Addio a Sandro Curzi, voce libera della sinistra italiana

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Addio a Sandro Curzi, voce libera della sinistra italiana
Organo ufficiale d’informazione della Federazione dei Verdi
Anno IV - n.217  lunedì 24 novembre 2008
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No agli ogm, c’è solo un mese
L’allarme del presidente dell’Associazione italiana agricoltura biologica. Dal 2009 nuovo regolamento Ue con soglia dello 0,9%
Andrea Ferrante:
“Zaia deve scegliere
da che parte stare:
da quella dei
cittadini che non
vogliono mangiare
Ogm e dei 50 mila
operatori certificati
che non intendono
offuscare la propria
immagine, o da
quella degli interessi
dei pochi e dei soliti
noti pro-Ogm”
Cleto Romantini a pagina 2 
I Comuni: stop ai bilanci
Dura la posizione dell’Anci contro i tagli contenuti nella Finanziaria. Amministrazioni locali al collasso
Diego Carmignani
[email protected]
La caduta
dell’Impero
Usa
2
Scuola, i
danni della
riforma
3
C
on la manovra estiva, i
Comuni italiani hanno
partecipato al risanamento dei conti pubblici per una
cifra di 1,340 miliardi di euro e
hanno subìto una decurtazione
del fondo ordinario pari a 200
milioni di euro. A ciò va aggiunto il mancato gettito Ici per la
prima casa: un ammontare di
2,864 miliardi di euro per il 2008
e a 2,604 miliardi a decorrere dal
2009. Non solo. Sono stati ridotti i fondi da destinare ai Comuni:
55 milioni per le politiche giovanili; 23 per l’edilizia scolastica;
37 per il trasporto pubblico;
275 per le politiche sociali; 100
milioni per l’inclusione sociale,
altrettanti per lo spettacolo. Una
serie di “meno” che ha messo in
crisi le realtà comunali di tutta
Italia, ora uscite allo scoperto
attraverso l’Anci, che chiede al
Governo l’esclusione degli investimenti dal patto di stabilità interno e la restituzione integrale
del gettito Ici sulla prima casa,
come previsto dal Dpef. Cosa
assai difficile, visto che il fondo
che dovrebbe provvedere al rimborso è insufficiente, mancando
ancora diverse centinaia di milioni alla cifra necessaria. Per i
Comuni italiani è giunta l’ora
di prendere delle opportune
misure. A parlare senza mezzi
Richiesta all’Esecutivo l’esclusione degli
investimenti dal patto di stabilità interno
e la restituzione integrale del gettito Ici sulla
prima casa. Il presidente Domenici:
“Dal Governo nessuna risposta precisa”
termini è il presidente dell’Associazione, Leonardo Domenici, al
termine della riunione a palazzo
Chigi incentrata sull’emergenza
dei bilanci dei Comuni: “Dal Governo non ci sono risposte precise: rimangono aperte tutte le
questioni. Su bilanci dei Comuni
e sugli investimenti attendiamo
ancora di sapere qualcosa e Tre-
monti si e’ detto disponibile a
vedere di trovare una soluzione
per i finanziamenti degli investimenti, anche attraverso alienazioni patrimoniali”. E’ necessario un cambiamento di rotta e
misure estreme per far sentire la
propria voce. Da qui, l’invito rivolto ai Comuni e alle città metropolitane a non procedere alla
Addio a Sandro Curzi,
voce libera della sinistra italiana
Alessandro Curzi, giornalista e voce della sinistra, è scomparso sabato a 78 anni. Per il “ragazzo Comunista” - tessera del Pci già a 14 anni - diventato direttore di quotidiani e
di tg e poi consigliere d’amministrazione della Rai, il ricordo
commosso, unito all’affetto e al rispetto, arriva sia da amici e
colleghi che da avversari politici. Primo fra tutti, il presidente
della Repubblica, Giorgio Napolitano, che lo ricorda come
“uomo di schietta passione politica e di sempre viva non co-
mune cordialità umana” e, in visita alla camera ardente allestita in Campidoglio, sottolinea “il generale riconoscimento della sua passione e del suo temperamento generoso”.
Resistente a 13 anni, Comunista iscritto già a 14, chiamato
a 19 anni da Enrico Berlinguer a ricostruire la Federazione
giovanile Comunista italiana (Fgci), Alessandro Curzi, nato
a Roma il 4 marzo 1930, ha vissuto tutta la sua vita fedele,
pur senza rigidità, alle idee di gioventù passando con Fau-
presentazione negli organi competenti dei bilanci di previsione
per l’anno 2009 entro la data fissata per il 31 dicembre, in attesa
che siano rivisti i contenuti della
manovra finanziaria. Domenici
sottolinea la “reale impossibilità
per i Comuni di chiudere i bilanci per la rigidità delle voci di
spesa e dunque l’oggettiva incapacità di programmazione delle attività e mantenimento dei
servizi essenziali per cittadini e
imprese”. A peggiorare questa
situazione, è arrivata oltretutto
la crisi economica e finanziaria,
contraddistinta da un contesto
economico e sociale totalmente
diverso da quello che si configurava durante la presentazione
della Finanziaria. Congiuntamente allo “sciopero dei bilanci”,
l’Anci illustra le sue proposte per
il rilancio: maggiori interventi
nel campo delle infrastrutture
da parte del Governo, la valorizzazione del patrimonio immobiliare dei Comuni e dello Stato,
la partecipazione attiva della
Cassa depositi e prestiti. Infine,
l’Associazione chiede che il termine per la presentazione delle
certificazioni per il mancato gettito Ici, fissato al 30 aprile 2009,
sia invece anticipato “di almeno
due mesi” per poter rispettare il
termine della presentazione del
contemporaneo bilancio consuntivo 2008. 
