140715 Memoria 2 Mediaset

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140715 Memoria 2 Mediaset
 IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DEI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI E RADIOFONICI AUDIZIONE Roma, 15 luglio 2014 INDICE 
LA TV TERRESTRE COME ‘BALUARDO’ DELL’INDUSTRIA AUDIOVISIVA
E DELLA DIVERSITÀ CULTURALE EUROPEA E ITALIANA
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LA PRODUZIONE AUDIOVISIVA EUROPEA: CONTRIBUTO FONDAMENTALE ALL’ECONOMIA E ALLA CRESCITA DEI NUOVI MEDIA 
LA TELEVISIONE E L’AUDIOVISIVO NEL CONTESTO DIGITALE ITALIANO: LO SCENARIO D’INSIEME E L’ATTIVITÀ DI MEDIASET pag.4
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 il ruolo sociale ed economico della televisione in Italia  il ruolo di Mediaset nella produzione di contenuti originali  la carta d’identità di Mediaset
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L’ALLOCAZIONE EFFICIENTE DELLO SPETTRO RADIO:
ASSICURARE LA NEUTRALITÀ TECNOLOGICA E LA NON DISCRIMINAZIONE TRA PIATTAFORME
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LA GESTIONE EFFICIENTE DELLO SPETTRO: ASSICURARE ADEGUATE RISORSE ALLE DIVERSE PIATTAFORME IN COMPETIZIONE
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LO SVILUPPO DELLE RETI A BANDA LARGA: EVITARE SQUILIBRI CONCORRENZIALI E ASSICURARE INVESTIMENTI EFFICIENTI 27
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LE TRASFORMAZIONI INTRODOTTE DALLA DIGITALIZZAZIONE
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LE TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA TELEVISIVO EDITORI TELEVISIVI E IMPRESE WEB‐BASED: UNA CONCORRENZA SBILANCIATA I NUOVI ‘COLLI DI BOTTIGLIA’ CONCORRENZIALI LE TRASFORMAZIONI DEL MONDO DELLA PUBBLICITÀ 30
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 ADEGUARE IL QUADRO NORMATIVO E REGOLAMENTARE RIMUOVENDO LE ASIMMETRIE PER ASSICURARE UN CONFRONTO COMPETITIVO EQUO (LEVEL PLAYING FIELD)
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LA NECESSITÀ DI AMPLIARE LA DEFINIZIONE DI “FORNITORI DI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI” LA NECESSITÀ DI AGGIORNARE GLI STRUMENTI DI TUTELA DEL PLURALISMO E LA LORO APPLICAZIONE 41
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IL ‘PLURALISMO INTERNO’ E LA PARITÀ DI ACCESSO DEI SOGGETTI POLITICI AL MEZZO TELEVISIVO (PAR CONDICIO) LA DISCIPLINA DELLA PUBBLICITÀ LA TUTELA DEI MINORI 43
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L’OBSOLESCENZA DELLA DISTINZIONE TRA SERVIZI LINEARI E NON LINEARI 
PROMUOVERE UN SISTEMA DI MEDIA AUDIOVISIVI EUROPEO E NAZIONALE PIÙ COMPETITIVO ED EFFICIENTE
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STRUMENTI PER IL RAFFORZAMENTO DELLA PRODUZIONE AUDIOVISIVA 
LA PROTEZIONE DEL VALORE DELLA PRODUZIONE AUDIOVISIVA ATTRAVERSO L’EFFICACE TUTELA DELLA PROPRIETÀ INTELLETTUALE 
LA LIBERTÀ D’IMPRESA NELLA VALORIZZAZIONE DEI CONTENUTI EDITORIALI 
LA SALVAGUARDIA DELLA RISERVATEZZA NELL’AMBIENTE DIGITALE E LA CONCORRENZIALITÀ DEL MERCATO PUBBLICITARIO 
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LA PROTEZIONE DEL CONSUMATORE NELL’AMBIENTE AUDIOVISIVO DIGITALE LA DEFINIZIONE DI UN AMBITO NORMATIVO EUROPEO DI FISCALITÀ EQUA IL FUTURO DEL SERVIZIO PUBBLICO RADIOTELEVISIVO 48
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1/56 DOCUMENTI ALLEGATI 
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Analysys Mason, The role of DTT and mobile technologies using UHF, October 2013. Confindustria Radio Televisioni, Digital Terrestrial Network operators associated in Confindustria Radio Televisioni ‐ Spectrum Policy Position Paper, 7 maggio 2014. e‐Media Institute, Centrality of content in a context of increasing connectivity, March 2014. e‐Media Institute, Increasing demand for HD/UHD (4K) tv channels and the need for network capacity on the Italian television market, April 2014 e‐Media Institute, The role of DTT in the Italian pay tv market, May 2014 e‐Media Institute, Dimensioni del mercato audiovisivo nell’Unione Europea, luglio 2014. Lear, Il mercato televisivo a pagamento in Italia. Il ruolo delle piattaforme trasmissive, novembre 2013. 2/56  LA TV TERRESTRE COME ‘BALUARDO’ DELL’INDUSTRIA AUDIOVISIVA E DELLA DIVERSITÀ CULTURALE EUROPEA E ITALIANA 
LA PRODUZIONE AUDIOVISIVA EUROPEA: CONTRIBUTO FONDAMENTALE ALL’ECONOMIA E ALLA CRESCITA DEI NUOVI MEDIA 
LA TELEVISIONE E L’AUDIOVISIVO NEL CONTESTO DIGITALE ITALIANO: LO SCENARIO D’INSIEME E L’ATTIVITÀ DI MEDIASET  il ruolo sociale ed economico della televisione in Italia  il ruolo di Mediaset nella produzione di contenuti originali  la carta d’identità di Mediaset 3/56 
LA PRODUZIONE AUDIOVISIVA EUROPEA: CONTRIBUTO FONDAMENTALE ALL’ECONOMIA E ALLA CRESCITA DEI NUOVI MEDIA Il settore editoriale dei contenuti (stampa, musica e radio, audiovisivo, Internet ed editoria multimediale) è uno dei pilastri fondamentali dell'economia digitale: quanto prodotto da questo settore stimola la domanda di nuovi dispositivi multimediali, l'innovazione e la crescita nel settore dell'elettronica di consumo e delle tecnologie dell'informazione (televisori, lettori musicali, pc, videogiochi, lettori DVD e Blu‐Ray Disc, smartphone, tablet, etc.). La circolazione di contenuti editoriali, gran parte dei quali rappresentata da contenuti audiovisivi, ha consentito alle reti e ai servizi di telecomunicazione alti livelli di sviluppo: per quanto si possa credere che lo sviluppo del mercato delle reti e dei sistemi di accesso sia, in un certo senso, indipendente dalla qualità del contenuto editoriale veicolato, pare di gran lunga più sensato ritenere che una elevata qualità e ricchezza dell’offerta editoriale garantisca uno sviluppo maggiore e qualificante dell’intero sistema digitale.  Il macro‐settore editoriale dei contenuti vale nella UE circa 300 miliardi di euro, pari quasi al 2,3% del PIL.  L'industria audiovisiva costituisce una delle più grandi componenti del settore dei contenuti editoriali, attraendo risorse per circa 105 miliardi, pari al 35% del totale del settore.  Il contributo delle industrie audiovisive al macro‐settore dei contenuti editoriali è così ripartito: il 30% del valore totale proviene dai servizi audiovisivi teletrasmessi (cioè, dai servizi di media audiovisivi, costituiti prevalentemente da offerte tv), mentre le componenti audiovisive non in rete, cioè offline (cinema e home video su supporto fisico), generano il restante 5%.  Nonostante il lungo periodo di rilevante crisi economica, il settore dei Servizi di Media Audiovisivi (SMAV), essenzialmente costituito dalla tv, ha vissuto, negli ultimi dodici anni, un periodo di straordinaria crescita (circa il 75%, a valori correnti, tra il 2000 e il 2012) e di innovazione. e‐Media Institute, Dimensioni del mercato audiovisivo nell’Unione Europea, luglio 2014 (documento allegato). Negli ultimi dieci anni, le emittenti hanno investito in modo significativo nel cosiddetto "primo ciclo" della digitalizzazione televisiva (quel ciclo che trova il suo compimento con lo spegnimento del segnale analogico terrestre). Sostengono l'evoluzione delle piattaforme televisive esistenti nella transizione al digitale e ora investono in un "secondo ciclo" di digitalizzazione, con lo sviluppo di una vasta gamma di servizi non lineari basati su Internet e la promozione anche su tale piattaforma della produzione originale nazionale.
La domanda di video online è salita fortemente negli ultimi anni, con un consumo sempre crescente e attraverso un numero sempre maggiore di dispositivi. In questo sviluppo, le emittenti televisive commerciali sono in prima linea in termini di distribuzione di contenuti, non solo per via televisiva, ma anche a mezzo Internet, telefonia mobile e ora nella distribuzione ibrida su banda larga: il numero dei servizi non lineari offerti da emittenti nazionali commerciali in Europa dal 2008 ad oggi è più che raddoppiato ed è in continua crescita. Questo incremento, a sua volta, incoraggia una domanda maggiore e spinge il consumo di video online verso una trasmissione di contenuti duratura e professionale. Grazie a servizi tv non lineari sempre più numerosi e accessibili in qualsiasi momento/dovunque/su qualsiasi dispositivo (AnyTime/AnyWhere/Any Device), i broadcaster offrono contenuti sempre più vicini ai desideri dei consumatori, sia fuori che dentro casa. Anche se le aziende di hardware e software, di elettronica di consumo, i social network e i nuovi aggregatori di contenuti stanno acquisendo un’importante posizione nei segmenti distributivi della 4/56 catena del valore audiovisivo, le emittenti tv restano comunque le sole ad investire sistematicamente in contenuti originali. 
LA TELEVISIONE E L’AUDIOVISIVO NEL CONTESTO DIGITALE ITALIANO: LO SCENARIO D’INSIEME E L’ATTIVITÀ DI MEDIASET 
IL RUOLO SOCIALE ED ECONOMICO DELLA TELEVISIONE IN ITALIA Come afferma la stessa delibera di avvio della presente Indagine, la digitalizzazione ha moltiplicato e diversificato gli strumenti di accesso ai contenuti audiovisivi, ma la televisione svolge ancora un insostituibile ruolo di servizio universale: rappresenta una fonte primaria di informazione e intrattenimento, rivestendo così una funzione sociale specifica e importante.  La DTT‐Digital Terrestrial Television è la principale piattaforma televisiva italiana, con il 95% di copertura della popolazione e il 96% delle famiglie raggiunte. Costituisce l’84% del totale audience televisiva, il 70% del totale tempo speso dal pubblico nella fruizione dei media, il 48% della spesa pubblicitaria e il 58% delle risorse totali del settore audiovisivo.  Il tempo dedicato al consumo di contenuti audiovisivi attraverso la tv è in continua crescita (260 minuti pro capite nel 2013 rispetto ai 253 nel 2011) e notevolmente superiore al consumo di online video da pc (31 minuti nel 2013).  L’80% dei giovani (che sono, peraltro, i maggiori consumatori di contenuti via web) vede la televisione free. e‐Media Institute, Centrality of content in a context of increasing connectivity, March 2014, pagg.16 e 17 (documento allegato). Questa funzione è dimostrata, innanzitutto, dal fatto che la tv assicura al pubblico la massima parte dell’informazione audiovisiva: riveste ancora un ruolo prioritario per gli individui come fonte di conoscenza dell’attualità nazionale e internazionale. Canali dedicati interamente all’informazione 24h/24h sono presenti sul digitale terrestre (Tgcom24 e RaiNews) e sul satellite (Skytg24). Sono 11 i telegiornali nazionali (Tg1, Tg2, Tg3, Tg5, Studio aperto, Tg4, TgLa7, MtvNews, DeeJayTg, Tg2000 e Tg CanaleItalia), ciascuno con numerose edizioni giornaliere. A questo elenco vanno aggiunti, infine, gli spazi informativi presenti sulle reti semigeneraliste e l’informazione offerta dalle tv locali.  AGCom‐Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, nella “Indagine conoscitiva sul settore dei servizi internet e sulla pubblicità online” (gennaio 2014), rileva che l’83% delle persone per informarsi utilizza il mezzo televisivo e che il 42% di coloro che utilizzano anche Internet per informarsi spesso accede ai contenuti informativi prodotti dagli editori e dagli stessi broadcaster1.  I telegiornali rappresentano lo strumento di informazione preferita per il 75% dei giovani di età tra i 14 e i 29 anni2 e sono la prima fonte di informazione per il 96% degli studenti delle superiori3. 1) AGCom, Indagine conoscitiva sul settore dei servizi Internet e sulla pubblicità online, gennaio 2014, delibera 19/14/CONS allegato A, punti 431 e 433. 2) XI Rapporto sulla Comunicazione Censis 2013, L’evoluzione digitale della specie, pag.97. 3) Fonte interna Mediaset. 5/56 Anche una vasta gamma di contenuti di intrattenimento è offerta da tutte le emittenti, pubbliche, private, nazionali o locali, idonea a rispondere alle esigenze di ogni fascia di pubblico, per età e condizione socio‐culturale: c’è un’ampia scelta di prodotti eterogenei, da quelli a consumo più vasto e popolare (fiction e autoproduzioni, grandi eventi, film campioni di incassi, soap opera, show e quiz) a quelli destinati a target più specifici e connotati (su tutti, serialità d’importazione e cinema d’autore). I broadcaster nazionali sono i principali finanziatori dello sport professionistico nazionale ed europeo, in particolare del calcio: tutta l’offerta calcistica italiana e internazionale (campionati, coppe europee, ecc), sia di Club che di Nazionali, è disponibile sulle reti free e pay italiane. Vi sono poi canali, sia free che pay, interamente dedicati alla trasmissione di eventi e all’informazione sul mondo sportivo, con una copertura pressoché completa di tutte le discipline e competizioni (a titolo di esempio, si ricordano la MotoGP, la SuperBike, la Formula Uno, i principali tornei di tennis, etc…). La televisione rappresenta oggi, come sempre nel corso della sua storia, un medium di sicura affidabilità, che affianca allo spirito imprenditoriale la consapevolezza del proprio ruolo nei confronti della collettività e delle responsabilità ad esso connesse. Gli operatori televisivi continuano a ispirarsi al concetto fondamentale della responsabilità editoriale: i contenuti proposti costituiscono il risultato di scelte ben determinate, atte ad assicurare sia un adeguato livello qualitativo sia – come si rileverà meglio più avanti ‐ il rispetto delle regole e dei diritti dei terzi, come la proprietà intellettuale, l’onore e la reputazione, la riservatezza dei dati personali, la salvaguardia dei minori, etc.  Il mezzo televisivo garantisce i diritti costituzionali fondamentali, in particolare i diritti di accesso all’informazione ‐ nel rispetto della parità di trattamento dei soggetti politici ‐ e alla cultura, contribuendo allo sviluppo di una coscienza collettiva nazionale e individuale, sempre nel rispetto della tutela della persona (privacy, minori, diritto d’autore). Sotto il profilo economico, la tv costituisce un’attività di primaria importanza nel panorama economico nazionale, per numero di occupati, contributo alla fiscalità, risorse apportate ad altri comparti di attività (come la produzione audiovisiva anche indipendente), le attività culturali in genere e lo sport.  Misurato a livello dei ricavi ‐ sulla base dei criteri del SIC (Sistema Integrato delle Comunicazioni) ‐ il mercato tv in Italia vale circa € 8,4 miliardi e rappresenta, quindi, la più grande industria editoriale del Paese4.  Con circa 5 miliardi di euro di ricavi, la sola televisione gratuita equivale al 26% del mercato complessivo del SIC, stimato in 19 miliardi. La stessa tv gratuita è pari al 60% del mercato dei Servizi di Media Audiovisivi5.  Sull’intero settore audiovisivo, considerato in tutti i suoi segmenti (tv, cinema, home video e online video), la televisione digitale terrestre pesa per il 58%5.  Si stimano in 29.000 gli occupati del settore, a fronte di un indotto di oltre 60.000 addetti6. 4) Agcom, Sistema Integrato delle Comunicazioni. Risultanze del processo di valutazione delle dimensioni economiche per l’anno 2012, delibera 19/14/CONS allegato A pag.8. 5) e‐Media Institute, Centrality of content in a context of increasing connectivity, March 2014, pag.25. 6) Confindustria Radio Televisioni, Digital Terrestrial Network operators associated in Confindustria Radio Televisioni ‐ Spectrum Policy Position Paper, 7 maggio 2014, pag.13 (documento allegato). 6/56 La tv è tuttora di gran lunga il principale produttore di contenuti audiovisivi (film, fiction, serie tv etc.) e i broadcasters free‐to‐air sono i principali attori e finanziatori dell’industria audiovisiva. Essa apporta risorse determinanti ad attività di primaria rilevanza culturale, prima tra tutte la produzione cinematografica, ma anche le produzioni musicali, teatrali etc.  La spesa annua in produzione e acquisto di diritti in film è pari a circa 500 milioni di euro, di cui 150 milioni in produzione e co‐produzione e circa 350 milioni in acquisizione di diritti nazionali e stranieri (dati 2011)7. I broadcaster terrestri hanno attraversato un’evoluzione tecnologica importantissima: sono stati gli unici che hanno contribuito alla transizione al digitale terrestre e al completo sviluppo dello stesso, in termini di fatturato, numero di operatori e varietà nei contenuti offerti, affrontando investimenti assai ingenti. E nuovi sviluppi tecnologici sono imminenti, come l’introduzione del sistema di trasmissione DVB‐T2 (evoluzione dell’attuale sistema DVB‐T), già prevista a livello normativo.  La DTT‐Digital Terrestrial Television è la principale piattaforma televisiva italiana, con il 95% di copertura della popolazione e il 96% delle famiglie raggiunte. Costituisce l’84% del totale audience televisiva, il 70% del totale tempo speso dal pubblico nella fruizione dei media, il 48% della spesa pubblicitaria e il 58% delle risorse totali del settore audiovisivo8. Rilevanti anche gli effetti del sistema televisivo sui mercati contigui della pubblicità e del marketing, della vendita di apparecchi televisivi e di altri terminali di ricezione (smartphone e tablet), utilizzabili per la visione dei contenuti audiovisivi. Si tratta di mercati per i quali la televisione e, in particolare, quella digitale terrestre svolge un ruolo ineguagliabile e letteralmente insostituibile. Se si considera il Revenue Return On Investment (Revenue‐ROI), cioè il ritorno degli investimenti pubblicitari misurato sul piano dei ricavi generati dalle campagne pubblicitarie televisive, si può ben comprendere l’impatto economico che la tv ha sull’intero sistema. Nessun’altra componente delle industrie culturali o delle cosiddette “creative industry” ha la stessa funzione sociale ed economica: si tratta di un effetto impareggiabile di stimolo alla crescita economica, che caratterizza principalmente la televisione gratuita commerciale e che le attribuisce il ruolo che ha avuto e ha tuttora nelle nostre economie basate sul libero mercato.  Le aziende investitrici, per ogni euro speso in pubblicità sul digitale terrestre, realizzano introiti da 5 a 9 euro per il prodotto pubblicizzato (ritorno medio sulle vendite). Ciò significa che la DTT genera, tramite la pubblicità, effetti economici diretti stimabili in circa €20/36 miliardi.  Sul mercato italiano le nuove imprese digitali (ad esempio, e‐commerce e servizi online) godono di entrate provenienti dalla pubblicità televisiva pari a un moltiplicatore che varia da 18 a 26.  Il digitale terrestre genera circa 5 miliardi di vendite nel consumo elettronico e nel settore ICT. e‐Media Institute, Centrality of content in a context of increasing connectivity, March 2014, pagg.26‐27. 7) e‐Media Institute, Centrality of content in a context of increasing connectivity, March 2014, pag.30‐31. 8) e‐Media Institute, Centralilty of content in a context of increasing connectivity, March 2014, pag.2. 7/56 La televisione è anche un fattore di sviluppo di altre piattaforme mediali, inclusa Internet, considerato che la programmazione televisiva genera significativi consumi oltre che attività degli utenti sui social network e contribuisce alla creazione di nuove forme di multimedialità che coinvolgono diverse piattaforme. È erroneo guardare a Internet o all’ambiente Internet‐video come un sistema ‘alternativo’ a quello televisivo. Anzi, esso si evolve basandosi sempre più sulla ricchezza dell’offerta tv e sull’ampio ruolo che essa ha sul piano socio‐economico. Processi quali l’integrazione broadcast‐broadband, la spinta allo sviluppo delle connected tv (i televisori connessi alla Rete), la diffusione di dispositivi quali Chromecast o Apple tv, così come lo stesso sviluppo di video‐portali, quali YouTube (che verranno maggiormente analizzati nel prosieguo del documento), sono essenzialmente sostenuti dalla qualità del contenuto audiovisivo professionale, che trova origine all’interno della filiera della produzione televisiva. Anche il cosiddetto “original digital video”, cioè l’audiovisivo prodotto professionalmente in originale per una distribuzione primaria su Internet, i cui consumi sono in crescita, in molti casi nasce o trova spunti all’interno del mercato televisivo o in ambiti ad esso contigui e da esso direttamente influenzati.  Secondo un recente studio di GfK Media & Entertainment, in USA il tempo speso su Internet per guardare programmi televisivi, film e videoclip professionali è cresciuto considerevolmente, passando da 7 minuti medi per adulto nel 2010 a ben 19 nel 2013. Di questi 19 minuti, 9 sono dedicati a programmi televisivi e 7 a film. I rimanenti 3 minuti sono dedicati alla visione di videoclip professionali. I contenuti video amatoriali (non‐professional video) attraggono l’utente medio per soli 4 minuti9. In sintesi, non ci sarebbe sviluppo di Internet come vero e proprio ambiente audiovisivo in assenza di filiere industriali solide, in grado di generare contenuti professionali di grande attrattività per il pubblico. In assenza di una forte industria audiovisiva, non ci sarebbe nemmeno uno sviluppo significativo e qualificante delle industrie delle reti, dei servizi e dei sistemi di accesso. 
