Ic A. Balabanoff, ROMA, Corso di Arte e Immagine

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Prof. BRUNO FRALLEONI
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Nel corso del XVIII secolo, tramontato l’illusionismo barocco, l’arte ricerca un nuovo
rigore; questo atteggiamento porta l’artista a guardare con rinnovato interesse alla
Natura, non più con l’intento di cogliere in essa i riflessi della divinità, ma col proposito
di esaltarne gli aspetti più diversi.
Prende così avvio un processo di revisione del rapporto tra arte e natura. Dalla
seconda metà del ‘700 fino alle soglie del secondo conflitto mondiale, l’evoluzione
delle arti figurative può sintetizzarsi nella ricerca dei mezzi espressivi necessari per
liberare l’arte dall’incombente confronto con la natura.
Questa metamorfosi, accompagnata da una straordinaria evoluzione tecnica e da un
mutevole contesto sociale, porterà l’arte a ricercare al di fuori della realtà, nuove
motivazioni ed ispirazioni.
Il passo forse più decisivo in tale direzione viene mosso proprio dagli impressionisti che
per la prima volta guardano alla riproduzione della realtà non più con l’intento di
imitarla, ma col desiderio di cogliere e rappresentare soltanto gli effetti sensibili.
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Arte e natura
NEOCLASSICISMO
Con la rivoluzionaria stagione artistica guidata dalla cultura Illuminista
la religiosità ed il misticismo cedono il passo alla Ragione.
L’arte Neoclassica, interprete di tale concezione, mette da parte la
morale e individua quale fine dell’arte il Bello Ideale.
La Natura dunque viene
rappresentata non per
come appare realmente.
Boullée, Etienne Louis, Cenotafio di Newton, 1783
Il realismo barocco viene
bandito: l’arte è atto
creativo che rende l’uomo
simile a Dio. L’artista guarda
alla Natura, ma il suo
intento non è di imitarla, ma
di immaginarla priva di
imperfezioni.
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Arte e natura
La rappresentazione della perfezione già
ricercata nell’antichità classica, diviene il
piano su cui l’arte intende confrontarsi con
la realtà.
Canova Antonio
(1757-1822),
Le tre Grazie, 181316, Marmo, 183 cm
San Pietroburgo,
Museo dell’Emitage
David Jacques-Louis
(1748-1825),
Il Primo Console
supera le Alpi al San
Bernardo, 1801, olio
su tela, 260 x 221,
Museo Nazionale del
Castello di Malmaison
Tale condizione si traduce in uno stile
algido e severo che dapprima si fa
interprete di una cultura progressista e
rivoluzionaria per poi trasformarsi in
simbolo dell’autoritarismo più reazionario.
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Arte e natura
David Jacques-Louis (1748-1825), Il Giuramento degli
Orazi, 1784, olio su tela, 330 x 425, Museo del Louvre
Antonio Canova, Amore e Psiche, 1888,
marmo di Carrara, Parigi Museo del Louvre
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David Jacques-Louis (1748-1825), le Sabine, 1795-98, olio su
tela, 330 x 425, Museo del Louvre
Ingres Auguste Dominique (1780-1867), La
bagnante di Valpincon 1808, olio su tela,
146 x 97 Parigi Museo del Louvre
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Arte e natura
ROMANTICISMO
Se per l’artista neoclassico la Natura deve essere liberata dalle
imperfezioni e resa immutabile ed universale, per il romantico l’immagine
di immobilità e perfezione limita la creatività dell’individuo: l’arte non può
essere soggetta a regole e imposizioni.
L’opera d’arte non è frutto della
razionalità, ma dell’intuito o, meglio, del
«genio». L’impegno artistico è anche
impegno politico e sociale, è ribellione
ad un ordine costituito e a regole
imposte.
La Natura non è un modello, ma è la
fonte a cui l’uomo si ispira per
raccontare il proprio stato d’animo. Le
paura, le gioie, le angosce e tutti i
sentimenti che popolano la coscienza
dell’uomo tornano protagonisti dell’arte
e la Natura è il tramite della loro
rappresentazione e del loro manifestarsi.
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Friedrich Caspar David (1774-1840), Viandante sul mare
di nebbia, 1818, olio su tela, 95 x 75, Hamburger
Kunsthalle
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Arte e natura
Dalla rappresentazione di un
paesaggio popolato e animato da
scene storiche o mitologiche, si passa
all’assenza della figura umana e alla
raffigurazione di atmosfere che
rispecchiano gli stati dell’animo.
