Anno VI - Numero 2

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Anno VI - Numero 2
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La
Anno 6, numero 2
Anno scolastico 2011/2012
GIOCHIAMO IN PEDIATRIA
LICEO
“MATILDE
DI CANOSSA”
PROGETTI
Da p.1 a p. 6
CULTURA
Da p. 7 a p. 13
VIAGGI
Da p.14 a p. 16
CREATIVITA’
Da p.17 a p. 27
RECENSIONI
Da p.28 a p. 29
CRONACA
A p. 30 a p. 31
A cura di:
Bondi Martina,
Sassi Francesca
Coordinatori:
Melli, Palazzo
Giochiamo in pediatria
è il progetto di Leva
Giovani che ha coinvolto
la classe IV G spp
dell’istituto Liceale Matilde di Canossa in collaborazione con l’associazione Casina dei Bimbi,
il servizio Officina
Educativa del Comune di
Reggio Emilia e il
reparto di Pediatria
dell’Arcispedale Santa
Maria Nuova.
Prima di iniziare il
progetto, la classe ha
frequentato le otto ore di
formazione pomeridiana
necessarie per l’inserimento in Pediatria durante le quali è stata presentata l’Associ azione
Casina dei Bimbi e l’intenzione di dedicarsi alla
parte sana dei bambini
malati (alla parte malata
ci pensano i dottori).
Il progetto ha compreso
un periodo piuttosto
lungo, dal 16 gennaio
alla fine di maggio, per
un totale di circa 800 ore
di servizio. La classe ha
garantito una copertura
settimanale dal lunedì al
sabato pomeriggio più
ogni prima domenica del
mese, organizzandosi in
gr up pi di du e /t r e
volontari per ogni turno,
della durata di due ore,
sempre affiancati dalla
Tutor.
L’obiettivo principale del
progetto riguarda il miglioramento
degli
ambienti dedicati ai bambini ospedalizzati. Con
l’ingresso della classe in
Pediatria, l’atteggiamento
dei bambini nei confronti
dell’ospedale è diventato
molto più positivo.
Dando loro l’opportunità
di giocare, si è cercato di
creare un luogo quanto
più possibile simile alla
loro vita “normale”. In
sala giochi si sono organizzate attività di animazione come laboratori
manuali, giochi organizzati, giochi di società.
Non tutti i bambini potevano entrare in sala
giochi per diversi motivi
(malattie infettive, flebo,
ossigeno..) per cui si è
cercato di giocare anche
con i bambini allettati in
stanza, in modo che tutti
potessero usufruire del
servizio.
La funzione dei volontari
non è stata solo quella di
intrattenimento dei bambini, ma anche di sostituzione dei genitori all’occorrenza. Oltre ai turni
quotidiani in Pediatria, la
classe ha partecipato ad
alcuni eventi extra,
quali : la Notte dei
racconti in ospedale e
Reggio Narra.
In generale i risultati
sono stati il miglioramento del servizio di volontariato offerto dalla sala
giochi in quanto, essendo
i turni coperti da più
volontari, si sono riusciti
a raggiungere più bambini e l’estensione del suo
orario di apertura.
Confrontando le diverse
esperienze è emerso che
ciò che ha dato maggiore
soddisfazione ai volontari
è stato il forte legame che
si ha avuto l’occasione di
instaurare con i bambini
durante i turni. Difficoltoso è stato il momento
iniziale in cui si è dovuto
“rompere il ghiaccio”
soprattutto con i bambini
più piccoli che sono
maggiormente legati alle
figure
genitoriali.
Si è trattato di un’esperienza gratificante e sensibilizzante
che,
nonostante abbia richiesto tempo ed impegno,
dovrebbe essere riproposta ad altre classi.
Rebecca Montanari
4°G
1
PROGETTI
SOMMARIO
I LIBRI (PER RAGAZZI )CHE HANNO FATTO
PAGINE
LA STORIA D’ITALIA
Dal burattino più famoso del
mondo ai vampiri di
Twilight, il meglio della narrativa
mondiale per ragazzi.
Chi di voi non ha mai letto
“Le avventure di Pinocchio”?
Oppure il libro “Cuore” di De
Amicis? Facciamo una rassegna
dei libri per ragazzi degli ultimi
due secoli. Partiamo dagli anni
che seguirono l’Unità d’Italia.
“C’era una volta Geppetto, la fata
turchina, il gatto, la volpe…
Di sicuro avrete capito di chi sto
parlando! “Pinocchio”, di Collodi, considerato il libro italiano
più famoso del mondo. Ma la
vera storia di Pinocchio in pochi
la conoscono. La curiosità vi
spingerà a leggerlo. Non perdiamoci nei dettagli; continuiamo
con altri libri… Passiamo al
libro “Cuore”. Fu un grande successo e il suo scopo era di educare i giovani con sani principi.
Però, i giovani oltre che all’educazione, devono pensare anche al
divertimento, siete d’accordo?
State tranquilli ci ha pensato
Emilio Salgari che, con i suoi
romanzi di avventura e di fantascienza ha lasciato “viaggiare” la
fantasia dei ragazzi. Nel periodo
della Prima Guerra mondiale
esce “Il giornalino di Gian Burrasca” il diario di un bambino
indisciplinato che oggi chiameremmo “Monello”.
Avete presente un disegnino di
persone che parlano dentro le
nuvolette? Ebbene, proprio in
2
quegli anni direttamente dagli
USA, arriva il fumetto! Beh!
Diciamo che il fumetto ha proprio rivoluzionato la storia dei
libri. Aspettate, in lontananza
vedo un’isola? Ah si! E’ l’isola
che non c’è! In pratica la storia
di Peter Pan e dei suoi fratelli.
Attenti a farlo leggere ai vostri
figli, non vorranno più crescere!
Andiamo avanti con gli anni…
Vi dice qualcosa la parola fascismo? In questo periodo la maggior parte dei libri è sottoposta a
censura, per fare spazio al “libro
e moschetto, fascista perfetto”
subito dopo la seconda guerra
mondiale arriva qualcosa di nuovo, un libro di cui sicuramente
alcuni di voi, a casa, avranno la
collezione: Tex.
Chi di voi non ne ha mai letto
uno?
In Italia poco dopo giunge il
colosso dei film d’animazione: la
Disney con celebri personaggi
come “Topolino”.
Due trecce rosse, una scimmia di
nome Nilson e un cavallo di nome Zietto. Ma certo, sto parlando
di “Pippi Calzelunghe” che negli
anni Sessanta ha prodotto una
vera rivoluzione. Andiamo avanti… Arriviamo agli anni Settanta. E qui tra supereroi (come
Capitan America, Superman e
tanti altri) e i primi cartoni animati giapponesi, c’è l’imbarazzo
della scelta.
Continuiamo con gli anni Ottanta. Vi mostro il catalogo degli
horror: Dylan Dog. Un personaggio strano che però ha fatto la
storia degli orrori.
Siamo arrivati a un periodo più
recente, gli anni Novanta. Pensate che adesso parliamo di PS3,
ma quando sono nati i primi videogame? Si, proprio in questi
anni. Da Lara Croft a Mario Bros
tutto un divertimento. Sempre
negli anni Novanta è nata una
famiglia un po’ bizzarra: i Simpson. Ora con le sue facce gialle e
i capelli “al vento” questa famiglia è famosa in tutto il mondo.
Siamo giunti alla fine: gli anni
Duemila. Si parte da un topo un
po’ fifone, Geronimo Stilton
oppure quei libri per teenager resi
poi famosi da film come “Tre
metri sopra il cielo” o “Twilight”.
Ma non ci scordiamo il libro
quarto in classifica per aver venduto più copie al mondo: Harry
Potter.
Questi libri certamente hanno
fatto la storia dei ragazzi degli
ultimi due secoli, li hanno accompagnati nella loro crescita e
di sicuro resteranno nei nostri
cuori.
Se per caso vi state annoiando:
leggete! Il tempo vi passerà molto più velocemente.
Deborah Boccia
2°O
TITOLI
1
Giochiamo in Pediatria
2
I libri (per ragazzi) che hanno fatto la storia d’Italia
3
Magia dei libri
4
“Libero Grassi” contro la mafia
5
Al centro Ariosto sociologi per un giorno
6
La scuola ci riguarda tutti
7
La città ideale secondo Platone
8
Il mito della caverna in Cina
9
2012: esiste ancora il “proletariato”?
10
Platone, l’anima, la città e la giustizia
11
Dialogo fra Platone e Aristotele sulla teoria del buono in sé
12
Lettera a Platone
13
Lettera filosofica
14-15-16
Viaggio della memoria
17-18-19
Intervista a Matilde di Canossa
20
Finché durerà
21
Ieri al bar vicino a casa mia
22
Il tuo sangue è una melodia
23
Non sarà mai un ponte
24-25
Intervista a Sepulveda
26-27
Non lasciarmi mai sola
28
“Oscar e la dama in rosa”
29
Recensione del libro “Lo strano caso del Dottor Jekyil e Mr Hyde”
30
“Rusco è bello” al Polo, Ecostudenti
31
CRONACA
PROGETTI
“RUSCO” E’ BELLO AL POLO
Si chiama “Rusco è bello” il
progetto di cui fa parte
l’iniziativa odierna organizzata
dagli studenti del Liceo
Canossa di Reggio Emilia, che si
è svolta Lunedì 7 al mattino.
Muniti di pinze,
sacchi , rastrelli, guanti e
cappellino; coordinati da alcuni
tecnici di IREN e da alcune alunne del cosiddetto ECO STAFF,
oltre 80 studenti del biennio e del
triennio si sono avvicendati alla
fine dell’orario regolare delle
lezioni nella raccolta dei molti
rifiuti presenti attorno agli edifici
scolastici del Polo di Via
Makallè, raccogliendo i resti
delle stesse merende dei ragazzi,
nonché materiale ingombrante,
bottiglie di vetro e plastica per un
volume di due dozzine di sacchi
colmi di rifiuti.
Un’iniziativa certamente
LA MAGIA DEI LIBRI
lodevole e realizzata con grande
entusiasmo per sensibilizzare gli
alunni e le alunne al rispetto del
bene pubblico educandoli al contempo alla conoscenza delle
norme di pulizia ambientale.
Da ripetere ogni anno, con la
collaborazione di colleghi ed ente
pubblico.
Il docente responsabile
Prof. Guido Barbieri
ECOSTUDENTI
Probabilmente non salveremo il
mondo (o, forse, nel nostro
piccolo, sì!), ma ciò che conta è
che tutti noi studenti il giorno
sette Maggio 2012 ci siamo ritrovati per pulire il Polo Scolastico
prendendo un nobile impegno.
Non so cosa fosse più emozionante, se i cappellini rossi che
non molti volevano mettere, i
rastrelli, i guanti oppure le pinze..
.A mio avviso, le pinze! Hanno
suscitato molto entusiasmo, devo
dire. Ma concentriamoci su cose
più importanti, ad esempio la
suddivisione dei gruppi nelle
diverse zone del Polo Scolastico;
eravamo dappertutto, ci siamo
diffusi come un virus in ogni
angolo, sotto gli alberi, tra le
migliaia di scooter, dietro e davanti alle scuole. Eravamo instancabili, come tante formiche laboriose e tanti soldati coraggiosi
uniti per salvare quel minuscolo
pezzo del nostro mondo. Abbiamo trovato di tutto. Smalti,
pacchetti di sigarette, carte di
snacks, volantini di discoteche e
altre cose che non ho il coraggio
di menzionare. Inizialmente pen-
30
savo che non venisse molta gente, forse perché al giorno d’oggi
non sono molti quelli che
accettano di impegnarsi per qualcosa che apparentemente non li
riguarda. Ma, pensandoci, quanto
NON li riguarda l’ambiente?
