Contributi del geographical offender profiling all`investigazione dell

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Contributi del geographical offender profiling all`investigazione dell
CONTRIBUTI DEL GEOGRAPHICAL OFFENDER
PROFILING ALL’INVESTIGAZIONE DELL’OMICIDIO
Mario Meloni
Psicologo Forense e Criminologo, Servizio di Psichiatria Forense- DSM ASL 8 Cagliari, Giudice
Onorario presso Corte d’Appello di Cagliari
Via Cilea 32 Quartu Sant’Elena, 09045 (CA), e-mail: [email protected]
ABSTRACT
Il presente lavoro si focalizza sulle applicazioni del profilo geografico
dell’aggressore autore di omicidio.
Il profilo geografico dell’autore di reato, chiamato Geographical offender profiling
(GOP) o Geographic profiling nei paesi anglossassoni dove è nato, è uno degli ultimi
approcci di quella controversa e dibattuta applicazione di conoscenze nota di volta in
volta come Criminal profiling, Offender profiling, Psychological profiling, Sociopsychological profiling, Criminal psychological profiling etc.
Considerata da certi come un’arte e da altri come una scienza, il profiling è uno
strumento tra i tanti che può aiutare le investigazioni di polizia.
In Italia il profilo geografico, oltre che essere scarsamente impiegato in ambito
investigativo, è quasi totalmente ignorato dalle pubblicazioni scientifiche.
Per quanto riguarda questo lavoro, verrà realizzata unicamente una disamina e una
lettura del GOP in chiave scientifica, come proposto dai recenti lavori di David Canter,
sottolineandone i limiti e i pregi, analizzando quello che è un interessante impiego di
diverse discipline quali la psicologia, la criminologia ambientale, le scienze forensi, la
geografia alla conoscenza del reato, del reo e della probabile area contenente
l’abitazione di quest’ultimo.
Tale impiego, relativamente attuale, non presenta ancora robustezza ermeneutica tale da
poter essere considerata sempre come ‘la risposta’ a quei casi dove appare
incomprensibile la motivazione di un atto criminale, dove la soluzione del caso sembra
non giungere mai, dove le investigazioni permangono sospese su un punto morto.
Il GOP non deve sostituirsi alle tradizionali tecniche investigative, ma in taluni casi
integrarsi.
1
Ma l’aspetto che l’autore ritiene più utile e interessante, oltre la potenzialità
investigativa del GOP, è quello di approfondire la comprensione del comportamento
criminale nel suo complesso.
In quest’ottica si pone questo lavoro, che esporrà i risultati dei maggiori contributi
realizzati in questo campo.
Parole chiave: geographical offender profiling; omicidio; profiling; psicologia
investigativa; sistemi di supporto decisionale.
INTRODUZIONE
Generalmente i lavori scientifici inerenti l’omicidio e il crimine violento ne
affrontano gli aspetti psichiatrici e psicodinamici (Malmquist, 1996)1, psicopatologici2
o i legami con le condizioni economiche3, politiche4 e sociali5.
Altri esaminano l’omicidio nel suo aspetto seriale, attraverso le diverse tipologie6.
Altri ancora enfatizzano finalità investigative7, combinando elementi clinici e statistici,
introducendo il tema dell’omicidio e del profiling all’interno del più ampio spettro
riguardante l’investigazione criminale8; anche in Italia sono presenti contributi in tal
senso (Gulotta, Merzagora Betsos e coll., 2005)9.
In questa sede si illustreranno i principi del geographical offender profiling, ovvero le
risultanze dei principali studi sul comportamento spaziale dell’offender, le sue
applicazioni e il suo possibile impiego alla fattispecie dell’omicidio.
Questo lavoro, esaminando la letteratura scientifica, esporrà nel secondo, terzo e quarto
capitolo
principalmente i risultati e la sistematizzazione dei recenti contributi di
Canter e Youngs sull’argomento (Canter e Youngs, 2008).
Per prima cosa si affronterà l’omicidio e il profiling, ovvero gli studi e l’utilizzo del
profilo ai casi di omicidio, quasi sempre seriali.
1
Malmquist C. P., Omicidio. Una prospettiva psichiatrica, dinamica e relazionale, Centro Scientifico Editore, Torino,
1999.
2
Skodol A. E. (a cura di), Psicopatologia e crimini violenti, Centro Scientifico Editore, Torino, 2000.
3
Vedasi Matthews R. A. e coll. (2001) e Kubrin C. F. (2003).
4
Per esempio Chamlin M. B. e coll. (2006).
5
Broidy L. M. e coll. (2006) e Fox J. A. e coll. (2003).
6
Tra gli altri Schlesinger L. B. sull’omicidio catatimico e compulsivo (2004), l’ampliamento della definizione di
omicidio seriale di Dietz M. L. (1996) e, in Italia, il modello S.I.R. di De Luca R. (2001).
7
Geberth V. J., Sex-related homicide and death investigation, CRC Press, Boca Raton, 2003.
8
In tal senso Gardner R. M. e Bevel T. (2009) e Tong S. e coll. (2009).
9
Gulotta G., Merzagora Betsos I. e coll., L'omicidio e la sua investigazione, Giuffrè, Milano, 2005.
2
Nella seconda parte si tratterà delle origini e degli assunti del Profilo Geografico,
afferenti agli studi di Criminologia Ambientale dei Brantingham per esempio, alla
Psicologia Ambientale, alle teorie criminologiche quali la Routine Activity Theory e la
Rational Choice, fino alla più recente Psicologia Investigativa.
Gli assunti derivanti riguardano concetti quali la localizzazione, la scelta sistematica del
luogo del crimine, la centralità (Marauders e Commuters), l’analisi comparativa dei
casi (Case Linkage) etc.
Nella terza parte ci si concentrerà sulle applicazioni del GOP, nello specifico
all’omicidio, dove si evidenzieranno quei fattori costanti che rappresentano la struttura
portante del GOP, quali la distanza dell’abitazione dal luogo del crimine, le variazioni
per tipologia di aggressione, la funzione di decadimento, la ‘Buffer Zone’ (ovvero zona
cuscinetto), l’area criminale, le variazioni per tipologia di luoghi, la successione
temporale.
Nella quarta parte troverà spazio una sintetica descrizione dei Sistemi di Supporto
Decisionale, riprodotti da softwares che, incorporando le basi empiriche emerse dai vari
studi, agevolano le investigazioni sul dove cercare o sul come procedere.
Per ultime verranno esposte le conclusioni di questa essenziale trattazione.
1. OMICIDIO E PROFILING
Il primo esempio di profiling (in questo caso psicologico) risale alla seconda
guerra mondiale, quando negli Stati Uniti il capo dell’OSS (Office for Strategic
Service), William J. Donovan, commissiona allo psichiatra William Langer la
realizzazione di un profilo psicologico di Adolf Hitler.
Il profilo, che nel 1943 pervenne fino al presidente Roosvelt, venne realizzato in
collaborazione con altri scienziati, risulta di taglio psicanalitico, ed è composto di vari
capitoli, tra i quali il maggiormente noto e interessante è quello relativo alle possibili
‘soluzioni finali’ che Hitler avrebbe potuto mettere in atto nei propri confronti, tra le
quali spicca alla numero 8 il ‘commettere suicidio’.
L’altra storica applicazione di un profilo, nel particolare all’ambito criminale, è quello
prodotto dallo psichiatra James Brussel, per conto dell’ispettore Howard Finney.
L’oggetto del profiling era un individuo che, nella New York del ’40, depositava
ordigni esplosivi alternandoli a rivendicazioni tramite messaggi composti da lettere
ritagliate ed inviate a quotidiani.