Gericault Theodore (1791-1824), La zattera della Medusa,
1819, olio su tela, 491 x 716, Parigi Musée du Louvre
Delacroix Eugène (1798-1863), La Libertà che guida il
Popolo, 1830, olio su tela, 260 x 325, Parigi Musée du Louvre
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Il razionalismo illuminista privo di
spiritualità cede il passo ad una
rinnovata sensibilità religiosa che
si identifica con una profonda
intesa tra l’uomo e la Natura. Le
vibrazioni del sentimento umano
sono valori imprescindibili per
l’artista romantico che guarda
alla storia (presente e passata)
come al luogo in cui ricercare le
radici eroiche della propria
identità.
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Arte e natura
REALISMO
Lo stupore, l’angoscia, la fascinazione per le atmosfere rasserenanti o per i
più violenti ed inquietanti effetti della violenta manifestazione della
Natura, restano, in continuità con il Romanticismo, caratteri tipici della
cultura realista.
Ciò che differenzia
sostanzialmente le due
correnti artistiche è il
rapporto con il soggetto
da rappresentare. Il
realismo bandisce i
contenuti moralistici e i
sentimentalismi: ciò che
vale è la rappresentazione
della realtà per come
appare ai nostri occhi. Non
ci sono aggiunte da parte
del pittore, non sono
permesse le interpretazioni.
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Millet Jean Francois (1814-1875), Le spigolatrici, 1857, olio su
tela, 83 x111 , Parigi, Musée d’Orsay
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Arte e natura
Il soggetto eroico preferito non è più il
protagonista di imprese epiche o di
eventi trascorsi, il vero eroe quello che
riesce a sostenere le miserie e le
difficoltà che il quotidiano gli riserva, i
veri eroi sono contadini ed operai.
Courbet Goustave (314 x 663), Gli spaccapietre, 1849, olio su tela
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Daumier Honoré (1808 - 1879), Vagone di terza classe
1862, olio su tela, 65 x 90, National Gallery of Canada
Il rapporto tra uomo e natura è
mediato dalla conoscenza scientifica
della realtà. La realtà che interessa
l’artista è quella sociale. La sintesi
di questa corrente artistica è nelle
parole del pittore Courbet che nel
1855 afferma: «Ho voluto essere
capace di rappresentare i costumi,
le idee, l'aspetto della mia epoca
secondo il mio modo di vedere,
fare dell'arte viva, questo è il mio
scopo».
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Arte e natura
IMPRESSIONISMO
I movimenti artistici ricordati fin qui mostrano, pur in un’apparente
contrasto, un’evidente continuità, una sorta di evoluzione dello stile e dei
contenuti. Inevitabilmente siamo portati a pensare che l’uno stile non
avrebbe potuto nascere se non in ragione della sua opposizione allo stile
che lo aveva preceduto.
Allo stesso modo però è
evidente come la Natura
resta per tutti un elemento
imprescindibile,
ciò
che
varia, come abbiamo visto è
la maniera di evocarla, di
usarla come strumento di
comunicazione.
Con
l’Impressionismo
assistiamo ad una vera e
propria rivoluzione che, pur
non negando continuità col
passato rigenera totalmente
il modo di rapportare l’arte
Monet, Il Parlamento di Londra, 1903,
olio su tela, Parigi, Musée d’Orsay
alla Natura.
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L’impressionismo è un movimento pittorico che nasce a Parigi intorno al 1870. Come il
Realismo, da cui deriva, pone la rappresentazione della realtà quotidiana al centro dei
propri interessi trascurando però qualunque coinvolgimento o interesse di tipo sociale
o politico.
La modernità degli Impressionisti è nel modo
diverso di affrontare il problema del rapporto con
la Natura e della sua rappresentazione. La
percezione dello spazio e della realtà sensibile,
dipendono e sono condizionate da fenomeni fisici
e da leggi matematiche, ma la loro raffigurazione
non può ridursi alla sola individuazione di una
Claude Monet, Il ponte di Argenteuil,
«scatola» che ne stabilisca i limiti geometrici.
