Anno VI - Numero 2
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Anno VI - Numero 2
de l i t a M i d e c o v La Anno 6, numero 2 Anno scolastico 2011/2012 GIOCHIAMO IN PEDIATRIA LICEO “MATILDE DI CANOSSA” PROGETTI Da p.1 a p. 6 CULTURA Da p. 7 a p. 13 VIAGGI Da p.14 a p. 16 CREATIVITA’ Da p.17 a p. 27 RECENSIONI Da p.28 a p. 29 CRONACA A p. 30 a p. 31 A cura di: Bondi Martina, Sassi Francesca Coordinatori: Melli, Palazzo Giochiamo in pediatria è il progetto di Leva Giovani che ha coinvolto la classe IV G spp dell’istituto Liceale Matilde di Canossa in collaborazione con l’associazione Casina dei Bimbi, il servizio Officina Educativa del Comune di Reggio Emilia e il reparto di Pediatria dell’Arcispedale Santa Maria Nuova. Prima di iniziare il progetto, la classe ha frequentato le otto ore di formazione pomeridiana necessarie per l’inserimento in Pediatria durante le quali è stata presentata l’Associ azione Casina dei Bimbi e l’intenzione di dedicarsi alla parte sana dei bambini malati (alla parte malata ci pensano i dottori). Il progetto ha compreso un periodo piuttosto lungo, dal 16 gennaio alla fine di maggio, per un totale di circa 800 ore di servizio. La classe ha garantito una copertura settimanale dal lunedì al sabato pomeriggio più ogni prima domenica del mese, organizzandosi in gr up pi di du e /t r e volontari per ogni turno, della durata di due ore, sempre affiancati dalla Tutor. L’obiettivo principale del progetto riguarda il miglioramento degli ambienti dedicati ai bambini ospedalizzati. Con l’ingresso della classe in Pediatria, l’atteggiamento dei bambini nei confronti dell’ospedale è diventato molto più positivo. Dando loro l’opportunità di giocare, si è cercato di creare un luogo quanto più possibile simile alla loro vita “normale”. In sala giochi si sono organizzate attività di animazione come laboratori manuali, giochi organizzati, giochi di società. Non tutti i bambini potevano entrare in sala giochi per diversi motivi (malattie infettive, flebo, ossigeno..) per cui si è cercato di giocare anche con i bambini allettati in stanza, in modo che tutti potessero usufruire del servizio. La funzione dei volontari non è stata solo quella di intrattenimento dei bambini, ma anche di sostituzione dei genitori all’occorrenza. Oltre ai turni quotidiani in Pediatria, la classe ha partecipato ad alcuni eventi extra, quali : la Notte dei racconti in ospedale e Reggio Narra. In generale i risultati sono stati il miglioramento del servizio di volontariato offerto dalla sala giochi in quanto, essendo i turni coperti da più volontari, si sono riusciti a raggiungere più bambini e l’estensione del suo orario di apertura. Confrontando le diverse esperienze è emerso che ciò che ha dato maggiore soddisfazione ai volontari è stato il forte legame che si ha avuto l’occasione di instaurare con i bambini durante i turni. Difficoltoso è stato il momento iniziale in cui si è dovuto “rompere il ghiaccio” soprattutto con i bambini più piccoli che sono maggiormente legati alle figure genitoriali. Si è trattato di un’esperienza gratificante e sensibilizzante che, nonostante abbia richiesto tempo ed impegno, dovrebbe essere riproposta ad altre classi. Rebecca Montanari 4°G 1 PROGETTI SOMMARIO I LIBRI (PER RAGAZZI )CHE HANNO FATTO PAGINE LA STORIA D’ITALIA Dal burattino più famoso del mondo ai vampiri di Twilight, il meglio della narrativa mondiale per ragazzi. Chi di voi non ha mai letto “Le avventure di Pinocchio”? Oppure il libro “Cuore” di De Amicis? Facciamo una rassegna dei libri per ragazzi degli ultimi due secoli. Partiamo dagli anni che seguirono l’Unità d’Italia. “C’era una volta Geppetto, la fata turchina, il gatto, la volpe… Di sicuro avrete capito di chi sto parlando! “Pinocchio”, di Collodi, considerato il libro italiano più famoso del mondo. Ma la vera storia di Pinocchio in pochi la conoscono. La curiosità vi spingerà a leggerlo. Non perdiamoci nei dettagli; continuiamo con altri libri… Passiamo al libro “Cuore”. Fu un grande successo e il suo scopo era di educare i giovani con sani principi. Però, i giovani oltre che all’educazione, devono pensare anche al divertimento, siete d’accordo? State tranquilli ci ha pensato Emilio Salgari che, con i suoi romanzi di avventura e di fantascienza ha lasciato “viaggiare” la fantasia dei ragazzi. Nel periodo della Prima Guerra mondiale esce “Il giornalino di Gian Burrasca” il diario di un bambino indisciplinato che oggi chiameremmo “Monello”. Avete presente un disegnino di persone che parlano dentro le nuvolette? Ebbene, proprio in 2 quegli anni direttamente dagli USA, arriva il fumetto! Beh! Diciamo che il fumetto ha proprio rivoluzionato la storia dei libri. Aspettate, in lontananza vedo un’isola? Ah si! E’ l’isola che non c’è! In pratica la storia di Peter Pan e dei suoi fratelli. Attenti a farlo leggere ai vostri figli, non vorranno più crescere! Andiamo avanti con gli anni… Vi dice qualcosa la parola fascismo? In questo periodo la maggior parte dei libri è sottoposta a censura, per fare spazio al “libro e moschetto, fascista perfetto” subito dopo la seconda guerra mondiale arriva qualcosa di nuovo, un libro di cui sicuramente alcuni di voi, a casa, avranno la collezione: Tex. Chi di voi non ne ha mai letto uno? In Italia poco dopo giunge il colosso dei film d’animazione: la Disney con celebri personaggi come “Topolino”. Due trecce rosse, una scimmia di nome Nilson e un cavallo di nome Zietto. Ma certo, sto parlando di “Pippi Calzelunghe” che negli anni Sessanta ha prodotto una vera rivoluzione. Andiamo avanti… Arriviamo agli anni Settanta. E qui tra supereroi (come Capitan America, Superman e tanti altri) e i primi cartoni animati giapponesi, c’è l’imbarazzo della scelta. Continuiamo con gli anni Ottanta. Vi mostro il catalogo degli horror: Dylan Dog. Un personaggio strano che però ha fatto la storia degli orrori. Siamo arrivati a un periodo più recente, gli anni Novanta. Pensate che adesso parliamo di PS3, ma quando sono nati i primi videogame? Si, proprio in questi anni. Da Lara Croft a Mario Bros tutto un divertimento. Sempre negli anni Novanta è nata una famiglia un po’ bizzarra: i Simpson. Ora con le sue facce gialle e i capelli “al vento” questa famiglia è famosa in tutto il mondo. Siamo giunti alla fine: gli anni Duemila. Si parte da un topo un po’ fifone, Geronimo Stilton oppure quei libri per teenager resi poi famosi da film come “Tre metri sopra il cielo” o “Twilight”. Ma non ci scordiamo il libro quarto in classifica per aver venduto più copie al mondo: Harry Potter. Questi libri certamente hanno fatto la storia dei ragazzi degli ultimi due secoli, li hanno accompagnati nella loro crescita e di sicuro resteranno nei nostri cuori. Se per caso vi state annoiando: leggete! Il tempo vi passerà molto più velocemente. Deborah Boccia 2°O TITOLI 1 Giochiamo in Pediatria 2 I libri (per ragazzi) che hanno fatto la storia d’Italia 3 Magia dei libri 4 “Libero Grassi” contro la mafia 5 Al centro Ariosto sociologi per un giorno 6 La scuola ci riguarda tutti 7 La città ideale secondo Platone 8 Il mito della caverna in Cina 9 2012: esiste ancora il “proletariato”? 10 Platone, l’anima, la città e la giustizia 11 Dialogo fra Platone e Aristotele sulla teoria del buono in sé 12 Lettera a Platone 13 Lettera filosofica 14-15-16 Viaggio della memoria 17-18-19 Intervista a Matilde di Canossa 20 Finché durerà 21 Ieri al bar vicino a casa mia 22 Il tuo sangue è una melodia 23 Non sarà mai un ponte 24-25 Intervista a Sepulveda 26-27 Non lasciarmi mai sola 28 “Oscar e la dama in rosa” 29 Recensione del libro “Lo strano caso del Dottor Jekyil e Mr Hyde” 30 “Rusco è bello” al Polo, Ecostudenti 31 CRONACA PROGETTI “RUSCO” E’ BELLO AL POLO Si chiama “Rusco è bello” il progetto di cui fa parte l’iniziativa odierna organizzata dagli studenti del Liceo Canossa di Reggio Emilia, che si è svolta Lunedì 7 al mattino. Muniti di pinze, sacchi , rastrelli, guanti e cappellino; coordinati da alcuni tecnici di IREN e da alcune alunne del cosiddetto ECO STAFF, oltre 80 studenti del biennio e del triennio si sono avvicendati alla fine dell’orario regolare delle lezioni nella raccolta dei molti rifiuti presenti attorno agli edifici scolastici del Polo di Via Makallè, raccogliendo i resti delle stesse merende dei ragazzi, nonché materiale ingombrante, bottiglie di vetro e plastica per un volume di due dozzine di sacchi colmi di rifiuti. Un’iniziativa certamente LA MAGIA DEI LIBRI lodevole e realizzata con grande entusiasmo per sensibilizzare gli alunni e le alunne al rispetto del bene pubblico educandoli al contempo alla conoscenza delle norme di pulizia ambientale. Da ripetere ogni anno, con la collaborazione di colleghi ed ente pubblico. Il docente responsabile Prof. Guido Barbieri ECOSTUDENTI Probabilmente non salveremo il mondo (o, forse, nel nostro piccolo, sì!), ma ciò che conta è che tutti noi studenti il giorno sette Maggio 2012 ci siamo ritrovati per pulire il Polo Scolastico prendendo un nobile impegno. Non so cosa fosse più emozionante, se i cappellini rossi che non molti volevano mettere, i rastrelli, i guanti oppure le pinze.. .A mio avviso, le pinze! Hanno suscitato molto entusiasmo, devo dire. Ma concentriamoci su cose più importanti, ad esempio la suddivisione dei gruppi nelle diverse zone del Polo Scolastico; eravamo dappertutto, ci siamo diffusi come un virus in ogni angolo, sotto gli alberi, tra le migliaia di scooter, dietro e davanti alle scuole. Eravamo instancabili, come tante formiche laboriose e tanti soldati coraggiosi uniti per salvare quel minuscolo pezzo del nostro mondo. Abbiamo trovato di tutto. Smalti, pacchetti di sigarette, carte di snacks, volantini di discoteche e altre cose che non ho il coraggio di menzionare. Inizialmente pen- 30 savo che non venisse molta gente, forse perché al giorno d’oggi non sono molti quelli che accettano di impegnarsi per qualcosa che apparentemente non li riguarda. Ma, pensandoci, quanto NON li riguarda l’ambiente? Penso che tutti quelli che si sono offerti per questo progetto, abbiano un minimo riflettuto su quello che è il loro pianeta e su quanto sia in pericolo. Gli organizzatori devono essere molto fieri di ciò che hanno fatto e di ciò che hanno ottenuto, perché è una bella soddisfazione vedere che qualcuno si impegna per qualcosa di importante. Insomma, sono fiera di me e di tutte quelle persone che hanno contribuito a migliorare il luogo in cui passiamo la mattinata. Per concludere, noi forse non faremo la differenza ma siamo differenti da tutti quelli che passano il tempo ignorando i problemi che abbiamo. Patrizia Catania I°S Era il sei Marzo quando abbiamo “deciso” di addentrarci nella selva oscura dei libri con il Progetto Trama di Parole. Questa selva era la Biblioteca Panizzi. Cos’abbiamo trovato? Una donna capace di far amare una storia anche a chi un libro non lo guarderebbe nemmeno da lontano. Ho raccolto impressioni e aggettivi dai partecipanti per descrivere quest’esperienza, ma tutti mi sembravano d’accordo tra loro. La nostra lettrice era un’attrice, ciò le permetteva di rendere le storie reali, di vedere Oscar che bacia “la Cinese” davanti a te (in Oscar e la dama in rosa), guardare l’espressione terrorizzata di Luca mentre un pover’uomo brucia (in Io come te), vedere la vicina di casa “un po’ strega” di Thomas (in Il libro di tutte le cose), sentire il signor Rosso che urla: Negri!