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L`obsolescenza dei supporti tecnologici:“Quanto
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SCENARI
L’obsolescenza dei supporti tecnologici:
“Quanto durano i ricordi digitali?”
FRANCO GUADAGNI
L’invito alla riflessione sulla volatilità delle informazioni archiviate in formato
digitale è stato un gradito stimolo sia da un punto di vista professionale che
personale. La questione ha infatti grande rilevanza a livelli diversi, poichè l’era
digitale ha ormai superato la fase iniziale in cui le tecnologie basate sulla logica binaria erano appannaggio dell’industria dei computer e della produzione
commerciale di informazioni, per atterrare pesantemente nella vita quotidiana
di ognuno di noi. La vendita di fotocamere digitali ha superato quella delle
vecchie macchine fotografiche analogiche, e gran parte di coloro che amano
videoregistrare vacanze o occasioni importanti hanno la possibilità di masterizzare i ricordi audiovideo nello stesso formato professionale, MPEG2/DVD,
in cui vengono commercializzati i film d’autore.
Il problema della conservazione dell’informazione binaria è perciò ormai condiviso dalle grandi istituzioni del sapere (Università, archivi pubblici e privati,
Enti di ricerca), dalle multinazionali dell’informazione (editoria, musica, cinema) e da ogni settore del mondo professionale, ma anche dai privati che
sempre di più affidano ai bit impressi su supporti quali CD, DVD ed hard disk
le proprie memorie private e i ricordi personali. Come spesso capita quando
si fanno confronti tra il mondo professionale ed il mondo dei consumatori, la
dimensione quantitativa del problema nel secondo caso (come vedremo nel
seguito) è di qualche ordine di grandezza superiore al primo, motivo per cui
ha almeno altrettanta dignità ed importanza.
Per questo, nella necessità di focalizzare il problema per una breve trattazione, ed anche in considerazione della formazione e delle competenze personali, ho deciso di affrontare la tematica dal punto di vista delle esigenze ed
aspettative dell’uomo comune.
1. Introduzione
La quantità di informazione generata nel
mondo è da qualche tempo oggetto di studio in
vari ambiti, ed in particolare i dati qui riportati prov e n g o n o d a u n p ro g e t t o d e l l a “ S c h o o l o f
Information Management and Systems”
dell’Università della California a Berkeley
(www.sims.berkeley.edu/research/projects/howmuch-info-2003/), che ha dato una panoramica
dell’informazione originata nel 2002. Il tentativo di
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sintesi riportato nelle figure seguenti dà una dimensione (se non altro relativa) dell’importanza dell’informazione digitale prodotta dal mondo privato
rispetto a quella prodotta in ambiti professionali.
Le dimensioni assolute sono quasi vertiginose:
l’unità di misura è il Terabyte (1012 byte), che possiamo in maniera semplicistica rappresentare come
il contenuto informativo di un’ipotetica biblioteca in
cui siano custoditi un milione di volumi, ognuno di
mille pagine ed in cui ogni pagina contiene mille
caratteri. Il Terabyte diviene comunque presto una
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Video
privati
Radio
SMS + IM
Internet
Giornali
Fotografia
CD Audio
Televisione
Radiografie
Libri
DVD
unità di misura troppo minuTerabytes
scola per tenere conto di
Fonte: Berkeley University
3500
tutta l’informazione generata
“How much information” Project
nel mondo, e si parla perciò
3000
anche di Petabyte (equivalente a mille Terabyte) o di
2500
Exabyte (equivalente a mille
Petabyte). Uno sguardo ai
2000
grafici delle figure 1 e 2 ci
dice in quali “categorie”
1500
ricade l’informazione, e quali
sono i settori che ne produ1000
cono in maggiore quantità.
