La funzione costituzionale dei giudici non statali
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La funzione costituzionale dei giudici non statali
SABINO CASSESE La funzione costituzionale dei giudici non statali. Dallo spazio giuridico globale all’ordine giuridico globale* “Philosopher. What hope then is there of a constant Peace in any Nation, or between one Nation, and another? Lawyer. You are not to expect such a Peace between two Nations, because there is no Common Power in this World to punish their Injustice [….] Peace at home may [….] be expected durable, when the common people shall be made to see the benefit they shall receive by their Obedience and Adhaesion to their Soveraign”. T. Hobbes, A Dialogue between a Philosopher and a Student, of the Common Laws of England (1681), Oxford, Clarendon Press, 2005, p. 12. *Testo della relazione tenuta – in versione francese – presso la Corte di Cassazione francese, nell’ambito del ciclo di conferenze sul diritto europeo organizzate in occasione del cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma, Parigi, 11 giugno 2007. Ringrazio le dottoresse Elisa D’Alterio e Chiara Mari per l’aiuto fornito nella ricerca della giurisprudenza e per i commenti a una prima versione di questo scritto, nonché le dottoresse Irene Ambrosi, Mariangela Benedetti e il professore Bernardo Giorgio Mattarella per i commenti. 1 Sommario 1. Giudice comunitario e “raison d’Etat” 2. Ordinamenti giuridici nazionali e spazio giuridico globale 3. Ruolo dei giudici nello spazio giuridico globale 4. Importanza della formazione per via giudiziaria di un ordine giuridico globale 5. Una gerarchia tra ordinamenti? 6. Un ordine unitario? 7. Un mondo ordinato dai giudici? 8. Dalla piramide, al tempio, alla rete 2 1. Giudice comunitario e “raison d’Etat” Van Parys NV, una società belga, aveva importato banane dall’Ecuador nella Comunità europea per più di venti anni. Nel 1998 e nel 1999 chiese al Belgisch Interventie-en Restitutiebureau (BIRB) l’autorizzazione ad importare banane, che le fu concessa, ma per un ammontare ridotto. Propose quindi due ricorsi al Consiglio di Stato avverso le decisioni che le rifiutavano titoli d’importazione per i quantitativi complessivamente richiesti. Osservò che i regolamenti comunitari sui quali si fondavano le autorizzazioni erano in contrasto con le norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). In effetti, l’organo giudiziario della Organizzazione Mondiale del Commercio (“Dispute Settlement Body” - DSB) aveva accertato nel 1997 e nel 1999 che i regolamenti comunitari in questione erano incompatibili con le norme dell’Organizzazione. Il Consiglio di Stato belga sospese il giudizio e sottopose alla Corte di Giustizia delle Comunità europee la questione pregiudiziale 3 (verifica della validità dei regolamenti rispetto agli accordi GATT). La Corte di Giustizia stabilì1 che, prima di procedere alla verifica, doveva accertare “se gli accordi OMC possano essere utilmente invocati dai soggetti dell’ordinamento comunitario per contestare la validità di una normativa comunitaria nell’ipotesi in cui il DSB abbia dichiarato l’incompatibilità con le norme dell’OMC” dei regolamenti comunitari (Par. 38). A questa questione la Corte dette una risposta negativa: “un operatore economico, in un caso come quello di specie, non può invocare dinanzi a un giudice di uno Stato membro l’incompatibilità di una normativa comunitaria con talune regole dell’OMC, quando tale incompatibilità è stata dichiarata dal DSB” (Par. 54). La motivazione di questa conclusione fu la seguente: il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC riserva un ruolo importante ai negoziati tra le parti; “pertanto, imporre agli 1 C-377/02 del 1 marzo 2005 Van Parys NV v. Belgish Interventie-en Restitutiebureau (BIRB) (2005). Si vedano anche tre precedenti decisioni: C-149/96 Portugal v. Council (1999); C-377/98 Netherlands v. Parliament and Council (2001); C-93/02P Biret International v. Council (2003). 4 organi giurisdizionali l’obbligo di disapplicare norme di diritto interno che siano incompatibili con gli accordi OMC avrebbe la conseguenza di privare gli organi legislativi o esecutivi delle parti contraenti della possibilità […] di trovare, sia pure a titolo provvisorio, soluzioni negoziate” (Par. 48); inoltre, “ammettere che il compito di assicurare la conformità del diritto comunitario alle norme dell’OMC incombe direttamente al giudice comunitario equivarrebbe a privare gli organi legislativi o esecutivi della Comunità del margine di manovra di cui dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali della Comunità. È pacifico che alcune parti contraenti, fra cui le controparti più importanti della Comunità da un punto di vista commerciale, hanno appunto tratto, alla luce dell’oggetto e dello scopo degli accordi OMC, la conseguenza che questi ultimi non figurano tra le norme alla luce delle quali i loro organi giurisdizionali controllano la legittimità del loro diritto interno. Una tale assenza di reciprocità, se la si ammettesse, rischierebbe di 5 condurre a uno squilibrio nell’applicazione delle norme dell’OMC” (Par. 53). Questa vicenda è istruttiva. In primo luogo, la corte comunitaria afferma la superiorità del diritto globale (del commercio internazionale) su quello sopranazionale (comunitario), ma a condizione di reciprocità tra gli ordini legali domestici. Quindi, collega le relazioni verticali tra OMC e Unione europea a quelle orizzontali tra gli Stati. Se tutti gli Stati (o organizzazioni sovranazionali) membri dell’OMC consentissero ai loro organi giurisdizionali di controllare la legittimità del loro diritto interno alla luce del diritto globale, la Corte di Giustizia potrebbe verificare la conformità del regolamento comunitario (già riconosciuto illegittimo dal DSB) con le regole dell’OMC. L’equivalenza o reciprocità – che costituisce la dimensione orizzontale – è importante quanto la dimensione gerarchica, verticale. 