concertiat - Giovanni Umberto Battel
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concertiat - Giovanni Umberto Battel
FoNDAzIoNE TEATRO LA FENICE CoNSuR\'ÀToRto Dt MustcA BENEDETTO MARCEI,I,O DI VF,NEZTA VottBzte CONCERTIAT CONSERYATORIO CoxsBnveroruo DI MUsICA BENEDETTo MARCELLo Sem CoNcnnrt giovedì 12 aprile 2001,, ore 20.50 giovedì 19 aprile 2001, ore 20.50 Il Conservatorio di Musica Benedetto Marcello di Venezia sta vivendo un momento particolarmente felice in cui una ritrovata vitalità interna si collega a processi di rinnovamento a livello nazionale. La recente Legge di Riforma dei Conservatori e delle Accademie, dopo decenni di incertezza e ambiguità normativa, ricolloca le massime istituzioni dell'istruzione artistica del Paese nella fascia superiore degli studi governati dal Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica. Si tratta di un atto domto di fronte ai dettami dell'Unione Europea che ridà fiducia e nuove prospettive agli studenti, futuri musicisti. La riacquistata centralità del Conservatorio di Musica rispetto all'istruzione musicale va sostanziata con contenuti adeguati per la formazione, la produzione artistica e la ricerca, in grado di soddisfare Ie esigenze di preparazione al mondo del lavoro fino al più alto livello. Con questo obiettivo il Conservatorio di Venezia ha stretto rapporti e stipulato convenzioni con le massime Istituzioni Musicali della città, con Università e ,{ccademie italiane e straniere, ha potenziato le attività interne, rinnovato Ia Sala Concerti quale centro di produzione musicale, aperto nuovi servizi come l'archivio sonoro, l'aula multimediale, il sito Internet; si sta impegnando per un'adeguata yalorizzazione del proprio patrimonio, tra cui la biblioteca e il costituendo museo, si propone quale riferimento per l'aggiornamento e la qualificazione delle diverse fasce dell'istruzione musicale, e soprattutto sta rinnovando i piani di studio. Nel corrente anno accademico è stato infatti a\.viato il primo Biennio post-dipIoma, quale progetto di specializzazione approvato dal Ministero dell'Università, che riporta finalmente il perfezionamento all'interno del Conservatorio. I settanta iscritti a questo nuovo corso, rappresentano un potenziale umano e professionale di aìto livello a cui guardare per un pronto inserimento nell'attività artistica o didattica. Una simile novità ha suscitato interesse e attenzione da parte dei maggiori Enti di Produzione musicale e fra questi Ia Fondazione Teatro La Fenice ne ha colto per prima l'importanza. Tre giovani solisti del Conservatorio, un diplomando e due studenti del post-diploma, si esibiranno con l'Orchestra del Teatro. Si tratta di un evento storico, dato che bisogna risalire a oltre 50 anni fa per poter ricordare un rapporto a questo livello tra Teatro e Conservatorio. Per un musicista che si affaccia alla carriera concertistica poter suonare con un'orchestra di grande levatura artistica è un'esperienza professionale straordinaria e rara, specie in Italia. Un sentito ringraziamento alla Fondazione Teatro La Fenice e all'Orchestra per aver voluto riprendere una collaborazione così significativa che premia la qualità degli studenti e l'impegno degli insegnanti, mentre gratifica l'Istituzione Conserwatorio che in questo modo può veramente formare al meglio i propri studenti. Il Direttore Berrol GrovnnNr UNleonro 3 giovedì 12 aprile 2OOl, ore 20.50 molte pecche, molte lungaggini, molti passaggi troppo elaborati, mentre l'impie- GrerqI,uce Srlveto direttore Luowrc vAN BEETHovEN Sinfonia n.2 in re maggiore op. 56 Cnanr,os Or,rvmnr-MuNRoE direttctre JoueNN SBs,{srrAN Becu Concerto in re minore p B\\T 1052 ianoforte ANNI D'Bnruco Kryorexa Tpneor,r direttore Luowtc vAN BEETHovEN Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. g5 ORcnnsrm onr, Tparno Le FpNrco Due sinfonie e un concerto. Se vi