newsletter del comitato delle regioni
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ISSN 1681-3251 UNIONE EUROPEA Comitato delle regioni REGIONI COMUNI D’EUROPA NEWSLETTER DEL COMITATO DELLE REGIONI N. 80 Novembre-dicembre 2012 La vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding durante il primo «Dialogo dei cittadini sul futuro dell’Europa», svoltosi a Cadice (Spagna) Speciale: 2013, Anno europeo dei cittadini ● ● Ramón Luis Valcárcel Siso: «Un duplice approccio di ricostruzione dell’economia e di vera democrazia ci porterà fuori dalla crisi» Viviane Reding: «La cittadinanza dell’UE non è solo un concetto ma anche una realtà tangibile che reca benefici concreti ai cittadini» Sempre in questo numero: ● ● ● ● ● Joaquín Almunia: «La crescita nelle regioni più bisognose può risultare soltanto da decisioni di spesa equilibrate» Simone Beissel: «La nostra priorità è contribuire alla strategia europea per la crescita e l’occupazione» Michel Delebarre: «La sfida maggiore è garantire la democraticità della governance economica dell’UE» Michel Lebrun: «Il CdR deve assicurarsi che le sue spese siano in linea con le priorità politiche» Decima edizione degli OPEN DAYS Il Comitato delle regioni è l’assemblea dell’UE dei rappresentanti regionali e locali Editoriale Ramón Luis Valcárcel Siso, presidente del Comitato delle regioni La cittadinanza europea: un concetto ad alto potenziale Il 2013 sarà dedicato alla cittadinanza europea: con l’Anno europeo dei cittadini, le istituzioni dell’UE intendono mettere decisamente in evidenza i diritti dei 500 milioni di europei, e incoraggiarne un reale interesse e una partecipazione attiva al processo politico dell’Unione europea (UE). La cittadinanza dell’Unione, principio introdotto dal trattato di Maastricht e rafforzato dal trattato di Lisbona, è considerata un simbolo importante, e conferisce una dimensione politica più ampia al percorso di unificazione dell’Europa sul piano economico. Sono convinto che i diritti dei cittadini europei abbiano una valenza ben più che simbolica, poiché li ritengo un fattore essenziale — oggi più che mai — per far fronte alle gravi difficoltà che stiamo attraversando. Essi incarnano e promuovono una migliore comprensione del valore dell’integrazione europea, oltre alla partecipazione dei cittadini nel dare forma concreta all’Unione. Il diritto alla libera circolazione è indubbiamente quello di cui possiamo avvertire meglio gli effetti positivi nella vita di ogni giorno, visto che ci consente di risiedere, lavorare, studiare, viaggiare e fare acquisti in qualsiasi paese dell’Unione. Questo diritto avrà un’incidenza ancora maggiore nei prossimi anni, tenuto conto del ruolo sempre più importante che avranno la mobilità dei lavoratori, la possibilità di trovare lavoro anche al di là delle frontiere nazionali e l’apprendimento permanente internazionale, ed è anche un elemento chiave per il buon esito della strategia Europa 2020 dell’UE, con iniziative faro quali «Youth on the Move» (Gioventù in movimento) e «Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro». Nel 2014 si terranno le elezioni per il Parlamento europeo, le prime dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona. L’occasione ci consente di sottolineare che i diritti elettorali sono la seconda pietra angolare della costruzione europea. Il diritto di votare e di candidarsi alle elezioni comunali ed europee, così come il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo e, grazie all’Iniziativa dei cittadini europei, di sottoporre una proposta legislativa alle istituzioni UE, meritano maggiore attenzione: costituiscono infatti una chiara risposta all’accusa di «mancanza di democrazia» che sempre più spesso viene rivolta all’Unione. Dobbiamo dire con chiarezza che i nostri cittadini — poco importa la loro nazionalità o il luogo in cui sono stabiliti — hanno la prima e l’ultima parola nel processo legislativo europeo. L’importanza dei diritti elettorali è il tema centrale del parere d’iniziativa del Comitato delle regioni «Raf- 2 forzare la cittadinanza dell’UE: promuovere i diritti elettorali dei cittadini europei», elaborato dal relatore ungherese György Gémesi, la cui adozione è prevista nel 2013. Sono certo che la promozione di una cittadinanza europea attiva offra una risposta positiva alle preoccupazioni, ai dubbi e alle incertezze che tormentano molti di noi. Dobbiamo associare più strettamente i cittadini dell’UE ad un progetto comune, con una prospettiva di lungo termine. Gli enti locali e regionali, ossia il livello di governo più vicino alla vita quotidiana dei cittadini, hanno un ruolo fondamentale da svolgere in questo campo. Non solo: in quanto enti erogatori di servizi, comuni, province e regioni partecipano direttamente all’applicazione della legislazione UE sui diritti dei cittadini europei. Questi ultimi chiedono di essere meglio informati sui loro diritti e invocano meno adempimenti burocratici per potervi accedere più facilmente. Il Comitato delle regioni (CdR), inoltre, contribuisce ai preparativi per l’anno prossimo organizzando un Forum sull’Anno europeo 2013 con tema «L’agenda dei cittadini agisce a livello locale», che si svolgerà il 28 novembre 2012. Città e regioni costituiscono spesso per il cittadino il primo interlocutore cui rivolgersi: poiché sono in costante e stretta cooperazione con tutti i livelli di governo, questi enti hanno il compito, sviluppando canali di comunicazione locale, di sensibilizzare gli amministrati alla loro condizione di cittadini europei, come pure ai loro diritti e doveri. Un altro ruolo essenziale consiste nel compiere tutti i passi necessari per promuovere l’esercizio di tali diritti ed eliminare gli ostacoli che vi si frappongono. Devono però avere il sostegno dei governi centrali degli Stati membri, per garantire un’armonizzazione ottimale tra norme europee e nazionali. Infine, gli enti locali e regionali possono costituire valide piattaforme per realizzare la democrazia partecipativa, consentendo a tutte le componenti della società di far sentire la propria voce. Alcuni critici diranno che l’Anno europeo dei cittadini non è altro che una vasta campagna di comunicazione per le prossime elezioni al Parlamento europeo. Malgrado ciò, vorrei mettere l’accento su una visione più positiva, alla quale aderisco senza riserve: sono convinto che la cittadinanza europea sia in grado di dare nuova linfa al rapporto tra i cittadini e l’UE, assicurando la ripresa e la crescita del nostro continente a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. 2013, Anno europeo dei cittadini Il presidente del Comitato delle regioni, Ramón Luis Valcárcel Siso, analizza la risposta dell’Unione europea alla crisi finanziaria e le sfide che l’economia globalizzata lancia all’Europa. Il presidente ritiene che l’Europa debba investire di più nelle sue regioni, nella nuova economia digitale e nelle piccole e medie imprese (PMI): «La strategia Europa 2020 formula obiettivi strategici giusti, e il quadro finanziario pluriennale 2014-2020 deve fornire i mezzi per realizzarla». Sottolinea inoltre che l’Unione europea deve rafforzare la propria legittimità democratica, e che l’Anno europeo dei cittadini 2013 sarà un’ottima occasione in questo senso. «In tempi di crisi dobbiamo rafforzare l’unione economica e monetaria, ma anche l’unione politica e la sua legittimità democratica. Un duplice approccio di ricostruzione dell’economia e di vera democrazia ci porterà fuori dalla crisi». Ramón Luis Valcárcel Siso: «Un duplice approccio di ricostruzione dell’economia e di vera democrazia ci porterà fuori dalla crisi» Cosa pensa dello scollamento tra l’UE e i suoi cittadini? L’Anno europeo dei cittadini indetto per il 2013 potrà risolvere le incomprensioni? Mi sembra che la crisi economica e finanziaria stia allargando il fossato fra le istituzioni europee e i cittadini, molti dei quali percepiscono l’UE come parte del problema anziché come la soluzione per uscire dall’attuale congiuntura. Per questo ritengo essenziale che l’Unione europea si guadagni una credibilità attraverso realizzazioni concrete. È indispensabile che ciò che si decide a livello europeo venga tradotto in realtà anche nelle regioni e nelle città europee. Credo che l’Europa potrà superare il proprio «deficit di concretezza» soltanto se coinvolgerà tutti i livelli di governo, rafforzando il ruolo degli enti locali e regionali nella strategia volta a promuovere la governance multilivello in Europa. Quando ci attiveremo per dare attuazione alle decisioni europee supereremo anche il deficit democratico percepito e, come risultato finale, realizzeremo l’obiettivo supremo dell’Europa, quello dell’unione politica. L’Anno europeo dei cittadini 2013 ha un ruolo fondamentale in tutto questo, perché è solo quando si mettono i cittadini al centro del dibattito sull’Europa che si può creare un terreno paritario su cui rafforzare le istituzioni dell’UE e la loro responsabilità nei confronti di noi europei. La responsabilità si può rafforzare anche ampliando il ruolo del Parlamento europeo e aumentando la partecipazione delle regioni e delle città al ciclo politico dell’Unione, insieme al ruolo della loro assemblea a livello europeo, ossia il Comitato delle regioni. Inoltre, si può accrescere la responsabilità dell’UE mediante il lavoro della troika che assicura la presidenza del Consiglio. Una possibilità è che la troika riferisca REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 Ramón Luis Valcárcel Siso, presidente del Comitato delle regioni regolarmente al Parlamento europeo in quanto organo democraticamente eletto dai cittadini dell’UE e che, inoltre, discuta col Comitato delle regioni le proposte che possono incidere sulle competenze delle regioni e delle città. Per garantire il necessario coordinamento a livello europeo, con una definizione adeguata delle politiche e l’attuazione sul campo, occorre che i principi di sussidiarietà e di proporzionalità rimangano tra i pilastri fondamentali del processo d’integrazione. In conclusione, se otterremo dei risultati per quanto riguarda la strategia Europa 2020, il nuovo slancio per il mercato unico, la nuova governance economica dell’UE e il recente patto per la crescita e l’occupazione, sono fiducioso che i cittadini sosterranno una maggiore integrazione europea, sempre se aumenterà la responsabilità e trasparenza dell’UE nei loro confronti. Un duplice approccio di ricostruzione dell’economia e di vera democrazia ci porterà fuori dalla crisi. Quali dovrebbero essere le grandi priorità dell’UE, sia in campo economico che politico, perché l’Europa resti competitiva a livello mondiale? Servono più investimenti e una governance migliore. Per rafforzare la competitività e utilizzare appieno il potenziale del nostro grande mercato interno, occorrono investimenti sia pubblici che privati. Se una regione recupera, anche le altre ne beneficiano. Quello di cui abbiamo bisogno sono investimenti di qualità, che garantiscano un ritorno di lungo periodo e che costituiscano la base per generare una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva dell’Europa. È venuto il momento di dare vita a un’Europa digitale, di rafforzare la nostra base industriale e di creare un mercato 3 2013, Anno europeo dei cittadini Ramón Luis Valcárcel Siso, presidente del Comitato delle regioni comune dell’energia e un’economia europea basata sulla conoscenza. Servono investimenti intelligenti per aiutare le PMI ad innovare e ad esportare servizi e prodotti verso gli altri paesi dell’UE e nel resto del mondo. Le dimensioni degli investimenti e gli sforzi necessari per sfruttare appieno il nostro potenziale rendono assolutamente necessaria una buona governance generale con un coinvolgimento sostanziale delle regioni e delle città. L’Europa va costruita insieme: è per questo che il CdR è un attivo promotore della governance multilivello. La crisi impone di adottare misure urgenti, ma non c’è dubbio che siamo ancora lontani dallo stabilire un modello di governo fatto di coordinamento, generazione di sinergie e rafforzamento di una titolarità condivisa. Con un’eccezione evidente: il fondo di coesione e i fondi strutturali. La gestione dei finanziamenti della politica di coesione volti ad affrontare la crisi ha portato in diversi paesi a una concreta attuazione della cooperazione, dal livello europeo a quello locale, con tutti i soggetti interessati, e questo è successo anche quando è stato necessario riprogrammare le risorse fondamentali. Adesso la priorità è definire norme e procedure a sostegno della cooperazione e della condivisione degli obiettivi e delle misure da parte di tutti i soggetti interessati. A tal fine, durante la mia presidenza promuoverò con decisione un approccio di partenariato per l’attuazione della strategia Europa 2020 e delle sue sette iniziative faro. La strategia è il nostro strumento fondamentale per la crescita e l’occupazione, ma dobbiamo anche definire un quadro solido per tradurla in realtà, partendo da un bilancio UE adeguato per i prossimi sette anni e da una riforma efficace della politica di coesione dell’UE che conduca a una maggiore partecipazione e a risultati tangibili sul campo. 4 Cosa pensa degli investimenti nelle regioni e nelle città europee e del rapporto fra tali investimenti e gli obiettivi della strategia Europa 2020? La qualità e l’efficienza degli investimenti pubblici a livello locale e regionale sono due fattori decisivi per la competitività regionale. Misure sproporzionate e troppo generiche rischiano di compromettere la capacità d’investimento degli enti locali e regionali, che sono soggetti fondamentali per realizzare la crescita mediante tutta una serie di iniziative differenti, come l’attuazione di progetti cofinanziati dal bilancio europeo. L’Europa necessita di sforzi più concertati per la crescita e l’occupazione. La strategia Europa 2020 formula obiettivi strategici giusti, e il quadro finanziario pluriennale 2014-2020 deve fornire i mezzi per realizzarla. C’è il rischio che gli obiettivi della strategia non siano raggiunti se non vi saranno maggiori sforzi a tutti i livelli: è questo il nostro messaggio ai leader dell’UE, che abbiamo sottolineato di recente anche nella terza relazione di monitoraggio sull’attuazione della strategia Europa 2020. Il bilancio dell’UE deve mantenere un volume significativo, in particolare affinché la politica di coesione riceva le risorse adeguate e possa riguardare tutte le regioni, pur concentrandosi su quelle che hanno più bisogno d’aiuto. I bilanci nazionali, che rimangono la fonte principale di finanziamento pubblico, dovrebbero concentrarsi maggiormente su Europa 2020, e i bilanci degli enti locali e regionali devono mantenere una massa critica che consenta loro di dare il proprio contributo alla strategia. Infine, occorre promuovere le sinergie fra i bilanci a tutti i livelli, dal momento che solo lavorando tutti insieme potremo uscire più forti da questa crisi. 