Densità e pressione idrostatica

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Densità e pressione idrostatica
1. DENSITÀ
Per il nostro studio assumeremo che valga la semplice schematizzazione secondo cui gran parte
delle sostanze può assumere tre differenti stati di aggregazione (o fasi): la fase solida, nella quale esse hanno
una forma ed un volume proprio, la fase liquida, nella quale hanno un volume proprio ma assumono la forma
del recipiente, e la fase aeriforme, nella quale le sostanze, se disposte in un contenitore ove sia stato fatto il
vuoto, tendono ad occupare integralmente lo spazio disponibile assumendo la forma ed il volume del
contenitore. Le sostanze che si trovano negli stati di aggregazione liquida ed aeriforme si dicono fluidi.
SOLIDA
Aventi forma e volume propri
LIQUIDA
Avente solo volume proprio,
assume la forma del contenitore
FASI DELLE
SOSTANZE PURE
AERIFORME
né forma né volume propri, si
espande fino ad occupare tutto
lo spazio disponibile
FLUIDI
Questa schematizzazione è di guida all’intuizione, ma non ha un carattere assoluto: vi sono anche
solidi che possono assumere la forma del contenitore (si pensi ad un sale che sia pressato entro un vaso fino
compattarsi assumendone la forma) e vi sono liquidi che in certe condizioni hanno una forma propria (ad
esempio l’acqua od il mercurio si dividono in goccioline ellissoidali, che diverrebbero sferiche in assenza di
gravità).
Dato che, per individuare la massa di un fluido, è indispensabile far riferimento al volume V occupato, è
pratico servirsi di una grandezza che esprima la massa di un’unità di volume. Conviene quindi definire la
densità di una sostanza, come rapporto fra la massa m di un certo quantitativo ed il volume V che esso
occupa. Indicando con la lettera greca ρ (rho) questo rapporto, si ha:
ρ=
m
V
 Kg/m 3 


da cui
m = ρV
Qualsiasi rapporto può essere letto come il quantitativo del numeratore associabile ad una unità del
denominatore: ad esempio se acquisto 3 Kg di mele per 5 euro, il numero 5 3 è il prezzo di un chilo di
mele, cioè quanto del numeratore (gli euro) è associato ad un’unità del denominatore (un chilo).
Analogamente il rapporto 3 5 è quanto del numeratore (i chili di mele) si associa ad un’unità del
denominatore (un euro), vale a dire quanti chili di mele si comprano con un euro1. Quindi la densità
rappresenta la massa di un metro cubo di sostanza, ed in modo simile si potrebbe definire il volume
specifico V m come volume (al numeratore) occupato da un chilo di sostanza (associato ad una unità del
denominatore).
1
Un famoso quesito ipotizza che un anello attorno all’equatore, perfettamente aderente al terreno, venga allargato di un
metro. Il problema è calcolare quanto spazio si crea fra la superficie terrestre e l’anello. La risposta è immediata se si
legge nel modo suggerito sopra il rapporto π =
perimetro
diametro
: ad ogni pezzo lungo 3.14 m sulla circonferenza
corrisponde un tratto di 1 m sul diametro. Quindi allungando di un metro la circonferenza il diametro cresce di
1
= 0.32 m e pertanto fra anello e superficie si crea uno spazio di circa 16 cm . Il risultato non cambia se invece
3.14
della terra si considera un oggetto molto più piccolo come un arancia.
1
A titolo di esempio abbiamo:
ρacqua = 1000 Kg/m 3
ρaria = 1.29 Kg/m 3 (livello del mare)
Calcoliamo ad esempio la massa di aria contenuta in un frigorifero di dimensioni 1.0 m × 0.60 m × 0.70 m :
(
)(
)
m = 1.29 Kg/ m 3 0.42 m 3 = 0.54 Kg
la densità si estende naturalmente anche alle fasi solide, ad esempio ρoro = 19300 Kg/m 3 .
