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Puntoedu Neoassunti 2011/2012 02/06/12 10.15 Benvenuto GIOVANNI NICCO Home | Mio percorso | Classe Virtuale | Portfolio | Community ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI Sei in: Individuare i punti di forza e le opportunità operative delle risorse digitali per la didattica Usare contenuti didattici digitali in classe G. Bernardi Crediti: 4 SALVA NEL MIO PERCORSO L’utilizzo delle nuove tecnologie nella scuola e la capacità di esplorarne e sperimentarne le potenzialità innovative, rappresenta oggi una sfida ma anche una condizione essenziale della mediazione didattica. Nei documenti europei è forte il richiamo allo sviluppo di ambienti formativi adeguati ai nuovi contesti sociali, economici e culturali e che favoriscano nei giovani l’acquisizione di quella “competenza digitale ” che ormai è considerata essenziale per l’apprendimento permanente e per l’esercizio della cittadinanza . Questo non solo nel senso di una sempre maggiore abilità nell’utilizzo delle tecnologie informatiche e telematiche, ma anche e soprattutto nel senso della capacità di orientarsi nella cultura digitale con spirito critico e consapevolezza. Obiettivo dell’attività: riflettere sull’approccio critico e sostenibile all’uso dei contenuti didattici digitali Ordine di scuola: Tutti Indicazioni per lo svolgimento dell'attività: 1 . Accedi ad uno dei repository indicati (in Europa o in Italia) all'interno dell'attività 2. Scegli un “contenuto didattico digitale” che pensi di poter usare in classe 3. Indica brevemente come lo useresti all’interno della tua progettazione didattica Invia l'elaborato Versione multimediale Agenzia Scuola © 2012 http://for.indire.it/neoassunti2012/cache/copertina_c.php?lms_id=12179&fond= Page 1 of 1 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.20 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Sperimentazione risorsa/attività didattica Usare contenuti didattici digitali in classe Premessa Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale) Proposta di attività di Gloria Bernardi 1 2 L’utilizzo delle nuove tecnologie nella scuola e la capacità di esplorarne e sperimentarne le potenzialità innovative, rappresenta oggi una sfida ma anche una condizione essenziale della mediazione didattica. Nei documenti europei è forte il richiamo allo sviluppo di ambienti formativi adeguati ai nuovi contesti sociali, economici e culturali e che favoriscano nei giovani l’acquisizione di quella “competenza digitale ” che ormai è considerata essenziale per l’apprendimento permanente e per l’esercizio della cittadinanza (1). Questo non solo nel senso di una sempre maggiore abilità nell’utilizzo delle tecnologie informatiche e telematiche, ma anche e soprattutto nel senso della capacità di orientarsi nella cultura digitale con spirito critico e consapevolezza. I cambiamenti che sono stai indotti nei comportamenti delle nuove generazioni, nei loro linguaggi e nei loro stili cognitivi dagli stimoli culturali e dagli strumenti di comunicazione che caratterizzano la società attuale, rendono auspicabile un maggiore avvicinamento della scuola alla cultura digitale per collegare maggiormente l’attività scolastica alla realtà esperienziale dei giovani (2). La discrepanza tra l’orizzonte culturale di riferimento degli insegnanti, caratterizzato dal predominio del testo, e quello degli studenti, caratterizzato dalla mescolanza dei media, crea quella differenza di linguaggio che separa le generazioni in modo così marcato rispetto alle esperienze del passato. Il cosiddetto “digital disconnetc” , il divario tra il modo con cui giovani e adulti affrontano le tecnologie, è probabilmente una delle cause che rende più difficile la comunicazione e la relazione tra docenti e studenti. http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/ Page 1 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.20 Le teorie dell’apprendimento a cui fa riferimento l’attuale dibattito pedagogico si concentrano attorno a concetti chiave ( sapere come costruzione personale e sociale; insegnante come facilitatore di processi; importanza del contesto) che rendono necessario l’utilizzo di strategie didattiche attive, capaci di valorizzare la partecipazione dello studente e di metterlo in condizione di affrontare e risolvere problemi reali, in una dimensione operativa che dia risalto al nesso di sapere e saper fare. La progettazione didattica parte quindi dall’analisi dello studente, dall’analisi bisogni culturali e formativi del contesto e della società, dall’identificazione degli obiettivi formativi, dei contenuti essenziali, per approdare alla ricerca di strategie didattiche adeguate e di mezzi adeguati. L’ambiente di apprendimento si costruisce con l’intersecazione tra questi elementi, tutti interdipendenti, in un circolo che continuamente tiene presente chi, cosa, come. L’uso delle ICT non è dunque separabile, neppure quando esse sono puramente l’oggetto dell’apprendimento, dal disegno del percorso didattico specifico con “quei” ragazzi e in “quel” contesto d’apprendimento. Le ICT Le ICT sono catalizzatori di cambiamento ma non ne determinano la direzione. Ciò significa che esse dispiegano il loro potenziale innovativo in un ambiente didattico orientato all’innovazione, in quanto “mezzi” adeguati alle strategie didattiche messe in opera. ________________________________________ (1) Processo e obiettivi di Lisbona: http://www.istruzione.it/buongiorno_europa/lisbona.shtml; Le 8 competenze chiave per l’apprendimento permanente: http://ec.europa.eu/education/policies/2010/doc/keyrec_it.pdf (2) Come si confrontano i ragazzi e le ragazze con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione Eurydice in breve – ottobre 2005: http://www.eurydice.org/ressources/eurydice/pdf/0_integral/069IT.pdf INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/ Page 2 of 2 COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE Bruxelles, 10.11.2005 COM(2005)548 definitivo 2005/0221(COD) . Proposta di RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente . (presentata dalla Commissione) IT IT RELAZIONE 1. CONTESTO DELLA PROPOSTA x Motivazione e obiettivi della proposta Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha riconosciuto che l’Europa si trova ad affrontare le sfide legate alla globalizzazione e al passaggio ad economie basate sulla conoscenza. Esso ha ribadito che "occorre che ogni cittadino possieda le conoscenze necessarie per vivere e lavorare in questa nuova società dell'informazione" e che “un quadro europeo dovrebbe definire le nuove competenze di base1 da fornire lungo tutto l’arco della vita: competenze in materia di tecnologia dell’informazione, lingue straniere, cultura tecnologica, imprenditorialità e competenze sociali". Nel 2000 è emersa chiaramente la consapevolezza che le persone costituiscono la risorsa più importante per la crescita e l'occupazione, fatto questo che è stato regolarmente ribadito, più di recente nella rinnovata strategia di Lisbona e in occasione del Consiglio europeo del marzo 2005, che ha sollecitato un aumento degli investimenti nell’istruzione e nelle competenze. Il mandato è stato ribadito e sviluppato nel programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” (IF2010), adottato dal Consiglio di Barcellona nel marzo 2002, che ha anche invocato ulteriori azioni per “migliorare la padronanza delle competenze di base” e per rafforzare la dimensione europea nell’istruzione. Tali lavori dovevano essere impostati sull’identificazione delle competenze di base e sul modo in cui, assieme alle competenze tradizionali, esse possono essere meglio integrate nei curricoli, apprese e mantenute lungo tutto l’arco della vita. Le competenze di base dovrebbero essere effettivamente a disposizione di tutti, comprese le persone con bisogni speciali, i giovani che abbandonano prematuramente la scuola e i discenti adulti. Si doveva inoltre promuovere la convalida delle competenze di base per incoraggiare l’apprendimento ulteriore e aumentare l’occupabilità. La comunicazione della Commissione sull’apprendimento permanente (2001) e la successiva risoluzione del Consiglio (giugno 2002) hanno ribadito ulteriormente la necessità di fornire a tutti opportunità di apprendimento permanente, in particolare per acquisire e aggiornare le competenze di base. Prendendo le mosse da questo mandato politico, un gruppo di lavoro sulle competenze di base, istituito nel 2001 contestualmente al programma di lavoro Istruzione e formazione 2010, ha sviluppato un quadro di competenze chiave2 necessarie in una società della conoscenza e ha formulato una serie di raccomandazioni per assicurare che tutti i cittadini possano acquisirle3. La relazione intermedia comune 2004 del Consiglio e della Commissione sull’attuazione del programma di lavoro Istruzione e formazione 20104 ha sostenuto la necessità di sviluppare 1 2 3 4 IT Le “competenze di base” sono interpretate in generale quale la capacità di leggere, scrivere e far di conto; il Consiglio di Lisbona ha sollecitato che vi si aggiungessero le nuove competenze necessarie in una società della conoscenza come ad esempio le TIC e l’imprenditorialità. Il gruppo di lavoro ha preferito l'espressione "competenza" che si riferisce a una combinazione di conoscenza, abilità e attitudini e "competenza chiave" per definire le competenze necessarie a tutti. Esse comprendono le competenze di base ma hanno una dimensione più ampia. Gruppo di lavoro sulle competenze di base, relazioni 2003, 2004: http://europa.eu.int/comm/education/policies/2010/objectives_en.html#basic Relazione intermedia comune, documento del Consiglio 6905/04 del marzo 2004. 2 IT riferimenti e principi europei comuni a sostegno delle politiche nazionali nonché di favorire e promuovere la riforma e ha dato priorità al quadro delle competenze chiave. La raccomandazione che si propone ora presenta quindi uno strumento di riferimento europeo in materia di competenze chiave e suggerisce come assicurare a tutti i cittadini l'accesso a tali competenze mediante l'apprendimento permanente. Più concretamente, i suoi obiettivi sono: 1) identificare e definire le competenze chiave necessarie per la realizzazione personale, la coesione sociale e l’occupabilità in una società della conoscenza; 2) coadiuvare l’operato degli Stati membri per assicurare che a completamento dell’istruzione e formazione iniziale i giovani abbiano sviluppato le competenze chiave a un livello che li prepari per la vita adulta e che gli adulti siano in grado di svilupparle e aggiornarle in tutto l’arco della loro vita; 3) fornire uno strumento di riferimento a livello europeo, vale a dire le allegate Competenze chiave per l’apprendimento permanente – Un quadro di riferimento europeo5, per i decisori politici, gli erogatori di istruzione, i datori di lavoro e i discenti stessi al fine di agevolare gli sforzi a livello nazionale ed europeo verso il perseguimento di obiettivi concordati congiuntamente; 4) costituire un quadro per un’azione ulteriore a livello comunitario sia nell’ambito del programma di lavoro Istruzione e formazione 2010 sia nel contesto dei programmi comunitari nel campo dell’istruzione e della formazione. x La domanda di competenze in una società della conoscenza Conformemente a quanto si può leggere in studi internazionali, nel presente documento per “competenza” si intende una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini adeguate per affrontare una situazione particolare. Le “competenze chiave” sono quelle che contribuiscono alla realizzazione personale, all’inclusione sociale, alla cittadinanza attiva e all’occupazione. Lo sviluppo della società della conoscenza fa aumentare la domanda delle competenze chiave nella sfera personale, in quella pubblica e in quella professionale. Sta cambiando il modo in cui le persone accedono all’informazione e ai servizi così come cambiano anche la struttura e la composizione della società. Si registra un’attenzione sempre più marcata per la coesione sociale e lo sviluppo di una cittadinanza democratica; ciò richiede che le persone siano informate, coinvolte e attive. Di conseguenza cambiano anche le conoscenze, abilità e attitudini di cui ognuno ha bisogno. La crescente internazionalizzazione delle economie si ripercuote sul mondo del lavoro traducendosi in cambiamenti rapidi e frequenti, nell’introduzione di nuove tecnologie e di nuove strategie nell’organizzazione delle imprese. I lavoratori devono sia aggiornare abilità specifiche legate alle loro mansioni sia acquisire competenze generiche che consentano loro 5 IT L’allegato della raccomandazione, le “Competenze chiave per l’apprendimento permanente – Un quadro europeo”, è una versione riveduta del quadro di competenze chiave sviluppato dal gruppo di lavoro sulle competenze di base. 3 IT di adattarsi al cambiamento. Le conoscenze, abilità e attitudini della forza lavoro sono un fattore importante ai fini dell’innovazione, della produttività e della competitività e contribuiscono alla motivazione e alla soddisfazione dei lavoratori sul posto di lavoro oltre che alla qualità del lavoro. Il Gruppo ad alto livello sulla strategia di Lisbona ha però espresso a chiare lettere, nel novembre 2004, che “in Europa si è lungi dal fare a sufficienza per dotare le persone degli strumenti di cui hanno bisogno per adattarsi a un mercato del lavoro in evoluzione e questa constatazione vale per i posti di lavoro ad alta qualifica come per quelli a bassa qualifica". Si è stimato che circa un terzo della forza lavoro europea (80 milioni di persone) è scarsamente qualificato. Un rapporto elaborato dal Cedefop nel 2004 suggerisce inoltre che entro il 2010 solo 15% dei nuovi posti di lavoro andrà a persone con una scolarizzazione di base mentre 50% andrà a lavoratori altamente qualificati. Indagini internazionali come IALS (Indagine internazionale sulle competenze alfabetiche degli adulti) indicano che in molti paesi europei una percentuale considerevole della popolazione adulta non possiede le abilità di lettura e di scrittura necessarie per funzionare nella società e coloro che hanno lasciato prematuramente la scuola sono tra le persone maggiormente a rischio. Anche se in Europa i tassi di analfabetismo appaiono relativamente bassi, nessuna società è immune da tale fenomeno e vi sono diverse minoranze per le quali l’analfabetismo costituisce un grande problema. I dati del 2005 sui livelli di riferimento europei (“parametri di riferimento”) adottati dal Consiglio nel maggio 20036 non indicano progressi dal 2000 nella riduzione della percentuale di giovani scarsamente preparati in lettura all’età di 15 anni o nell’aumento del tasso di completamento dell’istruzione secondaria superiore. Anche i progressi compiuti sulla via del raggiungimento di altri livelli di riferimento sono troppo scarsi: con le percentuali attuali il tasso di dispersione scolastica scenderebbe a 14% entro il 2010 mentre il livello di riferimento è 10%. La partecipazione degli adulti all’istruzione e alla formazione cresce soltanto di 0,1-0,2 punti percentuali all’anno e siamo quindi ben lontani dal raggiungere il livello di riferimento di 12,5% entro il 2010. Inoltre, i dati indicano che le persone scarsamente qualificate hanno minori probabilità di partecipare a iniziative di perfezionamento professionale, il che rende più difficile aiutare coloro che ne hanno maggior bisogno. x Disposizioni attuali in materia di competenze chiave A livello europeo programmi comunitari quali Leonardo da Vinci e l’azione Grundtvig nell’ambito del programma Socrates sostengono progetti che affrontano le carenze di abilità di base. Dall’adozione del programma di lavoro Istruzione e formazione 2010 diversi gruppi di lavoro si sono concentrati su ambiti specifici come le TIC o su tematiche più ampie (ad esempio l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva) per le quali i lavori sulle competenze di base hanno fornito un contesto raccogliendo tutte le competenze essenziali in un quadro unico. In ciò rientrava anche la raccolta e la diffusione di buone pratiche politiche, compreso l'aspetto dello sviluppo di competenze trasversali nell'ambito dell'istruzione dell'obbligo, l'accesso a 6 IT Progress Towards the Lisbon Objectives in Education and Training; documento di lavoro dei servizi della Commissione, rapporto 2005, pag. 20. http://europa.eu.int/comm/education/policies/2010/doc/progressreport05.pdf 4 IT competenze chiave per i discenti svantaggiati e lo sviluppo di un'offerta coerente di competenze chiave per gli adulti. I lavori sulle competenze chiave sono strettamente correlati ad altri sviluppi volti a migliorare i sistemi europei di istruzione e formazione come ad esempio i lavori attuali sullo sviluppo di un quadro europeo di qualifiche, un’iniziativa intesa a rafforzare la trasparenza e il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze (come ad esempio principi di convalida dell’apprendimento non formale e informale e i sistemi di trasferimento di crediti). Anche i lavori relativi ai principi europei comuni per le competenze e le qualifiche degli insegnanti rientrano in questo contesto poiché intendono affrontare il nuovo ruolo delle scuole nello sviluppo delle competenze dei giovani. A livello degli Stati membri si registra un’attività sostanziale per quanto concerne la riforma curricolare dell’istruzione iniziale, il che rispecchia uno spostamento dell’attenzione dall’impartire conoscenze allo sviluppare competenze trasferibili che preparino i giovani alla vita adulta e all’apprendimento permanente. Ciò richiede approcci diversi nell‘organizzazione dell’apprendimento nonché nuove competenze da parte degli insegnanti. È in corso quindi un dibattito su quali competenze i giovani debbano acquisire e su come meglio aiutare le scuole sviluppando ad esempio i loro sistemi di governance e di valutazione. Anche agli aspetti sociali dell’apprendimento viene ora attribuito un ruolo più importante: lo svantaggio educativo è spesso dovuto a una combinazione di circostanze personali, sociali, culturali ed economiche e dev’essere affrontato in collaborazione con altri settori. Le scuole cercano modi per impegnare le famiglie e le collettività locali non solo a sostegno dell’apprendimento da parte dei giovani ma anche a promozione dell’apprendimento permanente nell’intera collettività. Molti paesi hanno avviato programmi in relazione alle competenze di base ad esempio in materia di alfabetizzazione, aritmetica di base e TIC per gli adulti, spesso agendo per il tramite di ONG. Diversi paesi però non sono ancora in una situazione tale da consentire a tutti i cittadini di acquisire e aggiornare le loro competenze di base e, anche se molti paesi riconoscono la necessità di impartire competenze più ampie ai discenti adulti, non si è registrato un consenso su come esse vadano intese e l’offerta è ancora lungi dall’essere coerente. Gli esempi di buone pratiche politiche degli Stati membri indicano che l’offerta formativa per gli adulti dovrebbe essere incentrata su priorità nazionali, regionali e/o locali ben definite. Ciò dovrebbe portare a infrastrutture che riconoscano e soddisfino i diversi bisogni degli adulti, infrastrutture con insegnanti/formatori qualificati, l'apertura dell'accesso mediante incentivi, attività di orientamento e consulenza. Si dovrebbe tener conto della situazione particolare dei discenti: le loro esperienze previe, i loro bisogni formativi e le loro aspirazioni come anche aspetti più ampi che toccano la politica sociale e quella occupazionale e richiedono l'impegno di tutti i partner. Nonostante numerosi validi esempi di buone pratiche l’offerta di competenze chiave è raramente adattata per soddisfare i bisogni formativi dei cittadini di tutte le età. In tale contesto la presente proposta reca un notevole valore aggiunto fornendo uno strumento di riferimento atto a identificare le competenze chiave ritenute necessarie per tutti e aiutando gli Stati membri nei loro sforzi per assicurare che l’offerta delle competenze chiave sia pienamente integrata nelle loro strategie e infrastrutture di apprendimento permanente. IT 5 IT x Coerenza con altre politiche e altri obiettivi dell’Unione La proposta contribuisce agli obiettivi di Lisbona in materia di crescita, occupazione e coesione sociale: – gli orientamenti integrati per le politiche dell’occupazione degli Stati membri7 riconoscono l’importanza delle competenze per l’occupazione (soprattutto per quanto concerne i gruppi vulnerabili) e per l’adattamento al cambiamento. Questo dovrebbe essere un elemento importante dei programmi nazionali di riforma degli Stati membri al momento di attuare gli orientamenti integrati; – la politica sociale ribadisce il ruolo dell’istruzione e della formazione quale via d'uscita dalla povertà e/o quale fattore chiave per la coesione sociale; – il Patto europeo per la gioventù8 sollecita che si assicuri la corrispondenza delle conoscenze con i bisogni di un’economia basata sulla conoscenza e, a tal fine, si incoraggi lo sviluppo di un insieme comune di abilità di base; – il piano d’azione Imprenditorialità9 riconosce il ruolo essenziale dell’istruzione; l’imprenditorialità è una delle competenze chiave; – le “Competenze chiave per l’apprendimento permanente – un quadro di riferimento europeo” comprende conoscenze, abilità e attitudini che inducono le persone a partecipare maggiormente allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza democratica. 2. CONSULTAZIONE DELLE PARTI INTERESSATE E VALUTAZIONE D’IMPATTO La base della presente proposta è costituita dal “Quadro europeo di competenze di base” sviluppato da un gruppo di lavoro costituito di esperti degli Stati membri, dei paesi EFTA/SEE, dei paesi candidati (dal gennaio 2003) e di associazioni europee. Il gruppo comprendeva decisori politici, professionisti e ricercatori universitari che si occupano sia di educazione degli adulti che di istruzione dell’obbligo nonché persone interessate a livello europeo. I lavori sono stati discussi in una serie di conferenze e seminari organizzati dalle parti interessate o da organizzazioni internazionali. I ministri dell’educazione hanno discusso la “dimensione europea” delle competenze chiave nella loro riunione informale tenutasi a Rotterdam nel luglio 2004 e hanno incoraggiato la Commissione a continuare a lavorare su questa iniziativa. Un gruppo specifico costituito di 5 esperti (provenienti dal mondo accademico e da agenzie governative che si occupano di sviluppi scolastici) è stato convocato nella primavera del 2005 per perfezionare il quadro sulla base delle esperienze e del feedback raccolto nel corso di dibattiti e conferenze e da altre fonti nonché di discuterne l’attuazione. 7 8 9 IT Decisione del Consiglio del 12 luglio 2005 sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione. GU L 205 del 6.8.2005, pag. 21. The European Youth Pact, http://ue.eu.int/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/en/ec/84335.pdf http://europa.eu.int/comm/enterprise/entrepreneurship/promoting_entrepreneurship/doc/com_70_en.pdf 6 IT Nel settembre/ottobre 2005 è stato interpellato il Comitato consultivo per la formazione professionale. x Raccolta e uso di dati esperienziali Si è ricorsi a un consulente per passare in rassegna i lavori internazionali nel merito. Tematiche specifiche come la dimensione europea del quadro, l’offerta per i discenti svantaggiati e l’imprenditorialità sono state elaborate in gruppi ristretti e approvate quindi dal gruppo di lavoro più ampio10. Dalla consultazione e dalle esperienze raccolte è risultata confermata la necessità di un’iniziativa a livello europeo e l’approccio proposto è apparso in linea con le tendenze attuali e sarebbe stato accolto con favore. x Valutazione d’impatto La presente proposta sosterrà lo sviluppo delle strategie degli Stati membri in materia di apprendimento permanente e dei loro sistemi di istruzione e formazione. Essa incoraggerà le riforme curricolari e i relativi dibattiti e darà impulso alla creazione di un’offerta coerente di istruzione e formazione per gli adulti. Ciò avrà un impatto positivo sulla sfera personale, sociale e professionale degli individui e – a livello più ampio – sugli obiettivi di Lisbona in materia di coesione sociale e competitività e crescita economica. L’impatto maggiore dovrebbe averlo sui gruppi svantaggiati che in molti casi attualmente non acquisiscono le competenze chiave. 3. ELEMENTI LEGALI DELLA PROPOSTA x Sintesi dell’azione proposta La raccomandazione proposta definisce le competenze chiave necessarie a tutti i cittadini di società ed economie basate sulla conoscenza. Essa riconosce che le decisioni in materia di attuazione sono prese al meglio a livello nazionale, regionale e/o locale. Essa sollecita gli Stati membri ad assicurare l’acquisizione di competenze chiave da parte di tutti entro la fine dell’istruzione e formazione iniziale e, alla luce dei livelli di riferimento europei, li incoraggia ad affrontare il problema dello svantaggio educativo. Per quanto concerne gli adulti la raccomandazione sostiene la creazione di ampie infrastrutture assieme a tutti i partner pertinenti. La proposta invita la Commissione a sostenere le riforme a livello nazionale mediante: – apprendimento tra pari, scambio di buone pratiche e relazioni sui progressi compiuti nell’ambito dei rapporti biennali IF2010; – sostegno a progetti pertinenti tramite i programmi comunitari nel campo dell’istruzione e della formazione; – promozione di un consenso su cosa sono le competenze di base e sulla loro correlazione con le politiche dell’occupazione e sociali; 10 IT Gruppo di lavoro sulle competenze chiave, rapporto 2004 7 IT – promozione di partenariati con le parti sociali e altre organizzazioni pertinenti. x Base giuridica Conformemente all’articolo 149 del trattato la Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo e integrando la loro azione pur nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri quanto al contenuto dell’insegnamento e all’organizzazione dei sistemi educativi come anche della loro diversità culturale e linguistica. La raccomandazione proposta intende coadiuvare gli sforzi che gli Stati membri fanno per sviluppare i loro sistemi di istruzione e formazione iniziale come anche la loro offerta di istruzione e formazione per gli adulti, fornendo uno strumento di riferimento su competenze chiave nonché incoraggiarli a continuare la cooperazione nell'ambito del programma di lavoro Istruzione e formazione 2010. Conformemente al paragrafo 2 dell'articolo summenzionato la raccomandazione proposta intende sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui problemi comuni per quanto concerne l'offerta di competenze chiave per il tramite dell'apprendimento permanente. L’articolo 150 del trattato afferma che l’azione della Comunità rafforza e integra le azioni degli Stati membri e, in particolare, come è indicato nel paragrafo 2 dello stesso articolo, è volta a migliorare la formazione professionale iniziale, agevolare l’inserimento e il reinserimento professionale e sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui problemi comuni. L’obiettivo della raccomandazione proposta è di migliorare tutti questi aspetti dell’istruzione e formazione professionale poiché fornisce uno strumento di riferimento relativamente a competenze chiave che agevola gli sforzi degli Stati membri per adattare i loro sistemi di istruzione e formazione professionale al fine di rispondere alle sfide che si pongono sul mercato del lavoro e nella società in generale. x Principi di sussidiarietà e di proporzionalità La raccomandazione proposta contribuisce alla qualità dell'istruzione e della formazione agevolando il lavoro che gli Stati membri si sono impegnati a svolgere nell'ambito del programma di lavoro Istruzione e formazione 2010 e adottando i livelli di riferimento europei nel Consiglio del maggio 2003. Essa incoraggia e sostiene le riforme nazionali e la valorizzazione delle buone pratiche registrate in altri paesi al fine di aiutare gli Stati membri a creare un’offerta ampia e coerente di competenze chiave contestualmente alle loro strategie di apprendimento permanente. Per tale motivo la presente proposta è conforme al principio di sussidiarietà. La raccomandazione stabilisce un quadro di riferimento europeo in materia di competenze chiave che devono essere acquisite da tutti i cittadini e stabilisce e ribadisce l’impegno politico a realizzare riforme che non possono essere attuate soltanto utilizzando, ad esempio, i programmi comunitari in materia di istruzione e formazione. Essa ne lascia però l’attuazione interamente agli Stati membri ed è quindi conforme al principio di proporzionalità. 4. IMPLICAZIONI FINANZIARIE La proposta non ha implicazioni per il bilancio comunitario. IT 8 IT 2005/0221 (COD) Proposta di RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 149, paragrafo 4, e l’articolo 150, paragrafo 4, vista la proposta della Commissione11, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo12, visto il parere del Comitato delle regioni13, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato14, considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo di Lisbona del 2000 ha concluso che un quadro europeo dovrebbe definire le nuove competenze di base, tale quadro dovrebbe essere un’iniziativa chiave nell’ambito della risposta europea alla globalizzazione e al passaggio verso economie basate sulla conoscenza; il Consiglio ha ribadito anche che le persone costituiscono la risorsa più importante dell’Europa. Da allora tali conclusioni sono state reiterate anche ad opera dei Consigli europei del marzo 2003 e del marzo 2005 come pure nella rinnovata strategia di Lisbona approvata nel 2005. (2) I Consigli europei di Stoccolma del 2001 e di Barcellona del 2002 hanno sottoscritto gli obiettivi futuri concreti dei sistemi di istruzione e formazione europei nonché un programma di lavoro (il programma di lavoro Istruzione e formazione 2010) per poterli raggiungere entro il 2010. Tali obiettivi comprendono lo sviluppo di abilità per la società della conoscenza nonché obiettivi specifici per promuovere l'apprendimento delle lingue, sviluppare l'imprenditorialità e rispondere all'esigenza generalizzata di accrescere la dimensione europea nell'istruzione. (3) La comunicazione della Commissione sull’apprendimento permanente15 e la successiva risoluzione del Consiglio del 27 giugno 2002 sull’apprendimento 11 GU C [ …] del [ …], pag. [ …]. GU C [ …] del [ …], pag. [ …]. GU C [ …] del [ …], pag. [ …]. GU C [ …] del [ …], pag. [ …]. COM(2001)678 definitivo. 12 13 14 15 IT 9 IT permanente16 hanno identificato nelle “nuove competenze di base” una priorità e hanno ribadito che l’apprendimento permanente deve riguardare l’apprendimento da prima della scuola a dopo la pensione. Il Patto per la gioventù che è allegato alle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del marzo 2005 ha ribadito la necessità di favorire lo sviluppo di una base comune di competenze. (4) Nell’ambito degli sforzi volti a migliorare la performance occupazionale della Comunità i Consigli europei del marzo 2003 e del dicembre 2003 hanno fatto presente la necessità di sviluppare l’apprendimento permanente con un’attenzione particolare per misure attive e preventive rivolte ai disoccupati e alle persone non attive. Ciò prendeva le mosse dal rapporto della Task force europea per l’occupazione in cui si ribadiva la necessità di mettere le persone in grado di adattarsi al cambiamento, l’importanza di integrare le persone nel mercato del lavoro e il ruolo chiave dell’apprendimento permanente. (5) La relazione del Consiglio sul più ampio ruolo dell'istruzione, adottata nel novembre 2004, sottolineava il contributo dell'istruzione alla conservazione e al rinnovo del contesto culturale comune nella società e la sua particolare importanza in un momento in cui tutti gli Stati membri si trovano innanzi al problema di come affrontare la crescente diversità socioculturale. Inoltre il fatto di consentire alle persone di accedere al mondo del lavoro e di rimanervi è un elemento importante del ruolo dell'istruzione ai fini del rafforzamento della coesione sociale. (6) Cinque livelli di riferimento europei (“parametri di riferimento”) sono stati adottati dal Consiglio nel maggio 2003 a riprova dell’impegno di recare un miglioramento misurabile rispetto ai risultati registrati mediamente in Europa. I livelli di riferimento relativi alla capacità di lettura, alla dispersione scolastica, al completamento dell’istruzione secondaria superiore e alla partecipazione degli adulti all'apprendimento permanente sono strettamente correlati con lo sviluppo di competenze chiave. (7) La relazione adottata dalla Commissione nel 2005 in merito ai progressi compiuti sulla via degli obiettivi di Lisbona in materia di istruzione e formazione17 ha indicato che non si sono registrati progressi nella riduzione della percentuale di giovani scarsamente preparati in lettura all’età di 15 anni né nell’innalzamento del tasso di completamento dell’istruzione secondaria superiore. Alcuni progressi sono percettibili per quanto concerne la riduzione della dispersione scolastica, ma con le percentuali attuali non sarà possibile raggiungere i livelli di riferimento europei per il 2010 stabiliti dal Consiglio nel maggio 2003. La partecipazione degli adulti all‘apprendimento non cresce a un ritmo sufficientemente celere per raggiungere il livello di riferimento del 2010 e dai dati raccolti emerge che le persone scarsamente qualificate hanno minori probabilità di partecipare a iniziative di perfezionamento professionale. (8) Il quadro di azioni per lo sviluppo permanente delle competenze e delle qualifiche adottato dalle parti sociali europee nel marzo 2002 ribadisce la necessità che le imprese adattino le loro strutture in misura maggiore e più rapidamente per poter 16 GU C 163 del 9.7.2002, pag. 1. SEC(2005)419. 17 IT 10 IT rimanere competitive. Il lavoro di squadra, l’appiattimento delle gerarchie, la maggiore responsabilizzazione e la crescente necessità di multimansioni portano all’espansione di organizzazioni che apprendono. In tale contesto la capacità delle organizzazioni di identificare competenze, di mobilitarle e riconoscerle e di incoraggiarne lo sviluppo tra tutti i lavoratori rappresenta la base per nuove strategie competitive. IT (9) Lo studio di Maastricht sull’istruzione e formazione professionale indica un notevole divario tra i livelli di istruzione richiesti dai nuovi posti di lavoro e i livelli di istruzione raggiunti dalla forza lavoro europea. Più di un terzo della forza lavoro europea (80 milioni di persone) è scarsamente qualificata mentre si è stimato che entro il 2010 quasi 50% dei nuovi posti di lavoro richiederà qualifiche di livello terziario, poco meno di 40% richiederà un diploma di scuola secondaria superiore e solo circa 15% sarà adatto a persone in possesso soltanto di una scolarizzazione di base. (10) La necessità di dotare i giovani delle necessarie competenze chiave e di migliorare i livelli di completamento degli studi è implicita negli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione 2005-2008 approvati dal Consiglio europeo nel giugno 2005. In particolare, gli orientamenti per l’occupazione sollecitano l’adattamento dei sistemi di istruzione e formazione in risposta ai nuovi fabbisogni di competenze mediante una migliore identificazione dei bisogni occupazionali e delle competenze chiave contestualmente ai programmi di riforma degli Stati membri. (11) Il rapporto del Gruppo ad alto livello sulla strategia di Lisbona del 2004 ha espresso a chiare lettere che in Europa si è lungi dal fare a sufficienza per dotare le persone degli strumenti di cui hanno bisogno per adattarsi a un mercato del lavoro in evoluzione e questa constatazione vale per i posti di lavoro ad alta qualifica e per quelli a bassa qualifica, per il settore manifatturiero e per i servizi. (12) La relazione comune del Consiglio e della Commissione sull’attuazione del programma di lavoro Istruzione e formazione 2010, adottata nel 2004, ha sostenuto la necessità di dotare tutti i cittadini delle competenze di cui hanno bisogno contestualmente alle strategie di apprendimento permanente portate avanti dagli Stati membri. Per incoraggiare e facilitare la riforma la relazione suggerisce lo sviluppo di riferimenti e principi comuni europei e dà la priorità al quadro delle competenze chiave. (13) L’obiettivo della presente raccomandazione è di contribuire allo sviluppo di un’istruzione di qualità coadiuvando e integrando le azioni degli Stati membri oltre ad assicurare che i loro sistemi di istruzione e formazione iniziale offrano a tutti i giovani i mezzi per sviluppare competenze chiave a un livello tale che li prepari per ulteriori forme di apprendimento e per la vita adulta e a far sì che gli adulti siano in grado di sviluppare e aggiornare le loro competenze chiave mediante un'offerta coerente e completa di possibilità di apprendimento permanente. Essa fornisce un quadro comune europeo di riferimento su competenze chiave ai decisori politici, ai fornitori di istruzione e formazione, ai datori di lavoro e ai discenti stessi, al fine di facilitare le riforme nazionali e gli scambi di informazioni tra gli Stati membri e la Commissione nell’ambito del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” volto a raggiungere i livelli di riferimento europei concordati. La raccomandazione appoggia inoltre altre politiche correlate come ad esempio le politiche occupazionali e sociali o altre politiche che interessano la gioventù. 11 IT (14) La presente raccomandazione è conforme al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 5 del trattato nella misura in cui il suo obiettivo è di coadiuvare e integrare l’azione degli Stati membri stabilendo un punto comune di riferimento che incoraggi e promuova le riforme nazionali e l'ulteriore cooperazione con gli Stati membri. La presente raccomandazione è conforme al principio di proporzionalità di cui a detto articolo poiché, lasciando l'attuazione della raccomandazione agli Stati membri, essa non va al di là di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti. RACCOMANDANO AGLI STATI MEMBRI DI: 1. assicurare che l’istruzione e la formazione iniziale offrano a tutti i giovani gli strumenti per sviluppare le competenze chiave a un livello tale che li prepari alla vita adulta e costituisca la base per ulteriori occasioni di apprendimento, come anche per la vita lavorativa; 2. assicurare che si tenga debitamente conto di quei giovani che, a causa di svantaggi educativi determinati da circostanze personali, sociali, culturali o economiche, hanno bisogno di un sostegno particolare per realizzare le loro potenzialità educative; 3. assicurare che gli adulti siano in grado di sviluppare e aggiornare le competenze chiave in tutto l’arco della loro vita con un’attenzione particolare per gruppi di destinatari riconosciuti prioritari nei contesti nazionale, regionale e/o locale; 4. far sì che vi sia un’infrastruttura adeguata per l’istruzione e la formazione permanente degli adulti che tenendo conto dei bisogni diversi degli adulti preveda la disponibilità di insegnanti e formatori, la possibilità di accesso e il sostegno per i discenti; 5. vigilare alla coerenza dell’offerta di istruzione e formazione per gli adulti rivolta ai singoli cittadini mediante vigorosi nessi con le politiche occupazionali e sociali e con altre politiche che interessano i giovani nonché mediante la collaborazione con le parti sociali e altri interessati; 6. utilizzare le “Competenze chiave per l’apprendimento permanente – Un quadro europeo” riportate in allegato quale strumento di riferimento per sviluppare l’offerta di competenze chiave per tutti nell’ambito delle loro strategie di apprendimento permanente. PRENDONO ATTO DELL’INTENZIONE DELLA COMMISSIONE DI: IT 1. contribuire agli sforzi degli Stati membri per sviluppare i loro sistemi di istruzione e formazione e per attuare la presente raccomandazione, anche mediante l’uso delle “Competenze chiave per l’apprendimento permanente – Un quadro di riferimento europeo” quale riferimento per agevolare l’apprendimento tra pari e lo scambio di buone pratiche e a seguire gli sviluppi e riferire sui progressi attraverso le relazioni biennali relative al programma di lavoro Istruzione e formazione 2010; 2. utilizzare le “Competenze chiave per l’apprendimento permanente – Un quadro di riferimento europeo” quale riferimento per attuare i programmi comunitari in materia di istruzione e formazione e assicurare che promuovano l’acquisizione delle competenze chiave; 12 IT 3. incoraggiare un ampio uso delle “Competenze chiave per l’apprendimento permanente – Un quadro di riferimento europeo” nelle politiche comunitarie correlate e in particolare al momento di attuare la politica dell’occupazione, della gioventù e sociale e sviluppare ulteriormente i contatti con le parti sociali e altre organizzazioni attive in questi ambiti; 4. riesaminare l’impatto delle “Competenze chiave per l’apprendimento permanente – un quadro di riferimento europeo” contestualmente al programma di lavoro Istruzione e formazione 2010 e riferire, quattro anni dopo l’adozione della presente raccomandazione, al Parlamento europeo e al Consiglio sulle esperienze acquisite e sulle implicazioni per il futuro. Fatto a Bruxelles, il Per il Parlamento europeo Il Presidente IT Per il Consiglio Il Presidente 13 IT ALLEGATO Competenze chiave per l’apprendimento permanente - Un quadro di riferimento europeo Introduzione Il presente quadro delinea le otto competenze chiave: 1. comunicazione nella madrelingua; 2. comunicazione nelle lingue straniere; 3. competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4. competenza digitale; 5. imparare a imparare; 6. competenze interpersonali, interculturali e sociali e competenza civica; 7. imprenditorialità e 8. espressione culturale. Le competenze sono definite in questa sede alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. A conclusione dell’istruzione e formazione iniziale i giovani dovrebbero aver sviluppato le competenze chiave a un livello tale che li prepari per la vita adulta e dette competenze dovrebbero essere sviluppate ulteriormente, mantenute e aggiornate nel contesto dell’apprendimento permanente. Molte delle competenze si sovrappongono e sono correlate tra loro: aspetti essenziali a un ambito favoriscono la competenza in un altro. La competenza nelle abilità fondamentali del saper parlare, leggere, scrivere e far di conto e nell'uso delle TIC è una pietra angolare per l'apprendimento e il fatto di imparare a imparare è utile per tutte le attività di apprendimento. Vi sono diverse tematiche che vengono evocate ripetutamente nel Quadro: pensiero critico, creatività, spirito di iniziativa, capacità di risolvere i problemi, valutazione del rischio, assunzione di decisioni e capacità di gestire in modo costruttivo i sentimenti svolgono un ruolo importante per tutte e otto le competenze chiave. Competenze chiave 1. Comunicazione nella madrelingua18 Definizione: la comunicazione nella madrelingua è la capacità di esprimere e interpretare pensieri, sentimenti e fatti in forma sia orale che scritta (comprensione orale, espressione 18 IT Si dà atto che la madre lingua potrebbe non essere sempre una lingua ufficiale dello Stato membro e che la capacità di comunicare in una lingua ufficiale è condizione essenziale per assicurare la piena partecipazione degli individui nella società. Provvedimenti per affrontare simili casi rientrano nella responsabilità dei singoli Stati membri conformemente ai loro bisogni e alle loro circostanze specifici. 14 IT orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e a interagire adeguatamente sul piano linguistico nell’intera gamma di contesti culturali e sociali – istruzione e formazione, lavoro, vita domestica e tempo libero. …Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza La comunicazione nella madrelingua presuppone che una persona sia a cononscenza del vocabolario di base, della grammatica funzionale e delle funzioni del linguaggio. Ciò comporta una consapevolezza dei principali tipi di interazione verbale, un bagaglio di testi letterari e non letterari, le principali caratteristiche dei diversi stili e registri del linguaggio nonché la variabilità del linguaggio e della comunicazione in contesti diversi. Le persone dovrebbero possedere le abilità per comunicare in forma orale e scritta in tutta una serie di situazioni comunicative e per sorvegliare e adattare la loro comunicazione a seconda di come lo richieda la situazione. Questa competenza comprende anche l’abilità di scrivere e di leggere diversi tipi di testi, cercare, raccogliere ed elaborare informazioni, usare sussidi, formulare ed esprimere le proprie argomentazioni in modo convincente e appropriato al contesto. Un’attitudine positiva nei confronti della comunicazione nella madrelingua comporta la disponibilità a un dialogo critico e costruttivo, la consapevolezza delle qualità estetiche e la disponibilità a perseguirle nonché un interesse a interagire con gli altri. 2. Comunicazione nelle lingue straniere Definizione: la comunicazione nelle lingue straniere condivide essenzialmente le principali abilità richieste per la comunicazione nella madrelingua: essa si basa sulla capacità di comprendere, esprimere e interpretare i pensieri, i sentimenti e i fatti in forma sia orale che scritta (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) in una gamma appropriata di contesti sociali – lavoro, casa, tempo libero, istruzione e formazione – a seconda dei desideri o bisogni individuali. La comunicazione nelle lingue straniere richiede anche abilità quali la mediazione e la comprensione interculturale. Il livello di padronanza di un individuo varia inevitabilmente tra le quattro dimensioni, le diverse lingue e a seconda del suo background, del suo ambiente e dei suoi bisogni/interessi. Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza La competenza in lingue addizionali o straniere richiede la conoscenza del vocabolario e della grammatica funzionale e una consapevolezza dei principali tipi di interazione verbale e dei registri del linguaggio. È importante anche la connoscenza delle convenzioni sociali, dell’aspetto culturale e della variabilità dei linguaggi. Le abilità essenziali consistono nella capacità di comprendere messaggi parlati, iniziare, sostenere e concludere conversazioni e di leggere e comprendere testi appropriati ai bisogni individuali. Le persone dovrebbero essere anche in grado di usare adeguatamente i sussidi e di imparare le lingue anche in modo informale nel contesto dell'apprendimento permanente. Un’attitudine positiva comporta la consapevolezza delle differenze e diversità culturali nonché l’interesse e la curiosità per le lingue e la comunicazione interculturale. IT 15 IT 3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia Definizione: A. La competenza matematica è l’abilità di far uso di addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione e percentuali in forma mentale e scritta per risolvere una serie di problemi in situazioni quotidiane. L’accento è posto sugli aspetti del processo e dell’attività oltre che su quelli della conoscenza. La competenza matematica comporta – in misura variabile – la capacità e la disponibilità a usare modelli matematici di pensiero (pensiero logico e spaziale) e di presentazione (formule, modelli, costrutti, grafici/carte). B. La competenza scientifica riguarda la capacità e la disponibilità a usare il corpus di conoscenze e di metodologie utilizzato per spiegare il mondo naturale al fine di identificare le problematiche e di trarre conclusioni basate su fatti comprovati. La competenza in campo tecnologico è considerata l’applicazione di tale conoscenza e metodologia per dare risposta ai desideri o bisogni avvertiti dagli esseri umani. Entrambi gli ambiti di questa competenza comportano la comprensione dei cambiamenti determinati dall’attività umana e la consapevolezza della responsabilità di ciascun cittadino. Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza A. La conoscenza necessaria nel campo della matematica comprende una valida conoscenza dei numeri, delle misure e delle strutture, delle operazioni di base e delle presentazioni matematiche di base, la conoscenza dei termini e concetti matematici e dei quesiti cui la matematica può fornire una risposta. Una persona dovrebbe disporre delle abilità per applicare i principi e processi matematici di base nel contesto quotidiano nella sfera domestica e sul lavoro nonché per seguire e vagliare concatenazioni di argomenti. Essa dovrebbe essere in grado di ragionare in modo matematico, di cogliere le prove matematiche e comunicare in linguaggio matematico oltre a saper usare i sussidi appropriati. Un’attitudine positiva in relazione alla matematica si basa sul rispetto della verità e sulla disponibilità a cercare motivazioni e a determinarne la validità. B. Per quanto concerne la scienza e tecnologia, la conoscenza essenziale comprende i principi di base del mondo naturale, i concetti, principi e metodi scientifici fondamentali, la tecnologia e i prodotti e processi tecnologici. Le persone dovrebbero essere consapevoli dei progressi, dei limiti e dei rischi delle teorie scientifiche e della tecnologia nella società in senso lato (in relazione alla presa di decisioni, ai valori, alle questioni morali, alla cultura, ecc.) sia in ambiti specifici della scienza, come la medicina, sia nel senso di una consapevolezza dell’impatto della scienza e della tecnologia sulla natura. Le abilità comprendono la capacità di utilizzare e manipolare strumenti e macchine tecnologici nonché dati scientifici per raggiungere un obiettivo o per formulare una decisione o conclusione, sulla base di dati probanti. Le persone dovrebbero essere anche in grado di conoscere gli aspetti essenziali dell’indagine scientifica ed essere capaci di comunicare le conclusioni e i ragionamenti afferenti. Questa competenza comprende un’attitudine di valutazione critica e curiosità, un interesse per questioni etiche e il rispetto sia per la sicurezza che per la sostenibilità - in particolare per IT 16 IT quanto concerne il progresso scientifico e tecnologico in relazione all'individuo, alla famiglia, alla comunità e alle questioni di dimensione globale. 4. Competenza digitale Definizione: la competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet. Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza La competenza digitale presuppone una salda consapevolezza e conoscenza della natura, del ruolo e delle opportunità delle TSI nel quotidiano: nella vita personale e sociale come anche al lavoro. In ciò rientrano le principali applicazioni informatiche come trattamento di testi, fogli elettronici, basi di dati, memorizzazione e gestione delle informazioni oltre a una consapevolezza delle opportunità offerte da Internet e dalla comunicazione tramite i media elettronici (e-mail, network tools) per il tempo libero, la condivisione di informazioni e le reti collaborative, l’apprendimento e la ricerca. Le persone dovrebbero anche essere consapevoli di come le TSI possono coadiuvare la creatività e l’innovazione e rendersi conto delle problematiche legate alla validità e affidabilità delle informazioni disponibili e ai principi etici che si pongono nell’uso interattivo delle TSI. Le abilità necessarie comprendono: la capacità di cercare, raccogliere e trattare le informazioni e di usarle in modo critico e sistematico, accertandone la pertinenza e distinguendo il reale dal virtuale pur riconoscendone le correlazioni. Le persone dovrebbero anche essere capaci di usare strumenti per produrre, presentare e comprendere informazioni complesse ed essere in grado di accedere ai servizi basati su Internet, farvi ricerche e usarli; esse dovrebbero anche essere capaci di usare le TSI a sostegno del pensiero critico, della creatività e dell’innovazione. L’uso delle TSI comporta un'attitudine critica e riflessiva nei confronti delle informazioni disponibili e un uso responsabile dei media interattivi; anche un interesse a impegnarsi in comunità e reti a fini culturali, sociali e/o professionali serve a rafforzare tale competenza. 5. Imparare a imparare Definizione: ”Imparare a imparare” è l’abilità di perseverare nell’apprendimento. Le persone dovrebbero essere in grado di organizzare il proprio apprendimento anche mediante una gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello individuale che in gruppo. Questa competenza comprende la consapevolezza del proprio processo apprenditivo e dei propri bisogni, l'identificazione delle opportunità disponibili e la capacità di sormontare gli ostacoli in modo da apprendere in modo efficace. Ciò comporta l’acquisizione, l’elaborazione e l’assimilazione di nuove conoscenze e abilità come anche la ricerca e l’uso di strumenti orientativi. Il fatto di imparare a imparare fa sì che i discenti prendano le mosse da quanto hanno appreso in precedenza e dalle loro esperienze di vita per usare e applicare conoscenze e abilità in tutta una serie di contesti – a casa, sul lavoro, in situazione di istruzione e IT 17 IT formazione. La motivazione e la fiducia sono elementi essenziali perché una persona possa acquisire tale competenza. Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza Laddove l’apprendimento è finalizzato a particolari obiettivi lavorativi o di carriera una persona dovrebbe essere a conoscenza delle competenze, conoscenze, abilità e qualifiche richieste. In tutti i casi imparare a imparare comporta che una persona conosca e comprenda le proprie strategie di apprendimento abituali, i punti di forza e i punti deboli delle proprie abilità e qualifiche e sia in grado di cercare le opportunità di istruzione e formazione e gli strumenti di orientamento/sostegno disponibili. Le abilità per imparare a imparare richiedono innanzitutto l’acquisizione delle abilità di base come il saper leggere, scrivere e far di conto e l’uso delle TIC necessarie per un apprendimento ulteriore. A partire da ciò una persona dovrebbe essere in grado di acquisire, elaborare e assimilare nuove conoscenze e abilità. Ciò comporta una gestione efficace del proprio apprendimento, della propria carriera e dei propri schemi lavorativi e in particolare la capacità di perseverare nell’apprendimento, di concentrarsi per periodi prolungati e di riflettere in modo critico sugli obiettivi e le finalità dell’apprendimento. Una persona dovrebbe essere in grado di consacrare del tempo per apprendere autonomamente e con autodisciplina, ma anche per lavorare in modo collaborativo quale parte del processo di apprendimento, di cogliere i vantaggi che possono derivare da un gruppo eterogeneo e di condividere ciò che ha appreso. Tale persona dovrebbe inoltre essere in grado di valutare il proprio lavoro e di cercare consigli, informazioni e sostegno ove necessario. Un’attitudine positiva comprende la motivazione e la fiducia per perseverare e riuscire nell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Un’attitudine ad affrontare i problemi per risolverli serve sia per l’apprendimento che per poter gestire gli ostacoli e il cambiamento. Il desiderio di applicare quanto si è appreso in precedenza e le proprie esperienze di vita nonché la curiosità di cercare nuove opportunità di apprendere e di applicare l’apprendimento in tutta una gamma di contesti sono elementi essenziali di un’attitudine positiva. 6. Competenze interpersonali, interculturali e sociali e competenza civica Definizione: queste competenze riguardano tutte le forme di comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, in particolare alla vita in società sempre più diversificate, come anche a risolvere i conflitti ove ciò sia necessario. La competenza civica dota le persone degli strumenti per partecipare appieno alla vita civile grazie alla conoscenza dei concetti e delle strutture sociopolitici e all’impegno a una partecipazione attiva e democratica. Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza A. Il benessere personale e sociale richiede la consapevolezza di ciò che gli individui devono fare per conseguire una salute fisica e mentale ottimali, intese anche quali risorse per sè stessi e per la propria famiglia e la conoscenza del modo in cui uno stile di vita sano vi puo’ contribuire. Per un’efficace partecipazione sociale e interpersonale è essenziale comprendere i codici di comportamento e le maniere generalmente accettati in diversi contesti e società (ad esempio sul lavoro) e conoscere i concetti di base riguardanti gli individui, i gruppi, le organizzazioni del lavoro, la parità tra i sessi, la società e la cultura. È essenziale inoltre IT 18 IT comprendere le dimensioni multiculturali e socioeconomiche delle società europee e il modo in cui l’identità culturale nazionale interagisce con l’identità europea. Le abilità di comunicare in modo costruttivo in ambienti diversi, di esprimere e di comprendere diversi punti di vista, di negoziare con la capacità di creare fiducia e di essere in consonanza con gli altri sono gli elementi al nocciolo di questa competenza. Le persone dovrebbero essere in grado di venire a capo di stress e frustrazioni in modo costruttivo e dovrebbero anche distinguere tra la sfera personale e quella professionale. Per quanto concerne le attitudini questa competenza si basa sulla collaborazione, assertività e integrità. Le persone dovrebbero provare interesse per lo sviluppo socioeconomico, la comunicazione interculturale, la diversità dei valori e il rispetto degli altri ed essere pronte a superare i pregiudizi e a cercare compromessi. B. La competenza civica si basa sulla conoscenza dei concetti di democrazia, cittadinanza e diritti civili, anche nella forma in cui essi sono formulati nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e nelle dichiarazioni internazionali e quali sono applicati da diverse istituzioni a livello locale, regionale, nazionale, europeo e internazionale. È anche essenziale la conoscenza dei principali eventi, tendenze e agenti del cambiamento nella storia nazionale, europea e mondiale come anche nel mondo presente, con un’attenzione particolare per la diversità europea, ed è anche essenziale la conoscenza degli obiettivi, dei valori e delle politiche dei movimenti sociali e politici. Le abilità riguardano la capacità di impegnarsi in modo efficace con gli altri nella sfera pubblica, di mostrare solidarietà e interesse per risolvere i problemi che riguardano la collettività locale e la comunità più ampia. Ciò comporta una riflessione critica e creativa e la partecipazione costruttiva alle attività della collettività/del vicinato come anche la presa di decisioni a tutti i livelli, da quello locale a quello nazionale ed europeo, in particolare mediante il voto. Il pieno rispetto dei diritti umani, tra cui anche quello della parità quale base per la democrazia, la consapevolezza e comprensione delle differenze tra sistemi di valori di diversi gruppi religiosi o etnici pongono le basi per un'attitudine positiva. In ciò rientra anche la manifestazione del senso di appartenenza al luogo in cui si vive, al proprio paese, all’UE e all’Europa in generale e al mondo (o almeno alla parte di mondo in cui si vive) oltre alla disponibilità a partecipare al processo decisionale democratico a tutti i livelli. La partecipazione costruttiva comporta anche attività civili, il sostegno alla diversità sociale, alla coesione e allo sviluppo sostenibile e una disponibilità a rispettare i valori e la privacy degli altri. 7. Imprenditorialità Definizione: l’imprenditorialità concerne la capacità di una persona di tradurre le idee in azione. In ciò rientra la creatività, l'innovazione e l'assunzione di rischi come anche la capacità di pianificare e di gestire progetti per raggiungere obiettivi. È una competenza utile a tutti nella vita quotidiana, nella sfera domestica e nella società, serve ai lavoratori per aver consapevolezza del contesto in cui operano e per poter cogliere le opportunità che si offrono ed è un punto di partenza per le abilità e le conoscenze più specifiche di cui hanno bisogno gli imprenditori che avviano un’attività sociale o commerciale. Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza IT 19 IT La conoscenza necessaria a tal fine comprende la disponibilità di opportunità per attività personali, professionali e/o economiche, comprese questioni più ampie che fanno da contesto al modo in cui le persone vivono e lavorano, come ad esempio una conoscenza generale del funzionamento dell’economia, delle opportunità e sfide che si trovano ad affrontare i datori di lavoro o un’organizzazione. Le persone dovrebbero essere anche consapevoli della posizione etica delle imprese e del modo in cui esse possono avere un effetto benefico facendo leva sul commercio equo e solidale o sugli aspetti dell’impresa sociale. Le abilità concernono una gestione progettuale proattiva (con abilità quali la capacità di pianificazione, di organizzazione, di gestione, la leadership e la delega, l’analisi, la comunicazione, la rendicontazione, la valutazione e la messa in registro) e la capacità di lavorare sia individualmente che in collaborazione all'interno di gruppi. Occorre anche il discernimento per identificare i propri punti di forza e i punti deboli e soppesare e assumersi rischi all'occorrenza. Un’attitudine imprenditoriale è caratterizzata da spirito di iniziativa, capacità di anticipare gli eventi, indipendenza e innovazione nella vita personale e sociale come anche sul lavoro. In ciò rientrano la motivazione e la determinazione a raggiungere obiettivi, siano essi personali o comuni con altri, e/o nel mondo del lavoro. 8. Espressione culturale Definizione: consapevolezza dell’importanza dell’espressione creativa di idee, esperienze ed emozioni in un’ampia varietà di media, compresi la musica, le arti dello spettacolo, la letteratura e le arti visive. Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza La conoscenza culturale presuppone una conoscenza di base delle principali opere culturali, comprese quelle della cultura popolare contemporanea, quale parte importante della storia dell’umanità nel contesto del retaggio culturale nazionale ed europeo e della loro collocazione nel mondo. Ciò è essenziale per cogliere la diversità culturale e linguistica dell’Europa (e dei paesi europei), la necessità di preservarla come anche l’evoluzione del gusto popolare e l’importanza dei fattori estetici nella vita quotidiana. Le abilità hanno a che fare sia con la determinazione di valore che con l’espressione: l’autoespressione mediante un’ampia gamma di media facendo uso delle capacità innate di un individuo e il discernimento del valore e il godimento delle opere d’arte e delle esibizioni artistiche. Tra le abilità vi è anche la capacità di correlare i propri punti di vista creativi ed espressivi ai pareri degli altri e di identificare e realizzare opportunità economiche nel contesto dell’attività culturale. Un forte senso di identità è alla base del rispetto e di un’attitudine aperta alla diversità dell’espressione culturale. Un’attitudine positiva è legata anche alla creatività e alla disponibilità di coltivare la capacità estetica per il tramite dell’autoespressione artistica e dell’interesse nella vita culturale. IT 20 IT Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.23 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Sperimentazione risorsa/attività didattica Usare contenuti didattici digitali in classe Premessa Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale) Proposta di attività di Gloria Bernardi 1 2 Usare le “nuove tecnologie” in classe può significare molte cose. Le ICT offrono strumenti di lavoro (Fogli elettronici, CAD, Trattamento immagini, DBMS, Word Processor, Editor ipertestuali), strumenti di condivisione e cooperazione (blog, podcast, forum, chat, wiki), oggetti multimediali (come ad es. la lavagna digitale interattiva). Possiamo usare “strumenti”, come il foglio elettronico per calcolare, una videoscrittura o un programma di fotoritocco, come mezzi per potenziare i momenti dedicati a forme di insegnamento più tradizionali (lezione, esercitazione individuale). Possiamo modificare l’ambiente di apprendimento attraverso modalità di organizzazione del lavoro scolastico che sollecitino la ricerca e l’apprendimento cooperativo, facendo leva sulle attività di ricerca in rete, sugli strumenti di condivisione, con strategie didattiche come la webquest, il role play etc. Possiamo utilizzare in questo nuovo contesto anche contenuti di apprendimento digitali. INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5932.htm Page 1 of 1 Puntoedu Apprendere digitale 02/06/12 10.24 RISORSE DIGITALI PER STUDENTI a cura di INDIRE Versione beta Per visualizzare al meglio le risorse occorre aver installato l'ultima versione di Macromedia Flash Player Se trovi difficoltà ad aprire i link esterni, occorre abilitare il browser. Consulta il TUTORIAL (file.zip kb 409) 1. La piramide di Cheope - ITALIANO Un percorso esplorativo all'interno della piramide di Cheope che mette alla prova lo studente sulle capacità di ascolto. Apri scheda (file .doc kb 57) - Apri risorsa (file Mb 3) 2. La nascita di Venere - ITALIANO Un'esplorazione 3D all'interno di uno dei dipinti più famosi della storia dell'arte allo scopo di capire il linguaggio delle immagini. Apri scheda (file .doc kb 53) - Apri risorsa (file Mb 2,6) 3. L'annunciazione - ITALIANO Un'esplorazione 2D all'interno di uno dei dipinti più famosi della storia dell'arte allo scopo di capire il linguaggio delle immagini. Apri scheda (file .doc kb 43) - Apri risorsa (file Mb 2,6) 4. Guernica - ITALIANO Un'esplorazione 2D all'interno di un quadro che ha segnato profondamente la storia dell'arte moderna e dellÂ’impegno civile dellÂ’artista rispetto alla guerra. Apri scheda (file .doc kb 51) - Apri risorsa (file kb 786) 5. Notte stellata - ITALIANO Un'esplorazione 2D all'interno del mondo pittorico onirico e tormentato di Vincent Van Gogh, a partire da un paesaggio notturno. Apri scheda (file .doc kb 51) - Apri risorsa (file Mb 2,16) 6. Era buono, lo prendevano in giro - ITALIANO un viaggio in rete alla scoperta delle risorse presenti per informarsi e "armarsi" contro un fenomeno dilagante: il bullismo. Apri scheda - Apri risorsa (file kb 807) 7. Eppur si muove - ITALIANO Il merito universalmente riconosciuto a Galileo è quello di aver introdotto nella scienza il metodo sperimentale: un percorso in rete per descrivere la rivoluzione scientifica e i suoi protagonisti. Apri scheda (file .doc kb 57) - Apri risorsa (file Mb 1,07) 8. Navigare per imparare - ITALIANO Un viaggio in rete a caccia di informazioni e curiosità sulla bellissima Lucca, per comprendere e confrontare le informazioni, imparando a navigare con consapevolezza. Apri scheda (file .doc kb 57) - Apri risorsa (file Mb 1,26) 9. Una vita esemplare - SCIENZE http://puntoeduft.indire.it/digitaleins/offerta_lo/risorse_dig.htm Page 1 of 2 Puntoedu Apprendere digitale 02/06/12 10.24 Un viaggio nel mondo del baco da seta alla scoperta dei caratteri distintivi degli insetti e del loro ciclo di vita. Apri scheda (file .doc kb 56) - Apri risorsa (file Mb 20) 10. Viaggio all'interno della materia - SCIENZE La risorsa prevede l'esplorazione all'interno di alcuni materiali fino alla visualizzazione della molecola e dell'atomo. Apri scheda (file .doc kb 63) - Apri risorsa (file Mb 19) 11. Dalle pavimentazioni ai quadrilateri - MATEMATICA Un semplice percorso che guida lo studente alla formalizzazione del concetto di quadrilatero e alla distinzione tra definizione e proprietà di un ente geometrico. Apri scheda (file .doc kb 64) - Apri risorsa (file Mb 1) 12. Solo N???- MATEMATICA Iniziamo a mettere ordine nel mondo infinito dei numeri: insiemi, regole, leggi... Un viaggio alla scoperta degli insiemi numerici e della loro relazione con le quattro operazioni aritmetiche. Apri scheda (file .doc kb 64) - Apri risorsa (file Mb 23) Per eventuali segnalazioni o problemi tecnici relativi alle risorse, potete scrivere alla redazione di INDIRE a questo indirizzo: [email protected] http://puntoeduft.indire.it/digitaleins/offerta_lo/risorse_dig.htm Page 2 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.25 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Sperimentazione risorsa/attività didattica Usare contenuti didattici digitali in classe Premessa Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale) Proposta di attività Che cosa è un learning object? LO è ogni risorsa digitale che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento.» (D.A. Wiley) che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento.» (D.A. Wiley) che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento.» (D.A. Wiley) che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento.» (D.A. Wiley) che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento.» (D.A. Wiley) che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento.» (D.A. Wiley) Un learning object (sinteticamente noto come LO dal relativo acronimo) è una unità di istruzione, una risorsa digitale, talvolta multimediale, per l’apprendimento. E’ dotata di specifiche caratteristiche: autoconsistenza, modularità, reperibilità, riusabilità e interoperabilità (1), che ne consentono la possibilità di impiego in contesti diversi. Spesso per descrivere i LO si usa la metafora dei mattoncini di LEGO o delle molecole, che offrono gli incastri naturali per una ricomposizione infinita di entità più complesse. Un LO è quindi un elemento indipendente dal contesto di creazione e di utilizzo, che si può aggregare ad altri costruendo di volta in volta diverse unità didattiche che rispondano ad esigenze formative specifiche. Ha autonomia, può viaggiare da solo, può incontrare altre esperienze ed inserirsi al loro interno - flessibile e polivalente, può essere nella cassetta degli attrezzi di più insegnanti I LO sono caratterizzati anche da uno specifico livello di “granularità”, ovvero di “grandezza” , che va da unità molto semplici a oggetti assai complessi. _________________________________________ (1) possibilità di uso su diverse piattaforme TORNA INDIETRO INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5934.htm Page 1 of 1 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.27 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Sperimentazione risorsa/attività didattica Usare contenuti didattici digitali in classe Premessa Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale) Proposta di attività Tipologie di learning object monocognitivi (conoscere): sono di tipo informativo, di istruzione (lezioni, esercitazioni, seminari, articoli, saggi ecc.. Propongo percorsi di alfabetizzazione di base assicurando il possesso delle informazioni indispensabili a livello di organizzazione dei contenuti, di lessico, di conoscenza degli strumenti di indagine specifica dell’area di riferimento. metacognitivi (interpretare): consentono di elaborare costruttivamente i saperi, anche tramite forme di lavoro cooperativo (esercitazioni guidate, gruppi di discussione, role-play ecc.). Pongono l’attenzione sul prodotto e propongono modalità di assunzione, formalizzazione e risoluzione dei problemi che passino attraverso le 4 fasi canoniche della osservazione, ipotesi, sperimentazione, verifica, stimolando l’utilizzazione di strumenti di conoscenza e di ricerca autonoma diretta. fantacognitivi(costruire): pongono l’attenzione sulle capacità di interpretare, organizzare, strutturare le informazioni secondo la creatività individuale e di gruppo, lasciando spazio all’emozione, all’avventura cognitiva (simulazioni pratiche, esercitazioni ecc.). Pongono l’attenzione sul processo e favoriscono la costruzione di percorsi originali e creativi di conoscenza valorizzando le capacità, individuali e di gruppo, di intuire/inventare. da L. Guerra – E. Pacetti: http://www2.scform.unibo.it/docenti/Guerra2_2005.doc TORNA INDIETRO INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5935.htm Page 1 of 1 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.27 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Sperimentazione risorsa/attività didattica Usare contenuti didattici digitali in classe Premessa Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale) Proposta di attività Problematicità dei LO Nati per l’istruzione a distanza (autoistruzione), i LO si propongono anche per i nuovi contesti di apprendimenti con molte “ambiguità”. L’enfasi data dalla letteratura specifica ad alcune caratteristiche quali l’autoconsistenza, la riutilizzabilità e l’interoperabilità, che pur ne fanno strumenti potenti in determinate situazioni, lascia spesso in ombra altri aspetti meno “evidenti” dei LO, ovvero le caratteristiche interne, intrinseche ai contenuti e alle loro modalità di rappresentazione che rivelano il modello di apprendimento cui ogni LO si ispira. I L.O. non sono costituiti da semplici somme o combinazioni di informazioni, sono invece materiali che nascono con esplicite intenzioni formative, messe in gioco da coloro che li progettano e li realizzano; queste intenzioni si imprimono all’interno del LO e ne modellano la struttura e il senso. E poiché è indubbio che non esista una forma univoca di “intenzione formativa”, ma che al contrario è proprio su questo punto che si sostanzia la differenza tra le varie teorie pedagogiche di sfondo, è altrettanto indiscutibile che chi progetta e modella LO vi imprima la propria strategia educativa, che il prodotto porterà con sé. Sarebbe molto utile allora, non limitare l’analisi dei LO ai loro caratteri esterni (sono autoconsistenti? Sono modulari?...) ma portare la discussione anche su quelli interni (quale strategia formativa portano con sé? Quali modelli di apprendimento propongono? Come interagiscono con il contesto? Sono indirizzati all’autoformazione individuale o al lavoro di una comunità di apprendimento?). A questo proposito è interessante l’analisi svolta da Alvino e Sarti (Istituto Tecnologie Didattiche di Genova) sul rapporto tra filosofia dei LO e sfondo pedagogico costruttivista. (1) http://www.comunedasa.it/elearning/lo_costruttivismo.pdf Questo percorso porta a valutare meglio i LO e soprattutto aiuta a valorizzare le sinergie tra ciò che l’insegnante sceglie di utilizzare e il percorso didattico che ha disegnato per e con i suoi alunni. Più che di LO si tende oggi a parlare più generalmente di “risorse digitali” da utilizzare o creare in base alle “architetture formative” che insegnanti e studenti scelgono in base al legame necessario e specifico tra obiettivo formativo/contenuto d’apprendimento/strategia didattica. E’ un passaggio che probabilmente porta a ridurre in modo significativo la compatibilità tra gli oggetti, e quindi la riusabilità, la possiblità di creare gli “incastri dei mattoncini”. Questi incastri funzionano infatti solo se gli oggetti condividono, accanto ai caratteri esterni (la descrizione, i termini usati per l’indicizzazione) linee guida interne, il modello operativo, l’idea di formazione. Alcune problematiche relative agli LO sono trattate in una serie di articoli pubblicati da Indire I LO: dal dire al fare http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1183 I LO: una messa a fuoco http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1173 http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5936.htm Page 1 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.27 Come cambierà il tuo lavoro di insegnante con gli Oggetti Didattici? Una piccola indagine per cogliere dalla voce di alcuni insegnanti di varie nazioni pareri ed opinioni sul futuro. E non solo dei LO http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=234 Cfr. anche Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche Cfr. anche Form@re: http://www.formare.erickson.it/archivio/aprile_04/aceto.html ______________________________________________________________________ (1) cfr. Alvino, S., Sarti, L., “Learning Objects, strategie e mediazione didattica”, in Journal of e-Learning and Knowledge Society, n. 1, 2005, pp. 45 – 53 TORNA INDIETRO INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5936.htm Page 2 of 2 Learning Objects e Costruttivismo Serena Alvino, Luigi Sarti Istituto per le Tecnologie Didattiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche {alvino | sarti}@itd.cnr.it Abstract Le teorie dell’apprendimento alla base delle pratiche di e-learning tendono oggi a collocarsi nel paradigma costruttivista, che considera l’appren-dimento come processo situato e sociale, mette in discussione il valore assoluto della rappresentazione astratta della conoscenza in termini simbolici e formali, rivaluta la concretezza, il pluralismo epistemologico e la relazione con il contesto. Quale ruolo giocano, in questa prospettiva, approcci all’elearning basati sui Learning Objects? È praticabile il riuso delle risorse d’apprendimento? È possibile integrare nel concetto di LO casi ed esperienze situate in contesto, esempi e buone pratiche di organizzazione del processo d’apprendimento, strutture collaborative, materiali prodotti dagli stessi studenti? E-Learning e costruttivismo socio-culturale Esistono oggi varie possibili definizioni del termine e-learning. Alcuni autori lo usano per riferirsi ad attività di apprendimento/insegnamento che coinvolgono l’uso di computer, multimedialità, telematica e Internet, ponendo quindi un forte accento sugli aspetti tecnologici [Tsai e Machado, 2002]. Altri insistono soprattutto su una connotazione di e-learning come insegnamento/apprendimento “autogestito” in cui assumono particolare rilevanza la produzione e la distribuzione di materiale didattico autoistruzionale [Stockley, 2002]. Per molti il semplice uso di Internet come medium non basta a garantire processi d’apprendimento più efficaci, efficienti, motivanti e accessibili: è indispensabile investire nella qualità del progetto pedagogico e nelle relazioni tra questo e le potenzialità di Internet [Koper, 2001]. Calvani [2002] ad esempio mette in guardia da approcci che, esclusivamente concentrati sulla tecnologia, non tengano nel dovuto conto gli aspetti metodologici e le teorie che governano i processi d’apprendimento: la rete è oggi uno degli strumenti fondamentali di sostegno alle comunità di pratica, alle modalità di apprendimento collaborative e sociali, ad un approccio che privilegia la costruzione dell’identità individuale e di gruppo. La pratica dell’e-learning non dovrebbe risolversi in una particolare modalità erogativa, ma piuttosto portare con sé un’evoluzione dell’organizzazione educativa e una valorizzazione delle risorse sociali e tecnologiche che apra la strada a nuovi modi di apprendere e conoscere. Wilson [1996] sottolinea come i nostri punti di vista sulla conoscenza influiscano sul concetto di insegnamento e apprendimento. Chi concepisce la 1 conoscenza come una quantità di contenuti da trasmettere, considera di conseguenza l’insegnamento come un prodotto da convogliare attraverso un canale; nel contesto delle teorie cognitiviste di prima generazione la conoscenza è invece uno stato cognitivo evidenziato negli schemi mentali e nei comportamenti procedurali, per cui insegnare si traduce nel predisporre un insieme di strategie finalizzate a modificare gli schemi e i comportamenti del discente; il costruttivismo concepisce i processi conoscitivi come elaborazione di significati in interazione con l’ambiente, da cui deriva una didattica che si preoccupa di incoraggiare l’attività autonoma dello studente in un ambiente ricco di risorse e di stimoli; infine, se conoscere è interpretato come l’adozione delle prospettive e delle pratiche di un gruppo, apprendere si traduce nel partecipare ai processi di costruzione condivisa di tali significati nelle situazioni in cui opera una comunità. Nel contesto del costruttivismo socio-culturale, un ambiente d’apprendimento è così un luogo in cui gli studenti possono lavorare insieme e aiutarsi a vicenda per imparare ad usare una molteplicità di strumenti e risorse informative, nel comune perseguimento di obiettivi d’apprendimento e di attività di problem solving [Varisco, 2002]. Le comunità di apprendimento che vengono così a formarsi hanno stimolato in varie direzioni la ricerca educativa, che ha formulato numerose proposte di notevole interesse: le Communities of learners [Brown e Campione, 1994; Ligorio, 1994], ispirate alle modalità collaborative di costruzione di nuove conoscenze in un dato dominio proprie delle comunità scientifiche; le Knowledge-Building Communities [Scardamalia e Bereiter, 1994], basate principalmente sul concetto di apprendimento “intenzionale” che sottolinea l’importanza della dimensione meta-cognitiva; le Learning communities del Cognition and Technology Group at Vanderbilt [CTGV, 1993], basate sul concetto di istruzione “ancorata”, in cui le attività di problem solving devono essere sempre radicate in situazioni e contesti autentici e non fittizi; le Communities of inquiry [Lipman, 1991], orientate allo sviluppo del pensiero critico. L’approccio basato sui Learning Objects Parallelamente, la ricerca in campo tecnologico sviluppa modelli e sistemi che promuovano la riusabilità, la portabilità e l’accessibilità dei materiali didattici [ADL, 2001]. In questa prospettiva viene avanzata la proposta di strutturare i materiali in termini di Learning Objects: documenti, applicazioni software, immagini, sequenze video e aggregati di questi che possono essere (ri)usati come supporto ai processi d’apprendimento [Wiley, 2000] senza dipendere strettamente da altro materiale (“ … a learning object can stand on its own …” [Koper, 2001, p. 4]). 2 Fermi restando i vantaggi della standardizzazione della rappresentazione del materiale educativo, che ne consente il riuso e l’interscambio contribuendo a promuoverne la qualità, circoscrivere i processi formativi alla fruizione individuale di materiali didattici eterogenerati implica una visione limitativa dell’apprendimento e fa riferimento a un modello inaccettabile alla luce del costruttivismo: chi apprende non si limita ad acquisire informazioni, ma ha bisogno di interagire con il docente e con i suoi pari per attivare processi dialogici di negoziazione, interpretazione e strutturazione dei significati, e di svolgere attività in ambienti progettati allo scopo. Secondo Littlejohn (2003) questi processi e i relativi modelli di interazione possono essi stessi essere visti come risorse riusabili: strutture di discorso a cui un docente può far riferimento nel progetto di un corso. Nella fase di disegno del corso il docente si pone quindi come mediatore tra contenuti e attività da un lato, e il modello teorico di riferimento dall’altro (Figura 1). modello dell’apprendimento (es. costruttivismo socio-culturale) progettazione del corso materiali e supporti didattici attività proposte agli studenti ambiente di apprendimento Figura 1. La progettazione come mediazione tra contenuti, attività modello di riferimento. Learning Objects e costruttivismo Buona parte del software didattico attualmente in commercio vede il computer come uno strumento didattico stand alone che è in grado di gestire un 3 processo comunicativo individualizzato col proprio utente [Persico, 2000]1. In questa prospettiva, la tecnologia dei LO offre indubbi vantaggi: facilità ed economia di risorse nello sviluppo, un elevato grado di intercambiabilità e riuso, maggiore possibilità di personalizzare i percorsi di apprendimento rispetto alla didattica frontale [Merrill, 1998]. Questa impostazione consegue da presupposti cognitivisti fortemente orientati a considerare l’apprendimento come elaborazione di informazione che, considerata sinonimo di conoscenza, può essere trasferita dal computer allo studente mediante un processo puramente comunicativo: una volta che lo studente ha visto e studiato l’informazione sarà in grado di superare il test relativo e, ipso facto, di usarla come parte di una più ampia base di conoscenza. L’apprendimento procede per passi discreti, con la somministrazione di quanti di informazione decontestualizzata che progressivamente vanno a costituire una rete di contenuti interrelati; l’integrazione dei vari elementi in un tutto unico è lasciata a carico dello studente: si suppone avvenga più o meno automaticamente, una volta acquisite tutte le componenti. La concezione corrente dei LO enfatizza il tradizionale modello iterativo “presentazione, pratica, feedback” che sfrutta la disponibilità del computer (molto maggiore di quella del docente umano) a consentire ripetute visite a (quasi sempre lo stesso) materiale, ma spesso non riconosce la necessità di rendere disponibili una molteplicità di modi di presentazione dei contenuti, e di favorire lo sviluppo di prospettive e punti di vista differenziati. Ad oggi la discussione sui LO si è prevalentemente focalizzata sugli elementi metodologici e tecnologici inerenti la loro progettazione e realizzazione, ed ha tendenzialmente trascurato gli aspetti più direttamente correlati al supporto che i LO possono fornire al processo d’apprendimento. In effetti, i LO costruiti sul modello basato sul trasferimento di informazioni possono dimostrarsi in molti casi insufficienti a fornire una risposta adeguata a molte esigenze d’apprendimento. Nelle situazioni in cui si richieda agli studenti di sviluppare abilità di pensiero critico, comunicazione, problem solving in domini complessi o non completamente specificati ci si affida preferibilmente ad ambienti d’apprendimento di stampo costruttivista. La fruizione di materiali didattici precostituiti, che nell’approccio tradizionale dei LO è 1 Ciò non significa necessariamente che l’approccio metodologico su cui si fonda l’uso di software didattico sia esclusivamente trasmissivo: un simulatore o l’interprete di un linguaggio di programmazione (ad esempio LOGO) sono esempi di software didattico con cui è possibile costituire ambienti d’apprendimento che favoriscono la costruzione, anche negoziale, dei significati. È tuttavia innegabile che alcune categorie di software didattico, come i tutoriali e gli ipertesti, tendano a realizzare una modalità istruzionale basata sulla trasmissione pressoché unidirezionale dei contenuti. 4 considerata sostitutiva della lezione frontale e pertanto elemento principale del processo istruzionale, nel contesto del costruttivismo socio-culturale è solo una delle attività fondanti il processo d’apprendimento, che si basa anche sull’apprendistato cognitivo, la negoziazione sociale dei significati, la costruzione dell’identità attraverso la partecipazione alle pratiche di una comunità, la meta-riflessione. Certamente rimane la necessità, per il discente, di consultare un corpo documentale che fornisca informazioni relativamente al dominio oggetto dell’apprendimento. È importante comunque tenere presenti le seguenti considerazioni. x Le attività di “studio” non si esauriscono nell’interazione individuale con le informazioni catturate in un corpo di LO predisposti nel processo di instructional design. x Per quanto “oggettive” siano tali informazioni, cioè per quanto ci si sforzi di riportare fatti inoppugnabili del dominio in oggetto, l’interpretazione che noi diamo di tali fatti è sempre condizionata dalle prospettive culturali, sociali, ideologiche ecc. nelle quali siamo immersi; è importante quindi che, nel predisporre un corpo documentale di riferimento ad un’iniziativa di formazione, si riconosca l’importanza di facilitare tale processo d’interpretazione, sia a livello individuale che di gruppo, privilegiando il pluralismo e la molteplicità di prospettive anche a scapito della consistenza interna. x I LO come sono concepiti oggi (prodotti decontestualizzati di un’attività di instructional design) possono catturare solamente la conoscenza esplicita in un dato dominio; la componente implicita, in certi casi assai rilevante, emerge dall’interazione comunicativa tra i membri di una comunità di pratica che operano in situazioni reali [Wenger et al, 2002]. x Il corpo di conoscenze su cui si basa una comunità d’apprendimento non è statico, ma evolve in seguito al processo di co-costruzione e selezione dei significati messo in atto dalla comunità stessa; ciò implica che non sia possibile considerare i LO eterogenerati ed immutabili dal punto di vista dei discenti, che anzi possono e devono contribuire alla riedizione dei LO, e alla definizione di nuovi LO parallelamente alla costruzione collaborativa di nuova conoscenza (vedi più avanti la sezione 0); i LO sono cioè il prodotto di un processo di reificazione e partecipazione che vede coinvolta tutta la comunità di apprendimento [Wenger, 1998]. 5 x Privilegiare l’obiettivo del riuso di LO significa spingere nella direzione della decontestualizzazione del materiale; in prospettiva costruttivista il contributo del contesto (sociale, culturale, organizzativo, professionale ecc.) è invece indispensabile alla definizione del processo d’apprendimento, e il valore di un LO, anche a scapito della sua riusabilità, è direttamente proporzionale alla sua integrabilità nelle specifiche situazioni in cui i discenti affrontano insieme problemi autentici. x Un intervento formativo di qualità deve lasciare spazio ad attività di meta-riflessione che guidino i discenti a ripercorrere il processo d’apprendimento nelle sue tappe fondamentali, nell’ottica di favorire l’imparare ad imparare e lo sviluppo di capacità di giudizio critico. Questa necessità si riflette sulla struttura dell’intervento formativo, sull’organizzazione dei supporti forniti dai docenti, sulle funzionalità offerte dai LO. La riusabilità dei LO Circa la riusabilità dei LO, come si è visto non si tratta di un valore assoluto, ma di un’opportunità di risparmio (nei costi, nel tempo di sviluppo) che deve essere comunque subordinata alla qualità del processo d’apprendimento. Il concetto stesso di riusabilità viene interpretato diversamente nei vari contesti dell’apprendimento [Rehak e Mason, 2003]: ad esempio, le aziende che offrono formazione “on demand” cercano di potenziare il proprio mercato puntando alla realizzazione di ricchi database di LO, aggregabili secondo necessità in moduli e corsi composti sulla base delle esigenze dell’utenza. In questo scenario, lo studente (il cliente) indica le proprie necessità di apprendimento, le conoscenze di cui già dispone, le proprie preferenze ecc. e il corso viene confezionato sul momento, selezionando automaticamente dal database i LO più adeguati. In ambito universitario il concetto di riusabilità è invece prevalentemente considerato nella prospettiva del docente, che nella fase di progettazione del corso attinge a LO esistenti aggregandoli in fase di disegno, provvede alla loro integrazione, inserisce attività pratiche e di gruppo, controlla l’uniformità del linguaggio e la consistenza dei contenuti trattati ecc. È evidente che prospettive di riuso così varie pongono condizioni differenti sulla struttura dei LO , sui metadati che li descrivono, sugli strumenti di selezione, personalizzazione e integrazione. Rimane in ogni caso aperta la possibilità di catturare, in un LO, non solo il materiale didattico riusabile da molti utenti finali in modalità di autoap6 prendimento, ma anche (e soprattutto) la meta-conoscenza elaborata dagli autori dell’intervento formativo nei termini delle scelte organizzative e strategiche che hanno guidato il progetto dell’intervento stesso. Lo sviluppo e la condivisione di design time LO consentirebbe ai progettisti di costruire i propri prodotti partendo non da zero, ma da una base di competenze pedagogiche già sperimentate in contesti analoghi. Ad esempio, si pensi al caso in cui il progettista di un corso desideri attivare un processo di confronto ospitato in un forum di discussione asincrono: la pianificazione temporale di tale attività, la struttura dei documenti co-costruiti dai partecipanti, le tipologie di supporto offerte dai tutor, i casi di studio proposti ecc. si costituiscono come risorse di notevole valore educativo, largamente riusabili da altri progettisti in contesti simili. Alcune considerazioni specifiche devono essere infine dedicate al problema della granularità dei LO. Secondo gli standard emergenti e in un’ottica istruzionale/cognitivista, il concetto di granularità si identifica con un continuum che sale dal singolo concetto, ad una lezione, ad un’unità didattica, ad un intero corso, ammettendo che la conoscenza possa essere suddivisa e segmentata, per poi essere inserita in una struttura tassonomica [Petrucco, 2002]; in questa prospettiva, più l’oggetto di apprendimento risulta essere “piccolo”, maggiore risulta la flessibilità del sistema, poiché se ogni LO focalizza un singolo concetto si riduce la possibilità di influenza del contesto. Nell’approccio costruttivista, dove il pensiero e l’apprendimento umano si strutturano in relazione al mondo sociale e agli elementi contestuali che gli conferiscono significato, il concetto di granularità di un LO va rivisto in una triplice prospettiva: x a quale livello è corretto caratterizzare il LO con elementi contestuali? x le diverse tipologie di metadato previste dagli standard emergenti (es. SCORM) consentono una corretta descrizione del contesto educativo di riferimento? x le possibili interpretazioni personali nella scelta degli attributi da inserire nei diversi campi dei metadati educational possono inficiare l’oggettività richiesta da questo tipo di classificazioni? Catturare le conoscenze tacite Harris e Higgison (2003) descrivono OTiS (Online Tutoring Skills), un eworkshop che ha coinvolto oltre 100 partecipanti di diverse nazionalità sui temi del tutoring online. Obiettivo specifico di OTiS è catturare conoscenze e abilità associate che sono prevalentemente tacite e in costante evoluzione, 7 e quindi di difficile accessibilità, essendo il ruolo del tutor ancora in larga misura oggetto di ricerca. I partecipanti, operatori nel campo della formazione online, hanno costituito una comunità di pratica con lo scopo di condividere e discutere le proprie esperienze. Data l’ampia gamma di aspetti discussi e la varietà delle esperienze riportate, tutti hanno, in momenti diversi, ricoperto sia il ruolo di “esperto” che quello di “novizio”. Il principale strumento scelto per incoraggiare i partecipanti ad articolare e condividere le proprie conoscenze tacite è stato lo studio di casi: sulla base di una struttura predefinita (template) ai partecipanti è stato richiesto, come attività precedente al workshop, di descrivere la propria pratica di tutor online. Una selezione (operata da un comitato di revisori) ha successivamente selezionato i casi più interessanti, sulla base dei quali sono state organizzate le attività collaborative condotte nel workshop stesso. Successivamente al workshop un sottoinsieme dei partecipanti (writing teams) ha riorganizzato ed indicizzato i casi, le risultanze delle discussioni, gli interventi degli esperti chiamati a contribuire al workshop, ecc. dando così forma ad una base di risorse riusabili2 di notevole valore pedagogico nel campo del tutoring online. Harris e Higgison sostengono che il modello di OTiS è riusabile in molti contesti di formazione professionale, in quanto consente a novizi ed esperti di apprendere attraverso il mutuo coinvolgimento e l’interazione. Gli autori propongono quindi due livelli di riuso dell’esperienza descritta: da una parte il modello (articolazione delle attività, template di descrizione dei casi, struttura delle sintesi elaborate dai writing teams …), generico e trasversale ai potenziali domini di conoscenza in cui l’esperienza potrebbe essere riapplicata; dall’altra il database di risorse co-costruito dai partecipanti, che mette a fuoco le problematiche specifiche del tutoring online. Tutto ciò non è ancora modellabile in termini di LO: gli standard di rappresentazione al momento a disposizione non forniscono un corpo di metadati adeguato a catturare questo tipo di (meta)conoscenze. È pertanto necessario muoversi nella direzione di un’estensione dei metadati educational che consenta di rappresentare indicazioni, linee guida, strutture di attività ecc. Modellare la conoscenza pedagogica Sebbene gli standard IMS e SCORM includano tra le categorie di metadato i descrittori educational e annotation, il cui scopo è rispettivamente di rappresentare le caratteristiche pedagogiche della risorsa e di inserire commenti relativi al suo uso didattico, la conoscenza che essi consentono di catturare è assai limitata e del tutto insufficiente alle necessità di chi progetta 2 8 Accessibile in http://otis.scotcit.ac.uk/onlinebook/ interventi formativi ricchi e flessibili. Gli standard di rappresentazione tendono infatti a presentarsi come “pedagogicamente neutri”, cioè adeguati a qualsiasi schema metodologico sul piano delle strategie didattiche e delle teorie dell’apprendimento che le sostengono. Trascurando il fatto che questa impostazione è probabilmente irrealizzabile (non è possibile prescindere dall’approccio teorico, anche implicito, che adottiamo nella nostra relazione col mondo), è comunque necessario, nell’ottica di favorire il riuso di risorse educative, descrivere esplicitamente le modalità con cui il progettista struttura la proposta formativa: come sono organizzate le attività, quali sono le relazioni tra le persone e le risorse, ecc. In questa direzione sono state avanzate alcune proposte di definizione di linguaggi per la modellizzazione educativa (Educational Modelling Languages, EML) che consentano di descrivere il contenuto e il processo in una “unità di apprendimento” nella prospettiva pedagogica, per favorirne il riuso e l’interoperabilità [Rawlings et al, 2002]. Un EML offre una notazione semantica per descrivere unità di apprendimento per l’e-learning e favorire il riuso del progetto educativo, delle attività di apprendimento, ecc. Tra queste proposte particolarmente interessante è OUNL-ELM, elaborato dalla Open University olandese, che è stato selezionato per essere integrato con gli standard IMS e SCORM. I metadati che descrivono un LO sono arricchiti con descrizioni dello scopo, degli obiettivi, dei ruoli coinvolti, del contesto e dei comportamenti: il LO non è più soltanto un “oggetto di conoscenza”, ma finalmente una unità di apprendimento in cui è stata esplicitata (e quindi resa facilmente riusabile a livello di progettazione) l’organizzazione degli eventi e delle attività proposte agli studenti. Una descrizione completa di OUNL-ELM è disponibile in [Koper, 2001]. Una proposta operativa La ricerca sulla possibilità di integrare la filosofia dei LO con le teorie del costruttivismo sociale ha quindi davanti a sé due principali prospettive di indagine: x l’integrazione nell’ambito delle risorse riutilizzabili in un intervento formativo (learning-time LO) di materiali prodotti dagli studenti3 e di esperienze e casi situati in un contesto; x lo sviluppo e la condivisione di esempi e buone pratiche per l’organizzazione del processo di apprendimento, cioè la meta3 Il problema della correttezza dei contenuti generati dagli studenti va risolto attivando processi di certificazione della conoscenza emersa, presidiati dal docente e avvalorati dalla partecipazione dell’intera comunità. 