2013, Anno europeo dei cittadini La vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding ha spiegato a Regioni e città d’Europa la sua idea di cittadinanza dell’UE e ha parlato delle nuove iniziative previste per il 2013, Anno europeo dei cittadini, nonché dei preparativi per le elezioni europee del 2014: «Attraverso l’Anno europeo dei cittadini lanceremo una serie di messaggi chiave, il più importante dei quali sarà che la cittadinanza dell’Unione europea non è solo un concetto ma anche una realtà tangibile che reca benefici concreti ai cittadini». La vicepresidente Reding ritiene inoltre che i rappresentanti eletti delle città e delle regioni potrebbero svolgere un ruolo attivo nei nuovi «Dialoghi dei cittadini» avviati lo scorso settembre nella città spagnola di Cadice: «A vent’anni dalla creazione della cittadinanza dell’Unione europea a Maastricht, dobbiamo rilanciare il progetto europeo e dobbiamo farlo con il contributo diretto dei nostri cittadini. Le città e le regioni, che rappresentano il livello di governo più vicino ai cittadini, hanno un ruolo primario da svolgere in questo processo». Viviane Reding: «La cittadinanza dell’UE non è solo un concetto ma anche una realtà tangibile che reca benefici concreti ai cittadini» La cittadinanza dell’Unione europea fu introdotta e definita giuridicamente venti anni fa dal trattato di Maastricht. Da allora i diritti di cittadinanza hanno fatto registrare sensibili progressi che hanno avuto un profondo impatto sulle vite di milioni di cittadini in tutta Europa. Che cosa significa per lei «cittadinanza dell’UE»? Ritiene che abbiamo compiuto sufficienti progressi per quanto riguarda la tutela dei diritti dei nostri cittadini? commissario in assoluto responsabile in materia di cittadinanza, ho iniziato a lavorare a fianco del presidente Barroso e degli altri colleghi della Commissione per adottare iniziative concrete volte a garantire che i cittadini possano esercitare quotidianamente i diritti riconosciuti dall’UE. Ciononostante, molti continuano a incontrare ostacoli nell’esercizio dei loro diritti di cittadini europei. A vent’anni dalla creazione della cittadinanza dell’Unione europea a Maastricht, dobbiamo rilanciare il progetto europeo e dobbiamo farlo con il contributo diretto dei nostri cittadini. Le città e le regioni, che rappresentano il livello di governo più vicino ai cittadini, hanno un ruolo primario da svolgere in questo processo. Per me la cittadinanza europea è un po’ come una matrioska: Abbiamo innanzitutto la nostra identità locale, la nostra funzione di cittadini di una comunità locale e regionale, rappresentata dalla bambola più piccola e più interna. Procedendo verso l’esterno troviamo la nostra cittadinanza nazionale e, successivamente, la cittadinanza europea, che si aggiunge, senza tuttavia sostituirsi, alla nostra cittadinanza e identità nazionale e regionale. La libertà di circolazione rappresenta il diritto più amato nell’Unione europea, sinonimo di cittadinanza europea. Le imprese e i cittadini stanno traendo enormi vantaggi dalla progressiva rimozione degli ostacoli alla libera circolazione di merci, servizi e persone all’interno dell’UE. Libera circolazione significa quindi più turisti nelle nostre città e regioni e più cittadini che si spostano per andare a vivere e a lavorare in un altro Stato membro, alimentando l’attività economica e l’occupazione. Noi tutti siamo estremamente orgogliosi delle nostre città e delle nostre regioni. Non dobbiamo però dimenticare l’importanza di collegarle con altre città e regioni, di valorizzarne il patrimonio storico e culturale. Il fiore all’occhiello dell’Anno europeo dei cittadini sarà rappresentato dalla Relazione 2013 sulla cittadinanza dell’Unione, nella quale illustreremo la nostra strategia per abbattere i maggiori ostacoli che impediscono ai cittadini europei di esercitare i loro diritti. Malgrado i numerosi progressi conseguiti negli ultimi anni, abbiamo ancora molto lavoro da fare e il mio obiettivo è appunto rimuovere gli ostacoli rimanenti con i quali devono confrontarsi i cittadini al momento di esercitare i loro diritti, per far sì che la cittadinanza dell’UE sia qualcosa di più di un semplice concetto: essa deve infatti diventare una realtà per i nostri 500 milioni di cittadini. I cittadini si aspettano risultati concreti, come quelli che l’Europa ha finora conseguito, ad esempio, in materia di riduzione delle tariffe sulle chiamate in roaming, miglioramento dei diritti delle vittime di reati e facilitazione degli acquisti online per i consumatori. Non appena sono divenuta il primo Il 2013 mostrerà come i cittadini dell’UE possono trarre direttamente vantaggio da questi diritti e si concentrerà sulle politiche e sui programmi per la protezione di tali diritti. Approfitteremo inoltre dell’Anno europeo dei cittadini per stimolare un dibattito in merito al potenziale enorme REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 «I cittadini non si fidano della classe politica in Europa. Vi è una chiara mancanza di fiducia e noi dobbiamo porre rimedio a questo problema», ha affermato la vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding durante il primo «Dialogo dei cittadini sul futuro dell’Europa», svoltosi a Cadice (Spagna) il 27 settembre 2012. L’iniziativa, sostenuta anche dal Comitato delle regioni, è tesa ad assicurare che i rappresentanti politici ascoltino l’opinione dei cittadini sul futuro dell’Europa. Il 2013 è stato proclamato Anno europeo dei cittadini. Quali risultati spera che verranno conseguiti con questa iniziativa? 5 2013, Anno europeo dei cittadini impatto di questi diritti europei. Ciò servirà a incoraggiare anche un altro dibattito, di ampia portata, sul tipo di UE che ci piacerebbe vedere domani: «Quale tipo di Europa vogliono i cittadini nel 2020?». L’attenzione dell’Anno europeo sarà incentrata sui cittadini dell’UE in situazioni transfrontaliere. È tuttavia opportuno precisare che ciò non significa assolutamente limitare le attività dell’Anno europeo ai 12 milioni di cittadini che risiedono in uno Stato membro diverso dal loro. Anzi, vi saranno moltissime attività a favore dei circa 200 milioni di europei nella loro veste di turisti, viaggiatori d’affari o consumatori che acquistano prodotti da altri Stati membri, direttamente o tramite Internet. In linea di principio la maggior parte di noi, prima o poi nella vita, si troverà in una situazione transfrontaliera: l’Anno europeo ci riguarda quindi tutti. In questo difficile periodo per l’UE, è più importante che mai instaurare un dialogo con i cittadini e renderli consapevoli delle ricadute concrete e positive dell’Unione europea sulla loro vita quotidiana. Sono convinta che l’attuale crisi finirà per darci un’Unione europea più forte di quella che conosciamo oggi: un’unione economica e monetaria più solida, un’unione politica completa, nonché una federazione europea e un’Unione al servizio dei propri cittadini. L’Agenda dei cittadini si fa locale: regioni e città pronte per l’Anno europeo 2013 Il 28 novembre il CdR terrà un forum per esaminare l’impatto della cittadinanza UE sulla definizione delle politiche locali e regionali. Nel corso dei dibattiti in plenaria e dei seminari che si svolgeranno in parallelo sugli aspetti fondamentali della cittadinanza, politici, esperti e operatori del settore discuteranno di come regioni e città possano gestire l’impatto della libertà di circolazione e dei diritti elettorali di cui godono i cittadini dell’Unione, e di come incoraggiare il coinvolgimento attivo dei cittadini sul loro territorio. Tra gli oratori figurano il presidente del CdR Ramón Luis Valcárcel Siso, la vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding e Antigoni Papadopoulou, relatrice del Parlamento europeo sull’Anno europeo dei cittadini. L’evento sarà accompagnato da una mostra e dalla presentazione del «passaporto dei cittadini dell’UE». Verrà inoltre presentato uno studio sul ruolo degli enti locali e regionali nella promozione della cittadinanza UE e dei diritti dei cittadini a cura del Centro per i servizi di strategia e valutazione (CSES). L’Anno europeo dei cittadini è inteso a sensibilizzare gli europei ai diritti di cui dispongono in quanto cittadini dell’UE e a stabilire con loro un dialogo sullo sviluppo della cittadinanza UE e dell’Unione europea in generale, con un occhio rivolto alle elezioni europee del 2014. L’Anno europeo 2013 rappresenta quindi un momento 6 chiave nell’Agenda dei cittadini elaborata dalla Commissione, che prevede anche la pubblicazione di una Relazione 2013 sulla cittadinanza dell’Unione ed altre iniziative per promuovere la cittadinanza europea. La libertà di movimento è l’espressione più tangibile dei benefici collegati alla cittadinanza dell’Unione: essa consente agli europei di lavorare, studiare, fare acquisti, viaggiare e vivere in qualsiasi Stato membro dell’UE. I cittadini dell’UE dovrebbero poter godere di questo diritto senza inutili ostacoli e oneri burocratici. Il diritto di votare e di candidarsi alle elezioni europee e comunali nello Stato membro di residenza fornisce ai cittadini dell’Unione gli strumenti per partecipare alla vita democratica dell’UE, e al tempo stesso li aiuta a integrarsi nella società di residenza. Il CdR, che nel 2011 aveva adottato un parere sulla Relazione 2010 sulla cittadinanza dell’Unione (relatore Roberto Pella, IT/PPE), ha attualmente in preparazione un parere d’iniziativa dal titolo «Rafforzare la cittadinanza dell’UE: promuovere i diritti elettorali dei cittadini europei», di cui è relatore György Gémesi (HU/PPE), e in settembre ha incaricato István Sértő-Radics (HU/ ALDE) di elaborare un parere sul tema «Statuto e finanziamento dei partiti politici europei e delle fondazioni politiche europee». Dobbiamo però coinvolgere i cittadini nel processo di costruzione di questa nostra nuova casa europea. È per questo motivo che abbiamo avviato un’ampia consultazione pubblica chiedendo ai cittadini quale tipo di UE vorrebbero avere da qui al 2020. Abbiamo ricevuto oltre 12 000 risposte, per lo più da giovani, a dimostrazione della volontà dei cittadini e della futura generazione di leader di poter essere giustamente artefici del loro futuro. Abbiamo bisogno del sostegno dei nostri cittadini, ma per questo dobbiamo prima iniziare ad ascoltarli. Ecco perché la Commissione europea organizzerà una serie di «Dialoghi dei cittadini» in tutta l’Unione europea, nell’ambito dell’Anno europeo dei cittadini. Questo sforzo richiederà però la partecipazione di tutti gli attori, a livello europeo, nazionale, regionale e locale. Per questo motivo sono stata particolarmente lieta di ospitare il primo dialogo nella città spagnola di Cadice, lo scorso settembre, assieme al sindaco e al deputato che rappresenta il collegio locale al Parlamento europeo. È proprio questo, infatti, il dialogo di cui abbiamo bisogno. Spero di poter contare sul sostegno del Comitato delle regioni in questa impresa cruciale. Le prossime elezioni europee si terranno nel 2014. Negli anni precedenti l’affluenza alle urne in molti Stati membri è stata particolarmente bassa. A suo avviso, cosa si può fare durante l’Anno europeo dei cittadini per innalzare il livello di consapevolezza politica e incrementare la partecipazione alle prossime elezioni? Attraverso l’Anno europeo dei cittadini lanceremo una serie di messaggi chiave, il più importante dei quali sarà che la cittadinanza dell’Unione europea non è solo un concetto ma anche una realtà tangibile che reca benefici concreti ai cittadini. Proseguiremo l’impegno iniziato nel 2012, assicurando un dibattito diretto con i cittadini per capire che cosa desiderano, come percepiscono i loro diritti e dove vorrebbero che l’Unione migliorasse nei prossimi dieci anni. I tempi dell’integrazione europea attraverso il consenso implicito dei cittadini sono finiti. I cittadini europei devono essere in grado di esprimere le loro preoccupazioni e preparare il terreno per le prossime elezioni. L’Anno europeo dei cittadini non riguarda solo i diritti e i doveri ma anche la partecipazione e l’impegno, nonché il coinvolgimento nel futuro comune dell’Europa. L’Anno europeo preparerà il terreno e integrerà il lavoro che verrà svolto in contemporanea dal Parlamento europeo e da altre istituzioni, come il Comitato delle regioni, allo scopo di incoraggiare l’elettorato a partecipare attivamente ai processi democratici dell’UE e a votare alle elezioni europee del 2014. Abbiamo anche bisogno di rafforzare il collegamento tra le elezioni europee e l’elezione del prossimo presidente della Commissione europea. Mi piacerebbe che i partiti politici organizzassero chiaramente le loro campagne elettorali sui candidati europei. Le elezioni europee vanno infatti politicizzate. Se vogliamo che gli elettori vadano a votare alle europee, dobbiamo aiutarli a capire per chi votano. Devono sapere, infatti, che se votano per un candidato membro del partito conservatore britannico, votano al tempo stesso per il Partito popolare europeo al Parlamento europeo. Non possiamo progettare un nuovo futuro per l’Unione e solo allora, cioè dopo aver costruito questa nuova casa europea, chiedere ai cittadini se vogliono abitarci. Dobbiamo invece costruirla assieme la nostra casa europea. Prima di organizzare qualsiasi dibattito politico sul futuro dell’Europa dobbiamo quindi ascoltare i nostri cittadini e coinvolgerli, perché hanno il diritto di decidere il proprio futuro. Risposte dell’UE alla crisi economica e finanziaria Joaquín Almunia: «La crescita nelle regioni più bisognose può risultare soltanto da decisioni di spesa equilibrate» Il vicepresidente della Commissione europea responsabile per la politica di concorrenza, Joaquín Almunia, presenta i principi fondamentali dei nuovi orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale e le principali misure che ne derivano. Una consultazione sarà lanciata entro la fine dell’anno e il processo di revisione degli aiuti di Stato a finalità regionale si concluderà nel maggio 2013. I nuovi orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale elaborati dalla Commissione europea saranno varati diversi mesi prima dell’entrata in vigore, nel gennaio 2014, del prossimo quadro finanziario pluriennale, per un periodo di sette anni. Risulta più che mai importante coordinare le nostre attività con quelle svolte dal commissario Hahn, responsabile per la Politica regionale, e con le sue proposte in materia di fondi strutturali, in modo da far fronte alle sfide attuali, ovvero la necessità di fronteggiare una crisi profonda, i nuovi rischi per la coesione territoriale, nonché le gravi restrizioni imposte a gran parte dei bilanci pubblici, tra cui anche quello dell’UE. In questo contesto, le sovvenzioni pubbliche a sostegno degli investimenti nelle zone svantaggiate dell’Unione europea possono apportare un contributo determinante. Basti ricordare a questo proposito l’Irlanda, dove le industrie farmaceutiche hanno effettuato cospicui investimenti, e la Polonia, nonché altri paesi che hanno aderito all’UE a partire dal 2004, in cui si sono insediati diversi giganti del settore dell’elettronica e degli elettrodomestici. Tuttavia, vi sono anche altri fattori che possono chiarire meglio le strategie di investimento, ad esempio la presenza di manodopera qualificata, il livello di tassazione, la qualità delle infrastrutture e un contesto normativo favorevole alle imprese. Per questo è essenziale che le sovvenzioni siano concesse solo nei casi in cui sono in grado di spostare l’ago della bilancia verso la mobilitazione degli investimenti e la creazione di posti di lavoro. I nuovi orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale vengono discussi nel quadro dell’iniziativa per la modernizzazione degli aiuti di Stato. Come quasi certamente saprete, quest’anno abbiamo avviato una revisione dell’intera politica degli aiuti di Stato dell’UE alla luce di tre obiettivi principali: y sostenere la crescita conformemente ai principali obiettivi della strategia Europa 2020 e, nel quadro di tale processo, aiutare i governi dell’UE a migliorare la qualità della spesa pubblica; y dare la priorità ai casi di aiuti di Stato che hanno un impatto significativo sul mercato interno; y snellire il processo decisionale UE. Innanzitutto, dobbiamo garantire la coerenza tra la nostra politica e gli sviluppi sul campo. Sono felice di poter dire che dal 2005 — anno in cui furono adottati gli orientamenti in vigore — il principale cambiamento consiste nella riduzione del divario tra le regioni più ricche e quelle più povere d’Europa. Nonostante il persistere delle disuguaglianze, tra il 2000 e il 2007 i paesi meno sviluppati dell’UE hanno registrato consistenti tassi di crescita, con una crescita media superiore al 4 % annuo. Attualmente quasi un europeo su tre vive nelle regioni meno sviluppate e, grazie al processo di recupero in REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 atto, questa