IL RUOLO DI NELLA PRODUZIONE DI CONTENUTI ORIGINALI Nel 2013 il solo Gruppo Mediaset ha prodotto 307 programmi, per più di 17.000 ore di prodotto finito. Gran parte di questo sforzo produttivo è realizzato nel settore dell’informazione (news/sport), che nel 2013 ha realizzato circa 13.500 ore di programmazione. La struttura portante dell’area informativa è costituita dai tre telegiornali Tg5, Studio Aperto e Tg4; in particolare, il Tg5 è la testata leader sul cosiddetto “target commerciale” (cioè, la fascia di pubblico tra i 15 e i 64 anni) in termini di ascolti. Agli stessi tg si affiancano le produzioni di infotainment e approfondimento giornalistico a cura della testata Videonews (quali, ad esempio, Mattino 5, Pomeriggio 5, Quinta colonna, Matrix, Verissimo, Domenica Live, Quarto grado, Segreti e Delitti, Terra!, Lucignolo). Si tratta di programmi di successo rispetto al loro target commerciale, che assicurano ai telespettatori adeguate possibilità di conoscenza e di riflessione sui più svariati aspetti dell’attualità. Largo spazio è dato anche all’informazione sportiva, cui è dedicata una specifica testata, Sport Mediaset. 9) GfK Media & Entertainment, Original digital video consumer study, aprile 2014, pag.19.
8/56 E’, inoltre, da citare il ‘sistema’ all news TgCom24: si articola in un canale televisivo gratuito, che trasmette 24 ore su 24 notiziari e programmi d’informazione, anche in diretta, ‘pillole’ e breaking news su tutte le reti digitali free; i contenuti di Tgcom24 sono accessibili anche in un sito Internet e in applicazioni per smartphone e tablet. TgCom24 è il primo caso europeo di un servizio informativo web‐
based, divenuto poi un canale televisivo e un intero ‘sistema’ multipiattaforma: è la dimostrazione concreta del ruolo importante che le offerte di contenuti professionali possono avere nell’arricchire la dimensione propriamente editoriale di Internet. Secondo l’ultima rilevazione Audiweb (dati pubblicati ai primi di luglio), Tgcom24 è il terzo nella classifica dei siti di informazione, con 904.918 utenti unici giornalieri. Tutta l’offerta informativa del Gruppo è fruibile anche attraverso i corrispondenti siti web. Da rilevare anche che l’organizzazione della struttura dedicata all’informazione del Gruppo Mediaset, impostata secondo i criteri di una vera e propria agenzia giornalistica, grazie al profilo multimediale dei professionisti dedicati è quanto di più avanzato e flessibile, in grado di rispondere con tempestività ed efficienza e utilizza ogni piattaforma trasmissiva del Gruppo. L’attività di produzione e acquisizione di contenuti, volta a soddisfare le differenti necessità di palinsesto dei canali generalisti e di quelli nativi digitali e a predisporre un’offerta di servizi a pagamento attraente, è diversificata in tutti i generi televisivi, quali fiction, film, soap, reality, intrattenimento, programmi informativi (costituiscono esempi di significativo successo Amici, C’è posta per te, Grande Fratello, Le Iene, Zelig, Colorado, Squadra Antimafia, Le tre rose di Eva, Avanti un altro, oltre ai già citati Mattino 5, Pomeriggio 5 e Quinta Colonna). In particolare, nella produzione cinematografica il Gruppo Mediaset è presente con due distinte società, Medusa e Taodue, i principali produttori sul mercato cinematografico italiano: vantano rispettivamente il premio Oscar 2014 La grande bellezza e Sole a catinelle, il primo posto assoluto nella storia del box office italiano. Da segnalare le due grandi recenti produzioni musicali Concerto di Morandi e Rock economy di Celentano. Per quanto riguarda lo sport, Il 10 febbraio 2014 la Uefa, al termine di una gara aperta a tutti gli operatori, ha assegnato a Mediaset i diritti esclusivi per l’Italia su tutte le piattaforme di tutti i match in diretta e gli highlights di Champions League per le tre stagioni 2015‐2016, 2016‐2017, 2017‐2018. Il Gruppo ha stipulato, negli ultimi anni, importanti accordi a livello nazionale e internazionale, che gli assicurano la disponibilità pluriennale dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi di punta destinati ad alimentare l’offerta del servizio a pagamento Mediaset Premium (dalle partite del campionato di Serie A dei principali club italiani per la stagione 2014/2015 alla Europa League, di cui il Gruppo detiene, in Italia, i diritti di sfruttamento fino alla stagione 2014‐2015). A fine giugno Mediaset si è aggiudicata anche i diritti della Serie A per le stagioni dal 2015 al 2018. L’offerta editoriale del Gruppo Mediaset si articola anche in altri siti web: www.videomediaset.it (che ripropone puntate e spezzoni di programmi andati in onda sulle reti Mediaset, oltre che contributi audiovideo resi disponibili dal pubblico), www.meteo.it e www.sportmediaset.it, tutti accessibili anche dal portale www.mediaset.it. Il Gruppo ha lanciato tre servizi non lineari, disponibili, tra l’altro, in ambiente OTT‐Over The Top:  PREMIUM PLAY: incluso nell’abbonamento Mediaset Premium, contiene una library di più di 3mila contenuti (Cinema, Calcio, Serie, Documentari, Bambini), oltre a puntate/programmi/estratti tratti dalle reti free; Premium Play è disponibile su decoder e televisori connessi, consolle, tablet e personal computer;  INFINITY: innovativo servizio di contenuti a pagamento (€9.99/mese), offre ai suoi clienti la possibilità di accedere in streaming a un catalogo di più di 5.000 titoli tra film, fiction e programmi tv, in continua evoluzione.  MEDIASET REWIND: mette a disposizione gratuitamente i migliori contenuti degli ultimi 7 giorni delle reti Mediaset, accessibili direttamente dal televisore in modalità streaming video. Entro la fine del 2014 si prevede che saranno oltre 700 milioni i video Mediaset visti online. 9/56 
LA CARTA D’IDENTITÀ DI STRUTTURA AZIONARIA La situazione aggiornata relativa all'assetto societario vede Fininvest come azionista di controllo, con una quota del 41,3%. Mediaset ha in portafoglio azioni proprie pari al 3,8% del capitale. La restante quota del capitale sociale appartiene al Mercato. PARTECIPAZIONI / PRINCIPALI SOCIETÀ Bilancio Consolidato 2013 10/56 DATI ECONOMICI Consolidato di Gruppo (mln €) Ricavi netti Risultato operativo (Ebit) Risultato netto 2013 2012 3.414,7
246,3
8,9
3.720,7
(235,4)
(287,1)
2013 2012 2.588,5
176,1
7,3
2.834,9
(284,0)
(307,4)
2013 2012 Consolidato (mln €) Ricavi netti Risultato operativo (Ebit) Risultato netto Consolidato (mln €) Ricavi netti Risultato operativo (Ebit) Risultato netto 826,8
70,2
4,2
886,7
48,8
50,1
PERSONALE 2013 Organico puntuale (al 31.12.2013) Organico medio (al 31.12.2013) 2012 5.693
4.401
5.908
4.573 5.882
4.574
6.252
4.892 Pari opportunità Italia, composizione per qualifica (T.I.) Dirigenti Giornalisti Quadri
Impiegati Operai
Totale
2013
uomini
donne
% donne 232
66
22% 178
146
45% 470
396
46% 1.532
1.300
46% 4
0% 2.416
1.908
44% 11/56 
CANALI FREE E SERVIZI PAY Situazione complessiva dei diversi servizi audiovisivi attualmente eserciti da RTI e Boing. CANALI FREE CANALI FREE SERVIZI SERVIZI DIGITALI TERRESTRI
GIÀ ANALOGICI NATIVI DIGITALI TERRESTRI NON LINEARI PAY PER VIEW DIGITALI TERRESTRI
Canale5 Boing Mediaset Premium Premium Play Italia1 Iris Infinity Rete4 La5 Mediaset Rewind Mediaset Extra
TopCrime Italia2 Cartoonito Tgcom24 RTI è editore anche del canale satellitare a pagamento , visibile fuori territorio italiano dal 12/10/2009. 12/56 
ASCOLTI 2013 Totale giornata e Prime Time Ascolti Individui Target commerciale (15‐64 anni) 24 ore prime time 24 ore prime time RETI GENERALISTE 14,9%
15,3% 16,1%
17,2% 6,5%
7,1%
8,3%
8,6% 5,0%
5,2%
4,1%
4,1% 27,6% 28,5%
29,9% TOTALE 26,4%
RETI NATIVE DIGITALI Boing, Iris, Premium Calcio, La5, TopCrime, 6,0%
Italia2, Cartoonito, Mediaset Extra
TOTALE MEDIASET 32,4%
6,6%
6,8% 33,8% 35,1%
36.7% 6,2%
Il totale ascolto nelle 24 ore nel 2013 è stato mediamente pari a 10,5 milioni di individui, con una crescita del 2% rispetto allo stesso periodo del 2012. Il totale dell’offerta delle reti Mediaset ‐ considerando il contributo dei canali visibili in digitale terrestre sia free che a pagamento (Premium Calcio) rilevati dall’Auditel ‐ hanno ottenuto, rispetto al totale individui, il 32,4% di share nelle 24 ore, il 32,2% in day time e il 33,8% in prime time. Mediaset si riconferma leader sul target commerciale in tutte e tre le fasce orarie, sia come reti generaliste sia come totale editore. Sullo stesso target Canale 5 risulta la rete più vista in tutte le fasce orarie e Italia 1 sempre la terza rete. Nel periodo gennaio‐maggio 2014 Mediaset conferma la sua leadership negli ascolti sul target commerciale 15‐64, con il 36,5% di share. 13/56 Ascolti Individui Target commerciale (15‐64 anni) 24 ore prime time 24 ore prime time RETI GENERALISTE Telecinco 13,5%
13,4% 12,7%
12,3% Cuatro 6,0%
5,6% 7,3%
6,9% TOTALE 19,5%
19,0% 20,0%
19,2% RETI NATIVE DIGITALI La Siete, Factoria De Ficcion, 9,6%
8,3% 11,1%
9,4% Boing, Divinity, Energy, Nueve
TOTALE MEDIASET ESPANA 29,1%
27,3% 31,1%
28,6% Nel 2013 il complesso dell’offerta televisiva in chiaro del Gruppo Mediaset España ha ottenuto un’audience share media sul totale individui nelle 24 ore pari al 29% e del 31% sul target commerciale. Telecinco ha ottenuto il 13,5% di share nelle 24 ore, mentre nel target commerciale si attesta ad una media nell’anno pari al 12,7%. Per quanto riguarda il prime time, Telecinco è leader nel totale individui con una media del 13,4%, mentre Cuatro del 5,6%. MEDIASET PREMIUM Ad oggi le tessere attive sono 4,1 milioni, di cui circa 2 milioni di abbonamenti. 2013 2012 552,0
518,0
Ricavi da vendita tessere prepagate e abbonamenti (mln €) Ricavi complessivi 652,0
605,0
tv a pagamento (mln €) I ricavi caratteristici di Mediaset Premium, costituiti dalla vendita di carte prepagate, ricariche e abbonamenti Easy Pay, si sono attestati a 552 milioni di euro, in crescita del 6,6% rispetto ai 518 milioni di euro del 2012: un risultato decisamente positivo e in controtendenza rispetto all’andamento del mercato della pay tv, determinato dall’ulteriore calo dei consumi delle famiglie. 14/56 
EMESSO E AUTOPRODUZIONE Nel 2013 sono state trasmesse, da ciascuna delle tre reti generaliste, 8.760 ore di palinsesto, per un totale di 26.280 ore, il 46,2% delle quali costituite da programmi originali autoprodotti. % sul totale ore palinsesto TOTALE MEDIASET n. ore emesse n. ore autoprodotte (totale produzioni) 26.280
12.167
100% 46,2% n. ore emesse n. ore autoprodotte (totale produzioni) 8.760
6.345
100% 72,2% n. ore emesse di cui autoprodotto (totale produzioni) 8.760
2.367
100% 26,9% n. ore emesse di cui autoprodotto (totale produzioni) 8.760
3.454
100% 39,3% Sempre nel corso del 2013 sono stati realizzati 307 programmi televisivi, corrispondenti al 37,2% del totale trasmesso dalle reti Mediaset, con un incremento del 3% rispetto al 2012. Le ore di prodotto finito complessivamente realizzate nel corso del 2013 sono state 17.032. Per quanto riguarda News e Sport, sono state oltre 13.500 le ore di autoprodotto emesso, di cui oltre 9.300 ore di News e 4.200 ore di Sport. 
ACQUISIZIONE DIRITTI library diritti al 31 dicembre 2013 RTI possiede la più importante library di diritti televisivi italiana e una delle più importanti in Europa e svolge attività di acquisizione, sviluppo e produzione dei diritti per lo sfruttamento televisivo nazionale free e pay tv. free tv pay tv ‐ ppv n. titoli episodi n. titoli episodi
5.734 29.121 4.937 11.298 15/56 
DIRITTI TELEVISIVI E CINEMATOGRAFICI Mediaset negli ultimi dieci anni ha investito 20 miliardi di euro nell’industria dei contenuti. Il dato netto cumulato in diritti televisivi e cinematografici risultante dal Bilancio al 31 dicembre 2013 è pari a 1.606,4 milioni di euro. 
INVESTIMENTI IN OPERE EUROPEE E ITALIANE Mediaset ogni anno ‐ nel pieno rispetto delle norme in materia di obblighi d’investimento in opere europee ‐ destina quasi la metà dei propri ricavi da attività pubblicitaria a investimenti in produzione e acquisto di programmi audiovisivi europei, circa 1.200 milioni di euro nel 2012, di cui circa 220 milioni in opere di produttori indipendenti. Sempre nel 2012 sono stati investiti 115,7 milioni di euro in fiction italiana e 72,3 milioni di euro nella produzione di cinema italiano. 
DIRITTI D’AUTORE Il Gruppo versa annualmente circa 60 milioni di euro per i compensi agli autori (SIAE: musica, equo compenso per opere cinematografiche e assimilate e repertorio DOR; Nuovo IMAIE; SCF/AFI). 
CONTRIBUTO DIRITTI D’USO FREQUENZE TV E CONTRIBUTI AGCOM Il contributo per i diritti d’uso delle frequenze televisive in tecnica digitale terrestre relative ai 5 multiplex assegnati a Elettronica Industriale nell’anno 2012 è stati pari a € 19.664.358,73. Nel corso dell’anno 2013, a seguito della completa conversione del sistema alla tecnica digitale ‐ che ha portato all’estinzione dei titoli concessori in capo agli editori ex analogici e alla piena operatività degli operatori di rete ‐ si è avviato il processo di modifica delle modalità di computo e pagamento dei contributi d’uso delle frequenze per allinearle alle regole previste dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche per tutti gli operatori di telecomunicazione. Il sistema passerà, quindi, dal computo dell’onere quale percentuale del fatturato dell’editore analogico ad una determinazione in quota fissa per ogni multiplex esercito dall’operatore di rete. E’ in corso la consultazione pubblica indetta da AGCom (del.210/14/CONS) a cui il Gruppo ha partecipato per addivenire alla definizione delle nuove regole. Il Gruppo Mediaset contribuisce ogni anno al finanziamento dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per le sue spese di funzionamento: nel 2014 l’ammontare è stato pari a €4.005.518,53 (1,4 per mille dei ricavi nei settori di competenza AGCom). Dal 2012 viene, inoltre, versato un contributo all’onere derivante dal funzionamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: €131.721, come quota parte del totale contributo pagato da Fininvest (€ 400.000). 
MULTIPLEX DIGITALI TERRESTRI Nel 2014 i multiplex digitali terrestri di titolarità del Gruppo Mediaset sono cinque, tutti con un grado di copertura intorno al 94%. 16/56 
EI TOWERS SPA In Italia Mediaset opera anche nell’attività di gestione e servizi di infrastrutture di rete attraverso la controllata EI Towers SpA. La società è leader in Italia nella gestione di infrastrutture di rete e servizi di comunicazione elettronica finalizzati al broadcasting televisivo, radiofonico e mobile. Attraverso EI Towers, Mediaset dispone di 3.200 postazioni per la trasmissione del segnale televisivo, dislocate su tutto il territorio nazionale. Quotata alla Borsa di Milano, nell’esercizio 2013 EI Towers ha registrato ricavi pari a 233,2 milioni di euro e un risultato operativo pari a 58,4 milioni di euro. 17/56 18/56 
L’ALLOCAZIONE EFFICIENTE DELLO SPETTRO RADIO: ASSICURARE LA NEUTRALITÀ TECNOLOGICA E LA NON DISCRIMINAZIONE TRA PIATTAFORME  la gestione efficiente dello spettro: assicurare adeguate risorse alle diverse piattaforme in competizione  lo sviluppo delle reti a banda larga: evitare squilibri concorrenziali e assicurare investimenti efficienti 19/56 
L’ALLOCAZIONE EFFICIENTE DELLO SPETTRO RADIO: ASSICURARE LA NEUTRALITÀ TECNOLOGICA E LA NON DISCRIMINAZIONE TRA PIATTAFORME Nella prima parte si è dimostrato come la televisione continui a svolgere un ruolo socio‐economico centrale e insostituibile. Le considerazioni successive, da un lato, vogliono dimostrare come il sistema televisivo, grazie alla digitalizzazione, si sia fortemente evoluto in senso concorrenziale e pluralistico, soprattutto mediante i forti investimenti sostenuti dalle imprese per l’adeguamento tecnologico delle reti e l’incremento dell’offerta di contenuti; d’altro lato, le medesime considerazioni rendono chiaro come lo stesso sistema televisivo sia, attualmente, esposto alla concorrenza delle imprese di telecomunicazione (con la pressione competitiva sulle risorse frequenziali, che comporta impatti rilevanti sulla gestione dello spettro radio) e delle imprese globali del web (che operano secondo modelli di business anche molto diversi da quelli tradizionali e sono esenti dai numerosi condizionamenti e vincoli normativi e regolamentari). 
