NIFA - Tavola Rotonda BancaFinanza - Maggio 2014

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NIFA - Tavola Rotonda BancaFinanza - Maggio 2014
Strategie & Mercati
dibattito
il futuro delle istituzioni comunitarie
L’anno cruciale
dell’integrazione europea
La moneta unica è salva e la crescita degli euroscettici non ha bloccato le nuove tappe
della coesione continentale. Tuttavia, l’Ue dovrà affrontare, a breve termine, sfide
difficili: l’unione bancaria, la fiscalità unica, la lotta alla criminalità, ma anche...
filippo
cucuccio
■
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L
e elezioni europee dello
scorso giugno hanno evidenziato la crescita generalizzata dell’euroscetticismo, anche se le forze pro-Unione restano
in maggioranza. In ogni caso, sta,
quindi, alle istituzioni comunitarie
riguadagnare la fiducia di chi non
crede più al progetto di coesione
continentale. Uno degli argomenti
forti dell’Ue è senz’altro l’unione
bancaria, che è stata approvata giusto prima delle elezioni e partirà il
prossimo novembre. Un’operazione, questa, che punta anche ad aiutare l’Unione Europea ad assumere
una forma più definita, anche attraversol’armonizzazione della fiscalità e l’organizzazione centralizzata
della lotta alla grande criminalità.
Se ne è discusso nel corso della tavola rotonda Verso l’unione europea:
gli obiettivi raggiunti, gli ostacoli da
superare, le nuove sfide. organizzata
da Nifa (New international finance
association), che si è svolta a Roma
nella sede di Swiss Re. Al dibattito,
moderato da Filippo Cucuccio,
direttore di Anspc; e introdotto da
Antonio De Virgiliis, presidente
di Nifa e da Angela Maria Scullica, direttore di BancaFinanza,
Giornale delle Assicurazioni ed
Espansione, hanno par tecipato
Ettore Greco, direttore generale dell’Istituto affari internazionali.
Carmelo Barbagallo, direttore
della viglilanza bancaria e finanziaria di Bankitalia, Daniela Condò,
avvocato esperta di antiriciclaggio,
Enrico Bernardi, membro della
direzione norme e tributi dell’Abi,
Luglio / Agosto 2014
Paolo Guerrieri, ordinario di economia internazionale alla Sapienza
di Roma, Mauro Maré, presidente
di Mefop, Franco Roberti, procuratore nazionale Antimafia, e
Stefano Semplici, presidente del
comitato bioetico dell’Unesco. Ed
ecco che cosa è emerso.
Domanda. L’Unione Europea
non è mai stata in crisi come
ora...
Greco. È un momento cruciale
per l’Unione Europea. In discussione è, infatti, la stessa sostenibilità
del progetto di integrazione. Alla
crisi economica interna, che continua a generare forti spinte centrifughe, si somma un acuirsi dei
conflitti esterni, in particolare quelli dell’area del vicinato, sia a sud
che a est. Sul fronte interno all’Ue,
la priorità rimane la riforma della
governance economica europea,
che dovrebbe prevedere non solo
il completamento dell’unione bancaria, ma anche un più
stretto coordinamento
delle politiche economiche e una strategia per lo
sviluppo e l’innovazione
su scala continentale. In
questa ottica di rafforzamento della governance
ser virebbero, inoltre,
concreti passi avanti verso l’unione fiscale, senza
la quale è difficile immaginare che l’Ue possa
stabilizzarsi nel più lungo termine. Sul fronte
internazionale, a parte
la questione britannica
e le insidie di un’eventuale richiesta di revisione dei rapporti con
l’Ue, ci si trova a fronteggiare, sia
la crisi ucraina, che ha aperto una
frattura profonda e non facilmente
sanabile con la Russia, sia l’ormai
cronica instabilità di molti paesi del
nord Africa, a partire dalla Libia,
che sembra sull’orlo di una nuova
guerra civile. Tutto il vicinato è in
subbuglio e l’Ue è chiamata ad assumersi impegni per i quali è però
difficile mobilitare risorse adeguate
in tempi di crisi economica.