sto Bertinotti a Rifondazione Comunista alla fine degli anni
‘90. Il suo impegno politico si è svolto all’interno dei mass
media, dal primo articolo, quando era ancora adolescente,
sull’Unità clandestina, per raccontare l’assassinio di uno
studente da parte di fascisti repubblichini, al ruolo di capo
redattore nel mensile della Fgci “Gioventù nuova”, diretto
da Enrico Berlinguer, fino alla direzione dell’Unità. Alla Rai
entra nel ‘75 e l’anno dopo, con Biagio Agnes e Alberto La
Volpe, dà vita alla terza rete televisiva mentre nel 1978 è
condirettore del Tg3 diretto da Biagio Agnes. Soprannominato per questo, dagli avversari politici, “Telekabul” (dalla
capitale dell’Afghanistan occupata dall’Urss negli anni ‘70),
il Tg3 cresce in spettatori (da poco più di 300 mila ai 3
milioni del ‘91) e autorevolezza.
La Repubblica
della tv
Valerio Ceva Grimaldi
[email protected]
Qualche giorno fa la società
Demos ha pubblicato un sondaggio sulle nuove ansie degli
italiani, in particolare sulle preoccupazioni legate alla presenza
della criminalità. La ricerca ha
fornito risultati sorprendenti:
ora ci sentiamo tutti più sicuri,
mentre entrano prepotentemente ai primi posti della graduatoria le ansie legate alla crisi
economica e alla mancanza di
lavoro, la perdita dei risparmi,
l’incerto futuro dei figli.
A leggere tra le righe i dati,
però, vengono da fare alcune
riflassioni. A partire da settembre 2007 fino a tutto il primo
semestre 2008, come riferisce
l’Osservatorio di Pavia, c’è stato
un aumento vertiginoso dello
spazio dedicato dai tg ai fatti di
cronaca nera, mentre nella realtà si verificava un calo dei reati.
Si è concretizzato, quindi, un fenomeno di “dissociazione” dalla
realtà dei cittadini-telespettatori, la cui percezione d’insicurezza aumentava a causa dei messaggi ansiogeni lanciati dalle tv,
mentre lo stato della sicurezza
vera, non quella percepita, migliorava. Una rappresentazione
che non collimava con la realtà,
che veniva raccontata in modo
distorto, piegando spesso le ragioni dell’informazione a quelle
della propaganda.
Nella seconda metà del 2008,
eletto il governo Berlusconi,
si è poi verificato un brusco
crollo dello spazio dedicato
alle notizie di cronaca nera.
Obiettivo raggiunto, dunque?
Il centrodestra ha lavorato per
montare una grancassa mediatica sull’allarme sicurezza e
poi ha fornito in pasto alle tv, e
quindi agli italiani, la sceneggiata dei militari e dei blindati che
andavano a sconfiggere la camorra e la piccola criminalità.
A questo punto, vale la pena di
ricordare che l’Italia, e la vicenda della nomina del presidente
della Commissione di Vigilanza
ne è un’ulteriore, mortificante
prova, è il Paese dove si verifica
la più alta pervasività della politica nei mezzi d’informazione,
in particolare nella televisione,
“controllata” da tre autorità direttamente composte da parlamentari o di nomina politica.
Tale pervasività non si concretizza solo in una bassa questione di spartizione di “posti”, ma
diventa anche strumento fondamentale per assecondare un
disegno e orientare la pubblica
opinione. La potenza simbolica di un messaggio (negativo,
il più delle volte) fornito attraverso la tv raggiunge milioni di
case: un piatto troppo ricco per
la propaganda. Una prova? I tg
che hanno trasmesso più notizie sulla criminalità sono quelli
Mediaset, mentre il tg3 è quello
in cui lo spazio è stato minore.
Sarà un caso: il centrodestra
ha impostato la sua campagna
sulla sicurezza, ed ha poi vinto
le elezioni. Di fatto, tra le pieghe dei bilanci dello Stato, ha
però attuato il più grave taglio
alle risorse destinate alle forze
dell’ordine degli ultimi dieci
anni: oltre 3 miliardi di euro. Un
taglio drastico, che non potrà
che indebolire la capacità reale
di controllo del territorio e di
prevenzione dei reati. Ma ora,
grazie alla tv, gli italiani si sentono più tranquilli, e allora non fa
niente se i poliziotti non avranno più la benzina per le Volanti.
Tanto la tv non ce lo dice.
2
lunedì 24 novembre 2008
“Il biologico italiano è a rischio”
Legambiente: “Con la sperimentazione in campo aperto ci saranno enormi problemi per vite, ulivo, fragole e ciliegie nostrane”
dalla prima
C’
è solo un mese di
tempo per salvare
il biologico italiano
dall’aggressione degli organismi geneticamente modificati.
L’allarme è stato lanciato dal
presidente dell’Aiab (Associazione Italiana Agricoltura
Biologica), Andrea Ferrante,
che ha rivolto un pubblico
appello al ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia.
L’obiettivo è evitare l’introduzione della soglia di tolleranza
da Ogm nel bio, prevista nel
nuovo regolamento europeo
per il biologico, che sarà in
vigore dal 1 gennaio 2009. Secondo Ferrante “abbiamo ormai meno di 40 giorni per fare
un decreto legge che risponda
alla necessità dei produttori
biologici italiani che vogliono
continuare ad affermare senza
ombra di dubbio che i propri
prodotti sono totalmente
esenti da qualsiasi contaminazione da Ogm, seppur accidentale. Abbiamo lo stesso
esiguo tempo per difendere il
diritto dei cittadini italiani di
sapere quello che mangiano e
di non essere turlupinati da chi
vuole offendere l’intelligenza
di noi tutti dicendoci che 0,9
di contaminazione accidentale è come dire zero”. Ferrante
chiede infine a Zaia di scegliere da che parte stare: “Se dalla
parte del voto del Parlamento
europeo contrario alla soglia,
della stragrande maggioranza
dei cittadini italiani che non
vuole mangiare Ogm e dei 50
mila operatori certificati che
non vogliono offuscare la loro
immagine” o “da quella degli
interessi dei pochi e dei soliti
UN PO’ DI PEPE
noti che vogliono introdurre le colture Ogm nel nostro
Paese tentano di creare un
ambiente favorevole affinché
questo possa succedere”.
