Interventi - Galleria Lorenzelli

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Interventi - Galleria Lorenzelli
Interventi
Ingvar Bergstròm, Ferdinando Bologna, Ernst H . Gombrich,
Mina Grcgori, Maurizio Marini, Marco Rosei, Sam Segai,
Giovanni Testori, Federico Zeri.
198
Nel mese di ottobre 1985, è in programma
nei locali della mia
una mostra sulla Natura
ulteriore appuntamento
interesse ventennale:
Morta
Italiana,
dal 1963 e 1964 con le prime iniziative,
1971 con le due mostre dedicate alla Natura
Morta
Italiana
Galleria
di un
al 1968 e
e
Straniera,
fino al recente ciclo dal 1980 al 1983 relativo ai soggetti della pittura di genere; Trompe l'oeil, Vanitas
Composizione di fiori,
Tavole
Come per le ultime esposizioni, sto raccogliendo con Alberto
imbandite.
Veca la docu-
mentazione per il catalogo e l'esposizione, che verteranno nella quasi
tà su quadri
"inediti» o comunque raramente esposti o pubblicati.
cognizione del materiale,
impianto e qualità
disorientamento,
abbiamo
esecutiva, ci ha colpito profondamente.
E successivo al
il desiderio di saperne di più: ecco allora il motivo della
intorno ad un
immaginario
reale delle discussioni può essere troppo stretto o comunque
troppo legato alla
stranieri
Nella ri-
incontrato un quadro che per soggetto,
presente e il suo carattere «circolare» chiamare
tavolo (quello
totali-
estemporaneità
del momento) alcuni esperti Italiani
che riteniamo significativi
e
per il tema e per il tempo esecutivo del
dipinto, fornire ai medesimi la documentazione necessaria in nostro possesso,
chiedere infine un parere scritto sulla qualità
e il significato della composi-
zione che dovrebbe essere parte integrante, probabilmente
finale
del
catalo-
go. La proposta potrebbe apparire presuntuosa (voler raccogliere le voci più
importanti
attorno ad un unico quadro)
o potrebbe apparire una
zazione troppo pesante per l'oggetto in discussione, (ipareripiù
vi» per un singolo
quadro).
Queste obiezioni possibili sono state preventivamente
sconfìtte dalla
valoriz-
«impegnati-
discusse, ma sono state
certezza di aver davanti a noi un soggetto di estremo interes-
se, di poter contare sulla fiducia e perché no, anche sulla volontà di «gioco»
che gli interpellati possono rilevare in una occasione «fuori» dai modi canonici con cui ci si esprime comunemente. In concreto si chiede una adesione
massima all'iniziativa,
(l'eventuale
rifiuto sarà gioco-forza reso noto per-
ché l'assenza non sia letta come nostra dimenticanza),
(non più di tre cartelle dattiloscritte)
Giugno
sull'area,
di
un intervento scritto
che dovrà pervenire entro il mese di
1985, in cui il singolo critico può esprimere il suo libero
sull'epoca di esecuzione, sulla qualità
e il soggetto del
parere
quadro.
Gli interventi saranno pubblicati in ordine alfabetico con identica grafica e
segnalati
nel frontespizio
del
catalogo.
Del quadro
in esame, che evidentemente potrà
essere visionato in
momento, in quanto in custodia nella sede della Galleria,
qualsiasi
si forniscono
in
allegato un fotocolor e due foto in bianco-nero, la prima del recto e la seconda del verso del dipinto in prima tela antecedente le operazioni
di
tura. Esso e stato ritrovato appeso su una parete di una casa patrizia
nese ed e assolutamente
senti parole
ziativa.
200
inedito. La speranza presuntuosa che anima
risiede nella concorde adesione
di ciascun interpellato
foderamilale preali ini1
tav. 48 - olio su tela, cm. 61x75.
La presente e stata
inviata
ai seguenti
studiosi:
Prof. I. Bergstrom, Prof. F. Bologna, Prof. H. Gombrich, Prof. M. Gregori,
Prof. M. Marini,
Prof. M. Rosei, Prof. S. Segai, Prof. G. 7estori, Prof. F.
Zeri.
Cordiali
Saluti
...
Pietro Lorenzelli
amo,
25/3/85
201
I N G V A R BERGSTROM
A Flower-Piece of Roses and
Lìlìes
I have had the privilege to study this captivating, fascinating early
17th century flower-piece i n the originai. By the mysticism i t radiates, by
the manner o f p a i n t i n g and its symmetrical composition its Spanish character seems t o be evident. T o the best o f my knowledge no other flower-piece o f a similar k i n d exists. T h i s representation, exclusively o f roses and lilies, shining mysteriously against the blackish b r o w n backg r o u n d , w o u l d thus be a unique.
I n the lower half o f the canvas is to be f o u n d a grey stone ledge, its foremost centrai part p r o t r u d i n g i n the shape o f a semicircle, u p o n w h i c h , i n
the m i d d l e axis o f the surface, stands a small b r o w n i s h vase w i t h p i n k roses. Foliage is almond-green. T h e vase is flanked by t w o long, slender
stalks w i t h w h i t e lilies o f the V i r g i n , p o i n t i n g at the lower corners o f the
canvas.
Behind the stone ledge are three p i n k rose-bushes g r o w i n g up o n
long, t h i n twigs. They are o f the same specimen as the roses i n the vase.
One bush appears i n the middle-axis, the t w o other ones occur at the sides. I n between the rose-bushes g r o w t w o l o n g stalks, f l o w e r i n g w i t h
w h i t e lilies o f the V i r g i n , w h i c h p o i n t respectively at the upper left and
right corner o f the canvas.
T h i s arrangement, w h i c h is next t o unique, brings to m i n d another
symmetric still-life o f the very beginning o f the 17th century, the Spaniard Blas de Ledesma's famous picture i n Atlanta A r t Association Galleries, Atlanta, Georgia, U . S . A . I n that p a i n t i n g a basket w i t h cherries
stands i n the middle-axis o n a stone ledge. I t is flanked by t w o groups o f
irises and lupins, w h i c h also i n this case are g r o w i n g up f r o m behind the
ledge, an arrangement, w h i c h I have, i n another connexion compared
w i t h what we can f i n d i n representations o f bortus condusus. I n those flo¬
wers i n a similar way are g r o w i n g behind the l o w brick wall surrounding
that garden.
But, w h o has painted this unsigned master-piece? I w o u l d suggest it
to bc a w o r k by Juan van dcr H a m e n y Leon (1596-1631), w h o , tor one
thing, eomposed quite a number of still-lifes according t o the principle
o f symmetry. In the painting o f roses and lilies the d r a w i n g ot the flo¬
wers is highly refìned and sensitive. T h e b r u s h w o r k is tight and tree
w i t h a t h i n application o f the colours, c o n t r i b u t i n g to the impression o f
immateriality. These same qualities, o f a very personal k i n d , can be
found in certain paintings b y j u a n van der H a m e n , for instance i n a tully
signed still-life, w i t h among other things roses and lilies o f the V i r g i n ,
w h i c h i n 1956 was i n the possession o f the A l f r e d Brod Gallery, L o n d o n .
I n some other w o r k s by the master the flowers may have been more
tìrmly and energctically rendered.