può sembrare una serata impegnativa, potete sempre riflettere sul "peso, del concerto tenuto il 5 aprile del 1805 al Theater an der Wien diretto da Ludwig van Beethoven che, oltre alla prima esecuzione della Sin"fonia n. 2 in re maggiore op. 56, preye- deva il Terzo Concerto per pianoforte e orchestra in do minore op.57,l'oratorio Crlsto sul Monte Oliueto e la Sinfonia n. 1 in do maggiore op.2l. La Seconda Sinfonia, dedicata al mecenate principe Karl von Lichnowsky, fu composta tra la fine del 1800 ed il febbraio del 1809 per un'orchestra piuttosto ricca; D flauti, 2 oboi, I clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani e archi. Nell'autorevole Allgemeine Musikalische Zeitung alcuni appunti ne scoprono caratteri ma anche impressioni di prim'ora: "Noi troviamo 4 go troppo insistito degli strumenti a fiato non a\,-vantaggia certi passaggi. Il Finale è troppo bizzarro, selvaggio e chiassoso, ma questo è compensato dalla potenza del genio che si rivela in questa produzione, colossale per la ricchezza d,ei pensieri nuovi, per I'esecuzione originalissima e per la profondità del saperer. La presenza mas- siccia degli strumenti a fiato nell'orchestra non era indubbiamente ancora ben digerita; la loro emancipazione nell,orchestrazione era già cominciata anni addietro con le ultime produzioni di Haydn e Mozart, abbandonando definitivamente l'obsoleto concetto del raddoppio. Beethoven, che era un attento analizzatore del suono degli strumenti (basti pensare alla scelta ed alle osservazioni sui suoi pianoforti), non se ne privava, non solo per un indiscusso piacere per il clangore, ma, soprattutto, per le possibilità che questi strumenti davano alla elaborazione dei materiali tematici. La composizione si apre, insolitamente, con un Adagio molto dal carattere solenne, che funge da introduzione (vedi la successiva Settima Sinfonia), dove trovano posto contrasti tra masse accordali nel fortissimo e diluizioni melodiche sul piano. Alla battuta 54 si accende un trascinante e trasparente Allegro con brio; i due temi esprimono un comune disegno ritmico di fondo: il primo è affidato ai violoncelli e ai contrabbassi su un ribattuto degli archi superiori, il secondo, invece, ha un carattere più marziale ma si presenta nel piano in una combinazione di colore (clarinetlt/fagollt/corni) per poi essere immediatamente riproposto nel fortissimo da archi e fiati. Il secondo movimento, Larghetto, ricompone l'ascoltatore in un'atmosfera più serena e rarefatta. Qui, in isolate sospensioni, in frammenti melodici, in brevi sforzati, in spostamenti ritmici, sono evidenti le parentele con le esperienze mozartiane ed haydniane ma, come si sa, dowemmo aspettare la sinfonia successiva (la Terza) per vedere scardinati definitivamente i delicati equilibri della sinfonia settecentesca. Lo Scherzo (Allegro) occupa quel posto che, nelle suddette esperienze settecentesche, spettava al Minuetto; l'euforia che lo caratlerizza è simile a quella che incontriamo nel terzo tempo della Prima Sinfonia e segna il ritorno alla tonalità principale. Il Trio è una macchia di colore che si apre con due episodi affidati il primo ai fiati, il secondo agli archi (con una curiosa fluttuazione sul fa diesis all'unisono). L'ultimo tempo, Allegro molto, è nella forma di Rondò libero. L'attacco è costituito da un'appoggiatura che diventa trillo dopo un salto di dodicesima inferiore. Questo motore spinge un meccanismo e una organizzazione più quadrata rispetto al primo tempo, ma tutto aumenta gradatamente di intensità; solo alcune corone, su accordi di tutta l'orchestra, spezzano la linearità del processo per riprendere l'accumulo sino ai secchi accordi finali. Tutto questo usciva dalla stessa penna che in quei giorni scriveva il cosiddetto Testamento di Heiligenstadt. Testo angosciante. Questa dicotomia poteva e può essere compresa solo da colui