Contro la sperimentazione indiscriminata in campo aperto
degli organismi geneticamente modificati si è schierata anche la Fondazione Diritti Genetici, in una lettera indirizzata ai ministri dell’Ambiente
Stefania Prestigiacomo, delle
Politiche Agricole Luca Zaia
e al presidente della Regione
Puglia Nichi Vendola, ha chiesto, in vista dell’esame da parte della Conferenza Stato-Regioni del decreto ministeriale
che dà il via a 9 protocolli per
la sperimentazione di colture
ogm in campo aperto.
“Alle Regioni – si legge nella
lettera – chiediamo espli-
Loredana De Petris dei Verdi:
“Il principio di precauzione
impone che le sperimentazioni
vengano svolte in ambienti
controllati perché il rischio di
contaminazione delle coltivazioni
convenzionali è altissimo”
citamente di non applicare
deroghe sull’obbligo di effettuare le sperimentazioni
presso siti di Enti pubblici di
ricerca; alle Regioni, ai ministeri dell’Ambiente e delle
Politiche Agricole chiediamo
altresì di prescrivere, in sede
di autorizzazione dei singoli
eventi sperimentali, l’obbligo di pubblicazione periodica dei risultati sperimentali.
Raccomandiamo – continua
la lettera – che, prima delle
sperimentazioni, che come
noto si effettueranno caso
per caso, siano attuate delle
efficaci consultazioni pubbliche, peraltro già previste
dalla normativa, nelle quali
sia possibile discutere sull’oggetto e sulle finalità delle sperimentazioni stesse, al fine di
garantire un processo di sviluppo innovativo realmente
condiviso”. Contro la sperimentazione in campo aperto
si schiera anche Legambiente,
che con il responsabile Agricoltura Francesco Ferrante
afferma che in questo modo
“saranno a rischio alcune
varietà ortofrutticole tra cui
vite, ulivo, fragole e ciliegie
nostrane”. In prima linea,
infine, anche i Verdi, con la
responsabile Agricoltura Loredana De Petris. “L’autorizzazione alla sperimentazione
in campo aperto degli Ogm –
ha dichiarato l’esponente del
Sole che ride – mette a rischio
la qualità e la tipicità della nostra agricoltura. Il principio
di precauzione impone che
le sperimentazioni vengano
fatte in ambienti controllati
perché il rischio della contaminazione delle coltivazioni
convenzionali è altissimo”. 
Scuola, i danni della riforma
Mentre il governo taglia i bilanci della pubblica istruzione, a Rivoli un ragazzo muore per un crollo in un liceo
Antonio Barone
[email protected]
S
Verona
Protesta choc degli animalisti
contro l’industria della moda
“E’ aberrante vedere come l’utilizzo di capi derivanti dalla morte di milioni di animali, sia ancora,
ai giorni nostri, sinonimo di moda”. Lo affermano
i “100%animalisti”, formazione che ieri notte ha
tappezzato di volantini le vetrine delle pelliccerie
di Verona. “In questo negozio si vendono cadaveri di animali, non pellicce”, recita una delle scritte,
e un’altra: “Tutto questo non lo accetteremo più”.
“Purtroppo - affermano gli animalisti - non tutti
sanno quanta sofferenza si nasconde dietro i capi
in pelliccia: gli animali nascono e vivono negli
allevamenti, all’interno di piccole celle anguste,
esposti spesso al gelo al fine di rendere più folto
il loro pelo e a volte costretti a vivere in uno stato
di isolamento del tutto forzato”. “La loro fine - aggiungono - è altrettanto crudele: vengono scuoiati,
gassati, viene spezzato loro il collo o uccisi tramite
l’elettrocuzione anale”. Per fornire i capi in pelliccia, inoltre, “vengono abbattuti anche milioni di
animali catturati direttamente in natura, come
volpi e lepri, intrappolati con tagliole e lasciati
agonizzare giorni, nell’attesa che il cacciatore venga a prenderne i corpi”. La formazione animalista
ha anche annunciato che proseguirà le azioni contro la presenza del Circo di Moira Orfei nel Veneto
e che ne renderà difficile la permanenza.
cene che non dovremmo
vedere in un paese civile.
Lacrime che non si dovrebbero piangere in una nazione occidentale. Ed invece un tonfo, tanta
polvere che invade il liceo Darwin
di Rivoli ed un giovane studente
muore. Altri venti ragazzi restano
feriti. Vito Scafiti aveva diciassette
anni ed una vita davanti, tante cose
da imparare, tante sfide da vincere e tanti errori da commettere. È
morto andando a scuola, non è una
vittima del sabato sera, né delle violenze negli stadi. Ora resta solo un
immenso dolore ed il senso di assoluta impotenza dinanzi a tragedie
che non dovrebbero semplicemente accadere, rispetto all’assurdità
di un dolore che semplicemente
non dovrebbe esistere. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
l’ha liquidata come una fatalità. Lo
ha fatto mentre in una conferenza
stampa all’Aquila dichiarava che
‘tutti vorrebbero essere abbronzati’
come Obama o la Campbell e che i
conduttori Rai di sinistra complottano per insultarlo. Non so quanto
i genitori di Vito, e quelli degli altri
ragazzi in ospedale oggi possano
sentirsi italiani, quanto possano
sentirsi vicine le istituzioni. Quello
che balza istantaneamente agli occhi è che Berlusconi è distante anni
luce dalle istituzioni, viste come
un orpello neutro rispetto alle sue
personali priorità, che vanno al di
là anche di una vita spezzata a diciassette anni. L’edilizia scolastica è
da sempre una emergenza del nostro paese. Locali vecchi, collaudi
che mancano, riscaldamenti che
non funzionano. Le competenze,
spesso, si perdono in mille rivoli,
passano dalle Province ai Comuni.