9 conoscenza sulle scelte organizzative e strategiche sviluppata dai progettisti di interventi formativi (design-time LO). Una discussione in un forum, l’interazione di due o più corsisti in una chat, un documento prodotto collaborativamente da un gruppo di studenti, possono costituire un’importante risorsa di apprendimento sia per chi ha prodotto quel materiale, sia per altri individui che si trovano ad affrontare processi simili; mentre, nel primo caso, queste risorse possono costituire un’occasione per effettuare una meta-riflessione sul processo svolto, per rivedere i passi percorsi, individuare possibili errori e margini di miglioramento, nel secondo caso rappresentano un’occasione di confronto e una modalità alternativa per apprendere nuovi concetti. Le risorse prodotte da una comunità di apprendimento, proprio perché nascono dall’evolversi di un gruppo, non sono statiche di per sé, anzi stimolano una continua revisione e rielaborazione dei risultati raggiunti; anche coloro che sono solo fruitori di quelle risorse, come nel caso di corsisti che hanno a loro disposizione materiali eterogenerati, vengono stimolati al confronto e spinti a trasferire concetti e processi nel loro contesto di apprendimento, attraverso un recupero degli elementi positivi ed una revisione di quelli negativi. Casi, esperienze e prodotti degli studenti, sebbene possano essere recuperati e presentati come learning-time LO, non potranno mai sacrificare il loro stretto legame col contesto in cui sono stati sviluppati in favore di una maggiore possibilità di riuso, poiché il contesto stesso costituisce una parte imprescindibile del loro contenuto formativo; la traccia di una discussione in un forum potrà così diventare un LO solo se sarà accompagnata da un’accurata descrizione del contesto in cui si è sviluppata; queste informazioni, che si rivelano fondamentali per una corretta interpretazione delle dinamiche socio-psico-culturali che caratterizzano in quella particolare discussione, possono essere parte integrante del LO oppure essere esplicitate attraverso i metadati che lo descrivono. Al contrario, nei design-time LO, la descrizione del contesto di applicazione non costituisce un contenuto formativo di per sé, ma una risorsa per il progettista, un contributo che favorisce la riusabilità dello stesso modello didattico in un contesto diverso; infatti, il design-time LO non costituisce in primis una risorsa per il fruitore del processo formativo, bensì per il progettista, poiché consiste in una struttura riusabile per l’organizzazione di interventi didattici, che rappresenta, sotto forma di procedura, attività didattiche legate ad una specifica strategia d’apprendimento. I contesti nei quali è stata adottata questa struttura possono costituire un utile esempio di applicazione ed un supporto per il progettista che decide di riusare quella particolare procedura nell’ambito del proprio corso; i meta10 dati che descrivono questi LO non dovrebbero quindi contenere informazioni su uno specifico contesto di applicazione, bensì sulla strategia didattica alla base della struttura ed, eventualmente, fornire alcuni esempi di adattamento della struttura a contesti diversi. La Figura 2 può costituire un esempio di cosa intendiamo per design-time LO: la procedura in essa rappresentata descrive un’attività di esercitazione proposta in un corso di formazione a distanza basato su strategie di apprendimento collaborativo. PRESENTAZIONE ATTIVITA’ CREAZIONE DI 3 GRUPPI DI LAVORO DISTRIBUZIONE MATERIALI: 1. caso di studio 2. riferimenti teorici 3. traccia per la stesura della relazione FRUIZIONE INDIVIDUALE DEI MATERIALI GRUPPO 1 DISCUSSIONE NEL FORUM G1 GRUPPO 2 DISCUSSIONE NEL FORUM G2 GRUPPO 3 DISCUSSIONE NEL FORUM G3 RELAZIONE GRUPPO 1 (r1) RELAZIONE GRUPPO 2 (r2) RELAZIONE GRUPPO 3 (r3) GRUPPO 3 LETTURA E DISCUSSIONE SU r1 e r2 GRUPPO 1 LETTURA E DISCUSSIONE SU r2 e r3 GRUPPO 2 LETTURA E DISCUSSIONE SU r1 e r3 DISCUSSIONE DEI 3 GRUPPI IN UN UNICO FORUM RELAZIONE FINALE Figura 2. Un esempio di design-time LO. 11 L’esercitazione si basa sullo studio di un caso reale e prevede l’interazione a distanza di tre gruppi di lavoro, ciascuno supportato da un apposito forum di discussione, e la stesura collaborativa di una relazione finale sullo studio effettuato. Dopo una breve presentazione dell’attività, il docente provede a creare tre diversi gruppi di corsisti, formati da circa 5-10 persone. Successivamente vengono distribuiti i materiali necessari per svolgere l’esercitazione: dei materiali teorici di riferimento, una traccia di lavoro (una per ciascun gruppo) che evidenzi le dimensioni-chiave da affrontare nella relazione ed i materiali che descrivono il caso di studio; questi ultimi sono stati preventivamente suddivisi in tre blocchi distinti, relativi, ad esempio, a tre diverse fasi di uno stesso processo o ad altrettanti punti di vista su di esso, oppure, infine, a tre diversi casi reali, confrontabili fra loro; a ciascun gruppo di lavoro viene assegnato uno di questi blocchi. L’attività inizia pertanto con la fruizione individuale dei materiali distribuiti dal docente; successivamente, ciascun gruppo viene invitato a darsi un’organizzazione interna e a discutere sul caso di studio, interagendo nella propria area di discussione; già in questa fase devono essere stati esplicitati dal docente i tempi di consegna dell’esercitazione, in modo che ciascun gruppo riesca a darsi anche un’organizzazione temporale. Sulla base della traccia di lavoro fornita dal docente, ogni gruppo, attraverso l’interazione nel forum e la condivisione di documenti, produce una relazione finale relativa al proprio blocco di materiali. A questo punto l’elaborato prodotto da ciascun gruppo diventa materiale di studio per gli altri due; infine, viene creato un forum generale, aperto a tutti e tre i gruppi, nel quale è possibile discutere dei lavori consegnati dai colleghi, esprimendo i propri dubbi, chiedendo chiarimenti e ricevendo risposta dagli stessi autori dell’elaborato; la discussione in questo forum e l’eventuale ulteriore condivisione di documenti e bozze porta all’elaborazione di una relazione finale, risultato del lavoro di tutta la comunità di apprendimento. Il design time LO è pertanto un meta-modello che descrive le relazioni semantiche tra i diversi LO e tra questi e le altre risorse di supporto all’apprendimento contenuti all’interno di un corso o di una unità didattica; queste relazioni si strutturano in base alle strategie didattiche che vengono adottate e al contesto di applicazione. Durante il processo di apprendimento i design-time LO e le risorse da essi correlate ed organizzate possono subire un ulteriore processo di adattamento al contesto e di trasformazione (vedi Figura 3): i LO che sviluppano i contenuti del corso sono interpretati, rivisti ed integrati dalla comunità dei discenti; test ed esercitazioni stimolano la creazione di nuovi prodotti individuali e di gruppo; le risorse di supporto 12 all’apprendimento, quali FAQ, guide e netiquette, vengono sviluppate ed integrate grazie al contributo di tutti corsisti; strumenti quali forum, chat ed aree per lo scambio dei materiali consentono la generazione e l’esplicitazione di nuova conoscenza condivisa della comunità. C LO Contenuti Strutturazione relazioni fra LO in base alle strategie didattiche C = comunità I = individuo D = docente DESIGN TIME LO Metaconoscenza su organizzazione e interrelazione dei LO LO Test Esercitazioni Risorse di supporto all’appr. collaborativo Interpretazione Revisione Integrazione C Nuovi LO Riusabili I Risoluzione Produzione C D Sviluppo ed integrazione delle risorse Nuovi DESIGN TIME LO Riusabili Figura 3. Il processo evolutivo dei LO. In questo modo, dallo sviluppo di un percorso didattico possono originarsi nuovi learning-time LO, che racchiudano esperienze reali sviluppate nel corso e prodotti della comunità, e nuovi design-time LO, nati dall’adattamento del meta-modello scelto originariamente dal progettista al contesto di applicazione. Conclusioni L’estensione del concetto di LO ad esperienze, casi reali e prodotti di una comunità di apprendimento (learning-time LO) e a meta-conoscenze didattico-organizzative sviluppate dai progettisti di interventi formativi (designtime LO) apre nuovi orizzonti nella progettazione di unità didattiche a distanza. L’esplicitazione e la formalizzazione in meta-modelli delle buone pratiche e delle conoscenze tacite dei progettisti, spesso organizzate unicamente attraverso schemi mentali progressivamente sempre più articolati ed integrate attraverso un processo basato su tentativi successivi [Trentin, 2003], può costituire un importante passo verso la riusabilità non solo dei materiali didattici, ma anche dei modelli che ne definiscono le relazioni semantiche e temporali; questi modelli, infatti, possono essere riusati sia dallo stesso autore che da altri progettisti, attraverso un processo di ri-contestualizzazione. 13 La creazione di veri e propri database di LO, consultabili con indici, parole chiave e query, è praticabile sia per i learning-time LO, che per i design-time LO; in questo scenario professionisti del settore, organizzati in comunità di pratica interne o trasversali alle istituzioni, creano, alimentano e condividono questi “repositori”, riusando ed adattando i modelli proposti dai colleghi e proponendo, in base all’esperienza acquisita, nuovi metamodelli didattici; casi concreti e prodotti eterogenerati, emersi da processi formativi condotti dai membri della comunità, sono riusati come nuove risorse per l’apprendimento ed integrati nel database dei learning-time LO; infine un’apposita interfaccia (ad es. un wizard) che interagisce con il database dei design-time LO offre supporto al progettista nella selezione, riorganizzazione ed integrazione dei learning-time LO più adeguati ai suoi obiettivi. Se la possibilità di condividere conoscenze tacite, schemi procedurali e modelli di interazione può fornire un importante supporto al corretto riuso dei singoli LO, l’estensione del concetto di LO ad esperienze reali, a prodotti generati dalla stessa comunità di apprendimento e a risorse per loro natura legate al contesto di sviluppo, può costituire un ulteriore passo verso l’integrazione di una molteplicità di approcci teorici nella pratica dell’elearning. Ringraziamenti Questo studio ha beneficiato dei finanziamenti del progetto “VICE Comunità virtuali per la formazione” (Fondo speciale MIUR per lo sviluppo della ricerca di interesse strategico “Piattaforme ITC abilitanti complesse ad oggetti distribuiti”) e del progetto “Web Learning per la qualità del capitale umano” (Programma di ricerca CNR “Strumenti, Ambienti e Applicazioni Innovative per la Società dell’Informazione”). Siamo grati a Donatella Persico e a Stefania Manca per gli utili consigli apportati in sede di revisione di questo lavoro. Riferimenti ADL (2001), Advanced Distributed Learning Initiative, Shareable Content Object Reference Model (SCORM) version 1.2: The SCORM Overview, http://adlnet.org/Scorm/downloads.cfm#spec BROWN A. L., CAMPIONE J. C. (1994), Guided discovery in a community of learners, in McGilly K. (Ed) Classroom lessons: Integrating cognitive theory and classroom practice, MIT Press, Cambridge, MA, pp. 229-272. CALVANI A. (2002), E-learning: tipologie e criticità nel contesto universitario, Form@re per la formazione in rete, Marzo, Editoriale, http://www.formare.erickson.it/archivio/marzo_aprile/editoriale.html CTGV - Cognition and Technology Group at Vanderbilt (1993), Anchored instruction and situated cognition revisited, Educational Technology, n. 33, pp. 52-70. 14 HARRIS R.A., HIGGISON C.A. (2003), Reuse of resources within communities of practice, in Littlejohn A. (ed.) 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Il fatto può rappresentare un forte ostacolo per la riusabilità dei contenuti e dei materiali formativi e compromettere uno dei più allettanti vantaggi commerciali dell’adozione di sistemi di formazione online: l’economia di scala, la possibilità di usare i componenti in formato digitale riassemblandoli in nuovi contesti. L’idea vincente sembra essere allora quella di separare la piattaforma di formazione, con la sua struttura, l’organizzazione gerarchica dei moduli, dai contenuti finali, dagli oggetti di insegnamento/apprendimento. Ecco quindi comparire questa nuova entità, il LO, definito come un oggetto: La dittatura dei learning object di Giovanni Biondi (16 Dicembre 2004) Learning Object: parola agli insegnanti di Antonio Sofia (10 Dicembre 2004) Note di Antonio Fini sui Learning Object di Francesco Vettori (03 Dicembre 2004) Puntoedu, ambiente di apprendimento · in formato digitale · destinato in modo esplicito all’apprendimento, · autoconsistente, · modulare · riusabile. di Silvia Martinucci (23 Novembre 2004) Proprio perché il LO nasce come un oggetto la cui caratteristica fondante è la riusabilità, l’analisi si è orientata in primo luogo sulla definizione di un linguaggio condiviso per l’indicizzazione che ne permettesse la recuperabilità in un sistema di database online, e, in secondo luogo, sulla definizione di uno standard per la descrizione della struttura interna. Sia nel primo caso (metadata) che nel secondo (SCORM e altri standard) si tratta di sistemi capaci di adattarsi a oggetti che nascono in contesti diversi e con intenzioni educative anche molto distanti. Learning object: storia di un oggetto in mutamento Officina Puntoedu di Giusy Cannella (23 Novembre 2004) di Valentina Tiracorrendo (05 Novembre 2004) L.O.: messa a fuoco! di Valentina Tiracorrendo (05 Novembre 2004) Oggetto didattico, questo sconosciuto di Marisa Trigari (05 Novembre 2004) Ma il limite più grande di questi sistemi sta forse nel fatto che essi sono pensati per favorire un sistema globale di distribuzione, quindi più mirati sugli aspetti esterni del LO, come la modularità o l’autoconsistenza, mentre tralasciano del tutto gli aspetti interni. Del resto, all’idea di LO si accompagna il disegno (o l’utopia?) di un sistema di repository interconnessi su Internet, contenenti LO che possono essere ricercati (magari via XML), scaricati e riassemblati per comporre nuovi corsi. Si arriva così a parlare di un sistema di http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1183 Costruire oggetti didattici con le banche dati Indire di Silvia Panzavolta (20 Ottobre 2004) Peer education: l'educazione tra pari che passa conoscenze di Silvia Panzavolta (08 Ottobre 2004) Page 1 of 4 Indire, sito ufficiale 02/06/12 10.30 corsi. Si arriva così a parlare di un sistema di “mattoncini di lego”, oggetti educativi che offrono gli incastri naturali per una ricomposizione infinita di entità più complesse. Ottobre 2004) E’ naturale associare un sistema di questo tipo alle intuizioni di Ted Nelson, che a metà degli anni sessanta prefigurava un sistema ipertestuale di interconnessione tra nodi di conoscenza, che riassumesse e rendesse disponibile tutto il sapere. Xanadu, l’ipertesto globale di Nelson, non è stato mai realizzato, ma ha rappresentato una tappa fondamentale nello sviluppo dell’idea di ipertesto e di rappresentazione reticolare della conoscenza. Non a caso si è tornati a parlarne ancora quando, 30 anni dopo, si è verificato il vertiginoso sviluppo della rete Internet con il World Wide Web. Anche in questo caso si è verificato un fenomeno capace di prefigurare la realizzazione dell’ipertesto globale, con conseguenti facili entusiasmi per la presenza di una rete capace di rendere potenzialmente disponibile per tutti la conoscenza a costo zero. di Silvia Panzavolta (29 Settembre 2003) Ma è evidente che anche l’overflow di informazione offerto dalla rete pone nuovi problemi all’utente che ricerca informazioni e materiali e che cerca di riorganizzarli nell’ambito di propri obiettivi di conoscenza. Sono i problemi che derivano dal rapporto informazione/rumore (quante, tra le informazioni che trovo, sono quelle che mi servono veramente?), i problemi dell’ attendibilità delle fonti (quanto sono certo che l’informazione che trovo sia corretta?), i problemi di significatività degli oggetti (quale “consistenza”, quale qualità ha l’informazione che ho trovato?). Non a caso stiamo assistendo a continui tentativi per creare strumenti di ricerca sempre più raffinati, che operino in modo intelligente, dalle strategie del web semantico ai motori basati sui modelli dell’intelligenza artificiale. Oggetti Didattici: la valutazione degli insegnanti Come cambierà il tuo lavoro di insegnante con gli Oggetti Didattici? di Francesca Sbordoni (29 Settembre 2003) Learning Object, oggetti didattici per l'e-learning di Silvia Panzavolta (01 Gennaio 2003) Quando si passa da un sistema globale altamente eterodiretto come la rete Internet a uno fortemente indirizzato al mondo dell’educazione e della formazione come quello che dovrebbe sostenere la distribuzione dei LO, il problema è ancora più complicato. La rete Internet, scandagliata in modo mirato, può rappresentare un repository diffuso e potenzialmente infinito di tasselli di conoscenza utili per costruire LO. Tuttavia i L.O. non sono costituiti da semplici somme o combinazioni di informazioni, sono invece materiali che nascono con esplicite intenzioni formative, messe in gioco da coloro che li progettano e li realizzano; queste intenzioni si imprimono all’interno del LO e ne modellano la struttura e il senso. E poiché è indubbio che non esista una forma univoca di “intenzione formativa”, ma che al contrario è proprio su questo punto che si sostanzia la differenza tra le varie teorie pedagogiche di sfondo, è altrettanto indiscutibile che chi progetta e modella LO vi imprima la propria strategia educativa, che il prodotto porterà con sé. Sarebbe molto utile allora, non limitare l’analisi dei LO ai loro caratteri esterni (sono autoconsistenti? Sono modulari? Quale è il livello di granularità che li qualifica?...) ma portare la discussione anche su quelli interni (quale strategia formativa portano con sé? Quali modelli di apprendimento propongono? Come interagiscono con il contesto? Sono indirizzati all’autoformazione individuale o al lavoro di una comunità di apprendimento?). Un’indagine di questo genere porterebbe sicuramente a concludere che i “mattoncini di lego” non si incastrano poi così bene come crede chi pensa di aprire un mercato del LO distribuito per via telematica, con l’accesso a oggetti che sono potenzialmente i frammenti di un’enciclopedia planetaria. Questa è infatti una visione che dà per scontato un azzeramento delle problematiche che forzosamente e giustamente gli educatori/i formatori si pongono, accingendosi a introdurre nuove tecnologie della comunicazione nel proprio contesto professionale. Se queste problematiche sono al centro dell’attenzione nel mercato dell’e-learning, che proprio per questo stenta a decollare nel nostro paese, a maggior ragione lo sono nel mondo della scuola. Qui infatti il modello pedagogico è sempre al centro della ricerca e dell’innovazione e le infatuazioni tecnologiche in quanto tali sono destinate a vita breve. LO destinati alla scuola, sia per la formazioni dei docenti e in genere del personale scolastico sia per il sostegno al lavoro degli studenti, devono nascere in modo coerente con le linee di sviluppo di un ambiente abituato a crescere e a evolversi con la ricerca pedagogica. Sarebbe dunque un avvilimento dell’idea stessa di e-learning il ridurne il ruolo a strumento che assembla corsi costituiti da dispense elettroniche di informazioni, magari utilissime di per sé, ma che non interagiscono con il contesto della formazione. Sarebbe un ritorno all’idea dei sistemi di e-learning basati sul paradigma dell’economia, per cui la formazione a distanza sarebbe essenzialmente un modo per raggiungere in modo http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1183 Page 2 of 4 Indire, sito ufficiale 02/06/12 10.30 sarebbe essenzialmente un modo per raggiungere in modo economico ed efficiente un gran numero di soggetti in formazione geograficamente lontani. Questo aspetto, che pure non va sottovalutato, rappresenta oggi un punto di partenza da cui avviare la progettazione. I passi successivi sono l’individuazione delle modalità con le quali dare attuazione all’idea del learning by doing, la creazione di modelli di integrazione delle attività del gruppo in aula e della comunità virtuale in un processo di blended learning, lo sviluppo di comunità di pratiche in cui la conoscenza che entra dall’esterno viene messa in rapporto con quella che deriva dall’esperienza professionale dei soggetti in formazione ed elaborata in nuovi processi di sintesi. “Aprire” i LO, andare a vedere come affrontano questi aspetti o il loro modello pedagogico di riferimento può portare a ridurre molto le superfici di “incastro”. E’ tuttavia questo un passaggio ineliminabile se si vuole suscitare un interesse reale da parte del mondo della scuola verso un contesto come quello dell’e-learning che viene accolto in modo ancora tiepido da chi si occupa di educazione. L’esperienza condotta da Indire, con lo sviluppo dell’ambiente PuntEdu, è partita con l’uso di una piattaforma erogativa su software commerciale, che tuttavia conteneva già ambienti e suggestioni per attività di tipo laboratoriale. Il primo impatto con l’utenza scolastica ha rafforzato questo approccio, fornendo gli stimoli per sviluppare una ricerca di soluzioni innovative, sempre più vicine alle esigenze del mondo della scuola. La riflessione e la ricerca sul modello di formazione ci ha portati a definire l’ambiente di apprendimento come un sistema a legami deboli, un luogo in cui l’individuo e il gruppo di cui fa parte non vengono messi di fronte a un percorso obbligato, ma sono invitati a svolgere un ruolo attivo nella personalizzazione del percorso formativo e nell’elaborazione della conoscenza. Di nuovo c’è la ricerca di un modello formativo coerente con il modo di operare del docente nel proprio contesto professionale: un processo di costruzione della conoscenza che si muove in modo circolare, che si alimenta con le migliori esperienze professionali, le rielabora in un contesto attivo e le mette in relazione con gli sviluppi della ricerca teorica elaborando sintesi condivise. Tutto ruota quindi intorno alla riflessione sui modelli operativi: primo fra tutti il concetto di “learning by doing”, come garanzia che il nuovo sapere possa effettivamente tradursi in nuovi comportamenti professionali. Ecco dunque che fin dalle prime esperienze di e-learning, sempre in modalità blended, nell’ambiente PuntoEdu è stata introdotta una distinzione tra “laboratori”, i LO veri e propri, oggetti che propongono al soggetto in formazione attività da svolgere, e i “materiali di studio”, contenenti informazioni e contributi teorici utili allo sviluppo delle conoscenze. Tra le due categorie è stato creato un rapporto di dipendenza ben preciso: al centro dell’ambiente sono state collocate le proposte di attività, i materiali di studio sono collegati ai percorsi di laboratorio per essere consultati dal corsista nel momento in cui ne rileva la necessità, quando sente l’esigenza di un supporto teorico per lo svolgimento del compito. E’ una scelta di campo molto forte che approfondisce il concetto di LO legandolo alla dimensione dell’attività. La ricerca condotta da Indire ha dunque come esito la proposta di un definizione di LO che identifica questa entità non solo per il fatto di essere un oggetto formativo autoconsistente, modulare e riusabile, ma anche e soprattutto perché propone una strategia operativa, un percorso di learning by doing. E’ un passaggio che ci porta a ridurre in modo significativo la compatibilità tra gli oggetti, e quindi la riusabilità, la possiblità di creare gli “incastri dei mattoncini”. Questi incastri funzionano infatti solo se gli oggetti condividono, accanto ai caratteri esterni (la descrizione, i termini usati per l’indicizzazione) linee guida interne, il modello operativo, l’idea di formazione. E’ un prezzo da pagare per riportare il tema dell’interoperabilità e dello scambio di LO in una dimensione realistica e praticabile. di Massimo Faggioli [[email protected]] © INDIRE 2006-2012 crediti note legali Indire, via M. Buonarroti 10 - 50122 Firenze - Centralino: 055.2380301 - Fax centrale: 055.2380395 L' Agenzia è in possesso della licenza n. 773/1/07-898 SIAE Ufficio Multimedialità in base alla quale è autorizzata ad utilizzare i file musicali presenti. http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1183 Page 3 of 4 Indire, sito ufficiale http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1183 02/06/12 10.30 Page 4 of 4 Indire, sito ufficiale Home Chi siamo Formazione 02/06/12 10.31 Contatti Modulistica e PEC Documentazione Albi e Concorsi Didattica Trasparenza, Valutazione e Merito Comunicazione Nuclei Territoriali Regionali EX-IRRE Europa LEARNING OBJECTS L.O.: messa a fuoco! Intervista a Corrado Petrucco sui Learning Objects: un'occasione per ripensare le comunità di pratiche di Valentina Tiracorrendo 05 Novembre 2004 Corrado Petrucco opera nel gruppo di ricerca sulle Tecnologie Educative dell'Università di Padova, dove è anche docente di Tecnologie Didattiche. Lavora presso l'Università IUAV di Venezia, è docente e formatore in corsi di perfezionamento universitari e per la Pubblica Amministrazione; da anni si occupa delle applicazioni didattiche di Internet ed in particolare degli aspetti cognitivi della ricerca di informazioni e della rappresentazione della conoscenza su Web. Autore di numerosi saggi sull’argomento ha recentemente pubblicato Ricercare in rete (Pensa Multimedia, Lecce, 2003) e Le prospettive didattiche del semantic web (Atti Didamatica, Genova, 2003). Abbiamo posto allo studioso alcune domande sugli oggetti di apprendimento per guardare più da vicino e conoscere le prospettive e le scelte dei nuovi approcci teorici dei sistemi educativi in relazione alla integrazione di Internet nelle pratiche del quotidiano, cui i L.O. risultano strettamente connessi. La concettualizzazione del Learning Object non è ancora del tutto condivisa, come testimonia la stessa molteplicità delle sue definizioni, per quanto si sia imposto come paradigma efficace dell’ e-learning; Corrado Petrucco ci ha avvicinati a questo elemento politropico attraverso l’analisi dei suoi connotati salienti, illustrandoci come la sua comprensione non possa prescindere dalla riflessione in merito ai paradigma di rappresentazione della conoscenza che gli stessi oggetti di apprendimento postulano. Ci ha quindi efficacemente guidati alla loro contestualizzazione all’interno di comunità di pratiche, attuali e possibili, che hanno il compito di valutarne l’uso e la formalizzazione. Nel corso laborioso della sua storia recente il termine Learning Object ha acquisito significati sempre più estesi. Secondo la definizione data dal IEEE-Learning Technology Standards Committee [IEEE-LTSC, 2000] è definito oggetto didattico “Qualsiasi entità, digitale o no, che può essere usata, ri-usata o a cui far riferimento durante un processo di apprendimento, istruzione o formazione supportato da [artefatti] tecnici…”. In che senso dunque l’oggetto di apprendimento dà forma e postula un nuovo paradigma di rappresentazione della conoscenza rispetto a quelli, tradizionali, di Articoli correlati Learning Object: dal dire al fare di Massimo Faggioli (18 Luglio 2005) La dittatura dei learning object di Giovanni Biondi (16 Dicembre 2004) Learning Object: parola agli insegnanti di Antonio Sofia (10 Dicembre 2004) Note di Antonio Fini sui Learning Object di Francesco Vettori (03 Dicembre 2004) Puntoedu, ambiente di apprendimento di Silvia Martinucci (23 Novembre 2004) Officina Puntoedu di Giusy Cannella (23 Novembre 2004) Learning object: storia di un oggetto in mutamento di Valentina Tiracorrendo (05 Novembre 2004) Oggetto didattico, questo sconosciuto di Marisa Trigari (05 Novembre 2004) creazione e catalogazione di materiale didattico? I Learning Object sono un concetto ancora non del tutto condiviso: lo provano le molte definizioni diverse che ne sono state date. I punti fondamentali che però tutti accettano e che distinguono un LO, sono essenzialmente tre: 1) il fatto che siano creati appositamente per supportare un processo di apprendimento e 2) il fatto che siano strutturati seguendo una concezione “modulare” che ne sottende la riusabilità in molteplici contesti. 3) Il fatto che necessitano di un’adeguata indicizzazione per il loro recupero e fruizione. Internet ha senza dubbio favorito la concezione dei L.O. anche se l’idea di creare una http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1173 Costruire oggetti didattici con le banche dati Indire di Silvia Panzavolta (20 Ottobre 2004) Peer education: l'educazione tra pari che passa conoscenze di Silvia Panzavolta (08 Page 1 of 5 Indire, sito ufficiale Internet ha senza dubbio favorito la concezione dei L.O. anche se l’idea di creare una struttura a fini didattici che rappresenti la conoscenza in forma modulare non è nuova, se vogliamo anche i normali manuali scolastici “modularizzano” il sapere organizzandolo in argomenti e poi in capitoli, paragrafi e sezioni; l’idea innovativa (e anche la grande sfida) è quella di creare dei “moduli” che siano autoconsistenti e che non abbiano bisogno di tutta quella rete di rimandi concettuali e intertestuali tipici appunto di una rappresentazione sequenziale/narrativa propria del libro (ad es. “…come abbiamo visto nel precedente capitolo….”). Ma è realmente possibile prescindere da riferimenti intertestuali espliciti nel realizzare materiale didattico modularizzato? La comprensione non ne potrebbe risultare compromessa? E quali categorie adottare per l’indicizzazione ed il recupero degli oggetti? I nodi della discussione contemporanea sono tutti qui. Il L.O. viene spesso descritto attraverso la metafora del mattoncino Lego e quindi considerato elemento indipendente dal contesto di creazione e di utilizzo. Favorire la sua riusabilità significa percorrere la direzione di una decontestualizzazione del Learning Object? I Learning Objects, di per sé, de-contestualizzano fortemente il processo di creazione di materiale didattico. Infatti, secondo questo paradigma, ogni oggetto di apprendimento si potrebbe aggregare ad altri costruendo di volta in volta diverse unità didattiche che rispondano ad esigenze formative specifiche. Ma se l’oggetto è troppo piccolo, scarno e privo di qualsiasi riferimento contestuale (ad es. un grafico, una tabella statistica non commentata, una citazione da un testo) la sua utilità si riduce a quella di semplice risorsa informativa priva di stimoli per l’apprendimento; al contrario, se l’oggetto è invece troppo “denso”, e copre ad esempio un’intera unità didattica o addirittura un corso, sarà difficile riutilizzarlo e adattarlo alle proprie esigenze. Si parla a questo proposito di gradi di granularità. È significativo il fatto che uno dei molti campi di meta-dati proposti per l’indicizzazione dei L.O. parli proprio di “structure” e di “aggregation level” in cui appunto si tenta in qualche modo di far esplicitare la struttura interna di un oggetto in funzione del suo grado di aggregazione. Ritengo che questa però sia solo una parte del problema: non si è ancora sufficientemente affrontato il tema dell’approccio pedagogico all’aggregazione degli oggetti, ad esempio da parte di un docente che vuole costruire un percorso didattico. A mio parere questo processo è estremamente importante ed è quello che sicuramente dà valore aggiunto a tutto, fornendo “intenzionalità” o il “collante” didattico-narrativo che produce significato e che va certamente al di là dei contenuti dei singoli oggetti. 02/06/12 10.31 di Silvia Panzavolta (08 Ottobre 2004) Oggetti Didattici: la valutazione degli insegnanti di Silvia Panzavolta (29 Settembre 2003) Come cambierà il tuo lavoro di insegnante con gli Oggetti Didattici? di Francesca Sbordoni (29 Settembre 2003) Learning Object, oggetti didattici per l'e-learning di Silvia Panzavolta (01 Gennaio 2003) Il L.O. può costituire un dispositivo autonomo pedagogicamente funzionale o deve piuttosto essere considerato uno strumento da contestualizzarsi entro una presupposta progettazione curricolare di sistemi di e-learning? Nella teoria sì, pensiamo ad esempio alla “didattica modulare” in cui si cerca di gestire il processo di insegnamento/apprendimento in modo flessibile creando moduli omogenei e consistenti ma nella pratica senza la Rete e le piattaforme di e-learning direi che i L.O. non avrebbero molto senso: per spiegarlo dobbiamo ricorrere al concetto che gli anglosassoni esprimono con la parola “affordance”, ovvero “le cose che posso fare con un certo strumento”. In breve, significa che con la tecnologia sono possibili dei processi a costi economici e cognitivi relativamente bassi. Avere solo la bicicletta ci mette nella condizione di pensare alle vacanze in tempi e modi molto diversi rispetto all’utilizzo dell’auto. I L.O. così strettamente connessi alla diffusione di Internet, proprio per la facilità con la quale possono essere recuperati ed aggregati per costruire percorsi formativi modulari ed adattivi, si sono imposti come paradigma efficace dell’e-learning. In una prospettiva costruttivista il contributo del contesto (sociale, culturale, lavorativo, organizzativo, et.) è di fondamentale importanza nella definizione del processo di apprendimento e si riflette sulla struttura dell'intervento formativo, sull'organizzazione dei http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1173 Page 2 of 5 Indire, sito ufficiale 02/06/12 10.31 apprendimento e si riflette sulla struttura dell'intervento formativo, sull'organizzazione dei supporti forniti dai docenti, sulle funzionalità offerte dai L.O.. La scelta degli attributi da inserire nei diversi campi dei metadati educational possono inficiare l'oggettività richiesta da questo tipo di classificazioni, funzionale alla condivisibilità degli stessi L.O.? Ed in quale misura le diverse tipologie di metadati postulate dagli standard, come ad esempio lo S.C.O.R.M., sono efficaci per una valida descrizione degli stessi contesti educativi di riferimento? Questo è certamente un problema molto serio. Non è solo un problema di trovare una volta per tutte la giusta classificazione per ogni oggetto: da che mondo è mondo, ogni classificazione è funzionale e contestuale alle esigenze contingenti di chi la utilizza. Un esempio divertente ma molto significativo di ciò che intendo dire è la famosa classificazione tratta da un'immaginaria enciclopedia cinese di Jorge Luis Borges. Secondo questa enciclopedia gli animali si suddividono nelle seguenti classi: “a) appartenenti all'imperatore; b) imbalsamati; c) addomesticati; d) i porcellini da latte; e) le sirene; f) quelli favolosi; g) i cani randagi; h) quelli inclusi nella presente classificazione… “ e via proseguendo in distinzioni sempre più improbabili. A noi fa ridere, ma se fossimo nati nella cina del II secolo a A.C. ci apparirebbe abbastanza sensata, soprattutto di fronte ad un esattore delle tasse dell’imperatore accompagnato da un nutrito drappello di soldati. Ora, nell’indicizzare i L.O. si usano i metadati (LOM Learning Objects Metadata) che sono comunemente definiti come “dati che descrivono altri dati”. Un semplice esempio di metadati sono le schede bibliografiche di una biblioteca. Nella descrizione dei L.O. vi sono però molti altri campi (circa 70 per l’IMS) che tentano di aggiungere informazione semanticamente significativa per esempio sul target, sui contenuti, sulle modalità di fruizione degli oggetti, insomma tutti i riferimenti utili a descriverne le “proprietà pedagogiche”. Il tentativo è meritorio dal punto di vista teorico, ma fallimentare dal punto di vista pratico: per prima cosa i campi descrittivi sono troppi e nessuno li compilerà mai tutti, ma soprattutto persone diverse classificheranno gli oggetti in modi diversi, utilizzando terminologie di riferimento differenti. Rendendo pressochè inutile lo sforzo classificatorio. Recenti ricerche internazionali (Friesen, 2004) sul tipo e la quantità di metadati hanno ottenuto risultati sconfortanti (ne viene usata si e no la metà o 1/3) e che confermano l’eccessivo carico cognitivo imposto dalla descrizione. Credo che forse sarebbe meglio pensare sia a ridurre drasticamente il numero dei campi, sia a ragionare in modo alternativo su questo problema. Duval e Hodgins, che appartengono al comitato IEEE-LOM, suggeriscono di concentrarsi maggiormente sui software che ricavano automaticamente i termini dalla descrizione testuale piuttosto che sull’uso corretto e letterale dei metadati. Personalmente ritengo che la soluzione si possa trovare soprattutto all’interno di specifiche comunità di pratica in grado di condividere uno shared repertoire. Comunità che non devono essere troppo grandi poiché l’interazione che genera significati condivisi tende generalmente a decrescere con l’aumentare delle dimensioni della comunità stessa e porta al frazionamento in gruppi più piccoli. Lo sforzo deve poi essere quello di identificare dei nuclei di senso comuni tra gruppi per stabilire delle relazioni intra-comunità e ricostruire una “comunità estesa”. Quindi la ricerca di Learning Objects in appositi repositori non basta. Occorre sempre e comunque una comunità dove discuterne la qualità, catalogazione, il miglioramento ed i possibili utilizzi in vari contesti didattici. Credo che una soluzione anche al di fuori di sistemi proprietari di e-learning, possa essere quella dei blog associati alla tecnologia dell’ RSS con l’importante concetto di “trackback”. I weblog permetterebbero ad una comunità di discutere dei L.O. e delle modalità del loro utilizzo contestualizzandoli e suggerendo modi alternativi di aggregare i contenuti. Essi infatti danno la possibilità di creare ed aggregare contenuti provenienti da più siti su di un canale tematico o argomento specifico, spesso rappresentato da una o più parole chiave. Il processo dovrebbe stimolare una sorta di circolo virtuoso, detto “trackback” o rintracciamento, nel corso del quale chi utilizza un determinato oggetto, alla fine ne ri-edita alcuni metadati e cerca di specificare come l’ha usato ed in quale contesto didattico. Queste nuove informazioni andrebbero automaticamente ad integrare la descrizione del Learning Object, che così arricchito può essere interrogato da software che utilizzano il protocollo RSS. Potrebbe accadere allora che un singolo oggetto venga utilizzato da docenti di discipline diverse in contesti diversi: di questo importante percorso ne viene mantenuta costantemente traccia aumentando il valore intrinseco dell'oggetto didattico. Per quanto riguarda lo SCORM, pur essendo certamente un importante punto di arrivo e standardizzazione, ritengo che sia del tutto irrilevante ai fini del problema fondamentale della catalogazione. Tra parentesi, un problema dell’attuale versione delle specifiche SCORM, è che esso esprime la struttura degli oggetti contenuti nell'unità didattica, ma manca di relazioni semantiche significative tra di essi e non ha alcun riferimento al contesto. Questo rischia di allontanare l’obiettivo di utilizzare i L.O. alla loro massima potenzialità aggregativa e adattiva. Chi sono i soggetti che concorrono all’individuazione dei sistemi di classificazione dei http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1173 Page 3 of 5 Indire, sito ufficiale 02/06/12 10.31 L.O. e quali le strategie perseguite a livello europeo? Certamente l’IMS Global Learning Consortium (USA) che con l’IEEE-LTSC ha rilasciato la versione 1.3 dello standard LOM. Poi c’è stata l’esperienza di ARIADNE (EU), e quelle significative di molti altri LTSN (UK), Metalab (Francia ), CELTS (Cina), MERLOT (USA) e CAREO (Canada). E c’è anche il CEN-ISSS, che tenta di coordinare gli sforzi per la standardizzazione a livello europeo. In Europa, il progetto ARIADNE è nato con l’intento di creare un repositorio di Learning Object di qualità per l’educazione e la formazione nell’ambito del programma IST. I metadati utilizzati sono opera di un gruppo di esperti catalogatori che hanno anche redatto una serie di raccomandazioni (http://www.ariadne-eu.org/en/publications/metadata/ams_v32.html). L’impressione però è quella che si stiano facendo grossi sforzi per la ricerca di standard comuni e condivisi e per la ricerca di soluzioni tecnologiche efficienti , ma che si affronti poco il problema pedagogico della costruzione, aggregazione e valutazione degli oggetti. Quali gli strumenti per verificare la qualità dei Learning Objects? Più che di strumenti io parleri di comunità: è la comunità di pratica che ha il compito di valutare ciascun Learning Object. Penso che forme di valutazione “a priori” affidate ad “esperti” siano una strategia fallimentare, sia per problemi di mole di lavoro richiesta sui grandi numeri di oggetti nei repositori, sia per la possibile mancanza di consenso ed accordo sul giudizio di qualità. In quale misura l’aspetto grafico dell’interfaccia interviene nella qualità di un L.O.? Nella misura in cui rispetta i criteri di una ragionevole “usability”. E' ragionevole supporre dei template relativi agli aspetti di rappresentazione grafica dei L.O. che possano costituire elementi sostanziali per una efficace comunicazione dei contenuti ed una con-divisibilità degli oggetti didattici? Ritengo che sia molto difficile standardizzare. Per il semplice motivo che il contenuto di ogni L.O. veicola dei significati propri che esigono una propria forma espressiva e ne caratterizzano in modo peculiare la fruizione. Il sistema ScholOnto [Buckingham-Shum et Alii, 2001], come Lei indica in una sua relazione su “Le prospettive didattiche del Semantic Web” (vedi Atti Didamatica, 2003), costituisce un ambiente intelligente per la gestione di paper pubblicati da ricercatori ed è basato su di un’ontologia, o "base di conoscenza progettata", capace di gestire non soltanto documenti, ma anche concetti espressi al loro interno e le loro relazioni con concetti presenti in altri documenti di tema simile. Esistono in Italia esperienze analoghe di discussione e ricerca e quali sono i principali limiti di accesso all’utilizzo ed alla partecipatainterpolazione degli oggetti di apprendimento? Non ci sono ancora molte esperienze di questo tipo in Italia. Di più si sta facendo per l’integrazione dei Learning Objects in strutture ontologiche capaci di fornire un supporto efficace per il loro reupero e la loro fruizione. Molti stanno lavorando in questo senso. Nell’ambito dei PRIN, (Programmi di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale) del Ministero sto appunto seguendo il progetto EduOnto, che verte sulle nuove prospettive per l'elearning che il web semantico ed i Learning Object offrono. La ricerca vuole verificare se i due problemi fondamentali degli oggetti di apprendimento, la dimensione pedagogica ed il consenso terminologico relativo alla loro indicizzazione, possano essere risolti attraverso la messa a punto e l’utilizzo consensuale di ontologie di dominio. Il progetto EduOnto ha come fine immediato la costruzione di una ontologia utilizzabile per descrivere gli attori, i processi e le tecnologie nelle scienze dell’ educazione e, come risultato finale, la messa a punto di un Learning Object Repository che sfrutta la base ontologica per una loro consultazione intelligente. Attualmente è gia pronta la parte ontologica relativa al concetto di valutazione che tra breve sarà consultabile su Web attraverso un’apposita interfaccia "Wiki". La scelta di questa interfaccia è dovuta al fatto che permette in modo facile ed efficiente la condivisione e la modifica di una struttura ontologica da parte di una comunità di pratiche. È importante segnalare che l'ontologia risultante verrà resa disponibile su Web a tutti gli attori della formazione/educazione, sia a livello nazionale che internazionale, in modo tale da poter essere usata quale strumento di apprendimento e di ricerca. http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1173 Page 4 of 5 Indire, sito ufficiale 02/06/12 10.31 poter essere usata quale strumento di apprendimento e di ricerca. Potrebbe indicarci i luoghi di discussione in merito alle più aggiornate proposte di offerte formative, italiane ed europee, per l'acquisizione di competenze utili non solo ad una funzionale ed efficace fruizione ma anche alla contestualizzazione e creazione di oggetti didattici? Per la creazione di L.O. ci sono molti riferimenti legati soprattutto agli strumenti software utilizzati: penso ad esempio ad Authorware della Macromedia che offre delle soluzioni interessanti. Ma ce ne sono molti altri altrettanto validi, per lo più legati a specifiche piattaforme di LCMS. Per i riferimenti sulla discussione posso senz’altro citare il progetto CELEBRATE a cui partecipa l'Istituto Indire, il sito inglese del CETIS, (Center for Educational Technology and Interoperability Standards) ed il sito della European Schoolnet. Per l’Italia in molte Università si stanno formando gruppi di ricerca e vengono creati corsi accademici e di perfezionamento mirati ad affrontare il tema in modo approfondito. Per ulteriori approfondimenti e/o chiarimenti è possibile rivolgersi direttamente al prof. Corrado Petrucco. Intervista di Valentina Tiracorrendo, Indire Comunicazione Editing a cura di Francesco Vettori, Indire Comunicazione © INDIRE 2006-2012 crediti note legali Indire, via M. Buonarroti 10 - 50122 Firenze - Centralino: 055.2380301 - Fax centrale: 055.2380395 L' Agenzia è in possesso della licenza n. 773/1/07-898 SIAE Ufficio Multimedialità in base alla quale è autorizzata ad utilizzare i file musicali presenti. http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1173 Page 5 of 5 Indire, sito ufficiale Home Chi siamo Formazione 02/06/12 10.32 Contatti Modulistica e PEC Documentazione Albi e Concorsi Didattica Trasparenza, Valutazione e Merito Comunicazione Nuclei Territoriali Regionali EX-IRRE Europa LEARNING OBJECTS Come cambierà il tuo lavoro di insegnante con gli Oggetti Didattici? Una piccola indagine a Nancy per cogliere dalla voce di alcuni insegnanti di varie nazioni pareri ed opinioni sul futuro. E non solo dei LO di Francesca Sbordoni 29 Settembre 2003 Pensi che i Learning Object rappresentino una grossa novità e un’opportunità per il futuro? Oppure sono solo un nuovo nome per qualcosa che nella scuola si fa già da anni? Articoli correlati Learning Object: dal dire al fare di Massimo Faggioli (18 Luglio 2005) Nitzanit (Israele): Secondo me è roba vecchia e rimasticata. Sono cose chiuse in cui mettere testo, immagini e quant’altro. Il vantaggio è che gli Oggetti Didattici sono un’ottima soluzione quando sono piccoli, riciclabili e adattabili a diversi contesti. Tor Aas (Norvegia): Se saranno buoni abbastanza dureranno e verranno usati in futuro. La chiave di lettura migliore, però, è l’uso in prima persona di tali Oggetti da parte degli studenti, se stimola abbastanza la loro curiosità e il loro senso della scoperta. Drew (Scozia): Offrono interessanti possibilità ma dipende dal singolo insegnante. Per me, per esempio, sono interessanti, ma penso che alcuni colleghi non ne saranno altrettanto entusiasti Ernestina (Italia): Da alcuni anni produco e uso con i miei alunni dei Learning Object. L’esperienza che ho fatto in questi anni è stata stimolante ed interessante per me e per i miei studenti. Penso che i LO siano lo strumento che useremo in futuro nella scuola affiancato agli strumenti che tradizionalmente usiamo: libro cartaceo, lezione frontale. I LO rispondono ottimamente all’esigenza di una didattica più dinamica, la multimedialità offre strumenti che permettono di intervenire con efficacia in alcuni processi di apprendimento per i quali gli strumenti tradizionali a volte non producono esiti positivi: le simulazioni danno l’opportunità all’alunno di vedere in tempo reale e in tre dimensioni l’evolversi di un fenomeno o proprietà di figure geometriche che siamo costretti a far solo immaginare. Un disegno alla lavagna non ha la stessa efficacia. Gli OD lasciano spazio all’autoformazione e all’autoverifica in modo molto più efficace rispetto a quanto si può fare con un libro di testo. I LO, veicolati attraverso Internet, permettono di “assistere” lo studente anche a distanza. I LO propongono un insegnamento non lineare, su questo punto mi piacerebbe avere un confronto con quanti operano in questo settore per discuterne