concertiat - Giovanni Umberto Battel

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concertiat - Giovanni Umberto Battel
FoNDAzIoNE TEATRO LA FENICE
CoNSuR\'ÀToRto Dt MustcA
BENEDETTO MARCEI,I,O
DI VF,NEZTA
VottBzte
CONCERTIAT
CONSERYATORIO
CoxsBnveroruo DI MUsICA BENEDETTo MARCELLo
Sem CoNcnnrt
giovedì 12 aprile 2001,, ore 20.50
giovedì 19 aprile 2001, ore 20.50
Il Conservatorio di Musica Benedetto Marcello di Venezia sta vivendo un momento
particolarmente felice in cui una ritrovata vitalità interna si collega a processi di rinnovamento a
livello nazionale. La recente Legge di Riforma dei Conservatori e delle Accademie, dopo decenni
di incertezza e ambiguità normativa, ricolloca le massime istituzioni dell'istruzione artistica del
Paese nella fascia superiore degli studi governati dal Ministero dell'Università e della Ricerca
Scientifica e Tecnologica. Si tratta di un atto domto di fronte ai dettami dell'Unione Europea che
ridà fiducia e nuove prospettive agli studenti, futuri musicisti. La riacquistata centralità del
Conservatorio di Musica rispetto all'istruzione musicale va sostanziata con contenuti adeguati per
la formazione, la produzione artistica e la ricerca, in grado di soddisfare Ie esigenze di
preparazione al mondo del lavoro fino al più alto livello. Con questo obiettivo il Conservatorio di
Venezia ha stretto rapporti e stipulato convenzioni con le massime Istituzioni Musicali della città,
con Università e ,{ccademie italiane e straniere, ha potenziato le attività interne, rinnovato Ia Sala
Concerti quale centro di produzione musicale, aperto nuovi servizi come l'archivio sonoro, l'aula
multimediale, il sito Internet; si sta impegnando per un'adeguata yalorizzazione del proprio
patrimonio, tra cui la biblioteca e il costituendo museo, si propone quale riferimento per
l'aggiornamento e la qualificazione delle diverse fasce dell'istruzione musicale, e soprattutto sta
rinnovando i piani di studio. Nel corrente anno accademico è stato infatti a\.viato il primo Biennio
post-dipIoma, quale progetto di specializzazione approvato dal Ministero dell'Università, che
riporta finalmente il perfezionamento all'interno del Conservatorio. I settanta iscritti a questo
nuovo corso, rappresentano un potenziale umano e professionale di aìto livello a cui guardare per
un pronto inserimento nell'attività artistica o didattica. Una simile novità ha suscitato interesse e
attenzione da parte dei maggiori Enti di Produzione musicale e fra questi Ia Fondazione Teatro
La Fenice ne ha colto per prima l'importanza. Tre giovani solisti del Conservatorio, un
diplomando e due studenti del post-diploma, si esibiranno con l'Orchestra del Teatro. Si tratta di
un evento storico, dato che bisogna risalire a oltre 50 anni fa per poter ricordare un rapporto a
questo livello tra Teatro e Conservatorio. Per un musicista che si affaccia alla carriera
concertistica poter suonare con un'orchestra di grande levatura artistica è un'esperienza
professionale straordinaria e rara, specie in Italia. Un sentito ringraziamento alla Fondazione
Teatro La Fenice e all'Orchestra per aver voluto riprendere una collaborazione così significativa
che premia la qualità degli studenti e l'impegno degli insegnanti, mentre gratifica l'Istituzione
Conserwatorio che in questo modo può veramente formare al meglio i propri studenti.
Il Direttore
Berrol
GrovnnNr UNleonro
3
giovedì 12 aprile 2OOl, ore 20.50
molte pecche, molte lungaggini, molti
passaggi troppo elaborati, mentre l'impie-
GrerqI,uce Srlveto
direttore
Luowrc vAN BEETHovEN
Sinfonia n.2 in re maggiore op. 56
Cnanr,os Or,rvmnr-MuNRoE
direttctre
JoueNN SBs,{srrAN Becu
Concerto in re minore
p
B\\T
1052
ianoforte ANNI D'Bnruco
Kryorexa Tpneor,r
direttore
Luowtc vAN BEETHovEN
Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. g5
ORcnnsrm onr,
Tparno Le FpNrco
Due sinfonie e un concerto. Se vi può sembrare una serata impegnativa, potete sempre riflettere sul
"peso, del concerto tenuto il 5 aprile del 1805 al Theater an der
Wien diretto da Ludwig van Beethoven
che, oltre alla prima esecuzione della
Sin"fonia n. 2 in re maggiore op. 56, preye-
deva il Terzo Concerto per pianoforte e orchestra in do minore op.57,l'oratorio Crlsto sul Monte Oliueto e la Sinfonia n. 1 in
do maggiore op.2l.
