Marrakech città imperiale

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Marrakech città imperiale
LA RASSEGNA
TACCUINO DI VIAGGIO
Marrakech città imperiale
di Carmine Negro
È un caldo pomeriggio di fine Marrakech è una città straestate; il cielo, di un azzurro chia- ordinaria per il clima, le
rissimo, tende in lontananza a un
forti contraddizioni sociali
turchino tenue. Lʼaria tersa rende
la mole del Vesuvio più imponente ed economiche, le tracce di
e grave. Una luna dai colori caldi si una storia millenaria.
leva lentamente dal bordo del gigante che giace addormentato e va ad occupare la linea dellʼorizzonte. È una
luna enorme, gravida di promesse per la notte che sta per sopraggiungere,
racchiude il calore e le storie dellʼestate, richiama alla memoria il fluire del
tempo. Tra poco si leverà più in alto, diventerà piccola e fredda perderà i
toni caldi dellʼAfrica. Voglio rivivere con questa luna di poca memoria le
vibranti emozioni che ancora porto dentro; lʼinverno trasformerà le emozioni
in ricordo che come si sa sono prive delle asperità del presente.
“Da lontano se ne
scorgono le mura,
che dominano la sabbia e ne hanno il colore” (Roland Dorgelès
(Le dernier Moussem)
“Immensa era la moschea della Koutoubia, di cui oggi rimane solo una parte. Ma
il minareto, intatto, è
sufficiente per testimoniare la profonda
fede che animava gli
spiriti dellʼepoca almohade. Come Marrakesh possiede sette
santi protettori, cosi
il minareto è formato
da sette piani sovrapposti” (Prosper Ricard,
Les Merveilles de lʼautre
France)
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Il clima che trovai nella seconda metà di agosto a Marrakesh era caldo e
secco. Il colore delle mura, unʼimponente cinta in impasto dʼargilla e calce
che si sviluppa per una decina di chilometri, alte tra i 6 e gli 8 metri, aperte
da una decina di porte monumentali in stile ispano moresco, è lo stesso
di quello della terra che le ospita. La cinta di mura, più volte allargata per
comprendere le successive espansioni della medina, racchiudono una città
che molto probabilmente
doveva essere un accampamento o forse un mercato.
Fu fondata tra il 1060 e il
1070 dai nomadi della tribù
degli almoravidi e divenne ben presto il primo dei
grandi imperi berberi della
storia del Marocco. Fu capitale dellʼimpero almoravide
del quale resta il minareto
della moschea Koutoubia
che tradotto dallʼarabo significa moschea dei Librai
– dai kutubijn (mercanti di
manoscritti) - arrivati nel
XII e XIII secolo a disporre
il loro materiale sul sagrato
dellʼedificio.
Una prima moschea, eretta
dopo il 1147, venne distrutta
perché il suo orientamento
rispetto alla Mecca non era
corretto. Quella attuale,
Si sbocca in un grande giardino cinto
da alte mura rosse
dove si schiudono
due mausolei con
lʼeleganza dei chioschi delle sultane
A. TʼSersteven
“Sono stata costruita
per le scienze e le
preghiere dal principe dei Credenti, il
discendente del sigillo dei profeti, Abdallah, il più glorioso
dei Califfi. Prega per
lui, tu che varchi la
mia porta, affinché
le sue speranze più
grandi si avverino”
(Iscrizione nel cortile
interno della medersa sul
sovrano fondatore)
risalente al 1158, una delle più vaste dellʼOccidente islamico, più bella per
imponenza architettonica e ricchezza di decorazione, è rigorosamente vietata
ai non musulmani.
Le mura della città custodiscono veri tesori dʼarte, luoghi della memoria
e del quotidiano, insieme a sacche di estrema povertà.
Le tombe sadiane furono costruite a partire dal 1591 e destinate a raccogliere le tombe degli avi del sultano Ahmed el Mansour.
La delicatezza della decorazione e la purezza delle linee architettoniche
ne fanno un complesso eccezionale. Quando Moulay Ismail riuscì nel 1677 a
forzare le porte della città preferì proteggere le tombe con una solida muraglia piuttosto che raderle al suolo. Furono scoperte nel 1917 dal Service des
Beaux-Arts et Monuments. Oggi lʼaccesso è possibile grazie ad un corridoio
aperto tra le mura della vicina moschea della kasba (cittadella). Allʼinterno,
la koubba (che inizialmente significava cupola e in seguito per estensione
tomba sormontata da una cupola solitamente di un capo venerato dalla
popolazione), la sala principale del primo edificio, una cappella finemente
lavorata che ospita le spoglie di Lalla Messaouda madre del sultano sadiano
Ahmed el Mansour, la sala del mirhab ornata di porte di cedro massiccio
e di un mirhab (nicchia della preghiera orientata verso La Mecca), la Sala
delle Dodici Colonne la cui cupola in cedro dorato si appoggia sulle dodici
sottili colonne in marmo di Carrara. Entrare attraverso la strettoia buia
creata nel muro in questo spazio significa fare un viaggio in un luogo dove
il tempo si è fermato su una istantanea di splendore che lʼingegno umano
ha saputo creare sfidando i confini tecnici e le barriere dellʼera.
