Il ruolo della Matematica nella Didattica.

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Il ruolo della Matematica nella Didattica.
C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
Il ruolo della Matematica nella Didattica.
Lezioni di Epistemologia e Storia della Matematica II
Carlo Marchini
1. Le ragioni della Matematica. Può sembrare strano il titolo di questi appunti. Nella Scuola di
specializzazione si è probabilmente diffusa l'idea che ci sono le varie discipline e che la Didattica
(generale) sia una sorta di riflessione su di esse, riflessione che prende spunto dalle singole
conoscenze contenutistiche e da altre discipline di ambito psicopedagogico e antropologico. Ma poi
le sue indicazioni sono generali ed applicabili ad ogni settore.
Probabilmente è così, ma voglio attirare l'attenzione del lettore sul fatto che il problema didattico è
probabilmente nato con la Matematica, almeno stando a fonti antiche. Voglio anche mettere in
evidenza che da sempre la Matematica o meglio i matematici, hanno dato contributi importanti a
quello che oggi si è delineato come il settore scientifico relativo alla Didattica. Si osservi inoltre che
solo da poco tempo tale settore è divenuto indipendente da altre discipline, portando a termine un
processo in cui la Matematica ha dato apporti notevoli.
Una ragione del fatto che il problema didattico è da sempre presente nella Matematica può essere
insito nella natura stessa della nostra disciplina, delle sue difficoltà, del fatto che gli oggetti della
Matematica da sempre eludono l'esperienza sensoriale diretta. E' quindi forse la maggiore difficoltà
di apprendimento connaturata con la nostra disciplina a far sì che il matematico si ponga da sempre
il problema di fare capire e apprendere gli argomenti che deve presentare.
Probabilmente problemi analoghi ci sono in tutte le altre discipline, ma non tutte si ritengono
altrettanto importanti per la formazione di base. Ad esempio i problemi della Teologia
richiederebbero altrettanta pazienza, ma, almeno oggi, tale disciplina è riservata a specialisti e non
rientra nel novero dei corpi disciplinari che sono ritenuti indispensabili per la formazione, ripeto,
formazione di base.
Porsi quindi il problema di cosa e come insegnare e fare apprendere la Matematica, sottintende un
giudizio di valore della nostra disciplina, cioè avere deciso che essa contribuisce alla costituzione
della persona e fornisce contributi alla società. Senza questo giudizio di valore (che non è detto
rimanga invariato nel tempo) non si porrebbe neppure il problema dell'insegnamento-apprendimento
della Matematica. Su questa base, finora indiscussa dai tempi più antichi, ai matematici si è posto il
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problema e tenendo conto delle particolarità della disciplina, sono state escogitate strategie e
tecniche specifiche, poi esportate altrove.
2. I teoremi. Quello che oggi è visto come il punto di arrivo di molti tipi di insegnamento della
Matematica, il cosiddetto pensiero teorico, o meglio la gestione della conoscenza mediante
l'apprendimento dei teoremi, è forse il primo strumento didattico escogitato dai matematici. Ciò
almeno stando a Proclo. Nel suo testo Commento al primo libro di Euclide, egli presenta un
importante Elenco dei geometri, anche se può essere poco affidabile, dato che lo scrive a circa mille
anni di distanza dai primi autori che Proclo cita. Ai nostri fini è importante soprattutto la parte che
riguarda Pitagora, già citata altrove, che ripetiamo per comodità del lettore:
«Dopo di loro Pitagora trasformò questo studio in una forma di insegnamento liberale, investigando dall'alto i
suoi principi, e indagando i teoremi astrattamente e intellettualmente: egli scoprì il fatto degli irrazionali e la
costruzione delle figure cosmiche.»
Questo lungo elenco, una sorta di bibliografia ragionata sull'argomento, presenta, oltre all'interesse
storico, una possibile risposta al quesito posto sulla nascita dei teoremi e delle dimostrazioni.
Nell'elenco di Proclo, almeno nella traduzione di Frajese, il passo relativo a Pitagora suggerisce
che egli per primo si pose il problema dell'insegnamento ed è forse a tale esigenza che si deve il
tentativo di rendere accessibile anche ad altri la comprensione delle proprietà geometriche mediante
la dimostrazione. Ricordo anche quanto dice Platone nell'Eutidemo:
«Nessun'arte cacciatrice va oltre il cacciare e il prendere, e dopo che i cacciatori e i pescatori hanno preso ciò che
hanno cacciato (o pescato), non possono servirsene, ma lo consegnano ai cuochi. Così i geometri, gli astronomi e
i calcolatori sono anch'essi cacciatori: non creano essi le figure, ma trovano quelle esistenti. E poiché non sanno
servirsene, ma soltanto scovarle, le consegnano ai dialettici perché si servano di ciò che essi han trovato: almeno
quelli tra loro che non son del tutto privi di senno.»
Dall'elenco di Proclo e dalla precedente citazione di Platone emergono due momenti importanti:
scoprire (o inventare) i risultati e farne partecipi gli altri. Secondo Platone la prima fase è propria
dei matematici, la seconda dei dialettici, che devono "cucinare" gli argomenti in modo da renderli
“appetibili”. Pitagora, per primo avrebbe svolto entrambe le funzioni, forse per necessità di
sopravvivenza o per necessità politiche-iniziatiche, visto il ruolo complesso ruolo sociale svolto dal
matematico nel suo tempo.
Se quindi le dimostrazioni hanno assunto, a partire dalla Grecia antica, il ruolo di fornire strumenti
sempre più generali, esse hanno svolto anche una funzione didattica. E' ovvio che in questo modo si
è affermato il modello gnoseologico proposizionale, di cui si è detto in altra occasione.
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3. Gli Elementi e la Scienza deduttiva. E' sempre il modello gnoseologico proposizionale quello
che spinge Aristotele a presentare un modello di scienza, modello che è rimasto a lungo insuperato
ed ancora oggi ispira molta ricerca e molta didattica. Si è già detto in altra sede quali sono i
capisaldi della Scienza deduttiva che Aristotele presenta negli Analitici secondi. E' importante
osservare che il paradigma aristotelico, applicato per decine di secoli, almeno nella sua parte che è
ispirata alla "paura" dell'infinito, trae spunto dagli studi di Eudosso di Cnido. I commentatori
moderni hanno visto nell'opera di Aristotele non l'esplicitazione dei dettami e del contenuto della
Scienza, ma quelli relativi alla sua comunicazione, cioè per il suo insegnamento. A questi dettami
poi si è uniformato Euclide. Gli Elementi non sono quindi un esempio di lavoro scientifico, ma un
testo di insegnamento, in cui si usa la dimostrazione per convincere. L'immagine che gli Elementi di
Euclide sia la "summa" della conoscenza geometrica sviluppata nella Grecia antica è fuorviante.
Sono infatti noti alcuni problemi, i cosiddetti problemi classici:
•
la duplicazione del cubo,
•
la trisezione dell'angolo,
•
la rettificazione della circonferenza,
che avevano impegnato le ricerca scientifica ed erano stati risolti nell'antichità. Scorrendo l'Elenco
dei geometri, si incontrano i nomi di Ippia, di Ipparco e di Dinostrato, tutti precedenti a Euclide,
che hanno dato importanti contributi ai problemi classici. E' noto un complesso problema attribuito
a Eraclito (550 - 480 a.C.), su cui si sono soffermati a lungo Cartesio, Newton, Van Schooten e
altri. Quindi le frontiere più avanzate della ricerca geometrica del tempo sono almeno parzialmente
estranee al testo di Euclide, e questo avalla l'impressione che si tratti di un manuale di studio, da
utilizzarsi in ambito "universitario" se si vuole adattare questa categoria moderna, alle accademie
del tempo.
E' interessante osservare, nell'elenco di Proclo, quanta rilevanza che egli attribuisca al titolo
Elementi, ai vari trattati composti nell'antichità, facendo una specie di storia di questo titolo. A mio
parere con tale dizione egli intendeva mettere in rilievo la funzione didattica che tali trattati
svolgevano e di come si sia andati via via verso la costituzione di un genere letterario utile per la
comprensione degli argomenti geometrici.