- (in Amiche per la pelle) e immedesimarsi nella tristezza di un ragazzo che rivive grazie alla musica (in La mia storia con Mozart). La nostra lettrice accompagnava la storia con gesti, intonazioni di voce che facevano sentire i personaggi vicini, il tempo si fermava ad ogni parola che pronunciava, e un’ora passata ad ascoltare sembrava un attimo. Trasmetteva emozioni, felicità, voglia di scoprire e curiosare tra le pagine. Si fermava in un punto fondamentale e ci invitava a leggere e scoprire come sarebbe finita quella storia: ci faceva sognare ad occhi aperti. La nostra lettrice era i suoi libri. Noi eravamo il pubblico, ascoltavamo, ridevamo, sussultavamo e, a volte, quasi ci commuovevamo nel sentire ciò che quelle pagine avevano da dire. Tutti sono stati catturati dalle pagine di quei libri, tutti appena usciti dalla biblioteca volevano leggerli, i meno appassionati per scoprire i diversi finali, i più appassionati per rivivere le emozioni che solo i libri possono dare. Penso, anche se non credo di essere l’unica, che questa sia stata una delle uscite più costruttive che abbiamo mai fatto. Non solo perchè leggere libri è indice di intelligenza, ma perchè quel fatidico sei Marzo molti hanno capito cosa voglia dire dare ad un libro la possibilità di fare riflettere, far sognare, far capire cose che fino ad allora sembravano incomprensibili e rendere migliori sotto molto aspetti. Vi consiglio di provare quest’esperienza, se amate i libri come me: usciti da quella porta li amerete ancora di più, così come sono; se i libri non vi piacciono invece, imparerete a dar loro una possibilità. In ogni caso, aprite gli occhi, la mente e fatevi catturare. Catania Patrizia 1° I 3 PROGETTI RECENSIONI RECENSIONE DEL LIBRO “LO STRANO CASO DEL DOTTOR JEKYLL E DEL SIGNOR HYDE “ “LIBERO GRASSI” CONTRO LA MAFIA racket ovvero, alla richiesta del pizzo da parte dei mafiosi. A ciascun allievo, è stato assegnato un ruolo da interpretare in un video di pochi minuti, il quale è stato poi inviato via email agli organizzatori del progetto. Il filmato consiste nel paragonare l’ atteggiamento di un cittadino “qualunque” a quello di un mafioso, all’ esame di maturità. Il cittadino svolge l’esame in maniera ordinaria. Il momento più significativo della scena, arriva quando lo studente mafioso entra nell’ aula in cui si tiene l’esame; infatti, egli si siede e con aria autoritaria tira fuori la pistola, l’appoggia sulla cattedra e con tono minaccioso impone ai prof: << Ottanta, o di più>>. A quel punto, tutto il resto della classe si alza e con Libero nel nome. tono liber atorio gr ida: “Non sono un pazzo, sono <<NO!!!>>. un imprenditore e non mi Le scuole che in tutta Italia piace pagare. Rinuncerei partecipano al progetto, sono alla mia dignità. Non 132. Le scuole di Reggio E. divido le mie scelte con i (oltre alla nostra) che vi hanmafiosi.” no partecipato, sono state: lo Libero Grassi Scaruffi -Levi- Tricolore, la Fermi-Manzoni, l’Ariosto, lo Spallanzani e il Moro. Ai vincitori del progetto verrà assegnato un soggiorno in Sicilia, più precisamente a imprenditore siciliano che nel Palermo, della durata di tre 1991 è stato ucciso da Cosa giorni. Quello che dovrebbe nostra, perché si oppose al colpire maggiormente però, La classe 4^D, dell’Istituto ex – Magistrale “Matilde di Canossa”, ha partecipato ad un progetto che si tiene a livello nazionale. Il progetto, si chiama “Adotta un articolo della Costituzione”, in memoria di Libero Grassi, 4 non è tanto il premio assegnato per questo lavoro, bensì l’impegno che queste classi hanno impiegato per contribuire (anche se minimamente) alla lotta contro la mafia. Scala Marina 4°D Siamo ad Edimburgo. Le strade di notte sono completamente deserte. Ma in queste strade cammina un “nano dall’andatura animalesca”. Lo stimato dottor Jekyll, segretamente, ha scoperto la formula che gli permette di dividere la sua parte buona da quella cattiva. Il rischio è molto alto, Jekyll lo sa, ma beve comunque la pozione. Il protagonista è un uomo combattuto, intrappolato nello stereotipo di dottore dai sani principi e dai modi impeccabili. Ma è un uomo solo? O sono due? Edward Hyde è la sua parte malvagia, un “uomo” basso, giovane e meno sviluppato fisicamente, il suo volto terrorizza al primo sguardo, la malvagità gli si legge in faccia. Durante la vicenda, nutre dubbi Mr Utterson, l’avvocato amico di Jekyll, che, con l’aiuto di Pool, fidato maggiordomo di casa Jekyll, svela ogni mistero. Questo è un romanzo psicologico di Robert Stevenson che racconta la storia di un medico che, facendo degli studi, capisce che ogni individuo possiede due personalità differenti, una buona e una cattiva. Da quel momen- to, è tormentato dal desiderio di creare una sostanza che sia in grado di riportare alla luce l’identità nascosta di ogni uomo. Dopo vari tentativi, riesce nella sua impresa e, bevendo la pozione, finalmente conosce il signor Hyde. Il malvagio. Una notte però, inizia ad avere delle strane reazioni, sente delle fitte terribili allo stomaco e avviene la trasformazione, che lo rende irriconoscibile. Si ritrova davanti un uomo malvagio, che non riesce più a gestire e che compie gesti crudeli. Grazie ad un antidoto però è possibile ritornare in sé, perdendo tutte le caratteristiche negative, almeno così sembra. Ma con il passare del tempo, Jekyll si rende conto di come la personalità cattiva e quella buona stiano lottando tra loro. Il signor Hyde inizia a commettere dei crimini, è ingestibile, aggressivo, e mette nei guai il dottor Jekyll che era sempre stato un uomo di sani principi, una persona tranquilla. Disperato, il dottor Jekyll decide di assumere una dose più alta rispetto al normale, per far emergere la sua parte migliore. Per evitare di ricadere in tentazione, distrugge i suoi appunti sulla pozione e rompe le chiavi del suo laboratorio. Il tentativo di “uccidere” la sua parte malvagia sembra funzionare, ma non è così. Dopo qualche mese, Hyde si ripresenta, e Jekyll capisce che non ci sono più alternative per riparare al danno. Consiglio questo libro perché mi ha fatto riflettere In fondo tutti hanno una duplice personalità e non si parla solo di “buono” o ”cattivo”, ma anche di aspetti caratteriali. Inoltre, è scritto molto bene e, anche se, a volte, ci si deve soffermare su alcune pagine, è semplicemente perché possono avere talmente tanti significati, che si sente il bisogno di coglierli tutti. Catania Patrizia I°I 29 RECENSIONI PROGETTI “OSCAR E LA DAMA IN ROSA” Il romanzo “Oscar e la dama in rosa” è un libro di EricEmmanuel Schmitt. Tratta di un bambino di dieci anni malato gravemente di leucemia che, nonostante la malattia, riuscirà a reagire e a vivere la sua condizione con coraggio, grazie ai cari insegnamenti della “dama in rosa”, che lui stesso, però, chiamerà “nonna Rosa”. La buona signora gli consiglierà di instaurare un buon rapporto con Dio scrivendogli giorno dopo giorno delle lettere, in cui il bimbo potrà esprimere un solo desiderio al giorno. A riguardo avviene un bel dialogo tra Oscar e la cara signora: <<E poi a Dio puoi domandare una cosa sola al giorno. Attenzione! Una sola.>> <<E’ una nullità, il suo Dio, nonna Rosa. Aladino aveva diritto a tre desideri con il genio della lampada.>> <<Un desiderio al giorno è meglio di tre in una vita, no?>> Oscar accetta la situazione ma continua a non capire che cosa esattamente dovesse chiedere a Dio e nonna Rosa gli spiega che può chiedere solo “cose dello spirito”. Così inizia subito con un desiderio che è il principale, in questo caso, se guarirà … Il giorno seguente i genitori del bambino si recheranno in ospedale, cosa strana . Il ragazzino li seguirà nello studio del dottore e sentirà la triste verità. In seguito i genitori non avranno il coraggio di andarlo a trovare, per questo Oscar comincerà ad odiarli, ma ,esattamente la Vigilia di Natale a casa di nonna Rosa ripristinerà i rapporti con loro. 28 In seguito ci saranno molti altri dialoghi significativi e profondi. <<A partire da oggi, osserverai ogni giorno come se ciascuno contasse per dieci anni.>> Questa frase è stata detta da nonna Rosa, verso la metà del romanzo: la signora propone al bambino di vivere ogni giorno come se valesse dieci anni, in modo da poter vivere la sua vita anche da adulto, nei pochi giorni che gli rimangono. In questo modo Oscar, innamorato di una bambina dell’ospedale, Peggy Blu, potrà, ovviamente per finta, sposarsi e passare molte giornate con lei, finché non sarà guarita e non lascerà l’ospedale. Successivamente i due bambini leggeranno insieme un “Dizionario medico” ma Oscar non troverà le parole che gli interessano, cioè “vita”, “morte”, “fede” e “Dio”, quindi chiederà spiegazioni a nonna Rosa che gli dirà: <<Le domande più interessanti rimangono domande. Avvolgono un mistero, a ogni risposta si deve associare un “forse”. Sono le domande senza interesse ad avere una risposta definitiva. Per vita ci sono parecchie soluzioni quindi nessuna soluzione>> Oscar semplicemente risponde: <<Quello che penso io, nonna Rosa, è che l’unica soluzione per la vita sia vivere.>> Quest’ultima frase fa capire benissimo quanta voglia di vita e coraggio abbia dentro di lui : pur essendo piccolo ha capito già che la vita è preziosa e che va vissuta. Nel romanzo Oscar noterà più volte l’espressione cupa e seria sul volto del suo medico, per questo un bel gior- AL CENTRO ARIOSTO no, senza alcun timore, gli dirà: <<Non è Dio Padre. Non è lei a comandare alla natura. Lei è solo un riparatore.>> A queste parole il dottore comprese che purtroppo nel suo lavoro non poteva dare sempre buone notizie, così facendo il bambino riuscì persino a strappare un sorriso al medico. Il giorno seguente, però, Peggy Blu dovette lasciare l’ospedale, perché guarita e Oscar, a causa della malattia, cominciò a perdere le forze. Due giorni dopo a centodieci anni, immaginari, Oscar morì e l’ultima lettera a Dio venne scritta da nonna Rosa. Fin da principio Oscar era indifferente alla questione di credere in Dio, anzi addirittura lo paragonava a Babbo Natale, ma alla fine il bambino finirà per crederci davvero. Lascerà scritto un biglietto sul suo comodino: <<Solo Dio ha il diritto di svegliarmi.