percentuale scenderà fino a circa uno su quattro nel prossimo periodo. Ma come rispondiamo a questi cambiamenti? Stiamo studiando tre ambiti principali. In primo luogo, il sostegno pubblico deve concentrarsi laddove ha maggiori possibilità di apportare un contributo determinante, aiutando le regioni meno sviluppate a ridurre il divario che le separa dalla media UE. È possibile promuovere lo sviluppo regionale ricorrendo a diversi strumenti politici. Gli aiuti regionali dovrebbero rimanere l’eccezione e la copertura delle aree assistite dovrebbe limitarsi agli aiuti necessari a ovviare alle disparità regionali. Joaquín Almunia, vicepresidente della Commissione europea responsabile per la politica di concorrenza In secondo luogo — alla luce delle attuali differenze sul piano della capacità finanziaria — è particolarmente importante assicurarsi che gli aiuti siano ridotti al minimo indispensabile, per consentire ai paesi e alle regioni dell’UE di competere ad armi pari per attirare e salvaguardare nuove imprese sul loro territorio. Dato che nell’ultimo decennio le disparità regionali in Europa si sono ridotte e considerati i rigidi vincoli di bilancio, proporrò di applicare intensità d’aiuto inferiori, salvo nelle regioni in cui si registra la situazione peggiore. In terzo luogo — e in linea con gli obiettivi generali dell’iniziativa per la modernizzazione degli aiuti di Stato — ritengo che sia necessario concentrarci sulle sovvenzioni che provocano più distorsioni. Ciò significa che riserveremo un trattamento più semplice ai casi minori — in particolare le PMI — ed eventualmente che si ridurrà il numero di categorie di aiuti da notificare alla Commissione. Possiamo anticipare i principali elementi della riforma ricordando in particolare la maggiore attenzione consacrata all’effetto di incentivazione per tutte le misure. Gli aiuti vanno autorizzati solamente se sono suscettibili di modificare il comportamento dei beneficiari. Gli aiuti a finalità regionale sono considerati compatibili solo se offrono un incentivo ad effettuare investimenti in una zona assistita o se possono determinare la localizzazione di un progetto di investimento. Alla luce degli svantaggi che queste regioni presentano, gli aiuti potrebbero essere necessari per compensare la bassa redditività di un investimento oppure i sovraccosti prodotti dall’insediamento in quella regione. Di conseguenza, non approveremo gli eventuali benefici inaspettati per le imprese che avrebbero investito in una regione beneficiaria di aiuti anche in assenza di sovvenzioni. Nella congiuntura attuale non possiamo permetterci di sprecare le scarse risorse pubbliche disponibili né di dover affrontare le distorsioni della concorrenza e i pregiudizi alle opportunità di crescita che queste sovvenzioni dispendiose provocherebbero. È importante far sì che gli aiuti non solo abbiano un effetto di incentivazione, bensì anche che contribuiscano al nostro obiettivo comune: lo sviluppo economico delle regioni dell’UE. In altre parole, è essenziale che gli aiuti siano correttamente strutturati. I progetti sovvenzionati che producono risultati validi sono quelli in grado di contribuire efficacemente alla strategia di sviluppo di una regione ed è risaputo che il loro impatto è maggiore nelle regioni meno sviluppate. Dal momento che è stata dimostrata l’inefficacia globale degli aiuti alle grandi imprese nelle regioni più sviluppate, sono dell’avviso che l’aiuto regionale agli investimenti per le grandi imprese vada accordato solo nelle regioni meno sviluppate: le cosiddette «regioni A», come vengono definite in base alla terminologia degli aiuti di Stato. 7 Risposte dell’UE alla crisi economica e finanziaria Tuttavia, i governi dell’UE rimangono liberi di accordare aiuti alle grandi imprese in altre regioni a patto che conseguano gli obiettivi della strategia Europa 2020 in materia di ricerca, sviluppo e innovazione, nonché tutela ambientale. Questi aiuti dovrebbero essere compatibili con le condizioni previste dai rispettivi orientamenti sugli aiuti di Stato a carattere settoriale. Si tratta di sovvenzioni che incoraggiano l’innovazione, la competitività e i guadagni di produttività, oltre a compensare gli svantaggi regionali. Sono addirittura disposto a discutere della possibilità di intensificare gli aiuti per tali obiettivi nelle regioni assistite. Le ultime due misure che stiamo considerando di inserire nei nuovi orientamenti riguardano le modalità di gestione e valutazione del sostegno pubblico. In base a una delle proposte avanzate, si potrebbe chiedere alle autorità nazionali e regionali dell’UE di adottare elevati standard di trasparenza per l’importo degli aiuti e i rispettivi beneficiari. Questo requisito generale di trasparenza rispecchierebbe le pratiche correnti nel quadro dei fondi strutturali e agricoli. In tempi di austerità e di tagli di bilancio, ritengo che le autorità pubbliche dovrebbero compiere uno sforzo particolare per tenere i concorrenti e i cittadini al corrente del modo in cui spendono il denaro dei contribuenti. Infine, stiamo prendendo in considerazione la possibilità di inserire negli orientamenti dei sistemi di valutazione per le principali misure di sostegno — inclusi i regimi di sostegno — per garantire che gli aiuti conseguano i risultati attesi. Peraltro ho notato che alcuni paesi hanno già istituito dei sistemi di valutazione della spesa pubblica. Ribadisco pertanto che, in questi tempi difficili, è indispensabile incoraggiare una cultura della responsabilità. Entro la fine dell’anno avvieremo una consultazione sul progetto di orientamenti mentre il processo di revisione si concluderà l’anno prossimo. In febbraio intendiamo incontrare gli Stati membri, e in maggio — se tutto andrà bene — verranno adottati i nuovi orientamenti. Fino ad allora conto sulla partecipazione attiva dei rappresentanti delle regioni al dibattito per perfezionare e migliorare la revisione. Ora che le risorse pubbliche stanno diventando un bene raro, la crescita nelle regioni più bisognose può risultare soltanto da decisioni di spesa equilibrate. Tutti noi desideriamo salvaguardare gli elementi che contraddistinguono la nostra Europa unita anche in questi momenti di incertezza. L’obiettivo della nostra riforma è far sì che l’UE continui a essere l’incredibile «macchina di convergenza» che è stata per più di 50 anni. Joaquín Almunia, vicepresidente della Commissione europea responsabile per la politica di concorrenza Simone Beissel: «La nostra priorità è contribuire alla strategia europea per la crescita e l’occupazione» Simone Beissel (Lussemburgo/ALDE), consigliere comunale della città di Lussemburgo, presidente della commissione ECOS Per la commissione Politica economica e sociale (ECOS) del CdR il pensiero principale rimane come affrontare le conseguenze della crisi finanziaria, economica e sociale a livello locale e regionale. Ciò significa che la commissione ECOS contribuirà attivamente alla definizione di politiche a livello europeo che puntino a creare posti di lavoro sostenibili, ad affrontare la disoccupazione giovanile e ad impedire ai gruppi vulnerabili di cadere in povertà, gestendo al tempo stesso il debito pubblico in modo da ottenere equilibri di bilancio sostenibili. Queste sfide saranno affrontate in diverse occasioni nell’arco del 2013 e del 2014. La strategia Europa 2020: uno strumento per dare nuovo impulso alla crescita e alla creazione di posti di lavoro La priorità della commissione ECOS consiste nel contribuire al futuro della strategia europea per la crescita e l’occupazione. Al riguardo è in preparazione un parere sul tema «Il ruolo degli enti locali e regionali nel promuovere la crescita e rafforzare la creazione di posti di lavoro», che rappresenta al tempo stesso il seguito dell’iniziativa faro «Un’agenda per nuove competenze e per l’occupazione» e la risposta a una richiesta di consultazione formulata dalla presidenza cipriota. Tra qualche settimana la Commissione europea dovrebbe pubblicare nuove proposte su come affrontare il problema della disoccupazione giovanile. La commissione ECOS contribuirà a questo dibattito apportando l’esperienza degli enti locali e regionali e parteciperà al primo convegno sulle iniziative faro organizzato dalla piattaforma di monitoraggio Europa 2020 del CdR, che esaminerà queste tematiche il 13 dicembre. 8 Mercato interno e competitività Il pieno utilizzo delle potenzialità del mercato interno viene considerato una fonte di crescita e di occupazione sostenibile per il futuro. La commissione ECOS concentra attualmente la sua attenzione sulla governance del mercato unico e seguirà da vicino gli sviluppi relativi alla riforma del mercato unico che sarà avviata nel quadro dell’Atto per il mercato unico II. Imprenditorialità e piccole e medie imprese La commissione ECOS proseguirà i suoi lavori tesi a promuovere le imprese di piccole e medie dimensioni e a monitorare l’attuazione del programma COSME, in merito al quale ha recentemente elaborato un parere. Per la commissione ECOS, la lotta a favore di una riduzione sostanziale degli oneri amministrativi delle PMI rimane sempre una priorità. Inoltre, in qualità di membro della giuria incaricata di assegnare il premio «Regione imprenditoriale europea», promuoverò un approccio favorevole alle PMI e il principio «pensare anzitutto in piccolo» in tutte le regioni d’Europa, contribuendo in questo modo alla creazione di posti di lavoro e al rafforzamento della competitività delle PMI europee. Lotta contro la povertà e l’esclusione sociale Malgrado gli obiettivi di riduzione della povertà fissati nella strategia Europa 2020, un numero sempre maggiore di persone ha bisogno di un aiuto per il proprio sostentamento, e gli enti locali e regionali devono far fronte a questa necessità crescente pur disponendo spesso di dotazioni di bilancio limitate per le misure di protezione sociale. Pertanto, la commissione ECOS continuerà a premere per aumentare il peso della dimensione sociale nell’attuale agenda politica. Simone Beissel (Lussemburgo/ALDE), consigliere comunale della città di Lussemburgo, presidente della commissione ECOS Risposte dell’UE alla crisi economica e finanziaria Michel Delebarre: «La sfida fondamentale insita in ogni nuova fase dell’integrazione politica consisterà nel garantire una democratizzazione della governance economica dell’UE» A distanza di due anni dal lancio della strategia, il Comitato delle regioni pubblica la sua terza relazione di monitoraggio su Europa 2020. In parallelo, il CdR avvia oggi una verifica sulle sette iniziative faro della strategia che si concluderà nel marzo 2014, quando, in occasione del vertice europeo delle regioni e delle città, si traccerà un bilancio dei risultati dell’esercizio che inciderà sulla revisione intermedia dell’intera strategia Europa 2020. La strategia Europa 2020 deve consentire agli Stati membri di rilanciare la crescita: per centrare l’obiettivo; essa deve adattarsi al contesto specifico di ciascun territorio dell’Unione e articolarsi con il rafforzamento della coesione, nel rispetto dello spirito e della lettera del trattato di Lisbona e, naturalmente, anche con la programmazione dei fondi strutturali. Europa 2020 non può avere l’esito auspicato se le città e le regioni dell’UE non prendono parte alla sua attuazione in quanto partner degli altri livelli di governo. Le città e le regioni europee non sono rimaste in passiva attesa di incitamenti ad agire: tutti i sondaggi della piattaforma di monitoraggio Europa 2020 del Comitato — compreso l’ultimo, condotto in vista della stesura della terza relazione — indicano infatti che esse intervengono nella maggior parte degli ambiti politici collegati alla strategia. Europa 2020 ha inoltre contribuito alla creazione di un «linguaggio comune», grazie al quale gli enti territoriali riescono a comunicare meglio sia tra loro sia con i livelli di governo superiori e le altre parti interessate. Non solo: ha indotto alcuni di questi enti a prefiggersi obiettivi più ambiziosi e ha messo in moto un fruttuoso meccanismo in materia di scambio di esperienze. Emergono a macchia di leopardo alcune forme di «accordi contrattuali multilivello», adattate agli obiettivi di Europa 2020 e probabilmente incoraggiate dagli insegnamenti tratti dalla politica di coesione. Occorre tuttavia riconoscere che la strategia deve far fronte a gravi difficoltà. In primo luogo, la crisi finanziaria incide molto fortemente anche sulla spesa a livello locale e regionale, poiché gli enti territoriali, dovendo concentrarsi su interventi sociali anticrisi, sono costretti a drastici tagli degli investimenti pubblici, i quali potrebbero invece andare a sostegno della crescita. Ciò detto, va ricordato che gli investimenti diretti subnazionali rappresentano da sempre i due terzi degli investimenti pubblici europei (nel 2011, ad esempio, erano pari a 204 miliardi di euro), e che la spesa subnazionale ammonta a 2109 miliardi di euro, pari al 16,7 % del PIL e al 34 % della spesa pubblica. REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 I sondaggi condotti dalla nostra piattaforma hanno messo in luce una serie di problemi a livello dell’UE, ossia: y un coordinamento insufficiente tra i diversi strumenti politici, aggravato da Michel Delebarre (FR/PSE), senatore francese e sindaco di Dunkerque, coordinatore della piattaforma di monitoraggio Europa 2020 y una mancanza di risorse finanziarie disponibili per gli obiettivi fissati da Europa 2020, e y una marcata esigenza di semplificazione amministrativa e di sostegno al rafforzamento delle capacità operative delle amministrazioni pubbliche locali e regionali; y un’insufficiente attenzione all’impatto delle politiche europee sui territori. Sulla base di questi elementi, raccomandiamo che tra le priorità dell’Analisi annuale della crescita per il 2013, che la Commissione pubblicherà a fine novembre, figurino i punti seguenti: y occorre sostenere la crescita mediante una dotazione finanziaria adeguata e un quadro legislativo appropriato; y occorre raccomandare agli Stati membri la creazione di partenariati con i loro enti locali e regionali tramite l’adozione di strumenti di governance multilivello: questo va fatto anzitutto in vista della stesura dei programmi nazionali di riforma per il 2013, e in secondo luogo nella prospettiva del nuovo periodo di programmazione nell’ambito del quadro strategico comune per i fondi strutturali; y occorre stanziare fondi supplementari per la strategia Europa 2020. Per ottenere questo risultato, è necessario che il bilancio dell’UE continui ad essere di dimensioni ragguardevoli e che la politica di coesione, pur concentrando i suoi interventi sulle regioni più svantaggiate, rimanga uno strumento disponibile per l’intero territorio dell’UE; y i bilanci nazionali, che sono pur sempre la fonte di finanziamento principale degli interventi pubblici, devono essere calibrati sulla strategia Europa 2020; y i bilanci regionali e locali devono conservare una massa critica sufficiente per poter apportare il loro contributo agli obiettivi di Europa 2020. 