canti messa in quaresima

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canti messa in quaresima
LA SCELTA DEI CANTI PER LA MESSA
NELLE DOMENICHE DI QUARESIMA
5° Convegno diocesano dei cantori, strumentisti, gruppi liturgici
Lucca 5 febbraio 2011
0. IL CAMMINO PERCORSO NEI PRECEDENTI INCONTRI
1. cantare a suonare nella liturgia (2006)
2. il ministero del cantore (2007)
3. i canti della Messa (2008)
4. preparare il repertorio di canti per la liturgia (2009)
5. nell’anno 2010-2011: affrontiamo un aspetto particolare per il tempo forte della quaresima
1. PREMESSA
Bisogna tener presenti tre binomi che fanno da sottofondo al nostro discorso:
- cristiani e cittadini
I fedeli della domenica sono gli stessi cittadini che hanno scarsissima educazione musicale,
eppure in chiesa cantano, ed è l’unico luogo dove avviene questo.
- festivo e feriale
L’anno liturgico fa percorrere un itinerario dove si alterna festa e feria con un ritmo da rispettare
e questo indica la necessità di esprimere il rapporto che si stabilisce tra i tempi: per far festa a
pasqua, il giorno più solenne dell’anno, non si può cantare lo stesso alleluia che si canta nei giorni
feriali o tutte le domeniche, non si possono fare gli stessi canti in quaresima e nel tempo di pasqua…
- cattedrali e parrocchie
Una cosa è la liturgia celebrata nella cattedrale che è un unicum, altro quella celebrata in una
piccola parrocchia, ovvero non si deve imitare ma predisporre il canto tenendo conto delle persone e
dei mezzi presenti, ma sempre nella nobile semplicità richiesta dalla liturgia.
2. LA LITURGIA
Fin dai primi secoli la Chiesa è consapevole che la liturgia è opera di Dio; infatti, attraverso i
sacramenti il Cristo Risorto incontra il suo popolo e gli partecipa la salvezza, attuando così l’opera
della redenzione (cfr. Sacrosanctum Concilium n. 2) perché l’uomo viva in lui e come lui.
Nella liturgia celebriamo la salvezza eterna che si è manifestata negli eventi del Cristo (passati
e unici) e noi facendone memoria viva ne sperimentiamo i frutti. La liturgia non celebra un evento
passato ma una persona presente che contiene per sempre tutto ciò che è stato e tutto quello che ha
fatto per noi.
La liturgia è un incontro, una relazione con Dio e con gli altri attraverso lo Spirito. È lo Spirito
che rende possibile il culto cristiano. È nella liturgia che Cristo capo della Chiesa, operante attraverso
lo Spirito Santo, ci inserisce nel suo mistero pasquale di salvezza. La l. è opera umana e divina al
tempo stesso.
La liturgia è la sorgente della vita di fede: da questa nasce (battesimo) la vita cristiana: lo
Spirito ricevuto trasforma la vita, fa somiglianti a Cristo per farci agire come lui. La vita cristiana è
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vivere in Cristo, convivere con lui, è assecondare l'opera dello Spirito santo che trasforma la nostra
vita e ci fa somiglianti a Cristo, prega in noi, testimonia a noi la verità tutta intera.
Tutta la persona è coinvolta nella liturgia: lo sguardo a cogliere nella croce e nelle immagini dei
santi l'opera di Dio; l'odorato per l'incenso, l'udito reso attento dalla Parola rapito dal canto e saziato
dal silenzio.
Nella celebrazione dell’Eucaristia – azione liturgia per eccellenza – per la partecipazione
all’unico pane e all’unico calice la Chiesa vive e cresce come corpo del Cristo Risorto.
Il protagonista della liturgia è Cristo intero: Capo e corpo, per questo protagonista è tutta
l’assemblea: non c’è chi celebra e chi assiste, ma tutti siamo concelebranti, con ruoli diversi.
Il linguaggio della liturgia
Il simbolo è il punto di incontro tra due persone, nel simbolo l'uomo esprime se stesso. Anche
Dio si esprime nel simbolo: il Verbo si è fatto carne e la carne del Cristo ci fa entrare in comunione
con Dio. Gesti, luoghi, riti, segni, canto e ministeri devono lasciar trasparire l’azione del Cristo
Risorto.
La liturgia è l'atto vitale della vita della chiesa: non sono gli uomini a plasmare la liturgia ma è la
liturgia a plasmare la vita: non siamo noi a creare la liturgia ma la liturgia crea noi. L'autore della
liturgia è la chiesa e non il singolo. Non si può inventare una liturgia viva così come non si può
inventare una lingua viva: non si crea la madrelingua: la si impara come parte essenziale del proprio
patrimonio culturale che esiste prima della nostra volontà e dei nostri desideri.