3
Per più di quindici anni, quello che venne definito ‘Mad Bomber’, fece ritrovare oltre
una trentina di ordigni.
Il 20 gennaio 1957 venne arrestato George Metesky, anche per merito del profilo stilato
dal dottor Brussel. Tale profilo, molto dettagliato, integrava aspetti psicopatologici,
psicanalitici e derivanti dalla grafoanalisi.
Eclatante resta la ‘profetica’ descrizione dell’abbigliamento del criminale, riguardo al
doppio petto scuro, accuratamente abbottonato, che effettivamente Gorge Metesky
indossava al momento dell’arresto.
Negli anni successivi James Brussel proseguì il suo lavoro come profiler, occupandosi
di diversi casi noti alla cronaca.
In seguito, negli anni settanta, altri psicologi e psichiatri si cimentarono col profiling.
Per esempio il professor Murray Myron sul caso del serial killer David Berkovitz, noto
come il “figlio di Sam”.
In Inghilterra, nel 1974, il dottor Patrick Tooley esegue un identikit sull’omicida di
Susan Stevenson, Peter Stout, poi arrestato.
Il modello motivazionale dell’FBI
Tuttavia tra i primi contributi sulla classificazione dell’omicidio, e sullo sviluppo
del profiling come metodologia investigativa sistematica, troviamo quelli dell’FBI
Academy’s Behavioral Science Unit di Quantico (B.S.U.), con la pubblicazione nel
1980 sulle tipologie di omicidi per libidine a cura di Hazelwood e Douglas.
Nel 1986 Douglas e colleghi pubblicavano la classificazione degli omicidi in base alla
vittima, al tipo e allo stile10.
Viene definito singolo omicidio quello in cui abbiamo una vittima uccisa e un unico
evento. Un duplice omicidio quando ci sono due vittime uccise in un breve lasso
temporale nello stesso luogo. Per triplice omicidio si intendono tre vittime uccise nello
stesso tempo e nello stesso luogo. Mentre quattro o più vittime soppresse in un unico
evento in un'unica località è classificato come omicidio di massa o mass murder.
L’omicidio di massa può essere inoltre di due tipi: omicidio di massa classico e
omicidio di massa famigliare; il primo consiste in un individuo che agisce anche contro
sconosciuti in uno stesso periodo di tempo che può essere di minuti, ore o anche giorni,
e in uno stesso luogo; il secondo tipo avviene in famiglia, le vittime sono famigliari
10
Douglas J. E., Burgess A. W., Burgess A. G., Ressler R. K., Crime Classification Manual, Jossey Bass, San
Francisco, 1992.
4
dell’omicida che in certi casi dopo aver compiuto la strage può suicidarsi mutando
l’azione in quella che viene definita dagli autori mass murder/suicide.
Un’altra tipologia è quella dello spree murder risultante in uno stesso evento con più
omicidi compiuti in luoghi diversi; una delle caratteristiche determinanti di questo tipo
di azione, che lo differenzia dagli omicidi seriali, è che tra un’uccisione e l’altra non
intercorre nessun periodo di raffreddamento emozionale (emotional cooling-off).
Infine abbiamo la tipologia più nota e morbosamente attraente per l’opinione pubblica e
i media, l’omicidio seriale (serial murder), ossia tre o più eventi separati in rispettive
tre o più località differenti con un certo periodo di raffreddamento emozionale tra gli
omicidi, periodo che può essere anche di anni.
La più importante definizione di omicidio, utile a scopo di profiling, che la B.S.U.
dell’FBI comunque abbia creato è quella che ne considera il livello di organizzazione,
utilizzando la dicotomia organizzato/disorganizzato con sottese caratteristiche del reo a
fini investigativi e di profiling11. Nell’omicidio organizzato da parte dell’aggressore si
ritrova un approccio metodico e pianificato in ogni fase dell’atto, questo si riflette in un
individuo caratterizzato da intelligenza, competenza sociale, sessualmente adeguato e
con controllo emotivo durante il compimento del crimine.
L’omicidio disorganizzato, per contro, si presenta come un atto non pianificato,
impulsivo, caotico, che dagli autori dell’FBI viene connesso ad individui poco
intelligenti,
non
adeguati
socialmente
e
sessualmente,
eventualmente
con
psicopatologie e/o abuso di sostanze, mancanza di controllo durante l’azione.
Come affermato dagli stessi autori e osservato da diversi studiosi (Canter, Turvey, etc.)
è raro nella realtà trovare omicidi o completamente organizzati o completamente
disorganizzati, è più probabile piuttosto che li si trovi situati in un continuum tra i due
estremi.
Nel 1992 Douglas e colleghi scrivono l’ormai storico Crime Classification Manual
(Douglas, Burgess, Burgess, Ressler, 1992), che rappresenta un sistema standard per
investigare e classificare i tre principali crimini violenti (omicidio, stupro, incendio
doloso).
La classificazione si basa sulla motivazione dell’offender, sul movente che spinge
l’offender a compiere l’azione, che come si può facilmente immaginare può essere
variabile.
11
Ibidem.
5
Infatti per l’omicidio consta di 4 categorie principali, 23 sottocategorie e ulteriori 15
subcategorie numerate.
Gli autori, inoltre, per ogni tipologia presentano un caso reale ed esaminano delle
caratteristiche quali vittimologia, tipici indicatori della scena del crimine, eventuale
staging (ovvero alterazione volontaria della scena del reato), elementi e tracce di
interesse forense, considerazioni investigative e suggerimenti per le ricerche durante le
perquisizioni12.
La psicologia investigativa di Canter
Parallelamente al lavoro dell’FBI, dall’altra parte dell’oceano, in Inghilterra, lo
psicologo ambientale e docente universitario David Canter iniziava, nel 1985, a
collaborare con la polizia.
Nello specifico fu invitato a Scotland Yard dalla Metropolitan Police per valutare la
possibilità di investigare casi complessi con l’ausilio delle scienze comportamentali e
psicologiche13.
Da allora Canter collaborò a diversi casi di rilevanza nazionale, portando la disciplina
psicologica a utile strumento investigativo, e dando origine alla Investigative
Psychology, che oltre ad occuparsi dell’offender profiling e del geographical offender
profiling (dei quali rappresenta l’approccio maggiormente scientifico), affronta l’intero
spettro dei crimini e delle investigazioni criminali, dalla valutazione della scena del
crimine all’intervista con vittime e testimoni, alla presentazione del caso alla corte14.
In relazione al profilo dell’autore del reato, la Psicologia Investigativa di Canter si
fonda su cinque assunti principali: coerenza interpersonale dell’offender, significatività
del tempo e del luogo del delitto, caratteristiche dell’autore di reato, carriera criminale,
forensic awareness (consapevolezza forense).
Inoltre per analizzare i vari crimini, tra i quali gli omicidi seriali, Canter utilizza il
concetto di inner narratives, ovvero delle storie, dei racconti personali rivelatori, che
ogni individuo produce e utilizza per incorporarci una visione di sé, per dar senso
all’esperienza; tali racconti si creano e modificano in relazione con gli altri e con
l’ambiente.
12
Ibidem.
Canter D., Criminal shadows, Authorlink Press, Irving, 2000
14
Canter D., Alison L. (a cura di), Profiling in policy and practice, Ashgate, Aldershot, 2000.
13
6
Queste narratives, nel caso dei criminali, sarebbero molto limitate e deformate dalle
loro caratteristiche di personalità, e spesso rilevabili nella scena del crimine e
nell’azione delittuosa.