L'influenza successiva degli Elementi di Euclide non sarà mai sufficientemente esagerata. Essi
hanno pervaso la società culturale, prima greco-alessandrina e romana, poi quella araba, per
ritornare ad assumere un ruolo di privilegio nella cultura europea durante e dopo il medioevo. Non
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si tratta solo dell'uso del testo come libro di studi, ma lo stile degli Elementi è assurto ad esempio in
altre discipline. Ne abbiamo prova nel trattato Elementi armonici sulla teoria musicale di
Aristosseno di Taranto, in un testo del 1260- 65, La Rettorica di Brunetto Latini, di cui riporto un
passo:
«Ma ssì come dice e significano queste parole, per più chiarire l'opera è bene convenevole di dimostrare qui che
è cittade e che è compagno e che è amico e che è sapienza e che è eloquenzia, perciò che llo sponitore non vuole
lasciare un solo motto donde non dica tutto la 'ntendimento.».
Non sarebbe facile comprendere questo brano se non trasparisse in filigrana la struttura euclidea
degli Elementi, in cui i termini o sono primitivi o vengono descritti a partire da essi. La cultura
matematica era quindi nota a Brunetto Latini. Anche l'uso della parola dimostrare, richiama ad un
ambito matematico. In questo caso gli Elementi sono il modello che ha ispirato il testo che analizza
un'opera di Cicerone. Più avanti, nel XVII secolo Spinoza scrive Ethica more geometrico
demonstrata, in cui si avvale dello schema euclideo per condurre la sua argomentazione filosofica.
4. Funzioni della Matematica nella formazione. Si è già detto che da tempo, la Matematica
prende parte attiva alla formazione di base degli individui. Ma perché? E da quando questo avviene?
Ci sono evidentemente delle esigenze della vita comune, esigenze che possono essere soddisfatte da
semplici calcoli o, come avveniva fino nei primi anni del XX secolo, mediante testi di cosiddetta
Aritmetica pratica, manuali di conti fatti. Si hanno esempi nella cultura mesopotamica. Il
commerciante che doveva eseguire addizioni e moltiplicazioni, riusciva egualmente (anche se con
qualche difficoltà) a svolgere i suoi compiti, basandosi su questi manuali, antenati aritmetici dei
cosiddetti manabili in uso presso gli studenti. Lo sviluppo dell'alfabetizzazione ha fatto sparire
questi prontuari dei conti fatti, fino alla introduzione dell'Euro. Nei primi anni di applicazione della
moneta europea si potevano trovare esempi di calcoli presso i distributori di benzina e i negozianti.
E non è detto che, con l'analfabetizzazione di ritorno cui stiamo assistendo, tali prontuari di calcoli
non tornino in auge.
Ovviamente questa funzione "utilitaristica" della scuola non è condivisa da molti insegnanti né dagli
estensori dei programmi. Ridurre l'insegnamento ai soli fini pratici non è proposto né è pensabile
proporlo, in nessun progetto di riforma. Quindi c'è altro. Alcuni vedono nel metodo matematico il
contributo che la nostra disciplina dà alla formazione. In questo senso i programmi sono assai
espliciti. Il motivo è che un insegnamento solo di tecniche può essere a rischio di inapplicabilità
dall'oggi al domani dato che le trasformazioni sociali e tecnologiche hanno tempi molto rapidi.
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Quindi in prospettiva, nella formazione non è tanto importante un singolo contenuto, quanto un
contributo alla flessibilità.
Ed in questo al metodo matematico è dato grande risalto. Ma poiché non ha molto senso parlare di
metodo se non applicandolo, ecco che a volte nella scuola si perde di vista l'obiettivo primario (il
metodo) e ci si sofferma sui mezzi per raggiungerlo (le tecniche e i contenuti). Ciò spiega una
domanda ricorrente degli studenti, ma la matematica a cosa serve?
Così nella scuola sono contemporaneamente presenti fasi di apprendimento e di apprendistato.
Un detto del mio paese diceva «Studia il Latino che riuscirai bene nel commercio». Apparentemente
si tratta di una provocazione, ma qualcosa di vero c'è, dato la riconosciuta valenza formativa della
lingua Latina, da molti paragonata a quella della Matematica.
Ammesso che il metodo matematico abbia un ruolo nella formazione, è ovvio che tale metodo
propone il problema della sua acquisizione, con la sua specificità, quindi non è scorporabile il
problema generale della didattica da quello specifico della didattica disciplinare della Matematica.
Per questo coloro che si sono occupati di didattica della Matematica hanno portato un contributo a
delineare gli aspetti della Didattica generale.
Nella cultura occidentale la presenza della Matematica nella formazione è attestata nella Accademia
platonica: la frase apposta all'ingresso diceva «Non entri qui chi non conosce la geometria». In
modo più organico si attesta sicuramente a partire da Severino Boezio in poi, quindi dal VI secolo
d.C. La sua organizzazione della scuola venne seguita per diversi secoli, essa prevedeva lo studio
delle due categorie: qualità e quantità, in base a quiete e moto. Da questa scomposizione nascevano
le arti liberali organizzate nello studio del quadrivio: Aritmetica (quantità in quiete), Musica
(quantità in moto), Geometria (grandezze in quiete) e Astronomia (grandezze in moto). Lo stesso
Boezio scrisse trattati di Aritmetica e di Musica.
La proposta di Boezio, ha avuto vari aspetti di interesse. E' stata formulata in un periodo di grandi
problemi sociali e politici, le invasioni barbariche, ed ha retto alle invasioni stesse, rimanendo in
auge per buona parte di tutto il medioevo. Era rivolta ad una classe molto ristretta di persone, ma la
sua proposta ha avuto il pregio di configurare gli studi superiori. Infatti il Quadrivio era riservato
alla continuazione degli studi, dopo il trivio, costituito da Grammatica, Dialettica e Retorica.
Da un altro punto di vista la proposta di Boezio si opponeva in modo drastico ad un diffuso modello
didattico di apprendistato, che si trova presentato in testi ad esempio di Catone il Censore (234 149 a.C.). Egli sia in un trattato di Precetti al figlio Marco, sia nel testo Agricoltura, sostiene che
bisogna seguire il mos maiorum, cioè i costumi e gli esempi degli antenati. E questa impostazione si
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ripresenta anche nel testo De re rustica di Columella (I sec. d.C.) e continua in tutta la romanità.
Questo modo di intendere è sancito da un editto di Diocleziano (245 - 313 d.C.) che imponeva ai
figli di continuare il mestiere dei padri.
Ancora oggi il modello dell'apprendistato è presente nella formazione dell'insegnante (tirocinio): in
Inglese è presente sia la parola formation sia la parola training, la prima utilizzata in accezione
geologica o militare. La seconda si incontra più spesso nella letteratura didattica corrispondente alla
nostra formazione, ma ha un altro significato. Secondo un dizionario inglese il significato di
training è: teaching and forming by practice. Quindi l'esercizio pratico è parte integrante della
formazione, anzi preminente. In essa lo specializzando è attivo, ma rischia di essere un
apprendistato in cui il soggetto ripete quanto fatto da altri, riproducendo forse quanto fatto dai suoi
insegnanti. Questo fenomeno è stato osservato anche nella nostra SSIS, nella fase di tirocinio: in
alcuni casi in cui gli specializzandi avevano trovato ospitalità proprio nelle classi dei loro insegnanti
e si "adeguavano" alla didattica che avevano sperimentato sui banchi di scuola, seguendo così il mos
maiorum.
Ma è possibile oggi un apprendistato in Matematica? Gli studenti credono forse di sì, gli insegnanti
pensano il contrario. Questa differenza è forse riconducibile, in modo grossolano alla differenza tra
imparare a memoria e capire.
Ciò si incontra spesso nell'apprendimento dei teoremi: lo studente impara a memoria enunciato e
dimostrazione, l'insegnante cerca di fare comprendere il ragionamento utilizzato, anzi, dopo alcuni
tentativi infruttuosi decide che basta l'enunciato e la dimostrazione viene abbandonata. Alcuni
ritengono che l'introduzione di strumenti informatici possa favorire questo processo. In un certo
senso la Matematica diviene un paradigma per tutta la didattica: il modello di successo è quello dei
quiz per l'esame di patente, che si ripresenta in alcuni test di ingresso all'università nei corsi a
numero chiuso. Basta imparare a memoria un buon numero di domande e le relative risposte, per
avere la certezza di superare l'esame anche senza avere capito.
La metafora del computer può essere illuminante: avendo inserito tutte le domande e tutte le risposte
corrette in un computer, esso riuscirebbe a rispondere ai quiz proposti nel migliore dei modi, ma non
credo che sia possibile per questo dare ad esso la patente di guida.
Se le strade dell'apprendistato sono da escludersi, almeno per quanto riguarda il metodo matematico,
resta grande il problema di come svolgere l'insegnamento per facilitarne l'apprendimento. I
matematici hanno fornito esempi e proposte, come si è visto, a partire dai tempi antichi.
