le alpi porta d`europa. scritture, uomini, idee da giustiniano al

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le alpi porta d`europa. scritture, uomini, idee da giustiniano al
LE ALPI PORTA D'EUROPA.
SCRITTURE, UOMINI, IDEE
DA GIUSTINIANO AL BARBAROSSA
Atti del Convegno internazionale di studio
dell' Associazione italiana dei Paleografi e Diplomatisti
Cividale del Friuli (5-7 ottobre 2006)
a cura di
LAURA
PANI
e
CESARE
SCALON
FONDAZIONE
CENTRO
ITALIANO
DI STUDI SULL' ALTO MEDIOEVO
SPOLETO
2009
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
OTTO
KRESTEN
IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3:
UN 'ORIGINALE' SULLA VIA DA COSTANTINOPOLI
A RAVENNA (E A VIENNA) *
A Paul Speck in memoriam
(J 9. XII. 1928 - 18. VIII.2003)
Breve storia degli studi, pp. 233-242. - Descrizione fisica del frammento (con una ricostruzione congetturale del rotolo originario) e introduzione alla
problematica, pp. 242-253. - Analisi paleografica, confronto delle sottoscrizioni in
P.Vindob. G 3 per il Costantinopolitano III con la lista del Quinisesro e distribuzione
geografica dei sottoscrirrori, pp. 254-269. - Il dibattito conciliare tra le actiones XI
e XVI (con una ricostruzione delle trattative che condussero agli anarernatismi dei
monoteliti e alla formulazione dell'oçoç del Costantinopolitano III), pp. 269-279.
- Le actiones XVII e XVIII e l'allestimento delle copie imitative 'ufficiali' in calee
all'oQoç della XVII actio (con una ricostruzione dei sei esemplari degli atti usciti dal
concilio), pp. 279-313. - Gli atti del Cosranrinopolirano III in Occidente (Roma,
Spagna, Europa carolingia), pp. 314-321. - La divina iussio di Giustiniano II (a.
687) e la probabile fuoriuscita del rotolo con la XVII actio da uno degli esemplari degli atti; le sorti degli originali cosranrinopolirani e la redazione di Agatone nel 713,
pp. 322-339. - Riepilogo sulla posizione del papiro nell'evoluzione della scrittura
greca (con un'ipotesi sugli ÈxxÀ.T]crtacrTlxà YQuf.l!1u't'u), pp. 339-344. - Il papiro
a Ravenna, a Padova e infine a Vienna, pp. 344-362. - Appendice: trascrizione di
P.Vindob. G 3, pp. 363-376.
SOMMARIO:
Nonostante la grande fama che lo ha accompagnato per secoli e la
corposa bibliografia che lo riguarda, il P.Vindob. G 3 - papiro conciliare del Costantinopolitano III con una parte delle sottoscrizioni dei
• Un elenco delle opere citate in forma abbreviata si trova alla fine del conrriburo (infra,
pp. 377-379). Si ringraziano i dottori Mario D'Ambrosi (Università di Salerno)e Johannes
Preiser-Kapeller (Institut fur Byzanzforschungder ÒsterreichischenAkademie der Wissenschaften)per l'aiuto variamente prestato durante l'elaborazionedella presente ricerca, in particolare nell'allestimento del corredo iconografico.
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Padova da Johannes Sambucus nel 1553',
stesso umanista ungherese (nativo di Trnain séguito storiografo della corte imperiale
custodito nella P apyrussammtung della OsterreichischeNationatbibtiothek - ha potuto solo di recente essere sottoposto
ad una seria ed approfondita indagine contenutistica e materiale. Per
quanto concerne il testo tràdito, si è per molto tempo dovuto ricorrere
all'edizione a stampa curata dallo statista, giurisperito ed orienralisra
John Selden (1584-1654)2, il quale, nell'àrnbito della sua attività ecdotica relativa agli Annates di Eutichio Alessandrino (conclusasi con la
pubblicazione apparsa a Londra nel 1642)3, si occupò anche delle liste
dei partecipanti ai concili ecumenici, in particolare di quella riguardante il Niceno L Fu in tale occasione che l'erudito inglese, venuto
a sapere dell' esistenza del papiro", se ne procurò una trascrizione e la
partecipanti, acquistato a
trasportato a Vienna dallo
va nell'odierna Slovacchia,
absburgica) ed attualmente
t
Cfr. H. GERSTINGER,johannes Sambucus als Handscbriftensammler, in Festschrift der Nationalbibliothek in Wien, hrsg. zur Feier des 200j1ihrigen Bestehens des Gebaudes, Wien, 1926,
pp. 251-400, spec. pp. 294-295 (si vedano ad es. le parole con cui Gerstinger inizia la succinta
notizia sui P.Vindob. G 3, ibid., p. 294: «Auch den ersten in den Besitz unserer Bibliothek
gelangten griechischen Papyrus, wohl den ersten Papyrus, der nach dem Untergang des antiken Papyrusbuchwesens wieder tiber die Alpen nach dem Norden gegangen ist, hat Sambucus
1553 in Padua gekauft: ein Fragment eines Originalaktes des Konzils von Konstanrinopel
vom Jahre 680/681»); riferimenti bio-bibliografici in 10., Die Briefe des johannes Sambucus
(Zsdmboky) 1554-1584, Wien, 1968 (Sitzungsberichte der Òsrerreichischen Akademie der
Wissenschaften, phil.-hist. Kl., 255), pp. 19-20. La nota da cui si desume l'acquisto del papiro
si trova nel cod. Vindob. hist. gr. 56 ed è riportata infra, p. 346 con nota 309.
2
Cenni biografici ad es. presso E. F[RY], voce Selden, john, in Dictionary of National Biography, LI, London, 1897, pp. 212-224. Si vedano più recentemente D.S. BERKOWITZ,john
Selden's Formative Years. Politics and Society in Early Seventeenth-Century England, Washington
- London - Toronto, 1988; e R. BARBOUR,john Selden: Measures of the Holy Commonwealth in
Seventeenth-Century England, Toronto - London, 2003.
l
Eutychii Aegyptii, Patriarchae Orthodoxorum Alexandrini, [... J Ecclesiae suae Origines. Ex
ejusdem Arabico nunc primùm rypis edidir ac Versione & Commentario auxit IOANNEs
SELDENUS,Londini, excudebar Richardus Bishopus, 1642.