A tal proposito, partendo dalle considerazioni di Fesbach (1964) sui tipi di violenza
utilizzata per compiere dei crimini, strumentale ed espressiva, Canter ha applicato tali
tipologie a reati tra i quali l’incendio doloso, l’aggressione sessuale e l’omicidio.
In uno studio del 1999, Canter e Salfati15 hanno sottoposto 30 scene del crimine e 82
casi alla SSA (Smallest Space Analysis), una particolare metodologia di scaling
multidimensionale non metrica, ottenendo tre modalità di omicidio con relative
caratteristiche:
-espressiva o affettiva: consiste in un attacco violento e impulsivo, espressione di
motivazioni e disagi interni all’offender e che nutre o proietta nei confronti della
vittima;
-strumentale opportunistica: in questa modalità la vittima è utilizzata come strumento
per ottenere uno scopo che può essere sia materiale come del denaro, che di
soddisfacimento sessuale;
-strumentale cognitiva: quando la vittima viene sempre utilizzata come mezzo per
arrivare ad uno scopo preciso, ma l’azione, diversamente da quello opportunistico,
viene pianificata ed eseguita con consapevolezza anche forense, come cercare di
eliminare o non lasciare tracce, far sparire l’arma, spostare il corpo.
Ulteriori approcci al profiling
Altri studi che si sono focalizzati sul profilo criminale e sull’omicidio sono quelli
di Ronald M. Holmes e Stephen T. Holmes.
Le assunzioni che stanno alla base del loro processo di profiling sono le seguenti: la
scena del crimine riflette la personalità dell’autore di reato, il modus operandi rimane
similare, la signature (firma) sarà la stessa, la personalità dell’offender sarà stabile16.
Analizzando l’omicidio seriale, gli autori classificano gli aggressori in quattro categorie
principali: il serial killer ‘visionario’, ‘il missionario’, ‘l’edonista’ e il serial killer
‘orientato al controllo e al dominio della vittima’.
Ma la prima distinzione che operano Holmes e Holmes sugli omicidi seriali è inerente
alla loro mobilità spaziale.
15
Canter D., Salfati G., Differentiating stranger murders: profiling offender characteristics from behavioral styles, in
Behavioral Science and Law, John Wiley & Sons, 1999, 17, pp. 391-406.
16
Holmes R. M., Holmes S. T., Profiling violent crimes 3 ed., Ashgate, Thousand Oaks, 2002.
7
Ne risultano due tipologie: i killers ‘geograficamente stabili’ (geographically stable
killers) e quelli ‘transitori’ (geographically transient killers).
I primi vivono nella stessa area per qualche tempo, uccidono all’interno di questa area o
in aree limitrofe, e vi depongono i corpi delle vittime.
Mentre i secondi viaggiano continuamente, soprattutto per confondere le forze di
polizia e per evitare la cattura e depongono i cadaveri delle vittime in località molto
distanti l’una dall’altra17.
Altra metodologia è la Behavioral Evidence Analysis (BEA) dello scienziato forense
statunitense Brent Turvey, la quale, tramite un processo di ragionamento deduttivo,
parte dall’analisi dei vari elementi del crimine per arrivare alle caratteristiche del reo.
Tali elementi vagliati sono rappresentati dalle seguenti fasi: equivocal forensic analysis
(analisi forense delle prove), victimology (analisi vittimologica), Crime scene
characteristics (esame delle caratteristiche della scena del crimine), offender
characteristics (caratteristiche dell’aggressore).
Tra gli altri autori che hanno studiato e si occupano di profiling e omicidio possiamo
citare Robert D. Keppel, con i suoi studi sulla revisione del modello di classificazione
degli omicidi a sfondo sessuale di Hazelwood e Burgess (Hazelwood e Burgess,
1986)18, e sull’analisi del modus operandi e della signature19.
Richard N. Kocsis e il modello CAP (Crime Action Profiling), caratterizzato da un
insieme di procedure metodologiche distinte utilizzate per sviluppare modelli di
comportamento criminale e caratteristiche dell’offender associate20.
Un approccio multidisciplinare che implichi la collaborazione tra il profiling e le altre
discipline forensi è quello di Grover Maurice Godwin, il quale affianca e integra al
classico processo di profiling discipline forensi tra le quali l’archeologia forense,
l’entomologia forense e il recente studio dei pollini per fini forensi (forensic
palynology)21.
2. ORIGINI E ASSUNTI DEL GEOGRAPHICAL OFFENDER PROFILING
Come punto di partenza convenzionale degli studi che hanno analizzato il
rapporto tra criminalità e ambiente, possiamo considerare il lavoro del gruppo
17
Ibidem.
Keppel R. D., Walter R., Profiling killers: a revised classification model for understanding sexual murder,
International Journal of Offender Therapy and Comparative Criminology, Sage, 1999, vol. 43, No. 4, pp. 417-437.
19
Keppel R. D., Birnes W. J., Serial violence, analysis of modus operandi and signature characteristics of killers, CRC
Press, Boca Raton, 2009.
20
Kocsis R. N., Criminal profiling, principles and practice, Humana Press, Totowa, 2006.
21
Godwin G. M., Criminal psychology and forensic technology, CRC Press, Boca Raton, 2001
18
8
denominato “scuola di Chicago”, che ha avuto come punto di riferimento Robert Park e
come più significativi allievi e rappresentanti Clifford Shaw e Henry McKay.
Gli studi di questo gruppo hanno esaminato il crimine nel contesto urbano di città
americane quali Chicago, Filadelfia, Richmond, Cleveland, Birmingham, Denver e
Seattle.
Le ricerche di Shaw (Shaw e coll., 1929) analizzavano la correlazione tra la frequenza
della criminalità e determinate aree, evidenziando le distanze dal centro città, le
tipologie di quartieri, la residenza degli autori di reato; il tutto illustrato da delle mappe.
Si evidenziarono delle relazioni tra caratteristiche fisiche dell’ambiente, tipo di
quartiere e residenza dei criminali, ovvero ambiente urbano deteriorato, presenza di
appartamenti e stanze date in affitto a individui che vivevano in condizioni precarie.
Mentre emerse che i tassi di delinquenza calavano con l’allontanarsi dal centro
cittadino22.
Gli ulteriori lavori di Shaw con il suo collaboratore McKay (Shaw e McKay, 1931;
1942) confermarono e ampliarono le risultanze delle prime ricerche, utilizzando anche
degli indici di disorganizzazione sociale.
In ottica maggiormente ecologica si situano i lavori di Brantingham e Brantingham
(1981), che descrivono la criminologia ambientale come quel campo che indaga il
crimine considerandolo un oggetto a quattro dimensioni: quella del diritto, quella del
criminale, quella della vittima e quella dello spazio.
Ed è proprio su quest’ultima dimensione che si focalizzano le ricerche, in particolare
sul luogo in cui vengono compiuti i crimini.
Brantingham e Brantingham definiscono quella che chiamano ‘geometria del crimine',
ossia i diversi aspetti spaziali dei movimenti del criminale in relazione alla propria
abitazione, al luogo di lavoro, alle aree di shopping e intrattenimento e ai potenziali
obbiettivi.
Significativamente connessa è la routine activity approach di Cohen e Felson (1969).
Tale teoria postula che le attività di routine delle persone hanno un influenza sul
compimento del crimine; e affinché questo si realizzi devono verificarsi nel tempo e
nello spazio i seguenti fattori: a) uno o più autori determinati e motivati a delinquere;
b) uno o più obbiettivi rappresentati da persone, oggetti o servizi verso i quali può
essere compiuto il delitto; c) assenza di persone o elementi che possano impedire il
compimento del reato.
22
Bandini T., Gatti U., Gualco B., Malfatti D., Marugo M. I., Verde A., Criminologia, Giuffrè, Milano, 2003.