1874, oio su tela, Parigi, Musée D’Orsay
Claude Monet, Regata ad Argenteuil, 1871,
oio su tela, Parigi, Musée D’Orsay
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Il nostro occhio vede ogni dettaglio sul
quale si sofferma, ma il nostro cervello
opera una sintesi da cui scaturisce una
«impressione». Tale risultato non potrà mai
essere oggettivo e soprattutto non sarà mai
lo stesso in momenti diversi. Dopo aver
letto un libro, ad esempio, ci ricorderemo il
contenuto, il significato, forse qualche frase,
ma non terremo mai a mente tutte le
parole; nella stessa maniera ci comportiamo
con la realtà percepita.
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Nonostante la sua comparsa costituisca una
vera e propria rivoluzione nella storia dell’arte,
la sua durata come movimento unitario fu
straordinariamente breve. Dalla prima mostra
realizzata collettivamente nel 1874 presso lo
studio del fotografo Nadar trascorsero
soltanto dodici anni perché si consumasse
l’ottava ed ultima esposizione impressionista.
L’impressionismo non fu un fenomeno isolato
e privo di rapporti con il passato; fondamenta
li furono le esperienze pittoriche della
prima metà del secolo (Delacroix, Turner,
Constable).
Antesignano degli Impressionisti fu il
pittore francese Edouard Manet che col suo
stile moderno e fuori dal comune rivisitò
tutta la pittura dei secoli precedenti: da
Raffaello a Tiziano, dai fiamminghi a
Velazquez e a Goya.
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Il talento di Edouard MANET
(Parigi 1832-1883)
Tra tutti i pittori dell’800 francese, Manet è quello che più
ha creato una cesura con l’arte che lo ha preceduto.
Dopo di lui la pittura non è stata più la stessa. Non
bisogna però pensare a lui come un rivoluzionario. Una
estrazione altoborghese e una formazione maturata in
ambiente accademico (1850-56), lo renderanno incline ad
operare un rinnovamento dell’arte dall’interno degli
ambiti istituzionali. Rifiutando posizioni oltranziste, alla
Courbet, si guarderà dal partecipare alle mostre degli
Impressionisti. Il suo stile risente anche della passione
coltivata per le stampe giapponesi a cui è ispirata la
marcata
linea
disegnativa
a
scapito
di
una
tridimensionalità spesso volutamente ignorata. La sua
arte è il riflesso di una ricerca di modernità e di
rinnovamento non apprezzata dal mondo accademico.
A comprenderne l’importanza saranno i giovani
impressionisti dai quali continuerà a distinguersi per
l’attenzione alla figura e per una ammirazione per la
pittura classica che lo porterà ad imitare, in maniera
considerata dissacratoria artisti come Velazquez, Goya,
Tiziano. Si pensi alla ad esempio all’evidente analogia tra
La colazione sull’erba e il Giudizio di Paride di Raffaello
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Déjeuner sur l’herbe (1862-1863)
- Olio su tela, 130x190 - Parigi, Musée d’Orsay
La sua cultura cosmopolita (viaggerà moltissimo) lo
porterà a conoscere il Rinascimento italiano e a coltivare
una particolare ammirazione per il tonalismo di
Giorgione e Tiziano. Proprio dal Concerto campestre trae
ispirazione per la sua Colazione sull’erba, un’opera
considerata scandalosa dalla critica del tempo non
soltanto per il soggetto rappresentato ma anche per le
libertà stilistiche che l’artista si concede.
Affascinato dai contrasti cromatici della
pittura Veneta del ‘500, Manet li
ripropone come macchie di colore
puro stese uniformemente. Il corpo
nudo della ragazza, definito volgare ed
indecente, riflette di un chiarore reso
ancor più intenso dal fondo scuro su
cui si staglia.
Tale studiato risalto esprime il senso
stesso dell’opera che non emoziona
per il racconto, o per lo stile senza
ricorrere al chiaroscuro
ricercato
intenso, ma per la capacità di evocare
la luce ed il volume.
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Olympia (1863)
- Olio su tela, 208x264,5 - Parigi, Musée d’Orsay
Con quest’opera la reazione scandalizzata della critica raggiunge l’apice. In realtà il
soggetto era con tutta evidenza quello già proposto da Tiziano nella sua Venere
di Urbino e da Goya nella Maja, ma Manet ritrae una nota prostituta parigina e
non ha alcuna intento di farle assumere il ruolo di divinità. Mentre nel dipinto di
Tiziano ogni elemento è un richiamo alla vita coniugale (era un dono di nozze),
alla fedelta (cagnolino), alla bellezza che sfiorisce (la rosa), in Manet non v’è
traccia di un messaggio allegorico, tutto è esplicitamente evidente e rappresenta
realisticamente ciò che appare. Sul piano stilistico ritroviamo la stessa tecnica del
contrasto cromatico qui reso con maggiore forza rispetto al Déjeuner sur l’herbe.
