NOZIONI DI BASE PER LA COSTITUZIONE DI - CREA-ING

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NOZIONI DI BASE PER LA COSTITUZIONE DI - CREA-ING
MINISTERO DELLE POLITICHE
AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
NOZIONI DI BASE PER LA COSTITUZIONE DI MICROFILIERE
ENERGETICHE DI AUTOCONSUMO
Stefano Verani, Giulio Sperandio, Rodolfo Picchio, Serena Savelli
NOZIONI DI BASE PER LA COSTITUZIONE DI MICROFILIERE
ENERGETICHE DI AUTOCONSUMO
Pubblicazione eseguita all’interno del progetto sportello COFEA. Finanziamento
MIPAAF, D.M. 487/7303/2004
Stampa grafica Tipografia Bonanni
Via XXV Aprile, 75/77 - 00034 Colleferro (Roma)
Dicembre 2008
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AUTORI
Stefano Verani
Ricercatore presso l’Unità di Ricerca per le Produzioni Legnose fuori foresta (CRA-PLF). Sede
distaccata di Roma. Via Valle della Questione 27, 00166 Roma. E-mail: [email protected]
Tel. + 39-06 61571021.
Giulio Sperandio
Ricercatore presso l’Unità di Ricerca per l’Ingegneria Agraria (CRA-ING). Via della Pascolare 16,
00016 Monterotondo (RM). E-mail: [email protected] Tel. +39- 06 90675218.
Rodolfo Picchio
Ricercatore presso il Dipartimento di tecnologie, ingegneria e scienze dell’Ambiente e delle
Foreste, dell’Università degli Studi della Tuscia (DAF). Via S. Camillo de Lellis, 01100 Viterbo. Email: [email protected] Tel. +39- 0761 357400.
Serena Savelli
Dottore di ricerca in meccanizzazione forestale ed assegnista di ricerca presso il Dipartimento di
Ecologia e Sviluppo Economico Sostenibile, dell’Università degli Studi della Tuscia (DECOS). Email: [email protected].
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INDICE
1.
Introduzione
2.
Presupposti per la costituzione di microfiliere energetiche di autoconsumo
3.
Dimensionamento dell’impianto
4.
Fabbisogno di biomassa
5.
Approvvigionamento di biomassa
5.1
5.2
5.3
Raccolta di biomassa da formazioni boschive presenti
Le piantagioni dedicate per la produzione di biomassa
Costituzione e gestione delle piantagioni dedicate
5.3.1
5.3.2
5.3.3
5.3.4
5.3.5
5.3.6
5.3.7
Scelta della specie
Lavorazione del terreno
Costituzione delle piantagione
Le macchine
Le cure colturali
Aspetti fitosanitari
La raccolta
Appendice
Considerazioni economiche
Aspetti energetici
Bibliografia
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1. Introduzione
L’interesse per lo sfruttamento di fonti di energia alternative a quelle fossili, iniziato alla fine del
secolo scorso, ha assunto dall’inizio del nuovo secolo un’importanza sempre maggiore nella politica
energetica, sia pubblica che privata, del nostro Paese. Tra le varie fonti di energia rinnovabile un
posto di rilievo è ricoperto dalla biomassa legnosa, prelevabile dai boschi esistenti oppure da
piantagioni appositamente create, governate a ceduo a turno breve o medio, le cosiddette Short
Rotation Forestry (SRF) e Medium Rotation Forestry (MRF).
Il progressivo aumento del prezzo del petrolio e del metano e la loro difficoltà di
approvvigionamento che potrebbe verificarsi in futuro; gli impegni internazionali assunti
(protocollo di Kyoto); i cambiamenti della politica agricola comunitaria (PAC) che determinano
sempre minori finanziamenti alle colture tradizionali e gli incentivi finanziari per l’acquisto di
generatori di energia di grandi e piccole dimensioni, sono alcuni dei fattori che hanno favorito
l’utilizzo della biomassa legnosa e che concretamente si sono tradotti nella costruzione di grandi
centrali termoelettriche e di piccoli e medi impianti di teleriscaldamento per produzione di calore.
In pratica di sono costituite due filiere legno-energia: la prima che necessita di grandi quantità di
materia prima, molto spesso importata anche da grandi distanze con conseguenze negative per il
bilancio energetico(grandi quantità di Co2 immessa nell’atmosfera), e la seconda, la filiera corta che
ha come presupposto base il reperimento e lo sfruttamento di biomassa reperibile da distanze non
superiori a 70 km.
All’interno delle filiere corte si inseriscono le microfiliere di autoconsumo per la produzione di
energia termica e acqua sanitaria destinata al fabbisogno di locali con volumetrie ridotte. Questa
tipologia di filiera ben si adatta all’interno di aziende agrarie, zootecniche o a vocazione serricola.
In sintesi il modello di microfiliera è applicabile in una qualsiasi azienda agroforestale che possa
garantire il reperimento di biomassa da boschi esistenti o abbia disponibilità di terreni idonei per la
costituzione di piantagioni dedicate.
Con il presente manuale si vogliono fornire indicazioni utili a coloro che intendano intraprendere
questo percorso e costituire, ove vi siano le condizioni oggettive, una microfiliera energetica, con
produzione ed utilizzo della materia prima legno, per soddisfare le esigenze termiche di edifici con
volumetrie contenute. Naturalmente la filiera può essere alimentata anche da scarti di potature di
aziende vicine, o da scarti di segherie, sempre che si trovino nelle vicinanze.
Il manuale, che esamina aspetti tecnici, economici ed energetici, deriva dall’esperienza pratica che
gli Autori hanno acquisito attivando, con il finanziamento di un programma triennale di ricerca, da
parte del Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali,(D.M 487/7303/2004) una
microfiliera per la produzione di energia termica necessaria per il riscaldamento dei locali
dell’Unità di Ricerca per l’Ingegneria Agraria (CRA-ING) di Monterotondo (RM), struttura di
ricerca del Consiglio per la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura (CRA).
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2. Presupposti per la costituzione di microfiliere energetiche di autoconsumo.
Prima di passare alla fase progettuale della creazione di una microfiliera debbono essere verificate
le condizioni minime necessarie per la sua realizzazione. Sostanzialmente sono rappresentate dalla
presenza di edifici adatti ad essere riscaldati con biomassa vegetale, e dalla reperibilità, per un
periodo pari alla durata tecnica della centrale termica che sarà installata (generalmente 15-20 anni),
della materia prima legno per il funzionamento della microfiliera.
Deve essere poi previsto l’acquisto, o l’utilizzo in conto terzi, di tutte le macchine necessarie per la
produzione e la trasformazione del legno in cippato.