Già il primo grafico ci
500
dice che l’informazione privata prodotta sotto forma di
0
messaggi testuali (SMS, utilizzati più frequentemente in
Europa, ed Instant Messages
Internet, più usati negli Stati
Uniti) è circa dieci volte
superiore a quella di tutti i FIGURA 1› Informazione prodotta nel mondo nel 2002.
libri stampati nel mondo
ne llo ste sso peri o do . L o
stesso grafico ci dice che,
della conservazione della memoria uno dei vangrossomodo, l’informazione dei messaggi testuali
taggi principali dell’informazione numerica, la sua
privati (SMS+IM) è equivalente alla somma di
non deteriorabilità (intesa come degrado della sua
quella contenuta in libri, giornali, DVD e CD audio
pubblic a ti ne l l o stesso
periodo!
Il grafico mostra un
Terabytes
primo “salto” passando alle
Fonte: Berkeley University
1400000
“How much information” Project
trasmissioni radiofoniche,
che generano una quantità
1200000
di informazioni circa dieci
volte superiore a quella delle
1000000
precedenti categorie sommate tra loro. Il cambio di
800000
scala che porta al secondo
grafico è impressionante.
600000
Qui l’ordine di grandezza
dive nta oltre c en to vo l te
400000
quello di prima. Abbozzando
una somma globale, si può
200000
osservare come la somma di
home vide o e fo to g rafi a
0
generi una quantità di informazione circa 20 volte superiore alla somma di tutte le
fonti “professionali” di informa zione , te levi si o n e e
cinema compresi.
La conservazione affida- FIGURA 2› Informazione prodotta nel mondo nel 2002.
bile di questa enorme quantità di dati è un problema di
qualità in qualche modo lineare nel tempo) rischia
una dimensione consona ai numeri a diciotto cifre
di tradursi in un altrettanto grave difetto. La
che essa sottende.
stampa di una fotografia invecchia ingiallendo,
sgualcendosi, sporcandosi, ed una volta che il
2. La conservazione analogica e quella digitale
“degrado analogico” ha agito, ben poco si potrà
fare per riportarla al suo aspetto originario.
Non è obiettivo di questo articolo ricordare i
Una foto digitale è una sequenza di bit che una
vantaggi che la produzione e memorizzazione digivolta archiviata si mantiene costante nel tempo,
tale dell’informazione comporta. Dal punto di vista
finchè i bit siano leggibili. Ma proprio per la natura
Cinema
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fisica dei supporti digitali e
degli strumenti che li sanno
leggere, il pericolo è che la
foto d’un tratto “scompaia”
Other Magnetic Tape
CD
perchè i bit non si riescono
10 - 30 years
5 - 100 years
piu a leggere, per motivi che
indagheremo tra breve. E,
Newspaper
Microfilm
cosa ancora peggiore, vista
10 - 20 years
10 - 500 years
la sorprendente capacità
(nel senso quantitativo del
termine) dei supporti digitali,
Data-grade
Photographic slides
VHS video
VHS video
il rischio che più frequente10 - 30 years
100 years
mente si corre è quello della
perdita non di una sola foto
Digital linear tape
Archival-grade acid-free paper
o di una sola canzone, ma
10 - 300 years
100 - 500 years
di centinaia di esse in un
colpo solo, con la semplice
Fonte:
Egyptian Stone Tablet
Michael Gilbert,
perdita di un CD-ROM o di
Univ. of Massachusset
2.200
years
parte di esso.
A scanso di equivoci è
bene comunque ricordare
che per quanto si usi spesso
il termine “virtuale” per indicare l’informazione digitale, FIGURA 3› Una rappresentazione grafica della durata dei supporti fisici.
la sua memorizzazione si
traduce comunque in fatti
fisic i c he m odi fi can o u n
di essi. La figura 3 riporta una sintesi tratta proprio
qualche supporto materiale (es. la superficie rifletdall’articolo di Gilbert, che nello stesso suggerisce
tente di un disco ottico), pertanto il degrado del
anche alcuni espedienti per far sì che la durata dei
mezzo fisico non è di per sè troppo differente da
supporti fisici dei bit sia la più lunga possibile.