D. In che modo l’unione bancaria può contribuire?
Barbagallo L’unione bancaria
come soluzione ai problemi congiunturali risponde all’obiettivo di
spezzare il circolo vizioso banche
- sovrani, nelle due direzioni: dalle
banche al sovrano, dal sovrano alle
banche. Quanto agli obiettivi più
di lungo periodo, tende a risolvere
la contraddizione tra la presenza
di grandi intermediari in mercati
transnazionali e un sistema di supervisione a responsabilità nazionale. Premesso che il primo pilastro
dell’unione bancaria, quello della
vigilanza su base europea, sarà concretamente applicato dal prossimo
novembre, desidero mettere in evidenza come nell’ambito del meccanismo unico di vigilanza è essenziale che il controllo sia condotto
in modo uniforme rispetto a tutte le
banche. Sia quelle vigilate in forma
centralizzata, sia quelle minori. A
questo proposito, sarà applicato un
manuale unico (il Single supervisory
manual) che descriverà i processi,
le procedure e le metodologie di
supervisione da seguire. La Banca
d’Italia ha fortemente contribuito
alla sua realizzazione, facendo confluire in esso le nostre prassi, che
seguono una guida di vigilanza organica portata a termine nel 2008 e
particolarmente apprezzata anche
dal Fondo monetario internazionale. Il secondo pilastro dell’unione
bancaria è il meccanismo unico per
la risoluzione delle crisi bancarie, il
Single resolution mechanism (Srm).
Che è un complemento necessario
della supervisione unica e, pertanto, avrà lo stesso raggio di applicazione del meccanismo unico di
supervisione, coinvolgendo tutte
le banche dei paesi dell’Eurozona.
L’Srm prevede un fondo di risoluzione unico, alimentato progressivamente da contributi delle banche,
e un comitato di risoluzione unico
(Single resolution board), a cui ven-
gono affidate le decisioni sull’avvio
e sulla gestione del procedimento
di risoluzione, oltre che sull’uso
delle risorse del fondo, salvo obiezioni della commissione e del consiglio. Il dibattito sul regolamento
che istituisce l’Srm si è protratto a
lungo tra le istituzioni comunitarie,
data la delicatezza del tema. La mutualizzazione del rischio, a regime,
comporterà una significativa messa in comune di risorse, il che ha
richiesto la ricerca di un difficile
equilibrio tra le posizioni nazionali.
Il Single resolution fund avrà una
dotazione finanziaria a regime di
circa 55 miliardi di euro, che verrà raggiunta nell’arco di otto anni.
Nel dibattito europeo resta, però,
ancora da definire il disegno del
paracadute finanziario del fondo
(backstop).
Bernardi. Le banche e i mercati
hanno bisogno di regole uniche a
livello comunitario e di un esercizio
integrato e convergente delle funzioni di vigilanza, per poter sfruttare in pieno le economie di scala e di
scopo che offre il mercato unico. La
riforma dell’architettura di vigilanza
europea si è rivelata una soluzione
di compromesso, che ha evidenziato immediatamente le proprie
lacune. Lacune che derivano dal
non aver affrontato il tema della
condivisione (e centralizzazione)
dei compiti e delle responsabilità
di vigilanza (anche in termini di
mutualizzazione delle perdite), che
sono rimasti invece frammentati a
livello nazionale. Come evidenziato
dall’esercizio Eba dell’8 dicembre
2011, infatti, mantenere le funzioni
di vigilanza in capo alle autorità nazionali ha di fatto impedito l’adozione di pratiche comuni, a cominciare
dalle ponderazioni per il rischio,
e ha lasciato libere le autorità di
proteggere gli interessi nazionali,
anche se in conflitto con gli obiettivi
di stabilità a livello continentale. Il
mercato ha cominciato a giudicare
le banche in base al rating sovrano: pertanto il costo del funding
bancario è stato determinato sulla
base dello stato di residenza e non
- come sarebbe stato corretto - sulla
base della solidità della singola banca, determinando una situazione di
disparità competitiva inaccettabile
nell’ambito del mercato unico europeo. Più di recente, nel marzo
2013, gli investitori e i mercati sono
stati allarmati dalla pubblicazione
da parte del Fmi di un’analisi comparativa dalla quale emergeva una
crescita anomala delle esposizioni
deteriorate delle banche italiane
rispetto a quelle dei propri competitor internazionali. Da un successivo
approfondimento condotto dall’Abi
e da alcune società di consulenza
è emerso che gran parte di queste
era dovuta in realtà alla metodologia - più prudente e rigorosa - adottata per il loro calcolo.
