prof. M. Tiraboschi

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prof. M. Tiraboschi
Discorso agli Artigiani in occasione dell’assemblea celebrativa per i 60 anni dell’Unione ArtigianiConfindustria Bergamo.
Prof. Michele Tiraboschi
Quando c’è un compleanno si dovrebbe venire con un regalo, io avrei tenuto moltissimo a portare
qui il ministro Sacconi con cui lavoro da 10 anni. Sono certo che ci sarà un’altra occasione e
comunque poi sul piano dell’azione politica e di governo il sottosegretario Viespoli è sicuramente
uomo di fiducia del ministro, quindi potrà dirci nel dettaglio quello che si sta facendo. Questo per
me è anche importante perché io sono un tecnico e mi occupo di questioni tecniche, però, ripeto, ci
tengo a festeggiare come si deve questo compleanno, questo matrimonio, quindi avere anche poi
l’opportunità di portare una persona che ha una sensibilità veramente molto vicina a Voi.
Dieci anni fa, quando si costruivano, si progettavano le leggi del lavoro, le leggi sull’impresa erano
tutte pensate su un modello d’impresa che a fatica guardava alla realtà, alla quotidianità della
piccola impresa, dell’impresa artigiana. Oggi invece questa sensibilità è entrata. Per questo credo
che sia molto importante, anche se mi rendo conto che un tecnico dialoga meglio con le
Associazioni, con chi poi per Voi agisce per tradurre le Vostre esigenze in azioni concrete, per
dare delle risposte pratiche e quindi faccio un po’ fatica da tecnico, e quindi da persona che usa un
sapere che è molto astratto, che è molto intellettuale a entrare subito in contatto con Voi, però
quello che volevo dirVi è che in realtà ci sono delle linee d’azione molto importanti.
Quindi la prima cosa che vorrei comunicarVi è che Voi sentite questa difficoltà, questo peso delle
regole, delle leggi che non sempre aiutano Voi concretamente e chiedete, la relazione del Vostro
Presidente chiede una riforma strutturale, una riforma da tempo promessa e io posso però dirVi, e
questo vorrei anche poi svilupparlo concretamente con chi Vi rappresenta e con i validissimi
funzionari che Vi aiutano, che in realtà gran parte di queste riforme sono state fatte e lo dimostrano
fatti concreti: se noi oggi sui giornali leggiamo delle fonti autorevoli internazionali che dicono che
l’Italia è in testa alla ripresa non è per un caso: è perché forse sono state fatte quelle scelte, quelle
azioni giuste. Certo poi dipende che giornale leggiamo: oggi leggiamo dei giornali che parlano in
termini positivi, ieri leggevo su “La Repubblica” un mio collega tecnico come me che invece diceva
che questo Governo non ha una strategia, una linea di azione. No, le riforme strutturali invece
sono state fatte e sono riforme molto importanti, utili anche per la piccola impresa. La riforma più
grande che si chiedeva durante la crisi era la riforma degli ammortizzatori sociali, cioè quegli
strumenti che sostengono l’impresa quando è in difficoltà, che danno un sostegno ai Vostri
collaboratori, alle persone che lavorano con Voi quando c’è il rischio di perdere il lavoro. Tutti
chiedevano di abbandonare i vecchi strumenti che noi abbiamo, il vecchio sistema di cassa
integrazione, le casse integrazione in deroga, per passare all’indennità di disoccupazione. Oggi noi
vediamo, leggiamo sul giornale di oggi, negli Stati Uniti sono arrivati al 10% di disoccupazione, noi
siamo molto sotto, gli Stati Uniti era un Paese che aveva il 4, il 5%, era un Paese che ha sempre
creato occupazione, è un Paese che oggi sta rincorrendo la crisi dando sussidi ai lavoratori che