Penso che tutti quelli che si sono
offerti per questo progetto,
abbiano un minimo riflettuto su
quello che è il loro pianeta e su
quanto sia in pericolo. Gli organizzatori devono essere molto
fieri di ciò che hanno fatto e di
ciò che hanno ottenuto, perché è
una bella soddisfazione vedere
che qualcuno si impegna per
qualcosa di importante. Insomma,
sono fiera di me e di tutte quelle
persone che hanno contribuito a
migliorare il luogo in cui
passiamo la mattinata.
Per concludere, noi forse non
faremo la differenza ma siamo
differenti da tutti quelli che
passano il tempo ignorando i
problemi che abbiamo.
Patrizia Catania I°S
Era il sei Marzo quando
abbiamo “deciso” di addentrarci nella selva oscura dei
libri con il Progetto Trama di
Parole. Questa selva era la
Biblioteca Panizzi. Cos’abbiamo trovato? Una donna capace di far amare una storia anche a chi un libro non lo guarderebbe nemmeno da lontano.
Ho raccolto impressioni e
aggettivi dai partecipanti per
descrivere quest’esperienza,
ma tutti mi sembravano d’accordo tra loro. La nostra lettrice era un’attrice, ciò le permetteva di rendere le storie
reali, di vedere Oscar che
bacia “la Cinese” davanti a te
(in Oscar e la dama in rosa),
guardare l’espressione terrorizzata di Luca mentre un
pover’uomo brucia (in Io come te), vedere la vicina di
casa “un po’ strega” di Thomas (in Il libro di tutte le cose), sentire il signor Rosso che
urla: Negri!- (in Amiche per
la pelle) e immedesimarsi
nella tristezza di un ragazzo
che rivive grazie alla musica
(in La mia storia con Mozart).
La nostra lettrice accompagnava la storia con gesti, intonazioni di voce che facevano
sentire i personaggi vicini, il
tempo si fermava ad ogni parola che pronunciava, e un’ora passata ad ascoltare sembrava un attimo. Trasmetteva
emozioni, felicità, voglia di
scoprire e curiosare tra le pagine. Si fermava in un punto
fondamentale e ci invitava a
leggere e scoprire come sarebbe finita quella storia: ci faceva sognare ad occhi aperti. La
nostra lettrice era i suoi libri.
Noi eravamo il pubblico,
ascoltavamo, ridevamo, sussultavamo e, a volte, quasi ci
commuovevamo nel sentire
ciò che quelle pagine avevano
da dire. Tutti sono stati catturati dalle pagine di quei libri,
tutti appena usciti dalla biblioteca volevano leggerli, i meno
appassionati per scoprire i
diversi finali, i più appassionati per rivivere le emozioni
che solo i libri possono dare.
Penso, anche se non credo di
essere l’unica, che questa sia
stata una delle uscite più costruttive che abbiamo mai
fatto. Non solo perchè leggere
libri è indice di intelligenza,
ma perchè quel fatidico sei
Marzo molti hanno capito
cosa voglia dire dare ad un
libro la possibilità di fare riflettere, far sognare, far capire
cose che fino ad allora sembravano incomprensibili e
rendere migliori sotto molto
aspetti. Vi consiglio di provare quest’esperienza, se amate i
libri come me: usciti da quella
porta li amerete ancora di più,
così come sono; se i libri non
vi piacciono invece, imparerete a dar loro una possibilità. In
ogni caso, aprite gli occhi, la
mente e fatevi catturare.
Catania Patrizia
1° I
3
PROGETTI
RECENSIONI
RECENSIONE DEL LIBRO “LO STRANO CASO
DEL DOTTOR JEKYLL E DEL SIGNOR HYDE “
“LIBERO GRASSI”
CONTRO LA MAFIA
racket ovvero, alla richiesta
del pizzo da parte dei mafiosi.
A ciascun allievo, è stato assegnato un ruolo da interpretare
in un video di pochi minuti, il
quale è stato poi inviato via email agli organizzatori del
progetto. Il filmato consiste
nel paragonare l’ atteggiamento di un cittadino “qualunque”
a quello di un mafioso, all’
esame di maturità. Il cittadino
svolge l’esame in maniera
ordinaria. Il momento più significativo della scena, arriva
quando lo studente mafioso
entra nell’ aula in cui si tiene
l’esame; infatti, egli si siede e
con aria autoritaria tira fuori la
pistola, l’appoggia sulla cattedra e con tono minaccioso
impone ai prof: << Ottanta, o
di più>>. A quel punto, tutto il
resto della classe si alza e con
Libero nel nome.
tono liber atorio gr ida:
“Non sono un pazzo, sono
<<NO!!!>>.
un imprenditore e non mi
Le scuole che in tutta Italia
piace pagare. Rinuncerei
partecipano al progetto, sono
alla mia dignità. Non
132. Le scuole di Reggio E.
divido le mie scelte con i
(oltre alla nostra) che vi hanmafiosi.”
no partecipato, sono state: lo
Libero Grassi
Scaruffi -Levi- Tricolore, la
Fermi-Manzoni, l’Ariosto, lo
Spallanzani e il Moro.
Ai vincitori del progetto verrà
assegnato un soggiorno in
Sicilia, più precisamente a
imprenditore siciliano che nel Palermo, della durata di tre
1991 è stato ucciso da Cosa giorni. Quello che dovrebbe
nostra, perché si oppose al colpire maggiormente però,
La classe 4^D, dell’Istituto ex
– Magistrale “Matilde di
Canossa”, ha partecipato ad un
progetto che si tiene a livello
nazionale. Il progetto, si
chiama “Adotta un articolo
della Costituzione”, in
memoria di Libero Grassi,
4
non è tanto il premio
assegnato per questo lavoro,
bensì l’impegno che queste
classi hanno impiegato per
contribuire (anche se
minimamente) alla lotta contro
la mafia.
Scala Marina
4°D
Siamo ad Edimburgo.
Le strade di notte sono
completamente deserte. Ma
in queste strade cammina un
“nano dall’andatura
animalesca”.
Lo stimato dottor Jekyll,
segretamente, ha scoperto la
formula che gli permette di
dividere la sua parte buona da
quella cattiva. Il rischio è
molto alto, Jekyll lo sa, ma
beve comunque la pozione. Il
protagonista è un uomo combattuto, intrappolato nello
stereotipo di dottore dai sani
principi e dai modi impeccabili. Ma è un uomo solo? O
sono due? Edward Hyde è la
sua parte malvagia, un
“uomo” basso, giovane e
meno sviluppato fisicamente,
il suo volto terrorizza al primo sguardo, la malvagità gli
si legge in faccia. Durante la
vicenda, nutre dubbi
Mr Utterson, l’avvocato amico di Jekyll, che, con l’aiuto
di Pool, fidato maggiordomo
di casa Jekyll, svela ogni mistero.
Questo è un romanzo
psicologico di Robert Stevenson che racconta la storia
di un medico che, facendo
degli studi, capisce che ogni
individuo possiede due personalità differenti, una buona e
una cattiva. Da quel momen-
to, è tormentato dal desiderio
di creare una sostanza che sia
in grado di riportare alla luce
l’identità nascosta di ogni
uomo. Dopo vari tentativi,
riesce nella sua impresa e,
bevendo la pozione, finalmente conosce il signor Hyde. Il malvagio. Una notte
però, inizia ad avere delle
strane reazioni, sente delle
fitte terribili allo stomaco e
avviene la trasformazione,
che lo rende irriconoscibile.
Si ritrova davanti un uomo
malvagio, che non riesce più
a gestire e che compie gesti
crudeli. Grazie ad un antidoto
però è possibile ritornare in
sé, perdendo tutte le caratteristiche negative, almeno così
sembra. Ma con il passare del
tempo, Jekyll si rende conto
di come la personalità cattiva
e quella buona stiano lottando
tra loro. Il signor Hyde inizia
a commettere dei crimini, è
ingestibile, aggressivo, e mette nei guai il dottor Jekyll che
era sempre stato un uomo di
sani principi, una persona
tranquilla. Disperato, il dottor
Jekyll decide di assumere una
dose più alta rispetto al normale, per far emergere la sua
parte migliore. Per evitare di
ricadere in tentazione, distrugge i suoi appunti sulla
pozione e rompe le chiavi del
suo laboratorio.
Il tentativo di “uccidere” la
sua parte malvagia sembra
funzionare, ma non è così.
Dopo qualche mese, Hyde si
ripresenta, e Jekyll capisce
che non ci sono più alternative per riparare al danno.
Consiglio questo libro
perché mi ha fatto riflettere
In fondo tutti hanno una duplice personalità e non si parla solo di “buono” o
”cattivo”, ma anche di aspetti
caratteriali.
Inoltre, è scritto molto bene e,
anche se, a volte, ci si deve
soffermare su alcune pagine,
è semplicemente perché possono avere talmente tanti
significati, che si sente il bisogno di coglierli tutti.
Catania Patrizia
I°I
29
RECENSIONI
PROGETTI
“OSCAR E LA DAMA IN ROSA”
Il romanzo “Oscar e la dama in
rosa” è un libro di EricEmmanuel Schmitt. Tratta di un
bambino di dieci anni malato
gravemente di leucemia che,
nonostante la malattia, riuscirà a
reagire e a vivere la sua condizione con coraggio, grazie ai
cari insegnamenti della “dama in
rosa”, che lui stesso, però, chiamerà “nonna Rosa”. La buona
signora gli consiglierà di instaurare un buon rapporto con Dio
scrivendogli giorno dopo giorno
delle lettere, in cui il bimbo
potrà esprimere un solo desiderio al giorno. A riguardo avviene
un bel dialogo tra Oscar e la
cara signora: <<E poi a Dio puoi
domandare una cosa sola al
giorno. Attenzione! Una sola.>>
<<E’ una nullità, il suo Dio,
nonna Rosa. Aladino aveva
diritto a tre desideri con il genio
della lampada.>> <<Un desiderio al giorno è meglio di tre in
una vita, no?>>
Oscar accetta la situazione ma
continua a non capire che cosa
esattamente dovesse chiedere a
Dio e nonna Rosa gli spiega che
può chiedere solo “cose dello
spirito”. Così inizia subito con
un desiderio che è il principale,
in questo caso, se guarirà … Il
giorno seguente i genitori del
bambino si recheranno in
ospedale, cosa strana . Il ragazzino li seguirà nello studio del
dottore e sentirà la triste verità.
In seguito i genitori non avranno
il coraggio di andarlo a trovare,
per questo Oscar comincerà ad
odiarli, ma ,esattamente la Vigilia di Natale a casa di nonna
Rosa ripristinerà i rapporti con
loro.
28
In seguito ci saranno molti altri
dialoghi significativi e profondi.
<<A partire da oggi, osserverai
ogni giorno come se ciascuno
contasse per dieci anni.>>
Questa frase è stata detta da
nonna Rosa, verso la metà del
romanzo: la signora propone al
bambino di vivere ogni giorno
come se valesse dieci anni, in
modo da poter vivere la sua vita
anche da adulto, nei pochi giorni
che gli rimangono. In questo
modo Oscar, innamorato di una
bambina dell’ospedale, Peggy
Blu, potrà, ovviamente per finta,
sposarsi e passare molte giornate
con lei, finché non sarà guarita e
non lascerà l’ospedale. Successivamente i due bambini leggeranno insieme un “Dizionario medico” ma Oscar non troverà le
parole che gli interessano, cioè
“vita”, “morte”, “fede” e “Dio”,
quindi chiederà spiegazioni a
nonna Rosa che gli dirà: <<Le
domande più interessanti rimangono domande. Avvolgono un
mistero, a ogni risposta si deve
associare un “forse”. Sono le
domande senza interesse ad
avere una risposta definitiva. Per
vita ci sono parecchie soluzioni
quindi nessuna soluzione>>
Oscar semplicemente risponde:
<<Quello che penso io, nonna
Rosa, è che l’unica soluzione
per la vita sia vivere.>> Quest’ultima frase fa capire benissimo quanta voglia di vita e coraggio abbia dentro di lui : pur
essendo piccolo ha capito già
che la vita è preziosa e che va
vissuta. Nel romanzo Oscar
noterà più volte l’espressione
cupa e seria sul volto del suo
medico, per questo un bel gior-
AL CENTRO ARIOSTO
no, senza alcun timore, gli dirà:
<<Non è Dio Padre. Non è lei a
comandare alla natura. Lei è
solo un riparatore.>> A queste
parole il dottore comprese che
purtroppo nel suo lavoro non
poteva dare sempre buone notizie, così facendo il bambino
riuscì persino a strappare un
sorriso al medico. Il giorno seguente, però, Peggy Blu dovette
lasciare l’ospedale, perché guarita e Oscar, a causa della malattia, cominciò a perdere le forze.