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Un esempio importante è offerto dalle lezioni svolte da Lagrange presso
la École Normale Supérieure di Parigi, in cui vengono presentati
argomenti di aritmetica ed algebra, facendo ricorso a esempi semplici e
ben consolidati, come spunto per considerazioni ben più complesse,
utilizzando la storia e l'epistemologia per delineare lo sviluppo nel tempo
Giuseppe Luigi Lagrange
(1736-1813)
dei problemi e delle loro soluzioni.
L'esempio di Lagrange è vivo nell'attuale Scuola di specializzazione, la
cui norma istitutiva esplicitamente richiede che gli argomenti disciplinari (e non solo matematici,
che hanno una lunga e ‘densa’ storia, ma anche quelli recenti: Epistemologia e storia della Scienze
motorie!) siano trattati dal punto di vista storico ed epistemologico, nonché didattico.
5. I contributi matematici alla didattica. Vediamo ora alcuni contenuti matematici che hanno
influenzato la Didattica. Il più importante è sicuramente dato dalla versione matematica dello
Strutturalismo. Lo strutturalismo è nato in ambito linguistico. L'atto di nascita riconosciuto è la
pubblicazione postuma nel 1916 del Corso di Linguistica di De Saussure. In esso, escludendo gli
aspetti pragmatici, si incentra l'attenzione agli enunciati ed alle loro parti, trascurando così
intenzioni, intonazioni, situazioni ecc. Il metodo dello strutturalismo linguistico è poi stato applicato
in vari campi, in particolare la critica letteraria e l'antropologia. In Matematica si ritrova nell'opera
di Bourbaki, gli Éléments de Mathématique. Ad iniziare dal 1939, il gruppo di matematici francesi
(ma anche di altre nazionalità) raccolto sotto il nome di Nicolas Bourbaki, ha presentato una
riorganizzazione della Matematica basata sul concetto di struttura madre. Sono strutture madri
quelle di ordine, quelle algebriche e quelle topologiche. I vari ambiti matematici si ottengono come
esempi di tali strutture madri (ad esempio i gruppi, gli anelli, ecc., gli ordini lineari, i reticoli), o
dalla combinazione di strutture madri raccordate tra loro (ad esempio, l'analisi, i gruppi topologici, i
campi ordinati, ecc.).
In un certo senso Bourbaki si può ritenere l'artefice realizzatore del programma di Hilbert. La
matematica post-bourbakista è riconoscibile per la presenza del linguaggio degli insiemi, usato a
diritto e a sproposito per ripresentare le varie parti della matematica.
Ampiamente influenzata da questi aspetti dello strutturalismo, è l'opera di Jean Piaget (1896 1980). La sua formazione giovanile a contatto con pragmatisti (William James (1842 - 1910)) ed
epistemologi (Léon Brunschvicg), lo spinge ad approfondire su base empirica la ricerca
epistemologica. Queste esigenze lo avvicinano alla psicologia. Grazie al suo approccio assai
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originale, riuscì a dimostrare la differenza qualitativa tra il pensiero adulto e quello dell'età
evolutiva, ma anche l'esistenza di fasi diverse e differenziate nello sviluppo cognitivo. Il suo assunto
principale è che l'attività cognitiva non può essere studiata e valutata con leggi di tipo fisico e
biologico. La posizione che elabora è nota col nome di epistemologia genetica, lo studio di come si
formino i concetti matematici e linguistici nel fanciullo, con grande attenzione ad aspetti logici. Il
suo contributo è più di carattere epistemologico che psicologico. Le idee di Piaget hanno avuto
ampio spazio e risonanza anche in campo pedagogico. Ad esempio la sua indagine sulla formazione
delle strutture nello sviluppo cognitivo ha dato una giustificazione al rinnovamento mondiale
dell'insegnamento della matematica, in Italia noto col nome di Matematica moderna o, in modo più
riduttivo, per sineddoche, Insiemistica. Tale tipo di approccio è rimasto tuttora in ambito
universitario, mentre dopo una fase di entusiasmo nella scuola preuniversitaria, è caduto in
disgrazia, complice la mancanza di formazione da parte degli insegnanti chiamati a gestirlo. Nella
situazione attuale, le difficoltà sulla Matematica che incontrano gli studenti nei primi anni
dell'università nei corsi di laurea di tipo scientifico, possono essere causate proprio per queste
diverse prospettive. Le ultime proposte di programmi nella scuola vanno in direzione contraria ad
un’impostazione basata sullo strutturalismo.
6. Problemi e problem solving. Un altro importante contributo matematico alla didattica è offerto
dal Problem Solving. Già Alexis Claude Clairaut (1713 - 1765) diceva nei suoi Elementi di
Geometria del 1741, testo che ebbe numerose edizioni e diffusione in tutta Europa,
«Mi è sembrato più opportuno (al posto di seguire la via deduttiva), di impegnare continuamente i miei lettori a
risolvere problemi, vale a dire di cercare i mezzi per fare qualche operazione o di scoprire qualche verità
sconosciuta… Seguendo questa via, i principianti comprendono che ad ogni passo che si fa fare loro, la ragione
che spinge l'autore, e da ciò che essi possono più facilmente acquisire più facilmente lo spirito della scoperta.»
Il problem solving propriamente detto è stato introdotto nel 1945 da K. Duncker e soprattutto da
George Polya, un importante matematico applicato, che però si è posto il problema dei problemi.
La sua attenzione si è rivolta dapprima ai problemi di matematica, ma poi la sua elaborazione si è
estesa ad altri campi ed ha trovato applicazioni in ambito scientifico e, come metodologia, ha
assunto aspetti didattici assai generali. Oggi il problem solving si è arricchito di vari e diversi
aspetti; accanto ad esso si sono più recentemente teorizzati il problem posing e il problem raising.
Interessante osservare che un approccio di tipo problem solving è presente anche nei Programmi
Gentile del 1923, a proposito però dell'insegnamento della Lingua italiana.
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L'importanza del problem solving nella didattica è dovuta al fatto che un esempio di problem
solving può essere assimilato ad un modello (in piccolo) del processo di apprendimento, ed esso
quindi coinvolge non solo gli aspetti cognitivi, ma tiene conto anche di aspetti emozionali e
metacognitivi che intervengono e talvolta interferiscono pesantemente con le prestazioni del
discente. E' infatti possibile constatare che allievi in grado di risolvere correttamente problemi sono
a volte impediti a farlo dalla sola presenza della parola "problema". Più raramente in alcuni altri è
possibile osservare un miglioramento delle prestazioni proprio sotto il "pungolo" della stessa parola.
Il più delle volte i "pregiudizi" del soggetto causano una decisione "a priori" di non mettere in gioco
le proprie conoscenze e competenze.
Gli aspetti più rilevanti che entrano nell'attività del problem solving sono
- il soggetto che risolve il compito proposto.
- la consegna
- l'ambiente in cui il soggetto svolge la consegna.
Ciascuno di questi fattori può essere a sua volta ulteriormente scomposto ed analizzato e i vari
aspetti possono essere oggetto di osservazione e controllo sperimentale. Ad esempio il soggetto può
essere analizzato almeno secondo i seguenti aspetti:
- caratteristiche oggettive quali età, sesso;
- caratteristiche che possono essere modificate dai processi di insegnamento: stile cognitivo,
attitudini, capacità, interesse, motivazione, credenze, conoscenze, ecc.
- variabili relative ad aspetti scolastici: il tipo di scuola, la classe, gli argomenti studiati,
ecc.
L'analisi delle variabili didattiche coinvolte nella consegna, descrivono almeno parzialmente gli
aspetti più significativi quali:
- il contenuto (che si riferisce ai significati matematici);
- il contesto (che si riferisce ai significati non matematici);
- la sintassi (che descrive il modo di combinare i simboli e le parole in un problema);
- la struttura ( che si riferisce alla disposizione dei vari elementi del problema e delle
relazioni tra loro e dei dati matematici).
Infine le variabili relative alle condizioni ambientali nei quali il soggetto si trova calato; esse
descrivono il contesto fisico, psicologico e sociale in cui si svolge l'attività di problem solving. Tra
essi anche i fattori relativi all'istruzione.
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L'attività di problem solving si conclude con un prodotto che è influenzato dalle variabili in gioco.
Un tale prodotto è la conclusione esplicita di tutta una serie di processi attivati dal soggetto o subiti
da lui, processi che possono essere implicite o esplicite, processi consci o inconsci.