quello cui è destinata la pellicola di un film. Ma la
La longevità delle incisioni su pietra è evidentedensità di impacchettamento dell’informazione in
mente difficilmente eguagliabile, ma anche se ci
un mezzo digitale trasforma quello che su una foto
accontentassimo di un periodo minore (alcune
è un graffio o uno strappo in una irrimediabile perdecine di anni potrebbe considerarsi già una buona
dita di milioni di bytes, traducendosi in un evento
durata per i supporti digitali), purtroppo il degrado
molto più traumatico dal punto di vista del recufisico dei supporti è solo uno dei pericoli che
pero dell’informazione, proprio perchè l’informaminano la conservazione digitale della memoria.
zione “nascosta” sotto un graffio sulla superficie di
un CD è enormemente superiore a quella che esso
nasconde sulla superficie di una fotografia … .
4. Obsolescenza della tecnologia
3. Obsolescenza del supporto
Abbiamo cominciato ad intravedere quello che
a prima vista sembra il nemico numero uno della
memorizzazione in formato digitale: il degrado del
supporto fisico. Esso è sicuramente uno dei problemi principali, ed il non poter leggere un CD a
qualche anno dalla sua scrittura non è evento
improbabile. Personalmente ho potuto constatare
che anche CD musicali industriali acquistati non
più di quindici anni fa possono essere irrimediabilmente perduti, e non per cattiva conservazione
degli stessi: a volte è evidente il cambiamento del
substrato riflettente (probabilmente già in origine di
non eccelsa qualità), che appare nettamente ingiallito rispetto al colore argenteo brillante che siamo
abituati a riconoscere.
Michael Gilbert, che lavora alla Università del
Massachusetts ha tentato nel suo articolo “Digital
Media Life Expectancy and Care” una classificazione
dei substrati tradizionali di archiviazione dell’informazione, associando una aspettativa di vita ad ognuno
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In un recente trasloco dell’ufficio, lo scaffale di
un armadio che non aprivo da tempo ha restituito
una unità di archiviazione su nastro magnetico
(cartridge o cartuccia in gergo informatico), abbastanza usata non prima di una decina di anni
orsono. Il nastro magnetico probabilmente contiene ancora tutte le informazioni memorizzate a
metà degli anni novanta, e fortunatamente credo
(ma non posso esserne certo!) non contenga nulla
che mi sia di qualche necessità. Dopo una breve
verifica ho scoperto infatti che nell’azienda in cui
lavoro non esiste più in funzione alcun lettore di
quel tipo di cartuccia.
Il problema è generale: a parte alcuni oggetti
estremamente longevi per quanto riguarda la
disponibilità di lettori (si pensi ad asempio ai floppy
disk da 3,5 pollici) molti supporti di memorizzazione hanno avuto una vita molto breve, e penso
proprio a quegli strumenti che, prima della diffusione a prezzi popolari di masterizzatori CD, cercavano di riempire il gap tra la capacità molto limitata
dei dischetti magnetici e la necessità di memoriz-
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zare archivi dell’ordine di qualche centinaio di
Megabyte.
D’altronde i miei venticinque anni di vita professionale mi consentono di ricordare i floppy disk da
otto pollici (contenevano ben 200 Kbyte di informazione!); sicuramente per trovare oggi un lettore in
grado di recuperare i bit da quegli aggeggi dall’aspetto antidiluviano bisognerebbe andare in un
museo dell’informatica. E stiamo parlando di soli
trent’anni orsono … .