Ne consegue che non è il cristiano (prete, gruppo...) che fa (a suo gusto) la liturgia ma è la
liturgia che fa (plasma) il cristiano, inventare gesti e canti per rendere tutto a nostra misura è
antiliturgico; solo una conoscenza adeguata della liturgia permette di vivere il mistero che si fa
presente nei riti e nelle preghiere. Se facciamo i canti che ci piacciono, se andiamo alla messa
quando e dove ci piace non incontriamo mai il Signore; proiettiamo i nostri desideri.
Tutto nella liturgia deve favorire l’incontro: la disposizione della chiesa (ambone, altare), nulla è
semplice riflessione: qui si passa da un Dio di cui si parla al dialogo con lui.
3. LA QUARESIMA
Centro dell’anno liturgico è la pasqua che si prolunga per 50 giorni. Parlare della quaresima è
vederla a partire dalla Pasqua e come evento di salvezza per noi, quindi in funzione della
partecipazione piena dei fedeli alla pasqua di Cristo attraverso l’iniziazione cristiana.
A partire dal III secolo la preparazione alla Pasqua, fino ad allora limitata al digiuno nei due
giorni immediatamente precedenti, comincia a strutturarsi, per assumere alla fine del IV secolo la
durata a noi familiare di sei settimane, a partire da alcune necessità legate all’organizzazione delle
prime comunità cristiane. Lo sviluppo della Quaresima è legato in primo luogo al catecumenato,
cioè al cammino di preparazione al Battesimo, che poteva durare anche alcuni anni; nelle ultime
settimane precedenti la Pasqua, i catecumeni che si preparavano a ricevere il battesimo nella veglia
pasquale vivevano un periodo di preparazione più intensa, sul piano della catechesi, della preghiera e
dell’ascesi personale. Un’altra base per l’organizzazione della Quaresima è legata alla disciplina per
la riconciliazione dei penitenti: coloro che avevano mancato agli impegni battesimali dopo un certo
tempo di penitenza venivano riammessi nella comunione eucaristica e la riconciliazione avveniva la
mattina del giovedì santo. Dalla fine del V secolo si anticipa la quaresima al mercoledì precedente
E per chi ha già ricevuto il battesimo? Le due dimensioni essenziali della penitenza e del
battesimo – espresse simbolicamente dalle ceneri che aprono la Quaresima e dall’acqua battesimale
che la conclude – accomunano catecumeni e fedeli nella celebrazione del mistero pasquale: anche i
fedeli già battezzati, attraverso la preghiera e l’ascolto più frequente della Parola di Dio, si preparano
con la penitenza a rinnovare le promesse battesimali. Il cammino spirituale di riconoscimento dei
propri peccati, pentimento, conversione e accoglienza del perdono di Dio consente di rinnovare
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l’adesione a Cristo espressa con il Battesimo. Questo tempo di penitenza si configura quindi come un
tempo di conversione, per camminare da battezzati nella novità di Cristo: «Per mezzo del battesimo
siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per
mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4).
Potremmo dire che la Quaresima è un invito a tutti i battezzati a “rifarsi cristiani”.
I quaranta giorni di questo tempo liturgico ricordano il tempo di prova e di conversione di cui
narrano le Scritture: la peregrinazione del popolo nel deserto, liberato dalla schiavitù d’Egitto, i
quaranta giorni trascorsi da Mosè sulla montagna, avvolto dalla nube, i quaranta giorni del cammino
di Elia verso l’Oreb, e soprattutto i quaranta giorni che Gesù passò nel deserto, durante i quali egli
respinse le tentazioni del potere e dell’idolatria. Il digiuno di Gesù diventa così modello della nostra
Quaresima, tempo di solitudine e digiuno in senso ampio, inteso come presa di distanza dalle
preoccupazioni eccessive e ricerca dell’incontro con Dio. Cristo vince la tentazione, prova di cui
ogni uomo fa esperienza nel proprio vissuto, e inaugura i tempi nuovi, aprendo anche a noi la
possibilità di superare la tentazione.
Il clima quaresimale non è triste, ma positivo e gioioso, nella fiducia che Cristo trionferà sulla
morte e sul peccato. Celebrando la Pasqua anche noi partecipiamo alla sua vittoria e, di anno in anno,
la celebrazione pasquale è una tappa che ci avvicina alla Pasqua eterna del Regno.