, Nel «Comrnenrarius- alla sua edizione di Eutichio, Selden osserva: «Fertur autern [... J
in Manuscripto Codice integrum subscribentium numerurn [difficile dire se si intendono qui
i Padri del concilio Niceno I; cfr. infra, nota 5] haberi apud Sambucum Pannonium Viennae
Ausrriae. Quo dum caremus [... ]" (SELDEN,Eutychii [... J Eccfesiae suae Origines cit. [nota 3],
p. 88; non è chiaro per quali vie egli abbia recepiro la norizia dell'esistenza del nostro cimelio
né siamo in grado di verificare l'indicazione «inquit Alphonsus Pisanus», presente nel testo di
Selden; per lo meno nelle edizioni del gesuita Alfonso Pisano [su di lui cfr. C. SOMMERVOGEL,
IL PAPIRO CONCILIARE
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pubblicò in appendice alla sua edizione, in forma di 'correzioni d'autore", sotto il titolo di «Nomina reliqua Patrum in Synodo Nicaena ex
Charta Niliaca vetustissima Sambuci descripta-". Tale testo, inficiato
Bib/iothèque de la Compagnie deJésus, VI, Bruxelles - Paris, 1895, colI. 864-866[ concernenti il
Niceno I [Acta et canones sacrosanct: primi oecumenici conci/ii Nicaeni [... j, appositis sanctorum Patrum testimoniis l··.j, omnia studio et lahore ALPHONSIPISANI l...I, Dilingae, apud Sebaldum
Mayer, 1572; Nicaenum concilium primum generale [... 1, per ALPHONSUMPISANUMl ... j, Coloniae Agrippinae, apud haeredes Arnoldi Birckmanni, 1581 l non vi sono riscontri della lista
di sottoscrizioni in possesso di Sambucus). Ad ogni modo, si sarà trattato di un'informazione
piuttosto vaga, giacché con l'espressione "in manuscripto codice" sicuramente non si sarà inteso il papiro originale. Soltanto in un secondo momento Selden apprese che il testo primitivo
delle sottoscrizioni da lui edito era trasmesso in forma di papiro «<[ ... ] chartam Niliacam
[... ]»: SELDEN,Eutychii [... J Ecclesiae suae Origines cit., p. 128).
, Si veda il suo commento: «Accepi verò, etiam dum heic typos corrigo, Nomina Episcoporum & subscriptiones aliquot Graecas, veluri earum reliquias, quae fuere Concilii toties
mernorari» (SELDEN,Eutycbii [... [ Ealesiae mae Origines cit. [nota 3[, p. 125); a prima vista si
potrebbe pensare che Selden si riferisca qui al Niceno I; tuttavia, più avanti nella stessa opera
egli revoca espressamente le sottoscrizioni al primo concilio ecumenico: «Nam reverà Concilii
Nicaeni primi Subscriptiones has Graecas (qualiscunque visa fuerit charta [sic) illius Niliacae
vetustas) nemo puro creder fuisse, nisi qui hallucinatus non observaverit formulas illas I':À.ÉEI
9f:oì:i,& XOQI ri (lEou[... ], praeter alia item in hisce manifesta, recentioris multò esse commatis
quàm Constantini tempera adrnittunt» (ibid., p. 128); dunque, la critica rivolta al Selden,
secondo la quale egli avrebbe attribuito il testo da lui pubblicato al Niceno I (cfr. e. g. MANSI,
Colleaio [citazione completa infra, nota 11], XI, coli. 693-694 «[subscripriones] [... [ Selden us
dedit in Noris ad Fragmentum Hisroriae Eurychii Patriarchae Alexandrini, tribuitque Concilio Nicaeno prirno»), è destituita di fondamento.
6 SELDEN,Eutycbit l...
j Ecclesiae suae Origines cit. (nota 3), pp. 125-127. - In realtà, Selden
si basava su un apografo appositamente approntato da Gerard Langbaine il Vecchio (16091658; in séguiro keeper dell'archivio dell'Università di Oxford e provost del Queen's College
di Oxford; su di lui cfr. S. L[EE]. voce Langbaine, Gerard, in Dictionary of National Biography,
XXXII, London, 1892, pp. 91-93), il quale ultimo usò come modello le trascrizioni presenti
nel cod. Oxon. Laud. gr. 39 (ff 345r-346r), a loro volta derivanti (attraverso alcuni anelli
intermedi) dalle copie allestite da un amanuense al servizio di Johannes Sambucus direttamente sull'originale (su tali copie, conservare oggi in fondo al cod. Vindob. hist. gr. 56, vd.
H. HUNGER, Katalog tier griechiscben Handscbriften der Osterreichischen Nationalbibliothek,
Teil
L Codices historici, Codices philosophici et pbilologici, Wien, 1961 [Muse ion. Veroffenrlichungen
der Osterreichischen Nationalbibliothek, N. E, II/3, I], p. 61; cfr. anche le annotazioni dal
Vindob. hist. gr. 56 di Sambucus quali sono trascritte infra, p. 346 con note 308-3(9). - Sui
vari stadi della trasmissione e ricezione di tale testo torneremo in un conrriburo, attualmente
in preparazione, dedicato alle vicissitudini del P.Vindob. G 3 in età moderna.
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da gravi corruttele? - moltiplicatesi nelle varie fasi attraverso le quali
esso era passato -, fu recepito (dopo l'intervento di Selden) nelle edizioni a stampa dei concili ecumenici, da quella di Philippe Labbe e Gabriel Cossart", passando per quelle di Jean Hardouin? e Nicola Coleti la,
fino all'opera monumentale di Giovanni Domenico Mansi 11 •
7
Si tratta sia di malintesi nella lettura sia di omissioni di intere parti sia ancora di con-
Razioni e accostamenti di sezioni non contigue.
" Sacrosancta concilia ad Regiam editionem exacta [... 1, studio PHILIPP. LABBEI& GABR.
COSSARTII[... J, II, Lutetiae Parisiorum, impensis Societatis Typographicae Librorum Ecclesiasticorum jussu Regis constitutae, 1671, coil. 54-55 (con attribuzione delle sottoscrizioni
al Niceno I). - Nelle precedenti edizioni degli atti dei concili ecumenici (Ia cosiddetta Editio
Romana [Roma, 16()8-16121 e la Collectio Regia [Paris, 1644; modello per l'edizione di Labbe
e Cossarr[) non sono naturalmente reperibili notizie o trascrizioni dal frammento di Vienna.