hanno perso il posto di lavoro; se noi avessimo seguito questa strada avremmo tolto a Voi i Vostri
collaboratori, avremmo detto: “Licenziateli pure, non diamo un sostegno alle imprese in questa
stagione di crisi, non teniamo in piedi i rapporti di lavoro, anche se va sospeso perché non ci sono
commesse, ordini, non c’è produttività e diamo invece generosi sussidi, a chi?, a persone che sono
licenziate” (il sussidio, l’indennità di disoccupazione si dà a chi è licenziato). Noi invece abbiamo
tenuto in piedi, e questa è stata una riforma strategica che ha anche un peso strutturale, questo
sistema di cassa integrazione che è stato esteso a tutte le imprese, non più grande, piccola. Quindi
quello che viene detto nella relazione del Vostro Presidente io lo posso confermare sul piano
scientifico, sul piano della tecnica normativa. Ci sono strumenti fatti per la grande impresa che si
possono utilizzare anche per la piccola impresa e che possono dare una risposta concreta. Se
siamo i primi rispetto alla stagione di ripresa che si sta aprendo, pur con moltissime difficoltà che
molte imprese ancora registrano, è perché non si è ceduto alla tentazione di cambiare un sistema
tipico del nostro Paese per avventurarci nella ricezione di sistemi, modelli molto accattivanti della
Svezia, della Danimarca e abbiamo invece tenuto, ampliato, esteso a tutte le imprese, grandi,
piccole, a tutti i settori produttivi, a tutte le forme di lavoro, compresi gli apprendistati, che sono gli
strumenti che Voi utilizzate, questo sistema di ammortizzatori con uno sforzo enorme, un
grandissimo consenso sociale di cui non si parla, perché questo sistema è stato esteso con il
consenso di tutte le sigle sindacali, è stato esteso con il concorso delle Regioni come la Lombardia
che hanno firmato un importante patto per dare delle risorse aggiuntive. Certo poi qualcosa non
funziona, chi è in impresa non sempre vede arrivare in maniera tempestiva la risposta, ma sono
comunque dei percorsi che oggi sono aperti e sono stati resi possibili. Quindi un primo strumento
importante, e Vi dico anche fateVi accompagnare bene da chi Vi rappresenta nelle associazioni,
perché ci sono dei grandissimi spazi oggi per abbattere il costo del lavoro e utilizzare bene questi
strumenti. Io vedo i Vostri opuscoli, le Vostre newsletter, qualche mese fa parlavano di un bonus
per il rientro e per la formazione dei Vostri lavoratori. C’è una norma in via di definizione, è un
decreto interministeriale un po’ complesso che ha firmato ieri il ministro Sacconi e che adesso è
alla firma del ministro Tremonti, che dice che le imprese, anche con interventi in deroga come
quelli che riguardano Voi, possono richiamare lavoratori che sono sospesi, che sono in cassa
integrazione, che quindi mantengono quell’80% di retribuzione, possono essere richiamati in
azienda anche per attività produttive, per attività di lavoro. Questo è un grandissimo abbattimento
del costo del lavoro; quando questo decreto sarà operativo, sarà bene che venga diffuso,
conosciuto, perché Vi consentirà di utilizzare questi Vostri lavoratori pagandone il 20%, perché
l’80% rimane ancora in capo al sussidio pubblico. Come pure ci sono tantissime norme molto
importanti che vanno nell’ottica della sfida dell’autoimpresa, della piccola impresa. Noi diciamo che
si può dare, si può utilizzare il sussidio che riceve un lavoratore in cassa integrazione per avviare
una sua piccola impresa, per avviare una nuova impresa, quindi non solo avere i sussidi di un
dipendente che aspetta solo che qualcuno lo impieghi, lo assuma, ma anche uno stimolo fortissimo
all’autoimpresa.