Il lezionario della quaresima nelle domeniche è strutturata in cicli: A – battesimale; B – alleanza;
C – conversione. Le letture dell’anno A permettono di riappropriarsi del battesimo:
I.
domenica della tentazione
rinuncia
II.
domenica della trasfigurazione
la preghiera - Credo
III.
domenica della samaritana
acqua
IV.
domenica del cieco nato
la luce
V.
domenica di Lazzaro
la vita
Le domeniche di quaresima
Anche in quaresima le domeniche sono pasqua (sono fuori dal computo dei 40 giorni). Questo
deve essere visibile nella liturgia domenicale che deve anche esprimere lo spirito del tempo, una
festa un po’ sottovoce perché l’esplosione gioiosa è riservata alla pasqua e al suo tempo.
Un esempio appare fin dall’antichità nei segni liturgici: la domenica non ammetteva il digiuno
segno di penitenza (di contro i giorni di penitenza non ammettevano la celebrazione dell’Eucaristia);
gli esercizi di pietà come la via crucis non sono adatti a questo giorno o almeno devono avere la
commemorazione della resurrezione.
La pietà popolare
Intorno all’anno mille si è diffusa una spiritualità dell’umanità di Cristo, da qui l’indulgere sulla
sofferenza di Cristo letta come prezzo pagato da lui per soddisfare davanti a Dio l’offesa dei peccati,
più che come amore per l’umanità nella condivisione della condizione umana, compresa la morte.
Da qui tutta la pietà popolare che voleva stimolare il pentimento dei peccati.
Questa pietà può esser letta anche come specchio dell’uomo sofferente che vede in Cristo le sue
sofferenze e trova consolazione dal condividere la propria condizione con la sua.
4. CRITERI PER LA SCELTA DEI CANTI
Criteri generali
Il criterio dei canti è dato dalla liturgia, è essa la norma che ne determina il contenuto, il
numero e il momento. È un vero ostacolo alla liturgia che i criteri di scelta coincidano con i gusti
personali di qualcuno o con definizioni del bello che si rifanno a modelli più o meno progressisti o
conservatori. Un canto liturgico è tanto più bello (buono, “azzeccato”, utile, ecc. ecc. ) quanto più è
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….. liturgico, cioè quanto più aiuta quell’assemblea specifica – riunita in quel luogo, fatta di quelle
persone, con quegli animatori, con quei musicisti – a partecipare alla stessa Liturgia!
Da questo principio derivano alcuni criteri che permettono di orientarsi nella scelta:
4.1. PER QUANTO RIGUARDA I CONTENUTI:
• i canti devono contenere verità di fede per esprimerle in preghiera, non ogni testo è adatto a
entrare nella liturgia; a maggior ragione non si fa parodia delle parti fisse. (esempio: Padre
Nostro, come è in voga)
• non possono limitarsi ad avere Dio per argomento, devono rivolgersi a Lui perché sono preghiera
del suo popolo
• sono da preferire canti al plurale che esprimono l’essere chiesa davanti a Dio.
• per quanto riguarda la forma dei testi:
- anche se i contenuti sono buoni, non tutti i testi sono ugualmente adatti ad essere veicolati
dalla musica: vi sono ‘buoni’ testi lirici e buone poesie così come vi sono poesie meno
buone, dalla forma letteraria di dubbio valore, inadatta per la liturgia
- la forma di un testo può essere di difficile intonazione: (si pensi al Credo) l’eccessiva
lunghezza, l’irregolarità metrica, la densità di concetti teologici e filosofici ostacola
notevolmente una normale e agevole restituzione musicale alla portata delle assemblee
medie. (per il Credo, però, ci possono essere ad esempio delle soluzioni col ritornello
cantato)
CRITERI:
analisi del testo letterario a diversi livelli:
- contenuto della fede espressa: (stabilire se si parla di Dio, di Gesù, della Chiesa,
dell’uomo, della salvezza ecc)
- dignità letteraria e tipo di linguaggio: lingua ricercata, corrente, tono didattico,
celebrativo, poetico, metaforico, superato, attuale?)
- ispirazione del testo: il nucleo concettuale proviene dalla Scrittura (dai Salmi, dai
Vangeli, dai racconti veterotestamentari ecc) oppure è di libera invenzione? Si tratta
di una parafrasi, di un adattamento ritmico?
- possibili destinatari: il messaggio è per tutti, per i bambini, per gli adulti nella fede,
per i giovani, per i malati, per chi è in ricerca ecc.
- provenienza del testo: testo ufficiale della Chiesa, pubblico dominio, origine
sconosciuta….
- Forma del testo: inno, acclamazione, litania, canzone ecc..
analisi del testo musicale a diversi livelli:
- estensione della melodia e sua effettiva cantabilità (intervalli, linea melodica, registri)
- componente ritmica: complessità, banalità, varietà
- componente armonica: complessa, banale, legata al testo, interessante ecc…
- possibili realizzazioni di accompagnamento: organo, altri strumenti, a cappella ecc.