LA GESTIONE EFFICIENTE DELLO SPETTRO: ASSICURARE ADEGUATE RISORSE ALLE DIVERSE PIATTAFORME IN COMPETIZIONE In un’Europa contrassegnata dalla presenza di servizi pubblici forti e da diversi Stati con prevalente copertura universale del servizio televisivo su frequenze terrestri, la gestione del spettro radio è quanto mai rilevante e delicata, impattando, come può, sui modelli di business e sulla qualità e quantità dell’offerta televisiva. In Italia, dove l’unica piattaforma universale, l’unica in assoluto per 18 milioni di famiglie, è il digitale terrestre, che viaggia su frequenze hertziane, l’impatto delle decisioni sullo spettro radio è di vitale importanza. Prima di affrontare il tema delle ulteriori richieste di frequenze in banda UHF da parte degli operatori mobili operanti in tecnica LTE‐Long Term Evolution, va ricordata la procedura di infrazione aperta nel 2006 dalla UE, che solo oggi, ad asta del dividendo digitale avvenuta, potrebbe trovare la propria composizione. In Italia, la conversione dall’analogico al digitale si è attuata grazie all’attività dei broadcaster, che a loro spese hanno costruito le reti digitali. Nell’approfondimento La procedura d’infrazione sulle frequenze tv (pag.22 del presente documento) sono illustrate le vicende più rilevanti che hanno contraddistinto gli ultimi 10 anni della lunga strada fino al consolidamento della tv digitale di oggi. All’orizzonte non mancano le nubi. Prime fra tutte, come si è accennato, le richieste degli operatori di telefonia mobile di occupare l’intera banda 700 MHz. Va ricordato che la conferenza di Ginevra WRC 2012 ha deciso che dal 2015 la banda 700 vedrà l’utilizzo co‐primario di tv e tlc con la tecnologia LTE. Ormai è superfluo ricordare la demagogia che ha Radio spettro ‐ High Level Group: nel gennaio 2014 la portato alla sostituzione del beauty contest CE ha incaricato Pascal Lamy, ex Commissario al (procedura trasparente richiesta dall’Europa per Commercio estero presso la CE nonché ex Direttore l’assegnazione del dividendo digitale) con l’asta generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, di presiedere un gruppo di discussione ‐ HLG on UHF band ‐ composto da alti economica che avrebbe potuto assicurare introiti rappresentanti dell’industria radiotelevisiva e delle telecomunicazioni miliardari per lo Stato italiano. L’allora ministro mobili (Mediaset è l’unica società italiana rappresentata) con lo scopo di Passera dette un impulso velleitario alla delineare le strategie future da adottare in materia di gestione della destinazione dell’intera banda 700 alle Telcos, banda UHF, in parte utilizzata dall’industria televisiva. Questa iniziativa, senza in alcun modo tenere in conto le esigenze che si inserisce nel contesto più ampio della preparazione alla prossima World Radio Conference 2015 e dello Radio Spectrum Policy Programme di sopravvivenza e di sviluppo della piattaforma dell’UE, rappresenta un ulteriore canale politico attraverso il quale gli digitale terrestre. operatori mobili, mettendo pressione sugli Stati Membri e sulla Nessuna decisione europea è stata ad oggi Commissione, intendono accaparrarsi nuove bande di frequenza, assunta su quale porzione della banda e quando orchestrando di fatto un piano graduale per una rapida marginalizzazione della piattaforma digitale terrestre che (come questa dovrà essere tolta alle tv e assegnata agli dimostrato da numerose relazioni, tra cui recenti rapporti dell’autorità di operatori di telefonia mobile per servizi LTE. Ne è settore britannica OFCOM) continua ad essere il metodo distributivo più testimonianza l’High Level Group, costituito nel efficace, sia in termini di costi che qualitativi, per l’offerta gratuita “punto a multi‐punto”. La riunione conclusiva dell’HLG si è tenuta lo scorso 20 giugno a Bruxelles; seguirà la pubblicazione della relazione finale del Presidente Lamy. 20/56 gennaio scorso dall’Unione europea (si veda l’approfondimento Radio spettro‐High Level Group), che ha tra i suoi obiettivi proprio quello di trovare modalità e tempistica per la destinazione della banda 700. Quello che è certo è che ogni decisione dovrà tenere conto del principio di neutralità tecnologica e del diritto della piattaforma terrestre, al pari di ogni altra, di conservare le frequenze necessarie non solo alla propria sussistenza, ma anche allo sviluppo di un’offerta qualitativa, quantitativa e tecnologica consentita nel sistema digitale. La gestione dello spettro radio deve tendere a realizzare la più ampia concorrenza possibile tra differenti piattaforme, in modo da consentire all’utenza e ai produttori/fornitori di contenuti la scelta della piattaforma preferita o del mix di servizi (magari veicolati da differenti piattaforme) meglio idonei ad assolvere alle proprie esigenze. Se venisse ulteriormente erosa la banda attualmente a disposizione dei broadcaster assegnandola a servizi mobili, si determinerebbero impatti irreversibili per tutto il sistema televisivo in quanto verrebbero ridotte le risorse assegnate di almeno 6 coperture nazionali e di un numero, da valutare caso per caso, di coperture locali, senza alcuna possibilità di sostituzione. In alcune aree, a rischio di coordinamento internazionale (come, ad esempio, alcune regioni sulla fascia adriatica), le risorse disponibili potrebbero addirittura essere estremamente ridotte. Con la redistribuzione delle risorse residue non si potrebbe, comunque, evitare una riduzione del numero dei multiplex nazionali, pregiudicando i diritti acquisiti dagli operatori di rete, con effetti deleteri sulle situazioni economiche e patrimoniali e con un indebolimento di tutto il settore e del suo indotto. Nonostante il risultato di parziale assegnazione delle frequenze all’asta (una sola rete rispetto alle 3 previste), non si riuscirebbe, con l’utilizzo di quelle non assegnate, a bilanciare la riduzione rispetto alle attuali reti operanti. Anche con la transizione verso sistemi trasmissivi più evoluti ed efficienti (DVB‐T2) e di compressione (H.265/HEVC), non sarebbe possibile compensare la riduzione della capacità di trasporto. Il tutto è reso ancora più evidente dall’improrogabile necessità di ampliare sempre più l’offerta di canali in HD‐High Definition per reggere la competizione con la piattaforma satellitare, già ora ‐ grazie a risorse trasmissive pressoché illimitate ‐ quasi completamente operante in tale tecnica. Attualmente, i servizi HD sul digitale terrestre sono meno di una decina contro i più di 80 sul satellite. Un adeguato sviluppo dell’offerta HD sulla piattaforma DTT sarebbe possibile solo garantendo l’utilizzo dell’intera banda UHF attualmente assegnata agli operatori di rete10. Senza parlare dei problemi legati alla trasformazione dei servizi esistenti, possibile solo con un adeguato periodo di garanzia di simulcast, cioè di ‘convivenza’ degli stessi canali in versione SD‐Standard Definition e HD. Non bisogna, peraltro, dimenticarsi che il DTT ha appena concluso la sua totale conversione, che ha comportato ingenti investimenti (Mediaset, per convertirsi alla nuova tecnologia, ha dovuto sostenere investimenti per circa 1,3 miliardi di euro, comprensivi anche dell’acquisto di diritti per avviare la piattaforma). 10) e‐Media Institute, Increasing demand for HD/UHD (4K) tv channels and the need for network capacity on the Italian television market, April 2014 (documento allegato). 21/56 La procedura d’infrazione sulle frequenze tv.  La vicenda, apertasi nel 2006 (procedimento 2005/5086) a seguito di un esposto dell’associazione Altroconsumo e il cui ultimo atto formale verso l’Italia è il parere motivato del 2008, si è prolungata nel tempo anche per alcuni rilanci della Commissione rispetto agli adempimenti concordati inizialmente. Le contestazioni iniziali riguardavano la legge Gasparri e il mancato inserimento nella stessa di procedure pubbliche nell’assegnazione delle frequenze tv, l’impossibilità per nuovi operatori di concorrere all’assegnazione e il permanere nell’ordinamento italiano del titolo concessorio per il diritto d’uso sulle frequenze al posto dell’autorizzazione generale, prevista dalle normative UE. Tutti i punti mancanti sono stati inseriti nell’articolo 8 novies della legge 101/08. L’attuazione della procedura pubblica per l’assegnazione del dividendo digitale, validata dalla lettera del 2009 tra l’allora sottosegretario Romani per il Governo e Reding e Kroes commissari per la UE, si è potuta concludere ufficialmente solo il 25 giugno scorso, grazie soprattutto, da una parte, alle perdite di tempo della DG Concorrenza per approvare le norme di gara e consentire la partecipazione di Sky Italia a uno dei mux messi a gara; dall’altra, ai cambiamenti di rotta del Governo Monti, che sostituì nell’imminenza dell’assegnazione la gara a offerta economica al beauty contest, pur essendo stato quest’ultimo in precedenza condiviso dalla Commissione. Tutti gli operatori contestarono l’ipotesi di un’asta che, si diceva, avrebbe incassato somme miliardarie. Oggi un solo imprenditore (Gruppo Cairo Communications) ha presentato l’offerta e si è aggiudicato uno dei 3 multiplex messi a gara; la cifra incassata (circa 31 milioni) rappresenta comunque un modesto decimale di quei miliardi.  Tra le misure più significative richieste dalla Commissione si segnala la legificazione della delibera 181/09/CONS dell’Autorità con la l.69/09, poi confermata dalla l.44/12. In detta delibera sono stati stabiliti i criteri per la completa digitalizzazione delle reti televisive terrestri, fissate in 21 reti nazionali da destinare al DVB‐T e ulteriori 4 reti per servizi DVB‐H. Si tratta di norme particolarmente importanti per garantire certezza al settore: hanno consolidato in via legislativa il numero delle reti nazionali legittimate ad operare. Tali reti sono state poi confermate nel successivo Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il servizio televisivo in tecnica digitale, approvato con delibera 300/10/CONS. Dopo le conversioni da DVB‐H in DVB‐T delle reti Rai e Mediaset, oggi i multiplex nazionali legittimamente operanti sono i seguenti: 5 ciascuno per Rai, Elettronica Industriale, Persidera (L’Espresso/Telecom Italia Media); 1 ciascuno per D Free, H3G, Centro Europa 7, Rete Capri, Gruppo Cairo Communications; 2 rimangono ancora non aggiudicate a seguito della gara.  Tenuto conto dell’ormai acclarata obsolescenza tecnica ed economica del sistema DVB‐H (la televisione sui telefonini), non più giustificabile alla luce dei principi di efficienza nell’utilizzo dello spettro e di neutralità tecnologica stabiliti nelle direttive comunitarie (con provvedimenti rispettivamente del 27 giugno e 13 settembre 2013), il Ministero dello Sviluppo economico, previo parere di competenza di AGCom, ha autorizzato la conversione da DVB‐H a DVB‐T del quinto multiplex di Mediaset e di Rai, facendo seguito ad analoga autorizzazione a suo tempo rilasciata a H3G. Va, peraltro, tenuto presente che la conversione del quinto multiplex di Mediaset, in quanto modificazione dell’operazione di concentrazione mediante cui era stata acquisita le rete analogica successivamente digitalizzata, ha costituito oggetto di notificazione all’Autorità Antitrust che, con decisione n. 4679 del 10/12/2013, ha autorizzato la conversione, sottoponendola al rispetto di alcuni impegni. In particolare, sulla base di tali misure, né il mux ‘convertito’ né la capacità trasmissiva ‘liberata’ su altri mux di Mediaset (grazie al trasferimento di contenuti su tale quinto mux) potranno essere utilizzati per ampliare con nuovi contenuti editi dal Gruppo la sua offerta televisiva gratuita.  La Commissione Europea, indipendentemente dagli esiti della gara, ha peraltro insistito per l’introduzione delle altre misure richieste nella lettera del 2009 dalle commissarie Kroes e Reding: l’obbligo per chi detiene 5 mux di cedere il 40% della propria capacità trasmissiva del quinto mux a fornitori terzi indipendenti a prezzi orientati al costo e il tetto massimo a 5 mux detenibili per arrivare alla chiusura della procedura di infrazione. L’indagine sulla disponibilità di capacità trasmissiva per nuovi entranti recentemente licenziata da AGCom ha concluso che oggi non esistono più barriere d’ingresso alla capacità trasmissiva, rendendo non necessaria dette misure.  La situazione del mercato televisivo italiano è profondamente mutata, come pure è stata modificata la struttura della gara, passando da un beauty contest gratuito ad una gara, che è stata la prima a livello europeo in cui sono state assegnate frequenze televisive con un’asta a offerta economica. Nel 2006, quando fu aperta la procedura, il sistema televisivo italiano era in massima parte analogico, fondato sull’istituto concessorio; sin dal luglio 2012, il sistema è interamente digitalizzato. La digitalizzazione, svolta in costante coordinamento con la Commissione, ha consentito, tra l’altro, l’ingresso sul mercato di nuovi operatori di rete (H3G, DFree, Centro Europa7 e il nuovo Gruppo Cairo), oltre che di numerosi nuovi fornitori di contenuti non verticalmente integrati. E’ ormai operativo anche il nuovo soggetto Persidera, detentore di 5 mux multiplex a seguito della fusione tra TIMB e L’Espresso. La stessa digitalizzazione ha reso possibile la creazione di un “dividendo digitale” sia esterno (le frequenze della banda 800, liberate e assegnate a operatori di rete a banda larga) sia interno (le radiofrequenze oggetto del procedimento di gara), senza che questo abbia condotto a una compressione dell’offerta di contenuti disponibili per i telespettatori, che si è, al contrario, incrementata.  La distribuzione delle risorse del sistema televisivo attuale risulta profondamente diversa da quella esistente nel 2005, agli albori della digitalizzazione: il gruppo Newscorp con Sky Italia, attivo sia nella tv a pagamento che nell’emittenza gratuita, è il primo operatore per ricavi, seguito da Mediaset e Rai. Sono presenti anche fornitori di contenuti non verticalmente integrati, come il gruppo Discovery (con i suoi 6 canali che hanno superato il 6% di ascolti), che raggiungono importanti risultati in termini di audience e di raccolta pubblicitaria, che hanno portato a una considerevole moltiplicazione dell’offerta di programmi in un contesto tale da consentire a nuovi soggetti, con progetti seri e credibili, di proporsi senza ostacoli e con successo. Va da sé che queste valutazioni si impongono ancor di più in chiave prospettica, atteso che la completa digitalizzazione ha radicalmente mutato gli scenari di mercato e le condizioni di confronto competitivo a tutti i livelli della catena del valore.  In virtù di detta evoluzione, a distanza di otto anni dall’apertura della procedura, l’atteggiamento della Commissione è obsoleto rispetto al cambiamento del quadro normativo e regolamentare nonché di quello economico e tecnologico sottostante. In un contesto peraltro sempre più multipiattaforma, gli oltre 80 canali free trasmessi in digitale terrestre rappresentano un esempio straordinario di pluralismo economico ed editoriale, a dimostrazione di come non esista più alcuna anomalia italiana.  La Commissione non potrà che prendere atto di come il quadro attuale in Italia presenti una situazione concorrenziale pienamente rispondente ai livelli europei. Una presa di coscienza della mutata situazione italiana dal punto di vista della concorrenza e dell’abbassamento delle barriere all’ingresso nel settore non potrà che portare in tempi brevissimi alla chiusura positiva della procedura UE. 22/56 Per di più, agli operatori DTT – unici nell’industria trasmissiva ‐ è stata subito dopo imposta per legge la ‘rottamazione’ di una parte della rete di diffusione del segnale, per effetto della riassegnazione della banda 800MHz: gli impianti appena digitalizzati sono stati smantellati, con ulteriori costi per gli operatori e disagi per gli utenti, che hanno dovuto adeguare la propria apparecchiatura. Diversamente, le Telco non hanno mai dovuto affrontare tale situazione: al contrario, hanno sempre più ampliato l’occupazione dello spettro radio, senza dover intervenire per razionalizzare le frequenze a fini di maggiore efficienza (il cd refarming). E’ questo un evidente esempio di diseconomia e inefficienza nell’uso delle risorse disponibili.  La competizione tra televisione e reti broadband deve svolgersi sul mercato, a parità di condizioni che consentano ai diversi operatori di essere competitivi tra di loro, senza decisioni amministrative che distruggano le risorse esistenti, in mancanza di chiare evidenze di concrete, e non velleitarie, possibilità di sviluppo di tecnologie alternative. L’unico sistema che è in grado di diffondere contenuti audio‐video in modo efficiente è quello tipico del broadcast “one to many”, da uno a tutti, come è quello del digitale terrestre e del satellite. La tecnologia mobile a banda larga, come la LTE, non è in grado di raggiungere i consumatori ai costi e con il livello di efficienza assicurati dalle reti dei broadcast tradizionali e permangono dubbi sulla sua capacità di migliorare tale performance a lungo termine. Le reti IP sono più efficienti nella fornitura di servizi audiovisivi ‘point‐to‐point’. La piattaforma digitale terrestre, invece, è una rete ideale per fornire servizi di radiodiffusione, con un elevato livello di certezza in termini di qualità e con costi di ‘consegna’ bassi. Infatti, il costo della rete è normalmente compreso fra € 0,2‐1 per famiglia al mese per un massimo di 60 canali distribuiti 24 ore su 24 per 7 giorni. La piattaforma digitale terrestre gioca un ruolo universale nella maggior parte degli Stati Membri dell'UE, distribuendo contenuti di servizio pubblico e canali televisivi free, sia nazionali che commerciali e locali, nonché servizi di pay tv.  Come sostenuto da OFCOM, ente di regolamentazione dei media britannici, nel documento “Spectrum Management Strategy” (30 aprile 2014), la convinzione è che quella DTT rimarrà un’importante piattaforma di trasmissione almeno fino al 2030. In particolare, non sono prevedibili nell’immediato futuro altre piattaforme che sostituiscano il ruolo della DTT nel consentire l’accesso universale alla visione libera dei contenuti, in particolare, di servizio pubblico. L’efficienza nello sfruttamento dello spettro dovrebbe essere raggiunta, secondo Mediaset, non mediante arbitrarie mutilazioni delle risorse attualmente disponibili per la radiotelevisione, bensì mediante lo sviluppo di soluzioni tecniche idonee a massimizzare l’utilizzo di ciascuna frequenza rispetto sia alla pianificazione (l’introduzione della tecnica SFN–Single Frequency Network nel PNAF‐
Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze rappresenta un esempio significativo) che alle tecnologie di trasmissione e di compressione dei dati (la tecnologia DVB‐T2, la cui introduzione in Italia è già prevista dalla legge, offre opportunità importanti, così come lo standard di codifica HEVC‐High Efficiency Video Coding)11. Il passaggio al DVB‐T2 dovrà essere pianificato secondo una tempistica 11) Analysys Mason, The role of DTT and mobile technologies using UHF, October 2013. 23/56 adeguata all’innovazione tecnologica dei sistemi di codifica e graduale per non imporre all’utenza inutili cambi degli apparati di ricezione. Sarà importante salvaguardare la qualità dei servizi che potranno essere offerti e la competitività degli stessi nel confronto con altre piattaforme. Non dovranno esserci limitazioni nella possibilità di fruire contenuti in tecnica HD: tutta l’offerta attuale, e non solo, dovrà trovare adeguati spazi trasmissivi in questa particolare tecnologia e nei suoi ulteriori sviluppi possibili. Piuttosto che imitare modelli stranieri (es. Stati Uniti e Asia), dovremmo contare sulle risorse esistenti in ogni singolo Stato e promuoverle.  Quello della DTT è uno standard UE di eccellenza, il modo più efficace per fornire servizi televisivi migliori, di qualità, per la stragrande maggioranza dei cittadini europei: un’offerta libera, i cui costi della Rete sono interamente sostenuti dalle emittenti e non dagli utenti. La DTT rappresenta la forza del sistema radiotelevisivo europeo, costituito dal servizio pubblico e dagli operatori commerciali che concorrono allo sviluppo e alla fornitura di produzioni originali. Non è accettabile optare per un servizio pubblico limitato ad una piccola nicchia, come quello americano, e sacrificare la tv commerciale sull'altare della Silicon Valley. L'accesso alle reti è fondamentale affinché questo sistema sopravviva e mantenga la capacità di sostenere l’industria dei contenuti.  Il Parlamento europeo sostiene che il mantenimento dell’utilizzo primario della banda UHF per le trasmissioni televisive e la neutralità della Rete sono due pilastri fondamentali per la sopravvivenza del sistema europeo, che è la chiave per l'industria audiovisiva europea, e quindi della specificità delle nostre culture e identità nazionali12. Se le reti di nuova generazione sono un mezzo per aprire la strada a Paesi terzi nel nostro mercato interno, dovremmo almeno assicurarci che stiamo facendo un gioco equo, con regole Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP): eque su entrambe le sponde dell'Atlantico. Se lanciato nella primavera 2013, il TTIP ‐Transatlantic Trade and Investment Partnership è un accordo bilaterale tra Stati Uniti e le emittenti sono limitate nella loro capacità UE che si prefigge di rimuovere barriere commerciali in una vasta gamma di di raggiungere il loro pubblico con un’offerta settori economici per facilitare l'acquisto e la vendita di beni e servizi tra di contenuti pervasivi ed efficaci, si potrà Europa e Stati Uniti. In seguito alla pressione di alcuni Stati Membri e del anche dichiarare nulla la salvaguardia della Parlamento europeo, i servizi culturali e audiovisivi sono esplicitamente esclusi dal mandato a negoziare che il Consiglio dell’UE ha fornito alla Commissione diversità culturale nei negoziati in corso del europea il 14/06/13. Nel testo del mandato viene esplicitato che questa TTIP‐Trattato transatlantico sul commercio e esclusione è temporanea e che l’Esecutivo comunitario avrà il diritto, in una gli investimenti (si veda l’approfondimento fase ulteriore del processo negoziale, di raccomandare altre direttive Trattato transatlantico sul commercio e gli concernenti “qualsiasi argomento”. E’ sulla base di questo compromesso che la CE ha potuto mantenere aperto il dialogo con i rappresentanti investimenti). d’oltreoceano a tutti gli argomenti, incluso il settore culturale e audiovisivo, approfittando dei confini non chiari tra cultura e audiovisivo e altri temi Mediaset certamente non vuole che l'UE si formalmente inclusi nella negoziazione. Il 20 maggio scorso si è concluso il isoli dagli sviluppi globali e si chiuda in una quinto round negoziale. Il sesto round avrà luogo a Bruxelles dal 14 al 18 (insostenibile) autarchia: vuole essere parte luglio e sono previste discussioni, tra gli altri, su commercio di beni e servizi e temi regolamentari. del processo, rispettando la specificità 12) European Parliament, 2010 Report on public service broadcasting in the digital era: the future of the dual system, punto 13. 24/56 culturale, e non vuole lasciare l'UE in balia di altri continenti, il cui impulso è semplicemente quello di trasformare l'UE in un mercato destinatario passivo.  La difesa della diversità culturale si ottiene solo se lasciamo che le emittenti ‐ che sostengono l'80% della produzione di contenuti originali ‐ proliferino. Tale questione non può essere svincolata dal dibattito sulla banda 700 MHz, senza la quale la DTT dovrà lottare per la sua sopravvivenza. Si aggiunga che, contrariamente a quanto sostenuto anche in sede di conversione del decreto legge 2 marzo 2012 n.16 (c.d. “decreto Passera”, poi convertito nella legge 44/12) da vari portatori d’interessi e soggetti politici, la futura allocazione della banda 700 non è affatto predeterminata dagli esiti della Conferenza dell’ITU‐International Telecommunication Union, svoltasi a Ginevra nel 2012, che, viceversa, ha confermato la destinazione televisiva delle frequenze di tale banda, prevedendo per il futuro che ciascuno Stato, in coordinamento con i confinanti, resti libero di decidere se mantenere tale destinazione oppure adibire la banda a servizi di telecomunicazione mobile. In altri termini, la destinazione della banda 700 alle telecomunicazioni mobili è tutta da definire, con ampi margini di discrezionalità della UE e dei singoli Stati, in coordinamento tra loro. Nelle conclusioni della Conferenza ITU13 si legge, infatti, che l’allocazione della banda 694/790 MHz ai servizi di comunicazione mobile avrà luogo, dopo la Conferenza del 2015, “on a co‐primary basis with other services to which this band is allocated on a primary basis”, inclusi ovviamente i servizi di broadcasting.  La Risoluzione: 
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fa salvo il riesame, all’esito degli approfondimenti demandati agli Stati e all’ITU, dell’identificazione del margine inferiore della banda; incarica l’ITU di approfondire “the compatibility with other primary services to which the band is allocated, including in adjacent bands” nonché con “other services currently allocated in the frequency band 694‐790 MHz”; incarica l’ITU “to study solutions for accomodating applications ancillary to broadcasting requirements”: ciò rende definitivamente chiaro che la Risoluzione non comporta affatto l’espulsione della televisione dalla banda 700, ma la necessità di garantire ‐ ove necessario, in ragione delle scelte attuali e pregresse degli Stati ‐ adeguati strumenti di coesistenza, tali anche da consentire lo sviluppo di servizi ‘accessori’ al broadcasting (trasmissione dati e altro); invita gli Stati Membri a prendere parte attiva in tutti gli approfondimenti indicati, in particolare “to indicate as quickly as possible, in the process of preparation for WRC15, the spectrum requirement for the mobile service, the broadcasting service and the other services, in order to determine the options for the frequency band to allocated to the mobile service, as well as the related channelling arrangements”. 13) Risoluzione COM 5/10 della WRC‐World Radiocommunication Conference 2012, Ginevra, febbraio 2012. 25/56 In conclusione,  Lo Stato, e a maggior ragione l’Unione Europea, rimangono del tutto liberi di sostenere, in sede internazionale, che l’utilizzo della banda 700 per le trasmissioni televisive è tuttora necessario per assicurare alla televisione la possibilità di continuare a svolgere la propria fondamentale funzione socio‐economica, nel contesto di una competizione non falsata con le altre piattaforme. Stati Membri e UE potranno, inoltre, modularne l’eventuale rilascio, in stretta connessione con una diffusione congrua di apparati ricettivi abilitati al DVB‐T2 avanzato. Detto questo, sono comunque da evidenziare i limiti della tecnologia mobile broadband rispetto ad altre tecnologie, in particolare alla DTT:  la tecnologia mobile broadband può essere utilizzata in maniera efficiente solo in grandi aree urbane, mentre non è indicata per raggiungere le zone non ad alta urbanizzazione e zone montane. Sin da ora, e sempre di più nel futuro, sarà preponderante l’uso della tecnologia Wi‐Fi per la diffusione di audiovisivi rispetto al web: In Europa il numero dei devices evoluti (tablet e smartphone) è cresciuto significativamente negli ultimi 5 anni e tale trend è destinato ad aumentare (circa 12% medio annuo fino al 2017). Il numero totale dei devices mobili connettibili ad Internet raggiungerà nel 2017 circa 890 milioni di pezzi. Di questi, gli smartphone rappresenteranno l’85%. A questo, si aggiunga il fatto che la messa in commercio di apparecchi sempre più sofisticati incoraggerà il consumo più elevato di bytes. Infatti, la crescita del traffico dati sarà nel periodo 2013‐2017 di circa il 35%. A tale crescita di hardware e di consumo di traffico dati sarà correlata una crescita ancora più elevata (64% medio annuo) del traffico basato su reti Wi‐Fi. L’uso sempre maggiore di questa tecnologia deriva da una serie di fattori:  il prezzo dei gigabyte è più alto sulle reti mobili che sulla rete Wi‐Fi e la velocità è minore;  le reti Wi‐Fi consentono connessioni a più alta qualità di quelle mobili;  la maggior parte dei tablet sono connessi ad Internet via Wi‐Fi;  c’è un alta penetrazione di reti fisse nelle case/uffici e un incremento di hot‐spot pubblici.  Nel 2018 l’80% del traffico sarà su rete Wi‐Fi, il restante 20% su reti mobili (dato medio per Europa e Italia).  Con la diminuzione dell’uso delle reti mobili si assisterà a una migliore efficienza nell’uso dello spettro in relazione allo sviluppo tecnologico (da UMTS‐Universal Mobile Telecommunications System a LTE‐Long Term Evolution). Analysys Mason, The role of DTT and mobile technologies using UHF, October 2013 (documento allegato). 