Due giorni dopo a centodieci
anni, immaginari, Oscar morì e
l’ultima lettera a Dio venne
scritta da nonna Rosa. Fin da
principio Oscar era indifferente
alla questione di credere in Dio,
anzi addirittura lo paragonava a
Babbo Natale, ma alla fine il
bambino finirà per crederci davvero. Lascerà scritto un biglietto
sul suo comodino: <<Solo Dio
ha il diritto di svegliarmi.>>
Oscar e la dama in rosa,
secondo me, è un libro forte,
intenso e pieno di vita ma, allo
stesso tempo, anche molto
ironico, perché nonostante il suo
triste destino, Oscar riuscirà ad
affrontare tutto con semplicità e
purezza.
Boccia Anna
I°I
SOCIOLOGI PER UN GIORNO
Vi sono discipline il cui
studio è necessariamente
legato, oltre che ad una riflessione teorica, anche alla ricerca del riscontro nel reale
dei
contenuti appresi. In
particolare, le materie delle
Scienze Umane, non possono
che ini ziare la lo ro
elaborazione sulla base di
un'osservazione sperimentale.
La Sociologia ne è un esempio: la comprensione del
mondo sociale richiede un
continuo dialogo fra le basi
teoriche e la
concreta analisi dei fatti, in quanto solo
questo scambio produttivo
consente una visione attendibile della realtà. Dunque, le
nozioni fornite dai libri di
scuola, dovrebbero essere
intese come uno stimolo a
ricercare un confronto con
l'esterno, e non dovrebbero
limitarsi a se stesse. Con questa idea è stato attivato il progetto sociologico che ha impegnato la 4G in diretto contatto con i meccanismi sociali
oggetto di studio. L'attività si è svolta nel
centro
commerciale Ariosto, e prevedeva un'osservazione attenta e capillare di alcune delle
dinamiche interne al luogo:
in veste di sociologi è stato
necessario assumere un'ottica
di interpretazione oggettiva e
scientifica. L'imparzialità
infatti, è una delle caratteristiche fondamentali del sociologo, il quale, per non
compromettere l'esito dell'esperienza, deve evitare di
incorrere in riflessioni
personali. Da quest'analisi, si
è giunti a capire quanto in un
ambiente sociale, nulla sia
casuale, ma frutto di un attento studio che induce l'individuo superficiale a determinate scelte,
consumistiche
e non solo. Assumere un
atteggiamento di distacco
rispetto l'ambiente esterno,
così come voleva il progetto,
consente di prendere coscienza delle tendenze emotive
che ci spingono a determinate
scelte, senza esserne consapevoli. La prospettiva tipica
del sociologo, dunque, deve
essere fatta propria, così da
rendersi persone attive e
responsabili dei propri
comportamenti.
Ponticelli Sara Caterina
4°G
5
CREATIVITà
PROGETTI
LA SCUOLA CI RIGUARDA TUTTI
IL 10 marzo si è tenuto
presso l’Università di Reggio
Emilia un convegno intitolato
“ La scuola ci riguarda tutti”.
Non è stato il solito convegno
dove bisogna stare solo
seduti su una sedia ad ascoltare qualcun altro mentre
parla : qui abbiamo avuto la
possibilità di poter interagire
con i
referenti che ci hanno fatto
provare direttamente su di noi certi argomenti.
Il convegno è iniziato intorno
alle 8.30 e, appena superati i
cancelli dell’Università , una
maestra e altri tre referenti ci
hanno fatto partecipare ad un
“risveglio mattutino” tipico
della scuola staineriana.
Dopo esserci messi tutti in
cerchio, abbiamo potuto
osservare come i bambini a
scuola, grazie a certi esercizi
motori e mentali, potessero
imparare,senza rendersene
conto, le tabelline o altri
argomenti.
In questo modo si è potuto
dimostrare quanto il gioco
possa diventare utile per poter coinvolgere ed insegnare
ai bambini certe cose. Finito
il “risveglio”, siamo saliti al
secondo piano e abbiamo
assistito alla recita intitolata “
Io sono uno scarabocchio e
tu?”: spiegava come profes6
sori e maestri etichettino gli
alunni prima di conoscerli,
senza ascoltare chi sono realmente. Durante il convegno si
potevano visitare alcuni laboratori. Sono riuscita a partecipare soltanto ad un laboratorio riguardante la scuola
staineriana. E’ stato molto
interessante poter ascoltare
una maestra mentre ci raccontava che cosa c’era di
diverso tra una scuola
comunale e una staineriana.
Quest’ultima è abbastanza
diversa dalla “nostra”.
In questa scuola è molto
importante l’aspetto psicologico del bambino e lo si
aspetta nel momento emozionale più opportuno per insegnargli a leggere e ad affrontare certi argomenti. Si
ascolta il bambino e i maestri gli
vengono incontro:
cosa che nelle nostre scuole
avviene poco. E’ stato interessante vedere
come le
emozioni dell’alunno siano al
primo posto e
tutto ruoti
intorno ad esse.
In questa scuola gioca un
ruolo molto importante anche
l’arte… i quaderni degli alunni non hanno righe e sono
tutti decorati e disegnati: in
q uesto mo do po sso no
emergere le emozioni del
bambino e capire ciò che sta
accadendo dentro di lui.
Questo convegno ci ha fatto
riflettere su come, per molti
ragazzi, insegnanti e non
solo, la scuola debba essere
un luogo di scambio, di dialogo e di opportunità dove si
può imparare a vivere in modo sereno (gli uni con gli
altri) senza sentirsi diversi o
inferiori agli altri a causa
della scuola e della schematizzazione degli alunni.
Al giorno d’oggi è importante
avere una scuola che sia
nostra e che ci ascolti!
– Concluse guardando ancora la finestra, con gli occhi
umidi – c’è ancora la famosa
scintilla?Quando si girò, l’uomo non c’era
più.
Catania Patrizia
1°I
Non lasciarmi
Sassi Francesca
4°G
SOLA
27
CREATIVITà
CULTURA
NON LASCIARMI SOLA
Jane guardava intensamente fuori
dalla finestra, pensava. Cosa
avrebbe dovuto fare?
Mi scusi?
-Ehm.. Oh sì, scusi! Mi dica.
Un uomo alto, con i capelli scuri,
la guardava con i suoi grandi
occhi azzurri e sorrideva.
La vedevo assorta, sa? Allora pensavo che le andrebbe.. non so.. un
caffè?
-Scusi, non vorrei smorzare
il suo entusiasmo, ma..
siamo in un bar. Cosa
crede che faccia qui?
-Non saprei, si possono fare
molte cose qui!Detto questo, l’uomo prese una
sedia e si sedette. Jane era seccata, lui se ne accorse.
Scusi, non volevo essere
invadente. Ho scelto il
giorno sbagliato per
fare la sua conoscenza?
A proposito, posso
darle del “tu”? E poi
come ti chiami?
-Senta, cos’è lei, un giornalista? E poi non le ho
detto che può darmi del
“tu”.- Era seccata, molto.
Non volevo offenderti.Sorrideva.
Non lo ha fatto.
- Jane si sentiva vuota. Non
riusciva a guardarlo e
sorridere, il dolore era
troppo forte. Ma voleva
provarci. Si girò. L’uomo era moro, occhi
azzurri, carino ma non
troppo, leggermente
troppo ottimista per
quella giornata che a lei
26
pareva così grigia. Da
quando era uscita da
quell’ospedale, era
tormentata.. Per un
momento pensò persino
di confidarsi con
quell’uomo sconosciuto
che sembrava morbosamente felice. Ma ci
ripensò. E poi chi era
quell’uomo? Come si
chiamava? Era tentata
di chiederglielo. Poi
riuscì nella sua impresa, sorrise.
Ehi ma hai sorriso! Allora
ho qualche possibilità.
Beh.. cos’è che ti turba
così tanto?
-Glielo ripeto, non le sto
dando confidenza! E
comunque non penso
che lei sia la persona
più indicata per
parlarne.
-Senti, tu mi piaci ok? Sono
due settimane piene che
vengo qui e ti guardo
da quello sgabello,indicò uno sgabello
poco distante – non ho
intenzione di mollarti
qui senza il tuo
numero! Non sono uno
stalker, ma una donna
così bella è sprecata da
sola con un caffè
macchiato.- Sorrideva
ancora.
Accidenti! Jane si trovava un po’
in trappola. Doveva alzarsi,
pagare e andare via oppure dirgli
tutto? O forse non doveva
rispondere? Decise.
Senta, le piaccio davvero
così tanto?
-Oh
sì, più di quanto
immagini. Lo vedo nei
tuoi occhi, vedo che
potresti essere quella
giusta. Penso.. Sì,
penso ci sia stata una
scintilla.
-Jane lo guardava con aria
interrogativa. Diceva la
verità? Difficile ma
possibile. Credere
nell’amore a prima
vista? Beh, sì, lei lo
aveva sempre fatto.
Perchè no? Rischiamo.
Si girò verso la finestra
per non doverlo
guardare negli occhi.
Bene, allora le dirò tutto.
Stamattina sono andata in
ospedale, ho il cancro. Potrei fare le cure, ma non
sarebbe un grosso guadagno
penso. Ho deciso di aspettare la mia fine così, credendo
che un miracolo possa salvarmi, oppure, ora so che la
mia fine è vicina, quindi
potrei fare tutto ciò che
voglio senza curarmi delle
conseguenze. Sono sola,
completamente; ho una
sorella ma vive lontano.
Ho un gatto, però penso che
mi ami talmente tanto che
morirebbe insieme a me.
Ho vent’anni e non ho
sfruttato la mia vita al
massimo. Volevo diventare
un’attrice da piccola. Poi, mi
sono accontentata di essere
una dottoressa. Vado
all’università, sa? Non
penso diventerò mai una
LA CITTA’ IDEALE SECONDO PLATONE
Secondo Platone, la città ideale si
basa sulla divisione della società
in tre classi: quella dei
governanti, dei guerrieri e dei
produttori. Questa divisione è
pensata in base al mito dell’anima, secondo il quale al suo interno essa si divide in un principio
razionale e un principio
irrazionale, in quest’ultimo ve n’è
un altro concupiscibile. In ogni
persona,
secondo Platone, si
trovano tutti e tre i principi, ma
tra essi ve ne sarà uno dominante,
che determina l’appartenenza a
una delle tre classi nella quale
prevarrà il principio stesso. Ognuno dunque dovrà fare ciò che gli è
proprio, ciò che corrisponde alla
sua natura, ovvero al principio
che è in lui dominante. Ad
ognuna delle tre classi, corrisponde una virtù particolare: a quella
dei governanti appartiene la virtù
della sapienza, a quella dei guerrieri la virtù del coraggio e infine
ai lavoratori /produttori
appartiene la virtù della
temperanza. Solo ai filosofi è
affidato però il compito di guidare e reggere la città, perché solo
loro conoscono cos’è il vero bene
e il giusto in sé. Un altro mito che
spiega le teorie platoniche, riguardo i filosofi come governatori
della città, è il mito della Biga
Alata: che racconta di un carro
trainato da due cavalli: uno bianco ( simbolo del principio concupiscibile) e uno nero (che raffigura il principio irascibile) che convergono in direzioni opposte, solo
grazie alla sapienza del filosofo,
il carro viene condotto in modo
ordinato e armonico. Che dire su
questa idea di Platone delle città
ideale… anche oggi la nostra
società si può dire divisa in classi;
vi è quella dei poveri, del ceto
medio e infine il ceto sociale più
alto e ricco. Sicuramente però qui
troviamo la prima contraddizione
tra il pensiero platonico, figura
della società antica, e la civiltà
moderna.