9 Conciliorum collectio Regia maxima, ad p. Philippi Labbei & p. Gabrielis Cossartii labores
[... 1 haud modica accessione facta et ernendationibus plurimis addiris [... ], studio JOANNIS
HARDUINI (= Acta conciliorum et episto/ae decreta/es ac constitutiones summorum pontificum [... ]),
III, Parisiis, ex Typographia Regia, 1714, colI. 1404 D l - 1505 E l; il testo di Hardouin si
fonda sulla tradizione manoscritta greca degli atti del Costantinopolitano III, rielaborata, per
le parti relative al frammento di Vienna, 'sulla base della stampa di Labbe e Cossart nonché
della trascrizione pubblicata nel catalogo di Lambeck (cfr. qui subito più avanti); vd. la notizia marginale ibid., col. 1404, nr. a: «In charta Niliaca, ut appellant, quae fuit olim Bibl.
Caesareae, teste Lambecio, lib. 8. pago 408». Che tale annotazione sia riferita in Hardouin alle
sottoscrizioni della XVIII actio e non a quelle della XVII (seguiamo qui nella numerazione
il computo più preciso della tradizione latina; per maggiori dettagli cfr. infra, pp. 246-247,
279-300,314-321),
non può essere imputato come errore all'erudito francese, giacché solo di
recente si è potuta ricostruire l'esatta successione delle sedute conciliari.
IO Sacrosancta concilia ad Regiam editionem exacta, [... J studio Philipp. Labbei & Gabr. Cossartii [... 1, curante NICOLAOCOLETI [... 1, II, Venetiis, apud Jo. Baptistam Albrizzi & Hieron.
et Sebastianum Coleti, 1728, colI. 59-60 (si riaggancia direttamente all'edizione di Labbe e
Cossart, ritornando all'attribuzione al Niceno I).
II Sacrorum conciliorem nova et amplissima collectio, [... 1 quae JOANNESDOMINICUSMANSI
[ ..• J evulgavit [... ], XI, Florentiae, expensis Antonii Zatra, 1765, colI. 693-697. - Sui numerosi guasti prodottisi nella catena delle edizioni a stampa fino a Mansi (ovvero sui pochi
tentativi di emendazione) rimandiamo al nostro prossimo lavoro annunciato sopra a nota 6. Naturalmente il testo degli atti del VI concilio, così come costituito dall'arcivescovo di Lucca
nel XVIII secolo, è servito quale base per tutta la critica storica e teologico-dottrinaria novecentesca (fino all'ed. di RIEDINGER,ACO, S. II, 11/1-2); registrazioni in DOLGER, Regesten, I,
nr, 244-248 (docc., precedenti e successivi allo svolgimento del concilio, collegati alla sua convocazione e alla fissazione dei suoi risultati), 254 (divina iussio di Giustiniano II: vd. infra, pp.
323-330); V. GRUMEL[- ]. DARROUZÈSj,Les regestes des actes du patriarcat de Constantinople, I.
Les actes des patriarches, fase. I. Les regestesde 381 à 715, Paris, 1972\ nc. 312-314 (sottoscrizione
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
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In base alle considerazioni ora esposte si può facilmente comprendere che il testo esibito da Mansi risulta assolutamente inadeguato
per una seria indagine scienrifica circa le sottoscrizioni presenti nel
frammento viennese. Peraltro, nello studio della tradizione conciliare
si sarebbe potuto comodamente disporre di un più valido strumento se
si fosse tenuto in conto quanto aveva pubblicato ancora nel 1679 Peter
Lambeck, prefetto della Biblioteca di corte a Vienna dal1663 fino alla
sua morte (3 aprile 1680)12,il quale nellibro VIII dei suoi «Comrnenrarii de Augustissima Bibliotheca Caesarea Vindobonensi» stampò il
testo delle sottoscrizioni presenti nel nostto papiro!', senza tuttavia
giovarsi dell'originale, in quanto quest'ultimo era stato trasportato da
tempo (ossia nel 1596) da Vienna a Praga per ordine dell'imperatore Rodolfo II d'Absburgo (1576-1612). In effetti, da modello funsero
gli apografi che Lambeck scoprì casualmente «inter Joannis Sambuci
schedas» '\ materiale che, giunto in possesso della Palatina di Vienna,
fu inserito dallo stesso bibliotecario imperiale in fondo al cod. Vindob.
hist. gr. 56 (da Lambeck segnato come «Historicus Graecus XLIV»).
L'edizione di Lambeck, pur essendo da un lato scevra di tutti gli errori
penetrati nelle copie intermedie tra Sambucus e Selden e dall'altro 10cupletata da congetture che contribuirono a migliorare le trascrizioni
eseguite per l'umanista ungherese, non ebbe tuttavia fortuna scientifica: il successore di Lambeck nell'opera di descrizione dei fondi greci di Vienna, Daniel Nessel, il cui catalogo (di gran lunga peggiore
patriarcale in calee ai docc. finali del concilio); CPC, IV, nr. 9416-9442; un utile repertorio
(qui tuttavia non utilizzato in dettaglio proprio in quanto apparso subito prima dell'edizione
di Riedinger) sulla letteratura e sulle fonti relative alla questione teologico-dottrinaria dibattuta nel VI concilio ecumenico è pubblicato in F. WINKELMANN,Die Quel/m zur Erforschung.
des monenergetisch-mo1/otheletischen Streites, in Klio, 69(987),
pp. 515-559.
12 Una buona messa a punto dei dati biografici relativi a Lambeck (con bibliografia esaustiva) è reperibile presso L. STREBL,Die barocke Bibliothek 1663 -1739, in Gestbicbte der Dsterreichischen Nationa/bib/iothek,
hrsg. von J. STUMMVOLL,I. Die Hofbibliothek (1368-1922), Wien,
1968 (Museion. Veroffentlichungen der Òsterreichischen Nationalbibliothek, N. F., II/3, 1),
pp. 165-184 (<<Abschnitt IV » ; ibid., spec. p. 166, note 6-11, con indicazioni bibliografiche).
l.l PETRI LAMBECIIHamburgensis
[... J Commentariorum de Augustissima Bibliotheca Caesarea Vindobonensi liber VIII, Vindobonae, rypis Joannis Christophori Cosmerovij [... ), 1679, pp.
408-410 [commento ibid., p. 411 (e inizio di p. 412)].