It has been noted above, that the picture radiates mysticism. Before
w r i t i n g these lincs I have h a d o p p o r t u n i t y to read the excellent c o n t r i b u t i o n by Federico Z e r i t o the present catalogue and tully agree w i t h h i m ,
that the roses and lilies are symbolic o f the H o l y V i r g i n M a r y . I t may be
mentioned, that a bouquet o f these flowers, w i t h the same symbolic
meaning, appears i n many works by Spanish masters, for instance i n devotional pictures by Francisco de Zurbaràn.
T h e flower-piecc w i t h exclusively roses and lilies o f the V i r g i n is, as
noted above, a unique and special painting. I t seems quite likely, that i t
was painted to order for a definite place. T h a t place may never be
k n o w n . T h e picture could have been commissioned by some private
person for her/his bedroom. Pious Spaniards stili sleep under a crucifìx,
h u n g o n the wall over their heads. A prie-dieu may f o r m part o f the interior. Needless to say, that this impresses h i m , w h o like the present w r i ter, is o n l y a poor Lutheran. I f the picture ever existed i n such a bedr o o m , it w o u l d have meant a beautiful substitute, an exchange for a conventional devotional picture, representing the H o l y V i r g i n . A n o t h e r
possibility w o u l d be, that the picture w i t h p i n k roses and M a d o n n a lilies
was intended for a Spanish sacristy. Flower-pieces are for instance t o be
f o u n d i n the one o f the Toledo Cathedral.
T h e frame is i n quite dark w o o d , to w h i c h are applied p o w e r f u l l y carved, g i l t ornaments, seven leaves o f acanthus and above, i n the centre, a
rosette. These ornaments are distributed i n such a way, that they take up
and fortify the pattern o f the c o m p o s i t i o n o f the p a i n t i n g . T h e frame,
w h i c h seems t o be the originai one, is by that remarkable.
Goteborg, july
1985
Ho avuto il privilegio di studiare l'originale di quest'affascinante ed interessante opera
dell'inizio del XVII secolo. Lo stile del dipinto, il misticismo che ne emana e la composizione simmetrica sembrano evidenziare lo stile spagnolo. Per quanto e di mia conoscenza non
esiste un'altra composizione floreale di tipo simile. Questa rappresentazione, esclusivamente
di rose e gigli misteriosamente risplendenti contro uno scuro sfondo nereggiante, dovrebbe
perciò essere qualcosa di unico.
Nella metà inferiore della tela si trova un ripiano di pietra con la parte centrale sporgente a semicerchio sopra il quale, sull'asse mediale della superfìcie, si trova un piccolo vaso
scuro con rose rosa dal fogliame di un verde mandorla. Il vaso e affiancato da due steli
lunghi e snelli di gigli bianchi della Vergine puntanti verso gli angoli inferiori della tela.
Dietro il ripiano di pietra vi sono tre mazzetti di rose rosa sostenuti da steli lunghi e sottili.
Sono del medesimo tipo delle rose nel vaso. Un mazzetto appare nella parte mediana, gli
altri due si trovano ai lati. Tra i due mazzi di rosesi delineano due lunghi steli fiorenti di
bianchi gigli della Vergine che puntano rispettivamente agli angoli superiori destro e sinistro della tela.
Questa disposizione, che e pressoché unica, richiama un'altra opera di natura morta
simmetrica dell'inizio del XXVII
secolo: ilfamoso dipinto dello spagnolo Blas de Ledesma
nell'Atlanta Art Association Galleries, Atlanta, Georgia, USA. Quel dipinto rappresenta
un cesto di ciliege posto sull'asse mediale di un ripiano di pietra, affiancato da due gruppi
di iris e lupini che, anche in questo caso, si trova dietro il ripiano, una sistemazione che in
altra circostanza io ho paragonato a ciò che possiamo trovare nelle rappresentazioni delVhortus conclusus. In esso i fiori, in modo simile, crescono dietro il basso muro di mattoni
che circonda il giardino.
Ma chi ha dipinto questa opera non firmata? Propenderei per ritenerla opera di Juan
van der Hameny Leon (1596-1631) che, tra l'altro, ha composto un notevole numero di
nature morte secondo il principio della simmetria. Nel dipinto di rose e gigli il disegno dei
fiori e altamente particolareggiato e sensibile. L'esecuzione dei mazzetti e leggera e svelta
con una leggera applicazione dei colori, il che contribuisce a dare l'impressione dell'immaterialità. Queste medesime qualità, di stile molto personale, possono essere riscontrate in alcuni dipinti di Juan van der Hamen, per esempio in una natura morta firmata per esteso
che nel 1956 era in possesso della Gallerìa Alfred Brod di Londra. In altre opere del maestro i fiori possono essere stati resi in maniera più ferma ed energica.
Si è affermato sopra che l'opera emana misticismo. Prima di scrivere queste note ho
avuto l'opportunità di leggere l'eccellente contributo di Federico Zeri al presente catalogo e
concordo pienamente con lui che le rose e i gigli sono simboli della Santa Vergine Maria. Si
può ricordare che un bouquet di questi fiori, con il medesimo significato simbolico, appare in
molte opere di maestri spagnoli, per esempio nelle pitture devozionali di Francisco de Zurbaràn.
La composizione floreale esclusivamente con rose e gigli della Vergine é, come sopra affermato, un dipinto unico e speciale. Sembra abbastanza probabile che sia stato dipinto per
un posto specifico. Quel posto forse non si conoscerà mai. il dipinto può essere stato commissionato da qualche privato per la sua camera da letto. Gli spagnoli fedeli, ancora oggi, dormono sotto un crocifisso appeso al muro sopra le loro teste. Un prie-dieu può far parte
dell'interno. E inutile sottolineare che ciò impressiona colui che, come il sottoscritto, è solamente un povero luterano. Se il dipinto si è mai trovato in una tale camera da letto, avreb-
be rappnstntato un magnifico sostituto, un cambiamento ad un tradizionale quadro devozionale rappresentante la Santa Vergine. Un'altra possibilità sarebbe che il dipinto con le
rose rosa e i gigli della Madonna fosse destinato a una sacrestia spagnola. Composizioni
floreali si trovano per esempio in quella detta cattedrale di Toledo.
La cornice è in legno alquanto scuro, ad essa sono applicati ornamenti dorati energicamente intagliati: sette foglie di acanto e sopra, al centro, una rosetta. Questi ornamenti sono
disposti in modo tale che richiamano e fortificano il motivo della composizione del dipinto.
La cornice, che sembra essere quella originale, e perciò notevole.
Goteborg, luglio 1985
FERDINANDO BOLOGNA
La scarsità dei dati oggettivi, e la confusione crescente delle o p i n i o n i t r o p p o spesso azzardate oltre ogni senso di responsabilità -, continuano a
rendere precaria la possibilità di veder chiaro i n m o l t i aspetti della storia
della natura m o r t a . Nonostante ciò, n o n dovrebbe apparire i m m o t i v a t a
la conclusione che l'affascinante d i p i n t o qui sottoposto a scrutinio è opera spagnuola del decennio 1620-30, realizzata i n qualcuno degli ambiti
più originali e più precoci della ricezione caravaggesca i n terra iberica: Siviglia o M a d r i d .
