordi
costituiscono solo la base di altri diritti e obblighi, che attengono
alla fase esecutiva, e discendono da atti normativi o amministrativi
dell’organizzazione
riconosciuta
come
“sopraordinata”.
La
questione è illustrata molto bene dalle disposizioni dettate per
controllare il terrorismo internazionale in ambito globale e in
ambito europeo. Qui la Comunità ha poteri prima esercitati dagli
Stati nell’area governata dalla Carta delle Nazioni Unite ed è
tenuta ad adottare, nell’esercizio di tali poteri, tutte le misure
necessarie per attuare le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza19.
In terzo luogo, gli obblighi assunti attraverso gli accordi e
quelli che da essi discendono non vincolano solo i soggetti parte
degli accordi, ma penetrano all’interno dei loro ordinamenti20.
19
La ricostruzione della situazione è fatta dal TPI nella decisione Minin, T – 362/04 Minin v Commissione delle
Comunità europee, 31 gennaio 2007, spec. par. 67 – 69.
20
Così producendo effetti non dissimili dagli obblighi erga omnes che incombono sugli Stati (P. Picone, Comunità
internazionale e obblighi “erga omnes”. Studi critici di diritto internazionale, Napoli, Jovene, 2006, p. XI – XII).
23
6. Un ordine unitario?
I giudici non statali, in secondo luogo, affermano che
esistono principi generali, comuni ai diversi sistemi regolatori
speciali, nonché “passerelle” tra un regime regolatorio e l’altro.
Nel caso Gasoline21, ad esempio, l’”Appellate Body”
dell’OMC ha stabilito che «trade agreements are not to be read in
clinical isolation from pubblic international law» e nel caso
Korea22 il “Panel” della stessa organizzazione ha affermato che
«customary international law applies generally to the economic
relations between the WTO Members. Such international law
applies to the extent that the WTO Treaty agreement do not
“contract out” from it». Nel caso Fogarty v. the United Kingdom23
la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che “[t]he
Convention [….] cannot be interpreted in a vacuum. The Court
must be mindful of the Convention’s special character as a human
rights treaty, and it must take the relevant rules of international
21
United States - Standards for Reformulated and Conventional Gasoline , WT/DS2/AB/R.
Korea – Measures Affecting Governement Procurement, WT/DS163/R. Si veda inoltre International law
Commission, cit., p. 87, ove altri casi. Si veda, infine, M. Koskenniemi, cit., p. 9
23
Fogarty v. the United Kingdom, Judgement of 21 November 2001, ECHR 2001-XI, par. 36.
22
24
law into account. The Convention should so far as possible be
interpreted in harmony with other rules of international law of
which it forms a part [….]”. Nel caso Feldman24 il “Nafta
Arbitration Tribunal” ha fatto ricorso direttamente ai principi
generali per l’interpretazione di un articolo del NAFTA relativo
alla disciplina dell’esportazione delle sigarette. In altri casi,
invece, i giudici hanno fatto solo riferimento ai principi di diritto
internazionale, senza definirne espressamente l’applicazione25.
Nei casi indicati, i giudici hanno sfruttato la differenza tra
“jurisdiction” e “applicable law”. La loro giurisdizione è limitata
dal trattato che istituisce il giudice. Ma il trattato non limita
l’ambito del diritto applicabile (questo, anzi, talvolta è esteso dallo
stesso trattato, quando dispone che si possano applicare altre
norme di diritto internazionale non incompatibili con il trattato
stesso)26. Di conseguenza, essi fanno ricorso a principi tratti dal
24
Feldman v. United Mexican States, Award of 16 December 2002, ICSID, Case no. ARB(AF)/99/1, ILR, vol. 126,
(2003), p. 58-65, par. 98.
25
Brazil- Measures Affecting Dessiccated Coconut, WT/DS22/AB/R; European communities- Regime for the
Importation , Sale and Distribution of Bananas, WT/DS27/R; India – Patent Protection for Pharmaceutical and
Agricultural Chemical Products, WT/DS50/AB/R; Shrimp, WT/DS58/AB/R; United States- Measures Affecting
Imports of Woven Wool Shirt and Blouses, WT/DS33/AB/R.