A loro volta i prodotti e i processi possono essere analizzati utilizzando altre variabili didattiche. Le
variabili relative al prodotto hanno a che fare con l'ottenimento della soluzione; esse includono, ad
esempio, il tempo utilizzato per risolvere il problema, la correttezza o meno della soluzione, ma
anche l'eleganza della soluzione o il numero delle soluzioni trovate, ecc.
Le variabili didattiche relative ai processi coinvolgono i comportamenti individuali utilizzati in fase
di soluzione, i processi euristici usati, gli algoritmi impiegati, i vicoli ciechi imboccati e il percorso
seguito dallo studente. Queste ed altre variabili possono essere evidenziate mediante la richiesta di
verbalizzazione scritta dei procedimenti.
Naturalmente, la realizzazione del problem solving, caratterizzata più dalle relazioni tra i suoi propri
elementi, piuttosto che dagli elementi stessi, è di fatto troppo complessa per essere descritta
mediante un qualsiasi tipo di schema. Tuttavia una proposta di Kilkpatrick e Lester è la sintesi che
meglio può essere utile per interpretare le attività di studio e controllo sul problem solving.
consegna
processo
prodotto
ambiente
soggetto
Ciascuna di queste componenti poi viene pensata suddivisa in varie fasi e studiato mediante variabili
didattiche diverse. Anche nei casi più semplici il problem solving coinvolge complesse dinamiche
tra almeno due dei fattori che sono indicati nello schema (e delle loro scomposizioni). In generale
bisogna porre attenzione su una o più variabili indipendenti per analizzare di come varino i processi
e i prodotti.
Se si prende in mano il testo originale di Polya, ci si accorge di come le idee sopra esposte siano di
fatto un arricchimento della problematica che Polya stesso pone al centro della sua proposta.
Dice infatti l'autore ungherese che per risolvere un problema si deve, in successione,
I - Comprendere il problema.
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II - Concepire un piano: trovare il rapporto tra i dati e l'incognita, e questo può costringere a
considerare problemi ausiliari, se non si trova un rapporto immediato. Sulla scorta di questa
eventuale scomposizione, ottenere alla fine un piano per ottenere la soluzione.
III - Mettere in esecuzione il piano.
IV - Esaminare la soluzione ottenuta.
Si dilunga poi per schiarire il significato della sua proposta.
«Comprendere il problema:
• Qual è l'incognita? Quali sono i dati? Qual è la condizione?
• è possibile soddisfare la condizione? La condizione è sufficiente per determinare l'incognita? È insufficiente?
Ridondante? Contraddittoria?
• Disegnate una figura. Introducete una notazione appropriata.
• Distinguete le diverse parti delle condizioni. Potete esprimerle in formule?
Concepire un piano:
• L'avete già incontrato? Oppure avete incontrato lo stesso problema sotto una forma leggermente diversa?
• Conoscete un problema che richiami questo? Conoscete un teorema che possa essere utile?
• Guardate bene l'incognita e cercate di pensare ad un problema che vi sia familiare e che abbia la stessa
incognita o un'incognita simile.
• Trovate un problema che richiami questo e che avete già risolto. Potreste servirvene? Potreste servirvi del suo
risultato? Potreste servirvi del suo metodo? Avreste bisogno di introdurre un elemento ausiliario per cercare di
servirvi del problema precedente?
• Potreste enunciare il problema in modo diverso? Potreste enunciarlo in un'altra forma ancora? Riagganciatevi a
definizioni note.
• Se non potete risolvere il problema che vi è stato proposto cercate dapprima di risolvere il problema che lo
richiami. Potreste immaginarvi un problema che sia collegato a quello proposto e che sia risolubile più
facilmente? Un problema più generale? Un problema più particolare? Un problema analogo?
Potreste risolvere una parte del problema? Ponete attenzione solo ad una parte della condizione, trascurando
momentaneamente il resto; in quale misura viene allora determinata l'incognita, come può variare? Potreste
ricavare elementi utili dai dati? Potreste pensare ad altri dati che vi potrebbero permettere di determinare
l'incognita? Potreste cambiare l'incognita o i dati, oppure entrambi, se è necessario, in modo che la nuova
incognita e i nuovi dati siano più "vicini" l'una agli altri?
• Avete utilizzato tutti i dati? Vi siete serviti della condizione per intero? Avete tenuto conto di tutte le nozioni
essenziali che comportava il problema?
Mettere in esecuzione il piano:
• Mettendo in esecuzione il piano, verificatene in ogni dettaglio l'uno dopo l'altro. Potete vedere chiaramente se
questo dettaglio è corretto? Potete dimostrare se è corretto?
Esaminare la soluzione:
• Ritornare sulla soluzione.
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• Potete verificare il risultato? Potete verificare il ragionamento?
• Potete ottenere il risultato in modo differente? Potete coglierlo con un "colpo d'occhio"?
• Potete servirvi del metodo o del risultato per qualche altro problema?»
Il testo di Polya passa poi alla esemplificazione di questo punti da lui indicati come essenziali nello
svolgimento e nella soluzione di problemi.
Questo approccio, nato in ambito tipicamente matematico e da parte di un matematico è stato
applicato largamente in campi diversi dalla Matematica.
Ma attenzione, bisogna distinguere tra problemi e esercizi. Di solito gli esercizi richiedono di
applicare conoscenza già stabilite, il problema a sua volta richiede di incrementare le conoscenze al
fine di costruire (come dice Clairaut) una nuova e più ricca conoscenza.
Ovviamente ci possono essere consegne che sono problemi per alcuni studenti ed esercizi per altri:
il calcolo della derivata in 3 di f(x) = x2 - 5x, dovrebbe essere un esercizio per studenti iscritti al
terzo anno di Matematica, sicuramente è un problema irresolubile per quelli di prima elementare. In
questo si può vedere anche l'importanza del concetto di zona di sviluppo prossimale dovuto a
Vygotskij. Il problema, se problema è davvero, va scelto da parte del docente in modo che si
collochi in tale zona, cioè per esso sia possibile una strategia di soluzione che sia innovativa ma non
troppo lontana dalla conoscenza consolidata.
Quindi si può porre il quesito sulla derivata al quarto anno di liceo scientifico, come un vero e
proprio problema, ma prima sarebbe ben al di fuori della zona di sviluppo prossimale.
L'approccio per problemi, che come visto ha ormai una lunga tradizione, è sicuramente preferito in
tutti quei modelli didattici che si ricollegano al costruttivismo, dato lo spazio di "costruzione" che lo
studente ha in proprio, nella fase di analisi e di tentativi di soluzione del problema. È quindi nella
fase di processo, più che sul prodotto, che si applica l'attenzione dello sperimentatore. Ed infatti
sono più spesso i processi che vengono richiesti, discussi collettivamente e sfruttati.
Ovviamente in queste posizioni si risente dell'influenza di Popper e di Lakatos. Il porre in
discussione lo strumento deduttivo a favore della fase di scoperta fa parlare della Logica della
scoperta. Essa si avvale di processi ben diversi. Anche il termine Logica spesso utilizzato, rischia di
essere improprio. Sarebbe meglio parlare di Argomentazione della scoperta, dato che nelle fasi di
scoperta non sono da escludere errori, vicoli ciechi, tentativi falliti.
Si tratta quindi di una ricerca euristica che appunto è stata teorizzata da Polya e ripresa anche da
altri. Ad esempio Lakatos nel 1976 in Proof and refutation a proposito dei metodi euristici per
dimostrare congetture forniva le seguenti regole:
- 12 -
C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
«Regola 1. - Se hai una congettura, preparati a dimostrarla e a confutarla. Esamina attentamente la dimostrazione
e fai un elenco dei lemmi non banali (analisi della dimostrazione); trova controesempi sia alla congettura
(controesempi globali) sia ai lemmi sospetti (controesempi locali).
Regola 2. - Se hai un controesempio globale scarta subito la tua congettura, aggiungi alla tua analisi della
dimostrazione un conveniente lemma che verrà confutato dal controesempio e sostituisci la congettura scartata
con una congettura migliorata che incorpori quel lemma come una condizione. Non permettere che una
confutazione venga liquidata come una mostruosità. Cerca di rendere espliciti tutti i "lemmi nascosti".
Regola 3. - Se hai un controesempio locale, fai un controllo per vedere se non è anche globale. Se lo è, puoi
facilmente applicare la Regola 2.