La Seconda Sinfonia, dedicata al mecenate principe Karl von Lichnowsky, fu composta tra la fine del 1800 ed il febbraio del
1809 per un'orchestra piuttosto ricca; D
flauti, 2 oboi, I clarinetti, 2 fagotti, 2 corni,
2 trombe, timpani e archi. Nell'autorevole
Allgemeine Musikalische Zeitung alcuni
appunti ne scoprono caratteri ma anche
impressioni di prim'ora:
"Noi troviamo
4
go troppo insistito degli strumenti a fiato
non a\,-vantaggia certi passaggi. Il Finale è
troppo bizzarro, selvaggio e chiassoso, ma
questo è compensato dalla potenza del genio che si rivela in questa produzione, colossale per la ricchezza d,ei pensieri nuovi,
per I'esecuzione originalissima e per la
profondità del saperer. La presenza mas-
siccia degli strumenti a fiato nell'orchestra non era indubbiamente ancora ben
digerita; la loro emancipazione nell,orchestrazione era già cominciata anni addietro con le ultime produzioni di Haydn e
Mozart, abbandonando definitivamente
l'obsoleto concetto del raddoppio. Beethoven, che era un attento analizzatore del
suono degli strumenti (basti pensare alla
scelta ed alle osservazioni sui suoi pianoforti), non se ne privava, non solo per
un indiscusso piacere per il clangore, ma,
soprattutto, per le possibilità che questi
strumenti davano alla elaborazione dei
materiali tematici.
La composizione si apre, insolitamente,
con un Adagio molto dal carattere solenne,
che funge da introduzione (vedi la successiva Settima Sinfonia), dove trovano posto
contrasti tra masse accordali nel fortissimo e diluizioni melodiche sul piano. Alla
battuta 54 si accende un trascinante e trasparente Allegro con brio; i due temi esprimono un comune disegno ritmico di fondo:
il primo è affidato ai violoncelli e ai contrabbassi su un ribattuto degli archi superiori, il secondo, invece, ha un carattere
più marziale ma si presenta nel piano in
una combinazione di colore (clarinetlt/fagollt/corni) per poi essere immediatamente riproposto nel fortissimo da archi e
fiati. Il secondo movimento, Larghetto, ricompone l'ascoltatore in un'atmosfera più
serena e rarefatta. Qui, in isolate sospensioni, in frammenti melodici, in brevi sforzati, in spostamenti ritmici, sono evidenti
le parentele con le esperienze mozartiane
ed haydniane ma, come si sa, dowemmo
aspettare la sinfonia successiva (la Terza)
per vedere scardinati definitivamente i delicati equilibri della sinfonia settecentesca.
Lo Scherzo (Allegro) occupa quel posto
che, nelle suddette esperienze settecentesche, spettava al Minuetto; l'euforia che lo
caratlerizza è simile a quella che incontriamo nel terzo tempo della Prima Sinfonia e segna il ritorno alla tonalità principale. Il Trio è una macchia di colore che si
apre con due episodi affidati il primo ai
fiati, il secondo agli archi (con una curiosa
fluttuazione sul fa diesis all'unisono).
L'ultimo tempo, Allegro molto, è nella forma di Rondò libero. L'attacco è costituito
da un'appoggiatura che diventa trillo dopo
un salto di dodicesima inferiore. Questo
motore spinge un meccanismo e una organizzazione più quadrata rispetto al primo tempo, ma tutto aumenta gradatamente di intensità; solo alcune corone, su accordi di tutta l'orchestra, spezzano la linearità del processo per riprendere l'accumulo sino ai secchi accordi finali. Tutto
questo usciva dalla stessa penna che in
quei giorni scriveva il cosiddetto Testamento di Heiligenstadt. Testo angosciante. Questa dicotomia poteva e può essere
compresa solo da colui al quale è concesso di passare all'interno dei più strazianti
disastri che la vita può offrire: «...e l'infelice si consoli di trovare un suo pari che,
nonostante gli ostacoli della natura, ha
fatto tutto quanto stava in lui per essere
accolto nella schiera degli artisti e degli
uomini degni".