9
Mentre lo psicologo ambientale inglese David Canter amplia l’interpretazione
dell’utilizzo dell’ambiente da parte delle persone, dedicando maggior enfasi ai processi
psicologici di rappresentazione cognitiva.
Oltre alla routine activity theory di Cohen e Felson, e al significato di ‘mappe mentali
del criminale’ di Lynch (1957) e riprese dai Brantingham, Canter propone due processi
psicologici alla base del modellamento interno del proprio ambiente (Canter, 1977).
Il primo riguarda la codifica delle informazioni, che porta ad una qualche forma di
distorsione dell’immagine mentale. Il secondo di come le persone fanno uso del proprio
ambiente23.
L’immagine mentale (o mappa) è un prodotto diretto di questi due processi, derivata
dall’archiviazione attiva delle informazioni e dalla disponibilità passiva degli stimoli
ambientali.
Questa mappa influisce sul cosa un soggetto pensa sia possibile fare e dove; è una
procedura che si evolve di continuo, in relazione all’interazione con i luoghi, che
genera le concettualizzazioni dell’individuo sull’ambiente circostante.
Dove una persona svolge le sue attività è in parte il prodotto di queste
concettualizzazioni, in relazione a quello che si sa del dove sia possibile fare certe cose.
Questo è un processo ciclico che si modifica con l’esperienza, e che più si conosce, più
può aiutare a comprendere e a modellare il comportamento spaziale criminale.
Tali proposizioni furono applicate da Canter la prima volta nel 1986 al caso di uno
stupratore seriale, John Duffy, noto come ‘the Railway Rapist’, sulla richiesta di
collaborazione della Metropolitan Police24, e successivamente ad altri casi, impiegando
e raffinando quello che poi definì geographical offender profiling.
Fondamentale scopo del profilo geografico è la localizzazione di un’area con un’alta
probabilità di contenere al suo interno l’abitazione del reo, o della sua base.
Poco tempo dopo il contributo di Canter alla cattura di Duffy, in Canada Kim Rossmo
(ufficiale di polizia e criminologo) iniziava ad adoperare l’analisi geografica per
localizzare serial killers, applicandole il termine geographic profiling25.
Il metodo di Rossmo analizza e investiga anche altri tipi di crimini quali lo stupro, la
rapina, l’incendio e gli attentati esplosivi.
23
Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.
Canter D., Criminal shadows, Authorlink Press, Irving, 2000.
25
Canter D., Mapping murder, Virgin Books, London, 2003.
24
10
I principali fattori criminali ed elementi ambientali considerati sono: i luoghi del
crimine, la tipologia di aggressore, lo stile di ‘caccia’, la viabilità, le tipologie di zone
urbane e l’utilizzo del territorio etc.26
Il modello impiegato da Rossmo, anche come base per il suo sistema informatico per il
profilo geografico, è noto come CGT (Criminal Geographic Targeting).
Lo sviluppo dello studio sugli aspetti spaziali e geografici del crimine è stato favorito
dalla nascita dei softwares di mappatura computerizzata, noti come GIS (Geographic
Information System)27.
Questi sistemi permettono l’archiviazione, l’analisi e la presentazione di dati geografici,
in questo caso in riferimento a reati; ciò che si definisce Crime Mapping, ovvero
mappatura del crimine, e che serve per mostrare dove avvengono determinati delitti, i
punti di maggiore intensità (Hot Spots)28, i tassi di delinquenza in relazione a
determinate aree etc.
Per poter costruire il comportamento spaziale del criminale, ed utilizzarlo nel processo
di geographical profiling, è necessario operare degli assunti fondamentali; assunti che
sottostanno al tentativo di creare inferenze sulla località di residenza dell’autore dalle
caratteristiche del luogo dove il crimine è stato compiuto.
Naturalmente se queste asserzioni non saranno valide, le inferenze derivate saranno
inattendibili (Canter e Youngs, 2008).
Di seguito si illustrano i principali assunti così come riepilogati da Canter e Youngs.
Localizzazione
L’assunto fondamentale è che un crimine possiede una distinta localizzazione
nello spazio.
Se questo è ovvio per determinati reati quali il furto o la rapina, lo è meno per esempio
per un caso di omicidio.
Qui infatti possiamo trovarci di fronte ad una situazione criminosa più complessa, dove
i luoghi di interesse investigativo sono diversi: dove c’è stato il primo contatto, dove la
vittima è stata catturata, dove è stata assaltata e uccisa, dove è stato depositato il corpo.
26
Rossmo D. K., Geographic Profiling, CRC Press, Boca Raton, 2000.
Chainey S., Ratcliffe J., GIS and crime mapping, John Wiley & Sons, Chichester, 2005.
28
Barbagli M., Gatti U., Prevenire la criminalità, Il Mulino, Bologna, 2005.
27
11
Ognuno di questi punti è di enorme importanza in attinenza alla residenza dell’autore, e
sono in relazione tra loro.
Un altro problema è rappresentato dal fatto che generalmente il processo di
geographical profiling debba indicare dove l’autore di reato vive, o comunque dorme la
notte.
Vengono utilizzati allora i termini di base o di anchor point (punti di ancoraggio), in
quanto il punto focale dal quale sono commessi i crimini può non essere rappresentato
da una residenza.
Il soggetto potrebbe essere un ‘senza-tetto’ che vaga per diverse località, una persona
che magari si sposta per lavoro con un proprio mezzo che può fungere da base; o
ancora muoversi dalla casa di una fidanzata o di un amico.
Diversi criminali utilizzano bar, pub o locali notturni come basi; oppure altri soggetti
potrebbero compiere dei reati in relazione ai vari posti dove si riforniscono di sostanze
stupefacenti.
Di queste possibilità e di altre deve tenerne conto chi lavora su un profilo geografico.
Scelta sistematica del luogo del crimine
Il concetto sottostante questo assunto fondamentale è che i luoghi dove vengono
commessi i crimini non sono scelti casualmente, ma vi sono degli schemi
comportamentali più o meno ricorrenti.
La psicologia e la criminologia si sono occupate da tempo di questo, ma è solo di
recente che si è affrontato il comportamento umano in relazione agli aspetti geografici e
ambientali.
Partendo dagli studi delle rappresentazioni mentali della popolazione non criminale
(Canter, 1977; Downs e Stea, 1977) si è arrivati a quelli sulle strategie messe in atto
dagli autori di reato sulla scelta dei luoghi di commissione dei crimini.
Tali ricerche sono state effettuate facendo disegnare ai criminali delle ‘mappe mentali’
sulle aree dei crimini (Canter e Shalev, 2000; Canter e Hodge, 2000).
Ne è emerso che i processi di decisione sulla scelta della località variano da agiti
impulsivi a strategie opportunistiche, a quelle attentamente pianificate.
Come gia citato da Brantingham e Brantingham (1981), da Cohen e Felson (1993) e
riportato di recente da degli studi sul furto di automobili di Wiles e Costello (2000),
diversi delitti hanno caratteristiche di tipo opportunistico, essendo connesse alle attività
12
di routine legali, ed essendo quindi influenzate dai luoghi con i quali i soggetti vengono
in contatto quotidianamente e dalle conseguenti opportunità.
Questo non spiega la totalità dei crimini. Altre scelte sul dove compiere un determinato
reato
trovano
esplicazione
nel
concetto
di
‘internalizzazione’
di
Canter
precedentemente descritto.
Altri sono maggiormente inquadrabili in un’ottica di scelta razionale (Clark R. V. e
Cornish D. B., 1985, 1986), dove il crimine compiuto dalla persona è frutto di una
razionale scelta consapevole e di un calcolo fra costi e benefici.