Girando nella medina, nel cuore dellʼantico quartiere arabo si trovano
alcuni degli edifici religiosi e civili storicamente più significativi della città.
Uno degli edifici più belli di Marrakesh è senza dubbio la medersa di Ben
Youssef. Fondato intorno alla
metà del XIV secolo, in età merinide, fu totalmente ricostruito
nel 1554-65 e si affermò come
la più grande scuola coranica
del Maghreb. Il cortile luminosissimo, presenta al centro una
vasca per le abluzioni, e sui lati
due gallerie sorrette da pilastri,
con architravi in legno cesellato.
Al primo piano si trovano gli
alloggi degli studenti disposti
intorno a balconate interne che
si affacciano sul grande cortile interno o sulla medina. La
medersa contava 132 camere e
poteva ospitare fino a 970 studenti.
La Medina con i suoi raffinati capolavori, sito tutelato
dallʼUnesco come patrimonio
dellʼumanità, racconta di una
città che nel corso dei secoli è
stata capitale e punto di riferimento di una intera nazione.
Un manoscritto dellʼXI secolo
conservato nella biblioteca della
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Karaouine di Fès, menziona “Marrakouch”, il paese dei figli di Kouch,
i guerrieri dellʼAfrica Nera provenienti da Aoudaghost, grande città
carovaniera immersa in un palmeto della Mauretania. Di Marrakesh,
capitale dellʼimpero almoravide e successivamente almohade, oltre al
minareto della moschea Koutoubia, di cui abbiamo parlato, sussistono la
koubba el–Baadiyn, interrata per un sollevamento del suolo e riportata
alla luce nel 1952, caratterizzata da una elegantissima cupola, esemplare
per raffinatezza e semplicità di decorazione e lʼalta muraglia con le porte
monumentali. In questo periodo la città fu un centro filosofico arabo,
che richiamò nella capitale numerosi letterati, scienziati e filosofi, costruì
giardini come quello dellʼAgdal e si arricchì con lʼesportazione di cuoio,
zucchero e ceramica.
“È una cinta di
pisè, un grande
oliveto con viali
simmetrici … vi
erro lentamente, in una dolce
atmosfera quasi
provenzale, fino a
un grande bacino
dʼacqua limpida
dove si specchia un
padiglione di piacere con gallerie di
gusto semplice”.
Camille Mauclair, Les
Couleurs du Maroc
Dopo aver lasciato la porta Bab el–Jédid, attraversato un nuovo quartiere residenziale, a 2Km dalla città si arriva ai parchi della Ménara. Il
parco coltivato soprattutto a olivi è alimentato, attraverso una rete di
canalizzazione convergente, dalle acque di un vastissimo bacino del XII
secolo che prende lʼacqua dalla catena montuosa dellʼAtlante ad opera
di un antico condotto.
Sulle rive dellʼacqua un piccolo padiglione completamente rimaneggiato nel secolo scorso assume una colorazione dorata al tramonto. I
sultani se ne servivano per gli appuntamenti galanti; secondo la leggenda, un sultano aveva lʼabitudine di gettare la sua compagna della notte
nellʼacqua.
Nel 1269 Marrakech perse il ruolo di capitale a favore di Fès. Nel 1521
i Sadiani conquistarono la città e fecero di Marrakech lʼunica capitale del
Marocco. Di questo periodo restano le tombe sadiane e i pochi resti del
palazzo di el-Badi che per la grandiosità è stato definito lʼIncomparabile.
Si racconta che il marmo di Carrara che serviva a questi sovrani per
decorare i magnifici edifici della capitale fossero pagati a peso di zucchero. Nella metà del secolo XVII il sultano alauita Moulay er-Rachid si
impadronì della città ma le preferì Fès e Marrakech perse nuovamente
il titolo di capitale. Il successore Moulay Ismaïl si impadronì della città
ma le preferì Meknès. Non ebbe tregua a cancellare le tracce delle precedenti dinastie: fece demolire il palazzo di el-Badi e cingere con una
muraglia le tombe sadiane. A metà del XVIII secolo Marrakech conosce
un nuovo periodo di sviluppo come capitale alauita grazie a Mohammed
III. Questo sovrano fece restaurare i santuari e le moschee, costruire un
nuovo palazzo, restaurare i giardini dellʼAgdal e della Menara, costruire
un nuovo giardino, quello della Mamounia. Nel 1912 quando il sahariano
el-Hiba si oppose al protettorato francese, venne fermato dalle armate
del colonnello Mangin Marrakech perse per sempre il ruolo di capitale
del Marocco per volere del generale Lyautey. Non cʼè solo arte a Marrakech. La porta Bab ed-Debbagh si apre sul quartiere dei conciatori dove
lʼacre odore invade le case, i piccoli sono impegnati in lavori pesanti e la
povertà costringe a vendere rami di menta ai visitatori che si avventurano
nelle strade pervase dal fetore della concia.
“Marrakech è abbellita di palazzi e
giardini quando è
scelta come capitale, scatena una
furia barbara e
distruttiva quando
è sottomessa ad
altre città”.
Anonimo
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Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi
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