D. E ora trasferiamoci su un
campo particolare quello del
contrasto alla criminalità economica. Anche qui si può parlare
di un’azione comune europea?
Condò. La criminalità orga-
partecipanti
Alla tavola rotonda
“Verso l’unione
europea: gli obiettivi
raggiunti, gli ostacoli
da superare, le nuove
sfide”, organizzata da
Nifa (New international
finance association),
che si è svolta a Roma
nella sede di Swiss
Re, hanno partecipato
Ettore Greco,
direttore generale
dell’Istituto affari
internazionali, Carmelo
Barbagallo, direttore
della viglilanza
bancaria e finanziaria
di Bankitalia,
Daniela Condò,
avvocato esperta di
antiriciclaggio, Enrico
Bernardi, membro
della direzione norme
e tributi dell’Abi,
Paolo Guerrieri,
ordinario di economia
internazionale
alla Sapienza di
Roma, Mauro Maré,
presidente di Mefop,
Franco Roberti,
procuratore nazionale
Antimafia, e Stefano
Semplici, presidente
del comitato bioetico
dell’Unesco.
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Strategie & Mercati
nizzata costituisce una minaccia
per l’economia e per la società
del nostro continente. La risposta
dell’Unione Europea si adatta alla
complessità del fenomeno e prende di mira sia la tratta degli esseri
umani e i traffici (armi, droga), sia
la criminalità economica e finanziaria, la corruzione o il riciclaggio
di denaro sporco, oltre che i nuovi
aspetti come la cybercriminalità
o quella ambientale. L’approccio
integrato che guida l’azione Ue si
estende dalla prevenzione al contrasto e si basa essenzialmente su una
cooperazione efficace tra i servizi
degli stati membri, comprendendo
anche lo scambio di informazioni e
l’assistenza in materia di sequestri
e confische. In questa prospettiva,
tra i tanti, ricordo rapidamente il potenziamento anche qualitativo di un
aspetto dell’attività della guardia di
finanza legata al contrasto ai traffici
transfrontalieri di valuta irregolari.
Con quale risultato? Che nel 2013
sono state riscontrate poco meno
di 5.000 violazioni, con sequestri
complessivi per oltre 258,2 milioni
di euro.
D. Questi sono, dunque,
nuovi pezzi d’Europa che crescono. Ma che ne è della nostra
moneta? Rischia ancora?
Guerrieri. L’euro è salvo, ma
la situazione economica di molti
paesi resta critica, con 27 milioni di
disoccupati, appena sfiorati per ora
dalla fragile ripresa in corso. La crisi della moneta unica, intesa come
rischio di una sua definitiva implo-
primo pilastro
«Il primo pilastro
dell’unione bancaria,
quello della vigilanza
su base europea,
sarà concretamente
applicato dal
prossimo novembre»,
sostiene
Carmelo Barbagallo,
direttore della
viglilanza bancaria
e finanziaria
di Bankitalia.
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percorso difficile
Durante il dibattito organizzato
presso la sede di Swiss Re, si è
cercato di identificare il percorso
non facile che l’Unione Europea
dovrà compiere per assumere
una forma più definita. Tra questi,
l’unione bancaria, attraverso
l’armonizzazione della fiscalità e
l’organizzazione centralizzata della
lotta alla grande criminalità.
sione, è ormai alle nostre spalle.