Qualunque edificio può essere dotato di un impianto di riscaldamento che utilizzi legno come
materia prima, ma installare un impianto “a legna” in un edificio può essere più vantaggioso quando
sono presenti le seguenti condizioni:
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™
™
™
l’edificio sia dotato di una caldaia oramai obsoleta e funzionante a gasolio
l’edificio deve essere ristrutturato
l’ edificio da costruire ex-novo
assenza di rete di gas metano nelle vicinanze
Il consumo di materia prima, base per il piano di approvvigionamento, sarà determinato dalla
esigenza termica dell’edificio da riscaldare, che sarà calcolata sulla base della volumetria esistente.
Il materiale può essere reperito da boschi esistenti, da piantagioni dedicate costituite oppure può
essere rappresentato da scarti delle utilizzazioni forestali e agrarie (Foto 1 e 2), o ancora da scarti di
segherie.
Foto 1. Raccolta e cippatura di potatura di
olivo disposta in andana.
Foto 2. Raccolta e confezionamento in
balle di sarmenti di vite.
La microfiliera può quindi essere attivata quando:
™ il proprietario dell’immobile sia proprietario anche di terreni boscati atti al prelievo di
materiale per destinazione energetica
™ il proprietario abbia disponibilità di messa a coltura, su adeguati terreni, di piantagioni
dedicate (SRF o MRF)
™ nelle vicinanze vi sia la possibilità di reperimento di residui dell’industria del legno
™ nelle vicinanze vi sia disponibilità di residui di coltivazioni agrarie (viti ed olivi)
™ sia effettuata una stima globale, in termini quantitativi, della materia prima disponibile
annualmente.
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Una volta stabilito che sussistono, totalmente o parzialmente, le condizioni di cui sopra si può
passare alla fase pratica.
3. Dimensionamento dell’impianto.
Il dimensionamento dell’impianto generatore di energia termica (caldaia) è fatto considerando,
generalmente, un fabbisogno medio, considerando le varie dispersioni, di 30 W per m3. Per cui
considerando un edificio con volumetria pari 10.000 m3 la caldaia da installare dovrà avere una
potenza di 300 kW. E’ su questa volumetria che ci attesteremo, considerandola come la massima
riscaldabile con le microfiliere di autoconsumo. Volumetrie superiori presuppongono l’attivazione
di mini reti di teleriscaldamento.
La tipologia dell’edificio da dotare di impianto di riscaldamento a legna andrà esaminata
attentamente: dovrà essere rilevata la superficie totale di vetrate e verificare se esistono terrazze in
sostituzione del tetto, e ove possibile apportare le necessarie modifiche affinché si abbiano minori
dispersioni termiche. Se l’edificio è in costruzione sarà necessario inserire tutti quegli accorgimenti
che limitano al massimo le dispersioni (materiali idonei, doppi vetri per le finestre ecc.)
In edifici dove siano già presenti impianti di riscaldamento a gasolio o metano (non obsoleti) è
consigliabile, se tecnicamente possibile, di non eliminarli, ed installare il nuovo impianto in
parallelo
In ogni edificio dovrà essere poi essere individuato preventivamente il vano caldaia, che soddisfi
tutte le normative vigenti in termini di sicurezza, e lo spazio per il silos del cippato, che dovrà avere
facile accessibilità per il suo riempimento.
La caldaia da installare, considerata la limitata potenza, dovrà essere a griglia fissa.
4. Fabbisogno di biomassa
Il fabbisogno di biomassa dipenderà dalla volumetria dei fabbricati da riscaldare. In linea di
massima, in calcolo della potenza della caldaia da installare, che dipende da tutta una serie di fattori
relativi alle caratteristiche strutturali dei fabbricati (numero e dimensioni di porte e finestre,
all’esposizione, al clima, ecc., viene calcolato tenendo conto di circa 30 W/m3). Considerando un
fabbricato con volumetria media di 10.000 m3, bisognerà installare una centrale termica della
potenza nominale di 300 kW. Per calcolare il fabbisogno annuale di energia termica, sarà necessario
individuare i giorni medi di funzionamento e le ore giornaliere di accensione. Considerando 150
giorni/anno e 10 ore al giorno si ottengono 1500 ore di funzionamento annuo. Ciò significa che
l’energia termica complessivamente sviluppata risulta di 450.000 kWh. Tenuto conto di un
contenuto energetico medio del cippato di 3,37 kWh/kg con un tenore idrico del 30%, e di un
rendimento medio della caldaia a biomassa dell’80%, saranno necessari circa 166,91 t di materiale.
Tale quantità al fresco è pari a circa 178,76 t (umidità media del 53%).
5. Approvvigionamento di biomassa
La biomassa necessaria per la produzione di energia termica si può ottenere sia dal taglio di
formazioni boscate presenti in azienda (tra queste rientrano anche quelle presenti lungo corsi
d’acqua, che periodicamente vanno ripuliti per garantire un regolare deflusso delle acque) oppure da
piantagioni di specie a rapido accrescimento da costituire ex-novo. Prove di raccolta di potature di
olivo o di viti per un loro utilizzo hanno, al momento, degli alti costi unitari tali da far risultare
l’operazione fortemente antieconomica.
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5.1. Raccolta di biomassa da formazioni boschive presenti
Le formazioni boschive dalle quali raccogliere biomassa sono generalmente rappresentate la
piantagioni di conifere, da bosco ceduo e da vegetazione ripariale di corsi fluviali, se presenti. La
raccolta è subordinata all’autorizzazione prevista dai regolamenti forestali vigenti.
Nella raccolta il sistema di lavoro che da adottare sarà quello dell’”albero intero”, (Figura 1) che
prevede l’abbattimento della pianta, il suo esbosco e,
successivamente la sua utilizzazione integrale ovvero la
sua riduzione in scaglie di legno (cippatura).
Data l’esigua quantità di materiale da utilizzare
annualmente per il funzionamento di questa tipologia di
filiera legno-energia e considerando la tipologia di
caldaie impiegate che normalmente utilizza cippato con
contenuto massimo di umidità del 30-35% è
consigliabile effettuare la cippatura dopo un periodo di
stagionatura delle piante abbattute. Sminuzzando subito
le piante ci troviamo a gestire il processo di
fermentazione che inevitabilmente coinvolge il cippato.
Foto 3 Abbattimento meccanizzato (sega a
Con una buona programmazione dei tagli si riuscirà ad disco montata su bobcat) in un diradamento
avere il materiale “giusto” al momento “giusto”.
sistematico di una piantagione di conifere.
Nell’operazione di diradamento di piantagioni di
conifere lo schema di lavoro da adottare sarà quello
sistematico che nella pratica si traduce nell’eliminazione
completa di una fila di piante per un numero di file
prefissato (Foto 3). Generalmente si tende ad eliminare
una fila ogni sei in maniera tale che con il secondo
intervento di diradamento viene sottoposta a taglio la fila
centrale delle cinque rimaste. Questo schema operativo
favorisce, creando delle piste all’interno della
piantagione, la successiva operazione di esbosco.