al quale è concesso di passare all'interno dei più strazianti disastri che la vita può offrire: «...e l'infelice si consoli di trovare un suo pari che, nonostante gli ostacoli della natura, ha fatto tutto quanto stava in lui per essere accolto nella schiera degli artisti e degli uomini degni". Con Johann Sebastian Bach tutto si azzera. Non c'è scampo. Il compositore Mauricio Kagel ebbe a dire che «probabilmente non tutti i musicisti credono in Dio, ma tutti credono in Bachr. È proprio verso quel Dio che Johann Sebastian ricondusse suo oEstro», consolidando questa tensione in geometrie al di fuori del tempo, anche il suo. Una tensione permanente, tale da rendere labile il confine tra musica sacra e profana: cambiamenti di forma, non di sostanza. La maggior parte delle sperimentazioni sulla forma del concerto, per Bach, alwengono a Weimar e poi, in particoÌare, nel periodo in cui fu Kappellmeister del principe Leopold di Anhalt- il KÒthen (1717-1725). In quella sede (KÒthen) sviluppò le sue ricerche, studiando e trascrivendo i concerti degli autori italiani, in particolare quelli di Antonio Vivaldi. Il compositore tedesco tendeva alla assimilazione delle esperienze altrui per farle poi convergere sul suo tracciato, fatto di profonde conoscenze armoniche, contrappuntistiche e strumentali: in questo gli strumenti a tastiera furono il "luogo" prediletto. Per quanto riguarda l'orchestra, sono certamente i cosiddetti Concerti brandeburghesl i frutti fondamentali di questa ricerca, seguiti poi da un numero considerevole di altre composizioni per strumento solista e orchestra. Il Concerto per clavicembalo e orchestra d'archi in re minore BWV lO52 è nato inizialmente per violino e orchestra. Prima di predisporlo per clavicembalo, i primi due movimenti furono incorporati nella cantata "wir mùssen durch uiel Tiùbsal in das Reich Gottes Eingehen" BVIT 146 ed il terzo servì da sinfonia introduttiva per la Cantata dch habe meine Zuuersicht, B\l\ 188. E suddiviso nella collaudata forma ternaria Allegro - Largo - Allegro. Il primo movimento si apre con una lunga frase all'unisono di tutta l'orchestra con il clavicembalo, dove viene proposto l'elemento tematico principale; dopo questa, il clavicembalo si diluisce in un movimento continuo di semicrome a volte sotto forma di arpeggi, altre di scale. Che nella musica bachiana lo spazio sonoro sia da riempire tutto, da saturare, è evidente nella sua produzione per strumento solo; qui è particolarmente evidente nella parte degli archi (per esempio battute 5 e l5), dove gli elementi ritmici iniziali sono proiettati, attraverso un uso di ampi intervalli, a formare polifonie all'interno della singola linea. Nella sezione centrale, prima della ripresa tematica nel tono della tonica, la parte del solista si concretizza in ostinati ritmici arrichiti da un cromatismo evidente. Il Largo si apre, come nel primo movimento, con una frase con gli archi all'unisono che qui ha il compito di introduzione del clavicembalo. Il ricco e articolato lirismo del solista è sostenuto da sobri appoggi degli archi; il movimento si chiude con 5 la ripresa dell'introduzione.Il terzo tem- po, caratterizzalo da una vivacità marcata, si distingue per la maggiore articolazione della parte solistica, ma anche della dimensione dialogica con l,orchestra. L'Ottaua SinJonia in fa maggiore op. g5 fu il frutto dell'estate 1812, trascorsa da Beethoven nelle sedi termali di Karlsbad, Frazensbad, Tepliz e nel soggiorno aLinz, presso il fratello Giovanni. Composta per un ampio organico, denota un rinnovato interesse per i modelli di Mozart e Haydn. Anche se scritta in un periodo relativamente breve, gli abbozzi denotano conti_ nui cambiamenti di scelta e la leggerezza finale che ne risulta passa attraverso una notevole concisione del linguaggio. Fu eseguita per la prima volta il 27 febbraio 1814. Per Robert