26
International Law Commission, cit., p.29
25
diritto internazionale generale, ovvero da altre convenzioni
internazionali, ovvero ancora da tradizioni costituzionali o
legislative statali27.
Per questa via, penetrano nei diversi regimi regolatori globali
principi comuni, quale quello del rispetto di taluni diritti
fondamentali (diritti umani), quello di legalità, quello di giusto
procedimento, quello dell’obbligo di motivazione delle decisioni,
quello di trasparenza, quello di giustiziabilità (diritto a una tutela
giudiziaria).
Prendiamo tre casi in particolare. Dapprima il caso ShrimpTurtles, deciso dall’”Appellate Body” del WTO28. L’art. X:3
dell’Accordo GATT 1994 dispone soltanto che “[e]ach Member
shall administer in a uniform, impartial and reasonable manner all
its laws, regulations and rulings [….]”. Da questa disposizione
l’organo giudiziario ha tratto il principio per cui gli Stati debbono
27
In quest’ultimo caso, si apre un ulteriore capitolo, costituito dal trapianto dallo spazio giuridico nazionale a quello
globale di principi o regole, così stabilendosi una comunicazione diretta tra i due ambiti.
28
WTO AB United States – Import Prohibition of Certain Shrimps and Shrimp Products, AB – 1998 – 4, spec. par. 180
– 183.
26
seguire
“a
transparent,
predictable
certification
process”,
rispettando quindi “certain minimum standards for transparency
and procedural fairness in the administration of trade regulations
[….]”.
Poi il caso Steel, sempre dello stesso giudice29. Qui l’art. 3.1
dell’”Agreement on Safeguards” prevede “reasoned conclusions”.
Il giudice ha richiesto “an explanation supporting its conclusions”.
Questo per il motivo che “to enable a panel to determine whether
there was compliance with the prerequisites that must be
demonstrated before the application of a safeguard measure, the
competent authority must provide a “reasoned and adequate
explanation””.
Infine, il caso Nold, questo deciso dalla Corte di Giustizia
delle Comunità Europee30. La Corte ha dichiarato: “come questa
corte ha già avuto occasione di affermare, i diritti fondamentali
fanno parte integrante dei principi generali del diritto, di cui essa
29
WTO AB, United States – Definitive Safeguard Measures on Imports of Certain Steel Products, WT/DS 248259/AB/R, 10 November 2003, spec. par 278 – 286.
30
Corte di Giustizia, C-4/73 del 14 maggio 1974, par. 13
27
garantisce l'osservanza. La corte, garantendo la tutela di tali diritti,
è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati
membri e non potrebbe, quindi, ammettere provvedimenti
incompatibili con i diritti fondamentali riconosciuti e garantiti
dalle Costituzioni di tali Stati. I trattati internazionali relativi alla
tutela dei diritti dell' uomo, cui gli Stati membri hanno cooperato o
aderito, possono del pari fornire elementi di cui occorre tenere
conto nell' ambito del diritto comunitario”.
Però, questo “corpus” di principi di diritto è tratto da fonti
diverse; trova applicazione, da parte dei giudici, ad ambiti diversi;
è difficilmente generalizzabile. I principi sono talora sviluppati
dalle corti partendo da norme specifiche dei trattati che esse sono
chiamate a far rispettare; talora tratti da altre norme internazionali;
talora ispirati dalle tradizioni costituzionali statali. Poi, le corti non
statali applicano i principi ora detti ad ordini diversi, da quello
nazionale a quelli sovranazionali, a quelli più propriamente
globali. Ma questa applicazione non si può dire ancora veramente
28
generale se non dal punto di vista potenziale, sia perché solo
ancora pochi regimi regolatori sono dotati di giudici, sia perché le
corti globali operanti (come già notato, in numero di poco
superiore a cento) sono quasi tutte di recente istituzione (hanno
mediamente non più di dieci anni di vita).
Pur con queste incertezze, dunque, un diritto globale generale
è presente dietro regimi e regole speciali, dettate dai singoli
sistemi regolatori31. Ed esso è fatto valere dai giudici, valendosi di
norme, in molti casi estremamente sommarie. La loro azione
corregge il principio di specialità, su cui si fondano i “selfcontained global regulatory regimes”, strutturati in “closed legal
systems”32.