Il grado di meccanizzazione da impiegare dovrà essere
ridotto al minimo; una motosega di media potenza per Foto 4. Cippatura con macchina
l’abbattimento ed un trattore agricolo, con adattamenti autoalimentante. Il materiale è soffiato dentro
all’uso forestale, munito posteriormente di verricello o di un contenitore scarrabile.
pinza per l’esbosco. E’ possibile comunque utilizzare, a
costi contenuti, macchine industriali (Bobcat) sulle quali
montare una testa abbattitrice (Foto 3). La cippatura
invece dovrà essere effettuata con una macchina
autoalimentante. Le piante esboscate saranno scaricate su
un piazzale di lavorazione, dove avverrà la cippatura, di
adeguate dimensioni (1500 mq sono più che sufficienti).
Il cippato sarà “soffiato” dentro un contenitore ed in
seguito trasportato per il conferimento dentro il silos
(Foto 4).
Se nell’azienda sono presenti superfici di bosco ceduo,
andrà valutata la convenienza economica della cippatura,
in rapporto alla produzione di legna da ardere, il cui Foto 5. Cippatura, con macchina ad
prezzo di mercato è notevolmente aumentato nell’ultimo alimentazione manuale, di materiale di scarto
quinquennio. Adottando comunque il sistema di lavoro e ramaglie dell’utilizzazione del bosco ceduo.
dell’albero intero, invece di quello del legno corto
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(abbattimento, sramatura e depezzatura sul letto di caduta) tradizionalmente impiegato per la
produzione di legna da ardere vi sarà la possibilità di trasformare in cippato la ramaglia.
Esboscando la pianta intera fino al piazzale di lavorazione, ed effettuando lì la sramatura e la
sezionatura vi è la possibilità di cippare la ramaglia. I mezzi da impiegare saranno gli stessi adottati
per il diradamento (l’abbattimento comunque non può prevedere l’impiego di macchine), a
differenza della cippatrice che dovrà essere più piccola e non autoalimentante (Foto 5). Per quanto
riguarda la ripulitura di alvei fluviali, si adotteranno le stesse tecniche di lavoro adottabili per le
piantagioni ed il bosco ceduo. In virtù della massa presente, e della morfologia delle sponde su cui
operare, potrà essere valutato anche l’impiego di teste abbattitrici montate su motrici (Foto 6)
5.2. Le piantagioni dedicate per la produzione di biomassa
Se per l’alimentazione di grandi centrali per produzione
di energia elettrica le piantagioni dedicate svolgono un
ruolo piuttosto marginale (per 1MW sono necessarie
dalle 8.000 alle 10.000 t annue) per le microfiliere
energetiche e solo per produzione di energia termica, dato
il basso consumo annuo, le SRF e le MRF rappresentano
uno dei punti base (Foto 7 e 8). In Italia le prime colture
energetiche sono state proposte dall’ENEL a metà degli
anni ’90 ed erano un’estrapolazione di quanto era stato
fatto nei paesi scandinavi a partire dagli anni ’70, cioè
dopo la prima crisi petrolifera internazionale. Da allora
molte cose sono cambiate: dalle enormi densità
d’impianto (fino a 18.000 piantine/talee per ettaro) si è
passati alle attuali 7-8.000; il miglioramento genetico ha
fatto passi da gigante nella selezione, in particolare per il
pioppo, di cloni sempre più produttivi e la
meccanizzazione ha trovato soluzioni tecniche e di
conseguenza economicamente vantaggiose, sia per la
costituzione della piantagione che per la sua raccolta.
Foto 6. Testa abbattitrice-allestitrice montata
su caricatore.
5.3. Costituzione e gestione delle piantagioni dedicate
Per ottenere un buon “risultato” dalle piantagioni
dedicate alla produzione di biomassa l’imprenditore
dovrà analizzare e fare delle scelte all’interno dei punti
di seguito elencati:
™
™
™
™
™
™
™
Foto 7. Piantagione di pioppo a corta
rotazione. Raccolta ogni 2/3 anni.
scelta della specie
lavorazione del terreno
costituzione della piantagione.
cure colturali
raccolta
stoccaggio della biomassa
ripristino del terreno
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5.3.1. Scelta della specie
Ad oggi, sulla base dei risultati di ricerche svolte nell’ultimo decennio, le specie maggiormente
impiegate nel nostro Paese per la produzione di biomassa sono il pioppo, l’eucalitto la robinia ed il
salice. La scelta della specie da utilizzare è di fondamentale importanza affinché la piantagione
vada a buon fine e va effettuata dopo un’accurata analisi delle caratteristiche pedoclimatiche
dell’area d’intervento.
Il pioppo predilige terreni freschi, profondi (minimo 50 cm) e ben drenati, con tessitura francolimosa o franco-argillosa, con contenuto in limo ed argilla inferiore al 50% e con PH compreso tra
5,5 e 7,5. Terreni torbosi e calcarei sono da evitare. Le precipitazioni medie annue dovrebbero
essere di almeno 700 mm e ben distribuite in quanto il pioppo tollera al massimo 2 mesi di siccità.
Temperature che scendono anche sotto lo zero non sono da temere.
Alcuni dei cloni disponibili, già iscritti o in via di iscrizione al Registro Nazionale dei Cloni
Forestali, da utilizzare nella costituzione di piantagioni dedicate alla produzione di biomassa, sono
AF2, AF6, Monviso, Pegaso, Sirio, Saturno e Marte.
Gli eucalipti prediligono generalmente terreni a buona fertilità, esistono anche specie plastiche che
ben si adattano a terreni più poveri. Tollerano anche periodi di prolungata siccità. Le piantagioni
sono da sconsigliare in aree dove nel periodo invernale la temperatura scende frequentemente sotto
lo zero.
Le specie attualmente impiegabili sono E. camaldulensis (provenienza lago Albacutya) e E.globulus
subsp.bicostata. Sono in sperimentazione degli ibridi ottenuti per incrocio controllato tra E.
camaldulensis e E. viminalis, E.grandis, E globulus sub bicostata e E.globulus sub globulus che
presentano caratteristiche di maggiore adattabilità e produttività rispetto alle due specie sopra citate.
La robinia vegeta bene su un’ampia varietà di suoli anche
se preferisce terreni permeabili, silicei e freschi con PH
intorno a 6. Si adatta comunque anche a terreni calcarei e
climi secchi.
Per gli impianti non sono disponibili incroci o cloni ma
varietà, tra le quali alcune ungheresi sembrano avere
buone produttività. Il materiale di propagazione, come nel
caso dell’eucalipto è rappresentato da semenzali di 1
anno
Il salice può essere impiegato anche su terreni pesanti.