5. Obsolescenza dei formati software
Il problema dell’interpretazione dei dati è simile
a quello che per anni ha afflitto gli studiosi di storia
dell’antico Egitto: i geroglifici erano lì, evidenti,
scolpiti sulla pietra o dipinti sui muri e sui papiri,
ma come interpretarli? Se oggi riuscissi a leggere i
bit da uno di quei floppy di cui parlavo, come
potrei interpretarli in maniera corretta? Certo, se
fossero caratteri di testo codificati in ASCII
(American Standard Code for Infor mation
Interchange), uno degli standard più longevi della
storia dell’informatica, potrei ancora facilmente
decifrarli, ma se l’informazione fosse scritta in un
qualche codice geroglifico dell’era dell’Antico
Egitto Informatico sarebbe praticamente indecifrabile a soli trenta anni di distanza dalla sua scrittura,
altro che millenni!
Quella degli standard informatici è una tematica
cui ognuno deve prestare la massima attenzione
quando memorizza una informazione che per qualche motivo è importante. Un esempio che può servire agli appassionati di fotografia: oggi le fotocamere digitali di classe medioalta hanno la possibilità di memorizzare le immagini ritratte, oltre che in
formato JPEG (Joint Photographic Expert Group)
(che come molti sanno è un formato compatto che
però non mantiene intatta la qualità originale della
foto) anche in formato cosidetto raw, che riporta
con completezza l’immagine catturata dal sensore
CCD (Charge Coupled Device) che sostituisce la
pellicola fotografica in una macchina digitale. Il formato raw dipende perciò dalla particolare fotocamera usata, e solo il software che accompagna
quella particolare fotocamera è in generale in
grado di decifrarlo. Se, per lo scrupolo di conservare esattamente le foto così come sono state
scattate, si memorizzasse su CD il formato raw, ciò
probabilmente in prospettiva sarebbe un errore,
poichè la probabilità che tra dieci anni il software
di decodifica di quel particolare formato sia ancora
usato, e possa essere eseguito sui sistemi operativi che ci saranno a quell’epoca è estremamente
bassa. Molto più logico sarebbe invece immagazzinare l’immagine in qualche altro formato standard
che ugualmente la conservi nella sua integrità, per
esempio TIFF (Tagged Image File Format) o PNG
(Portable Network Graphics).
Questo problema è molto sentito in ambiti
anche professionali di conservazione dell’informazione, tanto che una delle aziende leader nel
campo della pubblicazione di documenti elettro-
nici, la Adobe, proprietaria del formato PDF
(Portable Document Format) ha attivato una collaborazione con l’organizzazione internazionale di
standardizzazione ISO per la pubblicazione di uno
standard di derivazione del formato PDF, per consentire la sua decifrabilità svincolandola dall’uso di
un software specifico di proprietà dell’azienda.
6. Quando la protezione può creare problemi
Cito quest’ultima minaccia per la conservazione
di dati digitali poichè essa è potenzialmente insidiosa e probabilmente non sufficientemente considerata. L’esempio che segue è ripreso dalla trattazione che di questi temi ha fatto il prof. Luciano
Scala, personalità eminente nel campo della conservazione dell’informazione, in occasione di un
convegno sul “Futuro della memoria digitale” tenutosi a Firenze nel 2003.
La città di Anversa è stata, nel lontano (!) 1995, la
prima città belga a sviluppare un proprio sito Web.
Dopo appena sei anni, nel 2001, volendo ricordare
l’evento della pubblicazione del primo sito municipale belga, si ricercarono i nastri che contenevano i
cosiddetti “backup” del sito originale. Una volta
recuperati i nastri dagli archivi, le difficoltà furono
quelle già elencate sopra (ritrovare un lettore adeguato, fare i conti con un nastro parzialmente rovinato perchè inavvertitamente sovrascritto, decifrare
formati non sempre freschissimi), con in più il problema di avere alcuni nastri che erano stati archiviati
usando una password di protezione. L’algoritmo di
cifratura era evidentemente buono e robusto, poichè
l’unica soluzione per poter leggere quelle parti è
stata rintracciare le persone che avevano lavorato in
quel centro; esse fortunatamente ricordavano le procedure di recupero delle password che altrimenti
avrebbero impedito la lettura di alcuni dei vecchi
nastri. In questo caso un espediente studiato per
proteggere i dati, probabilmente utilizzato solo in
ossequio ad una procedura di archiviazione vigente
all’epoca nel Centro Elaborazione Dati, ha rischiato
di impedirne il loro successivo recupero.