La piatta stesura del colore chiaro del corpo di Olympia è compensata
dalla posizione delle membra e
da particolari mai insignificanti
per lo studiato e preciso valore
cromatico.
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Un bar aux Folies Bergère (1881)
- Olio su tela, 90x136 cm - Londra, Courtauld Institute Gallerie
Pochi anni prima della sua scomparsa Manet realizza quella che può essere definita la
sua ultima opera importante: il bar delle Folies Bergère. Qui l’artista mostra il suo
modo di interpretare i princìpi dell’Impressionismo accogliendone però soltanto una
parte e non contraddicendo la propria ispirazione realista. In ottica impressionista
disgrega lo spazio e le forme sottoponendoli ad un gioco sapiente di luci e colori pur
non rinunciando ai forti contrasti in cui non rifugge l‘uso del nero. Contrasti, non
soltanto cromatici, legano gli elementi del dipinto: al ritratto composto e dettagliato
della ragazza dall’espressione triste, fa eco il tratto rapido ed essenziale che raffigura la
moltitudine vociante, pazza e
spensierata degli avventori; allo
spazio angusto del bancone si
contrappone,
riflesso
nello
specchio, il salone del bar che
sembra estendersi a
perdita
d’occhio. Un’ultima osservazione:
la ragazza in primo piano così
dettagliatamente descritta, non è
protagonista del dipinto, il vero
protagonista è di fronte al suo
sguardo melanconico e triste. Noi
possiamo soltanto vederne un
riflesso, sfuocato come i pensieri
della giovane.
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PLEIN AIR
La
pittura
impressionista
predilige
la
rappresentazione di paesaggi, scene di vita
quotidiana e luoghi della vita sociale e
cittadina (teatri, caffè, boulevards, ecc…); è una
pittura eseguita di getto, senza disegni
preparatori che abbandona i grandi formati. In
sostanza è una pittura che può e deve essere
eseguita in qualunque luogo, in totale libertà,
rapidamente
e
senza
condizionamenti
Monet – La Grenouillère 1869 olio su tela,
ambientali. Per tale ragione si preferisce
75 x 100 New York, Metropolitan Museum
dipingere en plein air cioè all’aria aperta.
Questa pratica era già in uso prima
degli
Impressionisti,
ma
veniva
utilizzata per stendere un primo
abbozzo da completare comunque in
studio. Gli impressionisti, su tutti
Monet, spingono al limite estremo il
plein air portando a termine l’opera
direttamente sul posto.
Questa possibilità viene offerta da una
invenzione che oggi considereremmo
quasi banale: il tubetto di colore
Renoir – La Grenouillère 1869
olio su tela, 66 x 81 - Stoccarda,, Museo Nazionale
industriale.
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LUCE e COLORE
E’ l’elemento indispensabile per la visione. Quando colpisce un
oggetto viene in parte assorbita ed in parte respinta
scomponendosi nei vari colori che a loro volta si mescolano
formando le atmosfere cangianti del nostro universo
quotidiano. Per questa ragione gli Impressionisti dedicano
grande importanza allo studio delle scoperte scientifiche
relative ai fenomeni percettivi, alla luce ed al colore. Le
riflessioni del chimico francese Chevreul sul colore diventano
un vero e proprio Vangelo del pittore d’impressione.
Ne discende una pittura in cui:
1. l’uso dei colori puri si sostituisce alle
mescolanze o alle sovrapposizioni e
alle velature (più i colori si mischiano
minore sarà la loro brillantezza)
2. vengono eliminati i chiaro-scuri
3. si
utilizza
l’accostamento
dei
complementari
per
esaltare
la
brillantezza dei colori
4. non si usa mai il nero
5. le ombre sono colorate
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FOTOGRAFIA
Nasce nel 1837 ed il nome significa
“scrittura con la luce” . Molti artisti,
anche prima degli impressionisti,
fecero ricorso alla fotografia come
modello di riferimento. Gli artisti
impressionisti si sentirono liberi di
avviare la loro “rivoluzione” perché
non più vincolati alla rappresentazione
della realtà, nella quale erano stati
“sostituiti” dalla macchina fotografica,
molto più oggettiva ed economica per
chi voleva un ritratto.
