Il chitarrista imperfetto \- Anteprima

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Il chitarrista imperfetto \- Anteprima
DAVIDE MURRU
Il chitarrista
imperfetto Anteprima
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T h i s e b o o k w a s c r e a t e d w i t h B a c kTy p o
( h t t p : // b a c k t y p o . c o m )
by Simplicissimus Book Farm
Indice dei contenuti
Il chitarrista imperfetto
1
PREFAZIONE
2
IL PRIMO APPROCCIO
4
GLI INIZI
10
UNA GRANDE FAMIGLIA
13
Il chitarrista imperfetto
Manuale di sopravvivenza per band
minori
PREFAZIONE
Non è semplice spiegare il perché nascano
certe passioni più inclini ad essere delle
malattie.
Posso soltanto dire che dopo 20 anni di
disonorata carriera mi ritrovo ad aver voglia
di fare il punto della situazione, sviscerare i
motivi per i quali la musica è arrivata ad aver
una parte importantissima nella mia vita e ad
aver voglia di condividere le mie esperienze,
le mie sensazioni e le mie emozioni con chi
leggerà queste pagine.
Iniziai a suonare la chitarra più per invidia
del
mio
amico
Mauro
(il
bassista
dei
Sensounico tanto per intenderci) che per una
mia passione vera.
Poi la cosa iniziò a farsi seria e la “pietra
rotolante” della musica venne a scontrarsi
colmio
modo
di
vivere
modificandoli per sempre.
e
diessere,
Questi racconti sono scritti di getto da un
“sognatore di musica” che suona in pub, in
locali
di
ogni
genere,
in
piazze
e
manifestazioni con la sua piccola band che
alimenta quel “sottobosco” di gruppi musicali
ai
più
sconosciuti
e
che
continuanoad
inseguire il sogno di far diventare la propria
passione la propria professione.
Personaggi e luoghi descritti fortunatamente
esistono davvero e rendono il mondo musicale
ancora più bello ed affascinante.
Ed ecco quindi “Il chitarrista imperfetto”,
un piccolo manuale di sopravvivenza per le
band
minori
torinesi
e
non,
scritto
dal
chitarrista dei Sensounico.
Dave
IL PRIMO APPROCCIO
Ognuno di noi ha motivazioni diverse che lo
spingono ad avvicinarsi ad uno strumento
musicale: l’imposizione da parte dei genitori
(perché mio figlio è portato per la musica fin
da quando aveva 6 mesi), perché affascinati da
un professionista visto in un video suMTV,
perché fa tendenza poter dire che si suona un
qualcosa oltre al campanello di casa propria.
La carica di entusiasmo con la quale ci si
getta in questa avventuraverrà subito esaurita
nel primo approccio vero con lo strumento.
Già, perché suonare non è affatto facile ed il
discorso è valido un po’ per tutta la gamma di
strumenti.
Chi può dire di avercela fatta, converrà con
le prossime righe sulle difficoltà di natura
varia che il principiante man mano incontrerà
e che saranno sempre più difficili da superare.
Certo, siamo già tutti un po’ musicisti,
d’altronde chi non ha mai cantato sotto la
doccia o suonato con la clavietta o il flauto la
canzone della “Barilla”? Do re mi fa sol la
sol...e così via. Ma se qualcuno si considerasse
portato solo per questo, sarebbe da internare
subito. Poi a sentire bene l’originale,si capisce
la differenza che esiste tra l’esecutore portato e
l’esecutore bravo!
In questo capitolo parlerò della chitarra, lo
strumento che da anni sto cercando di far
diventare mio.
Alcuni professionisti come Slash dei Gun’s
and Roses sono davvero fuorvianti per i
principianti:
carismatica
la
figura,
assoli
bellissimi e lunghissimi, chitarra ad altezza
ginocchia.
Proprio per quest’ultima particolarità posso
affermare che suonare la chitarra non è mai
comodo (comodo è un letto, un divano o una
poltrona ma non una chitarra) e suonarla
appoggiata
alle
ginocchia
è
praticamente
impossibile a meno che non si posseggano un
paio di braccia stile orango.
Chi ha avuto la brillante idea di provare un
violino poi, sarà sicuramente giunto alla
conclusione
posizione
che
già
corretta
solo
per
servono
tre
tenerlo
in
anni
di
Conservatorio ed un collare di Schanz.
Superati questi primi traumi, si arriva al
reperimento della chitarra: solitamente si
parte
con
uno
strumento
recuperato
da
qualche conoscente che aveva provato a
cimentarsi nell’ardua impresa di imparare a
suonare molto tempo prima di voie che non
essendoci riuscito, ha parcheggiato la chitarra
classica con corde in nylon in un angolo della
cantina, lasciandola all’inesorabile destino in
balia di muffe e umidità.