Con Johann Sebastian Bach tutto si azzera. Non c'è scampo. Il compositore Mauricio Kagel ebbe a dire che «probabilmente
non tutti i musicisti credono in Dio, ma
tutti credono in Bachr. È proprio verso
quel Dio che Johann Sebastian ricondusse
suo oEstro», consolidando questa tensione in geometrie al di fuori del tempo, anche il suo. Una tensione permanente, tale
da rendere labile il confine tra musica sacra e profana: cambiamenti di forma, non
di sostanza. La maggior parte delle sperimentazioni sulla forma del concerto, per
Bach, alwengono a Weimar e poi, in particoÌare, nel periodo in cui fu Kappellmeister del principe Leopold di Anhalt-
il
KÒthen (1717-1725). In quella
sede
(KÒthen) sviluppò le sue ricerche, studiando e trascrivendo i concerti degli
autori italiani, in particolare quelli di Antonio Vivaldi. Il compositore tedesco tendeva alla assimilazione delle esperienze
altrui per farle poi convergere sul suo
tracciato, fatto di profonde conoscenze armoniche, contrappuntistiche e strumentali: in questo gli strumenti a tastiera furono
il "luogo" prediletto. Per quanto riguarda
l'orchestra, sono certamente i cosiddetti
Concerti brandeburghesl i frutti fondamentali di questa ricerca, seguiti poi da un
numero considerevole di altre composizioni per strumento solista e orchestra.
Il Concerto per clavicembalo e orchestra
d'archi in re minore BWV lO52 è nato inizialmente per violino e orchestra. Prima
di predisporlo per clavicembalo, i primi
due movimenti furono incorporati nella
cantata "wir mùssen durch uiel Tiùbsal in
das Reich Gottes Eingehen" BVIT 146 ed il
terzo servì da sinfonia introduttiva per la
Cantata dch habe meine Zuuersicht, B\l\
188. E suddiviso nella collaudata forma
ternaria Allegro - Largo - Allegro. Il primo
movimento si apre con una lunga frase
all'unisono di tutta l'orchestra con il clavicembalo, dove viene proposto l'elemento
tematico principale; dopo questa, il clavicembalo si diluisce in un movimento continuo di semicrome a volte sotto forma di
arpeggi, altre di scale. Che nella musica
bachiana lo spazio sonoro sia da riempire
tutto, da saturare, è evidente nella sua
produzione per strumento solo; qui è particolarmente evidente nella parte degli archi (per esempio battute 5 e l5), dove gli
elementi ritmici iniziali sono proiettati, attraverso un uso di ampi intervalli, a formare polifonie all'interno della singola linea. Nella sezione centrale, prima della ripresa tematica nel tono della tonica, la
parte del solista si concretizza in ostinati
ritmici arrichiti da un cromatismo evidente. Il Largo si apre, come nel primo movimento, con una frase con gli archi all'unisono che qui ha il compito di introduzione
del clavicembalo. Il ricco e articolato lirismo del solista è sostenuto da sobri appoggi degli archi; il movimento si chiude con
5
la ripresa dell'introduzione.Il terzo tem-
po, caratterizzalo da una vivacità marcata,
si distingue per la maggiore articolazione
della parte solistica, ma anche della dimensione dialogica con l,orchestra.
L'Ottaua SinJonia in fa maggiore op. g5 fu
il frutto dell'estate
1812, trascorsa da
Beethoven nelle sedi termali di Karlsbad,
Frazensbad, Tepliz e nel soggiorno aLinz,
presso il fratello Giovanni. Composta per
un ampio organico, denota un rinnovato
interesse per i modelli di Mozart e Haydn.
Anche se scritta in un periodo relativamente breve, gli abbozzi denotano conti_
nui cambiamenti di scelta e la leggerezza
finale che ne risulta passa attraverso una
notevole concisione del linguaggio. Fu
eseguita per la prima volta il 27 febbraio
1814. Per Robert Schumann questa Sinfonia «...per profondità e umorismo, non ha
forse I'eguale".