Poi la seconda cosa che Voi chiedete è la semplificazione, è il ridurre il peso di una regolazione di
dettaglio pesante, che non serve a Voi come impresa, che Vi blocca nello sviluppo, nella crescita,
ma che poi in realtà non ha neanche risposte né tutele concrete alle persone che lavorano. Qui è
stato fatto un lavoro enorme: c’è un altro bergamasco, Calderoli, che sta lavorando su una
normativa di semplificazione importantissima. Il ministro Sacconi ha avviato, e questo ha un
impatto concreto si stima in 4 miliardi di euro, la semplificazione della tenuta documentale dei libri
di lavoro (ha abrogato il libro paga, il libro matricola, c’è un libro unico semplificato). Io vorrei che
queste misure di semplificazione arrivassero veramente alle aziende, mentre l’impressione mia, da
persona che segue poi queste norme, dico “La legge c’è, la legge è operativa, la semplificazione
c’è, un risparmio economico potenziale che riduce il costo complessivo del lavoro, che riduce la
burocrazia c’è, eppure perché non arriva all’imprenditore, perché non arriva al collaboratore
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dell’imprenditore? Anche qui, fateVi aiutare dalle Vostre associazioni che sono degli strumenti
importantissimi per attuare queste norme, queste riforme. Riforme di semplificazione, di riduzione
del peso che sono sul piano legislativo, io ho richiamato questa semplificazione sul libro paga e
matricola, potrei richiamarVi la semplificazione delle normative sulla sicurezza: Voi vi ricordate nel
2008 il Nuovo Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro? Trecentosei articoli, cinquanta allegati
tecnici, come fa un imprenditore, un piccolo imprenditore a gestire la questione importantissima
perché ci tiene alla sicurezza dei suoi collaboratori, ma anche alla sua perché lavora a contatto
con queste persone, attraverso una rincorsa faticosa di tantissime norme, incomprensibili, che
neanche i tecnici specialisti della materia riescono a seguire? Qui si è fatta un’opera enorme di
semplificazione, con valorizzazione degli enti bilaterali, di schemi semplificati per la piccola e
media impresa, anche (e qui è molto importante) con sistemi di qualificazione delle imprese, cioè
dicendo che in certi settori possono stare e operare solo quegli imprenditori che sono seri perché
sono formati, hanno le competenze per fare quell’attività e per farla in sicurezza. Se il Vostro
mondo associativo Vi aiuta in questa strategia si possono buttare fuori mercato quegli imprenditori
che invece stanno in competizione con Voi non applicando o applicando scorrettamente a danno
Vostro e a danno dei loro collaboratori regole importanti sulla semplificazione.
Altri strumenti importantissimi, che io temo non si conoscano nella Vostra realtà. Voi sapete che
c’è la possibilità oggi di impiegare giovani con meno di 25 anni senza fargli un contratto di lavoro
ma in regola, attraverso i cosiddetti Buoni Lavoro: io gli do un Buono che vale all’incirca 10 euro,
poi gli posso dare due Buoni all’ora, gli posso dare invece per tre ore un Buono, un accordo
facilissimo, fondamentale, che però forse non arriva, perché forse i consulenti che Vi
accompagnano temono di perdere le rendite di posizione sui cedolini che in questo caso non si
fanno. Qui si possono utilizzare i giovani per il fine settimana, per il periodo di vacanza, adesso in
Finanziaria entrerà addirittura la norma che dice durante tutto l’anno almeno per gli studenti
universitari, peraltro con un rapporto molto importante perché avvicina i giovani al mondo
dell’impresa, mentre oggi molti giovani che escono pensano di dover fare necessariamente i
dipendenti e non hanno invece lo spirito, il gusto, la passione, quell’etica del lavoro di cui parlava il
Vostro Presidente, anche nell’assumersi un rischio, nel cercare di aprire una propria attività senza
aspettare che qualcuno dall’alto ti regali un lavoro.
Io dico questo perché gli strumenti sono tantissimi eppure non vengono utilizzati. Altro strumento
importantissimo per la realtà dell’impresa di dimensioni minori: l’apprendistato, uno strumento
importantissimo per Voi. Il Veneto ha fatto un accordo recentemente sulla riforma Sacconi
dell’apprendistato, che consente di fare l’apprendistato senza passare attraverso la Regione,
senza passare attraverso l’offerta formativa pubblica che spesso è inadeguata, è insufficiente.