9 Risposte dell’UE alla crisi economica e finanziaria Oggi i nostri timori si concentrano su due fronti, dal momento che non solo osserviamo l’applicazione di politiche di austerità della spesa pubblica, ma avvertiamo anche un certo clima di austerità intellettuale e concettuale diffuso in tutta l’Unione. Constato infatti che le principali misure di rilancio della crescita raccomandate dall’Europa sono in realtà ispirate a proposte di riforme strutturali — liberalizzazione, riforma del mercato del lavoro, riforma delle pensioni — rivolte, in larghissima parte, all’attenzione dei governi nazionali e formulate a bilancio dell’UE costante. Tuttavia, non è concepibile perseguire una strategia ambiziosa senza dotarsi al tempo stesso delle risorse finanziarie per attuarla a livello europeo. È soprattutto la dimensione del lavoro che deve tornare al centro delle nostre preoccupazioni. Malgrado l’impegno politico assunto in occasione del Consiglio europeo della primavera 2012 e gli orientamenti definiti nella comunicazione della Commissione, infatti, la maggior parte degli Stati membri non hanno presentato, nel quadro del loro programma nazionale di riforma per il 2012, un piano nazionale per l’occupazione in cui vengano illustrati un ventaglio completo di misure volte a stimolare la creazione di occupazione — in particolare di posti di lavoro «verdi» —, il collegamento tra le politiche occupazionali e gli strumenti finanziari, le riforme del mercato del lavoro e un calendario dettagliato per l’attuazione del programma pluriennale delle riforme. Ritengo inoltre che la necessaria disciplina di bilancio venga spesso confusa con un’austerità in cui obiettivi relativamente arbitrari di riduzione della spesa pubblica prevalgono sulla ricerca di una spesa di qualità, produttiva e capace di preparare il terreno del rilancio economico: in altre parole, una politica che mette il carro davanti ai buoi. Un tasso di occupazione elevato è invece indispensabile anche per conseguire il consolidamento di bilancio e la ripresa dell’economia, poiché serve al tempo stesso a preservare il livello dei consumi e a fare in modo che un maggior numero di cittadini contribuisca al finanziamento dello Stato sociale. Per concludere, sono convinto che la sfida fondamentale insita in ogni nuova fase dell’integrazione politica consisterà nel garantire una democratizzazione della governance economica dell’Unione. In concertazione con il Parlamento europeo, dobbiamo formulare delle proposte concrete di riforma per rafforzare la partecipazione dei parlamenti nazionali, degli enti territoriali e delle parti sociali al «semestre europeo», che oggi rappresenta una specie di «buco nero» sotto il profilo democratico. Non è certo tra le righe delle «raccomandazioni specifiche per paese» che si dovranno stabilire l’età del pensionamento a livello nazionale o le soglie di ammissibilità per i beneficiari delle case popolari. La mia terza constatazione riguarda la «macroeconomizzazione» della governance economica, che comporta in particolare il rischio che la strategia Europa 2020 venga relegata tra le priorità politiche di secondo piano dell’Unione. Un esempio eloquente di quanto questo rischio sia concreto è dato dal fatto che il documento strategico dei presidenti della Commissione, del Consiglio europeo, della Banca centrale europea e dell’Eurogruppo dal titolo «Verso un’autentica unione economica e monetaria» non contenga alcun riferimento specifico ad Europa 2020, né al suo ruolo nel rafforzamento della governance economica dell’UE. Per il Comitato delle regioni la sfida consisterà nel dotarci della capacità di analisi e di proposta nel contesto di questa governance economica che, con i suoi specifici meccanismi decisionali, si differenzia nettamente da quella che è tuttora la missione principale del nostro Comitato, ossia partecipare al processo di elaborazione della legislazione europea. Michel Delebarre (FR/PSE), senatore francese e sindaco di Dunkerque, coordinatore della piattaforma di monitoraggio Europa 2020 Michel Lebrun: «Il CdR deve assicurarsi che le sue spese siano in linea con le priorità politiche» Michel Lebrun (BE/PPE), membro del parlamento della regione Vallonia e di quello della comunità francofona del Belgio e presidente della commissione Affari finanziari e amministrativi (CAFA) del CdR. Michel Lebrun, primo vicepresidente del gruppo PPE del CdR, ha iniziato il suo mandato di presidente della commissione Affari finanziari e amministrativi (CAFA) con un’iniziativa coraggiosa per unire tutte le forze politiche in uno sforzo comune: migliorare il funzionamento della commissione. «Il mio obiettivo», ha dichiarato, «è rafforzare il monitoraggio politico dell’attività finanziaria e amministrativa del CdR. Insieme ai gruppi politici, ho proposto di effettuare una serie di operazioni di monitoraggio sull’uso delle risorse umane e finanziarie nella nostra istituzione e di garantire quindi un monitoraggio appropriato per tutta la durata del mio mandato». Sotto la sua presidenza, la CAFA nominerà dei relatori incaricati di monitorare l’attività del CdR in ambiti di rilievo quali il bilancio e il suo discarico, gli immobili, gli studi, le pubblicazioni e i grandi eventi organizzati dal CdR, nonché di valutare l’accordo di cooperazione tra il CdR e il Comitato economico e sociale europeo. I relatori riferiranno regolarmente alla CAFA e il presidente Lebrun ne presenterà le conclusioni all’Ufficio di presidenza del CdR. Lebrun ha in serbo anche dei piani per il progetto di bilancio del CdR 2013: «Sono ben conscio del fatto che, con la 10 crisi attuale e i tagli che essa impone ai bilanci pubblici, il CdR dovrà compiere un serio sforzo per adeguare le sue attività politiche al bilancio 2013. Ogni nuova proposta di attività dovrà essere accompagnata da una valutazione dei costi», ha aggiunto. Il bilancio 2012 del CdR è di 86,5 milioni di euro, il 2,9 % in più del bilancio 2011. La commissione Bilanci del Parlamento europeo ha introdotto una serie di emendamenti che, se accolti, determineranno nel bilancio 2013 un aumento dell’1,9 %. Tuttavia, dati l’ampliamento delle competenze del CdR disposto dal trattato di Lisbona, l’adesione della Croazia all’UE e il tasso d’inflazione stimato per il 2012-2013, si prevede che il bilancio 2013 sarà soggetto a vincoli rigorosi. Lebrun insiste pertanto sulla necessità di assicurarsi che i fondi a disposizione siano spesi in modo tale da garantire i migliori risultati possibili per gli enti locali e regionali e per i cittadini europei. Michel Lebrun (BE/PPE), membro del parlamento della regione Vallonia e di quello della comunità francofona del Belgio e presidente della commissione Affari finanziari e amministrativi (CAFA) del CdR. Primo Eurobarometro regionale Primo Eurobarometro regionale: in tutte le regioni dell’UE la preoccupazione principale è la disoccupazione zone della Germania (Baviera e Baden-Württemberg), la disoccupazione rappresenta la priorità numero uno e la principale preoccupazione. La crisi economica e la qualità della vita vengono oggi percepite in maniera molto diversa dai cittadini dell’UE a seconda non solo del paese, ma ancor più della regione. I risultati evidenziano inoltre che ai rappresentanti di tutti i livelli di governo spetta un ruolo fondamentale nel comunicare efficacemente l’Europa a livello locale. Per quanto riguarda la situazione economica, sebbene dai risultati emerga una visione prevalentemente negativa a livello UE (71 % dei partecipanti), le percentuali variano molto tra gli Stati membri e, in alcuni casi, ancor più tra le regioni. Ad esempio, tra gli abitanti della provincia olandese Drenthe che hanno partecipato all’inchiesta, il 99 % considera positiva la situazione economica della propria regione, mentre in alcune regioni del Portogallo a esprimere un giudizio positivo è soltanto il 4 % dei cittadini. Non sorprende che i dati rispecchino da vicino l’impatto della crisi economica, e che i risultati peggiori si registrino per lo più nell’Europa del Sud e dell’Est. Per quanto riguarda l’evoluzione della situazione economica nel prossimo futuro, tuttavia, le regioni che hanno espresso una visione piuttosto pessimistica sono più numerose e distribuite su tutto il territorio dell’UE: ciò indica che, tendenzialmente, anche nei paesi in cui la situazione economica è positiva i cittadini guardano al futuro con inquietudine. L’indagine speciale di Eurobarometro, condotta tra il 20 agosto e il 15 settembre 2012 su 50 000 cittadini dell’UE provenienti da 170 regioni dei 27 Stati membri, ha offerto per la prima volta un quadro dettagliato della percezione pubblica a livello regionale. Mercedes Bresso, prima vicepresidente del Comitato delle regioni, ha commentato i risultati osservando: «È importante sforzarsi di non guardare sempre le cose da una prospettiva nazionale. Per questo sono molto lieta che, per la prima volta, Eurobarometro abbia assunto un punto di vista regionale, consentendoci di capire meglio la percezione dei cittadini delle regioni d’Europa». I dati dimostrano che, attualmente, per la stragrande maggioranza dei cittadini di tutte le regioni dell’UE, salvo talune Infine, il sondaggio di Eurobarometro ha chiesto ai cittadini chi sia il più adatto a spiegare l’impatto delle politiche europee sulla vita quotidiana. Le risposte provenienti dai paesi dell’Europa meridionale, come Grecia, Spagna e Italia, che stanno attraversando una difficile fase economica, lasciano chiaramente trapelare una sfiducia generale nei confronti dei leader politici. Come osservato da Mercedes Bresso, è interessante notare che «nei “grandi” paesi, come Francia, Polonia, Germania e Regno Unito, per quanto riguarda la comunicazione sull’Europa i cittadini tendono a fare affidamento sui loro rappresentanti locali e regionali». In altri paesi, invece, gli intervistati hanno indicato piuttosto i loro rappresentanti nazionali (paesi scandinavi), i deputati europei (Portogallo) e i commissari europei (Repubblica ceca). Nel commentare tali risultati, Gregory Paulger, direttore generale della DG Comunicazione della Commissione, ha sottolineato come sia «evidente, dalla grande varietà di risposte ottenute, che il modo migliore per comunicare l’Europa è comunicare in partenariato, coinvolgendo tutti i livelli di governo e, in particolare, il livello locale e regionale». Canarias Guyane Guadeloupe Martinique Réunion Açores Madeira REGIOgis Per ulteriori informazioni: I risultati dell’Eurobarometro Flash 356 (L’opinione pubblica nelle regioni dell’UE) si possono consultare sul sito web della Commissione europea http://ec.europa.eu/public_opinion Q3.4 The most important issue for the region: unemployment respondents %%ofofrespondents 20% <<20% 20% - 40% 20% - 40% 40% - 60% 40% - 60% Source: Flash Eurobarometer 356 Source: Flash Eurobarometer 356 60% - 80% 60% - 80% > 80% > 80% 0 500 Km © EuroGeographics Association for the administrative boundaries REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 I dati dimostrano che, attualmente, per la stragrande maggioranza dei cittadini di tutte le regioni dell’UE, salvo talune zone della Germania (Baviera e Baden-Württemberg), la disoccupazione rappresenta la preoccupazione principale (in percentuale degli intervistati). 11 Primo Eurobarometro regionale Canarias Guyane Canarias Guadeloupe Martinique Guyane Réunion Açores Réunion Madeira Açores REGIOgis Q1.2 Situation of the economy in the region REGIOgis Deputati europei < 50% Your MEPs < 50% Commissari europei Members of the European Commission 50% - 65% 50% - 65% Source: Flash Eurobarometer 356 65% - 80% National political representatives Rappresentanti politici nazionali Source: Flash Eurobarometer 356 65% - 80% 80% - 95% Several representatives 0 500 Km 0 © EuroGeographics Association for the administrative boundaries Per quanto riguarda la situazione economica, sebbene dai risultati emerga una visione prevalentemente negativa a livello UE (71 % dei partecipanti), le percentuali variano molto tra gli Stati membri e, in alcuni casi, ancor più tra le regioni (in percentuale di risposte positive). 9 9 9 9 ISSN 1562-071 ISSN 1562-071 ISSN 1562-071 ISSN 1562-071 E NNE ROPÉENN UNION EUROPÉE M ’ I N F O RLE LET TRE D RÉNGSIONS NS IO ÉG RÉ NS IO RÉG RÉGIO MUNES MES UN M ES CO M N U O C M ES M UN CO COMM UROPE ’EPE RDO U PE ’E ’ O D R U PE ’E O D D’EUR E NNE ROPÉENN UNION EUROPÉE es des n Comité Régions UNION EUROPÉE té des Régionss Comi D ÉRE T TRE LEITTION OM I NUF CRMA D I O ND ’I’INFO RE TRE TAT NNE Régions re 2010 LE ITÉ ROMATI O IRMA ÉF G RCOM IN S’I’INFO DU ED ITÉ 2010 avril ONS mars - COM 2010 DU N°68 RÉGI janvier -DES TION 2009 re ITÉ RMA ONS COM décemb ’INFO DU D RÉGI ONN°67 TRE DES N STTION spécial: «Le défi 2010 ONS mai – juin N°69 RÉGI DES – novemb N°70 octobre © Digital Vision e: ent climatiqu du changem enve les régions rs ?» après 2013 atteentes mun ses Dossier com oleule le» rd form ona egaa régiagric Hed eique polit ro: elle »nietiqu Con poli la tive 2010 ro: ia ial: numé de«Qu dans ce numé Comité des cepour spéc péen régions enirpec ro nes» ment dans sier en pers s euro numé 0«L’av Dos es? 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Per ricevere regolarmente Regioni e comuni d’Europa abbonatevi! Regioni e comuni d’Europa esce R cinque volte l’anno in sei lingue c diverse: francese, inglese, italiano, d polacco, spagnolo e tedesco. È una pubblicazione edita dal Comitato delle regioni, l’istituzione dell’Unione europea che rappresenta gli enti regionali e locali. L’abbonamento è gratuito. Per abbonarvi, basta comunicare nome, cognome, indirizzo, numero di copie e lingua della pubblicazione per e-mail all’indirizzo [email protected] o per posta all’indirizzo: Comitato delle regioni Servizio stampa Abbonamento a Regioni e comuni d’Europa Rue Belliard/Belliardstraat 99-101 1040 Bruxelles/Brussel BELGIQUE/BELGIË Decima edizione degli OPEN DAYS OPEN DAYS 2012: ancora più importanti nell’agenda politica dell’UE Valcárcel Siso: «Con la decima edizione degli OPEN DAYS siamo riusciti a comunicare l’idea che l’Europa si costruisce in partenariato, con il contributo dei livelli più prossimi ai cittadini». Organizzati a sei settimane alla decisione del Consiglio europeo sul quadro finanziario pluriennale (QFP) 20142020 e mentre partono i negoziati decisivi sul pacchetto legislativo per il finanziamento della coesione, dello sviluppo rurale e della pesca, condotti triangolarmente da Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea, gli OPEN DAYS (Decima settimana europea delle regioni e delle città) hanno segnato un importante momento politico nell’agenda dell’UE. Alla sessione di apertura dell’8 ottobre, concepita come una piattaforma interistituzionale per la comunicazione politica con la partecipazione di 450 rappresentanti eletti di tutti i livelli di governo, è stato sottolineato da parte di Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo, che «è tempo di decidere sul QFP», mentre Ramón Luis Valcárcel Siso, presidente del CdR, ha insistito sul fatto che «la politica di coesione è uno strumento essenziale per conseguire gli obiettivi di Europa 2020». partecipazione, infatti, essa non riuscirà a raggiungere i propri obiettivi», ha ricordato Valcárcel Siso. Dei 6 000 partecipanti agli OPEN DAYS, due su tre provenivano da amministrazioni locali, regionali, nazionali o dell’UE, mentre gli altri erano esponenti del mondo accademico, della stampa o di società di consulenza. Tre su quattro si sono recati a Bruxelles per assistere alla manifestazione. Grazie alla prima «Giornata europea della cooperazione», che a livello locale è stata organizzata insieme agli OPEN DAYS all’insegna del motto «L’Europa nella mia regione/nella mia città», si sono tenuti oltre 350 eventi locali. Consultate il sito web degli OPEN DAYS (http://opendays. europa.eu) per saperne di più sugli eventi locali, scaricare gli atti degli incontri e seguire gli sviluppi più recenti della manifestazione, compresa la spiegazione del progetto degli OPEN DAYS per il 2013. L’edizione 2012 degli OPEN DAYS, oltre a trasmettere il suo messaggio politico di fondo in questo momento cruciale, ha consolidato la funzione di punto di riferimento di questo evento per tutti quelli che vogliono capire in che modo cambierà la politica di coesione, quali saranno le opportunità e le sfide future del prossimo periodo di programmazione dei fondi strutturali e che cosa stia avvenendo sul campo in quest’ultima fase dei programmi operativi 20072013. «Questa decima edizione degli OPEN DAYS è servita anche a mettere in evidenza la composizione politica del Comitato delle regioni e a comunicare l’idea che l’Europa si costruisce, concretamente, in partenariato, con il contributo fondamentale dei livelli più prossimi ai cittadini. Senza la loro REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 13 Decima edizione degli OPEN DAYS Il presidente del Comitato delle regioni Ramón Luis Valcárcel Siso, e i presidenti di tutte le principali istituzioni dell’UE, intervenuti lunedì 8 ottobre all’inaugurazione degli OPEN DAYS 2012, hanno sottolineato all’unisono la funzione essenziale della politica di coesione a sostegno della ripresa nell’UE. Hanno inoltre messo in guardia gli Stati membri sul fatto che eventuali tagli al bilancio UE potrebbero compromettere il ruolo chiave svolto dagli enti regionali e locali negli investimenti a favore della crescita. Secondo il presidente del CdR, «tutti riconoscono che la politica di coesione è uno strumento fondamentale per rilanciare la nostra economia e realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020. Il CdR si aspetta quindi che le decisioni che prenderanno i capi di Stato o di governo dell’UE nelle prossime settimane siano coerenti con la tabella di marcia concordata dall’UE per una crescita e un’occupazione «di qualità». Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, rivolgendosi a un pubblico di centinaia di persone tra cui membri del CdR, rappresentanti locali provenienti da tutta Europa e deputati europei, ha sottolineato che «dal 2008 l’Europa ha vissuto due crisi interconnesse: una finanziaria, l’altra economica e sociale. I loro effetti sarebbero stati infinitamente più gravi senza una reazione congiunta da parte dell’UE e degli Stati membri». Riferendosi poi al Consiglio straordinario di novembre, Van Rompuy ha aggiunto: «Ora l’Europa ha bisogno di una maggiore crescita economica strutturale e gli Stati membri sono ora sicuramente in grado di raggiungere un accordo adeguato sul nuovo quadro finanziario pluriennale. Senza un tale accordo, non ci saranno crescita e occupazione di qualità in Europa». Ramón Luis Valcárcel Siso, presidente del CdR, Johannes Hahn, commissario UE per la Politica regionale, e Danuta Hübner, presidente della commissione per lo Sviluppo regionale (REGI) del Parlamento europeo, hanno lanciato il nuovo programma dal titolo «Erasmus per i rappresentanti eletti a livello locale e regionale», il cui obiettivo consiste nel migliorare le conoscenze e le competenze dei rappresentanti eletti europei in materia di politica di coesione dell’UE attraverso una formazione ad hoc e attività didattiche transnazionali. Il workshop congiunto COTER-REGI sulla politica di coesione post 2013 è stato aperto da Danuta Hübner, presidente della commissione REGI del Parlamento europeo, e da Marek Woźniak, nuovo presidente della commissione COTER del CdR. 14 Decima edizione degli OPEN DAYS Il seminario sul sostegno dell’UE alla cooperazione decentrata allo sviluppo post 2013 è stato presieduto dai membri della commissione CIVEX del CdR Lotta Håkansson Harju e Luc Van den Brande (ex presidente del CdR). Al seminario sul partenariato orientale sono intervenuti Dorin Chirtoaca, sindaco di Chişinău (Moldova), copresidente della CORLEAP, e Marek Woźniak, presidente della regione Wielkopolska (Polonia) e membro dell’Ufficio di presidenza della CORLEAP. Il ricevimento ufficiale che ha segnato il decimo anniversario degli OPEN DAYS, svoltosi al Centro per le belle arti (Bozar) di Bruxelles, è stato inaugurato dal presidente del CdR Valcárcel Siso e dal commissario per la Politica regionale Johannes Hahn. REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 15 Decima edizione degli OPEN DAYS L’ex presidente del CdR Albert Bore con l’artista francese Jean-Pierre Decombat. Per celebrare la decima edizione degli OPEN DAYS, gli organizzatori hanno invitato dieci artisti a illustrare la partecipazione e la cooperazione delle regioni e delle città europee in qualità di partner dell’evento dal 2003. Gli OPEN DAYS rappresentano anche un punto d’incontro dove i partecipanti possono scambiarsi opinioni e allacciare nuovi contatti per progetti innovativi. 16 Capitale europea della cultura 2013 Košice (Slovacchia) si prepara a essere nel 2013 una delle Capitali europee della cultura Nel settembre 2008 Košice è stata la prima città slovacca ad essere insignita del prestigioso titolo di Capitale europea della cultura. Essa sarà tale nel 2013, quando condividerà questo onore con la città francese di Marsiglia. Košice, situata al crocevia tra Ungheria, Polonia e Ucraina, è sempre stata più conosciuta per la sua importanza nei campi dell’industria pesante e strategico-militare che per le sue attività culturali. Ancora oggi il volto e l’anima di questa città slovacca sono fortemente segnati dalla sua lunga e complessa storia, dal retaggio austroungarico fino all’attuale realtà post-socialista, nonché dalla sua originale identità multiculturale e dalla sua ubicazione al confine orientale dell’Unione europea. L’obiettivo del progetto Capitale europea della cultura 2013 è sfruttare questa «posizione di frontiera» per iniziare a creare una «porta» ideale che, oltre che sull’Europa centrale e orientale, si apra anche sulle nuove dimensioni esistenziali e culturali delle nostre società. «Ritengo che il progetto Capitale europea della cultura sia importante non solo per Košice e la sua regione autonoma, ma anche per l’intera nazione slovacca e per i paesi vicini», ha dichiarato il sindaco della città, Richard Raši. Al centro della scelta di Košice come Capitale europea della cultura per il 2013 vi è il «Progetto interfaccia», basato su un programma artistico internazionale in grado di creare una piattaforma per una nuova cultura nello spazio cittadino. Prešov Žilina Trenčin Košice Banská Bystrica Trnava Bratislava Košice Bratislava Nitra Košice, nel quale convivono fianco a fianco, in maniera davvero unica, la facoltà delle arti e le facoltà tecniche. Lo sponsor principale del progetto è il gruppo metallurgico U.S. Steel Košice, il più grande produttore d’acciaio dell’Europa centrale. Il centro «Parco della cultura/Kasárne» dovrebbe anche fornire un appoggio alle piccole e medie imprese del settore creativo, oltre ad offrire spazi per attività educative di industrie creative, arte contemporanea e nuovi media. Ma vi è di più: tra i progetti da attuare per prepararsi a diventare Capitale della cultura 2013 figurano anche la riqualificazione e il ripristino di vari parchi cittadini. Quando la riqualificazione in programma sarà stata ultimata, il parco civico diverrà un attraente spazio pubblico per concerti, spettacoli teatrali, festival di arte di strada, mostre e altre manifestazioni culturali all’aperto. Una volta ristrutturato, il parco vedrà ricostruiti i suoi ponti e sarà dotato di illuminazione pubblica, un laghetto storico, una fontana e alcune piccole opere architettoniche. Il valore complessivo di questo progetto sfiora i 10 milioni di euro. «Si tratta «Ritengo che il progetto Capitale europea della cultura sia importante non solo per Košice e la sua regione autonoma, ma anche per l’intera nazione slovacca e per i paesi vicini», ha dichiarato il sindaco della città, Richard Raši. Trasformazione urbana In vista degli eventi da organizzare in quanto Capitale europea della cultura 2013, diverse aree di quella che, per numero di abitanti, è la seconda città slovacca, subiranno alcune trasformazioni. Le caserme dismesse (in slovacco «kasárne») saranno convertite nel «Parco della cultura», un centro culturale polifunzionale o, più precisamente, un’«interfaccia» intesa a offrire uno spazio in cui creare e presentare esempi del più alto livello della cultura e dell’arte contemporanee. Il nuovo centro costituirà un modello per le istituzioni culturali cittadine, nonché un nuovo spazio artistico e sociale per l’interazione tra i visitatori e le tendenze più avanzate nel campo dell’arte e più in generale della creatività. Nel complesso della Fiera cittadina verrà istituito il nuovo centro multimediale e interattivo della «Fabbrica creativa». Un progetto, questo, frutto della collaborazione fra tre istituzioni: l’Università P.J. Šafárik, l’Accademia slovacca delle scienze e il Politecnico di REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 17 Capitale europea della cultura 2013 di un investimento nella riqualificazione di aree di verde pubblico senza precedenti nella storia recente della nostra città», ha dichiarato il vicesindaco di Košice, Renáta Lenártová. Il progetto «Romarising.ke» I rom sono la seconda minoranza etnica in Slovacchia dopo gli ungheresi e vivono perlopiù nella parte orientale del paese. Una delle iniziative più interessanti nell’ambito dell’offerta di arte contemporanea e nuovi media è il progetto «Romarising. ke», che mira a presentare la comunità rom di Košice e dintorni come parte integrante della società, grazie a una mostra fotografica e a un ciclo di dibattiti con rappresentanti di spicco della comunità, nonché a farne conoscere la storia mediante una serie di pubblicazioni. Queste ultime serviranno non solo a migliorare i rapporti tra i rom e il resto della popolazione, ma anche a presentare al pubblico la comunità rom e a spiegare in che modo i suoi problemi vengono risolti dai comuni interessati. Il progetto consiste fra l’altro nell’esposizione di celebri opere del fotografo statunitense Chad Evans Wyatt. Durante una visita in Cecoslovacchia all’inizio degli anni novanta, Wyatt si rese conto di come fosse possibile ritrarre i rom in modo nuovo. All’epoca, infatti, i media e gli stessi artisti seguivano ancora il modello di Josef Koudelka, ma allontanandosi sempre più dalla visione e dai contenuti ispirati di quel grande artista: col tempo, gli emuli di Koudelka avevano finito col dare della vita dei rom un’immagine quasi teatrale, scadendo nei più vieti stereotipi. I rom che esercitavano professioni qualificate ed erano parte integrante della borghesia locale erano raramente raffigurati o descritti nella stampa, anche se la loro presenza era perfettamente visibile. Wyatt, allora, ha iniziato a scoprire e fotografare i rom che hanno raggiunto posizioni di prestigio e, grazie alle immagini di quasi un centinaio di queste persone, cercato di sfatare il pregiudizio secondo cui i rom sarebbero refrattari a ogni istruzione e irresponsabili, e costituirebbero insomma un «caso disperato». Il progetto «Romarising.ke» è il risultato di questo sforzo. I ritratti di Wyatt, realizzati in bianco e nero, sono semplici, diretti e rispettosi come non si era quasi mai visto prima. Wyatt si è ispirato alla filosofia delle opere realizzate da August Sander all’inizio del XX secolo: sforzarsi di ritrarre in modo semplice e onesto persone perlopiù sconosciute al pubblico. Nel suo insieme, la sua opera offre un buon motivo per essere ottimisti riguardo all’inclusione sociale dei rom e al pieno superamento di un passato tormentato. 18 Márai è per Košice ciò che Kafka è per Praga Un altro progetto cruciale per far conoscere il clima multiculturale dell’Europa orientale e la sua identità «di frontiera» consiste nel ristampare l’opera di Sándor Márai, scrittore nato a Košice la cui fama ha oltrepassato i confini del suo paese e dell’intero continente. Márai scrisse quarantasei libri, perlopiù romanzi, ed è considerato dalla critica letteraria uno dei più autorevoli esponenti della letteratura borghese tra le due guerre mondiali. Nel romanzo Le braci (1942), egli esprime una nostalgia per la società multietnica e multiculturale dell’impero austroungarico che ricorda quella espressa nelle opere di Joseph Roth, ma anche un profondo timore esistenziale segnato dall’ascesa del nazismo: «Decidi di leggere, ma è come se la pioggia cadesse sulle pagine, confondesse le parole: non riesci ad afferrarne il senso, ascolti il rumore della pioggia. Decidi di suonare il pianoforte, ma la pioggia siede al tuo fianco, ti fa da accompagnatrice. Poi arriva la siccità, uno scintillio vaporoso. Si fa presto a diventare vecchi» [S. Márai, Le braci, trad. it. a cura di Marinella D’Alessandro, Adelphi, Milano 1998]. Per permettere ai lettori di riscoprire questo autore, verrà ristampata una selezione delle sue opere in diciotto volumi. Flóra Ondová Reiter, responsabile di questo «progetto Márai», ha dichiarato che esso comprenderà anche una serie di itinerari culturali messi insieme con l’aiuto del Museo della letteratura «Sándor Petőfi» di Budapest. Gli itinerari — nove a Košice e sei a Budapest — condurranno i visitatori in luoghi significativi per la vita e l’opera di Márai. «Sono lieto del fatto che stiamo realizzando con successo diverse iniziative di cooperazione con i nostri vicini», ha commentato il sindaco di Košice. La cerimonia di apertura del mandato di Košice come Capitale europea della cultura è prevista per il 19 gennaio 2013. «Il mio auspicio è che questa occasione offra a tanti europei l’opportunità di scoprire la nostra città e la sua regione», ha concluso Richard Raši. Capitale europea della cultura 2013 Il presidente della EDUC, Rombouts, invita a porre l’accento su cultura e creatività «La Capitale europea della cultura è uno dei programmi UE dall’esito più positivo e dimostra l’enorme impatto che questo settore può avere sia sulla città stessa, sia sulla regione circostante»; queste le parole di Anton Rombouts (NL/PPE), presidente della commissione Istruzione, gioventù, cultura e ricerca (EDUC) del Comitato delle regioni. Nel suo parere sul futuro della Capitale europea della cultura, adottato a febbraio di quest’anno, il CdR ribadisce la necessità di proseguire il programma anche dopo il 2020. «Nel momento in cui viene presentata la candidatura a Capitale europea della cultura, la stretta cooperazione tra governo, economia e imprese è generatrice di crescita». «I settori culturali e creativi, dai quali dipendono fino al 4,5 % del PIL e fino a 8,5 milioni di lavoratori nell’UE, hanno dimostrato anche una relativa resistenza all’attuale recessione economica. Le regioni e le città devono continuare a investire se vogliono uscire dalla crisi», ha proseguito Anton Rombouts. La proposta di strategia «Valorizzare i settori culturali e creativi per favorire la crescita e l’occupazione nell’UE» mira a promuovere le condizioni adeguate per far prosperare i settori culturali e creativi. «Sosteniamo le iniziative volte a rafforzare la crescita e faremo in modo che gli enti locali e regionali partecipino alle decisioni», ha aggiunto il presidente della commissione EDUC. Rombouts ha inoltre sottolineato la promozione di partenariati più forti tra le diverse politiche e l’impatto sul bilancio UE all’interno delle proposte della Commissione. «È importante rammentare che la cultura e la creatività forniscono un importante contributo alla nostra economia. La politica di coesione dell’UE può sicuramente giocare un ruolo chiave in questo senso. Inoltre, con una proposta di bilancio pari a 1,8 miliardi di euro per il programma dell’UE “Europa creativa”, le regioni e le città possono contribuire al conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020». Oltre agli investimenti operati dall’Unione europea, il presidente ha invitato anche le città e le regioni a continuare a investire nella cultura nei prossimi anni, visti gli effetti che essa ha sulla crescita economica, la coesione sociale e la sicurezza. Anton Rombouts (NL/PPE), presidente della commissione EDUC del Comitato delle regioni Anton Rombouts (NL/PPE), presidente della commissione EDUC del Comitato delle regioni Concorso fotografico del gruppo PSE «Life 2.0 — Pronti a ricominciare» La quinta edizione del concorso fotografico del gruppo PSE, aperto ai cittadini europei dai 18 ai 108 anni e intitolato quest’anno «Life 2.0 — Pronti a ricominciare», si è conclusa il 29 novembre con l’assegnazione dei premi alle foto vincitrici nel corso della riunione del gruppo che ha preceduto la sessione plenaria del CdR. I fotografi dilettanti che hanno partecipato al concorso, ispirato al tema dell’Anno europeo 2012 dell’invecchiamento attivo e della solidarietà intergenerazionale, hanno inviato circa 350 fotografie con le quali hanno illustrato la loro visione degli anziani che partecipano alla vita sociale e sviluppano il loro potenziale. La giuria, presieduta dal membro del gruppo PSE Alain Hutchinson ha scelto tre foto che sono state premiate con brevi soggiorni in città europee e con materiale informatico. Seminario congiunto del PSE e della FEPS sulla pianificazione urbana sostenibile Il gruppo PSE del Comitato delle regioni ha organizzato il 21 novembre, in collaborazione con la Fondazione europea di studi progressisti (FEPS), l’ultimo pranzo-dibattito del 2012 dedicato al tema dello «Sviluppo urbano sostenibile». Uli Paetzel, sindaco di Herten (Germania), ha presentato il «Progetto di sviluppo urbano 2020» della sua città, REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 teso a combinare la rivitalizzazione industriale con la sostenibilità e l’attenuazione dei cambiamenti climatici. Al seminario è intervenuto anche l’esponente del PSE e membro del consiglio comunale di Næstved (Danimarca) Henning Jensen, che è stato relatore del CdR sui temi legati alla sostenibilità. 