come ricevere e trasmettere la parola di gesù
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come ricevere e trasmettere la parola di gesù
COME RICEVERE E TRASMETTERE LA PAROLA DI GESÙ Preghiamo Padre, tu ci hai detto di ascoltare il tuo amato figlio. La sua Parola purifichi gli occhi del nostro spirito, renda forte la nostra fede, ci dia occhi penetranti per vedere la tua gloria nel Cristo Crocifisso e nell’umanità sofferente, per contemplare la luce del tuo volto anche nell’oscurità della notte. Amen. Mc 4,21-29 21 Diceva loro: «Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O non piuttosto per metterla sul candelabro? 22 Non c’è, infatti, nulla di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce. 23 Se uno ha orecchi per intendere, intenda!». 24 Diceva loro: «Fate attenzione a quello che udite: Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più. 25 Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha». 26 Diceva: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; 27 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28 Poiché la terra produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. 29 Quando il frutto è maturo, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura». 1 Attraverso le opposizioni moggio-lucerniere, nascosto-manifestato, segreto-messo in luce Marco richiama la strategia evangelizzatrice di Gesù, che deve essere imitata anche dai discepoli. La parola di Gesù è come la luce che le tenebre non possono soffocare, è come un fuoco che divampa, è una luce accesa che brillerà. Ma il punto di discrimine è la crocifissione: la croce è il candelabro e il monte. Solo allora Geù-luce sarà posto sul lucerniere, non prima; la luce vera, resterà sotto il moggio, nascosto e segreto, ma sarà svelato e posto su quel candelabro che porta il nome di « croce »: contro ogni logica umana, sarà infatti il nascondimento della sua morte che lo manifesterà. La luce di Gesù si rivelerà solo a chi lo trova prima sulla croce. Infatti, proprio vedendo come era spirato, il centurione coglierà e farà risuonare, per la prima volta sulla terra e in modo definitivo, il senso del vangelo, esclamando: « Veramente quest’uomo era Figlio di’ Dio » (15, 39). I discepoli, e noi come loro, non saremo in grado di scorgere e di testimoniare questa luce fino a quando non comprenderemo e sperimenteremo che cosa significa: « risorgere dai morti » (9, 10). Gesù e la sua parola sono quindi luce, ma nascosta, che va colta proprio nel I suo nascondimento: è come il chicco di grano, che è promessa di spiga piena e matura proprio nel suo morire sotto terra. E’ una cosa difficile da capire. E’ il grande mistero del regno di Dio. Infatti non è la gloria e potenza di Dio, come la pensa l’uomo, che ci salva, ma. come si è manifestata in Gesù Cristo, e cioè nell’alienazione e nella debolezza (cf. Fil 2, 5-10). E’ in questa debolezza che va colta la forza di Dio. Così, sotto il velo delle parabole e della vita umile, irta di difficoltà, di Gesù, va colta la luce del « mistero del regno di Dio » (cf. v. 11). Per questo Gesù dice: « Chi ha orecchi per intendere, intenda » (v. 23), che è l’ammonimento centrale del brano: chi « ha orecchi per intendere », sa scorgere nelle difficoltà la fedeltà di Dio alla sua promessa, come il contadino vede nel seme che muore la messe biondeggiante. Ma per saper intendere questo, ci vuole una fede paziente e indomita nella parola di Dio, come l’ebbe Gesù. Questo ammonimento centrale viene ripetuto di nuovo per gli ascoltatori: « fate attenzione a quello che udite » (v. 24a), che richiama l’« ascoltate » con cui inizia l’insegnamento di Gesù in parabole (v. 3). Il brano diviene così un richiamo alla fede come « ascolto » di ciò che sta avvenendo: se noi ascoltiamo e facciamo attenzione, scopriamo la parola sotto il velo della parabola; e la luce, che è nascosta sotto il velo di una realtà oscura, comincia a brillare. Allora ciò che è velato, nascosto e segreto, diviene aperto, manifestato e chiaro. In altre parole, ci viene « confidato il mistero del regno di Dio »: nella misura in cui abbiamo fede, cioè sappiamo « ascoltare », ci viene donato questo mistero che oltrepassa ogni misura (v. 24b). Inoltre, chi ha questa capacità di ascolto, riceverà in misura sempre maggiore questo dono di luce (v. 25a). A chi non sa ascoltare, sarà tolto anche quello che ha (v. 25b), nel senso che non può accogliere il dono che gli viene offerto, e lo perde subito: come un vino che viene versato a chi non ha un recipiente per contenerlo. Tutto il brano è pervaso dalla certezza e dalla fiducia che la luce vince, e suona come promessa di rivelazione per chi ha fede: esso afferma che la vita e l’insegnamento di Gesù, come pure la nostra vita cristiana, diventano chiari se sappiamo ascoltare la parola, come dice il Salmista: « Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino » (Sal 119, 105). 