Regola 4. - Se hai un controesempio che è locale ma non globale, cerca di migliorare la tua analisi della
dimostrazione sostituendo il lemma confutato con uno non falsificato.
Regola 5. - Se hai controesempi di qualsiasi tipo, cerca di trovare, mediante un tirare - a - indovinare deduttivo,
un teorema più profondo per il quale essi non siano più controesempi.»
Da queste parole si coglie l'importanza dei controesempi, spesso liquidati in modo sbrigativo.
Didatticamente il controesempio come l'errore, offre un ampio spazio di azione all'insegnante ed
alla classe. Dal brano di Lakatos inoltre si coglie la stessa tendenza di Polya, di scomporre un
quesito in parti, sempre più semplici o più affrontabili (sottoproblemi o lemmi). È questo un
carattere generale del ragionamento euristico.
7. Altri apporti della Matematica alla didattica. Chiedo scusa se in questa parte parlo delle mie
idee personali di come argomenti matematici possano intervenire in didattica.
L'esperienza che motiva queste mie parole è in parte diretta in classe ed in parte indiretta (tesi
Nicola Alberti).
Uno strumento matematico che intendo suggerire è dato dalle sostituzioni (ss). Le sostituzioni di cui
parlo devono intendersi nel senso in cui vengono introdotte in Logica Matematica, non come
permutazioni su insiemi finiti. La loro importanza nell'insegnamento, dalle scuole elementari in poi,
non mi sembra sia stata sufficientemente messa in risalto.
Per evidenziare l'impatto delle sostituzioni sulla formazione degli alunni, mi avvalgo di due brevi
citazioni, tratte da Il numero linguaggio della scienza di Tobias Dantzig:
«Oggi le formule in cui le lettere rappresentano valori qualsiasi sono familiari quasi quanto la scrittura comune, e
la nostra capacità nel trattare i simboli è da molti considerata quasi come una dote naturale di qualsiasi persona
intelligente, ma essa è naturale soltanto perché è divenuta un'abitudine costante delle nostre
menti. (T. Dantzig) » (pag.
91);
- 13 Henri Poincaré
(1854-1912)
C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
«I matematici non si occupano degli enti, ma delle relazioni tra gli enti; sono perciò liberi di sostituire alcuni enti
con altri, finché le relazioni rimangono invariate. Il contenuto per essi non ha importanza; è alla forma soltanto
che s'interessano. (Poincaré) » (pag.
334).
Queste citazioni offrono motivo di riflessione didattica e metodologica. Un primo problema è capire
se le persone intelligenti sono tali perché hanno appreso a trattare i simboli, oppure se ciò è
avvenuto in quanto sono intelligenti. Ridotto a più semplici parole: il giusto modo di manipolare i
simboli è frutto di abilità acquisite (un'intuizione secondaria, nel senso di Fischbein, o di capacità
innate (un'intuizione primaria)? Il testo di Dantzig sembra avallare la prima ipotesi, ma, per quanto
mi risulta, dal punto di vista pedagogico e psicologico è un problema non sufficientemente trattato.
Comunque sia, non è giusto far "dormire" questa capacità/abilità fino alla fine delle elementari, se
non più tardi, e non sfruttarla in Matematica, né svilupparla adeguatamente.
Poincaré avverte che l'attenzione dei matematici è incentrata più sulle sostituzioni che si possono
compiere tra gli enti, che sulla natura degli enti stessi. In questa ottica è utile che vengano trattati
anche aspetti che riguardano la forma delle scritture, soffermandosi sulle regole con cui da una
scrittura si passa ad un'altra, con lo scopo di fornire basi concettuali e metodi matematici per la
formazione della persona. Spesso la "educazione alla forma", in Matematica, non viene
consapevolmente trattata, forse perché ritenuta banale (o innata), o più semplicemente in quanto non
considerata importante, affermazione questa condivisa anche da Byers e Erlwanger:
«Yet, many educators are unwilling to accept the idea that mathematical form calls for a special kind of
understanding, distinct from the understanding of content».
Non mi stupirei se sperimentalmente si mettesse in luce che, nei discenti, alcune difficoltà di
appropriazione dei concetti dipendono da un addestramento carente su questi aspetti.
Anche oggi, nonostante che argomenti di Logica (matematica o no) siano entrati nei programmi, si
dedica poca attenzione agli aspetti morfologici, rispetto agli aspetti di natura semantica.
Per progettare attività sulle ss e per prevedere le difficoltà degli allievi si devono considerare le
varie caratteristiche delle ss. Le sperimentazioni da me eseguite e dirette hanno rivelato che le ss
sono un "termometro" sensibile alla determinazione di carenze cognitive.
Resta da appurare se l'eseguire correttamente ss sia un'abilità o una capacità.
Potrebbero essere oggetto di ricerche quanto e come il "veicolo" fisico usato per le ss e le
rappresentazioni iconiche o simboliche influenzino i risultati dei fanciulli.
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C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
Illustro ora, con esempi, una proposta di classificazione, lungi dall'esser esauriente, originatasi come
analisi a priori dalla preparazione d'uno strumento d'indagine statistica, diretto a bambini delle
scuole elementari.
Nelle sostituzioni si individuano tre componenti: la configurazione iniziale (CI), quella finale (CF)
ed il codice (CD). Sulla base di ciò le ss si possono classificare in:
CI
dirette :
CD
incognita : CF
CI
dati :
CF
incognita : CD
inverse :
CF
dati :
CD
incognita : CI
dati :
Nelle ss dirette viene richiesta la CF e le ss vengono effettuate sulla CI scritta, simbolica o verbale,
operando con il codice dato; nelle inverse si richiede il codice utilizzato per passare dalla CI alla
CF, assegnate, oppure la CI noti gli altri due aspetti. Le ss dirette sono più "meccaniche", quelle
inverse richiedono il riconoscimento di aspetti più astratti e per questo solitamente sono più
"difficili". Spesso le CI e CF vengono date implicitamente ed il codice può apparire sotto forma di
un'eguaglianza.
Il seguente esempio mette in rilievo l'uso delle ss:
Il cortile della scuola è quadrato, di perimetro 36m; quanto misura il lato?
Per meglio evidenziare le ss, tralasciamo le "marche".
Alla lunghezza perimetro associamo il numero 36. La CI, p = 4⋅l, è implicitamente contenuta nel
dato "il cortile è quadrato". A questa configurazione si applica dapprima la sostituzione diretta di
CD p = 36 e si ottiene una prima CF: 36 = 4⋅l. Assumendo 4⋅l come nuova CI, dal primo membro
dell'eguaglianza si deduce la CF 4⋅9 = 36 determinata usando le tabelline. Si applica una
sostituzione inversa, e non dalla soluzione di un'equazione, per cui dal confronto tra CI 4⋅l e CF 4⋅9
si ottiene il CD, l = 9. La soluzione del problema completa del quesito si ottiene ripristinando la
"marca", così l = 9m. Il problema è risolubile mediante un’equazione di primo grado, strumento non
disponibile ad un bambino di quarta elementare. La tecnica di soluzione non imita (nascondendolo)
il procedimento di soluzione di un’equazione, cosa che spesso capita, ma procede per un’altra strada
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C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
compatibile con le conoscenze del bambino. Certamente bisogna avere un’agilità nell’applicazione
delle sostituzioni che potrebbe sembrare assai improbabile trovare in una scuola elementare, eppure
i problemi vengono risolti e le esperienze fatte nella scuola elementare confermano che queste
capacità /abilità sono presenti.
Alcuni testi per le superiori distinguono tra le ss: le dirette sono le ss per antonomasia; quelle
inverse fanno intervenire gli artifici. Ad esempio: risolvere col metodo di sostituzione il sistema
3x + y = 5
x− y = 7
da cui
3x + y = 5 (CI)
; per sostituzione diretta del CD nel primo membro, si risolve il sistema,
x = 7 + y (CD)
passando attraverso la CF 3(7+y) + y = 5.
Nello stesso testo si chiede di risolvere il sistema (CI)
stato lo stesso se scritto
( x 2 + 7) − ( y 3 + 5) = 0
. Il sistema sarebbe
2( x 2 + 7) + 3( y 3 + 5) = 3
x2 + 2 = y3
, ma in questo modo non sarebbe evidente la CF
3 y 3 = −2(13 + x 2 )
z −t = 0
che è data implicitamente dalla collocazione dell’esercizio nel testo tra gli esercizi
2 z + 3t = 3
risolubili con artifici e dalla presenza delle parentesi, messe apposta per suggerire la CF della ss.