6 In secondo luogo, considerato che nel diritto globale è riconosciuta la negoziazione, questa viene per prima, il controllo giudiziario può intervenire, ma solo a condizione di reciprocità, quando è consentito in tutti gli Stati. Di conseguenza, l’Unione europea, nonostante che – secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia – sia una comunità di diritto, non consente la verifica giudiziaria della conformità delle sue norme a quelle globali (di cui pure ammette la superiorità). Questa decisione solleva un problema. La Corte di Giustizia, chiamata a fare una verifica della conformità di un diritto “inferiore”, quello comunitario, a un diritto “superiore”, quello globale, doveva svolgere il ruolo di regolatore dei rapporti tra due ordini giuridici. Ma ha pensato di non farlo, in difesa di una “raison d’Etat” comunitaria, per non indebolire la forza negoziale dell’Unione rispetto agli altri Stati. Ha tuttavia riconosciuto la superiorità del diritto globale e la necessità del diritto europeo di 7 conformarvisi. Avrebbe potuto andare oltre e svolgere il proprio ruolo fino in fondo. Questo caso illustra il ruolo costituzionale che i giudici sono chiamati a svolgere nell’arena globale. Qui essi sono chiamati a un duplice compito: definire (verticalmente) i rapporti tra i diversi ordini giuridici e integrare (orizzontalmente) i diversi sistemi regolatori settoriali. In questo scritto mi propongo di esaminare questo problema. L’analisi è divisa in tre parti. Nella prima esamino la questione nei suoi termini generali, comparando la situazione interna agli Stati con quella esterna. Nella seconda parte passo in rassegna gli apporti delle Corti, nella dimensione europea e in quella globale. Nella terza traccio le conclusioni che si evincono dall’analisi circa il ruolo svolto dai giudici nella trasformazione dello spazio giuridico globale in un ordine giuridico globale. 8 2. Ordinamenti giuridici nazionali e spazio giuridico globale Gli ordinamenti statali dispongono di due strumenti di regolazione dei loro rapporti con altri ordinamenti e dell’ordine interno delle norme, che sono assenti nello spazio giuridico ultrastatale. In primo luogo, gli ordinamenti nazionali sono fondati su costituzioni. Queste sono investite di un compito sovrano, in quanto operano da interfaccia tra ordinamento nazionale e altri ordinamenti giuridici2. Ad esempio, l’articolo 10 della Costituzione italiana dispone che “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” e l’articolo 11 dispone che “l’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni […]”. Queste norme, di rango superiore, operano come 2 T. Ginsburg, Locking in Democracy: Constitutions, Commitment and International Law, University of Illinois College of Law, Law and Economics Working Papers, 2006, n. 55. 9 cerniera e come filtro per regolare i rapporti tra ordinamento italiano e ordinamenti sopranazionali e internazionali. In secondo luogo, gli ordinamenti nazionali sono organizzati secondo i principi di unità, di gerarchia e di competenza, non ammettono lacune e ricorrono a proprie regole di completamento (ad esempio, secondo l’articolo 12 delle “disposizioni sulla legge in generale”, in Italia, “se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe, se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato”). Ciò vuol dire che ogni ente od organo che fa parte di un ordinamento nazionale ha una precisa collocazione e un ambito materiale di attività riconosciuto, per cui c’è una divisione del lavoro in relazione ai compiti e una prevalenza in relazione ai poteri. 10 Inoltre, sono determinati i modi in cui, in ogni ordinamento nazionale, i principi si trasferiscono da un settore all’altro e si procede al completamento, in assenza di disposizioni normative espresse regolanti un caso specifico. Nello spazio giuridico ultrastatale, gli enti sopranazionali e gli organismi globali non dispongono di atti solenni (costituzioni), diretti a regolare i rapporti con altri ordinamenti. D’altro lato, nello spazio giuridico globale non vi è un tessuto connettivo atto a stabilire l’area della competenza di ciascun ente od organismo, né una precisa gerarchia tra di essi, né legami reciproci, nè, infine, un sistema di completamento atto a evitare le lacune. La costituzione (in senso formale) è l’atto espressivo par excellence della sovranità. Questa viene riconosciuta agli Stati, non agli ordinamenti ultrastatali. Quando si parla di international constitutionalism, ci si riferisce alla costituzione in senso materiale, o nel senso di rapporti di fatto o convenzionali (quindi nel senso inglese del termine). 