Esigente in fatto di precipitazioni sopporta bene falde Foto 8. Materiale vivaistico di eucalipto da
freatiche alte. Resiste anche a temperature che si utilizzare per le SRF.
spingono abbondantemente sotto lo zero ma tollera male
la siccità prolungata.
Le specie maggiormente impiegabili sono il S. alba e il S. viminalis. Ibridi di S. matsudana sono
più produttivi e più resistenti alla siccità.
5.3.2. Lavorazione del terreno
La lavorazione del terreno preceduta, se necessario, da un decespugliamento per l’eliminazione
della vegetazione arbustiva, può essere eseguita con aratura andante tradizionale, minimo a 60-80
cm di profondità, o con doppia lavorazione: discissura profonda (1 m) ed aratura superficiale. Il
successivo affinamento del terreno, con erpicatura o fresatura, dovrà essere preceduta da una
fertilizzazione di fondo con concimi fosfatici o potassici, oppure con complessi ternari. I terreni su
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cui costituire la piantagioni dovranno essere in piano o con pendenza trascurabile. Questo per
evitare che le macchine impiegate nella messa a dimora delle piantine/talee, e quelle impiegate per
la raccolta non sfruttino al massimo le proprie capacità operative.
5.3.3. Costituzione della piantagione
La costituzione della piantagione
FILE SINGOLE
FILE BINATE
avviene con la messa a dimora delle
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piantine o talee; nel caso d’impiego
0,50 m o
0,50 m o o
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del pioppo possono essere messi a
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o 2,80 m
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o o 2,80 m
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dimora, in posizione orizzontale,
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degli astoni (Foto 9). Lo schema
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della piantagione può essere a file
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binate o a file semplici, anche se
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ultime vengono sempre più preferite
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0,75 m
Talee
alle prime per una migliore
Talee
esecuzione delle cure colturali - Figura 1. Schemi d’impianto della SRF di pioppo più comunemente
prevalentemente controllo delle erbe adottati.
infestanti- (Figura 1) .
Le piantine/talee messe a dimora e sono funzione della tipologia della piantagione (file singole o
binate) e variano da 7.000 a 11.000. La distanza tra le file o le bine è generalmente di 2,80-3,00 m,
mentre tra le bine viene adottata una distanza di 0,75 m. Sulla fila singola o sulla fila della bina le
piantine/talee sono distanziate di 50/60 cm.
Nella costituzione di piantagioni a media rotazione (Medium
Rotation Forestry), prevalentemente costituite con pioppo sia
adotta un sesto d’impianto in quadro o a rettangolo con
interdistanza generalmente di 3x3 o 2x3. A dimora vengono
messi degli astoni o pioppelle.
5.3.4. Le macchine
La messa a dimora deve essere necessariamente
meccanizzata al fine di contenere il costo dell’impianto. La
meccanizzazione da adottare sarà funzione del tipo di Foto 9. Macchina per la messa a dimora
piantagione che si vuole costituire: ad elevata densita (SRF) o orizzontale di astoni di pioppo.
a bassa densità (MRF).
Per la costituzione di piantagioni ad elevata densità
vengono impiegate le trapiantatrici, attrezzature di
tipo semi-portato o portato. Per la messa a dimora di
talee, con diametro e lunghezza variabili da macchina
a macchina (il diametro è compreso tra 20 e 45 mm e
la lunghezza tra 200 e 300 mm) l’organo trapiantatore
è costituito da un cingolo o una ruota in acciaio sul
quale sono applicati, esternamente gli organi di
trapianto dentro i quali vengono inserite, le talee che
sono poi conficcate nel terreno da un pistone.
Anteriormente all’organo trapiantatore un rullo
provvede a spianare e costipare il terreno. Il diverso
numero di organi di trapianto permette di variare le
distanza delle talee sulla fila (generalmente 50 o 60 Foto 10. Trapiantatalee della ditta Allasia.
cm). L’attivazione del pistone per l’inserimento della
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talea nel terreno può essere di tipo meccanico, con delle molle, o di tipo elettronico, con dei sensori
di prossimità. Le trapiantatrici maggiormente
impiegate nel nostro Paese sono la Rotor, la
trapiantatrice
Allasia
(Foto
10),
la
trapiantatrice Spapperi (Foto 11). Di
quest’ultima esiste un modello realizzato per
la costituzione di piantagioni a file binate ed
un modello che può montare un apparato
meccanico
in
grado
di
distendere
simultaneamente, durante l’operazione di
trapianto, un film plastico pacciamante.. Su
tutte le trapiantatrici sono presenti il sedile per
l’operatore (sulla Spapperi, ne possono essere
montati fino a quattro) e lo spazio necessario
per i contenitori del materiale di propagazione. Foto 11. Trapiantatalee della ditta Spapperi durante la
Le macchine che possono trapiantare piantine costituzione di una SRF a file binate.
a radice nuda sono del tipo universale; sono costituite da un assolcatore, che provvede all’apertura
del solco dove andrà posizionata la piantina, e da due versoi o dischi rincalzatori che provvedono a
richiudere il solco. Le macchine provvedono anche, per un migliore attecchimento delle piantine, a
compattare il terreno con dei rulli metallici.
Nella macchina messa a punto da Allasia il materiale di propagazione è posizionato nel solco
manualmente dall’operatore. Un avvisatore acustico, azionato da un sistema di fotocellule, indica il
momento in cui posizionare la piantina facendo così rispettare la distanza sulla fila precedentemente
prefissata.
Nella macchina della Berto invece le piantine, inserite dentro delle pinze montate radialmente
sull’esterno di una ruota, vengono rilasciate nel momento in cui toccano il terreno.
Per la costituzione di piantagioni con astoni, posizionati orizzontalmente sul terreno, è stata messa a
punto una macchina dal Dipartimento di Economia, Ingegneria Agraria, Forestale e Ambientale
(DEIAFA) dell’Università di Torino. La macchina di tipo semi-portato lavora con astoni della
lunghezza massima di 1,3 metri. Il materiale di propagazione è messo in due contenitori, posizionati
posteriormente alla macchina, in cui sono presenti due nastri trasportatori, il cui movimento è
garantito da una catena che collega due ruote, che provvedono al posizionamento degli astoni nei
due solchi aperti da quattro versoi e richiusi da 2 rincalzatori. Per garantire un migliore
attecchimento del materiale i solchi sono poi costipati dalle due route. La distanza dei due solchi è
variabile tra due e tre metri.
Relativamente alla costituzione di piantagioni a bassa densità, da gestire come ceduo a media
rotazione (MRF) è presente sul mercato una macchina della ditta Allasia, la pianta astoni verticali
(Foto 12).