le implicazioni didattiche e pedagogiche. Emanuela (Italia): Durante i lavori di Nancy è emerso il problema di una definizione chiara ma al tempo stesso onnicomprensiva di cosa sia un LO. Esplorando la versione demo del portale di European Schoolnet contenente i vari LO ci si trova di fronte a oggetti diversi: a volte si tratta di simulazioni, altre di animazioni con tecnologia Flash, altre ancora solo testo e immagini, in altri casi ancora si hanno questionari e test, oppure immagini, grafici e suoni integrati tra loro, e così via. Quindi è difficile trovare, almeno per ora, una descrizione univoca. E’ più facile intuire cosa sia un LO piuttosto che darne una spiegazione precisa. Probabilmente si tratta di una unità di apprendimento, piccola o grande che sia, in sé autonoma e conclusa, che sfrutta la multimedialità e l’interattività, possibilmente svincolata da un contesto preciso e riusabile in differenti situazioni di apprendimento. E’ probabile che certe forme siano più adatte ad alcune discipline: si pensi alla simulazione in ambito scientifico, meno al settore umanistico. La dittatura dei learning object Certamente il LO rappresentano una grande opportunità. Ma nella loro programmazione bisogna puntare a renderli più autonomi e conclusi possibile, così che l’insegnante li userà potrà inserirli facilmente nel proprio contesto. Prima che un problema tecnico, è un problema di progettazione e di realizzazione di un prodotto che deve essere flessibile. Alcuni dei contenuti visti a Nancy sono presenti in forme più o meno analoghe anche nei Cd-Rom scolastici o nelle enciclopedie multimediali. Il punto è che questi ultimi sono difficilmente scomponibili, non facilmente prelevabili dal docente che vuole costruire un personale percorso di lezione, sono rigidi nella progettazione, protetti dal copyright. Metterei però grande attenzione nella cura dei contenuti: non sempre quelli dei LO da me visionati mi sono sembrati all’altezza. Penso che “gli effetti speciali” non devono far perdere di vista la scientificità di ciò che viene proposto. Oggetto didattico, questo sconosciuto http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=234 di Giovanni Biondi (16 Dicembre 2004) Learning Object: parola agli insegnanti di Antonio Sofia (10 Dicembre 2004) Note di Antonio Fini sui Learning Object di Francesco Vettori (03 Dicembre 2004) Puntoedu, ambiente di apprendimento di Silvia Martinucci (23 Novembre 2004) Officina Puntoedu di Giusy Cannella (23 Novembre 2004) Learning object: storia di un oggetto in mutamento di Valentina Tiracorrendo (05 Novembre 2004) L.O.: messa a fuoco! di Valentina Tiracorrendo (05 Novembre 2004) di Marisa Trigari (05 Novembre 2004) Costruire oggetti didattici con le banche dati Indire di Silvia Panzavolta (20 Ottobre 2004) Page 1 of 3 Indire, sito ufficiale 02/06/12 10.32 effetti speciali” non devono far perdere di vista la scientificità di ciò che viene proposto. Pensi che il tuo modo di insegnare cambierà ora che hai capito cosa sono, a che cosa servono e come funzionano i Learning Object? Nitzanit (Israele): Non so se cambierà ma mi darà nuovi strumenti per fare tante cose. Ho sempre lavorato con i pc, con Internet per fare per esempio ricerche su usi e costumi dei diversi paesi di provenienza dei bambini. I LO però combinano tutte queste cose e sono intuitivi, non hai bisogno di training per imparare a usarli. Tor Aas (Norvegia): Spero che lo migliorino. E ciò dipende dagli stessi LO. Può darsi che usandoli scoprirò modi di insegnare che cambieranno in maniera significativa il mio attuale modo. Nella mia classe sono rilevanti le infrastrutture: se avessi un videoproiettore e una lavagna interattiva sicuramente potrei usare i LO meno interattivi e più informativi. Drew (Scozia): Non credo che cambierà il mio modo di insegnare, ma quello di altri si. Io utilizzo già molte tecnologie informatiche e penso quindi che i LO non potranno che aiutarmi a migliorare. Ernestina (Italia): Dopo Nancy avrò l’opportunità di confrontarmi con altri colleghi europei sull’uso dei LO, avrò a disposizione molto materiale in inglese da usare in classe. Il confronto con altre realtà europee mi permetterà di usare i LO con maggiore consapevolezza. Sarebbe bello mettere in contatto anche gli alunni che usano lo stesso tipo di materiali. Emanuela (Italia):Mi piacerebbe pensare di poter utilizzare nel mio lavoro dei LO che siano molto interattivi, cioè che creino il seguente ambiente di apprendimento: l’insegnante come guida per gli allievi, fornisce indicazioni, corregge eventuali deviazioni dell’alunno, sorveglia il processo ma lascia fondamentalmente che sia lo studente a scoprire i contenuti e a costruire la propria conoscenza da solo. Credo che i LO possano contribuire a determinare quello che si chiama apprendimento per scoperta ed esperienza diretta, anche se mediata da un computer. Io non mi farei il problema di dire: ma lo studente molto spesso di fronte ai LO non sa come agire. E’ qui che interviene l’insegnante per reindirizzarlo, che funge da mediatore, che facilita l’acquisizione delle sue conoscenze, rinunciando al ruolo tradizionale di trasmettitore di contenuti. Non è da sottovalutare, inoltre, che si tratta di una forma di e-learning, qualcosa che nelle scuole italiane risulta ancora assolutamente nuovo e tutto da sperimentare. Con lo sviluppo dei LO e il programma Celebrate siamo di fronte a una vera comunità di apprendimento a livello europeo che realizza lavoro collaborativo a distanza e attua una proficua condivisione di risorse. Peer education: l'educazione tra pari che passa conoscenze di Silvia Panzavolta (08 Ottobre 2004) Oggetti Didattici: la valutazione degli insegnanti di Silvia Panzavolta (29 Settembre 2003) Learning Object, oggetti didattici per l'e-learning di Silvia Panzavolta (01 Gennaio 2003) Utilizzerai Learning Object nella tua attività didattica? E pensi che modificheranno sostanzialmente il tuo modo di stare in relazione con gli studenti? Nitzanit (Israele): Più che la relazione cambierà il modo di gestire la classe per esempio con una maggiore attività svolta mediante l’uso della lavagna luminosa. Quel che è certo è che l’uso dei LO costringe a ripensare la tua attività suddividendola in frammenti di tempo più piccoli Tor Aas (Norvegia): Forse cambieranno il mio modo di relazionarmi con i ragazzi, ma non troppo. In fondo il mio stile di insegnamento è già informale e continuerà ad esserlo. Forse mi renderanno più capace di differenziare e individualizzare i percorsi formativi. Mentre alcuni alunni potrebbero lavorare al computer, io potrei dedicarmi a lavorare con altri della classe su altre cose. Drew (Scozia): Non credo che le cose cambieranno. Oppure sì ma solo nel caso in cui i ragazzi siano anche coautori e coproduttori delle risorse e dei LO. Prediligo sicuramente una impostazione collaborativa. Emanuela (Italia): Sul portale visto a Nancy non erano disponibili LO di letteratura, di lingua, o di latino. Quindi, per la specificità delle materie che insegno, è difficile farsi un’idea precisa. C’erano LO di storia ma mi sono sembrati materiali riadattati all’ultimo momento per Celebrate. Insomma, nulla di nuovo sul piano della progettazione perché erano solo schermate di testo e immagini. Tra l’altro non capisco perché classificati sotto la categoria History poiché erano piuttosto mitologia e storia dell’arte. Migliori quelli di geografia. Con Indire stiamo lavorando a produrre esercizi interattivi per il recupero di Latino e di Italiano, quindi spero che anche il settore umanistico venga presto raggiunto dalla didattica con gli LO. Riguardo ai Learning Object della tua disciplina prodotti da professori di altri paesi, pensi che sarà possibile utilizzarli e inserirli nel tuo curricolo di studi? Nitzanit (Israele): Con le materie scientifiche non penso ci siano problemi. Per le materie che fanno diretto riferimento alla cultura, dipende. Forse sarebbero scarsamente utilizzabili: vedi il caso di tematiche quali la religione, la storia. Tor Aas (Norvegia): Forse non potrò usarli facilmente perché abbiamo metodi pedagogici diversi… Il problema della lingua non è poi da trascurare perché la personalizzazione porta via http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=234 Page 2 of 3 Indire, sito ufficiale 02/06/12 10.32 diversi… Il problema della lingua non è poi da trascurare perché la personalizzazione porta via molto tempo. Ma naturalmente i LO più piccoli saranno più facili da riutilizzare. C’è poi il fatto che un’animazione non ha molto testo e del resto non la puoi trovare in un libro. Infine c’è la questione dell’importanza che in Norvegia diamo alla curiosità, alla scoperta e alla discussione per giungere all’apprendimento. Usiamo molto il problem solving più che l’insegnamento teorico, l’approccio costruttivistico invece di quello nozionistico. Drew (Scozia): No, non credo che li utilizzerò. Forse per cose come la storia la diversità culturale e di paese del produttore potrebbe rappresentare un problema. Ma anche lì, bisognerebbe guardare quello che prevedono i diversi curricoli nazionali. Sarebbe interessante avere una specie di tabella che correla un argomento, per esempio il corpo umano, ai diversi modi di formazione utilizzati nei diversi gradi di istruzione dei diversi paesi Ernestina (Italia): Utilizzerò certamente con i miei alunni i materiali messi a disposizione dal progetto Celebrate. Sarà interessante verificare come gli studenti si orientano nell’uso di materiale didattico scritto in inglese: oggi, per le materie scientifiche, è di fondamentale importanza l’uso di questa lingua. Emanuela (Italia):Penso a possibili LO di latino e di italiano e credo proprio di utilizzarli. Specialmente per quanto riguarda l’aspetto più strettamente linguistico: la morfologia, la sintassi, la metrica in poesia, oppure le questioni legate all’analisi del testo. Per lo studio della letteratura si può condividere un’idea di partenza e magari realizzarla nel proprio curricolo nazionale con i template. In fondo uno degli aspetti più interessanti di questo progetto è proprio la possibilità di lavorare su modelli predefiniti ma non chiusi in maniera rigida: l’insegnante può diventare autore. Anche, e soprattutto, insieme agli alunni può costruire LO tagliati esattamente per il proprio contesto, finalizzati ai suoi obiettivi didattici. Grazie poi alla comunità di Celebrate si potrebbe condividere la buona pratica, l’esperienza, l’idea che è stata alla base di quella particolare situazione di apprendimento. Interviste a cura di Francesca Sbordoni ([email protected]) © INDIRE 2006-2012 crediti note legali Indire, via M. Buonarroti 10 - 50122 Firenze - Centralino: 055.2380301 - Fax centrale: 055.2380395 L' Agenzia è in possesso della licenza n. 773/1/07-898 SIAE Ufficio Multimedialità in base alla quale è autorizzata ad utilizzare i file musicali presenti. http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=234 Page 3 of 3 Learning object - Wikipedia 02/06/12 10.33 Learning object Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. « Un learning object è ogni risorsa digitale che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento. » (D. A. Wiley) Un learning object (sinteticamente noto come LO dal relativo acronimo) è una unità di istruzione per l'elearning, riutilizzabile. I learning object costituiscono particolari tipi di risorse di apprendimento autoconsistenti, dotate di modularità, reperibilità, riusabilità e interoperabilità, che ne consentono la possibilità di impiego in contesti diversi. Lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha avuto significative ripercussioni anche sulle modalità di apprendimento, stimolando la formazione di nuove risorse didattiche. A questo proposito, spesso si ritiene che l’approccio pragmatico/produttivo dell’e-learning, finalizzato al risparmio di tempi e costi nella fase di progettazione e produzione dei materiali didattici, sia l’orientamento fondante che ne ha la realizzazione di LO. Indice 1 Caratteristiche 1.1 Dimensione 2 Standard e metadati 2.1 I metadati 2.1.1 Repository 2.2 Gli standard 2.2.1 SCORM 3 Progetti 3.1 United Kingdom Learning Object Metadata 3.2 Canada Learning Object Project eduSource 3.3 CanCore 3.4 SLOOP 4 Questioni pedagogiche 4.1 Interoperabilità 4.2 Asocialità 4.3 Conclusioni 5 Note 6 Voci correlate 7 Collegamenti esterni 7.1 Progetti Caratteristiche I LO sono unità autoconsistenti, in quanto rappresentano un’unità minima costituita da uno o più asset (elementi minimi costituiti da un’immagine, un video, ecc.) per l’acquisizione di conoscenza rispetto ad un obiettivo formativo. Di grande importanza, è la questione della granularità, ovvero la dimensione di un LO per permetterne l'aggregazione con un altro LO. http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche Page 1 of 6 Learning object - Wikipedia 02/06/12 10.33 Nella fattispecie, i LO sono: autoconsistenti: costituiti da uno o più asset. modulari: aggregabili con altri LO. reperibili: grazie alla marcatura dei metadati. riusabili: per la loro autonomia in diverse situazioni di apprendimento. interoperabili: possono funzionare su diverse piattaforme che erogano materiali didattici (LMS) grazie all’attenzione data agli standard (SCORM) che definiscono le regole di impacchettamento e ordine di fruizione dei LO. Dimensione Quanto deve essere grande un learning object? Sulla questione permane una certa aleatorietà. Infatti, oltre che al buon senso di chi lo produce, che dovrebbe discriminare le adeguate dimensioni della risorsa, non vi sono delle regole precise condivise. Un'indicazione in merito alla determinazione di quanti contenuti debbano figurare in una lezione è stata fornita dalla CISCO, nota azienda nel campo di Internet, essa stabilisce in 7(+/-2) concetti da presentare al fruitore una possibile misura di grandezza del LO. Standard e metadati Se il loro riutilizzo è la finalità che viene perseguita con la loro creazione, a tutt'Oggi rimangono ancora da definire degli standard sui metadati, che individuino linee guida comuni per la classificazione dei LO e consentano ai formatori che intendono farne uso un'agevole individuazione della risorsa più idonea ad un dato percorso formativo (in relazione al contenuto, al grado di difficoltà, al grado di interazione, ecc.). I metadati Per garantire che i LO siano aggregati e riutilizzati è necessario standardizzare la loro descrizione ovvero definire il cosiddetto set di metadati. I metadati (metadata) possono intendersi come quei dati che non si riferiscono direttamente ai contenuti concreti di un LO, ma che li classificano, nel senso che forniscono informazioni sui dati stessi, rinviando indirettamente anche ai contenuti di apprendimento del LO. Ad esempio, con questa accezione, in una scheda di identificazione di un testo in una biblioteca sono metadati di un’opera i campi "autore" "titolo", ecc. che rinviano ai dati contenuti nei relativi campi per esempio "Settembrini" e "Ricordanze della mia vita"; analogamente, per i LO i metadati forniscono le informazioni necessarie a classificare la risorsa sulla base di determinati parametri stabiliti. I metadati sono utili ai fruitori non solo per acquisire informazioni sui LO, ma soprattutto per reperirli negli appositi repository di LO, i quali sono degli archivi digitali che raccolgono e catalogano i LO secondo i canoni di classificazione dei metadati. Repository Esempi di repository sono: Merlot (http://www.merlot.org/) Unitexas (http://web.archive.org/web/20060526103349/http://elearning.utsa.edu/guides/LOrepositories.htm) Celebrate (http://demoportal.eun.org) Wisconsin (http://www.wisc-online.com) http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche Page 2 of 6 Learning object - Wikipedia 02/06/12 10.33 Learning about Learning Objects (http://www.learning-objects.net) FreeLOms (sviluppato nel progetto SLOOP) (http://www.freeloms.org) Gli standard Come essere certi quindi di un'accuratezza e completezza tale dei metadati in modo che un LO sia ben definito? Si stanno cercando di individuare e fissare standard per la definizione di metadati (Learning Object Metadata o LOM), tuttavia va fatto presente che i criteri che si possono adottare possono derivare dalle indicazioni di esperti oppure, in un contesto di comunità, essendo diverse le autorità a cui fare riferimento, possono rimandare a "convergenze parziali di significato", in modo che la catalogazione non sia preda di anarchie e confusioni, ma di una pluralità regolata di forme di organizzazione. Si veda, ad esempio, LTSC-IEEE, Learning Thecnology Standards Commitee (http://ltsc.ieee.org/wg12/). SCORM Altri metadati necessari per la produzione di un LO riguardano le indicazioni che fanno sì che il LO possa essere utilizzato da diverse piattaforme (LMS), sia cioè interoperabile. Lo standard che si occupa di garantire questa funzionalità è SCORM (Sharable Content Object Reference Model). SCORM definisce l’insieme delle procedure che aggrega i contenuti dei LO e il modo di elaborare questi contenuti sulla piattaforma: i dati sul corso, i metadati, l’interazione studente-piattaforma, i test e le valutazioni sono gestite da un file.xml che garantisce l’interoperabilità. Progetti United Kingdom Learning Object Metadata United Kingdom Learning Object Metadata, in sigla UK LOM, attualmente è una bozza di schema che viene sottoposta ad interrogazione da una comunità di professionisti al fine di individuare una prassi comune per l'UK per l'elaborazione del contenuto dei learning objects. Attraverso il confronto fra 12 schemi di metadati, UK LOM si propone di raccogliere il nucleo comune degli elementi dei metadati e cerca di registrare le pratiche comuni, considerandole più interessanti delle pratiche migliori. Il suo obiettivo non è quello di essere prescrittivo, ma piuttosto quello di riflettere le operazioni che i professionisti effettuano mentre arricchiscono il contenuto con dei tags. Entro UK LOM si trovano tre generi di elementi: obbligatori opzionali opzionali (raccomandati) Gli elementi obbligatori devono sempre essere completati per assicurare la interoperabilità. Gli elementi opzionali possono essere inclusi dove possono portare a qualche beneficio. Gli elementi opzionali (raccomandati) dovrebbero essere inclusi ogni qual volta risulti possibile. Canada Learning Object Project eduSource Il progetto eduSource è un progetto che coinvolge l'intero Canada nella creazione delle infrastrutture per una rete di interoperable learning object repositories. Un repository differisce dal materiale standard per il Web, in http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche Page 3 of 6 Learning object - Wikipedia 02/06/12 10.33 quanto fornisce a insegnanti, studenti e genitori informazioni che sono strutturate e organizzate per facilitare il ritrovamento e l'uso di materiali di insegnamento, quale che sia la locazione della risorsa. Il progetto eduSource si basa su standard nazionali e internazionali, è interamente bilingue (francese/inglese), ed è accessibile a tutti i canadesi ed agli utenti internazionali, inclusi portatori di disabilità. CanCore CanCore è un profilo di applicazione (come lo UK LOM Core) dello standard per metadati di learning objects.[1] Esso, contrariamente a molti profili di applicazioni, si preoccupa di fornire una guida dettagliata per l'interpretazione e l'implementazione di ogni elemento di dati nello standard LOM. Queste linee guida costituiscono un documento di circa 250 pagine e sono state sviluppate nel corso di tre anni attraverso la consultazione con esperti del Canada e di altri paesi del mondo. Queste linee guida sono disponibili gratuitamente sul sito Web di CanCore. SLOOP SLOOP è un progetto finalizzato alla condivisione di free/open learning objects, promosso da un partenariato costituito da organizzazioni italiane, irlandesi, spagnole, rumene e slovene, nell'ambito del programma europeo Leonardo da Vinci. SLOOP è l'acronimo di Sharing Learning Objects in an Open Perspective. Nell'ambito del Progetto SLOOP, è stato realizzato freeLOms, un ambiente per lo scambio e la produzione collaborativa di free/open learning objects. Questioni pedagogiche Per avere un’idea di un insieme di LO, si pensi, ad esempio, ai software di auto-apprendimento linguistico, in cui vi sono unità didattiche divise in moduli di apprendimento in cui le attività (supportate da animazioni, dialoghi, ma anche semplici icone su cui cliccare per conoscere il nome del particolare oggetto rappresentato) sono costituite da risorse digitali opportunamente strutturate ed assemblate. In quest'ottica di un approccio costruttivista all’apprendimento, vale la pena esplicitare i concetti chiave sui quali è basata la filosofia del LO: autonomia del discente che utilizza questo oggetto per acquisire conoscenze e competenze in modo personale cioè secondo i suoi bisogni e i suoi tempi di apprendimento. specificità degli obiettivi d’apprendimento (un LO deve essere un’unità completa che consente di apprendere uno specifico contenuto). multimedialità, uso di vari linguaggi e stimoli che coinvolgono i vari stili di apprendimento. interattività autovalutazione del fruitore durante il processo (assessment) o finale, ovvero al termine di un percorso che si articola attraverso più LO (evaluation). Interoperabilità Emerge una prima questione pedagogica relativa alle modalità di applicazione di uno stesso LO a diversi contesti di utilizzo. Occorre, infatti, chiedersi come inserire un LO all'interno di un percorso formativo, affinché esso possa risultare di volta in volta significativo per i suoi fruitori. http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche Page 4 of 6 Learning object - Wikipedia 02/06/12 10.33 Asocialità Sono state mosse, inoltre, alcune critiche rispetto alla modalità di apprendimento basata sui LO, in quanto sembra possa risultare individualistica e asociale. Secondo questa prospettiva, un individuo seduto davanti al suo PC praticherebbe una forma di apprendimento che prescinde dal confronto derivante dal riferimento al gruppo dei suoi pari. Conclusioni Entrambe le questioni sono strettamente connesse all'impostazione pedagogica che s’intende adottare nell'operatività didattica che utilizza LO. Nel primo caso, sta al formatore saper garantire un'adeguata strategia didattica, che preveda anche l'utilizzo di LO, in relazione ai reali bisogni formativi degli utenti, eventualmente integrando la presentazione di LO con ulteriori materiali, costituiti anche da lezioni in presenza. Per quanto riguarda la critica di un apprendimento individualistico, un approccio socio-costruttivista applicato all'e-learning può essere una risposta, fornendo come contesto di utilizzo dei LO una comunità di apprendimento, in cui il singolo può migliorare il proprio percorso formativo in relazione ai contributi del gruppo di appartenenza, mediante la partecipazione ad attività comuni, lo scambio di esperienze ed una negoziazione collettiva continua di significati. Note 1. ^ (EN) IEEE 1484.12.1-2002 (http://ltsc.ieee.org/wg12/20020612-Final-LOM-Draft.html) Voci correlate E-learning SCORM Learning Object Metadata Collegamenti esterni (EN, ES, IT) JavaEducation - Learning Objects Repository - L.O.R. (http://www.territorioscuola.com/javaedu/) (EN) Interdisciplinary Journal of Knowledge and Learning Objects (http://ijklo.org/) (EN) D. A. Wiley (2001) (ed)., The Istructional Use of Learning Objects – Online version (http://www.reusability.org/read/) Barbara Bevilacqua (2009), Un Learning Object per conoscere i Learning Object (http://learningobject-xlearningobject.wikispaces.com/) Progetti (EN) Home Page del progetto UK LOM (http://www.cetis.ac.uk/profiles/uklomcore) (EN, FR) Canada Learning Object Project eduSource (http://www.edusource.ca) (EN, FR) Progetto CanCore (http://www.cancore.ca) (EN, IT, ES, RO, SL) Sito del progetto SLOOP (http://www.sloopproject.eu) Categoria: E-learning http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche Page 5 of 6 Learning object - Wikipedia 02/06/12 10.33 Ultima modifica per la pagina: 17:07, 25 gen 2012. Il testo è disponibile secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo; possono applicarsi condizioni ulteriori. Vedi le condizioni d'uso per i dettagli. Wikipedia® è un marchio registrato della Wikimedia Foundation, Inc. http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_object#Caratteristiche Page 6 of 6 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.34 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Sperimentazione risorsa/attività didattica Usare contenuti didattici digitali in classe Premessa Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale) Proposta di attività Come utilizzare questi oggetti? Gli insegnanti impegnati nel progetto Celebrate, appunto dedicato alla costruzione e all’utilizzo di LO, hanno ipotizzato alcuni scenari: Fruizione collettiva in classe. L'insegnante assume un ruolo di 'scaffolding' (1) ; lavoro collaborativo in classe ; modelli di peer education (modalità che prevede una forte interazione tra gli studenti con forme di sostegno reciproco) ; utilizzo nei percorsi personalizzati (recupero e potenziamento) ; (1) Il termine scaffolding, introdotto da Jerome Bruner e altri negli anni settanta significa letteralmente "impalcatura" e rappresenta il tipo di sostegno che l'adulto competente offre al bambino nell'apprendimento di una determinata abilità o competenza TORNA INDIETRO INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5937.htm Page 1 of 1 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.35 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Sperimentazione risorsa/attività didattica Usare contenuti didattici digitali in classe Premessa Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale) Proposta di attività I repository Dove sono collocati “fisicamente” i LO? Generalmente si parla di contenitori chiamati repository. Un repository è un archivio informatico dove vengono depositati e manipolati dati. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare:. Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare: dove vengono depositati e manipolati . Si tratta di un'espressione piuttosto generica, con la quale si possono indicare: 1. un server dove vengono archiviati i dati dove vengono archiviati i dati ; 2. un server dove vengono archiviati specifici dati ; 3. un server dove sono depositati molti database files per distribuirli tramite un network per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un per distribuirli tramite un o per distribuirli tramite un server dove chiunque può archiviare i propri dati per un probabile riutilizzo di essi da parte di altri. Il termine repository in inglese significa “deposito, magazzino”: si tratta infatti di uno spazio virtuale ospitato su un server, destinato a contenere degli oggetti digitali (siano essi documenti testuali, immagini, applicazioni, video etc.). Un repository può contenere diversi tipi di documenti, uno dei suoi vantaggi infatti è la versatilità. Ciò è possibile utilizzando delle “etichette” (i metadata) che descrivono il contenuto e lo contestualizzano. I repository sono quindi “contenitori” di documenti organizzati in modo tale da poterli rendere i documenti stessi facilmente identificabili e fruibili dalla propria utenza. Vedi anche PROGETTO Scuola in biblioteca : http://www.biblioscuole.it/public/ Ecco la mappa di alcuni repository europei (i materiali sono in lingua inglese o francese) Exibit: http://ali.apple.com/ali/resources.shtml BBC http://www.bbc.co.uk/schools/ Merlot: http://www.merlot.org/merlot/index.htm http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5938.htm Page 1 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.35 Out Loud: http://www.hpol.org/ Celebrate: http://celebrate.eun.org/eun.org2/eun/en/Celebrate_LearningObjects/sub_area.cfm? sa=5828 (Progetto in via di sviluppo) Esempi: http://demoportal.eun.org/celebrate_dp/index.cfm TORNA INDIETRO INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5938.htm Page 2 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.23 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Sperimentazione risorsa/attività didattica Usare contenuti didattici digitali in classe Premessa Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale) Proposta di attività Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale) Consuta, adesso, i cinque punti enunciati qui sotto e le risorse digitali per gli studenti a cura di INDIRE INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5933.htm Page 1 of 1 Minisiti di Mosaico 02/06/12 10.40 I minisiti di Mosaico: apprendere navigando col computer Combinando in maniera innovativa e spettacolare clip audiovisivi, animazioni, testi ed esercizi interattivi, la multimedialità a scuola aiuta ad imparare. Attingendo al suo grande catalogo televisivo, Mosaico, in collaborazione con il MIUR e INDIRE, lancia oggi una nuova offerta di risorse didattiche online dedicate al mondo della scuola ed organizzate intorno ad argomenti-chiave dei piani di studio. > Didattica e contenuti Plugin richiesti: Connessione consigliata: - ISDN - ADSL Cittadinanza europea Scuola secondaria di 2° grado Storia, Geografia, Educazione civica Michelangelo Merisi detto il Caravaggio Scuola secondaria di 2° grado Storia dell’Arte, Storia, Filosofia La cittadinanza europea si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà. Scopri le tappe che hanno portato l'Unione a trovare una formulazione comune dei suoi valori portanti. Spregiudicato. Nulla è acquisito, nessun maestro riconosciuto tranne la natura e il vero. Nessuna norma estetica codificata: l'esperienza del vero comporta una cruda visione della realtà nell'arte come nella vita. Questo è Caravaggio… Leonardo Acqua Scuola primaria, scuola secondaria di 1° e 2° grado Storia dell’arte, Storia, Scienze Leonardo da Vinci incarna perfettamente il modello dell’uomo rinascimentale ed è, insieme, simbolo affascinante dell’uomo universale, del suo impegno creativo e http://www.mosaico.rai.it/minisiti/index.asp Se disponete di una connessione a banda limitata il tempo di caricamento dei minisiti è maggiore... I MINISITI DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE: Antartide Scuola secondaria di 1° grado Scienze, Geografia L’acqua è un bene prezioso che oggi purtroppo è in pericolo. Scopri perché l’acqua è una risorsa da salvaguardare per il bene dell’umanità… Page 1 of 2 Minisiti di Mosaico 02/06/12 10.40 della sua eterna ricerca del sapere… Come era Leonardo? Il nostro grafico ha cercato di ricostruire la sua fisionomia partendo dall'analisi di un famoso ritratto. Il sistema solare Scuola secondaria di 1° grado Scienze matematiche, chimiche, fisiche e naturali, Storia della scienza, Educazione all’immagine Gli astronomi chiamano lo spazio attorno a noi "Sistema Solare", con un pizzico di irriverenza ma con molta efficacia lo hanno definito una stella con dei sassi intorno. Tu vivi su uno di quei sassi, la Terra… Noi animali Scuola primaria Scienze naturali, Studi Sociali, Lingua Italiana, Educazione all’immagine Siamo tanti. In mille modi dividiamo il mondo con te. Nuotiamo, voliamo, abitiamo sugli alberi, nel deserto, tra i ghiacci. Come te scopriamo l’avventura della vita. Abbiamo tante storie da raccontare. Siamo gli animali. Vuoi venire a conoscerci? Mosaico - Rai Educational http://www.mosaico.rai.it/minisiti/index.asp Page 2 of 2 Puntoedu Apprendere digitale 02/06/12 10.41 RISORSE DIGITALI PER STUDENTI a cura di INDIRE Versione beta Per visualizzare al meglio le risorse occorre aver installato l'ultima versione di Macromedia Flash Player Se trovi difficoltà ad aprire i link esterni, occorre abilitare il browser. Consulta il TUTORIAL (file.zip kb 409) 1. La piramide di Cheope - ITALIANO Un percorso esplorativo all'interno della piramide di Cheope che mette alla prova lo studente sulle capacità di ascolto. Apri scheda (file .doc kb 57) - Apri risorsa (file Mb 3) 2. La nascita di Venere - ITALIANO Un'esplorazione 3D all'interno di uno dei dipinti più famosi della storia dell'arte allo scopo di capire il linguaggio delle immagini. Apri scheda (file .doc kb 53) - Apri risorsa (file Mb 2,6) 3. L'annunciazione - ITALIANO Un'esplorazione 2D all'interno di uno dei dipinti più famosi della storia dell'arte allo scopo di capire il linguaggio delle immagini. Apri scheda (file .doc kb 43) - Apri risorsa (file Mb 2,6) 4. Guernica - ITALIANO Un'esplorazione 2D all'interno di un quadro che ha segnato profondamente la storia dell'arte moderna e dellÂ’impegno civile dellÂ’artista rispetto alla guerra. Apri scheda (file .doc kb 51) - Apri risorsa (file kb 786) 5. Notte stellata - ITALIANO Un'esplorazione 2D all'interno del mondo pittorico onirico e tormentato di Vincent Van Gogh, a partire da un paesaggio notturno. Apri scheda (file .doc kb 51) - Apri risorsa (file Mb 2,16) 6. Era buono, lo prendevano in giro - ITALIANO un viaggio in rete alla scoperta delle risorse presenti per informarsi e "armarsi" contro un fenomeno dilagante: il bullismo. Apri scheda - Apri risorsa (file kb 807) 7. Eppur si muove - ITALIANO Il merito universalmente riconosciuto a Galileo è quello di aver introdotto nella scienza il metodo sperimentale: un percorso in rete per descrivere la rivoluzione scientifica e i suoi protagonisti. Apri scheda (file .doc kb 57) - Apri risorsa (file Mb 1,07) 8. Navigare per imparare - ITALIANO Un viaggio in rete a caccia di informazioni e curiosità sulla bellissima Lucca, per comprendere e confrontare le informazioni, imparando a navigare con consapevolezza. Apri scheda (file .doc kb 57) - Apri risorsa (file Mb 1,26) 9. Una vita esemplare - SCIENZE http://puntoeduft.indire.it/digitaleins/offerta_lo/risorse_dig.htm Page 1 of 2 Puntoedu Apprendere digitale 02/06/12 10.41 Un viaggio nel mondo del baco da seta alla scoperta dei caratteri distintivi degli insetti e del loro ciclo di vita. Apri scheda (file .doc kb 56) - Apri risorsa (file Mb 20) 10. Viaggio all'interno della materia - SCIENZE La risorsa prevede l'esplorazione all'interno di alcuni materiali fino alla visualizzazione della molecola e dell'atomo. Apri scheda (file .doc kb 63) - Apri risorsa (file Mb 19) 11. Dalle pavimentazioni ai quadrilateri - MATEMATICA Un semplice percorso che guida lo studente alla formalizzazione del concetto di quadrilatero e alla distinzione tra definizione e proprietà di un ente geometrico. Apri scheda (file .doc kb 64) - Apri risorsa (file Mb 1) 12. Solo N???- MATEMATICA Iniziamo a mettere ordine nel mondo infinito dei numeri: insiemi, regole, leggi... Un viaggio alla scoperta degli insiemi numerici e della loro relazione con le quattro operazioni aritmetiche. Apri scheda (file .doc kb 64) - Apri risorsa (file Mb 23) Per eventuali segnalazioni o problemi tecnici relativi alle risorse, potete scrivere alla redazione di INDIRE a questo indirizzo: [email protected] http://puntoeduft.indire.it/digitaleins/offerta_lo/risorse_dig.htm Page 2 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.39 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Sperimentazione risorsa/attività didattica Usare contenuti didattici digitali in classe Premessa Learnig object – Oggetto didattico (ma anche contenuto digitale, risorsa digitale) Proposta di attività Proposta di attività Accedi ad uno dei repository indicati (in Europa o in Italia); In Italia RAI: http://www.mosaico.rai.it/minisiti/index.asp INDIRE: http://puntoeduft.indire.it/digitaleins/offerta_lo/risorse_dig.htm Scegli un “contenuto didattico digitale” che pensi di poter usare in classe; Indica brevemente come lo useresti all’interno della tua progettazione didattica. INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/1748/5939.htm Page 1 of 1 Puntoedu Neoassunti 2011/2012 02/06/12 10.42 Benvenuto GIOVANNI NICCO Home | Mio percorso | Classe Virtuale | Portfolio | Community ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI Sei in: Individuare i punti di forza e le opportunità operative delle risorse digitali per la didattica In classe con la lavagna interattiva multimediale G. Biondi Crediti: 2 SALVA NEL MIO PERCORSO La LIM (Lavagna Interattiva Multimediale, in inglese Interactive Whiteboard) è apparentemente solo una “lavagna più moderna”. Non richiede stravolgimenti nell’organizzazione dell’aula, si installa al muro accanto alla lavagna di ardesia e si integra immediatamente nell’ambiente della classe. Gli insegnanti conoscono la lavagna da sempre. L’hanno vista usare dai loro docenti e, da studenti, hanno a loro volta copiato intere pagine di compiti e appunti pregando spesso i docenti di aspettare a cancellare per dare il tempo di finire di leggere e di trascrivere. È stata sempre usata come spazio a disposizione dell’insegnante per svolgere la lezione e condividere le conoscenze e come luogo dove lo studente è chiamato a “dimostrare le conoscenze acquisite”. Quell’invito “vieni alla lavagna”, che nella nostra vita scolastica abbiamo tutti ricevuto, era, in un certo senso, il momento della verità, la dimostrazione di quello che avevamo studiato, capito, che sapevamo applicare o anche semplicemente disegnare. Versione scaricabile Versione multimediale Agenzia Scuola © 2012 http://for.indire.it/neoassunti2012/cache/copertina_c.php?lms_id=12191&fond= Page 1 of 1 Lavagna interattiva multimediale e contenuti didattici digitali: dal learning object all’asset Giovanni Biondi Iniziamo il ragionamento con un interrogativo la cui risposta ci permetterà di approfondire il discorso sul valore aggiunto e il significato dei contenuti didattici nella scuola. Cosa si intende per learning object? Se seguiamo le definizioni classiche, un learning object è un blocco di apprendimento autonomo, coerente, unitario e riusabile che risponde a un singolo determinato obiettivo di apprendimento/insegnamento. Si presenta un po' come una molecola: così come questa è composta da atomi (fatti di elettroni, protoni, quark, ecc..), ogni singolo oggetto è costituito da varie parti (foto, testo, suono, grafica..). L'insegnante sarebbe dunque il chimico che conosce le formule e la materia, ossia le tecniche e i metodi d'insegnamento, ed è esperto della propria disciplina. In sostanza è in grado di utilizzare uno o più oggetti, scomporli e crearne di nuovi. Combinando insieme oggetti diversi, potrà poi realizzare percorsi di apprendimento differenziati. Secondo questa logica, gli oggetti didattici, proprio in virtù della loro natura modulare, semi-strutturata e flessibile, sono considerati di enorme supporto alla didattica individualizzata e potenzialmente utilizzabili in diversi contesti d'uso. La metafora del "lego" si basa dunque sul concetto che ogni learning object sia sostanzialmente autonomo, che abbia il suo sistema di valutazione e che quindi si possa tracciare l'attività realizzata dallo studente che lo utilizza. È come se prendessimo un libro e ne utilizzassimo i singoli paragrafi con gli esercizi ad essi collegati. Quando lo studente ha concluso l'attività, quando ha imparato quel concetto, quella regola o quella teoria, quando ha approfondito quel contenuto, si passa ad altro. Questa modalità può rivelarsi adeguata per un corso di specializzazione, di aggiornamento professionale, di istruzione all'uso di un particolare software o per imparare a installare o riparare un circuito, un utensile, un reattore: consente di isolare le componenti e le singole operazioni per raggiungere un risultato. Su questo stesso schema si è sviluppato, tuttavia, anche l'e-learning per il settore educativo, manifestando, dopo le prime esperienze, la sua inadeguatezza rispetto soprattutto alle promesse e alle premesse costruttiviste che aveva abbracciato. È ormai sempre più evidente che le piattaforme di e-learning e gli standard, con le loro logiche da mattoncini del “lego”, da "conoscenza auto consistente" che si combina e ricombina in modo meccanico secondo una visione semplicistica della costruzione delle conoscenze, sono lontane dalle problematiche che pone la scuola. La scuola chiede infatti, soprattutto, lo sviluppo di ambienti aperti centrati sulla possibilità reale di costruzione delle conoscenze, su un ruolo "attivo" dello studente e sull'utilizzo di funzioni, ambienti e asset, intesi come elementi primari che si differenziano rispetto ai learning object maggiormente strutturati. Nell’ottica dell’e-learning, la riusabilità di learning object autoconsistenti non si è rivelata dunque una reale innovazione capace di incidere sui meccanismi e le strategie dell’apprendimento. Questo non significa sminuire il valore di simulazioni, dimostrazioni animate o di video esemplificativi che stanno al centro dello sviluppo delle piattaforme di e-learning, quanto riproporre, con le nuove possibilità offerte 1 dall’introduzione in classe della lavagna interattiva multimediale (di cui parleremo ampiamente in seguito), il problema dell’architettura formativa nella quale inserirli. Repository di contenuti didattici digitali L’esperienza europea mostra che la semplice disponibilità di contenuti digitali e learning object non garantisce il loro utilizzo da parte degli insegnanti. La questione fondamentale non è quella dei contenuti di per sé, ma del perché la scuola ha bisogno di contenuti digitali, del valore aggiunto che questi portano rispetto, ad esempio, al libro di testo, dell’impatto che questi hanno sull’organizzazione didattica della scuola. Gli sviluppi tecnologici di questi anni e l’esplosione della Rete hanno portato a maturazione questa problematica, ponendola all’attenzione del mondo della scuola come elemento in grado di innescare una trasformazione reale nella tradizionale pratica educativa, e aprendo una serie di temi di ricerca del tutto nuovi per chi si occupa di formazione. La diversità tra i contenuti digitali e quelli stampati passa attraverso l’individuazione del valore aggiunto, che non può essere solo quello tecnologico. Non si cambia infatti la natura degli oggetti semplicemente trasformando in digitale i caratteri: dalla macchina da scrivere al word-processor migliorano sì le prestazioni, ma non cambia il dna, la struttura del testo. In assenza di iniziative di sistema assistiamo in Italia al fiorire di piccoli repository legati a esperienze di singole scuole o di reti di scuole. Ma sorge il problema della qualità: pur essendo positivo l’aspetto processuale della produzione – un momento formativo importante per l’insegnante – il risultato finale spesso non corrisponde nemmeno lontanamente a degli standard minimi. Gli insegnanti tendono infatti a produrre sul digitale appunti e dispense secondo strutture sequenziali, con un utilizzo del linguaggio scritto largamente prevalente. Occorre capire che il digitale offre oggi alla scuola la possibilità di misurarsi con linguaggi molteplici, di superare le due dimensioni della pagina e di aprirsi a ricchezza espressiva e comunicativa prima inimmaginabile. Non si tratta solo di colmare il digital disconnect tra docenti (spesso in difficoltà nell’uso delle ICT) e studenti che, invece, sono abituati a usare computer, software e Internet nelle attività del loro tempo libero. L’aspetto più rilevante del digital disconnect riguarda invece il rapporto tra libro di testo e learning object e, più in generale, coinvolge la comunicazione che avviene o non avviene a scuola: a una generazione sempre più immersa nel digitale la scuola propone una comunicazione, un linguaggio “tradizionale”, troppo uguale a quello riproposto alle precedenti generazioni. Dopo una fase di investimenti in tutti i Paesi del mondo che si è concentrata sulla diffusione dell’hardware nelle scuole, dopo una riduzione delle ICT all’informatica, dopo un uso strumentale della tecnologia nelle didattiche disciplinari, la prospettiva che si sta definendo con crescente chiarezza è quella della trasformazione dell’ambiente di apprendimento. Analogamente a quanto è successo negli ambienti produttivi, dove le ICT hanno trasformato completamente l’ambiente considerato nelle sue coordinate organizzative e strutturali, come pure in tutti gli altri e diversi ambiti della nostra società, anche nella scuola si pone il problema della trasformazione organizzativa complessiva. Anche la costruzione di repository di learning object non determina di per sé il cambiamento e, anzi, innesca una serie di problematiche e di interrogativi nuovi relativi alla qualità della “cultura”. Se infatti si affermasse - anche per logiche di 2 mercato - un modello di “fast-food della formazione” basato su vetrine di learning object ai quali lo studente può accedere autonomamente e che hanno in sé regole di utilizzo e standard di valutazione, assisteremmo a una sovrapposizione, rispetto alla scuola, di un modulo che porta un nuovo linguaggio, magari più accattivante di quello della lezione tradizionale, ma alla fine sterile e dispersivo. La conoscenza, infatti, non si costruisce con i mattoncini del “lego” e quindi l’autoconsistenza dei singoli oggetti, pur ricomponibili, non determina un reale sviluppo né può rappresentare un modello educativo di riferimento. Il rischio di abbassare il livello culturale nelle nostre scuole eliminando il libro, uno strumento comunque fondamentale per lo sviluppo della coscienza critica individuale, è elevato. Mentre, quindi, è importante che gli insegnanti affrontino il problema della comunicazione, dei linguaggi e degli stessi stili cognitivi che le nuove generazioni sviluppano attraverso le nuove tecnologie fuori dalla scuola, è altrettanto importante concentrarsi sui caratteri originali della dimensione digitale, raccogliendo la sfida di trasformazione degli ambienti di apprendimento che questi portano con sé. In questo senso la lavagna interattiva multimediale si configura come un nuovo modo di intendere e valorizzare le risorse digitali nell’ambito della pratica didattica. Lavagne interattive multimediali Molti Paesi hanno già fatto investimenti importanti nelle cosiddette lavagne digitali (tra questi il Messico, la Gran Bretagna e molti altri) e nel 2010 si prevede che saranno installate nel mondo più di 3 milioni di lavagne digitali. Ma cos’è esattamente una lavagna digitale? Le potenzialità comunicative e formative di questo nuovo strumento sono sostanzialmente centrate sulla manipolazione degli oggetti (testi, immagini, audiovisivi, ecc) che vengono proiettati sulla sua superficie. Questa manipolazione è molto più facile, flessibile e diretta rispetto a quella permessa dal computer: è infatti possibile scrivere e disegnare sullo schermo, spostare icone, sovrapporre immagini anche solo col dito di una mano e senza altri strumenti. Queste caratteristiche d’interazione, unite alle potenzialità espressive tipiche dei nuovi media, ne fanno uno strumento assai coinvolgente per gli studenti che riescono in questo modo a mantenere l’attenzione più a lungo. Inoltre la lavagna digitale può essere usata non soltanto in modalità stand alone, come semplice supporto alla didattica, ma anche in rete su Internet o con altre lavagne, aprendo scenari comunicativi e formativi estremamente interessanti. Certamente possiamo considerarla un vero e proprio tavolo di montaggio della conoscenza, una superficie di lavoro in grado di restituirci mosaici comunicativi estremamente personalizzati. La lavagna digitale può essere vista come una sorta di "velo trasparente" che rende possibile un’immediata manipolazione degli oggetti, permettendo a insegnanti e alunni di essere soggetti attivi nella costruzione della conoscenza, di creare un nuovo ambiente dedicato all’apprendimento. La lavagna digitale potrà davvero provocare un grande cambiamento nella didattica. Ci si trova di fronte ad una “superficie digitale interattiva” che sembra preludere ad altri oggetti di questo tipo, magari meno ingombranti, che potrebbero sostituire presto anche i quaderni o potrebbero essere forse incassati nei banchi e divenire la dotazione di ogni studente, lo strumento di lavoro individuale, collegabile alla lavagna come a ogni altra “superficie interattiva” presente in classe. Dobbiamo quindi 3 guardare alla lavagna digitale come a un ponte fra due mondi, una vera e propria porta di ingresso nell’aula, e quindi nella pratica educativa, per le ICT. Le lavagne digitali, infatti, sono strumenti apparentemente poco sfacciati, che entrano nell’ambiente quasi in sordina, senza trasformarlo, ma andando a sostenere la tradizionale comunicazione fra insegnanti e alunni, con quelle importanti potenzialità proprie di una tecnologia che opera direttamente con contenuti digitali. Possiamo dire, quindi, che l’aula diventa il luogo dove realtà fisica e realtà digitale si incontrano. Un passo “indolore” per l’avvio della trasformazione degli ambienti che oltretutto dà il tempo e il modo all’insegnante di non cambiare improvvisamente ruolo. Cambierà probabilmente il linguaggio che egli utilizzerà, le sue modalità comunicative, il suo modo di fare lezione, ma non il suo ruolo. Anzi la sua “centralità” potrà essere maggiormente valorizzata e questo aiuterà il processo di trasformazione perché, come è noto, senza gli insegnanti non si cambia la scuola. Il modo di operare, le caratteristiche stesse di questa tecnologia che si presenta in modo amichevole, porta però con sé anche un’innovazione profonda nei contenuti: la lavagna non vuole la carta, richiede