Mentre la teoria delle attività di routine pongono l’aggressore in un ruolo piuttosto
passivo in relazione alla scelta del luogo di commissione del crimine, altre, come la
teoria della scelta razionale e delle rappresentazioni interne di Canter, lo situano in una
posizione maggiormente attiva in relazione all’ambiente.
Centralità
È stato già menzionato come Brantingham e Brantingham ritengano significative
le attività quotidiane e i punti chiave come abitazione, lavoro, luoghi ricreativi e le vie
di comunicazione tra essi, nella scelta dei luoghi dove compiere i reati.
Anche Rhodes e Conly (1981) hanno rilevato un parallelismo tra gli spostamenti che le
persone compiono durante lo svolgimento di attività quotidiane lecite, come i pendolari
(commuters) che si spostano per raggiungere il luogo di lavoro, e quelli messi in atto
per il compimento dei reati, mostrando che talvolta entrambi i casi possono essere
spiegati da uno stesso modello matematico.
Il modello di Canter (1977) delle rappresentazioni interne che le persone si creano
riguardo al proprio ambiente, enfatizza il luogo dove queste vivono, e che di
conseguenza ha maggior peso nella rappresentazione cognitiva dei luoghi con cui
queste sono più familiari.
Questo concetto viene definito ‘domocentricità’ (domocentricity), e per esso viene
inteso che il domicilio funge da centro gravitazionale per le azioni criminali che
vengono svolte all’interno dell’area geografica di detto domicilio.
Canter e Gregory (1994) hanno ipotizzato che la modalità più semplice per localizzare
la residenza di un reo consiste nel definire primariamente i due luoghi del crimine
maggiormente distanti tra loro, e utilizzare la linea che li congiunge come il diametro di
un circolo.
13
La seconda ipotesi è che l’abitazione dell’autore di reato possa essere all’interno del
circolo così definito.
Questa, che viene chiamata circle hypotesis (ipotesi del cerchio), è una semplificazione
che non vuole esprimere una precisione geometrica, ma indicare l’area dove vengono
commessi i crimini, generalmente rappresentata dalle mappe mentali dell’offender.
Questo tipo di autori vengono definiti marauders, ovvero residenti.
Diversi studi hanno cercato di vagliare la proporzione di offender residenti, ma non
sono emersi dati omogenei. Si va dal 35% di un campione di ladri, al 93% di aggressori
sessuali di un’area dell’Australia (Meaney, 2004)29.
Nonostante ciò, i casi nei quali la residenza dell’autore si trova all’interno di un’area
definita dai crimini sono abbastanza per ottenere una base sistematica di ricerca del reo
e della sua abitazione.
Questo rappresenta il nocciolo del geographical profiling. Il concetto di
‘domocentricità’, dove appunto la casa del criminale si trova all’interno dell’area
definita dai suoi crimini, è alla base anche dei sistemi di supporto decisionale
informatizzati.
Altri schemi comportamentali criminali non sono in relazione con il concetto di
‘domocentricità’, e attualmente sono i meno studiati e non ancora utilizzati in nessuna
investigazione.
Lasciano supporre che delitti compiuti a grandi distanze, lungo vie di trasporto, possano
essere compiute da chi per lavoro debba percorrere queste strade, come corrieri e autisti
di camion30.
Un ulteriore obbiettivo che si sta ponendo la ricerca è quello di determinare quando un
offender è marauder o commuter, in base alle caratteristiche dell’attività criminale.
Per esempio, in uno studio di Warren et al. (1998) gli stupratori seriali che erano
commuters, cioè pendolari, viaggiavano più lontano da casa (in media 4.03 miglia)
rispetto ai marauders (in media 2.36 miglia).
Lundrigan e Canter (2001) invece hanno trovato che i serial killers che si spostavano
per lunghe distanze tendevano a mettere in atto crimini consecutivi più vicini tra loro
rispetto a quelli alternati. Mentre per quelli che viaggiavano su distanze più brevi erano
i crimini alternati ad essere più vicini.
29
30
Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.
Ibidem.
14
Da ciò ne deriva che chi viaggia su lunghe distanze si focalizza su una determinata
area, come fanno i commuters, mentre la tendenza a disseminare i crimini su un’area
più vasta è tipico dei marauders.
Analisi comparativa dei casi
Certi principi del geographical profiling possono essere applicati in taluni casi a
un singolo crimine, anche se maggiori crimini connessi ad un singolo individuo
rappresentano una base di lavoro per strutturare un profilo geografico più attendibile e
fruttuoso.
Il linking crimes, la connessione dei crimini, non sempre è possibile o semplice,
soprattutto in assenza di prove certe, generalmente di tipo scientifico-forense.
Un grande contributo certamente è dato dall’analisi dei vari fattori del crimine: dalla
scena del delitto, alla vittima, al modus operandi, fino alla firma, la cosiddetta
signature31, che non sempre è riscontrabile.
Resta fondamentale quindi il contributo delle scienze forensi che possiedono
un’evidenza scientifica e un potere probatorio maggiori, quali la chimica, la biologia e
la genetica forense, per citare le principali.
Non è necessario avere tutte le informazioni relative a ogni reato compiuto dal
medesimo autore per poterne analizzare la geografia. Ma bisogna tenere in conto che
l’assenza di determinati elementi può distorcere o inficiare lo sviluppo di un profilo
geografico.
Per esempio, possedere informazioni provenienti dalla polizia di una sola giurisdizione,
quando l’autore può aver compiuto altre azioni in un’altra, magari in una regione
contigua, probabilmente sarà fuorviante e distorcerà quella che sarà la conseguente
interpretazione spaziale.
Come pure considerare crimini attribuiti erroneamente alla stessa persona32.
Una possibilità di connettere delle azioni delittuose tra loro è quella di partire dal
presupposto che molti delitti vengono compiuti non lontano dall’abitazione del reo.
Ne consegue che questi crimini risultino vicini tra di loro, e che quindi crimini prossimi
tra loro possono essere attribuiti allo stesso soggetto.
L’impiego di questa modalità di interpretazione spaziale è supportata da uno studio di
Grubin et al. (2001) su un campione di stupratori seriali di estranei.
31
Douglas J. E., Burgess A. W., Burgess A. G., Ressler R. K., Crime Classification Manual, Jossey Bass, San
Francisco, 1992.
32
Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.
15
Anche Bennell e Canter (2002) hanno mostrato che furti nei centri commerciali
possono essere connessi dalla distanza tra i furti stessi.
Altri studi che sono giunti agli stessi risultati con il reato di furto sono quelli realizzati
da Bennell e Jones (2005) e da Ewart et al. (2005).
Esistono evidenze crescenti che stia diventando utile, prima di collegare i casi tra loro
per effettuare un seguente profilo geografico, utilizzare proprio l’interpretazione
geografica con lo scopo di connettere tra loro i crimini.
Verifica delle fonti dei dati
Fondamentali presupposti per ogni lavoro investigativo o di ricerca sono
l’attendibilità, l’accuratezza e la possibile completezza dei dati dai quali poi verranno
tratte le successive conclusioni.
Se questi tre elementi presentano delle false informazioni, degli errori o un certo grado
di incompletezza, possono distorcere il lavoro di analisi in maniera tale da ottenere dei
risultati fuorvianti.
Bisogna infatti considerare che il geographical profiling è basato su principi testati
empiricamente33.
Tali principi derivano da studi sul crimine e sui criminali; il problema dipende dal fatto
che generalmente le attività illegali non sono agevolmente accessibili, ma vengono
studiate principalmente attraverso due modalità.
La prima è rappresentata dalle banche dati ufficiali di diversi enti, comunemente gli
organi di polizia.