La tecnologia mobile broadband non è cost‐efficient al di fuori delle aree urbane: infatti, non è adatta, soprattutto dal punto di vista economico, a coprire aree non urbane contrariamente alle reti DTT. Basti pensare che, con un unico trasmettitore DTT, situato in Valcava, si può raggiungere quasi tutta la Pianura Padana (cioè circa 10 milioni di persone)! 26/56 Al contrario, una buona efficienza della rete LTE si raggiunge quando la distanza tra i siti è non superiore a 2 km. Conseguentemente, per coprire tutto il territorio nazionale, la rete dovrebbe dotarsi di 72.000 siti contro i circa 1.700 della rete DTT. Anche in questo caso, tuttavia, l’efficienza della DTT è 1,5 volte quella dell’LTE, che, per trasmettere contenuti televisivi lineari, deve impegnare, quindi, il 50% di banda in più. Questo comporta che una rete in tecnica LTE, per trasmettere tutti i contenuti attuali del DTT nella banda a 700 MHz, che è pari a 96 MHz (694‐790 MHz), dovrà impegnare 144 MHz in download, cioè le seguenti bande: Intera banda a 700 MHZ 40 MHz utili Intera banda a 800 MHz 30 MHz utili Intera banda a 900 MHz 35 MHz utili Banda a 1800 MHz 39 MHz dei 75 totali Totale 144 MHz Se anche solo alcuni siti LTE distassero dagli altri più di 2 km, la quantità di banda necessaria sarebbe superiore, fino ad otto volte se i siti distassero 10 km. Conseguentemente, gli operatori TLC – anch’essi ‘attenti’ al ritorno degli investimenti direttamente correlati agli elevati costi marginali derivanti da uno sviluppo capillare della rete – non avranno nessun interesse a fare in modo che la rete si sviluppi nelle aree a bassa densità di popolazione.  Non vi è nessuna ragione per creare uno sviluppo forzoso, con uso di ingenti risorse pubbliche, delle reti mobili, quando già esiste la tecnologia DTT che consente una copertura pressoché totale della popolazione. Nelle regioni dell’Europa occidentale, l’unica Nazione a non utilizzare la DTT come piattaforma primaria per la ricezione dei contenuti televisivi è la Germania e ciò solo per una storica elevata diffusione del cavo coassiale. 
LO SVILUPPO DELLE RETI A BANDA LARGA: EVITARE SQUILIBRI CONCORRENZIALI E ASSICURARE INVESTIMENTI EFFICIENTI Considerazioni analoghe a quelle appena svolte valgono per quanto riguarda l’utilizzo, sotto qualsiasi forma, di risorse pubbliche per favorire Agenda digitale (COM/2010/0245, presentata dalla Commissione lo sviluppo di reti a banda larga. europea nel Maggio 2010): è una delle sette iniziative ‘faro’ della Da un lato, tale utilizzo dovrebbe avere strategia Europa 2020 e stabilisce alcuni obiettivi da raggiungere entro luogo, ovviamente, nel rigoroso rispetto il 2020 sfruttando il potenziale delle tecnologie dell’informazione e della delle regole europee in tema di aiuti di comunicazione al fine di sviluppare un mercato unico digitale e condurre l’Europa Stato alle imprese, evitando verso una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Per le infrastrutture, gli obiettivi sono stati stabiliti in maniera dettagliata, l’introduzione di distorsioni mentre – a nostro avviso ‐ maggiore importanza dovrebbe essere attribuita al concorrenziali. ruolo fondamentale della televisione come medium e dei contenuti audiovisivi D’altro lato, le politiche di sostegno alla originali europei per lo sviluppo e il consolidamento dell’economia digitale digitalizzazione del Paese dovrebbero, europea. Nel caso specifico europeo, va riconosciuta la funzione della distribuzione terrestre lineare, che assicura l’accesso gratuito a un servizio duale comunque, non basarsi su posizioni (pubblico e commerciale) per un’ampia maggioranza di cittadini europei, nel preconcette di superiorità di una rispetto di libertà costituzionali, come il pluralismo. La distribuzione lineare, con tecnologia rispetto ad altre né porre a una media d’ascolto di oltre 4 ore giornaliere per utente, costituisce un volano rischio la fondamentale capacità del insostituibile per lo sviluppo della domanda di servizi non lineari (catch‐up e sistema radiotelevisivo di fornire a tutti VOD).
gli utenti, anche stabiliti al di fuori dei 27/56 grandi centri urbani, servizi di informazione ed intrattenimento. Anche in Europa il tema della digitalizzazione è al centro del dibattito (si veda l’approfondimento Agenda digitale).  Non è pensabile che lo sviluppo delle reti a banda larga sia principalmente a carico delle attività dei broadcaster tradizionali, che con le loro produzioni audiovisive veicolate sulle nuove piattaforme costituiscono i principali driver per lo sviluppo delle stesse. Broadcaster che, solo per dimensioni economiche, rappresentano la decima parte delle normali dimensioni dei principali operatori di TLC, senza prendere in considerazione gli operatori OTT‐Over The Top, che hanno grandezze e operatività di livello mondiale.  Di contro, si consente agli operatori di tlc e agli OTT non solo di assistere passivamente agli sforzi profusi dagli altri soggetti, ma addirittura di distruggere il mondo produttivo attingendo senza costi e senza investimenti, a volte anche con modalità ‘piratesche’, a prodotti e diritti di terzi. Anche gli operatori di tlc e gli OTT dovrebbero, quindi, adoperarsi per partecipare attivamente allo sviluppo dei prodotti audiovisivi; tale impegno dovrà essere abbinato agli investimenti necessari per adeguare le reti alle nuove tecnologie e alle crescenti richieste dell’utenza.  Le ingenti risorse finanziarie dovranno essere sostenute da interventi a livello sovranazionale, soprattutto europeo, tenuto conto della situazione economica di numerosi Stati Membri dell’Unione. 28/56  LE TRASFORMAZIONI INTRODOTTE DALLA DIGITALIZZAZIONE 
 le trasformazioni del sistema televisivo editori televisivi e imprese web‐based: una concorrenza sbilanciata  i nuovi ‘colli di bottiglia’ concorrenziali  le trasformazioni del mondo della pubblicità 29/56 
LE TRASFORMAZIONI INTRODOTTE DALLA DIGITALIZZAZIONE 
LE TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA TELEVISIVO La digitalizzazione ha indotto, come prima ed evidente conseguenza, il notevole incremento dell’offerta di servizi televisivi, intesi come fornitura di contenuti all’utenza finale – come evidenziato in precedenza – e capacità trasmissiva. In Italia, il passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale terrestre ha consentito:  la disponibilità di 22 multiplex nazionali e 13 su base locale, di cui 2 su base regionale (PNAF‐Piano Nazionale ai Assegnazione Frequenze) rispetto alle precedenti 8/9 reti nazionali;  l’operatività di 19 multiplex nazionali (dei 22 pianificati) e la futura assegnazione delle rimanenti 3 
reti mediante un procedimento finalizzato a favorire l’ingresso di nuovi entranti o l’espansione di operatori ‘minori’; l’avvio dell’attività di 8 operatori di rete nazionali (di cui 2, Elettronica Industriale e TIMB‐Telecom Italia Media Broadcasting, non integrati verticalmente) e oltre 500 operatori di rete regionali/locali. Tre operatori nazionali dispongono di 5 multiplex ciascuno: vi sono, quindi, almeno 3 soggetti (Rai, Mediaset, TIMB/ReteA) che godono di pari risorse in termini di capacità trasmissiva televisiva, con operatori ‘minori’ (Prima Tv, 3Elettronica, ReteCapri ed EuropaTv, in tecnica DVB‐T2), comunque in possesso di una rete ciascuno. A questi si è recentemente aggiunto Cairo Network (Gruppo La7), che in data 25 giugno, quale unico concorrente, è risultato assegnatario di un multiplex dei 3 messi a bando dal Ministero dello Sviluppo economico. La distribuzione delle frequenze nel settore televisivo digitale terrestre mostra, dunque, un equilibrio concorrenziale, recentemente confermato dai risultati del “Procedimento di analisi sulle condizioni e modalità di utilizzo della capacità trasmissiva per la diffusione di contenuti audiovisivi, sulle principali piattaforme trasmissive” di AGCom, che ha riscontrato l’assenza di barriere all’accesso sulla capacità trasmissiva. Ben diversa la situazione sulla piattaforma satellitare: Sky può contare su ben 26 transponder (ossia 26 multiplex), il cui numero può essere incrementato acquistando ulteriore capacità trasmissiva disponibile dagli operatori di comunicazioni satellitari14. Tutta la piattaforma digitale terrestre dispone solo di un limite teorico e massimo di 22 mux nazionali. Tale numero potrebbe addirittura ridursi per la pressione degli operatori mobili di telefonia, che, anziché sottoporre a refarming la numerosa collezione di frequenze già in uso, continuano a premere per ottenerne ulteriori nella banda UHF. In pari tempo, particolarmente pesante sotto il profilo concorrenziale è il numero delle frequenze assegnate a Telecom Italia, cui fanno capo l’unica infrastruttura di rete del Paese, frequenze in tutte le bande destinate alle tlc e il 70% della società Persidera (il 30% è de L’Espresso), proprietaria di 5 mux sulla piattaforma DTT. Quanto all’offerta di contenuti, si è passati dai 9 canali trasmessi mediante le altrettante reti analogiche a più di 90 contenuti/servizi free e a pagamento. Più di 15 soggetti hanno fatto il loro ingresso nel mercato televisivo italiano: in alcuni casi, si è trattato di soggetti stranieri che hanno esteso la loro attività anche in Italia (Discovery, BBC, Time Warner, Universal, Fox, Eurosport), in altri di gruppi che già svolgevano attività editoriale su altri mezzi (De Agostini, Repubblica–L’Espresso, Feltrinelli) o di soggetti completamente ‘nuovi’ (Sportitalia, RTL102.5, Supertennis). A questo proposito, è importante sottolineare che la DTT italiana, se confrontata con quella di altri mercati, quali Regno Unito o Francia, si caratterizza per un maggiore effetto di apertura del mercato, tanto sul piano delle offerte gratuite quanto su quello delle offerte a pagamento: nei due Paesi citati, 14) Lear, Il mercato della televisione a pagamento in Italia: il ruolo delle piattaforme trasmissive, novembre 2013, pag.39 (documento allegato). 30/56 l’audience share complessiva degli editori ‘nuovi entranti’ sulla piattaforma digitale è di gran lunga inferiore a quella realizzata in Italia, dove si registra una share complessiva vicina al 10%.  L’apertura del mercato consentita dal passaggio alla tecnica digitale ha di fatto eliminato le barriere all’ingresso preesistenti nel sistema analogico: prova ne è il successo (sia di audience che di varietà di contenuti) di Discovery, che in breve tempo ha superato il 6% di audience con i contenuti free di Real Time, DMax, Focus, Frisbee, Giallo e K2. Il proliferare degli operatori di rete e dei fornitori di contenuti ha, inoltre, indotto una diminuzione delle tariffe di accesso alla capacità trasmissiva. E’ venuta, quindi, meno la necessità di ricostituire in capo ai principali soggetti gli obblighi di accesso a una parte della capacità trasmissiva (il 40%).  Quella DTT si conferma sempre di più la piattaforma elettiva per l’accesso ai contenuti audiovisivi, soprattutto per quelli free, senza alcun aggravio sulla spesa degli utenti, a differenza della tv non lineare, che comporta rilevanti costi di connessione a carico degli stessi, a tutto vantaggio degli operatori di TLC. Per quanto riguarda il mercato dei servizi televisivi a pagamento, l’Italia è l’unico caso in Europa ove sono presenti due offerte su due piattaforme trasmissive diverse, DTT e satellite. Nonostante i significativi sforzi profusi in termini di investimenti per la realizzazione e l’acquisizione di programmi da parte di Mediaset Premium, l’unico concorrente, Sky Italia, detiene tuttora una quota di mercato dominante, superiore al 75%. Ciò nonostante, in Italia – come in UK – i servizi pay tv diffusi via DTT hanno attratto consumatori con una più bassa propensione alla spesa, erodendo l’ARPU‐Average Revenue Per User del monopolista satellitare grazie a prezzi competitivi, a tutto vantaggio dell’utente finale15. Dovrebbero essere eliminate le asimmetrie esistenti tra la piattaforma DTT e quella satellitare nella disciplina della concorrenza e delle posizioni dominanti nel mercato televisivo nonché in quella della tutela del pluralismo, che prevede ancora limiti specifici alla titolarità di canali per la sola piattaforma digitale terrestre e in tema di allocazione delle radiofrequenze. Vale la pena qui approfondire le differenze strutturali tra la piattaforma digitale terrestre aperta (pur se a pagamento) e quella satellitare dominante. Secondo quanto rilevato da un recente studio Lear (Il mercato televisivo a pagamento in Italia. Il ruolo delle piattaforme trasmissive, novembre 2013), “quanto alla capacità trasmissiva, la piattaforma satellitare di Sky può contare su ben 26 transponder in grado di offrire al momento quasi 250 canali, oltre 60 dei quali offerti in alta definizione. I tre satelliti sui quali Sky affitta capacità trasmissiva (Eutelsat Hot Bird 13A, 13B e 13C) ospitano complessivamente oltre 100 transponder con banda compresa tra 33 15) e‐Media Institute, The role of DTT in the Italian Pay Tv Market, May 2014 (documento allegato). 31/56 e 68 Mbps. La piattaforma digitale terrestre, invece, si compone complessivamente di 21 multiplex, suddivisi tra diversi operatori (con un cap 5 multiplex per operatore) e tra offerte pay tv e FTA [free to air]. Executive Summary Studio Lear ‐ Il mercato televisivo a pagamento in Italia. Il ruolo Per fare un confronto, la principale delle piattaforme trasmissive (nov.2013). In questo studio si analizza il mercato della offerta pay tv su digitale terrestre, televisione a pagamento in Italia, con particolare riferimento al ruolo svolto dalle piattaforme trasmissive. I dati raccolti mostrano la presenza di scarsi livelli di quella di Mediaset Premium, si ferma concorrenza e il persistere di elevati livelli di concentrazione. A dieci anni dalla a 33 canali, di cui 2 in alta definizione. creazione del quasi monopolio satellitare non c’è stato l’auspicato sviluppo Mentre le trasmissioni via DTH e DTT concorrenziale del mercato. Al contrario, si deve rilevare che da un punto di vista avvengono in modalità punto‐
numerico la concorrenza si sta indebolendo sempre più e che alcuni dei concorrenti multipunto, l’IPTV è basata sulla potenziali si sono trasformati in semplici rivenditori dell’offerta retail dell’incumbent. Le ragioni di questo insuccesso sono da ricercarsi in un complesso intreccio di una comunicazione punto‐punto e molteplicità di fattori (storici, tecnologici, regolamentari, etc.). Di seguito se ne pertanto necessita di banda inferiore. analizzano alcuni, sottolineando in particolar modo l’effetto delle interazioni e, quindi, L’attuale velocità media del la necessità di ideare un intervento organico che vada a stimolare lo sviluppo della broadband in Italia, ad ogni modo, concorrenza affrontando contemporaneamente i diversi aspetti critici individuati. Innanzitutto, è esaminato il ruolo strategico del controllo della piattaforma satellitare non permette di offrire una qualità da parte dell’operatore incumbent. La chiusura della piattaforma è stata perseguita (e paragonabile a quella delle raggiunta) attraverso l’adozione di un sistema di accesso condizionato proprietario e, trasmissioni via satellite. contemporaneamente, la diffusione di una base installata di decoder in comodato Per quanto riguarda il grado di d’uso (quindi di proprietà del broadcaster). Altrettanto importante è il tema dell’asimmetria, tecnologica e regolatoria, esistente apertura, la piattaforma satellitare di tra la piattaforma satellitare (saldamente controllata dall’operatore dominante) e la Sky è un ecosistema chiuso in quanto costruita attorno ad un CAS piattaforma terrestre, dimostratasi nei fatti la preferita dagli operatori che hanno tentato (spesso invano) di ritagliarsi uno spazio nel mercato della pay tv. Le differenze proprietario e caratterizzata dal totale individuate rendono la piattaforma digitale terrestre un sostituto imperfetto della controllo proprietario dei decoder da piattaforma satellitare, sia agli occhi dei broadcaster sia agli occhi degli stessi utenti. Da un lato, dunque, si osserva una imperfetta sostituibilità tra le piattaforme, dall’altro parte del gestore della piattaforma emerge invece la necessità di promuovere lo sviluppo di offerte realmente alternative, nonché retailer di pay tv. La non meramente complementari, a quella dell’incumbent. Solo le prime, infatti, sono in piattaforma digitale terrestre, invece, grado di esercitare una pressione concorrenziale efficace, che produca una stabile si caratterizza per la presenza di riduzione della concentrazione e, auspicabilmente, del livello dei prezzi. Assume, infine, particolare rilievo il tema della contendibilità dei clienti. Favorire lo diversi sistemi di accesso sviluppo di un’alternativa alla proposta commerciale dell’incumbent può infatti non condizionato, disponibili in licenza agli essere sufficiente a garantire uno sviluppo pro‐concorrenziale del mercato laddove operatori che ne facciano richiesta e permangono colli di bottiglia tecnologici e costi di switching artificialmente creati per una base di decoder mista, in dall’operatore dominante per scoraggiare il passaggio dei propri clienti alla parte di proprietà degli utenti, in parte concorrenza. In conclusione, si evidenzia la necessità di intervenire in modo organico sul mercato concessi in comodato dai retailer di della pay tv per favorire lo sviluppo di una effettiva concorrenza. Fermo restando il pay tv. Molti decoder, inoltre, sono ruolo chiave dell’accesso ai contenuti, per costruire un intervento efficace si dovrà dotati dell’interfaccia di espansione tener conto: della particolare situazione di mercato attuale; del ruolo centrale della standard CI (completamente assente piattaforma satellitare, del controllo proprietario esercitato dall’incumbent su di essa e, in particolar modo, sui decoder; della sostituibilità imperfetta tra la piattaforma nei decoder di Sky), che consente di satellitare e quella terrestre; della necessità, di favorire lo sviluppo di un’offerta di pay utilizzare molteplici sistemi di accesso tv realmente alternativa a quella di Sky; della necessità di rimuovere le barriere e i costi condizionato in funzione delle CAM e di switching artificialmente creati dall’incumbent. In altri termini, è necessario un delle smart card inserite”. intervento sul mercato della pay tv volto a garantire la contendibilità dei clienti, in modo analogo a quanto avvenuto nel settore delle telecomunicazioni.
