NIFA - Tavola Rotonda BancaFinanza - Maggio 2014
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NIFA - Tavola Rotonda BancaFinanza - Maggio 2014
Strategie & Mercati dibattito il futuro delle istituzioni comunitarie L’anno cruciale dell’integrazione europea La moneta unica è salva e la crescita degli euroscettici non ha bloccato le nuove tappe della coesione continentale. Tuttavia, l’Ue dovrà affrontare, a breve termine, sfide difficili: l’unione bancaria, la fiscalità unica, la lotta alla criminalità, ma anche... filippo cucuccio ■ 22 L e elezioni europee dello scorso giugno hanno evidenziato la crescita generalizzata dell’euroscetticismo, anche se le forze pro-Unione restano in maggioranza. In ogni caso, sta, quindi, alle istituzioni comunitarie riguadagnare la fiducia di chi non crede più al progetto di coesione continentale. Uno degli argomenti forti dell’Ue è senz’altro l’unione bancaria, che è stata approvata giusto prima delle elezioni e partirà il prossimo novembre. Un’operazione, questa, che punta anche ad aiutare l’Unione Europea ad assumere una forma più definita, anche attraversol’armonizzazione della fiscalità e l’organizzazione centralizzata della lotta alla grande criminalità. Se ne è discusso nel corso della tavola rotonda Verso l’unione europea: gli obiettivi raggiunti, gli ostacoli da superare, le nuove sfide. organizzata da Nifa (New international finance association), che si è svolta a Roma nella sede di Swiss Re. Al dibattito, moderato da Filippo Cucuccio, direttore di Anspc; e introdotto da Antonio De Virgiliis, presidente di Nifa e da Angela Maria Scullica, direttore di BancaFinanza, Giornale delle Assicurazioni ed Espansione, hanno par tecipato Ettore Greco, direttore generale dell’Istituto affari internazionali. Carmelo Barbagallo, direttore della viglilanza bancaria e finanziaria di Bankitalia, Daniela Condò, avvocato esperta di antiriciclaggio, Enrico Bernardi, membro della direzione norme e tributi dell’Abi, Luglio / Agosto 2014 Paolo Guerrieri, ordinario di economia internazionale alla Sapienza di Roma, Mauro Maré, presidente di Mefop, Franco Roberti, procuratore nazionale Antimafia, e Stefano Semplici, presidente del comitato bioetico dell’Unesco. Ed ecco che cosa è emerso. Domanda. L’Unione Europea non è mai stata in crisi come ora... Greco. È un momento cruciale per l’Unione Europea. In discussione è, infatti, la stessa sostenibilità del progetto di integrazione. Alla crisi economica interna, che continua a generare forti spinte centrifughe, si somma un acuirsi dei conflitti esterni, in particolare quelli dell’area del vicinato, sia a sud che a est. Sul fronte interno all’Ue, la priorità rimane la riforma della governance economica europea, che dovrebbe prevedere non solo il completamento dell’unione bancaria, ma anche un più stretto coordinamento delle politiche economiche e una strategia per lo sviluppo e l’innovazione su scala continentale. In questa ottica di rafforzamento della governance ser virebbero, inoltre, concreti passi avanti verso l’unione fiscale, senza la quale è difficile immaginare che l’Ue possa stabilizzarsi nel più lungo termine. Sul fronte internazionale, a parte la questione britannica e le insidie di un’eventuale richiesta di revisione dei rapporti con l’Ue, ci si trova a fronteggiare, sia la crisi ucraina, che ha aperto una frattura profonda e non facilmente sanabile con la Russia, sia l’ormai cronica instabilità di molti paesi del nord Africa, a partire dalla Libia, che sembra sull’orlo di una nuova guerra civile. Tutto il vicinato è in subbuglio e l’Ue è chiamata ad assumersi impegni per i quali è però difficile mobilitare risorse adeguate in tempi di crisi economica. D. In che modo l’unione bancaria può contribuire? Barbagallo L’unione bancaria come soluzione ai problemi congiunturali risponde all’obiettivo di spezzare il circolo vizioso banche - sovrani, nelle due direzioni: dalle banche al sovrano, dal sovrano alle banche. Quanto agli obiettivi più di lungo periodo, tende a risolvere la contraddizione tra la presenza di grandi intermediari in mercati transnazionali e un sistema di supervisione a responsabilità nazionale. Premesso che il primo pilastro dell’unione bancaria, quello della vigilanza su base europea, sarà concretamente applicato dal prossimo novembre, desidero mettere in evidenza come