19 La tribuna dei relatori Il successo della nuova Agenda europea dei consumatori dipende dall’impegno di tutte le parti interessate Spyros Spyridon (EL/PPE), consigliere della regione Attica e relatore del CdR sull’Agenda europea dei consumatori La spesa per i consumi, pari al 56 % del PIL dell’UE, riflette l’enorme potere che hanno i consumatori di dare impulso all’economia europea. Soltanto consumatori emancipati e fiduciosi possono valorizzare appieno le potenzialità del mercato unico rafforzando l’innovazione e la crescita. Per tale motivo, la visione strategica della Commissione europea riguardo alla politica dei consumatori negli anni a venire intende massimizzare la partecipazione dei consumatori e accrescere la loro fiducia nel mercato. Imperniata su quattro obiettivi principali, l’Agenda europea dei consumatori intende creare un clima di fiducia: rafforzando la sicurezza dei consumatori, facendo opera di informazione, consolidando l’applicazione delle norme e assicurando meccanismi di ricorso nonché allineando i diritti dei consumatori e le politiche in tema di consumo ai cambiamenti intervenuti nella società e nell’economia. Essa presenta inoltre diverse azioni chiave da attuarsi entro il 2014. Il Comitato delle regioni accoglie con favore l’approccio globale adottato dalla Commissione europea nella sua comunicazione sull’Agenda europea dei consumatori. A mio avviso, tuttavia, nella proposta della Commissione sembra mancare la dimensione locale e regionale. Gli enti locali e regionali hanno certamente bisogno degli strumenti più appropriati per la difesa dei consumatori, nella misura delle loro competenze. Oltre ad essere loro stessi consumatori, tali enti sono infatti regolarmente chiamati a dare applicazione alla politica dei consumatori e a fare opera di informazione in materia. È il caso soprattutto delle regioni che presentano svantaggi geografici o demografici permanenti. Analogamente, i consumatori residenti nelle zone periferiche e scarsamente popolate incontrano difficoltà di accesso ai mercati, dispongono di una scelta limitata e non possono esercitare prontamente i loro diritti. Estremamente importanti sono anche le conseguenze della crisi economica sul comportamento dei consumatori. Poiché questi ultimi potrebbero preferire il prezzo alla qualità, le autorità pubbliche sono tenute a informarli dei loro diritti e a sincerarsi del rispetto delle norme in materia di sicurezza e garanzie, compreso, se necessario, il diritto di ricorso. D’altro canto, per offrire un servizio più efficace ai consumatori, anche i produttori e i dettaglianti devono essere tenuti adeguatamente informati riguardo ai loro obblighi. Io, da parte mia, ho sottolineato l’importanza, altresì, di educare tutti i cittadini ai loro diritti in quanto consumatori. Vorrei infine richiamare l’attenzione su uno strumento indispensabile nel mercato di oggi — Internet — e in particolare sulla sua sicurezza, specialmente per i soggetti più vulnerabili della società, ad esempio i giovani e le persone con difficoltà di accesso a Internet, come gli anziani e le popolazioni delle zone remote. Il successo della nuova Agenda europea dei consumatori dipende dall’impegno di tutte le parti interessate. I responsabili politici europei, nazionali, regionali e locali, i professionisti e le organizzazioni di consumatori devono tutti essere dotati degli strumenti necessari per collaborare in maniera efficace al rafforzamento delle conoscenze e della fiducia tra produttori e consumatori. Spyros Spyridon (EL/PPE), consigliere della regione Attica e relatore del CdR sull’Agenda europea dei consumatori Dobbiamo garantire che la legislazione europea tuteli adeguatamente i lavoratori distaccati sotto il profilo della sicurezza sociale e delle norme del lavoro Alain Hutchinson (BE/PSE), membro del Parlamento della regione Bruxelles-Capitale L’Unione europea deve rimediare alla mancanza di chiarezza ed eliminare gli ostacoli che nuocciono alla libera prestazione di servizi tutelando in modo più efficace i lavoratori distaccati, rafforzando la certezza giuridica e agevolando la ricerca di informazioni sulle condizioni di lavoro nello Stato membro in cui il lavoratore presta la propria opera. Il progetto di parere da me elaborato in merito alla proposta di direttiva della Commissione sul distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi verte principalmente sul problema posto dal numero crescente di lavoratori distaccati vittime di dumping sociale nell’UE, i quali spesso vengono assunti solo per essere distaccati. Occorre fare in modo che la legislazione europea tuteli adeguatamente questa categoria di lavoratori sotto il profilo della sicurezza sociale e delle norme del lavoro. Oltre a proporre una serie di emendamenti al testo della Commissione, il progetto di parere chiede a quest’ultima di affrontare nella nuova direttiva il problema dei lavoratori distaccati da paesi terzi, e la esorta ad inserirvi una clausola — detta «di non regresso» — per garantire che il recepimento della direttiva non comporti una riduzione del livello di tutela più elevato previsto dalla legislazione di singoli Stati membri. Quanto più i principi guida della direttiva saranno definiti con chia- 20 rezza e accuratezza, tanto più sarà possibile una corretta attuazione delle sue disposizioni a tutti i livelli di governo. Le regioni, in particolare quelle frontaliere, dovrebbero svolgere un ruolo più incisivo nel quadro della cooperazione tra autorità pubbliche di paesi diversi. Nel testo da me predisposto plaudo al fatto che la Commissione abbia deciso di ritirare la proposta di regolamento «Monti II», nella quale a mio giudizio — ma anche secondo ben 12 parlamenti nazionali — si poteva ravvisare una violazione del principio di sussidiarietà. Dal momento che il ritiro della proposta apre un vuoto giuridico nella legislazione dell’UE, è auspicabile la presentazione di una nuova proposta legislativa della Commissione in cui i diritti sociali fondamentali vengano considerati preminenti sulle libertà economiche. In sede di esame del parere durante la plenaria di novembre presenterò una nuova serie di emendamenti legislativi, insistendo in particolare sulla necessità di limitare il numero dei livelli di subappalto per i lavoratori distaccati. Alain Hutchinson (BE/PSE), membro del Parlamento della regione Bruxelles-Capitale La tribuna dei relatori Un più ampio margine decisionale per i comuni nella modernizzazione delle norme UE in materia di aiuti di Stato Nella comunicazione dell’8 maggio 2012 la Commissione ha presentato il suo piano di modernizzazione del diritto UE in materia di aiuti di Stato, con l’obiettivo di migliorare l’applicabilità delle procedure garantendo così una maggiore sicurezza giuridica. Inoltre, la Commissione si prefigge di concentrare l’applicazione delle norme sui casi più rilevanti. Nel mio parere chiedo innanzitutto che, nell’attuazione di questi condivisibili obiettivi, venga innalzata la soglia generale de minimis. Di conseguenza, anche la soglia de minimis per i servizi di interesse economico generale (SIEG) dovrebbe essere innalzata. A questo proposito va considerato che, di norma, i servizi di natura essenzialmente locale non producono alcun effetto sul mercato interno e dovrebbero quindi essere esonerati. Chiedo inoltre che vengano meglio concretizzate le diverse fattispecie, poiché le disposizioni degli articoli 106 e seguenti del trattato sul funzionamento dell’Unione europea sono spesso molto difficili da attuare, soprattutto per gli enti locali e regionali. E quindi, oltre al concetto di «impresa», è necessario definire in modo più dettagliato anche quello di «pregiudizio al commercio tra Stati membri». Ciò avrebbe come diretta conseguenza la riduzione dei procedimenti giudiziari e quindi un notevole alleggeri- mento del carico di lavoro, sia per il livello comunale sia per la stessa Commissione. Il regolamento generale di esenzione per categoria, come pure il regolamento di abilitazione del Consiglio, dovrebbe essere esteso anche a settori quali la sanità, il sociale, l’istruzione e la connessione a banda larga. Le attività in questi campi sono principalmente di natura non commerciale e quindi, in base agli obiettivi della Commissione, dovrebbero essere esonerate dall’obbligo di notifica. Infine, lo stesso principio dovrebbe valere per le misure di prevenzione delle malattie degli animali. Clemens Lindemann (DE/PSE), presidente del distretto di Saarpfalz La successiva verifica della compatibilità degli aiuti da parte degli Stati membri non dovrebbe richiedere alcuna nuova verifica da parte della Commissione finalizzata a un effettivo trasferimento di competenze. Inoltre, sono contrario all’inclusione, da parte della Commissione, di ulteriori criteri di qualità e di efficienza nella verifica. La scelta dell’impresa operativa dovrebbe spettare al soggetto che eroga l’aiuto, nel rispetto del principio dell’autonomia locale. Clemens Lindemann (DE/PSE), presidente del distretto di Saarpfalz Sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque Nessuno vorrebbe che le prossime generazioni si trovassero ad affrontare problemi o malattie dovuti all’inquinamento idrico. Tuttavia, sono sempre di più le sostanze chimiche, anche farmaceutiche, che vengono rilasciate nell’ambiente. Particolarmente preoccupante è il fatto che in molti luoghi non si sappia con certezza se l’ambiente acquatico contenga quantità significative di sostanze pericolose. Lo sviluppo dell’industria porta all’impiego di sostanze chimiche sempre nuove, che, se immesse nell’ambiente, possono deteriorare la qualità delle acque superficiali e risultare dannose anche per la salute umana. Tali sostanze non scompaiono né si dissolvono da sole nell’acqua, ma si accumulano nell’ambiente, provocando mutazioni genetiche nella flora e nella fauna acquatiche. L’elenco delle 33 sostanze attualmente definite «prioritarie» comprende un’ampia gamma di sostanze chimiche per uso industriale o agricolo (pesticidi) nonché di metalli o composti metallici. In seguito a una proposta della Commissione europea è stato avviato un lavoro tecnico di riesame dell’elenco, risalente al 2007, delle sostanze considerate «prioritarie» o «prioritarie pericolose» nel settore della politica delle acque; adesso la direttiva sulle sostanze prioritarie connesse con la qualità dell’acqua viene aggiornata aggiungendo all’elenco di controllo 15 nuove sostanze, tra cui sostanze chimiche industriali o utilizzate per biocidi, farmaci e pesticidi. La scelta di includere anche tali sostanze si fonda sulla dimostrazione scientifica che esse possono rappresentare un rischio notevole per la salute. Tra gli obiettivi ambientali della direttiva quadro in materia di acque figurano il conseguimento di un buono stato chimico ed ecologico per le acque sotterranee e di superficie, come pure la prevenzione di ogni ulteriore deterioramento dei corpi idrici. Il progetto di parere del Comitato delle regioni sul tema «Sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque» contiene tutta una serie di proposte formulate in funzione dei bisogni degli enti locali e regionali. Così, ad esempio, la REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 proposta della Commissione prevede che il monitoraggio delle sostanze inserite nell’elenco di controllo di cui al nuovo articolo 8 ter della direttiva 2008/105/CE debba iniziare molto rapidamente dopo l’iscrizione della sostanza da monitorare in tale elenco. Poiché, però, gli Stati membri non dispongono di informazioni sufficienti sui dettagli di questo futuro monitoraggio, appare assai difficile che in soli tre mesi possano predisporre un bilancio, garantire il finanziamento, commissionare i lavori, prelevare campioni e analizzarli secondo la metodologia appropriata. Il Comitato propone allora che il monitoraggio possa iniziare 12 mesi dopo l’iscrizione della sostanza nell’elenco di controllo. E formula poi anche altre proposte, ad esempio riguardo all’esigenza di informare i cittadini o di formare degli esperti nell’ambito degli enti locali e regionali, considerato che tali enti contribuiscono in misura fondamentale a conservare in buono stato l’ambiente acquatico. Urve Erikson (EE/AE), consigliere comunale di Tudulinna Non vi è dubbio che un monitoraggio più efficace comporterà spese supplementari per gli Stati membri; tuttavia, se si continua a rinviare la soluzione del problema della concentrazione di sostanze pericolose, in futuro la spesa per garantire la qualità delle acque sarà molto più elevata. La proposta è in linea con il punto 6.1.2 del piano d’azione ambientale adottato dall’Estonia, il cui obiettivo è far sì che le acque di superficie (comprese quelle costiere) e sotterranee siano di buona qualità e quelle che sono già di buona o di ottima qualità restino tali. L’inquinamento idrico è in larga misura un fenomeno transfrontaliero. Complessivamente, i bacini idrografici coprono il 60 % del territorio dell’UE. Dato che gli obiettivi delle misure proposte sono, per caratteristiche, portata ed effetti, tali da non poter essere realizzati nella misura necessaria dai singoli Stati membri e da essere meglio raggiungibili a livello europeo, la proposta della Commissione è conforme al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato UE. La proposta, inoltre, non va al di là di quanto è necessario per 21 La tribuna dei relatori conseguire tali obiettivi, risultando così conforme anche al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. Oltre a una protezione dell’ambiente acquatico più ampia, essa garantisce pari condizioni di concorrenza rispetto al passato, quando soltanto pochi Stati membri fissavano norme di qualità ambientale o tali disposizioni nazionali erano estremamente diverse tra loro. i paesi e le regioni che avranno profuso un forte impegno a favore della protezione dell’ambiente acquatico. Essi, infatti, dovranno sostenere spese inferiori per garantire un buon livello qualitativo dell’acqua rispetto a quelli in cui oggi non si fa abbastanza per raggiungerlo. In tutta l’UE le sostanze pericolose rappresentano un grave rischio per l’ambiente acquatico, cosicché in materia di protezione delle acque, e più in generale dell’ambiente, non deve essere fatta alcuna concessione. In un contesto globale in cui le risorse idriche sono sempre più scarse, in futuro a trovarsi in una situazione migliore saranno Urve Erikson (EE/AE), consigliere comunale di Tudulinna La Commissione europea accoglie con favore il parere sul tema «Il partenariato europeo per l’innovazione: produttività e sostenibilità dell’agricoltura» Anne Bliek-de Jong (NL/ALDE), relatrice del parere sul tema «Il partenariato europeo per l’innovazione: produttività e sostenibilità dell’agricoltura» Durante la tavola rotonda svoltasi il 1º ottobre scorso in occasione della riunione della commissione Risorse naturali (NAT), il rappresentante della Commissione europea ha annunciato una notizia importante: la Commissione intende