Si veda nell’approfondimento l’Executive Summary dello studio Lear citato (documento allegato). Tutto ciò detto, suona particolarmente inadeguato l’attacco mosso in questa sede dall’operatore dominante della tv satellitare alla piattaforma DTT. Primo punto d’attacco, l’eccesso di frequenze assegnate in Italia alla piattaforma DTT, con un conseguente smisurato ampliamento dell’offerta gratuita, in particolare di Mediaset e della concessionaria pubblica, e con effettivi perturbativi della concorrenza nel mercato pubblicitario. Ci si duole, in altri termini si lamenta, del fatto che l’ampiezza dell’offerta gratuita, anche tematica, riduce il potenziale bacino di utenza pay e, di conseguenza, i suoi potenziali ricavi da pubblicità e abbonamenti, e che il telespettatore può fruire gratis di canali generalisti, semigeneralisti e tematici, comprensivi di programmi di grande qualità. 32/56 Si lamenta un eccesso di concorrenza, contro cui si invoca, quale rimedio, la ‘mutilazione’ delle risorse di trasmissione disponibili per gli operatori DTT. Il digitale terrestre non è il problema centrale nello sviluppo della tv italiana; semmai, è il principale problema concorrenziale di Sky. L’assurdità di una simile petizione (già di per sé ovvia, poiché nessun imprenditore può invocare interventi legislativi volti a ridurre la competizione a proprio vantaggio e a discapito dell’utenza) diviene ancor più palese ove si ricordi che il satellite, su cui è attiva, per la massima parte della sua offerta, Sky non soffre le limitazioni di capacità trasmissiva che caratterizzano invece, per ragioni tecnologiche, il digitale terrestre. Dunque, proprio il concorrente che dispone, virtualmente, di capacità trasmissiva illimitata chiede riduzioni della capacità trasmissiva assegnata ai propri rivali. E non solo: Sky, come operatore satellitare, può espandere in modo illimitato la propria offerta, poiché non è soggetta al limite anticoncentrativo specifico previsto dall’art.43, TUSMAR, per la sola piattaforma digitale terrestre, nel cui ambito nessun soggetto può essere titolare di oltre il 20% dei canali complessivamente trasmissibili. Si aggiunga che, come noto, l’utenza Sky è difficilmente contendibile per i concorrenti pay, grazie alla strategia (che SKY utilizza da sempre in Italia) di fornire all’utenza decoder “proprietari”, che utilizzano un sistema di criptaggio del segnale di titolarità della stessa. Grazie al duplice vantaggio competitivo dell’ampiezza di capacità trasmissiva propria del satellite e dell’uso di decoder ‘chiusi’, Sky gode tuttora di solida posizione dominante nell’offerta pay (circa il 75% del settore), nonostante gli imponenti sforzi competitivi di Mediaset Premium e i meno fortunati tentativi di concorrenti già usciti dal mercato (come Dahlia Tv). In ultima analisi, Sky (non paga del limite anticoncentrativo oggi previsto ex lege per la sola piattaforma DTT) desidererebbe che fossero ridotte le frequenze DTT, in modo da diminuire i canali gratuiti e far ‘migrare’ l’utenza verso il proprio sistema a pagamento ‘chiuso’, così da renderla assai più difficilmente contendibile per qualsiasi rivale, con i conseguenti benefici (per Sky, non per l’utenza né per il sistema nel suo insieme) in termini di ricavi da pubblicità e da abbonamenti. Non può neppure essere condivisa la tesi di Sky secondo cui il panorama DTT italiano rappresenterebbe un’anomalia nel contesto europeo: a parte il fatto che, al limite, si tratterebbe di anomalia positiva in termini di pluralismo, concorrenza e ricchezza dell’offerta, in realtà si tratta di una conseguenza della modalità prescelta, in Italia, per il percorso di digitalizzazione, che ha posto i costi e i rischi del processo interamente a carico degli operatori analogici, nazionali e locali, sin dai primi passi, rappresentati dalla l.66/01. Non è neppure corretta la tesi secondo cui la digitalizzazione avrebbe seguito un criterio “uno a uno” rispetto alle reti analogiche, poiché la creazione di un dividendo digitale ha reso necessaria la riduzione delle frequenze assegnabili agli ex operatori analogici multi‐rete (cfr. la delibera AGCom 181/09/CONS, recepita dalla fonte primaria). Solo citando Mediaset, la conversione è costata la perdita della frequenza di Retequattro regolarmente acquistata e digitalizzata. Quanto alla scelta di Sky di rinunciare alla partecipazione al beauty contest prima e di non partecipare all’asta competitiva per l’assegnazione di diritti d’uso in tecnica digitale terrestre poi, l’evidente ragione della medesima, al di là dei pretesti addotti anche nel corso di questa Indagine conoscitiva, è rappresentata da pure ragioni di convenienza editoriale, a difesa della posizione occupata nel segmento pay: il fatto che invochi una mutilazione delle risorse di trasmissione DTT ne costituisce palese conferma. Infine, il monopolista satellitare lamenta che non vi sarebbe stata una redistribuzione delle quote di raccolta pubblicitaria, poiché l’ampiezza dell’offerta di Rai e Mediaset consentirebbe alle rispettive concessionarie di offrire agli inserzionisti ampi insieme di programmi generalisti e tematici, riducendo le opportunità di raccolta per Sky stessa. Si tratta, ovviamente, di concorrenza: non esiste ragione per cui Sky o altri operatori pay dovrebbero godere di monopoli sulle offerte tematiche, la cui presenza a titolo gratuito, sulla piattaforma DTT, rappresenta, anzi, una delle principali dimostrazioni del successo della digitalizzazione in Italia, visto che il telespettatore può godere, gratis, della modalità di programmazione 33/56 tipica delle offerte pay, con ovvi benefici anche in termini di pluralismo (si pensi ai canali all news gratuiti presenti sul DTT). L’ingresso nel sistema di nuovi editori indipendenti, anche non verticalmente integrati – si pensi al gruppo Discovery e al gruppo Cairo Communications ‐ è un risultato importante, reso possibile dalla digitalizzazione; peraltro, la stessa Sky, il cui core business è ovviamente l’offerta pay, rappresenta un concorrente importante anche nella raccolta pubblicitaria. L’unico concorrente, in realtà, che può espandere la propria offerta senza limiti tecnologici o normativi e che chiede a questa autorevole sede istituzionale un intervento per ‘azzoppare’ l’offerta altrui. 
EDITORI TELEVISIVI E IMPRESE WEB‐BASED: UNA CONCORRENZA SBILANCIATA L’Indagine conoscitiva muove dalla premessa, corretta, secondo cui i contenuti audiovisivi sono oggi accessibili mediante una pluralità di piattaforme, la principale delle quali, oltre alla televisione, è rappresentata da Internet. Tale premessa porta direttamente a una successiva assunzione: esiste un ampio mercato,quello degli audiovisivi teletrasmessi, che si forma dalla progressiva contiguità tecnica e poi dalla piena integrazione fra offerte ‘broadcast’ e offerte ‘broadband’ gratuite e a pagamento. Mentre risulta progressivamente indifferente per il consumatore (costi di connessione a parte) la base tecnica di distribuzione e di ricezione o consumo di tali contenuti, persistono enormi differenze e asimmetrie regolamentari fra i diversi attori che competono per le stesse audience e per gli stessi inserzionisti sugli stessi schermi (della tv come degli altri device fissi e mobili). La Rete, inoltre, ha condotto allo sviluppo di modelli d’impresa che non replicano (se non marginalmente) le caratteristiche proprie delle imprese ‘tradizionali’ dei media, come gli editori televisivi e quelli della carta stampata. Le imprese di Internet hanno, come elemento fondamentale, anziché (come per le tv) la produzione/acquisizione e offerta di contenuti, la tecnologia, in particolare i sistemi di accesso. Soggetti come Google, Apple, Facebook, Twitter etc., pur nella loro eterogeneità, sono accomunate dal fatto di offrire ai propri utenti, innanzitutto, strumenti tecnologici per loro natura tendenzialmente indifferenti a fattori come lingua, tradizioni culturali etc., la cui importanza è, invece, determinante per le imprese dei media ‘tradizionali’. L’offerta di tecnologia conduce all’aggregazione a livello multinazionale (e spesso globale, come negli esempi citati) di enormi masse di utenza, impensabili per qualsiasi impresa editrice, televisiva o di altri media. Questo genera, tra l’altro, un freno all’ulteriore evoluzione tecnologica per la difficoltà nell’indurre tali masse a migrare verso servizi concorrenti, in ambiti caratterizzati, peraltro, da un elevatissimo livello di “esternalità di rete”, cioè settori in cui il valore del servizio è tanto più grande quanto maggiore è il numero di utilizzatori del servizio stesso. Invertendo il ciclo economico tradizionale dei media, si può dire, quindi, che le imprese di Internet non offrono ‘contenuti all’utenza’, ma, al contrario, ‘masse di utenza ai produttori di contenuti’ (si pensi a piattaforme di distribuzione come iTunes, Spotify, la stessa Facebook), i quali sopportano costi per poter accedere ad un numero così elevato di utilizzatori.  Le imprese di Internet sopportano costi perlopiù derivanti dalla realizzazione della loro piattaforma proprietaria e il valore del loro servizio aumenta più che proporzionalmente al crescere degli utenti, senza incrementi di costi correlati alla loro crescita. Contrariamente a quanto spesso viene sostenuto, nei servizi Internet le barriere tecnologiche e le esternalità di rete creano vincoli assai forti a carico dell’utenza e degli stessi produttori di contenuti (la 34/56 cui capacità di accedere ai consumatori finali viene, pertanto, condizionata) e rendono le posizioni predominanti sul mercato difficili da scalfire, anche nel medio‐lungo periodo. Nessuna impresa media gode o potrà godere, neppure nel proprio contesto nazionale, di potere di mercato paragonabile a quello che Google, Apple o Facebook posseggono (e continueranno a possedere) a livello globale. La concorrenza tra editori, televisivi e non, e imprese web‐based globali è, dunque, necessariamente sbilanciata a favore di questi ultimi: il principale, se non esclusivo, strumento di forza dei primi è rappresentato dalla capacità di produrre o acquisire (e quindi organizzare o finanziare) contenuti di qualità, che valorizzino il contesto culturale cui si riferiscono e che sono percepiti dal pubblico come di sicura affidabilità. Un’eventuale ‘penalizzazione’ del settore televisivo in termini di riduzione della capacità trasmissiva (come è stato precedentemente analizzato) andrebbe a danneggiare ulteriormente i broadcaster, principali driver di sviluppo del web. Secondo i dati diffusi da Audiweb, il trend dei consumi sulla Rete riflette la forza dell'offerta lineare di una determinata emittente16. Ad esempio, il portale www.videomediaset.it si colloca in prima posizione, con una media di utilizzo per utente di 6 minuti per la fruizione di clip di programmi andati in onda in prima serata, reality show e notizie del Tgcom24; i siti Rai e Sky primeggiano rispettivamente nelle serie televisive drammatiche e nello sport. Queste tendenze sono ovviamente in fase di evoluzione, ma è innegabile che il consumo di contenuti online sia determinato e innescato dai generi di successo della distribuzione lineare (molto simile a quanto accade per i film in tv in rapporto ai risultati dei botteghini dopo l’uscita cinematografica). Secondo uno studio pubblicato negli Stati Uniti, "la televisione digitale sta diventando sempre più come la televisione tradizionale: i programmi che hanno generato maggiori visualizzazioni di annunci digitali corrispondono a quelli che Nielsen cataloga tra i suoi primi cinque programmi televisivi in prima serata nel 2013”.17  Gran parte del tempo dedicato al consumo di contenuti online è generato da contenuti professionali prodotti da editori e broadcaster: un fatto di fondamentale importanza, anche se spesso trascurato. La valutazione dell'effetto del crescente consumo non‐lineare dovrebbe essere sempre accompagnata da un'attenta valutazione dell'importanza dei contenuti di qualità, prodotti principalmente da editori e, nel caso dei contenuti audiovisivi, da parte delle emittenti (ad esempio, nel caso di BBC, solo il 3% dei telespettatori segue i programmi attraverso il servizio on demand iPlayer). La tv free svolge un ruolo fondamentale nel favorire la capacità produttiva del sistema editoriale e la qualità dei contenuti consumati su tutte le piattaforme, lineari e non; il suo ruolo è fondamentale anche in termini di contenuti consumati via Internet.  Mediaset è il più popolare tra gli editori italiani di video sulla Rete: con 61.438.000 video in streaming nel gennaio 2014, ha registrato una crescita del 83% rispetto al gennaio 2013, sfruttando con successo la forza del proprio marchio su Internet. In futuro, l'industria audiovisiva continuerà ad essere ‘tv‐centrica’, multicanale e in rapida evoluzione al fine di soddisfare la domanda dei consumatori per un'esperienza visiva sempre più avanzata, 16) Comunicato stampa Audiweb, 25/02/14. 17) Sally Davies, Comcast nears $320m deal for FreeWheel, Financial Times, 2 marzo 2014..
35/56 attraverso le nuove tecnologie, come HDTV‐High Definition Tv (che rapidamente diventerà la definizione standard) e UHDTV‐Ultra High Definition Tv.  L’aumento dei contenuti audiovisivi su Internet e il consumo continueranno a crescere su tutte le piattaforme. Non dovranno esserci asimmetrie in grado di favorire una piattaforma rispetto alle altre. 
