Giovanni Gandini in un lavoro di Luigi Maisano

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Giovanni Gandini in un lavoro di Luigi Maisano
Giovanni Gandini in un lavoro di Luigi Maisano riconoscente, come noi, nei confronti del suo bisnonno
Giovanni Gandini, personaggio lodigiano di fine ‘800, personaggio dalle molte sfaccettature ma
finora conosciuto come “titolare” di un grande Liceo Scientifico e di un importante premio di
istituzione comunale per studenti che hanno conseguito la migliore maturità classica – scientifica –
tecnica e magistrale, ma in fondo personaggio poco studiato. Io, senza alcun merito storico o
scientifico, se non quello di esserne il discendente diretto più anziano e di essere amico dello storico
Angelo Stroppa che ringrazio per avermi messo a disposizione importanti fonti, mi accingo a
tratteggiare il profilo di questo patriota – scienziato – educatore ed anche amministratore pubblico.
Non userò supporti visivi perché avrei dovuto presentare diagrammi di tensione elettrica adatti solo
agli specialisti. Di Gandini esistono poche immagini: un bel ritratto donato dalla famiglia al Liceo
Scientifico che credo si trovi nell’ufficio del Preside, un medaglione di bronzo opera di Ettore
Archinti incastonato nella lapide situata nell’atrio della Presidenza del Liceo Verri e del quale si
diceva non rendesse giustizia al Preside, definito dai contemporanei “un bell’uomo” – e poi poche
vecchie foto. Insomma il personaggio era piuttosto schivo. Il titolo di questa esposizione, si
richiama al binomio “Pensiero e Azione” che credo non vada inteso strettamente come la formula
che sintetizzava il pensiero politico di Mazzini, ma come la reale filosofia di vita che Gandini
praticò sempre. Egli nasce a Lodi nel 1843 da Francesco Gandini, piccolo imprenditore nel settore
della concia delle pelli ma con una già precisa vocazione all’interesse collettivo che lo impegna
come consigliere comunale, come vicepresidente della Camera di Commercio e come co-fondatore
della Società Operaia di Mutuo Soccorso: è il tramandarsi insomma di una certa tradizione di
impegno pubblico che per la famiglia Gandini risale a secoli addietro quando alcuni suoi membri
furono prescelti come Decurioni, incarichi che dal tardo medioevo fino a Napoleone comportavano
l’occuparsi dell’amministrazione locale. Giovanni è terzo di sei fratelli, quattro maschi e due
ragazze e a diciassette anni il 27 luglio 1860 si imbarca con la seconda spedizione dei volontari
lodigiani – la prima era partita il 5 maggio – ed è arruolato come volontario nella 18^ Divisione,
prima Brigata del cosiddetto Esercito Meridionale di Garibaldi. Rientra, studia ingegneria civile a
Milano, si laurea e nel 1866, a ventitre anni riparte volontario per la guerra contro gli austriaci con
Garibaldi, come caporale del 1^ Reggimento volontari ; nella zona tra il bresciano ed il trentino –
nella battaglia di Monte Suello il 3 luglio 1866 otterrà una “menzione onorevole” poi mutata in
medaglia di bronzo al valore militare dal Generale Pelloux, futuro presidente del consiglio.
L’azione (e che azione: due campagne di guerra con Garibaldi) era finita nella sua più semplice
accezione. Si trattava adesso, con il pensiero e con l’esempio, di contribuire a fare gli italiani.
Sceglie la scuola come campo d’attività e nel 1869 è Direttore delle Scuole Elementari di Lodi; nel
1873 è nominato insegnante di Fisica a Sassari, passa poi a Livorno e nel 1878 approda al Liceo di
Lodi dove continua l’insegnamento di Fisica, fino al 1891 anno nel quale diviene Preside del “suo
liceo”. Il Liceo è ormai statale e gli ispettori ministeriali scrivono di lui “uomo intelligente e retto.