La seconda modalità consiste in interviste, memorie o questionari ‘self-report’ dei
criminali stessi34.
Le problematiche inerenti gli archivi di polizia e degli altri enti legali o governativi,
sono il numero oscuro di certi reati, il fatto che si conoscano solo i crimini compiuti da
autori conosciuti; ne deriva che queste fonti sono relativamente incomplete.
Inoltre, nonostante siano di grande utilità per la ricerca, i registri ufficiali non sono
compilati per tale scopo, quindi raramente contengono informazioni dettagliate.
Per quanto concerne la seconda modalità, cioè i ‘self-report’, bisogna evidenziare che il
soggetto potrebbe fornire notizie distorte da processi di giustificazione, attenzione o
ipervalutazione delle proprie azioni.
33
34
Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.
Bandini T., Gatti U., Gualco B., Malfatti D., Marugo M. I., Verde A., Criminologia, Giuffrè, Milano, 2003.
16
Criticità nelle metodologie di studio
È ovvio come tutti gli studi presentino dei punti di forza e di debolezza.
Un esempio delle carenze di certe ricerche è l’informazione che noi sappiamo essere di
grande importanza che non viene riportata.
Spesso lavori che producono inferenze molto interessanti e di grande utilità, non
riportano l’esatta natura del crimine o le distanze medie percorse, che nell’analisi del
comportamento spaziale sono fondamentali.
Altri consistono in complesse elaborazioni statistiche che tendono a celare risultati più
rudimentali ma di considerabile rilevanza teoretica35.
Una ragione per la quale molti studi nel campo del comportamento spaziale criminale e
del geographical profiling sono ‘deboli’ dipende dal fatto che vengono realizzati per
motivi di utilizzo pratico diretto.
Diventa quindi arduo bilanciare le esigenze di esplorazione di determinati fenomeni con
quelle di chiarificazione degli stessi.
Oltretutto, come altri tipi di ricerca sociale, queste non sono condotte nelle condizioni
‘asettiche’ e controllate della ricerca di laboratorio.
Per esempio, molte banche dati della polizia forniscono l’età degli autori di reato solo
per classi, cosa che non permette al ricercatore di far emergere eventuali differenze
comportamentali.
Alla stessa maniera spesso mancano di precisione sull’indirizzo di residenza del reo, e
considerano in maniera alquanto generica un’area.
È da sottolineare che sta aumentando la consapevolezza da parte delle forze di polizia
dell’importanza degli studi di geografia criminale; consapevolezza che sta sviluppando
una maggiore collaborazione tra queste e i ricercatori, così da migliorare i contributi
che questi possono fornire sulla spiegazione del comportamento criminale.
Di conseguenza si potranno vagliare informazioni più precise e attendibili, dalle quali
potranno scaturire studi di sempre maggior qualità.
3. APPLICAZIONI DEL GEOGRAGHICAL OFFENDER PROFILING
Di seguito vengono presentati dei risultati di ricerca costanti che possono avere
diretta applicazione nel processo di offender profiling su casi di omicidio, così come
riassunti da Canter e Youngs (2008).
35
Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.
17
Distanza abitazione-luogo del crimine
Generalmente negli studi che si sono occupati di analizzare la distanza tra
l’abitazione del reo e il luogo in cui commette il delitto, questa viene calcolata
attraverso il tragitto più diretto, ovvero ‘in linea d’aria’.
Perché, come sottolinea Phillips (1980), l’impiego di misure effettuate sulle vie di
comunicazione non riflette realmente le strade percorse dal soggetto, e comunque le
misurazioni effettuate in linea d’aria non si discostano tanto da quelle fatte tramite la
rete stradale o altri metodi quali il reticolo delle coordinate geografiche (notional grid).
Già Rhodes e Conly (1981), con misurazioni ‘in linea d’aria’, riportarono nelle loro
ricerche sul furto con scasso, che la distanza media percorsa per commettere il crimine
era meno di tre miglia.
Risultati simili sono quelli di Costello e Wiles (2002), e risultati costanti si osservano
pure in diversi altri studi relativi al furto con scasso in diverse aree geografiche e in
diversi tempi, con distanze che vanno dai 0.89 ai 3.87 chilometri.
Per altri tipi di reati possono aversi diverse distanze, ma tutto sommato anche in reati
alquanto differenti quali violenza sessuale, rapina e furto d’auto, si rientra nel range
complessivo emerso per il furto con scasso (Gabor e Gottheil, 1984).
Gli unici crimini che appaiono compiuti a distanze maggiori sono lo stupro di estranei e
l’omicidio seriale.
Infatti Canter e altri (2000) su uno studio di serial killers statunitensi riportano una
distanza media di 46 chilometri.
Non esistono al momento studi definitivi sui processi che portano un individuo a
compiere più di due chilometri per mettere in atto i propri crimini.
Probabilmente i fattori coinvolti sono diversi: il processo di scelta del bersaglio
(targeting), la densità di opportunità criminali e di controllo, il grado di pianificazione,
la disponibilità di mezzi di trasporto.
Quest’ultimo, per esempio, è concatenato alle minori distanze percorse da autori di
reato più giovani, insieme alla possibilità di spendere minor tempo fuori casa senza
attirare l’attenzione o creare allarme (Canter e Gregory, 1994).
Variazioni per tipologia di aggressione
Come precedentemente affermato, i fattori che influenzano le distanze percorse
sono diversi, e sinteticamente possono essere concernenti la persona, cioè sotto il suo
controllo, e fattori al di fuori del diretto controllo del soggetto.
18
Elementi del primo tipo sono impulsività, pianificazione, disponibilità economica,
modalità di movimento etc.
Mentre per fattori esterni si considerano generalmente le opportunità criminali e il tipo
di utilizzo del territorio.
Entrambi questi aspetti definiscono la natura del crimine36.
Di fatto reati differenti necessiteranno di mezzi differenti, diverso livello di
pianificazione, dipenderanno da bersagli distinti e loro disponibilità etc.
Rhodes e Conly (1981) hanno rilevato che i reati contro la proprietà vengono commessi
a distanze maggiori di quelli contro la persona, perché normalmente sono i più
pianificati.
Distanze maggiori sono associate ad azioni che necessitano maggior impegno e
organizzazione, in base al tipo di obbiettivo; come emerso dagli studi di Capone e
Nichols (1975) e Van Koppen e Jansen (1998), dove la distanza percorsa è direttamente
proporzionale al valore del bene-bersaglio.
Sempre Capone e Nichols hanno rilevato che rapinatori armati viaggiavano più lontano
rispetto a quelli non armati.
Altre considerazioni riguardano il significato psicologico dell’azione.
Per esempio reati espressivi, a forte carica emozionale, quali certe tipologie di incendio
doloso, vengono compiuti a distanze minori rispetto a reati di tipo strumentale (Fritzon,
2001).
Questo concorda con l’evidenza che una gran parte degli omicidi sono emozionali,
commessi d’impulso, e riguardano di fatto vittime e ambienti prossimi all’aggressore.
Eccezioni si ritrovano negli omicidi seriali (Canter et al., 2000) e in quelli commessi da
chi viaggia spesso, dove, nonostante l’azione possa considerarsi espressiva, entrano in
gioco fattori quali pianificazione, tattiche per evitare l’individuazione e la cattura,
ricerca della vittima idonea, mobilità dell’offender.
Funzione di decadimento
Oltre alla nozione di distanza media, troviamo lo studio delle distribuzioni di
frequenza delle differenti distanze.
Questa distribuzione generalmente non è costante e, ponendo in relazione i crimini con
la distanza dall’abitazione del criminale (Turner, 1969), porta ad una proporzione che
36
Canter D., Youngs D. (a cura di), Applications of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.
