studi e aldilà degli studi - charcot e l`isteria

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studi e aldilà degli studi - charcot e l`isteria
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931025CHA_GBC2.pdf
data
25/10/1993
Contesto
GBC
Relatore
GB Contri
Liv. revisione
Uso Studium
Lemmi
Charcot, Jean-Martin
Clinica
Corpo
Docetismo
Docilità-docibilità
Freud, Sigmund
Ipnosi
Isteria
Legge
Monotonia
Non-clinica
Studio
Teoria
ISTITUTO NEUROLOGICO C. MONDINO
PAVIA
25 OTTOBRE 1993
GIACOMO B. CONTRI
STUDI E ALDILÀ DEGLI STUDI
CHARCOT E L’ISTERIA
Non farò una relazione, ma ne illustrerò lo schema, precisamente una linea, che descrive la
traiettoria del moto di corpi (ma il grafico sulla lavagna non sarebbe adeguato). Nella fisica newtoniana si
parla di moto dei corpi e di leggi di moto dei corpi. Questa linea è una linea in due tempi cronologici, e la sua
metà coincide pressappoco con il passaggio dal secolo scorso al nostro. I corpi del moto e delle leggi (al
plurale) di questo moto di cui vi parlerò sono: una prima volta i corpi di Charcot e degli isterici – che sono
anche isteriche, ma come Charcot e anche Freud hanno tenuto a sottolineare, l’isteria non è squisitamente
femminile – , e una seconda volta sono i corpi di Freud e degli isterici.
Si passa quindi a un secondo momento. In che cosa questo si distingue dal primo? Il primo tempo
è denotabile con una parola che tra l’altro risulta dai testi, ed è la parola “studi”. Il titolo del mio tratteggio, o
del mio testo, sarà Studi e aldilà degli studi. La parola “studi” ricorre non solo in Charcot, ma per mostrare
perché do tanta importanza a questa parola per parlare della legge del moto del rapporto tra corpi (di
scienziato medico da un lato e malato isterico dall’altro) vi rammento il titolo di uno fra gli scritti più
importanti di Freud sull’isteria, Studi sull’isteria, in collaborazione con Breuer, Studien uber Hysterie.
Credo che si potrebbe raccogliere l’intera opera psicologica ventennale di Charcot sull’isteria, anch’essa
come Studi sull’isteria.
Dico di più; il rapporto di Freud con Charcot non è solo un rapporto di debito, peraltro sempre
riconosciuto, di qualcuno che ha ricevuto qualcosa in campo scientifico da qualcun altro, ma è molto di più.
Freud ha un preciso rapporto di identità con Charcot: fino al momento in cui Freud non passa dagli “studi”
all’ “aldilà degli studi”, egli è Charcot. Fino al caso di Dora, all’inizio del secolo, fino al riconoscimento del
grande fallimento degli Studien uber Hysterie, ossia dello studio come statuizione di un rapporto conoscitivo
e terapeutico con l’isteria, finché Freud non riconosce che lo studio è la fonte di un fecondissimo fallimento
in rapporto all’isteria, egli è Charcot che continua a operare e a vivere.
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Do ulteriore rilievo, non solo filologico, come
ho appena fatto, alla parola “studi”: essa significa studi
con gli isterici, presenti non solo come nella celebre foto
presentata prima. Avere con degli isterici, come con
qualsiasi altro soggetto (anche sano peraltro) un
rapporto di studio, significa appunto avere un rapporto. I
rapporti hanno una legislazione: lo studio è una delle
possibili legislazioni che un soggetto può istituire con
un altro soggetto. Charcot, seguito da Breuer, seguito da
Freud, ha inventato (inventio) quella legislazione dei
rapporti che si chiama studio dell’isteria. Una vera e
propria legislazione, allo stesso modo che dire “io ti
amo” è una legislazione dei rapporti fra te e me.
