amore incinta

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amore incinta
ARCHE ONLUS
Rassegna Stampa del 16/03/2016
INDICE
ARCHE ONLUS
16/03/2016 Elle Kids
Facciamoci del bene
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16/03/2016 F
Madalina Per i giudici non ero una buona madre. Per non farmi portare via anche
Vultima figlia, sono andata a scuola d'amore
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ARCHE ONLUS
2 articoli
16/03/2016
Pag. 69 N.10 - aprile 2016
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
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ARCHE ONLUS - Rassegna Stampa 16/03/2016
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ARCHE ONLUS - Rassegna Stampa 16/03/2016
16/03/2016
Pag. 57 N.12 - 23 marzo 2016
diffusione:110780
tiratura:214235
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DONNE CORAGGIOSE
Madalina
Igenitori l'hanno
abbandonata a tre anni.
Madalina li ritrova e
scopre che la sorella
gemella, invece, è con
loro. Furibonda, da
Bucarestfugge in Italia.
È sbandata, passa da un
uomo sbagliato all'altro,
fa tre bambini. Due le
vengono subito tolti, uno
è lei a rifiutarlo. Oggi
vive in una comunità che
le ha insegnato a volersi
bene. E afare la mamma
Per i giudici non ero
una buonamadre.
Per non farmi portare
via anche Vultima
figlia, sono andata
a scuola d'amore
DISTEFANIACULURGIONI
Madalina, 30 anni, e Anna, 2 anni.
Vivono a Milano. Madalina lavora come
donna delle pulizie.
G
uardo la mia piccola Anna, è un'ora che piange ma io continuerò
a cullarla finché non si addormenterà. Ha solo due anni. Farò di
tutto perché non mi portino via anche lei. Sono stata una cattiva
madre e solo adesso che vivo in questa casa di accoglienza mi
rendo conto di tutto quello che ho perso: mi hanno tolto tre
bambini, l'ultimo si chiamava Alessandro e ho ancora la sua foto sul telefonino.
Ogni tanto, di notte, lo guardo. È il mio angelo biondo sorridente e delicato.
Piango e mi chiedo se mai gli resterà nella memoria il viso di sua madre, la
madre che non sono stata. Mi chino su Anna, la mia quarta figlia.
«Ti prometto, amore mio, che con te sarà diverso. Sarò una brava mamma
e nessuno ci separerà».
Un'infanzia tormentata in una baracca ai margini di Bucarest
Sono appena nata. I miei genitori vivono in una baracca ai margini di
Bucarest e sono poverissimi. Alle porte della città c'è un orfanotrofio, una
notte mi avvolgono in una coperta, vogliono lasciarmi sul prato, ma il
cancello è chiuso. Mio padre stringe per bene la pezza intorno al mio
corpicino, poi mi lancia oltre le sbarre, su un'aiuola, per attutire la caduta. E
lì che qualche ora dopo mi trova il custode. Passa solo qualche mese e i miei
genitori tornano a riprendermi: hanno scoperto che se una famiglia ha dei
figli piccoli ed è povera, lo Stato da dei sussidi economici. Torno nelle loro
mani, ma non durerà molto.
A volte i ricordi mi trafiggono ancora come lame. Ho tre anni, i miei genitori
mi portano alla stazione dei treni e lì mi abbandonano ancora una volta. •
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DONNE CORAGGIOSE
IL BRUTTO
In queste foto, padre Giuseppe Bettoni, 55 anni,
Arche, gli angeli di Madalina
Sono troppo poveri, non possono o non
vogliono prendersi cura di me. Vago tra
gambe e valigie, mi appoggio a una
centralina con i fili elettrici scoperti, una
scossa potentissima mi attraversa la mano,
il braccio, la gamba e si scarica a terra.
Svengo, mi soccorre la Polizia, ho perso tre
dita e una cicatrice resterà per sempre
lungo il lato sinistro del mio corpo.
Rieccomi in orfanotrofio. Ricordi offuscati
di stanzoni, bambini che vanno e vengono,
paura e solitudine. Nessuna famiglia vuole
adottarmi, ho un moncherino di mano,
solo un'assistente sociale prende a cuore la
mia storia. Mi insegna a leggere e scrivere.
Io ho sempre una cosa nella testa: voglio
ritrovare i miei genitori. Insisto e
incredibilmente, dopo mesi di ricerche,
troviamo un indirizzo. Il grande giorno
arriva: ho 14 anni, l'assistente sociale mi
accompagna, bussiamo alla porta. Quando
la donna ci fa entrare non credo ai miei
occhi: seduta al tavolo c'è una ragazza della
mia età, identica a me. E come vedermi
riflessa in uno specchio e allora capisco: è
la mia gemella, i miei genitori hanno
sacrificato me per tenere lei. Quando
capisce chi sono, mia madre mi caccia in
maio modo: «Non sei miafiglia,vattene!».