Schumann questa Sinfonia «...per profondità e umorismo, non ha forse I'eguale". Nel primo movimento Allegro con brio e vivace, il primo tema viene presentato come un flash di quattro battute (tutti), alle quali rispondono (piano, dolce) simmetricamente altre quattro dei soli fiati. Il clima tranquillo e sereno è confermato dal nuovo elemento che incontriamo dopo la battuta di pausa, la numero 55 (ancora!): agli archi è affidato un canto flessuoso contrappuntato dagli staccati del fagotto. Il li_ neare sviluppo si chiude su una serie di accordi in pianissimo. Contrariamente al_ la prassi, il secondo movimento è un AÌlegretto scherzando nella tonalità della dominante; qui, sugli accordi ribattuti (pianissimo e sempre staccalo) dei liali. è appoggiata una linea melodica degli archi dal sapore haydniano. Il tema dell,Allegretto è ricavato da un canone composto da Beethoven in omaggio a Johann Nepomuk Màlzel, l'inventore del metronomo. Il Tempo di Venuello rievoca passale almosfere danzanti nei suoi giochi di accenti; nel Trio una particolare clisposizione vuole un accompagnamento di terzine per i violoncelli (.e pizzicati per i contrabbassi) che sostengono il delicato discorso dei corni e del clarinetto. Partendo da questo movimento, Ricard Wagner faceva alcune considerazioni sulla forma e sull,interpretazione di questa sinfonia: Beethoven aveva in mente, come a.lwiene anche in altre sue opere, un Minuetto vero e proprio e lo mise quasi in conlraslo con un precedente ,A.llegretto scherzando fra due più lunghi Allegri, e perché non potessero sorgere dubbi sulle sue intenzioni a proposito del tempo, non gli diede l,indicazione Minuetto, bensì Tempo di Minuetto. Ora si è quasi trascurata questa nuova e in- solita delinizione dei due tempi centrali d'una sinfonia: l'AÌlegretto scherzando dovette rappresentare il comune Aldante, il Tempo di Minuetto l,altrettanto comune Scherzo, siccome la concezione che ci si fece dell'uno e dell,altro non era adeguata, tutta questa meravigliosa sinfonia, in cui i tempi centrali non ottenevano i soliti effet_ ti, fu considerata dai nostri musicisti come una specie di opera secondaria. Anche Luigi Dallapiccola, rapportando il terzo tempo della Seconda Sinfonia di Gustav Mahler con alcuni momenti della produzione beethoveniana, tra cui il Trio del Menuetto dell'Ottaua Sinfonia, annotaya nel 1952 che "Episodi come quelli citati, in Beethoven ancora sporadici, assurgono attraverso lo sviluppo che ne dà Mahler a così grande importanza che, di fronte a quei frammenti beethoyeniani, si è tentati di definirli mahleriani,. L,ultimo tempo è un Allegro vivace. È un Finale Rondò di particolare energia e dalla inusuale lunghezza, spinto da un ritmo di terzine che, nel parossismo dell'accumulo, viene interrotto, prima della chiusa, con effetto scioccante, da quel suono eslraneo all,armonia (il famoso do diesis), che fece discutere ampiamente teorici e musicisti. (Nnno Sanvroo) giovedì 19 aprile 9001, ore 20.50 Kryorer<e TBneori,t direttore Fnrpopnrc CuoprN Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in fa minore op.27 p ianoJorte FBneruco Lovero GraNr,uce Snv,txo direttore Luolvrc vAN BEETHovEN Concerto per pianoforte e orchestra n. in do maggiore op. 15 pianofo rte Glacorto Mrcuon.r n z t Se per 1 Csanr,ps Olrvmnr-MuNRoE direttore WolpcaNc Au,toBus Mozanr Sinfonia in do maggiore KV 551, Jupiter ORcnpsrne opr, TBerno La FnNrcn Fu certamente Wolfgang Amadeus Mozarl, allraverso le sue numerose esperienze, a porre i contorni alla forma del con- certo per pianoforte e orchestra, che rimarranno esempio fondamentale per i compositori che alla fine del XVIII avessero voluto cimentarsici. I due concerti che ascolterete questa sera sono due composi- zioni di compositori-pianisti, due concerti per pianofbrte e orchestra, composti ad una trentina d'anni l'uno dall'altro, che definiscono