- tipo di linguaggio musicale: antico, superato, nuovo, popolare, pop, banale. ecc…
Possibili domande a cui rispondere per procedere alla valutazione di un testo musicale:
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•
•
•
•
•
il canto è troppo veloce? troppo lento?
il canto contiene poco testo o molto testo?
vi sono sufficienti ripetizioni (ritornelli) o ve ne sono troppi? (rischio di banalità)
come è il ritmo del canto? regolare, senza cambiamenti di metro oppure con ritmi
irregolari e cambiamenti di accenti, di difficile memorizzazione o realizzazione?
il canto si svolge in una tessitura media/bassa/alta? vi sono frequenti salti di registro?
l’andamento melodico è regolare oppure presenta salti di difficile realizzazione?
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•
•
•
l’armonia del brano è banale (giro di accordi molto semplice) oppure troppo complesso?
è necessario cantare il brano a più voci? questo in cosa aiuta la partecipazione
assembleare?
forse è meglio riservare il canto a più voci solo per alcuni frammenti o per canti in cui
non sia prevista l’assemblea?
4.2. PER QUEL CHE RIGUARDA LA STRUTTURA MUSICALE:
analisi del rapporto testo-musica
• la forma musicale è al servizio di quella testuale?
• il testo si arricchisce della presenza della musica o ne risulta impoverito e
banalizzato?
• coerenza fra testo e musica. Ci sono sentimenti molto diversi da esprimere e la musica
deve tenerne conto! Il carattere della musica è in contraddizione o in sintonia con il tono
letterario e i contenuti del testo?Non si può cantare un testo penitenziale con una melodia
festosa; così pure non si può cantare la lode con una musica in tono minore.
•
Coerenza tra canto e rito (pertinenza rituale). Dato che la musica è sempre a servizio del
rito, anche la sua lunghezza deve essere calcolata e adattabile il più possibile allo
svolgersi concreto della celebrazione. Esempi:
- Non si può eseguire un canto di quattro minuti se il momento rituale ne dura uno, (si
pensi alle colonne sonore di un film: durano esattamente il tempo necessario ad
accompagnare le scene per cui sono state pensate, e inoltre vi si devono adattare
perfettamente in quanto a carattere ed espressività.
- non ha senso volere a tutti i costi riempire ogni occasione con un canto; in molti casi
può essere più indicato eseguire musica strumentale, oppure lasciare intervenire la
schola o il coro.
- non ha senso cantare sempre tutte le strofe di un canto: è più opportuno scegliere le
più adatte e cantare fino alla conclusione del momento rituale. Tramite la selezione di
strofe più o meno appropriate al particolare contesto celebrativo si può rendere più
efficace un normale e abitudinario canto: i canti migliori prevedono molte strofe,
ognuna con sfumature di contenuto significative, che dovrebbero essere valorizzate.
ESEMPIO: canto di quaresima del Repertorio Nazionale numero 97, Signore non son
degno. Cantare sempre le solite strofe impoverisce inoltre il canto stesso, perché lo
rende eccessivamente caratterizzato.
- Cantare nella liturgia è cantare dentro un evento che sta per succedere, dentro l’evento
Cristo. Sacrosanctum Concilum 2 dice: “La musica sarà tanto più santa quanto più
strettamente sarà unita all’azione liturgica”. Il canto liturgico assume gli stessi
significati del rito che accompagna. (es. all’alleluia il rito diventa canto). Ogni rito
cantato deve avere la sua forma particolare: un salmo non può essere trattato come
una canzone; un’acclamazione deve essere diversa da una semplice risposta; un corale
non può somigliare a un recitativo; un inno deve essere un canto, una litania deve
avere la sua forma adatta. Approfondire: la stragrande maggioranza dei canti delle
nostre assemblee è costituito dalla forma ‘canzone’: strofa più ritornello. Questa
forma di per sé non è né buona né cattiva: sicuramente però è banalizzante esprimere
esigenze rituali diverse sempre con la solita forma.
- Cantare dentro la liturgia richiede per gli animatori del canto l’abilità di saper
interpretare il clima particolare di ogni concreta celebrazione, e non di agire secondo
criteri troppo astratti e lontani dalla realtà performativa. Bisogna programmare tutto
nel migliore dei modi, ma allo stesso tempo essere pronti alla massima flessibilità a
seconda della effettiva situazione celebrativa. Esempio: saper scegliere ogni volta il
numero giusto di strofe di un determinato canto (né troppe né poche), il tipo di clima
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-
musicale che si vuole creare in un determinato momento della celebrazione, essere
pronti, all’occorrenza, ad accorciare o allungare in maniera sensata ed efficace la
durata di alcuni canti o brani musicali.