Un discorso parallelo, nel campo della produzione professionale di contenuti, riguarda la
gestione dei diritti di accesso DRM (Digital Right
Management). Il problema è di dimensioni enormi e
sta su sci tan do ba t t a g lie le g a li milio na r ie .
Quantunque questo non sia luogo adatto ad
approfondire l’argomento, vale la pena ricordare
che la protezione dei diritti di copia è di per sè
nemica della diffusione dell’informazione, e nonostante il DRM sia oggi di gran moda, non sempre le
mode sono a prova di futuro.
Se l’applicazione di digital watermark, di tecniche di protezione delle copie, di gestione dei diritti
digitali prendesse piede anche presso i privati cittadini potrebbe portare all’assurda situazione in
cui, ad esempio, il figlio non può fare una copia
delle foto del padre senza usare una specifica
licenza digitale che magari si è persa nei meandri
di un vecchio hard disk o in una smart card finita
per errore nel secchio della spazzatura … .
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7. Che fare?
L’utilizzatore non professionale di tecnologie
informatiche ha, come abbiamo visto in precedenza, la stessa esigenza di conservazione dell’informazione e si scontra con problemi simili a
quelli, ad esempio, di una istituzione accademica
che deve memorizzare il patrimonio culturale rinchiuso in documenti cartacei vecchi di secoli.
Naturalmente i mezzi economici a disposizione
sono diversi, come lo sono le dimensioni dei problemi da affrontare, ma la larga diffusione di tecnologie di memorizzazione a basso costo (es.
masterizzazione di CD e DVD) può in alcuni casi
creare un vantaggio per l’utilizzo in entrambi i
contesti.
Apparecchiature molto complesse che sono
state proposte nel recente passato per l’archiviazione industriale dei dati (ad esempio costosi jukebox di dischi ottici particolari) rischiano di essere
meno sicure rispetto a mezzi più popolari ed economici: vendute in pochi esemplari esse sono
infatti soggette a rapida obsolescenza, con conseguente perdita in maniera quasi definitiva di grandi
moli di dati.
Tutti i pericoli elencati possono essere affrontati
seguendo semplici norme di comportamento: una
buona manipolazione ed una idonea archiviazione
sono le regole indicate da Michael Gilbert (nel suo
articolo già citato) contro il deterioramento fisico
dei supporti; l’uso di tecnologie di storage non di
nicchia ma invece ad ampia diffusione (es i
CD/DVD) alleviano il rischio di non disporre di lettori con esse compatibili; l’uso di formati il più possibile standard per conservare documenti, immagini e filmati - rifuggendo da formati proprietari
magari molto più di moda - protegge la leggibilità
futura dei bit immagazzinati; infine l’uso ragionato
e praticato solo in caso di effettiva necessità di
tecniche di protezione basate su cifratura dei dati
scongiura il rischio di dimenticare il “PIN” (incubo
di tutti i possessori di bancomat ...).
Ma c’è di più … .
8. Sfruttare la riproducibilità e l’abbondanza.
Chi ha vissuto l’era delle pellicole (per foto e filmati) e dei nastri magnetici (per la musica) utilizzati
a fini amatoriali, sa bene con quanta cura andasse
conservato l’originale dell’informazione, consci del
fatto che ogni copia avrebbe comunque perso un
pò della qualità catturata, poichè il processo di
degrado analogico si accumula per effetto di copie
successive. Mio cognato metteva le pellicole fotografiche, singolarmente impacchettate, a conservare nel freezer (creando qualche problema familiare per la promiscuità dell’acetato col bollito), ma
non ho mai saputo se questa tecnica consentisse
un effettivo miglioramento della conservazione dei
colori originali nel tempo, come lui ha sempre
sostenuto.
