L`uomo errante verso l`incontro

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L`uomo errante verso l`incontro
Per-correre la formazione
Il pellegrinaggio nella Scrittura: l’uomo errante verso l’incontro.
Una rilettura per i giovaninformazione
Il Pellegrinaggio: caratteristica della nostra associazione (organizzazione, gestione, collaborazione,
servizio)
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nella Scrittura:
• la Bibbia racconta il più grande pellegrinaggio: è il racconto di un Dio (il Dio di Israele) che si fa
compagno di viaggio e meta, incontra e attira a sè un popolo (ogni pellegrinaggio dell’uomo ha
come modello il pellegrinaggio descritto nella Bibbia);
• Dio è l’alfa e l’omega del nostro peregrinare, il principio e la fine, il primo e l’ultimo, Colui che si
autorivela e ricapitola tutto a sé (Ap 1,8, 21,6, 22,13);
• la Bibbia racconta diversi modi in cui l’uomo è pellegrino verso Dio (diversi “pellegrinaggi”), con
Dio e l’uomo sempre protagonisti (es Esodo): l’uomo tende sempre verso Dio, dunque errante
ma mai in errore quando riconosce Dio come propria meta (Dt 26,1-11)
Pellegrinaggio e Parola
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nella Scrittura Dio parla/dice:
• è una Parola performatrice: realizza quello che dice, Dio crea attraverso la Parola, con la Parola
Dio porta ad esistenza anche l’uomo (Gen 1, Gv 1)
• la creazione dell’uomo soddisfa Dio: dopo aver separato la luce dalle tenebre, aver creato
animali, piante, Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza ed soddisfatto (“vide che era
molto buono”, Gen 1,31); Dio crea l’uomo nell’ultimo giorno della creazione, prima del riposo,
a ridosso del giorno del Signore: dunque l’uomo è creato “a ridosso” di Dio nella prossimità più
assoluta di Dio (Gen 2,1-4);
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il problema /malattia dell’uomo: il rifiuto della Parola
• l’uomo è “ ridosso di Dio ma è diverso da Dio, non è Dio!
• l’uomo tenta la scalata verso Dio (es la torre di Babele, Gen 11,1-8)
• l’uomo tenta l’emancipazione da Dio (vuole essere autosufficiente, non ha bisogno di Dio)
• cerca “medicine alternative” (si prostituisce ad altri dèi)
• Dio lascia l’uomo libero: lo ha creato con la libertà di scegliere, e l’uomo sin dall’inizio della
creazione esercita questa sua libertà (purtroppo male: es la disobbedienza di Adamo ed Eva,
Gen 3)
• l’uomo è “malato, cagionevole, sordo” rispetto alla Parola di Dio
• tuttavia l’uomo conserva il desiderio/anelito di vedere/incontrare Dio (Sal 42,2), ma pone in
essere comportamenti/atteggiamenti contrari che lo allontanano da Dio
• l’uomo sperimenta il “peggioramento del suo quadro clinico” e della sua “salute”: la Scrittura
testimonia il dramma del suo allontanamento da Dio (es la deportazione, la schiavitù, ad es
l’esodo e i “nuovi” esodi dell’uomo alla ricerca di Dio), e quindi il suo allontanamento dalla
terra promessa dove scorre latte e miele
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Dio è però paziente e misericordioso, lento all’ira e grande nell’amore (Es 34,5-7): offre sempre
una nuova possibilità all’uomo, gli offre una “cura” cioè l’ascolto della Parola (così possiamo
leggere ad es i 10 comandamenti, le 10 parole, che sono suggerimenti, istruzioni per la vita
dell’uomo: difatti l’uomo porta con se le tavole dell’alleanza che lo identificano, gli danno
un’identità, sicurezza nel suo procedere; Israele è popolo nomade verso la terra promessa ma
porta con se, custodisce nella tenda del convegno, le tavole dell’alleanza: Es 25,10-22, 33,7-11,
37.1-9)
Il “miracolo” di Dio: l’Incarnazione (Gv1)
• per l’uomo sembrerebbe non esserci via di uscita, non esserci “guarigione”, ma Dio interviene