2. LA PRESSIONE IDROSTATICA
Poniamo su di un tavolo un blocco avente la forma di un
parallelepipedo con tre facce differenti: sappiamo che l’equilibrio
richiede che il piano d’appoggio eserciti una forza verso l’alto, uguale
e contraria alla gravità. Anche se è comodo riferirsi alla gravità come
ad un’unica forza, applicata nel baricentro dell’oggetto, essa è il
risultato dell’azione combinata delle attrazioni che la Terra esercita su
ciascuna delle particelle costituenti il blocco. Analogamente, anche la
forza normale che proviene dal tavolo è un modo conveniente di
rappresentare la somma delle spinte elementari che il piano esercita
mg
sulle piccolissime porzioni in cui possiamo immaginare suddivisa
l’intera superficie di contatto. Indipendentemente da quale sia la
faccia che poggia, la somma delle spinte elementari deve comunque
eguagliare il peso mg del blocco, e quindi la forza complessiva
proveniente dal piano d’appoggio si può distribuire, a seconda dei casi, su di un’area più o meno estesa. Se
quindi dividiamo la forza totale mg per l’area A della faccia otteniamo valori assai differenti della forza
per unità di superficie, il maggiore dei quali sarà relativo alla faccia più piccola.
E’ necessario introdurre una grandezza fisica nuova, anche se già disponiamo della forza?
Quando si esercita su di un’area A una forza F , definiamo pressione il rapporto fra l’intensità Fn della
componente di forza normale alla superficie e l’estensione della superficie stessa:
P=
Fn
A
 N/m 2 


Ricordando che un rapporto può essere letto come il quantitativo del numeratore associabile ad una unità del
denominatore, la pressione rappresenta quanta forza normale è esercitata su di un metro quadrato di
superficie. La pressione è una grandezza fisica che contiene informazioni differenti rispetto a quelle fornite
dalla forza: sul parallelepipedo poggiato alternativamente sulla base larga o su quella più stretta agisce la
medesima forza normale, ma una pressione differente. Se ponessimo una striscia di gomma sotto al blocco,
questa si assottiglierebbe molto di più sotto alla faccia stretta che non sotto alla faccia larga, nonostante la
forza complessiva sia la stessa. Per motivi analoghi si foggiano a punta gli oggetti che devono penetrare,
come spilli, chiodi e viti, così che la forza esercitata si concentri su di una superficie molto piccola,
producendo pressioni elevate. L’unità di misura della pressione, che ha le dimensioni di N/m 2 , ha un nome
proprio nel Sistema Internazionale, il Pascal Pa .
2
La pressione è esercitata dal blocco o dal piano?
A norma del terzo principio della dinamica, il blocco esercita sul piano una forza
uguale e contraria a quella che il piano esercita sul blocco, che, come abbiamo visto,
deve essere pari al peso mg per garantire l’equilibrio. Diremo allora, indifferentemente,
che il blocco esercita una pressione P sul piano, oppure che il piano esercita una
pressione P sul blocco.
P
estende
Come si es
tende il concetto di pressione alle sostanze in fase fluida (liquida od aeriforme)?
E’ più pratico descrivere la dinamica di sostanze in fase liquida od aeriforme attraverso la pressione
piuttosto che tramite un vettore applicato come la forza. Quest’ultima grandezza infatti, richiede che si
individui il punto di applicazione, cosa tutt’altro che facile se l’oggetto non ha un propria forma, ma muta
continuamente di geometria a seconda delle circostanze. Per inquadrare il problema si immagini di intingere
un dito nell’acqua e si dica in che punto la forza è stata applicata. Con il termine pressione nei fluidi
intendiamo, in modo del tutto analogo al caso dei solidi, il rapporto fra la forza esercitata dal fluido (o sul
fluido) perpendicolarmente ad una qualunque porzione piana di superficie e l’area della superficie stessa.