11 Lo spazio giuridico globale, poi, è affollatissimo di regulatory regimes settoriali, senza, però, che tra questi vi siano né una definita ripartizione di competenze, né una precisa scala gerarchica3. Ad esempio, della tutela dei diritti umani si interessano sia organismi specializzati in determinati settori (ad esempio, l’Organizzazione internazionale del lavoro, l’UNESCO), sia organismi ad hoc (ad esempio, l’Alto Commissario per di diritti umani, organo dell’ONU, o la Corte europea dei diritti dell’uomo, organo del Consiglio di Europa), sia altri organismi, in virtù dei linkages che si stabiliscono, ad esempio, tra commercio e diritti umani. Quando si vogliono stabilire criteri di prevalenza di un regime sull’altro, nello spazio giuridico globale, occorre definirli ad hoc, su base cooperativa, mediante accordi raggiunti dopo negoziazioni. Questi accordi valgono per il caso specificamente regolato, non assumono un valore ulteriore. Mancano regole generali che, stabilita la prevalenza tra interessi o 3 La spiegazione è semplice: è più agevole riuscire a ottenere un coordinamento transnazionale su base settoriale, così superando le resistenze degli Stati. 12 tra enti che li curino mediante scale gerarchiche, valgano per tutti i casi. Lo spazio giuridico globale, poi, è cloisonné, nel senso di essere composto di sistemi, in principio, poco permeabili, tra i quali non vi è comunicazione o trasporto di regole o principi, né vi è un metodo per colmare le lacune, perché mancano le “passerelle” che potrebbero consentire il ricorso all’analogia e la formazione di principi comuni. Ad esempio, se in uno di questi sistemi è garantito il diritto di difesa o di partecipazione nel corso del procedimento amministrativo, questo principio non si applica immediatamente anche negli altri sistemi, perché questi non fanno parte di un unico ordinamento, nel quale valgano principi generali comuni, o nel quale principi propri di un settore possano essere applicati per analogia in altri settori. Infine, mancando un “regolatore” superiore, nello spazio giuridico globale è persino incerta l’attribuzione di una controversia ad uno o ad altro regime regolatorio. Ad esempio, un 13 caso riguardante il trasporto per nave di sostanze pericolose potrebbe essere definito come un problema attinente al commercio, oppure al trasporto marittimo, oppure alla tutela dell’ambiente, oppure al diritto del mare, ed essere sottoposto a regolamentazioni diverse a seconda dei modi di classificazione4. Insomma, lo spazio giuridico globale non è costituito da una “anarchical society” (per riprendere un’espressione di Hedley Bull)5 e non è un “free floating melange of legal organizations”6, perché non è composto da “self-contained regimes”7 frammentati e separati8. Ma non può neppure essere considerato un “global legal regime”9, perché è costituito da un aggregato di sistemi regolatori speciali, tra i quali non c’è il vuoto, ma manca il requisito dell’unità, vi è contiguità, non continuità, il diritto generale ed unificante ha un basso tasso di densità, il 4 L’esempio è fatto da M Koskenniemi, The Fate of Public International Law: Between Technique and Politics, in The Modern Law Review, vol. 70, January 2007, no. 1, p. 8. 5 H. Bull, The Anarchical Society – A Study of Order in World Politics, Oxford 1977 (seconda ed., New York, 1999). Vedi anche M. Koskenniemi, Global Legal Pluralism: Multiple Regimes and Multiple Modes of Thought, paper presentato ad Harvard. 5 March 2005, p. 4. 6 R. Post, The Challenge of Globalization to American Public Law Scholarship, in “Theoretical Inquiries in Law”, Vol. 2, n. 1, January 2001, p.8. 7 A. Lindroos and M. Mehling, Dispelling the Chimera of “Self-Contained Regimes” International Law and the WTO, in “European Journal of International Law”, Vol. 16, n. 5, 2005, p. 857 ss. 8 International Law Commission, Fragmentation of International Law: Difficulties Arising From the Diversification and Expansion of International Law, UN General Assemply, A/CN.4/L.682 13 April 2006. 9 C. H. Koch, Judicial Review and Global Federalism, in “Administrative Law Review”, vol. 54, 2002, p. 491 e p. 494. 14 coordinamento non è imposto dall’alto, ma è stabilito dagli stessi corpi che vi operano. Il diritto globale, insomma, proprio perché “without any author”10, costituisce un esempio estremo di “legal pluralism”11 3. Ruolo dei giudici nello spazio giuridico globale Per rimediare all’assenza di questi strumenti di raccordo con altri ordinamenti o di definizione dell’ordine interno delle norme, nello spazio giuridico globale i soggetti, siano essi organizzazioni globali, o organismi sopranazionali, o anche Stati, provvedono, di regola, con lo strumento tipico del diritto internazionale, la negoziazione e l’accordo. Tuttavia, con il recente sviluppo dei giudici non statali (ora in numero superiore a cento12), si nota un fenomeno nuovo: le corti divengono i regolatori dei rapporti tra i diversi livelli di governo 10 R. Post, op. cit., p. 7. L’unità di un sistema legale presuppone una singola volontà costituente, coerente e non contraddittoria: C. W. Hermann, Much Ado about Pluto? The ‘Unity of the Legal Order of the European Union’ revisited, EUI Working Papers, RSCAS 2007/05, p. 20. 11 M. Koskenniemi, op. cit., p. 14 ss. 12 In realtà, in numero molto superiore, se si includono anche i molti organi non statali a carattere quasi giurisdizionale o con funzioni in parte amministrative, in parte giurisdizionali. 