ancora una volta in modo straordinario perché il pellegrinaggio dell’uomo possa giungere alla
meta della terra promessa: l’Incarnazione di Gesù
• il “miracolo” di Dio è l’Incarnazione del Verbo, della Parola che si lascia incontrare e che salva
• l’uomo vive quasi un “rigetto” della Parola, ma stavolta la Parola si “impasta” con la carne pur
senza confondersi con essa
• dall’annunciazione all’Incarnazione: non è un passaggio indolore perché quella Parola incarnata
deve scontrarsi ancora una volta con i rigurgiti dell’umana malattia
• dall’Incarnazione alla crocifissione: difatti quella Parola incarnata viene inchiodata sulla croce;
sembrerebbe la sconfitta totale definitiva di Dio, invece la croce non è la sconfitta della Parola,
bensì segna l’inizio della guarigione/redenzione
• dalla crocifissione alla redenzione: la croce segna l’inizio della gloria perché apre alla guarigione
totale, alla resurrezione
• il Risorto lascia all’uomo anche il “vaccino” per tutelarsi nell’attesa dell’incontro ultimo con Dio,
nel suo peregrinare senza errore verso la gloria del cielo: la Parola, la celebrazione e l’azione
IL TEMPO DEL PELLEGRINAGGIO
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prima ovvero la fase di preparazione all’incontro:
• l’uomo si prepara all’incontro con Dio, è il tempo per prepararsi a fare il viaggio
• Dio mette alla prova l’uomo, ma rimane sempre un Dio misericordia, pietoso, buono (nessuna
prova è insostenibile per l’uomo, ma ciascuna è misurata alle sue capacità e comunque
finalizzata al suo bene)
• l’uomo conosce il tempo della conversione (nella Scrittura luogo particolare di questo
momento è il deserto, dove Dio attira/conduce il suo popolo, duro di cuore, per parlare al suo
cuore e farlo decidere per/verso Dio, Os 2,16)
• il tempo della preparazione è anche tempo di espiazione dei propri peccati, di purificazione: Dio
manda i suoi profeti ad ammonire l’uomo (“voce di uno che grida nel deserto…” Is 40,3) perché
l’uomo (la creatura di Dio) si è “prostituita” ad altri dèi; Dio non manca di punire l’uomo per
correggere la sua condotta iniqua
• l’uomo crede di farcela da solo e commette il solito errore di presunzione che ritorna nella
storia dell’umanità
• l’uomo diventa dio di se stesso (è il problema della fede, l’uomo non ha fiducia di questo Dio)
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durante ovvero il tempo dell’incontro:
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è il tempo dell’incontro, “della fruizione”, tempo di grazia speciale, eccezionale: eppure di
fronte al “miracolo” dell’Incarnazione l’uomo risponde ancora una volta col “rigetto”, un rifiuto
che lo conduce al peccato (Lc 17,25)
il tempo della massima Rivelazione/liberazione (incontro con Cristo, il Dio fatto uomo) coincide
anche col tempo della massima separazione dettata ancora una volta però dalla scelta
arbitraria dell’uomo (Gesù, venuto per abbattere ogni muro di separazione diventa,
paradossalmente, motivo di separazione, Ef 2,14)
ma se il rifiuto di Gesù, del Verbo incarnato, porta al peccato ancora una volta è lo stesso Verbo
incarnato a sconfiggere il peccato attraverso la croce: l’uomo gode della liberazione dal peccato
e dalla morte senza meriti propri ma grazie a Gesù che scambia la maledizione dell’uomo con la
benedizione della vita eterna (Gal 3,13)
dopo ovvero insegnamento dell’incontro:
• è il tempo della ricostruzione: l’uomo ricuce la sua relazione con Dio
• l’incontro con Dio è dono: l’uomo collabora al progetto divino perché la sua salvezza è più
vicina ora (Rm 13,11)
GLI ATTEGGIAMENTI DEL PELLEGRINAGGIO
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l’accoglienza: Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò (Mt 11,28)
l’annuncio e la missionarietà: Andate e fate discepole tutte le genti battezzandole nel nome del