>> Oscar e la dama in rosa, secondo me, è un libro forte, intenso e pieno di vita ma, allo stesso tempo, anche molto ironico, perché nonostante il suo triste destino, Oscar riuscirà ad affrontare tutto con semplicità e purezza. Boccia Anna I°I SOCIOLOGI PER UN GIORNO Vi sono discipline il cui studio è necessariamente legato, oltre che ad una riflessione teorica, anche alla ricerca del riscontro nel reale dei contenuti appresi. In particolare, le materie delle Scienze Umane, non possono che ini ziare la lo ro elaborazione sulla base di un'osservazione sperimentale. La Sociologia ne è un esempio: la comprensione del mondo sociale richiede un continuo dialogo fra le basi teoriche e la concreta analisi dei fatti, in quanto solo questo scambio produttivo consente una visione attendibile della realtà. Dunque, le nozioni fornite dai libri di scuola, dovrebbero essere intese come uno stimolo a ricercare un confronto con l'esterno, e non dovrebbero limitarsi a se stesse. Con questa idea è stato attivato il progetto sociologico che ha impegnato la 4G in diretto contatto con i meccanismi sociali oggetto di studio. L'attività si è svolta nel centro commerciale Ariosto, e prevedeva un'osservazione attenta e capillare di alcune delle dinamiche interne al luogo: in veste di sociologi è stato necessario assumere un'ottica di interpretazione oggettiva e scientifica. L'imparzialità infatti, è una delle caratteristiche fondamentali del sociologo, il quale, per non compromettere l'esito dell'esperienza, deve evitare di incorrere in riflessioni personali. Da quest'analisi, si è giunti a capire quanto in un ambiente sociale, nulla sia casuale, ma frutto di un attento studio che induce l'individuo superficiale a determinate scelte, consumistiche e non solo. Assumere un atteggiamento di distacco rispetto l'ambiente esterno, così come voleva il progetto, consente di prendere coscienza delle tendenze emotive che ci spingono a determinate scelte, senza esserne consapevoli. La prospettiva tipica del sociologo, dunque, deve essere fatta propria, così da rendersi persone attive e responsabili dei propri comportamenti. Ponticelli Sara Caterina 4°G 5 CREATIVITà PROGETTI LA SCUOLA CI RIGUARDA TUTTI IL 10 marzo si è tenuto presso l’Università di Reggio Emilia un convegno intitolato “ La scuola ci riguarda tutti”. Non è stato il solito convegno dove bisogna stare solo seduti su una sedia ad ascoltare qualcun altro mentre parla : qui abbiamo avuto la possibilità di poter interagire con i referenti che ci hanno fatto provare direttamente su di noi certi argomenti. Il convegno è iniziato intorno alle 8.30 e, appena superati i cancelli dell’Università , una maestra e altri tre referenti ci hanno fatto partecipare ad un “risveglio mattutino” tipico della scuola staineriana. Dopo esserci messi tutti in cerchio, abbiamo potuto osservare come i bambini a scuola, grazie a certi esercizi motori e mentali, potessero imparare,senza rendersene conto, le tabelline o altri argomenti. In questo modo si è potuto dimostrare quanto il gioco possa diventare utile per poter coinvolgere ed insegnare ai bambini certe cose. Finito il “risveglio”, siamo saliti al secondo piano e abbiamo assistito alla recita intitolata “ Io sono uno scarabocchio e tu?”: spiegava come profes6 sori e maestri etichettino gli alunni prima di conoscerli, senza ascoltare chi sono realmente. Durante il convegno si potevano visitare alcuni laboratori. Sono riuscita a partecipare soltanto ad un laboratorio riguardante la scuola staineriana. E’ stato molto interessante poter ascoltare una maestra mentre ci raccontava che cosa c’era di diverso tra una scuola comunale e una staineriana. Quest’ultima è abbastanza diversa dalla “nostra”. In questa scuola è molto importante l’aspetto psicologico del bambino e lo si aspetta nel momento emozionale più opportuno per insegnargli a leggere e ad affrontare certi argomenti. Si ascolta il bambino e i maestri gli vengono incontro: cosa che nelle nostre scuole avviene poco. E’ stato interessante vedere come le emozioni dell’alunno siano al primo posto e tutto ruoti intorno ad esse. In questa scuola gioca un ruolo molto importante anche l’arte… i quaderni degli alunni non hanno righe e sono tutti decorati e disegnati: in q uesto mo do po sso no emergere le emozioni del bambino e capire ciò che sta accadendo dentro di lui. Questo convegno ci ha fatto riflettere su come, per molti ragazzi, insegnanti e non solo, la scuola debba essere un luogo di scambio, di dialogo e di opportunità dove si può imparare a vivere in modo sereno (gli uni con gli altri) senza sentirsi diversi o inferiori agli altri a causa della scuola e della schematizzazione degli alunni. Al giorno d’oggi è importante avere una scuola che sia nostra e che ci ascolti! – Concluse guardando ancora la finestra, con gli occhi umidi – c’è ancora la famosa scintilla?Quando si girò, l’uomo non c’era più. Catania Patrizia 1°I Non lasciarmi Sassi Francesca 4°G SOLA 27 CREATIVITà CULTURA NON LASCIARMI SOLA Jane guardava intensamente fuori dalla finestra, pensava. Cosa avrebbe dovuto fare? Mi scusi? -Ehm.. Oh sì, scusi! Mi dica. Un uomo alto, con i capelli scuri, la guardava con i suoi grandi occhi azzurri e sorrideva. La vedevo assorta, sa? Allora pensavo che le andrebbe.. non so.. un caffè? -Scusi, non vorrei smorzare il suo entusiasmo, ma.. siamo in un bar. Cosa crede che faccia qui? -Non saprei, si possono fare molte cose qui!Detto questo, l’uomo prese una sedia e si sedette. Jane era seccata, lui se ne accorse. Scusi, non volevo essere invadente. Ho scelto il giorno sbagliato per fare la sua conoscenza? A proposito, posso darle del “tu”? E poi come ti chiami? -Senta, cos’è lei, un giornalista? E poi non le ho detto che può darmi del “tu”.- Era seccata, molto. Non volevo offenderti.Sorrideva. Non lo ha fatto. - Jane si sentiva vuota. Non riusciva a guardarlo e sorridere, il dolore era troppo forte. Ma voleva provarci. Si girò. L’uomo era moro, occhi azzurri, carino ma non troppo, leggermente troppo ottimista per quella giornata che a lei 26 pareva così grigia. Da quando era uscita da quell’ospedale, era tormentata.. Per un momento pensò persino di confidarsi con quell’uomo sconosciuto che sembrava morbosamente felice. Ma ci ripensò. E poi chi era quell’uomo? Come si chiamava? Era tentata di chiederglielo. Poi riuscì nella sua impresa, sorrise. Ehi ma hai sorriso! Allora ho qualche possibilità. Beh.. cos’è che ti turba così tanto? -Glielo ripeto, non le sto dando confidenza! E comunque non penso che lei sia la persona più indicata per parlarne. -Senti, tu mi piaci ok? Sono due settimane piene che vengo qui e ti guardo da quello sgabello,indicò uno sgabello poco distante – non ho intenzione di mollarti qui senza il tuo numero! Non sono uno stalker, ma una donna così bella è sprecata da sola con un caffè macchiato.- Sorrideva ancora. Accidenti! Jane si trovava un po’ in trappola. Doveva alzarsi, pagare e andare via oppure dirgli tutto? O forse non doveva rispondere? Decise. Senta, le piaccio davvero così tanto? -Oh sì, più di quanto immagini. Lo vedo nei tuoi occhi, vedo che potresti essere quella giusta. Penso.. Sì, penso ci sia stata una scintilla. -Jane lo guardava con aria interrogativa. Diceva la verità? Difficile ma possibile. Credere nell’amore a prima vista? Beh, sì, lei lo aveva sempre fatto. Perchè no? Rischiamo. Si girò verso la finestra per non doverlo guardare negli occhi. Bene, allora le dirò tutto. Stamattina sono andata in ospedale, ho il cancro. Potrei fare le cure, ma non sarebbe un grosso guadagno penso. Ho deciso di aspettare la mia fine così, credendo che un miracolo possa salvarmi, oppure, ora so che la mia fine è vicina, quindi potrei fare tutto ciò che voglio senza curarmi delle conseguenze. Sono sola, completamente; ho una sorella ma vive lontano. Ho un gatto, però penso che mi ami talmente tanto che morirebbe insieme a me. Ho vent’anni e non ho sfruttato la mia vita al massimo. Volevo diventare un’attrice da piccola. Poi, mi sono accontentata di essere una dottoressa. Vado all’università, sa? Non penso diventerò mai una LA CITTA’ IDEALE SECONDO PLATONE Secondo Platone, la città ideale si basa sulla divisione della società in tre classi: quella dei governanti, dei guerrieri e dei produttori. Questa divisione è pensata in base al mito dell’anima, secondo il quale al suo interno essa si divide in un principio razionale e un principio irrazionale, in quest’ultimo ve n’è un altro concupiscibile. In ogni persona, secondo Platone, si trovano tutti e tre i principi, ma tra essi ve ne sarà uno dominante, che determina l’appartenenza a una delle tre classi nella quale prevarrà il principio stesso. Ognuno dunque dovrà fare ciò che gli è proprio, ciò che corrisponde alla sua natura, ovvero al principio che è in lui dominante. Ad ognuna delle tre classi, corrisponde una virtù particolare: a quella dei governanti appartiene la virtù della sapienza, a quella dei guerrieri la virtù del coraggio e infine ai lavoratori /produttori appartiene la virtù della temperanza. Solo ai filosofi è affidato però il compito di guidare e reggere la città, perché solo loro conoscono cos’è il vero bene e il giusto in sé. Un altro mito che spiega le teorie platoniche, riguardo i filosofi come governatori della città, è il mito della Biga Alata: che racconta di un carro trainato da due cavalli: uno bianco ( simbolo del principio concupiscibile) e uno nero (che raffigura il principio irascibile) che convergono in direzioni opposte, solo grazie alla sapienza del filosofo, il carro viene condotto in modo ordinato e armonico. Che dire su questa idea di Platone delle città ideale… anche oggi la nostra società si può dire divisa in classi; vi è quella dei poveri, del ceto medio e infine il ceto sociale più alto e ricco. Sicuramente però qui troviamo la prima contraddizione tra il pensiero platonico, figura della società antica, e la civiltà moderna. I filosofi rinunciavano ai beni terreni ( come il denaro e il lusso ) per raggiungere una vera conoscenza del bene per poter guidare la città in modo giusto, oggi non è assolutamente così …. Si può anzi affermare che sia il contrario, le persone che tengono il potere, oggi, ricercano solo questo e il lusso. E’ strano come la visione del mondo di un uomo del 428 – 427 a. C e riesca ad avere una visione della città ideale, che in parte viene realizzata tutt’oggi e in parte no .. questa sua imperfezione è sicuramente data dal desiderio dell’uomo di arricchirsi e di ricercare il potere a discapito degli ideali e dei valori che furono le fondamenta delle antiche società. Trovo molto affascinante il fatto, che nella età moderna vengano studiate e riprese teorie e idee di uomini del passato. In teoria le cose, dal mio punto di vista dovrebbero apparire in un altro modo; noi uomini moderni dovremmo essere culturalmente più avanzati, eppure non riusciamo a non rileggere e studiare i testi antichi …. Questo avviene in tutto, in filosofia, come in letteratura e in storia e in altre discipline. Ma perché accade tutto ciò? La risposta che me ne esce e logica .. perché la cultura antica fa parte della nostra storia e come afferma Aristotele “l’uomo di natura desidera conoscere”. Platone, affermò inoltre che in ogni città è presente un tipologia di regime politico, tante tipologie quanto sono i diversi tipi di uomini. Il modello ideale di governo è l’aristocrazia( il governo dei migliori/reggitori) nel quale prevale il principio razionale, che lascia il posto alla timocrazia e all’oligarchia, per poi passare alla democrazie dove prevale il principio concupiscibile e infine la peggiore: la tirannide. Campani Ilenia 3°D 7 CREATIVITà CULTURA IL MITO DELLA CAVERNA IN CINA C’era una volta un ragazzo cinese di nome Ming, un ragazzo come tutti gli altri ma con un sogno nel cassetto già da quando era piccolo: viaggiare, viaggiare tanto. Quando divenne più grande, i suoi genitori lo costrinsero a trovarsi un lavoro per contribuire anche lui, come già i suoi fratelli maggiori avevano fatto, al bilancio delle spese di famiglia. Se così avesse fatto, però, Ming non avrebbe mai potuto realizzare il suo piccolo desiderio. Così, iniziò a lavorare ugualmente ma aveva in mente un piano. Raccolti un po’ di soldi, infatti, dopo poco tempo Ming scappò di casa e iniziò a girovagare avanti e indietro per Paesi stranieri che gli erano sconosciuti, perché non aveva mai avuto la possibilità di visitare, lasciando cosi Hebei, dove la sua famiglia viveva da poco. I suoi pochi risparmi non gli permisero di visitare una moltitudine di Paesi e cosi il giovane ragazzo scelse di visitare l’Italia. Arrivato in “terra straniera”, si trovò un po’ a disagio, poiché notò che gli italiani avevano usanze del tutto diverse da quelle che fino a quel momento egli aveva praticato. A Roma, dove era arrivato e dove aveva deciso di sostare, incontrando altre persone per strada e chiedendo informazioni per iniziare a relazionarsi un po’, egli si inchinava in segno di saluto e gli italiani rimanevano lì immobili, dicendo solo “Salve! Buongiorno!”. Entrò allora in un ristorante perché la fame lo prese: le “sue” bacchette erano sparite! Qui in Italia Ming scoprì che si usavano le cosiddette “posate”. Giran- 8 do per le vie della capitale italiana, Ming vide nuovi comportamenti che gli apparvero strani, non tanto per il modo in cui venivano svolti ma perché erano diversi da quelli coi quali aveva sempre vissuto. Non aveva mai saputo e conosciuto altre usanze se non quelle cinesi, e dunque aveva una conoscenza parziale del mondo. L’idea di mondo che Ming aveva avuto nella sua testa era quello costruito intorno a lui, tutto ciò che gli appariva davanti agli occhi: mangiare con le bacchette, inchinarsi per porgere il saluto, indicare qualcuno con la mano intera e non con un dito. Uscendo dai suoi confini, scoprirà nuovi usi e tradizioni diverse: la conoscenza diverrà sempre più ampia e Ming diventerà consapevole della sua iniziale conoscenza apparente. Ming può essere considerato filosofo, perché ha scoperto la realtà fatta di tradizioni, popoli e culture differenti. E come dopo un sogno, quando ci si risveglia e si intuisce che quello che hai appena passato era soltanto surreale, apparente, non esisteva perché era solo un sogno… e quello che si sogna fa uscire dalla realtà in cui vivi tutti i giorni. Giaroli Arianna 3°D Giornalista: No, mi scusi sono un giornalista e vorrei rubarle un po’ del suo tempo. Bartolomeo: Certo, sono a sua disposizione. Giornalista: Grazie. Non volevo partire senza chiederle se ha mai avuto l’occasione di osservare la popolazione di Hispaniola? (odierna Haiti) Bartolomeo: Ho avuto questo privilegio e, come ho affermato nella mia relazione sulle violenze degli spagnoli, sono persone prive di ogni malvagità, deboli e indifese; sono state sterminate e sfruttate ingiustamente dalla nostra popolazione. Giornalista: Quindi lei è contrario allo sfruttamento di questa popolazione? Bartolomeo: Certamente, sono persone e come tali devono essere trattate. La prima volta che vidi le isole intorno a Hispaniola erano più abitate di ogni altra contrada al mondo, adesso le loro popolazioni sono state sterminate grazie alla cupidigia spagnola. Non abbiamo nessun diritto di appropriarci della loro vita e della loro terra. Giornalista: Chi è stato a lanciare la prima pietra? Bartolomeo: Chiunque sa che sono stati gli spagnoli; gli indiani non hanno recato nessun danno al nostro popolo, anzi ci ritenevano dei. Se non avessero commesso questo errore forse si sarebbero salvati, ma la malvagità umana non ha limiti e sono stati tutti sterminati. Giornalista: Grazie può bastare. Bartolomeo: Se avrà bisogno di farmi qualche altra domanda non esiti; sono sempre a sua disposizione. Giornalista: Grazie ancora padre, arrivederci. Bartolomeo: Arrivederci. Giornalista: Buonasera professor… Prof: Paurizzi … Giornalista: Bene, professor Paurizzi vorremmo chiederle un parere riguardo al calo demografico delle popolazioni native americane avvenuto nel XVI secolo per mano degli spagnoli. Ne ha sentito parlare? Prof: Fate pure, ma ho solo pochi minuti, devo correre a prendere il treno! Giornalista: Bene, incominciamo… Prima di tutto, lei è favorevole o contrario alla conquista e alla sottomissione di altre popolazioni? Prof: Beh... Naturalmente, io sono contrario. Giornalista: Come mai? Prof: Gli ideali degli spagnoli di quel tempo sono ormai passati, anche se molte persone ancora oggi la pensano come loro; questo dimostra quanto la società sia ancora soggetta a pregiudizi verso le persone diverse da noi. Giornalista: Non ha risposto alla mia domanda. Prof: Mi scusi, ho divagato troppo. Comunque io sono contrario perché credo che gli indigeni essendo persone, come tali dovevano essere trattate. Giornalista: Quindi lei si riconosce nell'ideale di padre Bartolomeo De Las Casas? Prof: Sì ho letto qualcosa a ri- guardo e la mia idea sembra che combaci abbastanza con quella di questa persona che lei ha citato. Giornalista: Bene, mi scusi per il disturbo. Prof: Nessun disturbo, arrivederci. Giornalista: Arrivederci. Enrico Maurizzi 4°E 25 CREATIVITà CULTURA INTERVISTA A SEPULVEDA Proponiamo alcune interviste “impossibili” ad alcuni personaggi della storia che, durante l’epoca delle conquiste coloniali europee nel corso del ‘500, si sono interrogati sulla natura degli “indios”. L’umanista spagnolo Juan Ginés de Sepulveda sosteneva che le popolazioni native dell’America centrale e meridionale non fossero propriamente uomini, piuttosto homuncoli; al contrario, il domenicano Bartolomé de Las Casas ne difendeva la dignità contro lo sfruttamento dei conquistadores. Abbiamo raccolto anche il parere di un nostro contemporaneo, l’autorevolissimo prof. Paurizzi dell’immaginaria Università dei ragazzi “Matilde di Canossa”. Giornalista: Sepulveda. 24 Buonasera Sepulveda: Buonasera, mi scusi ma non l'ho mai vista. Giornalista: Sono un giornalista e mi piacerebbe molto intervistarla per chiederle il suo parere riguardo a ciò che sta succedendo agli indios. Lei è d’accordo o contrario? Sepulveda: Sono d'accordo. Giornalista: Come mai? Sepulveda: Io penso che gli indios non possono essere considerati umani; non sono come noi, come lei può benissimo capire. Questa popolazione è priva di ogni cultura, legge e civiltà; sono barbari che si mangiano a vicenda. Giornalista: Quindi secondo lei potrebbero essere paragonati agli sciti? Sepulveda: No, molto peggio, gli indios non hanno neanche il coraggio di combattere, scappano come donne. dottor Giornalista: Non crede che tra queste persone ce ne siano alcune dotate di maggior ingegno che hanno eretto le costruzioni di quel luogo? Sepulveda: Non sono neanche degne di essere chiamate così quel mucchio di sassi, pure gli insetti sono capaci da soli di creare costruzioni molto più complicate e strabilianti delle loro. Giornalista: Secondo lei a chi o a cosa si può dare la colpa del loro comportamento? Sepulveda: Sicuramente alle istituzioni pubbliche, barbare e servili. Giornalista: Cosa mi può dire della loro religione? Sepulveda: Venerano il demonio, implacabile e malvagio; al quale sacrificano loro stessi strappandosi il cuore a vicenda. Non ho mai visto una cosa così crudele, non conoscono Dio e sono attaccati soltanto alla dimensione terrena, tant’è che guardano solo per terra. Giornalista: Quindi per lei è giusto tutto ciò che sta accadendo? Sepulveda: Certamente, noi li libereremo da loro stessi; li faremo diventare persone. Giornalista: Grazie, ha risposto a tutte le mie domande. Sepulveda: Si figuri, arrivederci. Giornalista: Arrivederci. INTERVISTA A BARTOLOMEO DE LAS CASAS Giornalista: Buongiorno padre. Bartolomeo: Buongiorno, è venuto a confessarsi? 