È la terza volta che vengo buttata via.
Torno in orfanotrofio rabbiosa
Da tempo ho cominciato a fuggire di notte
e a fare la vita in città. Degli uomini mi
propongono di venire in Italia: «Avrai un
lavoro. Ti farai una famiglia». Non ho
niente da perdere, accetto. Arrivata a
Milano finisco a dormire in un campo rom
e ben presto mi rendo conto che non è la
vita che pensavo: il capo ci picchia e ci
costringe a rubare. Dopo qualche mese
vengo acciuffata: finisco in una comunità
per minori. Per cinque anni, ribelle alle
regole, arrabbiata con la vita, sola e
diffidente, fuggirò e sarò presa di nuovo,
così ho conosciuto almeno cinque istituti.
presidente di Arche, con operatrici e bambini ospiti
della nuova CasArché di Quarto Oggiaro (Milano),
che potrà accogliere 10 mamme con i loro bambini.
Prendersi cura di mamme fragili,
segnalate dai servizi sociali, e
accompagnarle verso l'autonomia
insieme ai loro bambini. La Fondazione
Arche, nata grazie a padre Giuseppe
Bertoni, lo fa dal 1991 attraverso la sua
storica casa di accoglienza, alla quale
oggi affianca un nuovo progetto.
Si chiama CasArché e, oltre ad accogliere
i nuclei mamma-bambino per aiutare le
madri nel recupero psicologico e negli
accudimenti primari (casa, cibo, vestiario,
scuola, salute), vuole affiancarle nel
mettere le basi per un'autonomia
abitativa e lavorativa. Vuoi aiutarli? Trovi
tutte le informazioni sul sito www.arche.it
oppure chiama il numero 02.603603.
A 19 anni, sono libera di fare quello che
voglio. Vivo in un appartamento con un
mio connazionale e scopro di essere
incinta. Lui è violento, siccome ho
semplicemente guardato un altro mi tiene
segregata in una stanza, entra solo per
portarmi pane e acqua. È il suo modo di
punirmi e in fondo penso che me lo
merito, a questa pancia che si gonfia non
faccio neanche caso. Quando nasce il
bambino lo chiamo Jonathan per vezzo, mi
piacciono i nomi con la J, ma per il resto
mi importa poco. Me lo portano via subito
e per me è una liberazione: è l'occasione
per scappare da quell'uomo.
Mi ritrovo di nuovo in giro
Conosco un altro uomo e rieccomi incinta.
I servizi sociali mi tengono d'occhio e ci
mettono poco a separarmi dalla piccola
Chantal. Il padre è uno spacciatore e si
disinteressa di noi, io non lavoro e non
sono una brava mamma. Anzi, non lo sono
per niente: non porto mai la bambina dal
pediatra, la trascuro e sono troppo instabile,
così dopo due mesi viene data in adozione.
E la seconda volta, una debole e sotterranea
consapevolezza comincia a nascere in me,
ma ancora sono una ragazza sganciata dalla
realtà che cerca di sopravvivere alla vita.
Trovo un altro uomo, anche lui sbagliato.
Vivo a casa sua, è manesco, e mi ritrovo
incinta per la terza volta. Ma adesso voglio
tenere questa creatura. L'assistente sociale è
comprensiva, ma ferma: «Madalina, non sei
in grado». Qualcosa dentro di me comincia
a svegliarsi: «Forse ha ragione», mi dico, e
così in ospedale faccio il primo gesto
d'amore consapevole: decido io di dare
Alessandro in adozione. Ma è un dolore
atroce, una separazione lacerante. E piango,
piango disperatamente.
Con Anna nasco una seconda volta
Ho da poco compiuto 30 anni. Due anni
fa ho incontrato un uomo che si chiama
Mahmoud e sono andata a vivere con lui.
Dopo poco ho scoperto di essere incinta di
una bambina. Lui non mi ha mai picchiata,
è un lavoratore, scarica la frutta al mercato,
ma da quando Anna è nata non si è mai
preso cura di noi. Ho deciso di lasciarlo e
con l'aiuto dell'assistente sociale sono
approdata in questa nuova comunità. Ho
incontrato padre Giuseppe, forse il primo
vero padre che io abbia mai avuto, e
Ingrid, che per me è diventata una sorella:
mi ha insegnato tutto, come cambiare i
pannolini, come allattare, come far
addormentare la bambina. Ora lo so: per
niente al mondo mi separerò da Anna.
Alla fine gli assistenti sociali si sono
convinti. Da un anno lavoro come donna
delle pulizie e da qualche settimana è
arrivata la notizia più bella: il Tribunale
ha ritirato il decreto di adottabilità.
Guardo Anna. Finalmente si è
addormentata e la gioia mi riempie il
cuore. Insieme a lei, sono nata anche io. li
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