La presenza accentuata e i l tipo «sui generis» d i un antefatto basato sul
p r i n c i p i o d i selezione delle forme e dei rapporti c o m p o s i t i v i , corrispondente ai canoni schematizzanti e intellettualizzati della «maniera» tardocinquecentesca; e i l m o d o con cui, per un atto d i estrema intelligenza f i gurativa, tale antefatto si salda al p r i n c i p i o caravaggesco della percezione
diretta del dato naturale, bensì secondo un'accezione così particolare del
rapporto fra ombra e luce, da trasformare anche questo i n un fattore di
alta semplificazione, se n o n p r o p r i o d i selezione formale: sono caratteristiche che, escluse Roma, o N a p o l i , o M i l a n o , si allineano i n omogeneità
n o n equivoca con le ricerche di Juan V a n der H a m e n , di Juan Fernàndez
«el Labrador» e specialmente di Zurbaràn. D i quest'ultimo, soprattutto
nei m o m e n t i i n cui i l pittore di Fuente de Cantos partecipò - come scrisse J o s é M i l i c u a - d i «uno "spirito d i geometria" che si riallaccia alla mistica spagnuola, n o n a Descartes», oppure - come specificò Paul G u i n a r d venne combinando i l naturalismo tenebristico di origine caravaggesca
con «l'eredità gotico-manieristica» discendente da u n N u n o Concalves
da u n lato, da Morales dall'altro.
A conferma, i l d i p i n t o offre riscontri i n d u b b i con opere come i l «Bodegón de flores y hortalizas» d i V a n der H a m e n ( M a d r i d , collezione B./
M . ) e i l «Fiorerò» del Labrador (Prado, n. 2888), entrambi esposti alla recente mostra madrilena di «Pintura espanola de Bodegones y Floreros»
(cfr. Catalogo, M a d r i d 1983-84, n n . 27 e 30, con r i p r o d u z i o n i ) , nonché
con l'inserto affatto simile d i gigli e rose che s'incontra nella tela d i Z u r baràn oggi al M u s e u m o f A r t di Cleveland, riferita solitamente al 1630
circa (cfr. dati e riproduzione a colori i n «L'opera completa di Zurbaràn»,
Classici d e l l ' A r t e Rizzoli, M i l a n o 1973, n . 65, tav. X I ) .
N o n d i m e n o , sarebbe erroneo trascurare che anche tali riscontri n o n
sono così stringenti da consentire l'attribuzione dell'opera a questa o a
quella delie tre personalità storiche menzionate. Essa si differenzia da
tutt'e tre per una peculiarità d'invenzione e per una purezza arcana d i stile che risultano del t u t t o autonome; e se ne differenzia ancor più per i l
senso stemmante e geometricamente diradato della collocazione - d i r e m m o meglio: proiezione - dei corpi nello spazio, o l t r e che per l'attentissima formalizzazione delle o m b r e d e n t r o i l chiarore delle mezze luci che
rendono trasparente i l b u i o della scena, e degli autentici g r u m i l u m i n o s i
in diaspora simmetrica, parallela alla superfìcie del quadro, che lo perforano. T u t t o ciò indica una persona nuova della «pintura espanda de bodegones y floreros»; alla quai persona chi scrive ritiene d i poter accostare,
per i l m o m e n t o , almeno u n altro d i p i n t o : la natura m o r t a con f i o r i , ortaggi, f r u t t i e due piccioni i n una cesta, già i n collezione privata napoletana, che r i p r o d u c o ( f i g . l ) , e che, sebbene abbia ricevuto già più d i u n battesimo, anche a stampa, sembra t r o v i i l p u n t o d'inserimento più adeguat o giusto nel contesto d i meditate «agudezas» ( f o r m a l i , spaziali e l u m i n i stiche) d i cui h o tentato d i descrivere sommariamente la f i s i o n o m i a stilistico-culturale.
I n linea d i massima, l o scrivente continua a sentirsi seguace della*dottrina enunciata nella «Vie des formes» da H e n r y Focillon, secondo cui la
«forma» estetica è autonoma e, nei rapporti con i l cosiddetto «contenuto», si differenzia dal «segno» i n quanto n o n è, come questo, portatrice d i
u n significato altro. I l segno significa, la formai/ significa. Sarebbe tuttavia difficile negare che i n un'opera come la presente l'organizzazione del
m o t i v o iconografico è condotta i n m o d o da porre effettivamente i n risalt o u n determinato, anche se a tutta p r i m a sfuggente, i n t e n t o allusivo. Le
rose poste al centro della scena, nel vaso traslucido, e i bocciuoli d i rosa
sospinti i n avanti dai ramoscelli che risalgono dal f o n d o , sono i m p o s t i
all'attenzione dai quattro g r u p p i d i g i g l i , che irraggiandosi da u n centro
posto giusto d i e t r o i l vaso, e andando ad appuntarsi ai quattro angoli
della scena, fanno l o r o da cornice. D a ciò u n clima d i apparizione, d i presenza intensiva, i n s o m m a d i «miracol mostrato», che attiene all'ordine
espressivo perché attiene a quello del significato. G i u s t o nell'aura ambigua, e perciò arcana, che è propria alle «immagini fatte per significare come aveva scritto Cesare Ripa - una diversa cosa da quella che si vede
con l'occhio».
A cercare i n a m b i t i prossimi a quelli indicati dall'analisi stilistica, s'incontra subito che Zurbaràn stesso introdusse più volte la rappresentazione accoppiata d i rose e d i g i g l i i n quadri dedicati alla M a d o n n a . La tela
del Museo d i Cleveland ricordata più a dietro reca i n evidenza u n vaso d i
rose e g i g l i accanto alla figura di Maria, giovane madre, che ha i n t e r r o t t o
il lavoro d i cucito per guardare angosciata Gesù fanciullo i n t e n t o a contemplare una corona d i spine. U n vaso d i rose e g i g l i riappare accanto alla «Madonna bambina i n preghiera» nella nota tela del M e t r o p o l i t a n M u seum d i N e w Y o r k (cfr. la riproduzione i n «L'opera completa» cit., n. 67,
tav. X V I ) ; mentre nell'«Immacolata Concezione con due chierici» del
1632, ora al Museo de A r t e de Cataluna d i Barcellona, i due angioletti che
siedono sulle nuvole, ai lati della testa della protagonista, recano i n mano, rispettivamente, quello d i sinistra u n ramo d i rose, quello d i destra
u n cespo d i g i g l i (cfr. la riproduzione ivi, n. 95, tav. X X V ) . È evidente
che i n questi casi ci t r o v i a m o dinanzi alla riproposizione d i una costante
simbologica relativa a qualità della M a d o n n a stessa, la quale almeno dal
X I I secolo - vale a dire da quando erano incominciate a fissarsi anche l i turgicamente le «litanie» mariane - era definita e invocata come «rosa m i stica», «virgo virginum», «mater purissima». N é occorre insistere sul fatto
che i l g i g l i o , emblema d i purezza e castità verginale, è presente quasi
sempre nelle rappresentazioni dell'Annunciazione, a significare che la
M a d o n n a concepì i l Cristo p u r rimanendo fisicamente vergine; o che la
rosa è l'emblema-base della ben nota devozione mariana detta «rosario»,
nonché dell'istituzionalizzazione sociale e iconografica di essa per l'intera
Europa cattolica, a partire almeno dalla seconda metà del X V secolo.