19
diminuisce con la distanza, ovvero con l’aumentare della distanza dalla abitazione
diminuisce la frequenza dei crimini.
Questa riduzione delle attività delittuose è nota come ‘decadimento’, graficamente
rappresentata da una curva, e la formula matematica che descrive questa curva come
‘funzione di decadimento’ (decay function).
Questa forma di distribuzione delle distanze effettuate per commettere reati è stata
riscontrata in diverse ricerche (Rhodes e Conly, 1981; Van Koppen e Jansen 1988;
Canter et al., 2000).
Relativamente all’omicidio, in uno studio di Canter e Hammond (2005) è stata
analizzata la funzione di decadimento su un campione di 96 serie di omicidi effettuati
da altrettanti serial killers statunitensi dal 1960.
Come scene del crimine sono stati considerati i luoghi di deposizione del cadavere.
I risultati di tale ricerca tendono a far pensare che, oltre i processi cognitivi di
rappresentazione della distanza, entrino in funzione altri processi di valutazione che
aumentano l’attrito della distanza quali i costi in denaro, fatica, familiarità con un’area,
l’influenza dell’abitazione e il rischio di scoperta associato all’area di residenza.
La funzione logaritmica che spiega questo studio sull’omicidio seriale è la stessa che
spiega altre attività umane legali quali lo shopping e il movimento dei pendolari.
Tale parallelismo tra il comportamento bizzarro dei serial killers e quello quotidiano di
altri comportamenti umani, ha portato Canter e Lundrigan (2001) ad affermare che
nonostante le azioni degli assassini seriali siano difficili da spiegare, la scelta del luogo
di deposizione del corpo può avere motivazioni più dirette e legate a considerazioni
quotidiane37.
‘Buffer zone’ o ‘area cuscinetto’
Osservando la curva della funzione di decadimento si noterà che essa non è
decrescente in maniera uniforme, ma presenta un picco di frequenza che , nel caso di
diverse ricerche sul crimine (il più noto Rossmo, 1995), mostra un valore positivo
massimo intorno al chilometro dalla casa del criminale.
Tra il picco massimo e la casa del soggetto le frequenze dei crimini ridiscendono.
Questa osservazione ha portato diversi studiosi a ipotizzare l’esistenza di una zona
cuscinetto (buffer zone) intorno all’abitazione del criminale, dove questo non compie
azioni delittuose o comunque sono meno frequenti.
37
Ibidem.
20
La prima base teoretica di questa regione cuscinetto appartiene a Brantingham e
Brantingham (1981) che, nominandola buffer zone, la definiscono come quell’area
attorno alla base dell’offender, dove questo non commette crimini per paura di essere
riconosciuto o catturato vicino alla scena del crimine.
La prova dell’esistenza della zona cuscinetto è tuttavia controversa.
Mentre certi studiosi ne hanno riscontrato l’evidenza, altri ancora, tra i quali Canter e
Lundrigan (2001) e Rengert e altri (1999), non sono giunti alle stesse conclusioni.
È probabile che l’esistenza di un’area intorno alla residenza del reo dove i reati sono
meno frequenti o non vengano messi in atto, dipenda da diversi fattori, primi tra tutti la
natura del crimine.
Il tipo di bersaglio interessato e il timore di essere riconosciuti e individuati, farà in
modo che certi soggetti non compiano crimini mentre altri si.
Un’altra importante considerazione riguarda quei crimini che interessano una vasta area
geografica.
In queste circostanze l’area cuscinetto sarebbe troppo piccola da rilevare, in quanto
troppo grandi le distanze percorse per effettuare le azioni criminose.
Area criminale
Dalle precedenti assunzioni di ‘decadimento’ e ‘area cuscinetto’, si suppone esista
una distanza massima ed una minima percorsa.
Queste distanze caratterizzerebbero quella che viene definita area criminale (criminal
range), un’area nella quale l’offender svolge la sua attività criminale.
Come affermano Canter e Youngs (2007), il concetto di area criminale contiene
differenti complessità che non sono state pienamente specificate.
Per Van Koppen e De Keijser (1997), tenuto conto che ogni criminale possiede un’area
che si dispiega attorno ad una distanza ottimale percorsa, la risultante curva di
distribuzione delle frequenze assumerà l’aspetto di una campana.
Canter e Lundrigan (2001) in uno studio su serial killers statunitensi, hanno evidenziato
due sottogruppi distinti in base alle distanze percorse, con quasi nessuna
sovrapposizione tra essi.
È emerso che gli aggressori che percorrevano brevi distanze dalla propria base,
tendevano a percorrere relativamente brevi distanze per commettere il crimine più
21
lontano, cioè una correlazione tra lunghezza della distanza maggiore e lunghezza della
distanza minore38.
Ogni gruppo di aggressori quindi opera in un determinato ‘areale’ che può avere
dimensioni diverse in base alle distanze di percorrenza, ed è probabile che quest’area
criminale dipenda dalla disponibilità di tempo, denaro e dalla tipologia del crimine.
Variazioni per tipologia di luoghi
Manifeste differenze esistono in relazione alle tipologie di luoghi dove i crimini
vengono commessi.
In generale sono state riscontrate distanze maggiori percorse dai criminali in aree rurali
rispetto a quelle urbane.
In uno studio di Warren e altri (1998) sugli stupratori seriali, la distanza media percorsa
da questi in ambienti rurali era di 3.3 miglia, mentre in ambiente urbano calava a 1.5
miglia.
Varie spiegazioni possono sussistere per questo fenomeno.
La prima è rappresentata dalle maggiori opportunità criminali presenti in un’area
densamente abitata come quella di una città; è probabile che per trovare le stesse
opportunità in zone rurali l’offender debba spostarsi di più.
Un’altra causa può essere la facilità con la quale si distingue un individuo locale da uno
non locale, che comporta elevati rischi di essere riconosciuti e scoperti.
Altri fattori socio-demografici è probabile entrino in gioco, quali le modalità di utilizzo
del territorio e la rete viaria.
L’utilizzo giornaliero, settimanale e stagionale di un’area è significativo, quanto le
diverse prassi di circolazione stradale esistenti nei diversi quartieri di una città.
Tutti questi elementi, spaziali e temporali, influenzano il comportamento criminale
determinandone in parte l’anatomia.
Ricerche sull’omicidio seriale (Lundrigan e Canter, 2001) supportano l’ipotesi
dell’importanza per l’individuo del significato che questi attribuisce ai luoghi, il valore
della familiarità con essi, le mappe mentali.
Comunque ulteriori studi sono necessari per precisare l’influenza di questi elementi
sull’attività criminale e apportare conoscenze utili per il processo di geographical
profiling.
38
Ibidem.
22
Successione temporale
Il comportamento spaziale criminale, oltre ad essere influenzato dalle opportunità
e dalle preferenze dell’offender, è in relazione alle reali esperienze vissute in passato da
quest’ultimo, e che ne determinano il comportamento seguente.
Generalmente l’autore di reato tende ad evitare località prossime a luoghi dove già ha
commesso dei crimini, in quanto potrebbe essere riconosciuto o potrebbe essere stata
allertata la polizia.
Lundrigan e Canter (2001) hanno mostrato che l’influenza del luogo del crimine
precedente è maggiore per quei crimini compiuti su una piccola area.
Questo perché essendo limitata la zona di attività, aumentano le possibilità di essere
individuati.