Nel primo movimento Allegro con brio e
vivace, il primo tema viene presentato come un flash di quattro battute (tutti), alle
quali rispondono (piano, dolce) simmetricamente altre quattro dei soli fiati. Il clima
tranquillo e sereno è confermato dal nuovo elemento che incontriamo dopo la battuta di pausa, la numero 55 (ancora!): agli
archi è affidato un canto flessuoso contrappuntato dagli staccati del fagotto. Il li_
neare sviluppo si chiude su una serie di
accordi in pianissimo. Contrariamente al_
la prassi, il secondo movimento è un AÌlegretto scherzando nella tonalità della dominante; qui, sugli accordi ribattuti (pianissimo e sempre staccalo) dei liali. è appoggiata una linea melodica degli archi
dal sapore haydniano. Il tema dell,Allegretto è ricavato da un canone composto
da Beethoven in omaggio a Johann Nepomuk Màlzel, l'inventore del metronomo. Il
Tempo di Venuello rievoca passale almosfere danzanti nei suoi giochi di accenti;
nel Trio una particolare clisposizione vuole un accompagnamento di terzine per i
violoncelli (.e pizzicati per i contrabbassi)
che sostengono il delicato discorso dei
corni e del clarinetto. Partendo da questo
movimento, Ricard Wagner faceva alcune
considerazioni sulla forma e sull,interpretazione di questa sinfonia:
Beethoven aveva in mente, come a.lwiene
anche in altre sue opere, un Minuetto vero
e proprio e lo mise quasi in conlraslo con
un precedente ,A.llegretto scherzando fra
due più lunghi Allegri, e perché non potessero sorgere dubbi sulle sue intenzioni a
proposito del tempo, non gli diede l,indicazione Minuetto, bensì Tempo di Minuetto.
Ora si è quasi trascurata questa nuova e in-
solita delinizione dei due tempi centrali
d'una sinfonia: l'AÌlegretto scherzando dovette rappresentare il comune Aldante, il
Tempo di Minuetto l,altrettanto comune
Scherzo, siccome la concezione che ci si
fece dell'uno e dell,altro non era adeguata,
tutta questa meravigliosa sinfonia, in cui i
tempi centrali non ottenevano i soliti effet_
ti, fu considerata dai nostri musicisti come
una specie di opera secondaria.
Anche Luigi Dallapiccola, rapportando il
terzo tempo della Seconda Sinfonia di Gustav Mahler con alcuni momenti della produzione beethoveniana, tra cui il Trio del
Menuetto dell'Ottaua Sinfonia, annotaya
nel 1952 che
"Episodi come quelli citati, in
Beethoven ancora sporadici, assurgono
attraverso lo sviluppo che ne dà Mahler a
così grande importanza che, di fronte a
quei frammenti beethoyeniani, si è tentati
di definirli mahleriani,. L,ultimo tempo è
un Allegro vivace. È un Finale Rondò di
particolare energia e dalla inusuale lunghezza, spinto da un ritmo di terzine che,
nel parossismo dell'accumulo, viene interrotto, prima della chiusa, con effetto
scioccante, da quel suono eslraneo all,armonia (il famoso do diesis), che fece discutere ampiamente teorici e musicisti.
(Nnno Sanvroo)
giovedì 19 aprile 9001, ore 20.50
Kryorer<e TBneori,t
direttore
Fnrpopnrc CuoprN
Concerto per pianoforte e orchestra n. 2
in fa minore op.27
p
ianoJorte FBneruco Lovero
GraNr,uce Snv,txo
direttore
Luolvrc vAN BEETHovEN
Concerto per pianoforte e orchestra n.
in do maggiore op. 15
pianofo rte Glacorto Mrcuon.r n z t
Se per
1
Csanr,ps Olrvmnr-MuNRoE
direttore
WolpcaNc Au,toBus Mozanr
Sinfonia in do maggiore KV 551, Jupiter
ORcnpsrne opr,
TBerno La FnNrcn
Fu certamente Wolfgang Amadeus Mozarl, allraverso le sue numerose esperienze, a porre
i contorni alla forma del con-
certo per pianoforte e orchestra, che rimarranno esempio fondamentale per i
compositori che alla fine del XVIII avessero voluto cimentarsici. I due concerti che
ascolterete questa sera sono due composi-
zioni di compositori-pianisti, due concerti
per pianofbrte e orchestra, composti ad
una trentina d'anni l'uno dall'altro, che
definiscono l'evoluzione formale dal periodo classico al pieno romanticismo. Piero Rattalino scrisse:
Chopin conclude un processo storico che
era r'niziato alla fine del Settecento e che,
nel momento stesso in cui Beethoven conduceva a termine I'esperienza deIIa classicità, aveva visto sorgere un nuovo tipo di
concerto. Non c'è momento di decadenza
nel concerto per pianoforte e orchestra
dopo Beethoven e fino a Chopin: Beethoven aveva suggellato la grande stagione
del concerto classico, che dopo di lui restava senza un seguito immediato, Chopin
suggella la stagione del concerto Biedermeier... Mentre muore il concerto Biedermeierttasce, con Mendelssohn, il concerto
romantico.