Saper ‘provocare’ nella giusta maniera l’assemblea al canto: ha poco senso, ad
esempio, suonare una introduzione all’Alleluja che sia troppo lunga o che sia
sommessa nei toni e nel carattere: ciò va contro lo scopo stesso dell’acclamazione,
che di per sé dovrebbe essere un prorompere irrefrenabile di gioia, e compromette in
maniera grave l’efficacia rituale del canto e la sua verità performativa. Così come ha
poco senso eseguire molti canti di comunione uno dietro l’altro durante celebrazioni
particolarmente affollate: il sovraccarico di testi e di note, invece che attirare
l’attenzione su un particolare momento celebrativo, può portare a renderlo troppo
pesante e quindi distrarre l’assemblea e disorientarla.
Possibili domande per procedere a una valutazione dell’efficacia del servizio di animazione
musicale della liturgia:
Durante e dopo la celebrazione
- durante la celebrazione ci chiediamo ad ogni intervento cantato se l’assemblea sta
effettivamente cantando? riusciamo a sentirla? abbiamo un piano alternativo se vediamo
che vi è scarsa partecipazione o tiriamo avanti il nostro progetto astratto?
- Abbiamo fatto di tutto per permettere il canto assembleare? i testi e le musiche dei canti
sono accessibili a tutti? vi è un elenco dei canti da consultare prima della messa? oppure
i brani vengono annunciati? oppure no?
- finita la celebrazione facciamo un esame della situazione? cosa ha funzionato? cosa può
essere migliorato? cosa non ha funzionato per niente?
- chiediamo regolarmente a qualche membro dell’assemblea (e al presidente
dell’assemblea) un parere sulla nostra animazione musicale? I consigli e le critiche che
vengono dall’assemblea ci possono essere utili o non ci sono necessari per niente?
- Ci poniamo degli obiettivi per ogni periodo liturgico? per ogni celebrazione?
controlliamo se tali obiettivi sono stati raggiunti o meno?
- curiamo una programmazione a lungo termine del repertorio, in particolare per i tempi
forti?
- possiamo garantire un repertorio base, stabile, inserendo con gradualità elementi di
novità?
- fra i vari gruppi che animano le diverse celebrazioni c’è un progetto comune? o si fanno
repertori diversi, spesso in contrapposizione? Si potrebbe provare a costruire un nucleo
comune, che possa rappresentare un buon compromesso per tutti (mettendo però sempre
in primo piano la centralità della liturgia)
4.3. IN RIFERIMENTO A QUELL’ASSEMBLEA PRESENTE
• la cantabilità effettiva per un’assemblea media e la probabilità che essa possa assumere questi
canti riconoscendoli parte integrante, o integrabile, della propria cultura
• Il coro liturgico è a servizio del rito, nella scelta dei canti deve tener presente il rito; è a servizio
dell’assemblea perché il soggetto celebrante è il popolo (di cui il coro è parte) e deve tener conto
delle reali possibilità dell’assemblea che deve sostenere. Con l’assemblea può anche alternarsi
(esempi: nel Santo e Padre nostro deve essere l’assemblea protagonista e il coro sostiene mentre
canti a più voci possono essere eseguiti ad es per accompagnare la processione offertoriale e di
comunione, favorendo la partecipazione dell’assemblea attraverso l’ascolto.
• La liturgia ci suggerisce molte possibili combinazioni di intervento musicale: è importante saper
rifuggire dalla monotonia, dalla abitudine e dall’inerzia. Tramite il cambiamento intelligente
(programmato con anticipo e inserito nel contesto generale dell’anno liturgico) anche di pochi
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elementi, si riesce a dare un volto fresco, vero e nuovo alla celebrazione, che spesso assume
invece l’apparenza di un rito sempre uguale a sé stesso.
• Riflettere sulle reali capacità musicali dell’assemblea concreta con cui si ha a che fare:
programmare messe troppo sbilanciate verso una assemblea giovanile o di anziani può essere
rischioso, perché rischia di precludere la partecipazione di una fetta importante dell’assemblea.
Può darsi ad esempio che la messa domenicale sia caratterizzata dalla partecipazione di un tipo di
assemblea molto diversa da quella del sabato sera, o della domenica mattina presto.
Possibili domande per valutare l’apporto positivo del gruppo vocale/strumentale che anima
la celebrazione:
Rapporto strumenti/esecutori/fruitori
- come sono posizionati gli strumenti che accompagnano l’assemblea? sono lontani,
separati? nascosti alla vista?
- il coro è parte integrante dell’assemblea o ne è staccato, isolato anche fisicamente? Si
può provare una nuova sistemazione della schola tale da permettere anche fisicamente
una maggiore unione con l’assemblea?