14 LAMBECK,Commentarii VIII cit. (nota 13), p. 408.
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del precedente) avrebbe in séguito costituito pur sempre il principale
punto di partenza per la consultazione dei codici greci Vindobonensi
a motivo dell'introduzione
delle segnature ancor oggi in uso, tralasciò
intenzionalmente
le sezioni di Lambeck relative al nostro testo, concentrando le quattro pagine da quest'ultimo
consacrate alla lista di
sottoscrizioni in sole cinque righe!",
Soltanto nella successiva fase dellavoro di catalogazione dei manoscritti greci conservati a Vienna, ossia nell'editio altera dei «Commentarii» di Lambeck allestita da Adam Franz Kollar, si compì un decisivo
balzo in avanti nella valutazione del cimelio a suo tempo acquistato dal
Sambucus e ora definitivamente rivendicato al Costantinopolitano
III.
Ciò fu reso possibile soltanto dal ritorno a Vienna (nel1723) dell'originale su papiro: su queste ormai affidabili fondamenta Kollar pubblicò
una trascrizione (peraltro non priva di mende) e una prima, accurata riproduzione in forma di calcografia su due tavole", Tali facsimili furono
in séguito impiegati da Gaetano Marini per la sua trascrizione inserita
nella monumentale opera sui «Papiri diplornatici»!"; un'ulteriore riutilizzazione (questa volta anche delle stesse immagini, ristampate solo
parzialmente) si ebbe qualche tempo dopo ad opera di Wilhelm Wattenbach, che incluse il papiro di Vienna nelle sue «Schrifttafeln» 18. Sia
15
Cataiogus, sive Recensio specialis omnium codicum manuscriptorum graecorum, necnon linguarum
orientalium, augustissimae Bibliothecae Caesareae Vindobonensis, quem [... J in publicam lucem
edidit DANIELDE NESSEL [... j, V, Vindobonae & Norimbergae, typis Leopoldi Boigt &).B.
Endteri, 1690, p. 105. - Come già accennato più indietro a nota 9, l'unico a ricorrere, sia pure
parzialmente, allavoro di Lambeck fu Hardouin.
16 PETRI UMBECII Hamburgensis
Commentariorum de Augustissima Bibliotheca Caesarea
Vindobonensi liber VIII. Editio altera, studio et opera ADAMIFRANCISCIKOLLARII[... j, Vindobonae, typis et sumptibus loan. Thomae nob. de Trattnern, 1782, colI. 863-870 (incisioni su
rame inserire era le colI. 864 e 865 con l'indicazione «Archetypi formam imirarus accurate
descripsit Adam Bartsch Aug. Bibliothecae Scriptor; anno MDCCLXXXh).
17 Papiri diplomatici,
raccolti ed illusrrati dall'abate GAETANOMARINI [... J, in Roma, nella stamperia della Sae. Congr. De Prop. Fide, 1805, pp. 211-212 (nr. CXLVI; si vedano anche
le osservazioni ibid., pp. 381-382); alcune integrazioni (rispetto alla pubblicazione di Kollar)
furono condotte dal Marini con ogni probabilità sulla base di una ricolJazione con esemplari
della tradizione manoscritta greca degli arri del VI concilio ecumenico.
1" W. WATTENBACH,Schrifttafeln zur Geschichte tier griechiscben Schrift und zum Studium tier
griechischen Palaeographie, Berlin, 1876, fase. I, pp. 4-5 (rav. IX); fase. II, pp. 7-8 (rav, XXVIII);
vd. anche la terza edizione: Scripturae graecae specimina in usum scbolarum, collegit et explicavit
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P.VINDOB. G 3
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Marini sia Wattenbach giudicarono le sottoscrizioni come originali,
sebbene le calcografie di Kollar, da entrambi recepite come modello
per la trascrizione e (nel caso dello studioso prussiano) per il corredo
iconografico, non rispecchiassero sempre in maniera assolutamente fedele la situazione dell'antico frammento papiraceo.
Il problema di una corretta valutazione del papiro, nel frattempo entrato nella Papyrussammlung della Osterreichische Nationalbibliothek
sotto la segnatura attuale di Papyrus Vindobonensis Graecus 3, si pose
nuovamente allorché, negli anni Settanta del secolo scorso, Rudolf
Riedinger intraprese il lavoro in vista dell'edizione critica degli atti
del VI concilio ecumenico nell'àrnbiro della nuova serie degli «Acta
Conciliorum Oecumenicorurn»!".
In quell'occasione Riedinger si è rivolto ad Otto Kresten, il quale, dopo aver fatto approntare una prima
fotografia a raggi ultravioletti sulla base della tecnologia allora disponibile, ha provveduto ad allestire una trascrizione provvisoria del testo
delle sottoscrizioni, ceduta in séguito allo stesso Riedinger; questi la
pubblicò nel 1979 con grafia normalizzata (senza seguire le regole della
trascrizione diplomatica) e con le integrazioni (mutuate dalla tradizione manoscritta bizantina del testo, da lui stesso esaminata in maniera
esaustiva) nelle parti del papiro in tutto o in parte danneggiate'", Resta un grande merito di Riedinger aver identificato la sessione del VI
G. WATTENBACH,Berolini, 1897, pp. 4-5 (tav, XI). Su questi facsimili si basa per il suo
giudizio espresso circa le sottoscrizioni V. GARDTHAUSEN,Griecbiscbe Palaeographie, 2. AuR.,
L Das Bucbuesen im Altertum und im byzantiniscben Mittelalter, II. Die Schrif], Unterscbriften und
Chronologie im Altertum und im byzantiniscben Mittelalter, Leipzig, 1911-1913, precis. II, p.
192 (<<autographe Unrerschrifren»). Si veda anche il cenno in H. HUNGER, Antikes und mittelalterliches Bucb- und Stbriftuesen, Il: Scbriftuesen: l. Griechische Palàograpbie, in Gescbicbte der
Textiiberlieferung der antiken und mittelalterlicben Literatur, I, Zurich, 1961 lutilizzato nella rist.
anasr. Miinchen, 1988]' pp. 72-107, precis. p. 92.
19 Apparsa poi più tardi: RIEDINGER, ACO, s. II, II/I-2; imporrante per una corretta valutazione dell'attività di ricerca svolta da Riedinger, soprattutto per ciò che concerne la tecnica
versoria all'interno della cancelleria pontificia, risulta già Acta Conciliorum Oeaonenicorsm, s. II,
L Concilium Lateranense a. 649 celebratum, ed. R. RIEDINGER,Berolini, 1984 [Index Graecitatis
cumulativo in RIEDINGER,ACO, S. II, II/3).