In qualche caso alle Regioni. Eppure ‘Giovanna D’Arco’ Gelmini, una
eroina che non ha esitato ad intestarsi una riforma (realizzata in via
XX Settembre) che scontenta tutti,
in questi giorni in cui i cortei si sono
moltiplicati e le proteste vibravano,
non ha speso una parola sull’edilizia scolastica. Adesso a tragedia
avvenuta si riscoprirà l’emergenza
e si leverà un alto polverone sulle responsabilità. Durerà qualche
giorno come successe già per San
Giuliano. E poi nella confusione
generale tutti si scorderanno dei rischi che ogni giorno corrono tanti
ragazzi. Se ne scorderanno le leggi
finanziarie, e se ne scorderà il governo. Nessun decreto, nessuna ordinanza. Qualche commemorazione, forse. O forse nemmeno quella.
La crisi economica, l’Alitalia, la
Secondo Berlusconi “è stata una fatalità”. Poi il
premier torna a parlare dell’abbronzatura di Obama
e della Campbell. Ma ormai la sua posizione è
distante anni luce dal vero senso delle istituzioni:
ciò che conta sono le sue personali priorità
telenovela sulla Commissione di
Vigilanza riprenderanno il sopravvento, e la politica continuerà a tagliare alcuni sprechi per vararne altri, senza incidere minimamente su
quelle che sono priorità reali, vere.
Se il ministro Gelmini avesse giustificato i tagli ‘scriteriati’ delle risorse per l’istruzione pubblica con
la necessità di intervenire sull’edilizia scolastica da terzo mondo che
l’Italia si ritrova, forse, i tanti ragazzi che vivono la quotidianità delle
aule avrebbero potuto capire. Non
l’avrebbero accettato, ma l’avrebbero capito. Ed invece no. I tagli sono
autoreferenziali e non si sa cosa
andranno a finanziare: di certo non
l’edilizia scolastica che il governo
non considera una priorità. Si aprirà un’inchiesta e tutto sfumerà nel
limbo delle responsabilità ‘globali’
mentre i nostri ragazzi continueranno ad essere numeri su cui programmare risparmi di spesa. Il dolore per la morte di Vito diventerà
una tragedia personale, nello strazio eterno di genitori che hanno
perso un figlio. E l’Italia continuerà
a non investire sul suo futuro. 
lunedì 24 novembre 2008
il libro
Dario Parascandolo - [email protected]
Il giornalismo
secondo Giorgio Bocca
Ultimo baluardo di una Resistenza che troppo spesso il revisionismo prova a riscrivere, Giorgio Bocca nasce professionalmente proprio dall’orgoglio partigiano, che ha segnato
indelebilmente più di cinquant’anni di carriera giornalistica.
Carriera che ha spaziato dal giornalismo d’inchiesta all’attualità politica, dall’analisi economica all’approfondimento storico
e storiografico, percorrendo tutte le tappe dell’informazione
italiana dal Dopoguerra ad oggi. Ma “il giornalismo di idee e
informazioni, come lo intese il secolo borghese, è una specie
in via d’estinzione, se non già estinta”. Sono queste le parole
che introducono “E’ la stampa, bellezza! - La mia avventura nel giornalismo” (238 pagine, Feltrinelli), l’ultimo libro
di Giorgio Bocca, in
cui racconta le tappe
fondamentali del suo
percorso professionale,
dalle prime inchieste al
terrorismo, dal Generale Dalla Chiesa a Berlusconi, fino ad arrivare
alla spietata analisi che
vede inquisita la stampa contemporanea, che
ha decretato la morte
di
un’informazione
etica per far spazio alla
pubblicità, “l’anima del
commercio”. Una pubblicità che, producendo oltre il 60% del fatturato di ogni testata, “sostituisce la politica, predilige le interviste, numerose
come nei telegiornali; ognuno dice la sua, che sommata alle
altre finisce nel pentolone del niente”. Duecento pagine che si
leggono d’un fiato, in cui l’autore, raccontando se stesso, racconta sessant’anni di un’Italia difficile, da sempre frammentata nei
suoi provincialismi e nei suoi falsi valori. La scrittura di Bocca
è come tutti la conosciamo, precisa, pungente provocatoria,
ma sempre puntuale e sovente nostalgica, che impietosamente
non risparmia nessuno, neppure il suo “piemontesismo” che da
sempre ha caratterizzato il suo lavoro. La narrazione prende il
via dagli esordi su “Giustizia e Libertà”, un giornale dove “la
fraternità partigiana continuava a prevalere sugli egoismi”, e
su “La Gazzetta del Popolo”, in cui un Giorgio Bocca poco più
che ventenne muove i primi passi come cronista delle prime
“cacce all’assassino”, come ama definirle. In questa prima metà
del libro la narrazione diventa spesso incalzante e appassionante nel rimembrare la vita da cronista: il poco sonno, i
tranquillanti, le partenze all’alba sulla “Topolino scassata” e la
corsa alla notizia, spesso passata sottobanco da qualche carabiniere generoso. La storia di Giorgio Bocca giornalista passa
per “L’Europeo” di Michele Serra e per “Il Giorno” di Mattei
e Pietra, per il quale si recò in Vietnam negli anni ‘60 per ben
quattro volte, raccontando uno scenario di guerra ben diverso
dal “paradiso perduto” e dal “mito del buon selvaggio”, ovvero
il vietcong idealizzato dalla sinistra democratica: “I contadini poveri stavano dalla parte dei viet, che però se occorreva
li uccidevano senza pietà, e questo ai lettori di sinistra non lo
si poteva raccontare”. Per “La Repubblica” di Eugenio Scalfari (“il migliore dei direttori possibili”), dopo i primi passi con
un giornalismo sperimentale fra cronaca e letteratura, Bocca
vive e racconta gli anni di piombo, e pubblica nel 1982 l’ultima
intervista al Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, riportata
integralmente nel libro, che si chiude con un’impietosa analisi della storia recente. Parole feroci e pungenti non vengono
risparmiate a Berlusconi e al berlusconismo, che “ignora l’abc
della democrazia”, diventando lo “sdoganatore del neofascismo”, dando “spazio sempre maggiore al revisionismo e alla
diffamazione della Resistenza”. Parola di Giornalista.