nell’ambito del meccanismo unico di vigilanza è essenziale che il controllo sia condotto in modo uniforme rispetto a tutte le banche. Sia quelle vigilate in forma centralizzata, sia quelle minori. A questo proposito, sarà applicato un manuale unico (il Single supervisory manual) che descriverà i processi, le procedure e le metodologie di supervisione da seguire. La Banca d’Italia ha fortemente contribuito alla sua realizzazione, facendo confluire in esso le nostre prassi, che seguono una guida di vigilanza organica portata a termine nel 2008 e particolarmente apprezzata anche dal Fondo monetario internazionale. Il secondo pilastro dell’unione bancaria è il meccanismo unico per la risoluzione delle crisi bancarie, il Single resolution mechanism (Srm). Che è un complemento necessario della supervisione unica e, pertanto, avrà lo stesso raggio di applicazione del meccanismo unico di supervisione, coinvolgendo tutte le banche dei paesi dell’Eurozona. L’Srm prevede un fondo di risoluzione unico, alimentato progressivamente da contributi delle banche, e un comitato di risoluzione unico (Single resolution board), a cui ven- gono affidate le decisioni sull’avvio e sulla gestione del procedimento di risoluzione, oltre che sull’uso delle risorse del fondo, salvo obiezioni della commissione e del consiglio. Il dibattito sul regolamento che istituisce l’Srm si è protratto a lungo tra le istituzioni comunitarie, data la delicatezza del tema. La mutualizzazione del rischio, a regime, comporterà una significativa messa in comune di risorse, il che ha richiesto la ricerca di un difficile equilibrio tra le posizioni nazionali. Il Single resolution fund avrà una dotazione finanziaria a regime di circa 55 miliardi di euro, che verrà raggiunta nell’arco di otto anni. Nel dibattito europeo resta, però, ancora da definire il disegno del paracadute finanziario del fondo (backstop). Bernardi. Le banche e i mercati hanno bisogno di regole uniche a livello comunitario e di un esercizio integrato e convergente delle funzioni di vigilanza, per poter sfruttare in pieno le economie di scala e di scopo che offre il mercato unico. La riforma dell’architettura di vigilanza europea si è rivelata una soluzione di compromesso, che ha evidenziato immediatamente le proprie lacune. Lacune che derivano dal non aver affrontato il tema della condivisione (e centralizzazione) dei compiti e delle responsabilità di vigilanza (anche in termini di mutualizzazione delle perdite), che sono rimasti invece frammentati a livello nazionale. Come evidenziato dall’esercizio Eba dell’8 dicembre 2011, infatti, mantenere le funzioni di vigilanza in capo alle autorità nazionali ha di fatto impedito l’adozione di pratiche comuni, a cominciare dalle ponderazioni per il rischio, e ha lasciato libere le autorità di proteggere gli interessi nazionali, anche se in conflitto con gli obiettivi di stabilità a livello continentale. Il mercato ha cominciato a giudicare le banche in base al rating sovrano: pertanto il costo del funding bancario è stato determinato sulla base dello stato di residenza e non - come sarebbe stato corretto - sulla base della solidità della singola banca, determinando una situazione di disparità competitiva inaccettabile nell’ambito del mercato unico europeo. Più di recente, nel marzo 2013, gli investitori e i mercati sono stati allarmati dalla pubblicazione da parte del Fmi di un’analisi comparativa dalla quale emergeva una crescita anomala delle esposizioni deteriorate delle banche italiane rispetto a quelle dei propri competitor internazionali. Da un successivo approfondimento condotto dall’Abi e da alcune società di consulenza è emerso che gran parte di queste era dovuta in realtà alla metodologia - più prudente e rigorosa - adottata per il loro calcolo. D. E ora trasferiamoci su un campo particolare quello del contrasto alla criminalità economica. Anche qui si può parlare di un’azione comune europea? Condò. La criminalità orga- partecipanti Alla tavola rotonda “Verso l’unione europea: gli obiettivi raggiunti, gli ostacoli da superare, le nuove sfide”, organizzata da Nifa (New international finance association), che si è svolta a Roma nella sede di Swiss Re, hanno partecipato Ettore Greco, direttore generale dell’Istituto affari internazionali, Carmelo Barbagallo, direttore della viglilanza bancaria e finanziaria