La macchina è provvista anteriormente di un
assolcatore che apre il solco dove l’operatore
posiziona l’astone. Due dischi rincalzatori,
posizionati in maniera obliqua, richiudono il
solco e due ruote provvedono al costipamento
del terreno per garantire maggiore sicurezza
alla posizione verticale della pianta. La
regolarità dell’esecuzione dell’impianto è
garantita da un dispositivo elettrico che
accendendo una spia luminosa indica
all’operatore il momento in cui inserire
l’astone nel solco. L’alternativa a questo
sistema di lavoro è l’impiego di una trivella
Foto 12. Pianta astoni per la costituzione di piantagioni a
turno medio (MRF).
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portata posteriormente ad un trattore per la creazione di buche dove inserire poi il materiale. La
trivella, del diametro massimo di 20 cm, è azionata dall’operatore con comando idraulico.
Naturalmente prima del lavoro deve essere effettuato il tracciamento dell’impianto con l’impiego di
un “tracciafile”. Il materiale sarà poi trasportato in campo sul pianale di un rimorchio e messo a
dimora manualmente.
Il personale necessario per il lavoro è mediamente costituito da tre unità. La velocità media di
avanzamento delle trapiantatrici varia tra 1 e 1,5 km/h; quella delle pianta astoni, sia orizzontali che
verticale supera i 2 km/h
5.3.5. Le cure colturali
Scopo principale delle cure colturali è il controllo delle erbe infestanti, che è un fattore limitante
alla crescita della piantagione, soprattutto subito dopo la messa a dimora del materiale di
propagazione. Fermo restando che già durante la preparazione del terreno possono essere usati
prodotti che contrastano la crescita di erbe infestanti (prodotti a base di glufosinate d’ammonio), un
controllo chimico subito dopo la messa a dimora delle
talee/piantine può essere fatto utilizzando prodotti
antigerminello che garantisce il terreno libero da infestanti
per i primi 2-3 mesi.
Il controllo delle infestanti nelle interfile va fatto con mezzi
meccanici, erpice o fresa, che oltre a garantire
l’interramento delle malerbe rendono il terreno più soffice e
favoriscono lo sviluppo delle radici (Foto 13). Nella
tipologia d’impianto a file binate, il controllo delle
infestanti tra le bine, a causa dell’impossibilità del
passaggio di trattori va fatto con trattamenti chimici
Foto 13. Fresatura per l’eliminazione
delle erbe infestanti.
localizzati, principalmente disseccanti.
La lotta alle infestanti va eseguita sempre dopo la
ceduazione.
Anche l’irrigazione, seppur molto costosa, va annoverata tra le cure colturali, in quanto una
prolungata siccità della primavera e dell’estate, può compromettere l’esito della piantagione.
5.3.6. Aspetti fitosanitari
Anche se oggi, a differenza dei pioppeti classici, la problematica di attacchi di insetti e funghi in
piantagioni da biomassa non è presa molto in considerazione bisogna tener presente che attacchi di
agenti patogeni, in questi tipi di piantagioni ad alta densità, potrebbero creare danni anche ingenti
con conseguente inutilizzabilità delle piante. I maggiori nemici sono: il punteruolo del pioppo,
Cryptorhyunchus lapathi, un coleottero che lesionando il fusto determina la rottura delle piante; la
Figura 14. Danni su fusto provocati dal
“punteruolo”. Nei casi più gravi si arriva alla
rottura.
Foto 15. Danni sulle foglie provocati dalla
cimicetta.
12
camicetta, Monosteira unicostata, un eterottero che agisce a livello fogliare determinando la
decolorazione del lembo fogliare, la gemmaiola Gypsonoma aceriana, che sviluppandosi sulla
foglie e sui germogli ne può bloccare l’accrescimento (Foto 14 e 15). Meno da temere, in virtù delle
caratteristiche genetiche dei cloni impiegati nelle piantagioni sono i classici parassiti fogliari del
pioppo quali la Marsonnina Brunnea e il Melampsora spp.
Per verificare la presenza di tali parassiti è consigliabile eseguire almeno 2 visite annuali
sull’impianto, una primaverile ed una estiva. Nel caso sia evidenziata la presenza di agenti patogeni
è necessario intervenire con idonei trattamenti (prevalentemente insetticidi) e verificarne poi
l’efficacia, dato che l’alta densità può vanificarne l’effetto.
5.3.7. La raccolta
La raccolta delle colture forestali energetiche a breve rotazione rappresenta, nella filiera legnoenergia di piantagioni dedicate, una delle fasi operative più impegnative, sia da un punto di vista
tecnico che economico, dovendo conciliare il costo delle macchine con le superfici da raccogliere
annualmente.
Le macchine per la raccolta delle colture forestali energetiche a breve rotazione possono essere
classificate in relazione al sistema di lavoro adottato che sostanzialmente è distinto sulla base della
simultaneità o meno delle operazioni di taglio, raccolta e sminuzzatura delle piante. Vengono
pertanto individuati due principali sistemi: il primo prevede l’esecuzione, in successione, delle tre
operazioni citate, e comporta la trasformazione diretta in campo della biomassa in cippato. Le
macchine impiegate sono delle falciatrinciacaricatrici. Il secondo sistema, invece, prevede una certa
discontinuità temporale tra l’esecuzione del taglio e la trasformazione in cippato delle piante. Le
piante infatti una volta tagliate sono accumulate a bordo campo oppure al centro aziendale dove, in
una fase successiva, avverrà, la loro trasformazione in cippato.
Le falciatrinciacaricatrici, macchine impiegabili nel primo sistema di lavoro presentano una testata
di taglio costituita da due dischi o da una sega a catena e da rulli di trascinamento che convogliano
la pianta, una volta tagliata, verso l’organo sminuzzatore. Questo è costituto da un disco o un
tamburo su cui sono montati dei coltelli o da una vite senza fine. Un convogliatore a collo d’oca
provvede all’espulsione del materiale sminuzzato dentro un apposito cassone trainato dalla
macchina stessa, oppure, più frequentemente, dentro un rimorchio trainato da un trattore che viaggia
in parallelo. Tale sistema di lavoro, sia per il materiale prodotto (il tenore idrico è sempre
superiore al 50% e difficilmente utilizzabile in caldaie di piccola potenza) sia per l’elevato
costo d’acquisto delle macchine non è indicato per la raccolta di piantagioni costituite per il
funzionamento di microfiliere.
Le macchine più frequentemente utilizzate sono la Claas e la Spapperi.
La Claas è una macchina di costruzione tedesca, è semovente e flessibile in quanto utilizzata
normalmente in foraggicoltura e diviene idonea per la raccolta delle colture forestali cambiando
Foto 16. Falciatrinciacaricatrice Claas durante
la raccolta.
Foto 17. Falciatrinciacaricatrice della ditta
Spapperi durante la raccolta.