3
La caduta dell’Impero Usa
Presentato il report dell’intelligence sui problemi che gli Stati uniti dovranno affrontare nei prossimi anni
Alessio Postiglione
[email protected]
politiche.wordpress.com
L’
intelligence americana ha pubblicato,
il 20 novembre, un
rilevante report nel quale
si afferma che entro il 2025
potrebbe consumarsi il definitivo declino dell’attuale sistema internazionale basato
sulla supremazia degli Stati
Uniti e la centralità delle
istituzioni democratiche e
liberali. Una rivoluzione,
non solo geopolitica, ma sociale e culturale; con la fine
dell’egemonia delle nazioni
democratiche e l’affermazione di Paesi né laici e secolarizzati, ma autocratici e
illiberali; una rete di regimi,
gestita da oligarchie, dittature, o, addirittura, da corporazioni criminali e mafie.
Il report, chiamato “Global Trends 2025: A World
Transformed”, è frutto del
lavoro – durato quattro anni
– del National Intelligence
Council (NIC), organismo
che dipende dal direttore
del National Intelligence
(DNI) e che supporta direttamente la presidenza degli
Stati Uniti.
Global Trends descrive uno
scenario non semplicemente
multipolare ma frammentato, dove crescono esponenzialmente i conflitti per l’accaparramento delle risorse
strategiche principali – in
primis, cibo, acqua e petrolio -, sempre più scarse; si
normalizza una situazione
di instabilità endemica legata alla proliferazione di
armi nucleari, soprattutto
nel Medio oriente; si indeboliscono gli organismi internazionali che ricoprono
funzioni arbitrali e di global
governance. “La diffusione
del modello occidentale di
economia liberale, democrazia e secolarismo […] che
molti considerano inevitabile, potrebbe perdere il giusto
passo”, avverte il report. Si
delinea una rivincita dello
Stato, di tipo autocratico
però, contro il mercato: “La
ricchezza non si sta semplicemente muovendo da
Occidente ad Oriente, ma
tende a concentrarsi sotto
il controllo dei governi”. La
questione ambientale sembra giocare il ruolo di variabile indipendente; il fattore
in grado di influenzare in
modo decisivo attori, strategie e reazioni. Dal degrado
del pianeta, infatti, dipendono le crisi alimentari e la siccità che sono la causa della
diffusione dei micro conflitti
e dell’indebolimento delle
istituzioni democratiche. Un
problema non solo per il Sud
del mondo. Il report tratteggia uno scenario da blockbuster catastrofista, dove – nel
2020 – si immagina la Casa
Bianca impegnata a contrastare un uragano che spazza
New York City.
Inoltre, il depotenziamento degli organismi internazionali e delle democrazie
rende molto più complicato
affrontare la questione del
cambiamento climatico, incentivando i comportamenti di free riding da parte di
molti attori della Comunità
internazionale. In pratica,
i regimi non democratici
aspettano che siano le democrazie a realizzare quelle misure atte a contenere
l’inquinamento, per beneficiare del miglioramento
della situazione ambientale
e scaricare i costi sugli altri. Mentre i regimi continuano a crescere in modo
insostenibile. L’incapacità
di far valere per tutti regole
condivise, ovviamente, può
portare l’intero sistema in
un circolo vizioso. Il NIC
sottolinea che la scelta, indicata da Obama in campagna elettorale, verso il multilateralismo è quella giusta;
ma sarà sempre più difficile
per la presidenza degli Stati
Uniti realizzare un’agenda
condivisa: il consenso dovrà
essere ricercato, estenuantemente, punto per punto.
Il report, inoltre, ridisegna
una nuova geopolitica.
Le regioni cruciali, nel 2025,
saranno la Russia e il Medio
oriente. Ma saranno anche
le aree più tempestate dai
micro conflitti permanenti.
Il degrado ambientale è destinato
a giocare il ruolo di variabile
indipendente nella geopolitica del
nuovo ordine planetario. Un mondo
multipolare? No, solo frammentato.
Con l’Europa costretta a ricoprire
un ruolo secondario
Le nazioni più influenti, invece, saranno Cina, India
e Brasile: il cui potere sarà
stato guadagnato alle spese
degli Usa. Obama è avvisato. E l’Europa? Per il NIC, la
Ue, incapace di colmare il
“democracy gap” fra cittadini e istituzioni, sembra destinata al ruolo di “gigante
azzoppato”. Ancora importante economicamente, ma
ridotta allo status di nano
diplomatico. 