immagini, filmati, testi da smontare e rimontare, sui quali lavorare per scoprirne l’architettura, le concordanze e le rime, oggetti da muovere, esperimenti e progetti da verificare, eventi da far rivivere, simulazioni sensibili alla modifica dei parametri, in conclusione veri e propri contenuti digitali. Potendo disporre di tavoli per la costruzione delle conoscenze si dovrebbe poter accedere finalmente ad asset, frammenti di contenuto, singole unità di informazione, piuttosto che a oggetti didattici in sé conclusi. E allora servono banche date di immagini, filmati, testi, suoni con i quali fare ricerca, costruire e comunicare le proprie conoscenze, attraverso i linguaggi della società digitale. Il tutto disponibile in un ambiente sicuro, organizzato e insieme destrutturato, ordinato, dove la ricerca sia agevole, ma insieme aperto e flessibile, che metta a disposizione strumenti per assemblare, costruire, comunicare. Ambienti di lavoro che si potranno utilizzare anche da casa online, con i quali apprendere "giocando", facendo e rendendo così possibile imparare dall’esperienza: un’esperienza mediata ma diretta, fatta movendosi all’interno di mondi sintetici, di ambienti specializzati e immersivi. La lavagna si presenta come una sorta di collettore e fa immaginare una prospettiva di forte integrazione tra tutte le tecnologie: dai telefoni agli iPod, dalla TV digitale a quella sul web, dalla radio della scuola che trasmette su Internet, all’ambiente online sempre disponibile. In questo scenario certamente il libro avrà un suo spazio e una sua funzione sempre più insostituibile, divenendo forse meno “manuale scolastico” e più libro, spogliandosi di parti che potranno essere collocate in modo più efficace negli ambienti digitali (basti pensare alle corpose parti esercitative, alle dimostrazioni, alle cartine geografiche …). Dobbiamo gridare allo scandalo se non si useranno più i quaderni per prendere appunti, ma si scriverà su superfici digitali archiviando poi i testi nel proprio hard disk? Ma questo avviene già oggi nelle riunioni di lavoro, dove i tavoli devono essere dotati 4 di prese elettriche e cavi di rete o i locali disporre di connessioni wireless perché ognuno arriva sempre più spesso con il proprio portatile, porta le sue comunicazioni in formato digitale, su file che condivide con gli altri via e-mail in tempo reale. Le superfici digitali consentiranno di scrivere a mano e memorizzare i testi con sistemi di riconoscimento dei caratteri, ma anche di usare tastiere integrate touch screen, le lavagne registreranno la lezione dell’insegnante che sarà pubblicata nell’ambiente online, a disposizione del lavoro a casa degli studenti, ma anche di chi era assente. Ma tutto questo è un futuro facile da prevedere perché è già in larga parte presente. L’apprendimento delle lingue, la comunicazione tra scuole e studenti, la creazione di luoghi virtuali “sicuri”, dove anche la dispersione tipica della Rete e il disorientamento che ne consegue siano ridotti: una sorta di “internet per le scuole”. Una rete nella quale il web sia però solo una parte, che si componga di ambienti differenti, anche e soprattutto di tipo immersivo, certamente centrati sulla collaborazione e sull’apprendimento in un ambiente sociale animato e sviluppato dagli stessi studenti. Questo può essere lo scenario di una scuola che diviene una vera e propria learning organization grazie alle ICT che rendono lo studente protagonista dell’apprendimento. Ma anche per gli studenti si pone un problema di formazione, non tanto all’uso degli strumenti, ma all’uso dell’ambiente. Se è vero che nel futuro una parte sempre più ampia di apprendimento avverrà al di fuori degli edifici scolastici, questo certo non potrà avvenire senza gli insegnanti; anzi, quello degli insegnanti sarà un ruolo determinante proprio per la scuola del futuro. Guardando alla scuola della società della conoscenza, post-industriale, dobbiamo considerare fondamentali gli obiettivi concordati a livello europeo che riguardano gli insegnanti. Negli obiettivi di Lisbona, infatti, si dà grande risalto alla necessità di “formare entro la fine del 2010 gli insegnanti in numero sufficiente per consentire loro di utilizzare Internet e le risorse multimediali”. Non si tratta naturalmente della semplice istruzione all’uso del computer o della Rete, del mouse o della tastiera, quanto piuttosto dell’innovazione sull’organizzazione dei programmi di formazione, “nonché sul contesto di apprendimento e sulle prassi pedagogiche”. L'utilizzo delle nuove tecnologie renderà quindi necessario un adeguamento delle tecniche e l'introduzione di modelli educativi innovatori. Formazione degli insegnanti fatta però, anche in questo caso, su basi nuove, con la consapevolezza e l'intenzionalità di puntare alla trasformazione del ruolo e allo sviluppo di nuove competenze in vista dei nuove funzioni, ma anche delle qualità degli strumenti, dei servizi e dei contenuti disponibili: tutto questo rappresenta l'elemento determinante per questa trasformazione molto di più della diffusione di computer e collegamenti telematici. Con l’avvento della lavagna interattiva multimediale si supera dunque definitivamente il concetto di learning object come è stato definito dall’esperienza dell’e-learning in quanto né l’autoconsistenza né la riusabilità basata su standard puramente tecnologici risultano adeguati in ambiente educativo. Da questo punto di vista, l’utilizzo delle lavagne interattive multimediali richiede soprattutto la disponibilità di contenuti in una forma aperta che consenta la massima integrazione all’interno di un processo di comunicazione. La pianificazione del “testo della lezione”, attraverso l’organizzazione dei materiali didattici, è da considerarsi come uno strumento per supportare la progressione degli apprendimenti, per esplicitare strategie di coesione interna e di 5 recupero tra gli argomenti affrontati, per creare “canovacci” della lezione alternando fasi di esposizione a momenti di “dialogo didattico”. La lavagna può quindi trasformarsi in un vero e proprio tavolo di assemblaggio delle conoscenze e nello stesso tempo rappresentare un ponte in grado di far dialogare, in un contesto più familiare ed efficace, lo studente con il docente. Uno strumento che permette di promuovere nuove modalità di configurazione dello spazio di comunicazione in classe. La presenza fisica, infatti, permette di conciliare la didattica in ambiente digitale con tutti gli aspetti comunicativi, verbali e non verbali, della relazione formativa, di intrecciare il piano simbolico degli apprendimenti con la dimensione esperienziale, di creare una “finestra” che apre l’aula alle dimensioni mediatiche e informative della società della conoscenza. Con l’introduzione della lavagna interattiva multimediale forse inizialmente si potranno riscontrare alcune difficoltà legate al fatto che gli insegnanti dovranno capire l’importanza di preparare, direi più propriamente sceneggiare, la lezione per sfruttare a pieno le potenzialità della lavagna digitale. L’insegnante dovrà strutturare la sua didattica e cercare contenuti didattici digitali, immagini, documenti idonei; ma una volta imparato a far ciò, la qualità della lezione e la sua efficacia comunicativa saranno assai maggiori. L’uso della lavagna digitale si accompagna quindi allo sviluppo di ‘biblioteche di oggetti’, di repository, che ancora purtroppo non sono molto diffusi. Gli insegnanti all’inizio saranno chiamati a fare uno sforzo, ma poi tenere la lezione sarà più semplice e gratificante. Con la lavagna interattiva, nell’ambito della classe, i contenuti didattici digitali acquistano nuovo significato all’interno della superficie condivisa di scrittura e manipolazione. Emerge definitivamente il "paradosso" del learning object inteso come unità didattica o risorsa utilizzabile anche al di fuori del contesto in cui è stato creato, e risulta sempre più evidente che il valore didattico di una risorsa digitale dipende non solo dal suo contenuto, ma anche, e soprattutto, dal contesto in cui viene utilizzato. L’attenzione dunque non si concentrerà più solamente su repository di learning object autoconsistenti, ma acquisteranno valore database di immagini, raccolte di file musicali, portali che offrono video, community di docenti in cui vengono scambiati semilavorati, bozze di lezioni, risorse elaborate dai colleghi che andranno a rappresentare un patrimonio di contenuti didattici digitali aperti alle esigenze del singolo docente. Il repository potrà avere dimensioni diversificate: il repository scolastico, quello locale, quello di un gruppo di scuole in Rete, e poi i repository nazionali e quelli internazionali. Il patrimonio di risorse digitali da condividere permetterà lo scambio, l’arricchimento reciproco, il perfezionamento continuo delle risorse per la LIM a disposizione del docente, che diventerà il vero regista che, sottraendosi definitivamente alla dittatura del learning object, concretizzerà sulla lavagna le potenzialità offerte dalle risorse didattiche digitali. Il sipario da strappare La prospettiva che si determina con la lavagna interattiva multimediale ci permette di affrontare infine un aspetto più ampio che è quello dell’apertura, attraverso le ICT, della classe verso un ambiente di apprendimento commisurato al mondo in cui viviamo e delle potenzialità offerte dagli ambienti digitali proposti dai nuovi modelli di 6 e-learning. Uno degli aspetti che caratterizzano il "nuovo" e-learning è quello di essere al confine con i videogiochi e in particolare con quella che può essere considerata la più importante innovazione nei computer-games: i MMORPGs (Multi-Player Online Role-Playing Games), quelli "dove il gioco crea e mette a disposizione l'ambiente" e dove sono i giocatori stessi a inventare il gioco e la sua struttura. In questo senso, l'ambiente di gioco più famoso è Second Life, una realtà virtuale che mette a disposizione "spazi" disegnati e progettati tenendo conto dei cosiddetti "diorama", utilizzati nei principali ambienti di simulazione. Un mondo immersivo, un mondo "sintetico" basato sul learning by doing che dimostra come l'utilizzo delle ICT richieda, per poterne raccogliere la sfida e sfruttarne le reali potenzialità, di andare oltre la scrittura, oltre il testo, intraprendendo nuove strade. Non è un caso che questi siamo gli ambienti più familiari alla generazione dei digital natives che, intrisi del loro mondo, si scontrano col nero dell'ardesia, con il modello trasmissivo, espositivo della scuola. Gli ambienti online mostrano la loro reale efficacia quando entrambe le dimensioni, spazio e tempo, possono essere messe in gioco. Quando però ambedue diventano non modificabili, come nel caso dell'impatto delle ICT in una classe, all'interno dell'orario scolastico, si aprono problematiche del tutto inedite. Il modello dell'elearning tende, per come è impostato, a sovrapporsi alle attività in aula e fatica a trovare soluzioni organizzative efficaci e integrabili all'attività in classe. Per poter sfruttare al meglio e in chiave di reale innovazione le potenzialità dell'e-learning, prima di tutto dobbiamo rovesciare molti dei paradigmi classici e degli standard, e affrontare la progettazione degli ambienti in modo integrato, ponendoci fin dall'inizio il problema degli scenari di utilizzo e di come le due variabili principali, spazio e tempo, intervengono nell'impianto formativo. Le "scuole senza classi" propongono questo tipo di scenari. Assistere gli studenti nelle loro attività di studio e di esercitazione a casa rappresenta un obiettivo dove entrambe le variabili spazio e tempo vengono messe in gioco. Lo studente non viene lasciato da solo con i suoi libri e gli appunti presi durante la lezione, ma viene assistito attraverso la comunicazione in rete, ambienti esercitativi, simulazioni e anche una sorta di "pronto soccorso" telematico con chat, forum e sessioni sincrone. Tutte queste funzioni sono all'interno di un ambiente che consente anche spazi di socializzazione e incontro che permettono all'insegnante - che rimane il responsabile, il regista dell'intero percorso di formazione - di ricevere, su un registro elettronico, il tracciamento delle attività realizzate. L'ambiente online è costruito con criteri che consentono allo studente autonomia nelle attività di studio e di esercitazione, senza tuttavia che questo rappresenti un selfservice, un supermercato dove ogni studente prenda dagli scaffali learning object a uso e consumo personale. Naturalmente la qualità - intesa dal punto di vista del valore aggiunto - che i contenuti digitali riescono a offrire in termini di interazione, manipolazione, ricostruzione dei "contenuti", rappresenta il fattore determinante del successo e dell'efficacia di un ambiente di questo tipo. Senza dimenticare che l'insegnante è sempre il responsabile del processo formativo, controlla i risultati e può differenziare l'offerta formativa e i percorsi in base ai bisogni degli studenti. Lo scenario internazionale dimostra che stiamo entrando in una fase nuova nel rapporto tra le ICT, la scuola e più in generale i sistemi di formazione. Lo sviluppo dell'elettronica, l'abbassamento dei prezzi e le caratteristiche del mercato portano a 7 prevedere una penetrazione sempre maggiore e una diffusione capillare delle tecnologie. Il passaggio delicato è comunque rappresentato dall'ingresso nell'aula, dal rapporto "uno a uno", dalla tecnologia personale direttamente nelle mani di ciascuno studente, una tecnologia che accompagna a casa come a scuola. Quale sarà questo strumento, se una superficie digitale interattiva o un più tradizionale personal computer portatile, un palmare o una nuova generazione di computer-telefonino, molto probabilmente dipenderà da logiche di mercato più che da scelte della scuola. Il mercato della scuola non può essere considerato, da questo punto di vista, un mercato evoluto e il rischio dei "fondi di magazzino" è sempre presente. Da questo però la scuola si difende creando a sua volta "magazzini", aule cioè dove riporre la tecnologia, magari arrivata gratuitamente tramite donazioni o progetti nazionali ed europei. È la porta dell'aula il vero baluardo, il sipario da strappare: le potenzialità sono molte, così come tante sono le opportunità che si stanno aprendo. Il problema è se la scuola saprà coglierle, se potrà essere protagonista di questo sviluppo. 8 Puntoedu Neoassunti 2011/2012 02/06/12 10.44 Benvenuto GIOVANNI NICCO Home | Mio percorso | Classe Virtuale | Portfolio | Community ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI Sei in: Individuare i punti di forza e le opportunità operative delle risorse digitali per la didattica Lavagna interattiva multimediale e contenuti didattici digitali: dal learning object all'asset G. Biondi Crediti: 2 SALVA NEL MIO PERCORSO Iniziamo il ragionamento con un interrogativo la cui risposta ci permetterà di approfondire il discorso sul valore aggiunto e il significato dei contenuti didattici nella scuola. Cosa si intende per learning object? Se seguiamo le definizioni classiche, un learning object è un blocco di apprendimento autonomo, coerente, unitario e riusabile che risponde a un singolo determinato obiettivo di apprendimento/insegnamento. Si presenta un po' come una molecola: così come questa è composta da atomi (fatti di elettroni, protoni, quark, ecc..), ogni singolo oggetto è costituito da varie parti (foto, testo, suono, grafica..). L'insegnante sarebbe dunque il chimico che conosce le formule e la materia, ossia le tecniche e i metodi d'insegnamento, ed è esperto della propria disciplina. In sostanza è in grado di utilizzare uno o più oggetti, scomporli e crearne di nuovi. Versione scaricabile Versione multimediale Agenzia Scuola © 2012 http://for.indire.it/neoassunti2012/cache/copertina_c.php?lms_id=12185&fond= Page 1 of 1 Lavagna interattiva multimediale e contenuti didattici digitali: dal learning object all’asset Giovanni Biondi Iniziamo il ragionamento con un interrogativo la cui risposta ci permetterà di approfondire il discorso sul valore aggiunto e il significato dei contenuti didattici nella scuola. Cosa si intende per learning object? Se seguiamo le definizioni classiche, un learning object è un blocco di apprendimento autonomo, coerente, unitario e riusabile che risponde a un singolo determinato obiettivo di apprendimento/insegnamento. Si presenta un po' come una molecola: così come questa è composta da atomi (fatti di elettroni, protoni, quark, ecc..), ogni singolo oggetto è costituito da varie parti (foto, testo, suono, grafica..). L'insegnante sarebbe dunque il chimico che conosce le formule e la materia, ossia le tecniche e i metodi d'insegnamento, ed è esperto della propria disciplina. In sostanza è in grado di utilizzare uno o più oggetti, scomporli e crearne di nuovi. Combinando insieme oggetti diversi, potrà poi realizzare percorsi di apprendimento differenziati. Secondo questa logica, gli oggetti didattici, proprio in virtù della loro natura modulare, semi-strutturata e flessibile, sono considerati di enorme supporto alla didattica individualizzata e potenzialmente utilizzabili in diversi contesti d'uso. La metafora del "lego" si basa dunque sul concetto che ogni learning object sia sostanzialmente autonomo, che abbia il suo sistema di valutazione e che quindi si possa tracciare l'attività realizzata dallo studente che lo utilizza. È come se prendessimo un libro e ne utilizzassimo i singoli paragrafi con gli esercizi ad essi collegati. Quando lo studente ha concluso l'attività, quando ha imparato quel concetto, quella regola o quella teoria, quando ha approfondito quel contenuto, si passa ad altro. Questa modalità può rivelarsi adeguata per un corso di specializzazione, di aggiornamento professionale, di istruzione all'uso di un particolare software o per imparare a installare o riparare un circuito, un utensile, un reattore: consente di isolare le componenti e le singole operazioni per raggiungere un risultato. Su questo stesso schema si è sviluppato, tuttavia, anche l'e-learning per il settore educativo, manifestando, dopo le prime esperienze, la sua inadeguatezza rispetto soprattutto alle promesse e alle premesse costruttiviste che aveva abbracciato. È ormai sempre più evidente che le piattaforme di e-learning e gli standard, con le loro logiche da mattoncini del “lego”, da "conoscenza auto consistente" che si combina e ricombina in modo meccanico secondo una visione semplicistica della costruzione delle conoscenze, sono lontane dalle problematiche che pone la scuola. La scuola chiede infatti, soprattutto, lo sviluppo di ambienti aperti centrati sulla possibilità reale di costruzione delle conoscenze, su un ruolo "attivo" dello studente e sull'utilizzo di funzioni, ambienti e asset, intesi come elementi primari che si differenziano rispetto ai learning object maggiormente strutturati. Nell’ottica dell’e-learning, la riusabilità di learning object autoconsistenti non si è rivelata dunque una reale innovazione capace di incidere sui meccanismi e le strategie dell’apprendimento. Questo non significa sminuire il valore di simulazioni, dimostrazioni animate o di video esemplificativi che stanno al centro dello sviluppo delle piattaforme di e-learning, quanto riproporre, con le nuove possibilità offerte 1 dall’introduzione in classe della lavagna interattiva multimediale (di cui parleremo ampiamente in seguito), il problema dell’architettura formativa nella quale inserirli. Repository di contenuti didattici digitali L’esperienza europea mostra che la semplice disponibilità di contenuti digitali e learning object non garantisce il loro utilizzo da parte degli insegnanti. La questione fondamentale non è quella dei contenuti di per sé, ma del perché la scuola ha bisogno di contenuti digitali, del valore aggiunto che questi portano rispetto, ad esempio, al libro di testo, dell’impatto che questi hanno sull’organizzazione didattica della scuola. Gli sviluppi tecnologici di questi anni e l’esplosione della Rete hanno portato a maturazione questa problematica, ponendola all’attenzione del mondo della scuola come elemento in grado di innescare una trasformazione reale nella tradizionale pratica educativa, e aprendo una serie di temi di ricerca del tutto nuovi per chi si occupa di formazione. La diversità tra i contenuti digitali e quelli stampati passa attraverso l’individuazione del valore aggiunto, che non può essere solo quello tecnologico. Non si cambia infatti la natura degli oggetti semplicemente trasformando in digitale i caratteri: dalla macchina da scrivere al word-processor migliorano sì le prestazioni, ma non cambia il dna, la struttura del testo. In assenza di iniziative di sistema assistiamo in Italia al fiorire di piccoli repository legati a esperienze di singole scuole o di reti di scuole. Ma sorge il problema della qualità: pur essendo positivo l’aspetto processuale della produzione – un momento formativo importante per l’insegnante – il risultato finale spesso non corrisponde nemmeno lontanamente a degli standard minimi. Gli insegnanti tendono infatti a produrre sul digitale appunti e dispense secondo strutture sequenziali, con un utilizzo del linguaggio scritto largamente prevalente. Occorre capire che il digitale offre oggi alla scuola la possibilità di misurarsi con linguaggi molteplici, di superare le due dimensioni della pagina e di aprirsi a ricchezza espressiva e comunicativa prima inimmaginabile. Non si tratta solo di colmare il digital disconnect tra docenti (spesso in difficoltà nell’uso delle ICT) e studenti che, invece, sono abituati a usare computer, software e Internet nelle attività del loro tempo libero. L’aspetto più rilevante del digital disconnect riguarda invece il rapporto tra libro di testo e learning object e, più in generale, coinvolge la comunicazione che avviene o non avviene a scuola: a una generazione sempre più immersa nel digitale la scuola propone una comunicazione, un linguaggio “tradizionale”, troppo uguale a quello riproposto alle precedenti generazioni. Dopo una fase di investimenti in tutti i Paesi del mondo che si è concentrata sulla diffusione dell’hardware nelle scuole, dopo una riduzione delle ICT all’informatica, dopo un uso strumentale della tecnologia nelle didattiche disciplinari, la prospettiva che si sta definendo con crescente chiarezza è quella della trasformazione dell’ambiente di apprendimento. Analogamente a quanto è successo negli ambienti produttivi, dove le ICT hanno trasformato completamente l’ambiente considerato nelle sue coordinate organizzative e strutturali, come pure in tutti gli altri e diversi ambiti della nostra società, anche nella scuola si pone il problema della trasformazione organizzativa complessiva. Anche la costruzione di repository di learning object non determina di per sé il cambiamento e, anzi, innesca una serie di problematiche e di interrogativi nuovi relativi alla qualità della “cultura”. Se infatti si affermasse - anche per logiche di 2 mercato - un modello di “fast-food della formazione” basato su vetrine di learning object ai quali lo studente può accedere autonomamente e che hanno in sé regole di utilizzo e standard di valutazione, assisteremmo a una sovrapposizione, rispetto alla scuola, di un modulo che porta un nuovo linguaggio, magari più accattivante di quello della lezione tradizionale, ma alla fine sterile e dispersivo. La conoscenza, infatti, non si costruisce con i mattoncini del “lego” e quindi l’autoconsistenza dei singoli oggetti, pur ricomponibili, non determina un reale sviluppo né può rappresentare un modello educativo di riferimento. Il rischio di abbassare il livello culturale nelle nostre scuole eliminando il libro, uno strumento comunque fondamentale per lo sviluppo della coscienza critica individuale, è elevato. Mentre, quindi, è importante che gli insegnanti affrontino il problema della comunicazione, dei linguaggi e degli stessi stili cognitivi che le nuove generazioni sviluppano attraverso le nuove tecnologie fuori dalla scuola, è altrettanto importante concentrarsi sui caratteri originali della dimensione digitale, raccogliendo la sfida di trasformazione degli ambienti di apprendimento che questi portano con sé. In questo senso la lavagna interattiva multimediale si configura come un nuovo modo di intendere e valorizzare le risorse digitali nell’ambito della pratica didattica. Lavagne interattive multimediali Molti Paesi hanno già fatto investimenti importanti nelle cosiddette lavagne digitali (tra questi il Messico, la Gran Bretagna e molti altri) e nel 2010 si prevede che saranno installate nel mondo più di 3 milioni di lavagne digitali. Ma cos’è esattamente una lavagna digitale? Le potenzialità comunicative e formative di questo nuovo strumento sono sostanzialmente centrate sulla manipolazione degli oggetti (testi, immagini, audiovisivi, ecc) che vengono proiettati sulla sua superficie. Questa manipolazione è molto più facile, flessibile e diretta rispetto a quella permessa dal computer: è infatti possibile scrivere e disegnare sullo schermo, spostare icone, sovrapporre immagini anche solo col dito di una mano e senza altri strumenti. Queste caratteristiche d’interazione, unite alle potenzialità espressive tipiche dei nuovi media, ne fanno uno strumento assai coinvolgente per gli studenti che riescono in questo modo a mantenere l’attenzione più a lungo. Inoltre la lavagna digitale può essere usata non soltanto in modalità stand alone, come semplice supporto alla didattica, ma anche in rete su Internet o con altre lavagne, aprendo scenari comunicativi e formativi estremamente interessanti. Certamente possiamo considerarla un vero e proprio tavolo di montaggio della conoscenza, una superficie di lavoro in grado di restituirci mosaici comunicativi estremamente personalizzati. La lavagna digitale può essere vista come una sorta di "velo trasparente" che rende possibile un’immediata manipolazione degli oggetti, permettendo a insegnanti e alunni di essere soggetti attivi nella costruzione della conoscenza, di creare un nuovo ambiente dedicato all’apprendimento. La lavagna digitale potrà davvero provocare un grande cambiamento nella didattica. Ci si trova di fronte ad una “superficie digitale interattiva” che sembra preludere ad altri oggetti di questo tipo, magari meno ingombranti, che potrebbero sostituire presto anche i quaderni o potrebbero essere forse incassati nei banchi e divenire la dotazione di ogni studente, lo strumento di lavoro individuale, collegabile alla lavagna come a ogni altra “superficie interattiva” presente in classe. Dobbiamo quindi 3 guardare alla lavagna digitale come a un ponte fra due mondi, una vera e propria porta di ingresso nell’aula, e quindi nella pratica educativa, per le ICT. Le lavagne digitali, infatti, sono strumenti apparentemente poco sfacciati, che entrano nell’ambiente quasi in sordina, senza trasformarlo, ma andando a sostenere la tradizionale comunicazione fra insegnanti e alunni, con quelle importanti potenzialità proprie di una tecnologia che opera direttamente con contenuti digitali. Possiamo dire, quindi, che l’aula diventa il luogo dove realtà fisica e realtà digitale si incontrano. Un passo “indolore” per l’avvio della trasformazione degli ambienti che oltretutto dà il tempo e il modo all’insegnante di non cambiare improvvisamente ruolo. Cambierà probabilmente il linguaggio che egli utilizzerà, le sue modalità comunicative, il suo modo di fare lezione, ma non il suo ruolo. Anzi la sua “centralità” potrà essere maggiormente valorizzata e questo aiuterà il processo di trasformazione perché, come è noto, senza gli insegnanti non si cambia la scuola. Il modo di operare, le caratteristiche stesse di questa tecnologia che si presenta in modo amichevole, porta però con sé anche un’innovazione profonda nei contenuti: la lavagna non vuole la carta, richiede immagini, filmati, testi da smontare e rimontare, sui quali lavorare per scoprirne l’architettura, le concordanze e le rime, oggetti da muovere, esperimenti e progetti da verificare, eventi da far rivivere, simulazioni sensibili alla modifica dei parametri, in conclusione veri e propri contenuti digitali. Potendo disporre di tavoli per la costruzione delle conoscenze si dovrebbe poter accedere finalmente ad asset, frammenti di contenuto, singole unità di informazione, piuttosto che a oggetti didattici in sé conclusi. E allora servono banche date di immagini, filmati, testi, suoni con i quali fare ricerca, costruire e comunicare le proprie conoscenze, attraverso i linguaggi della società digitale. Il tutto disponibile in un ambiente sicuro, organizzato e insieme destrutturato, ordinato, dove la ricerca sia agevole, ma insieme aperto e flessibile, che metta a disposizione strumenti per assemblare, costruire, comunicare. Ambienti di lavoro che si potranno utilizzare anche da casa online, con i quali apprendere "giocando", facendo e rendendo così possibile imparare dall’esperienza: un’esperienza mediata ma diretta, fatta movendosi all’interno di mondi sintetici, di ambienti specializzati e immersivi. La lavagna si presenta come una sorta di collettore e fa immaginare una prospettiva di forte integrazione tra tutte le tecnologie: dai telefoni agli iPod, dalla TV digitale a quella sul web, dalla radio della scuola che trasmette su Internet, all’ambiente online sempre disponibile. In questo scenario certamente il libro avrà un suo spazio e una sua funzione sempre più insostituibile, divenendo forse meno “manuale scolastico” e più libro, spogliandosi di parti che potranno essere collocate in modo più efficace negli ambienti digitali (basti pensare alle corpose parti esercitative, alle dimostrazioni, alle cartine geografiche …). Dobbiamo gridare allo scandalo se non si useranno più i quaderni per prendere appunti, ma si scriverà su superfici digitali archiviando poi i testi nel proprio hard disk? Ma questo avviene già oggi nelle riunioni di lavoro, dove i tavoli devono essere dotati 4 di prese elettriche e cavi di rete o i locali disporre di connessioni wireless perché ognuno arriva sempre più spesso con il proprio portatile, porta le sue comunicazioni in formato digitale, su file che condivide con gli altri via e-mail in tempo reale. Le superfici digitali consentiranno di scrivere a mano e memorizzare i testi con sistemi di riconoscimento dei caratteri, ma anche di usare tastiere integrate touch screen, le lavagne registreranno la lezione dell’insegnante che sarà pubblicata nell’ambiente online, a disposizione del lavoro a casa degli studenti, ma anche di chi era assente. Ma tutto questo è un futuro facile da prevedere perché è già in larga parte presente. L’apprendimento delle lingue, la comunicazione tra scuole e studenti, la creazione di luoghi virtuali “sicuri”, dove anche la dispersione tipica della Rete e il disorientamento che ne consegue siano ridotti: una sorta di “internet per le scuole”. Una rete nella quale il web sia però solo una parte, che si componga di ambienti differenti, anche e soprattutto di tipo immersivo, certamente centrati sulla collaborazione e sull’apprendimento in un ambiente sociale animato e sviluppato dagli stessi studenti. Questo può essere lo scenario di una scuola che diviene una vera e propria learning organization grazie alle ICT che rendono lo studente protagonista dell’apprendimento. Ma anche per gli studenti si pone un problema di formazione, non tanto all’uso degli strumenti, ma all’uso dell’ambiente. Se è vero che nel futuro una parte sempre più ampia di apprendimento avverrà al di fuori degli edifici scolastici, questo certo non potrà avvenire senza gli insegnanti; anzi, quello degli insegnanti sarà un ruolo determinante proprio per la scuola del futuro. Guardando alla scuola della società della conoscenza, post-industriale, dobbiamo considerare fondamentali gli obiettivi concordati a livello europeo che riguardano gli insegnanti. Negli obiettivi di Lisbona, infatti, si dà grande risalto alla necessità di “formare entro la fine del 2010 gli insegnanti in numero sufficiente per consentire loro di utilizzare Internet e le risorse multimediali”. Non si tratta naturalmente della semplice istruzione all’uso del computer o della Rete, del mouse o della tastiera, quanto piuttosto dell’innovazione sull’organizzazione dei programmi di formazione, “nonché sul contesto di apprendimento e sulle prassi pedagogiche”. L'utilizzo delle nuove tecnologie renderà quindi necessario un adeguamento delle tecniche e l'introduzione di modelli educativi innovatori. Formazione degli insegnanti fatta però, anche in questo caso, su basi nuove, con la consapevolezza e l'intenzionalità di puntare alla trasformazione del ruolo e allo sviluppo di nuove competenze in vista dei nuove funzioni, ma anche delle qualità degli strumenti, dei servizi e dei contenuti disponibili: tutto questo rappresenta l'elemento determinante per questa trasformazione molto di più della diffusione di computer e collegamenti telematici. Con l’avvento della lavagna interattiva multimediale si supera dunque definitivamente il concetto di learning object come è stato definito dall’esperienza dell’e-learning in quanto né l’autoconsistenza né la riusabilità basata su standard puramente tecnologici risultano adeguati in ambiente educativo. Da questo punto di vista, l’utilizzo delle lavagne interattive multimediali richiede soprattutto la disponibilità di contenuti in una forma aperta che consenta la massima integrazione all’interno di un processo di comunicazione. La pianificazione del “testo della lezione”, attraverso l’organizzazione dei materiali didattici, è da considerarsi come uno strumento per supportare la progressione degli apprendimenti, per esplicitare strategie di coesione interna e di 5 recupero tra gli argomenti affrontati, per creare “canovacci” della lezione alternando fasi di esposizione a momenti di “dialogo didattico”. La lavagna può quindi trasformarsi in un vero e proprio tavolo di assemblaggio delle conoscenze e nello stesso tempo rappresentare un ponte in grado di far dialogare, in un contesto più familiare ed efficace, lo studente con il docente. Uno strumento che permette di promuovere nuove modalità di configurazione dello spazio di comunicazione in classe. La presenza fisica, infatti, permette di conciliare la didattica in ambiente digitale con tutti gli aspetti comunicativi, verbali e non verbali, della relazione formativa, di intrecciare il piano simbolico degli apprendimenti con la dimensione esperienziale, di creare una “finestra” che apre l’aula alle dimensioni mediatiche e informative della società della conoscenza. Con l’introduzione della lavagna interattiva multimediale forse inizialmente si potranno riscontrare alcune difficoltà legate al fatto che gli insegnanti dovranno capire l’importanza di preparare, direi più propriamente sceneggiare, la lezione per sfruttare a pieno le potenzialità della lavagna digitale. L’insegnante dovrà strutturare la sua didattica e cercare contenuti didattici digitali, immagini, documenti idonei; ma una volta imparato a far ciò, la qualità della lezione e la sua efficacia comunicativa saranno assai maggiori. L’uso della lavagna digitale si accompagna quindi allo sviluppo di ‘biblioteche di oggetti’, di repository, che ancora purtroppo non sono molto diffusi. Gli insegnanti all’inizio saranno chiamati a fare uno sforzo, ma poi tenere la lezione sarà più semplice e gratificante. Con la lavagna interattiva, nell’ambito della classe, i contenuti didattici digitali acquistano nuovo significato all’interno della superficie condivisa di scrittura e manipolazione. Emerge definitivamente il "paradosso" del learning object inteso come unità didattica o risorsa utilizzabile anche al di fuori del contesto in cui è stato creato, e risulta sempre più evidente che il valore didattico di una risorsa digitale dipende non solo dal suo contenuto, ma anche, e soprattutto, dal contesto in cui viene utilizzato. L’attenzione dunque non si concentrerà più solamente su repository di learning object autoconsistenti, ma acquisteranno valore database di immagini, raccolte di file musicali, portali che offrono video, community di docenti in cui vengono scambiati semilavorati, bozze di lezioni, risorse elaborate dai colleghi che andranno a rappresentare un patrimonio di contenuti didattici digitali aperti alle esigenze del singolo docente. Il repository potrà avere dimensioni diversificate: il repository scolastico, quello locale, quello di un gruppo di scuole in Rete, e poi i repository nazionali e quelli internazionali. Il patrimonio di risorse digitali da condividere permetterà lo scambio, l’arricchimento reciproco, il perfezionamento continuo delle risorse per la LIM a disposizione del docente, che diventerà il vero regista che, sottraendosi definitivamente alla dittatura del learning object, concretizzerà sulla lavagna le potenzialità offerte dalle risorse didattiche digitali. Il sipario da strappare La prospettiva che si determina con la lavagna interattiva multimediale ci permette di affrontare infine un aspetto più ampio che è quello dell’apertura, attraverso le ICT, della classe verso un ambiente di apprendimento commisurato al mondo in cui viviamo e delle potenzialità offerte dagli ambienti digitali proposti dai nuovi modelli di 6 e-learning. Uno degli aspetti che caratterizzano il "nuovo" e-learning è quello di essere al confine con i videogiochi e in particolare con quella che può essere considerata la più importante innovazione nei computer-games: i MMORPGs (Multi-Player Online Role-Playing Games), quelli "dove il gioco crea e mette a disposizione l'ambiente" e dove sono i giocatori stessi a inventare il gioco e la sua struttura. In questo senso, l'ambiente di gioco più famoso è Second Life, una realtà virtuale che mette a disposizione "spazi" disegnati e progettati tenendo conto dei cosiddetti "diorama", utilizzati nei principali ambienti di simulazione. Un mondo immersivo, un mondo "sintetico" basato sul learning by doing che dimostra come l'utilizzo delle ICT richieda, per poterne raccogliere la sfida e sfruttarne le reali potenzialità, di andare oltre la scrittura, oltre il testo, intraprendendo nuove strade. Non è un caso che questi siamo gli ambienti più familiari alla generazione dei digital natives che, intrisi del loro mondo, si scontrano col nero dell'ardesia, con il modello trasmissivo, espositivo della scuola. Gli ambienti online mostrano la loro reale efficacia quando entrambe le dimensioni, spazio e tempo, possono essere messe in gioco. Quando però ambedue diventano non modificabili, come nel caso dell'impatto delle ICT in una classe, all'interno dell'orario scolastico, si aprono problematiche del tutto inedite. Il modello dell'elearning tende, per come è impostato, a sovrapporsi alle attività in aula e fatica a trovare soluzioni organizzative efficaci e integrabili all'attività in classe. Per poter sfruttare al meglio e in chiave di reale innovazione le potenzialità dell'e-learning, prima di tutto dobbiamo rovesciare molti dei paradigmi classici e degli standard, e affrontare la progettazione degli ambienti in modo integrato, ponendoci fin dall'inizio il problema degli scenari di utilizzo e di come le due variabili principali, spazio e tempo, intervengono nell'impianto formativo. Le "scuole senza classi" propongono questo tipo di scenari. Assistere gli studenti nelle loro attività di studio e di esercitazione a casa rappresenta un obiettivo dove entrambe le variabili spazio e tempo vengono messe in gioco. Lo studente non viene lasciato da solo con i suoi libri e gli appunti presi durante la lezione, ma viene assistito attraverso la comunicazione in rete, ambienti esercitativi, simulazioni e anche una sorta di "pronto soccorso" telematico con chat, forum e sessioni sincrone. Tutte queste funzioni sono all'interno di un ambiente che consente anche spazi di socializzazione e incontro che permettono all'insegnante - che rimane il responsabile, il regista dell'intero percorso di formazione - di ricevere, su un registro elettronico, il tracciamento delle attività realizzate. L'ambiente online è costruito con criteri che consentono allo studente autonomia nelle attività di studio e di esercitazione, senza tuttavia che questo rappresenti un selfservice, un supermercato dove ogni studente prenda dagli scaffali learning object a uso e consumo personale. Naturalmente la qualità - intesa dal punto di vista del valore aggiunto - che i contenuti digitali riescono a offrire in termini di interazione, manipolazione, ricostruzione dei "contenuti", rappresenta il fattore determinante del successo e dell'efficacia di un ambiente di questo tipo. Senza dimenticare che l'insegnante è sempre il responsabile del processo formativo, controlla i risultati e può differenziare l'offerta formativa e i percorsi in base ai bisogni degli studenti. Lo scenario internazionale dimostra che stiamo entrando in una fase nuova nel rapporto tra le ICT, la scuola e più in generale i sistemi di formazione. Lo sviluppo dell'elettronica, l'abbassamento dei prezzi e le caratteristiche del mercato portano a 7 prevedere una penetrazione sempre maggiore e una diffusione capillare delle tecnologie. Il passaggio delicato è comunque rappresentato dall'ingresso nell'aula, dal rapporto "uno a uno", dalla tecnologia personale direttamente nelle mani di ciascuno studente, una tecnologia che accompagna a casa come a scuola. Quale sarà questo strumento, se una superficie digitale interattiva o un più tradizionale personal computer portatile, un palmare o una nuova generazione di computer-telefonino, molto probabilmente dipenderà da logiche di mercato più che da scelte della scuola. Il mercato della scuola non può essere considerato, da questo punto di vista, un mercato evoluto e il rischio dei "fondi di magazzino" è sempre presente. Da questo però la scuola si difende creando a sua volta "magazzini", aule cioè dove riporre la tecnologia, magari arrivata gratuitamente tramite donazioni o progetti nazionali ed europei. È la porta dell'aula il vero baluardo, il sipario da strappare: le potenzialità sono molte, così come tante sono le opportunità che si stanno aprendo. Il problema è se la scuola saprà coglierle, se potrà essere protagonista di questo sviluppo. 