20 RIEDINGER,Pràsenz- und SI/bskriptionslisten,
pp. 24 e 26 (tesro greco), 25 e 27 (traduzione latina, pure indispensabile per la corretta ricostruzione delle firme esibite dal P.Vindob. G
3); sui criteri ecdorici cfr. ibid., p. lO.
240
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orro KRESTEN
concilio ecumenico cui le sottoscrizioni si riferiscono (ossia la XVIFI) e
aver dimostrato che il nostro papiro costituisce l'unico testimone greco
superstite di questa sezione degli atti di tale concilio". Una copia della
fotografia a raggi ultravioletti appena menzionata è inoltre servita come
cliché per la raccolta di facsimili curata da Guglielmo Cavallo e Herwig
Maehler" nonché per la monografia sulle scritture antiche e tardoanriche extra-egiziane di Edoardo Crisci:". Sulla base di tale riproduzione
Kresten ha ipotizzare che il papiro rappresentasse una copia imitativa
delle sottoscrizioni originali"', pur nella consapevolezza che le condi-
21 Secondo la numerazione della versione latina degli atti del concilio (su ciò si veda anche
infra, pp. 246-247, 279-300, 314-321).
22
RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, p. Il. Il testo greco delle sottoscrizioni quale si riscontra in P.Vindob. G 3 corrisponde sin nei minimi dettagli al consenso di tutti i testimoni della tradizione latina per la lista di sottoscrizioni della XVII actio: identiche sono la
successione delle u7toYQacpaie la loro struttura interna (specie per ciò che concerne le formule di
devozione) nonché persino le singole particolarità ortografiche.
23 CAVALLO
_ MAEHLER,pp. l OB-109 (rav. 49b).
24 CRISCI,Scrivere greco fuori d'Egitto, tavv. LXXXIX-XC.
25
Si vedano le relazioni «Der Wiener Konzilspapyrus P. Vind. G 3: Problemstellung
und Forschungsaufgaben» e "Der Wiener Konzilspapyrus P. Vind. G 3 und die Enrstehung
des Kanons der griechischen kalligraphischen Minuskel», tenute rispettivamente il 30 luglio
1974 al XIVth International Congress of Papyrologists ad Oxford e il 22 ottobre dello stesso
anno al Colloque international «La paléographie grecque et byzantine» a Parigi (vd. la rec. di
P. CANART,in Scriptorium, 29 [1975J, pp. 167-175, precis. p. 173 con nota 55; annuncio del
lavoro sul frammento di Vienna [da realizzarsi originariamente assieme a R. RiedingerJ presso
O. KRESTEN,Leontios von Neapolis als Tachygraph? Hagiographische Texte als Quellen zu SchriftIichkeit und Buchkultur im 6. und 7. [abrbundert, in Scrittura e civiltà, l [1977J, pp. 155-175
[trad, it. Scrittura e libro nei testi agiografici dei secoli VI e VII, in Libri e lettori nel mondo bizantino.
Guida storica e critica, a cura di G. CAVALLO,Roma - Bari, 1982 (Universale Laterza, 612),
pp. 21-35, 184-195 (norel], precis. p. 165 [rrad, it., p. 29]); sul carattere di copia imitativa
delle ùlt0YQGcpatin P.Vindob. G 3 cfr. anche KRESTEN,ree. a OHME, Quinisextum, p. 427 con
nota lB. Un cenno a questa provvisoria ricostruzione delle modalità di esecuzione delle firme
nel papiro, quale inizialmente postulata da Kresten, si ritrova in J. VANHAELST, Catalogue
des papyrus littéraires juifs et cbrétiens, Paris, 1976 (Université de Paris IV - Paris-Sorbonne,
Série «Papyrologie», l), pp. 370-371 (nr, 1219); l'opinione di Kresten è ripresa anche in
RIEDlNGER, Prdsenz- und Subskriptionslisten, P: Il; vd. inoltre dello stesso RIEDINGER,Griechische Konzilsakten, p. 295 (= rist., P: B5), nota 17. Una formula assai più vaga è impiegata in
RIEDINGER,ACO, S. II, 11/2, pp. XX-XXI (Einleitung), anche se ivi lo studioso tedesco sembra
piuttosto incline a considerare originali le sottoscrizioni del papiro di Vienna. Di «various
hands» e di «diversi tipi di scrittura, sia maiuscola sia minuscola» parlano rispettivamente
CAVALLO- MAEHLER,p. 108, e CRISCI, Scrivere greco fuori d'Egitto, p. 104 (vd. anche ID., l
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
241
zioni del frammento (soprattutto in riferimento all'inchiostro evanido,
con la scrittura in vari punti parzialmente staccatasi o dissipatasi a causa dei danneggiamenti
materiali subiti) non consentissero un giudizio
definitivo, da formularsi in una pubblicazione scientifica".
Soltanto grazie al progresso della tecnologia digitale è stato possibile ottenere risultati sicuri sul piano paleografico. Nell'àmbito del
progetto «Rinascimento
virtuale - Digitale Palimpsestforschung»,
finanziato dall'Unione Europea per il programma «Culture 2000» e
coordinato da Dieter Harlfinger (Università di Amburgo)", si è provveduto ad affidare alla ditta Fotoscientifica di Parma, diretta da Daniele Broia, l'incarico dell'esecuzione di una nuova fotografia in formato
digitale del papiro in grandezza originale:". Grazie a tale tecnica ci è
stato possibile presentare nel corso dei lavori del convegno cividalese
una ricostruzione preliminare, condotta ormai su basi affidabili, la quale - per anticipare qui le conclusioni raggiunte - consente con buon
palinsesti di Grottaferrata. Studio codicologico e paleografico, I [Testo] - II [Tavole), Napoli, 1990
[Pubblicazioni dell'Università degli Studi di Cassino. Sezione di studi filologici, letterari,
storici, artistici e geografici, 2), p. 254).