Dunque la difficoltà dell’esercizio consiste nella determinazione del CD, il cosiddetto artificio:
x2 + 7 = z
. Si tratta quindi di applicare una sostituzione inversa.
y3 + 5 = t
Si noti che chi avesse sviluppato i calcoli, a partire da
giungere a (CI)
( x 2 + 7) − ( y 3 + 5) = 0
avrebbe potuto
2( x 2 + 7) + 3( y 3 + 5) = 3
x 2 − y 3 = −2
risolubile anch’esso con una sostituzione inversa, stavolta (CF)
2 x 2 + 3 y 3 = −26
z − t = −2
, mediante l’artificio (CD)
2 z + 3t = −26
x2 = z
. Come si vede con gli stessi dati non c’è
y3 = t
univocità di trattamento. La soluzione sarebbe comunque la stessa.
Un’altra variabile didattica da tenere sotto controllo è la complessità del CD; essa è data dal numero
degli enti presenti nel CD, per cui si parla di codici univoci o plurivoci. Bisogna porre attenzione
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C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
anche al modo di operare del CD sulle configurazioni assegnate. Uno schema può chiarire meglio. Il
CD può essere:
Univoco (con molteplicità n = 1)
.
Plurivoco (con molteplicità n ≥ 2)
In generale il bambino trova difficoltà con i codici non univoci; ciò non dovrebbe accadere con
l'adulto, ma i risultati di test somministrati ad insegnanti non confortano questa supposizione.
Più in dettaglio i codici si possono suddividere in:
rilevante
Univoco irrilevante
ambiguo
totalmente rilevante
CD
parzialmente rilevante
totalmente irrilevante
Plurivoco
parzialmente ambiguo
totalmente ambiguo
............................
Il CD è rilevante se opera sulla CI modificandola in modo da ottenere una CF diversa, irrilevante
altrimenti, ambiguo se opera su enti ripetuti o già presenti. Considerati gli esempi, di sostituzioni
dirette con CD univoco:
CI
CD
CF
CASA
S=R
CARA
CI
CD
CF
CASA
T =Z
CASA
CI
CD
CF
CASA
A= S
CSSA, CASS, CSSS, CSAS
Nel primo esempio il CD è rilevante, nel secondo è irrilevante, nel terzo è ambiguo. Quando la
molteplicità aumenta, possono presentarsi i casi sopra schematizzati. Valutando le risposte a quesiti
sulle ss, si deve tenere conto in modo assai accurato, delle difficoltà dell'esercizio proposto.
Un commento sui codici irrilevanti. Nelle sperimentazioni condotte (in Italia e in Repubblica Ceca)
il codice irrilevante è quello che offre il minor numero di risposte corrette, questo perché può essere
pensata la sostituzione come un processo. In questo caso il codice è una sorta di prescrizione e il
fatto che il risultato del processo sia la stessa configurazione iniziale mette in crisi questo approccio.
E’ la stessa difficoltà di accettare tra le trasformazioni geometriche anche quella identica, senza la
quale non si può parlare di gruppo di trasformazioni, e che forse ha ritardato l’individuazione e
l’accettazione della struttura di gruppo in Matematica.
Per quanto riguarda i codici ambigui, l’uso matematico direbbe che la risposta corretta sarebbe
CSSS. Questa scelta però richiede non solo di operare una sostituzione, ma di padroneggiare anche
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C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
le variabili, in quanto il CD A = S, va inteso: in tutte le occorrenze del simbolo A sostituisci S. Il
segno di eguaglianza per indicare il codice è discutibile. Si pone anche il problema, della simmetria
nei codici: forse la scrittura (che ha un aspetto funzionale) A → S, potrebbe evitare l’interpretazione
del simbolo di eguaglianza come un’eguaglianza simmetrica, per cui la risposta corretta nel terzo
esempio sarebbe CSAS. Ma sono numerosi i casi in Matematica in cui il codice è espresso con
un’eguaglianza, ad esempio nei sistemi. Anche in Geografia, talora sulle carte si trova scritto “1 cm
= 20 km”, e questa sicuramente non una delle solite “equivalenze” che vengono presentate alla
scuola elementare.
Valutando le risposte a quesiti che richiedano le ss bisogna tenere conto in modo assai accurato
delle difficoltà dell’esercizio proposto che non sono esclusivamente relative ai contenuti specifici.
Vi sono inoltre due tipi di ss: quelle articolate e quelle globali. Una sostituzione articolata agisce
sulle parti di un termine o un simbolo (anche grafico) composto, una cosa simile avviene con CD
ambigui. Con una sostituzione globale non si considerano le parti che compongono il tutto, ma la
sostituzione avviene, si può dire, d'un sol colpo. Una sostituzione globale si ha se sulla carta
geografica della Liguria si utilizza, per la città di Imperia, il primo dei segni sotto indicati, non
tenendo conto delle due realtà urbane di Oneglia e Porto Maurizio, per i quali sarebbe più adeguato
il secondo dei simboli riportati sotto (secondo stime forse non aggiornate).
La Matematica usa prevalentemente ss articolate, anzi si può mettere in luce la natura di
omomorfismo della sostituzione, vera ragione della sua "articolazione" 1. Nel calcolo letterale si fa
uso anche di ss globali. Nello sviluppo cognitivo dell'alunno spesso però gli aspetti sincretici sono
preminenti.
Gli ulteriori esempi che seguono vogliono provare che già nelle scuole elementari si utilizzano le
sostituzioni. Per questa fascia scolastica si possono palesare tre obiezioni: la prima afferma che
l'argomento è trattato nella normale programmazione 2, la seconda che si tratta di aspetti troppo
elevati per essere affrontati nella scuola primaria, la terza che nei programmi non è previsto
1
Per chiarire, si consideri il seguente esempio: data l’espressione a + a b, se il CD (di molteplicità 2) è a = 5 ; b = 7,
l’espressione si muta in 5 + 5 7. Così facendo si è operata una sostituzione articolata che ha lasciato inalterate le
operazioni di addizione e moltiplicazione. Ciò viene espresso affermando che le ss (articolate) hanno natura di
omomorfismo, vale a dire conservano le operazioni.
2
Ma a questo proposito, nei manuali per le scuole elementari da me consultati, non mi è capitato di vedere trattato
l'argomento. La stessa situazione si presenta nei testi per altri tipi di scuole. Nei testi, con poche eccezioni di Algebra le
sostituzioni vengono trattate solo in connessione con la soluzione dei sistemi o con il calcolo letterale.
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C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
esplicitamente questo tema. Nelle scuole secondarie la situazione non muta molto e possono essere
avanzate critiche analoghe all'introduzione delle sostituzioni come argomento didattico. Spero che
le osservazioni che propongo risultino convincenti indipendentemente dal tipo di scuola.
Rispondo subito alla prima obiezione: mi è capitato di vedere insegnanti che usano lo strumento
delle sostituzioni già nel primo ciclo delle Elementari, per far svolgere attività che hanno a che fare
con l'educazione all'immagine; anzi, già nella scuola materna vengono utilizzate le sostituzioni per
scopi di educazione psicomotoria. In una prima fase si tratta manipolazioni di rappresentazioni
simboliche ma dal punto di vista concettuale sono sostituzioni, con tanto di codice, configurazioni
iniziale e finale. Più avanti le sostituzioni vengono usate in Geografia, per leggere le carte
geografiche, in educazione stradale, ecc.
Si tratta sempre di ambiti che hanno poco contatto con la Matematica, almeno quella intesa in senso
tradizionale. In questa fase più matura si dovrebbe parlare di manipolazioni simboliche mediante le
quali si colgono, dalle rappresentazioni, informazioni riguardanti gli oggetti che i simboli
sostituiscono. Forse gli insegnanti ed i libri di testo non si rendono conto che tali attività sono
matematiche e possono essere proficuamente svolte alle elementari, senza attendere i problemi
dell'Algebra col Calcolo Letterale.
La seconda obiezione è contraddetta da quanto esposto sopra. Il fatto che normalmente nella prassi
si usino le sostituzioni, sta ad indicare che si possono usare; vale la pena allora di preparare gli
alunni al tema in modo adeguato. Per esempio, in Geometria, nelle scuole primarie, si usano
formule scritte in simboli o dette a parole: per esempio, le istruzioni che si impartiscono per
calcolare l'area del quadrato vengono espresse scrivendo
= l2 ,
oppure dicendo, verbalmente, che l'area si determina moltiplicando la misura del lato per se stessa.
Anche semplici problemi su questi argomenti possono dare origine a difficoltà.