di Bankitalia, Daniela Condò, avvocato esperta di antiriciclaggio, Enrico Bernardi, membro della direzione norme e tributi dell’Abi, Paolo Guerrieri, ordinario di economia internazionale alla Sapienza di Roma, Mauro Maré, presidente di Mefop, Franco Roberti, procuratore nazionale Antimafia, e Stefano Semplici, presidente del comitato bioetico dell’Unesco. Luglio / Agosto 2014 23 Strategie & Mercati nizzata costituisce una minaccia per l’economia e per la società del nostro continente. La risposta dell’Unione Europea si adatta alla complessità del fenomeno e prende di mira sia la tratta degli esseri umani e i traffici (armi, droga), sia la criminalità economica e finanziaria, la corruzione o il riciclaggio di denaro sporco, oltre che i nuovi aspetti come la cybercriminalità o quella ambientale. L’approccio integrato che guida l’azione Ue si estende dalla prevenzione al contrasto e si basa essenzialmente su una cooperazione efficace tra i servizi degli stati membri, comprendendo anche lo scambio di informazioni e l’assistenza in materia di sequestri e confische. In questa prospettiva, tra i tanti, ricordo rapidamente il potenziamento anche qualitativo di un aspetto dell’attività della guardia di finanza legata al contrasto ai traffici transfrontalieri di valuta irregolari. Con quale risultato? Che nel 2013 sono state riscontrate poco meno di 5.000 violazioni, con sequestri complessivi per oltre 258,2 milioni di euro. D. Questi sono, dunque, nuovi pezzi d’Europa che crescono. Ma che ne è della nostra moneta? Rischia ancora? Guerrieri. L’euro è salvo, ma la situazione economica di molti paesi resta critica, con 27 milioni di disoccupati, appena sfiorati per ora dalla fragile ripresa in corso. La crisi della moneta unica, intesa come rischio di una sua definitiva implo- primo pilastro «Il primo pilastro dell’unione bancaria, quello della vigilanza su base europea, sarà concretamente applicato dal prossimo novembre», sostiene Carmelo Barbagallo, direttore della viglilanza bancaria e finanziaria di Bankitalia. 24 Luglio / Agosto 2014 percorso difficile Durante il dibattito organizzato presso la sede di Swiss Re, si è cercato di identificare il percorso non facile che l’Unione Europea dovrà compiere per assumere una forma più definita. Tra questi, l’unione bancaria, attraverso l’armonizzazione della fiscalità e l’organizzazione centralizzata della lotta alla grande criminalità. sione, è ormai alle nostre spalle. Almeno così sembrano aver deciso i mercati finanziari, che nell’ultimo anno e mezzo hanno assicurato una sorprendente stabilità e un abbassamento degli spread ai livelli precrisi. La spiegazione sta prima di tutto nel piano della Bce deciso a metà 2012 (Omt) a favore dell’acquisto in quantità illimitata di titoli del debito pubblico dei paesi più in difficoltà. Per fronteggiare la crisi di liquidità di molti stati, serviva un prestatore di ultima istanza e, pur con due anni di ritardo dallo scoppio della crisi, il programma di Mario Draghi e della Bce, sostenuto politicamente da Angela Merkel, è pienamente servito allo scopo. Senza finora spendere un euro si è riusciti a convincere i mercati che la sopravvivenza della moneta unica non era più in discussione e che nessun paese avrebbe dovuto abbandonarla. L’euro è in salvo, dunque. Non lo sono, tuttavia, e lo sottolineo, la maggior parte delle economie europee. Dopo oltre sei trimestri di recessione, sperimentano oggi una fragile e modesta ripresa, del tutto insufficiente a ridurre i livelli record raggiunti dalla disoccupazione. D. E gli aspetti fiscali? Maré. La storia delle unioni monetarie finora realizzate mostra modalità molto diverse di progredire. In altri termini, le esperienze concrete in questa materia ci dicono che non è univoco il grado di centralizzazione degli strumenti di bilancio, così come non sono uniformi gli assetti organizzativi della cosiddetta solidarietà fiscale nei confronti di shock finanziari e macroeconomici avversi. Guardando all’Ue, si può affermare che si è in presenza di una “quasi-federa- zione”, di un’unione asimmetrica e non completata in tutti i suoi aspetti. Ecco perché approfondire il tema dell’unione fiscale in ambito Ue richiede una considerazione specifica legata alla realizzazione di una capacità tributaria coerente. Punti essenziali in questa ottica sono da un lato la necessità