Infatti nello studio condotto dagli autori su 120 omicidi seriali americani, considerando
come scene del crimine i luoghi di rilascio dei corpi delle vittime, è emerso che
all’aumentare della distanza percorsa, diminuiva l’influenza del precedente crimine;
mentre per l’omicida che agiva in un’area più ristretta era maggiore l’influsso dei siti di
rilascio antecedenti.
La tipologia di crimine e le caratteristiche del soggetto sono in connessione con la
sequenza temporale e la scelta dei luoghi di tale crimine.
Il reato casuale, effettuato localmente per procurarsi denaro nell’immediato, avrà una
localizzazione alquanto differente da una sequenza di delitti, messi in atto dallo stesso
autore e meticolosamente pianificati.
4. SISTEMI DI SUPPORTO DECISIONALE
I risultati dei vari studi hanno portato alla creazione di sistemi di supporto
decisionale (decision support systems), ossia softwares che gestiscono in maniera
sistematica le informazioni disponibili alla polizia.
Questi sistemi mirano a fornire agli investigatori, più che una risposta precisa sul dove
abita un criminale, uno strumento per meglio comprendere il crimine e i suoi schemi, in
maniera da essere utilizzati in combinazione con le conoscenze particolari e
specialistiche di questi, e poter successivamente effettuare delle decisioni
maggiormente appropriate sul come procedere.
Lo scopo principe di questi sistemi è localizzare le aree prioritarie, ovvero quelle aree
dove è più probabile si trovi l’abitazione o la base dell’offender.
23
Le fasi principali attraverso le quali un sistema di supporto decisionale perviene a
questo obbiettivo sono quattro, come descritte da Canter (2008).
La prima fase deriva dall’assunto che è verosimile che un aggressore viva in un’area in
relazione a ogni dato crimine.
Se i crimini sono più di uno, l’area dove è più probabile che risieda è rappresentata da
quelle aree che si sovrappongono.
Inserendo ulteriori crimini aumenta il dettaglio della distribuzione di probabilità sul
dove può trovarsi la casa/base del criminale.
In questa seconda fase viene operato un aggiustamento in relazione alla distanza dal
crimine, attraverso la funzione di decadimento.
La terza fase consiste nell’assumere che la casa/base del soggetto è situata nell’area
circoscritta dai crimini da esso commessi.
Nella quarta e ultima fase la forma della superficie di probabilità viene modificata dalla
funzione di decadimento incorporata nel software.
È necessario tenere conto del fatto che in questo processo non sono considerati elementi
come le caratteristiche di utilizzo del territorio, modalità e vie di trasporto, e altri
dettagli relativi al luogo dove il crimine è stato compiuto.
I processi automatizzati del sistema operano sulla geometria dei punti, più che sul reale
significato dei luoghi considerati39.
Diversamente da quello che taluni potrebbero pensare, i sistemi di geographical
profiling non forniscono un punto preciso con l’indirizzo e le generalità del possibile
reo.
Il sistema restituirà, una volta elaborati i dati, una superficie di probabilità che può
agevolare l’investigatore nella scelta tattica più adeguata in base al tipo di crimine e alle
circostanze complessive.
Queste tecniche investigative comprendono anche quelle tradizionali della polizia, e
vanno dalla sorveglianza di determinati luoghi, all’arresto e interrogatorio di sospettati,
all’utilizzo di informatori.
I principi di geographical profiling, inoltre, possono essere di grande utilità
nell’identificare potenziali crimini commessi dallo stesso autore, come nei casi di delitti
irrisolti, oppure per prevenire ulteriori reati nelle aree maggiormente a rischio.
39
Canter D., Youngs D. (a cura di), Applications of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.
24
Per quanto concerne i softwares per l’elaborazione di un profilo geografico, quelli noti
sono il Crimestat, il Dragnet, il Predator e il Rigel Analyst40.
Il Crimestat è stato realizzato nel 1999, nella prima versione (Version 1.0), dal Dottor
Ned Levine, con i fondi del National Institute of Justice statunitense.
È uno strumento informatico che analizza statisticamente i dati spaziali, e si rivolge
principalmente ad un’utenza rappresentata da ricercatori e analisti.
Il Dragnet è stato sviluppato dal Prof. David Canter presso il Centro di Psicologia
Investigativa dell’Università di Liverpool, a metà degli anni novanta.
È nato come uno strumento di ricerca nello studio spaziale dei crimini seriali, e viene
fornito gratuitamente su richiesta per attività di ricerca e collaborazione.
Il Predator è stato creato dal Dottor Maurice Godwin verso la fine degli anni novanta,
come parte del suo dottorato di ricerca.
Viene utilizzato dal suo creatore come strumento che lo aiuta nel risolvere i casi dei
quali si occupa, nel suo lavoro di consulente.
Il Rigel Analyst rappresenta il software per il profilo geografico realizzato da Kim
Rossmo e posto in commercio nel 1997.
È prodotto dalla ECRI, Environmental Criminology Research Inc. fondata dallo stesso
Rossmo, ed è stato creato fondamentalmente come strumento investigativo per le
agenzie di polizia.
CONCLUSIONI
Nella Londra del 1855, John Snow poneva un fenomeno non criminale in
relazione al comportamento spaziale umano.
Nello specifico spiegava un’esplosione di colera localizzando gli ammalati su una
mappa e collegandoli alle pompe d’acqua pubbliche disponibili.
Si comprese che l’acqua era il mezzo di trasmissione dell’agente patogeno. Nasceva la
moderna epidemiologia.
Sempre in Inghilterra, nel 1980, l’ex pilota della RAF Stuart Kind, stilava un rapporto
riguardante le località dove Peter Sutcliffe, noto come ‘the Yorkshire Ripper’, aveva
ucciso nei cinque anni precedenti 13 donne.
Utilizzando le sue ‘navigational ideas’, idee relative alla navigazione, paragonava la
casa dell’offender ad una base aerea e le località del crimine a dei depositi di
carburante.
40
Rich T., Shively M., A methodology for evaluating geographic profiling softwres- final report, Abt Associates Inc.,
Cambridge, 2004.
25
Ipotizzando che la base fosse situata in un punto ottimale, l’abitazione veniva quindi
localizzata calcolando il ‘centro di gravità’ dei luoghi del crimine.
Probabilmente per la prima volta veniva riconosciuto il potenziale investigativo
dell’analisi geografica sui luoghi del crimine41.
Questi due riferimenti mostrano quanto, nel tempo, l’impiego di vari insiemi di
conoscenze abbiano dato considerevole apporto alla comprensione di fenomeni umani e
criminali, fondendosi in quella nuova branca che prende il nome di Geographical
Offender Profiling.
Discipline quali geografia, psicologia, criminologia e scienze forensi possono fornire,
integrate, delle chiavi di lettura del fenomeno delittuoso e dell’individuo criminale.
Il profilo geografico, oltre che riguardare l’ambiente accademico, è pure di pratico
interesse per chi investiga i reati.
Relativamente al versante più pragmatico del suo impiego, c’è da sottolineare che
generalmente le forze dell’ordine non richiedono un elevato grado di precisione perchè
un profilo geografico sia di valore, se non in rari casi dove il numero di sospettati è
grande42.
Ciò, talvolta, lo rende uno strumento utile, nonostante esistano ancora molti nessi da
chiarificare e approfondire.
Il Geographical Offender Profiling è un’interessante ed eccitante area di ricerca che sta
stimolando la collaborazione di studiosi di diversa estrazione scientifica, con finalità
che non sono solo quelle legate alle investigazioni, ma di una più ampia comprensione
delle attività umane, in particolare quelle criminali.
41
42
Canter D., Youngs D. (a cura di), Principles of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.
Canter D., Youngs D. (a cura di), Applications of geographical offender profiling, Ashgate, Aldershot, 2008.
26
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