Bunker e poligono per i “picciotti”
Scoperto un centro di tiro sotterraneo ricavato nel quartiere Zen 2 di Palermo, feudo dei capimafia Salvatore e Sandro Lo Piccolo
Simone Di Meo
L
[email protected]
ontano da occhi indiscreti, in uno
stretto cunicolo scavato a 10 metri di profondità, insonorizzato,
sicari di Cosa nostra e criminali Comuni provavano indisturbati le armi: un
poligono di tiro sotterraneo ricavato nel
quartiere Zen 2 di Palermo, feudo in cui
i capimafia Salvatore e Sandro Lo Piccolo reclutavano picciotti pronti a sparare
ed esattori del pizzo. La polizia l’ha scoperto per caso, seguendo i movimenti di
un pusher di 29 anni, Antonio Grimaldi,
riuscito a fare il salto di qualità e a passare tra i ranghi dei fornitori di cocaina.
All’ambiente, una sorta di corridoio buio,
lungo una decina di metri, si accedeva attraverso una fitta rete di cunicoli scavati
sotto un box abusivo, ricavato da Grimaldi a pochi metri dalla sua abitazione: un
appartamento a piano terra di uno dei
padiglioni dello Zen, zone franche su cui
le “vedette” di Cosa nostra vigilano 24 ore
su 24. Nel bunker, arredato di tutto punto, secondo gli inquirenti, si sarebbero
rifugiati latitanti dei clan. I due ambienti
erano praticamente invisibili dall’esterno.
Un cancello azionabile solo attraverso un
telecomando e una porta blindata proteggevano il box da visitatori sgraditi. Il
locale sarebbe sfuggito anche agli investigatori se, durante la perquisizione della
casa del pregiudicato, non fosse stata trovata una chiave. Così, gli inquirenti, che
indagavano sullo spaccio nel quartiere,
sono riusciti a penetrare nei sotterranei
della mafia. La chiave ha aperto la porta
blindata del rifugio: una stanzetta di 10
metri quadrati dotata di tutti i confort.
Aria condizionata, tv, lettore dvd, per
rendere meno pesante il soggiorno dei
latitanti che vi si rifugiavano. All’interno
la polizia, oltre a 7.000 euro in contanti,
ha trovato 100 dosi di cocaina pronte
per la vendita e diverse munizioni. La
sorpresa degli investigatori è aumentata
alla vista di una seconda porta: varcata la
soglia, gli agenti, attraverso stretti corridoi sotterranei, che sarebbero stati usati
anche come via di fuga, sono giunti al
poligono fai da te. Le decine di buchi di
proiettile sulle pareti della stanza e i bossoli a terra sarebbero segni inequivocabili
che il cunicolo è stato usato per testare le
armi. Come bersagli i tiratori della mafia,
ma anche criminali Comuni del quartiere, avrebbero usato secchi per vernice e
barattoli. A pochi metri dal padiglione in
cui viveva Grimaldi, il 23 ottobre scorso,
la polizia ha arrestato uno dei luogotenenti dei boss Lo Piccolo, Fabio Chianchiano, esattore del pizzo e “armiere” della cosca di San Lorenzo. Sarebbe lui il tra-
Il locale sarebbe sfuggito anche agli investigatori se, durante la
perquisizione della casa del pregiudicato, non fosse stata trovata
una chiave. Così gli inquirenti, che indagavano sullo spaccio nel
quartiere, sono riusciti a penetrare nei sotterranei di Cosa nostra
mite tra l’ex pusher dello Zen e la mafia.
“In certi quartieri della città, come quello
dello Zen 2 di Palermo, la criminalità,
anche per la configurazione dei luoghi,
può contare su una sorta di sistema di vigilanza, organizzato dalle bande, sempre
attivo, che rende difficilissimo il lavoro
degli investigatori”, ha commentato il dirigente del commissariato San Lorenzo
di Palermo, Sara Fascina, che ha scoperto
il bunker. “Vere e proprie vedette - ha aggiunto - avvertono i criminali dell’arrivo
della polizia. I padiglioni dello Zen sono
delle roccaforti a cui è impossibile accedere non visti”. E il sistema dei cunicoli
ideato da Grimaldi, che è ora accusato
di spaccio e detenzione di armi, secondo
gli investigatori non sarebbe isolato. Una
specie di città sotterranea attraverserebbe le viscere dello Zen e consentirebbe la
fuga ai criminali avvertiti dell’arrivo della
polizia dalle loro vedette. 
4
lunedì 24 novembre 2008
Europa chiama Italia
di Alessandro
Zan
[email protected]
Quale federalismo
per l’Italia?
La riforma del titolo V, per molti costituzionalisti, è
stata il volano che ha dato il via a un iter legislativo
molto insidioso (vedi la bozza Calderoli) con una
proposta di federalismo che richiederebbe molte risorse a scapito soprattutto delle regioni più povere.
Molti politici continuano a dire: «dobbiamo rimediare». Il problema è come rimediare. È sufficiente
aggiustare il mal fatto ridisegnando con il bilancino del farmacista politico le competenze fra Stato e
Regioni? O è necessario affrontare il vero problema
che rende ingestibile l’assetto istituzionale italiano:
il federalismo già esistente?
L’Italia è già una Repubblica federale. Vige un federalismo non territoriale ma funzionale. Quello che è
emerso in seguito all’approvazione del decreto Bersani: un primo timido tentativo di “liberalizzazione”
sociale. Un mercato in cui sono scesi i campo, senza
veli, le lobby economiche, le cordate finanziarie, le
corporazioni artigiane e mercantili, gli ordini professionali, le gilde dei tassisti ecc. In un limbo particolare di questa galassia di poteri forti sono da
annoverare le gerarchie cattoliche e le strutture che
ad esse fanno riferimento privilegiate e tutelate dal
regime concordatario.
I partiti e i sindacati, designati dalla Costituzione ad
organizzare le istanze economiche e le scelte politiche dei cittadini, sono stati scavalcati. Del resto essi
stessi si sono adeguati lasciando emergere al loro interno le burocrazie sindacali, le oligarchie di partito
incapaci di trasformare bisogni diffusi e richieste
particolari in rivendicazione sindacale compatibile
con gli interessi generali.