di integrare la struttura attuale per la sorveglianza e il coordinamento delle politiche di bilancio, come a suo tempo proposto nel Two Pack, dall’altro il tendere gradualmente a una vera e completa struttura di bilancio. Per cogliere l’obiettivo di una capacità fiscale a livello europeo bisognerebbe, però, introdurre una specifica funzione del Tesoro su base comunitaria con precise responsabilità fiscali. Un’affermazione di principio largamente condivisibile finché rimane tale, ma suscettibile di sollevare interrogativi complessi passando alla sua fase realizzativa. Il Tesoro su base Ue, infatti, presuppone una definizione chiara e certa delle sue finalità, delle funzioni attribuite e dei meccanismi di governance che lo regolano. Altrimenti la centralizzazione fiscale su base Ue, oltre che rimanere a uno stadio di nebulosità incoerente, rischierebbe di apparire come l’equivalente del taglio dell’unico grado di libertà rimasto ancora nel perimetro degli stati membri . D. Dalla fiscalità al mondo dell’illecito finanziario il passo è breve. Come combattere la criminalità organizzata su scala planetaria ed europea in particolare? Rober ti. Mi piace ricordare che l’idea di una cooperazione tra gli stati membri dell’Ue in tema di giustizia risale alla fine del secolo scorso, quando a Tampere il Consiglio Europeo promosse l’iniziativa di dare vita a Eurojust, un organismo che di fatto mosse i primi passi operativi solo nel 2002, prevedendo l’attribuzione di un magistrato per ciascuno dei paesi Ue. Di fronte all’incalzare di una criminalità economica sempre più organizzata e ramificata su scala globale, con intrecci tra organizzazioni malavitose di diversi paesi, ci si è, però, resi conti che un’azione di efficace con- trasto non può che passare attraverso un rafforzamento degli strumenti finora messi in campo. In altri termini, senza sottovalutare i pur importanti risultati ottenuti da Eurojust, non posso non sottolineare i limiti della sua operatività legata alla sua stessa natura. Ritengo, pertanto che sia giunto il momento anche in questo campo di promuovere un cambio di passo indispensabile per prevenire e arginare fenomeni di delinquenza criminale, come il terrorismo o la tratta di esseri umani, che mobilitano interessi economici e flussi di danaro particolarmente ingenti. D. Restano le differenze culturali fra le varie aree d’Europa.... Semplici. A differenza di quanto avviene in altri ambiti, le diversità sul piano culturale non rappresentano un limite, ma una fonte preziosa di arricchimento e di crescita per l’Europa. In realtà sono altre le problematiche che bloccano il disegno unitario dell’Europa culturale. Mi preme, infatti, sottolineare come l’Europa si presenti disunita rispetto all’impegno e alle risorse dedicate dai singoli paesi membri sui versanti dell’università e della ricerca. Alcuni esempi per meglio comprendere l’entità di questa sfida e le aree su cui intervenire con urgendalla prevenzione alla repressione «L’approccio integrato che guida l’azione Ue contro la criminalità organizzata si estende dalla prevenzione al contrasto e si basa essenzialmente su una cooperazione efficace tra i servizi degli stati membri, comprendendo anche lo scambio di informazioni e l’assistenza in materia di sequestri e confische», dice Daniela Condò, avvocato esperta di antiriciclaggio. za. Con la chiarezza inequivocabile delle cifre, i dati diffusi dall’Ocse chiariscono le disparità tra i diversi paesi membri Ue e la posizione assolutamente insoddisfacente in questa specifica classifica dell’Italia, in grado di situarsi soltanto sopra il livello del fanalino di coda, la Grecia. Un’ulteriore conferma della debolezza italiana la si ricava analizzando il versante della ricerca, vero motore di sviluppo economico e di crescita civile e sociale; i dati Eurostat sui brevetti certificano quanto sia ancora lungo il cammino del nostro paese per portarsi ai livelli di media Ue. E, infine, purtroppo, anche un terzo dato sulla mobilità di studenti e ricercatori, e quindi sulla capacità di attrarre i talenti, mostra quanto sia modesta la nostra capacità di trattenere le risorse umane coltivate nel nostro sistema educativo e di attrarne dall’esterno, rispetto a Francia, Inghilterra, Germania ma anche a realtà più circoscritte, quali Austria e Svizzera. D. Quali sono le prospettive