Esse possono essere di due ordini: non aver capito come siano collegate tra loro la situazioneproblema e la rappresentazione, sia per incomprensione linguistica che conoscitiva; non aver colto il
modo di passare da una situazione linguistica alla sua espressione matematica.
Le sostituzioni entrano maggiormente in questa seconda fase. Talvolta i due atteggiamenti possono
essere contemporaneamente presenti ed è compito del docente discernere tra i due per un'efficace
azione didattica. Ma attendere gli ultimi anni della scuola elementare per impostare correttamente le
attività di questo tipo, mi sembra inopportuno, visto quanto detto sopra.
Viene poi da chiedersi se problemi di tale genere siano finalizzati
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C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
all'apprendimento di fatti geometrici o, appunto, dei meccanismi delle sostituzioni, meccanismi che
non vengono neppure spiegati.
Per la terza obiezione, dagli esempi portati, appare che, anche se i programmi non ne parlano
esplicitamente, i procedimenti e gli strumenti della sostituzione vengono utilizzati.
Questo è vero per le elementari ma è ancora più conclamato nei programmi per le Superiori.
Si ripete, a proposito delle sostituzioni, la stessa impostazione didattica di cui ha sofferto la Logica
nell'insegnamento fino a ieri. Basta riprendere l'introduzione dei libri di Matematica, o meglio di
Geometria, di alcuni anni fa. Uno per tutti "un" Palatini e Faggioli:
«[…] lo studio della matematica in generale e quello della geometria in particolare, costituisce una ginnastica del
cervello ed un'educazione formativa della mente. La matematica sviluppa tutte le facoltà dell'ingegno, affina in
particolare le facoltà logiche […], insegna a ragionare, a parlare con precisione a non accontentarsi più di sole
parole vuote.».
In queste parole c'è molta "verità", ma la posizione di subordinazione tra Matematica e Logica,
risente di una non aggiornata conoscenza dei risultati e delle idee della Logica (Matematica) di
questo secolo. Anche se la Logica era ritenuta importante la si doveva imparare senza che fosse
argomento esplicito di alcuna lezione, anzi strumenti per l'apprendimento erano, oltre alla
Matematica, le lingue morte, materie che "insegnano a ragionare".
Resi consci che, dal punto di vista didattico, certe omissioni sono dannose, il fatto che i programmi
non esplicitino cenni sull'insegnamento delle sostituzioni, non deve essere motivo per trascurarne la
presentazione dettagliata.
Si possono offrire numerosi esempi di uso delle sostituzioni in argomenti consueti della
programmazione didattica a partire dalla scuola primaria; qui interessano aspetti di riflessione
sull'argomento. Le sostituzioni e, in connessione con esse, le proprietà dell'eguaglianza sono
importanti nell'insegnamento; basti pensare alle tecniche di risoluzione di equazioni e sistemi
algebrici ed allo studio delle disequazioni, che utilizzano in vari modi tali concetti. Vi è poi una
finalità "diagnostica", riconosciuta alla Logica programmi del 1985 delle scuole elementari laddove
recitano:
«L'educazione logica, più che oggetto di un insegnamento esplicito e formalizzato, deve essere argomento di
riflessione e di cura continua da parte dell'insegnante, a cui spetta il compito di favorire e stimolare lo sviluppo
cognitivo del fanciullo, scoprendo tempestivamente eventuali difficoltà e carenze.»
Queste parole dirette agli insegnanti elementari hanno grande validità per i docenti di ogni fascia
scolastica. Con semplici esercizi sulle sostituzioni è facile evidenziare quelle difficoltà di cui parla il
legislatore. Ma forse l'aspetto che maggiormente giustifica un'accurata introduzione di questi
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C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
strumenti, fin dai primi anni di scuola, è la familiarizzazione precoce con le variabili e le costanti, al
fine di evitare la tendenza all'ipostatizzazione. Basta, ad esempio, suggerire l'uso delle variabili
come "risparmio" concettuale, quale si realizza dalla considerazione di numerosi casi, tutti sulla
stessa falsariga: così da 3+5 = 5+3, 2+7 = 7+2, 1+4 = 4+1, …, si giunge all'espressione a+b = b+a,
che viene intuita, anche da bambini di prima elementare, come il caso generale (forse meglio,
generico) da cui tutti i casi particolari discendono con opportune sostituzioni coerenti.
Data l'importanza scientifica e culturale di questi concetti, mi sembra assai utile fornire strumenti
didattici, quali le sostituzioni, per favorirne la comprensione. Non mi soffermo oltre su questi aspetti
e sui problemi relativi all'introduzione dell'Informatica, in quanto ampiamente trattati dalla
letteratura didattica, seppure con un'ottica diversa da quella che qui suggerisco.
L'esperienza indiretta di cui parlavo prima, è stata sviluppata da Nicola Alberti in una tesi di laurea,
da me seguita. Egli ha svolto un'analisi attenta ed esaustiva del testo dei programmi per le scuole
elementari e medie, non limitandosi alle parti relative alla Matematica.
Ogni volta che i programmi parlano di "coerenza", "consapevolezza", "riflessione", "autonomia",
"indipendenza di giudizio, di scelte", "decisione", "responsabilità", "conoscenza" e "comprensione",
in filigrana traspare la Logica in modo più o meno evidente.
Il maggior numero di "citazioni" logiche al di fuori della Matematica si ha nella Educazione
linguistica, per gli stretti legami di cui si è detto anche sopra. Le "operazioni mentali" che
compaiono
nella
parte
relativa
alla
lingua
italiana
richiedono
la
"simbolizzazione",
"classificazione", "partizione", "seriazione", "quantificazione", "generalizzazione", "astrazione",
"istituzione di relazioni" che si ritrovano allo stesso modo nell'ambito della Logica.
Riassumendo si possono identificare come classi omogenee di argomenti logici previsti dai
programmi (e non solo nella parte di Logica) i seguenti sei:
1. Classificazioni e insiemi;
2. Successioni;
3. Relazioni;
4. Simbolizzazioni formalizzazioni e linguaggi
5. Deduzioni
6. Situazioni combinatorie.
Questa prima grossolana ripartizione di argomenti logici viene ulteriormente raffinata fino ad
ottenere una griglia che serva come strumento di analisi e lettura sia dei programmi che dei testi.
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C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
Alcuni esempi per confermare quanto detto: quando i programmi di Lingua italiana richiedono nelle
indicazioni didattiche sulla lingua orale, richiedono di
«avviare l'alunno a riconoscere nei discorsi altrui e nei propri delle varianti […], ad individuare l'esistenza di una
gamma di usi specifici della lingua.»
questa attività è riferibile, anzi è assai più complessa ma è dello stesso tenore, di quella di
classificare oggetti (qui linguistici) secondo uno o più attributi.
Analoghe richieste di attività di classificazione si hanno in Aritmetica quando si chiede di
riconoscere i numeri primi e in Scienze quando si afferma
«l'insegnante stimolerà e guiderà gli alunni ad osservare, descrivere e confrontare gli elementi della realtà
circostante […] per individuare somiglianze, differenze ed interrelazioni».
Sempre in questo tipo di attività ricadono quelle parti del programma di Geografia in cui si invita a
«far acquisire uno specifico modo di osservare ed un linguaggio appropriato per descrivere e rappresentare […]
di ricercare l'informazione geografica, imparando a raccogliere, selezionare e controllare i dati».
Certamente in ambiti diversi dalla Matematica il linguaggio esprime con termini non sempre precisi
che il tipo di attività mentali ed operative richieste sono poi le stesse.
Tra il tema delle successioni si ritrova tutto l'apprendimento della scrittura come la capacità di
scrivere successioni di simboli, le lettere, come traduzione di successioni di suoni. Dalle lettere si
passa poi ai grafemi come corrispondenti dei fonemi. E' quindi necessaria
«la constatazione che le variazioni della scrittura sono dovute a variazioni degli aspetti fonici della lingua orale;
questa scoperta è facilitata dalla riflessione sul linguaggio parlato (percezioni, analisi e segmentazione del
continuo fonico) »
A questo stesso tema è ricondotta la "periodizzazione" che è richiamata nei programmi di Storia, ma
anche in Educazione all'immagine in cui si dice
«L'immagine è un messaggio, cioè una sequenza di segni, suoni, forme, ecc.»
Grande importanza ha nell'Educazione musicale cui si deve il concetto di "ritmo".