13
semplicemente la testata di taglio che è costituita, da due seghe a disco controrotanti ed un organo
cippatore a tamburo con minore numero di coltelli ma più robusti rispetto alla versione agricola. La
potenza della macchina è compresa tra i 280 -350 kW, secondo il modello, con un peso che si
aggira sui 10.000 kg, con quattro ruote motrici. Il cippato prodotto può essere soffiato dentro un
cassone direttamente trainato dalla macchina, oppure, più normalmente, in un cassone trainato da un
altro trattore agricolo (Foto 16). Le produttività ottenute in questo caso sono molto elevate e anche
superiori alle 20 t/h di materiale fresco.
Spapperi è una macchina di costruzione italiana, ed
è semiportata. Per il lavoro necessità di un trattore
con potenza media di 140-150 kW. E’ collegata
all’attacco a tre punti del trattore e poggia su due
ruote. Sostanzialmente è una cippatrice a disco alla
quale è stato applicato un organo di taglio costituito
da due seghe circolari. Una volta tagliate le piante
sono trascinate verso l’organo sminuzzatore da due
rulli laterali e due orizzontali. Un collo d’oca
provvede all’espulsione del cippato dentro un
rimorchio che viaggia affiancato alla raccoglitricecippatrice (Foto17). Una diversa versione della
macchina (raccoglitrice–pezzatrice)
produce Foto 18. Materiale ottenuto dall’impiego della
materiale più lungo (mediamente 30 cm) che raccogli-pezzatrice.
diminuisce il problema della fermentazione (Foto
18).
Il secondo sistema di lavoro, taglio esbosco e cippatura delle piante, dopo adeguata stagionatura, è
quello che meglio si adatta alla raccolta di materiale per il funzionamento di microfilere.
Con questo sistema di lavoro infatti si evita il problema della stagionatura del cippato che
inevitabilmente porta a dover controllare la fermentazione (fenomeno determinato da batteri che
nutrendosi dei componenti del legno, cellulosa in particolare, determinano il suo deterioramento,
con inevitabile riduzione del potere calorifico) con notevole dispendio economico (il cippato,
soprattutto nel periodo primaverile- estivo deve essere rimescolato almeno due volte al giorno). Per
il taglio sarà sufficiente acquistare una “taglia ceppaie” mentre per l’allontanamento del materiale
dal campo si potrà usufruire di un trattore con pinza anteriore, magari già presente in azienda (Foto
19 e 20). Anche per il funzionamento della “taglia ceppaie” potrà essere utilizzato un trattore
aziendale. L’investimento economico maggiore sarà quello per l’acquisto di una cippatrice.
Rispetto alle grandi centrali il modello proposto elimina il costo del trasporto, così come la
difficoltà di approvvigionamento della materia prima e la precedente fase di programmazione di
Foto 19. Abbattimento di piante intere con impiego di
taglia ceppaie.
Foto 20. Allontanamento dal campo, delle piante
precedentemente abbattute, con trattore munito di
idonea pinza anteriore.
14
reperimento della stessa. A livello ambientale va sicuramente esaltato il minor impatto dei piccoli
impianti che meglio possono essere accettati dalle comunità locali. Non trascurabile è, infine, la
possibilità dei modelli di microfiliera di essere facilmente riproducibili nelle realtà più diverse,
anche alla luce della politiche comunitarie sempre più restrittive nei confronti delle colture
tradizionali che di fatto rendono gli imprenditori agricoli più propensi ad investire in colture
alternative energetiche.
A completamento di quanto sopra esposto, in appendice vengono riportati i risultati di un’analisi
economica ed energetica, effettuata sulla microfiliera energetica di autoconsumo attivata presso
l’azienda del CRA-ING, che attesta la sostenibilità dell’azione intrapresa.
15
APPENDICE
Considerazioni economiche
La microfiliera di autoconsumo energetico rappresenta un efficace modello produttivo in virtù della
maggiore valorizzazione della biomassa. Tutto il valore aggiunto ottenuto durante il processo di
trasformazione del legno in energia rimane infatti all’interno della microfiliera. I vantaggi del
sistema di produzione di energia per autoconsumo sono molteplici. I più significativi sono
rappresentati dal consistente risparmio economico dovuto alla forte riduzione dei costi di trasporto e
dalla contenimento dell’inquinamento ambientale per il limitato impiego di mezzi di produzione. La
realizzazione di piantagioni dedicate, oltre a migliorare l’aspetto paesaggistico dell’area, concorre
anche alla conservazione del suolo e può svolgere un’azione di fitodepurazione. Il vantaggio
economico della biomassa ad uso energetico è, in linea di massima, già evidenziabile ponendo a
confronto i costi per unità di energia sviluppata dai diversi combustibili. Per produrre, ad esempio,
10 kWh di energia termica si devono spendere 1,1-1,2 euro con il gasolio, 0,70-0,75 euro con
metano, 0,60-0,65 con il carbone, mentre il costo scende a 0,25-0,35 euro per biomassa con umidità
del 25-30%. In termini quantitativi, per sostituire il contenuto energetico di un kg di gasolio, sono
necessari circa 3-4 kg di legna.
Il confronto economico, al fine di valutare la sostenibilità dell’impiego della biomassa è stato
condotto per l’intera microfiliera (costi di produzione del cippato e di gestione della caldaia). Di
seguito è riportato un bilancio economico dei vari processi produttivi della filiera legno-energia e il
raffronto con il sistema di riscaldamento a gasolio già presente. Per comparare i risultati, il
confronto è stato effettuato ipotizzando, per la centrale a gasolio, la stessa potenza nominale
posseduta dal generatore di calore a biomassa, cioè 232 kW.
La valutazione economica riferita
alla piantagione, le per due
tipologie d’impianto adottate, file
singole e file binate, è riferita a
un ciclo produttivo fissato in 11
anni, 5 ceduazioni a cadenza
biennale e prima ceduazione a
partire dal terzo anno. Sono stati
analizzati tutti i costi reali
sostenuti fino al primo taglio e,
sulla base dei dati acquisiti, sono
stati stimati i costi relativi alle
varie operazioni colturali previste
per gli anni successivi fino al
termine del ciclo colturale. Dopo
l’ultimo
taglio
è
prevista
l’eliminazione delle ceppaie e il
ripristino del terreno all’uso
agricolo. Per la raccolta della
biomassa è stato adottato il
sistema di lavoro che prevede il
taglio delle piante, il trasporto
delle stesse ad un piazzale di
File singole
File binate
Ripuntatura, aratura superficiale
Descrizione operazioni
310
310
310
Concimazione di fondo (PK)
130
130
130
Erpicatura
Acquisto talee di pioppo
Impianto meccanizzato con trapiantatalee
MEDIA
40
40
40
1.710
2.490
2.100
340
490
415
2.530
3.460
2.995
Trattamento diserbante post-impianto
100
100
100
Fertilizzazione di copertura (N)
110
110
110
Fresatura delle interfile (n. 2 interventi)
170
140
155
TOTALE COSTO D'IMPIANTO
Irrigazione di soccorso
250
250
250
Taglio di affrancamento ceppaie
200
250
225
TOTALE COSTI 1° ANNO
830
850
840
Fresatura delle interfile (2 interventi)
170
140
155
Zappettatura manuale
220
260
240
TOTALE COSTI 2° ANNO
390
400
395
Taglio della SRF e accumulo piante
200
250
225
Cippatura e trasporto intra-aziendale
700
875
788
TOTALE COSTI 3°-5°-7°-9°-11° ANNO
900
1.125
1.013
Fertilizzazione di copertura (N)
110
110
110
Fresatura delle interfile (2 interventi)
170
140
155
TOTALE COSTI 4°-6°-8°-10° ANNO
280
250
265
COSTO DI RIPRISTINO DEL TERRENO
300
300
300
Tabella 1 - Costi d’impianto e di gestione della due tipologie di
piantagione (euro ha-1), su un ciclo produttivo di 11 anni.