I NUOVI ‘COLLI DI BOTTIGLIA’ CONCORRENZIALI La televisione broadcast free si è sviluppata, da sempre e salve alcune eccezioni recenti legate a servizi a pagamento, come una piattaforma aperta: gli apparecchi televisivi ricevono tutti i segnali e gli strumenti di reperimento dei contenuti (dal tradizionale telecomando alle più moderne EPG‐Electronic Programme Guide) sono facilmente gestibili dall’utilizzatore. Internet, viceversa, presenta numerosi ‘colli di bottiglia’ legati alle modalità di funzionamento delle infrastrutture della Rete, all’hardware e al sistema operativo impiegati dall’utente, alle decisioni dei gestori delle piattaforme di distribuzione dei contenuti, agli strumenti di reperimento dei Proposta di regolamento “Connected Continent”: promossa dalla CE, attualmente al vaglio di Parlamento europeo e Consiglio per contenuti stessi. stabilire misure riguardanti il mercato unico europeo delle Il tema della net neutrality, nel senso di comunicazioni elettroniche e realizzare un continente connesso. Reca neutralità dell’infrastruttura di rete di modifiche delle direttive 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE e dei Internet rispetto ai vari servizi che su di essa regolamenti (CE) n.1211/2009 e (UE) n.31/2012 ‐ COM(2013) 627 dell’11 vengono forniti, costituisce già oggetto di settembre 2013. Il Commissario Kroes, con il fine dichiarato di facilitare il ampia riflessione europea e nazionale. Esso raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda Digitale, intende rimuovere alcune barriere allo sviluppo del mercato interno digitale. I temi rilevanti per il non esaurisce, tuttavia, le criticità in esame. settore radiotelevisivo: 1.neutralità della Rete: la Proposta intende limitare il potere degli operatori tlc di discriminare contenuti o servizi di terzi attraverso la gestione della Le connected tv, ad esempio, hanno Rete. Il meritevole intento di tutelare la libertà di offrire servizi sul web, che l’apparenza di un televisore, ma il contenuto ha rappresentato la base del suo successo, non deve, come risulta dal testo tecnologico proprio di strumenti informatici, licenziato in prima lettura dal Parlamento Europeo, limitare la capacità delle come pc o tablet: in astratto, è ipotizzabile Autorità competenti e dei fornitori di accesso a Internet di contrastare la pirateria online; che televisori connessi a Internet non siano addirittura nemmeno muniti di apparati di 2.spettro radio: la Commissione europea ritiene che la frammentazione riscontrata in occasione dell’assegnazione della banda 800 costituisca un ricezione di segnali televisivi digitali terrestri. ostacolo alla creazione di un mercato unico delle comunicazioni mobili e si Più in concreto, oggi è possibile che i prefigge di introdurre criteri e procedure di assegnazione dello spettro per la contenuti ricevibili tramite la piattaforma banda larga mobile armonizzate a livello UE. Con questo obiettivo, la proposta della CE prefigura un potere di intervento diretto e veto in capo DTT siano accessibili all’utente soltanto a all’esecutivo comunitario nei confronti delle amministrazioni nazionali, che seguito di specifiche attività di interazione o potrebbe anche tradursi nell’imposizione di tetti alle aste per l’assegnazione siano presentati secondo modalità tali da delle frequenze LTE. Questa propostacostituisce un’indebita intrusione in un renderli poco appetibili. settore di competenza degli Stati Membri ed è volta a favorire lo sviluppo della banda larga ‐ in particolare la piattaforma mobile ‐contingentando Mentre oggi, accendendo un tradizionale ulteriormente l’accesso alle frequenze da parte dei broadcaster, il cui televisore, il telespettatore si trova contributo è fondamentale per il mantenimento di un’industria culturale ed immediatamente nell’ambiente lineare che editoriale europea, forte e competitiva nei confronti dei giganti del web aveva lasciato (lo stesso canale su cui era extra‐europei. E’ rilevante ricordare che gli operatori broadcast europei sintonizzato al momento dello spegnimento utilizzano ad oggi circa 300 MHz nella banda UHF mentre agli operatori di telefonia mobile sono stati complessivamente assegnati oltre 2000 MHz. dell’apparecchio), i televisori di ultima generazione propongono una home page iniziale dalla quale è possibile accedere a una pluralità di offerte anche ‘walled garden’, tra cui i contenuti tv classici. E’ addirittura nella discrezionalità dei produttori di device definire i criteri di presentazione delle diverse offerte: così facendo, svolgono un ruolo di ‘disintermediatori’ degli editori televisivi tradizionali, discriminando un’offerta dall’altra. 36/56  I produttori di connected tv (es. Samsung) e di apparecchi per trasformare i vecchi televisori in ‘televisori connessi ’ (es. Chromecast) sono in grado, tramite specifici software presenti nell’hardware, di indirizzare i consumi audiovisivi, disintermediando così gli operatori della tv tradizionale e diminuendo sempre di più la forza e la presenza sul mercato degli editori televisivi. Inoltre, gli stessi soggetti e altri (Google, Samsung, nonché Apple etc.), che integrano verticalmente varie funzioni (produttori di hardware, sviluppatori o licenziatari di sistemi operativi, distributori di contenuti tramite piattaforme come AppStore o iTunes), sono in grado di limitare fortemente le scelte dell’utenza quanto all’accesso ai contenuti o di indirizzarle in modo efficace quanto spesso non trasparente, attraverso strumenti come i motori di ricerca o di raccomandazione. Ogni utente di Internet e ogni investitore pubblicitario sa che informazioni che siano collocate oltre i primi dieci o venti link forniti da Google in risposta a una ricerca hanno minime, se non inesistenti, possibilità di essere viste.  Gli strumenti di ricezione e di reperimento dei contenuti rappresentano altrettanti ‘colli di bottiglia’ concorrenziali, i cui effetti pregiudizievoli, ai danni degli editori di servizi audiovisivi diffusi tramite qualsiasi piattaforma, possono essere notevolissimi. Quanto appena evidenziato è stato condiviso dalla stessa AGCom a conclusione dell’“Indagine conoscitiva sul settore dei servizi Internet e della pubblicità online” dello scorso gennaio. Si legge nel documento conclusivo: “In primo luogo, le caratteristiche proprie dei mercati in esame (effetti di rete, rendimenti di scala, multi‐homing e switching cost, etc.) facilitano, come detto, l’emergere di equilibri caratterizzati da un elevato livello di concentrazione (se non addirittura da un esito quasi monopolistico, cd. the winner takes all). Ciò determina un primo elemento di criticità concorrenziale, proprio in ambiti di mercato (a monte sistemi operativi e browser, a valle motori di ricerca e social network), che rappresentano degli snodi cruciali per l’intero assetto competitivo dell’ecosistema di Internet. Si è visto, ad esempio, come più di un terzo del traffico complessivo dei siti di news online provenga da motori di ricerca e social network. Ad un secondo livello, le maggiori piattaforme di servizi web stanno aggregando sempre più servizi al loro interno attraverso una strategia di platform envelopment, che presuppone la presenza in vari stati della filiera produttiva del web nonché, in via strumentale, la creazione di potenti reti di server dislocate in tutto il mondo. L’insieme dei due fenomeni rende opportuna non solo un’attenta attività di monitoraggio dei mercati, ma anche una rigorosa verifica delle condizioni di interoperabilità delle piattaforme. Solo l’interoperabilità dei servizi è, infatti, idonea, almeno in prima battuta, a ridurre le barriere all’ingresso nei mercati, moderando gli effetti concentrativi delle esternalità di rete, nonché le economie di varietà derivanti dal bundle di servizi web. Ovviamente ‐ conclude l’Autorità ‐ ciò prelude ad una valutazione circa l’opportunità di 18
introdurre forme di regolazione dei mercati, che siano più incisive rispetto a quelle esistenti” . 18) AGCom, Indagine conoscitiva sul settore dei servizi Internet e sulla pubblicità online, gennaio 2014, delibera 19/14/CONS allegato A punti 643‐646. 37/56 
LE TRASFORMAZIONI DEL MONDO DELLA PUBBLICITÀ Indagine della DG Concorrenza contro Google per sospetto abuso Lo sviluppo di nuovi modelli di business di posizione dominante nell'ambito della ricerca e della pubblicità basati su Internet ha condotto a online. Il 30/11/10 la CE ha avviato un’indagine per presunto abuso trasformazioni profonde anche nel di posizione dominante nei mercati relativi ai motori di ricerca e alla pubblicità online, a seguito di denunce. Il 3/04/13 Google ha presentato un pacchetto di settore pubblicitario. Imprese come proposte a cui fa ha fatto seguito un periodo di consultazione con le parti Google, Facebook, etc. hanno messo a interessate. Nel documento Google fa concessioni significative in risposta alle punto uno straordinario sistema di obiezioni sollevate dalla CE, proponendo una serie di impegni. raccolta di dati personali sull’utenza in Il 17/07/13 l’esecutivo comunitario ha ritenuto gli stessi insufficienti per generale ed anche sui singoli utenti, ristabilire la concorrenza nel mercato e ha richiesto ulteriori soluzioni. Dopo aver aperto un periodo di consultazione con le parti interessate sul nuovo grazie alle specificità delle loro tecnologie. documento di impegni, il 25 novembre la CE ha ritenuto necessari ulteriori Spesso in modo inconsapevole, il fruitore miglioramenti. Il 5 febbraio scorso la CE ha ottenuto quanto richiesto. remunera i servizi ricevuti, in apparenza Nella sua proposta, Google accetta di visualizzare i servizi di tre diversi gratuiti, appunto mediante il concorrenti, selezionati attraverso un metodo obiettivo, presentati in modo chiaramente visibile agli utenti e comparabile al modo in cui Google espone i suoi trasferimento, a favore del prestatore del stessi servizi. Questa visualizzazione sarà applicata, oltre che ai servizi servizio, di dati personali. specializzati esistenti, anche ai cambiamenti nella presentazione degli stessi e ad Già ora, grazie a questa ‘forza’, il mercato eventuali futuri. della pubblicità online rappresenta, con La Commissione ha sottoposto le nuove proposte al riscontro dei 125 concorrenti circa 1,5 milioni di euro, l’8% del totale di Google, invitandoli a presentare osservazioni. dei ricavi complessivi del SIC 2012, secondo solo ai settori tv/radio ed editoria quotidiana e periodica. In tale mercato Google, detiene una quota dal 40% al 60% del totale, con circa 700/800 milioni di fatturato, in massima parte realizzato tramite società operanti in Paesi con tassazione agevolata19.  Imprese come Google e Facebook hanno sviluppato una capacità senza precedenti di targettizzazione del messaggio pubblicitario, sotto qualsiasi forma, assicurando che esso raggiunga, con un assai elevato margine di probabilità, proprio i soggetti interessati a riceverlo. Benché quello di ‘targettizzazione’ non sia un concetto nuovo (ad esso si ispirano anche numerose scelte in tema di allestimento dei palinsesti televisivi), le imprese di Internet lo hanno spinto ‐ grazie a innovazioni tecnologiche e a specifiche configurazioni dei servizi offerti all’utenza, volte a massimizzare la quantità di dati personali che questa fornisce, spesso in maniera non del tutto consapevole ‐ a livelli sino ad ora impensabili per i mass media, giungendo, in sostanza, sino all’identificazione del singolo utente cui veicolare uno specifico messaggio.  Nell’ambito di molti servizi Internet, lo scambio tra il mezzo e l’inserzionista pubblicitario non è più quello tradizionale “spazio nell’ambito di un servizio editoriale contro corrispettivo” ma quello dei “dati personali dell’utenza contro corrispettivo”. Questo fenomeno rende necessario un approccio nuovo rispetto a temi tradizionali del diritto dei media, come la salvaguardia dell’utente in materia di trasparenza della pubblicità, ma anche di tutela della riservatezza dei dati personali. Anche a questo proposito, l’Indagine conoscitiva AGCom è giunta a conclusioni analoghe a quelle qui sostenute: “Gli utenti, quando utilizzano internet, cedono delle informazioni affinché il proprio profilo (di consumatore) possa essere utilizzato dagli operatori per offrire loro servizi personalizzati e dagli 19) Google‐YouTube viaggiano a 800 milioni di spot, MF, 8 gennaio 2014. 38/56 inserzionisti per somministrare ai medesimi pubblicità mirata e, quindi, più efficace. Maggiore è la quantità di informazioni personali disponibili, più inserzioni pubblicitarie ‘targettizzate’ possono essere mostrate e maggiore è la probabilità che la pubblicità sia efficace. Conseguentemente, si registra una crescente attenzione, da parte degli operatori del web e degli inserzionisti che si rivolgono al mezzo, per la raccolta dei dati e delle informazioni personali degli utenti. La quantità di dati creati ogni anno sta aumentando in maniera esponenziale e l’evoluzione della tecnologia, peraltro, sta modificando le modalità di tracciamento, che, dunque, risulta sempre più accurato, ancorché avvenga in modo non sempre consapevole per gli utenti”20. La stessa Autorità ha ben colto la criticità concorrenziale legata alla non replicabilità delle masse di dati personali accumulate dai player globali di Internet: “È in atto, infatti, un processo di integrazione verticale che risponde ad una strategia di platform envelopment, volta ad acquisire un asset strategico ‐ i dati personali degli utenti ‐ mediante le attività gestite a monte (sistemi operativi, browser, device mobili e fissi) in grado di determinare gli esiti di mercato dei collegati mercati a valle (search, portali, social network, raccolta pubblicitaria, etc.). Non solo le reti di server sviluppate da questi operatori per immagazzinare ed elaborare la gran massa di dati acquisiti rappresentano degli asset strategici nonché delle barriere all’ingresso per i nuovi operatori (si pensi che, sulla base di dati di contabilità e della struttura delle reti informatiche sviluppate, si è potuto stimare che il break even di un nuovo motore di ricerca internazionale supera oramai i 10 miliardi di dollari), ma sono soprattutto i dati stessi a rappresentare delle leve competitive difficilmente replicabili. In questo senso, il futuro di internet e i suoi esiti competitivi sembrano essere imprescindibilmente legati alla disponibilità di gran masse di dati personali sugli utenti”21. 20) AGCom, Indagine conoscitiva sul settore dei servizi Internet e sulla pubblicità online, gennaio 2014, delibera 19/14/CONS allegato A punto 210.
21) AGCom, Indagine conoscitiva sul settore dei servizi Internet e sulla pubblicità online, gennaio 2014, delibera 19/14/CONS allegato A pag.VIII. 39/56  ADEGUARE IL QUADRO NORMATIVO E REGOLAMENTARE RIMUOVENDO LE ASIMMETRIE PER ASSICURARE UN CONFRONTO COMPETITIVO EQUO (LEVEL PLAYING FIELD) 
la necessità di ampliare la definizione di “fornitori di servizi di media audiovisivi”  l’obsolescenza della distinzione tra servizi lineari e non lineari  la necessità di aggiornare gli strumenti di tutela del pluralismo e la loro applicazione  il ‘pluralismo interno’ e la parità di accesso dei soggetti politici al mezzo televisivo (par condicio)  la disciplina della pubblicità  la tutela dei minori 40/56 
ADEGUARE IL QUADRO NORMATIVO E REGOLAMENTARE RIMUOVENDO LE ASIMMETRIE PER ASSICURARE UN CONFRONTO COMPETITIVO EQUO (LEVEL PLAYING FIELD) 
LA NECESSITÀ DI AMPLIARE LA DEFINIZIONE DI “FORNITORI DI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI” L’attuale definizione europea, e di conseguenza nazionale, di “fornitore di servizi di media audiovisivi” è incentrata sull’elemento della responsabilità editoriale, che caratterizza i ‘tradizionali’ editori televisivi; responsabilità che molte imprese operanti in Internet tendono a evitare, anche se la loro offerta ha un impatto rilevante sullo stesso mercato su cui operano gli editori. Nell’iter di approvazione della direttiva sui Servizi di media audiovisivi (AVMS‐Audiovisual Media Services) si è sfocato il campo di applicazione della direttiva stessa, che negli intenti della Commissione europea doveva ricomprendere anche le offerte Internet. La conseguenza è il concretizzarsi di asimmetrie regolamentari gravi e ingiustificate. Tali asimmetrie derivano principalmente dal fatto che su operatori che concorrono nello stesso bacino di risorse insistono, sia a livello europeo che nazionale, due diverse direttive: la AVMS e la direttiva sul commercio elettronico, l’unica che Libro verde “Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena gli operatori globali di Internet convergenza: crescita, creazione e valori” (COM (2013) 231 del accettano, definendosi “host di 24 aprile 2013): è un documento politico non propedeutico ad un contenuti postati da terzi”. Con il intervento legislativo, ma ha rappresentato la base per una consultazione risultato che l’unica responsabilità pubblica. Chiusa la consultazione lo scorso ottobre 2013, la Commissione che tali operatori riconoscono è dovrebbe pubblicare un rapporto presumibilmente nel terzo quadrimestre 2014. Obiettivo principale del Libro verde era analizzare l’impatto della convergenza quella di rimuovere contenuti sulla distribuzione di servizi media audiovisivi e verificare l’adeguatezza illegali laddove un’Autorità dell’attuale apparato normativo, in particolare in materia di protezione dei amministrativa o giudiziaria lo consumatori. L’auspicio è che questo esercizio porti a una riflessione e alla imponga. definizione in tempi rapidi di un intervento regolamentare, al fine di limitare Al momento, sono penalizzati i l’impatto devastante che il vuoto normativo, di cui hanno goduto i giganti del web, ha generato per i cittadini e l’industria editoriale europea. soggetti che, proprio perché assumono responsabilità editoriali, tendono per loro natura ad assicurare un più elevato livello di protezione degli interessi esterni. Anche in Europa il tema dell’impatto della convergenza sulla distribuzione dei servizi di media audiovisivi è al centro del dibattito (si veda l’approfondimento Libro verde“Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena convergenza: crescita, creazione e valori”). Il rifiuto da parte di molte imprese dell’audiovisivo attive su Internet di riconoscere la responsabilità editoriale porta, come conseguenza, l’immunità dalle regole e, quindi, al tempo stesso pone tali operatori in vantaggio concorrenziale.  La definizione di “fornitore di servizi di media audiovisivi” dovrebbe essere ampliata, includendovi qualsiasi soggetto che svolga attività imprenditoriali basate sullo sfruttamento di contenuti audiovisivi, sotto qualsiasi forma, come mezzo di aggregazione di audience e di investimenti pubblicitari. Attività imprenditoriali che offrono gli stessi contenuti attingendo allo stesso bacino di risorse (la pubblicità) devono essere regolamentati in modo simmetrico e omogeneo. L’offerta al pubblico di contenuti audiovisivi nell’ambito di piattaforme il cui gestore cura la raccolta pubblicitaria (emblematico il caso di YouTube) dovrebbe dare luogo all’applicazione di tutte le regole previste per i fornitori di servizi di media audiovisivi, a prescindere dall’assunzione di responsabilità editoriali o dalle modalità mediante cui le stesse vengono esercitate. 41/56 
L’OBSOLESCENZA DELLA DISTINZIONE TRA SERVIZI LINEARI E NON LINEARI La distinzione tra servizi lineari e non lineari, introdotta nel 2007 nel diritto europeo, è già obsoleta. L’esperienza attuale ha portato ad utilizzare apparecchi di ricezione di contenuti audiovisivi per connettersi ad Internet. Questi consentono il continuo passaggio dell’utente dall’una all’altra tipologia di servizi, vanificando il presupposto di base della distinzione secondo cui, nell’ambito dei servizi lineari, l’utente godrebbe di minore libertà di scelta. Inoltre, è possibile che per costui non sia neanche distinguibile la modalità, lineare o non, di fruizione del contenuto. Per ragioni tecniche, ma anche per forme culturali e di consumo, la distinzione tende ad assottigliarsi fino ad annullarsi, come ad esempio nel fenomeno del cosiddetto Binge Viewing, cioè il consumo immediato e in un unico momento di un’intera stagione o di molti episodi di una stessa serie. In questo caso, l’operatore ‘non lineare’ determina un vero e proprio evento editoriale con modalità di fruizione proprie del sistema lineare. La maggior parte dei servizi audiovisivi, inoltre, è oggi articolata in componenti sia lineari che non lineari: i programmi che compongono i palinsesti vengono, infatti, riproposti nell’ambito di cataloghi non lineari, anche a brevissima distanza dall’originaria messa in onda. Le offerte televisive a pagamento, in particolare, comprendono sia palinsesti sia cataloghi non lineari, accessibili anche mediante diverse piattaforme, utilizzando il medesimo terminale (in particolare, televisori connessi ad Internet). Sono, peraltro, già in commercio apposite ‘chiavette’ (es. Google Key) che, tramite Wi‐Fi, connettono il televisore a ricevitori mobili o tablet. Tali chiavette, inoltre, rendono disponibili sul televisore una serie di applicazioni interattive selezionate e/o selezionabili sulla base di scelte del produttore di hardware.  L’assoggettamento a discipline differenti di servizi ormai omogenei e concorrenti, fruibili senza soluzione di continuità nell’ambito di una medesima esperienza di utenza, è oggi non più giustificato. 
LA NECESSITÀ DI AGGIORNARE GLI STRUMENTI DI TUTELA DEL PLURALISMO E LA LORO APPLICAZIONE Anche le regole di tutela del pluralismo relative ad una sola piattaforma (art.43, comma 7, d.lgs. 177/05), che impongono un limite al numero di canali esercibili da un medesimo soggetto sulla sola piattaforma digitale terrestre, sono oggi completamente prive di fondamento. Le norme imperniate sul concetto di “sistema integrato delle comunicazioni” e sui singoli mercati che compongono tale sistema possono risultare, viceversa, ancora attuali, proprio perché basate sul presupposto della pluralità di piattaforme informative raggiungibili mediante i medesimi strumenti tecnologici.  La nuova modifica normativa, che ha incluso nel SIC‐Sistema Integrato delle Comunicazioni numerose attività svolte a mezzo Internet, rappresenta un positivo adeguamento ai mutamenti più recenti. Le prime attività applicative dell’AGCom, volte soprattutto a predisporre adeguati strumenti di acquisizione di dati su un mondo, quello di Internet, sostanzialmente non trasparente, hanno generato 42/56 la reazione stizzita del gruppo Google, tradottasi in impugnazioni giurisdizionali volte a sottrarre la propria attività all’intero insieme delle regole nazionali di tutela del pluralismo. Affinché l’applicazione delle regole sia efficace è necessario che essa non sia condizionata dal passato ‘analogico’, ma tenga ben conto sia delle opportunità sia delle minacce che derivano dalle trasformazioni sopra accennate. La tecnologia di Internet assicura la possibilità di indirizzare la ricerca dell’utente verso contenuti predeterminati e di indurre lo stesso a tornare più volte sui medesimi contenuti, in base a preferenze già espresse e note al sistema, ma con criteri di scelta non trasparenti e non noti. Gli strumenti di tutela del pluralismo dovrebbero assicurare che la ricerca dell’informazione nelle reti telematiche, tramite strumenti come i motori di ricerca o di raccomandazione, abbia luogo in maniera libera e trasparente.  L’utente deve avere la libertà di scegliere la propria fonte informativa (ad esempio, la televisione digitale terrestre, nell’ambito di un apparecchio di ricezione connesso ad Internet) ed essere informato, quando effettua ricerche, dei criteri che conducono alla formulazione delle risposte e dell’eventuale non neutralità dello strumento di ricerca. 
IL ‘PLURALISMO INTERNO’ E LA PARITÀ DI ACCESSO DEI SOGGETTI POLITICI AL MEZZO TELEVISIVO (PAR CONDICIO) Le regole in tema di ‘pluralismo interno’ dell’emittenza privata, vale a dire di parità di accesso dei soggetti politici al mezzo televisivo (in periodo elettorale e non) danno luogo a una compressione della libertà di manifestazione del pensiero di giornalisti, direttori ed editori dell’informazione televisiva, in maniera oggi del tutto priva di giustificazione22. Sul mezzo televisivo le attuali regole derivanti da leggi e regolamenti attuativi dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni sono particolarmente dettagliate e invasive, con stringenti limitazioni anche della libertà editoriale delle singole testate giornalistiche, partendo da un minuzioso monitoraggio settimanale/quindicinale dei tempi attribuiti ai soggetti politici nei telegiornali e nelle trasmissioni di approfondimento informativo per singola testata, per arrivare al monitoraggio di singole edizioni principali dei telegiornali fino al conteggio, in termini di secondi, del tempo dedicato a tutti i soggetti concorrenti alle consultazioni elettorali. Tutto ciò in un panorama politico alquanto variegato e frammentato e composto da una molteplicità di soggetti, con opinioni contrastanti e controverse. L’infrazione di tali regole comporta l’applicazione di rilevanti sanzioni economiche.  Mediaset si è sempre scrupolosamente attivata per garantire l’effettiva attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai propri mezzi di informazione, ispirandosi sempre ‐ nel corso di vent’anni di regolamentazione – a principi di equilibrio ed equidistanza, dimostrati dalla marginalità degli eventi sanzionatori.  Nella recente campagna elettorale per l’elezione dei membri del Parlamento europeo, il Gruppo ha attentamente vigilato e posto in essere tutte le necessarie iniziative affinché fossero applicate e rispettate le disposizioni a tutela del pluralismo politico e istituzionale. Infatti, non è stata comminata alcuna sanzione economica né richiami. 22) Legge 515/93 e legge 28/00 con successive delibere attuative emanate da AGCom. 43/56 L’arricchimento delle offerte televisive, reso possibile dalla digitalizzazione, garantisce adeguato spazio ad editori e testate giornalistiche di eterogenei orientamenti culturali, assicurando, già nell’ambito delle sole piattaforme televisive, un grado di pluralismo ‘esterno’ idoneo a non rendere più necessari strumenti che impongano il pluralismo ‘interno’ a ciascun editore (fatta eccezione, ovviamente, per l’editore del servizio pubblico radiotelevisivo). Il dibattito politico da tempo non si caratterizza più per l’esclusività della televisione come mezzo di accesso al pubblico: l’affermazione, non solo in Italia, di proposte politiche incentrate sull’uso della Rete come strumento di comunicazione privilegiato, se non esclusivo, ne rappresenta evidente conferma. Si è arrivati addirittura a candidare alle recenti Elezioni europee soggetti che avevano ottenuto il risultato di soli 33 clic. Come già evidenziato da AGCom nell’Indagine su Internet e pubblicità online, l’importanza della Rete come strumento di comunicazione e di formazione del consenso politico impone la neutralità, comunque la trasparenza, degli strumenti di reperimento dei contenuti. La non trasparenza dei criteri mediante cui, ad esempio, un motore di ricerca come Google determina la scelta e l’ordine dei risultati di una ricerca può influenzare in modo significativo, quanto non consapevole, l’accesso dei cittadini all’informazione e quindi l’orientamento dell’opinione pubblica anche su temi cruciali del dibattito politico e dell’attualità. Inoltre, anche il caso del ‘pluralismo interno’ mette in evidenza la natura ormai paradossale dell’asimmetria regolamentare fra ambiente televisivo e ambiente Internet: servizi distribuiti in modalità broadband sul televisore non sono sottoposti alla stessa regolamentazione dei servizi propriamente televisivi, per quanto trattino gli stessi generi editoriali, con le stesse forme espressive e siano rivolti allo stesso pubblico che li consuma dagli stessi terminali.  Devono essere individuate norme meno complesse per regolamentare l’accesso al sistema radiotelevisivo e devono essere individuati elementi minimi per regolare la trasparenza dei motori di ricerca, in un quadro di equità regolamentare. 