2012: esiste ancora il “PROLETARIATO”? Per definizione ottocentesca, la classe proletaria è colei che “vende” la propria forza lavoro per la retribuzione necessaria alla sopravvivenza. Sorge quindi un dubbio: esiste ancora oggi questa classe nata con l’avvento del marxismo? Con le modificazioni della società e con la modernizzazione sempre più incalzante, non si ha più la percezione totale del proletariato in sé, è quindi cambiata la stessa definizione. Nel 2012 si considera la classe proletaria “l’insieme di tutti i lavoratori”. Qui si cade in errore: tutti i cittadini, tutte le persone umane sanno che per guadagnarsi da vivere, bisogna lavorare. Siamo quindi tutti proletari? Non direi. Il vecchio capitalismo prevedeva l’imprenditore che investiva denaro, questa visione si proietta nel mondo moderno con la figura del “Manager” che dirige banche, imprese.. La “vecchia” borghesia, quindi, acquista il ruolo dei “salariati”. I borghesi quindi hanno privilegi in più, oltre al plus-salario che supera di gran lunga quello dei comuni proletari. Ponendo qualche domanda a riguardo ad adolescenti, ma anche adulti, ho capito che oggi la classe proletaria è ancora vista come la classe svantaggiata, minoritaria. Alla domanda “Qual è la classe attuale del proletariato?”, ho sentito varie risposte che mi hanno lasciato abbastanza riflettere: il proletariato è costituito dai clandestini, gli immigrati che cercano lavoro nel nostro paese (pur essendo letteralmente sfruttati e retribuiti con il minimo della paga), il lavoro in nero, coloro lizzazione personale o come riscatto a chi non credeva in loro. I proletari sono coloro che hanno veramente bisogno di lavorare, coloro che hanno bisogno di soldi per vivere, ben guardandosi dal non cadere nello sfruttamento. La Monica Giovanna 4°D che devono mantenersi facendo più lavori, la classe produttiva, donne divorziate che devono mantenere la casa ed i figli.. Considero i proletari che si sentono parte di questa classe, che hanno consapevolezza di dover coloro lavorare per vivere. C’è chi lavora per passione, oppure per raggiungere livelli molto alti solamente per rea9 CREATIVITà CULTURA PLATONE, L’ANIMA, LA CITTA’ E LA GIUSTIZIA La giustizia, il personaggio cardinale. Si entra nella nuova opera di Pinco Pallino che illustra, in un breve testo, la struttura della città ideale descritta da Platone. L’incipit ci espone una concezione di società consegnata in parte alla storia. Il filosofo infatti sostiene ferreamente che lo stato dovrebbe essere diviso in tre classi, ognuna delle quali deve svolgere il proprio lavoro per garantire solidità e efficienza alla società. Lavoratori, guerrieri e governanti son le classi sociali a cui spetta il compito di reggere lo stato. Queste unite dalla giustizia, un’arte essenziale per cui una collettività possa svilupparsi, devono svolgere il loro lavoro. Ciascuna di esse è deputata a una precisa funzione sociale e professionale: produzione, difesa e comando. La tripartizione pensata da Platone non è affatto casuale, essa infatti è in analogia con la distinzione propria dell’anima. Quest’ultima, secondo Platone ha un aspetto razionale che si accompagna a un'altra irrazionale, composta a sua volta da un principio chiamato “volitivo” il quale spinge verso l’affermazione di sé e di un altro “desiderante” che spinge invece verso il soddisfacimento dei desideri legati al cibo e alla sessualità. Ognuna di queste dimensioni determina, predominando, l’appartenenza di un individuo a un determinato gruppo sociale: coloro in cui domina il principio razionale (i filosofi), apparterranno al gruppo dei governanti; quelli in cui prevale il principio irasci- 10 bile al gruppo dei guerrieri; tutti gli altri (ovvero quelli in cui prevale il principio del concupiscibile) saranno membri del gruppo dei produttori. Infine Platone associa ad ognuna di queste categorie sociali una virtù che li contraddistingue. E così il coraggio apparterrà ai guerrieri, la sapienza ai governanti e la temperanza, intesa come capacità di moderare i propri desideri, ai produttori. Secondo il filosofo colui che faceva parte dei governanti possedeva la scienza di ciò che è utile a tutte e tre le parti. Inoltre i reggitori, in quanto possessori di qualcosa di proficuo alle altre classi sociali, avevano il compito di guidare la società verso la conoscenza certa e autentica, non apparente come quella dei sofisti. Ed è proprio di questa verità che si ciba la giustizia posta al pari di una medicina, con il compito appunto di guarire un corpo malato. La giustizia comprende tutte e tre le virtù che per reggerla devono mantenere l’armonia di se stesse e delle classi. Infine Pinco Pallino riporta che affrontando il problema della giustizia l’illustre filosofo sosteneva che essa era l’utile del più forte e che quindi con il pretesto di rispettare le leggi i potenti ricavavano il loro interesse, inoltre lo scrittore avvalendosi delle teorie platoniche sottolinea come il filosofo pensasse che l’ingiustizia fosse il fine dell’agire umano, la causa della felicità, abbandonata solo per il timore di essere scoperti, condannati e che il sistema di leggi scrivesse solo per frenarla. Dunque al problema della giustizia la soluzione più ovvia è quella di ricercare sempre la verità reale e non apparente. Un’ opera interessante e profonda; capace di ispirare riflessioni sulla politica, che ai tempi di Platone gli aveva procurato molti dispiaceri facendogli constatare che le città erano malate perché mancava l’ingrediente di base: la giustizia Olmi Teresa 3°D NON SARA’ MAI UN PONTE Un ponte non sarà mai tra loro due… E la terra rimarrà infertile come prima. I loro pensieri, a causa della nebbia, girano perduti Fino a buttarsi disperati nel fiume delle famose circostanze. Nebbia, tanta nebbia intorno a loro, Smog raccolto dagli occhi di ciascuno dalle labbra degli altri, Fumo... anche lui presente tra di loro, Fumo proveniente dagli altri cervelli, dagli altri letti. Odore di speranze bruciate… Speranze? Soltanto pensieri con le ali tagliate e messe a bollire Speranze?... No, un ponte non sarà mai tra loro. Marina Gogu 4°G 23 CREATIVITà CULTURA IL TUO SANGUE E’ UNA MELODIA Ti ricordi ? Mi avevi detto: „Ti sei innamorata di una testa matta Nella quale non c’è più luce” Ah sciocco, di giorno lo scintillio Della lucciola non si vede. Per il buio assoluto che ospita la tua testa Il pizzico di calore e luce che mi sforzo di emettere Basterà ,basterà per rinascere . Interessante... ha mai sentito qualcuna la musica del tuo sangue? Ha mai visto la guerra che c’è in esso ? Sei estraneo a questo mondo Il tuo cuore non ha il ritmo del pianeta Chi sei? Da dove vieni? Capisco, non c’è il vento nel tuo sangue Come non c’è il mare, la pioggia O l’autunno con le sue foglie cadenti … Il tuo sangue è una musica cosmica Il tuo è un mondo troppo lontano, Altre piogge sono là, E forse là tu sei un altro... O tu –mio extraterrestre Io-tuo vampiro Tu-mio matto Io-tua pazza… Marina Gogu 4°G DIALOGO FRA PLATONE E ARISTOTELE SULLA TEORIA DEL BUONO IN SE’ ARISTOTELE: Maestro mi può illustrare la teoria delle idee? PLATONE: Esistono due mondi: il mondo iperuranico e il mondo fenomenico; nel mondo iperuranico si trovano le idee che si riverberano nel mondo fenomenico, ovvero quello in cui viviamo. Si pensa ad una determinata forma e le si dà un nome, quando si incontra nel mondo fenomenico un qualcosa somigliante a quella forma lo si cataloga e gli si dà il nome proprio di quella idea. ARISTOTELE: Ma noi uomini possiamo arrivare alla piena conoscenza di queste idee? PLATONE: Noi non arriveremo mai alla conoscenza piena delle idee perché siamo come dentro ad una caverna, diamo le spalle ad un muro che chiude per metà l’entrata e guardiamo verso il fondo dove si trova una cascata; su quest’ultima vengono riflesse le idee, che a loro volta sono sopra al muro e noi le vediamo sull’acqua grazie al sole e al fuoco che le illuminano facendole riflettere. Quindi noi perveniamo alla conoscenza delle idee solo in parte: il sole e il fuoco le illuminano e rappresentano la ragione e la dialettica, mentre l’acqua fa si che le idee non siano ben definite. ARISTOTELE: Ma c’è qualcosa di più grande delle idee a che le racchiude? PLARONE: Esiste un’idea generale che prende il nome di generi sommi. ARISTOTELE: Ed esiste qualcosa d’altro che racchiude quest’idea generale? PLATONE: Esiste il sommo bene che è come il sole della caverna, in quanto è la causa della visibilità delle idee, il buono quindi è superiore alle altre idee ed è la causa del loro essere. Il buono in sé è comunque un’idea che si distingue dalle altre in quanto non è intellegibile. Il buono può essere identificato con l’uno che causa l’unità di tutte le idee, è il principio formale; ma se esistesse solo l’uno le idee non potrebbero essere molteplici, quindi c’è bisogno della diade, principio materiale. ARISTOTELE: Secondo me invece è Dio che insieme agli altri stadi è presente in ogni ente. Rossetti Valentina 4B 22 11 CREATIVITà CULTURA IERI AL BAR VICINO A CASA MIA... LETTERA A PLATONE Caro Platone, scrivo questa lettera perché ti ritengo un filosofo rivoluzionario, che ha tentato di migliorare la società in cui viveva e che si è impegnato per il bene comune. Nonostante ciò credo che la tua teoria, LA TRIPARTIZIONE DELLA SOCIETA', sia in alcuni punti più che discutibile, ma prima voglio ricostruire in modo sintetico la storia della società . Infatti inizialmente l'uomo era solo, vulnerabile alle fiere e alla natura, non era autonomo . Grazie alla conquista del fuoco di parte di Prometeo e poi a quella della politica, esso si associò con gli altri suoi simili, migliorò le proprie condizioni di vita suddividendosi i compiti e diventando autosufficiente e. Tuttavia (come al solito) l'egoismo e l'individualismo degli individui rovinarono i progressi fatti, tant'è vero che si assistette ad una crescita dei desideri ed esigenze individuali tali da generare una corruzione della società. Per risolvere questa situazione problematica, i villaggi cercarono di espandersi alla ricerca di nuove risorse e di conseguenza si creò il detto dei guerrieri. Ora, a parer tuo il suddetto ceto dei guerrieri deve essere diviso in custodi e reggitori. I primi debbono obbedire ai secondi, i primi sono mossi da un indole irascibile e i secondi da quello della razionalità, i primi sono soldati che debbono semplicemente difendere la città, la società, i secondi sono filosofi amanti e conoscitori della giustizia e del bene comune. A questo punto però sorge una questione: Come 12 può esistere, come può realizzarsi il tuo obbiettivo di eguaglianza, giustizia sociale e pari dignità se esistono delle burocrazie e delle autorità? E' vero, per te i reggitori devono essere privati della proprietà privata, ma chi dice che queste ''autorità'' soddisfino i bisogni collettivi e non i propri, chi dice che arriveranno alla conoscenza del bene? Nonostante questa critica Io e te abbiamo una cosa in comune, le nostre idee sono considerate assai utopiche dalla società di pochissimo conto. Ritornando a noi, sono in totale accordo sulla tua proposta dell'abolizione dei legami di parentela. Infatti condivido l'idea secondo la quale tutti siano figli della società (non della stato) e non propriamente di 2 genitori ''fissi ''. D'altro canto credo che la proprietà privata non solo debba essere abolita ai governanti (che per me non dovrebbero nemmeno esistere), ma che venga totalmente cancellata. Inoltre, riguardo la tua teoria di giustizia, che prevede che ognuna segua i propri istinti naturali e che in questo venga ''accompagnato '' e aiutato dalla società, mi trovo in totale accordo, poiché è corretto che ognuno faccia ciò che meglio crede e che più gli appartiene per collaborare e occupare un ruolo che partecipi al progresso e allo