8 Puntoedu Neoassunti 2011/2012 02/06/12 10.45 Benvenuto GIOVANNI NICCO Home | Mio percorso | Classe Virtuale | Portfolio | Community ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI Sei in: Individuare i punti di forza e le opportunità operative delle risorse digitali per la didattica I LO e la didattica: tra realtà e mito R. Maragliano Crediti: 2 SALVA NEL MIO PERCORSO Il problema dei LO viene qui affrontato soprattutto dal punto di vista del contenuto, mettendo in evidenza due problemi: che cosa mettere nei LO (la segmentazione del sapere), in quale forma metterla (l’integrazione dei codici). Le tecnologie digitali e di rete garantiscono una più diretta visibilità di tali problemi, che comunque richiamano grandi e classiche questioni di ordine epistemologico, pedagogico e didattico. Per un verso, dunque, contribuiscono a migliorare le sorti della didattica, offrendole nuove risorse materiali e concettuali, per un altro verso, nel momento in cui garantiscono l’avvio alla soluzione di alcuni problemi (per esempio quello della condivisione delle esperienze) ne aprono di altri (per esempio quello del riconoscimento di una pari dignità dei codici scrittori, visivi, audio, audiovisivi, operativi). Versione scaricabile Versione multimediale Agenzia Scuola © 2012 http://for.indire.it/neoassunti2012/cache/copertina_c.php?lms_id=12186&fond= Page 1 of 1 I Learning Object e la didattica: tra realtà e mito di Roberto Maragliano Premessa Tutte le volte che si parla di formazione, in qualunque contesto ciò avvenga, il tema del “che cosa far apprendere” si presenta, almeno ad un primo approccio, come il più semplice da affrontare. Si dà insomma per scontato che esso non ponga grossi problemi, o almeno che l’impegno di affrontarlo non faccia prevedere così tante insidie come quelle che si pensa siano presenti in temi collaterali, per esempio i temi del “metodo per far apprendere”, del “ruolo da attribuire a chi insegna e/o sollecita l’apprendimento”, del “profilo di partenza e sviluppo da riconoscere al destinatario dell’offerta di apprendimento”. E invece… Invece, quando dalle intenzioni si passa alle azioni connesse al definire il “contenuto da far apprendere” gli ostacoli saltano regolarmente agli occhi, e sovente capita che lo facciano in modo tanto prorompente da pregiudicare la praticabilità stessa delle soluzioni che si era inteso dare agli altri problemi; e così, per un effetto di trascinamento, i buchi rilevati in questa area, apparentemente compatta, rendono ardue da praticare anche le altre. Perché tutto ciò avviene? E perché, ogni volta che capita, ci si sorprende del fatto che avvenga, salvo poi cadere, l’occasione successiva, nello stesso errore e nella connessa dimenticanza? Da dove deriva questa ostinata propensione alla rimozione? E’ il caso di chiarire che gli interrogativi che sto qui sollevando valgono per tutti i livelli del progettare formazione, da quelli macro a quelli micro. Se si parla di scuola, ciò equivale a sostenere che dal parlamento che legifera sul sistema, al ministro che dà indicazioni sui programmi, fino ad arrivare al singolo docente che prepara la lezione per il giorno dopo, tutti tendono a dare per scontata la soluzione del che cosa mettere dentro la cartella dei “contenuti”, salvo poi scontrarsi con la dura realtà del non riuscire a chiuderla, quella fatidica cartella, e darle una consistenza e un ordine interni. Ed è anche il caso di anticipare che una risposta netta a siffatti interrogativi non potrà esser data, qui (né altrove, temo), vuoi perché il tema, di cui vediamo solo la superficie, ha delle radici profondissime, che si vanno a perdere nell’inconscio delle collettività e delle istituzioni educanti, vuoi perché la sua contingenza storica è soltanto apparente, considerato che da quando si dibatte di educazione esso è all’ordine del giorno. Pertanto mi limiterò, in questa sede, a raccomandarne la presa in carico, qualsivoglia soluzione si intenda dare al problema didattico, e a farlo considerandolo come problema destinato, si direbbe per ragioni “costituzionali”, a restare aperto. Il fatto è che la questione del che cosa insegnare/far apprendere non riguarda solo la materia o il pezzo di materia da individuare e ritagliare, non è insomma riducibile ad un problema di sartoria disciplinare, ma mette in gioco rilevanti interrogativi di ordine epistemologico, pedagogico, didattico, tecnologico, che sarebbe ingenuo pensare di trovare risolti avendo deciso di ricorrere a questo o quel marchingegno, materiale o concettuale, per quanto efficace e sofisticato esso sia. Non sembri eccessivo che io richiami questioni così complesse, proprio mentre affronto il compito di sollecitare chi insegna a saggiare le logiche di fruizione e di produzione dei Learning Object. E’ facile immaginare le obiezioni: così facendo, sollevando problemi di ordine concettuale, “accademico”, qualcuno dirà, non si rischia di allontanare gli insegnanti dai LO, invece che avvicinarli? Già la questione tecnica di quegli “oggetti” è di non agevole digestione, non sarebbe dunque il caso di attenuare e lasciare a migliore stagione i dubbi e i distinguo di tipo teoretico? La mia risposta è presto data: se non si sollevano problemi di tale spessore e non lo si fa per tempo, potrà avvenire che l’attrattiva del razionalismo ingegneristico favorisca la rimozione di cui ho detto, e dopo ci si troverà di fronte ad ostacoli insormontabili: e tecnicamente e concettualmente. Così, comunque vadano le cose, non sarà facile sfuggire agli effetti devastanti indotti da problemi di fondo, come quelli sulla selezione/organizzazione dei contenuti dell’apprendimento, che per ingenuità o incoscienza ci si sia trovati ad ignorare o mettere in sordina nella fase di familiarizzazione con i linguaggi e le tecniche dei LO. E’ bene che lo ammetta subito, e lo sostenga a chiare lettere: comunque e dovunque la si voglia affrontare, la questione del “contenuto” su cui esercitare l’azione formativa si presenta come estremamente complessa, costituzionalmente complessa (non solo complicata!), e probabilmente è nel suo destino che non possa essere risolta, se non provvisoriamente e dunque ipoteticamente. Sarebbe un bel passo in avanti riconoscere questo intralcio, da parte di quanti si occupano di simili argomenti, non cedendo dunque all’illusione che esistano soluzioni pronto uso per sbarazzarsene. Le aree di riferimento per l’inquadramento teorico dei LO, così come lo propongo qui, sono: - - - - l’epistemologia, in quanto mette in luce la questione della costituzione dei saperi, cioè la loro consistenza, l’organizzazione interna, i rapporti con l’esterno, ecc.; la pedagogia, in quanto ha a che fare con la doppia relazione che si stabilisce tra i media e i loro utenti, sia nel senso di come ci si abitua ad essi usandoli e interiorizzandoli, sia nel senso di come si lavora a renderli più adeguati alle specifiche esigenze (educarsi ai media, educare i media); la didattica, in quanto non soltanto traduce in pratica l’incontro tra epistemologia e pedagogia ma anche porta una luce nuova su questo incontro, spingendo il dialogo tra contenuto e modalità di presentarlo sul versante della “forma”, cioè della configurazione particolare che il contento assume, nel diventare materia di insegnamento/apprendimento. Sullo sfondo di queste aree, intendo far agire costantemente la questione dei media, cioè di tutto quanto (dalla lingua alle tecnologie materiali) si intermedia nel nostro rapporto con il mondo, con gli altri, con nei stessi. Non seguirò una logica “disciplinare”, elencando i tratti e i problemi di ciascuna area in rapporto al tema dei LO, ma li farò convergere su due questioni portanti (e importanti): la segmentazione, l’integrazione, Illustrandole, se pur speditamente, conto di far vedere come il “semplice” tema dei LO ne richiami molti altri, e di portata bel più ampia di quanto non sospetta chi ne fa soltanto un problema di macchine e di allenamento (delle macchine a rapportarsi al sapere umani, e degli umani a rapportarsi al sapere delle macchine). La segmentazione Nella didattica corrente, la chiave per la segmentazione dei contenuti è fornita da quella che potremmo chiamare la “forma libro”, intendendo, con questa, l’insieme degli elementi che permettono di distinguere un libro da un non-libro. Tra questi elementi ci sarà, ovviamente, un titolo (che fornisce una prima e più generale indicazione di segmentazione del contenuto, isolando un tema, un problema, un fatto da tutto il resto) e un autore (o più autori), ma ci sarà pure una sequenza di esposizione, segnata da un inizio e da una fine (di solito: la premessa e la conclusione), e scandita al suo interno da contenitori, l’uno inglobante l’altro (di solito, andando dal generale al particolare: le parti, i capitoli, i paragrafi). Questa “forma” non è soltanto un aspetto materiale del libro, è anche la sua stessa costituzione identitaria, la struttura e il sigillo che imprime sui saperi. Diventando “libro”, l’esposizione di un sapere acquista di conseguenza un ordine: ha un inizio, ha una fine, ha una sua articolazione interna; non solo, a questi tratti per così dire “spaziali” si è soliti far corrispondere pianificazioni “temporali” (sui tempi della lettura) e “logiche” (su che cosa affrontare prima e con che presupposti, che cosa dopo). Per queste sue caratteristiche la forma libro intrattiene stretti rapporti con la didattica, tanto stretti da risultare talvolta coincidente con essa: il che equivale a dire che si fa un grosso sforzo nel pensare saperi, da importare in campo formativo, che non abbiano la forma della forma libro; e che anche laddove si ritiene di poterne fare a meno, si rischia di ritrovarla, se pur sotto mentite spoglie. Detto in altro modo, tra programma scolastico, curricolo didattico e manuale si registra una corrispondenza formale, e questa è dovuta al fatto che il terzo elemento fornisce la cornice concettuale (quando non anche quella materiale) entro cui si articolano gli altri due. Un altro aspetto del problema generale dell’ordinare i contenuti (e quindi della possibilità stessa di segmentarli) ha a che fare con la logica delle discipline, aspetto su cui il paradigma del manuale non smette di esercitare la sua azione di modellamento. Dalla tendenza a far coincidere la geografia come disciplina e il manuale di geografia raramente si sfugge: non lo fa l’allievo, ma nemmeno lo fa, talora, lo stesso docente, e ciò per via della comodità che questa soluzione offre dal punto di vista della pianificazione degli impegni dell’insegnare, del far apprendere e del verificare quanto appreso. Ma va sempre ricordato, se ci si attiene all’esigenza di tener aperta la via della problematizzazione epistemologica, che l’organizzazione disciplinare vive dentro la storia e vive dei suoi movimenti: non è un assoluto, né per quanto riguarda l’ordine interno di ciascuna disciplina né per quanto riguarda i rapporti che questa ha con le altre discipline (o, ancor più, con il sapere non disciplinare e non disciplinato). In altri termini, ogni disciplina, così come ogni manuale, e ogni loro articolazione interna andrebbe contestualizzata, cioè collocata dentro uno spazio specifico (fatto di idee, conoscenze, di saperi) e dentro un tempo specifico (anche questo fatto di idee, conoscenze, saperi). Così come sarebbe logicamente improprio e didatticamente controproducente adottare, per l’insegnamento della geografia, un manuale di vent’anni fa, allo stesso modo non avrà senso far riferimento ad un’idea di disciplina geografica che non sia al passo con i tempi, e quindi con l’idea (formale o informale) di geografia di cui è portatore il soggetto che apprende. Contestualizzare l’ordinamento disciplinare significa considerarlo contemporaneamente chiuso (fisso, definito, oggettivo) e aperto (mobile, indefinito, soggettivo). Su questo fronte della contestualizzazione (e in particolare dell’apertura) della logica disciplinare dà prova di sé un altro modo di rappresentazione/articolazione del sapere, che potremmo chiamare “forma rete”. Lì non si fa riferimento a territori né a confini definiti, si danno solo nodi (cioè elementi) e legami tra i nodi. E’ nodo un elemento di contenuto, ma è nodo pure chi si pone in relazione con quell’elemento di contenuto. Diversamente da quanto avviene nella forma libro (che tende ad includere solo marginalmente la figura dell’utente/lettore), la forma rete include l’utente come elemento costitutivo. Basti pensare a Internet, che meglio di ogni altro medium rappresenta tale forma: nell’entrare in rete l’utente modifica la rete stessa. Se, dentro la forma libro, è possibile pensare ad un oggetto che modella il soggetto, nel senso di una pagina che, percorsa per bene, metaforicamente si stampa nella testa di chi legge, dentro la forma rete questo meccanismo non è più garantito: il soggetto è portato a personalizzare l’oggetto e quindi a trasformarlo, sia per il tipo di contestualizzazione che gli fornisce (immettendolo nella rete delle sue conoscenze personali) sia per il tipo di modifiche che può introdurre in esso (e di cui altri si potranno eventualmente avvalere). Nella forma rete non si danno ordinamenti stabili, né di livello disciplinare né di livelli inferiori a quello disciplinare. Anzi, è proprio di questa forma non accettare nulla che porti in sé il marchio della fissità: già il digitale introduce nella circolazione del sapere una garanzia forte di apertura (un file, qualsiasi file è materialmente e teoricamente modificabile, se uno dispone del software e delle soluzioni per farlo), tanto più questo avviene nello spazio della rete, dove prevalgono le dimensioni della fluidità, della modificabilità, dello scambio. Va detto che una didattica coerente con la forma rete è ancora in buona parte da definire, in quanto troppo recente è stato l’irrompere di un simile modello di sapere all’interno dei sistemi della formazione e poiché, come avviene in tutte le fase di trasformazione, si tende a leggere la novità secondo le categorie offerte dalla tradizione. Così, può capitare (e regolarmente capita) che per dar conto della rete si utilizzino provvisoriamente le categorie della forma libro, poi rimuovendo il senso di questa scelta di provvisorietà, e che dunque Internet venga vissuto quasi esclusivamente come un’enciclopedia, un luogo dove trovare informazioni, conoscenze, saperi. Al contrario, se assunta adeguatamente suo piano pedagogico, la forma rete dovrebbe poter funzionare come alterità rispetto alla forma libro, non perché si decida una volta per tutte quale delle due è più adatta al compito dell’insegnare e del far apprendere (cosa impossibile, e che, quando praticata, se pur relativamente, si rivela come assurda), ma perché l’una possa avvalersi dell’altra per confermare la sua identità e definire i suoi stessi confini e limiti. Nell’idea di didattica (e di pedagogia e di epistemologia) di cui sto qui dando conto le due forme sono compresenti e dialogano tra di loro, ciascuna riflettendo (in relazione all’altra) sui suoi punti di forza e sui suoi punti di debolezza: la logica di rete aiuta la didattica disciplinare a non pensarsi come un assoluto, la logica del libro aiuta la didattica reticolare a non pensarsi come un movimento inarrestabile e caotico. Oppure, se si vuole, detto in termini astratti, l’ordine e il disordine sono l’uno funzionale all’altro: occorrerà il disordine perché l’ordine si manifesti, occorrerà l’ordine perché il disordine abbia (contestualmente e provvisoriamente) fine. Tutto questo che relazione ha con la questione del LO? Lo si dovrebbe capire: si tratta di una relazione assai stretta. Di fatto i LO si situano all’interno della fase di passaggio di cui ho detto, nel campo di tensioni stabilito dai due poli della forma libro e della forma rete. L’idea di disporre di un repertorio, accessibile sia come fruitori sia come autori, di tessere didattiche liberamente utilizzabili e componibili reca in sé elementi di forza ma anche di debolezza, che vengono dal mix, ancora un po’ forzato, allo stato attuale, delle due forme. Sono punti di forza, almeno per il problema della segmentazione che sto qui trattando: - - la scelta di assumere e praticare, dunque mettere alla prova, tramite comportamenti di gruppi aperti di utenti (fruitori e produttori), dei criteri di scomposizione dei saperi che trovino consenso e legittimità materiale sul piano didattico; la possibilità di far circolare non solo i prodotti di queste esperienze, ma anche le storie (di insegnamento e apprendimento) ad esse collegate; l’obiettivo di una normalizzazione pedagogica della rete. Sono punti di debolezza, sempre per lo stesso ambito di problema: l’ipotesi di una trasferibilità totale dei prodotti dell’esperienza didattica; la separazione degli elementi del sapere dai loro contesti di riferimento, umani e materiali, individuali e collettivi; l’idea di una composizione automatica dei curricoli. Per dirla in modo secco, i LO, se li si vuole intendere come soluzione praticabile al problema dell’articolazione dei contenuti, offrono: - - significativi vantaggi sul piano della pedagogia (per intenderci: della pedagogia dei media, perché contribuiscono a far crescere la familiarità con le nuove tecnologie di rete); vantaggi relativi sul piano dell’operatività didattica (relativi perché non è teoricamente possibile automatizzare la selezione e l’uso di pezzi di didattica, senza che ciò comporti un qualche impegno di personalizzazione); svantaggi sul piano epistemologico (perché autorizzano l’idea che il sapere sia con figurabile come un macro-oggetto divisibile in innumerevoli mico-oggetti). L’integrazione Faccio un passo indietro. Buona parte di quanto troviamo (e usiamo e produciamo) in rete presenta una configurazione multimediale. Che vuol dire? Il termine è usato tanto, e in tante diverse eccezioni, da risultare quantomai ambiguo. Provo dunque a sciogliere l’alone di indeterminatezza che ne accompagna l’impiego. Originariamente, prima dunque dell’avvento del digitale, per “multimedialià” si intendeva, sostanzialmente, la convergenza di più media, cioè di più mezzi utili alla conoscenza e alla comunicazione: circolavano prodotti commerciali di tipo multimediale, dove la convergenza era garantita dal fatto che si presentavano sotto forma di “pacchetti” (per esempio: libro + videocassetta, periodico + disco). Ma già allora c’era chi prestava attenzione a ciò che tale convergenza metteva in luce dal punto di vista della semiosi, della forma del conoscere e dell’esperire, e cioè che a convergere fossero anche i diversi codici veicolati dai diversi media (scritti, visivi, audio, audiovisivi, operativi) e che questo mettesse in gioco nuove sensibilità. Era soprattutto la produzione artistica ad esplorare e presidiare tali frontiere. Con l’irrompere del digitale, e con esso della possibilità tecnica di trasformare qualsiasi tipo di informazione in un codice numerico binario, questa prima accezione ha iniziato a perdere di significato e a cedere spazio di senso alla seconda. In breve ci si è trovati immersi in un nuovo scenario, che è poi quello attuale: non ci sono più (e solo) molti media a convergere, c’è anche (e soprattutto) la convergenza dei molti codici dentro lo stesso medium, il computer; al punto che sarebbe più corretto usare, al fine di indicare il luogo dell’integrazione dei codici, il termine “unimedia”, al posto dell’ormai compromesso termine “multimedia”, che al contrario manterrebbe il suo significato dirompente, addirittura incrementandolo, sul versante dell’epistemologia. Dunque, ciò che è ormai avvenuto sotto i nostri occhi (non sempre sufficientemente aperti e sensibili) è il fenomeno del passaggio di parti importanti (talora addirittura portanti) dell’esperienza di conoscenza e di comunicazione, sia individuale sia collettiva, dalle modalità analogiche a quelle digitali, e ciò ha prodotto significativi effetti sul piano della produzione e fruizione di sapere: per esempio, la convergenza di generi precedentemente considerati autonomi (l’arte/tecnica figurativa, quella musicale, quella letteraria, quella operativa), che trovava eccezioni solo in determinate aree artistiche (si pensi al melodramma come “opera totale”), e la nascita di generi nuovi (l’arte/tecnica virtuale e interattiva). Il settore educativo non può ritenere di uscire indenne da questa radicale trasformazione. O meglio, c’è chi si illude di tenerlo al riparo, ipotizzando un sapere ordinato della scuola (sostanzialmente unicodice, in quanto centrato sull’esclusività della lingua scritta) contrapposto ad un sapere disordinato del mondo (molticodice, e segnato da tutti i possibili connubi). Ma, come ogni persona dotata di senno può agevolmente capire, si tratterebbe di una battaglia contro i mulini a vento, persa fin dall’inizio. Di fatto, il multimedia (inteso come integrazione dei codici) è entrato pienamente nella sensibilità degli individui, in particolare dei giovani: rimuovere questo dato di fatto e non impegnarsi ad affrontare le questioni materiali e concettuali che esso pone sul piano delicatissimo (e socialmente strategico) della formazione, significherebbe rendere sempre più inattuali (negativamente inattuali) e dunque marginali il sapere e il ruolo stesso della scuola. Tanto più che la trasformazione in atto, come tutti sanno, ha tempi rapidissimi, sconosciuti ai media precedenti: computer e rete si sono affermati nel giro di pochi anni, quando radio e televisione avevano richiesto, per affermarsi, qualche decennio, e la stampa addirittura qualche secolo. Dunque, si è cercato di dare delle risposte all’esigenza di far entrare l’universo digitale (e quanto esso induce sul terreno della produzione/riproduzione di sapere) dentro i territori scolastici. Tra le risposte che hanno preceduto la diffusione della rete, due si sono affermate e consolidate, comunque in modo relativo, considerata la scarsa presenza di computer negli edifici scolastici: una per così dire dall’alto, una dal basso. La prima è stata fornita dall’editoria, che si è impegnata a trasferire parte dei suoi prodotti dal supporto libro al supporto disco (floppy, prima, e cd-rom, dopo), senza che con ciò venisse messa in crisi la sua identità di struttura addetta alla produzione e la diffusione di saperi codificati e stampati (in senso lato). La seconda è stata fornita da gruppi di docenti, che si sono impegnati nella direzione di produrre (autonomamente o assieme ai loro allievi) materiali digitali (i cosiddetti “ipertesti”) che, auspicabilmente, riflettessero e quindi convalidassero la dimensione reticolare tipica della mentalità digitale in via di affermazione. L’una e l’altra soluzione hanno avuto scarsa penetrazione nella scuola, e dunque, oggi lo possiamo ammettere, sono fallite, vuoi per delle ragioni tecniche (la carenza di macchine, le limitate prestazioni multimediali di quelle disponibili, la mancata standardizzazione dei formati) vuoi per delle ragioni culturali (l’assenza di modelli coerenti con il nuovo scenario, l’ingenuità di ritenere che bastasse aggiungere suono e immagine ad una struttura testuale per avere multimedia o che fosse possibile passare da una logica testuale ad una ipertestuale soltanto per via materiale, disponendo di un software per creare ipertesti). Ma sul loro fallimento ha anche pesato il fenomeno, dirompente, dell’affermazione della rete, che, al di là di quanto ha garantito sul piano dell’affermazione dell’idea di un sapere sociale intimamente connesso e mobile, ha dato un formidabile impulso allo scambio e alla condivisione delle esperienze (quindi allo sviluppo di pratiche di tipo comunitario) e alla circolazione dei materiali (dunque alla standardizzazione dei formati). E’ dentro questa nuova scena che va collocato il fenomeno dei LO. Esso rappresenta il recupero e la riambientazione degli elementi trainanti dei due fenomeni di cui ho detto prima: la progettazione editoriale multimediale e l’impegno individuale nella realizzazione (non solo nell’uso) di prodotti multimediali, fenomeni che prima erano separati e non comunicanti e ora sarebbero connessi, o meglio potrebbero integrarsi. Il condizionale, ovviamente, è legato al fatto che siamo appena agli inizi di un processo, e sappiamo che il suo affermarsi in una direzione o nell’altra (per esempio: saranno LO soltanto ciò che le aziende editoriali del multimedia forniranno per via commerciale; saranno LO i prodotti commerciali ma anche le produzioni dei singoli, liberamente realizzate e libere di circolare ed essere modificate/personalizzate) dipenderà da molti ed eterogenei fattori: politici, economici, ideologici. Ma al di là di questo problema (che ricorda la questione di cui parlavo prima del convergere materiale dei mezzi e che, provvisoriamente, trova oggi una soluzione operativa nei linguaggi di rete: i LO che circolano meglio e meglio si arricchiscono delle esperienze di chi li usa e li modifica sono quelli che poggiano su di essi) c’è, assai più delicato e impegnativo, quello semiotico, della convergenza dei codici. Qui, il discorso è ancora in buona parte da fare. E si tratta di un discorso delicatissimo, che mette in gioco l’identità del sapere scolastico, fin qui garantita dalla priorità/esclusività del codice scrittorio. Tale garanzia (e, secondo alcuni, è tuttora) confermata dal fatto che la lingua scritta ha dentro di sé le risorse per presentarsi come il più efficace ed economico degli strumenti della metaconoscenza (oltre che di codificazione del significato esplicito di prodotti culturali di tipo non verbale, per esempio nel campo della figurazione o del suono). Ma anche su questo terreno l’irrompere del digitale ha prodotto delle profonde modifiche: poiché è possibile trasformare infinitamente un file sonoro e uno visivo, avrebbe poco senso non domandarsi se questa manipolabilità illimitata non costituisca, a suo modo, un tipo di concettualizzazione pratica, diversa da quella verbale, e non sempre inferiore ad essa (ci sono ottimi musicisti digitali che non sanno leggere la musica e ottimi videoartisti che della storia dell’arte figurativa praticano solo le figure!). E, se ci si pongono simili interrogativi, non sarà arduo approdare alla presa d’atto che quella della “pari dignità dei codici” non può essere una banale formuletta pedagogica ma va intesa come un obiettivo strategico che impegna contemporaneamente il versante epistemologico, quello pedagogico, quello didattico e che chiede di essere perseguito sul terreno del rapporto tra nuovi e vecchi media (e su quello della loro reciproca rimediazione). Certo, i linguaggi di rete (non solo quelli di realizzazione ma anche quelli della resa pubblica sullo schermo) sono ancora fortemente debitori ai codici scrittori, ed è inevitabile che in moltissimi casi, pur in presenza di suoni e immagini, si ricada dentro quella stessa logica che fin qui ha attribuito all’unimedialità scrittoria la garanzia di detenere e diffondere il controllo sul “senso”, sul “significato”. Ma è probabile che quello di cui sto parlando sia una fase, e che altre prospettive si possano rapidamente affermare, anche a livello di produzione individuale: per esempio, la prospettiva di una multimedialità semiotica “piena”, totalmente “immersiva”, quale quella che oggi viene garantita dalla simulazione scientifica di tipo professionale e, sul versante del consumo commerciale, dai videogiochi. Per concludere, i processi dell’integrazione prospettano grandi opportunità e nello stesso tempo grossi problemi all’affermazione dei LO: - - le opportunità sono quelle di uno sviluppo tecnologico che permette di far convergere più codici all’interno di un solo medium e la circolazione nonché la personalizzazione dei prodotti; è bello pensare a repertori aperti di LO multimediali; i problemi sono quelli che non la macchina ma l’uomo, con la sua sensibilità e la sua disponibilità ad accettare le sfide cognitive poste dal multimedia deve proporsi di affrontare; per ora i LO, quelli prodotti dai docenti, meno, ovviamente, quelli dell’editoria commerciale, sono di tipo scrittorio, e lo sono non soltanto materialmente ma anche profondamente e intimamente, sul versante della filosofia del conoscere e dell’esperire. Conclusione Il fenomeno LO si colloca dentro una delle are in cui lo sviluppo per la didattica è visto come strettamente connesso con lo sviluppo dei media. L’obiettivo è di rendere le pratiche della formazione il più coerente possibile con le caratteristiche di novità che sono proprie delle tecnologie digitali e alla telematica: si tratta di novità che hanno a che fare con la riarticolazione disciplinare e semiotica dei contenuti dell’apprendimento/insegnamento, con la ridefinizione in chiave attiva e costruttiva del ruolo di chi apprende, con la possibilità di far condividere le esperienze dell’insegnare e dell’apprendere. Sono in gioco, qui, grosse questioni che investono l’intimo della teoria e della pratica della formazione. Va chiarito, però, che non c’è soluzione tecnica che valga se i problemi, come è in questo caso, sono soprattutto di ordine epistemologico, pedagogico, didattico. E’ però evidente che l’innovazione tecnologica permette, comunque, di avere una vista più diretta e precisa sulla natura dei problemi in gioco. Quella dei LO non è la soluzione dei classici problemi della didattica ma la composizione di alcuni di questi e, nello stesso tempo, l’apertura di nuovi. Puntoedu Neoassunti 2011/2012 02/06/12 10.47 Benvenuto GIOVANNI NICCO Home | Mio percorso | Classe Virtuale | Portfolio | Community ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI Sei in: Individuare i punti di forza e le opportunità operative delle risorse digitali per la didattica Banche dati di risorse educative: un’indagine a livello internazionale S. Baggiani - A. Mochi - INDIRE Crediti: 2 SALVA NEL MIO PERCORSO La presenza sempre più massiccia di banche dati on line di documentazione educativa che offrono un’ampia gamma di servizi all’utenza scolastica, gestite e diffuse dalle autorità educative nazionali, è indicativa del fatto che, in molti paesi, la documentazione è ormai un ambito significativo della politica nazionale nel settore educativo. Versione multimediale Agenzia Scuola © 2012 http://for.indire.it/neoassunti2012/cache/copertina_c.php?lms_id=12187&fond= Page 1 of 1 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.48 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative a cura di S. Baggiani e A. Mochi - INDIRE INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/ Page 1 of 1 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.49 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative Gli standard documentari: dublin core metadata iniziative e learning object metadata Ormai da vari anni il problema degli standard documentari ha investito la comunità internazionale degli “addetti ai lavori” dell’informazione e della documentazione, in maniera ancora più pressante da quando l’utilizzo di Internet si è così largamente diffuso e generalizzato. Sono perciò nate numerose iniziative che propongono l’adozione di una base semantica comune per la descrizione delle risorse informative su web. Fra queste iniziative, la prima e quella, che, finora, ha avuto maggior seguito è quella del Dublin Core (http://dublincore.org/), sviluppata da una comunità di esperti internazionali di vari ambiti disciplinari. Le schede documentarie, unità informative di descrizione sintetica delle risorse educative sul web (assimilabili alle schede catalografiche di una biblioteca) si compongono, infatti, ancora nella maggior parte dei casi, del set di elementi Metadata del Dublin core. Un modello molto più complesso che ha come obiettivo la descrizione di risorse educative digitali, è il LOM(http://ltsc.ieee.org/wg12/files/LOM_1484_12_1_v1_Final_Draft.pdf), acronimo di Learning Object Metadata, a cura di IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers). Appare dunque abbastanza ovvio che l’adozione di uno stesso standard descrittivo (che sia il Dublin core, ancora molto diffuso o il LOM, di più recente generazione) favorisce l’interoperabilità concettuale, anche se non esaurisce tutti i problemi che pone. “Il problema è che spesso ogni banca dati è un sistema a sé, magari frutto di una progettazione creativa degli amministratori, ma che finisce per restare un prodotto isolato. Seguire una certa standardizzazione è ormai necessario, anche se pochi sembrano rendersene veramente conto e anzi la percepiscono come una perdita di libertà”1. 1 PANZAVOLTA S., Indicare, descrivere e comunicare risorse on line, cit. INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1398.htm Page 1 of 1 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.48 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative Introduzione La presenza sempre più massiccia di banche dati on line di documentazione educativa che offrono un’ampia gamma di servizi all’utenza scolastica, gestite e diffuse dalle autorità educative nazionali, è indicativa del fatto che, in molti paesi, la documentazione è ormai un ambito significativo della politica nazionale nel settore educativo. Questa breve rassegna presenta 4 sistemi nazionali di documentazione, tra i più significativi, e i rispettivi modelli di banche dati di risorse educative fruibili on line. L’obiettivo è di evidenziarne l’architettura e il trattamento documentario, attraverso la scelta di standard e criteri che permettano la circolazione, la valorizzazione e la fruizione delle risorse educative, attraverso esempi guidati. INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1397.htm Page 1 of 1 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.50 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative La rete nazionale SCEREN (Services Culture, Éditions, Ressources pour l’Éducation Nationale) La rete nazionale, composta dal Centro nazionale di documentazione pedagogica (CNDP), dai 31 centri regionali di documentazione didattica e dai loro centri dipartimentali e locali, ha acquisito nel 2002 la denominazione di SCEREN (Servizi Cultura, Edizioni, Risorse per l’Educazione Nazionale): cfr. www.sceren.fr.. Questa rete nazionale afferma la sua identità di servizio pubblico, pubblicando prodotti e curando servizi che rispondono ai grandi orientamenti della politica educativa, mettendo a disposizione dei professionisti risorse educative di diversa natura, accompagnando e supportando le arti e la cultura a scuola. Questa “mission” di edizione e di documentazione si sviluppa anche nell’ambito delle TIC. Nel quadro della politica di rilancio e di generalizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a scuola, il CNDP è incaricato dal Ministero della Gioventù, dell’Istruzione nazionale e della Ricerca (www.education.gouv.fr) di creare nuove strutture: un polo nazionale di contenuti digitali per l’istruzione scolastica, un’agenzia per la promozione degli usi educativi e del lavoro collaborativo. Lo SCEREN, ente pubblico sotto la tutela dello stesso Ministero, si articola attorno a tre priorità istituzionali: la padronanza della lingua, lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e le misure di supporto per bisogni educativi speciali. INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1399.htm Page 1 of 1 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.52 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative Banche dati sviluppate dalla rete SCEREN La rete SCEREN mette a disposizione uno spazio dedicato alla ricerca documentaria per tutti i supporti educativi: libri, riviste, video, siti web e documenti da scaricare. Le banche dati sviluppate sono essenzialmente: bibliografiche: letteratura giovanile, riviste educative specializzate, cartoni animati, ecc.; di risorse culturali; di siti web; di documenti scaricabili: brochure amministrative, diplomi e soggetti di esame dell’istruzione professionale, immagini e proposte di oggetti didattici. Per ulteriori dettagli si consiglia di consultare la home page delle banche dati documentarie del SCEREN: www.sceren.fr/outils-doc/. Figura 1: home page delle banche dati SCEREN http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1400.htm Page 1 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.52 In questa pagina, lo SCEREN offre addirittura un supporto metodologico e tecnico a tutti i creatori di risorse web: informazioni e strumenti per descrivere i contenuti e rendere così il web educativo più qualificato, più coerente, a servizio dei suoi utenti (cfr. http://www.sceren.fr/standards/metadonnees/). INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1400.htm Page 2 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.54 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative Educasource: la banca dati di risorse educative on line La banca dati Educasource (www.educasource.education.fr) è una delle 13 banche dati offerte dal SCEREN. Propone risorse educative utilizzabili in un contesto didattico presenti sul web (sono circa 5000 le risorse descritte). Permette agli utenti di eseguire ricerche su una data tematica, per grado, livello e disciplina. Se vogliamo per esempio trovare risorse sul Medioevo da poter utilizzare al secondo anno del collège (classe 5ème), magari per la disciplina “inglese”, è sufficiente digitare la parola “Moyen age” sulla prima stringa di ricerca libera per temi ed incrociarla, selezionando in liste predeterminate, con il livello, il grado e la disciplina desiderati. Vedi esempio che segue: Figura 2: home page della banca dati EDUCASOURCE I risultati si presentano ordinati o per pertinenza o per data di aggiornamento. Viene visualizzato il titolo della risorsa, l’URL, una brevissima introduzione e un link alla scheda documentaria. http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1401.htm Page 1 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.54 Figura 3: esempio di visualizzazione del risultato della ricerca INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1401.htm Page 2 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.55 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative Trattamento documentario delle risorse e modalità di fruizione Il trattamento documentario delle risorse presenti in questa banca dati avviene tramite una scheda documentaria che descrive il contenuto attraverso la classificazione Dewey, i descrittori Motbis (thesaurus della scuola francese) e l’abstract. Sono quindi questi due linguaggi controllati e il linguaggio naturale le chiavi di accesso per la ricerca delle risorse. Di fatto, dalla scheda documentaria è possibile affinare la ricerca selezionando una parola chiave dei linguaggi controllati. Figura 4: esempio di scheda documentaria della risorsa selezionata La scheda documentaria si compone più precisamente di: • Abstract • URL • Riferimenti documentari: -grado -livello -disciplina http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1402.htm Page 1 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.55 -indicizzazione Motbis -classificazione Dewey -natura della risorsa -autore -editore È interessante notare in questo sistema la presenza di indicazioni sulla possibile utilizzazione della risorsa in un contesto didattico che vengono specificate nella categoria della scheda documentaria “Natura della risorsa”. Si può trattare infatti di un’unità didattica, di un oggetto didattico, di uno scambio di esperienze, di materiale per la formazione dei docenti, ecc. La risorsa didattica selezionata deriva dal lavoro di un’equipe pedagogica costituita da 6 insegnanti e da un documentalista che si è riunita mensilmente per insegnare periodo e cultura medioevali coinvolgendo gli alunni in attività varie attraverso gli aspetti storici, culturali, artistici, ma anche matematici, tecnologici e civici. Oltre alla descrizione del processo, la risorsa propone strumenti su questa tematica per le discipline inglese, francese, biologia e tecnologia. Figura 5: home page della risorsa selezionata La risorsa selezionata presenta un’unità didattica interdisciplinare. In questa pagina si descrive il progetto : motivi della scelta origine processo altre discipline implicate oltre la storia risultati finali. INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1402.htm Page 2 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.56 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative Il server tedesco per l’istruzione: Deutscher Bildungsserver Il Deutscher Bildungsserver – DBS, il server tedesco per l’istruzione, è un portale informativo sul sistema scolastico tedesco patrocinato dallo Stato federale e dai Länder che offre informazioni di alto valore qualitativo sul tema “Istruzione”. Come meta-server, il DBS rimanda a informazioni che gli vengono messe a disposizione dallo Stato, dai Länder, dall’Unione Europea, dalle università, dalle scuole, da istituti a livello di Land, da società scientifiche, dai mass media, dalle biblioteche e da altri ancora. Anche i singoli utenti possono contribuire inserendo autonomamente risorse o link a siti web attraverso il pulsante "suggerisci un link" (Link vorschlagen); tali risorse vengono, comunque, verificate da una redazione specializzata prima di essere inserite nel sistema. La sezione centrale del portale è interamente dedicata ad articoli e dossier su argomenti di interesse rilevante in ambito educativo. L’offerta informativa è articolata in ambiti tematici e in offerte indirizzate a utenti specifici. Lo spazio "categorie" (Rubriken), oltre agli spazi dedicati all'informazione, agli annunci di concorsi ed eventi, offre l'accesso alle nuove risorse online (Neu eingetragen). Fra i servizi offerti dal portale tedesco si colloca il Schulweb, un sottoportale per alunni e insegnanti che, come piattaforma di comunicazione, promuove contatti e progetti di collaborazione tra scuole servendosi di chat tematiche e di forum. Schulweb collega le più ampie banche dati delle scuole di lingua tedesca, in Germania e all’estero, dotate di un proprio sito web. INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1403.htm Page 1 of 1 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.57 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative Banche dati sviluppate dal DBS Per avere una panoramica completa dell’offerta del Deutscher Bildungsserver, si consiglia di consultare la home page del sito web: www.bildungsserver.de/ . Figura 6: home page del sito del Deutscher Bildungsserver L'accesso alle banche dati di risorse educative del Deutscher Bildungsserver può seguire più percorsi: già dalla home page, oltre alla ricerca libera su tutte le risorse presenti nel DBS, è possibile effettuare una ricerca avanzata (Erweiterte), mirata a richieste in singoli campi della banca dati, oppure accedere alle risorse attraverso le seguenti sezioni: ambiti tematici, offerte indirizzate a utenti specifici, nuove risorse online. http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1404.htm Page 1 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.57 INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1404.htm Page 2 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.57 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative La banca dati di risorse educative del DBS La banca dati di risorse e progetti educativi Neu eingetragen (http://www.bildungsserver.de/db/) è una delle banche dati offerte dal DBS. è una delle banche dati del DBS che, oltre a evidenziare i link alle risorse inserite nelle ultime due settimane, offre l'accesso a tutte le risorse educative (Alle Onlineressourcen). Quest'ultima banca dati presenta, a sua volta, una suddivisione nei seguenti ambiti tematici: scuola istruzione superiore formazione professionale educazione permanente ed educazione degli adulti educazione prescolare scienza e ricerca educativa istruzione in generale bisogni educativi speciali assistenza sociale/pedagogia sociale. Ciascun ambito tematico della banca dati di risorse e progetti online è suddiviso in ulteriori categorie. Se, ad esempio, entriamo nell’ambito tematico “scuola”, sarà possibile ricercare le risorse di nostro interesse all’interno di: tematiche interdisciplinari matematica e materie scientifiche materie musicali materie pratiche materie socio-filosofiche lingue e letteratura sistema scolastico. Le suddette categorie sono, infine, suddivise in sottocategorie, come si può vedere dalla figura qui sotto riportata: http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1405.htm Page 1 of 3 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.57 Figura 7: home page della banca dati Online-Ressourcen La categoria “lingue e letteratura” contiene 1783 risorse. Tuttavia, è possibile affinare ancora di più la ricerca selezionando un livello ancora più specifico, corrispondente all’interesse dell’utente. Se clicchiamo, ad esempio sulla sottocategoria “italiano”, si otterranno 18 risultati. Figura 8: Esempio di visualizzazione del risultato della ricerca I 18 risultati così ottenuti sono elencati, all’interno della banca dati, in ordine alfabetico e viene visualizzato il titolo, http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1405.htm Page 2 of 3 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.57 ad esempio “A Europe of Tales” e la tipologia della risorsa. Si tratta di un oggetto multimediale contenente fiabe di diversi paesi europei (ad esempio, Islanda, Svezia, Finlandia, Italia, Bretagna) nelle lingue corrispondenti. La risorsa predispone anche strumenti che gli insegnanti possono utilizzare con gli alunni. INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1405.htm Page 3 of 3 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 11.00 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative La rete per i servizi educativi australiana: EdNA Online EdnNa Online – Education Network Australia è una rete a per i servizi educativi che ha come obbiettivo di sostenere e promuovere l’utilizzo di Internet per l’apprendimento, l’istruzione e la formazione in Australia. È strutturata sulla base del curriculum australiano, mette a disposizione, degli insegnanti e degli studenti, materiali didattici gratuiti ed è finanziata dai governi degli stati australiani. Il sistema collega tutti gli organismi responsabili dell’educazione in Australia e i suoi servizi hanno lo scopo principale di creare una vera e propria comunità di educatori online. Gli ambiti di riferimento di EdNA sono le attività di tutte le istituzioni scolastiche, la formazione e l’istruzione professionale, l’educazione degli adulti e l’istruzione superiore. EdNA offre due funzioni principali: una directory sull’istruzione e la formazione in Australia e una banca dati sulle risorse del web utilizzabili in ambito educativo e formativo. Le risorse, le informazioni e le aree dedicate alla comunicazione presenti sul sito di EdNA Online sono a disposizione di tutti e tutti possono contribuire alla sua implementazione segnalando, a loro volta, un sito o una risorsa interessante, offrendo il proprio feedback, partecipando ai forum o diventando membri della comunità per la definizione di metadata. Le risorse presenti nel sistema sono di due tipi: una, costituita dai link a risorse prodotte a livello mondiale da enti culturali e di ricerca; l’altra relativa ai progetti realizzati all’interno di attività di collaborazione sviluppate, con modalità interattive, da studenti e insegnanti. http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1407.htm Page 1 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 11.00 Figura 11: home page del sito di EdNA Online INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1407.htm Page 2 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 11.00 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative Risorse educative a supporto del curriculum Le risorse messe a disposizione da EdNa Online a supporto del curriculum sono facilmente recuperabili: ad esempio, la sottocategoria “curriculum resources”, è a sua volta suddivisa nei seguenti altri argomenti: arte risorse interdisciplinari infanzia inglese educazione fisica e alla salute lingue diverse dall’inglese matematica scienze società e ambiente tecnologia uso delle TIC nel curriculum valori etici e religiosi istruzione e formazione professionale. Ciascuno degli argomenti offre un ulteriore suddivisione in sottoargomenti. La figura sottostante mostra un esempio di ricerca nella banca dati, effettuata all’interno di “scienze”, limitatamente all’argomento “infanzia”. http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1409.htm Page 1 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 11.00 Figura 13: esempio di visualizzazione del risultato della ricerca L’argomento “scienze” risulta dare 86 risultati, ordinati, all’interno della banca dati, in ordine alfabetico. Viene visualizzato il titolo della risorsa, ad esempio “Archive education”, l’URL e la categoria di appartenenza, in questo caso “Scienze, biodiversità, cambiamento e continuità”. La breve descrizione indica che si tratta di una risorsa a utilizzo gratuito, destinata ad insegnanti ed educatori e riferita, in particolare, alla materia “scienze” del National Curriculum inglese. Offre esempi di utilizzo nella pratica educativa, link, idee di progetti interdisciplinari e materiali di supporto. Inoltre, contiene una sezione dedicata ai genitori in cui vengono offerti suggerimenti su come utilizzare questa risorsa con i loro figli, sia a casa che fuori. INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1409.htm Page 2 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.58 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative Le risorse didattiche di Rescol/Schoolnet Le risorse didattiche offerte da Rescol sono suddivise in ambiti tematici disciplinari (“domaines d’études”), risorse per l’insegnante professionista (“coin des enseignants”) e risorse pedagogiche offerte dai Ministeri e organi federali. Figura 15: home page delle risorse didattiche Attraverso la sezione “domaines d’études” si ha accesso alle risorse di Rescol organizzate per ambiti tematici disciplinari, che rimandano ad ulteriori sottotematiche e ad una lista dettagliata di risorse associate. http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1412.htm Page 1 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.58 Figura 16: ambiti disciplinari in cui sono suddivise le risorse didattiche INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1412.htm Page 2 of 2 Indire Edu - unità didattica 02/06/12 10.59 Questo sito è graficamente più gradevole se visto con un browser (Internet Explorer, Netscape, Opera ecc) che supporta gli standard web, anche se è accessibile con qualsiasi browser o dispositivo internet. Scelte rapide: titolo | navigazione principale | continua sezione | testo Materiale di studio Banche dati di risorse educative La rete di scuole canadesi: Rescol/Schoolnet Canada Rescol/Schoolnet Canada è una rete educativa costituita da una partnership tra i governi provinciali e territoriali canadesi, la comunità dei docenti e il settore privato che ha come obiettivo prioritario quello di promuovere l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nell’insegnamento/apprendimento. Questa partnership ha permesso a Rescol di collegare le scuole e le biblioteche pubbliche del Canada a Internet il 30 marzo 1999 - in prima mondiale. In seguito, Rescol e i suoi partner hanno esteso la connessione delle scuole alle aule. È così che nel maggio 2000, quasi mezzo milione di pc sono stati collegati ad Internet nelle scuole canadesi. Rescol mette a disposizione dei suoi utenti un portale istituzionale bilingue (inglese e francese) di reti di scuole canadesi che offre una selezione di più di 7000 risorse didattiche e una rivista on line, Aujourd’hui@Rescol, che informa sulle ultime novità dell’e-learning. INDIRE © 2006 http://forum.indire.it/repository/working/export/435/1411.htm Page 1 of 1 Puntoedu Neoassunti 2011/2012 02/06/12 11.02 Benvenuto GIOVANNI NICCO Home | Mio percorso | Classe Virtuale | Portfolio | Community ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI Sei in: Individuare i punti di forza e le opportunità operative delle risorse digitali per la didattica Progettare Learning Objects come attività didattica S. Penge Crediti: 2 SALVA NEL MIO PERCORSO Da chi devono essere progettati i LO? Che modalità d'uso va immaginata? Che tipo di cambiamento nell'organizzazione del tempo scolastico comporteranno? Non solo gli oggetti didattici e il loro uso, ma l'intero ciclo di vita dei LO può essere pensato come iscritto in un'attività didattica. Un LO va ideato, progettato, realizzato, distribuito e usato: in tutte queste fasi è possibile coinvolgere i soggetti dell'apprendimento: il docente, ma anche l'esperto esterno, lo studente della classe ma anche quello di un'altra scuola. In questo senso non è tanto importante per il docente conoscere e imparare a rispettare uno standard piuttosto che un altro, quanto avere chiari i vantaggi (e gli svantaggi) di utilizzare formati pubblici e aperti nella descrizione dei propri prodotti Versione multimediale Versione scaricabile Agenzia Scuola © 2012 http://for.indire.it/neoassunti2012/cache/copertina_c.php?lms_id=12188&fond= Page 1 of 1 Sommario 1 Introduzione: i Learning Object tra instructional design e costruttivismo............... 1 1.1 Che significa LO?.......................................................................................... 2 1.2 LO e teorie pedagogiche................................................................................ 3 2.Termini chiave dei LO...................................................................................... 3 2.1 Riusabilità ................................................................................................... 4 2.1 Metadati...................................................................................................... 4 2.3 Standard ..................................................................................................... 5 3 Progettare Learning Objects come attività didattica............................................. 7 3.1 Ciclo di vita di un LO..................................................................................... 7 3.2 Dieci punti di partenza .................................................................................. 8 4.Simulazione: un Learning Object filosofico ....................................................... 11 5. Conclusioni ..................................................................................................13 1 Introduzione: costruttivismo i Learning Object tra instructional design e Il termine Learning Object (LO nel seguito) non è tanto nuovo, almeno nell'area anglosassone. Nella bibliografia troverete alcuni testi cui rivolgersi per definizioni formali, o per ricostruirne la storia, che risale a quasi dieci anni fa. Qui ci limitiamo sintetizzare in alcuni concetti generali le esigenze sottostanti la ricerca sui LO per vedere se e come questi concetti possono essere applicati nella didattica quotidiana. Probabilmente, sulla base di quello che avete già letto o sentito, avrete già cominciato a porvi alcune domande relativamente alla progettazione, l'uso e la gestione dei LO: - Da chi devono essere progettati i LO? da autori (esperti disciplinari), da docenti,2 da discenti, da un équipe mista? E come? solo in presenza o anche anche a distanza? - Che modalità d'uso è prevista per i LO? Da chi devono essere usati? Con che mezzi tecnici (lavagna luminosa e proiettore, o laboratorio di pc in rete? internet o CD ?) Che tipo di cambiamento nell'organizzazione del tempo scolastico è implicito nel loro uso? - Qual è il modello di distribuzione dei LO? Ci sarà un solo deposito cui tutti accederanno oppure ogni scuola (o ogni utente) avrà il suo personale deposito? I LO potranno essere modificati o dovranno essere protetti dalla modifica? A chi appartengono i LO? Alcune di queste domande non hanno ancora una risposta; altre vengono discusse nel seguito di questo documento. Ma cominciamo dall'inizio. 