- come è l’acustica della chiesa? sono necessari dei microfoni? se sì, per favorire il solista
o il coro a discapito dell’assemblea o per incentivare la partecipazione assembleare
tramite un sostegno efficace ma discreto?
- vi sono strumenti? è necessario utilizzarli per tutti i canti indiscriminatamente? che
funzione hanno? (melodia, ritmo, accompagnamento? E’ possibile cambiare spesso la
loro funzione per non appesantire e banalizzare il loro intervento? Esempio: chitarre
potrebbero avere uno spettro di utilizzi molto più ampio e meno banale: Funzione
ritmica, armonica, a volte anche melodica se usata bene. Esempio: salmi. Una chitarra
suona leggeri arpeggi, l’altra esegue la linea melodica) è necessario utilizzarli per tutte
le celebrazioni, senza distinzione di solennità?
RICAPITOLAZIONE di alcuni criteri fondanti per la scelta di un repertorio::
1 ANNO LITURGICO: il primo criterio è quello di saper comprendere e individuare la peculiarità di
ogni periodo liturgico: conoscere l’anno liturgico in tutti i suoi aspetti e in tutta la sua ricchezza.
2 DARE PRIORITA’ ALLA LITURGIA STESSA: la celebrazione liturgica della Messa ha delle
parti che per loro natura devono essere cantate o dovrebbero essere cantate di preferenza:
Acclamazione al Vangelo, Dossologia al termine della preghiera eucaristica, Salmo responsoriale,
Santo, Gloria ecc…
3 LA PAROLA DELLA DOMENICA: tutto nella celebrazione deve essere eco della Parola di
salvezza proclamata nell’assemblea riunita. Se possibile, cercare di inserire elementi che facciano
risuonare in maniera efficace il tema della Domenica
4 GIUSTA COLLOCAZIONE e GIUSTE FINALITA’ DI UN CANTO: un canto di ingresso ha
tutt’altre finalità di un canto di offertorio o di comunione; un Salmo responsoriale non è
intercambiabile con una Acclamazione al Vangelo ecc. ecc.
5 CONSIDERARE SEMPRE LA REALE COSTITUZIONE DELL’ASSEMBLEA effettivamente
celebrante: i criteri di scelta dei canti devono essere flessibili in base alle diverse costituzioni
dell’assemblea: bambini, giovani, coppie, anziani, persone di comunità diverse ecc. ecc.
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5. IL REPERTORIO QUARESIMALE
Il clima quaresimale:
• L’uso di strumenti Il messale afferma che “in tempo di Quaresima è permesso il suono
dell’organo e di altri strumenti musicali soltanto per sostenere il canto. Fanno eccezione
tuttavia la domenica Laetare (IV quarta di quaresima), e solennità e le feste (OGMR, 313). È
da intendere pensando alla sua origine di contrapposizione alla musica strumentale al tempo
di Pio V, e va sempre valutato pensando all’obiettivo di quell’intervento in quel momento,
cosa vuol suscitare in quel contesto. Sostenere il canto non vuol dire inoltre escludere
adeguate introduzioni strumentali e postludi, oppure interludi con finalità di commento o
accompagnamento delle azioni liturgiche.
• Gli atteggiamenti caratteristici sono la penitenza e la conversione; i segni festivi
assumono una certa sobrietà: organizzazione dello spazio celebrativo, composizione floreale,
stile globale, canto e musica. In Quaresima si omette l’inno del Gloria e l’Alleluia viene
sostituito da una acclamazione; la scelta dei canti si orienta verso testi che riprendono i temi
caratteristici del tempo o che si ispirano a testi liturgici o salmici.
• Il tema penitenziale può essere evidenziato cantando l’atto penitenziale e l’Agnello di Dio.
Per dare il senso della continuità è opportuno mantenere costante la stessa melodia per tutto il
tempo di Quaresima. Questa ripetizione rappresenta anche un’occasione propizia per
l’apprendimento da parte dell’assemblea di qualche semplice elemento cantato (ad esempio,
la riposta Signore Pietà oppure Abbi pietà di noi/Dona a noi la pace).