Padre e del figlio e dello Spirito Santo (Mc 16,15)
la sequela: Vieni e seguimi… ((Mt 8,22, 9,9, 19,21, Mc 10,21, Gv 1,43…)
l’avere fede nonostante i rinnegamenti: “Pietro mi ami tu? (Gv 21,15-18)
Fare questo in memoria di Lui: eucaristia come espressione massima della carità, dono totale di
Cristo (la lavanda dei piedi, Gv 13,1-18)
Se quanto fin qui detto è vero allora potremmo dire che i giovanincammino sono pellegrini verso una meta,
fanno parte dell’unico pellegrinaggio, quindi gli atteggiamenti del pellegrinaggio vengono fatti propri anche
dai giovani dell’Unitalsi:
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l’accoglienza:
• chi si accoglie: persone, ma innanzitutto malati e sofferenti (l’accoglienza deve essere come
quella di Gesù, cioè anche dei “molesti” (vedi Lc 11,5-8), usando la carità e la pazienza verso i
“nostri” pellegrini; Gesù dice “venite a me” non certo “andatevene”)
• le persone non sono numeri coi quali riempire treni e aerei e fare quadrare il bilancio. Non è la
logica del profitto che guida il nostro agire associativo, non è il bilancio che detta le regole del
nostro fare o guida il motivo della nostra esistenza; la logica economica e commerciale non può
dettare le linee dell’associazione, bensì il suo carisma a farlo; la logica commerciale è
semplicemente strumentale al nostro agire, ci permette di annunciare il nostro carisma, la
nostra scelta per gli ultimi malati e sofferenti
• il pellegrino: incontra il volto dell’associazione nei nostri volti (ogni pellegrino che va via, che
non si sente accolto, anche per una nostra mancanza è un fallimento associativo!)
• l’unitalsiano: prima di fare accoglienza (che non si esaurisce col fare festa alla stazione o
all’aeroporto) è stato accolto da Gesù dalla famiglia unitalsiana
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l’annuncio: dovremmo/vorremmo essere sempre espressione di Cristo (ma cosa diciamo ai nostri
malati, pellegrini e soci? Cosa dicono non tanto le nostre parole, ma soprattutto i nostri gesti?)
• l’Unitalsi anima e da l’anima non per fare viaggi ma pellegrinaggi, per fare incontrare a malati,
pellegrini, soci, personale, sacerdoti Cristo Redentore
• essere unitalsiani è una missione: la sequela, la testimonianza non possono finire al termine
dell’orario di servizio (questo vale per ciascun cristiano, comunque); altrimenti la testimonianza
sarebbe pessima
• la questione dell’avere fede: si può essere testimoni credibili solo se si ha veramente fede:
vogliamo vedere assistenti che “hanno fede”, e lo stesso lo pretendiamo giustamente dal
Consiglio direttivo, dagli associati…ma ciò vale anche per i giovanincammino
• i pellegrinaggi dell’Unitalsi: vorrebbero essere tappe verso la meta ultima del regno dei cieli,
anticipi/esperienze di paradiso (come - con le dovute distanze - nelle celebrazioni); i nostri
pellegrinaggi sono diversi da tutti gli altri perché si colorano di carità contagiosa, una carità
palese, evidente, sincera; perché nei nostri pellegrinaggi si vivono esperienze speciali, si
tessono relazioni vere: questa “responsabilità” poggia (per alcuni pesa/grava!) sull’Unitalsi e
quindi anche sui giovanincammino
META E TAPPE DEL PELLEGRINAGGIO
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la Parola di Dio non torna a Lui prima di avere compiuto ciò per cui l’aveva mandata (Is 55,10-11)
Il progetto della Parola ora è chiaro: prendere ciò che nella creazione era “molto buono”, cioè la
creatura, l’uomo, e porre fine al suo peregrinare, al suo essere errante e consegnarlo, ricapitolarlo
in Dio, nell’eternità, dove non c’è tempo del pellegrinaggio bensì l’eternità, non ci sono
atteggiamenti del pellegrinaggio bensì la lode (saremo tutti in Dio, Ap 21,1, Ef 1,9, Rm 8,18-25)