La legge di moto di Charcot coi propri
pazienti è quella legge di moto denominata “studiare”. Il
punto di arrivo della mia esposizione è il punto di arrivo
maturo di Freud, che consiste nel mutare radicalmente
la legislazione dei propri rapporti con gli isterici, e con
gli altri casi di psicopatologia, in quella nuova
costruzione legislativa dei rapporti che coincide in
modo perfetto con l’ultima e definitiva, insuperabile,
formulazione della tecnica freudiana, detta anche regola
o norma fondamentale. Freud cessa di essere Charcot a
partire dal momento in cui abbandona non solo l’ipnosi,
ma anche una prima formulazione della tecnica, quella
Jean Martin Charcot
in cui si trattava di rendere il paziente cosciente dei
Attitudes passionnelles (1877-80)
propri contenuti non saputi, detti “inconsci”. Egli ha
abbandonato questa tecnica per la semplice osservazione che il puro atto di rendere dei soggetti coscienti di
qualcosa di cui non erano precedentemente coscienti produce dei resistenti alla cura o, come io preferisco
dire, dei perversi. Freud l’ha abbandonata per quell’altra legislazione o norma o regola fondamentale del
rapporto analitico che consiste nel mettere a disposizione del paziente una legge di rapporto precedentemente
non in vigore nella vita pratica e interiore del soggetto: transfert, e così via.
Nel passaggio dal primo momento al secondo, sostituzione di una legge con un’altra, nuova legge
dopo vecchia legge (ciò rammenta un lessico della storia che ben conoscete: non mi rifiuto affatto
all’analogia, mentre mi rifiuto assolutamente alla sovrapposizione delle due coppie di concetti), che cosa ha
fatto Charcot? Ha portato l’isteria nel campo della medicina, ossia della clinica. Lo ha fatto da uomo di
scienza. Non ho detto: nel campo della psicologia. Ha trattato l’isteria nel suo essere, e apparire, una realtà
clinica.
Freud ha compiuto un nuovo atto: ha scoperto ciò che nella realtà clinica dell’isteria è non-clinica.
È il primo in tutta la storia del pensiero medico e psicologico a scoprire che nella patologia esiste (sono io a
portare questa esplicitazione, non è Freud a esprimersi in questo modo) una parte clinica (sappiamo quanto
cinicamente variabile essa sia nell’isteria), e una parte niente affatto clinica alla fonte della patologia, non
solo per passaggio di una patologia dalla sintomaticità alla, per quanto instabile, o a volte apparentemente
stabile, asintomaticità. Esiste una non-clinicità, e io dico che è il momento più radicale dell’isteria.
Ora leggo solo alcuni passaggi. Ad esempio: a partire dalla scienza galileiana, abbiamo una scienza
del moto di corpi nei loro rapporti con altri corpi della medesima natura. A partire almeno da Charcot, la
scienza acquisisce non una nuova scienza (...) Charcot non fa una nuova scienza, la grandezza del merito di
Charcot è di essere fallito – fecondo fallimento – così come Freud fallirà tanto quanto Charcot. La differenza
tra Freud e Charcot è che Freud raccoglie il fallimento come nuovo dato per proseguire; è ciò che Charcot
non fa. Perciò per Freud il fallimento è una conquista.
Dicevo: con Charcot la scienza non ha una nuova scienza; Charcot ha fatto la neurologia, non ha
fatto la psicopatologia, o la psicologia in generale, o in particolare dell’isteria. Ma la scienza da Charcot ha
un nuovo problema, quello della possibilità o meno di fare scienza del moto di corpi umani, che sono corpi
che hanno una singolarità in più: ossia anche questi corpi, insieme allo scienziato, benché dopo lo
scienziato, sono corpi che studiano le leggi del proprio moto.