26 L'ipotesi di una copia imitativa è sostenuta anche da C.M. MAZZUCCHI,Minuscole greche
corsive e librarie, in Aegyptus, 57 (1977), pp. 166-198, precis. p. 169 seg., nota l (in maniera
alquanto vaga e confusa; sulla base delle tavole di Wattenbach [cfr. supra, nota 18] Mazzucchi
conclude che «difficilmente il papiro di Vienna riproduce le forme grafiche originali»), e da
LAMBERZ,Handschriften und Bibliotheken, p. 62 con nota 60. Nel saggio di DE GREGORIO,
Materiali vecchi e nuovi, è stato volutarnenre omesso il P.Vindob. G 3 dalle resrimonianze in
minuscola antica studiate (cfr. ibid., p. 148, nota 298; alcune succinte considerazioni sulla
tradizione degli atti del VI concilio ecumenico ibid., p. 125): la trattazione paleografica offerta
in questa sede (vd. infra, pp. 254-269 e 339-341) si propone di colmare, sia pure parzialmente,
tale lacuna, dovuta proprio allo stato delle conoscenze ancora assai nebuloso sino a pochissimi
anni fa. Non prende una posizione netta sul carattere del frammento viennese LUZZATTO,
Grammata e syrmata, pp. 19-20, 61-62 (conrriburo peraltro particolarmente problematico,
come si avrà modo di osservare anche in séguito).
27
Si vedano le informazioni presso D. HARLFINGER- J. GRUSKOVA- D. DECKERSK. VANHAEGENDOREN,
Rinascimento virtuale. Digitale Palimpsestforscbung. Rediscovering Written
Records of a Hidden European Cultural Heritage [... J, Berichtband der Konferenz [... J 28.-29.
Juni 2002, Bratislava, Filozoficka Fakulta Univerzity Komenského, Bratislava, 2002.
28 Nel presente conrributo
ci siamo limitati ad offrire riproduzioni ritagliate da tale facsimile, in modo da presentare in successione l'intero oggetto sia per il recto sia per il verso (rispettivamente Tavv. I-IV e V-VIII); rimandiamo ad altra sede (vd. supra, nota 6) la pubblicazione
di un facsimile integrale in forma di tavola pieghevole.
242
GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN
margine di sicurezza di postulare che il P.Vindob. G 3 rappresenta una
copia imitativa di altissimo livello, allestita per uno scopo specifico.
*
*
*
Il papiro di Vienna misura in media, calcolando le varie oscillazioni nella sua conformazione attuale, cm 66/69 x 3 F9. Malgrado i non
pochi danni subiti (bordi con fibre sfilacciate irregolarmente, buchi e
strappi all'interno), le trentacinque sottoscrizioni superstiti (a partire
dalla venticinquesima, secondo la numerazione ristabilita in base al
confronto con la traduzione Iarina") sono conservate quasi per intero
nel margine sinistro, dove talora mancano al massimo le prime 2/3
lettere", e parzialmente nel margine destro, dove invece la lacuna si
estende per circa 4/6 cm, coinvolgendo una porzione più ampia di
scrittura"; nel corpo del papiro le lacerazioni più cospicue si riscontra-
Pochi dati sull'aspetto esteriore del papiro sono forniti esclusivamente da CAVALLO
p. 108. La presente descrizione si basa sia su un esame autoptico sia sulle fotografie digitali eseguite di recente dalla Fotoscientifica di Parma. Nel caleolo della dimensione
massima dell'altezza abbiamo compreso anche il piccolo brandello finale, privo di tracce di
scrittura.
so Dell'originale di tale versione si parlerà più diffusamente infra, pp. 314- 321; quanto alla
numerazione delle firme custodite in P.Vindob. G 3, si vedano le osservazioni nell'Appendice,
infra, pp. 365-366 con note 351-354 (cfr. già qui poco più avanti, nota 38).
II Al principio di ciascuna sottoscrizione doveva figurare regolarmente il signum crucis, di
cui si individuano tracce ora più ora meno evidenti ai nr. 38, 39,40,41,42,43,44,45,47,
49,54 (linn. 21, 22, 24, 26, 27, 29, 31,32,35,37,45:
Tavv. III-IV; ne manca qualsiasi riscontro nell'edizione normalizzata di RIEDINGER, Pràsenz- lind SIIbskriptiomlisten, pp. 24,26);
dunque, sebbene si debba costantemente tenere conto della notevole irregolarità nella rottura
delle fibre, a sinistra la lacuna ha interessato quasi esclusivamente (tranne che per la parte
superiore e per quella inferiore del frammento, entrambe più gravemente deteriorate) l'esiguo
margine vuoto, e almeno in questo punto la prima riga delle singole firme ci è di solito conservata grosso modo integra (nei casi in cui il testo è disposro su due righe, la seconda di queste talvolta risulta leggermente meno completa all'inizio, in quanto originariamente disposta
subito sotto la croce, talaltra invece si trova rientrata e allineata al di sotto della prima lettera
della riga superiore della stessa sottoscrizione): cfr. la nostra trascrizione infra, pp. 369-376
(Appendice).
32 A destra il rorolo presenta, rispetto al margine sinistro, una 'sfrangiarura' molto più
irregolare, che in generale intacca il testo in modo più consistente; tuttavia, essendo le singole
sottoscrizioni di lunghezza variabile, si è preferito calcolare in centimetri (e non in lettere) il valore massimo dell'ampiezza approssimativa della lacuna, prendendo come misura lo
29
- MAEHLER,
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
243
no nella metà superiore, interessando esse soprattutto le sottoscrizioni
nr. 28, 32, 33, 34, 38, 39 (linn. 7-8, 13, 14, 15-16,21,22)33. Ma il
testo caduto a causa dei guasti materiali sin qui descritti si ripristina
agevolmente grazie alla collazione con la versione latina'". Il frammento costituisce una porzione abbastanza prossima alla fine (o, comunque,
situata nella metà inferiore) di un rotolo di papiro, scritto transversa
charta in origine solo sul recto"; nel quale il testo dell'oQoç; (con an-
spazio occupato dalle lettere mancanti in fine di rigo in una qualsiasi delle firme rrascritre
nell'Appendice (infra, pp. 369-376) e facendo la media della quantità di supporto materiale
caduto in tale posizione. Si noti che anche in chiusura di ogni singola Sottoscrizione (sia che
essa sia contenuta su una sola riga, sia che il firmatario [ovvero l'imitatore delle firme!] sia
cosrretto ad andare a capo) figurava una croce, ancora visibile di regola nelle firme disposte su
due righe (nr. 25,26,27,28,29,37
[doppia croce], .'39,40, 42, 45, 49,53 [linn. 2,4,6,8,
lO, 20, 23, 25, 28, 33, 38, 44J) e in un caso (or. 56), quando la sottoscrizione è compresa su
una sola linea (Ia 47 del frammento attuale): si rimanda anche qui alle Tavv. I-IV e alla nostra
trascrizione in Appendice (infra, pp. 369-376).