l'evoluzione formale dal periodo classico al pieno romanticismo. Piero Rattalino scrisse: Chopin conclude un processo storico che era r'niziato alla fine del Settecento e che, nel momento stesso in cui Beethoven conduceva a termine I'esperienza deIIa classicità, aveva visto sorgere un nuovo tipo di concerto. Non c'è momento di decadenza nel concerto per pianoforte e orchestra dopo Beethoven e fino a Chopin: Beethoven aveva suggellato la grande stagione del concerto classico, che dopo di lui restava senza un seguito immediato, Chopin suggella la stagione del concerto Biedermeier... Mentre muore il concerto Biedermeierttasce, con Mendelssohn, il concerto romantico. noi oggi il pianoforte ha assunto aspetti che vanno anche al di là dall'essere macchina da suono (ornamentazione, oggetto di culto, elemento in sculture Fluxus) e cede lentissimamente il passo ad altre macchine, nel periodo in questione era veramente quel software indispensabile, da aggiornare continuamente, con il quale i compositori-pianisti realizzavano rapidamente le loro forme sonore. Avere un tipo od un altro di pianoforte, quindi con possibilità diverse di produzione del suono o anche di estensione della tastiera, determinava una forte influenza nella produzione musicale (vedi per esempio le sonate di Beethoven). Durante la vita di Beethoven e di Chopin, lo strumento subì delle importanti trasformazioni. I due sistemi principali di meccanica erano quello inglese e quello viennese; nel primo la spinta tasto-martelletto aweniva attraverso un sistema di leve, nell'altro ar.veniva direttamente. Conclusione: la meccanica dei yiennesi era più sensibile alle diversità di tocco e di attacco. Nel telaio di legno erano fissate corde di ferro o di ottone e i martelletti erano rivestiti di pelle. Successivamente furono applicate al telaio delle barre metalliche che permettevano, aumentando la resistenza del legno, di montare corde più grosse e con una maggiore tensione. Beethoven, che faceva riferimento ad uno strumento a cinque ottave (fino al 1805), scriveva nel 1796 al costrutlore viennese Johann Andreas Streicher: «non c'è dub- bio che per quanto riguarda il modo di suonare, il pianoforte è ancora il meno studiato e sviluppato fra tutti gli strumenti; si ha spesso l'impressione di ascoltare Kalkbrenner (al quale dedicò il primo Concerto op. 11), Ignaz Moscheles ed in particolare Johann Nepomuk Hummel. semplicemente un'arpa". Circa le precise esigenze del compositore tedesco, una testimonianza del 1809 descrive le caratteristiche e le trasformazioni messe in atto da Streicher: "Streicher ha abbandonato la meccanica delicata, troppo cedevole e vi- nini ma certamente le sconvolgenti spri- vace dei vecchi strumenti viennesi e, su parere e richiesta di Beethoven, ha dato ai propri strumenti più resistenza ed elasticità...". Nel 1825 il pianista Ignaz Moscheles tenne un concerto al Teatro di Porta Carinzia in Vienna e ottenne il permesso da Beethoven di usare il suo pianoforte inglese Broadwood. Un testimone del concerto scrive che "Moscheles intendeva, usando nello stesso concerto un Graf e un pianoforte inglese, mettere in luce le qualità di entrambi,. Beethoven non era proprio un pianista che trattasse lo strumento con delicatezza.La sua infelice sordità era causa del suo pestare senza pietà sul pianoforte, tanto che Graf (costruttore viennese), prevedendo l'esito a lui favorevole di quel confronto, si prestò generosamente a rimettere in condizioni migliori per l'occasione lo strumento inglese danneggiato. "Ho cercato - dice Moscheles - di mettere in risalto i pregi del suono ampio, pieno, anche se talvolta velato del pianoforte Broadwood (costruttore inglese che nel 1785 aveva brevettato il pianoforte che prevedeva sia un pedale di risonanza, sia uno di sordina) ma invano. Il mio pubblico di Vienna è rimasto fedele al suo concittadino- i