Abbiamo già accennato al fatto che, con l’era
digitale, questo problema non esiste più: se l’origi-
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nale è digitale, ogni sua copia, anche dopo mille
riproduzioni, gli sarà fedele bit per bit1. È naturalmente possibile, ed anzi consigliato, trar profitto da
questa caratteristica per scongiurare la perdita
soprattutto dei ricordi digitali che si hanno più cari,
conservandone più copie. In questa pratica le leggi
di Moore, che si applicano ancora perfettamente
all’andamento dei costi e delle prestazioni delle
attrezzature informatiche, ci danno una buona
mano.
Nella figura 4 è rappresentato lo stato dell’arte
della memorizzazione digitale al momento della
stesura di questo articolo (sicuramente chi lo leggerà troverà questa informazione già sorpassata e
ciò che oggi sembra quasi miracoloso pensando a
ieri, domani sarà roba vecchia). Recentemente è
stata sfondata la barriera del Terabyte per hard
disk da Personal Computer di classe media, quelli
usati dagli utenti privati più tecnologicamente
avanzati.
FIGURA 4› Le memorie di massa attuali (figure non in scala).
La miniaturizzazione consente di immagazzinare
40 Gigabyte in un HD delle dimensioni di una
moneta da un euro, e persino tecnologie più sofisticate come quelle delle memorie a stato solido
(es. flash memory) hanno capacità dell’ordine dei
Gigabyte, come si può vedere nella figura 4. I costi
naturalmente dipendono dal tipo di supporto, ed
oggi si va dai circa 70 euro per Gigabyte per le tecnologie a stato solido (Flash, SD e similari), ai 10
centesimi di euro per quelle ottiche (DVD) passando per i circa 40 centesimi di euro al Gigabyte
per gli hard disk magnetici.
Prezzi che potremmo definire popolari, visto
che la memorizzazione di due ore di video amato(1)
Questo a patto che nel processo di copia non si modifichi l’originale, ad esempio comprimendolo con tecniche “a perdita
d’informazione” (JPEG è una di esse). Il processo di editing, salvataggio, compressione dell’informazione (es. foto o musica) dà
luogo a cambiamenti spesso irreversibili. È sempre buona
norma perciò mantenere almeno una copia dell’originale, che
contiene tutta l’informazione catturata al momento della “registrazione”.
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riale alla massima qualità
può essere effettuata su un
singolo DVD del costo di
meno di un Euro. E ancora la
ricerca non si ferma: tecnlogie ottiche basate su laser
che operano nella zona del
blu/indaco sono già sulla
rampa di lancio commerciale
(previsto inizialmente per il
2005, ed ormai in ritardo di
circa un anno) promettendo
dischi che nelle dimensioni
di un CD/DVD attuale
potranno immagazzinare da
15 a 50 Gbyte a seconda
dello standard utilizzato.
Il miglioramento è destinato a continuare, come si
desume esaminando nella
figura 5 le linea di tendenza
di capacità e costi delle
memorie. Il grafico a destra
(fonte:IBM Computers), pur
essendo vecchio di oltre cinque anni, predice con sufficiente precisione la situazione attuale (addirittura
approssimando per difetto le
capacità disponibili), mentre
quello di destra ci fa vedere
quale sarà la probabile
situazione di qui a dieci anni
per quanto riguarda il costo
unitario delle memorie di
massa.
Le previsioni IBM di 5 anni fa sono state rispettate ...
Costo di
1 Terabyte di memoria
(dollari)
100.000.000
10.000.000
1.000.000
100.000
Andamento del costo
unitario della memoria
di massa, con previsioni
fino al 2015
10.000
1.000
100
10
1
1985
1995
2005
2015
9. Aumentano le esigenze
FIGURA 5› Linee di tendenza e costi delle memorie.