reagire positivamente alla parte più significativa del parere. La Commissione assegnerà infatti al Comitato delle regioni un posto nel comitato direttivo ad alto livello del partenariato europeo per l’innovazione e uno nel gruppo Sherpa che avrà il compito di sostenere il comitato direttivo. Questa decisione consentirà alle regioni di esprimere pienamente il loro valore aggiunto. Cosa che del resto desiderano fare e che è nel loro interesse. Mi fa piacere che la Commissione faccia ciò che dice, il che è in linea con i requisiti che essa impone agli Stati membri che devono stipulare un contratto di partenariato con essa: l’attuazione delle politiche europee può avere successo soltanto se anche i soggetti regionali fanno proprie tali politiche. Le regioni, in realtà, possono già svolgere un ruolo attivo partecipando alla pianificazione e al finanziamento dei programmi nazionali di sviluppo rurale, contribuendo alla rete di sviluppo rurale e sostenendo la creazione di gruppi operativi nel proprio territorio. Ora però, grazie all’impegno della Commissione, le regioni potranno partecipare anche alla gestione del processo e collaborare strettamente con la rete del partenariato europeo per l’innovazione. Si tratta di un passo avanti importante. Il partenariato europeo per l’innovazione nell’agricoltura, come quelli relativi ad altri settori, mira a tradurre più rapidamente le innovazioni in realtà concreta. In questo contesto, l’obiettivo centrale è quello di produrre di più o in altro modo, ma con un minore utilizzo delle risorse naturali, quali l’acqua e l’energia, e con un minore impatto sul suolo e sull’ambiente. A tal fine è necessario che i decisori politici e i poteri pubblici, le imprese del settore agroalimentare e i centri di conoscenza collaborino più strettamente tra loro; il divario esistente tra la scienza, i bisogni della società e il rendimento economico è infatti eccessivo. Il partenariato europeo per l’innovazione facilita il processo e contribuisce ai suoi costi. Sul piano pratico, le risorse provengono dal secondo pilastro della politica agricola comune e dal fondo rurale; per quanto riguarda la ricerca, è prevista una dotazione di 4,1 miliardi di euro nel quadro del programma «Orizzonte 2020». Un buon esempio è rappresentato dal progetto «Dairyman», nel cui quadro i produttori di latte, i centri di conoscenza e i decisori politici di tutta Europa si scambiano know-how ed esperienze e hanno già messo a punto delle soluzioni in materia di gestione aziendale, benessere degli animali, impatto ambientale e comunicazione con il consumatore. Anne Bliek-de Jong (NL/ALDE), relatrice del parere sul tema «Il partenariato europeo per l’innovazione: produttività e sostenibilità dell’agricoltura» L’Europa deve premere l’acceleratore sulla strada della bioeconomia Rogier van der Sande (NL/ALDE), relatore del CdR sul tema «L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa» 22 L’Europa ha bisogno quindi di una tabella di marcia per la bioeconomia che lasci spazio anche alle iniziative regionali e locali. È con questo appello che van der Sande, membro della giunta provinciale dell’Olanda meridionale e relatore della commissione Istruzione, gioventù, cultura e ricerca (EDUC), ha presentato il suo progetto di parere sul tema della bioeconomia. Il progetto di parere dal titolo «L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa» è stato accolto favorevolmente da tutti i membri della commissione competente (EDUC) e adottato all’unanimità, seppure con qualche distinguo. La bioeconomia è un’economia nella quale i residui dell’industria agroalimentare e alcuni tipi di piante vengono utilizzati per applicazioni non alimentari. Un’economia, quindi, nella quale queste materie prime verdi (ossia biomassa) vengono utilizzate come materiali, sostanze chimiche, carburante da autotrazione e per la produzione di energia (elettricità e calore). Questa transizione da un’economia a base fossile dal punto di vista delle materie prime e dell’energia a un’economia basata sull’impiego di risorse biologiche costituisce una grande sfida. guendo una visione comune. Questo approccio potrà dare impulso all’economia e generare numerosi posti di lavoro. La cooperazione tra i soggetti coinvolti è ancora scarsa ed è lì che dobbiamo intervenire. L’Europa deve assumere un ruolo guida e soprattutto di coordinamento per ottimizzare l’offerta e la domanda di biomassa. Sono necessari un approvvigionamento sicuro di prodotti a base biologica sostenibili e di qualità e sistemi di produzione efficaci nell’impiego delle risorse. In questo quadro è importante tenere conto della dimensione regionale. Sulla base di colloqui con rappresentanti del mondo delle imprese, dell’industria e dei poteri pubblici, il relatore constata inoltre che l’Europa ha bisogno di una tabella di marcia. Visto che la Cina e gli Stati Uniti d’America sostengono attivamente le iniziative di mercato, l’Europa deve fare attenzione a non perdere il treno. Per tradurre le iniziative regionali in raggruppamenti di dimensioni mondiali capaci di preservare la competitività dell’Europa sono necessari anche la cooperazione transnazionale e la creazione di un contesto ottimale. Affinché il settore basato sull’impiego di risorse biologiche possa svilupparsi appieno è necessario che le imprese, i ricercatori e i poteri pubblici agiscano di conserva perse- Rogier van der Sande (NL/ALDE), relatore del CdR sul tema «L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa» La tribuna dei relatori Pierre Maille prende le difese del nuovo fondo europeo per la pesca Pierre Maille (FR/PSE), presidente del consiglio generale del dipartimento di Finistère, è il relatore del parere del Comitato delle regioni sulla proposta della Commissione europea di creare un nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). Il parere è stato adottato nella sessione plenaria del Comitato del 9 e 10 ottobre. Pierre Maille ci parla delle principali questioni sul tappeto. Il nuovo fondo è volto a sostenere gli obiettivi ambientali, economici e sociali della politica comune della pesca (PCP). Secondo lei, quali sono le misure che vanno nella giusta direzione? Innanzitutto bisogna apprezzare la volontà della Commissione europea di mantenere una politica comune della pesca ambiziosa, con uno strumento finanziario rinnovato che adesso abbraccia anche la politica marittima integrata. Mi sembrano particolarmente importanti le misure che permettono ai pescatori di partecipare alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini, oltre che ai dispositivi che contribuiscono alla lotta contro il riscaldamento climatico e l’inquinamento. quelli della politica di coesione. Inoltre deploro la soppressione totale delle misure di adeguamento della flotta, dal momento che il rispetto dei nuovi obiettivi della PCP, in particolare il conseguimento progressivo del rendimento massimo sostenibile, comporterà necessariamente dei disarmi o il finanziamento di fermi temporanei. Per alcuni Stati membri dell’Unione e per qualche loro regione, la pesca rappresenta un settore molto sensibile. Secondo lei, quali sono gli ostacoli principali? Le difficoltà riguardano principalmente l’obbligo, imposto a ciascuno Stato membro di introdurre concessioni di pesca trasferibili, il divieto immediato dei rigetti in mare e il raggiungimento del rendimento massimo sostenibile già dal 2015. Il relatore del CdR sulla riforma della politica comune della pesca, Mieczysław Struk, ha chiesto una maggiore regionalizzazione di questa politica. Lei ritiene che il pacchetto di misure proposte dalla Commissione dia troppo poca considerazione agli enti locali e regionali? Le regioni hanno un ruolo da svolgere nel quadro della nuova riforma della PCP, al pari dei consigli consultivi regionali. È opportuno che la Commissione europea e gli Stati membri lascino più spazio a questi organismi. Quali sono invece le misure previste dal nuovo dispositivo che, secondo lei, andrebbero migliorate? Il sostegno finanziario previsto è sufficiente per assicurare il passaggio a una pesca sostenibile e per aiutare i pescatori ad affrontare le conseguenze finanziarie della riforma? Come presidente del dipartimento di Finistère sulla costa atlantica francese, lei è molto impegnato nella conservazione e valorizzazione del tessuto portuale e costiero. Ritiene che il nuovo fondo, così come è proposto, sia in grado di contribuire al raggiungimento di questo obiettivo? Propongo di respingere le misure tese a mettere in rapporto gli interventi della politica di coesione a favore di una regione con il rispetto del patto di stabilità e crescita da parte dello Stato a cui quella regione appartiene: la condizionalità macroeconomica risponde a obiettivi diversi da Gli enti locali vogliono preservare la pesca costiera delle nostre regioni e c’è una forte esigenza di manutenzione e ammodernamento delle infrastrutture portuali. Spero che la dotazione del fondo e il relativo regolamento permetteranno di far fronte a questa esigenza. Il Fondo europeo per la pesca (FEP) fornisce finanziamenti all’industria della pesca e alle comunità costiere per aiutarle a adattarsi ai cambiamenti del settore e a diventare più resistenti economicamente e più sostenibili ecologicamente. Il FEP ha a disposizione un bilancio di 4,3 miliardi di euro per il 2007-2013. I finanziamenti possono essere concessi a tutti i settori dell’industria: pesca marittima e interna, acquacoltura (ossia l’allevamento di pesce, molluschi e crostacei e REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 Pierre Maille (FR/PSE), presidente del consiglio generale del dipartimento di Finistère piante acquatiche) e lavorazione e commercializzazione dei prodotti della pesca. Un’attenzione particolare è riservata alle comunità di pescatori più colpite dai recenti cambiamenti del settore. I progetti sono finanziati in base a piani strategici e programmi operativi definiti dalle autorità nazionali. Il nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) contribuirà a realizzare gli ambiziosi obiettivi della riforma della politica della pesca europea e aiuterà i pescatori a riconvertirsi alla pesca sostenibile e le comunità costiere a diversificare le rispettive economie. Il fondo finanzierà progetti che creano nuovi posti di lavoro e migliorano la qualità della vita lungo le coste europee. Esso sostituirà l’attuale Fondo europeo per la pesca e una serie di altri strumenti. La dotazione finanziaria proposta ammonta a 6,5 miliardi di euro per il periodo 2014-2020. Per saperne di più: http://ec.europa.eu/fisheries 23 Notizie brevi e immagini La CORLEAP chiede un reale decentramento e l’autonomia finanziaria delle città e delle regioni nei paesi del partenariato orientale Su invito di Dorin Chirtoacă, sindaco di Chişinău (Moldova) e copresidente della CORLEAP, si è svolta la seconda riunione annuale della conferenza. Per la prima volta dalla creazione di questa piattaforma, la CORLEAP si è riunita fuori dall’Unione europea, in un paese del partenariato orientale. La riunione si è aperta alla presenza di Kristalina Georgieva, commissaria europea per la Cooperazione internazionale, e di Ramón Luis Valcárcel Siso, presidente del CdR e copresidente della CORLEAP. 24 Lo scorso 18 settembre, alcuni sindaci e responsabili politici regionali dell’UE e dei paesi vicini dell’Est europeo hanno preso parte alla seconda riunione annuale della conferenza degli enti regionali e locali del partenariato orientale (CORLEAP), svoltasi a Chişinău (Moldova) alla presenza di Kristalina Georgieva, commissario europeo responsabile della Cooperazione internazionale, degli aiuti umanitari e della risposta alle crisi. I membri della CORLEAP hanno deciso la futura strategia da seguire, le cui linee d’azione prioritarie sono la riforma della pubblica amministrazione, il decentramento in materia di bilancio e la cooperazione regionale. Quella del 18 settembre è stata la seconda riunione della CORLEAP, organizzata su invito di Dorin Chirtoacă, sindaco di Chişinău e co-presidente della conferenza. Per la prima volta dalla creazione di questa piattaforma, la CORLEAP si è riunita in uno dei paesi del partenariato orientale non appartenente all’UE. Nel corso della riunione, i membri hanno potuto discutere il contributo delle città e delle regioni allo sviluppo del partenariato orientale dell’UE ed esaminare le sfide in corso, in particolare lo stato attuale del processo di decentramento, senza tuttavia trascurare la questione essenziale relativa al decentramento in materia di bilancio. Nel suo discorso introduttivo, Ramón Luis Valcárcel Siso, presidente del CdR e co-presidente della CORLEAP, ha sottolineato che una maggiore autonomia politica e finanziaria degli enti regionali e locali è un fattore importante per il corretto funzionamento della governance multilivello. La CORLEAP dovrebbe rappresentare uno strumento comune per la realizzazione di questo obiettivo. L’esigenza di un decentramento in materia di bilancio dei paesi del partenariato orientale deve essere adeguatamente presa in considerazione, dato che un’autonomia finanziaria insufficiente potrebbe impedire alle città e alle regioni di questi paesi di sfruttare appieno le loro potenzialità. «Dovremmo inoltre essere in grado di creare delle possibilità di finanziamento per migliorare l’efficienza delle amministrazioni regionali e locali nei paesi vicini dell’Est», ha dichiarato il presidente del CdR. «Per questo motivo siamo favorevoli ad un accesso diretto alle risorse previste a titolo degli strumenti europei per il finanziamento della politica del partenariato orientale». Nell’illustrare lo stato di avanzamento del partenariato orientale dell’UE, Kristalina Georgieva, commissario europeo per la Cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi, ha affermato che l’Unione nutre un profondo interesse per il partenariato orientale e ha sostenuto che un aspetto ancor più importante di detto partenariato è costituito dalla sua dimensione regionale. A suo avviso, gli enti territoriali rappresentano il canale di trasmissione più Notizie brevi e immagini adeguato per le esigenze e le aspettative dei cittadini. La CORLEAP è un forum caratterizzato da una grande diversità, ricco di esperienza e concentrato su azioni e risultati concreti. I suoi membri sono tra i soggetti più indicati per far sì che il partenariato orientale sia all’altezza delle sue potenzialità. Intervenendo anch’egli nel corso della sessione inaugurale, Dorin Chirtoacă ha fortemente insistito sulla necessità di portare a buon fine il decentramento amministrativo e finanziario e di poter disporre di un accesso diretto ai fondi europei. «Gli strumenti esistenti non bastano a garantire una partecipazione effettiva dei paesi del partenariato orientale, e soprattutto degli enti locali, al processo d’integrazione europea. È nostra intenzione proporre un approccio che dia alla CORLEAP i mezzi adeguati per promuovere la democrazia locale, la conformità alle norme europee e il ravvicinamento dei nostri paesi partner dell’UE». Il vice primo ministro della Moldova Mihai Moldovanu ha fatto riferimento all’adozione di una strategia nazionale per il decentramento e ha affermato che il governo è ben deciso ad attuare un processo di decentramento efficace facendo al tempo stesso in modo che gli enti territoriali dispongano di fonti di finanziamento proprie. L’ufficio di presidenza della CORLEAP, che si è riunito prima della conferenza, ha definito tre grandi priorità, ossia: la riforma della pubblica amministrazione, il decentramento in materia di bilancio e la cooperazione territoriale. Tali priorità formeranno oggetto di una relazione che sarà presentata nel corso della prossima riunione della CORLEAP, che dovrebbe svolgersi in Lituania, paese che presiederà l’Unione europea nel secondo semestre del 2013. La riunione del 2013 rappresenta una tappa importante nello sforzo volto a conferire una dimensione locale e regionale al partenariato