Così la pressione atmosferica al livello del mare sarà il rapporto fra il peso della colonna d’aria sovrastante e
la superficie della base della colonna, mentre la pressione in fondo all’oceano sarà la forza per unità di
superficie esercitata dalla colonna d’acqua sommata a quella dovuta alla colonna d’aria.
Quali differenze di comportamento si osservano, rispetto ad un solido, quando si comprime un liquido?
Immaginiamo di porre, fra il blocco ed il piano precedentemente considerati, prima una lastra di vetro e poi
uno strato d’acqua. La differenza fra il comportamento delle due sostanze è assai evidente: mentre il vetro
non subisce deformazioni apprezzabili, l’acqua schizza via lateralmente lasciando solo uno strato
sottilissimo di liquido fra il blocco ed il tavolino. Quest’accelerazione dell’acqua in direzione orizzontale può
sorprendere se si pensa che le forze in gioco – il peso del blocco e la reazione del piano – agiscono tutte
verticalmente. Ma, come si è visto, al contrario di quelle di un soldo, le molecole di un fluido sono libere di
scorrere le une sulle altre così che la repulsione reciproca fra particelle vicine trasforma il peso del blocco in
un’azione orizzontale. Lo stesso farebbero una serie di strati di palline da ping pong, spostando
lateralmente le sottostanti per farsi largo qualora venisse adagiato un peso sopra di esse. In un fluido,
quindi, ad una forza esercitata verticalmente si accompagna un’azione in direzione orizzontale.
Quale legge regola questo comportamento dei liquidi?
Semplici osservazioni permettono di intuire che sopra ad ogni superficie,
comunque orientata, posta a contatto con un liquido in condizioni statiche, si
esercita una forza proporzionale all’estensione della superficie e diretta
perpendicolarmente ad essa. In altri termini la forza orizzontale osservata
prima, sull’acqua schiacciata dal blocco, in realtà agisce in qualunque
direzione. Riempiamo d’acqua un cilindro cavo dotato di un pistone
perfettamente aderente, e di un’apertura laterale in un punto in basso. Se non
si provvede ad esercitare col dito una pressione sul foro, l’acqua tende ad
uscire, il che implica che sul liquido sta agendo una forza orizzontale. Dato
che la posizione dell’apertura non ha nulla di particolare, dobbiamo concludere che un’azione analoga si
eserciti in qualunque altro punto a contatto con le pareti del cilindro e venga da queste controbilanciata. Se
ora chiudiamo il foro con una membrana elastica a contatto col fluido, questa si deforma assumendo la
geometria di una porzione di sfera.
Analogamente, un palloncino sferico, bloccato forzatamente sott’acqua, mantiene la propria geometria
restringendosi ugualmente in tutte le direzioni senza divenire ovale. La grande simmetria di queste
deformazioni è spiegabile solo con l’azione di una forza che sia in ogni punto di pari intensità e
perpendicolare alla membrana.
Osservazioni e misure più dettagliate mostrano infatti la validità del principio seguente, che si deve allo
scienziato e filosofo francese Blaise Pascal (1623-1662) :
3
PRINCIPIO DI PASCAL
In ogni punto di una superficie piana a contatto con un liquido, in condizioni statiche, agisce una forza
normale alla superficie e proporzionale alla sua area. Essendo la forza proporzionale all’area, il rapporto F A si
mantiene inalterato, trasmettendosi a tutte le superfici a contatto con il liquido, anche internamente. Il
valore assunto da questo rapporto si chiama pressione idrostatica.
Quindi la pressione nei fluidi non ha una propria direzione?