sviluppo della società stessa, senza che nessuno gli imponga nulla (aggiungo dio pugno lo stato). Che dire poi della tua concezione secondo la quale tutti possono accedere alla conoscenza, alla ragione, alla filosofia anche se appartengono ad un ceto umile? E' sicuramente un pensiero nobile, che mira all'egualitarismo sociale, perché chi non può accedere al sapere è facilmente manipolabile dalle burocrazie, che a parer mio sono uno dei mali peggiori di questo mondo insieme alla corruzione, all'ingiustizia e a tante altre cose che non sto qui a citare. Insomma, la critiche più forte che ti faccio con estrema umiltà che, nonostante la tua voglia di cambiamento e di giustizia, continui ad immaginare una società fondata sulle divisioni in classi, sull'autoritarismo e sul militarismo. Rimane però il fatto che il tuo pensiero è sicuramente innovativo per l'epoca in cui hai vissuto, rivoluzionario e altruista. Platone, spero mi risponderai presto, mi scuso per l'uso della scrittura poiché questa dovrebbe essere una discussione orale, che permetta una maggiore dialettica. Infine, voglio sottolineare il fatto che le critiche da me mosse non sono un atto di impertinenza, ma un tentativo di speculazione filosofica e di riflessione. Saluti, Gabriele Andreana Gabriele 3°D Ieri al bar c'erano tre illustri rappresentanti del popolo francese il filosofo e matematico René Descartes, il generale e imperatore Napoleone Bonaparte e il glorioso re Luigi XIV. Naturalmente erano tutti intenti a bere e mangiare cose francesi: Cartesio mangiucchiava una brioche, Napoleone ingoiava un escargot (lumaca) dopo l'altra e pareva che si ingozzasse, mentre Luigi assaggiava un'ottima "mousse au chocolat" insieme a un pezzo di formaggio Brier. Purtroppo, per sbaglio Napoleone ingurgitò un goccio di acqua Perrier (la più gasata del mondo!) e si gasò inevitabilmente anche lui: sfoderata la sua sciabola lunga 76 cm, dal basso del suo metro e mezzo scarso, sfidò a duello Cartesio. Il paziente filosofo lo esortò a dubitare di questa sua decisione, forse troppo azzardata, in quanto solo chi dubita sa pensare e solo chi pensa esiste ("cogito ergo sum", gli disse per calmarlo), ma Napoleone, noto per la sua irruenza ed impulsività, non gli diede ascolto e cominciò a combattere. A quel punto intervenne severissimo Luigi, che minacciò di condannarli a morte se non l'avessero piantata alla svelta. I due ammutolirono e si chetarono. Tuttavia una nuova ba- ruffa, stavolta incentrata sulla dialettica, si scatenò fra i tre: siccome tutti avevano a loro modo vissuto una rivoluzione, ciascuno pretendeva di aver vissuto quella più grande, più sconvolgente e maestosa. Mentre Cartesio era ostinato ad esaltare la sua rivoluzione scientifica, Napoleone ostentò presuntuoso la rivoluzione francese che aveva vissuto alla fine del Settecento, continuamente contraddetto da Luigi che sosteneva di aver operato lui stesso una rivoluzione completa del sistema monarchico francese, grazie ai suoi editti e al suo pugno di ferro ("L'état c'est Moi", disse per convincere gli altri due). Il barista, stancatosi di quella discussione improduttiva e accortosi che ormai 15 minuti erano passati, disse loro: "Ohi, francesi! Il tempo è scaduto, perciò fatela finita con 'sti discorsi, pagate il conto e levatevi dalle balle! Tornate ognuno nella propria tomba, ma prima pagate il conto!". I tre lo guardarono allibiti, ma poi sborsarono la grana e pagarono. Tuttavia Cartesio disse: "Monsieur, le brioches che preparate dans ce bar ne sont pas bonnes, sono cotte plutôt mal e hanno troppo sucre! Dispiaciuto per voi, Monsieur, mais je ne rimetterò jamais plus piede dans votre bar!" Napoleone aggiunse: "C'est vrai, infingardo gaglioffo! Tu non sei capable neanche di cucinare des escargots! E la tua eau Perrier m'ha fatto venire mal à le stomaco, e io sto déjà abbastansa mal dans quelle parti! Che tu possa mourir tra atroci sofferense, marrano!". Concluse Luigi: "Se tu fossi un cortisgiàn dans mia corte a Versailles, t'avrei déjà condannato a mourir per mano dei miei moschettieri! La tua "mousse au chocolat" sembra "mousse à la merde"! C'est orrible! Vas au diable!". E se ne andarono. Il barista mise il denaro in cassa e pensò fra sé: "E poi dicono che i francesi sono gente raffinata ed educata...! E questi tre sono pure personaggi storici. Ma se non lo sapessi direi che sono tre barboni qualunque affamati trovati per strada! Bah, l'importante è che abbiano pagato!". Stefano Iori 4°E 21 CREATIVITà CULTURA FINCHÉ DURERÀ E quando i suoi raggi s’allungano Il Sole è quattro volte più forte E poiché tutte le cose illuminano Han decretato del freddo la morte. 4 Allora due scelte si posson fare: Camminar nei boschi di montagna Oppure dirigersi verso il mare E assaggiar nelle onde la cuccagna. 8 Finché il Sole mi brillerà in fronte Io potrò sempre decider dove andare Se domani calasse dietro al monte E smettesse col suo fuoco di ravvivare Con lui, a un tratto, io mi spegnerò E dove andrò no, più non lo capirò. Cammino insieme al compagno abete Al mio passo risuona l’amica sabbia Io, d’amicizia, non perdo la mia sete Ma se sei irrispettoso mi crei rabbia. LETTERA FILOSOFICA 14 18 Dal sale marino al terriccio fangoso Per me non cambia nulla d’importante Tutti e due li calpesterò orgoglioso Fintanto che il Sole rimarrà brillante. 22 Finché il Sole mi brillerà in fronte Io potrò sempre decider dove andare Se domani calasse dietro al monte E smettesse col suo fuoco di ravvivare Con lui, a un tratto, io mi spegnerò E dove andrò no, più non lo capirò. 28 Ma non avrò tempo per dimenticare Sul mondo il mio breve atterraggio Sì, sarà felice tornarlo a rispolverare Anche se ero solamente di passaggio. 32 Stefano Iori 4°E 20 Adimanto caro, scrivo questa lettera per avere chiarimenti su alcuni passaggi del tuo dialogo nel secondo libro della Repubblica, e per aprire un colloquio filosofico sul tema dell’origine di tutto, che portò alla formazione delle prime società umane e in fine alla distruzione di queste ultime. Prima di tutto vorrei chiarire il concetto di “ giustizia “. Nel primo libro della Repubblica essa è proprio il tema fondante del dialogo che vede coinvolti un Socrate platonico e Trasimaco. Quest’ultimo definisce la giustizia come “l’utile dei più forti”. Il ragionamento è chiaro: la giustizia consiste nel rispetto delle leggi, ma le leggi sono figlie della forza e di chi, di volta in volta, detiene il potere. Ogni forma di potere, quindi, deforma il concetto di giustizia: dalla dittatura all’oligarchia e addirittura alla democrazia, restituiscono solo la propria idea di giustizia e non la giustizia in sé. A sostegno di questa sua tesi, inoltre, c’è il fatto che le città appaiono malate. Nel secondo libro della Repubblica, caro Adimanto, tu stesso sostieni che la giustizia non sempre porta alla gioia nella vita terrena, infatti chi è disonesto è quasi sempre accompagnato dalla ricchezza, dal potere, dal rispetto e da tutto ciò che porta alla felicità umana in questo mondo. L’unico modo per porre un freno a questa in-giustizia sono le pene, motivo di paura da parte dei disonesti, le quali portano spesso alla rinuncia della felicità terrena conquistata in-giustamente. Avvicinandoci al tema originale di questa lettera, l’origine della vita associata è descritta da vari filosofi. Platone sostiene che alla base di essa c’è il riconoscimento da parte dell’uomo di non poter essere autosufficiente e, quindi, di avere bisogno dell’altro per la sopravvivenza. La conseguenza diretta della vita associata è la divisione delle diverse attività e dei compiti per rispondere al meglio alle necessità dell’esistenza di ognuno. Ogni componente della società quindi deve occuparsi solo di ciò che gli compete. Attraverso queste caratteristiche l’uomo come singolo ha potuto arrivare ad una forma primitiva di comunità. Tuttavia i cittadini cominciarono man mano a chiedere più di quel che è necessario per soddisfare i bisogni primari; ciò portò ad una produzione eccessiva di beni secondari e, quindi, ad un disequilibrio sociale che spinse alla nascita di un nuovo ceto: i Guerrieri. Essi avevano i il compito, infatti, di cercare nuove risorse, conquistare nuovi territori e impadronirsi delle ricchezze delle città vicine. I guerrieri, come tu mio caro Adimanto ben sai, portarono alla nascita di un percorso formativo, basato sulla ginnastica e sulla musica, ma non sulla poesia, perché per Platone rovina gli animi, deisoldati o custodi. Questo sistema formativo serviva per dividere a loro volta i custodi in Comandanti, a cui viene insegnata l’arte della dialettica, e i Soldati, la cui unica funzione è quella di eseguire gli ordini. Ora, caro Adimanto, la posizione di Platone su questo tema è chiara ma la mitologia ha un’altra versione dei fatti. Nel mito di Epimeteo e Prometeo viene descritto il volere degli dei nel creare l’uomo e le altre creature con la distribuzione delle virtù per mezzo dei due fratelli. Epimeteo, come ben sai, distribuì tutte le virtù alle creature dimenticandosi dell’uomo e lasciandolo nudo. Il fratello Prometeo, per rimediare, decise di rubare la tecnica a Minerva e il fuoco a Vulcano, guadagnandosi così la pena divina del furto. L’uomo era in grado ora di sopravvivere. Ma, costretto dalle fiere, nacquero le prime forme di vita associata. La decadenza di queste prime forme fu dovuta alla mancanza della scienza politica che permetteva loro di comprendersi e discutere in pace. Adimanto carissimo, mi chiedo quale tesi tu ritieni più adatta al tempo in cui stiamo vivendo? Può esistere un legame ed una coesistenza tra queste due opinioni oggi? Mi piacerebbe sapere come vedi la società moderna e che ruolo ha la giustizia all’interno di essa. Ti ringrazio per avere ascoltato queste mie parole. Aspetto con ansia una tua risposta Un giovane filosofo Menozzi Nicola 4B 13 VIAGGI CREATIVITà VIAGGIO DELLA MEMORIA Lunedì 20 febbraio 2012, la mia classe, la IV F dell’Istituto Liceale “Matilde di Canossa” insieme all’insegnante di italiano, professoressa Palazzo, all’insegnante di diritto, il professore Aicardi, alla classe V del liceo “Gobetti”di Scandiano e alla tutor di Istoreco, Benedetta Storchi, alle ore 00.00 siamo partiti da Reggio Emilia con il pullman 11 della ditta “Til” e alle ore 00.30 da Scandiano con destinazione Cracovia. Durante il viaggio abbiamo dormito, chiacchierato, ascoltato musica, mangiato e fatto tre tappe in tre località diverse. La prima tappa ha avuto luogo in Austria, precisamente a Graz, la seconda tappa nella Repubblica Ceca, precisamente a Brno e la terza presso Cracovia. Dopo ben 18 ore di viaggio, alle