2 La virtù della pazienza Il Regno è come il grano che, una volta affidato alla terra, cresce da sé, e non ha importanza se il contadino dorme o veglia, se è notte o se è giorno. Il regno di Dio è infatti opera di Dio, non dell’uomo, e ogni sforzo umano sarebbe inutile. Al contadino, una volta seminato, non resta che pazientare e, pieno di fiducia, attendere la mietitura, che certamente verrà. Così deve fare l’uomo nei confronti della venuta del regno. E’ inutile che il contadino si dia da fare sul campo: non farebbe che calpestare ciò che è seminato; è inutile che tiri l’erba per farla crescere: la strapperebbe. Dice un Salmo: « Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a mangiare e mangiate un pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno »(Sal 127,2). L’insegnamento di questa parabola, così semplice, è in realtà molto difficile da. capire: afferma la priorità assoluta di Dio, e manda alla malora ogni forma di efficientismo religioso che cerca di far crescere il regno di Dio con la propria attività, secondo i criteri mondani che regolano i rapporti di produzione. Dopo la fatica e la pena della semina, non c’è altro da fare che pazientare e aver fiducia. Direbbe s. Ignazio di Loyola: « Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio ». Non bisogna quindi affannarsi, preoccuparsi e agitarsi, non solo per le necessità del corpo, ma neanche per la crescita del regno di Dio. Quando avremo fatto quello che dovevamo fare, diremo: « Siamo servi inutili » (Lc 17, 10). Questa parabola ha lo stesso senso e la stessa forza della parola: « State tranquilli » (Es 14, 14) che Dio rivolse al suo popoìo, intrappolato tra i carri egiziani e il mar Rosso, invalicabile. In una lotta che sembra più persa che disperata, bisogna saper stare tranquilli, con pazienza e saggezza, pieni di fiducia in Dio. La verità che Gesù ha vissuto e annunciato crescerà nella storia, senza che si sappia come, perché in essa è la potenza di Dio che opera. Presto o tardi, noi non sappiamo il giorno né l’ora, avverrà il giudizio della storia, che renderà giustizia alla verità. La pazienza, capace di sopravvivere a tutte le traversie, nasce da questa fiducia nella parola di Dio, che è verità. Per questo, come il contadino, puntiamo con calma e speranza lo sguardo verso la mietitura, verso il tempo finale: « Date mano alla falce, perché la messe è matura » (v. 29; cf. Gì 4, 13). Bisogna però sapere guardare molto in avanti, per avere questa pazienza intrepida! Gli zeloti, con la vista molto più corta, dicevano a Gesù che era giunto il momento di agire con la rivoluzione, mentre gli apocalittici già si preparavano al giudizio, separandosi dagli altri, e i farisei puntavano tutto sulla restaurazione e sull’osservanza minuziosa della legge. Tutti costoro puntavano sul presente, e con un successo maggiore di quello che aveva Gesù. Gesù invece mira al futuro di Dio, pieno di pazienza, di fiducia e pacatezza, senza il fanatismo degli zeloti, che porterà all’autodistruzione, senza l’ansietà degli apocalittici, portati all’alienazione, e senza il rigorismo acceso dei farisei, che lascia tutto immutato. Il regno infatti verrà certamente, perché è di Dio. Ma come? Come il grano, che nascerà, ma solo dopo che il buon seme, Cristo Gesù, sarà sepolto sotto terra; come la messe, che biondeggerà, ma solo dopo che ognuno di noi avrà saputo prendere la propria croce e seguirlo (cf. 8, 34). 3 Non diversamente e non a minor prezzo si paga il regno di Dio. Il saper stare tranquilli ora, nell’apparente inattività, è in verità la maggior cosa che l’uomo possa fare, ed esprime la fede assoluta nel Dio che non viene mai meno alla sua promessa. La forza del seme La storia è sotto la promessa di Dio, che è fedele. Ma la promessa di Dio è come un seme gettato nel solco della storia: è infatti il Cristo risorto, che agisce già fin d’ora in questo mondo. E’ lui il seme, che spunta da solo e che cresce segretamente, spontaneamente e per virtù propria, vivendo e operando nelle varie libertà umane e nonostante esse. Egli è una forza vitale interiore, che trasforma l’individuo e la società. Perché è la potenza di Dio che libera l’uomo, facendolo capace di agire e di pazientare in attesa del futuro di Dio. Questo seme porta in sé il principio dello sviluppo e della crescita. Perciò il regno di Dio si realizza gradualmente e parzialmente già in questo mondo. La forza segreta del seme condurrà la storia al pieno compimento del regno di Dio. Questo può perciò paragonarsi al raccolto e alla messe matura. E’ il seme, ma giunto al termine del suo sviluppo, quando « Dio sarà tutto in noi » (1 Cor 15, 28) e la messe sarà riposta nei granai del cielo. « Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata » (Is 55, 10-11). Il Signore ha parlato. E così è. Preghiamo Come un fuoco Signore, come potremo proclamare la tua Parola d’amore, di giustizia e di pace in un mondo che non vuole saperne? A un mondo in cui chiunque parli di condivisione e di riconciliazione, di disarmo dei cuori e delle mentalità, rischia di essere trattato come un sognatore o uno stupido? Allora, come altri, anch’io ho voglia di lasciar perdere, di non costruire più, con delle pietre che i più considerano inadatte, una casa, forse, per domani. Ogni volta, però, che tento di fuggire, la tua mano mi raggiunge, mi trattiene. La tua Parola è dentro il mio cuore come un fuoco che divora e che purifica, che brucia e che riscalda, che illumina la mia vita e rischiara il mio cammino. Quello che conta per te è la fedeltà alla tua Parola e alla missione che mi hai affidata; così tu mi inviti a restare fedele anche a quelli che non vogliono saperne né di te né del tuo amore. 4