E’ proprio così, la pressione si esercita perpendicolarmente a qualunque superficie interna al liquido. Che
poi, su ogni porzione di liquido, spinga da tutte le direzioni una pressione di pari intensità è confermato
dall’assenza di movimenti all’interno del liquido stesso. Non è dunque possibile espandere o comprimere un
liquido in una data direzione senza che si osservino variazioni che compensino nelle altre due direzioni
spaziali da essa indipendenti. E’ questo il modo in cui i liquidi riescono a riempire qualunque contenitore
assumendone la forma. Nell’esempio del cilindro, pertanto, la pressione esercitata alla base del blocco,
p = mg A si trasmette inalterata fino al foro, che per essere chiuso richiede quindi una forza pS , dove S ne
è la sezione. La perpendicolarità della forza alla superficie di contatto viene anche espressa dicendo che in
un qualunque liquido in condizioni statiche sono assenti sforzi di taglio. Osserviamo infine che il principio di
Pascal non si applica ai solidi, come facilmente si intuisce immaginando il cilindro riempito, ad esempio, con
un blocco di legno: in questo caso il vincolo che le molecole hanno di oscillare attorno a posizioni fisse
origina relazioni molto complesse fra le capacità di deformarsi nelle varie direzioni.
Come funziona il torchio idraulico?
Il fatto che la pressione in un fluido si trasmetta inalterata a
qualunque superficie di contatto trova una notevole
applicazione nel meccanismo detto torchio idraulico, usato fra
l’altro per moltiplicare la forza che esercitiamo sul pedale dei
freni a disco e per sollevare le vetture. Il fluido che tocca la
superficie grande A1 , vi esercita la medesima pressione p
A1
F
∆y1
A2
∆y2
con cui preme sulla superficie piccola A2 . In questo modo, è
solo l’estensione dell’area di contatto a determinare
f
l’intensità della spinta complessiva: come già si è visto,
infatti, il principio di Pascal prevede che la forza sia proporzionale alla superficie.
1) Situazione statica
E’ possibile equilibrare una grande forza F tramite una piccola forza f se le due stanno in rapporto fra loro
come le aree di applicazione. Essendoci un unico valore di pressione p su tutto il liquido, si ha infatti:
p=
F
f
=
A1
A2
⇒
F=
A1
f
A2
2) Situazione dinamica
Quando poi si utilizza il torchio idraulico per spostare il punto di applicazione della forza F (ad esempio se
si vuole sollevare un’auto), l’incompressibilità del fluido impone che sia uguale il volume trasferito da una
colonna all’altra:
A
A1∆y1 = A2∆y2 ⇒ ∆y1 = 2 ∆y2
A1
quindi il tratto ∆y1 lungo cui viene spostato il punto di applicazione di F è molto più breve del tratto di cui
∆y1
è esattamente il reciproco del
viene spostato il punto di applicazione di f . In effetti il rapporto
∆y2
F
rapporto
, il che esprime il fatto che il torchio idraulico non crea energia ma, come una leva meccanica,
f
4
trasforma l’applicazione di una piccola forza per un lungo tratto, nell’applicazione di una grande forza per
un breve tratto, in modo però che entrambe compiano lo stesso lavoro L :
L = F ∆y1 = f ∆y2
Nel calcolo della pressione idrostatica non dovremmo tenere conto anche del peso del liquido?
Se abbiamo a che fare con recipienti dalle dimensioni contenute, come una bottiglia od un becker da
laboratorio, il peso del liquido fornisce soltanto un contributo trascurabile, e così, in ogni punto viene
applicato un unico valore p di pressione idrostatica. Ma se consideriamo colonne di liquido molto alte, come
quando scendiamo in fondo al mare, il ruolo della gravità diventa
P0
determinante. In questi casi il fluido sovrastante esercita una considerevole
forza verso il basso, producendo una pressione che cresce con la profondità.
Alla base di un cilindro di sezione A ed altezza y , riempito di acqua,
graveranno sia la pressione P0 che l’atmosfera esercita sul pelo libero del
liquido, sia la forza per unità di superficie dovuta al peso mg della colonna di
fluido:
P = P0 +
y
A
mg
A
Essendo m = ρV , e V = Ay , l’espressione della pressione sul fondo del cilindro diviene:
P = P0 +
ρVg
ρ Ayg
= P0 +
A
A
relazione che va sotto il nome di:
LEGGE DI STEVINO
In una colonna di liquido alta y , se P0 è la forza per unità di superficie che insiste sul pelo libero alla
sommità, e ρ la densità della sostanza, la pressione alla base vale:
P = P0 + ρgy
Quali conseguenze comporta la legge di Stevino sull’equlibrio di un liquido in due vasi comunicanti?