noi oggi il pianoforte ha assunto
aspetti che vanno anche al di là dall'essere macchina da suono (ornamentazione,
oggetto di culto, elemento in sculture
Fluxus) e cede lentissimamente il passo
ad altre macchine, nel periodo in questione era veramente quel software indispensabile, da aggiornare continuamente, con
il quale i compositori-pianisti realizzavano rapidamente le loro forme sonore. Avere un tipo od un altro di pianoforte, quindi
con possibilità diverse di produzione del
suono o anche di estensione della tastiera,
determinava una forte influenza nella
produzione musicale (vedi per esempio le
sonate di Beethoven).
Durante la vita di Beethoven e di Chopin,
lo strumento subì delle importanti trasformazioni. I due sistemi principali di meccanica erano quello inglese e quello viennese; nel primo la spinta tasto-martelletto
aweniva attraverso un sistema di leve,
nell'altro ar.veniva direttamente. Conclusione: la meccanica dei yiennesi era più
sensibile alle diversità di tocco e di attacco. Nel telaio di legno erano fissate corde
di ferro o di ottone e i martelletti erano rivestiti di pelle. Successivamente furono
applicate al telaio delle barre metalliche
che permettevano, aumentando la resistenza del legno, di montare corde più
grosse e con una maggiore tensione.
Beethoven, che faceva riferimento ad uno
strumento a cinque ottave (fino al 1805),
scriveva nel 1796 al costrutlore viennese
Johann Andreas Streicher: «non c'è dub-
bio che per quanto riguarda il modo di
suonare, il pianoforte è ancora il meno
studiato e sviluppato fra tutti gli strumenti; si ha spesso l'impressione di ascoltare
Kalkbrenner (al quale dedicò il primo
Concerto op. 11), Ignaz Moscheles ed in
particolare Johann Nepomuk Hummel.
semplicemente un'arpa". Circa le precise
esigenze del compositore tedesco, una testimonianza del 1809 descrive le caratteristiche e le trasformazioni messe in atto da
Streicher: "Streicher ha abbandonato la
meccanica delicata, troppo cedevole e vi-
nini ma certamente le sconvolgenti spri-
vace dei vecchi strumenti viennesi e, su
parere e richiesta di Beethoven, ha dato ai
propri strumenti più resistenza ed elasticità...". Nel 1825 il pianista Ignaz Moscheles tenne un concerto al Teatro di Porta
Carinzia in Vienna e ottenne il permesso
da Beethoven di usare il suo pianoforte inglese Broadwood. Un testimone del concerto scrive che "Moscheles intendeva,
usando nello stesso concerto un Graf e un
pianoforte inglese, mettere in luce le qualità di entrambi,. Beethoven non era proprio un pianista che trattasse lo strumento
con delicatezza.La sua infelice sordità era
causa del suo pestare senza pietà sul pianoforte, tanto che Graf (costruttore viennese), prevedendo l'esito a lui favorevole
di quel confronto, si prestò generosamente a rimettere in condizioni migliori per
l'occasione lo strumento inglese danneggiato. "Ho cercato - dice Moscheles - di
mettere in risalto i pregi del suono ampio,
pieno, anche se talvolta velato del pianoforte Broadwood (costruttore inglese
che nel 1785 aveva brevettato il pianoforte
che prevedeva sia un pedale di risonanza,
sia uno di sordina) ma invano. Il mio pubblico di Vienna è rimasto fedele al suo
concittadino- i suoni chiari e squillanti del
Graf riuscivano più graditi". Che alle esigeuze tecniche si sommassero le tristi vicende personali del compositore appare
in una sua lettera sempre a Streicher, dove chiedeva di «essere tanto gentile da accomodare uno dei vostri pianoforti, in modo che si adatti al mio udito indebolito.