Si vede spesso infatti il principiante con una
chitarra il cui manico forma un preciso angolo
di 90° suonare delle corde di color verdino e
con le parti metalliche dei capotasti dello
spessore
di
30 centimetri
dovuto
alla
formazione di ruggine.
Ma se l’entusiasmo farà superare anche
questi
piccoli
procurati
un
inconvenienti,
dopo
bel
per
“Metodo
essersi
chitarra
classica”, finalmente si inizia a suonare....o così
si crede.
Il metodo per chitarra a fascicoli di qualche
tempo addietro ad esempio, segue una linea
didattica assai particolare:-“Suonate la corda
SI a vuoto. Ora premete la stessa corda con il
dito indice al primo capotasto. Avete suonato
la nota DO. Ora ascoltate e riproducete queste
note...”- e parte la nona sinfonia di Beethoven.
Appurato
che
con
quel
librettonon
si
imparerà mai un bel niente, ci si affida alla
ricerca tramite internet o ad amici che già
sanno suonare la chitarra, di un metodo che
spieghi la posizione delle dita per poter fare gli
accordi: perché da più soddisfazione fare la
“Canzone del sole” piuttosto che emettere
singole note senza un senso.
Ci si accorgerà con grande stupore che
esistono molti, troppi accordi e che alcuni di
essi richiedono una posizione delle dita a dir
poco impossibile. Si parte comunquedai più
banali ed in quel preciso momento ci si rende
conto di due cose : fino ad ora ho usato la
mano sinistra sfruttandola per un massimo del
15% delle sue possibilità ed il mio cervello non
ha assolutamente il controllo su di essa.
Infatti non è raro vedere il principiante
osservare intensamente la sua mano sinistra e
cercare di imporsi il movimento del mignolo e
mentre la sua mano,quasi dotata di vita
propria, muove l’anulare.
Quando si tratterà di eseguire il barrè, lo
sguardo inizierà a farsi più intenso e la guerra
mente- mano sarà ufficialmente dichiarata.
Ma poniamo il caso che non ci si faccia
scoraggiare neanche da quello e vengano
superate le crisi isteriche in cui si cadrà
sicuramente,
coscienza
di
ci
sarà
non
l’assoluta
essere
presa
di
coordinati
né
indipendenti con gli arti superiori.
Quando
si
inizia
la
ritmica,
muovere
entrambe le mani in modo diverso ma
contemporaneamente sarà un’ impresa epica:
il suono che uscirà dalle performance sarà
simile a quello che fa una crosta di parmigiano
su di una grattugia.
Le corde infatti saranno tutte stoppate e solo
un paio di esse suoneranno, ma stonate dato
che si starà schiacciando il capotasto sbagliato.
L’accordo si riuscirà a tenere per un massimo
di 10 secondi, dal momento che la pressione
da esercitare sulle corde è tale da farle
penetrare per circa 3 centimetri nella carne
deipolpastrelli che rimarranno segnati per
alcune ore. Questo doloroso problema svanirà
alla comparsa dei benedetti calli...ma non è
facile farli venire: bisogna perseverare e tra
crampi alle mani e crisi depressive non è
semplice.
Ma mettiamo che finalmente ci si senta
pronti all’esecuzione della “Canzone del sole”.
Essa
risulterà
più
bionnnnnn......pausa
l’accordo.....na
o
meno
per
così:
“...Le
cambiare
na
na...epppppppppppooooiii....pausa con mano
destra che sposta il dito della sinistra sulla
corda
giusta......le
tu.............zzette..............sseeeee.....” e così via.
Il tutto bofonchiato e con unadurata di 18
minuti. Già, perché oltre a fare la ritmica con
la destra, oltre a fare gli accordi con la sinistra,
oltre a leggere gli accordi, bisogna leggere le
parole e cantare....troppe cose!
Le prime canzoni di solito non arrivano
neanche al ritornello perché c’è sempre un
accordo che non si sa fare.
Inconclusione di questo capitolo sono certo
che solo pochi masochisti avranno ancora
voglia di provare ad imparare, ma ricordatevi:
se la chitarra non fa per voi potrete sempre
attaccarvi al campanello di casa dei vostri
genitori...d'altronde
eravate
musica già all'età di 6 mesi.
portati
per
la
GLI INIZI
La ricetta per iniziare un qualcosa di nuovo
è molto semplice: prendete una buona dose di
noia,
una
bella
manciata
di
passione
e
amalgamate il tutto con una bella dose di
incoscienza.
Ecco come è nato il mio primo gruppo: i
mitici FdA.
Un venerdì sera, stanchi delle solite uscite
serali che comprendevano pub, disco-pub e
locali simil-pub, decidemmo di affittare una
sala prove (posto misteriosodi cuiavevamo
sentito spesso parlare e di cui non avevamo la
benché minima conoscenza).