Nel caso presente, però, pur non potendo negare importanza all'insperato riscontro offerto dalle preferenze iconografiche di Zurbaràn, c'è
motivo di chiedersi se l'eventuale riferimento alle qualità mistiche e teologali della Madonna di simboli contenuti in una «natura morta» pura
(cioè priva di qualsiasi altro referente iconico, per quanto essa appaia poi
arcana e abitata da presenze misteriose come questa), non sia metodologicamente poco corretto e storicamente inattendibile. A quanto pare,
non si conoscono casi analoghi; almeno non li conosce chi scrive, fino a
questo momento.
Se invece ci accontentiamo di osservare che gli stessi simboli costituiscono dall'antico veri luoghi comuni dell'elogio della donna, e della donna quando è considerata, pur nella semplice dimensione mondana e deperibile che la caratterizza esistenzialmente, nello stato di grazia della beltà e della giovinezza, e della castità in quanto attributo ed esaltazione della beltà-giovinezza; allora i circoli letterari della stessa Spagna degli inizi
del X V I I secolo sono in grado di offrire un supporto ben altrimenti fondato ai «significati» possibili del nostro dipinto.
Sulla traccia di fondo del classico «Collige, virgo, rosas», e, in seconda
istanza, del programma proto-stilnovistico di un G u i d o Guinizelli («Viso de neve colorato in grana»; oppure: «I' vo' del ver la mia donna laudar e / e assembrargli la rosa e il giglio»), procureremo innanzitutto di non
dimenticare il precedente, di poco anteriore al 1530, del sonetto celebre
di Garcilaso de la Vega che incomincia: «En tanto que de rosa y azucena».
Rosa e giglio («azucena» vuol dire appunto «giglio», in castigliano) sono
già qui metafore esplicite della bellezza donnesca, sebbene per Garcilaso
comportino anche il riferimento al destino di un rapido deperimento nel
tempo. Ma il momento per noi più significativo cade all'altezza del decennio 1610-20, nelle «Soledades» di Góngora e nelle composizioni poetiche degli imitatori diretti di lui, dove il repertorio floreale implicante
l'associazione metaforica con la bellezza femminile include spessissimo e
quasi di regola la «rosa» (che in Góngora è anche e addirittura «lisonja del
viento»), nonché il «lilio» e il «cristal luciente». - ( T r a parentesi, vale la
pena di rilevare che, in coerenza con il programma «culto» da lui notoriamente perseguito, l'autore delle «Soledades» preferisce il latinismo «lilio»
al più comune castigliano «azucena», di probabile origine araba) -. Questa autentica «tastiera floreale», c o m ' è stata definita modernamente, assunse per altro un tale e così specifico risalto agli occhi degli stessi con-
temporanei, che i l detrattore «ex professo» d i Góngora, Francisco de
Quevedo, dedicò p r o p r i o a essa alcuni degli strali più acuminati del suo
«Aguja de navegar cultos». I n questo libello uscito sulla fine degli anni
1620 (e i l cui s o t t o t i t o l o apertamente a n t i g o n g o r i n o specifica: «ricetta
per comporre Soledades i n un giorno»), sono previste botteghe d i poesia
presso le quali l'apprendista-poeta potrà acquistare bell'e p r o n t o i l necessario, e tra queste g l i spacci per poeti-ortolani, i quali «tutto trasformano
in verdure, inzeppando le labbra delle l o r o donne di garofani, le gote di
rose e gigli, l'alito d i gelsomino». E si dànno anche i poeti-frigorifero (così
ha parafrasato i l testo originale u n critico m o d e r n o ) , i quali «tutto trasformano i n neve e gelo e fanno nevicare notte e g i o r n o e descrivono una
donna-valico che n o n si può attraversare senza slitta». Per altro, ciò n o n
impediva allo stesso Quevedo di scrivere i n t e r m i n i quasi «culterani» u n
passo come i l seguente, che si legge nel suo quarto «Suerìo», «El M u n d o
por de dentro», e che n o n pare poco significativo anche al nostro p r o p o sito: «Veniva avanti una bella donna [...]: i l viso e r a d i neve mista a granati e a rose [...]; i denti traslucidi come perle; e le m a n i [...] d i quando i n
quando nevicavano sullo scialle».
Se a t u t t o ciò aggiungiamo che, nelle «Soledades», un'apostrofe come
quest'altra - «Virgen tan bella que hacer podria / tòrrida la N o r u e g a con
dos soles, / y bianca la Etiòpia con dos manos» - è indirizzata espressamente a una sposa; avremo anche u n serio m o t i v o per chiederci se i l d i p i n t o i n questione, n o n solo possa esser letto come u n «poema metafisico» tra quevediano e g o n g o r i n o i n cui la metafora d i «rosas y azucenas», o
«rosas y lilios», equivalga a p p u n t o a calda e giovane bellezza d i donna, capace d i far venir torrida la Norvegia, e a candore nevale d i castità, capace
di sbiancare g l i Etìopi, ma n o n si riferisca tou-court a una bella vergine
che va sposa. Sulla fede delle «agudezas» enblematiche della più «eulta» e
raffinata poesia spagnola degli anni 1610 e 1620, v o r r e m m o insomma prospettare la possibilità che questo d i p i n t o - spagnuolo anch'esso, e del medesimo g i r o d'anni - n o n sia i n sostanza altro che un epitalamio i n termini floreali: un quadro fatto eseguire i n occasione d ' u n m a t r i m o n i o , per
celebrare la bellezza e la castità della «nóvia».
S. Panfdo d'Ocre (Aq)
3 settembre 1985
211
ERNST H. GOMBRJCH
Caro Signor Lorenzelli,
La ringrazio per la sua lettera del 24 aprile rinviando le fotografìe. N o n
vorrei lasciarLa senza risposta, ma non ho molto da dire.
E vero che la sua domanda tocca un problema metodologico che è di
una certa attualità nei nostri studi: il problema del significato «iconologico».
E innegabile che ogni immagine è dotata di un valore simbolico. C o me è ovvio nella categoria della «Vanitas» che Lei conosce cosi bene.
M a mi sembra un fraintendimento affermare che una immagine non
dotata di tale senso sia ipso facto «non significativa». Il giglio bianco può
significare l'innocenza o la verginità nel contesto dell'Annunciazione;
come la rosa è un simbolo analogo nel roseto. Ma né i gigli né le rose che
si vedono nei giardini o in una pittura devono assumere, quasi automaticamente, un tale significato.
Mi sembra che l'atteggiamento della Semiotica ci ha fatto trascurare
la funzione puramente estetica, e quindi la pittura che serve la bellezza,
come lo fanno anche i fiori dei giardini o nella decorazione. N e l mio libro «Il senso dell'ordine» ho cercato di insistere sulla differenza tra il segno e il disegno.
N o n posso decidere se il suo quadro, che è veramente bello, appartenga a questa categoria fondamentale dell'arte, la categoria delle cose incantevoli come la musica, ma mi sembra probabile che possa essere così.