15 (in senso verticale) e i produttori delle norme che riempiono gli “spazi vuoti” tra i diversi regulatory regimes ultrastatali (in senso orizzontale). Di qui la domanda alla quale questo scritto intende dare una risposta: può dirsi che le corti contribuiscano a creare il tessuto normativo comune in grado di supplire all’assenza di un diritto globale generale, divenendo, così, uno degli attori principali dello sviluppo del diritto globale?13 Lo scopo di questo scritto è quello, dunque, di esaminare i sistemi giuridici ultrastatali (regionali e globali) come ordini giuridici separati, che si auto-regolano attraverso le corti. Le domande principali alle quali si vuole dare risposta sono: a. come svolgono questa funzione le corti? b. quali risultati conseguono alla assunzione di questa funzione da parte delle corti? 13 Un problema diverso, ma connesso, è esaminato da A.-M. Slaughter, A Global Community of Courts, in Harvard International Law Journal, vol. 44, Winter 2003, p. 191; questa considera i legami che si stabiliscono tra alte corti nazionali. 16 La questione che, in particolare, interessa è la seguente: nello svolgere le funzioni indicate, le corti consentono lo sviluppo nello spazio giuridico globale di un ordine giuridico globale? 4. Importanza della formazione per via giudiziaria di un ordine giuridico globale La questione posta in precedenza ha una importanza che va spiegata. Come si è notato, nell’arena globale vi sono solo diritti speciali. La costruzione di un diritto generale richiede il riconoscimento di un sistema di principi, valori, regole, poi, il disegno delle loro ramificazioni e delle interconnessioni tra queste; infine, la promozione di moduli di cooperazione fondati sul procedimento piuttosto che su accordi. Tutto ciò viene chiamato sistema giuridico. Ora, questa costruzione di un sistema giuridico può avvenire per volontà di un legislatore – o, più in generale, per via politica – 17 oppure per opera di giudici. Negli ordinamenti statali, normalmente, legislatori e giudici concorrono in questa opera. Le due strade per la costruzione di un sistema giuridico hanno conseguenze diverse. Se sono i giudici che contribuiscono alla formazione di un sistema generale di principi, la conseguenza è che questo si sviluppa in base a criteri di giustizia, al di fuori di valutazioni politiche e con un ruolo secondario degli Stati nazionali. Se – al contrario – il motore dell’integrazione è costituito dagli organi politico – amministrativi, le conseguenze sono sia che sul sistema peserà maggiormente la componente politica e quella statale, sia che il sistema stesso sarà meno orientato alle regole che alla negoziazione (in altre parole, al modo di procedere proprio della politica e degli Stati nei reciproci rapporti). Molto istruttivo, in questo senso, lo sviluppo dell’Unione europea, nata come unione economica in base ai trattati, ma divenuta comunità di diritto in virtù dell’opera della Corte di 18 giustizia. Accordi tra Stati hanno prodotto l’integrazione economica, mentre l’attività giudiziaria ha realizzato il sistema giuridico. Lo spazio giuridico globale, tuttavia, si differenzia da quello europeo: in quest’ultimo il principio di unità era contenuto in nuce nei trattati, che hanno istituito un unico corpo, la Comunità, anche se con due esecutivi (il Consiglio e la Commissione). La formazione di un sistema giuridico per via giudiziaria nello spazio globale ha una seconda importante conseguenza. I corpi operanti in tale spazio hanno una legittimazione solo indiretta, attraverso gli Stati. Si lamenta, quindi, un “deficit democratico”. Ora, il rispetto della règle de droit conferisce agli organismi operanti nell’arena globale una legittimazione che supplisce alla sua insufficiente democraticità. In terzo luogo, la evoluzione per via giudiziaria di un ordine giuridico globale ha conseguenze importanti per la sua affermazione sugli Stati, perché è attraverso il diritto e non certo 19 attraverso né la forza, né l’investitura popolare che i poteri ultrastatali possono imporsi agli ordinamenti giuridici nazionali. 5. Una gerarchia tra ordinamenti? I giudici non statali riconoscono che i sistemi regolatori operanti nello spazio giuridico globale non possono essere collocati allo stesso livello, ma sono ordinati in posizione scalare o persino gerarchica. Standard globali prevalgono su norme comunitarie (sia pure in modi diversi da come queste ultime prevalgono su quelle nazionali). L’affermazione più sicura di questa prevalenza è stata fatta dall’”Appellate Body” dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) nel caso Sardines14, nel quale è stato affermato che l’attività comunitaria doveva svolgersi sulla base degli standard stabiliti in sede globale dalla “Codex Alimentarius Commission” e dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. 14 WTO AB European Communities – Trade Description of Sardines, WT/DS 231/AB/R 26 September 2002 Si veda anche il caso Hormones, AB EC Measures Concerning Meat and Meat Products (Hormones), WT/DS26/AB/R – WTDS48/AB/R 18 January 1998. 20 Il Tribunale di prima istanza delle Comunità europee, a sua volta, nel caso Kadi, ha sostenuto: “ [….] gli obblighi degli Stati membri dell’Onu ai sensi della Carta delle Nazioni Unite prevalgono incontestabilmente su qualsiasi altro obbligo di diritto interno o di diritto internazionale pattizio, ivi compreso, per quelli tra di essi che sono membri del Consiglio d’Europa, sugli obblighi derivanti dalla Cedu e, per quelli che tra di essi sono anche membri della Comunità, sui loro obblighi derivanti dal trattato Ce”15. A sua volte, la Corte di Giustizia delle Comunità europee, nel caso Demirel, ha stabilito che “una disposizione di un accordo stipulato dalla Comunità con Paesi terzi va considerata direttamente efficace, qualora, tenuto conto del suo tenore letterale, nonché dell’oggetto e della natura dell’accordo, implichi un obbligo chiaro e preciso la cui esecuzione ed i cui effetti non siano subordinati all’adozione di alcun atto ulteriore”16. 