I filosofi rinunciavano ai beni
terreni ( come il denaro e il lusso ) per raggiungere una vera
conoscenza del bene per poter
guidare la città in modo giusto,
oggi non è assolutamente così ….
Si può anzi affermare che sia il
contrario, le persone che tengono
il potere, oggi, ricercano solo
questo e il lusso. E’ strano come
la visione del mondo di un uomo
del 428 – 427 a. C e riesca ad
avere una visione della città ideale, che in parte viene realizzata
tutt’oggi e in parte no .. questa
sua imperfezione è sicuramente
data dal desiderio dell’uomo di
arricchirsi e di ricercare il potere
a discapito degli ideali e dei valori che furono le fondamenta delle
antiche società. Trovo molto affascinante il fatto, che nella età
moderna vengano studiate e
riprese teorie e idee di uomini del
passato. In teoria le cose, dal mio
punto di vista dovrebbero apparire in un altro modo; noi uomini
moderni dovremmo essere culturalmente più avanzati, eppure non
riusciamo a non rileggere e studiare i testi antichi …. Questo
avviene in tutto, in filosofia, come in letteratura e in storia e in
altre discipline. Ma perché accade
tutto ciò? La risposta che me ne
esce e logica .. perché la cultura
antica fa parte della nostra storia e
come afferma Aristotele “l’uomo
di natura desidera conoscere”.
Platone, affermò inoltre che in
ogni città è presente un tipologia
di regime politico, tante tipologie
quanto sono i diversi tipi di
uomini. Il modello ideale di
governo è l’aristocrazia( il governo dei migliori/reggitori) nel quale prevale il principio razionale,
che lascia il posto alla timocrazia
e all’oligarchia, per poi passare
alla democrazie dove prevale il
principio concupiscibile e infine
la peggiore: la tirannide.
Campani Ilenia
3°D
7
CREATIVITà
CULTURA
IL MITO DELLA CAVERNA IN CINA
C’era una volta un ragazzo cinese
di nome Ming, un ragazzo come
tutti gli altri ma con un sogno nel
cassetto già da quando era piccolo: viaggiare, viaggiare tanto.
Quando divenne più
grande, i
suoi genitori lo costrinsero a trovarsi un lavoro per contribuire
anche lui, come già i suoi fratelli
maggiori avevano fatto, al
bilancio delle spese di famiglia.
Se così avesse fatto, però, Ming
non avrebbe mai potuto realizzare
il suo piccolo desiderio. Così,
iniziò a lavorare ugualmente ma
aveva in mente un piano. Raccolti
un po’ di soldi, infatti, dopo poco
tempo Ming scappò di casa e
iniziò a girovagare avanti e indietro per Paesi stranieri che gli erano sconosciuti, perché non aveva
mai avuto la possibilità di visitare, lasciando cosi Hebei, dove la
sua famiglia viveva da poco.
I suoi pochi risparmi non gli permisero di visitare una moltitudine
di Paesi e cosi il giovane ragazzo
scelse di visitare l’Italia. Arrivato
in “terra straniera”, si trovò un
po’ a disagio, poiché notò che gli
italiani avevano usanze del tutto
diverse da quelle che fino a quel
momento egli aveva praticato. A
Roma, dove era arrivato e dove
aveva deciso di sostare, incontrando altre persone per strada e
chiedendo informazioni per iniziare a relazionarsi un po’, egli si
inchinava in segno di saluto e gli
italiani rimanevano lì immobili,
dicendo solo “Salve! Buongiorno!”. Entrò allora in un ristorante
perché la fame lo prese: le “sue”
bacchette erano sparite! Qui in
Italia Ming scoprì che si usavano
le
cosiddette “posate”. Giran-
8
do per le vie della capitale italiana, Ming vide nuovi comportamenti che gli apparvero strani,
non tanto per il modo in cui venivano svolti ma perché erano diversi da quelli coi quali aveva
sempre vissuto.
Non aveva mai saputo e conosciuto altre usanze se non quelle
cinesi, e dunque aveva una conoscenza parziale del mondo. L’idea
di mondo che Ming aveva avuto
nella sua testa era quello costruito
intorno a lui, tutto ciò che gli
appariva davanti agli occhi: mangiare con le bacchette, inchinarsi
per porgere il saluto, indicare
qualcuno con la mano intera e
non con un dito. Uscendo dai suoi
confini, scoprirà nuovi usi e tradizioni diverse: la conoscenza diverrà sempre più ampia e Ming
diventerà consapevole della sua
iniziale conoscenza apparente.
Ming può essere considerato filosofo, perché ha scoperto la realtà
fatta di tradizioni, popoli e culture
differenti.
E come dopo un sogno, quando ci
si risveglia e si intuisce che
quello che hai appena passato era
soltanto surreale, apparente, non
esisteva perché era solo un sogno… e quello che si sogna fa
uscire dalla realtà in cui vivi tutti
i giorni.
Giaroli Arianna
3°D
Giornalista: No, mi scusi sono
un giornalista e vorrei rubarle
un po’ del suo tempo.
Bartolomeo: Certo, sono a sua
disposizione.
Giornalista: Grazie. Non volevo partire senza chiederle se
ha mai avuto l’occasione di
osservare la popolazione di
Hispaniola? (odierna Haiti)
Bartolomeo: Ho avuto questo
privilegio e, come ho affermato nella mia relazione sulle
violenze degli spagnoli, sono
persone prive di ogni malvagità, deboli e indifese; sono
state sterminate e sfruttate
ingiustamente dalla nostra
popolazione.
Giornalista: Quindi lei è contrario allo sfruttamento di
questa popolazione?
Bartolomeo: Certamente, sono persone e come tali devono
essere trattate. La prima volta
che vidi le isole intorno a
Hispaniola erano più abitate
di ogni altra contrada al mondo, adesso le loro popolazioni
sono state sterminate grazie
alla cupidigia spagnola. Non
abbiamo nessun diritto di appropriarci della loro vita e
della loro terra.
Giornalista: Chi è stato a
lanciare la prima pietra?
Bartolomeo: Chiunque sa che
sono stati gli spagnoli; gli
indiani non hanno recato nessun danno al nostro popolo,
anzi ci ritenevano dei. Se non
avessero commesso questo errore
forse si sarebbero salvati, ma la
malvagità umana non ha limiti e
sono stati tutti sterminati.
Giornalista: Grazie può bastare.
Bartolomeo: Se avrà bisogno di
farmi qualche altra domanda non
esiti; sono sempre a sua
disposizione.
Giornalista: Grazie ancora padre,
arrivederci.
Bartolomeo: Arrivederci.
Giornalista: Buonasera professor…
Prof: Paurizzi …
Giornalista: Bene, professor Paurizzi vorremmo chiederle un
parere riguardo al calo demografico delle popolazioni native
americane avvenuto nel XVI
secolo per mano degli spagnoli.
Ne ha sentito parlare?
Prof: Fate pure, ma ho solo pochi
minuti, devo correre a prendere il
treno!
Giornalista: Bene, incominciamo… Prima di tutto, lei è favorevole o contrario alla conquista e
alla sottomissione di altre popolazioni?
Prof: Beh... Naturalmente, io
sono contrario.
Giornalista: Come mai?
Prof: Gli ideali degli spagnoli di
quel tempo sono ormai passati,
anche se molte persone ancora
oggi la pensano come loro; questo dimostra quanto la società sia
ancora soggetta a pregiudizi verso le persone diverse da noi.
Giornalista: Non ha risposto alla
mia domanda.
Prof: Mi scusi, ho divagato troppo. Comunque io sono contrario
perché credo che gli indigeni
essendo persone, come tali dovevano essere trattate.
Giornalista: Quindi lei si riconosce nell'ideale di padre Bartolomeo De Las Casas?
Prof: Sì ho letto qualcosa a ri-
guardo e la mia idea sembra che
combaci abbastanza con quella di
questa persona che lei ha citato.
Giornalista: Bene, mi scusi per il
disturbo.
Prof: Nessun disturbo,
arrivederci.
Giornalista: Arrivederci.
Enrico Maurizzi
4°E
25
CREATIVITà
CULTURA
INTERVISTA A SEPULVEDA
Proponiamo alcune interviste
“impossibili” ad alcuni personaggi
della storia che, durante l’epoca
delle conquiste coloniali europee
nel corso del ‘500, si sono interrogati sulla natura degli “indios”.
L’umanista spagnolo Juan Ginés
de Sepulveda sosteneva che le
popolazioni native dell’America
centrale e meridionale non fossero
propriamente uomini, piuttosto
homuncoli; al contrario, il domenicano Bartolomé de Las Casas ne
difendeva la dignità contro lo
sfruttamento dei conquistadores.
Abbiamo raccolto anche il parere
di un nostro contemporaneo,
l’autorevolissimo prof. Paurizzi
dell’immaginaria Università dei
ragazzi “Matilde di Canossa”.
Giornalista:
Sepulveda.
24
Buonasera
Sepulveda: Buonasera, mi scusi
ma non l'ho mai vista.
Giornalista: Sono un giornalista e
mi piacerebbe molto intervistarla
per chiederle il suo parere riguardo a ciò che sta succedendo agli
indios. Lei è d’accordo o contrario?
Sepulveda: Sono d'accordo.
Giornalista: Come mai?
Sepulveda: Io penso che gli indios
non possono essere considerati
umani; non sono come noi, come
lei può benissimo capire. Questa
popolazione è priva di ogni cultura, legge e civiltà; sono barbari
che si mangiano a vicenda.
Giornalista: Quindi secondo lei
potrebbero essere paragonati agli
sciti?
Sepulveda: No, molto peggio, gli
indios non hanno neanche il coraggio di combattere, scappano
come donne.
dottor Giornalista: Non crede che tra
queste persone ce ne siano alcune
dotate di maggior ingegno che
hanno eretto le costruzioni di quel
luogo?
Sepulveda: Non sono neanche
degne di essere chiamate così quel
mucchio di sassi, pure gli insetti
sono capaci da soli di creare costruzioni molto più complicate e
strabilianti delle loro.
Giornalista: Secondo lei a chi o a
cosa si può dare la colpa del loro
comportamento?
Sepulveda: Sicuramente alle istituzioni pubbliche, barbare e servili.
Giornalista: Cosa mi può dire
della loro religione?
Sepulveda: Venerano il demonio,
implacabile e malvagio; al quale
sacrificano loro stessi strappandosi il cuore a vicenda. Non ho mai
visto una cosa così crudele, non
conoscono Dio e sono attaccati
soltanto alla dimensione terrena,
tant’è che guardano solo per terra.
Giornalista: Quindi per lei è giusto
tutto ciò che sta accadendo?
Sepulveda: Certamente, noi li
libereremo da loro stessi; li faremo diventare persone.
Giornalista: Grazie, ha risposto a
tutte le mie domande.
Sepulveda: Si figuri, arrivederci.
Giornalista: Arrivederci.
INTERVISTA A
BARTOLOMEO DE LAS
CASAS
Giornalista: Buongiorno padre.
Bartolomeo: Buongiorno, è
venuto a confessarsi?
2012: esiste ancora il “PROLETARIATO”?
Per definizione ottocentesca,
la classe proletaria è colei che
“vende” la propria forza lavoro per la retribuzione necessaria alla sopravvivenza.
Sorge quindi un dubbio: esiste
ancora oggi questa classe nata
con l’avvento del marxismo?
Con le modificazioni della
società e con la modernizzazione sempre più incalzante,
non si ha più la percezione
totale del proletariato in sé, è
quindi cambiata la stessa definizione.
Nel 2012 si considera la classe
proletaria “l’insieme di tutti i
lavoratori”.
Qui si cade in errore: tutti i
cittadini, tutte le persone umane sanno che per guadagnarsi
da vivere, bisogna lavorare.