La prego di scusare il mio italiano
Londra,
2 maggio 1985
MINA
GREGORI
O g n u n o d i n o i vorrebbe possedere questo d i p i n t o che trasmette al
p r i m o sguardo u n intenso anche se discreto messaggio d i sentimento.
Rose e g i g l i , le rose i n u n vaso di vetro scuro che lascia vedere i n trasparenza l'acqua e g l i steli recisi che n o n sono spinati come dovrebbero per
corrispondere a quelli delle rose, i g i g l i posti ai lati del vaso i n simmetria
dalla mano d i qualcuno che ha avuto cura, nella penombra della stanza,
che i l piano del tavolo n o n ne guastasse i petali, facendone sporgere le
corolle che così si presentano con u n illusionismo n o n aggressivo ma p u r
sempre catturante. E ancora rose e g i g l i che si affacciano sui l u n g h i rami
come una siepe dietro la base di pietra sagomata che a p r i m a vista fa r i cordare i l g r a d i n o d i u n altare.
L'attenzione per la trasparenza del vaso e la forma d i questa, le strisciate d i luce e d i o m b r a sui bianchi nevosi dei g i g l i , la scelta stessa d i
questi f i o r i fanno datare l'opera p r i m a del 1640; altre considerazioni fanno ritenere che si tratti d i u n d i p i n t o spagnolo. La simmetria innanzitutto, che è caratteristica d i Blas de Ledesma e d i alcune delle nature m o r t e
di Juan van der H a m e n y Leon. A n c h e la siepe d i gigli e rose (allusione
all'hortus conclusus?) è u n m o t i v o usato da Blas de Ledesma nei p r i m i
anni del Seicento e, per quanto ne so, esclusivamente spagnolo. N a t o
p r o b a b i l m e n t e i n Spagna è anche i l m o t i v o dei rami d i gigli appoggiati
sul piano. Si trova, ad esempio, in Pedro de Camprobi'n, attivo dal 1630 a
Siviglia.
La simmetria q u i sembra mantenere i l significato v o t i v o che i fiori ebbero nella p i t t u r a del Q u a t t r o e del Cinquecento. Quest'opera appartiene al t e m p o i n cui si verificò u n passaggio tra la natura m o r t a emblematica e la natura m o r t a come rappresentazione naturale da godersi per se
stessa e da ammirarsi per i l suo potere i m i t a t i v o , e q u i forse sussiste la
convivenza delle due possibilità. La scelta delle rose e dei g i g l i , tuttavia, è
direttamente collegata al culto della Vergine. La simbologia mariana e i l
significato spirituale dovevano essere captati facilmente da chi osservava
il d i p i n t o .
N e l vaso al centro spiccano dei boccioli d i rosa. Q u a n d o si trovano
nella natura morta dei boccioli di rosa? N o n sono tra i fiori del vaso del
«Suonatore» di Leningrado del Caravaggio, né tra quelli delle altre nature
morte che sono state collegate al Merisi, e nemmeno negli esemplari
molto antichi di pittori caravaggeschi, dove invece appare, seguitando
una tradizione figurativa preesistente, il giaggiolo, altro fiore mariano.
Nel Nord boccioli di rose sono mescolati a molte varietà di fiori nei ricchissimi vasi di Ambrosius Bosschaert il vecchio, ma mi pare che soltanto nelle mirabili ghirlande che incorniciano temi sacri e nei vasi non lussureggianti di Daniel Seghers si trovino una morfologia e un'attenzione
simili a quelle con cui sono posti in evidenza in questa natura morta.
Se anche Daniel Seghers contribuì, dopo il Caravaggio, a concepire il
vaso di fiori non più nella sua rappresentazione astratta e «da pompa», in
Spagna lo Zurbaràn e el Labrador superano, con un certo parallelismo, la
secchezza di van der Hamen y León usando una limpida luce d'interno,
anche quando si tratti, come per il primo, di fiori rappresentati in ambienti domestici dove la Vergine medita e lavora, o, per il secondo, di
quadri limitati al solo vaso di fiori. Mentre è significativo che le rose e i
gigli siano i fiori che el Labrador ha scelto per i suoi soggetti mariani, a
questo pittore conduce anche l'opzione attributiva.
Esmate, settembre 1985
MAURIZIO
MARINI
I l d i p i n t o si qualifica come raffinato p r o d o t t o della cultura naturamortistica spagnola. I n esso, opera d i u n o dei maggiori specialisti nel genere i n terra iberica, J U A N V A N D E R H A M E N Y L E O N ( M a d r i d ,
1596 - 1631), si avvertono, i n s o m m o grado i connotati particolari dei
«bodegones» arcaici d i area madrilena, ossia, cortigiana e d i diretta apertura verso inflessioni esterne, segnatamente romane e
fiamminghe.
La scansione simmetrica rientra i n questa etimologia formale che ha
cosi m o d o d'individuare, definire g l i elementi nelle l o r o valenze figurative e allegoriche. I n f a t t i , con questa tela, come nella maggioranza dei «bodegones» esulanti dal p u r o genere, siamo d i fronte a u n «exemplum», ossia, a una specie d i laude figurata, a u n m o t t o che emblematizza valori religiosi r i t m a t i , c o n t e m p l a t i e cadenzati come nella preghiera e che, i n
u n certo senso, risultano i n linea con taluni d e t t a m i della coeva letteratura mistica spagnola. N o n a caso i l tema del «rebus» - se cosi v o g l i a m o
chiamarlo - si assimila a litanie mariane.
I l fine d i una p i t t u r a strutturata i n tal m o d o n o n può n o n essere che
etico. Esso deve, pertanto, invitare al superamento delle vanità del m o n d o e a ricercare, contemplare, meditare circa la presenza d i D i o nella m o l teplicità degli aspetti della natura i n cui quotidianamente siamo inseriti
e, comunque, a rivolgere i n alto Ì nostri pensieri. N o n a caso i l van der
H a m e n è a m m i r a t o da L o p e de Vega che, forse, autobiograficamente,
nella «Dorotea», afferma la necessità dell'abbandono delle passioni umane: «Pianta tutte queste follie, e vieni a sentire messa».
I l d i p i n t o i n oggetto v u o l e essere, q u i n d i , u n intenso richiamo alla
meditazione mariana e al Cristo della Passione. I l sottinteso della caraffa
(trasparente e toccata d i luce) alla Vergine-Vaso, contenitore purissimo
del B a m b i n o è i m p l i c i t a , n o n d i m e n o le rose «vittoriose» (secondo l ' o r i gine classica) sebbene sottendano la «mystica rosa» e i l rosario, sono anche u n r i f e r i m e n t o trasfigurato alle gocce d i sangue delle ferite d i Cristo.