15 16 TPI, 21 settembre 2005, causa 315/01, Yassin Abdullah Kadi, par. 181. C-12/86, 30 settembre 1987, par. 14. 21 La prevalenza, però, non è assoluta. Il giudice comunitario ha distinto accordi con Stati terzi che “instaurano una certa asimmetria di obblighi o creano relazioni speciali di integrazione” dagli accordi “reciprocamente convenienti”17 ed ha stabilito che gli accordi OMC non possono servire come metro per il controllo della legittimità degli atti comunitari, salvo quando la Comunità ha inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare18. C’è, dunque, un ordine scalare, non una precisa gerarchia, fondata su criteri uniformi e rigidi di definizione dei diversi livelli e della diversa forza giuridica delle norme. Si potrebbe obiettare che gli obblighi menzionati non sono diversi da quelli di tipo contrattuale propri del diritto internazionale. Si considerino, però, i seguenti tre aspetti. In primo luogo, qui non si tratta di obblighi derivanti da accordi tra Stati (salvo quelli assunti dagli Stati membri dell’Unione europea e da questi trasmessi all’Unione), bensì di 17 18 Corte di Giustizia, C-149/96, del 23 novembre 1999, par. 42 – 46 e C-377/98 del 9 ottobre 2001, par. 50 – 55. Si veda il caso Biret già citato. 22 obblighi derivanti da accordi o da atti adottati a livello ultrastatale, tra organizzazioni internazionali. In secondo luogo, i diritti e gli obblighi derivanti da accordi costituiscono solo la base di altri diritti e obblighi, che attengono alla fase esecutiva, e discendono da atti normativi o amministrativi dell’organizzazione riconosciuta come “sopraordinata”. La questione è illustrata molto bene dalle disposizioni dettate per controllare il terrorismo internazionale in ambito globale e in ambito europeo. Qui la Comunità ha poteri prima esercitati dagli Stati nell’area governata dalla Carta delle Nazioni Unite ed è tenuta ad adottare, nell’esercizio di tali poteri, tutte le misure necessarie per attuare le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza19. In terzo luogo, gli obblighi assunti attraverso gli accordi e quelli che da essi discendono non vincolano solo i soggetti parte degli accordi, ma penetrano all’interno dei loro ordinamenti20. 19 La ricostruzione della situazione è fatta dal TPI nella decisione Minin, T – 362/04 Minin v Commissione delle Comunità europee, 31 gennaio 2007, spec. par. 67 – 69. 20 Così producendo effetti non dissimili dagli obblighi erga omnes che incombono sugli Stati (P. Picone, Comunità internazionale e obblighi “erga omnes”. Studi critici di diritto internazionale, Napoli, Jovene, 2006, p. XI – XII). 23 6. Un ordine unitario? I giudici non statali, in secondo luogo, affermano che esistono principi generali, comuni ai diversi sistemi regolatori speciali, nonché “passerelle” tra un regime regolatorio e l’altro. Nel caso Gasoline21, ad esempio, l’”Appellate Body” dell’OMC ha stabilito che «trade agreements are not to be read in clinical isolation from pubblic international law» e nel caso Korea22 il “Panel” della stessa organizzazione ha affermato che «customary international law applies generally to the economic relations between the WTO Members. Such international law applies to the extent that the WTO Treaty agreement do not “contract out” from it». Nel caso Fogarty v. the United Kingdom23 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che “[t]he Convention [….] cannot be interpreted in a vacuum. The Court must be mindful of the Convention’s special character as a human rights treaty, and it must take the relevant rules of international 21 United States - Standards for Reformulated and Conventional Gasoline , WT/DS2/AB/R. Korea – Measures Affecting Governement Procurement, WT/DS163/R. Si veda inoltre International law Commission, cit., p. 87, ove altri casi. Si veda, infine, M. Koskenniemi, cit., p. 9 23 Fogarty v. the United Kingdom, Judgement of 21 November 2001, ECHR 2001-XI, par. 36. 22 24 law into account. The Convention should so far as possible be interpreted in harmony with other rules of international law of which it forms a part [….]”. Nel caso Feldman24 il “Nafta Arbitration Tribunal” ha fatto ricorso direttamente ai principi generali per l’interpretazione di un articolo del NAFTA relativo alla disciplina dell’esportazione delle sigarette. In altri casi, invece, i giudici hanno fatto solo riferimento ai principi di diritto internazionale, senza definirne espressamente l’applicazione25. Nei casi indicati, i giudici hanno sfruttato la differenza tra “jurisdiction” e “applicable law”. La loro giurisdizione è limitata dal trattato che istituisce il giudice. Ma il trattato non limita l’ambito del diritto applicabile (questo, anzi, talvolta è esteso dallo stesso trattato, quando dispone che si possano applicare altre norme di diritto internazionale non incompatibili con il trattato stesso)26. Di conseguenza, essi fanno ricorso a principi tratti dal 24 Feldman v. United Mexican States, Award of 16 December 2002, ICSID, Case no. ARB(AF)/99/1, ILR, vol. 126, (2003), p. 58-65, par. 98. 