LA DISCIPLINA DELLA PUBBLICITÀ L’attuale disciplina della pubblicità audiovisiva è fortemente condizionata dalla distinzione tra offerte lineari e non lineari, non più attuale per le ragioni esposte. Nonostante la scelta liberalizzatrice della riforma europea del 2007, la disciplina dei servizi lineari contiene ancora limiti significativi, a partire dalla stessa previsione di soglie di affollamento e di regole inerenti alle modalità di inserimento della pubblicità nei programmi e tra gli stessi. Queste regole possono ritenersi difficilmente attuali, a fronte di tecnologie che consentono il continuo passaggio dell’utente tra offerte lineari e non lineari, anche veicolate da differenti piattaforme. A proposito di equità e asimmetria, non può essere condivisa la tesi sostenuta da Sky, secondo cui la previsione, introdotta dal d.lgs.44/2010 (c.d. “decreto Romani”) di tetti orari di affollamento differenziati per le offerte gratuite e a pagamento determinerebbe distorsioni del quadro concorrenziale. Alcune osservazioni:  tutte le piattaforme tv a pagamento sono soggette allo stesso regime;  la Corte di Giustizia europea, interessata del caso, ha ritenuto perfettamente legittima rispetto al principio di eguaglianza e conforme alla direttiva europea la disciplina differenziata;  il Tar, con sentenza del 18/7/2013, ha rimesso la questione alla Corte costituzionale per un fatto puramente tecnico (l’eccesso di delega del legislatore italiano);  allo stato attuale e in pendenza della pronuncia della Corte, ogni intervento legislativo sarebbe inopportuno. Vale la pena ricordare, poi, che a richiedere a gran voce un affollamento minore per l’offerta a pagamento erano stati consumatori, tv locali e Fieg (a difesa della stampa). 44/56 Con la sempre maggiore diffusione della tv connessa, dove lo stesso device consentirà l’accesso alle diverse offerte (indipendentemente dalla modalità, lineare o non lineare, di fruizione), sarà evidente l’assurdità della asimmetria secondo la quale lo stesso film visto sulla tv tradizionale o all’interno di un walled garden on demand, passerà da un ‘ambiente’ puntualmente regolamentato alla ‘prateria’ senza regole della Rete. Si dovrà passare, quindi, ad un contesto equo nel quale o vengono alleggerite le norme sulla tv lineare o si garantisce sull’online almeno il rispetto dei principi e dei diritti fondanti dell’ordinamento. 
LA TUTELA DEI MINORI L’attuale disciplina di tutela dei minori, in Italia frutto anche del recepimento, ad opera della fonte normativa, di previsioni autoregolamentari, garantisce un livello di protezione elevato nell’ambito di tutti i servizi di media audiovisivi, assicurando al tempo stesso la disponibilità di contenuti adeguati a soddisfare le esigenze di tutte le fasce di età. E’ in corso di svolgimento la revisione del Codice di autoregolamentazione Media e Minori, sottoscritto il 29 novembre 2009: il nuovo testo avrà l’obiettivo di adeguare l’apparato di tutela al mutato scenario tecnologico e ai cambiamenti dell’offerta televisiva. Viceversa, Internet rappresenta oggi un luogo di gravi insidie per i minori: materiale di estrema violenza, pornografico, che mostra turpitudini di ogni sorta, è facilmente accessibile ad opera dei più piccoli, senza alcuna restrizione di orario, alcuna avvertenza o strumento tecnologico di filtraggio, se non quelli impiegati dalle famiglie o dai prestatori di servizi, su base puramente volontaria. Questo è uno degli effetti della non adeguatezza della definizione di “fornitore di servizi di media audiovisivi”: importanti piattaforme audiovisive attive su Internet, che indirizzano le loro offerte in modo specifico anche al pubblico italiano, rigettano ogni responsabilità editoriale, con una elusione pressoché totale delle norme di tutela dei minori, continuando a proporre in modo massiccio contenuti anche gravemente pregiudizievoli. Da fornitore multipiattaforma di contenuti, Mediaset sente il dovere di garantire sempre al suo pubblico, in particolare quello dei più piccoli, in qualsiasi ambiente, la fruizione sicura e responsabile che offre da vent’anni. Pertanto, con la volontà di estendere questa fiducia anche al mondo dei servizi online, nel novembre 2011 ha accolto con favore l’appello della commissaria Neelie Kroes e ha aderito alla CEO Coalition to make the Internet a Better place for Children, nata per individuare gli strumenti più idonei che aiutino minori e adulti a compiere una scelta responsabile a fronte di un’offerta sempre più ampia di contenuti trasmessi online e per garantire una maggiore tutela nel loro utilizzo. Sono state focalizzate cinque “actions” di intervento (sistemi di segnalazione di materiale non adatto ai minori, impostazioni sulla privacy adeguate all’età dell’utente, maggiore utilizzo di sistemi di classificazione dei contenuti, disponibilità e uso di sistemi di controllo parentale e rimozione efficace del materiale pedopornografico) e i rappresentati di Mediaset hanno coordinato il gruppo di lavoro impegnato nell’ambito della classificazione dei contenuti accessibili online (apps, ugc, professional content). Nel gennaio 2013 le 31 aziende che hanno aderito alla Coalition, tutte leader nel settore tecnologico e dei media, hanno sottoscritto una serie di impegni per ciascuna della cinque aree, che hanno trovato applicazione, almeno per Mediaset, in servizi concreti già disponibili per l’utente, non senza significativi costi di realizzazione. Tra gli impegni che si è assunto il Gruppo (un elenco dettagliato può essere consultato al sito della DG Connect), si ritiene importante ricordare il lancio, avvenuto lo scorso marzo, di un progetto pilota, avviato con 16mm (piattaforma di raccolta dei contenuti creati dagli utenti) per verificare l’efficacia del sistema di classificazione dei contenuti UGC ed elaborato in collaborazione con BBFC‐British Broadcasting Film Commission e NICAM‐Netherlands Institute for the Classification of Audiovisual Media, organizzazioni di classificazione dei contenuti operanti in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi. La sperimentazione, che si concluderà nel 2015, sta trovando applicazione non solo nel mondo web, ma anche in quello del mobile ed è finalizzata a stimolare gli utenti a dare una valutazione al materiale video esistente sul sito oltre che a classificare il proprio materiale al momento del 45/56 caricamento del file sulla piattaforma. Chiara la volontà di ‘educare’ l’utente a un utilizzo più responsabile di Internet.  Occorrerebbe introdurre, anche in tema di tutela dei minori, regole che consentano all’Autorità amministrativa di disporre la rimozione di contenuti o, nei casi più gravi (come nell’ipotesi dei siti dediti alla pornografia, accessibili senza sistemi di filtraggio dell’utenza), la disabilitazione dell’accesso al sito del pubblico italiano, secondo le modalità già sperimentate, oltre che in tema di contrasto alla pedopornografia, in materia di tutela del monopolio pubblico sui giochi e, più di recente, di protezione della proprietà intellettuale. Mediaset ritiene che questa iniziativa costituisca un passaggio fondamentale per la creazione di un contesto equo e omogeneo, che assicuri la protezione dei consumatori e la concorrenza leale nella fornitura di servizi media audiovisivi, garantendo, quindi, la crescita e la competitività di questo importante settore dell’industria europea. 46/56 
PROMUOVERE UN SISTEMA DI MEDIA AUDIOVISIVI EUROPEO E NAZIONALE PIÙ COMPETITIVO ED EFFICIENTE 
strumenti per il rafforzamento della produzione audiovisiva  la protezione del valore della produzione audiovisiva attraverso l’efficace tutela della proprietà intellettuale  la libertà d’impresa nella valorizzazione dei contenuti editoriali  la salvaguardia della riservatezza nell’ambiente digitale e la concorrenzialità del mercato pubblicitario  la protezione del consumatore nell’ambiente audiovisivo digitale  la definizione di un ambito normativo europeo di fiscalità equa  il futuro del servizio pubblico radiotelevisivo 47/56 
PROMUOVERE UN SISTEMA DI MEDIA AUDIOVISIVI EUROPEO E NAZIONALE PIÙ COMPETITIVO ED EFFICIENTE 
STRUMENTI PER IL RAFFORZAMENTO DELLA PRODUZIONE AUDIOVISIVA La delibera di avvio della presente indagine indica lo sviluppo dell’industria audiovisiva nazionale ed europea come un importante obiettivo di interesse generale: si tratta, in effetti, oltre che di un determinante fattore di sviluppo economico, di un elemento distintivo dell’identità culturale.  La disciplina europea delle quote di programmazione e di investimento, prevista sin dalla prima versione della direttiva “Tv senza frontiere” (1989), ha rappresentato un importante strumento per far sì che l’industria televisiva concorresse sia alla produzione di nuovi contenuti sia alla loro diffusione, evitando l’omologazione culturale derivante dal preponderante peso di mercato delle major statunitensi. Si tratta, senza dubbio, di un obiettivo di fondamentale importanza, che è stato raggiunto mediante sacrifici significativi della libertà d’impresa e della stessa autonomia editoriale delle industrie televisive. L’attuale direttiva “Servizi media audiovisivi” e le relative norme di recepimento in Italia hanno modernizzato, in parte, il sistema, estendendolo ai servizi a richiesta, sia pure in modo flessibile. Il pieno rispetto della disciplina vigente in tema di quote di promozione della produzione audiovisiva europea rappresenta, a nostro avviso, il primo elemento necessario per l’espansione di tale produzione: occorre, in particolare, evitare l’elusione delle regole da parte di soggetti che svolgono, di fatto, attività di fornitore di servizi di media audiovisivi a richiesta, a mezzo Internet, in difetto della relativa autorizzazione. Infine, è necessario che le regole in tema di quote applicabili ai fornitori di servizi su richiesta tengano conto dell’incremento della diffusione di tali servizi e dei relativi ricavi, evitando distorsioni competitive da cui l’attuale sistema non è del tutto immune.  Il sistema delle quote necessita di essere riformato, in particolare mediante il superamento della nozione di “produttore indipendente”, limitandola perlomeno alla sola indipendenza societaria dai broadcaster. Nel tempo, si è assistito a uno sviluppo limitato di imprese di produzione audiovisive efficienti: permangono, infatti, numerosi soggetti sottodimensionati e poco propensi al rischio. L’elevata qualità della produzione audiovisiva, a nostro avviso, dovrebbe essere assicurata non imponendo di finanziare imprese inefficienti, bensì consentendo alle imprese televisive di acquisire e retribuire in maniera adeguata le migliori capacità creative e le più sviluppate risorse tecniche, utilizzandole per lo sviluppo della propria offerta. La riserva di quote di investimento a favore di produttori ‘indipendenti’ è motivata dal falso presupposto che l’indipendenza del produttore rispetto all’impresa televisiva che lo finanzia sia garanzia di pluralismo culturale. L’impresa televisiva è, a maggior ragione in un contesto competitivo fortemente dinamico, come quello attuale, interessata ad offrire all’utenza e agli inserzionisti una produzione audiovisiva di qualità e diversificata, idonea ad assolvere alle esigenze di tutte le fasce di pubblico. 48/56  E’ importante sviluppare sempre di più strumenti di facilitazione all’investimento, quale il tax credit, consentendo l’accesso a tale strumento non solo ai produttori indipendenti, ma anche a coloro che insieme a questi partecipano alla realizzazione dell’opera, sia in termini di meri finanziatori (es. istituti di credito, produttori di beni di largo consumo etc.) che di realizzatori (i broadcaster stessi). Accanto al sistema delle quote, l’incentivazione della produzione audiovisiva può essere raggiunta anche mediante adeguato utilizzo di risorse pubbliche, nel rispetto delle regole in tema di aiuti di Stato. 
LA PROTEZIONE DEL VALORE DELLA PRODUZIONE AUDIOVISIVA ATTRAVERSO L’EFFICACE TUTELA DELLA PROPRIETÀ INTELLETTUALE La proprietà intellettuale costituisce oggetto di violenti attacchi ideologici, sostenuti da alcuni players globali di Internet, che ‐ come accennato ‐ rifiutano l’investimento in contenuti e l’assunzione di responsabilità editoriali, pur svolgendo attività che generano ricavi assai consistenti mediante lo sfruttamento senza titolo di contenuti altrui. La proprietà intellettuale è, in realtà, un istituto liberale, che assicura ad autori e imprenditori che investono nel loro lavoro la possibilità di trarre una remunerazione: in difetto di adeguati strumenti di tutela dei diritti esclusivi sui contenuti, gli incentivi alla produzione degli stessi si riducono drasticamente.  L’uso generalizzato e gratuito di Internet e dei suoi contenuti nasconde la minaccia di una progressiva scomparsa di qualsiasi nuovo contenuto creativo munito di effettivo valore culturale. Mediaset ha intrapreso da anni, con successo, una strategia di salvaguardia del proprio patrimonio immateriale mediante il contenzioso giurisdizionale. Nel corso degli anni sono state intraprese più di 30 azioni giudiziali (di cui circa 15 tuttora pendenti), per la rimozione di contenuti di proprietà del Gruppo Mediaset illecitamente caricati su siti Internet di terzi. Con un’ordinanza storica, emessa nel dicembre 2009 dal Tribunale di Roma23, è stato accolto per la prima volta il ricorso di un broadcaster (Mediaset), che ha disposto la rimozione immediata dai server YouTube di tutti i contenuti illecitamente caricati (nel caso specifico, i filmati erano relativi al reality Grande Fratello).  Il Tribunale ha riconosciuto che siti come YouTube non sono semplici ‘provider di spazi web’, ma veri e propri editori, che devono rispondere alle regole come tutti gli altri media.  Anche YouTube ha, quindi, la responsabilità dei contenuti che sfrutta pubblicitariamente. 23) Ordinanza Tribunale di Roma 16.12.2009 RTI vs Google+YouTube (R.G.N. 5421/08). 49/56 Oltre a tale ordinanza, Rti ha ottenuto più di 10 provvedimenti favorevoli, tra cui quelli verso RCS, Italia on line e Yahoo. La recente introduzione, ad opera dell’AGCom, di un ulteriore strumento di tutela della proprietà intellettuale, mediante provvedimenti amministrativi di particolare efficacia, perché Libro Bianco sul Diritto d’Autore: da qualche anno vi è una idonei, in particolare, ad impedire l’accesso forte pressione da parte del mondo Internet per una riforma radicale del diritto d’autore in ambito comunitario, in particolare del pubblico italiano ad offerte di contenuti della direttiva 2001/29/CE del 22 maggio 2001 sull'armonizzazione di taluni contraffatti provenienti da Paesi extra‐UE, aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella Società rappresenta un’evoluzione importante, che dell'Informazione. All’interno dell’Esecutivo comunitario, la porta bandiera ha consentito, tra l’altro, la cancellazione di questa istanza, fortemente ideologica, è stata la Vicepresidente Kroes. Il Commissario al Mercato Interno Barnier, formalmente competente in dell’Italia dalla black list statunitense degli materia, ha invece mantenuto un approccio più cauto e pragmatico, Stati ove la tutela della proprietà intellettuale chiedendo che detta riforma sia preceduta da un’attenta analisi legale ed economica per identificare gli ambiti nei quali vi è l’effettiva necessità di un è considerata inadeguata. Il tema cruciale è rappresentato dalla intervento. I temi più caldi sono le eccezioni al diritto d’autore (articolo 5 distinzione tra i soggetti che nel web della direttiva del 2001), che i promotori della riforma vorrebbero estese, per esempio, ai contenuti generati dagli utenti (UGC), e la territorialità del svolgono una mera funzione di natura diritto d’autore (in particolare, le esclusive) che i grandi aggregatori tecnica, operando in posizione di indifferenza internazionali (YouTube, Netflix etc.) vorrebbero abolire, a loro vantaggio e rispetto ai contenuti, e coloro che operano con grave danno per la diversità culturale in Europa. secondo modelli di business imperniati sulla Il 10 dicembre 2013 la Commissione europea ha lanciato una consultazione pubblica (conclusasi a fine marzo), rivolta alle parti interessate per valorizzazione dei contenuti stessi, mediante conoscere la loro opinione in merito alla diffusione di contenuti nel mercato la raccolta di audience e di pubblicità. I primi unico digitale. Barnier ha dichiarato in proposito: “Secondo me, il diritto rispondono di eventuali violazioni soltanto d’autore deve essere uno strumento moderno ed efficace che favorisca la se, resi preventivamente edotti delle stesse, creazione e l’innovazione, che permetta di accedere a contenuti di qualità non procedono alla pronta rimozione dei anche oltre le frontiere, che incoraggi gli investimenti e rafforzi la diversità culturale”.
materiali contraffatti. È parimenti importante contrastare interpretazioni dilatate e strumentali della nozione di “user generated content”, che dovrebbe indicare i soli casi in cui l’utente che decide di distribuire un proprio contenuto mediante piattaforme telematiche è l’unico titolare di diritti di proprietà intellettuale sul contenuto stesso. Non possono, invece, essere considerati OMPI: continuano in ambito OMPI (Organizzazione Mondiale “user generated content” i contenuti rispetto per la Proprietà Intellettuale) le negoziazioni per la conclusione di un Trattato sui diritti delle emittenti (Broadcasters’ Treaty). a cui l’utente si limita a svolgere attività di Durante l’ultimo incontro dello Standing Committee on Copyright and uploading e che costituiscono oggetto di Related Rights (30 giugno 2014), le emittenti televisive hanno confermato la diritti di proprietà intellettuale altrui. In richiesta che i servizi di catch‐up siano inclusi nell’ambito di applicazione del questo caso, l’utente non ‘genera’ alcun Trattato. L’assemblea generale, che si terrà il prossimo ottobre 2014, potrebbe decidere di aprire la Conferenza diplomatica per l’adozione contenuto né compie alcuna operazione di formale del Trattato nel 2015, più probabilmente nella seconda metà natura creativa, ma si limita ad una mera dell’anno. Parallelamente alla negoziazione del trattato sull’emittenza, è attività tecnica di ‘caricamento’ di file (user opportuno evidenziare un’iniziativa più teorica, intrapresa in ambito OMPI, uploaded content), che costituisce sull'applicazione del regime di responsabilità degli intermediari nelle diverse contraffazione di opere altrui, consentendo esperienze normative e giurisprudenziali. Si tratta di una fotografia dell’esistente a livello nazionale sul tema della relazione tra diritto d’autore così a soggetti terzi, come i gestori dei portali e intermediari Internet, di sicuro interesse a livello multilaterale qualora una di distribuzione di simili contenuti, di lucrare o più delegazioni chiedessero l’apertura di un tavolo negoziale in materia. indebitamente mediante la raccolta di audience e di investimenti pubblicitari. Anche in Europa il tema della tutela del diritto d’autore è oggetto di un intenso dibattito: si vedano gli approfondimenti Libro bianco sul diritto d’autore e OMPI. 50/56  La disciplina vigente, purché applicata in modo corretto e coerente con il suo scopo, già consente di attribuire correttamente la responsabilità per violazione della proprietà intellettuale a qualsiasi soggetto che lucra in modo indebito dallo sfruttamento senza titolo di contenuti altrui (anche user uploaded), raccogliendo audience e pubblicità, in diretta quanto scorretta concorrenza con i titolari dei relativi diritti.  E’ opportuna sia la chiarificazione del concetto di “intermediario tecnico”, e quindi la più precisa delimitazione dell’ambito di applicazione del safe harbour previsto dalla direttiva sul commercio elettronico, che l’introduzione di una definizione precisa di “user generated content”. Comunque, al di là della doverosa lotta per la tutela del diritto d’autore, è chiaro che:  La disponibilità su Internet di contenuti audiovisivi sempre più numerosi e di elevato livello qualitativo spunta le armi alla polemica strumentale secondo cui si utilizzano siti pirata per trovare un’offerta altrove carente. 