I l vaso è, chiaramente, n o n solo i l centro della struttura visiva, ma anche
u n o v v i o p r o m e m o r i a fideistico. Tale elemento poggia su una specie d i
altare o gradino centinato (affine a quelli che si trovano talvolta ai piedi
del trono della Madonna) e attorno s'irraggiano gigli e rose, fiori-attributo della Madre di D i o . La caraffa potrebbe quasi sottendere quella presente in un gran numero di raffigurazioni dell'«annuncio a Maria», coi gigli che l'Arcangelo Gabriele le ha appena offerto. Nondimeno, al di là di
questa accentuazione iconografica, gigli e rose alludono all'Immacolata
Concezione di Maria, ma anche alla sua umiltà, al suo abbandono alla volontà di D i o . Rammento, infatti, tra i vari ricorsi simbolici, le parole della «sposa» e dello «sposo» nel biblico "Cantico dei Cantici" ( I I , 1-2): (sposa)
"Io sono un fior del campo, un giglio delle valli", (sposo) «Come un giglio tra gli
spini così lamica mia tra le fanciulle!»,
a sottolineare, con un fiore, comun-
que, comune, il senso di scelta. Ancora, nel «Discorso della montagna»,
Gesù Cristo ricorre al giglio per evidenziare la necessità della Fede come
mistico abbandono a D i o (Cfr. Matteo, V I , 27, sgg.).
La presenza «ab antiquo» della tela in terra lombarda non fa che confermare (oltre il normale scambio di prodotti coi territori assoggettati da
parte degli spagnoli) l'incidenza di motivi iberici nella cultura naturamortistica padana (Fede Galizia, Panfilo Nuvolone). Per quanto concerne il livello qualitativo, si può affermare che questo è tutt'altro con quello concettuale. La resa dei gigli, candidi, dalle ombre grigio-argenteo e
delle rose, toccate con sapienti velature di lacche sanguigne, lo stesso
«medium» atmosferico-luminoso, ottenuto tramite un attento filtraggio
degli elementi naturali e di quelli culturali, se da una parte ricordano la
visione adamantina del mondo romano protosecentesco, esportato in
Spagna dal marchese Giovanni Battista Crescenzi, nobile «dilettante» di
natura morta, dall'altra scoprono un implicito, quasi atavico, analismo
nelle corolle e nei boccioli.
Confronti significativi rimandano ad altre tele affini del van der H a men, in particolare il Bodegòn de Flores y hortalizas,
di collezione B / M di
Madrid, in cui, inoltre, si colgono analoghi valori crittografici di Fede e
di lussuria.
Roma, giugno 1985
B I B L I O G R A F I A : Cfr, R. Torres Martin, «Blas de Ledesma y el Bodegon
Espanoh, Madrid, 1978, p. 33, fìg. 4; A . E . Perez Sànchez, «Pintura Espanola
de Bodegones y Floreros de 1600 a Goya», Madrid, 1983, p. 56, n. 27 («passim»).
SAM SEGAL
My delay in answering your questions on the flower piece with roses
and lilies had several reasons.
- I am very busy with some lectures and chapters for exhibition catalogues, which ali have to be fìnished within a few weeks. Y o u did not give
us much time.
- I principally do not give ideas about attribution of a painting only
from photographs. Even if the attribution seems clear, the direct confrontation may sometimes change your mind. Y o u did not offer fìnancial support for travel expenses.
- I am waiting for a new possibility to visit you with a German friend
and collector. But it turns ou to be impossible within a few weeks.
Nevertheless some words on attribution, though preliminary: probably
N o r t h Italian, though with a touch of Spanish mysteriousness; about
the middle of the seventeenth century or later, according to painting
technique and materals, the glass vase, and the rose species.
T h e most obvious interpretation of the painting is in Mary symbolism.
T h e vase is a feminine symbol. It is fdled with roses, symbols of love,
meant as mental or spiritual. T h e three rose branches might refer to the
Holy Trinity, covering the scene. T h e four radiai stalks of W h i t e Lily reflect the purity and immaculacy of the Virgin. T h e y might, at the same
time, be seen as Annunciation symbols, the good message being spread
in ali four points of the compass.
It would be easy to go into more details, e.g., giving an explanation for
the developmental stages of the buds and flower as comparing with the
life and works of Christ. O r to explain the lilies and rose branches in connection with the Song of Songs, where the Bride, or Mary, is seen as a
metapher for Ecclesia, the Church. O r the glass vase in its transparency
as clearance, nothing to be hidden. But I do not think that the artist had
such intricate explanations in mind.
Theoretically, the interpretation could also apply to Christ. T h e symbolism of rose and lily were also applied to H i m before Mary's ròle became
more important in Christianity during the later Middle Ages. But Ma-
rian symbolism was only replaced again by Christian symbolism in the
Protestare parts of Western and Northern Europe since the end of the
sixteenth century.
T h e Christian interpretation of the W h i t e Lily (Lilium candidum) goes
back to Ambroise, either for Christ and Mary, and even to Augustine in
relation to the Annunciation, relating the stainlesness of the flower with
immaculacy.
T h e rose is the most common flower in literature and art. It can be traced throughout literature since Homer. It has ever been applied as a love
symbol, either as an attribute of Venus or of Mary. I n relation to Christ,
it is the self-sacrifycing love, turned into Passion, especially if with red
flowers. T h e painted rose in an intermediate between the Provins Rose
(Rosaprovinàalis)
and the French Rose (Rosa gallica), the so-called «Rosa
bativica» or Dutch Rose, known in Holland since the end of the sixteenth century.
W i t h kind regards.
Amsterdam,
8 may 1985
Caro Signor Lorenzelli,
Il ritardo nel rispondere alle sue domande sul dipinto di [tori con rose e gigli e stato determinato da varie ragioni.
Sono molto occupato con alcune conferenze e contributi per cataloghi di mostre che devono
essere tutti terminati entro poche settimane. Lei non ci ha concesso molto tempo.
Per principio non fornisco idee relative all'attribuzione di un dipinto basandomi solo su fotografie. Anche quando l'attribuzione sembra chiara, il confronto diretto può, qualche volta, far mutare opinione. Lei non ha offerto finanziamenti per spese di viaggio.
Sono in attesa di una nuova possibilità di farle visita con un amico tedesco ed un collezionista ma tale prospettiva non sembra attuabile in breve tempo.
Tuttavia ecco alcuni cenni sull'attribuzione, anche se preliminari: probabilmente dell'area
nord-italiana ma con un tocco di misteriosità spagnola; circa la metà del XVÌÌ secolo o
più tardi, in riferimento alla tecnica di pittura e ai materiali, il vaso dì vetro e la specie
delle rose.
L'interpretazione più ovvia del dipinto e nel simbolismo di Maria. Il vaso e un simbolo femminile. È pieno di rose, simbolo d'amore, nel senso mentale o spirituale. 1 tre rami dì rose potrebbero avere riferimento alla Santa Trinità, occupando la scena. I quattro steli radiali
del giglio bianco riflettono la premessa e l'immacolatezza della Vergine. Potrebbero essere
visti anche come simboli dell Annunciazione dato che il buon messaggio e sparso in tutti i
quattro punti dell'area.
Sarebbe facile entrare in ulteriori dettagli, per esempio, nel dare una spiegazione dello sviluppo dei piani dei boccioli e dei fiori paragonandoli alla vita e alle opere di Cristo; oppure
spiegare i mazzi di gigli e di rose in connessione con il Cantico dei Cantici dove la sposa, cioè
Maria, viene vista come metafora della Chiesa. Oppure il vaso di vetro nella sua trasparenza, come apertura, liberazione, niente da nascondere. Non penso tuttavia che l'artista
abbia avuto in mente tali complicate spiegazioni.