STAMPE GIAPPONESI
A metà Ottocento il Giappone fu costretto ad avviare scambi
commerciali con altri paesi ed in particolare con quelli europei.
In Francia giungeva prevalentemente il tè, imballato con la
carta su cui comparivano ideogrammi e stampe. Manet fu il
primo artista a cogliere la particolarità di queste opere, che ben
presto divennero oggetti da collezione.
L’elemento che maggiormente influenzò gli impressionisti e i
post-impressionisti è il forte gusto decorativo e la cura del
particolare
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I PROTAGONISTI
dell’Impressionismo furono soprattutto pittori francesi: Claude Monet, Auguste
Renoir, Camille Pissarro, Edouard Degas, Alfred Sisley e Paul Cezanne.
Per molti di loro l’adesione al gruppo degli Impressionisti sarà un’esperienza
limitata al momento che li condurrà poi in altri ambiti artistici; forse soltanto
Monet non tradirà mai i principi che lo avevano reso celebre e resterà
impressionista per tutta la sua carriera.
La luce è per tutti un elemento essenziale, ma per
ciascuno la percezione della luce si traduce in un
differente modo di rappresentarne gli effetti. Le
differenze tra i vari artisti saranno vieppiù
sostanziali col passare del tempo, ma fin dall’inizio
si possono distinguere due tendenze nel modo di
rapportarsi alla realtà e alla sua rappresentazione:
da un lato ci sono pittori
come Monet, che ricercano
Rue St Denis, Festa del 30 giugno 1878,
esclusivamente sensazioni olio su tela, Rouen, Musée des Beaux Arts
visive
disgregando
le
masse in puri riflessi; dall’altro pittori come Degas e
soprattutto Cezanne che concentreranno le loro ricerche
su una realtà concepita come somma di superfici, forme
e volumi.
Rue St Denis, Festa del 30 giugno 1878,
olio su tela, Rouen, Musée des Beaux Arts
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Claude MONET
(1840-1926)
È il principale esponente del movimento
impressionista e il più assiduo studioso della
luce e dei suoi effetti sulla natura e la
rappresentazione immediata della realtà.
Dipinse sempre all’aria aperta fino ad età
avanzata quando la malattia lo rese quasi
cieco, costringendolo in studio. La sua pittura
non
si
allontanerà
mai
dallo
stile
impressionista.
L’interesse per la luce
e il colore lo portò a
realizzare serie di dipinti con lo stesso soggetto in differenti
ore del giorno.
Uno dei suoi soggetti preferiti fu il
giardino della sua casa di Giverny,
ritratto in moltissimi quadri.
Nel tempo la sua pittura mutò
radicalmente fino alle ultime opere nelle
quali le forme vengono dissolte in
pennellate materiche e vibranti.
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Ponte giapponese 1918-1924, olio su tela,
cm.89x116, Minneapolis Institute of Arts
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Impression. Soleil levant (1873)
- Olio su tela, 48x63 - Parigi, Musée Marmottan Monet
È il dipinto che più di ogni altro sintetizza la poetica impressionista. A renderlo così
inequivocabilmente evocativo di quella stagione artistica è una curiosa vicenda legata al nome
Leroy che, dopo aver visitato la mostra impressionista del 1874, scrive:
“Che cosa rappresenta questa tela? Impression, soleil levant. Impression, ne ero sicuro.
Ci deve essere dell’impressione là dentro. E che libertà, che disinvoltura nell’esecuzione!
La carta da parati allo stato embrionale è ancor più curata di questo dipinto!”
Un giudizio tutt’altro che
lusinghiero, ma che ai
giovani artisti, vuoi per
autoironia,
vuoi
per
disprezzo della critica di
ufficiale, piace a tal punto
da
definirsi
appunto
Impressionisti.