7. Un mondo ordinato dai giudici?
L’analisi svolta consente di concludere che, se, da un lato,
sotto il profilo strettamente normativo, i regimi regolatori globali
sono “self-contained”, dall’altro, essi non sono in uno spazio
31
32
International Law Commission, cit., p. 287 e 288.
A. Lindroos and M. Mehling, cit., p.862.
29
giuridico vuoto, rispondono a principi generali, sono comunicanti.
Ma tutto ciò in virtù dell’azione dei giudici. Sono essi che
svolgono questa opera costituzionale, di stabilire un tessuto
connettivo tra regimi speciali, costruendo lentamente quell’unità
che manca. Ma la loro opera è, in certo senso, effimera, se si
compara la decisione (giudiziaria) di ciascun caso concreto con la
stabilità delle norme (dettate dai legislatori). Per cui, se è vero che
i sistemi giuridici globali non sono separati, è vero, altresì, che è
difficile spiegare come sono uniti in virtù dell’azione delle corti
non statali.
Quello appena illustrato è il paradosso dinanzi al quale si è
trovata
di
recente
l’”International
Law
Commission”
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, quando ha dovuto
affrontare il problema della frammentazione dei sistemi regolatori
globali, giungendo alla conclusione che la frammentazione, se si
esamina la giurisprudenza delle corti sovrastatali, non c’è. Ma il
tessuto connettivo di principi, di diritti e di “linkages” esiste per
30
opera delle corti, non per volontà di “legislatori” globali, la cui
“giurisdizione” è sempre limitata dal principio di specialità.
L’ordine mondiale, una volta dettato dai sovrani, che si
vorrebbe ora disciplinato dai popoli, è, dunque, stabilito dai
giudici. Ma il governo mondiale dei giudici presenta inconvenienti
e vantaggi.
Il primo motivo della debolezza di un ordine stabilito per via
giudiziaria discende dalla collocazione stessa delle corti
sopranazionali. Queste sono distribuite in singoli sistemi regolatori
(quello che riguarda il commercio, quello attinente al mare, quello
regionale europeo, ecc.), non in un sistema superiore, come i
giudici europei rispetto a quelli nazionali, né in un sistema
gerarchico di corti. Ne deriva che ogni giudice, per quanto aperto
e pronto a stabilire connessioni con altri ordinamenti, prende il
sistema regolatorio al quale appartiene come metro di misura33.
33
M. Kumm, Constitutional Democracy Encounters International Law: Terms of Engagement, New York University
Public Law and legal Theory Working Papers, 2006, n. 47, p. 2.
31
Donde il pericolo immanente di conflitti prodotto da divergenze
interpretative34 che nessun giudice superiore può dirimere.
Il secondo motivo della debolezza della formazione di un
ordine giuridico globale per via giudiziaria sta nel pericolo che le
corti non statali corrono di debordare dal loro compito, a causa
dell’assenza
di
una
comunità
politica
dotata
di
organi
rappresentativi35. Il funzionamento dei sistemi giudiziari è stato
sperimentato all’interno di ordinamenti nazionali, dove operano
come contropoteri in funzione di garanzia, in contesti dove sono
presenti anche poteri a investitura popolare e potenti esecutivi.
Nello spazio giuridico globale, invece, non esistono organi
rappresentativi diretti e i segretariati delle organizzazioni
internazionali sono indeboliti dalla presenza di una componente
transnazionale e di una multinazionale36.
34
Pericolo segnalato per la Comunità europea da G. F. Mancini, Le sfide costituzionali alla Corte di giustizia europea,
in G. F. Mancini, Democrazia e costituzionalismo nell’Unione europea Bologna, Il Mulino, 2004, p. 71. Sui conflitti tra
giurisdizioni non statali, T. Treves, Conflicts between the International Tribunal for the Law of the Sea and the
International Court of Justice, in « International Law and Politics », vol. 31, 1999, p. 809-821. A questo pericolo si
aggiunge l’altro, segnalato per i giudici nazionali: “Il est veritablement dur pour des magistrats qui, en conscience, ont
toujours estimé qu’ils n’étaient pas qualifiés pour instaurer un gouvernement des juges d’être obligés d’en instituer les
principes pour le compte d’une institution exterieure à leur système national” (P. Reuter, L’application du droit
international par le juge français, Paris, Colin, 1972, p. 41.