Il Repertorio Nazionale
Ci sono canti che possono essere mantenuto per tutta la quaresima a canti che si adattano allo spirito
di ogni domenica (antifone, salmo, canto al vangelo). Il RN offre una serie di canti dal 77 al 101:
77. Antifone domeniche quaresima (anno a)
78. Attende, Domine
79. Chi mi seguirà
80. Dolce signore
81. Donaci, Signore, un cuore nuovo
82. Dono di grazia
83. Ecco, il Signore
84. Grandi e mirabili le tue opere
85. Il Padre ci ha chiamati
86. Il Signore ci ha salvati
87. Miserere
88. M’invocherà e io l’esaudirò
89. O Dio tu sei il mio Dio
90. O Gesù redentore
91. Parce, Domine
92. Purificami, o signore
93. Ricorda, Signore
94. Se Dio è con noi
95. Se tu conoscessi il dono di Dio
96. Se tu mi accogli
97. Signore, non son degno
98. Soccorri i tuoi figli
99. Sole tu sei di giustizia
100. Ti seguirò
101. Tu ami tutte le creature
Analizziamo tre canti proposti del RN
• Canto di Ingresso (antifone per le domeniche) RN 77
• Atto penitenziale RN 82
• Canto di comunione RN 97
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SIGNORE, NON SON DEGNO (RN 97)
analisi del testo letterario
contenuto della fede espressa
dignità letteraria e linguaggio
ispirazione del testo
possibili destinatari
provenienza del testo
Forma del testo
analisi del testo musicale
estensione della melodia e sua
effettiva cantabilità
componente ritmica
componente armonica
tipo di linguaggio musicale e
autore
analisi rapporto testo-musica
la forma musicale è al servizio di
quella testuale
coerenza fra testo e musica
ALTRE OSSERVAZIONI
Invocazione a Cristo, Parola e Pane di salvezza
Lingua corrente, tono poetico di facile comprensione
Solido nucleo concettuale derivato dai Vangeli delle 5
domeniche del ciclo A: vi si ritrovano molte allusioni e
parafrasi dei passi scritturali in questione, rielaborate in ciave
di invocazione a Cristo
Assemblea media: forse le allusioni letterarie, rimando al
Vangelo della domenica e ‘ruminazione’ della Parola saranno
comprese nella loro pienezza solo dagli adulti, mentre per
bambini e giovani rimarrà in ogni caso la possibilità di
comprendere il livello immediato dei significati del testo
Felice Rainoldi, testo pubblicato, e concepito per il canto nelle
domeniche del ciclo A di quaresima (Ed. Carrara)
Forma strofica regolare, non rimata (una strofa è composta da
otto versi di settenari più un novenario finale) , senza
ritornello, ma con Epistrofe finale (Sei tu, Signore, …) sul
modello dei Salmi
Estensione: do-re1, contorno melodico semplice, note più alte
con maggiore frequenza alla fine del brano
Ritmo abbastanza uniforme, ma non monotono, perché varietà
di cellule ritmiche con ottavi in punti diversi del verso
Armonia tonale, classica; sobria ma raffinata
Melodia del 1541, di Nicolaus Decius, armonizzazione
moderna sul modello barocco.
Linguaggio antico, ma capace di essere duttilmente
reinterpretato, all’occorrenza, da armonizzazioni più
contemporanee; possibilità di essere eseguito a cappella, con
organo, oppure con arrangiamenti di diversi strumenti.
Carattere generale del brano: sobrio, evita gli estremi
dell’esuberanza e della tristezza, per mantenersi in un tono
semplice, capace di adattarsi all’atmosfera testuale di ogni
strofa (tramite ad esempio alcune armonizzazioni differenti,
che enfatizzino alcuni aspetti rispetto ad altri)
Il testo è plasmato sulla struttura musicale preesistente e vi si
adatta senza problemi; qualche sineresi si rende necessaria, ma
si tratta di aggiustamenti di nessuna difficoltà.
Ottimo equilibrio fra testo e musica.
Grande varietà di strofe, per permettere l’adattarsi alle varie
domeniche di Quaresima. Utilissimo e ottimo per inserirsi in
maniera semplice ma efficace nel tema di ogni domenica di
questo tempo liturgico.
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DONO DI GRAZIA (RN 82)
analisi del testo letterario
contenuto della fede espressa
dignità letteraria e tipo
linguaggio
ispirazione del testo
di
possibili destinatari
provenienza del testo
Forma del testo
analisi del testo musicale
estensione della melodia e sua
effettiva cantabilità
componente ritmica
componente armonica
tipo di linguaggio musicale e
autore
analisi del rapporto testomusica
la forma musicale è al servizio di
quella testuale
coerenza fra testo e musica
ALTRE OSSERVAZIONI
Invocazione di pietà rivolta a Cristo
Lingua corrente, tono poetico di facile comprensione
Solido nucleo derivato dalla Scrittura (allusioni a Salmi) e
dalle parole della Liturgia.