Almeno così sembrano aver deciso
i mercati finanziari, che nell’ultimo
anno e mezzo hanno assicurato una
sorprendente stabilità e un abbassamento degli spread ai livelli precrisi. La spiegazione sta prima di
tutto nel piano della Bce deciso a
metà 2012 (Omt) a favore dell’acquisto in quantità illimitata di titoli
del debito pubblico dei paesi più in
difficoltà. Per fronteggiare la crisi
di liquidità di molti stati, serviva un
prestatore di ultima istanza e, pur
con due anni di ritardo dallo scoppio della crisi, il programma di Mario Draghi e della Bce, sostenuto
politicamente da Angela Merkel,
è pienamente servito allo scopo.
Senza finora spendere un euro si
è riusciti a convincere i mercati
che la sopravvivenza della moneta
unica non era più in discussione e
che nessun paese avrebbe dovuto abbandonarla. L’euro è in salvo,
dunque. Non lo sono, tuttavia, e lo
sottolineo, la maggior parte delle
economie europee. Dopo oltre sei
trimestri di recessione, sperimentano oggi una fragile e modesta
ripresa, del tutto insufficiente a ridurre i livelli record raggiunti dalla
disoccupazione.
D. E gli aspetti fiscali?
Maré. La storia delle unioni
monetarie finora realizzate mostra
modalità molto diverse di progredire. In altri termini, le esperienze
concrete in questa materia ci dicono che non è univoco il grado di
centralizzazione degli strumenti
di bilancio, così come non sono
uniformi gli assetti organizzativi
della cosiddetta solidarietà fiscale
nei confronti di shock finanziari e
macroeconomici avversi. Guardando all’Ue, si può affermare che si
è in presenza di una “quasi-federa-
zione”, di un’unione asimmetrica e
non completata in tutti i suoi aspetti.
Ecco perché approfondire il tema
dell’unione fiscale in ambito Ue
richiede una considerazione specifica legata alla realizzazione di una
capacità tributaria coerente. Punti
essenziali in questa ottica sono da
un lato la necessità di integrare la
struttura attuale per la sorveglianza e il coordinamento delle politiche di bilancio, come a suo tempo
proposto nel Two Pack, dall’altro il
tendere gradualmente a una vera e
completa struttura di bilancio. Per
cogliere l’obiettivo di una capacità
fiscale a livello europeo bisognerebbe, però, introdurre una specifica funzione del Tesoro su base
comunitaria con precise responsabilità fiscali. Un’affermazione di
principio largamente condivisibile
finché rimane tale, ma suscettibile
di sollevare interrogativi complessi
passando alla sua fase realizzativa.
Il Tesoro su base Ue, infatti, presuppone una definizione chiara e certa
delle sue finalità, delle funzioni attribuite e dei meccanismi di governance che lo regolano. Altrimenti la
centralizzazione fiscale su base Ue,
oltre che rimanere a uno stadio di
nebulosità incoerente, rischierebbe di apparire come l’equivalente
del taglio dell’unico grado di libertà
rimasto ancora nel perimetro degli
stati membri .
D. Dalla fiscalità al mondo
dell’illecito finanziario il passo
è breve. Come combattere la
criminalità organizzata su scala
planetaria ed europea in particolare?
Rober ti. Mi piace ricordare
che l’idea di una cooperazione tra
gli stati membri dell’Ue in tema di
giustizia risale alla fine del secolo
scorso, quando a Tampere il Consiglio Europeo promosse l’iniziativa
di dare vita a Eurojust, un organismo che di fatto mosse i primi passi
operativi solo nel 2002, prevedendo
l’attribuzione di un magistrato per
ciascuno dei paesi Ue. Di fronte
all’incalzare di una criminalità economica sempre più organizzata e
ramificata su scala globale, con intrecci tra organizzazioni malavitose
di diversi paesi, ci si è, però, resi
conti che un’azione di efficace con-
trasto non può che passare attraverso un rafforzamento degli strumenti finora messi in campo. In altri
termini, senza sottovalutare i pur
importanti risultati ottenuti da Eurojust, non posso non sottolineare i
limiti della sua operatività legata alla
sua stessa natura. Ritengo, pertanto
che sia giunto il momento anche in
questo campo di promuovere un
cambio di passo indispensabile per
prevenire e arginare fenomeni di
delinquenza criminale, come il terrorismo o la tratta di esseri umani,
che mobilitano interessi economici
e flussi di danaro particolarmente
ingenti.