In teoria, l'interpretazione può anche essere riferita a Cristo. Il simbolismo della rosa e del
giglio veniva usato anche per il Cristo prima che il ruolo di Maria diventasse importante
perla Cristianità nel tardo Medio Evo. Ma il simbolismo Mariano e stato nuovamente sostituito dal simbolismo Cristiano solo nelle zone protestanti dell'Europa occidentale e settentrionale dalla fine del XVI secolo.
L'interpretazione Cristiana del giglio bianco risale ad Ambrogio, sia per Cristo che per
Maria, e persino a Sant'Agostino in relazione all'Annunciazione, stabilendo la relazione
tra il candore senza macchia del fiore con la immacolatezza.
La rosa e ilfiorepiù comune in letteratura e nell'arte. Può essere rintracciato nella letteratura a partire da Omero. È sempre stata considerata come simbolo d'Amore, sia in riferimento a Venere che a Maria. In relazione al Cristo essa rappresenta l'amore come sacrificio di sé tramutato in passione, specialmente se si tratta di fiori rossi. La rosa dipinta è una
via dì mezzo tra la Rosa provi ncialis e la Rosa gallica, la cosiddetta "rosa bativica» o
rosa olandese, conosciuta in Olanda dalla fine del secolo XVI.
Amsterdam, 8 maggio 1985
FEDERICO ZERI
Allo stato attuale delle conoscenze sulla Natura Morta europea, e soprattutto italiana, nei primi decenni del suo svolgimento (conoscenze
che sono assai confuse, come provano le più recenti trattazioni complessive sul tema) è ben difficile situare con esattezza questa stupenda, misteriosa composizione, o specificarne con sicurezza l'autore. M i pare certo
che la sua data debba cadere verso il 1620-30, dubbio è invece se la si debba riferire ad un artista romano, oppure lombardo, o se addirittura spagnolo. L'accento caravaggesco vi si esprime in modi purissimi, di eccezionale sostenutezza; e conosco soltanto un altro dipinto che possa venir
riferito alla medesima personalità, una tela di cm. 73x57 (anni fa sul mercato milanese sotto il nome del Cagnacci) che raffigura un Vaso di vetro,
rotondo, con gigli, una rosa, alcuni garofani, un iris e due viburni. C o n il
procedere dello studio sulla Natura Morta, e con il ritrovamento di nuovi testi pittorici, si vedrà se la medesima persona abbia avuto uno svolgimento tale da fondersi con un nome già noto, italiano o no che sia, ad
esempio Juan Fernandez detto el Labrador.
D e l tutto eccezionale è il significato simbolico dell'opera, il cui accento religioso, specificamente allusivo alla Vergine Maria è ottenuto per
via compositiva, anzi, grazie ad un'allusione arcaizzante in chiave pittorica. I n effetti, il vaso centrale con le rose poggia su di una base marmorea,
che al centro sporge a semicerchio: esattamente come nei dipinti del Trecento (soprattutto toscani) in cui la Vergine siede su di un trono sostenuto da una base in pietra, interrotta nel mezzo da una curva simmetrica.
Direi che questo dipinto è un'acutissima interpretazione controriformistica (e sorretta da quella regolata mescolanza che nelle immagini sacre auspicava Giovanni Andrea Gilio da Fabriano) di una trecentesca Madonna
in trono. M a il personaggio divino è individuato quale Rosa mistica, e in
luogo dei Santi o delle Virtù che la facevano ala è qui sostituita, in perfetta equivalenza simmetrica, una simbolica presenza di rose e di gigli, che
alludono alla somma Virtù della Vergine, la purezza.
E ancora, con un ritorno arcaistico di genere diverso ma assai significativo, si direbbe che il pittore abbia trovato l'ispirazione per questa im-
magi ne i n un testo ducentesco, del Dolce Stil N u o v o : precisamente i l celebre sonetto d i G u i d o G u i n i c e l l i che inizia:
I' po' del ver la mia donna
laudare
e assembrargli la rosa e lo giglio...
Basterà u n piccolo m u t a m e n t o , sostituendo a mia donna i l termine d i Nostra Donna perché i l senso del d i p i n t o sia evidente:
/ vo' del ver Nostra Donna
laudare
e assembrargli la rosa e lo giglio...
I l sapore dell'incantevole allegoria consiste, per me, p r o p r i o i n questa revisione, i n chiave moderna, d i u n tema antico, che da p r o f a n o si tramuta
i n sacro.
V o r r e i i n f i n e osservare che i n u n testo così i m p o r t a n t e per l'iconografia dei d i p i n t i sacri, come è la Leggenda Aurea di Jacopo da Voragine, del
secolo X I I I , i l passo relativo alla m o r t e e all'assunzione della M a d o n n a
dice che a l l ' i m p r o v v i s o la Vergine fu circondata d i rose rosse, significanti
l'esercito dei M a r t i r i , e d i g i g l i bianchi, che simboleggiano le schiere deg l i A n g e l i , dei Confessori e delle V e r g i n i .
Mentana,
2 aprile
1985
GIOVANNI
TESTORI
I n questi u l t i m i anni la critica s'è d i sovente impegnata a svelarci le «nature morte» quali portatrici d'una congerie pressoché illimitata d i verità o
di allusioni simboliche; a leggere, insomma, d i p i n t i che s'usava ritener
«di genere», quali l u o g h i atti a o g n i t i p o d'acrobazia iconologica (naturalmente «a rebours»; e n o n poteva, pel vero, essere diversamente). Basti,
q u i rammentare quant'è accaduto alla «Fiscella» del Caravaggio; per spiegar la quale l'autore, d i propria bocca, aveva usato ben diverse, chiare e
n o n equivocabili parole.
Quasi m a i , a nostro avviso, tali svelamenti trovavano riscontro i n ciò
che, p o n e n d o c i davanti a esse, le «Nature morte» così sezionate eran p o i
in grado d i comunicarci; o anche solo d i suggerirci. I colpevoli di questo,
eravamo naturalmente n o i ; con più esattezza, una nostra talquale opacità, o pesantezza, di carne, d ' i n t e l l e t t o e di sguardo. Tuttavia, p r o p r i o perché così siam fatti, e n o n avvertiamo necessità alcuna d i parere diversi, ci
sentiamo grandemente tentati di dedurre, da quelle continue, per n o n d i re infinite, delusioni, alcune possibilità (che, forse, sono anche probabilità). Possibilità p r i m a : nel pensiero d i chi aveva d i p i n t o quelle «Nature
morte» la congerie dei simboli e degli e m b l e m i era sì presente, ma la di
loro realizzazione n o n è stata in grado d i portare simboli ed emblemi a l i vello d i realtà figurali (che è, p o i , quel che, comunque, conta). Possibilità
seconda: l u n g o i l c a m m i n o , la trascrizione dei singoli elementi, portatori
del virus simbolico, aveva preso la strada della «natura» o del «naturale»; e
chi s'era visto, s'era visto.