La solita combriccola era composta da gente
che aveva imparato a strimpellare la chitarra
(più per fare i fighi con le ragazze che
altro...anche se non funziona in realtà: tu suoni
e gli altri limonano, sigh!) e chi bene o male se
la cavava nei vari Karaoke molto di moda in
quegli anni.
Inoltre comprendeva una buona quota di
potenzialiascoltatori (interessati più che altro a
prendere per il culo gli improvvisati musicisti)
e di potenziali figuranti ballerini stile il
“secondo” degli 883 di cui non si è mai capito
il nome né il ruolo.
Arrivati alla mitica Rainbow music (sala
prove) ci accorgemmo subito di trovarci fuori
luogo:
un
po’
perché
la
nostra
età
era
decisamente sotto la media, un po’ perché la
gente ci lanciava sguardi straniti guardando la
strumentazione
con
la
quale
c’eravamo
presentati: il pensiero che si poteva formulare
era che fossimo una cover band dei Gipsy
King, date le nostre chitarre acustiche e i
figuranti sopra descritti pronti a batter le mani
a tempo di flamenco.
Ci accorgemmo subito che non avremmo
potuto
sfondare,
o
almeno
nonnell’immediato: un paio di segnali ci
arrivarono dalla batteria che si trovava in sala
e che rimase tristemente inutilizzata e dagli
amplificatori di basso e chitarrache quella sera
si presero anche loro una bella vacanza.
Dagli oblò della porta “blindata” (di solito le
porte delle sale sono insonorizzate e sono
spesse 2 metri e pesanti 400 Kg) ogni tanto si
affacciava il curioso di turno, colui che affitta
la sala per poi passare tutto il tempo nel
corridoio a guardare nelle sale degli altriper
sentirsi sollevato dal momento che esiste
qualcuno che suona peggio di lui.
L’espressione non lasciava alcun dubbio: era
piuttosto disgustato e quindi con la sua
autostima ai massimi livelli.
Le due ore volarono in fretta tra risate e
sfottò....Quand’ecco che alla mezzanotte in
punto si materializzò il tristemente famoso
“gestore
della
sala”,
cioè
quell’essere
mitologico che vedi solo quando devi pagare
le due ore di affitto e che poi svanisce in
un’altra dimensione diventando introvabile
quando hai qualche problema.
Ilsuo gesto fueloquente: quello dell’orologio
che indicava che il tempo era scaduto.
La precisione del suo orologio è una di
quelle
cose
che
lo
rendono
ancor
più
misterioso.
Comunque, raccogliemmo i nostri arnesi (
strumenti è una parola troppo grossa) e ci
avviammo verso i nostri soliti pub, convinti
però che prima o poi saremmo tornati a
suonare.
UNA GRANDE FAMIGLIA
Il gruppo musicale diventerà una grande
seconda famiglia.
Sia per il tempo che passerete insieme agli
altri componenti, sia per i ruoli che andranno
a crearsi nell’arco del tempo.
Come nelle famiglie tradizionali si avranno
momenti esaltanti di gioia ma anche bui e
tristi che si dovranno affrontare insieme.
L’unità in questi momenti sarà la vera e
propria “cartina tornasole” che vi farà capire se
il gruppo potrà essere longevo o se sarà meglio
che vi guardiate intorno se vorrete continuare
a suonare.
Ci sarà chi si farà carico degli aspetti
organizzativi del gruppo, chi trascinerà tutti
nei
momenti
di
stanca,
chi
valuterà
attentamente gli impegni, chi si prenderà le
colpe anche quando sue non sono, chi curerà
l’aspetto artistico ed economico dell’attività.
Ecco i ruoli all’interno dei Sensounico:
Dave: il suo telefono e la sua mail sono
roventi.
Catalizza
componenti,
è
gli
colui
umori
che
degli
altri
interviene
per
risolvere problemi di varia natura che si
creano durante la convivenza. Egli si fa carico
di vari aspetti del gruppo, dall'affitto della sala
alla cura del sito Internet, dalla stesura della
musica (ruolo ricoperto anche da chi in quel
momento
si
sente
ispirato)
degli
inediti
all'organizzazione degli aperitivi (capirete più
avanti a cosa mi riferisco).
Il suo raggio d'azione è ampio e abbastanza
autonomo. La sua frase tipica è: "Se non ti
piace, fallo tu!", dettata spesso dalla sua
enorme permalosità.
Luke: le sue mille amicizie e suoi 14000
contatti fanno si che il gruppo riesca a trovare
serate e caché alle volte più che dignitosi.
Collabora
con
Dave
negli
aspetti
organizzativi, spesso scrive i testi sulla musica
dei nuovi inediti. L’accordo e l’incoscienza
nelle
decisioni
sono
il
più
delle
volte
perfettamente combacianti con Davegrazie ai
momenti “up” o ai momenti “down” a cui
entrambi spesso sono soggetti.