D. Restano le differenze culturali fra le varie aree d’Europa....
Semplici. A differenza di quanto avviene in altri ambiti, le diversità
sul piano culturale non rappresentano un limite, ma una fonte preziosa
di arricchimento e di crescita per
l’Europa. In realtà sono altre le problematiche che bloccano il disegno
unitario dell’Europa culturale. Mi
preme, infatti, sottolineare come
l’Europa si presenti disunita rispetto all’impegno e alle risorse dedicate dai singoli paesi membri sui
versanti dell’università e della ricerca. Alcuni esempi per meglio comprendere l’entità di questa sfida e le
aree su cui intervenire con urgendalla prevenzione
alla repressione
«L’approccio integrato che guida
l’azione Ue contro la criminalità
organizzata si estende dalla
prevenzione al contrasto e si
basa essenzialmente su una
cooperazione efficace tra i servizi
degli stati membri, comprendendo
anche lo scambio di informazioni e
l’assistenza in materia di sequestri
e confische», dice Daniela Condò,
avvocato esperta di antiriciclaggio.
za. Con la chiarezza inequivocabile
delle cifre, i dati diffusi dall’Ocse
chiariscono le disparità tra i diversi paesi membri Ue e la posizione
assolutamente insoddisfacente in
questa specifica classifica dell’Italia, in grado di situarsi soltanto sopra il livello del fanalino di coda, la
Grecia. Un’ulteriore conferma della
debolezza italiana la si ricava analizzando il versante della ricerca, vero
motore di sviluppo economico e di
crescita civile e sociale; i dati Eurostat sui brevetti certificano quanto
sia ancora lungo il cammino del
nostro paese per portarsi ai livelli di
media Ue. E, infine, purtroppo, anche un terzo dato sulla mobilità di
studenti e ricercatori, e quindi sulla
capacità di attrarre i talenti, mostra
quanto sia modesta la nostra capacità di trattenere le risorse umane coltivate nel nostro sistema educativo
e di attrarne dall’esterno, rispetto a
Francia, Inghilterra, Germania ma
anche a realtà più circoscritte, quali
Austria e Svizzera.
D. Quali sono le prospettive
dell’Unione Europea?
Greco. Essere riusciti a varare il meccanismo di risoluzione
dell’unione bancaria prima delle
elezioni europee, smentendo molte
previsioni è un buon segno. Che
non è l’ultimo ostacolo che si è dovuto superare: altre scelte cruciali
avrebbero potuto far deragliare il
processo di riforma, come il referendum irlandese sul fiscal compact, il voto del 2012 in Olanda e le
sentenze della Corte costituzionale
tedesca. Resta il fatto che l’Ue non
ha ancora raggiunto un assetto che
si possa ragionevolmente consi-
cambio di passo
«È giunto il momento
di promuovere un
cambio di passo
indispensabile
per prevenire e
arginare fenomeni
di delinquenza
criminale, come il
terrorismo o la tratta
di esseri umani,
che mobilitano
interessi economici
e flussi di danaro
particolarmente
ingenti», sostiene
Franco Roberti,
procuratore nazionale
Antimafia.
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Strategie & Mercati
quasi-federazione
«Guardando all’Ue, si
può affermare che si
è in presenza di una
“quasi-federazione”,
di un’unione
asimmetrica e non
completata in tutti
i suoi aspetti. Ecco
perché approfondire
il tema dell’unione
fiscale in ambito
Ue richiede una
considerazione
specifica legata alla
realizzazione di una
capacità tributaria
coerente», sostiene
Mauro Maré,
presidente di Mefop.