E vero che n o i poco o nulla sappiamo delle m o t i v a z i o n i , dirette o i n d i rette, per cui un'opera d'arte si destinava al suo senso, o, addirittura, al
suo servizio originario; ed è altrettanto vero che, cercando d i conoscere i l
più possibile d i quanto ci porta nelle vicinanze o, addirittura, nell'interno (nelle trippe, i n s o m m a ) di quelle m o t i v a z i o n i , i l nostro sguardo di
posteri può ritenersi m e n o esterno e lontano (ma, allora, n o n anche, e
già, i l nostro sguardo d i contemporanei nei c o n f r o n t i di quanto oggi si
dipinge e scolpisce?)? Resta, tuttavia, ugualmente vero che, a l l ' u l t i m o ,
t u t t i i significati simbolici reperiti, se essi f u r o n davvero necessari alla
creazione dell'opera, dovrebbero, se n o n immediatamente apparirvi, almeno n o n definitivamente sparirvi; f i n o a n o n essere più, ma p r o p r i o
più, rintracciabili.
U n o sguardo su d i una «Natura morta» conosciuta e, dunque, svelata iconograficamente, n o n dovrebbe poter più essere uguale allo sguardo che,
su di esse, n o i , con la nostra già menzionata opacità, posavamo p r i m a di
quelle conoscenze e delle connesse o derivate letture.
Nella brutale, ma i n qualche m o d o significante, realtà degli accadimenti,
questo n o n s'è quasi mai verificato. I l che ci fa ritenere che, magari, i l
c o m m i t t e n t e chiedeva al p i t t o r e che la rosa fosse lì per significare m a r t i rio, o l'uva gualcita dalle p r i m e nebbie d ' a u t u n n o per significare i patim e n t i della croce, ma che p o i , nel corpo seguente ( q u e l l o , cioè, del p i t t o re) la rosa se ne tornava rosa e l'uva, uva. I n attesa che una mosca v i calasse sopra? N o n lo sapremo mai. Certo, l'apologo d i Apelle, i n questo senso, pare più forte d ' o g n i f u t u r o scatenamento simbolistico, o d ' o g n i simbolistica malattia.
Si scrive questo p r o p r i o perché, con la presente «Natura m o r t a mariana»
ci si trova, invece, d i f r o n t e a u n caso rarissimo d i soluzione completa
delle simbologie iniziali nella realtà d e l l ' i m m a g i n e finale. N e p p u r e avevamo finito di vederla, ancor dentro la sua nera cornice d'origine, che già
s'era splanato, i n n o i , emozionandoci, il suo significato; splanato significa l'esatto o p p o s t o d i trattenuto i n cripta: significa osteso; e sia pure col
pudore che i l s i m b o l o stesso esigeva, ma altresì col connesso
«Magnifi-
cat». I n s o m m a , le rose, i g i g l i , i l vaso e la f o r m a ad altare del piano d'appoggio esistevano, davanti a n o i , e subito, p r o p r i o e solo quali «incarnazioni» del l o r o essere «figure retoriche» della «realtà retorica» che l i aveva
determinati ( n o n solo nella mente del c o m m i t t e n t e ) .
Per dire t u t t o , nel caso presente, l'emozione n o n si staccava dal s i m b o l o ,
ma scoccava p r o p r i o dall'essere g l i oggetti che c o m p o n e v a n o l'opera, v i sti, amati e realizzati quali figure delle «litanie mariane»; o, c o m u n q u e ,
del suo c u l t o . L'anello, insomma, si chiudeva e talmente s'esponeva.
Se veramente, come ci si assicura, l'opera proviene da un'antica famiglia
lombarda, sembrando essa databile al secondo o terzo decennio del Seicento, n o n par i m p r o p r i o legarla, quale atto p i t t o r i c o , al ben n o t o p r i v i legio culturale, che, a M a r i a , ebbero a riservare, p r i m a Carlo, p o i Federico B o r r o m e o . I rapporti strettissimi con i «Bodegones» spagnoli i n d u r rebbero a ritenerla i m p o r t a t a ; evento più che naturale nella M i l a n o d'allora; ma i m p o r t a t a o n o n anche, visto i l suddetto privilegio, commissionata? Q u a n t o , p o i a u n a p p r o f o n d i m e n t o della lettura iconografica, atteso che i l d i p i n t o esplicitamente l ' i m p l i c a e domanda, si pensa che una co-
noscenza dei testi seguiti alla fondazione della «Congregazione mariana»,
avvenuta a Roma, per m e r i t o del gesuita belga P. Leunis, nel 1563, e che
p r o p r i o nei p r i m i decenni del Seicento ebbe la sua prima, grande dilatazione europea, potrebbe offrire più d ' u n aiuto e riservare più d'una sorpresa; cui, del resto, chiaramente si riferisce, anzi s'espone, lo stesso, bellissimo d i p i n t o .
Milano,
2 ottobre 1985
MARCO
ROSCI
La tela, stupenda, stupefacente e, per occhi e spiriti profani e laici, passabilmente odiosa, vive i n u n bilico, arrischiatissimo quanto trionfante, fra
ostentazione massima e quasi tattile di naturalità e parimenti massima
astrazione spaziale e simbolica. D i r e i che il «valore» eminente, i n più sensi, sia l'equivocità, u n «rimando a» che interseca senza l i m i t i - i n una sorta
di gioco degli specchi e d i scatole cinesi - p l u r i m i livelli o t t i c i , psicologici
e emozionali.
I simboli mariani del g i g l i o e della rosa, nel l o r o rapporto spaziale e l u m i nistico con l'isolamento centrale e anteriore del vaso, che sembra alludere alla Pisside o al Graal, penetrano e si dispiegano a costellazione i n un
non/spazio d i b u i o divorante e altamente inquietante, che forse vuole
contestare e negare i n chiave misteriosofìca - come non/presenza, ma attiva - l ' i m m i n e n z a ovvero ortodossia del vaso stesso. I n questo senso, ed
esclusa senz'altro - al d i là di p r o b l e m i d i forma e linguaggio, che c o m u n que confermano l'esclusione, anche riferendosi a livelli «arcaici» t i p o Galizia e Pigino - una cultura italiana, che p r o b l e m i di questo t i p o ha soppresso e rimosso dalla metà del '500, i l «modo» spaziale, che q u i è scelta
primaria e fondamentale p r o p r i o per attingere ai valori o antivalori simbolici, m i sembra che rimandi al N o r d : alla spazialità «esoterica» e antina¬
turalistica già ben presente i n Dùrer e sviluppata nel Rinascimento manieristico transalpino da Jean Pélerin, p o i da Vredemann de Vries. E il
linguaggio, i l r i t m o spaziale che credo sia sottinteso, più d i quanto n o n
sembri, alla frontalità solo apparente dei p r i m i fioranti-naturalistici, come T o m R i n g e Hoefnagel, seguiti da de G h e y n e Elegel.
Per queste considerazioni di struttura, quanto per la sensazione-soggettiva, al l i m i t e dell'irrazionale - d i un'aura eterodossa, esoterica, marchiante
il singolarissimo d i p i n t o , propenderei a situarlo nell'ambito d i quelle
cerchie e quasi sette protestanti ed evangeliche vaganti ed operanti nei
p r i m i decenni del '600 fra Paesi Bassi, principati renani e Parigi.
Torino, settembre 1985