Assemble media, non vi sono immagini difficili o allusioni di
difficile decifrazione
S. Albisetti, testo pubblicato e concepito per il canto (Ed.
Carrara)
Forma strofica regolare, non rimata (una strofa è composta da
tre endecasillabi più un quinario finale) , senza ritornello, ma
con Epistrofe finale (Kyrie/Christe eleison, …)
Estensione: do-reb1, contorno melodico semplice, parabola
melodica organica, con piccola vetta e discesa per la
invocazione finale
Ritmo abbastanza uniforme, (Parallelismo ritmico tra primo e
terzo verso) ma non monotono, perché varietà di cellule
ritmiche con ottavi in punti diversi del verso
Armonia tonale, classica; sobria ma raffinata
Melodia del XVII secolo, di M. Crüger, armonizzazione sul
modello barocco.
Linguaggio antico, ma capace di essere duttilmente
reinterpretato, all’occorrenza, da armonizzazioni più
contemporanee; possibilità di essere eseguito a cappella, con
organo, oppure con arrangiamenti di diversi strumenti.
Carattere generale del brano: sobrio, con una enfatizzazione
dei toni più meditativi e penitenziali (tonalità minore,
cromatismo al basso in corrispondenza dell’invocazione
finale).
Il testo è plasmato sulla struttura musicale preesistente e vi si
adatta senza problemi; qualche sineresi si rende necessaria, ma
si tratta di aggiustamenti di nessuna difficoltà.
Ottimo equilibrio fra testo e musica.
Ottimo come canto di ingresso, la tematica penitenziale si
adatta senza problemi a tutti i 3 cicli A, B e C; si presta molto
bene anche come atto penitenziale, in cui il ritornello Kyrie
eleison può essere cantato dall’assemblea intera, mentre i tre
versi precedenti possono essere cantati da un solista o da una
schola.
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ANTIFONE ANNO A (RN 77)
analisi del testo letterario
contenuto della fede espressa
dignità letteraria e tipo
linguaggio
ispirazione del testo
di
possibili destinatari
provenienza del testo
Forma del testo
analisi del testo musicale
estensione della melodia e sua
effettiva cantabilità
componente ritmica
componente armonica
tipo di linguaggio musicale e
autore
Varie, a seconda del tema della domenica
Lingua corrente, testi dal più o meno marcato tono poetico
Solido nucleo concettuale derivato dalla Liturgia delle varie
domeniche, che a sua volta fa derivare le antifone dai testi
del Vangelo, a volte con abili interpolazioni con estratti dai
Salmi
Assemblea media: immediata comprensione, con possibilità
di scoprire nel corso della celebrazione i rimandi scritturali
sui cui sono costruite le antifone
Messale Romano
Versi di lunghezza variabile
Estensione: variabile, ma mai oltrepassante l’ottava re-re1
Ritmo abbastanza libero, plasmato sulla parola, ma sobrio e
scorrevole
Armonia tonale, classica; semplice ma raffinata
D. Machetta, EllediCi.
Carattere generale del brano: sobrio, si adatta alle varie
antifone con duttilità, sottolineando attraverso l’enfasi
melodica e armonica le parole principali dell’antifona e il
carattere generale del tema.
analisi del rapporto testomusica
la forma musicale è al servizio di
quella testuale
coerenza fra testo e musica
ALTRE OSSERVAZIONI
La musica è costruita a partire dal testo e vi si adatta
perfettamente,
Ottimo equilibrio fra testo e musica.
Forse di non facilissima realizzazione in tutte le parrocchie:
dipende dalle forze a disposizione e dall’abitudine al canto.
Suggerimenti:
prima della celebrazione fare una piccola prova con
l’assemblea che si sta radunando, proponendo la melodia
tramite un solista e invitando a ripeterla in canto. Può essere
molto utile fornire un foglio con testo e musica.
All’inizio della celebrazione, il solista o la schola intonano
l’antifona dopo che questa è stata fatta sentire dall’organo
(melodia). Il Salmo viene affidato a un solista, poi
l’Assembla ripete l’antifona.
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Altri canti eventualmente da suggerire:
RN 79 Chi mi seguirà. Strofe e ritornello. Ingresso.
T A. M. Galliano; M A. Parisi. «Domeniche di Quaresima» (A) (Paoline), p. 5.
RN 81 Donaci Signore, un cuore nuovo. Antifona e versetti. Ingresso.
T da Ez 36, 24-27; M L. Deiss. CdP 505.
RN 86 Il Signore ci ha salvati
Canzone. Finale.
T A. Roncari; M L. Capello. CdP 494.
RN 92 Purificami O Signore
Antifona e salmo, responsoriale comune per la Quaresima.
T Sal 50; M A. Martorell, J. Gelineau. CdP 107.
RN 108 Dio mio – Salmo Venerdì Santo
T. Sal 21, M: D. Stefani Elledici
d. Mauro Lucchesi
M°Jonathan Brandani
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