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Vedete che è una problematica assai diversa da quella dell’osservatore in meccanica quantistica, in
cui l’osservazione modifica le leggi di moto delle particelle. È addirittura un truismo, una verità banale circa
l’isteria: l’isterica si è presentata dopo un po’ a Charcot, a Freud e a tutti noi, come un corpo in moto che
anch’esso studia, oltre a praticarle, le leggi del proprio moto in un universo di corpi. Ciò significa che
l’isterica non fa la prima mossa della conoscenza dell’isteria, dello studio di essa. La prima mossa la fa
Charcot, ma appena compiuta la prima mossa, ci si mette anche l’isterica. E quante volte è facile osservare la
fedeltà dell’isterica a questa posizione, che mi sento di descrivere, anche nel tempo, come posizione prima di
allievo (anche quella della foto che abbiamo visto era un’allieva di Charcot, e in quel momento per essere
allieva fa così). Molti articoli sono stati scritti per osservare la disponibilità di Anna O., per esempio, o di
Dora, ad essere allieva dello studioso (il Professore)... Addirittura esiste una carriera dell’isterica: da allieva
ad assistente (è un momento molto importante: Anna O. è proprio l’assistente di Freud), per arrivare secondo
me fino alle soglie del Professore Associato: l’isterica non va oltre, al massimo sfiora il Professore
Associato, di Charcot o di Freud. Poi se ne va, come Anna O., come Dora, come tutte le isteriche. Si tratta
della differenza tra la docilità, che sembra infinita, e la docibilità isterica. Si lascia docere solo fino a un
certo punto, e in ciò è anche docente: Anna O. e le altre isteriche hanno insegnato a Freud delle parole che lui
ha trasformato in concetti della propria disciplina.
Ma viene il momento in cui nello studiato (fino al caso dell’isteria sperimentale: è il caso
dell’ipnosi) questa straordinaria docilità un bel giorno si interromperà. Io descrivo la traiettoria di questo
rapporto in termini un po’ tristi, ossia si tratta di un rapporto di obbedienza delusa. Molti hanno interpretato
come ribellione questa interruzione, che nella vita ordinaria fa parte delle più ordinarie catastrofi amorose
dell’umanità, (è una delle cose di cui Charcot non si rendeva conto, o non voleva rendersi conto, e Freud sì:
l’interruzione del rapporto dell’isterica con lo studioso non è diversa dall’interruzione da parte dell’isterica
del rapporto con il suo amante, nella vita ordinaria di tutti noi come nella letteratura mondiale. È
l’accostamento dei campi che a Charcot non viene e a Freud sì. Così come il prete di tutti i tempi che ha
ricevuto in direzione spirituale (...) La delusione non è ribellione.
È Charcot stesso ad avere ragione allorché più tardi individua un tratto ancora più fondamentale
dell’isteria, la monotonia; essa è monotona, dice sempre la stessa cosa. Vi porto due esempi di successo
culturale a livello mondiale dell’isteria: il ritornello, la frase “mono-tono” dell’isteria alla rottura, è che non
c’è che fallimento del rapporto. La possiamo considerare una vera e propria Teoria: l’isteria è una Teoria
ambulante, una Teoria con le gambe, condensata in questa frase. Culturalmente essa si è espressa così bene
nelle canzoni del tipo Je t’aime, moi non plus, o nel successo dei romanzi di Marguerite Duras, o anche in
Zorbas il greco, in cui nel finale mentre è andato tutto a rotoli c’è un ridere che a me fa solo agghiacciare, e
la frase: «Hai mai visto una catastrofe più bella?»; e da lì balla il sirtakis.
Anche l’isterica ha una posizione. Charcot ha preso la sua. Vediamo non funzionare con l’isterica
la posizione dello studio. È una posizione che io chiamo metafisica (non è un caso che Freud ha definito un
giorno “metapsicologia” la propria scienza, è in rapporto con la metafisicità dell’isteria), ossia una posizione
da cui può compiere indifferentemente – la belle indifférence, di cui sapete tutto – tutte le sortite sul proprio
corpo, o nessuna. È il grande cinismo isterico riguardo al proprio corpo. Il corpo della natura fisica è un
corpo indifferente; all’isterica non importa neppure conquistarlo, o lasciarlo conquistare, con tutte le
conseguenze morali a questo proposito: se qualcuno lo vuole conquistare, che si accomodi! La mia aggiunta
è che l’isteria rappresenta in questa posizione non-clinica la prima forma nella storia di quello che chiamo il
docetismo psicologico (il docetismo è quella dottrina teologica per la quale il corpo, in questo caso di Cristo,
è una pura carcassa, un’apparenza, un simulacro che serve per compiere le operazioni che Dio vuol compiere
per mezzo di esso). L’isterica è la teoria ambulante della psicologia docetista del corpo: il corpo è pura
carcassa per delle operazioni che nella mia posizione metacorporale io posso compiere e altri potranno
compiere sul mio corpo. Recentemente ho parlato del docetismo psicologico a proposito del
comportamentismo e del cognitivismo. L’isteria ha il grande merito di poter dire: “ho cominciato prima io”.