35
M. Luciani, Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemico, in “Giurisprudenza costituzionale”, 2006, n. 2, p.
1663.
36
Donde quella che è stata definita “cosmopolitan pluralist conception of jurisdiction”: P. S. Berman, The Globalization
of Jurisdiction, in “University of Pennsylvania Law Review”, vol. 151, no. 2, December 2002, p. 311-545 e R. A.
32
In questo vuoto politico le corti potrebbero essere tentate di
svolgere in via esclusiva quel ruolo di “Hüter des Völkerrechts”37
che, invece, non può che essere svolto da un solo organo, ma dal
sistema di pesi e contrappesi di un ordinamento.
Infine, uno sviluppo per via giudiziaria del diritto globale è
destinato ad essere incompleto: non tutti i sistemi regolatori
ultrastatali, infatti, dispongono di un giudice; non vi è sempre
simmetria tra norme e giudici; nello spazio globale, quello
giudiziario è ben lontano dall’essere esso stesso un sistema38; la
disciplina per via giudiziaria incontra il limite del judge made law,
è cioè suscettibile di rimanere la legge del caso concreto39.
D’altro canto, lasciare la formazione di un diritto globale
generale all’opera dei giudici comporta un vantaggio non
indifferente, rappresentato dal modo incrementale in cui essi
Sedler, Law beyond Borders: Jurisdiction in an Era of Globalization. Introduction to the Symposium, in “Wayne Law
Review”, vol. 51, 2005, pp. 1065-1103.
37
K. Odendahl, Wer ist der “Hüter des Völkerrechts”?, in Jahrbuch des Öffentlichen Rechts, Neue Folge, Band 55
(2006), p. 1 ss, il quale osserva che una rete di giudici che fungano da guardiani del diritto internazionale è al momento
inesistente.
38
J. S. Martinez, Towards an International Judicial System, in “Stanford Law Review”, Vol. 56, November 2003, p.
429 ss; D. Sarmiento, Poder judicial e Integración europea, la construcción de un modelo jurisdiccional para la Unión,
Thomson-Civitas, Cátedra Garrigues Universidad de Navarra, 2004,.
39
Va precisato che non interessa qui la formazione di una comunità di giudici globali, ma piuttosto se questi siano in
grado di creare una comunità di diritto. E’ evidente, tuttavia, che il primo aspetto non può non influire sul secondo.
33
operano, che rende la loro azione fluida, adattabile, correggibile.
In sostanza, questo sistema incoraggia la formazione del
diritto per via giudiziaria. Quindi stimola il dialogo “verticale”, tra
ordini diversi, statale, sopranazionale, globale. L’esempio più
interessante – ma questo coinvolge anche gli Stati, che sono fuori
del quadro finora delineato - è costituito dal ricorso alle tradizioni
costituzionali comuni da parte delle corti non statali e dalla teoria
dei contro-limiti sviluppata da alcune corti costituzionali
europee40.
Inoltre, l’azione delle corti rappresenta “a shift from rules of
conflict to rules of engagements. These rules of engagements
characteristically take the forms of a duty to engage, the duty to
take into account as a consideration of some weight, or
presumption of some sort”41. Si stabilisce così un “discourse
between courts”42 o un “hidden dialogue”43 fondato sul diritto e
40
G. Martinico – O. Pollicino, The European Constitution and Contemporary Constitutionalism. The Specificity of the
European Judiciary against the background of the Judicial Globalization, relazione al VII congresso mondiale
dell’Associazione di diritto costituzionale,Atene, 11 – 15 giugno 2007, p. .
41
M. Kumm, cit., p. 40
42
M. Kumm, cit., p. 40
43
G. Martinico – O. Pollicino, cit., p. 14
34
sulla motivazione ragionata delle decisioni, che presenta, per la
sua trasparenza, molti vantaggi rispetto alla formazione di un
ordine per via di negoziazioni tra Stati.
Né va sottovalutato che l’alternativa alla formazione di un
ordine giuridico globale attraverso l’opera dei giudici è quella
dello sviluppo di potenti ordini organizzati gerarchicamente in un
sistema simile a quello degli imperi44. Per cui la trasformazione
dello spazio giuridico globale in un ordine giuridico presenta un
vantaggio non indifferente, quello di prevenire il formarsi di
aggregazioni di potere intorno a un regime regolatorio, o a una
zona geografica, o persino a uno o più Stati.