LA LIBERTÀ D’IMPRESA NELLA VALORIZZAZIONE DEI CONTENUTI EDITORIALI L’assunto di fondo alla base del sistema della proprietà intellettuale è che agli autori e agli imprenditori culturali che consentono la diffusione delle loro opere (o talvolta, come nel caso dell’audiovisivo, la loro stessa realizzazione) deve essere riservata ogni decisione in ordine allo sfruttamento economico delle medesime. Il titolare della proprietà intellettuale è libero di decidere se e come utilizzare economicamente la propria opera, per una duplice ragione: la titolarità del diritto morale d’autore, espressione della sua personalità, e il diritto di sfruttare economicamente il risultato del proprio lavoro intellettuale, in quanto unico soggetto in grado di assumere decisioni sullo sfruttamento della sua opera. Contrariamente alle teorie neo‐collettivistiche, le creazioni intellettuali sono opera di singoli individui, o gruppi di individui, muniti di specifiche capacità creative, che vengono valorizzate dagli investimenti di imprenditori (produttori audiovisivi, editori etc.) che, in base a scelte editoriali basate sulla valutazione delle qualità delle opere, decidono di sostenere costi e rischi della diffusione o della stessa produzione dell’opera. Il film premio Oscar La grande bellezza ‐ per limitarci a un esempio significativo e recente ‐ non è opera della collettività, ma di un gruppo di autori e interpreti di grande talento e di imprenditori (tra cui, in posizione di preminenza, il Gruppo Mediaset) che hanno creduto nella qualità del progetto e garantito le risorse necessarie per realizzarlo. La proprietà intellettuale permette ai produttori di decidere come valorizzare economicamente l’opera e agli autori, oltre che a vedere riconosciuta la propria paternità, di opporsi a modificazioni lesive della propria reputazione. Questo non significa, ovviamente, che la collettività non possa accedere all’opera, ma che tale accesso avrà luogo secondo le modalità deliberate dagli aventi diritto e, in particolare, mediante il pagamento di un prezzo (biglietto del cinema, pagamento di un servizio di pay tv), o (come nel caso de La grande bellezza), anche mediante la trasmissione televisiva gratuita, che consentirà la valorizzazione dell’investimento tramite la raccolta pubblicitaria. 51/56  La scelta delle modalità di valorizzazione o della loro successione nel tempo è rimessa alle scelte culturali e alla razionalità economica dei produttori. Nel caso dell’audiovisivo, in particolare, la scelta tra le varie piattaforme o dell’ordine temporale in cui l’opera sarà resa disponibile su ciascuna di esse sarà legata a valutazioni di ordine concorrenziale: il produttore audiovisivo, in particolare, deve essere libero di scegliere, in base ad un principio di concorrenza tra piattaforme (salvi i casi di specifiche discipline, come quello dei diritti di trasmissione sullo sport professionistico), di quali piattaforme avvalersi e quando. L’ipotesi di una migrazione forzata dei contenuti audiovisivi dalle offerte televisive a quelle a mezzo Internet costituirebbe una grave violazione di questi principi, idonea, peraltro, a dare luogo ad esiti nefasti. Poiché, come sopra esposto, Internet non assicura le stesse possibilità di diffusione della televisione, la migrazione forzata dei contenuti si risolverebbe in una perdita secca di ricchezza, legata alle minori opportunità di sfruttamento delle opere, e quindi in una riduzione degli incentivi alla produzione delle stesse.  Imporre o anche solo favorire, mediante misure di sostegno (anche indirette tramite finanziamenti allo sviluppo della piattaforma Internet e riduzioni forzose della piattaforma DTT), la migrazione dei contenuti audiovisivi verso Internet significherebbe dare luogo ad una grave violazione sia della libertà degli autori di compiere scelte culturali di valorizzazione dell’opera sia della libertà d’impresa di produttori e imprese di diffusione televisiva, nonché dello stesso principio di libertà della concorrenza. La disponibilità di contenuti su Internet, in conclusione, deve essere garantita tramite le libere decisioni di autori e produttori e non da imposizioni o politiche di incentivazione. 
LA SALVAGUARDIA DELLA RISERVATEZZA NELL’AMBIENTE DIGITALE E LA CONCORRENZIALITÀ DEL MERCATO PUBBLICITARIO La filiera della comunicazione commerciale via Internet si basa sul ruolo centrale dello scambio tra servizi (motori di ricerca, social network, piattaforme distributive di contenuti etc.) e dati personali degli utenti (la transazione). Nel documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sulla pubblicità online e i servizi via Internet, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni rileva che “la predetta transazione conduce ad una sempre maggiore personalizzazione della fruizione di internet. Talvolta, però, da parte degli utenti non c’è la necessaria consapevolezza né sulla transazione in sé né sugli effetti di questo patto implicito tra chi offre il servizio e chi cede i propri dati in cambio di ulteriori servizi e di pubblicità. Tali aspetti, pertanto, sono suscettibili di influire sia sotto il profilo della privacy, su cui stanno intervenendo le autorità di settore, sia sulla struttura e il funzionamento dei mercati”24. Si tratta di un tema cruciale. Se, da un lato, è vero che le Autorità di tutela dei dati personali, a livello nazionale ed europeo, si stanno interessando sempre più dei trattamenti di dati via Internet, d’altro canto il fenomeno dello scambio dati personali vs servizi è tendenzialmente sconosciuto all’attuale disciplina della materia, che è costruita secondo il modello caratteristico della tutela dei diritti assoluti della persona e della 24) AGCom, Indagine conoscitiva sulla pubblicità online e i servizi via Internet, 21 gennaio 2014, delibera 19/14/CONS allegato A punto 195. 52/56 personalità. Si tratta, in altri termini, di regole che disciplinano l’informazione e il consenso al trattamento da parte del soggetto a cui i dati si riferiscono, ma ignorano del tutto la dimensione dello scambio e, quindi, la garanzia della trasparenza e dell’equilibrio dello scambio stesso. Occorrerebbe introdurre, nella disciplina di tutela dei dati personali, norme ispirate alle regole di tutela dei consumatori avverso le clausole vessatorie nell’ambito dei contratti con i professionisti.  Bisognerebbe rendere l’utente pienamente consapevole delle conseguenze derivanti dalla messa a disposizione dei propri dati personali in cambio di servizi offerti dagli operatori via Internet e sanzionare con la nullità clausole contrattuali che impongono al consumatore gravi svantaggi o riducono le tutele che l’ordinamento europeo e quello nazionale prevedono a suo favore. Inoltre, occorre considerare la determinante valenza concorrenziale assunta dall’accumulo di dati personali sull’utenza da parte dei grandi operatori globali di Internet, ad esempio evitando che questi obblighino soggetti loro concorrenti o attivi in mercati ‘a valle’ (come i produttori di contenuti che si avvalgono dei loro servizi di distribuzione) a conferire dati sui propri contenuti, sulla propria utenza, etc.  E’ fondamentale assicurare la ‘libertà’ anche in ambito Internet: nessuno può essere costretto alla pubblicazione di propri dati personali senza consenso e al di fuori dei casi di interesse pubblico. La Corte di Giustizia europea, con sentenza del 13 maggio 2014, ha affermato che un gestore di motore di ricerca su Internet (nel caso specifico Google) è responsabile del trattamento dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi. Nel caso in cui, a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, l’elenco dei risultati mostri un link ad una pagina web che contiene informazioni sulla stessa, questo può rivolgersi direttamente al gestore, oppure, in caso negativo, adire le autorità competenti per ottenere, in presenza di determinate condizioni, la soppressione di tale link nell’elenco dei risultati. Tale decisione sul cosiddetto “diritto all’oblio” rappresenta un passo importante, ma non garantisce la soluzione del problema privacy. Si pensi come l’uso indiscriminato di dati personali divulgati dalla Rete possa dar luogo a una condanna pubblica risultata poi infondata. Si ricordi il caso delle notizie diffuse da un giornalista con un tweet sul presunto colpevole dell’attentato dinamitardo davanti ad una scuola di Brindisi nel 2012: onorabilità mai restituita allo stesso soggetto, successivamente riconosciuto estraneo ai fatti, da parte degli stessi media che lo avevano dichiarato colpevole. 
LA PROTEZIONE DEL CONSUMATORE NELL’AMBIENTE AUDIOVISIVO DIGITALE Secondo l’orientamento di AGCom, condiviso dalla giurisdizione amministrativa, i servizi televisivi a pagamento sono servizi di comunicazione elettronica, assoggettati alle regole di tutela del consumatore previste, in particolare, dal d.lgs. 259/03 (Codice delle comunicazioni elettroniche). Si tratta di regole pensate, in origine, per i servizi di telecomunicazioni interpersonali, volti ad assolvere a un bisogno primario, e quindi particolarmente restrittive per gli operatori e protettive per l’utenza: si pensi, per limitarci ad un esempio, alla previsione di indennizzi automatici in denaro nell’ipotesi di disservizi anche lievi. 53/56  Internet è escluso dall’applicazione delle regole a tutela del consumatore previste dal Codice delle comunicazioni elettroniche. Le sole regole applicabili ai servizi che consentono all’utente l’accesso a contenuti via Internet, dunque, sono quelle generali previste dal Codice del consumo, in particolare avverso le pratiche commerciali scorrette e le clausole vessatorie, oltre che in materia di contrattazione a distanza. Un esame anche superficiale della prassi di molte piattaforme audiovisive telematiche mostra che il rapporto di utenza si fonda su condizioni contrattuali che non salvaguardano l’utente, il quale, spesso non è neppure posto in grado di comprendere l’effettiva natura del rapporto. Si pensi ‐ ancora per limitarci ad un esempio significativo ‐ al fatto che numerose piattaforme di distribuzione di audiovisivi e vari social network prevedono che l’utente, dopo aver garantito di essere titolare esclusivo dei contenuti immessi, ceda ogni diritto sui contenuti medesimi al gestore della piattaforma, il quale acquisisce, così, ogni più ampia facoltà di utilizzazione commerciale, modificazione, soppressione etc. Allo stesso modo, le condizioni generali di contratto di tali servizi prevedono assai spesso facoltà di recesso da parte del gestore, con soppressione dell’utenza (account) o altri analoghi diritti di modificare o cessare la prestazione resa all’utente, senza alcuna forma di tutela per quest’ultimo. Anche in questo caso, ci troviamo in presenza di un’asimmetria grave e ingiustificata, a tutto discapito dell’utenza e degli operatori televisivi. 
LA DEFINIZIONE DI UN AMBITO NORMATIVO EUROPEO DI FISCALITÀ EQUA Va certamente stigmatizzato l’uso di strategie di elusione fiscale poste in essere dagli operatori globali del web. Tali soggetti invocano strumentalmente il principio della libera prestazione dei servizi per conferire un’apparenza di operazioni estere a cessioni di beni e prestazioni di servizi, in particolare pubblicitari, effettuate, in realtà, in Italia. Simili operazioni debbono essere fortemente contrastate sia mediante la rigorosa applicazione delle regole di repressione degli illeciti tributari sia mediante strategie coordinate tra gli Stati Membri. In un recente convegno25 si è evidenziato che l’aliquota fiscale media di Google a livello di Corporate nel 2012 è stata pari al 19,4%, ma tale tasso si riduce drasticamente al 5,3% se si considerano i Paesi in cui la stessa opera fuori dagli Stati Uniti. E’ evidente come questo operatore, al pari di altri, sfrutti le ‘pieghe’ delle normative fiscali dei Paesi in cui opera per realizzare importanti margini di risparmio tramite subdole forma di elusione fiscale.  Il rispetto degli obblighi tributari è una regola minima di correttezza nei confronti del Paese da cui si traggono ricavi, in molti casi derivanti da attività via Internet imponenti, ma anche un elemento imprescindibile di parità ed equilibrio del confronto concorrenziale.  Nessuno può competere su un piano di parità con soggetti che abbattono artificiosamente i propri oneri fiscali. 25) Convegno Economia digitale e industria culturale, Roma, Camera dei Deputati, 30 giugno 2014 54/56 In Italia c’è stato un tentativo di High‐Level Expert Group on Taxation of the Digital Economy: oltre alle intervenire, assoggettando gli regole che sovrintendono alla protezione dei consumatori, un altro settore operatori globali del web a del diritto che presenta un grave vuoto normativo riguarda la fiscalità. Questo aspetto, un’imposizione specifica. La cosiddetta che ha richiamato di recente l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, è stato affrontato dall’High‐Level Expert Group istituito dalla Commissione europea (ottobre “web tax” era stata inserita nella 2013) per analizzare le problematiche legate all’applicazione dei regimi fiscali Legge di stabilità 2014. all’economia digitale. Successivamente, il decreto legge 30 Il gruppo, presieduto da Victor Gaspar, ex ministro dell’Economia del Portogallo, il 28 dicembre 2013, n.151 (cd “Salva maggio scorso ha pubblicato un rapporto dettagliato. Il documento, presentato al Presidente Barroso, dopo aver ricordato che tra i principi che dovrebbero guidare la Roma”), che rinviava l’entrata in tassazione internazionale c’è anche quello dell’equità distributiva (Distributional vigore della previsione al 1mo luglio Equity), afferma che non si dovrebbero applicare regimi fiscali speciali ad hoc per gli 2014 è decaduto per mancata attori economici digitali, le cui attività dovrebbero essere trattate “come tutte le altre”. conversione, ritenendo che il tema Questa considerazione è estesa anche a livello globale, in ragione della pratica adottata dovesse essere affrontato in sede da diverse entità multinazionali (MNE–MultiNational Entities). Per questo motivo, il rapporto indica, oltre alle iniziative che sono e saranno intraprese all’interno dell’UE, il europea. G20 e l’OCSE (con l’Action Plan on BEPS‐Base Erosion and Profit Shifting), i luoghi più adatti per affrontare il problema in modo efficace. Negli approfondimenti High‐Level Expert Group on Taxation of the Digital Economy e Indagine approfondita della Commissione europea per aiuti di Stato una breve illustrazione dello stato del dibattito in sede europea. La tassazione è una delle componenti di equità cui anche gli operatori OTT devono sottostare. Non si può acce are che il nostro Paese, l'E uropa stessa siano solo mercati passivi in cui si drena ricchezza e non si lascia niente. Parlare di fiscalità nella Rete non è più un tabù: oggi si assiste al Indagine approfondita della Commissione fiorire di iniziative nazionali ed europee finalizzate a introdurre europea per aiuti di Stato. L’11 giugno la Commissione europea, su iniziativa del Vicepresidente equità e legalità nel confronto competitivo con queste nuove Almunia, responsabile per la politica di concorrenza, entità globali. Autorità antitrust nazionali ed europee si stanno avvia tre indagini approfondite per esaminare se le muovendo, il pool europeo dei garanti della privacy sta facendo decisioni delle autorità fiscali di Irlanda, Olanda e passi importanti ed editori e Governi europei hanno finalmente Lussemburgo in merito all’imposta su reddito di impresa applicata ad Apple, Fiat Finance and Trade e Starbucks capito che c'è qualcosa di più in gioco di reazioni conservatrici sono conformi alle regole europee sugli aiuti di Stato. rispetto all'attacco concorrenziale del nuovo. Finora hanno L'apertura di un’inchiesta approfondita dà la possibilità prevalso l'innamoramento e la sudditanza del ‘nuovo che ai terzi interessati e agli Stati di esprimersi nel merito dei avanza’, la paura di essere considerati antistorici e retrò, casi e non pregiudica l'esito della procedura. Non è escluso che sotto la lente potrebbero finire anche sull'orgoglio di difendere il valore delle nostre imprese. Google, Amazon e Facebook.
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IL FUTURO DEL SERVIZIO PUBBLICO RADIOTELEVISIVO Ampia parte delle considerazioni sin qui esposte dimostra quale sia l’attuale ruolo sociale ed economico della televisione e come la stessa sia destinata a svolgere, anche nel futuro, una funzione insostituibile, sia pure nel contesto di una libera e non turbata competizione con altre piattaforme tecnologiche. Il servizio pubblico radiotelevisivo ha svolto, nella storia dei sistemi televisivi europei, una funzione fondamentale, riconosciuta dalla più alta fonte del diritto dell’Unione, attraverso il protocollo di Amsterdam: assicura, in particolare, il raggiungimento di obiettivi di interesse generale che il mercato potrebbe non raggiungere, in difetto dei relativi presupposti economici. Il servizio pubblico rappresenta oggi un elemento caratteristico e imprescindibile dei sistemi dell’audiovisivo in Europa: gli Stati europei sono da sempre consapevoli del fatto che l’audiovisivo e la radiotelevisione in particolare non possono essere considerati mere attività economiche, ma coinvolgono importanti profili sociali e culturali, tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, legati allo sviluppo della cultura, alla libera e consapevole formazione delle opinioni ‐ anche politiche ‐ all’educazione e all’istruzione. 55/56 Il servizio pubblico assicura che la radiotelevisione svolga in modo efficace il proprio ruolo sociale e culturale al di fuori di una stretta logica di profitto. Il privato non è obbligato ad investire laddove non gli sia garantito un ritorno economico degli investimenti, mentre il servizio pubblico lo è. Questa missione di salvaguardia dell’interesse pubblico è alla base stessa del contratto di concessione ad un ente a questa dedicato. Nella prospettiva europea, l’esistenza, in tutti gli Stati Membri, di enti di servizio pubblico radiotelevisivo rappresenta un elemento importante del rispetto della diversità “culturale, religiosa e linguistica”, principio ispiratore dell’Unione europea. Al tempo stesso, le norme europee, a partire dalla norma fondamentale in tema di restrizioni della concorrenza legate all’attività di imprese incaricate di missioni di servizio pubblico e dalla disciplina degli aiuti di Stato, hanno definito limiti e garanzie da osservare affinché il finanziamento erariale del pubblico servizio radiotelevisivo non generi distorsioni competitive. Benché, sotto quest’ultimo aspetto, non tutte le criticità siano risolte, soprattutto in una fase, come la presente, di forte contrazione degli investimenti pubblicitari legata alla crisi economica, si ritiene che in nessun caso si possa rinunciare al tratto distintivo peculiare della televisione europea, , rappresentato da una presenza importante e qualificata dell’operatore pubblico. Il servizio pubblico deve garantire che l’offerta televisiva comprenda anche i contenuti che il mercato tende, per ragioni economiche, a non trasmettere, soprattutto quelli di grande valore artistico e importanza sociale. Il servizio pubblico dovrebbe essere un determinante motore di produzione di nuovi contenuti, nella cinematografia, nel teatro, nella musica e nella cultura in generale, cui può apportare risorse in modo non condizionato da esigenze di ritorno commerciale. Oggi più che mai, nel contesto della formazione di un nuovo mercato audiovisivo allargato e globale, il servizio pubblico deve trovare la sua missione in quanto attore principale della capacità nazionale di sviluppare un’industria audiovisiva vitale e dinamica, volgendo parte rilevante delle proprie risorse verso gli ambiti della produzione e spingendo l’intero sistema audiovisivo verso più elevati livelli qualitativi. In quest’ottica, aspetto fondamentale è una definizione puntuale e adeguata della missione di servizio pubblico nonché degli obblighi e delle responsabilità, interne ed esterne, ad esso legati.  Le indicazioni fornite dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni al fine della definizione del contratto di servizio per il triennio 2013 – 2015 sono orientate in questa direzione: incentivare la trasparenza e la riconoscibilità del servizio pubblico.  Il futuro del servizio pubblico radiotelevisivo non può indurre né consentire alla Rai di fare proprie le logiche di mera competizione con l’emittenza commerciale, ma deve indurla verso un modello di autentica funzione sociale, universale, di elevato livello qualitativo, di gradevole fruibilità, agevolmente riconoscibile agli occhi dell’utenza e dotato di adeguata legittimazione, nei confronti dei telespettatori‐contribuenti, proprio per via della funzione sociale e culturale svolta. Mediaset ritiene che ancora oggi, nell’era di Internet, la presenza in Italia di un servizio pubblico radiotelevisivo sia necessario e utile a garantire la difesa della nostra diversità culturale. Dovrebbe sempre più consolidarsi su livelli di qualità e innovazione, capaci di trainare anche l’offerta commerciale, appannaggio degli attori privati. 56/56