Il dipinto raffigura il Porto
di Le Havre e ciò che
colpisce è la straordinaria
capacità
di Monet di
rendere viva l’atmosfera ed
i soggetti ritratti
con
semplici tratti, pennellate
rapide e soprattutto con un
sapiente giogo di contrasti
tra i toni freddi dei grigiazzurri e quelli caldi dei
rosso-arancio
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Tra il 1892 e il 1894 Monet sia
appassiona nella rappresentazione
del stesso soggetto, raffigurato
nelle diverse ore della giornata. SI
tratta della serie di tele dedicate
alla Cattedrale di Rouen nelle
differenti ore del giorno. L'artista
vuole dimostrare che con la luce
«ogni cosa muta, anche la pietra».
La
facciata
sembra,
infatti
assumere forme diverse a causa
del variare delle ombre o della
luminosità sui risalti architettonici
della struttura.
Monet dipinge dalla finestra
della sua camera.
L’inquadratura si mantiene
costante e con un taglio
tipicamente fotografico.
A definire le forme non è il
disegno ma le variazioni
cromatiche: la materia viene
smembrata.
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Una passeggiata 1875, olio su tela,
cm.100x81, Wshington, National Galery
I papaveri 1873, olio su tela, cm.50x65,
Parigi, Musée d’Orsay
Donna col parasole 1875, olio su tela,
cm. 131x88, Parigi, Musée d’Orsay
Viale a Giverny 1902, olio su tela,
cm.92x89,Vienna, Museo di Storia dell’Arte
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Rue St Denis, Festa del 30 giugno 1878, olio su
tela, Rouen, Musée des Beaux Arts
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In
occasione
della
prima
festa
nazionale celebrata dopo la guerra francoprussiana, anziché mescolarsi alla folla
nella strada Monet preferì mettersi a un
balcone e riprodurre l’atmosfera animata
da un moto ondeggiante e il contrasto
cromatico dei vessilli.
L’artista si mostra indifferente all’elemento
umano. L’emozione del momento non
vene descritta da volti o gesti: sono messi
da parte gli elementi celebrativi della
contemporaneità e quelli legati alla
concretezza, tipici della visione realista. Ciò
che prevale in Monet è l’espressione dei
valori della percezione, che lasciano solo
intuire la rumorosa presenza umana.
Un dipinto simile è conservato al Musée
de la Gare d’Orsay, ma in questo notiamo
una particolarità che lo distingue dall’altro:
tra i vessilli è possibile leggere una frase
dal sapore patriottico, un modo originale
da parte dell’artista di rendere omaggio
allo straordinario avvenimento a cui sta
assistendo.
Riesci a vedere la scritta?
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25
Se non ci sei riuscito ti aiuto io
La risposta è: VIVE LA FRANCE
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Quello mostrato in precedenza non è
l’unico esempio di messaggio subliminale
celato nei dipinti di Monet. Un altro
esercizio di questo tipo possiamo
individuarlo in questo quadro realizzato lo
stesso anno del precedente (1878) un
paesaggio conservato nel Musée des
Beaux Arts di Rouen.
Nascosto tra la miriade di riflessi ritrae se
stesso mentre ci osserva con un sorriso di
scherno.
Riesci a vederlo?
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Se non lo hai trovato ti aiuto io
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I due volti di PIERRE AUGUSTE RENOIR
(Limoges 1841 - Cagnes s.m. 1919)
Renoir inizia la sua carriera come pittore di porcellane e
stoffe mostrando abilità tecnica e rapidità d’esecuzione.
Dopo aver frequentato l’Ecole de Beaux Arts si dedica
completamente alla sperimentazione, tanto da avere una
impostazione pienamente impressionista già dalla metà
degli anni ’60. E’ in questo periodo che frequenta, Sisley e
Monet e ha modo di ritrarre quest’ultimo in diverse
occasioni. Il sodalizio tra
questi due artisti darà vita
alla stagione impressionista,
ma nonostante Renoir fosse
un pittore simbolo di quel movimento, al pari di
Monet, a partire dal 1878 non parteciperà più alle
mostre del gruppo per seguire un percorso artistico
più convenzionale. E’ probabilmente a seguito di un
viaggio in Italia nel 1881 che matura il definitivo
cambiamento; la visione dei classici, da Raffaello ad
Ingres lo convincono di aver seguito per anni la
strada sbagliata e lo portano a dedicarsi ad uno stile
più sobrio e composto in cui protagonista principale è
la figura femminile ed il cui fine è il valore decorativo Ritratto di Monet che legge 1869
olio su tela, 61 x 50 cm - Parigi, Museo Marmottan
dell’oggetto prodotto.