Se tanta abbondanza è
più che sufficiente per gli
scopi prevedibili a breve,
gli scrutatori (e i costruttori) del futuro stanno
immaginando scenari in cui anche una moltiplicazione per mille delle capacità attuali (o una
corrispondente riduzione dei costi) avranno un
senso per soddisfare bisogni scaturiti da nuove
mode e comportamenti. Il dilagare dei diari in
rete, i cosidetti Blog, con le loro più recenti versioni multimediali, fanno intravedere la possibilità, nel prossimo futuro, di avere a disposizione
una registrazione quasi totale delle proprie esperienze di vita.
(2)
Sensecam é un progetto Microsoft in cui una macchina fotografica (o, in futuro, una videocamera) indossata come accessorio di abbigliamento riprende ciò che succede intorno al “portatore” e lo scarica tramite rete su un archivio. Lifeblog è un
progetto Nokia similare, che ha per protagonista naturalmente
un telefonino in grado di effettuare riprese video che vengono
scaricate in tempo quasi reale su un sito Web via collegamento di telefonia mobile UMTS.
Sembra fantascienza, ma se aziende del calibro di
Microsoft e Nokia 2 hanno dato vita a progetti di
ricerca in queste direzioni, c’è da aspettarsi che
prima o poi qualcosa del genere accada. C’è comunque un limite alla quantità di informazioni che ognuno
di noi può generare (e verosimilmente voler archiviare), e memorie di qualche Terabyte3 costituiscono
probabilmente un ordine di grandezza accettabile per
la conservazione di tutto ciò che vorremo trattenere.
Se le tendenze previste saranno confermate, i
problemi di quantità e costi saranno presto risolti in
maniera positiva, consentendoci di duplicare a
basso costo gli archivi digitali cui siamo più affezionati, rendendo più improbabile una loro prematura scomparsa.
(3)
Per avere un termine di riferimento, si consideri che la completa archiviazione in formato DVD a buona qualità di tutta la produzione cinematografica italiana, dalle origini ad oggi (circa
4000 titoli) richiederebbe meno di 20 Terabyte.
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10. Infine, la rete: divagazioni a ruota libera.
Le riflessioni finora effettuate non hanno tenuto
conto di una variabile che è ormai inscindibilmente
legata ad ogni discorso sul mondo dell’elettronica
e dell’informatica: la rete. I Personal Computer da
qualche anno non sono più oggetti isolati, nè all’interno della casa (sempre più diffusi sono i collegamenti di “home networking” che consentono ad
esempio allo stereo di suonare la musica contenuta
nel PC, o alla televisione di visualizzare le foto digitali) nè all’esterno, col loro collegamento alla rete
Internet.
Il ruolo del Personal Computer, comunque
mascherato 4 , sarà sempre di più quello di un
aggregatore e manipolatore di informazioni che
possono essere poi fruite all’interno o dall’esterno
dell’ambiente domestico, vuoi tramite terminali che
vanno dai telefoni cellulari ai computer palmari,
vuoi attraverso collegamenti ai punti di accesso ad
Internet diffusi in tutto il mondo. Cosa c’entra questo con la conservazione dell’informazione?
Intanto, l’idea di immagazzinare l’informazione
in contenitori “remoti” rispetto al luogo del suo utilizzo (utilizzando quindi la rete come mezzo di trasporto) ha già avuto almeno due applicazioni, una
nel campo professionale ed una nel campo privato.
Il concetto di remotizzazione dei data centre per
funzionalità di disaster recovery è ormai consolidato, e molte aziende hanno database sincronizzati
attraverso la rete in luoghi molto distanti tra loro, a
scongiurare che eventi catastrofici possano
distruggerne l’intera dotazione di dati, ivi inclusi gli
archivi di backup.
Dal punto di vista dell’utilizzo non professionale, molti Service Provider offrono ai propri utenti,
a pagamento, l’uso di uno spazio di memoria in
rete utilizzabile sia come archivio supplementare
dei dati a casa, sia come punto di accesso a tali
dati visibile da Internet. Ma la situazione della rete
come memoria di massa dell’informazione digitale
potrebbe ulteriormente evolvere nei prossimi anni.