Dowebbe essere il più sonoro possibile.
Ciò è assolutamente necessario".
I compositori che incisero nella produzione di Chopin (specialmente per la forma
del concerto) furono Friedrich Wilhelm
I
Chopin non conobbe personalmente Pagamentazioni del musicista genovese aprirono in tutta Europa prospettive completamente nuove sul virtuosismo applicato anche ad altri strumenti oltre al violino.
Il Concerto in fa minore n. 2 op. 27, in
realtà, fu composto per primo ma pubblicato successivamente al Concerto in mi
minore n. 1 (1856). La composizione yenne provata in casa di Chopin il 7 febbraio
1850 e fu eseguito il 17 dello stesso mese
al Teatro Nazionale di Varsavia, dove conseguì uno strepitoso successo tanto da richiederne una replica il22.L'evento fu se-
guito con attenzione dalla stampa locale:
«Lo stile di Chopin, del compositore e del
pianista, si distingue per la dolcezza e la
delicaLezza. I motivi, anche quelli che
hanno carattere piuttosto allegro, acquistano con lui una tinta, si direbbe, di malinconia, che l'artista impone ai presenti
con la forza del suo talento». La funzione
dell'orchestra nei concerti di Chopin è limitata alle introduzioni ed ai raccordi fra
le suddivisioni formali, il predominio assoluto è affidato al solista che sviluppa
quasi ininterrottamente il suo discorso. Il
primo movimento, Maestoso, dell'op.91 è
costruito nella tradizionale forma sonata
con due temi dal carattere contrastante,
ma la parte delìo sviluppo si distacca dal
materiale tematico e la composizione assume le caratteristiche di una fantasia che
si ricompone parzialmente allo schema
classico solo in fase di riesposizione. Il
Larghetto è sostanzialmente un Notturno,
diviso in tre parti, dove I'orchestra, oltre a
creare lo sfondo, descrive una scarna introduzione. Ad una ornata cantabilità iniziale,la parte centrale oppone una atmosfera più drammatica, con un incisivo parallelismo in ottava affidato al solista e i
tremoli (sempre più stretto) degli archi
che ne sottolineano le tensioni ed i respiri.
Al pianoforte il compito di aprire il terzo
tempo, Allegro vivace, costruito nella forma del Rondò in cinque sezioni. In questo
vivace movimento compaiono elementi
derivanti dalla tradizione polacca, come la
Mazurka ed il Kujawiak che si riflettono
anche nell'accompagnamento inusuale
degli archi «col legno».
Rondò mette in evidenza tutte le qualità
virtuosistiche del solista, in un clima marcatamente danzante e irruento, ricco di
sorprese armoniche, come la parte centrale in minore.
ll Concerto op. 15 di Ludwig van Beethoven richiese una lunga gestazione tanto
da risultare realmente, rispetto alla produzione beethoveniana, il terzo. I primi
abbozzi risalgono agli anni 1795-96 e fu
concluso definitivamente nella metà del
Nell'estate del 1788 Wolfgang Amadeus
Mozart, nella sua casa in Wahringergasse
a Vienna, si accingeva a scrivere le sue ultime tre sinfonie. «Venga dunque a trovarmi: sono sempre in casa. Sono dieci giorni
che abito qui e ho lavorato più di quanto
abbia fatto in due mesi nell'altra casa, e se
non fossi assalito con tanta frequenza da
pensieri cupi (che devo scacciare con forza) mi sentirei molto meglio...o. Durante
quella decina di giorni, Mozart aveva terminato 1l Trio per pianoforte violino e violoncello K 542, la Sinfonia K 545, la Piccola marcia K 544,|a Sonata per pianoforte
K 545 e l'Adagio e Fuga per archi K546. La
SinJonia in do maggiore K 551, l'ultima,
porta la data del 10 agosto 1788.