dell’Unione Europea? Greco. Essere riusciti a varare il meccanismo di risoluzione dell’unione bancaria prima delle elezioni europee, smentendo molte previsioni è un buon segno. Che non è l’ultimo ostacolo che si è dovuto superare: altre scelte cruciali avrebbero potuto far deragliare il processo di riforma, come il referendum irlandese sul fiscal compact, il voto del 2012 in Olanda e le sentenze della Corte costituzionale tedesca. Resta il fatto che l’Ue non ha ancora raggiunto un assetto che si possa ragionevolmente consi- cambio di passo «È giunto il momento di promuovere un cambio di passo indispensabile per prevenire e arginare fenomeni di delinquenza criminale, come il terrorismo o la tratta di esseri umani, che mobilitano interessi economici e flussi di danaro particolarmente ingenti», sostiene Franco Roberti, procuratore nazionale Antimafia. Luglio / Agosto 2014 25 Strategie & Mercati quasi-federazione «Guardando all’Ue, si può affermare che si è in presenza di una “quasi-federazione”, di un’unione asimmetrica e non completata in tutti i suoi aspetti. Ecco perché approfondire il tema dell’unione fiscale in ambito Ue richiede una considerazione specifica legata alla realizzazione di una capacità tributaria coerente», sostiene Mauro Maré, presidente di Mefop. 26 derare sostenibile nel lungo termine. L’Unione è difettosa perché incompleta. Senza un incremento sostanziale delle risorse proprie e un bilancio degno di questo nome, difficilmente si riusciranno a correggere gli squilibri interni che hanno amplificato gli effetti della crisi finanziaria. Per riguadagnare un rapporto di fiducia con i cittadini servirebbe poi un’integrazione più stretta in una serie di settori, come l’immigrazione, l’energia e la stessa politica estera. Sono aree in cui dovrebbe avere più peso la componente comunitaria, dove ora prevale, invece, nettamente quella intergovernativa. L’auspicio è che il nuovo parlamento europeo, dove comunque rimarranno maggioritarie le forse pro-integrazione, faccia proprio l’obiettivo di una maggiore “comunitarizzazione” di queste politiche e prema sulle altre istituzioni per indurle a uscire dall’inerzia in cui tendono spesso a rifugiarsi. Barbagallo. Nelle intenzioni originarie, il terzo pilastro dell’unione bancaria avrebbe dovuto essere costituito da uno schema europeo comune di garanzia dei depositi. Nei fatti, ci si è limitati a un’armonizzazione del funzionamento dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi. A cui la nuova direttiva consente di operare con modalità e dotazioni finanziarie uniformi, adeeconomie di scala «Le banche e i mercati hanno bisogno di regole uniche a livello comunitario e di un esercizio integrato e convergente delle funzioni di vigilanza, per poter sfruttare in pieno le economie di scala offerte dal mercato unico», afferma Enrico Bernardi, membro della direzione norme e tributi dell’Abi. Luglio / Agosto 2014 guando le funzioni e le modalità di intervento dei sistemi al nuovo quadro per le gestione delle crisi introdotto in Europa. Il sistema di garanzia dei depositi continua, inoltre, a svolgere l’importante funzione di proteggere i correntisti nei casi in cui l’intermediario sia sottoposto a liquidazione. Bernardi. Mi preme sottolineare che, tra i fattori che potrebbero giocare un ruolo positivo per le banche italiane, in funzione del modo in cui verranno considerati dalla Bce, sono da elencare: la migliore qualità del capitale misurato in termini di Basilea 3; il basso livello della leva finanziaria; le prescrizioni più rigide per il calcolo dei fattori di ponderazione del rischio; la maggiore trasparenza rispetto ai crediti ristrutturati, conteggiati nell’ambito dei crediti deteriorati. Sebbene la vera differenza tra l’esercizio Bce e quello Eba del 2011 risieda nell’intenzione della banca centrale di analizzare anche i titoli di livello 3 (vale a dire quelli che devono essere valutati usando modelli, data l’assenza di mercati liquidi), paradossalmente le esposizioni in derivati e titoli illiquidi ricevono un trattamento meno severo, mentre la valutazione a prezzi di mercato delle esposizioni in titoli di stato risulta discriminatoria per le banche italiane. Sono prodotti per cui spesso non si può avere un prezzo di mercato: non è possibile, quindi, stimarne le perdite potenziali. Per il futuro, una volta che sarà