Siamo quindi tutti proletari?
Non direi. Il vecchio capitalismo prevedeva l’imprenditore
che investiva denaro, questa
visione si proietta nel mondo
moderno con la figura del
“Manager” che dirige banche,
imprese..
La “vecchia” borghesia,
quindi, acquista il ruolo dei
“salariati”. I borghesi quindi
hanno privilegi in più, oltre al
plus-salario che supera di gran
lunga quello dei comuni
proletari.
Ponendo qualche domanda a
riguardo ad adolescenti, ma
anche adulti, ho capito che
oggi la classe proletaria è ancora vista come la classe svantaggiata, minoritaria.
Alla domanda “Qual è la classe attuale del proletariato?”,
ho sentito varie risposte che
mi hanno lasciato abbastanza
riflettere: il proletariato è
costituito dai clandestini, gli
immigrati che cercano lavoro
nel nostro paese (pur essendo
letteralmente sfruttati e retribuiti con il minimo della
paga), il lavoro in nero, coloro
lizzazione personale o come
riscatto a chi non credeva in
loro.
I proletari sono coloro che
hanno veramente bisogno di
lavorare, coloro che hanno
bisogno di soldi per vivere,
ben guardandosi dal non
cadere nello sfruttamento.
La Monica Giovanna
4°D
che devono mantenersi facendo più lavori, la classe produttiva, donne divorziate che devono mantenere la casa ed i
figli..
Considero i proletari che si
sentono parte di questa classe,
che hanno consapevolezza di
dover coloro lavorare per vivere.
C’è chi lavora per passione,
oppure per raggiungere livelli
molto alti solamente per rea9
CREATIVITà
CULTURA
PLATONE, L’ANIMA, LA CITTA’ E
LA GIUSTIZIA
La giustizia, il personaggio cardinale. Si entra nella nuova opera
di Pinco Pallino che illustra, in un
breve testo, la struttura della città
ideale descritta da Platone. L’incipit ci espone una concezione di
società consegnata in parte alla
storia. Il filosofo infatti sostiene
ferreamente che lo stato dovrebbe
essere diviso in tre classi, ognuna
delle quali deve svolgere il proprio lavoro per garantire solidità
e efficienza alla società. Lavoratori, guerrieri e governanti son le
classi sociali a cui spetta il compito di reggere lo stato. Queste
unite dalla giustizia, un’arte essenziale per cui una collettività
possa svilupparsi, devono svolgere il loro lavoro. Ciascuna di esse
è deputata a una precisa funzione
sociale e professionale: produzione, difesa e comando. La tripartizione pensata da Platone non è
affatto casuale, essa infatti è in
analogia con la distinzione propria dell’anima. Quest’ultima,
secondo Platone ha un aspetto
razionale che si accompagna a
un'altra irrazionale, composta a
sua volta da un principio chiamato “volitivo” il quale spinge verso
l’affermazione di sé e di un altro
“desiderante” che spinge invece
verso il soddisfacimento dei desideri legati al cibo e alla sessualità. Ognuna di queste dimensioni
determina, predominando, l’appartenenza di un individuo a un
determinato gruppo sociale: coloro in cui domina il principio razionale (i filosofi), apparterranno
al gruppo dei governanti; quelli
in cui prevale il principio irasci-
10
bile al gruppo dei guerrieri; tutti
gli altri (ovvero quelli in cui prevale il principio del concupiscibile) saranno membri del gruppo
dei produttori. Infine Platone
associa ad ognuna di queste categorie sociali una virtù che li contraddistingue. E così il coraggio
apparterrà ai guerrieri, la sapienza ai governanti e la temperanza,
intesa come capacità di moderare
i propri desideri, ai produttori.
Secondo il filosofo colui che
faceva parte dei governanti possedeva la scienza di ciò che è
utile a tutte e tre le parti. Inoltre i
reggitori, in quanto possessori di
qualcosa di proficuo alle altre
classi sociali, avevano il compito
di guidare la società verso la
conoscenza certa e autentica, non
apparente come quella dei sofisti.
Ed è proprio di questa verità che
si ciba la giustizia posta al pari di
una medicina, con il compito
appunto di guarire un corpo malato. La giustizia comprende tutte
e tre le virtù che per reggerla
devono mantenere l’armonia di
se stesse e delle classi. Infine
Pinco Pallino riporta che affrontando il problema della giustizia
l’illustre filosofo sosteneva che
essa era l’utile del più forte e che
quindi con il pretesto di rispettare
le leggi i potenti ricavavano il
loro interesse, inoltre lo scrittore
avvalendosi delle teorie platoniche sottolinea come il filosofo
pensasse che l’ingiustizia fosse il
fine dell’agire umano, la causa
della felicità, abbandonata solo
per il timore di essere scoperti,
condannati e che il sistema di
leggi scrivesse solo per frenarla.
Dunque al problema della
giustizia la soluzione più ovvia è
quella di ricercare sempre la verità reale e non apparente.
Un’ opera interessante e profonda; capace di ispirare riflessioni
sulla politica, che ai tempi di
Platone gli aveva procurato molti
dispiaceri facendogli constatare
che le città erano malate perché
mancava l’ingrediente di base: la
giustizia
Olmi Teresa 3°D
NON SARA’ MAI UN PONTE
Un ponte non sarà mai tra loro due…
E la terra rimarrà infertile come prima.
I loro pensieri, a causa della nebbia, girano perduti
Fino a buttarsi disperati nel fiume delle famose circostanze.
Nebbia, tanta nebbia intorno a loro,
Smog raccolto dagli occhi di ciascuno dalle labbra degli altri,
Fumo... anche lui presente tra di loro,
Fumo proveniente dagli altri cervelli, dagli altri letti.
Odore di speranze bruciate…
Speranze? Soltanto pensieri con le ali tagliate e messe a bollire
Speranze?... No, un ponte non sarà mai tra loro.
Marina Gogu 4°G
23
CREATIVITà
CULTURA
IL TUO SANGUE E’ UNA MELODIA
Ti ricordi ? Mi avevi detto:
„Ti sei innamorata di una testa matta
Nella quale non c’è più luce”
Ah sciocco, di giorno lo scintillio
Della lucciola non si vede.
Per il buio assoluto che ospita la tua testa
Il pizzico di calore e luce che mi sforzo di emettere
Basterà ,basterà per rinascere .
Interessante... ha mai sentito qualcuna
la musica del tuo sangue?
Ha mai visto la guerra che c’è in esso ?
Sei estraneo a questo mondo
Il tuo cuore non ha il ritmo del pianeta
Chi sei? Da dove vieni?
Capisco, non c’è il vento nel tuo sangue
Come non c’è il mare, la pioggia
O l’autunno con le sue foglie cadenti …
Il tuo sangue è una musica cosmica
Il tuo è un mondo troppo lontano,
Altre piogge sono là,
E forse là tu sei un altro...
O tu –mio extraterrestre
Io-tuo vampiro
Tu-mio matto
Io-tua pazza…
Marina Gogu 4°G
DIALOGO FRA PLATONE E ARISTOTELE
SULLA TEORIA DEL BUONO IN SE’
ARISTOTELE: Maestro mi
può illustrare la teoria delle
idee?
PLATONE: Esistono due
mondi: il mondo iperuranico e
il mondo fenomenico; nel
mondo iperuranico si trovano
le idee che si riverberano nel
mondo fenomenico, ovvero
quello in cui viviamo.
Si pensa ad una determinata
forma e le si dà un nome,
quando si incontra nel mondo
fenomenico un qualcosa somigliante a quella forma lo si
cataloga e gli si dà il nome
proprio di quella idea.
ARISTOTELE: Ma noi uomini possiamo arrivare alla piena
conoscenza di queste idee?
PLATONE: Noi non arriveremo mai alla conoscenza piena
delle idee perché siamo come
dentro ad una caverna, diamo
le spalle ad un muro che chiude per metà l’entrata e guardiamo verso il fondo dove si
trova una cascata; su quest’ultima vengono riflesse le idee,
che a loro volta sono sopra al
muro e noi le vediamo sull’acqua grazie al sole e al fuoco
che le illuminano facendole
riflettere. Quindi noi perveniamo alla conoscenza delle idee
solo in parte: il sole e il fuoco
le illuminano e rappresentano
la ragione e la dialettica, mentre l’acqua fa si che le idee
non siano ben definite.
ARISTOTELE: Ma c’è qualcosa di più grande delle idee a
che le racchiude?
PLARONE: Esiste un’idea
generale che prende il nome di
generi sommi.
ARISTOTELE: Ed esiste
qualcosa d’altro che racchiude
quest’idea generale?
PLATONE: Esiste il sommo
bene che è come il sole della
caverna, in quanto è la causa
della visibilità delle idee, il
buono quindi è superiore alle
altre idee ed è la causa del
loro essere. Il buono in sé è
comunque un’idea che si distingue dalle altre in quanto
non è intellegibile.
Il buono può essere identificato con l’uno che causa l’unità
di tutte le idee, è il principio
formale; ma se esistesse solo
l’uno le idee non potrebbero
essere molteplici, quindi c’è
bisogno della diade, principio
materiale.
ARISTOTELE: Secondo me
invece è Dio che insieme agli
altri stadi è presente in ogni
ente.
Rossetti Valentina 4B
22
11
CREATIVITà
CULTURA
IERI AL BAR VICINO A CASA MIA...
LETTERA A PLATONE
Caro Platone, scrivo questa lettera
perché ti ritengo un filosofo rivoluzionario, che ha tentato di migliorare la società in cui viveva e
che si è impegnato per il bene
comune. Nonostante ciò credo
che la tua teoria, LA TRIPARTIZIONE DELLA SOCIETA', sia
in alcuni punti più che discutibile,
ma prima voglio ricostruire in
modo sintetico la storia della
società .
Infatti inizialmente l'uomo era
solo, vulnerabile alle fiere e alla
natura, non era autonomo . Grazie
alla conquista del fuoco di parte
di Prometeo e poi a quella della
politica, esso si associò con gli
altri suoi simili, migliorò le proprie condizioni di vita suddividendosi i compiti e diventando
autosufficiente e. Tuttavia (come
al solito) l'egoismo e l'individualismo degli individui rovinarono i
progressi fatti, tant'è vero che si
assistette ad una crescita dei desideri ed esigenze individuali tali
da generare una corruzione della
società. Per risolvere questa situazione problematica, i villaggi
cercarono di espandersi alla ricerca di nuove risorse e di conseguenza si creò il detto dei guerrieri. Ora, a parer tuo il suddetto
ceto dei guerrieri deve essere
diviso in custodi e reggitori. I
primi debbono obbedire ai secondi, i primi sono mossi da un indole irascibile e i secondi da quello
della razionalità, i primi sono
soldati che debbono semplicemente difendere la città, la società, i secondi sono filosofi amanti
e conoscitori della giustizia e del
bene comune. A questo punto
però sorge una questione: Come
12
può esistere, come può realizzarsi
il tuo obbiettivo di eguaglianza,
giustizia sociale e pari dignità se
esistono delle burocrazie e delle
autorità? E' vero, per te i reggitori
devono essere privati della proprietà privata, ma chi dice che
queste ''autorità'' soddisfino i
bisogni collettivi e non i propri,
chi dice che arriveranno alla conoscenza del bene? Nonostante
questa critica Io e te abbiamo una
cosa in comune, le nostre idee
sono considerate assai utopiche
dalla società di pochissimo conto.
Ritornando a noi, sono in totale
accordo sulla tua proposta dell'abolizione dei legami di parentela.