Il fatto che la pressione in un fluido dipenda solo dall’altezza dà
origine ad alcuni sorprendenti paradossi idrostatici, come quello
qui a fianco dei vasi comunicanti.
Quando si ha a che fare con un tubo ad U, il fluido che si trova nella
sezione orizzontale viene spinto verso destra e verso sinistra con
una pressione pari a quella che le due colonne esercitano
verticalmente sul fondale, in quanto la direzione non influisce sul
valore della pressione. Di conseguenza la parte orizzontale sarà in
equilibrio solo se il pelo libero delle due colonne si trova alla stessa
altezza y .
Se le pareti sono verticali basta che la forza per unità di superficie
alla base sia la stessa perché la colonna a destra possa sostenere la
maggiore grande massa d’acqua nel vaso a sinistra - ed in genere il
peso di una colonna di qualunque sezione. Nel caso di pareti
inclinate invece, queste forniscono un contributo importante
all’equilibrio.
y
Pa
Pb
Pa
Pb y
5
Cosa accade nel caso in cui il contenitore abbia delle rientranze?
Anche la pressione sul fondo di due contenitori come quelli
qui a fianco è la medesima, dato che in entrambi i casi il pelo
libero del liquido si tova alla stessa distanza y2 dalla base. Si
A2
potrebbe erroneamente pensare che la pressione sul fondo
del contenitore a sinistra sia minore, dato che il peso del
liquido sovrastante è inferiore rispetto al contenitore di
destra, ma la superficie della base è in entrambi i casi uguale
ad A1 . In realtà, nel contenitore di sinistra, è lecito calcolare
la pressione come rapporto fra il peso del fluido (oltre
all’atmosfera) e l’area, soltanto sul fondo della colonnina
centrale di sezione A2 . Fuori da questa regione,infatti, non
y2
y1
A1
vi è soltanto il peso a gravare. Come richiesto dal pricipio di
Pascal, sulla superficie sporgente di estensione A1 − A2 , a causa del contatto con il liquido, spinge una
A2 ,
pressione esattamente uguale a quella che preme dove finisce la colonnina di sezione
cioè
P0 + ρg (y2 − y1 ) . Per la terza legge della dinamica, un’eguale forza per unità di superficie viene esercitata
dalla parete orizzontale del recipiente sul fluido, ed essa causa nella regione a sezione larga,
A1 , la stessa
compressione che nel contenitore a destra si deve al peso del liquido sovrastante.
Esercizio
Un tubo ad U è riempito di acqua ( ρa = 1000 Kg/m 3 ), ma su una
delle due colonne si trova uno strato alto d = 10.0 cm di alcool etilico
d
3
( ρet = 806 Kg/m ) . Calcola la differenza fra i livelli del pelo libero
nelle due colonne.
y2
y1
Il problema richiede di calcolare la differenza y2 − y1 . Affinché
la sezione orizzontale sia in equilibrio dev’essere P1 = P2 .
P1
P2
Risulta:
P1 = Pat + ρa y1
P2 = Pat + ρet d + ρa (y2 − d )
da cui uguagliando le due pressioni per l’equilibrio:
Pat + ρa y1 = Pat + ρet d + ρa (y2 − d )
ρa (y2 − y1 ) = ρad − ρet d
y2 − y1 =
ρa − ρet
1000 − 806
d=
× 0.100 = 0.0194 m = 1.94 cm
1000
ρa
Cap XIV assegnare:
Stevino e Pascal p 427 n6 (svolto), p452 n 14,16,18, 20
6