completata l’unione bancaria, l’Abi auspica che in Europa il fisco diventi più omogeneo: solo con un trattamento fiscale effettivamente identico tra gli stati membri che partecipano all’unione bancaria è possibile eliminare le disparità che allontanerebbero gli investitori stabili. Condò. Voglio subito ribadire l’importanza strategica della lotta al riciclaggio dei proventi criminali, che vede coinvolte in Italia in primo piano l’unità di informazione finanziaria e la guardia di finanza. Ciò premesso, tornando a un ambito internazionale, rilevo come premiante l’approccio investigativo trasversale della cooperazione nazionale e internazionale che, da un lato segue i flussi di denaro attraverso la valorizzazione delle segnalazioni di operazioni sospette e l’avvio sistematico delle indagini finanziarie, e dall’altro individua i titolari effettivi delle ricchezze ingiustificate, per poi promuovere le misure per identificare i beni accumulati illegalmente e constatare le connesse violazioni di carattere tributario. Dedico, infine, un cenno all’approvazione, da parte del parlamento europeo, della quarta direttiva antiriciclaggio presentata nel 2013 dalla Commissione, che prevede come principali elementi innovativi: l’istituzione di registri pubblici ufficiali tenuti a livello centrale, che contengono le informazioni sui proprietari effettivi di tutte le entità giuridiche, compresi società, fondazioni e trust, quale strumento per combattere l’evasione fiscale e migliorare la tracciabilità dei fondi transnazionali; l’interconnessione tra tutti i registri ufficiali, in modo da consentire alle autorità competenti di ogni singolo stato membro di accedere ai dati; il rafforzamento delle verifiche degli intermediari finanziari, dei professionisti e delle case da gioco sulle transazioni sospette dei propri clienti, in base a un approccio basato sul rischio. Guerrieri. Nelle attuali condizioni, la prospettiva più realistica è quella di un lungo ristagno dell’area europea, che potrebbe prolungarsi per tutto il decennio in corso, con due maggiori rischi correlati: la necessità di ristrutturazioni di qui a qualche tempo degli enormi stock di debito accumulati dai paesi periferici e l’ulteriore rafforzamento dei partiti e movimenti nazionalistici ed euroscettici, a partire dalle prossime elezioni europee. Per fronteggiare scenari così inquietanti, la soluzione non può essere certo rappresentata - come rivendicato oggi da molti gruppi euroscettici dall’uscita di singoli paesi dall’area euro o dal totale smantellamento della moneta unica. I costi sarebbero drammatici in entrambi i casi. La soluzione, a mio avviso, non è uscire dall’euro, ma abbandonare le politiche sbagliate condotte finora, marcando una profonda discontinuità. In particolare, serve innalzare la dinamica reale di crescita dell’area euro nel suo insieme con un’azione energica di intervento simultaneamente su più fronti. Come? Prima di tutto la politica monetaria della Bce deve varare al più presto un suo quantitative easing per scongiurare le tendenze deflazionistiche in atto. Inoltre, sul piano dell’economia reale, servono processi di aggiustamento più simmetrici tra paesi in deficit e paesi in surplus. Poi, l’unione bancaria va completata, con un meccanismo effettivamente comune di finanziamento e risoluzione delle crisi bancarie; infine, si deve prevedere la creazione di una capacità fiscale autonoma dell’area euro che permetta anche la realizzazione di investimenti comuni a livello europeo in servizi e infrastrutture strategiche. Per rinnovare le politiche è necessario, tuttavia, rinnovare anche i luoghi dove vengono decise. A questo scopo è necessaria una governance più equilibrata e meno dipendente dal potere del Consiglio europeo e dei paesi più forti (come la Germania), che hanno preso in questi anni tutte le decisioni più importanti. Certo, non sarà facile, in un’era di euroscetticismo crescente! Maré. Vorrei ritornare sull’introduzione della funzione del Tesoro su base Ue, che non è una questione fine a se stessa, ma rappresenta un passo decisivo in avanti sul percorso dell’Europa federale e quindi dell’unione politica. In quest’ottica, ricordo allora che Tesoro nella Ue vorrebbe dire spese europee, e almeno una forma di imposte comuni. A oggi l’unica esistente è l’Iva, anche se sono sicuro che ben pochi dei