16
lavorazione e la loro sminuzzatura in una fase successiva, quando il materiale sarà già parzialmente
disidratato (tabella 1). Il principale parametro economico determinato è stato il costo medio di
produzione del combustibile cippato, per unità di superficie e per unità di prodotto. Tale costo,
considerando la durata poliennale della piantagione, è stato calcolato mediante un’analisi finanziaria
basata su un procedimento di attualizzazione dei flussi di costo annuali, adottando un saggio di
sconto del 3%. Ottenuto questo valore, si è proceduto alla determinazione del costo medio annuo di
produzione. Rapportando tale valore alla produzione media annuale, è stato ottenuto il costo medio
per unità di prodotto.
I risultati dell’analisi
Elementi esaminati
File singole
File binate
MEDIA
finanziaria,
mostrati
in
tabella 2, evidenziano un Costo attualizzato (ciclo di 11 anni; r=3%)
8.504,53
10.283,52
9.394,02
costo medio annuo di
Costo medio annuo per ettaro (r=3%)
919,15
1.111,42
1.015,28
produzione per ettaro di circa
16,33
23,09
19,71
1.015 euro, più basso nelle Produzione media ad ettaro per anno (t)
52,54%
53,49%
53,02%
file singole rispetto alle Umidità media della biomassa (% su fresco)
binate. Il costo medio per Costo medio del cippato per tonnellata fresca
56,29
48,13
52,21
unità di prodotto fresco è di Costo medio per tonnellata anidra
118,61
103,48
111,04
circa 52 euro/t (circa 111 Costo medio per tonnellata al 30% di umidità
86,60
74,05
80,32
euro/t di sostanza secca).
Nella stessa tabella è Tabella 2 – Elaborazione finanziaria dei costi della piantagione con
riportato anche il costo di determinazione del costo medio di produzione del cippato.
produzione del cippato
Tipo d'impianto
Rapporto
unità di
con un contenuto del
Parametri considerati
misura
Cippato
Gasolio
G/C
30% di umidità, cioè
3
Volume
edificio
5.880
5.880
1,00
m
circa 80 euro/t. Con tale
3
0,030
0,030
1,00
W/m
valore è effettuato il Fabbisogno energetico unitario
Periodo
di
funzionamento
h/anno
1.500
1.500
1,00
confronto con il sistema
kWh/anno
264.600
264.600
1,00
di
riscaldamento
a Fabbisogno di energia
Potenza della caldaia
kW
232
232
1,00
gasolio.
Rendimento della caldaia
%
80,0%
90,0%
1,13
Potere calorifico combustibile (pci)*
kWh/kg
3,25
11,86
3,65
In tabella 3 è riportato il Consumo annuo del combustibile
t/anno
101,77
24,79
0,24
kg/h
67,85
16,53
0,24
confronto dei costi di Consumo orario combustibile
€
42.224
16.936
0,40
gestione annuali dei due Costo centrale termica, posa in opera e collaudo
Prezzo
del
combustibile
€/kg
0,08
1,40
17,50
sistemi di riscaldamento
Costo combustibile per unità energetica prodotta
€/kWh
0,031
0,131
4,26
posti a confronto.
Costo annuale del combustibile
€
8.141,54
34.703,53
4,26
Per
sopperire
al Altri costi annuali di gestione (elettricità, manut., ecc.)
€
8.979,98
3.806,03
0,42
fabbisogno annuo di Costo complessivo di gestione annuale
€
17.121,51
38.509,56
2,25
energia termica richiesta Costo di produzione dell'energia termica
€/MWh
64,71
145,54
2,25
nelle 1500 ore di Tabella 3 – Analisi degli elementi tecnici e confronto dei costi di gestione dei due
funzionamento, (264,6 sistemi di riscaldamento (cippato e gasolio).
MWh),
con
un
rendimento medio della caldaia dell’80%, è necessario bruciare circa 102 t di cippato (umidità del
30%), oppure circa 24,8 t di gasolio (in questo caso con rendimento della caldaia del 90%). I costi
dell’investimento iniziale per l’acquisto e l’installazione della caldaie possono essere
verosimilmente ammortizzati in un periodo di 20 anni di durata tecnica dell’impianto.
Nel prospetto semplificato di tabella 3 si evidenzia il vantaggio dell’utilizzo del cippato rispetto al
gasolio pari a circa 21.000 euro all’anno.
L’analisi economica pone in evidenza la sostenibilità della microfiliere per produzione di energia
termica.
17
Costo Cippato al 30% u. (€/t)
Risparmio economico di
gestione (€/anno)
Costo (euro/MWh)
Il risultato finale dimostra che
Cippato
Gasolio
200,00
l’impiego
del
cippato
186,07
172,56
autoprodotto porta ad un
159,05
145,54
risparmio medio nei costi di
150,00
132,03
gestione
del
riscaldamento
118,52
105,01
dell’Istituto pari a circa 81 euro
100,00
74,21
per MWh di energia termica
64,71 67,88 71,05
55,20 58,37 61,54
prodotta rispetto all’impiego del
50,00
combustibile fossile. In figura 1
si riporta l’effetto di una
variazione
percentuale
del
0,00
prezzo dei due combustibili
‐30%
‐20%
‐10%
0%
10%
20%
30%
rispetto ai livelli attuali.
Variazione % del prezzo del combustibile
Aumentando
della
stessa
percentuale i prezzi del cippato e Figura 1. Variazione del costo di produzione dell’energia termica nei due
del gasolio, il primo sistema sistemi a variazioni percentuali dei prezzi del combustibile
diventa sempre più competitivo.