ore 18.00 di lunedì 20 febbraio siamo arrivati a destinazione: Cracovia. Stanchi ma contenti abbiamo trovato sistemazione presso l’hotel Chopin, luogo di pernottamento per cinque giorni. Dopo aver sistemato le valigie in camera, alle ore 21.00 ci siamo recati nella sala mensa per consumare la cena. Trascorsa la notte, alle ore 9.00 del 21 febbraio la sveglia di Virginia, la mia compagna di stanza, suona. Un nuovo giorno sta per incominciare. Verso le ore 10.00 ci rechiamo tutti a fare colazione a base di latte, cereali, caffè, the, bacon, yogurt, marmellate varie e croissant. Consumata la colazione, verso le ore 10.30 /11.00 saliamo sul pullman e ci rechiamo presso il centro storico di Cracovia, situato a pochi chilometri 14 dall’hotel. Mattinata libera, infatti ogni studente e insegnante poteva autonomamente o in gruppo visitare, fare compere per il centro storico e mangiare in un tipico ristorante o semplicemente in un fast- food. Nel primo pomeriggio abbiamo iniziato la visita guidata presso il centro storico, la Basilica Santa Maria e il castello di Wawel. Abbiamo visitato la città antica partendo dalla piazza Rynek Glowny con il più grande mercato d’Europa, la zona dell’Università Jagellonica dove studiava Nicolas Copernicus e il leggendario dott. Faustus, la chiesa di Sa nt a M ar ia V er gine “Mariacki” con il famoso altare di Vito Stoss, la collina del Castello di Wawel, alta 288 metri sulla riva del fiume Vistola. Alle ore 18.00 abbiamo fatto rientro in h; alcuni ragazzi della mia classe si sono recati presso la redazione dell’hotel, curata da “Istoreco” per scrivere le loro impressioni sulla prima giornata a Cracovia; mentre il resto della classe si è recata in camera per prepararsi alla cena in un ristorante della città. In questo primo giorno ho potuto visitare una nuova città, nuovi luoghi e nuove tradizioni che mi hanno colpito molto per la loro bellezza e la loro grandezza. Il centro storico di Cracovia l’ho trovato davvero molto bello ma soprattutto molto grande. Trascorsa la notte, alle ore 7.00 del 22 febbraio, suona in ogni stanza la sveglia. Ci prepariamo, facciamo colazione e alle ore 9.00 aspettiamo la guida in hotel per recarci presso il castello di Wawel e la cattedrale. Il Wawel era per secoli un punto di riferimento strategico per il regno polacco. La Cattedrale dei Santi Stanislao e Venceslao del XIV secolo, rappresenta uno dei luoghi di culto più importanti della Polonia e tradizionale luogo di incoronazione dei re nonché il cimitero dei re polacchi. Terminata la visita ci rechiamo a pranzo presso un ristorante nel centro storico; alle 14.00 riparte la visita presso il Ghetto nazista di Podgòrze , il nuovo museo della fabbrica di Oskar Schindler e la farmacia “Sotto l’Aquila” di Tadeusz Pankiewicz, luoghi dedicati ai “Giusti fra le nazioni”. Alle ore 19.00 abbiamo fatto rientro in hotel dove alcuni dei miei compagni si sono recati insieme ai docenti di italiano e di diritto presso la redazione dell’hotel per scrivere sul sito di “Istoreco” le impressioni della giornata, mentre il resto della classe è andata a prepararsi per la serata in un ristorante della città. La parte che mi è piaciuta di più di questa giornata è stata la visita al museo nella fabbrica di Schindler ma soprattutto i luoghi della resistenza ebraica e il monumento commemorativo agli eroi del ghetto. Un’altra notte è trascorsa, alle 5.30 del giorno 23 febbraio suona la sveglia. Questa è la mattinata che da tempo stavamo aspettando, la visita ad Auschwitz. Dopo esserci vestiti con maglioni pesanti, indossato tute felpate, moon boot ai piedi, giacche, sciarpe, guanti e cappelli per proteggerci dal freddo pungente, ci rechiamo a fare colazione. riempire il vuoto che in tutto sesso, ma all’eccezionalità delle questo tempo non sono stata in proprie azioni. grado di colmare. G: Grazie Matilde per aver messo a Da quanto mi dici la società da disposizione il tuo prezioso tempo. cui provieni non è del tutto diffe- M: E’ stato per me un vero piacerente dalla mia. Troppo spesso il re. Non esitare a tornare qualora ruolo delle donne viene sminuivolessi porgermi altre domande ! to,per questo credo che dovrebbero esserci più riconoscimenti nei Chiara Casali, Trisha Ponti, confronti di coloro che lasciano un segno della loro esistenza Dalila Cilfone anche ai posteri. I meriti non devono essere attribuiti in base al 3°B 19 CREATIVITà da una vita che pensavo non mi appartenesse. Ma Gregorio mi ha fatto comprendere che il mio posto era ovunque la Chiesa avesse richiesto il mio aiuto. Tutte le diffamazioni divulgate sul mio conto erano un pretesto per indebolire la mia posizione. G: In tutti questi anni,non ti è mai mancato l’appoggio di una figura maschile stabile come quella di un m a r i t o ? M: Coloro che mi volevano sottrarre il potere mi hanno sempre discriminata per il fatto di non avere un uomo al mio fianco. Ho sempre cercato di fare del mio meglio nel corso della mia esistenza travagliata e ci sono riuscita, anche senza l’aiuto di un marito. Due sono stati i miei matrimoni: il primo con Goffredo il “gobbo” e il secondo con Guelfo di Baviera. Entrambi non hanno avuto un esito felice. Non ho trovato in nessuno dei due la stabilità che cercavo né ho alleviato il mio senso di solitudine grazie ad essi. Non sarebbe stato possibile trovare conforto in rapporti privi di legami sentimentali, basati solo su interessi politici. Ancora una volta ho sacrificato i miei sentimenti in virtù di ciò che era mio dovere fare. G: La sorte del tuo primo marito è nota. Si dice che sia stata tu a commissionare l’omicidio. M: Su questo preferirei non sbilanciarmi più di tanto (Matilde 18 VIAGGI sbuffa).Speravo che col tempo questa storia sarebbe stata rimossa dalla memoria comune. In ogni caso non andavamo d’amore e d’accordo ,questo è vero, ma non sarei mai arrivata a tanto. Le più cospicue erano rivolte ai monasteri. Non ho solo utilizzato il mio denaro in favore della Chiesa ma anche per migliorare la qualità della vita nelle terre in m i o p o s s e s s o . G: A distanza di 900 anni sei ancora ricordata come una figura femminile di gran rilievo. Cosa significa essere una donna che fa tutto ciò nell’epoca in cui v i v i ? M: Di certo è un impegno gravoso, io però ci metto tutta me stessa! Nella vita non ho dovuto solo sopportare la perdita dei miei cari e le conseguenze che ne sono derivate, ma ho anche dovuto lottare contro quelle che sono le barriere ideologiche del mio tempo. Le donne non hanno spazio in un mondo dominato dagli uomini, tuttavia non ho perso occasione per dimostrare il mio valore a prescindere dal mio sesso. Mi rendo conto di essere un po’ la “pecora nera” di una società nella quale essere donna è G : Continui ad essere un simbolo di c o n s i d e r a t o u n d i f e t t o . pace e il tuo nome è spesso accostato alle buone azioni. Diffusa è la leggen- G: Nonostante sia passato quasi un da in cui si narra che tu abbia fatto millennio dalla tua epoca, sei ancora edificare 100 monasteri nei tuoi posse- uno dei personaggi storici che più dimenti. Esiste quindi un fondo di vengono ricordati. Cosa ne pensi del verità ? Oppure è tutta pura fatto che a te sia stato dedicato uno invenzione? dei più importanti licei di Reggio M: (Matilde sorride) Sono lusingata Emilia ? Sapevi che questa scuola è del fatto che mi si attribuiscano l’unico istituto superiore della provintali onorificenze. È vero, ho fatto cia che porta il nome di una donna? costruire molti monasteri, ma M: Sono deliziata dalle tue paroquella di cui stiamo parlando è le ! Sono lieta che i miei sforzi in una vera impresa persino per me! tutti questi anni non siano stati (Matilde si abbandona a una breve vani e siano motivo di vanto per risata). Sono allietata che mi si tutti voi. Il solo pensiero che il ricordi anche per le mie buone mio ricordo riviva nel cuore di azioni. Un modo per concretizza- questa scuola e di ogni suo re la mia fede e per dimostrare la studente, riesce quasi a mia riconoscenza a Dio è stato concedere numerose donazioni. G: Matilde, le tue imprese e il tuo vissuto non sono mai passati inosservati. Molte sono le opere, sculture e poemi, che ti sono stati dedicati nel corso dei secoli. Tra le tante interpretazioni due sono quelle più ricorrenti. La domanda sorge spontanea : ti senti più guerriera o “Filia Petri “ ? M: A dire il vero non mi sento né l’una né l’altra: io sono entrambi! Vita attiva e contemplativa non sono ambiti separati, ma un equilibrio perfetto tra devozione e sacrificio per i propri valori. Non ho pensato ad altro se non al bene dei miei territori,ho fatto ogni cosa necessaria per garantire serenità e stabilità al mio popolo senza mai trascurare la fede. Alle ore 7.30 partiamo con il pullman diretti ad Auschwitz II – Birkenau. Cracovia dista da Auschwitz II circa un’ora e mezza, questo tempo lo abbiamo impiegato a riflettere e a prepararci individualmente su ciò che stavamo per andare a vedere e toccare con mano. All’arrivo iniziamo a rivestirci, mentre ero intenta a infilarmi una manica della giacca rivolgo lo sguardo verso il finestrino, da lontano inizio a intravedere l’enormità di quei campi, mi accorgo di essere arrivata. Dentro di me per un attimo tutto si è fermato, solo lo sguardo era fisso verso quell’orrore indescrivibile. Scendiamo, il freddo pungente, l’aria, la pioggia, il cielo cupo, grigio ci accoglie proprio come tanti anni fa ha accolto milioni di ebrei. Ripercorriamo in silenzio tutte le strade dove sono passati milioni di persone deportate e ci apprestiamo ad entrare all’interno del lager. Una sottile pioggerellina cade sul lager di Auschwitz, sembra quasi volere pulire la barbarie dell’olocausto. Ma sotto quella pioggerellina vi è il sangue di bambini, anziani, donne e uomini, massacrati e torturati da mani assassine. Sangue che ancora non ha avuto giustizia. Non basterà quella pioggerellina che cade dal cielo grigio per pulire quel sangue. Tutto tace, tutto sembra parlare di morte. Abbiamo iniziato la nostra visita da Auschwitz II - Birkenau e non da Auschwitz I, proprio per ripercorrere l’itinerario dei deportati e, anche perché è Birkenau, ancor di più di Auscwitz I, la vera e propria “fabbrica della morte”. Il sottocampo di Birkenau fu costruito, dagli stessi deportati, tra il marzo del 1941 e il febbraio del 1942, nella località di Brzezinka (in tedesco Birkenau), a tre km dal campo principale, allo scopo di potenziare le strutture dell'industria nazista di morte. Abbiamo continuato il nostro percorso camminando lungo le vie all’interno del campo, siamo entrati in una baracca in muratura e siamo rimasti colpiti dal