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derare sostenibile nel lungo termine. L’Unione è difettosa perché
incompleta. Senza un incremento
sostanziale delle risorse proprie e
un bilancio degno di questo nome,
difficilmente si riusciranno a correggere gli squilibri interni che
hanno amplificato gli effetti della
crisi finanziaria. Per riguadagnare
un rapporto di fiducia con i cittadini servirebbe poi un’integrazione
più stretta in una serie di settori,
come l’immigrazione, l’energia e
la stessa politica estera. Sono aree
in cui dovrebbe avere più peso la
componente comunitaria, dove ora
prevale, invece, nettamente quella
intergovernativa. L’auspicio è che
il nuovo parlamento europeo, dove
comunque rimarranno maggioritarie le forse pro-integrazione, faccia
proprio l’obiettivo di una maggiore
“comunitarizzazione” di queste politiche e prema sulle altre istituzioni
per indurle a uscire dall’inerzia in
cui tendono spesso a rifugiarsi.
Barbagallo. Nelle intenzioni originarie, il terzo pilastro dell’unione
bancaria avrebbe dovuto essere
costituito da uno schema europeo
comune di garanzia dei depositi.
Nei fatti, ci si è limitati a un’armonizzazione del funzionamento dei
sistemi nazionali di garanzia dei
depositi. A cui la nuova direttiva
consente di operare con modalità e
dotazioni finanziarie uniformi, adeeconomie di scala
«Le banche e i mercati hanno
bisogno di regole uniche a livello
comunitario e di un esercizio
integrato e convergente delle
funzioni di vigilanza, per poter
sfruttare in pieno le economie
di scala offerte dal mercato unico»,
afferma Enrico Bernardi, membro
della direzione norme e tributi
dell’Abi.
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guando le funzioni e le modalità
di intervento dei sistemi al nuovo
quadro per le gestione delle crisi introdotto in Europa. Il sistema di garanzia dei depositi continua, inoltre,
a svolgere l’importante funzione di
proteggere i correntisti nei casi in
cui l’intermediario sia sottoposto a
liquidazione.
Bernardi. Mi preme sottolineare che, tra i fattori che potrebbero
giocare un ruolo positivo per le banche italiane, in funzione del modo
in cui verranno considerati dalla
Bce, sono da elencare: la migliore qualità del capitale misurato in
termini di Basilea 3; il basso livello
della leva finanziaria; le prescrizioni
più rigide per il calcolo dei fattori di
ponderazione del rischio; la maggiore trasparenza rispetto ai crediti
ristrutturati, conteggiati nell’ambito dei crediti deteriorati. Sebbene la vera differenza tra l’esercizio
Bce e quello Eba del 2011 risieda
nell’intenzione della banca centrale
di analizzare anche i titoli di livello 3 (vale a dire quelli che devono essere valutati usando modelli,
data l’assenza di mercati liquidi),
paradossalmente le esposizioni in
derivati e titoli illiquidi ricevono un
trattamento meno severo, mentre
la valutazione a prezzi di mercato
delle esposizioni in titoli di stato
risulta discriminatoria per le banche italiane. Sono prodotti per cui
spesso non si può avere un prezzo
di mercato: non è possibile, quindi,
stimarne le perdite potenziali. Per il
futuro, una volta che sarà completata l’unione bancaria, l’Abi auspica
che in Europa il fisco diventi più
omogeneo: solo con un trattamento
fiscale effettivamente identico tra
gli stati membri che partecipano
all’unione bancaria è possibile eliminare le disparità che allontanerebbero gli investitori stabili.
Condò. Voglio subito ribadire
l’importanza strategica della lotta
al riciclaggio dei proventi criminali,
che vede coinvolte in Italia in primo
piano l’unità di informazione finanziaria e la guardia di finanza. Ciò
premesso, tornando a un ambito
internazionale, rilevo come premiante l’approccio investigativo trasversale della cooperazione nazionale e internazionale che, da un lato
segue i flussi di denaro attraverso la
valorizzazione delle segnalazioni di
operazioni sospette e l’avvio sistematico delle indagini finanziarie,
e dall’altro individua i titolari effettivi delle ricchezze ingiustificate,
per poi promuovere le misure per
identificare i beni accumulati illegalmente e constatare le connesse
violazioni di carattere tributario.