suoni chiari e squillanti del Graf riuscivano più graditi". Che alle esigeuze tecniche si sommassero le tristi vicende personali del compositore appare in una sua lettera sempre a Streicher, dove chiedeva di «essere tanto gentile da accomodare uno dei vostri pianoforti, in modo che si adatti al mio udito indebolito. Dowebbe essere il più sonoro possibile. Ciò è assolutamente necessario". I compositori che incisero nella produzione di Chopin (specialmente per la forma del concerto) furono Friedrich Wilhelm I Chopin non conobbe personalmente Pagamentazioni del musicista genovese aprirono in tutta Europa prospettive completamente nuove sul virtuosismo applicato anche ad altri strumenti oltre al violino. Il Concerto in fa minore n. 2 op. 27, in realtà, fu composto per primo ma pubblicato successivamente al Concerto in mi minore n. 1 (1856). La composizione yenne provata in casa di Chopin il 7 febbraio 1850 e fu eseguito il 17 dello stesso mese al Teatro Nazionale di Varsavia, dove conseguì uno strepitoso successo tanto da richiederne una replica il22.L'evento fu se- guito con attenzione dalla stampa locale: «Lo stile di Chopin, del compositore e del pianista, si distingue per la dolcezza e la delicaLezza. I motivi, anche quelli che hanno carattere piuttosto allegro, acquistano con lui una tinta, si direbbe, di malinconia, che l'artista impone ai presenti con la forza del suo talento». La funzione dell'orchestra nei concerti di Chopin è limitata alle introduzioni ed ai raccordi fra le suddivisioni formali, il predominio assoluto è affidato al solista che sviluppa quasi ininterrottamente il suo discorso. Il primo movimento, Maestoso, dell'op.91 è costruito nella tradizionale forma sonata con due temi dal carattere contrastante, ma la parte delìo sviluppo si distacca dal materiale tematico e la composizione assume le caratteristiche di una fantasia che si ricompone parzialmente allo schema classico solo in fase di riesposizione. Il Larghetto è sostanzialmente un Notturno, diviso in tre parti, dove I'orchestra, oltre a creare lo sfondo, descrive una scarna introduzione. Ad una ornata cantabilità iniziale,la parte centrale oppone una atmosfera più drammatica, con un incisivo parallelismo in ottava affidato al solista e i tremoli (sempre più stretto) degli archi che ne sottolineano le tensioni ed i respiri. Al pianoforte il compito di aprire il terzo tempo, Allegro vivace, costruito nella forma del Rondò in cinque sezioni. In questo vivace movimento compaiono elementi derivanti dalla tradizione polacca, come la Mazurka ed il Kujawiak che si riflettono anche nell'accompagnamento inusuale degli archi «col legno». Rondò mette in evidenza tutte le qualità virtuosistiche del solista, in un clima marcatamente danzante e irruento, ricco di sorprese armoniche, come la parte centrale in minore. ll Concerto op. 15 di Ludwig van Beethoven richiese una lunga gestazione tanto da risultare realmente, rispetto alla produzione beethoveniana, il terzo. I primi abbozzi risalgono agli anni 1795-96 e fu concluso definitivamente nella metà del Nell'estate del 1788 Wolfgang Amadeus Mozart, nella sua casa in Wahringergasse a Vienna, si accingeva a scrivere le sue ultime tre sinfonie. «Venga dunque a trovarmi: sono sempre in casa. Sono dieci giorni che abito qui e ho lavorato più di quanto abbia fatto in due mesi nell'altra casa, e se non fossi assalito con tanta frequenza da pensieri cupi (che devo scacciare con forza) mi sentirei molto meglio...o. Durante quella decina di giorni, Mozart aveva terminato 1l Trio per pianoforte violino e violoncello K 542, la Sinfonia K 545, la Piccola marcia K 544,|a Sonata per pianoforte K 545 e l'Adagio e Fuga per archi K546. La SinJonia in do maggiore K 551, l'ultima, porta la data del 10 agosto 1788. L'orchestrazione comprende 1 flauto, 2 oboi, 2 fagotti,9 corni,2 trombe, timpani