In figura 2 si riporta la
simulazione
del
risparmio
Risparmio di gestione (di C su G)
ottenibile dal sistema a cippato
Costo cippato
rispetto al gasolio in relazione
25.000
160
alla
produttività
delle
140
20.000
piantagioni e, quindi, al costo di
120
autoproduzione del cippato. In
100
15.000
una situazione di minori rese
80
10.000
delle piantagioni, il costo di
60
produzione del cippato aumenta
40
5.000
20
riducendo il vantaggio nella
0
0
gestione
del
sistema
di
riscaldamento. Tuttavia, anche
5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
in corrispondenza di rese molto
Produzione biomassa da SRF (t ss ha-1 anno-1)
basse e di costi di produzione
del
cippato
estremamente Figura 2. Variazione del risparmio nei costi di gestione del sistema a
elevati (oltre 120 euro t-1), il cippato rispetto al gasolio, in relazione al livello di produttività della SRF.
risparmio economico permane
ed è comunque significativo (13-15.000 euro anno-1).
18
Aspetti energetici
Per avvalorare maggiormente la sostenibilità della microfiliera di autoconsumo costituita è stato
effettuato un bilancio energetico. A differenza del bilancio economico che esprime, in termini
monetari, la convenienza o meno di una qualsiasi attività svolta, il bilancio energetico è finalizzato
alla quantificazione dell’energia prodotta (output), nel caso specifico è l’energia termica derivante
dal legno raccolto dalle piantagioni, e alla quantità di energia spesa (input) per ottenere tale
produzione. Nell’input è considerata anche l’energia spesa per la costruzione delle macchine
impegnate nel processo produttivo. Il valore ottenuto dal rapporto output/input esprime l’indice
energetico di riferimento. Tale valore, se il bilancio risulta positivo, dovrà essere maggiore di 1.
L’unità di riferimento del bilancio energetico è il Joule (J) o suoi multipli.
Gli input necessari si suddividono in input diretti, rappresentati dai carburanti e lubrificanti
consumati dalle macchine e gli input indiretti rappresentati dal valore energetico dei materiali
costituenti le macchine rapportato alla relativa durata tecnica, alla massa ed all’effettivo impiego.
Combustibili
Gasolio
Benzina
Lubrificanti
Materia “prima”
Materiali ferrosi
Materiali non ferrosi
Leghe leggere
Altri materiali
Input (MJ/kg)
51,5
55,3
83,7
Contenuto energetico
medio (MJ/kg)
67,5
90,0
360,0
112,5
I valori considerati dei combustibili e dei materiali sono riportati nelle tabelle soprastanti.
Il consumo dei lubrificanti è stato assunto pari a 3 kg ogni 100 kg di gasolio consumato e pari ad
1/3 di kg per ogni kg di miscela utilizzata. Per la determinazione dell’energia fornita dalla
combustione del legno prodotto dalla piantagione (output) è stato determinato il potere calorifico
superiore (P.C.S.) del legno stesso. Tale valore, riferito alla sostanza secca (s.s.) senza ceneri, è
stato determinato su campioni omogeneizzati privi di umidità, facendo uso della bomba
calorimetrica di Berthelot-Malher. Dato che tra i valori dei vari cloni di pioppo utilizzati ( AF2,
AF6 e Monviso) non sono state
riscontrate differenze significative, è
stato assunto un valore medio uguale
per tutti e pari a 20,45 MJ/kg s.s.
Considerando le produzioni di s.s. al
momento del taglio (R3F2), riportate
nella figura 3, e rapportandole al
valore energetico stabilito si ottengono
i diversi output forniti dai diversi cloni
per tipologia d’impianto.
Per la determinazione degli indici
energetici (output/input) dell’intero
ciclo produttivo della piantagione,
sono stati calcolati, tutti input forniti. Figura 3. Produttività ad ettaro per i diversi cloni nei primi tre anni
Il ciclo produttivo è stato considerato di vita. R= radici F = fusto
pari a 11 anni con 5 ceduazioni e
19
prima ceduazione al 3° anno. I dati sperimentali rilevati, raccolta compresa, sono stati estrapolati
per tutto il ciclo produttivo, ed è stata considerata anche l’eliminazione delle ceppaie. Nella tabella
4 sono riportati i valori degli output e degli input calcolati per i tre cloni e per le due tipologie
d’impianto. In figura 4 sono invece riportati gli indici energetici (output/input) ricavati per la
piantagione e per l’intera microfiliera. In questo ultimo caso sono stati considerati anche i valori
relativi alla caldaia.
INPUT
INDIRETTI
1, 2, 4, 5,
3
6
INPUT
TOTALI
1, 2, 4, 5,
3
6
13,8
5,4
5,2
19,5
4,9
2,1
0,7
0,7
19,4
19,4
9,0
2° CICLO DI
CEDUAZIONE
19,4
19,4
3° CICLO DI
CEDUAZIONE
19,4
4° CICLO DI
CEDUAZIONE
OPERAZIONI
INPUT
DIRETTI
1, 2, 4, 5,
3
6
OUTPUT
1
2
3
4
5
6
19,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
5,6
2,7
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
9,0
28,4
28,4
345,6
373,0
327,2
553,4
506,8
389,4
9,0
9,0
28,4
28,4
345,6
373,0
327,2
553,4
506,8
389,4
19,4
9,0
9,0
28,4
28,4
345,6
373,0
327,2
553,4
506,8
389,4
19,4
19,4
9,0
9,0
28,4
28,4
345,6
373,0
327,2
553,4
506,8
389,4
5° CICLO DI
CEDUAZIONE
19,4
19,4
9,0
9,0
28,4
28,4
345,6
373,0
327,2
553,4
506,8
389,4
ELIMINAZIONE
CEPPAIE
3,9
3,9
0,3
0,3
4,2
4,2
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
PREPARAZIONE
14,1
ED IMPIANTO
CURE
COLTURALI 1°
ANNO
1° CICLO DI
CEDUAZIONE
TOTALE
120,0 116,8 51,2
50,9 171,1 167,7 1728,0 1865,0 1636,0 2766,9 2533,8
1946,8
Tabella 4. Computo energetico dell’intero ciclo produttivo della piantagione, in GJ ha-1. (1: clone AF2, file singole; 2:
clone AF6, file singole; 3: clone Monviso, file singole; 4: clone AF2, file binate; 5: clone AF6, file binate; 6: clone
Monviso, file binate).
Piantagione
Indice Output/Input
In relazione poi alle esigenze
termiche dell’Istituto gli ettari
da impiantare, per avere un
costante approvvigionamento
della caldaia nel periodo
invernale
(1500
di
funzionamento) variano da un
minimo di 5 ad un massimo di
9 ettari in funzione della
produttività dei cloni,.
Microfiliera
20,00
16,50
15,00
10,00
5,00
10,10
10,90
4,20
4,40
4,10
1
2
3
15,10
11,60
9,60
5,50
5,30
4,60
4
5
6
0,00
Ipotesi
Figura 4. Indice output/input, per singola ipotesi, riferito alla sola
piantagione ed all’intera microfiliera energetica.
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