orientale e a garantire il sostegno e l’attenzione da parte dei decisori politici nella prospettiva del terzo vertice dei capi di Stato o di governo del partenariato orientale, che si terrà a Vilnius nel novembre 2013. La CORLEAP ha inoltre adottato una serie di conclusioni nelle quali i suoi membri reclamano una maggiore autonomia politica e finanziaria degli enti territoriali e si impegnano a seguire da vicino gli sforzi di decentramento e di deconcentramento nei paesi del partenariato orientale. La CORLEAP intende inoltre contribuire alla formazione dei poteri locali e regionali dei paesi partner al fine di potenziare le capacità a livello locale. Propone infine che agli enti territoriali dei paesi del partenariato orientale venga dato accesso diretto agli adeguati strumenti finanziari (europei e nazionali), e chiede di limitare o addirittura di eliminare le esigenze in materia di co-finanziamento imposte agli enti locali nel quadro dei programmi di aiuti dell’UE. La CORLEAP, creata nel 2011 dal Comitato delle regioni per introdurre una dimensione regionale e locale nel partenariato orientale dell’UE, riunisce 36 responsabili politici regionali e locali, per metà provenienti dai sei paesi del partenariato orientale (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina) e per l’altra metà membri del CdR. Tramite il coinvolgimento dei livelli di governo locale e regionale nella realizzazione del partenariato orientale dell’UE, il CdR persegue due obiettivi: contribuire al rafforzamento dell’autonomia locale e regionale nei paesi partner e avvicinare il partenariato orientale ai cittadini. La cooperazione tra l’Unione europea e i partner dell’Europa orientale — Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina — è un tassello importante delle relazioni esterne dell’UE. Quanto più elevato è il grado di avvicinamento dei partner orientali all’Unione, tanto maggiori sono le opportunità di rinsaldare i legami politici, economici e culturali con l’Unione europea e tra loro stessi. REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 25 Notizie brevi e immagini L’UE riceve il premio Nobel per la pace «L’Unione e i suoi precursori hanno dato per oltre sessant’anni un contributo a favore della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa», si legge nella motivazione del comitato per il premio Nobel del 12 ottobre scorso. Il comitato ha riconosciuto che l’UE attraversa oggi una fase tormentata, dal momento che le carenze dell’euro sul piano economico hanno precipitato l’intero continente nella più grave recessione degli ultimi 80 anni. Tuttavia, esso «ha voluto dare un riconoscimento al significativo impulso esercitato dal progetto europeo in favore della pace e della democrazia non solo in Europa ma in tutto il mondo. Dobbiamo ricordare che i principi fondatori dell’Unione europea sono la libertà, la lotta all’esclusione sociale, la promozione della giustizia, il rispetto della dignità e dei diritti umani e il rafforzamento della coesione», ha dichiarato il presidente del CdR Ramón Luis Valcárcel Siso. Questi principi fondamentali sono importanti oggi proprio come sessant’anni fa e formano parte integrante di una coscienza europea diffusa in ogni settore della società. In origine frutto di un conflitto, questi principi guida sono ora ben saldi e costituiscono le fondamenta della memoria e del patrimonio collettivi di noi europei: sono i valori condivisi da migliaia di enti locali e regionali, valori che contribuiscono a tracciare un cammino comune verso una maggiore coesione economica, sociale e territoriale. «Prima di ogni altra cosa, il Nobel per la pace conferisce alle istituzioni europee una responsabilità ancora maggiore. Abbiamo il dovere di continuare a lavorare insieme per evitare i conflitti tra paesi e tra continenti, e per favorire la cooperazione al di là delle frontiere tra regioni, città e comunità locali, sia dentro che fuori dall’UE. Dobbiamo inoltre proseguire i nostri sforzi per promuovere la pace e la democrazia difendendo lo stato di diritto a ogni livello di governo. La via europea consiste nel favorire la pace e lo sviluppo, una via praticabile grazie alla partecipazione di milioni di cittadini e alla stretta collaborazione di centinaia di rappresentanti locali e regionali democraticamente eletti, che giorno dopo giorno costruiscono nuovi ponti tra i popoli, le economie e le culture. Oggi noi europei possiamo essere orgogliosi di far parte di un progetto politico che rappresenta un punto di riferimento per quanti operano a favore della pace in tutto il mondo», ha concluso Valcárcel Siso. La disoccupazione giovanile al centro di una conferenza del CdR su Europa 2020 Il Comitato delle regioni (CdR) sta organizzando per il 13 dicembre una conferenza sulla strategia Europa 2020 dedicata al tema «Youth on the Move» (Gioventù in movimento). Si tratta della prima di una serie di sette conferenze sulle iniziative faro della strategia UE con le quali il CdR si fa promotore di una valutazione «dal basso» di tutte queste iniziative faro. La conferenza su «Youth on the Move» è organizzata il collaborazione con le direzioni generali Occupazione, affari sociali e inclusione e Istruzione e cultura della Commissione europea e con le associazioni europee degli enti locali e regionali, i quali sono in prima linea nell’affrontare la sfida della disoccupazione giovanile nell’Unione europea. La conferenza offrirà una vetrina per le buone pratiche in fatto di lotta alla disoccupazione giovanile e fungerà da piattaforma per la preparazione del contributo del CdR alla valutazione intermedia della strategia Europa 2020. Come ha affermato il presidente del CdR Ramón Luis Valcárcel Siso, «puntiamo a un mercato del lavoro inclusivo, perché i nostri giovani devono poter credere in una prospettiva per il futuro e nella possibilità concreta di un lavoro». Nell’UE, dall’inizio della crisi a questa parte la disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni è aumentata del 50 %, passando da una media del 15 % nel febbraio 2008 al 22,5 % nel luglio di quest’anno. Stando alle ultime cifre, pubblicate da Eurostat nel settembre 2012, i tassi più elevati si registrano in Grecia (53,8 %) e in Spagna (52,9 %). Nell’insieme dell’UE più del 30 % dei giovani disoccupati è senza lavoro da più di un anno. All’orizzonte, però, si intravedono segnali di speranza: la relazione UE sulla gioventù 2012 constata che quasi tutti gli Stati membri stanno attuando la strategia UE per la gioventù, volta a creare maggiori e migliori opportunità per i giovani e a promuovere la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e la solidarietà. Dalla precedente relazione, pubblicata nel 2009, gli Stati membri hanno rafforzato le iniziative per l’istruzione, l’occupazione e l’imprenditorialità rivolte a questa fascia della popolazione. I livelli di partecipazione dei giovani alle associazioni e ai movimenti sociali rimangono elevati. «Erasmus per tutti», il neoproposto programma per l’istruzione, la formazione e la gioventù per il periodo 2014-2020, sarà al centro della nuova strategia UE per la gioventù. Esso prevede un aumento significativo dei finanziamenti, che consentirà fino a 5 milioni di persone di ricevere borse UE per studiare, seguire una formazione o fare volontariato all’estero: un numero di beneficiari quasi doppio rispetto a quelli dei programmi attuali, relativi al periodo 2007-2013. 26 A voi la parola Cooperazione decentrata nel quadro del progetto «Global Curriculum» È con grande interesse che abbiamo letto l’articolo sulla cooperazione decentrata tra Belgio e Marocco pubblicato nell’ultimo numero di Regioni e città d’Europa. A questo proposito vorremmo condividere anche la nostra esperienza, maturata nell’ambito del progetto dell’Agenzia per lo sviluppo e l’aiuto umanitario della regione di Olomouc (ARPOK) nella Repubblica ceca. L’ARPOK partecipa al progetto internazionale triennale (2010-2012) «Global Curriculum», nel cui ambito docenti di cinque paesi — Austria, Benin, Brasile, Regno Unito e Repubblica ceca — collaborano per inserire tematiche globali nei programmi di insegnamento. Vi partecipano docenti di materie molto diverse, dalla matematica alla geografia fino all’educazione musicale e all’educazione civica. Nel complesso, hanno partecipato al progetto 40 scuole e oltre 200 insegnanti. Il progetto «Global Curriculum» è realizzato con il finanziamento dell’Unione europea, con fondi dell’Agenzia ceca per lo sviluppo e del ministero degli Esteri della Repubblica ceca nel quadro del programma di cooperazione internazionale allo sviluppo della Repubblica ceca e della regione di Olomouc. L’educazione allo sviluppo globale è un processo di apprendimento permanente che aiuta a capire le differenze e le analogie tra le vite delle persone nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo, e facilita la comprensione dei processi economici, sociali, politici, ambientali e culturali che le influenzano. Tale processo sviluppa le competenze e promuove la creazione di valori e di idee, facendo sì che gli individui abbiano la capacità e la volontà di partecipare attivamente alla soluzione dei problemi locali e globali. L’educazione allo sviluppo globale mira all’assunzione di responsabilità per la creazione di un mondo in cui tutti abbiano la possibilità di vivere una vita dignitosa. Una delle attività, rivolta all’obiettivo di sostenere tale processo nelle REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012 scuole, sono stati i viaggi di studio nel Regno Unito e in Benin compiuti da docenti di tutte le scuole partecipanti. Il viaggio di studio nel Regno Unito ha avuto luogo nell’autunno del 2010 e quello in Benin nell’autunno 2011. Gli insegnanti hanno avuto la possibilità di farsi un’idea dei metodi pedagogici impiegati nel paese di accoglienza, di familiarizzarsi — nel caso del Benin — con i progetti di sviluppo, di condividere materiali didattici e, infine, di discutere delle realtà dei rispettivi paesi. Jiří Vymětal, della scuola elementare di Horka nad Moravou (Repubblica ceca), uno degli insegnanti che hanno partecipato al progetto, ha dichiarato: «Dalla visita di tre scuole del Benin ho ricavato un’impressione molto positiva, e sono lieto di aver avuto la possibilità di assistere alle lezioni come osservatore e anche di partecipare in modo più attivo. A seguito di quest’esperienza siamo tutti fortemente motivati ad impegnarci ulteriormente, se possibile nel quadro di una cooperazione internazionale». Tuttavia, la cooperazione internazionale non finisce qui. Nell’ultimo anno del progetto gli insegnanti hanno scelto le migliori attività tra quelle sviluppate nel corso dei tre anni, che vengono descritte in un manuale, appena pubblicato, dal titolo Inserimento di tematiche globali nell’insegnamento. Esso illustra il processo triennale di lavoro con le scuole, analizza i programmi di insegnamento dal punto di vista della possibilità di inserirvi l’educazione allo sviluppo globale e non tralascia neppure le attività pedagogiche menzionate più sopra. Da questo manuale, pubblicato in cinque lingue (ceco, francese, inglese, portoghese e tedesco), anche altri insegnanti, non solo in Europa, possono trarre ispirazione per inserire tematiche globali nei loro programmi. Kristýna Tillová, coordinatrice del progetto «Global Curriculum» www.globalcurriculum.net I docenti si cimentano con l’insegnamento del tedesco in una scuola superiore statale femminile di Porto-Novo (Benin). «Considero la visita alle scuole del Benin l’esperienza più significativa della mia vita professionale. È stato straordinario assistere al lavoro degli insegnanti beniniani e conoscere il sistema scolastico di tale paese, per tanti aspetti così diverso da quello ceco e quindi da quello europeo», ha dichiaratoSoňa Schaffnerová, del Liceo slavo (Slovanské gymnázium) di Olomouc. 27 EuroPCom 2012 Regioni e comuni d’Europa n. 80 Direttore: Laurent Thieule, direzione Comunicazione, stampa ed eventi Capo unità: Serafino Nardi, unità Stampa, comunicazione interna ed esterna Caporedattore: Branislav Stanicek Foto: Archivi del Comitato delle regioni Terza conferenza europea sulla comunicazione pubblica (EuroPCom) Si è svolta a Bruxelles, il 17 e 18 ottobre, la terza edizione di EuroPCom, conferenza europea sulla comunicazione pubblica, cui hanno partecipato oltre 700 responsabili della comunicazione e alti funzionari della pubblica amministrazione a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. All’ordine del giorno dei dibattiti erano le grandi sfide della comunicazione, come la fiducia dei cittadini nell’Europa, la comunicazione elettronica e i media sociali e il dialogo con i giovani, gli anziani e le minoranze etniche. EuroPCom 2012 è stata organizzata dal Comitato delle regioni in collaborazione con il Parlamento europeo, il Consiglio dell’UE, la presidenza cipriota e la Commissione europea. Progetto grafico: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (Lussemburgo) Comitato delle regioni, direzione Comunicazione, stampa ed eventi rue Belliard/Belliardstraat 99-101 1040 Bruxelles/Brussel BELGIQUE/BELGIË Tel. +32 22822211 Fax +32 22822085 Internet: http://www.cor.europa.eu Regioni e comuni d’Europa è una newsletter del CdR edita dalla direzione Comunicazione, stampa ed eventi. Il contenuto della presente newsletter non rispecchia necessariamente le opinioni e i punti di vista delle istituzioni dell’Unione europea. Né le istituzioni né gli organi dell’Unione europea, né chiunque agisca a loro nome potranno essere considerati responsabili di un eventuale uso improprio delle informazioni qui contenute. Disponibile in sei lingue. Disponibile anche online in formato PDF sul sito: http://www.cor.europa.eu > Stampa > Regioni e comuni d’Europa © Unione europea, 2012 Printed in Belgium @EU_CoR La conferenza è stata inaugurata da Mercedes Bresso, prima vicepresidente del CdR, e Anni Podimata, vicepresidente del Parlamento europeo, insieme ad Andreas Mavroyiannis, viceministro degli Affari europei del governo cipriota, Gregory Paulger, direttore generale della DG Comunicazione della Commissione europea, Christian Blumelhuber, titolare della cattedra «InBev Baillet Latour» di Euromarketing presso la Solvay Brussels School of Economics and Management, Graham Meadows, già direttore generale della DG Politica regionale della Commissione europea, e Leendert de Voogd, direttore generale di TNS Political & Social. La sessione plenaria di apertura ha trattato il tema dell’attuale crisi di sfiducia dei cittadini europei nei confronti dell’Unione europea e, più in generale, della politica e delle autorità pubbliche a tutti i livelli di governo. Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione europea responsabile dell’Agenda digitale, ha invece concluso i lavori della conferenza con un intervento sul tema della democrazia digitale incentrato su come gli strumenti di tecnologia dell’informazione e della comunicazione (TIC) possono cambiare il rapporto tra i cittadini e i governi. «Gli strumenti digitali portano enormi benefici per la nostra economia, la nostra società e la nostra democrazia, ma questa trasformazione non si farà da sola: saremo in grado di trarne tutti i benefici soltanto se realizzeremo gli investimenti necessari, sul piano politico come su quello finanziario. Soltanto garantendo connessioni rapide a banda larga per tutti potremo sfruttare appieno queste opportunità. Solo allora potremo costruire un continente connesso e competitivo: una e-UE», ha concluso la vicepresidente Kroes. Nel corso della sessione conclusiva, moderata da Christophe Rouillon, sindaco di Coulaines (Francia) e membro del Comitato delle regioni, i partecipanti hanno assistito inoltre alle presentazioni di John Bell, direttore generale di Social@Ogilvy, e di Reijo Kemppinen, direttore generale per la Comunicazione e la trasparenza del Consiglio dell’UE. QG-AA-12-080-IT-C Le vostre reazioni/i vostri commenti: [email protected]