e tutta la famiglia degli archi. Alla fine del XVIII secolo, le orchestre, che serwivano alla costruzione di delicati equilibri sonori, contavano un numero esiguo di strumenti ad arco: ad esempio l'orchestra di Mainz nel 1785 era formata da 7 violini primi, 6 violini secondi, 2 viole,2 violoncelli, 2 contrabbassi; l'orchestra di Francoforte raggruppava 5 violini primi, 5 violini secondi, 2 viole, 1 violoncello ed 1 contrabbasso. Erano invece gli strumenti a fiato a trovare una loro nuova definizione, abbandonando definitivamente il limitante concetto del raddoppio per diventare elementi indipendenti nella gestione del colore orchestrale e nello sviluppo del materiale tematico, attraverso un uso più ampio delle tecniche di esecuzione. La presenza di trombe e timpani garantiva che "tutti gli attacchi forte degli ottoni con i timpani, suonati all'epoca con bacchette di legno, facevano l'effetto di una punta (eroica, aggressiva o trionfale) e non si riducevano a un semplice registro di colore nell'ambito della sonorità complessiva, come al-viene nell'orchestra attualer. È 1798. Nell'ottobre del 1798 Beethoven pre- senta a Praga l'opera 15 e l'opera 19. Johan Wenzel Tomaschek testimonia che «nell'anno 1798, in cui proseguii i miei studi giuridici, Beethoven, iI gigante fra i pianisti venne a Praga. Davanti a molto pubblico suonò nella sala del convitto e presentò il suo Concerto in do maggore op. 15, l'adagio e il grazioso Rondò in la maggiore dall'op. 2 e concluse con una improl.visazione su un tema datogli dalla Contessa Schlich (?), Ah tu fosti il primo oggetto dalla Clemenza di Tito di Mozart. Il magnifico suonare di Beethoven e soprattutto l'audacia della sua improwisazione mi sconvolsero nel profondo delI'animo e mi trovai così abbattuto che per parecchi giorni non toccai il pianoforter. Beethoven si al.vicina alla forma del concerto con alle spalle una multiforme esperienza delle sonate per pianoforte, ma anche con la conoscenza dei concerti di Mozarl ai quali si ispirano l'op. 15 e l'op. 19. Che il risultato non fosse per il compositore particolarmente soddisfacente è testib I moniato da una sua lettera del 1801 all'editore Breitkopf: "Hoffmeister pubblica uno dei miei primi concerti che, oyviamente, non è una delle mie migliori composizioni. Anche Mollo pubblica un concerto che è stato composto più tardi, è vero, ma neppure questo è una delle mie migliori composizioni del genere". L'Allegro si caratterizza per una atmosfera festosa e sottolineata da colori molto incisivi, complice un'orchestra piuttosto nutrita. Dal Largo emergono atmosfere rarefatte, colori insoliti e linee di essenziale cantabilità. L'ultimo tempo in forma di F con questo carattere «eroico e trionfale" che si caratlerizza il primo movimento Allegro vivace e, per la sua natura fatta di elementi diversi e contapposti, briosi e scorrevoli, potrebbe essere posta come ouyerture ad un'opera semiseria. L'Andante cantabile, nella tonalità della sottodominante e dal carattere misterioso, richiede ai violini l'uso del sordino. Una cantabilità serena, leggera e lontana, che nella parte centrale viene disturbata, scossa, dalla introduzione di cromatismi, sincopi e accenti, per ritornare poi, con incertezza, alla dimensione iniziale. Il Menuetto e Trio rappresentano ancora, dal punto di vista formale, gli elementi della sinfonia legati alla tradizione che Mozart stesso contribuì a creare. Inusuali cromatismi rendono questo brano solo una stilizzazione della musica da ballo del XVIII 10 secolo. Nella parte dei bassi, per la prima yolta in una composizione del genere, l'autore scrive separatamente la parte dei violoncelli e dei contrabbassi. Il Finale Molto allegro si caratterizza per una costruzione contrappuntisticamente piuttosto complessa. Un fugato inscritto in una forma sonata è alla base della composizione, per il quale Mozart