L'orchestrazione comprende 1 flauto, 2
oboi, 2 fagotti,9 corni,2 trombe, timpani e
tutta la famiglia degli archi. Alla fine del
XVIII secolo, le orchestre, che serwivano
alla costruzione di delicati equilibri sonori, contavano un numero esiguo di strumenti ad arco: ad esempio l'orchestra di
Mainz nel 1785 era formata da 7 violini
primi, 6 violini secondi, 2 viole,2 violoncelli, 2 contrabbassi; l'orchestra di Francoforte raggruppava 5 violini primi, 5 violini secondi, 2 viole, 1 violoncello ed 1
contrabbasso. Erano invece gli strumenti
a fiato a trovare una loro nuova definizione, abbandonando definitivamente il limitante concetto del raddoppio per diventare
elementi indipendenti nella gestione del
colore orchestrale e nello sviluppo del
materiale tematico, attraverso un uso più
ampio delle tecniche di esecuzione. La
presenza di trombe e timpani garantiva
che "tutti gli attacchi forte degli ottoni con
i timpani, suonati all'epoca con bacchette
di legno, facevano l'effetto di una punta
(eroica, aggressiva o trionfale) e non si riducevano a un semplice registro di colore
nell'ambito della sonorità complessiva,
come al-viene nell'orchestra attualer. È
1798. Nell'ottobre del 1798 Beethoven pre-
senta a Praga l'opera 15 e l'opera 19.
Johan Wenzel Tomaschek testimonia che
«nell'anno 1798, in cui proseguii i miei
studi giuridici, Beethoven, iI gigante fra i
pianisti venne a Praga. Davanti a molto
pubblico suonò nella sala del convitto e
presentò il suo Concerto in do maggore
op. 15, l'adagio e il grazioso Rondò in la
maggiore dall'op. 2 e concluse con una
improl.visazione su un tema datogli dalla
Contessa Schlich (?), Ah tu fosti il primo
oggetto dalla Clemenza di Tito di Mozart.
Il magnifico suonare di Beethoven e soprattutto l'audacia della sua improwisazione mi sconvolsero nel profondo delI'animo e mi trovai così abbattuto che per
parecchi giorni non toccai il pianoforter.
Beethoven si al.vicina alla forma del concerto con alle spalle una multiforme esperienza delle sonate per pianoforte, ma anche con la conoscenza dei concerti di Mozarl ai quali si ispirano l'op. 15 e l'op. 19.
Che il risultato non fosse per il compositore particolarmente soddisfacente è testib
I
moniato da una sua lettera del
1801
all'editore Breitkopf: "Hoffmeister pubblica uno dei miei primi concerti che, oyviamente, non è una delle mie migliori composizioni. Anche Mollo pubblica un concerto che è stato composto più tardi, è vero, ma neppure questo è una delle mie migliori composizioni del genere".
L'Allegro si caratterizza per una atmosfera festosa e sottolineata da colori molto incisivi, complice un'orchestra piuttosto nutrita. Dal Largo emergono atmosfere rarefatte, colori insoliti e linee di essenziale
cantabilità. L'ultimo tempo in forma di
F
con questo carattere «eroico e trionfale"
che si caratlerizza il primo movimento Allegro vivace e, per la sua natura fatta di
elementi diversi e contapposti, briosi e
scorrevoli, potrebbe essere posta come
ouyerture ad un'opera semiseria. L'Andante cantabile, nella tonalità della sottodominante e dal carattere misterioso, richiede ai violini l'uso del sordino. Una
cantabilità serena, leggera e lontana, che
nella parte centrale viene disturbata, scossa, dalla introduzione di cromatismi, sincopi e accenti, per ritornare poi, con incertezza, alla dimensione iniziale. Il Menuetto e Trio rappresentano ancora, dal
punto di vista formale, gli elementi della
sinfonia legati alla tradizione che Mozart
stesso contribuì a creare. Inusuali cromatismi rendono questo brano solo una stilizzazione della musica da ballo del XVIII
10
secolo. Nella parte dei bassi, per la prima
yolta in una composizione del genere,
l'autore scrive separatamente la parte dei
violoncelli e dei contrabbassi. Il Finale
Molto allegro si caratterizza per una costruzione contrappuntisticamente piuttosto complessa. Un fugato inscritto in una
forma sonata è alla base della composizione, per il quale Mozart impiega una serie
di sei temi, alcuni dei quali derivano da
composizioni precedenti: le prime quattro
note affidate ai violini primi sono tratte dal
Credo della Missa breuis K 192. Nella Coda
tutti i temi yengono usati e sovrapposti secondo le diverse possibilità offerte dalle
regole del contrappunto. Un affascinante
frutto dell'ars combinatoria.