1.1 Che significa LO? Innanzitutto Learning Object non è un termine univoco, ma è stato usato in molti sensi diversi. La sintassi inglese permette di lasciare indeterminato se si tratta di oggetti di apprendimento (da apprendere) o per l'apprendimento (che supportano o facilitano l'apprendimento). Qualcuno si è divertito a censire le diverse definizioni 2 Questa domanda porta con sé altre questioni sulle competenze che devono essere possedute dal docente e sulla modalità di acquisizione di queste competenze che sono qui fuori luogo. circolanti e ne ha trovate una quindicina. Viceversa, per indicare piccole unità didattiche digitali sono stati usati termini differenti (object, resource, material, document, unit, element, etc) ognuna con sfumature leggermente diverse. Gli archivi di LO accessibili via web esistenti attualmente (MERLOT, ESCOT, PERINE: vedi sitografia) non fanno che confondere le idee, presentando oggetti diversissimi tra di loro: simulazioni, animazioni, piccoli software ma anche immagini, suoni e testi. Forse il modo migliore per capire i LO è quello di esaminare gli obiettivi principali che dovrebbero (contribuire a) raggiungere secondo i ricercatori che li hanno inventati: 1. pedagogico: consentire la personalizzazione (a livello di composizione di unità didattiche minime) dell'apprendimento3 2. tecnologico: consentire l'automatizzazione nella costruzione di percorsi didattici (attraverso agenti intelligenti o metodi statistici) 3. economico: costruire un mercato di risorse più agile e accessibile di quello della formazione online “tradizionale” Data una situazione a livello mondiale in cui ancora molte persone restano fuori dalla formazione tradizionali a causa dei costi intrinseci, se si riuscissero a definire in dettaglio tutti i curricula per ogni disciplina, espandendo ogni item in un oggetto multimediale digitale, sarebbe possibile per qualsiasi studente – con l'aiuto di una tecnologia non troppo avveniristica, qual è quella dei database – costruirsi il proprio percorso di apprendimento verso una specifica competenza; per far questo basterebbe andare a selezionare le aree di conoscenza mancanti e attivare i materiali didattici relativi a quelle aree attraverso un'apparecchiatura multimediale a basso costo come un personal computer. Il costo d'esercizio di un apparato del genere, una volta messo su strada, sarebbe molto più basso di quello di un sistema tradizionale composta da valutazione di ingresso, preparazione della lezione, fruizione, esame finale. Perché però una macchina possa trovare un documento all'interno di un archivio è necessario che ogni item venga descritto con etichette standard che non soltanto gli assegnano un posto nel curriculum, ma che ne specificano tutti gli aspetti (autore, dimensioni, lingua, data di produzione, etc). Di qui la nascita di standard descrittivi di organismi internazionali come l'IEEE o l'IMS (vedi la sitografia). 1.2 LO e teorie pedagogiche Questa ricostruzione ideale ricorda da vicino il sogno delll'istruzione programmata americana degli anni '50 o la versione “intelligente” degli anni '80, anche se mette l'accento più sulle capacità di autodiagnosi dello studente e meno sulle capacità di gestione autonoma della macchina. Potrebbe essere soggetta – e di fatto lo è stato alle stesse critiche: “l'apprendimento non è addestramento, il contesto didattico concreto ha un'importanza fondamentale, la conoscenza non va semplicemente trasmessa ma costruita”, etc. Si sono criticate l'atomicità e la mancanza di una pedagogia esplicita, o meglio la 3 Scrivono Gibbons, Nelson e Richards (“The Nature and Origin of Instructional Objects”, in Wiley D. (a cura di)(2000) The Instructional Use of Learning Objects, AIT /AECT, http://www.reusability.org/read/gibbons.doc) “Fin dalla sua nascita, l'educazione mediata dai computer ha avuto come obiettivo esplicito quello di creare un'istruzione che fosse: (1) adattabile all'individuo, (2) generata dinamicamente piuttosto che pre-assemblata, e (3) scalabile ai livelli di produzione industriale senza un incremento proporzionale dei costi” (nostra traduzione) presenza implicita di un modello di addestramento, più che di apprendimento. Va però detto subito che un'altra corrente di ricerca pedagogica (quella costruttivista) si è appropriata dei temi e dei concetti sopra esposti e li ha ammorbiditi piegandoli nella direzione della costruzione (collettiva) della conoscenza. Non si tratterebbe più di codificare una volta per tutte lo scibile umano, ma di fornire un accesso ampio, anche via Internet, a materiali didattici costruiti da soggetti diversi e validati, che potrebbero essere inseriti in strategie didattiche diverse, con ruoli diversi, in momenti diversi. E per questo è necessario che gli standard siano sempre più ampi, che comprendano non solo la descrizione del LO, ma anche dei suoi possibili usi concreti. Anche questa versione ha avuto i suoi sostenitori e i suoi detrattori, come vedremo più avanti. E ha suscitato, al momento di essere messa in pratica, alcune questioni: quali tipi di oggetti vanno catalogati? quale deve essere la granularità degli oggetti ammessi? e da chi vanno validati? 2. Termini chiave dei LO Se date un'occhiata ad alcuni dei testi citati in bibliografia, i termini chiave che trovate più spesso nelle discussioni relative ai LO sono sicuramente, riusabilità, metadati, standard. Vediamoli in dettaglio. 2.1 Riusabilità La questione del riuso è quella che troverete citata più spesso tra i vantaggi dei LO. Si usa la metafora del LEGO (anche se più di uno studioso4 ha criticato questa metafora sostenendo che è riduttiva e rischia di far perdere di vista le specificità dei LO, che non possono essere aggregati a caso) per indicare che a differenza dei materiali didattici tradizionali (digitali e non) ogni LO può essere combinato facilmente con altri per produrre percorsi di apprendimento differenti. Da questo punto di vista, diventa cruciale la questione della granularità: più l'oggetto è atomico (un solo concetto trattato, un solo medium utilizzato), più è riusabile. La scheda con le proprietà fisiche di un elemento chimico, una diapositiva di un tritone crestato, un clip audio di qualche secondo con il verso dell'alzavola sono buoni esempi di questo LO “minimalista”. Se il mattoncino Lego della didattica è uno dei concetti più utilizzati per sottolineare la versatilità e la possibilità di personalizzazione, è anche uno dei più criticati, per le implicazioni riduzionistiche che porta con sé: se il sapere viene spezzettato in pillole, si sostiene, non c’è più nessuna garanzia di coerenza, di unitarietà di metodo didattico, di finalità condivisa. L’analisi in termini di Learning Objects sarebbe il corrispettivo del fordismo sul terreno della formazione: segmentare, standardizzare per risparmiare e aumentare la produzione nel tempo. Questa strada porterebbe alla creazione di “supermercati della formazione”, dove ogni cliente riempie il suo carrello di prodotti 4 Per esempio, David Wiley preferisce utilizzare la metafora dell'atomo: “Connecting learning objects to instructional design theory: a definition, a metaphor, a taxonomy”, in Wiley D. (a cura di)(2000). The Instructional Use of Learning Objects, AIT /AECT, http://www.reusability.org/read/chapters/wiley.doc didattici diversi prima di passare alla cassa. E questo introduce alcune riflessioni sulla possibilità (o meglio il rischio) di “guidare” impercettibilmente la ricerca di oggetti didattici in una database per finalità commerciali nascoste, esattamente come avviene con i motori di ricerca su web. Questa visione apocalittica è forse esagerata e ingiusta, ma va presa in considerazione almeno come deterrente al facile entusiasmo di cui si può essere preda nel cominciare a costruire oggetti didattici digitali. 2.1 Metadati Metadati è un termine dal suono esoterico ma dal significato piuttosto banale. Dati che descrivono non il mondo, ma altri dati, cioè dati al quadrato. L'indice di un libro, la quarta di copertina, i titoli di coda di un film o l'etichetta di un DVD sono tutti buoni esempi di metadati. Niente di nuovo, dunque, ma con alcune annotazioni da tener presente: W sono testuali o al limite numerici, anche se si riferiscono a dati di altra natura (audio, video etc). Di qui un primo problema, sulla specificità dei linguaggi: si può davvero descrivere una sinfonia a parole? W si pongono come oggettivi, ma riflettono il punto di vista dell'autore che cataloga: differenti autori potrebbero catalogare diversamente gli stessi dati? W il loro destinatario tipico non è un umano, ma un software di ricerca che ne estragga il contenuto. La loro logica, forse, riflette più la maniera di ragionare di una macchina che quella di una persona... W e la lingua? se molto spesso si dà per scontato che i metadati vadano inseriti nella propria lingua, qualcuno comincia a dubitarne, e ritiene che vada scelta una lingua unica e univoca (l'inglese) per evitare possibili ambiguità. Questo cozza visibilmente contro l'idea che i LO possano essere ricercati, o quantomeno classificati, da studenti non anglofoni. Il motivo per cui i metadati sono importanti e utili nel contesto dell'informazione digitale è che permettono una ricerca molto più veloce di quella che occorrerebbe se si dovesse scorrere il contenuto di ogni oggetto. Naturalmente questo è vero se i metadati hanno dimensioni minori o almeno comparabili dell'oggetto che descrivono e se sono scritti in un formato standard, in modo che i software che li devono scorrere sappiano che forma devono avere le le informazioni che stanno cercando. Il semantic web è un'estensione di questo principio. Se ogni pagina web fosse dotata degli adeguati metadati, i motori di ricerca non sarebbe quel terno al lotto che conosciamo. Se il web fosse costituito da nodi in cui i contenuti e la loro struttura potessero essere catturati indipendentemente dalla modalità di visualizzazione, sarebbe molto più facile recensirlo. D'altra parte il motivo per cui il web è tanto ricco è che chiunque può scrivere pagine HTML facilmente e senza tanti complimenti, ignorando completamente la questione dei metadati. Forzare la produzione di pagine all'uso rigido di standard o linguaggi alternativi (come l'XML) ne ridurrebbe senz'altro la proliferazione infinita; il che potrebbe essere un bene come un male. 2.3 Standard Come abbiamo visto sopra, dei LO si cita di solito l'aspetto di unità minime componibili: riusabilità come economia, come possibilità di assemblamento più o meno automatico. La riusabilità è però direttamente proporzionale alla standardizzazione: la maniera di descrivere i diversi LO deve essere unica perché possano essere combinati in maniera sensata LO provenienti da uno o più database differenti. Lo standard (che consiste in buona sostanza di un elenco di metadati da riempire per ogni LO) risponde cioè a due esigenze: da un lato quella di una catalogazione precisa dell'esistente, dall'altro quella di una facilitazione nella progettazione del nuovo. I primi standard dei LO si sono basati sul Dublin Core, uno standard minimo per la descrizione di documenti digitali oggi molto diffuso, nato nel 1995 in una conferenza a Dublin (nell'Ohio!). Gli elementi definiti nel DC sono 15; li elenchiamo qui perché nella loro semplicità danno un'idea del tipo di domande che si immagina possano essere rivolte ad un archivio di documenti digitali, e perché malgrado la generalità rappresentano un insieme minimo che può essere comunque utilizzato anche nella descrizione dei materiali didattici. 1.Title: il titolo o il nome della risorsa 2.Creator: la persona o l'organizzazione responsabile della sua creazione 3.Subject: l'oggetto trattato nella risorsa, anche tramite parole chiave (keyword) 4.Description: una descrizione testuale della risorsa 5.Publisher: l'ente responsabile della disponibilità della risorsa 6.Contributor: la persona o l'organizzazione che ha realizzato una parte significativa nel contenuto intellettivo della risorsa. 7.Date: la data di creazione o di pubblicazione della risorsa. 8.Type: la categoria della risorsa 9.Format: il formato dei dati e le dimensioni. 10.Identifier: un identificatore univoco della risorsa, la sua URI (l'indirizzo in Internet) oppure l'ISBN (l'International Standard Book Number). 11.Source: informazioni su un'altra risorsa dalla quale la presente è stata derivata. 12.Language: la lingua in cui è scritto 13.Relation: la relazione con altre risorse 14.Coverage: le caratteristiche spaziali e temporali del contenuto descritto nella risorsa. 15.Rights : i diritti cui è soggetta la risorsa5 Anche la standardizzazione, però, è stata criticata come meccanismo che spinge all'uniformità nella produzione, alla riduzione di un materiale didattico ai suo contenuti e ai suoi aspetti esteriori. Va detto che queste critiche possono essere applicate alla “vulgata” dei LO, ma sono forse ingiuste se si riferiscono agli standard risultato di ricerca internazionale sui LO, che da anni cercano di assorbire nelle descrizioni anche gli aspetti contestuali e didattici. Già lo standard dell'IEEE LOM,6 che è nato nel 1997, considera, tra le classi di attributi di un LO, Educational (caratteristiche pedagogiche) e Annotation (note sugli usi educativi della risorsa). Gli attributi di classificazione semantica sono solo uno dei nove gruppi di attributi, ma ce ne sono altri interessanti come Lifecycle (ciclo di vita del LO), Relation (relazione con altre risorse) e Rights (diritti d'uso, che introducono la problematica del diritto d'autore). Lo standard LRMS, che si fonda sul precedente ed è proposto dal consorzio IMS,7 contiene anche un Enterprise Information Model, cioè un modello di gestione standard di autori, docenti e studenti coinvolte nell'utilizzo del materiale didattico. Anche lo standard più conosciuto e criticato per la centralità degli aspetti di 5 Il Dubin Core è in inglese; tuttavia alcuni ne propongono la traduzione nelle lingue nazionali http://ltsc.ieee.org/wg12/ 7 IMS Global Consortium: http://www.imsglobal.org/metadata/index.cfm 6 packaging della conoscenza, cioè SCORM8, è stato rivisto nel 2000 e poi nel 2004 per cercare di catturare all'interno dello standard l'albero delle attività, cioè la sequenza di uso e navigazione tra diversi LO, relativa ad un concreto discente. E' vero che tutti questi standard vengono presentati o come neutri pedagogicamente, o come legati ad una singola teoria pedagogica. Ma l'ultimo standard in ordine di tempo, EML, proposto tra gli altri dalla Open University of the Netherlands,9 tenta di fare il salto in due direzioni: W permette di specificare il modello pedagogico cui si fa riferimento, e quindi supporta implicitamente una pluralità di teorie W include esplicitamente i processi didattici codificati in Units of Learning nelle quali sono descritti i ruoli, le attività, i servizi utilizzati (chat, forum, etc) In questo senso si oppone alla visione atomistica delle cerca di operare ad un livello più generale.10 “unità minime riusabili” e Va detto, infine, che tutti gli standard hanno una stagione d'oro, che è quella della proposta, della discussione, della verifica, della modifica e infine della convergenza. Nel momento stesso in cui uno standard viene ad essere adottato di fatto, esso scompare, o meglio diviene trasparente per l'utente finale. E' quello che è successo per l'HTML: chi oggi produce pagine per il web spesso lo fa senza avere un'idea precisa dello standard del linguaggio che sta usando, ma si affida agli automatismi del software che utilizza (i vari Frontpage, Dreamweaver, Quanta tanto per citarne alcuni tra i più diffusi) per produrre pagine corrette e valide formalmente. Lo sviluppo di strumenti autore per la didattica digitale che contengano cablati uno (o più) standard è una delle attuali frontiere di ricerca. 3 Progettare Learning Objects come attività didattica Il punto di vista che proponiamo in questo documento è meno formale e accademico. Vogliamo capire non tanto cosa sono i LO, ma cosa potrebbero essere e come potrebbero essere funzionali al nostro lavoro di docenti. O meglio: da questa discussione sui LO ogni insegnante può trarre alcuni spunti per lavorare alla produzione e all'uso di materiali didattici digitali in maniera più consapevole, indipendentemente da uno standard specifico, ma in modo tale da rendere il frutto del suo lavoro il più aperto possibile. 8 Sharable Content Object Reference Model: è stato introdotto per raggruppare gli standard precedenti nel 1999 dall'ADL, un iniziativa del Dipartimento della Difesa statunitense 9 http://eml.ou.nl/eml-ou-nl.htm. In realtà, EML è una famiglia di linguaggi che tentano di descrivere semanticamente processi e contenuti didattici attraverso "unità di studio" da un punto di vista pedagogico. Ne sono stati censiti almeno 7: CDF, OUNL EML, LMML, PALO, Targeteam, TML/Netquest e IMS LD. Vedi http://www.cenltso.net/Users/main.aspx?put=196. 10 Con le parole di Scott Wilson (Europe focuses on EML, http://www.cetis.ac.uk/content/20011015103421, 2000) “... gli EML e i LO rappresentano approcci opposti alla questione dell'interoperabilità. Dal punto di vista dei LO, l'interoperabilità dei contenuti è ostacolata dal bagaglio contestuale dell'oggetto: solo eliminando dal contenuto tutti i suoi riferimenti esterni (come il metodo di insegnamento, i ruoli degli studenti e le attività) un oggetto può essere veramente riusabile. Gli EML assumono l'approccio opposto: se le unità sono più grandi (intere lezioni, esercitazioni o corsi) e includono tutta l'informazione contestuale, allora si ottengono componenti di dimensioni consistenti e utili che sono veramente condivisibili e riusabili” (nostra traduzione) 3.1 Ciclo di vita di un LO I Learning Objects possono anche essere intesi non come una forma di confezione perfetta della conoscenza, ma come un principio organizzativo, regolativo, della produzione11 di materiali di supporto ad un'attività didattica (on- o offine), come vedremo più avanti. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la parcellizzazione della conoscenza, ma solo con una buona organizzazione del lavoro e con il rispetto di un generale principio di ecologia digitale: la consapevolezza che potere in futuro riusare quello che oggi nasce come segmento di un corso specifico - in un modo e per degli obiettivi che oggi non possiamo prevedere - dipende fortemente dalla nostra capacità di specificare le informazioni che descrivono il nostro corso in maniera - se non completa - il più ampia e fantasiosa possibile. Non solo gli oggetti didattici e il loro uso, ma l'intero ciclo di vita dei LO può essere pensato come iscritto in un'attività didattica. Un LO va ideato, progettato, realizzato, distribuito e usato: in tutte queste fasi è possibile inserire un plusvalore didattico, a patto di coinvolgere tutti i soggetti dell'apprendimento: il docente, ma anche l'esperto esterno, lo studente della classe ma anche quello di un'altra scuola. In una prospettiva pedagogica di tipo costruttivista, che assumiamo qui, la progettazione di LO non è l'attività di formalizzazione di conoscenze precedenti che devono essere trasmesse (a basso costo, se possibile) al maggior numero di studenti possibile, ma l'attività di far emergere conoscenze da un gruppo di persone, e strutturarle in una forma pubblica tale da garantirne il valore nel tempo. Se gli studenti sono coinvolti nella progettazione del LO (e non solo nel reperimento dei contenuti, o solo nella loro confezione) allora ognuno degli elementi e delle fasi di costruzione avrà una sua importanza didattica: µ Riflettere insieme sui metadati, per esempio, significa lavorare sulla consapevolezza della struttura della disciplina, sulle propedeuticità, sulla disambiguazione, sulle difficoltà della traduzione terminologica, etc. µ Affidare la progettazione dell'interfaccia agli studenti, nel rispetto degli standard per l'accessibilità, significa lavorare sulle diverse abitudini e capacità cognitive di ciascuno. Allo stesso modo va esteso il discorso a proposito degli altri elementi: µ i metadati vanno considerati non solo come chiave per la catalogazione e la gestione automatizzata, ma soprattutto per: µ la personalizzazione (compresa l'eventuale traduzione in altre lingue) µ la modifica e l'aggiornamento futuri; µ la progettazione non deve riguardare solo l'oggetto ma anche il contesto in cui l'oggetto verrà utilizzato: µ indicazioni d'uso (requisiti, ambiente, durata, risultati previsti) µ materiale preparatorio e valutativo (questionari, check list, interviste, etc.); µ la questione dei diritti d'autore non è soltanto legata a quella del ritorno economico (come mostrano gli investimenti attuali di alcuni operatori dell'elearning) ma anche a quella della modificabilità, intesa come garanzia di conservazione di efficacia in condizioni mutate. 11 In questo direzione, anche Alvino e Sarti si concentrano sui design-time LO: vedi il loro Learning Objects e costruttivismo, Atti del Convegno Didamatica 2004, p.761-772, Consorzio Omniacom Ed., Ferrara. 3.2 Dieci punti di partenza Se volessimo riassumere in un decalogo quell che potremmo chiamare “lo standard del buon senso”, potremmo procedere così: 1. Ogni LO può essere almeno immaginato come un elemento autonomo di una struttura più grande. Anche se nel nostro progetto didattico il nostro LO è un unicum, è possibile, per esempio, che in seguito venga inserito in un repository pubblico (vedi sitografia), o per lo meno che venga pubblicato sul web e che sia soggetto ad essere reperito attraverso i normali motori di ricerca. 2. Oltre al titolo, il LO dovrebbe avere una serie di parole chiave che ne descrivano il contenuto e che ne permettano eventualmente l’inquadramento in contesti diversi da quelli in cui è nato. Questo permette ad uno utente diverso da quello al quale l’autore sta pensando in prima battuta (per esempio, uno studente meno esperto, o con diversi obiettivi) di usare comunque proficuamente quel LO. 3. Allo stesso modo, è opportuno annotare sempre la data di rilascio del LO e la versione, e insomma sarebbe buona norma specificare tutte le altre eventuali informazioni che lo definiscono (per quale attività è stato realizzato, per quale target, con quali vincoli, etc). Queste attenzioni permettono tra l’altro di conservare più versioni dello stesso oggetto, adatte ad essere riusate in occasioni diverse. 4. Scegliere un formato dei dati il più possibile pubblico, diffuso e aperto. Se può essere attraente – soprattutto per gli studenti - creare oggetti multimediali animati, che spesso hanno bisogno per essere fruiti correttamente di speciali “plugin” (cioè piccoli software aggiuntivi di lettura), non va dimenticato che il mondo digitale non è così omogeneo, che esistono ancora diversi sistemi operativi (MS Windows, Apple OS, Linux), diversi browser per accedere a Internet (MS Iexplorer, Netscape, Mozilla, Firefox, ...). Inoltre un formato aperto aumenta le speranze di “vita”, cioè di non obsolescenza, del LO. 5. Curare l'interfaccia del LO in modo da tenere in considerazione gli aspetti di ecologia digitale (occupazione di spazio sul computer dell'utente, consumazione di tempo per il suo trasferimento e caricamento, assorbimento di banda nella rete). Se la banda larga è oggi – almeno nelle scuole italiane – alle porte, in un mondo così globalizzato occorre anche immaginare situazioni diverse in cui le risorse non sono infinite. Ogni pacchetto che viaggia sulla rete occupa una parte della banda; molti pacchetti inutili rallentano la navigazione di tutti gli utenti, non solo di quelli che li hanno richiesti. 6. Il rispetto degli standard (interfacce, formato dei dati, etc) non è soltanto adeguamento ad una norma. C'è un aspetto per il quale “standard” non è legato a automazione, ma al rispetto degli altri, dei loro stili cognitivi e delle loro abilità. Molti software oggi consentono ad un non vedente di ascoltare documenti testuali, purché realizzati secondo alcune regole di base. E oltre alle disabilità sensoriali ci sono quelle cognitive, che sono forse (paradossalmente) meno considerate quando si progettano materiali didattici digitali. Una buona organizzazione della logica di navigazione, una titolazione attenta, una scrittura piana e non d'effetto sono atti dovuti verso chi ha bisogno di apprendere.12 7. La manualistica è di solito la parte più carente di ogni prodotto didattico. Perché il LO sia efficace è necessario che sia accompagnato da informazioni parallele, rivolte al suo possibile utente, che ne inquadrano l'uso (da dove cominciare, quali 12 Per una panoramica completa sulla questione dell'accessibilità del web vedi, per esempio, http://www.webaccessibile.org. Per una traduzione italiana delle linee guida del consorzio W3C sulla dell'accessibilità dei siti web, vedi http://www.aib.it/aib/cwai/WAI-trad.htm. Inoltre, l'accessibilità dei siti delle pubbliche amministrazioni è in Italia soggetta ad una recente legge dello Stato : http://www.innovazione.gov.it/ita/intervento/accessibilita.shtml sono i requisiti hardware e software, quali sono i rischi consueti. Questo non significa che la modalità d'uso del LO sia unica e fissata una volta per tutte, anzi: aggiungendo le condizioni al contorno si garantisce a chi voglia utilizzarlo differentemente la possibilità di tenere sotto controllo tutte le variabili contestuali collegate. 8. Il supporto (termine che in quest'ambito sta ad indicare l'aiuto che può essere offerto all'utente) è un altro elemento fondamentale. Dichiarare la propria disponibilità (come singoli o come gruppo) ad aiutare chi desidera utilizzare il LO che abbiamo prodotto è a volte l'elemento che fa la differenza tra un uso produttivo e uno di routine. Questo può essere fatto in molte forme: - attraverso la stesura di FAQ che contengono le risposte alle principali questioni - attraverso la stesura di un rapporto che descrive le esperienze di uso del LO, con aspetti positivi e negativi - con la pubblicazione di un recapito di posta elettronica (possibilmente non personale, per evitare spammig sgradito) - con la creazione di un forum di utenti del LO dove si possano porre domande sul suo uso, o sulla sua progettazione, o sul suo eventuale sviluppo 9. La collaborazione a distanza - che è il passo successivo al precedente - è sempre meno un oggetto di ricerca universitaria e sempre più una modalità di lavoro possibile, grazie alla diffusione di Internet e alla disponibilità di strumenti di collaborazione su web opensource e gratuiti. In questo quadro è sempre più pensabile e anzi auspicabile che un LO venga costruito da più persone (più classi, più scuole) anche non fisicamente vicine, attraverso una divisione del lavoro. 10. Un discorso che stranamente resta spesso fuori dalle discussioni sui LO, ma che è legato a quello sulla collaborazione, è quello sulle licenze e il diritto d'autore. Investire nella creazione di LO può essere un'attività redditizia quando si esce dal domino dell'educational e si entra in quello dell'istruzione tecnica specialistica. Alcuni dei repository (cioè degli archivi di LO) citati nella sitografia hanno una sezione a pagamento. Questa modalità richiede che si rilascino i LO sotto copyright e magari che si introducano dei meccanismi software di protezione dalla copia. L'alternativa a cui si pensa di solito in ambito educational è quella della distribuzione dei LO in forma del tutto libera per usi no-profit: chiunque può prendere e riusare il LO, modificarlo e ridistribuirlo purché non si faccia pagare per farlo. Tuttavia è anche possibile rilasciare il proprio prodotto con una licenza, anche se diversa dal copyright. Oltre alla General Public License13 (che è stata ideata pensando al software) esistono oggi licenze che da un lato permetterebbero la completa e libera modifica di forme e contenuti del LO, dall'altro hanno il fine esplicito di eliminare il rischio che qualcuno prenda il mano il prodotto, lo riconfezioni magari con un nome diverso e lo rivenda, appropriandosi quindi del lavoro di altri. In parole povere, queste licenze (per esempio, FDL14, Creative Commons15) da un lato non vincolano alla gratuità, ma dall'altro obbligano ogni utente a lasciare immodificata la natura aperta e libera del documento. 13 Un piccolo glossario sul tema del software libero e delle licenze GPL lo trovate in http://www.softwarelibero.it/documentazione/glossario.shtml 14 http://www.vincenzov.net/gnu_free_documentation_license_italiano.htm 15 http://www.creativecommons.it/ 4. Simulazione: un Learning Object filosofico Facciamo un piccolo esercizio mentale.16 Immaginiamo di costruire un LO dedicato all'idealismo tedesco, alle sue origini, dedicato agli studenti di un istituto secondario superiore.17 L'obiettivo non è – ovviamente – quello di sostituire un capitolo del libro di testo di filosofia, ma quello di aiutare gli studenti di un istituto superiore a muoversi con facilità attraverso i secoli rintracciando il filo rosso che conduce da Berkeley a Schelling attraverso Kant e Hegel. Il nostro oggetto didattico potrebbe avere la forma di una mappa concettuale, in cui ad ogni nodo corrisponde un nome di filosofo e ad ogni legame il rapporto che lega l'uno all'altro, sia in termini di dipendenza dichiarata, sia in termini di debito culturale. Per ognuno dei nodi potremmo poi costruire un separata pagina HTML che descrive in dettaglio il concetto o i concetti che passano e si trasformano dal pensiero dell'uno a quello dell'altro. Ugualmente, per ognuno dei legami, potremmo costruire una pagina che espliciti in che modo è possibile documentare (o immaginare) una dipendenza concettuale di un nodo dall'altro. Riprendiamo i nostri punti del decalogo: 7 (Indicazioni d'uso) Accanto a queste pagine, scriviamo alcuni spunti di utilizzo del LO, soprattutto se diversi da quello che potrebbe essere immaginato come l'uso “standard” (lettura individuale, studio). Per esempio: 18 W la mappa viene utilizzata come scheletro da riempire con una ricerca W i singoli nodi vengono consegnati agli studenti che devono procedere autonomamente alla costruzione della mappa W l'intero LO viene utilizzato da un gruppo di studenti come supporto ad un lezione in presenza “aumentata” (cioè con supporto di proiettore e schermo) e rivolta agli studenti di un'altra classe W le argomentazioni esposte richiedono una giustificazione in termini di riferimenti ai testi originali che sono lasciate al lavoro sui testi originali W la mappa viene pubblicata su web e si consente a tutti gli studenti (non necessariamente della stessa scuola che l'ha prodotta) di aggiungere commenti, critiche, suggerimenti, etc W etc. etc. 4 (Formato dei dati) Scegliamo di realizzarlo in HTML, un formato oggi universale e trasversale rispetto ai sistemi operativi e alle macchine, anche se non perfettamente standardizzato. 16 L'esempio, per una piena comprensione, richiede un minimo di conoscenze dell'HTML che non possiamo includere qui; tuttavia il discorso generale può essere seguito, crediamo, anche in assenza di queste. E' comquneu possibile reperire abbastanza facilmente sul web le informazioni di base sull'HTM e sui fogli stile, per esempio in questi documenti introduttivi di Dave Ragget, tradotti in italiano da Michele Diodati: http://www.diodati.org/w3c/raggett/overview.asp, e per i CSS http://www.diodati.org/w3c/raggett/style.asp 17 Non si tratta di un'esercitazione vera, ma solo di un "esperimento mentale". Tuttavia, per chi volesse cimentarsi con l'argomento proposto, materiali didattici possono essere reperiti anche in rete: vedi per es. il percorso su Hegel presente sul sito dell'Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche della RAI: http://www.filosofia.rai.it/scuola/percorsi/hegel/hegel.htm 18 Vedi in bibliografia le indicazioni di Corrado Petrucco sull'uso delle mappe nella ricerca su web L'HTML tuttavia mescola gli aspetti di contenuto con quelli strutturali e di presentazione, a differenza di altri formati di file più razionali come l'XML. Questa modalità mista rende difficile per un agente non umano distinguere la forma dal contenuto e quindi effettuare un'indicizzazione e una ricerca. Tuttavia possiamo “minimizzare” i danni di questo miscuglio scegliendo una versione di HTML superiore alla 4 e seguendo con alcune accortezze (vedi infra). 2, 3 (Informazioni sul LO) Curiamo con attenzione le metatag, ovvero le etichette che in ogni documento HTML indicano in maniera leggibile per i motori di ricerca e per i browser alcune informazioni sul documento: <meta http-equiv="Keywords" content="idealismo tedesco, Kant, Fichte, Schelling, Hegel"> <meta http-equiv="Description" content="Come si sono intrecciati tra il XVIII e il XIX secolo le teorie della conoscenza e la metafisica fino a produrre i grandi sistemi filosofici tedeschi"> Potremmo anche usare le metatag in stile Dublin Core (vedi supra): <link rel= "schema.DC" href= "http://purl.org/dc/elements/1.1/"> <meta name="DC.title" content="Origini dell'idealismo tedesco" > <meta name="DC.description" content="I debiti e le dipendenze che legano il pensiero della tarda scuola empirista inglese all'idealismo tedesco, da Berkeley (1710) al secondo Schelling (1841)" > <meta name="DC.date" content="2005-04-07" > <meta name="DC.format" content="text/html" > <meta name="DC.contributor" content="..." > <meta name="DC.language" content="it" > 6 (Standard e accessibilità) Decidiamo di evitare frame e tabelle troppo annidate. Affidiamo tutta la formattazione ai fogli stile (file CSS) e non inseriamo direttamente nel testo gli attributi (es. grassetto: <b>, corsivo: <i>, ...): <link rel="STYLESHEET" type="text/css" href="lo_filosofia.css"> In questo modo gli utenti che non sono interessati alla resa visiva, ma solo ai contenuti, avranno meno byte da scaricare; utenti ipovedenti potranno ingrandire più facilmente il testo utilizzando fogli di stile personali. Associamo ad ogni immagine una descrizione testuale attraverso le tag alt e longdesc, sia per rispetto degli utenti non vedenti che altrimenti non sanno a cosa si riferisce l'immagine, sia di nuovo per facilitare il compito di eventuali software che analizzano la pagina: <img src=”img/kant.jpg” alt=”ritratto di Kant da giovane” longdesc=”ritratto di Immanuel Kant eseguito intorno al 1746 a Konisberg”> Esplicitiamo la destinazione di ogni link (soprattutto di quelli che escono dal nostro LO) e il suo significato con gli attributi title e rel, e assegniamo ad ognuno una scorciatoia da tastiera per gli utenti che hanno difficoltà ad utilizzare un mouse con accesskey. <a href=”kant.html” title=”Immanuel Kant” accesskey="A" tabindex="1">Vai avanti</a> name=”kant” rel=”next” 8 (Supporto) Creiamo un Forum (sul sito della scuola, se è possibile, o su uno dei portali che mettono a disposizione questa funzione) dove possiamo rispondere a domande sull'uso concreto del nostro LO, e ci impegniamo a frequentarlo con regolarità... 10 (Licenze) Esplicitiamo in una nota (oltre che nel pié di pagina di ogni nodo) con quale licenza stiamo rilasciando il nostro LO, ovvero che uso gli altri ne possono fare. Se abbiamo usato materiali di altri, citiamo queste fonti e le relative licenze. Se non lo abbiamo ancora fatto, chiediamo esplicitamente agli aventi diritto la possibilità di riusare il loro materiale all'interno del nostro LO. 5. Conclusioni Sulla base di quanto visto, l'immagine GIF “presa in prestito” da un sito web non può essere considerata a tutti gli effetti un LO, almeno finché non siamo in grado di definirne, per esempio, le condizioni di uso, di modifica e ridistribuzione legali, o finché non possiamo determinare quando e da chi è stata realizzata, a cosa effettivamente intendeva riferirsi, etc. Il che non significa che non può essere usata, ma il suo uso è limitato alla citazione: si può solo riportare tale e quale, senza integrarla e adattarla al contesto didattico in cui stiamo lavorando. Ma tra i due estremi ("tutto è - potenzialmente - un LO", e al contrario "sono LO solo i documenti che rispettano fedelmente lo standard X"), tertium datur: c'è la possibilità di rispettare almeno uno standard "di buon senso" pensando non tanto al rispetto di norme astratte, ma al rispetto delle persone (docenti e studenti) che in un altro luogo o un altro tempo potrebbero riusare i materiali didattici che noi produciamo. Se chi pubblica materiali digitali oggi si mettesse nei panni di chi li vorrà cercare, trovare e riusare, il lavoro didattico di domani sarebbe senz'altro più semplice ed efficace. In questo senso non è tanto importante per il gruppo d'apprendimento (studenti e docenti) conoscere e imparare a rispettare uno standard specifico piuttosto che un altro, quanto arrivare attraverso un processo didattico - che comprende documentazione, riflessione e progettazione - ad avere chiari i vantaggi di utilizzare formati aperti nella descrizione dei propri prodotti. Puntoedu Neoassunti 2011/2012 02/06/12 11.03 Benvenuto GIOVANNI NICCO Home | Mio percorso | Classe Virtuale | Portfolio | Community ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI Sei in: Individuare i punti di forza e le opportunità operative delle risorse digitali per la didattica La tecnologia LIM G. Nulli, L. Parigi Crediti: 2 SALVA NEL MIO PERCORSO Una lavagna interattiva multimediale (LIM) è una superficie per visualizzare e interagire con contenuti multimediali – testi, immagini, animazioni, video, applicazioni software - in formato digitale. La LIM, che per forma e dimensioni richiama la tradizionale lavagna di ardesia, funziona come uno schermo sul quale sono proiettati i contenuti di un computer collegato ad un normale proiettore. Versione multimediale Versione scaricabile Agenzia Scuola © 2012 http://for.indire.it/neoassunti2012/cache/copertina_c.php?lms_id=12189&fond= Page 1 of 1 La tecnologia LIM di G. Nulli L.Parigi 1) Come funziona la LIM Cos’è la LIM Una lavagna interattiva multimediale (LIM) è una superficie per visualizzare e interagire con contenuti multimediali – testi, immagini, animazioni, video, applicazioni software - in formato digitale . La visualizzazione del computer sulla superficie interattiva La LIM, che per forma e dimensioni richiama la tradizionale lavagna di ardesia, funziona come uno schermo sul quale sono proiettati i contenuti di un computer collegato ad un normale proiettore. 1 Dalla lavagna di ardesia alla LIM 2 La LIM e le altre tecnologie di presentazione A differenza degli schermi per la proiezione o dei monitor a grandi dimensioni, la Lavagna Multimediale Interattiva non è solo una tecnologia di presentazione, come quelle utilizzate, anche in ambito didattico, per presentazioni multimediali nelle quali i contenuti – immagini, dati, fatti, testi, animazioni – sono mostrate ad un pubblico di spettatori\uditori. Proiettore e schermo per visualizzare presentazioni multimediali, Fonte Flickr Questo tipo di soluzioni tecnologiche sono pensate per condividere la visualizzazione dei contenuti, ma non consentono nessuna trasformazione della presentazione multimediale. 3 La proiezione interattiva La lavagna digitale è interattiva. I contenuti proiettati sulla LIM “funzionano” esattamente come sul computer: le icone dei programmi presenti sul pc possono essere cliccate, i file selezionati e trascinati, aperti, modificati, collegati, salvati e cancellati. L’interazione sulla lavagna Le interazioni che abitualmente sono eseguite con dispositivi di input come la tastiera e il mouse possono essere realizzate direttamente sulla superficie interattiva. L’operazione eseguita dall’utente “avviene” simultaneamente sulla LIM e sul computer ad essa collegato. 4 Gli strumenti per interagire Esistono modalità diverse di interazione con la superficie interattiva della LIM ed esse dipendono dalle tecnologie adottate dai diversi produttori di lavagne. Tipicamente, l’interazione sulla superficie della LIM è gestita da dispositivi che assomigliano a penne e pennarelli. Questi oggetti funzionano come strumenti per la scrittura e per il disegno ed in alcuni casi sono dispositivi di puntamento che controllano il comportamento del puntatore sulla superficie interattiva. Alcune lavagne utilizzano una tecnologia sensibile con al tocco (touchscreen). Sulle LIM touch screen il dito svolge le stesse funzioni che sono proprie del mouse nel personal computer. Con questa tipologia di lavagne digitali è possibile disegnare, scrivere e interagire con contenuti e software operando sulla superficie della LIM con le dita della mano. Utilizzo del dito come dispostivo di interazione. Fonte Flickr 5 “L’inchiostro digitale” A queste interazioni si aggiungono le attività tipiche che studenti e insegnanti da sempre realizzano sulla lavagna di ardesia: la scrittura e il disegno. La scrittura sulla LIM Sulla LIM questi gesti consueti della scrittura e del disegno sono codificati in forma di “inchiostro digitale”: diversamente dalla scrittura con il gesso, cancellabile, ogni annotazione o tratto sulla lavagna multimediale interattiva può essere salvato, modificato, archiviato e richiamato come avviene per i documenti in formato informatico. 6 2) Il sistema LIM-computer-proiettore Il collegamento tra gli elementi Per funzionare, la LIM deve essere collegata ad un proiettore ed un computer. Il collegamento tra proiettore, computer e lavagna 7 Il collegamento tra pc e proiettore Il collegamento tra computer e proiettore Il collegamento tra il computer e il proiettore consente di visualizzare sulla lavagna i contenuti presenti sul desktop del computer stesso. 8 Il collegamento tra lavagna e computer Il collegamento tra la lavagna e il computer crea un canale di passaggio dati che permette di trasferire l’interazione sulla superficie della LIM allo schermo del computer. Il collegamento tra il computer e la superficie interattiva Questo passaggio è reso possibile da speciali software (driver) che istruiscono il sistema operativo del computer a dialogare con la superficie interattiva. schermata: 9 Il pc sul grande schermo Se proiettore, pc e superficie interattiva sono correttamente collegati tra loro qualunque operazione realizzata sulla LIM, come la visualizzazione di un’immagine o l’utilizzo di un software, “accade” simultaneamente anche sul computer ad essa collegato e viceversa. La proiezione interattiva Se i collegamenti tra lavagna, computer e proiettore sono attivi è dunque possibile utilizzare sul grande schermo tutto i documenti, i files e i software che sono presenti o possono essere memorizzati sul computer. 10 I dispositivi di puntamento Quando si interagisce direttamente sulla lavagna, la penna o il dito o gli altri strumenti che utilizziamo funzionano come dispositivi di puntamento, individuando un punto specifico sull’immagine proiettata sulla superficie. In corrispondenza di questo punto compaiono il cursore o il puntatore, ossia la freccia che tipicamente è associata ai movimenti del mouse in un normale computer. Sulla LIM è possibile utilizzando diversi dispositivi di interazione (penna speciali , dito, etc) 11 L’operazione di allineamento Tipicamente, per ottenere una corrispondenza tra computer e pc, è necessario eseguire una procedura di allineamento tra i due schermi. Grazie a questa procedura il puntatore che, nel computer, indica il punto dello schermo sul quale l’utente sta operando, è controllato, sulla superficie interattiva, dal dispositivo di puntamento: il dito, come nel caso dell’immagine a destra, o la penna. Didascalia: il puntatore (freccia) è allineato al dispositivo con il quale l’utente interagisce 12 Quando l’allineamento è corretto, è possibile selezionare direttamente sulla superficie della LIM l’oggetto che interessa, ad esempio un’icona, un pulsante o una cartella. Se la proiezione non è allineata, la freccia che indica la posizione del mouse è visualizzata a distanza dal punto di azione del dito o della penna. Il puntatore e il dispositivo non sono correttamente allineati 13 schermata: 3) Le principali tecnologie Le tecnologie più diffuse I produttori di lavagne interattive multimediali hanno adottato tecnologie diverse per sviluppare l’interattività dello strumento. Le tecnologie più diffuse sono la resistiva, l’elettromagnetica e la tecnologia ad infrarossi. 14 La tecnologia resistiva Le LIM realizzate con tecnologia resistiva sono superfici sensibili alla pressione esercitata da un dispositivo: il dito, una penna o un oggetto qualsiasi. Una lavagna a tecnologia resistiva I sensori presenti sulla superficie della LIM traducono la pressione esercitata dal dispositivo di puntamento in un segnale che viene interpretato dal computer collegato come input. 15 La tecnologia elettromagnetica Nelle LIM a tecnologia elettromagnetica, invece, l’interazione è possibile grazie al contatto tra una speciale penna (stilo) e una rete di fili elettrici posti sotto la superficie della lavagna. Una LIM sviluppata con tecnologia elettromagnetica. Fonte goldiefeldmanacademy.com Per questa tipologia di LIM, dalla superficie rigida, la penna può essere un strumento attivo, alimentato a batteria, o passivo in grado di alterare il segnale elettrico prodotto dalla lavagna. Tecnologia a infrarossi In questo tipo di LIM l’interazione avviene attraverso l’interruzione di onde ad infrarosso. Questo tipo di tecnologia può essere utilizzato sia con il dito che con uno stilo passivo. 16 Dimensioni e formati della LIM Le lavagne interattive multimediali possono differenziarsi, oltre che per la tecnologia di sviluppo, anche per le dimensioni. La misura delle LIM disponibili sul mercato può variare 48 ai 110 pollici, grandezze che corrispondono tipicamente alla diagonale della superficie attiva, ossia dello spazio utile per creare una proiezione interattiva del computer collegato alla LIM. La dimensione della LIM è comunemente indicata con la misura della diagonale della superficie attiva espressa in pollici La superficie della LIM è generalmente in formato 4:3, proporzione che indica il rapporto tra la base e l’altezza più comune degli schermi per il computer o dei televisori. 17 Alcuni produttori hanno recentemente immesso sul mercato anche lavagne dal formato “cinematografico” (16:9), che consento uno spazio di visualizzazione e interazione più ampio. I diversi formati della LIM 18 4) Proiezione frontale, integrata e retroproiezione La proiezione frontale Le lavagne interattive multimediali possono essere a proiezione frontale, integrata o a retroproiezione. Nelle LIM a proiezione frontale il proiettore è posizionato davanti alla lavagna ad una distanza adeguata per ottenere un’immagine di dimensioni e proporzioni corrispondenti superficie interattiva. La LIM a proiezione frontale si serve di un proiettore che può essere posizionato su uno stativo … Con questa tipologia di lavagna digitale, attualmente tra le più diffuse, è importante scegliere il corretto posizionamento del proiettore rispetto alla LIM e nello spazio dell’aula scolastica. Una soluzione praticata in molte classi è quella di disporre il proiettore su uno stativo che consenta di regolare l’altezza da terra e la distanza dalla LIM. In questa configurazione, tuttavia, il proiettore può subire degli spostamenti involontari, causati dal movimento dell’insegnante e degli studenti nella classe: questo inconveniente rende necessario il riallineamento frequente della LIM. Nell’utilizzo della LIM a proiezione frontale, inoltre, il fascio luminoso emanato del proiettore può essere causa di fastidiose ombre prodotte dalla mano o dal corpo dell’utente che opera sulla superficie interattiva. Questo effetto può essere minimizzato creando un’istallazione a soffitto del proiettore. 19 o fissato sul soffitto La LIM a proiezione integrata Per ovviare ad alcuni problemi tipici del collegamento tra proiettore, pc e superficie interattiva, alcuni modelli di LIM adottano un sistema di proiezione integrato. Il sistema consiste di un “braccio” montato sul lato superiore della LIM nel quale è installato un proiettore con tecnologia grandangolare, adatto ricreare proiezioni di grandi dimensioni a distanza ravvicinata. Una LIM a con proiettore integrato Fonte Flickr Daviddmuir 20 Le LIM a retroproiezione Nelle LIM a retroproiezione il sistema di proiezione è incorporato nel “corpo” della LIM e posizionato dietro alla superficie interattiva. Questo modello di Lavagna Interattiva Multimediale elimina il problema dell’ombra proiettata dal corpo e dalla mano dell’utente sulla superficie e non facilita l’allestimento del setting tecnologico nell’aula scolastica. La retroproiezione è, tuttavia, una tecnologia che presenta costi più elevati rispetto alle proiezione frontale e integrata. 