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L’altalena, 1876, olio su tela, 92 x 73 cm
Parigi, Musée d’Orsay
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Fanciulle al piano, 1892,olio su tela, 116 x 90 cm
Parigi, Musée d’Orsay
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Ballo in campagna, 1883,
olio su tela, 180 x 90 cm
Parigi, Musée d’Orsay
Ballo in città, 1883, olio su tela, 180 x 90,
Parigi, Musée d’Orsay
Ballo al Moulin del la
Galette, 1876, olio su tela,
92 x 73 cm
Parigi, Musée d’Orsay
Ballo a Bougival, 1883, olio
su tela, 180 x 90 cm
Parigi, Musée d’Orsay
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Il maestro CAMILLE PISSARRO (1830 - 1903)
Tra
i
principali
esponenti
dell'impressionismo, ebbe un ruolo
primario nell'organizzazione della
prima mostra del movimento
tenutasi
nel
1874
a
Parigi,
partecipando poi, unico del
gruppo, a tutte le successive.
Poeta della campagna, egli rese
con dolcezza i campi a primavera
e in inverno, gli orti, la terra
lavorata, la neve, la semplicità
rustica.
I tetti , 1876, olio su tela, 92 x 73 cm
Parigi, Musée d’Orsay
Per il suo carattere aperto e conciliante, il suo aspetto
simile ad un profeta con la lunga barba bianca, e gli
incoraggiamenti che sapeva infondere nei giovani artisti
(fu lui, infatti, a scoprire il genio di Van Gogh), venne visto
da tutti gli impressionisti come l'anima che seppe
mantenere unito il gruppo per tanti anni.
Morì a Parigi il 13 novembre del 1903.
Ic A. Balabanoff, ROMA, Corso di Arte e Immagine
Prof. BRUNO FRALLEONI
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Contadina che spinge una carriola, 1874
olio su tela, National Museum, Stockholm.
Ic A. Balabanoff, ROMA, Corso di Arte e Immagine
Rue de l’Epicerie, 1898
olio su tela, Parigi, collezione privata
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EDGAR DEGAS (1834-1917)
Nato da una ricca famiglia parigina abbandona precocemente studio
della giurisprudenza per seguire la sua passione per il disegno e la
pittura. Il suo interesse per i classici viene alimentato da quotidiane
visite al museo del Louvre, dove copia i capolavori dei pittori
olandesi, francesi e italiani.
Frequentatore del Café Guerbois, come il suo amico Edouard Manet
che lo avvicina al gruppo impressionista. La sua adesione
sembrerebbe non troppo convinta, se si considera la sua abitudine a
rifiutare il plein air, e l’assoluta incapacità di rinunciare alla linea di
contorno.
Ciò ce lo rende però impressionista è comunque l’indifferenza per il
soggetto e l’assoluta attenzione per la forma o meglio, come scrive
egli stesso, per «il modo di vedere la forma». La sua non è una
pittura impulsiva, di getto, ma si avvale di studi preparatori e di
fotografie.
Nonostante ciò il suo obbiettivo è comunque
la rappresentazione dell’impressione, del
dettaglio o della sfumatura che lo ha colpito,
tutto il resto svanisce epurato dalla memoria
e dallo studio attento dei propri ricordi.
Anche lui rappresenta la vita, quella delle
città, quella che conosce meglio, quello della
propria quotidianità: corse dei cavalli, teatri,
Cavalli da corsa davanti alle tribune
caffè.
1866 – 1868, olio su tela, 46 x 81 cm, Parigi, Musée d’Orsay
Ic A. Balabanoff, ROMA, Corso di Arte e Immagine
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L’assenzio o In un caffè 1875-1876
olio su tela, 92 x 68 cm Parigi, Musée d’Orsay
Le stiratrici 1884, olio su tela,
76 x 81,5 cmParigi, Musée d’Orsay
La classe di danza 1873-1874
olio su tela, 85 x 75 cm Parigi, Musée d’Orsay
Ic A. Balabanoff, ROMA, Corso di Arte e Immagine
L’orchestra dell’Operà 1868 c., olio su tela,
56,5 x 46 cm Parigi, Musée d’Orsay
Carrozza alle corse 1872 olio su tela, 36,5 × 55,9 cm
Boston, Museum of Fine Arts
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