Dedico, infine, un cenno all’approvazione, da parte del parlamento
europeo, della quarta direttiva antiriciclaggio presentata nel 2013
dalla Commissione, che prevede
come principali elementi innovativi: l’istituzione di registri pubblici
ufficiali tenuti a livello centrale,
che contengono le informazioni
sui proprietari effettivi di tutte le
entità giuridiche, compresi società,
fondazioni e trust, quale strumento
per combattere l’evasione fiscale e
migliorare la tracciabilità dei fondi
transnazionali; l’interconnessione
tra tutti i registri ufficiali, in modo
da consentire alle autorità competenti di ogni singolo stato membro
di accedere ai dati; il rafforzamento
delle verifiche degli intermediari
finanziari, dei professionisti e delle case da gioco sulle transazioni
sospette dei propri clienti, in base
a un approccio basato sul rischio.
Guerrieri. Nelle attuali condizioni, la prospettiva più realistica è
quella di un lungo ristagno dell’area
europea, che potrebbe prolungarsi
per tutto il decennio in corso, con
due maggiori rischi correlati: la necessità di ristrutturazioni di qui a
qualche tempo degli enormi stock
di debito accumulati dai paesi periferici e l’ulteriore rafforzamento dei
partiti e movimenti nazionalistici
ed euroscettici, a partire dalle prossime elezioni europee. Per fronteggiare scenari così inquietanti,
la soluzione non può essere certo
rappresentata - come rivendicato
oggi da molti gruppi euroscettici dall’uscita di singoli paesi dall’area
euro o dal totale smantellamento
della moneta unica. I costi sarebbero drammatici in entrambi i casi. La
soluzione, a mio avviso, non è uscire dall’euro, ma abbandonare le
politiche sbagliate condotte finora,
marcando una profonda discontinuità. In particolare, serve innalzare la
dinamica reale di crescita dell’area
euro nel suo insieme con un’azione
energica di intervento simultaneamente su più fronti. Come? Prima
di tutto la politica monetaria della
Bce deve varare al più presto un
suo quantitative easing per scongiurare le tendenze deflazionistiche
in atto. Inoltre, sul piano dell’economia reale, servono processi di
aggiustamento più simmetrici tra
paesi in deficit e paesi in surplus.
Poi, l’unione bancaria va completata, con un meccanismo effettivamente comune di finanziamento
e risoluzione delle crisi bancarie;
infine, si deve prevedere la creazione di una capacità fiscale autonoma
dell’area euro che permetta anche
la realizzazione di investimenti comuni a livello europeo in servizi e
infrastrutture strategiche. Per rinnovare le politiche è necessario,
tuttavia, rinnovare anche i luoghi
dove vengono decise. A questo scopo è necessaria una governance più
equilibrata e meno dipendente dal
potere del Consiglio europeo e dei
paesi più forti (come la Germania),
che hanno preso in questi anni tutte
le decisioni più importanti. Certo,
non sarà facile, in un’era di euroscetticismo crescente!
Maré. Vorrei ritornare sull’introduzione della funzione del Tesoro su base Ue, che non è una
questione fine a se stessa, ma
rappresenta un passo decisivo in
avanti sul percorso dell’Europa
federale e quindi dell’unione politica. In quest’ottica, ricordo allora che Tesoro nella Ue vorrebbe
dire spese europee, e almeno una
forma di imposte comuni. A oggi
l’unica esistente è l’Iva, anche se
sono sicuro che ben pochi dei nostri concittadini sono al corrente
che una parte di questa imposta
riscossa su base nazionale viene
poi girata a Bruxelles. Ma Tesoro
su base Ue vorrebbe anche dire
possibilità di gestire disavanzi e ricorso a forme di finanziamento con
l’emissione di titoli; ciò comporta
evidenti vantaggi macroeconomici,
ma anche possibili costi legati al
moral hazard e all’irresponsabilità finanziaria di paesi in deficit.