Perché non applicate, perché non applichiamo subito questa riforma? L’ha fatto il commercio, l’ha
fatto il Veneto con un accordo sull’artigianato, questa è una norma facilissima che consentirebbe
anche mediante accordi aziendali, accordi territoriali, provinciali, accordi regionali o contratti
collettivi nazionali di avere subito la possibilità di utilizzare questo strumento che è un abbattimento
del costo del lavoro enorme, quindi Voi che chiedete l’abbattimento ci sono strumenti per
utilizzarlo, con una formazione aziendale. Qui ancora oggi c’è il pregiudizio che la piccola impresa
non abbia capacità formative. Si dice che solo la grande impresa ha capacità formative. Questa è
un’idea sbagliata, vecchissima della formazione: la formazione, e questo è quello che dice il Libro
Bianco del Ministro Sacconi e quindi va sostenuto in questo, la formazione, il luogo migliore per
formare i giovani è l’azienda, non certo un’aula pulita, un’aula vuota dove non c’è esperienza,
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sudore, manualità, capacità di entrare nei processi produttivi, capirli, assecondarli e risolverli. Qui
c’è una grandissima opportunità, di applicare questa rivoluzione e di tornare a quello che era poi la
realtà, la storia dell’apprendistato: l’apprendistato nasce nella piccola impresa proprio come modo
di insegnare e far passare dal titolare ai propri collaboratori sapere, competenze. Per questo mi
piace moltissimo ed è il terzo punto che volevo toccare, ed è un punto su cui vorrei fare azioni
concrete anche qui nel nostro territorio, io spero di essere stato chiamato non solo perché sono
bergamasco, sono nato qui vicino, ma anche perché stiamo entrando qui, in collaborazione con
l’Università di Bergamo, per sviluppare una progettualità nuova e concreta. Il rapporto
fondamentale con le scuole, con le università del territorio, ma non solo del territorio. A me fa
piacere sapere che Voi avete chiamato un direttore, per puro caso, che viene dalla stessa città in
cui insegno, che è Modena. Anche qui, come non vedo contrapposizioni fra grande e piccola
impresa, non vedo contrapposizioni fra scuole, fra università locali o di altra natura. Si deve
prendere il migliore, la concorrenza fa il bene, quelle scuole, quelle università che sono in grado di
avere una fortissima integrazione e interazione col sistema delle imprese, non che formano delle
persone che poi in realtà non vanno bene perché quando li assumete dovete riformarle da capo.
Questo è uno spreco enorme di energie, di risorse, facciamo un danno ai giovani, perché hanno
una formazione che poi crea aspettative, delusioni, li indirizziamo verso percorsi scolastici,
educativi che non servono alle imprese. Quanti lavoratori Voi cercate? Il Vostro Presidente Vi dice
che prendono addirittura l’aereo per imparare a fare il mestiere di calzolaio e devono venire qui,
perché forse in altri territori non c’è nessuno che capisce che ci sono tantissimi lavori, che con
l’etica del lavoro noi sappiamo essere veri, dignitosi, qualunque forma di lavoro è dignitoso, mentre
oggi in Italia si pensa che il lavoro vero, buono, sia solo quello intellettuale, quello in cui non ci si
sporca le mani. E oggi ci sono questi strumenti, questo può essere fatto attraverso una migliore,
fortissima integrazione fra scuola, università e mondo del lavoro, ma davvero, dove si entra
davvero nelle scuole, dove si riformulano i progetti, i percorsi formativi delle scuole. Anche qui il
ministro Sacconi ha avviato con il ministro Gelmini, che conosce molto bene la realtà della nostra
Regione, un piano straordinario di azione per la scuola e l’occupazione dei giovani, quindi
immaginando la scuola, l’università non solo come mondo chiuso, autoreferenziale, ma come
mondo che deve agire, interagire con il sistema delle imprese, non perché deve necessariamente
dire di sì alle imprese: può anche accompagnare una scuola innovativa, moderna il sistema delle
imprese a capire quelle che sono i fabbisogni formativi del futuro. Quando prima il Presidente
Mazzoleni parlava della “Flexicurity”, noi usiamo queste parole molto impegnative, importanti, ma
si traducono in maniera molto, molto semplice: le nuove tutele non sono le tutele sulla carta, le
tutele contro i licenziamenti, noi vediamo la crisi, c’è la crisi e si licenzia o si fa fatica a tenere in
piedi. Le nuove tutele per i lavoratori e per le imprese sono la formazione, ma formazione vera,
non quella finta, fittizia che non dà nulla di concreto. Quando un lavoratore è bravo, è preparato, è
utile a un’impresa, sicuramente non perde il posto di lavoro, anzi occorrerà capire come trattenerlo
in azienda, come fidelizzarlo, perché altrimenti scappa presso l’impresa concorrente. Quindi