Infatti condivido l'idea secondo la
quale tutti siano figli della società
(non della stato) e non propriamente di 2 genitori ''fissi ''. D'altro canto credo che la proprietà
privata non solo debba essere
abolita ai governanti (che per me
non dovrebbero nemmeno esistere), ma che venga totalmente
cancellata. Inoltre, riguardo la
tua teoria di
giustizia, che prevede che ognuna segua i propri
istinti naturali e che in questo
venga ''accompagnato '' e aiutato
dalla società, mi trovo in totale
accordo, poiché è corretto che
ognuno faccia ciò che meglio
crede e che più gli appartiene per
collaborare e occupare un ruolo
che partecipi al progresso e allo
sviluppo della società stessa,
senza che nessuno gli imponga
nulla (aggiungo dio pugno lo
stato). Che dire poi della tua concezione secondo la quale tutti
possono accedere alla conoscenza, alla ragione, alla filosofia
anche se appartengono ad un ceto
umile? E' sicuramente un pensiero nobile, che mira all'egualitarismo sociale, perché chi non può
accedere al sapere è facilmente
manipolabile dalle burocrazie,
che a parer mio sono uno dei mali
peggiori di questo mondo insieme
alla corruzione, all'ingiustizia e a
tante altre cose che non sto qui a
citare. Insomma, la critiche più
forte che ti faccio con estrema
umiltà che, nonostante la tua
voglia di cambiamento e di
giustizia, continui ad immaginare
una società fondata sulle divisioni
in classi, sull'autoritarismo e sul
militarismo. Rimane però il fatto
che il tuo pensiero è sicuramente
innovativo per l'epoca in cui hai
vissuto, rivoluzionario e altruista.
Platone, spero mi risponderai
presto, mi scuso per l'uso della
scrittura poiché questa dovrebbe
essere una discussione orale, che
permetta una maggiore dialettica.
Infine, voglio sottolineare il fatto
che le critiche da me mosse non
sono un atto di impertinenza, ma
un tentativo di speculazione filosofica e di riflessione.
Saluti, Gabriele
Andreana Gabriele
3°D
Ieri al bar c'erano tre illustri
rappresentanti del popolo francese il filosofo e matematico
René Descartes, il generale e
imperatore Napoleone Bonaparte e il glorioso re Luigi
XIV. Naturalmente erano tutti
intenti a bere e mangiare cose
francesi: Cartesio mangiucchiava una brioche, Napoleone
ingoiava un
escargot
(lumaca) dopo l'altra e pareva
che si ingozzasse, mentre Luigi assaggiava un'ottima
"mousse au chocolat" insieme
a un pezzo di formaggio Brier.
Purtroppo, per sbaglio Napoleone ingurgitò un goccio di
acqua Perrier (la più gasata del
mondo!) e si gasò inevitabilmente anche lui: sfoderata la
sua sciabola lunga 76 cm, dal
basso del suo metro e mezzo
scarso, sfidò a duello Cartesio.
Il paziente filosofo lo esortò a
dubitare di questa sua decisione, forse troppo azzardata, in
quanto solo chi dubita sa pensare e solo chi pensa esiste
("cogito ergo sum", gli disse
per calmarlo), ma Napoleone,
noto per la sua irruenza ed
impulsività, non gli diede
ascolto e cominciò a combattere.
A quel punto intervenne severissimo Luigi, che minacciò di
condannarli a morte se non
l'avessero piantata alla svelta.
I due ammutolirono e si chetarono. Tuttavia una nuova ba-
ruffa, stavolta incentrata sulla
dialettica, si scatenò fra i tre:
siccome tutti avevano a loro
modo vissuto una rivoluzione,
ciascuno pretendeva di aver
vissuto quella più grande, più
sconvolgente e maestosa.
Mentre Cartesio era ostinato
ad esaltare la sua rivoluzione
scientifica, Napoleone ostentò
presuntuoso la rivoluzione
francese che aveva vissuto alla
fine del Settecento, continuamente contraddetto da Luigi
che sosteneva di aver operato
lui stesso una rivoluzione
completa del sistema monarchico francese, grazie ai suoi
editti e al suo pugno di ferro
("L'état c'est Moi", disse per
convincere gli altri due).
Il barista, stancatosi di quella
discussione improduttiva e
accortosi che ormai 15 minuti
erano passati, disse loro:
"Ohi, francesi! Il tempo è scaduto, perciò fatela finita con
'sti discorsi, pagate il conto e
levatevi dalle balle! Tornate
ognuno nella propria tomba,
ma prima pagate il conto!".
I tre lo guardarono allibiti, ma
poi sborsarono la grana e pagarono. Tuttavia Cartesio disse: "Monsieur, le brioches che
preparate dans ce bar ne sont
pas bonnes, sono cotte plutôt
mal e hanno troppo sucre!
Dispiaciuto per voi, Monsieur,
mais je ne rimetterò jamais
plus piede dans votre bar!"
Napoleone aggiunse: "C'est
vrai, infingardo gaglioffo! Tu
non sei capable neanche di
cucinare des escargots! E la
tua eau Perrier m'ha fatto venire mal à le stomaco, e io sto
déjà abbastansa mal dans quelle parti! Che tu possa mourir
tra atroci sofferense, marrano!".
Concluse Luigi: "Se tu fossi
un cortisgiàn dans mia corte a
Versailles, t'avrei déjà condannato a mourir per mano dei
miei moschettieri! La tua
"mousse au chocolat" sembra
"mousse à la merde"! C'est
orrible! Vas au diable!". E se
ne andarono.
Il barista mise il denaro in
cassa e pensò fra sé: "E poi
dicono che i francesi sono
gente raffinata ed educata...! E
questi tre sono pure personaggi storici. Ma se non lo sapessi
direi che sono tre barboni
qualunque affamati trovati per
strada! Bah, l'importante è che
abbiano pagato!".
Stefano Iori
4°E
21
CREATIVITà
CULTURA
FINCHÉ DURERÀ
E quando i suoi raggi s’allungano
Il Sole è quattro volte più forte
E poiché tutte le cose illuminano
Han decretato del freddo la morte.
4
Allora due scelte si posson fare:
Camminar nei boschi di montagna
Oppure dirigersi verso il mare
E assaggiar nelle onde la cuccagna.
8
Finché il Sole mi brillerà in fronte
Io potrò sempre decider dove andare
Se domani calasse dietro al monte
E smettesse col suo fuoco di ravvivare
Con lui, a un tratto, io mi spegnerò
E dove andrò no, più non lo capirò.
Cammino insieme al compagno abete
Al mio passo risuona l’amica sabbia
Io, d’amicizia, non perdo la mia sete
Ma se sei irrispettoso mi crei rabbia.
LETTERA FILOSOFICA
14
18
Dal sale marino al terriccio fangoso
Per me non cambia nulla d’importante
Tutti e due li calpesterò orgoglioso
Fintanto che il Sole rimarrà brillante.
22
Finché il Sole mi brillerà in fronte
Io potrò sempre decider dove andare
Se domani calasse dietro al monte
E smettesse col suo fuoco di ravvivare
Con lui, a un tratto, io mi spegnerò
E dove andrò no, più non lo capirò.
28
Ma non avrò tempo per dimenticare
Sul mondo il mio breve atterraggio
Sì, sarà felice tornarlo a rispolverare
Anche se ero solamente di passaggio.
32
Stefano Iori
4°E
20
Adimanto caro,
scrivo questa lettera per avere
chiarimenti su alcuni passaggi del
tuo dialogo nel secondo libro
della Repubblica, e per aprire un
colloquio filosofico sul tema
dell’origine di tutto, che portò
alla formazione delle prime società umane e in fine alla distruzione di queste ultime.
Prima di tutto vorrei chiarire il
concetto di “ giustizia “. Nel
primo libro della Repubblica essa
è proprio il tema fondante del
dialogo che vede coinvolti un
Socrate platonico e Trasimaco.
Quest’ultimo definisce la giustizia come “l’utile dei più forti”. Il
ragionamento è chiaro: la giustizia consiste nel rispetto delle
leggi, ma le leggi sono figlie
della forza e di chi, di volta in
volta, detiene il potere. Ogni
forma di potere, quindi, deforma
il concetto di giustizia: dalla dittatura all’oligarchia e addirittura
alla democrazia, restituiscono
solo la propria idea di giustizia e
non la giustizia in sé. A sostegno
di questa sua tesi, inoltre, c’è il
fatto che le città appaiono malate.
Nel secondo libro della Repubblica, caro Adimanto, tu stesso sostieni che la giustizia non sempre
porta alla gioia nella vita terrena,
infatti chi è disonesto è quasi
sempre accompagnato dalla ricchezza, dal potere, dal rispetto e
da tutto ciò che porta alla felicità
umana in questo mondo. L’unico
modo per porre un freno a questa
in-giustizia sono le pene, motivo
di paura da parte dei disonesti, le
quali portano spesso alla rinuncia
della felicità terrena conquistata
in-giustamente. Avvicinandoci al
tema originale di questa lettera,
l’origine della vita associata è
descritta da vari filosofi. Platone
sostiene che alla base di essa c’è
il riconoscimento da parte
dell’uomo di non poter essere
autosufficiente e, quindi, di avere
bisogno dell’altro per la sopravvivenza. La conseguenza diretta
della vita associata è la divisione
delle diverse attività e dei compiti
per rispondere al meglio alle
necessità dell’esistenza di ognuno. Ogni componente della società quindi deve occuparsi solo di
ciò che gli compete. Attraverso
queste caratteristiche l’uomo
come singolo ha potuto arrivare
ad una forma primitiva di comunità. Tuttavia i cittadini cominciarono man mano a chiedere più
di quel che è necessario per soddisfare i bisogni primari; ciò
portò ad una produzione eccessiva di beni secondari e, quindi, ad
un disequilibrio sociale che spinse alla nascita di un nuovo ceto: i
Guerrieri. Essi avevano i il compito, infatti, di cercare nuove
risorse, conquistare nuovi territori e impadronirsi delle ricchezze
delle città vicine. I guerrieri,
come tu mio caro Adimanto ben
sai, portarono alla nascita di un
percorso formativo, basato sulla
ginnastica e sulla musica, ma non
sulla poesia, perché per Platone
rovina gli animi, deisoldati o
custodi. Questo sistema formativo serviva per dividere a loro
volta i custodi in Comandanti, a
cui viene insegnata l’arte della
dialettica, e i Soldati, la cui unica
funzione è quella di eseguire gli
ordini. Ora, caro Adimanto, la
posizione di Platone su questo
tema è chiara ma la mitologia ha
un’altra versione dei fatti. Nel
mito di Epimeteo e Prometeo
viene descritto il volere degli dei
nel creare l’uomo e le altre creature con la distribuzione delle
virtù per mezzo dei due fratelli.
Epimeteo, come ben sai, distribuì
tutte le virtù alle creature dimenticandosi dell’uomo e lasciandolo
nudo. Il fratello Prometeo, per
rimediare, decise di rubare la
tecnica a Minerva e il fuoco a
Vulcano, guadagnandosi così la
pena divina del furto. L’uomo era
in grado ora di sopravvivere. Ma,
costretto dalle fiere, nacquero le
prime forme di vita associata. La
decadenza di queste prime forme
fu dovuta alla mancanza della
scienza politica che permetteva
loro di comprendersi e discutere
in pace.
Adimanto carissimo, mi chiedo
quale tesi tu ritieni più adatta al
tempo in cui stiamo vivendo?
Può esistere un legame ed una
coesistenza tra queste due opinioni oggi? Mi piacerebbe sapere
come vedi la società moderna e
che ruolo ha la giustizia all’interno di essa.
Ti ringrazio per avere ascoltato
queste mie parole. Aspetto con
ansia una tua risposta
Un giovane filosofo
Menozzi Nicola
4B
13
VIAGGI
CREATIVITà
VIAGGIO DELLA MEMORIA
Lunedì 20 febbraio 2012, la mia
classe, la IV F dell’Istituto Liceale “Matilde di Canossa” insieme
all’insegnante di italiano, professoressa Palazzo, all’insegnante di
diritto, il professore Aicardi, alla
classe V del liceo “Gobetti”di
Scandiano e alla tutor di Istoreco,
Benedetta Storchi, alle ore 00.00
siamo partiti da Reggio Emilia
con il pullman 11 della ditta “Til”
e alle ore 00.30 da Scandiano con
destinazione Cracovia. Durante il
viaggio abbiamo dormito, chiacchierato, ascoltato musica, mangiato e fatto tre tappe in tre località diverse. La prima tappa ha
avuto luogo in Austria, precisamente a Graz, la seconda tappa
nella Repubblica Ceca, precisamente a Brno e la terza presso
Cracovia.