25 Brazil- Measures Affecting Dessiccated Coconut, WT/DS22/AB/R; European communities- Regime for the Importation , Sale and Distribution of Bananas, WT/DS27/R; India – Patent Protection for Pharmaceutical and Agricultural Chemical Products, WT/DS50/AB/R; Shrimp, WT/DS58/AB/R; United States- Measures Affecting Imports of Woven Wool Shirt and Blouses, WT/DS33/AB/R. 26 International Law Commission, cit., p.29 25 diritto internazionale generale, ovvero da altre convenzioni internazionali, ovvero ancora da tradizioni costituzionali o legislative statali27. Per questa via, penetrano nei diversi regimi regolatori globali principi comuni, quale quello del rispetto di taluni diritti fondamentali (diritti umani), quello di legalità, quello di giusto procedimento, quello dell’obbligo di motivazione delle decisioni, quello di trasparenza, quello di giustiziabilità (diritto a una tutela giudiziaria). Prendiamo tre casi in particolare. Dapprima il caso ShrimpTurtles, deciso dall’”Appellate Body” del WTO28. L’art. X:3 dell’Accordo GATT 1994 dispone soltanto che “[e]ach Member shall administer in a uniform, impartial and reasonable manner all its laws, regulations and rulings [….]”. Da questa disposizione l’organo giudiziario ha tratto il principio per cui gli Stati debbono 27 In quest’ultimo caso, si apre un ulteriore capitolo, costituito dal trapianto dallo spazio giuridico nazionale a quello globale di principi o regole, così stabilendosi una comunicazione diretta tra i due ambiti. 28 WTO AB United States – Import Prohibition of Certain Shrimps and Shrimp Products, AB – 1998 – 4, spec. par. 180 – 183. 26 seguire “a transparent, predictable certification process”, rispettando quindi “certain minimum standards for transparency and procedural fairness in the administration of trade regulations [….]”. Poi il caso Steel, sempre dello stesso giudice29. Qui l’art. 3.1 dell’”Agreement on Safeguards” prevede “reasoned conclusions”. Il giudice ha richiesto “an explanation supporting its conclusions”. Questo per il motivo che “to enable a panel to determine whether there was compliance with the prerequisites that must be demonstrated before the application of a safeguard measure, the competent authority must provide a “reasoned and adequate explanation””. Infine, il caso Nold, questo deciso dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee30. La Corte ha dichiarato: “come questa corte ha già avuto occasione di affermare, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto, di cui essa 29 WTO AB, United States – Definitive Safeguard Measures on Imports of Certain Steel Products, WT/DS 248259/AB/R, 10 November 2003, spec. par 278 – 286. 30 Corte di Giustizia, C-4/73 del 14 maggio 1974, par. 13 27 garantisce l'osservanza. La corte, garantendo la tutela di tali diritti, è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e non potrebbe, quindi, ammettere provvedimenti incompatibili con i diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dalle Costituzioni di tali Stati. I trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell' uomo, cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito, possono del pari fornire elementi di cui occorre tenere conto nell' ambito del diritto comunitario”. Però, questo “corpus” di principi di diritto è tratto da fonti diverse; trova applicazione, da parte dei giudici, ad ambiti diversi; è difficilmente generalizzabile. I principi sono talora sviluppati dalle corti partendo da norme specifiche dei trattati che esse sono chiamate a far rispettare; talora tratti da altre norme internazionali; talora ispirati dalle tradizioni costituzionali statali. Poi, le corti non statali applicano i principi ora detti ad ordini diversi, da quello nazionale a quelli sovranazionali, a quelli più propriamente globali. Ma questa applicazione non si può dire ancora veramente 28 generale se non dal punto di vista potenziale, sia perché solo ancora pochi regimi regolatori sono dotati di giudici, sia perché le corti globali operanti (come già notato, in numero di poco superiore a cento) sono quasi tutte di recente istituzione (hanno mediamente non più di dieci anni di vita). Pur con queste incertezze, dunque, un diritto globale generale è presente dietro regimi e regole speciali, dettate dai singoli sistemi regolatori31. Ed esso è fatto valere dai giudici, valendosi di norme, in molti casi estremamente sommarie. La loro azione corregge il principio di specialità, su cui si fondano i “selfcontained global regulatory regimes”, strutturati in “closed legal systems”32. 7. Un mondo ordinato dai giudici? L’analisi svolta consente di concludere che, se, da un lato, sotto il profilo strettamente normativo, i regimi regolatori globali sono “self-contained”, dall’altro, essi non sono in uno spazio 31 32 International Law Commission, cit., p. 287 e 288. A. Lindroos and M. Mehling, cit., p.862. 29 giuridico vuoto, rispondono a principi generali, sono comunicanti. Ma tutto ciò in virtù dell’azione dei giudici. Sono essi che svolgono questa opera costituzionale, di stabilire un tessuto connettivo tra regimi speciali, costruendo lentamente quell’unità che manca. Ma la loro opera è, in certo senso, effimera, se si compara la decisione (giudiziaria) di ciascun caso concreto con la stabilità delle norme (dettate dai legislatori). Per cui, se è vero che i sistemi giuridici globali non sono separati, è vero, altresì, che è difficile spiegare come sono uniti in virtù dell’azione delle corti non statali. Quello appena illustrato è il paradosso dinanzi al quale si è trovata di recente l’”International Law Commission” dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, quando ha dovuto affrontare il problema della frammentazione dei sistemi regolatori globali, giungendo alla