lavorare moltissimo su queste nuove tutele, per questo, e mi avvio alla conclusione, anche se gli
argomenti sarebbero moltissimi, Vi invito anche a riflettere sul fatto, e questo l’artigiano lo sa, che
non solo e non sempre si deve aspettare la politica, la risposta della politica su temi fondamentali
per Voi (il rapporto con le banche che avete chiamato, i ritardi nei pagamenti, la relazione con una
Pubblica Amministrazione insofferente e qui si sta facendo moltissimo) ma Voi avete appena fatto
una riforma del sistema di regole delle relazioni industriali, l’avete fatta il 22 gennaio, la
Confindustria l’ha già attuata, questo vuol dire che oggi esiste una possibilità non solo di aspettare
che sia il legislatore a fare delle regole che vanno bene per Voi, ma che Voi avete la possibilità,
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l’opportunità di fare da Voi queste regole, di dare più spazio all’autoregolazione invece che a una
regolazione pubblicistica, centralistica, che peraltro può andare bene, che so, a Roma ma non può
andar bene a Milano o a Bergamo o a Reggio Calabria. È molto importante aprire invece la strada
a regole su misura e sui territori; qui la riforma delle relazioni industriali aiuta perché semplifica
sicuramente il numero dei contratti, la durata dei contratti, è importante perché aiuta ad abbattere
in maniera significativa il costo del lavoro (mi pare d’aver capito che settimana scorsa è stato
sbloccato il provvedimento sulla decontribuzione, quindi ci sarà il finanziamento della
contrattazione collettiva di secondo livello, che abbassa molto il costo del lavoro), si sta lavorando,
c’è già operativa una norma che andrebbe resa concreta, pratica: la detassazione del salario
variabile, anche mediante un accordo bilaterale con il singolo lavoratore, non serve avere un
contratto collettivo. Sono degli interventi pratici già fruibili che pure invece spesso rimangono sulla
carta, per cui io posso dare un compenso aggiuntivo al mio lavoratore perché lavora di più, perché
lavora meglio, per la maggiore efficienza organizzativa, maggiore produttività. Qui entra in tasca
qualcosa in più al lavoratore, entra molto anche all’impresa nell’interesse dell’imprenditore,
nell’interesse dell’impresa stessa con incrementi di produttività. Tantissime norme che rischiano di
rimanere sulla carta.
Qui, visto che Voi avete “quel passo in avanti che è impresso nel Vostro Dna”, a me fa piacere
questa opportunità di dialogare con Voi perché ripeto, e qui chiudo, su Bergamo, grazie alla
lungimiranza dell’ex rettore Castoldi, abbiamo avviato un grandissimo centro di ricerca, un
dottorato di ricerca sul tema del lavoro, delle relazioni di lavoro col collega Bertagna, quello che si
è occupato di formazione, di scuola, quindi stiamo provando a mettere insieme lavoro, regole del
lavoro, diritto del mercato del lavoro e formazione, che consentirà a quaranta giovani, giovanissimi
ricercatori di entrare a servizio della comunità, del territorio, delle imprese, portando anche noi quel
passo in avanti che abbiamo. Prima il Presidente Barcella ha parlato di un matrimonio contrastato,
che ha fatto scalpore, anche il nostro modo di fare università è contrastato, crea delle difficoltà, ma
proprio perché guarda avanti, perché guarda al futuro, non risponde a logiche di appartenenza. Io
sul Vostro matrimonio non posso altro che dire che dal punto di vista scientifico è la strada giusta,
è la strada da seguire, perché le altre strade dividono, bloccano, non danno crescita, quindi Voi
state seguendo un percorso importante. Tenete presente che anche nel mondo universitario,
accademico si stanno facendo delle battaglie molto importanti, matrimoni molto importanti. Io
penso che il matrimonio del mio gruppo di ricerca qui a Bergamo con l’Università di Bergamo sia
molto importante, perché anche noi vogliamo portare innovazione, cambiamento, un passo in
avanti che non risponde a logiche accademiche, quindi è contrastato, ma risponde invece
all’esigenza di avvicinarci al mondo delle imprese, del lavoro. Noi avremo quaranta dottorandi
quest’anno, a regime saranno centoventi giovani ricercatori, Voi potete sapere che in base alle
riforme recenti, ma nessuno le applica, è possibile assumere in apprendistato anche i ricercatori, i
dottorandi di ricerca, con costi bassissimi portando dentro il sapere, il know how che hanno le
imprese dentro le Vostre aziende. Questa sarebbe una grandissima svolta e rivoluzione: avere
centoventi dottorandi di questo tipo vuol dire non fare centoventi accademici ricercatori puri per
l’accademia chiusa in se stessa, ma portare delle competenze, know how al territorio e spero che
ci sia modo di collaborare a lungo anche con Voi su questa linea. Grazie.
Bergamo, 7 novembre 2009
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