Dopo ben 18 ore di viaggio, alle
ore 18.00 di lunedì 20 febbraio
siamo arrivati a destinazione:
Cracovia. Stanchi ma contenti
abbiamo trovato sistemazione
presso l’hotel Chopin, luogo di
pernottamento per cinque giorni.
Dopo aver sistemato le valigie in
camera, alle ore 21.00 ci siamo
recati nella sala mensa per consumare la cena.
Trascorsa la notte, alle ore 9.00
del 21 febbraio la sveglia di Virginia, la mia compagna di stanza,
suona. Un nuovo giorno sta per
incominciare. Verso le ore 10.00
ci rechiamo tutti a fare colazione
a base di latte, cereali, caffè, the,
bacon, yogurt, marmellate varie e
croissant. Consumata la colazione, verso le ore 10.30 /11.00 saliamo sul pullman e ci rechiamo
presso il centro storico di Cracovia, situato a pochi chilometri
14
dall’hotel. Mattinata libera, infatti
ogni studente e insegnante poteva
autonomamente o in gruppo visitare, fare compere per il centro
storico e mangiare in un tipico
ristorante o semplicemente in un
fast- food. Nel primo pomeriggio
abbiamo iniziato la visita guidata
presso il centro storico, la Basilica Santa Maria e il castello di
Wawel. Abbiamo visitato la città
antica partendo dalla piazza Rynek Glowny con il più grande
mercato d’Europa, la zona dell’Università Jagellonica dove studiava Nicolas Copernicus e il leggendario dott. Faustus, la chiesa
di Sa nt a M ar ia V er gine
“Mariacki” con il famoso altare di
Vito Stoss, la collina del Castello
di Wawel, alta 288 metri sulla
riva del fiume Vistola. Alle ore
18.00 abbiamo fatto rientro in h;
alcuni ragazzi della mia classe si
sono recati presso la redazione
dell’hotel, curata da “Istoreco”
per scrivere le loro impressioni
sulla prima giornata a Cracovia;
mentre il resto della classe si è
recata in camera per prepararsi
alla cena in un ristorante della
città. In questo primo giorno ho
potuto visitare una nuova città,
nuovi luoghi e nuove tradizioni
che mi hanno colpito molto per la
loro bellezza e la loro grandezza.
Il centro storico di Cracovia l’ho
trovato davvero molto bello ma
soprattutto molto grande.
Trascorsa la notte, alle ore 7.00
del 22 febbraio, suona in ogni
stanza la sveglia. Ci prepariamo,
facciamo colazione e alle ore 9.00
aspettiamo la guida in hotel per
recarci presso il castello di Wawel e la cattedrale. Il Wawel era
per secoli un punto di riferimento
strategico per il regno polacco. La
Cattedrale dei Santi Stanislao e
Venceslao del XIV secolo, rappresenta uno dei luoghi di culto
più importanti della Polonia e
tradizionale luogo di incoronazione dei re nonché il cimitero dei re
polacchi. Terminata la visita ci
rechiamo a pranzo presso un ristorante nel centro storico; alle
14.00 riparte la visita presso il
Ghetto nazista di Podgòrze , il
nuovo museo della fabbrica di
Oskar Schindler e la farmacia
“Sotto l’Aquila” di Tadeusz
Pankiewicz, luoghi dedicati ai
“Giusti fra le nazioni”. Alle ore
19.00 abbiamo fatto rientro in
hotel dove alcuni dei miei compagni si sono recati insieme ai docenti di italiano e di diritto presso
la redazione dell’hotel per scrivere sul sito di “Istoreco” le impressioni della giornata, mentre il
resto della classe è andata a prepararsi per la serata in un ristorante della città.
La parte che mi è piaciuta di più
di questa giornata è stata la visita
al museo nella fabbrica di Schindler ma soprattutto i luoghi della
resistenza ebraica e il monumento
commemorativo agli eroi del
ghetto.
Un’altra notte è trascorsa, alle
5.30 del giorno 23 febbraio suona
la sveglia. Questa è la mattinata
che da tempo stavamo aspettando,
la visita ad Auschwitz. Dopo
esserci vestiti con maglioni pesanti, indossato tute felpate, moon
boot ai piedi, giacche, sciarpe,
guanti e cappelli per proteggerci
dal freddo pungente, ci rechiamo
a fare colazione.
riempire il vuoto che in tutto sesso, ma all’eccezionalità delle
questo tempo non sono stata in proprie azioni.
grado
di
colmare.
G: Grazie Matilde per aver messo a
Da quanto mi dici la società da
disposizione il tuo prezioso tempo.
cui provieni non è del tutto diffe- M: E’ stato per me un vero piacerente dalla mia. Troppo spesso il
re. Non esitare a tornare qualora
ruolo delle donne viene sminuivolessi
porgermi altre domande !
to,per questo credo che dovrebbero esserci più riconoscimenti nei
Chiara Casali, Trisha Ponti,
confronti di coloro che lasciano
un segno della loro esistenza
Dalila Cilfone
anche ai posteri. I meriti non
devono essere attribuiti in base al
3°B
19
CREATIVITà
da una vita che pensavo non mi
appartenesse. Ma Gregorio mi ha
fatto comprendere che il mio
posto era ovunque la Chiesa
avesse richiesto il mio aiuto.
Tutte le diffamazioni divulgate
sul mio conto erano un pretesto
per indebolire la mia posizione.
G: In tutti questi anni,non ti è mai
mancato l’appoggio di una figura
maschile stabile come quella di un
m a r i t o
?
M: Coloro che mi volevano sottrarre il potere mi hanno sempre
discriminata per il fatto di non
avere un uomo al mio fianco. Ho
sempre cercato di fare del mio
meglio nel corso della mia esistenza travagliata e ci sono riuscita, anche senza l’aiuto di un marito. Due sono stati i miei matrimoni: il primo con Goffredo il
“gobbo” e il secondo con Guelfo
di Baviera. Entrambi non hanno
avuto un esito felice. Non ho
trovato in nessuno dei due la
stabilità che cercavo né ho alleviato il mio senso di solitudine
grazie ad essi. Non sarebbe stato
possibile trovare conforto in rapporti privi di legami sentimentali,
basati solo su interessi politici.
Ancora una volta ho sacrificato i
miei sentimenti in virtù di ciò che
era mio dovere fare.
G: La sorte del tuo primo marito è
nota. Si dice che sia stata tu a commissionare l’omicidio.
M: Su questo preferirei non
sbilanciarmi più di tanto (Matilde
18
VIAGGI
sbuffa).Speravo che col tempo
questa storia sarebbe stata rimossa dalla memoria comune. In
ogni caso non andavamo d’amore
e d’accordo ,questo è vero, ma
non sarei mai arrivata a tanto.
Le più cospicue erano rivolte ai
monasteri. Non ho solo utilizzato
il mio denaro in favore della
Chiesa ma anche per migliorare
la qualità della vita nelle terre in
m i o
p o s s e s s o .
G: A distanza di 900 anni sei ancora
ricordata come una figura femminile di
gran rilievo. Cosa significa essere una
donna che fa tutto ciò nell’epoca in cui
v
i
v
i
?
M: Di certo è un impegno gravoso, io però ci metto tutta me
stessa! Nella vita non ho dovuto
solo sopportare la perdita dei
miei cari e le conseguenze che ne
sono derivate, ma ho anche dovuto lottare contro quelle che sono
le barriere ideologiche del mio
tempo. Le donne non hanno spazio in un mondo dominato dagli
uomini, tuttavia non ho perso
occasione per dimostrare il mio
valore a prescindere dal mio sesso. Mi rendo conto di essere un
po’ la “pecora nera” di una società nella quale essere donna è
G : Continui ad essere un simbolo di c o n s i d e r a t o u n d i f e t t o .
pace e il tuo nome è spesso accostato
alle buone azioni. Diffusa è la leggen- G: Nonostante sia passato quasi un
da in cui si narra che tu abbia fatto millennio dalla tua epoca, sei ancora
edificare 100 monasteri nei tuoi posse- uno dei personaggi storici che più
dimenti. Esiste quindi un fondo di vengono ricordati. Cosa ne pensi del
verità ? Oppure è tutta pura fatto che a te sia stato dedicato uno
invenzione?
dei più importanti licei di Reggio
M: (Matilde sorride) Sono lusingata Emilia ? Sapevi che questa scuola è
del fatto che mi si attribuiscano l’unico istituto superiore della provintali onorificenze. È vero, ho fatto cia che porta il nome di una donna?
costruire molti monasteri, ma M: Sono deliziata dalle tue paroquella di cui stiamo parlando è le ! Sono lieta che i miei sforzi in
una vera impresa persino per me! tutti questi anni non siano stati
(Matilde si abbandona a una breve vani e siano motivo di vanto per
risata). Sono allietata che mi si tutti voi. Il solo pensiero che il
ricordi anche per le mie buone mio ricordo riviva nel cuore di
azioni. Un modo per concretizza- questa scuola e di ogni suo
re la mia fede e per dimostrare la studente, riesce quasi a
mia riconoscenza a Dio è stato
concedere numerose donazioni.
G: Matilde, le tue imprese e il tuo
vissuto non sono mai passati inosservati. Molte sono le opere, sculture e
poemi, che ti sono stati dedicati nel
corso dei secoli. Tra le tante interpretazioni due sono quelle più ricorrenti.
La domanda sorge spontanea : ti senti
più guerriera o “Filia Petri “ ?
M: A dire il vero non mi sento né
l’una né l’altra: io sono entrambi!
Vita attiva e contemplativa non
sono ambiti separati, ma un equilibrio perfetto tra devozione e
sacrificio per i propri valori. Non
ho pensato ad altro se non al bene
dei miei territori,ho fatto ogni
cosa necessaria per garantire
serenità e stabilità al mio popolo
senza mai trascurare la fede.
Alle ore 7.30 partiamo con il
pullman diretti ad Auschwitz II –
Birkenau. Cracovia dista da Auschwitz II circa un’ora e mezza,
questo tempo lo abbiamo impiegato a riflettere e a prepararci
individualmente su ciò che stavamo per andare a vedere e toccare
con mano. All’arrivo iniziamo a
rivestirci, mentre ero intenta a
infilarmi una manica della giacca
rivolgo lo sguardo verso il finestrino, da lontano inizio a intravedere l’enormità di quei campi, mi
accorgo di essere arrivata. Dentro
di me per un attimo tutto si è
fermato, solo lo sguardo era fisso
verso quell’orrore indescrivibile.
Scendiamo, il freddo pungente,
l’aria, la pioggia, il cielo cupo,
grigio ci accoglie proprio come
tanti anni fa ha accolto milioni di
ebrei.
Ripercorriamo in silenzio tutte le
strade dove sono passati milioni
di persone deportate e ci apprestiamo ad entrare all’interno del
lager. Una sottile pioggerellina
cade sul lager di Auschwitz, sembra quasi volere pulire la barbarie
dell’olocausto. Ma sotto quella
pioggerellina vi è il sangue di
bambini, anziani, donne e uomini, massacrati e torturati da mani
assassine. Sangue che ancora non
ha avuto giustizia. Non basterà
quella pioggerellina che cade dal
cielo grigio per pulire quel sangue. Tutto tace, tutto sembra
parlare di morte. Abbiamo iniziato la nostra visita da Auschwitz II
- Birkenau e non da Auschwitz I,
proprio per ripercorrere l’itinerario dei deportati e, anche perché è
Birkenau, ancor di più di Auscwitz I, la vera e propria
“fabbrica della morte”. Il sottocampo di Birkenau fu costruito,
dagli stessi deportati, tra il marzo
del 1941 e il febbraio del 1942,
nella località di Brzezinka (in
tedesco Birkenau), a tre km dal
campo principale, allo scopo di
potenziare le strutture dell'industria nazista di morte. Abbiamo
continuato il nostro percorso
camminando lungo le vie all’interno del campo, siamo entrati in
una baracca in muratura e siamo
rimasti colpiti dal ridottissimo
spazio. Le “cuccette”, della dimensione di un letto a due piazze,
arrivavano a contenere fino a 8
prigionieri, ammassati l’uno
sull’altro. Anche questa compressione dello spazio per muoversi e
respirare testimonia la riduzione
della persona umana in una bestia. Inoltre, il freddo dell’inverno era insopportabile in quelle
baracche dove mancavano i vetri,
la stufa non veniva mai accesa;
allo stesso modo insopportabile
era il caldo estivo che faceva
ammalare i corpi.