conclusione che la frammentazione, se si esamina la giurisprudenza delle corti sovrastatali, non c’è. Ma il tessuto connettivo di principi, di diritti e di “linkages” esiste per 30 opera delle corti, non per volontà di “legislatori” globali, la cui “giurisdizione” è sempre limitata dal principio di specialità. L’ordine mondiale, una volta dettato dai sovrani, che si vorrebbe ora disciplinato dai popoli, è, dunque, stabilito dai giudici. Ma il governo mondiale dei giudici presenta inconvenienti e vantaggi. Il primo motivo della debolezza di un ordine stabilito per via giudiziaria discende dalla collocazione stessa delle corti sopranazionali. Queste sono distribuite in singoli sistemi regolatori (quello che riguarda il commercio, quello attinente al mare, quello regionale europeo, ecc.), non in un sistema superiore, come i giudici europei rispetto a quelli nazionali, né in un sistema gerarchico di corti. Ne deriva che ogni giudice, per quanto aperto e pronto a stabilire connessioni con altri ordinamenti, prende il sistema regolatorio al quale appartiene come metro di misura33. 33 M. Kumm, Constitutional Democracy Encounters International Law: Terms of Engagement, New York University Public Law and legal Theory Working Papers, 2006, n. 47, p. 2. 31 Donde il pericolo immanente di conflitti prodotto da divergenze interpretative34 che nessun giudice superiore può dirimere. Il secondo motivo della debolezza della formazione di un ordine giuridico globale per via giudiziaria sta nel pericolo che le corti non statali corrono di debordare dal loro compito, a causa dell’assenza di una comunità politica dotata di organi rappresentativi35. Il funzionamento dei sistemi giudiziari è stato sperimentato all’interno di ordinamenti nazionali, dove operano come contropoteri in funzione di garanzia, in contesti dove sono presenti anche poteri a investitura popolare e potenti esecutivi. Nello spazio giuridico globale, invece, non esistono organi rappresentativi diretti e i segretariati delle organizzazioni internazionali sono indeboliti dalla presenza di una componente transnazionale e di una multinazionale36. 34 Pericolo segnalato per la Comunità europea da G. F. Mancini, Le sfide costituzionali alla Corte di giustizia europea, in G. F. Mancini, Democrazia e costituzionalismo nell’Unione europea Bologna, Il Mulino, 2004, p. 71. Sui conflitti tra giurisdizioni non statali, T. Treves, Conflicts between the International Tribunal for the Law of the Sea and the International Court of Justice, in « International Law and Politics », vol. 31, 1999, p. 809-821. A questo pericolo si aggiunge l’altro, segnalato per i giudici nazionali: “Il est veritablement dur pour des magistrats qui, en conscience, ont toujours estimé qu’ils n’étaient pas qualifiés pour instaurer un gouvernement des juges d’être obligés d’en instituer les principes pour le compte d’une institution exterieure à leur système national” (P. Reuter, L’application du droit international par le juge français, Paris, Colin, 1972, p. 41. 35 M. Luciani, Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemico, in “Giurisprudenza costituzionale”, 2006, n. 2, p. 1663. 36 Donde quella che è stata definita “cosmopolitan pluralist conception of jurisdiction”: P. S. Berman, The Globalization of Jurisdiction, in “University of Pennsylvania Law Review”, vol. 151, no. 2, December 2002, p. 311-545 e R. A. 32 In questo vuoto politico le corti potrebbero essere tentate di svolgere in via esclusiva quel ruolo di “Hüter des Völkerrechts”37 che, invece, non può che essere svolto da un solo organo, ma dal sistema di pesi e contrappesi di un ordinamento. Infine, uno sviluppo per via giudiziaria del diritto globale è destinato ad essere incompleto: non tutti i sistemi regolatori ultrastatali, infatti, dispongono di un giudice; non vi è sempre simmetria tra norme e giudici; nello spazio globale, quello giudiziario è ben lontano dall’essere esso stesso un sistema38; la disciplina per via giudiziaria incontra il limite del judge made law, è cioè suscettibile di rimanere la legge del caso concreto39. D’altro canto, lasciare la formazione di un diritto globale generale all’opera dei giudici comporta un vantaggio non indifferente, rappresentato dal modo incrementale in cui essi Sedler, Law beyond Borders: Jurisdiction in an Era of Globalization. Introduction to the Symposium, in “Wayne Law Review”, vol. 51, 2005, pp. 1065-1103. 37 K. Odendahl, Wer ist der “Hüter des Völkerrechts”?, in Jahrbuch des Öffentlichen Rechts, Neue Folge, Band 55 (2006), p. 1 ss, il quale osserva che una rete di giudici che fungano da guardiani del diritto internazionale è al momento inesistente. 38 J. S. Martinez, Towards an International Judicial System, in “Stanford Law Review”, Vol. 56, November 2003, p. 429 ss; D. Sarmiento, Poder judicial e Integración europea, la construcción de un modelo jurisdiccional para la Unión, Thomson-Civitas, Cátedra Garrigues Universidad de Navarra, 2004,. 39 Va precisato che non interessa qui la formazione di una comunità di giudici globali, ma piuttosto se questi siano in grado di creare una comunità di diritto. E’ evidente, tuttavia, che il primo aspetto non può non influire sul secondo. 