33 Tali danneggiamenti sono visibili alle nostre Tavv. I-III (trascrizione infra, pp. 369-372).
Nella metà inferiore del frammento si osservano all'interno soltanto taluni fori che non superano di regola 1/1,5 cm di diametro.
,. Cfr. in primo luogo RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslistert, pp. 24-27; si vedano,
inoltre, RIEDINGER, AeQ, s. II, 11/2, pp. 732, lin. 9 - 739, lin. Il, nonché la nostra trascrizione in Appendice, infra, pp. 369-376; in quest'ultima è riportato soltanto il resro greco così
come afferro nel frammento, con le integrazioni rese possibili dal lavoro di identificazione
dello stesso Riedinger; per l'esatta ricostruzione delle singole formule di sottoscrizione in
greco della XVII seduta, contenute nel papiro, lo studioso tedesco ha naturalmente tenuto
conto, oltre che della traduzione larina, anche della dizione del nome e della sede ecclesiastica
dei firmatari così come espressi, nella tradizione greca del Cosrantinopolirano III, sia dalle liste
di presenza poste in testa a ciascuna TCQiiçtç(con l'avvertenza che solo a partire dalla XI e poi
ancor più nerramenre dalla XVI actio si assiste ad un incremento del numero dei partecipanti
al concilio: vd. anche infra, p. 278 con nota 128), sia sopratturto dalle lisre di sorroscrizioni in
calee alla XVIII sessione ed al AOìoç TCQOacprovrrnxoç
(un generico confronto è stato istituito
da Riedinger anche con le analoghe liste di sottoscrizione ai canoni del concilio Quinisesto
[o Trullano] del 692 [su cui ora disponiamo del prezioso lavoro di OHME, Quinisextumj): cfr.
le osservazioni in RIEDINGER, Prdsenz- und Subsk,.iptionslisten, pp. 5-12. - Diversamente, nel
margine superiore e inferiore si individuano a fatica, anche nella stessa fotografia in formato
digitale, tracce assai esigue di scrittura, che consentono esclusivamente di pas tulare che il
papiro doveva contenere ulteriori brani di testo (sicuramente le restanti sottoscrizioni della
sessione 'incriminata' del VI concilio ecumenico) al di sopra dell'attuale lin. l e al di sotto di
lin. 50: Tavv. I, IV.
35 Sui problemi di terminologia basti il rimando all'ormai classico lavoro di E.G. TuRNER,
The Terms Recto and Verso. The Anatomy of the Papyr«: Roll [Acres du xv' Congrès international
244
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
nessa lista di sottoscrizioni) del concilio Costantinopolitano
III (VI
ecumenico), secondo la prima edizione trasmessa attualmente, come'
si mostrerà in séguito"; soltanto nella XVII actio della tradizione latina, era contenuto come documento a sé stante, benché intimamente
connesso al resto degli atti. Il verso riutilizzato reca una serie di note
tachigrafiche, sinora mai nemmeno segnalate nella pur vasta letteratura sul P.Vindob. G 3, le quali, sebbene non ancora decifrate, potranno
tuttavia rivelare qualche dettaglio sulluogo di origine del manoscritto
in quanto probabilmente di poco posteriori alla copia del testo prin-
cipale".
Assai arduo, ovvero praticamente quasi impossibile risulta, sulla
base dell'esiguo lacerto giunto fino a noi, ricostruire con una certa approssimazione la lunghezza originaria di tale uolumen. Prendendo come
misura lo spazio occupato dalle sottoscrizioni ancora preservate, si può
de Papyrologie. Première partie: Rapport inaugural), Bruxelles, 1978 (Papyrologica Bruxellensia, 16) [ed. it. a cura dell'Istituto Papirologico «G. Vitelli» (rrad, di G. MENCI - G. MESSERI SAVORELLI, note d'aggiornamento di M. MANFREDI), Firenze, 1994); ivi (cap. 4) è disponibile una esauriente trattazione sui uolumma scritti transversa charta, per i quali viene proposta
la definizione di «roruli- a contenuto documentario. Analogamente alla maggior parte delle
testimonianze addotte da Turner, desunte dalla prassi documentale antica e tardoantica sia
greca sia romana a vari livelli, il testo delle sottoscrizioni in P.Vindob. G 3 corre perpendicolarmente all'asse maggiore del rotolo (il quale ovviamente si dispiegava dall'alto in basso con
una rotazione di 90° rispetto alla direzione più usuale di svolgimento) e incrocia le fibre che
scendono in verticale rispetto alla direzione di lettura; nel frammento attuale si conservano per
buona parte due XOUTUW'W, il primo, che oggi occupa in altezza (intendendo ovviamente tale
dimensione secondo il senso in cui il nostro volumen era srotolaro) circa 40 cm, visibile nella
metà superiore, ed il secondo, ora alto approssimativamente 28/29 cm, nella metà inferiore:
tracce della xOÀÀTJ<Hç (come di norma in questi casi, parallela alla scrittura [ossia ad angolo
retto con le fibre] e con il secondo xoUTJ~a sovrapposto al primo) si individuano all'altezza di
lin. 33 (la seconda della sottoscrizione nr. 45), come si intravede nella nostra Tav. III.
36 Cfr. infra, pp. 246-247, 279-300, 314-321, 329-330.
37 Le immagini relative a tali annotazioni sono suddivise tra le nostre Tavv. V-VIII. Nonostante si riescano ad individuare in taluni pochi punti singole lettere e legature, ci sfugge
tuttora il corretto significato dell'insieme di questi segni tachigrafici, sicuramente appartenenti ad un sistema avanzato ed adoperato in una cerchia ristretta (su ciò si veda più avanti,
pp. 268-269, 329-330, 350, 353-354). Nella consapevolezza dei limiti delle nostre personali
conoscenze nel campo della tachigrafia più antica, intendiamo mettere le immagini in formato
digitale in nostro possesso a disposizione di colleghi e studiosi che desiderino cimentarsi nella
soluzione di questa enigmatica forma di note di compendio.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
245
calcolare all'incirca in 40/50 cm la porzione di papiro che doveva contenere la prima parte di firme, quella cioè posta al di sopra dell'attuale
lin. 1 del papiro", e grosso modo in poco più di 1 m e 80 cm fino ad un
massimo di due metri la serie finale di dichiarazioni di assenso da parte
dei membri del clero più elevato chiamati a confermare solennemente
le deliberazioni delle assise, ossia quelle \mo)'Qucpui che originariamente erano collocate di séguito all'ultima riga del frammento superstite (lin, 50) e con le quali il rotolo si doveva concludere'"; è, dunque,
abbastanza verisimile che il blocco recante l'intera lista di sottoscrizioni impegnasse un pezzo del rotolo lungo pressappoco tre metri'".