9. Dalla piramide, al tempio, alla rete
Gli ordinamenti nazionali sono stati spesso rappresentati
come piramidi, figura che ne indica bene il carattere unitario e la
struttura gerarchica.
44
M. Koskenniemi, Constitutionalism as Mindset: Reflections on Kantian Themes About International Law and
Globalization, in “Theoretical Inquiries in Law”, Vol. 8, n. 1, January 2007, p. 13 e p. 17.
35
Per l’ordine giuridico europeo si è fatto ricorso all’immagine
del tempio greco, retto da tre pilastri: al pilastro centrale, costituito
dalle funzioni legate all’integrazione economica, si aggiungono i
due pilastri laterali, che rappresentano l’uno la politica estera,
l’altro, la cooperazione in materia giudiziaria e di polizia.
Più complessa la rappresentazione dello spazio giuridico
globale, nella fase di trasformazione in un ordine giuridico
globale. I sistemi regolatori sono separati. Ma in molti di essi vi
sono corpi giudiziari che riconoscono l’esistenza di un tessuto
connettivo comune e stabiliscono legami tra i diversi corpi. La
rappresentazione più diffusa di questi molteplici legamenti tra
punti separati è quella che fa ricorso alla metafora della rete (“non
hierachical deliberative networks”45) .
Questa rete svolge una funzione essenziale. Infatti, “la
globalizzazione economica si è sviluppata più rapidamente di
quella politica. Abbiamo un sistema caotico e scoordinato di
governance globale senza governo globale che si riduce a una
45
M Kumm, cit., p. 4.
36
serie di istituzioni e accordi che trattano di determinati problemi,
dal riscaldamento del pianeta al commercio internazionale,
passando per i flussi di capitale. I ministri delle Finanze discutono
le questioni che attengono al loro ambito presso l’Fmi, senza
preoccuparsi di come le loro decisioni influisca sull’ambiente o
sulla salute mondiale. I ministri dell’Ambiente possono chiedere
che si faccia qualcosa per limitare il riscaldamento globale, ma
mancano le risorse per agire in concreto”46.
In questo quadro disordinato, “nell’arco di neanche un
decennio è emersa l’idea senza precedenti che la politica
internazionale possa essere l’oggetto di procedimenti giudiziari”.
Idea che fa temere a qualcuno la “tirannia dei giudici” (perché “la
dittatura dei giusti, storicamente, non di rado ha portato a
inquisizioni e cacce alle streghe”47), ad altri la “sconfitta della
democrazia” (perché “un’autentica rule of law nei rapporti tra
46
J. E. Stiglitz, La globalizzazione che funziona, Torino, Einaudi, 2006, p. 21 (trad. it. di Making Globalization Work,
2006).
47
H. Kissinger, Does America Need a Foreign Policy? Toward a Diplomacy for the 21st Century, New York, Simon and
Schuster, 2001, cit. in R. H. Bork, Il giudice sovrano, Macerata, Liberilibri, 2004, p. 163 (trad. it. di Coercing Virtus:
the Worldwide Rule of Judges, Random House Canada, 2002).
37
nazioni non potrà prevalere finché non ci sarà un’etica politica
comune o una sovranità condivisa”48).
Il fatto è che queste forme nuove del potere, nell’area che
sovrasta e include gli Stati, mettono in dubbio idee e concezioni
consolidate circa le nozioni stesse di sistema giudiziario e di
democrazia, che andrebbero sottoposte a una revisione, prima di
esprimere sconcerto, preoccupazione o timore. Non si dimentichi
che la nascita del costituzionalismo moderno, in America, si deve
alla geniale invenzione del federalismo: “[e]n qualifiant de
‘constitution’ un texte qui était plutôt regardé par ses auteurs
comme un ‘pacte’ (compact) entre peuples souverains, autrement
dit un traité, ils ont fait basculer une grande partie du droit des
structures composées d’État qui était considéré comme du droit
international vers le droit interne”49.
48
49
R. H. Bork, op. cit., p. 205.
É. Zoller, Introduction au droit public, Paris, Dalloz, 2006, p. 129.
38