Osservante del proprio dovere ne promuove con l’esercizio più che con l’autorità dell’ufficio
l’osservanza” … “onde il Liceo Ginnasio di Lodi si presenta come un modello”. Un vero educatore,
un vero capo di istituto il cui tratto umano è ben ricordato dall’allievo Domenico Aliprandi che sul
Corriere dell’Adda del 31 maggio 1951 lo descrive così: “di statura normale, robusto, con due
grossi baffi bianchi, dimostrava più anni di quanti non ne avesse – dallo sguardo austero rispondeva
al nostro saluto con brevi cenni del capo, ammiccando lievemente dietro le lenti. Come non è stato
visto mai ridere apertamente, così non si è sentito mai parlare a voce alta, in tono altezzoso: sempre
il gesto pacato e la parola sommessa”. Giovanni Gandini si è creato una famiglia. Ha sposato
Erminia Formenti nata nel 1847 a Lodi Vecchio ed ha avuto due figlie, Teresa del 1875 e Maria del
1881. E nel frattempo, matura la formazione da Fisico Elettricista (come si diceva allora) vero
pioniere del progresso nell’impiego di energia e nelle comunicazioni. Uscito ingegnere da quel
Politecnico che aveva come direttore il Professor Colombo divenuto poi Ministro e Presidente della
Camera – Gandini è alla sua scuola nella attività di studio sulle applicazioni dell’elettricità fino a
brevettare l’invenzione di un nuovo prototipo di accumulatore. L’invenzione ha successo e il Re
Umberto nel 1883 la premia con la medaglia d’oro. All’Esposizione di Genova del 1892, viene
apprezzato l’accumulatore italiano che ci rende non più tributari di Francia e Germania e che,
commercializzato dalla Società Italiana del Gaz, viene anche esportato per il basso costo, la durata,
il rendimento e la facile manutenzione. Illuminazione – trasporti di forza – telegrafi – telefonia e
navigazione elettrica sono i campi di impiego del brevetto Gandini. Nel 1893 anche il tram elettrico
Milano – Monza impiega l’accumulatore “lodigiano” e le Ferrovie Italiane lo adotteranno nel
decennio 1890 – 1900. Il Liceo da Lui diretto è comunque al centro delle cure: la fama di serietà ed
il prestigio del nome del Preside contribuiscono all’incremento della popolazione scolastica che già
dopo il primo anno di presidenza è di 216 (con 5 ragazze!) e annovera insegnanti molto qualificati:
ricordiamo tra gli illustri, Gaetano Salvemini, professore di Storia e Geografia dal 1898. E siamo
all’impegno pubblico come amministratore comunale. Già nel 1883, come Presidente della Sezione
Elettrotecnica della Esposizione di Lodi organizza – primo in Italia – una mostra degli ultimi
ritrovati scientifici nel campo dell’elettricità con uno spettacolare trasporto di energia elettrica da
zone diverse della città e un allacciamento telefonico – forse il primo in assoluto – tra Lodi e
Milano. Alle elezioni amministrative del 1884, Gandini si presenta candidato al consiglio comunale
in una lista di 30 “monarchico liberali” che è poi la generazione dei “ragazzi” che si sono battuti
con Garibaldi, componenti di quelle élites lombarde fatte di giovani nobili e borghesi pronti a
divenire classe dirigente: il nobile Barni, l’ingegnere Bellinzona, l’avvocato Cornalba che diverrà
senatore, Luigi Cingia, Tiziano Zalli, Gandini che si piazza settimo su trenta nelle preferenze.
Svolge con impegno il suo ufficio di consigliere comunale, poi viene nominato Assessore alla
Pubblica Istruzione e in seguito ai Lavori Pubblici: e in questa veste affronta due temi importanti.
Tra i commenti increduli degli scettici, promuove lo studio della prima ricerca delle acque del
sottosuolo di Lodi; anche in politica utilizza le qualità che l’avevano reso un vero Maestro: ordine
nelle idee – chiarezza – semplicità espositiva. Ma dove si afferma pioniere del progresso è nel
progetto del 1888 per la diffusione dell’illuminazione elettrica sia pubblica che privata sostenendo,
supportato dal Sindaco Avvocato Riboni, che la luce elettrica sarà l’avvenire e che “al cospetto
della luce elettrica, la gente non si accontenterà più del lumicino a candele o a petrolio” e che se
anche “Gaz e luce elettrica si guardano in cagnesco, potranno e dovranno coesistere”. Il progetto
passa e prevede all’inizio 250 lampade a incandescenza per 7,5 ore di accensione per
l’illuminazione pubblica e 1000 lampade per la privata con accensione per 3 ore. Macchine a vapore
alimentate a carbone ed un occhio anche alla occupazione locale dei giovani ingegneri. Scrive
Gandini: “facciamo in modo di creare una posizione che valga a trattenerli e fissare la loro dimora
in questa nostra Lodi”. Temi sempre d’attualità, dopo oltre 120 anni. Insomma, Lodi è