21 5) Gli strumenti software I diversi modelli di lavagna offrono di base delle soluzioni software che sono simili per i diversi produttori. L’offerta è composta da una serie di strumenti che potenziano la presentazione, software autore per la strutturazione di lezioni, strumenti di cattura delle immagini, di registrazione delle operazioni che avvengono sullo schermo (con cattura dell’audio via microfono) e software video lettori che gestiscono le funzioni di scrittura della lavagna (gestiscono, cioè, sul video “l’inchiostro digitale” che viene tracciato). Gli strumenti che potenziano la presentazione sono di varia natura e variano da produttore a produttore, nel numero e nel funzionamento. La caratteristica che accomuna questi strumenti è di essere di per sé semplici, e di funzionare “sopra” qualsiasi altro software si sta utilizzando nel computer della lavagna. I due più diffusi sono il faretto e la tendina. Il primo simula l’effetto di luce concentrata di un faro e oscurare tutto lo schermo, tranne una piccola area. Questo effetto è ovviamente modificabile e adattabile e serve focalizzare l’attenzione di chi guarda nell’area “illuminata”. La tendina serve a scoprire lo schermo (lungo la direttrice verticale od orizzontale). Può servire a non svelare progressivamente l’informazione presente sullo schermo. Lo strumento tendina 22 Lo strumento faretto I software autore sono strumenti per creazione di schermate multimediali che possono essere realizzate prima o durante la lezione. Tipicamente, i produttori di LIM distribuiscono questi applicativi – come, ad esempio, Smart NoteBook, Interwrite Workspace – insieme alla lavagna. Pur differenziandosi in funzione della tecnologia e della licenza d’uso, questi applicativi hanno la funzione di creare strutture lineari di pagine entro le quali sono massimizzate le funzioni di scrittura e presentazione della lavagna, sia con le immagini che con i testi. Attraverso i software autore, i produttori cercano di fare in modo che sia possibile preparare una lezione strutturata da presentare alla lavagna (con la creazione di un file con un formato proprietario) e massimizzare le possibilità di interazione e manipolazione su materiali non propriamente chiusi e completi come una presentazione. Altra caratteristica che tali software hanno è quella di poter fare collegamenti sia ad Internet sia ad altri file, sia alle pagine di cui sono composti permettendo così di creare strutture ipertestuali. Tutti i produttori hanno considerato utile dare la possibilità di salvare lo schermo, o singole porzioni di esso, come immagini. Tale operazione è particolarmente utile nel momento in cui si vogliono salvare passaggi importanti di lezioni. In questo modo i produttori danno la possibilità di arricchire la propria presentazione con immagini di situazioni che avvengono sullo schermo La possibilità di registrare (e per tanto di creare un video) di quanto sta avvenendo sulla superficie della lavagna è una delle altre opzioni che tutti i produttori hanno inserito come possibile: avviando la procedura di registrazione tutto quello che avviene sullo schermo viene registrato. Nel caso in cui si possieda un microfono ambientale collegato al computer, viene registrato anche tale audio. In questo modo è possibile avere il filmato di quanto viene fatto alla lavagna con l’eventuale commento audio. Questo permette la creazione di clip della lezione. Utilizzando i video lettori forniti dai produttori delle lavagne digitali è possibile intervenire scrivendo durante la proiezione di video alla lavagna. In questo modo si possono mettere in evidenza durante la proiezione degli elementi importanti delle singole scene. Siccome tali commenti grafici non rimangono nel video, utilizzando la 23 possibilità di fotografare le schermate, si può salvare il singolo fermo immagine con i commenti grafici, così da poterlo utilizzare come negli appunti della lezione. La scrittura digitale, inoltre, si avvale di altri due potenziamenti software ormai comuni a tutti i produttori, ovvero l’OCR (Optical Character Recognition http://it.wikipedia.org/wiki/Optical_Character_Recognition) e lo sketch recognition. Il primo serve a fare in modo che quello che viene scritto come testo alfabetico venga riconosciuto ed inserito nel software che sto utilizzando come testo. In genere, nonostante i progressi che tali software fanno (specialmente in relazione allo sviluppo dei palmare, dove tali software riescono ad “imparare” la calligrafia dell’utente che scrive di solito) il riconoscimento può non essere particolarmente efficace. Per sketch recognition si intende la possibilità che computer riesca ad approssimare una figura geometrica disegnata rendendola regolare. Tale software è abbastanza efficace, e piuttosto utile per applicazioni di geometria. Anche in questo caso è corretto avvicinarsi a questa funzione con le giuste pretese: se ad esempio si vuole disegnare un triangolo rettangolo si riuscirà, ma se si vogliono fare delle figure precise al centimetro, meglio utilizzare altri strumenti da disegno che, ad ogni modo, ogni produttore di lavagne offre. 24 Sitografia Wikipedia: Lavagna Interattiva Multimediale, <http://it.wikipedia.org/wiki/Lavagna_Interattiva_Multimediale> L’enciclopedia libera Wikipedia dedica una breve voce in italiano alle lavagne interattive multimediali. Per una trattazione più approfondita si rimanda alla voce in lingua inglese: *Interactive Whiteboard* <http://en.wikipedia.org/wiki/Interactive_whiteboard> I principali produttori di lavagne interattive multimediali Hitachi http://www.hitachisoft.de/fr/test/Hitachi_FX-Duo.html Interwrite learning http://www.interwritelearning.com/ Mimio <www.mimio.com> Numonics, http://www.numonics.com/interactivewhiteboardindex.html Polivision <www.polyvision.com> Promethean < http://www.prometheanworld.com/uk/> Sahara <www.sahara-products.com> Smart Technologies< http://www2.smarttech.com> Teamboard < http://www.teamboard.com/ > 25 Puntoedu Neoassunti 2011/2012 02/06/12 11.04 Benvenuto GIOVANNI NICCO Home | Mio percorso | Classe Virtuale | Portfolio | Community ASSISTENTE HELP I MIEI DATI ESCI Sei in: Individuare i punti di forza e le opportunità operative delle risorse digitali per la didattica Posso cancellare? Riflessioni sull’uso della lavagna digitale P. Vayola Crediti: 2 SALVA NEL MIO PERCORSO Nel mio immaginario la lavagna rimanda a due riferimenti che si collocano in fasi molto diverse della mia vita ma entrambi legati alla frase: “Posso cancellare la lavagna?”. Il primo risale agli anni lontani in cui ero studente e si faceva a gara, in classe, per avere l’onore di aiutare la maestra cancellando la lavagna, appunto, perché lei avesse nuovo spazio per scrivere le sue spiegazioni. A ripensarci ora non mi sembra un incarico così significativo eppure era uno dei pochi spiragli di partecipazione attiva, di movimento e di interazione che erano dati a un ragazzino delle elementari dell’epoca. Versione multimediale Versione scaricabile Agenzia Scuola © 2012 http://for.indire.it/neoassunti2012/cache/copertina_c.php?lms_id=12190&fond= Page 1 of 1 Posso cancellare? Riflessioni sull’uso della lavagna digitale di Patrizia Vayola Introduzione Nel mio immaginario la lavagna rimanda a due riferimenti che si collocano in fasi molto diverse della mia vita ma entrambi legati alla frase: “Posso cancellare la lavagna?”. Il primo risale agli anni lontani in cui ero studente e si faceva a gara, in classe, per avere l’onore di aiutare la maestra cancellando la lavagna, appunto, perché lei avesse nuovo spazio per scrivere le sue spiegazioni. A ripensarci ora non mi sembra un incarico così significativo eppure era uno dei pochi spiragli di partecipazione attiva, di movimento e di interazione che erano dati a un ragazzino delle elementari dell’epoca. Il secondo è esperienza quotidiana e recente: finito lo spazio, mi giro verso la classe e pongo la fatidica domanda ricevendo in risposta una serie di “Noo”, “Aspetti”, “Ancora un attimo” e me ne resto lì, cancellino alla mano, fino ad aver avuto il consenso collettivo all’operazione. (blackboard.jpg) Tra i due ricordi intercorrono quasi quaranta anni che, se sembrano essere scivolati sulla scuola senza lasciare traccia, tuttavia hanno modificato profondamente almeno il modo di essere e di conoscere dei nostri studenti, tanto che le indicazioni per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione1 (settembre 2007), prendendo evidentemente atto di queste trasformazioni, recitano: “Nella crescita delle capacità espressive giocano un ruolo importante le nuove tecnologie, il cui sviluppo rappresenta uno dei caratteri originali della società dell’informazione. Esse forniscono nuovi linguaggi multimediali per l’espressione, la costruzione e la rappresentazione delle conoscenze, sui quali è necessario che lo studente maturi competenze specifiche”. E se anche la legislazione scolastica, di solito in ritardo nel registrare i cambiamenti, sente l’esigenza di sollecitare i docenti all’utilizzo delle ITC, vuole proprio dire non si può non tener conto dei mutamenti intercorsi in questi anni in relazione sia alle modalità di produzione e diffusione delle conoscenze sia agli approcci cognitivi dei nostri studenti. 1. Evoluzione delle nuove tecnologie Proviamo innanzitutto a profilare brevemente le tappe dell’evoluzione tecnologica a partire dalla periodizzazione proposta da Antonio Calvani e illustrata dall’immagine seguente2. 1 Cfr. INDICAZIONI PER IL CURRICOLO, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, pag. 49 all’indirizzo http://www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/allegati/dir_310707.pdf 2 L’immagine è tratta dalle slide dell’’intervento Le tecnologie dell'informazione e dell'educazione: cosa possono (e non possono) dare alla scuola attuale e futura di Antonio Calvani. Università di Firenze, LTE (Acireale 2005), consultabile all’indirizzo http://www.bibliolab.it/tecnologie_educative_scuola_file/frame.htm . Una trattazione più esaustiva della periodizzazione può essere letta nel testo Calvani A., Rotta M., Comunicazione e apprendimento in Internet, Erickson, Trento 1999 pagg. 27-28 (evoluzione.gif) L’evoluzione delle TIC parte dagli anni ’70, dedicati prevalentemente della ricerca informatica dalla quale, tra il 1977 (Apple) e il 1985 (IMB), nascono i primi personal computer. Si tratta però ancora di modelli assolutamente arcaici oltre che costosissimi. Per tutti gli anni ’80, di fatto, il pc rimane uno strumento difficile da usare se non si conosce il linguaggio di programmazione e sarà solo intorno al 1990 che diventerà abbordabile sia in termini economici sia per la progressiva semplificazione all’uso consentita dalla nascita di interfacce grafiche (windows 3.1 è del 1992), anche se gli hard disk sono ancora molto piccoli (intorno ai 100 mega) e la grafica essenziale. Ma proprio a colmare questi limiti si applicherà la ricerca degli anni ‘90, che consentirà, in pochissimo tempo, uno sviluppo tecnologico tale da portare all’utilizzo di computer multimediali in grado di gestire immagini e suoni di buona qualità. E’ questo il periodo in cui prepotentemente si affermano gli ipertesti e si comincia a ragionare sulle potenzialità cognitive di questa modalità di diffusione delle conoscenze. In quello stesso decennio si assisterà anche alla progressiva espansione di internet da ristretto circuito culturale legato alle università a fenomeno di massa grazie alla nascita, nel 1990, del World Wide Web e del linguaggio htm. Si sviluppa anche molto la comunicazione interpersonale, attraverso la posta elettronica, ma solo dalla affermazione di sistemi CMS, alle soglie del 2000, nascerà la possibilità di implementare collettivamente piattaforme pensate per la comunicazione a distanza, aprendo il capitolo della formazione on line, perfezionata poi con la predisposizione degli LMS cioè di software complessi e multifunzionali che consentono di progettare e realizzare corsi di formazione a distanza. Insomma l’ultimo ventennio ha conosciuto una espansione senza pari di tecnologie in grado di cambiare radicalmente le modalità di elaborazione e di diffusione delle informazioni e della comunicazione tra le persone. 2. Il web 2.0 Questa disanima non è tuttavia completa perché non contempla una serie di nuovi fenomeni, recentissimi, che si avviano a modificare ulteriormente il rapporto tra utenti e internet e che vanno sotto il nome di web 2.0. Vediamo di focalizzare i più importanti: - la diffusione capillare delle connessioni a banda larga che facilitano la gestione di file anche di grandi dimensioni, come i file audio e video (si pensi a fenomeni come Youtube3 o al podcasting); - la connettività diffusa e delocalizzata grazie all’uso di cellulare o di rete mobile; - lo sviluppo del software necessario per la costruzione e la gestione di wiki (da cui il fenomeno mondiale di Wikipedia4) e blog5 (le occorrenze per la parola BLOG su Google sono 1.760.000.000 tanto che il motore di ricerca ha creato una sezione dedicata alla ricerca di blog6); 3 http://it.youtube.com/ http://www.wikipedia.org/ 5 Per i colleghi italiani segnalo i siti Edublog http://edublog.altervista.org/ e Blog didattici http://blogdidattici.splinder.com/ che consentono di avere un panorama dell’utilizzo didattico di questo strumento 6 http://blogsearch.google.it/ 4 - - la nascita di strumenti che permettono facilmente la comunicazione e la condivisione di file a distanza (come Google Docs7 o EMule8); il fiorire di nuovi software per la comunicazione sincrona vocale e visiva (come Skype9) l’affermazione di diverse modalità di selezione condivisa (folksonomy10) delle informazioni mediante RSS11 o strumenti di Social Tagging come del.icio.us12; la diffusione in rete di ambienti virtuali interattivi e relazionali come Second Life13 che rappresenta ormai un vero e proprio mondo virtuale con più di 9 milioni di “residenti”14 che organizzano negozi e feste, ma anche gruppi di discussione e di approfondimento culturale oltre che di impegno civile e politico. la presenza di giochi di ruolo da giocare nel web che raccolgono attorno a sé moltissimi utenti15 (slife.gif) 7 http://documents.google.com/support/spreadsheets/ http://www.emule-project.net/ 9 http://www.skype.com/intl/it/helloagain.html 10 Per una definizione del termine cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Folksonomia 11 Per una definizione del termine cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Really_simple_syndication 12 http://del.icio.us/ 13 http://secondlife.com/ 14 All’indirizzo http://www.secondlife.com/whatis/economy_stats.php sono fornite le statistiche delle iscrizioni e degli accessi che consentono di avere un quadro dell’entità del fenomeno. 15 Per una prima informazione argomento si confronti la voce MUD di wikipedia all’indirizzo http://it.wikipedia.org/wiki/Multi_user_dungeon 8 Grazie a questi fenomeni il web si è trasformato da puro deposito di contenuti a strumento per la produzione, il recupero e, soprattutto, la condivisione di risorse che sono sempre più multimediali e interattive, erodendo il confine tra produttori e fruitori di cultura e inverando la previsione di Levy che invitava a pensare al web come a un’intelligenza distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta ad una effettiva mobilitazione delle competenze16. Ed in effetti si sono fortemente allargate anche le diverse tipologie di comunità virtuale che, sebbene siano un fenomeno vecchio, che risale agli anni ’90, negli ultimi anni hanno visto una crescita esponenziale proprio grazie alle nuove opportunità comunicative, aggregando persone che spesso non hanno alcuna relazione nella vita reale per seguire interessi, approfondire temi o problemi connessi alla professione o agli studi, portare avanti idee o semplicemente per giocare insieme. E’ evidente che un contesto come quello presentato non può non interagire con le modalità di conoscenza e di comunicazione delle giovani generazioni. 3. I digital native Secondo il Rapporto annuale 200617 del Censis, il 37% degli italiani utilizza Internet almeno una volta alla settimana, il che fa supporre che abbia a disposizione, a casa o sul luogo di lavoro, un computer. Questo dato è interessante per attestare il grado di penetrazione delle tecnologie informatiche in Italia: più di un italiano su tre usa regolarmente il pc ed ha quindi maturato competenze al riguardo. Se però confrontiamo tali risultanze con quelle offerte dalla ricerca Teenagers 200618 realizzata dalla Doxa, scopriamo che l’81% dei ragazzi dai 14 ai 18 anni utilizza quotidianamente il computer a casa e/o a scuola. Quindi, anche senza considerare quanto questo secondo dato abbassi percentualmente la soglia del primo, lo scarto tra 37 su 100 e 81 su 100 ci fa riflettere su quanto forte sia la differenza tra l’uso adulto e quello giovanile delle nuove tecnologie. Bisogna inoltre considerare che da una ulteriore ricerca risulta che il 51% degli studenti utilizza congiuntamente il web e i libri per i compiti a casa e il 17% trascorre in rete più della metà del tempo dedicato all’apprendimento (percentuale che sale al 31% all’Università e al 36% tra gli studenti lavoratori19). Non ripensare all’insegnamento aprendolo alle potenzialità offerte dai nuovi strumenti informatici significa perciò allontanare ancora di più la scuola dall’universo esperenziale degli studenti che ormai, data la fascia d’età che siede sui nostri banchi, sono a tutti gli effetti nativi digitali20 e considerano il computer parte integrante della loro esperienza di vita. 16 P. Levy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 1996, pag. 34 17 Cfr. http://www.censis.it 18 Cfr. http://www.doxa.it/idee/docs/Somedia_Teenager2007.pdf 19 Studiare con il pc: un indagine AIE docenti, ricerca commissionata dall’Associazione Italiana Editori, Bologna 2006 20 Per un primo approccio al concetto di digital native si guardi il breve video proposto nel corso dei lavori del Convegno Internazionale New millennium learner, organizzato da Indire, a Firenze, il 5-7 marzo 2006, http://www.indire.it/convegno/nml/_file/ (ciccare sul video della 1^ Sessione); sempre su questo tema si confrontino anche Digital Natives, Digital Immigrants di Marc Prensky all’indirizzo http://www.marcprensky.com/writing/Prensky%20%20Digital%20Natives,%20Digital%20Immigrants%20-%20Part1.pdf e Do They Really Think Differently? dello stesso autore all’indirizzo Dunque il digital divide non è solo quello che separa i paesi industrializzati dagli altri ma anche quello che taglia trasversalmente il “mondo occidentale” segnando un ben marcato confine tra generazioni. Agli adulti che, se non specificamente formati, si accostano al computer con molti timori e altrettante riserve, si contrappongono perciò i cosiddetti digital natives cioè quella fascia d’età che è nata già nell’era digitale e che quindi ha imparato contemporaneamente a leggere, a scrivere e a usare il pc. (wifi.gif) Questo ovviamente non vuol dire che la cultura del libro e dell’approccio alla conoscenza che esso propone siano superate o superflue: indubbiamente il pensiero logico-deduttivo si consolida proprio attraverso questo strumento. Il problema però è che il libro non può più essere il punto di partenza ma semmai il punto di arrivo del processo di formazione culturale dei nostri studenti. Ragazzi che vivono l’esperienza di videogiochi in 3D, che navigano in internet con disinvoltura, che frequentano mondi virtuali come Second Life, che producono e si scambiano filmati in Youtube, che gestiscono con competenza il proprio weblog devono poter trovare spazio anche in ambito scolastico per sistematizzare il tipo di conoscenze e di competenze che acquisiscono in questo modo e, ancora di più, devono essere guidati a scoprire le eventuali misconoscenze o le semplificazioni che questo tipo di approccio non sistematico alla cultura può produrre21. La scuola, come sappiamo, è sempre meno il luogo che fornisce conoscenze inedite mentre invece resta quello in cui si verifica e si riconduce a sistema l’enorme massa di frammenti di sapere che già i media ci forniscono. http://www.marcprensky.com/writing/Prensky%20%20Digital%20Natives,%20Digital%20Immigrants%20-%20Part2.pdf 21 Sugli effetti cognitivi dell’utilizzo delle nuove tecnologie si confronti il saggio di Henry Jenkins Confronting the Challenges of Participatory Culture: Media Education for the 21st Century all’indirizzo http://www.digitallearning.macfound.org/atf/cf/%7B7E45C7E0-A3E0-4B89-AC9CE807E1B0AE4E%7D/JENKINS_WHITE_PAPER.PDF ; sempre dello stesso autore può essere utile la sintesi delle sue tesi contenuta nel blog curato dallo studioso all’indirizzo http://www.henryjenkins.org/2006/11/eight_traits_of_the_new_media.html ; sempre sullo stesso argomento è possibile anche consultare la prefazione al libro di Jenkins Cultura convergente, Apogeo, Milano 2007 all’indirizzo http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/culturaconvergente.htm Proprio la comparsa di tutti gli strumenti che abbiamo elencato sopra sta infatti portando ad un complessivo ripensamento della didattica a partire dalla constatazione che la formazione istituzionale, offerta dalla scuola o dalla stessa università, ormai rappresenta solo una delle molteplici occasioni di per imparare e, tutto sommato, anche una delle meno gradite ed efficaci. L’apprendimento non formale, stimolato da bisogni culturali o lavorativi, e l’apprendimento informale (cioè esperenziale e originato dalle mille occasioni di confronto e di scambio che quotidianamente si realizzano) appaiono molto più stimolanti e risultano spesso anche più efficaci e duraturi. Insomma la formazione istituzionale è sentita come sempre più divergente e costrittiva rispetto alle possibilità di conoscenza offerte dalle altre molteplici agenzie formative messe a disposizione dal territorio o dai media o dal web; non solo, secondo Marcia Conner22, tanto per citare uno degli studiosi che si stanno occupando del fenomeno, è anche quella che ottiene risultati inferiori in termini di apprendimento. (informal.gif e informal1.png) Le nuove modalità di approccio alla conoscenza, infatti, non possono non avere influssi anche sugli stili cognitivi: i digital natives fanno perciò parte, come afferma Vim Veen di una nuova “specie”, l’Homo Zappiens23 il quale ricerca e impara secondo modalità nuove forgiate, appunto, dall’uso dei nuovi media. 4. La scuola e le TIC Chiedersi se ciò sia un bene o un male vuol dire ormai porsi una domanda oziosa, visto che ci si confronta con un dato di fatto; è invece necessario capire che la diversità di approccio cognitivo che l’utilizzo dei nuovi media comporta non deve essere considerata solo artefice della diminuzione delle tradizionali abilità logiche, come spesso si ripete, ma piuttosto essere interpretata anche come volano per la comparsa e l’affermazione di competenze e di modalità di conoscenza e di 22 Si confronti, in proposito, l’intervento del 2005 di Marcia Conner, Informal learning all’indirizzo http://www.agelesslearner.com/intros/informal.html ; la suddivisione proposta è stata ripresa anche da Giovanni Buonaiuti nel testo E-learning 2.0, Trento, Erickson 2006 pp. 50-52 23 Si vedano, a questo proposito, le slide dell’intervento del prof. Wim Veen al Convegno internazionale New millennium learner, organizzato da Indire, a Firenze, il 5-7 marzo 2006, http://www.indire.it/convegno/nml/_file/0_daysbefore/VEEN.pps rappresentazione della realtà diverse ma non meno ricche e complesse e anzi più adatte per una società che comunica in modalità prevalentemente multimediali24. Se questo è lo scenario, è altresì evidente che non è possibile coinvolgere questo target di studenti nelle attività didattiche tradizionali secondo le metodologie consuete, ma bisogna ripensare modalità e strumenti in modo da intercettare i nuovi stili cognitivi. Come sappiamo, la frontalità della lezione classica, di tipo simbolico-ricostruttivo25, che distribuisce oralmente concetti complessi nella struttura e nei collegamenti non fa più la necessaria presa e non produce apprendimento significativo. Di qui la necessità, come ci insegnano le teorie costruttiviste, di centrare l’attenzione sullo studente, strutturando occasioni ed esperienze che stimolino l’apprendimento e aiutino ad essere consapevoli del processo attraverso cui si costruisce la conoscenza e 24 Consiglio, a questo proposito la lettura del volume appena uscito di Steven Johnson “Tutto quello che fa male ti fa bene” Milano, Mondadori 2007 che, al di là del taglio provocatorio, propone una serie di interessanti riflessioni sulle nuove modalità di apprendimento. Se ne propone, a titolo di esempio, un passaggio paradossale che però permette di leggere, per antitesi, i luoghi comuni che solitamente accompagnano le lamentazioni sulle trasformazioni cognitive degli studenti. Nel brano riportato si immaginano le reazioni, da parte dei docenti, all’introduzione del libro come strumento didattico in una scuola che ha fondato tutte le sue strategie educative sull’utilizzo delle ITC: “Leggere libri sottostimola cronicamente i sensi. A differenza della lunga tradizione dei videogiochi – che assorbono il bambino in un mondo vivido, tridimensionale, pieno di immagini in movimento e paesaggi sonori, che si esplora e si controlla attraverso complessi movimenti muscolari – i libri sono semplicemente un’inutile striscia di parole su una pagina. Durante la lettura viene attivata soltanto una piccola parte del cervello dedicata all’elaborazione del linguaggio scritto, mentre i videogiochi impegnano l’intera gamma delle cortecce sensoriali e motorie. I libri inoltre portano tragicamente a isolarsi. Mentre i videogiochi da anni impegnano i giovani in complesse relazioni sociali con i loro coetanei, che costruiscono ed esplorano mondi insieme, i libri costringono il bambino a rinchiudersi in uno spazio silenzioso, lontano dall’interazione con altri bambini. Queste nuove “biblioteche” che sono sorte negli ultimi anni per facilitare le attività di lettura sono spaventose alla vista: decine di ragazzini, normalmente vivaci e socialmente interattivi, seduti soli in degli stanzini, a leggere in silenzio, incuranti dei propri coetanei. Molti bambini amano leggere libri, ovviamente, e di certo alcuni voli di fantasia trasmessi dalla lettura hanno i loro meriti. Ma per una considerevole percentuale della popolazione, i libri sono assolutamente discriminatori. La mania della lettura degli ultimi anni è una crudele derisione per i 10 milioni di americani che soffrono di dislessia: una condizione che non esisteva nemmeno in quanto tale prima che il testo stampato facesse la sua comparsa a stigmatizzare chi ne è affetto. Ma forse la caratteristica più pericolosa di questi libri è il fatto che seguono un percorso lineare fisso. Non è possibile controllarne la narrazione in alcun modo: ci si siede semplicemente in disparte e la storia viene imposta. Per chi di noi è cresciuto con la narrazione interattiva, questa caratteristica può sembrare incredibile. Perché dovremmo imbarcarci in un’avventura totalmente preparata da un’altra persona? Eppure la generazione di oggi lo fa milioni di volte al giorno. Questo rischia di instillare una passività generale nei nostri figli, facendoli sentire impotenti di cambiare gli eventi. Leggere non è un processo attivo, partecipatorio; è un processo remissivo. I lettori di libri della generazione dei giovani stanno imparando a “seguire la trama” invece di imparare a condurla.” (pagg. 22-23) 25 Cfr. Francesco Antinucci, Simulazione e computer a scuola, http://www.trovarsinrete.org/antinucci.htm dell’integrazione del nuovo sapere con quelli già posseduti che vanno quindi risistemati o corretti. Le ICT, così familiari agli ragazzi, diventano quindi strumento ideale per questo tipo di didattica26 che non solo permette di agganciare le esperienze scolastiche a quelle extrascolastiche ma anche consente alla scuola di svolgere la fondamentale e insostituibile funzione di elevare a competenza le abilità che gli studenti hanno nell’uso delle nuove tecnologie delle quali spesso gli insegnanti sopravvalutano la portata e la profondità. 5. La LIM In questo quadro si inserisce l’uso della Lavagna Multimediale Interattiva, strumento nuovo ma che si sta rapidamente diffondendo nelle scuole italiane, anche grazie alla formazione DiGi Scuola27 promossa lo scorso anno dall’ex I.N.D.I.R.E. oggi A.S. in collaborazione col Ministero della Pubblica Istruzione e il Ministero per le Riforme e l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione28. (grecia1.jpg) 26 Si confronti, a questo proposito il saggio di Antonio Calvani Quale ruolo possono giocare le TIC sui processi di apprendimento? all’indirizzo http://cmapspublic.ihmc.us/servlet/SBReadResourceServlet?rid=1076404387390_878955072_ 2204 27 Cfr. DiGiScuola , Lo scenario del progetto e i temi della formazione, di Elena Mosa http://www.csacagliari.it/digiscuola/formazione_2/elena_mosa.ppt 28 Altre significative esperienze sono state portate avanti, nell’ultimo biennio, anche dall’USR Lombardia (che dà conto dell’esperienza nel sito all’indirizzo http://serverscuola.cefriel.it:8080/reti-scolastiche/LIM/ ) e dall’USR Emilia Romagna che ha organizzato sul tema un Convegno Nazionale nel maggio 2007 i cui atti sono disponibili all’indirizzo http://scuola8.scuole.bo.it/index.php La lavagna bianca (interactive whiteboard, come è anche chiamata) è in pratica un monitor di grandi dimensioni, collegato ad un computer e ad un videoproiettore, che consente di visualizzare, su grande schermo, le applicazioni presenti sul pc gestendo quindi, con semplicità, non solo file di testo ma anche immagini, suoni e video digitali oltre che, ovviamente, la navigazione nel web. Il valore aggiunto risiede nel fatto che alla LIM si accompagna un software specifico che rende la sua superficie touch screen e che quindi consente di aprire file e programmi o di spostare oggetti col semplice tocco delle dita. Esistono inoltre altre funzionalità che permettono di registrare tutto il flusso delle azioni che si realizzano sulla lavagna, di catturare schermate o fotogrammi e di rielaborarli, di evidenziare in vario modo singoli elementi sui quali si vuole soffermare l’attenzione, Allo stesso modo, grazie a appositi “gessetti digitali”, è possibile scrivere e cancellare come sulla normale superficie d’ardesia29. Inoltre tutto ciò che si è prodotto sulla lavagna nel corso della lezione può essere salvato sia in vista della prosecuzione del lavoro in ore successive sia per distribuire agli studenti i materiali realizzati. Insomma con la LIM le tecnologie multimediali interattive fanno pieno ingresso in classe. 6. I valori aggiunti E’ chiaro che l’utilizzo della LIM ha senso quando essa offre valori aggiunti alla normale didattica d’aula. Proviamo ad analizzarne i vantaggi rispetto alla didattica tradizionale. 6.1 documentazione e trasferibilità Come si diceva, tutti i file predisposti per la LIM e manipolati o quelli creati direttamente sulla sua superficie possono essere salvati sia come file statici, sia come registrazioni video, o audio-video, del processo che si è realizzato nel corso dell’attività in classe30. Questa possibilità favorisce la documentazione didattica, aspetto del lavoro degli insegnanti tanto importante quanto solitamente ignorato, ma anche l’utilizzo, in altro contesto o in anni successivi, del materiale già elaborato, e facilita infine la condivisione dei propri prodotti con colleghi della stessa disciplina, aumentando le possibilità di confronto e di collaborazione e riducendo progressivamente il tempo di preparazione degli interventi didattici. 6.2 studio e metacognizione La possibilità di distribuire agli studenti i file dell’intera attività svolta in classe facilita sia lo studio domestico sia la metacognizione perché permette di rivedere con tranquillità tutti i passaggi delle attività realizzate a scuola. Questa sicurezza fa sì che anche in classe i ragazzi prestino più attenzione al processo di costruzione dei significati, all’interazione con i compagni e con il docente e all’integrazione 29 Per avere una presentazione generale sulle funzionalità della LIM si può consultare il video all’indirizzo http://www.indire.it/convegno/nml/_file/ (2^ Sessione); per avere un quadro delle modalità di utilizzo si veda il filmato all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=DjdNPMZJbLs ; per vedere alcuni esempi d’uso di vari tipi di LIM si guardino i video ai seguenti indirizzi: http://www.youtube.com/watch?v=zGxTCZ665vs , http://www.youtube.com/watch?v=6jOelYYjN_k , http://www.youtube.com/watch?v=4nYk8mJGQ4I 30 Vedi, a proposito di video, la registrazione di un frammento di lezione sulle parole chiave della Costituzione italiana. SCARICA ALLEGATO (17 Mb) consapevole di ciò che stanno imparando e sperimentando con le loro conoscenze pregresse sul tema. Il fatto di poter predisporre materiali organizzati per la lezione consente inoltre al docente di proporre esercizi e di preparare, nel contempo, una pagina con le soluzioni corrette, in modo da restituire un feedback immediato con ovvi vantaggi sul piano della consapevolezza/correzione degli errori, facilitando, nel contempo, la verifica formativa in itinere. 6.3 leggibilità e gestione del tempo Il fatto di predisporre i materiali preventivamente consente anche un notevole risparmio di tempo aumentando, reciprocamente, quello da dedicare alle vere e proprie attività didattiche e offrendo sempre materiali ad alto grado di leggibilità e di chiarezza magari divisi su più pagine da scorrere sullo schermo. Il grado di fruibilità favorirà la chiarezza e consentirà di richiamare con facilità passaggi che sulla lavagna tradizionale sarebbero già scomparsi per far posto ai successivi. 6.4 uso di software e connettività La lavagna multimediale interattiva, come si diceva, è prima di tutto un’amplificazione dello schermo del computer e quindi consente di utilizzare qualsiasi software installato sul pc (da quelli per la scrittura digitale, a quelli per la costruzione di mappe concettuali, a quelli per la gestione di test interattivi, a quelli specifici per le diverse discipline soprattutto scientifiche) e anche di accedere ad internet potenziando così in modo esponenziale la disponibilità di materiali da cui attingere per sviluppare le proprie attività didattiche. 7. Le specificità della LIM I vantaggi appena illustrati sono indubbiamente significativi ma non danno ancora conto dei caratteri più innovativi della LIM i quali risiedono nella manipolabilità del testo e degli oggetti presenti sullo schermo e nell’ingresso a pieno titolo della multimedialità nella didattica. Proveremo di seguito ad illustrare questi due aspetti ricorrendo ad alcuni esempi tratti dall’esperienza del DiGi Scuola che ha permesso ad un migliaio di insegnanti, di varie regioni del sud Italia, di cimentarsi nella produzione e nella sperimentazione di risorse digitali da utilizzare con la lavagna interattiva. 7.1 La manipolabilità E’ soprattutto la possibilità di agire sui contenuti visualizzati: la manipolabilità, ciò che segna una vera novità e un effettivo scarto rispetto anche ad altre modalità di utilizzo didattico di risorse digitali quali possono realizzarsi con l’uso di un video proiettore o la condivisione di file in laboratorio informatico. Vediamo quindi alcuni esempi di applicazione efficace di questa potenzialità della LIM a partire dall’analisi di Spesso il male di vivere ho incontrato, di Eugenio Montale, finalizzata alla costruzione di un artefatto sinestetico. L’esame della poesia è stato svolto in classe in una lezione partecipata nella quale è stato proposto il testo per una analisi collettiva, realizzata utilizzando le potenzialità di trascinamento ed evidenziazione offerte dalla LIM. (fig. 1 =montale1.gif) La schermata qui riprodotta (fig. 1) è stata realizzata insieme agli studenti. L’insegnante ha copiato e incollato la poesia ed evidenziato l’antitesi presente. Per trascinamento ha poi isolato alcuni termini. Le scritte e l’esagono in rosso sono invece frutto dell’analisi proposta e discussa dai ragazzi. (fig. 2=montale2.gif) La stessa procedura ha permesso di costruire la schermata successiva (fig. 2) nella quale però sono stati utilizzati colori e penne digitali per rendere evidente, e quindi maggiormente efficace, l’esame del timbro. (fig. 3 =montale3.gif) (fig. 4 =montale4.gif) (fig. 5 =montale5.gif) Gli studenti hanno poi lavorato intorno alle parole chiave della poesia, utilizzando un software per mappe concettuali31 e hanno discusso i risultati sulla LIM fino a realizzare due rappresentazioni condivise (fig. 3 e 4) che sono state il punto d’arrivo dell’analisi e il punto di partenza (fig. 5) per la progettazione e la costruzione di un artefatto sinestetico32. Anche solo dalle riproduzioni presentate risulta evidente come lo stesso lavoro sarebbe stato impossibile, con la stessa efficacia e fruibilità, tanto con gli strumenti tradizionali, quanto con altri tipi di tecnologie informatiche. La stessa cosa può essere affermata per la risorsa digitale relativa all’analisi del testo di cronaca giornalistica (fig. 6) per la quale non solo si sono utilizzate le potenzialità di manipolabilità del testo mediante trascinamento offerte dal software ma sì è potuto preventivamente preparare una versione svolta dell’esercizio da proporre agli studenti in modo da rendere evidenti in modo immediato eventuali errori e incomprensioni (fig. 7) con significativi risultati sul piano dell’apprendimento. 31 Il lavoro presentato è stato realizzato con Cmap, software ottimo per la realizzazione di mappe concettuali realizzato da J. Novak e liberamente scaricabile dal sito dell’Institute for Humane and Machine Cognition all’indirizzo http://cmap.ihmc.us/download/ 32 Il lavoro complessivo e l’artefatto prodotto, realizzati dalla prof. Vayola, sono fruibili all’indirizzo http://www.bibliolab.it/artefatto.htm (fig. 6 =cronaca1.gif) (fig. 7 =cronaca2.gif) La possibilità di spostare box e relativi blocchi di testo è stato invece lo strumento utilizzato per facilitare la comprensione del testo argomentativo e del testo narrativo in altri due lavori33 (fig. 8 e 9) nei quali si chiedeva la ricostruzione corretta delle sequenze del testo. 33 Il lavoro sul testo narrativo, realizzato dalle prof. L. RICCI, V. BOSCO, R. PICCINNI dell’IPSIA ARCHIMEDE di Taranto, è consultabile all'indirizzo http://www.bibliolab.it/racconto_lim/racconto_index.htm (fig. 8 =argomentativo.gif) (fig. 9 narrativo.gif) In questi due casi risulta particolarmente significativo l’utilizzo della LIM perché gli esercizi di logica proposti, e che hanno forti potenziali metacognitivi, sarebbero stati impossibili da realizzare con gli strumenti tradizionali. Inoltre essi chiamano gli studenti ad apprendere attraverso l’esperienza diretta della scomposizione/ricomposizione del testo attraverso la manipolazione, in modo cioè più coerente con le modalità di interazione e di apprendimento per scoperta che sperimentano fuori della scuola. I lavori fin qui presentati34 dimostrano, quindi, l’utilità della lavagna interattiva multimediale sul piano cognitivo, oltre che per gli altri valori aggiunti già citati quali il la rapidità e chiarezza della fruizione di testi digitali ingranditi, la possibilità di salvare il lavoro sia per ulteriori utilizzi sia per la consultazione-ripasso degli studenti, la facilità di integrare risorse e testi elaborati con diversi codici (immagini, musiche, filmati ecc). 34 Altre risorse interessanti sono consultabili nel web. In particolare si segnalano: il lavoro San Martino di Giosuè Carducci: un percorso poetico, a cura di Palmaida Russo dell'ITC PITAGORA di Taranto, consultabile all'indirizzo http://www.bibliolab.it/russo_carducci/russo_index.htm con la produzione di una interessante mappa per l’analisi della poesia e il lavoro Un percorso poetico: colori e emozioni, a cura di Giuseppina Aprea e Palma Bruno dell'ITAS Maria Pia di Taranto, è consultabile all'indirizzo http://www.bibliolab.it/EMOZIONI_DEF/emozioni.html che presenta diersi esercizi di analisi del testo poetico realizzati sfruttando le potenzialità della LIM 7.2 Multimedialità e integrazione tra linguaggi Un secondo aspetto didatticamente significativo dell’uso della LIM risiede proprio nella possibilità di coniugare diverse risorse e differenti linguaggi, consentendo finalmente alle immagini e ai suoni di ottenere piena cittadinanza nella didattica. Grazie a questo strumento, il paradigma multimediale35 descritto da Raffaele Simone entra nelle aule scolastiche e la parola scritta si integra con altri codici che la potenziano sul piano semantico e consentono di costruire testi integrati con innegabili vantaggi sua sul piano cognitivo che su quello espressivo. E’ questo il caso della figura successiva (fig. 10) che esemplifica le potenzialità multimediali della lavagna per una lezione su Carosello, all’interno di un percorso didattico sul boom economico. (fig. 10 carosello.gif) Proponiamo ancora un altro esempio di integrazione (fig. 11): gli esiti di un esercizio di selezione tematica di fonti, che è stato realizzato attraverso lo strumento CATTURA 35 Cfr. Raffaele Simone, La terza fase. Laterza, Bari, 2000; dello stesso autore è possibile leggere on line il saggio Tre paradigmi di scrittura, all’indirizzo http://www.italianoscritto.com/interventi/testi/simone.htm del software e che dimostra le potenzialità, per la realizzazione di operazioni cognitive significative, della LIM. (fig. 11 = primaguerra.gif) 8. Produrre per la LIM Il fatto di avere a disposizione uno strumento duttile come la LIM comporta però anche maggiori responsabilità nella costruzione del materiale da utilizzare nel corso delle attività didattiche. L’utilizzo dei diversi linguaggi deve essere dosato e distribuito in modo da potenziare le possibilità di comprensione, di interazione e di memorizzazione degli studenti. L’obiettivo non è quello di stupire con effetti speciali ma quello di favorire operazioni cognitive. Secondo le ultime ricerche psicopedagogiche36, la multimedialità facilità la comprensione e la memorizzazione a lungo termine, dal momento che attiva più canali 36 N.Mammarella C. Cornoldi F. Pazzaglia, Psicologia dell’apprendimento multimediale, Il Mulino, Bologna 2005; per una recensione del volume si confronti quella a cura di Camilla Lastrucci all’indirizzo percettivi, ma le risorse devono essere impiegare in modo coerente evitando ridondanze inutili (es. due immagini con lo stesso significato), sovraccarico informativo (es. troppe informazioni nello stesso spazio) e elementi di disturbo (es. immagini, colori, suoni o musiche in funzione puramente esornativa). Gli insegnanti, quindi devono porsi problemi nuovi che riguardano la selezione, la densità e l’efficacia comunicativa e cognitiva delle risorse che impiegano. Proviamo a fare qualche esempio37. 1. (alessandro.gif) Si tratta, nonostante l’eccessiva densità del testo scritto, di una caso di piena integrazione dei codici: si propone infatti di analizzare l’immagine (un mosaico della villa del Fauno di Pompei) e di dedurne una serie di informazioni sullo scontro tra Alessandro Magno e Dario III. http://www.indire.it/dd/content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=504&tipo=recensione&an alisi=contestuale 37 Le immagini seguenti sono tratte dai lavori contenuti nel repository del progetto DiGi Scuola 2. (iliade.gif) In questo caso la figura è puramente illustrativa, se non esornativa, e non aggiunge informazioni significative all’argomento di cui si sta parlando. 3. (pascoli.gif) La figura rappresenta un uso efficace della lavagna: ci si concentra su un problema focalizzato con chiarezza e si propongono strumenti chiari e leggibili per discuterlo e risolverlo. 4. (baudelaire.gif) In questo caso invece si è operato in modo assolutamente banalizzante: di fronte alla complessità dei versi di Baudelaire le immagini a corredo risultano fuorvianti e impoveriscono anziché arricchire i contenuti. 5. (pronomi.gif) Altro esempio di utilizzo efficace. Si chiede di utilizzare le funzioni di trascinamento del testo per riconoscere, al di là dell’omofonia, articoli e pronomi. I colori sono utilizzati in funzione cognitiva lo spazio è bene distribuito. Rimane il dubbio sulla funzione dell’immagine dello scoiattolo, assolutamente superflua. 6. (foscolo.gif) In questo caso il numero e la ridondanza delle immagini crea dispersione e non ha funzioni di effettivo rinforzo della comunicazione. 7. (poesia.gif) La figura propone un uso semplice ma utile delle potenzialità della lavagna: testo chiaro e ad alto grado di leggibilità e colori utilizzati in funzione esplicativa. 8. (mappa.gif) E per finire un utilizzo errato di sfondo e colori che rende difficilmente leggibile il testo. 9. La metodologia La responsabilità maggiore del docente è comunque quella di utilizzare la LIM con una metodologia adeguata a sfruttarne le potenzialità. Il rischio fondamentale infatti, assimilando il nuovo strumento alla vecchia lavagna d’ardesia e alle metodologie trasmissive che ne connotano l’uso, è quello di rafforzare il protagonismo e a volte anche il narcisismo del docente che, già abituato alla lezione frontale, vede nella lavagna soltanto una modalità per illustrare quello che già verbalmente racconta e magari renderlo più accattivante con l’utilizzo di vari orpelli multimediali. Un tale atteggiamento minaccia di bloccare l’interesse dei insegnanti verso il ricorso a strategie didattiche più innovative, stimolandoli invece a produrre lezioni ad alta densità di orpelli multimediali senza modificare le metodologie; tanto più rafforzati in queste convinzioni dal fatto che l’effetto-novità provocato dall’introduzione della LIM nella classe in genere fa sembrare gli studenti più motivati all’ascolto e all’apprendimento sebbene non sia affatto dimostrato che questo risultato possa essere di lunga durata col permanere di un approccio didattico trasmissivo. Anzi recenti studi sull’utilizzo della LIM in Australia38 sembrano proprio indicare il fatto che 38 Cfr. S. Schuck, M. Kearney Exploring pedagogy with interactive whiteboards: A case study of six schools 2005-2006, University of technology, Sydney, April 2007 alla pagina http://www.ed-dev.uts.edu.au/teachered/research/iwbproject/pdfs/iwbreportweb.pdf progressivamente l’interesse degli studenti scema: un professore che parla, a parità di modalità di fruizione, resta sempre meno coinvolgente di una qualsiasi spettacolo televisivo. Insomma, una lezione multimediale è probabilmente più efficace e completa di una tradizionale, ma resta pur sempre nell’ambito del discorso asimmetrico uno/molti che relega gli studenti in un ruolo passivo. La situazione è già diversa se sulla lavagna si predispongono materiali sui quali sia possibile costruire la spiegazione interagendo, contemporaneamente, con gli studenti nella cosiddetta lezione dialogata. Ma, anche in questo caso, come nell’eventualità che gli studenti, singolarmente o un gruppo alla volta, siano chiamati ad operare sulla lavagna, il livello di partecipazione attiva rimane molto limitato. Dunque i problemi didattici fondamentali posti dalla lavagna sono sia quello di sfruttare pienamente le potenzialità comunicative dello strumento sia quello di progettarne l’uso nell’ambito di una didattica realmente innovativa e centrata sulle esperienze conoscitive degli studenti piuttosto che sulle dotte lezioni dei docenti. Esemplifichiamo questi centrali aspetti attraverso tre immagini tratte dalle slide che hanno accompagnato l’intervento di Giovanni Buonaiuti39 nell’ambito del Convegno Lavagne Interattive Multimediali per la Didattica, tenutosi a Bologna il 16-17 maggio 2007. (buonaiuti1.gif) 39 Giovanni Buonaiuti, IWB: Uno strumento innovativo per la didattica?; le slide utilizzate a supporto dell’intervento sono consultabili alla pagina http://scuola8.scuole.bo.it/atti/bonaiuti_lavagne_bologna.pdf (buonaiuti2.gif) (buonaiuti3.gif) L’invito proposto dalle immagini è in primo luogo volto a stimolare la riflessione sugli usi significativi della lavagna interattiva che, come sempre, sono fondati sul criterio dell’economicità: bisogna evitare di utilizzare una modalità complicata se ci si può avvalere di una più semplice. La LIM, come le altre nuove tecnologie, va quindi utilizzata quando consente di fare cose che sarebbero più difficili o impossibili altrimenti. In secondo luogo l’intervento di Buonaiuti richiama all’esigenza di progettare interventi didattici che consentano agli studenti, anche grazie alle potenzialità interattive della lavagna, di diventare protagonisti del loro apprendimento. Le attività didattiche che prevedono l’utilizzo della LIM dovrebbero quindi essere progettate in modo da prevedere lavori da svolgere con e sulla lavagna piuttosto che schermate statiche simili a slide dei programmi di presentazione. Il setting Perché sia possibile il livello di interazione appena sollecitato è però necessario riflettere anche sul setting tecnologico dell’aula. Una lavagna, da sola, non basta: se si vuole lavorare organizzando attività che coinvolgano tutta la classe e che superino la relazione uno/molti tipica della lezione frontale, sia che a parlare sia l’insegnante sia che sia uno studente, è necessario fornire la classe anche di computer per elaborare i prodotti che poi mostreranno agli altri sulla lavagna. D’altra parte sarebbe una inutile ridondanza quella di inserire la lavagna in un laboratorio informatico. Bisogna quindi prevedere che la classe, nella logica del privilegiare lavori di gruppo, magari organizzati secondo criteri collaborativi, abbia a disposizione anche 4-5 computer che possano interfacciarsi con la LIM. Certo, sarebbe auspicabile che ogni aula potesse avvalersi di questa dotazione, ma probabilmente questa è una spesa tuttora insostenibile dalla maggior parte delle scuole. Si può quindi pensare ad una serie di aule attrezzate nelle quali i docenti, a rotazione, possano lavorare con le classi. Questo vincolo, probabilmente favorirebbe anche una maggiore attenzione, da parte dei docenti, alla qualità e alla significatività didattica del lavoro da proporre attraverso la LIM. BIBLIOGRAFIA Bonaiuti G. 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