Si ha così la mappa dei nuovi poteri. Se a queste nuove/vecchie strutture, che ormai sono parte integrante delle istituzioni
di una Repubblica
Per assicurare
che si vuol far diistituzioni pubbliche
ventare ancor più
“federale”, si agcapaci di garantire
giungono il partito
dei sindaci e quelal tempo stesso
lo dei governatori
regionali, con le
sviluppo economico
schiere degli elete servizi ai cittadini
ti nei loro listini
e la pletora dei
non serve rafforzare
loro consulenti, si
riesce a cogliere
carrozzoni costosi o
quanto la dialetaprire altri enti inutili
tica politica reale
sia ben diversa
con relativi consigli di
da quella prevista
dalla Costituzione
amministrazione
formale.
Diventa pertanto ambigua ogni proposta di revisione della Costituzione che non abbia chiarito se intende essere un adeguamento di questa allo sviluppo della società o piuttosto un suo stravolgimento
per legittimare i nuovi poteri.
Per assicurare istituzioni pubbliche capaci di garantire al tempo stesso sviluppo economico e servizi ai
cittadini non serve rafforzare carrozzoni costosi o
aprire altri enti inutili con relativi consigli di amministrazione. Lo sviluppo della telematica e l’accelerazione del sistema dei trasporti rendono assolutamente superflue e inutilmente costose strutture
amministrative e livelli di rappresentanza retaggio
del passato, come le province, o di nuova generazione come le agenzie specializzate finalizzate solo
a moltiplicare posti e a nutrire clientele e per di più
fonti primarie d’inquinamento e condizionamento
nella selezione della classe dirigente.
Ogni progetto riformatore è benvenuto purché sia
realmente funzionale al miglioramento della qualità
della vita dei cittadini e non delle lobby, delle corporazioni, delle oligarchie e delle burocrazie.
Annaffia i fiori con acqua piovana, conservata
in recipienti, e con l’acqua usata per
sciacquare verdure e frutta, e possibilmente
la sera: con meno caldo, l’acqua ha più tempo
per essere assorbita (evapora di meno)
Francesco Benetti [email protected]
La nuova economia (utile)
Ecco come vengono viste le nuove
sfide dell’ecologia sulle maggiori testate
giornalistiche internazionali. Anche
l’India, nella sua rincorsa alla crescita,
ha dichiarato che presto applicherà dei
limiti alle proprie emissioni e assumerà
un ruolo attivo nella riduzione dei gas
serra. Gli unici a voler mettere ancora in
contrapposizione la salvezza finanziaria
e l’ambiente sono in Italia.
L
e foreste immagazzinano carbonio, e lo mantengono “imprigionato” nel suolo invece che libero di
aggiungersi ai gas serra nell’atmosfera, rallentando il
cambio climatico. Inoltre mantengono e regolano le riserve mondiali d’acqua e generano importanti componenti
farmaceutici. “E’ ora che ci rendiamo finalmente conto che
questi servizi sono di grande valore per noi”, ha concluso
qualche tempo fa un tecnico ambientale del governo tedesco ad una conferenza sul clima. Il settimanale Der Spiegel
ne riportava le parole raccontando dell’ennesimo conflitto
tra la lotta alla povertà e la protezione della natura, in quel
caso in Congo, dove la distruzione delle foreste pluviali,
fondamentali nella lotta al cambio climatico, stava creando i presupposti per un primo rilancio economico delle
regioni più povere del Paese. L’importanza, ormai anche
economica, della tutela dell’ambiente, è ormai nota. Con
un pizzico di invidia, per esempio, il francese Le Monde
ha riportato la notizia che “la Gran Bretagna ha fissato
un obiettivo ambizioso di riduzione dei gas serra”: oltre
l’obiettivo comune all’Unione Europea, il 20% di riduzione
entro il 2020, infatti, il governo di Londra è divento il primo
al mondo con un obiettivo di così lungo termine, l’80% entro il 2050. Secondo gli esperti britannici, sarebbe “difficile
ma non impossibile”. Nel frattempo, durante un convegno
sull’energia nucleare, tenutosi invece a Roma giovedì 20
novembre, esponenti del nostro Governo hanno ancora
una volta sostenuto la posizione della vergogna: l’obiettivo firmato irresponsabilmente dal precedente Governo [il
famigerato 20-20-20] è fuori
dalla nostra portata, le nostre
aziende falliranno e saremo
invasi dalle cavallette.
Al contrario, secondo il
commentatore del Guardian
Kevin Smith, quella dell’immediato futuro potrebbe diventare la “nostra economia
verde”: “I Governi dovrebbero usare le loro posizioni
di forza come azionisti delle
nuove banche ricapitalizzate
per promuovere dei cambiamenti positivi dall’interno”.
L’idea è che il salvataggio
incondizionato del sistema
finanziario e bancario, che
ci hanno condotto alla crisi,
potrebbe essere invece condizionato da un semplice
punto: invece di permettere
che la situazione di difficoltà economica ricada sugli
impegni in materia di lotta
la cambio climatico e di protezione dell’ambiente, diminuendo l’impegno in queste
direzioni, i Governi sono
oggi nella posizione di indirizzare le mosse future delle
banche. “Politiche di prestiti
etici si sono già dimostrate
attraenti per gli investitori”,
e non c’è motivo per cui la
ricerca dell’efficienza energetica, delle energie rinnovabili
e della riduzione di gas serra
non diventino “privilegiate”
rispetto agli investimenti
meno “salutari” degli ultimi
decenni.