Quanti degli stati cosiddetti virtuosi sarebbero realmente disposti a
correre questi rischi? Tutto ciò ci
fa capire la lunghezza del percorso
da compiere per realizzare un’effettiva unione fiscale. Se si volesse,
infine, entrare nella logica di un
bilancio federale (tenuto conto che
attualmente il bilancio dell’Ue rappresenta l’1% del suo Pil e si ispira
a criteri redistributivi), si dovrebbe
modificare radicalmente l’ottica di
impostazione, prevedendo in modo
prioritario il finanziamento di veri
beni pubblici su scala europea (difesa, ambiente, politica estera) e
lasciando ai bilanci dei singoli stati
le questioni sociali e redistributive.
Ma per vedere tutto ciò realizzato
occorrono tempo e gradualità.
Roberti. Il cambio di passo cui
prima accennavo ha stimolato la
nascita dell’idea di una procura europea con magistrati in grado di
intervenire in forma efficace e immediata nella lotta alle manifestazioni criminali nei paesi Ue, senza
doversi sottoporre alle lungaggini
burocratiche e alle incertezze applicative derivanti da legislazioni
penali diverse. Ritengo che sia
questa la via obbligata di una giustizia efficace e realmente giusta
su base europea, anche se non mi
nascondo le difficoltà di arrivare in
tempi ragionevoli a cogliere questo
importante obiettivo. Suo corollario altrettanto importante quanto
problematico è, poi, l’individuazione di un catalogo di reati su base
continentale che dunque apporti
trasparenza e certezza applicative
nell’operatività di questa nuova e
per me indispensabile figura del
procuratore europeo. Concludo,
esprimendo non solo l’auspicio di
una relativamente rapida realizzazione di questa fondamentale innovazione, ma anche sottolineando
l’importanza che nel nostro ordinamento si ponga mano in tempi
stretti alla revisione di impianti
normativi e strumenti giuridici che
ormai non sono più al passo con
i tempi e le armi messe in campo
dalla nuova criminalità, a cominciare dall’istituto della prescrizione.
Semplici. Due osser vazioni.
Primo: è controproducente pensare di poter fare da soli in questo
delicato campo culturale: anche
in questo ambito è indispensabile
stabilità
«La crisi della moneta unica, intesa
come rischio di una sua definitiva
implosione, è ormai alle nostre
spalle. Almeno così sembrano aver
deciso i mercati finanziari, che
nell’ultimo anno e mezzo hanno
assicurato una sorprendente
stabilità e un abbassamento
degli spread ai livelli pre-crisi»,
sostiene Paolo Guerrieri, ordinario
di economia internazionale
alla Sapienza di Roma.
unione bancaria
«Essere riusciti
a varare
il meccanismo
di risoluzione
dell’unione bancaria
prima delle elezioni
europee, smentendo
molte previsioni è un
buon segno», afferma
Ettore Greco, direttore
generale dell’Istituto
affari internazionali.
la presenza di una massa critica
ben più consistente dei singoli paesi: per questo si deve puntare con
decisione verso un’Europa meno
disunita. Il secondo aspetto, che
non sempre viene messo nella giusta evidenza, riguarda l’importanza
di come e quanto la produzione del
nuovo sapere non possa risultare
disgiunta dalla qualità della sua trasmissione. È proprio questo punto
a risultare quale fattore cruciale nel
Rapporto 2013 sulla qualità dell’insegnamento presentato alla Commissione europea. Con grande
rammarico devo purtroppo notare
che l’Italia, anche negli anni più
recenti, sembra essere andata in
direzione opposta allargando ulteriormente il divario sfavorevole con
le altre realtà europee. Adeguare le
risorse, alleggerire le lungaggini
burocratiche che spesso si trasformano in autentiche persecuzioni,
ridare entusiasmo alle nuove generazioni del paese, essere concretamente vicini ai talenti maturati nel
nostro paese sono condizioni sine
qua non, senza le quali risulterà
sempre più difficile per l’Italia invertire l’inarrestabile declino culturale, competere in Europa e restare
agganciata al treno dello sviluppo
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internazionale . Luglio / Agosto 2014
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