La fine è un esprimere le mie scuse all’isteria. Io credo che tutto il mondo si trovi nella posizione di
dovere chiedere su un punto solo perdono all’isterica o all’isterico. Perché di fronte a questa posizione
dell’isterica il mondo finisce per avere veramente un giudizio sprezzante. Riguardiamo la storia medica del
trattamento delle isteriche: è fondata sul disprezzo. Freud se la prende con Bernheim insultandolo meglio che
può per il suo disprezzo per le isteriche. (l’espressione è “disprezzo medico”). È ben vero che una delle
formule dell’isteria è “aspettami, io non vengo”, ossia il rapporto fallirà sempre, non c’è appuntamento, ma
solo disappuntamento, delusione del rapporto (ormai sapete che è una teoria vincente a livello mondiale,
letterario, psicologico). Non è solo un contenzioso permanente. La posizione isterica è la testimone della
frase, rare volte espressa con esplicita verità, “io non so, ma forse tu, mio studioso e mio curante, neppure tu
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sai, (senza malvagità in questa sfida) se esiste una legge di moto unica per due corpi”. L’isterica non ha fatto
che mettere in pratica lo stesso punto di vista del suo curante, che dice “le leggi dei moti dei corpi tra noi
sono due, la mia di studioso e la tua di malato”: due leggi di moto per due corpi distinti. La questione isterica
è: dimmi tu, e forse non lo sai come non lo so io, se esiste o è concepibile e dunque desiderabile, una legge di
moto di due corpi, o di n corpi, ossia universale. In altri tempi, allorché l’uso di questo lemma non era
sentimentale, si chiamava amore. Una legge di moto per due corpi umani ha avuto, fra le parole che ne
designavano il concetto, la parola “amore”. Charcot non sapeva rispondere, anzi a mio avviso non si
accorgeva della questione. Freud è andato avanti a lungo esattamente come Charcot, con tutti i meriti di
Charcot.
Il finale, già annunciato prima, è che un giorno Freud conclude non solo di non fare più l’ipnotista,
non solo di non rendere più cosciente etc. etc. (che è sempre la posizione dello studiare: ti comunico ciò che
io studioso ho appreso), bensì formula una legge di rapporto che è identica per l’analizzando e l’analizzante.
Legge identica con due modalità di applicazione distinte nell’uno e nell’altro, che impone la propria
obbedienza alla pari a curante e curato, analizzando e analista. Si tratta di un’obbedienza che ha due
coniugazioni differenti nell’uno e nell’altro: nel paziente si chiama regola di non omissione e non
sistematizzazione; dalla parte dell’analista è la regola di ascolto fluttuante e di astinenza.
Freud che cosa ha fatto con ciò? Ha risposto alla domanda, e questione, dell’isterica: “Dimmi tu se
sai, come io non so, dell’esistenza di un’unica legge per il moto di due corpi”. La risposta di Freud è
l’abbandono della legge di rapporto che è lo studiare, o il curare medico, per rispondere: “io so che esiste una
legge, ed è la regola dell’analisi, dunque rispondo positivamente e scientemente alla tua domanda”. A questo
punto sta a te. È una esperienza posta in atto dal finalmente darsi un caso di unicità di legge per il moto di
due corpi. A questo punto diventa il “vedi tu”, perché siamo due soggetti a parità di competenza.
Il finale è questa frase di Freud (che sembra incredibile sia di Freud, sembra interpolata) ne L’Io e
l’Es: «L’analisi non ha certo il compito di rendere impossibili le reazioni nervose, ma piuttosto quello di
creare per l’Io del malato la libertà (in Freud è in corsivo, egli dice “sono doloso nella scelta di questa
parola”) di optare per una soluzione o per l’altra». Credo, e concludo, che sia questo il punto di arrivo di
Freud da quando ha cessato di essere Charcot.
Trascrizione e redazione a cura di G. Genga
Testo non rivisto dall’Autore
© Studium Cartello – 2007
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senza previa autorizzazione del proprietario del Copyright
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