La sua frase tipica è:“Raga, questa è una cosa
strafiga!“ oppure : “Raga questa cosa fa troppo
schifo” (a seconda del suo umore).
M a u : è il grillo parlante rompipalle della
band. Ma è colui che riesce a mantenere
l’equilibrio
nella
sceltadelle
azioni
da
intraprendere.
La sua pignoleria e il suo pessimismo fa si
che il gruppo non si esponga a “figure
meschine”.E’ sempre in perfetto disaccordo
con Ettore nello scontro "epico " basso batteria.
La sua frase tipica è:“No, non siamo pronti,
ma siete sicuri? E poi Ettore va troppo veloce e
salta le battute!”
Ettore: lui è il capro espiatorio della band. Se
un pezzo non viene bene o il concerto è stato
al di sotto delle aspettative, la colpa viene
attribuita a lui. Anche se magari colpe nello
specifico non ne ha. E’ il punching ball dei
Sensounico,
colui
sul
quale
si
scaricano
frustrazioni e tensioni. Tende però, dato il suo
ruolo, a non far caso neanche alle critiche
giustificate che gli vengono mosse contro.
E’ anche però colui che si occupa di
locandine e di volantini pubblicitari di cui
andiamo piuttosto fieri.
In perenne disaccordo con tutti dato il suo
ruolo, maggiormente con Mau.
La sua frase tipica è:“Guarda che io non ho
sbagliato...e poi pensa a cosa devi fare tu!”
Max: è l’economo e il direttore artistico dei
Sensounico.
Per lui il gruppo deve sempre “prendere
pagato”,
blocca
sul
nascere
le
intenzioni
bellicose di Dave e Luke che vorrebbero
recarsi allo store musicale per fare spesuccia
per il gruppo con il fondo cassa .
Figura pacata ma altamente attenta a tutto
ciò che gli accade intorno, le sue parole sono
sempre mirate e mai a caso.
Grazie alla sua preparazione musicale e al
suo orecchio, sarà lui a decidere la maggior
parte
degli
arrangiamenti
musicali
e
le
esecuzioni dei brani inrepertorio.
Per
entrambi
gli
aspetti,
verrà
profumatamente pagato attraverso “tangenti”
dagli altri componenti per poter proporre i
propri brani da inserire in scaletta.
La sua frase tipica è:“ Oh, ma almeno ci
danno da mangiare gratis?”
E’ abbastanza tipico per chi vive la realtà di
una band musicale assistere a scenate isteriche
o a veri e propri litigi durante le prove.
Diciamo che alle volte si scaricano le
tensioni accumulate nell’arco della giornata o
della settimana su qualcuno del gruppo (Ettore
è come detto il bersaglio principe) e si esplode
per un nonnulla:
“Guarda che secondo me fai una nota
sbagliata!” ed ecco il pretesto per saltare alla
gola del malcapitato pignolo che, malgrado
possa
anche
avere
ragione
nella
sua
affermazione, viene insultato con tutte le
suegenerazioni passate e future.
La cosa si risolve andandosene a casa col
broncio, rovinando la serata a tutti i restanti
componenti e chiaramente con la telefonata di
scuse il giorno dopo.
Alle volte i battibecchi possono degenerare
in veri e propri addii (sempre provvisori) con
la classica frase: ” Va bene, allora fai una cosa:
cercati
un
altro
bassista\batterista\chitarrista\cantante\fonico\
etc..etc...”. Frase che è stata detta, nel nostro
caso, almeno una volta da tutti i componenti
dei Sensounico (ecco il perché delle varie
opzioni).
Gli
addii
come
detto,
sono
sempre
provvisori o soltanto minacciati perché dal
giorno successivo, parte una sorta di catena di
Sant’Antonio tra messaggi e telefonate in cui ci
si spiega, ci si confronta a freddo, ci si scusa.
Ciò non avviene maitra i due litiganti però.
Ecco infatti entrare in scena il ruolo di sarto di
Dave: sente i protagonisti del litigio, sente il
pensiero degli altri componenti della band per
poi iniziare la sua opera di cucito e di
riparazione
dei
rapporti
tra
i
duellanti
cercando con pazienza certosina di convincere
uno dei due a chiamare l’altro. Alle volte
capita però che sia lo stesso Dave, durante il
lavoro di cucito, a iniziare a discutere con
entrambi i duellanti creando un sodalizio tra i
due litiganti, contro lo stesso mediatore.
Lavoro sfiancante e faticoso, ma una cosa è
certa: serve per far crescere il gruppo e
soprattutto, se si ama suonare insieme, ne vale
davvero la pena. E se pensate che non sia
così...cercatevi un altro chitarrista!