impiega una serie di sei temi, alcuni dei quali derivano da composizioni precedenti: le prime quattro note affidate ai violini primi sono tratte dal Credo della Missa breuis K 192. Nella Coda tutti i temi yengono usati e sovrapposti secondo le diverse possibilità offerte dalle regole del contrappunto. Un affascinante frutto dell'ars combinatoria. (Nrr,no S,r.ltvrro) BrocnaprB CHe.Rlos Or,ryrpnr-Muwnoo Formatosi didatticamente a Toronto, Brno e Siena (dove all'Accademia Chigiana ha studiàto con Ilija Musin, Yuri Temirkanov e Mlung\\{hung Chung), si è subito distinto affermandosi in numerosi concorsi internazionali (tra cui l'nAntonio Pedrotti,, di Trento e il "Lowo von Mataòié" di Zagabria). Stabiliti rapporti privilegiati con l'Orchestra da Camera di Brno, l'Orchestra Sinfonica di Karlsbad, l'Orchestra Filarmonica di Brno e con la Filarmonica North Czech (con la quale ha collezionato tournée in Europa e apparizioni in vari festival), Charles Olivieri-Munroe collabora assiduamente con diverse prestigiose istituzioni sinfoniche a BerIino, San Pietroburgo, Vienna, Budapest, Praga, Zagabria, Lisbona, Bruxelles. GterrtI,uce Srlveno Compiuti gli studi a Genova ed ad Alessandria, debutta giovanissimo come direttore. Su suggerimento di Franco Corelli approfondisce Ia tradizione lirica italiana frequentando maestri quali Francesco Molinari Pradelli, Gianandrea Gavazzeni, Georg Solti. Perfezionatosi con Yuri Simonov, alle master class di Riva del Garda incontra dapprima Yuri Alronovitch quindi Isaac Karabtchevsky, figura determinante per la sua formazione e la sua carr"iera. Gianluca Silvano è salito sul podio di varie formazioni in Italia ed all'estero; fra queste ricordiamo l'Orchestra da Camera di Besangon, la Sinfonica Nazionale dell'Ungheria, l'Orchestra Sinfonica di Stato dell'Ucraina, l'Orchestra Philharmonia di Roma. Krvorere Tpmorcr Agli studi a Tokyo e a Vienna ed al perfezionamento con Bruno Weil, Peter Gùlke, Ilija Musin, Yuri Temirkanov, Mlrrng-VVhung Chung, GianIuigi Gelmetti, Isaac Karabtchevsky ed EsaPekka Salonen, ha fatto seguito la vittoria in importanti concorsi. Kiyotaka Teraoka ha diretto numerose orchestre sia in Giappone che in Europa; a proposito ricordiamo Ia Pro Arte di Vien- na, l'Orchestra Sinfonica di Sofia, I'Helsinki Philharmonic, la Finnish Radio Sl.rnphony, l'Ensemble Instrumental di Grenoble, i Pomeriggi Musicali, l',4.ccademia Filarmonica della Scala, la Netherlands Radio Symphony (al Concertgebouw), l'Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, la Moscow Symphony Orchestra. A,rN.e. D'ERnrco Ha intrapreso lo studio del pianoforte a 5 anni (attualmente è diplomanda nella classe di Giorgio Lovato) ed ha partecipato a vari concorsi nazionali ed internazionali e a numerose manifestazioni or ganizzate dal conservatorio veneziano, tra cui Il piccolo spazzacamino di Britten al Teatro Goldoni. Si è esibita in concerto in varie località del Triveneto. FuuBruco Lovlro Ha studiato pianoforte con il padre e con Ezio Mabilia, diplomandosi a Venezia a soli diciotto anni con il massimo dei voti, la lode e la menzione speciale di merito. Perfezionatosi con Piero Rattalino e diplomatosi in violoncello, ha vinto diversi concorsi. Dal 1999 svolge un'intensa attirrità concertistica in Europa. Attualmente si sta perfezionando nell'ambito dei corsi di specializzazione post-diploma attivati dal Conser-vatorio di Musica Benedetto Marcello. Gre.conno Mrclrone.Nzr Allievo di Giorgio Vianello, si è diplomato in pianoforte con il massimo dei voti, la lode e la menzione d'onore. Vincitori di vari concorsi, ha suonato in ltalia, Slovenia e Croazia. Quest'anno, come pianista in orchestra, ha partecipato ad una tournée in Svizzera e Germania. Attualmente si sta perfezionando nell'ambito dei corsi di specializzaziotre post-diploma attivati dal Conserwatorio di Musica Benedetto Marcello. 11