33 operano, che rende la loro azione fluida, adattabile, correggibile. In sostanza, questo sistema incoraggia la formazione del diritto per via giudiziaria. Quindi stimola il dialogo “verticale”, tra ordini diversi, statale, sopranazionale, globale. L’esempio più interessante – ma questo coinvolge anche gli Stati, che sono fuori del quadro finora delineato - è costituito dal ricorso alle tradizioni costituzionali comuni da parte delle corti non statali e dalla teoria dei contro-limiti sviluppata da alcune corti costituzionali europee40. Inoltre, l’azione delle corti rappresenta “a shift from rules of conflict to rules of engagements. These rules of engagements characteristically take the forms of a duty to engage, the duty to take into account as a consideration of some weight, or presumption of some sort”41. Si stabilisce così un “discourse between courts”42 o un “hidden dialogue”43 fondato sul diritto e 40 G. Martinico – O. Pollicino, The European Constitution and Contemporary Constitutionalism. The Specificity of the European Judiciary against the background of the Judicial Globalization, relazione al VII congresso mondiale dell’Associazione di diritto costituzionale,Atene, 11 – 15 giugno 2007, p. . 41 M. Kumm, cit., p. 40 42 M. Kumm, cit., p. 40 43 G. Martinico – O. Pollicino, cit., p. 14 34 sulla motivazione ragionata delle decisioni, che presenta, per la sua trasparenza, molti vantaggi rispetto alla formazione di un ordine per via di negoziazioni tra Stati. Né va sottovalutato che l’alternativa alla formazione di un ordine giuridico globale attraverso l’opera dei giudici è quella dello sviluppo di potenti ordini organizzati gerarchicamente in un sistema simile a quello degli imperi44. Per cui la trasformazione dello spazio giuridico globale in un ordine giuridico presenta un vantaggio non indifferente, quello di prevenire il formarsi di aggregazioni di potere intorno a un regime regolatorio, o a una zona geografica, o persino a uno o più Stati. 9. Dalla piramide, al tempio, alla rete Gli ordinamenti nazionali sono stati spesso rappresentati come piramidi, figura che ne indica bene il carattere unitario e la struttura gerarchica. 44 M. Koskenniemi, Constitutionalism as Mindset: Reflections on Kantian Themes About International Law and Globalization, in “Theoretical Inquiries in Law”, Vol. 8, n. 1, January 2007, p. 13 e p. 17. 35 Per l’ordine giuridico europeo si è fatto ricorso all’immagine del tempio greco, retto da tre pilastri: al pilastro centrale, costituito dalle funzioni legate all’integrazione economica, si aggiungono i due pilastri laterali, che rappresentano l’uno la politica estera, l’altro, la cooperazione in materia giudiziaria e di polizia. Più complessa la rappresentazione dello spazio giuridico globale, nella fase di trasformazione in un ordine giuridico globale. I sistemi regolatori sono separati. Ma in molti di essi vi sono corpi giudiziari che riconoscono l’esistenza di un tessuto connettivo comune e stabiliscono legami tra i diversi corpi. La rappresentazione più diffusa di questi molteplici legamenti tra punti separati è quella che fa ricorso alla metafora della rete (“non hierachical deliberative networks”45) . Questa rete svolge una funzione essenziale. Infatti, “la globalizzazione economica si è sviluppata più rapidamente di quella politica. Abbiamo un sistema caotico e scoordinato di governance globale senza governo globale che si riduce a una 45 M Kumm, cit., p. 4. 36 serie di istituzioni e accordi che trattano di determinati problemi, dal riscaldamento del pianeta al commercio internazionale, passando per i flussi di capitale. I ministri delle Finanze discutono le questioni che attengono al loro ambito presso l’Fmi, senza preoccuparsi di come le loro decisioni influisca sull’ambiente o sulla salute mondiale. I ministri dell’Ambiente possono chiedere che si faccia qualcosa per limitare il riscaldamento globale, ma mancano le risorse per agire in concreto”46. In questo quadro disordinato, “nell’arco di neanche un decennio è emersa l’idea senza precedenti che la politica internazionale possa essere l’oggetto di procedimenti giudiziari”. Idea che fa temere a qualcuno la “tirannia dei giudici” (perché “la dittatura dei giusti, storicamente, non di rado ha portato a inquisizioni e cacce alle streghe”47), ad altri la “sconfitta della democrazia” (perché “un’autentica rule of law nei rapporti tra 46 J. E. Stiglitz, La globalizzazione che funziona, Torino, Einaudi, 2006, p. 21 (trad. it. di Making Globalization Work, 2006). 47 H. Kissinger, Does America Need a Foreign Policy? Toward a Diplomacy for the 21st Century, New York, Simon and Schuster, 2001, cit. in R. H. Bork, Il giudice sovrano, Macerata, Liberilibri, 2004, p. 163 (trad. it. di Coercing Virtus: the Worldwide Rule of Judges, Random House Canada, 2002). 37 nazioni non potrà prevalere finché non ci sarà un’etica politica comune o una sovranità condivisa”48). Il fatto è che queste forme nuove del potere, nell’area che sovrasta e include gli Stati, mettono in dubbio idee e concezioni consolidate circa le nozioni stesse di sistema giudiziario e di democrazia, che andrebbero sottoposte a una revisione, prima di esprimere sconcerto, preoccupazione o timore. Non si dimentichi che la nascita del costituzionalismo moderno, in America, si deve alla geniale invenzione del federalismo: “[e]n qualifiant de ‘constitution’ un texte qui était plutôt regardé par ses auteurs comme un ‘pacte’ (compact) entre peuples souverains, autrement dit un traité, ils ont fait basculer une grande partie du droit des structures composées d’État qui était considéré comme du droit international vers le droit interne”49. 48 49 R. H. Bork, op. cit., p. 205. É. Zoller, Introduction au droit public, Paris, Dalloz, 2006, p. 129. 38