(Nrr,no S,r.ltvrro)
BrocnaprB
CHe.Rlos Or,ryrpnr-Muwnoo
Formatosi didatticamente a Toronto, Brno
e
Siena (dove all'Accademia Chigiana ha studiàto con Ilija Musin, Yuri Temirkanov e Mlung\\{hung Chung), si è subito distinto affermandosi in numerosi concorsi internazionali (tra
cui l'nAntonio Pedrotti,, di Trento e il "Lowo
von Mataòié" di Zagabria). Stabiliti rapporti
privilegiati con l'Orchestra da Camera di Brno,
l'Orchestra Sinfonica di Karlsbad, l'Orchestra
Filarmonica di Brno e con la Filarmonica North
Czech (con la quale ha collezionato tournée in
Europa e apparizioni in vari festival), Charles
Olivieri-Munroe collabora assiduamente con
diverse prestigiose istituzioni sinfoniche a BerIino, San Pietroburgo, Vienna, Budapest, Praga,
Zagabria, Lisbona, Bruxelles.
GterrtI,uce Srlveno
Compiuti gli studi a Genova ed ad Alessandria,
debutta giovanissimo come direttore. Su suggerimento di Franco Corelli approfondisce Ia tradizione lirica italiana frequentando maestri quali
Francesco Molinari Pradelli, Gianandrea Gavazzeni, Georg Solti. Perfezionatosi con Yuri Simonov, alle master class di Riva del Garda incontra
dapprima Yuri Alronovitch quindi Isaac Karabtchevsky, figura determinante per la sua formazione e la sua carr"iera. Gianluca Silvano è salito
sul podio di varie formazioni in Italia ed all'estero; fra queste ricordiamo l'Orchestra da Camera
di Besangon, la Sinfonica Nazionale dell'Ungheria, l'Orchestra Sinfonica di Stato dell'Ucraina,
l'Orchestra Philharmonia di Roma.
Krvorere Tpmorcr
Agli studi a Tokyo e a Vienna ed al perfezionamento con Bruno Weil, Peter Gùlke, Ilija Musin,
Yuri Temirkanov, Mlrrng-VVhung Chung, GianIuigi Gelmetti, Isaac Karabtchevsky ed EsaPekka Salonen, ha fatto seguito la vittoria in importanti concorsi. Kiyotaka Teraoka ha diretto
numerose orchestre sia in Giappone che in Europa; a proposito ricordiamo Ia Pro Arte di Vien-
na, l'Orchestra Sinfonica di Sofia, I'Helsinki
Philharmonic, la Finnish Radio Sl.rnphony, l'Ensemble Instrumental di Grenoble, i Pomeriggi
Musicali, l',4.ccademia Filarmonica della Scala,
la Netherlands Radio Symphony (al Concertgebouw), l'Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, la Moscow Symphony Orchestra.
A,rN.e.
D'ERnrco
Ha intrapreso lo studio del pianoforte a 5 anni
(attualmente è diplomanda nella classe di
Giorgio Lovato) ed ha partecipato a vari concorsi nazionali ed internazionali e a numerose
manifestazioni or ganizzate dal conservatorio
veneziano, tra cui Il piccolo spazzacamino di
Britten al Teatro Goldoni. Si è esibita in concerto in varie località del Triveneto.
FuuBruco
Lovlro
Ha studiato pianoforte con il padre e con Ezio
Mabilia, diplomandosi a Venezia a soli diciotto
anni con il massimo dei voti, la lode e la menzione speciale di merito. Perfezionatosi con
Piero Rattalino e diplomatosi in violoncello, ha
vinto diversi concorsi. Dal 1999 svolge un'intensa attirrità concertistica in Europa. Attualmente si sta perfezionando nell'ambito dei corsi di specializzazione post-diploma attivati dal
Conser-vatorio di Musica Benedetto Marcello.
Gre.conno Mrclrone.Nzr
Allievo di Giorgio Vianello, si è diplomato in
pianoforte con il massimo dei voti, la lode e la
menzione d'onore. Vincitori di vari concorsi, ha
suonato in ltalia, Slovenia e Croazia. Quest'anno, come pianista in orchestra, ha partecipato
ad una tournée in Svizzera e Germania. Attualmente si sta perfezionando nell'ambito dei corsi di specializzaziotre post-diploma attivati dal
Conserwatorio di Musica Benedetto Marcello.
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