Consideriamo per un momento la situazione
attuale: solo una piccola parte dell’informazione
contenuta nei computer collegati alla rete è effettivamente accessibile dalla rete stessa (si tratta dell’informazione contenuta nei siti Web, c’è chi ipotizza che essa rappresenti circa il 3% dell’informazione totale). Di questa informazione disponibile in
rete una buona parte è contenuta in database
accessibili solo attraverso i siti Web, ma non direttamente indicizzabili dai motori di ricerca. In pratica perciò oggi una piccola parte dell’informazione
è effettivamente accessibile da rete, e di questa
solo una piccola porzione è ricercabile.
Immaginiamo ora invece che l’informazione
contenuta nella maggior parte dei Personal
(4)
Sto pensando qui ai cosidetti “Media Center”, computer che
collegandosi al televisore agiscono da intermediari tra il mondo
dell’informazione digitale e quello del broadcasting, che sta
anch’esso digitalizzandosi (Televisione Digitale Terrestre, canali digitali satellitari, TV via Internet, ...).
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Computer del mondo possa essere disponibile e
ricercabile in rete. Questa sarebbe di gran lunga la
più grande biblioteca che l’umanità abbia mai concepito, una biblioteca in perenne rapida evoluzione, in cui in ogni momento nuova informazione
sarebbe disponibile ma anche vecchia informazione verrebbe persa, tutte le volte che una persona cancellasse un file dai suoi archivi.
L’ultima riflessione che vorrei proporre riguarda
la somiglianza della situazione descritta sopra con
quella di una memoria biologica, che continuamente apprende e che dimentica le cose meno
importanti: anche in questo enorme archivio dinamico le cose più interessanti sarebbero replicate
migliaia di volte, in tutte le memorie locali di coloro
che, per un motivo o per l’altro, avessero copiato
localmente l’informazione. Informazione destinata
a morire quando, dimenticata da tutti, fosse cancellata anche dall’ultimo hard disk in cui era stata
scritta.
Così, sarebbe interessante sapere se la sorte di
questa memoria (si perdoni il calembour) sarà
quella di durare di più sulla carta su cui verrà stampata o nella forma digitale in cui è stata prodotta, e
se un pronipote avrà maggiori probabilità di ritrovare questa mia piccola eredità ricercandola tra i
vecchi libri in soffitta, o nel suo computer, oppure
nella rete … .
—
ABBREVIAZIONI
ASCII
DRM
DVD
IM
JPEG
MPEG
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PNG
SMS
TIFF
American Standard Code for Information
Interchange
Digital Right Management
Digital Video Disk
Instant Messaging
Joint Photographic Expert Group
Motion Pictures Experts Group
Portable Document Format
Portable Network Graphics
Short Message Service
Tagged Image File Format
F r a n c o G u a d a g n i si è laureato in
Ingegneria Elettronica all'Università di Pisa e
l a v ora d al 1 9 8 1 in Telecom Italia.
Professionalmente si è occupato dapprima di
reti dati, collaborando alla introduzione in Italia
della prima rete dati a pacchetto
focalizzandosi in seguito sul settore
applicativo delle reti di computer (posta
elettronica, file transfer). Dal 1990 il suo
interesse professionale si è spostato sulla rete
Internet, concentrandosi soprattutto sugli aspetti di applicazioni e
servizi. Dal 1995 al 2000 ha rappresentato Telecom Italia
all’interno del World W ide Web Consortium, ha avuto
partecipazione attiva a diversi organi di gestione/amministrazione
di Internet in Italia. Oggi è responsabile dell’ingegneria dei sistemi
di Messaggistica Telecom. Nel corso della sua carriera ha
pubblicato numerosi articoli su riviste di settore ed ha contribuito
con presentazioni ed interventi a convegni di rilevanza nazionale
ed internazionale.