Il tema delle relazioni si trova sparso in tutte le aree culturali dei programmi, partendo dalla
premessa generale:
«per renderlo consapevole [il fanciullo] del suo rapporto con sempre un più vasto tessuto di relazioni e di
scambi»
Uno strumento per ottenere questo scopo è la lingua cui si richiede di fornire strumenti per la
«istituzione di relazioni (temporali, spaziali, causali) »
Contribuisce però anche la Lingua straniera che è finalizzata all'apprendimento
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C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
«delle strutture fonologiche, lessicali e morfosintattiche, presentabili in situazioni di contrasto o analogia con la
lingua italiana»
Ma la presenza del tema non si limita agli aspetti linguistici, in Geografia si parla de
«lo spazio rappresentativo come espressione di sistemi di valori (i luoghi di incontro e di scambio, di
celebrazione sacra e profana, di sede dell'autorità, ecc.)»,
richiedendo un continuo rapportarsi dell'individuo e della collocazione geografica con tali sistemi di
valori.
In Educazione all'Immagine si richiede poi di
«sollecitare l'alunno a decodificare i dati acquisiti, a dissociarli, a elaborarli prima di ricostruirli in modi e forme
nuovi […] di trovare ordine e forma, di ristrutturare e individuare i nuovi rapporti»
E' ben noto poi che nella Musica oltre al valore "assoluto" delle note c'è il valore relativo dei suoni
messi in luce dagli intervalli, di terza, di quinta, di ottava e così via, per cui è possibile eseguire uno
stesso brano in tonalità diverse.
Il tema delle simbolizzazioni, formalizzazioni, linguaggi sembra quello più specificamente
matematico e logico, ma una semplice riflessione fa comprendere che in prima elementare le lettere
sono puri simboli che stanno per suoni. Si fa poi riferimento nella parte introduttiva a vari tipi di
linguaggi, l'iconico, il musicale, il corporeo, il gestuale, il mimico,
«intesi quali opportunità di simbolizzazione, espressione e comunicazione [come espressioni della] capacità
dell'essere umano di tradurre in simboli e segni il suo pensiero e i suoi sentimenti».
Richiami alla specificità dei linguaggi delle singole discipline si trovano poi in tutte le aree, ad
eccezione di Religione.
Anche le deduzioni sembrano esser appannaggio dell'area matematica, anzi può venire il sospetto
che sia una richiesta troppo elevata. Ma nella parte I dei programmi si dichiara, con un certo rilievo,
che
«La scuola elementare pone così le basi cognitive […] che si articolano […] nella capacità di pensare il futuro
per prevedere, prevenire, progettare, cambiare e verificare».
Nella Lingua italiana si invita a considerare la lingua come
«strumento del pensiero […] perché sollecita ed agevola lo sviluppo dei processi mentali che organizzano […] i
dati dell'esperienza».
La capacità di prevedere, deducendo il futuro dalla conoscenza del presente viene evidenziata in
Scienze:
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C. Marchini - Appunti di Epistemologia e Storia della Matematica II - Scuola di Specializzazione per l'insegnamento
«di progettare soluzioni ed interpretazioni e, in certi casi, di effettuare previsioni, [ …] la capacità di formulare
semplici ragionamenti ipotetico-deduttivi»
Questo atteggiamento è richiesto anche in Storia laddove si parla di acquisizione della
«consapevolezza che ogni giudizio e ogni discorso storico devono avere la loro fondazione nella ricerca e nella
conoscenza delle fonti e nel rigore metodologico».
In Studi Sociali si persegue l'obiettivo di
«far acquisire conoscenza riflessa delle regole e delle norme della vita associata»
Poche parole per le situazioni combinatorie. La loro presenza nell'ambito del tema Logica si può
dire occasionale. Si ritrovano esempi nella parte relativa alla lingua italiana, ma sono un preliminare
al tema Probabilità, Statistica ed Informatica e, a mio parere, sarebbe stato più corretto collocarle in
quell'ambito.
Queste esemplificazioni permettono ora di apprezzare meglio la griglia proposta da Alberti per
l'analisi dei programmi, ma soprattutto dei testi. Nella sua tesi di Laurea egli analizza con l'occhio
"logico" numerose consegne e brani tratti da alcuni manuali che sono in commercio ed adozione.
Presenta in seguito l'analisi completa di questi testi, censendo statisticamente quante volte vengono
utilizzati gli argomenti posti come entrate nella griglia da lui proposta. Questo permette una
"fotografia" dell'impianto logico adottato nei manuali stessi. Interessante il confronto in verticale di
un testo nei due volumi per la classe prima e per la classe seconda, ed anche il confronto in
orizzontale tra testi per la stessa classe di autori diversi. I sussidiari per il secondo ciclo vengono poi
analizzati separando i vari "capitoli" in cui sono suddivisi per aree. Si prova in tal modo l'utilità
della griglia come strumento di conoscenza approfondita del testo.
Non credo che un’analisi analoga sarebbe possibile con altri temi matematici.
Autore: Titolo:
Casa Editrice: Anno di pubblicazione: Classe di riferimento:
numero pagine: n° pagine dedicate alla logica:
numero esercizi: n° esercizi dedicati alla logica: numero consegne:
Classificazioni
1.1.
analitiche
sintetiche
sintattiche
morfologiche
fonologiche
semantiche
con due o più attributi
Insiemi
1.2.
unione
intersezione
complemento
inclusione
(prodotto cartesiano)
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a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.
a.
b.
c.
d.
e.
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Successioni
2.
Relazioni
3.1.
Proprietà relazioni binarie 3.2.
Linguaggio
4.
Rappresentazioni
5.
Connettivi logici
6.1.
Quantificatori
6.2.
Deduzioni
7.
Situazioni combinatorie
8.
numeriche
spazio-temporali
causali
regolarità e ritmi
a.
b.
c.
d.
ordine
equivalenza
corrispondenze
spaziali
temporali
causali
appartenenza
funzioni
di arietà diversa da due
a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.
h.
i.
riflessiva
antisimmetrica
simmetrica
transitiva
antiriflessiva
intransitiva
a.
b.
c.
d.
e.
f.
lettura rappresentazioni iconografiche
lettura rappresentazioni simboliche
uguaglianza
rappresentazioni sagittali
lettura diagrammi
diagrammi ad albero
diagrammi di Eulero-Venn
diagrammi di Carroll
diagrammi di flusso
tabelle (semplici)
tabelle a doppia entrata
istogrammi
a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.
h.
i.
j.
k.
l.
iconografiche
simboliche
trasformazioni morfologiche
trasformazioni sintattiche
trasformazioni semantiche
variabili e sostituzioni
a.
b.
c.
d.
e.
f.
negazione
congiunzione
disgiunzione esclusiva
disgiunzione inclusiva
implicazione
equivalenza
a.
b.
c.
d.
e.
f.
universale
esistenziale
a.
b.
argomentazioni
richieste di coerenza
a.
b.
a.
Il tema delle sostituzioni è incluso in quello delle rappresentazioni, come trasformazioni
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morfologiche.
8. Uso della Matematica nella didattica. In parte in questo paragrafo si potrebbe fare rientrare
quanto detto in quello precedente. Ma c'è un uso strumentale della Matematica che interviene in
tutta la Didattica sperimentale. Si tratta della elaborazione statistica dei dati raccolti mediante
indagini sul campo. C'è tutta una parte, più specificamente docimologica che si avvale di strumenti
matematici, meglio forse statistici, per trarre conclusioni su ipotesi didattiche, su apprendimenti ecc.
Essa prevede indagini pianificate e si basa su piani di campionamento, analisi di scale, livelli di
misura e quant'altro. Spesso questi strumenti vengono utilizzati con molta pratica ma forse non con
altrettanta competenza.
Essi infatti sottintendono spesso ipotesi che non vengono sempre rispettate o comprese. Non sempre
le scale sono quantitative; a volte sono solo nominali o ordinali e quindi si possono prestare poco.
Nei fenomeni didattici spesso sono presenti distribuzioni bimodali e questo rende difficile applicare
teoremi che prevedono l'uso di distribuzioni normali (con le relative tavole) Lo stesso avviene in
presenza delle cosiddette distribuzioni a J. Talvolta poi i dati, per loro natura intrinseca sono
rilevazioni da presenze - assenze, cioè sono distribuiti in due soli valori.
Tutto questo fa sì che i problemi posti dalla didattica richiedano strumenti specifici. Uno di quelli
più aggiornati, che però trova applicazioni anche in campi delle scienze della natura, è l'analisi
implicativa elaborata recentemente da Regis Gras.
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