Abbiamo visitato le rovine del
forno crematorio, la guida ci ha
poi illustrato le varie fasi della
“morte programmata” di milioni
di esseri umani e i luoghi in cui
queste si svolgevano: lo spogliatoio, la camera a gas camuffata
da doccia dove venivano ammassati i prigionieri nudi, ignari della
sorte che li attendeva, il deposito
dei corpi, che poteva contenere
fino a duemila cadaveri, i forni
crematori. C’era una baracca,
detta “Canada”, il cui nome significa ricchezza, dove venivano
ammassati tutti i beni sottratti ai
deportati avviati verso la morte
(vestiti, bagagli, oggetti personali, ecc. .. ), in questa baracca
abbiamo potuto vedere solo le
foto dei propri cari sottratti ai
detenuti. Terminata la visita presso Auschwitz II – Birkenau ci
apprestiamo ad andare a pranzo,
per ricominciare verso le ore
13.00 la visita presso Auschwitz
I. Quest’ultimo è il campo principale, infatti fu il primo a essere
realizzato vicino a Oswiecim. La
costruzione cominciò nel maggio
del 1940 in una ex caserma abbandonata dell’artiglieria polacca. Per poter allargare i confini
del campo, le autorità delle SS
continuarono ad aumentare il
numero di prigionieri da destinare ai lavori forzati. Come molti
altri campi di concentramento,
Auschwitz I aveva una camera a
gas e un crematorio. Inizialmente, gli ingegneri delle SS costruirono una camera a gas sotto al
blocco dei prigionieri, il blocco
11. Più tardi, una camera a gas
più grande venne costruita come
parte di quello che in origine era
solo il crematorio, in un edificio
separato al di fuori della zona dei
prigionieri. Nell’ospedale di Auschwitz I, nel blocco 10, i medici
delle SS effettuarono esperimenti
pseudo-scientifici su neonati,
gemelli, pazienti affetti da nanismo, sottoponendo molti adulti
alla sterilizzazione, alla castrazione e a prove di ipotermia. Tra
quei medici, il più famoso divenne Josef Mengele. Tra il crematorio e l’edificio destinato agli
esperimenti si trovava il cosiddetto “Muro Nero” dove le guardie
delle SS effettuarono le esecuzioni di migliaia di prigionieri.
Inoltre, all’interno dei blocchi
abbiamo potuto vedere i bagni, le
camere, i vestiti, i capelli, gli
occhiali, le scarpe, le valigie, i
teli e le numerosissime foto di
milioni di volti di deportati ebrei
senza capelli, con il volto pieno
di tristezza all’interno di quadretti appesi sui muri delle stanze.
Abbiamo visitato le prigioni dove
venivano messi i deportati e la
cella di Padre Massimiliano
15
VIAGGI
Kolbe.
Terminata la visita presso Auschwitz I, ci apprestiamo ad andare a
visitare la mostra di Marian
Kolodzeiej, deportato polacco,
famoso pittore e scenografo che
dopo la liberazione avvenuta nel
1945 si era rifiutato di raccontare
quello che aveva vissuto durante
la sua prigionia. Dopo un ictus,
all’età di 55 anni, decide di esprimere il dolore della sua storia
attraverso disegni, graffiati sul
foglio. I detenuti raffigurati nei
suoi quadri sembrano urlare e
trasportare incubi che purtroppo
sono esistiti davvero.
Verso le ore 19.00 facciamo rientro in hotel, alcuni miei compagni
si recano con i nostri due professori alla redazione all’interno
dell’hotel per scrivere sul sito di
“Istoreco” le loro emozioni della
giornata. Di questa giornata mi
hanno colpito molto le foto di
quei corpi innocenti, indifesi,
nudi, affamati, impauriti, le loro
mani tremolanti e la disperazione
nei loro sguardi, quelle montagne
di capelli, di occhiali, i vestitini
di bambini e di adulti resteranno
per sempre nei miei occhi, le loro
urla, il dolore, il terrore riecheggiano ancora fra noi e non c’è
scatola che li possa contenere.
Venerdì 24 febbraio, ultimo giorno di permanenza in Polonia.
Dopo aver fatto colazione e caricate le valigie sul pullman siamo
partiti per Auschwitz II – Birkenau per partecipare alla commemorazione collettiva davanti al
crematorio IV. Abbiamo potuto
ascoltare un breve riassunto della
storia di questi enormi campi
raccontata da Mathias, programmatore dei Viaggi della Memoria
e alcune riflessioni scritte da
ragazzi di varie scuole presenti al
Viaggio. Finita la commemora-
16
CREATIVITà
zione a ciascuno di noi sono stati
consegnati una maglietta del
Viaggio della Memoria 2012 e un
fiore; quest’ultimo potevamo
metterlo nel posto che è stato più
significativo per noi. Io l’ho posizionato tra i resti di un forno
crematorio non molto lontano dal
forno crematorio 4 , per ricordare
tutte quelle povere persone bruciate in modo brutale come fossero legna che brucia all’interno di
un camino per riscaldare la casa.
Infine, individualmente o a
piccoli gruppi abbiamo effettuato
la visita del campo. Io e la mia
compagna Jessica, dopo aver
posizionato il fiore nel posto più
significativo per noi abbiamo
percorso la strada del ritorno
verso il pullman lungo l’asse dei
binari della ferrovia che
penetrava il campo, avendo a
destra le baracche in muratura e,
a sinistra, il desolante spettacolo
dei camini delle baracche di legno distrutte dai tedeschi nella
loro precipitosa ritirata davanti
all’avanzata delle truppe russe.
La giornata di oggi è stata la
giornata più significativa per me,
poiché nel mio silenzio ho potuto
osservare la grandezza e l’enormità di questo campo ma soprattutto immedesimarmi in quelle
povere persone che ogni giorno,
ogni ora, ogni minuto percorrevano quel campo senza trovare via
di uscita: la libertà, ma solo la via
della morte. Superando i cancelli e la scritta “Il lavoro rende
liberi”, si sente un vuoto nel cuore. Nel lager di Birkenau, niente
pare cambiato: il fango, la ferrovia, le baracche basse, sporche e i
tavolacci come cuccette. Niente
dà un’espressione gentile al luogo.
E’ stato sicuramente un viaggio
che mi ha trasmesso moltissime
sensazioni ed emozioni che segnano per tutta la vita. Penso che
poche persone colpevoli di questi
orribili crimini siano state punite,
anche se forse una punizione
adeguata per questi mostri non ci
possa essere, ma solo la speranza
che tutto questo non si possa
ripetere.
Bastardi Elisa
4°F
INTERVISTA A MATILDE DI CANOSSA
Ecco cosa direbbe la Contessa a e fare anche di meglio. Non poteuna giornalista del 2012 vo permettermi mostrare insicurezza agli occhi di coloro che
Mi ritrovai innanzi a un’imponen- volevano sottrarmi il potere.
te rocca in pietra bianca. Solo G:
C’è stato però un particolare
quando vidi Matilde di Canossa momento di incertezza nel corso della
avvicinarsi in un sontuoso abito sua vita. Nell’anno 1092 si è tenuto
rosso compresi di trovarmi nella
un importante incontro presso la rocca
fortezza di Canossa.
Matilde: “ Chi siete or dunque di Carpineti con i tuoi alleaf a n c i u l l a s t r a n i e r a ? “ ti ;bisognava decidere sul da farsi :
Giornalista: “ Sono una giornalista continuare la guerra o interromperla
che proviene dall’anno 2012; posso … tu eri propensa alla seconda scelta,
porgerVi alcune domande per il giorna- cosa ti ha persuasa a prendere una
lino
«La Voce di Matilde»?” d e c i s i o n e
opposta ?
M: “ Non ho nulla in contrario, a M: Le continue lotte interne per il
condizione che mi diate del «tu».”
potere erano estenuanti e ciò mi
G: “Come desiderate Matilde! “
M: “Ehm, ehm …“ ( Matilde si portò a ricercare la tranquillità
s c h i a r i s c e l a v o c e ) nella vita contemplativa, che oneG: “Intendevo dire … come desideri, stamente avrei preferito. Tuttavia
Matilde.” “Cominciamo quindi l’inter- ho preso coscienza del fatto che
v
i
s
t
a
”
. dovevo agire in nome di Dio e per
( M a t i l d e p r e n d e p o s t o ) il bene collettivo. Ho quindi anteG: E’ noto che dopo la morte dei tuoi posto il mio dovere alle mie esigenitori e dei tuoi fratelli sei rimasta genze personali senza tirarmi mai
unica erede di un vasto territorio. indietro sul campo di battaglia.
Com’è stato avere sulle proprie spalle il
peso di una tale responsabilità?
M:Ammetto che non è stato sem- G: Ed è proprio non tirandoti in
plice. Non mi sarei mai aspettata dietro che hai sconfitto definitivamendi ritrovarmi a ricoprire un tale te l’imperatore Enrico IV e hai vinto la
ruolo. La morte dei miei familiari g u e r r a
…
ha segnato per sempre il mio de- M: Ah …(Matilde sospira) Quella
stino. Non contava ciò che volessi
guerra! Rammento perfettamente.
fare della mia vita, contava solo
adempiere all’incarico che mi era Tutti i tentativi di riconciliazione
stato così inaspettatamente affida- tra Papa e Imperatore sono stati
to. Inoltre essere una donna non vani. Persino l’incontro a Canossa
ha di certo reso più facile questo di quel 28 gennaio 1077 non ha
compito…
fatto altro che rimandare una
G: Quale fu la reazione dei tuoi conguerra inevitabile. I miei territori
t e m p o r a n e i
?
hanno fatto da sfondo a scontri
M:Tutti si aspettavano da me ciò
che “ai miei tempi” sarebbe stato cruenti, durante i quali ho perso
in grado di fare solo un uomo ed molto dei miei alleati. Enrico IV è
io dovetti comportarmi come tale stato davvero il più temibile dei
miei nemici. Nonostante ciò la
vittoria è stata possibile ; non solo
disponevamo di coraggio e di
determinazione per continuare a
lottare, ma anche di inespugnabili
fortezze e di uomini valenti. La
conoscenza di territori così ostili
ci ha garantito una posizione di
vantaggio rispetto ai nemici.
G:Proprio in questo scontro hai perso i
tuoi alleati più cari. Com’è stato ritrovarsi sola per l’ennesima volta in un
momento così critico ?
M: In quegli ultimi anni gli unici
miei punti di riferimento furono
papa Gregorio VII e il vescovo
Anselmo da Lucca. In seguito alla
loro scomparsa il vuoto che si era
creato dentro di me non fece che
aumentare. Mi sentii abbandonata
a me stessa, ma non al punto di
a r r e n d e r m i .
In me c’è sempre stata la fede; la
consapevolezza di battermi per
essa è stata una delle ragioni che
mi hanno portata a non fermarmi
di fronte alle avversità.
G: Si dicono molte cose riguardo al
rapporto tra te e il papa, come sono
andatati veramente i fatti
?
M: E’ vero, ne hanno dette di tutti
i colori su me e Gregorio VII, ma
il nostro è stato un semplice
rapporto di amicizia. È stato sempre grazie ai suoi consigli che ho
preso le decisioni giuste. Volevo
ritirarmi in convento per dedicarmi alla preghiera e fuggire
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