ridottissimo spazio. Le “cuccette”, della dimensione di un letto a due piazze, arrivavano a contenere fino a 8 prigionieri, ammassati l’uno sull’altro. Anche questa compressione dello spazio per muoversi e respirare testimonia la riduzione della persona umana in una bestia. Inoltre, il freddo dell’inverno era insopportabile in quelle baracche dove mancavano i vetri, la stufa non veniva mai accesa; allo stesso modo insopportabile era il caldo estivo che faceva ammalare i corpi. Abbiamo visitato le rovine del forno crematorio, la guida ci ha poi illustrato le varie fasi della “morte programmata” di milioni di esseri umani e i luoghi in cui queste si svolgevano: lo spogliatoio, la camera a gas camuffata da doccia dove venivano ammassati i prigionieri nudi, ignari della sorte che li attendeva, il deposito dei corpi, che poteva contenere fino a duemila cadaveri, i forni crematori. C’era una baracca, detta “Canada”, il cui nome significa ricchezza, dove venivano ammassati tutti i beni sottratti ai deportati avviati verso la morte (vestiti, bagagli, oggetti personali, ecc. .. ), in questa baracca abbiamo potuto vedere solo le foto dei propri cari sottratti ai detenuti. Terminata la visita presso Auschwitz II – Birkenau ci apprestiamo ad andare a pranzo, per ricominciare verso le ore 13.00 la visita presso Auschwitz I. Quest’ultimo è il campo principale, infatti fu il primo a essere realizzato vicino a Oswiecim. La costruzione cominciò nel maggio del 1940 in una ex caserma abbandonata dell’artiglieria polacca. Per poter allargare i confini del campo, le autorità delle SS continuarono ad aumentare il numero di prigionieri da destinare ai lavori forzati. Come molti altri campi di concentramento, Auschwitz I aveva una camera a gas e un crematorio. Inizialmente, gli ingegneri delle SS costruirono una camera a gas sotto al blocco dei prigionieri, il blocco 11. Più tardi, una camera a gas più grande venne costruita come parte di quello che in origine era solo il crematorio, in un edificio separato al di fuori della zona dei prigionieri. Nell’ospedale di Auschwitz I, nel blocco 10, i medici delle SS effettuarono esperimenti pseudo-scientifici su neonati, gemelli, pazienti affetti da nanismo, sottoponendo molti adulti alla sterilizzazione, alla castrazione e a prove di ipotermia. Tra quei medici, il più famoso divenne Josef Mengele. Tra il crematorio e l’edificio destinato agli esperimenti si trovava il cosiddetto “Muro Nero” dove le guardie delle SS effettuarono le esecuzioni di migliaia di prigionieri. Inoltre, all’interno dei blocchi abbiamo potuto vedere i bagni, le camere, i vestiti, i capelli, gli occhiali, le scarpe, le valigie, i teli e le numerosissime foto di milioni di volti di deportati ebrei senza capelli, con il volto pieno di tristezza all’interno di quadretti appesi sui muri delle stanze. Abbiamo visitato le prigioni dove venivano messi i deportati e la cella di Padre Massimiliano 15 VIAGGI Kolbe. Terminata la visita presso Auschwitz I, ci apprestiamo ad andare a visitare la mostra di Marian Kolodzeiej, deportato polacco, famoso pittore e scenografo che dopo la liberazione avvenuta nel 1945 si era rifiutato di raccontare quello che aveva vissuto durante la sua prigionia. Dopo un ictus, all’età di 55 anni, decide di esprimere il dolore della sua storia attraverso disegni, graffiati sul foglio. I detenuti raffigurati nei suoi quadri sembrano urlare e trasportare incubi che purtroppo sono esistiti davvero. Verso le ore 19.00 facciamo rientro in hotel, alcuni miei compagni si recano con i nostri due professori alla redazione all’interno dell’hotel per scrivere sul sito di “Istoreco” le loro emozioni della giornata. Di questa giornata mi hanno colpito molto le foto di quei corpi innocenti, indifesi, nudi, affamati, impauriti, le loro mani tremolanti e la disperazione nei loro sguardi, quelle montagne di capelli, di occhiali, i vestitini di bambini e di adulti resteranno per sempre nei miei occhi, le loro urla, il dolore, il terrore riecheggiano ancora fra noi e non c’è scatola che li possa contenere. Venerdì 24 febbraio, ultimo giorno di permanenza in Polonia. Dopo aver fatto colazione e caricate le valigie sul pullman siamo partiti per Auschwitz II – Birkenau per partecipare alla commemorazione collettiva davanti al crematorio IV. Abbiamo potuto ascoltare un breve riassunto della storia di questi enormi campi raccontata da Mathias, programmatore dei Viaggi della Memoria e alcune riflessioni scritte da ragazzi di varie scuole presenti al Viaggio. Finita la commemora- 16 CREATIVITà zione a ciascuno di noi sono stati consegnati una maglietta del Viaggio della Memoria 2012 e un fiore; quest’ultimo potevamo metterlo nel posto che è stato più significativo per noi. Io l’ho posizionato tra i resti di un forno crematorio non molto lontano dal forno crematorio 4 , per ricordare tutte quelle povere persone bruciate in modo brutale come fossero legna che brucia all’interno di un camino per riscaldare la casa. Infine, individualmente o a piccoli gruppi abbiamo effettuato la visita del campo. Io e la mia compagna Jessica, dopo aver posizionato il fiore nel posto più significativo per noi abbiamo percorso la strada del ritorno verso il pullman lungo l’asse dei binari della ferrovia che penetrava il campo, avendo a destra le baracche in muratura e, a sinistra, il desolante spettacolo dei camini delle baracche di legno distrutte dai tedeschi nella loro precipitosa ritirata davanti all’avanzata delle truppe russe. La giornata di oggi è stata la giornata più significativa per me, poiché nel mio silenzio ho potuto osservare la grandezza e l’enormità di questo campo ma soprattutto immedesimarmi in quelle povere persone che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto percorrevano quel campo senza trovare via di uscita: la libertà, ma solo la via della morte. Superando i cancelli e la scritta “Il lavoro rende liberi”, si sente un vuoto nel cuore. Nel lager di Birkenau, niente pare cambiato: il fango, la ferrovia, le baracche basse, sporche e i tavolacci come cuccette. Niente dà un’espressione gentile al luogo. E’ stato sicuramente un viaggio che mi ha trasmesso moltissime sensazioni ed emozioni che segnano per tutta la vita. Penso che poche persone colpevoli di questi orribili crimini siano state punite, anche se forse una punizione adeguata per questi mostri non ci possa essere, ma solo la speranza che tutto questo non si possa ripetere. Bastardi Elisa 4°F INTERVISTA A MATILDE DI CANOSSA Ecco cosa direbbe la Contessa a e fare anche di meglio. Non poteuna giornalista del 2012 vo permettermi mostrare insicurezza agli occhi di coloro che Mi ritrovai innanzi a un’imponen- volevano sottrarmi il potere. te rocca in pietra bianca. Solo G: C’è stato però un particolare quando vidi Matilde di Canossa momento di incertezza nel corso della avvicinarsi in un sontuoso abito sua vita. Nell’anno 1092 si è tenuto rosso compresi di trovarmi nella un importante incontro presso la rocca fortezza di Canossa. Matilde: “ Chi siete or dunque di Carpineti con i tuoi alleaf a n c i u l l a s t r a n i e r a ? “ ti ;bisognava decidere sul da farsi : Giornalista: “ Sono una giornalista continuare la guerra o interromperla che proviene dall’anno 2012; posso … tu eri propensa alla seconda scelta, porgerVi alcune domande per il giorna- cosa ti ha persuasa a prendere una lino «La Voce di Matilde»?” d e c i s i o n e opposta ? M: “ Non ho nulla in contrario, a M: Le continue lotte interne per il condizione che mi diate del «tu».” potere erano estenuanti e ciò mi G: “Come desiderate Matilde! “ M: “Ehm, ehm …“ ( Matilde si portò a ricercare la tranquillità s c h i a r i s c e l a v o c e ) nella vita contemplativa, che oneG: “Intendevo dire … come desideri, stamente avrei preferito. Tuttavia Matilde.” “Cominciamo quindi l’inter- ho preso coscienza del fatto che v i s t a ” . dovevo agire in nome di Dio e per ( M a t i l d e p r e n d e p o s t o ) il bene collettivo. Ho quindi anteG: E’ noto che dopo la morte dei tuoi posto il mio dovere alle mie esigenitori e dei tuoi fratelli sei rimasta genze personali senza tirarmi mai unica erede di un vasto territorio. indietro sul campo di battaglia. Com’è stato avere sulle proprie spalle il peso di una tale responsabilità? M:Ammetto che non è stato sem- G: Ed è proprio non tirandoti in plice. Non mi sarei mai aspettata dietro che hai sconfitto definitivamendi ritrovarmi a ricoprire un tale te l’imperatore Enrico IV e hai vinto la ruolo. La morte dei miei familiari g u e r r a … ha segnato per sempre il mio de- M: Ah …(Matilde sospira) Quella stino. Non contava ciò che volessi guerra! Rammento perfettamente. fare della mia vita, contava solo adempiere all’incarico che mi era Tutti i tentativi di riconciliazione stato così inaspettatamente affida- tra Papa e Imperatore sono stati to. Inoltre essere una donna non vani. Persino l’incontro a Canossa ha di certo reso più facile questo di quel 28 gennaio 1077 non ha compito… fatto altro che rimandare una G: Quale fu la reazione dei tuoi conguerra inevitabile. I miei territori t e m p o r a n e i ? hanno fatto da sfondo a scontri M:Tutti si aspettavano da me ciò che “ai miei tempi” sarebbe stato cruenti, durante i quali ho perso in grado di fare solo un uomo ed molto dei miei alleati. Enrico IV è io dovetti comportarmi come tale stato davvero il più temibile dei miei nemici. Nonostante ciò la vittoria è stata possibile ; non solo disponevamo di coraggio e di determinazione per continuare a lottare, ma anche di inespugnabili fortezze e di uomini valenti. La conoscenza di territori così ostili ci ha garantito una posizione di vantaggio rispetto ai nemici. G:Proprio in questo scontro hai perso i tuoi alleati più cari. Com’è stato ritrovarsi sola per l’ennesima volta in un momento così critico ? M: In quegli ultimi anni gli unici miei punti di riferimento furono papa Gregorio VII e il vescovo Anselmo da Lucca. In seguito alla loro scomparsa il vuoto che si era creato dentro di me non fece che aumentare. Mi sentii abbandonata a me stessa, ma non al punto di a r r e n d e r m i . In me c’è sempre stata la fede; la consapevolezza di battermi per essa è stata una delle ragioni che mi hanno portata a non fermarmi di fronte alle avversità. G: Si dicono molte cose riguardo al rapporto tra te e il papa, come sono andatati veramente i fatti ? M: E’ vero, ne hanno dette di tutti i colori su me e Gregorio VII, ma il nostro è stato un semplice rapporto di amicizia. È stato sempre grazie ai suoi consigli che ho preso le decisioni giuste. Volevo ritirarmi in convento per dedicarmi alla preghiera e fuggire 17