all’avanguardia in questo processo di “modernizzazione” tanto che un giornale di Faenza (Il
Lamone) scrive riferendosi a Lodi e Novara “quelle città sanno fare i loro affari, vogliono il
progresso ma non vogliono farsi pelare dai grandi finanzieri e fanno bene proponendo di costituire
società cooperative tra privati”. Il progresso cammina ed ormai nel 1893 si discute se in Piazza
Maggiore siano meglio le lampade ad arco o quelle ad incandescenza. Tutti gli ordini di scuole sono
illuminati, ed anche il Teatro Gaffurio e il Verdi, il Castello e la Loggia del Municipio. Preside in
piena attività, pubblico amministratore in piena attività, scienziato di fama tanto da essere
annoverato nell’albo degli “Elettricisti italiani” pubblicato in onore e nel ricordo di Alessandro
Volta assieme ai maggiori cattedratici e scienziati, il professor Gandini dopo breve malattia muore
nel 1907 a 64 anni. Unanime è il compianto per la perdita di un cittadino di indubbio valore. I
funerali sono solenni, con blocco della circolazione nella zona di Via Solferino tante erano le
carrozze. E molti sono i discorsi di elogio pronunciati nel grande atrio d’ingresso del cimitero
maggiore: tra questi il sindaco Ing. Terzaghi, il compagno d’armi Bortolo Vanazzi e, singolare per
un laico come Giovanni Gandini, il Padre Barnabita Cesare Barzaghi, suo amico personale che
sicuramente lo ha “accompagnato” negli ultimi momenti. Inevitabile che ci fosse qualche tentativo
politico di sponsorizzare post mortem un personaggio di tale caratura. Vale la pena di riportare parte
dell’elogio che il Corriere dell’Adda scriveva il 13 ottobre 1907, pochi giorni dopo il decesso e
nello stile dell’epoca, “al Preside di quell’istituto che era il suo cuore e la sua vita – e allo
scienziato, all’uomo pubblico e al patriota che torna alla materia da lui compulsata con intelletto di
scienziato e che finisce la sua ora colla superba compiacenza di non aver piegato mai per blandizie
di onori o per basse mire di interesse personale. Sulla fossa che lo accoglie, non salmodìe, ma
squilli di fanfare garibaldine perchéla Suacamicia rossa era fiammante fin da quando, giovinetto,
diede i suoi diciassette anni sull’ara della libertà.” Dopo cinquant’anni rimane splendido il profilo
che ne fa la professoressa Natalina Egi sul Corriere dell’Adda del 12 ottobre 1957 e ne analizza la
figura di scienziato – filosofo capace di sintesi tra speculazione filosofica ed indagine scientifica
che scelse la scuola come proiezione del suo umano sapere. Accantonate le divisioni di tipo
ideologico, va detto che tutta la comunità cittadina si unisce per ricordare degnamente il Preside e
già nel novembre del1908 aun anno dalla morte vengono assegnati i primi Premi Gandini ad Andrea
Ferrari per il Liceo Classico, Mario Frigerio per l’Istituto Tecnico e Carlotta Mora per la
ScuolaNormale (Magistrali). Il Premio acquista sempre maggior prestigio e viene assegnato a
giovani che diverranno personaggi di rilievo: ne cito solo alcuni di anni lontani, Vittorio Beonio
Brocchieri nel 1919, Antonio Allegri nel 1929, Amilcare Rotta nel 1931, Armando Novasconi nel
1923, Luigi Cremascoli nel 1939, Costanza Gorla nel 1944 e Carlo Sabbioni (cui dobbiamo
interessanti, recenti studi sul Gandini fisico) nel 1947 e tanti altri più recenti. Nel 1931 il Comune
intitola una via al professor Gandini e dopo il grande acuto del 1952 nel quale al nuovo teatro
Gaffurio, presenti il Sindaco, il Vescovo e tutte le autorità vengono “recuperati” e premiati gli
allievi degli anni di guerra e il professor Beonio Brocchieri tiene una dotta conferenza “I giovani, la
cultura, la vita” presente anche l’anziana figlia di Gandini, Maria , inizia un apparente declino del
premio. Comunque, importante è che il vero merito sia ancora riconosciuto e che sia legato alla
figura dell’uomo che ho descritto. Per concludere, dopo il periodo post bellico nel quale il Liceo
Scientifico di Lodi fu posto sotto la presidenza dello Scientifico Leonardo da Vinci di Milano, nel
1954 divenne autonomo e intitolato a Giovanni Gandini. Non potrei chiudere questa esposizione
senza citare e riportare al ricordo di molti il Preside del Verri, il nostro Preside di anni lontani,
Nicola Minervini che – non lodigiano – ha con grande passione sviluppato gli studi sulla storia del
Verri e sulla vicenda storico – scientifica di Giovanni Gandini suo lontano predecessore, del quale
fu sempre un forte estimatore. A Lui che guardava con severo affetto questo piccolo bisnipote un
po’ inconsapevole, un grato ricordo. Luigi Maisano