nostri concittadini sono al corrente che una parte di questa imposta riscossa su base nazionale viene poi girata a Bruxelles. Ma Tesoro su base Ue vorrebbe anche dire possibilità di gestire disavanzi e ricorso a forme di finanziamento con l’emissione di titoli; ciò comporta evidenti vantaggi macroeconomici, ma anche possibili costi legati al moral hazard e all’irresponsabilità finanziaria di paesi in deficit. Quanti degli stati cosiddetti virtuosi sarebbero realmente disposti a correre questi rischi? Tutto ciò ci fa capire la lunghezza del percorso da compiere per realizzare un’effettiva unione fiscale. Se si volesse, infine, entrare nella logica di un bilancio federale (tenuto conto che attualmente il bilancio dell’Ue rappresenta l’1% del suo Pil e si ispira a criteri redistributivi), si dovrebbe modificare radicalmente l’ottica di impostazione, prevedendo in modo prioritario il finanziamento di veri beni pubblici su scala europea (difesa, ambiente, politica estera) e lasciando ai bilanci dei singoli stati le questioni sociali e redistributive. Ma per vedere tutto ciò realizzato occorrono tempo e gradualità. Roberti. Il cambio di passo cui prima accennavo ha stimolato la nascita dell’idea di una procura europea con magistrati in grado di intervenire in forma efficace e immediata nella lotta alle manifestazioni criminali nei paesi Ue, senza doversi sottoporre alle lungaggini burocratiche e alle incertezze applicative derivanti da legislazioni penali diverse. Ritengo che sia questa la via obbligata di una giustizia efficace e realmente giusta su base europea, anche se non mi nascondo le difficoltà di arrivare in tempi ragionevoli a cogliere questo importante obiettivo. Suo corollario altrettanto importante quanto problematico è, poi, l’individuazione di un catalogo di reati su base continentale che dunque apporti trasparenza e certezza applicative nell’operatività di questa nuova e per me indispensabile figura del procuratore europeo. Concludo, esprimendo non solo l’auspicio di una relativamente rapida realizzazione di questa fondamentale innovazione, ma anche sottolineando l’importanza che nel nostro ordinamento si ponga mano in tempi stretti alla revisione di impianti normativi e strumenti giuridici che ormai non sono più al passo con i tempi e le armi messe in campo dalla nuova criminalità, a cominciare dall’istituto della prescrizione. Semplici. Due osser vazioni. Primo: è controproducente pensare di poter fare da soli in questo delicato campo culturale: anche in questo ambito è indispensabile stabilità «La crisi della moneta unica, intesa come rischio di una sua definitiva implosione, è ormai alle nostre spalle. Almeno così sembrano aver deciso i mercati finanziari, che nell’ultimo anno e mezzo hanno assicurato una sorprendente stabilità e un abbassamento degli spread ai livelli pre-crisi», sostiene Paolo Guerrieri, ordinario di economia internazionale alla Sapienza di Roma. unione bancaria «Essere riusciti a varare il meccanismo di risoluzione dell’unione bancaria prima delle elezioni europee, smentendo molte previsioni è un buon segno», afferma Ettore Greco, direttore generale dell’Istituto affari internazionali. la presenza di una massa critica ben più consistente dei singoli paesi: per questo si deve puntare con decisione verso un’Europa meno disunita. Il secondo aspetto, che non sempre viene messo nella giusta evidenza, riguarda l’importanza di come e quanto la produzione del nuovo sapere non possa risultare disgiunta dalla qualità della sua trasmissione. È proprio questo punto a risultare quale fattore cruciale nel Rapporto 2013 sulla qualità dell’insegnamento presentato alla Commissione europea. Con grande rammarico devo purtroppo notare che l’Italia, anche negli anni più recenti, sembra essere andata in direzione opposta allargando ulteriormente il divario sfavorevole con le altre realtà europee. Adeguare le risorse, alleggerire le lungaggini burocratiche che spesso si trasformano in autentiche persecuzioni, ridare entusiasmo alle nuove generazioni del paese, essere concretamente vicini ai talenti maturati nel nostro paese sono condizioni sine qua non, senza le quali risulterà sempre più difficile per l’Italia invertire l’inarrestabile declino culturale, competere in Europa e restare agganciata al treno dello sviluppo ■ internazionale . Luglio / Agosto 2014 27