Si è accennato al ritorno
del nucleare. Il dibattito è al
centro dell’attenzione in tutti i principali Paesi europei,
meno in Francia dove quasi
l’80% dell’energia è prodotta dalle centrali nucleari. In
Spagna, il primo governo
Zapatero aveva addirittura pianificato la chiusura di
tutti gli impianti e la sostituzione della quota nucleare
con le energie rinnovabili.
“Ma – scrive El Mundo – la
crisi energetica e finanziaria
e l’impennata del prezzo del
petrolio hanno cambiato le
prospettive”. Attualmente è
attivo un forte dibattito in
terra iberica sulla convenienza dei due percorsi. In Italia,
invece, alle dichiarazioni del
Governo sulla nuova alba
nucleare ha fatto da contraltare la quasi silenziosa risposta dell’opposizione: “Il nucleare va bene, ma non come
lo vuole Berlusconi”, ovvero
il più presto possibile e senza
porsi troppi problemi.
Le sensibili corde dell’economia, in tutto il mondo, stanno spostando gli assi decisionali in favore della tutela ambientale: anche l’India, nella
sua rincorsa alla crescita, ha
dichiarato che presto applicherà, per la prima volta, dei
limiti alle proprie emissioni e
che assumerà un ruolo attivo
nella riduzione dei gas serra. Gli unici a voler mettere
ancora in contrapposizione
la salvezza finanziaria e l’ambiente, pare, stanno seduti
nel nostro Parlamento.
Area marina protetta “Capo Carbonara”
Gianni Milano - [email protected]
Anche questo lunedì condividerò con i lettori di Notizie Verdi una sintesi della pubblicazione che ho personalmente curato per conto del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare intitolata “Alla scoperta delle ventisei Aree Marine Protette italiane”, attualmente distribuita gratuitamente dallo stesso ministero.
Visitiamo allora insieme, seppur virtualmente, un’incantevole parte di Sardegna.
L’AMP “Capo Carbonara” è situata nella
costa sud-est della Sardegna, nel territorio
di Villasimius, ed occupa una superficie di
circa 8,9 Kmq. È delimitata da Capo Boi ad
ovest e da Punta Proceddus ad est. Capo
Carbonara è il nome della punta estrema
sud-orientale della Sardegna, che si erge
sul mare di fronte l’isola dei Cavoli, perla
incontaminata di un paradiso costituito
da lunghe spiagge di sabbia bianca e quarzosa, intervallate da piccole colline, costoni di granito, ciottoli levigati, deliziose
calette nascoste, scogliere a strapiombo e
accoglienti insenature, lambite da un mare
dalla surreale trasparenza. Una sorta di
istmo, con al centro lo stagno di Notteri,
circondato da un tratto costa tra le più varie e affascinanti del Mediterraneo. L’AMP
è stata istituita per custodire un autentico
paradiso, terrestre e marino, con l’obiettivo
non solo di salvaguardare il patrimonio naturale, ma soprattutto di valorizzare e promuovere le risorse ambientali, lo sviluppo
sostenibile e la divulgazione di una sempre maggiore coscienza ambientale nella
popolazione locale e dei turisti. Il piccolo
Comune di Carbonara, che solo nel 1862
divenne Villasimius, prese il nome dall’intenso sfruttamento del carbone di legna,
attività praticata un tempo nella zona. Le
sue coste sono sempre state, nei secoli
passati, un’area strategica per il controllo
dei traffici marittimi: ne sono testimonianza le numerose torri d’avvistamento,
presenti sin dall’epoca medievale, spesso
sorte sulle rovine di un antico nuraghe. Le
invasioni della costa dei pirati barbareschi
erano infatti frequenti. Tra le costruzioni
ancora visibili vi sono la Torre di San Luigi,
sull’isola di Serpentara, la Torre di Porto
Giunco, sull’omonima collina, la Torre
dell’isola dei Cavoli, la Torre di Capo Boi e
la Fortezza Vecchia. In Comunicazione visiva fra loro, facevano parte di un sistema
d’avvistamento che sorvegliava dall’alto
l’intero golfo di Cagliari. Numerosi naufragi hanno regalato, per secoli, ai fondali
sottomarini di Villasimius, reperti di tutte
le epoche, il più antico dei quali è rappresentato da una nave romana datata al 250
a.C., che trasportava anfore e ceramiche.
Tra gli altri ritrovamenti vanno ricordati
quelli di un intero galeone spagnolo e di
un carico di vasellame medioevale. Il museo Archeologico di Villasimius è il punto
di riferimento per chi voglia studiare nel
dettaglio queste ed altre testimonianze
del passato. Custodito nelle profondità del
mare vi è persino un relitto recente, quello
del piroscafo “Egle”, affondato nel 1943. Gli
scenari sommersi sono caratterizzati da
rocce granitiche che formano pinnacoli e
bastioni, avvallamenti, spaccature e tafoni,
sovente colorati dal giallo oro delle margherite di mare (Parazoanthus axinellae)
o dal rosso carminio delle gorgonie (Paramuricea clavata). Nei pressi dei Variglioni
dell’isola dei Cavoli è usuale l’incontro con
banchi di barracuda mediterranei; grazie
alla ragguardevole trasparenza dell’acqua,
li si può seguire nei loro pattugliamenti
alla ricerca di cibo. Nei pressi della Secca
di Cala Caterina si ammira lo spettacolo
sommerso fornito dalle grosse frane granitiche, abitate da una tranquilla popolazione di cernie e da orate di grandi dimensioni. Gli splendidi fondali marini di Villasimius sono meta costante di immersioni,
in tutte le stagioni dell’anno. All’interno
dell’AMP “Capo Carbonara” le attrazioni
degne di nota sono numerose: bellezze
naturali, rocce e dirupi sommersi, specie
tipiche di fauna e flora rigogliosa, oltre ad
affascinanti relitti, alcuni dei quali risalenti
al secolo scorso.