Ma il problema di più difficile soluzione consiste nel calcolare
l'estensione della prima parte del volumen, la quale esibiva il testo vero
,8
Le sedi ecclesiastiche originariamente attestate nella serie di sottoscrizioni precedente
la prima supersrire nel P.Vindob. G 3 erano 24, per un totale di 26 firme (nella numerazione
di RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptianslisten, p. 14, i tre dignitari, presenti in testa alla Lista,
che rappresentavano il papa di Roma [nel senso di locum gerentes, apocrisiarii: vd. RIEDINGER,
ACO, s. Il, W2, p. 729, Linn. 4-9] vengono conteggiati come un'unica unità: cfr. la nostra Appendice, infra, pp. 365-366 con note 351-354); ebbene, nel frammento attuale, che contiene
35 sottoscrizioni (per una misura di circa 65/66 cm, escluso il brandello finale: vd. qui poco
più indietro con nota 29), le prime 26 urroYQucpuiprendono 46 cm; dunque, un'oscillazione
tra un minimo di 40 cm e un massimo di 50 cm appare abbastanza congrua per stabilire approssimativamente lo spazio occupato in altezza (sempre nel senso di svolgimento) dal pezzo
di rotolo contenente la prima parte (edita in base all'originale ricostruito della versione latina
in RIEDINGER,ACO, S. II, Il/2, pp. 729, lin. 4 - 733, lin. lO) della nostra lista.
,9 Le sottoscrizioni mancanti in basso ammontano a 107, a partire dalla sede ecclesiastics
nr. 60 (corrispondente in realtà alla firma nr. 62: vd. nota pree.) fino alla ne. 166 (i)1toYQu<p~
nr. 168) [cfr. anche RIEDINGER,Pràsenz- und SubJkriptionJ/isten, pp. 14-27]: testo solo latino
in RIEDINGER, ACO, s. II, 1I/2, pp. 739, lin. 12 - 749, lin. 17 (seguono, infine, Il righe di
testo a stampa, contenenti una acclamazione rivolta all'imperatore e gli anatematismi: ibid., p.
751, linn. l-Il [sulla incompletezza della XVII actio e sulle irregolarità protocollari nella sua
parre finale vd. infra, pp. 279-296]); si tratta, cioè, di un numero poco più che triplo rispetto
alle 35 sottoscrizioni ancora custodite in P.Vindob. G 3: se, dunque, queste ultime occupano
65/66 cm del rotolo, allora tutta la parre finale doveva essere compresa in un pezzo di oalumen
oscillante tra un metro e mezzo e due metri, sicuramente più vicino a quest'ultima cifra.
40 A tale dimensione si perviene sommando i dati ricostruiti per la prima serie di sottoscrizioni (nr. 1-24 [26], cm 40/50: cfr. subito più indietro, nota 38 e contesto) all'altezza del
Iacerto conservato (cm 66/69 per i nostri ne. 25 [27]-59 [61]) - dunque, in totale poco più di
un metro (ca. l m e 10/15 cm) -, e poi aggiungendo tutta l'ultima parte della lista (con le 107
sottoscrizioni finali e il breve brano conclusivo), che, come si è tentato qui di stabilire (vd. nota
prec. e contesto), doveva assorbire grosso modo due metri scarsi di rotolo.
246
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
arra
KRESTEN
e proprio della deftnitio fidei; infatti, è metodologicamente poco appropriato istituire un parallelo (anche al solo fine di conteggiare le
righe e le sezioni mancanti) tra una grafia, ancora tutta da ricostruire
congetturalmente, impiegata per un ampio passo scritto in extenso ed
elaborato letterariamente in frasi più o meno complesse, ed una scrittura di natura extra-testuale, quale quella attestata nelle sottoscrizioni,
che presenta caratteristiche sue proprie nel formulario e nell'esecuzione così come oscillazioni nel tracciato e nel modulo!'. Peraltro, l'unico
testo a stampa disponibile per la XVII actio è quello della traduzione
latina, la quale, sebbene condotta in forma letterale, non fornisce certo
un'idea esatta della lezione del corrispettivo greco, quale doveva essere
trascritto nella prima parte del rotolo. Proprio per il perduto brano
in greco ci viene in soccorso la professione di fede promulgata nella XVIII
Infatti, da un'attenta collazione delle due redazioni
dcll'òçoç, quali sono esibite nella versione latina rispettivamente della
XVII e della XVIII sessione, si riscontra una consonanza praticamente
perfetta in ogni dettaglio del mero testo della definizione (cioè con
l'esclusione delle parti rituali conclusive)". se ne deduce che anche
neastç,
41 Come si chiarirà più avanti, le sottoscrizioni
sono opera di un unico copista, il quale si
sforza di imitare l'andamento delle firme originali (cfr, infra, pp, 254-260), e il testo dell'oQOç
era in origine vergato probabilmente in maiuscola, forse di tracciato non dissimile da quello
risconrrabile in alcune delle uTCoYQacpai
rirnasreci (vd. più oltre, pp. 341-344). Ciò nonostante, risulta difficile immaginare, sulla base delle sole sottoscrizioni, con quale ductus propriamente si dipanasse la scrittura sul rigo nella stessa professione di fede e quale disposizione
potesse averne il testo, considerando che nel complesso sia l'aspetto grafico sia il lay-out del
brano 'letterario' dovevano apparire profondamente diversi rispetto alla lista dei sottoscrittori
presence nella seconda metà del rotolo.
42
Cfr. in partie. il testo, limitatamente alla pura e semplice sanzione dogrnarica del concilio, così come stampato in RIEDINGER, ACD, s. II, W2, pp. 713, lin. 13 -727, lin. 8 (actio
XVII; il numero di linee di testo per pagina è di norma piuttosto basso a causa dell'ampiezza
dell'apparato critico), e pp. 769, lin. 6 - 777, lin. 27 (actio XVIII); ma si aggiungano anche
le parti iniziali (anch'esse molto simili nelle due seduce) recanti datatio e formule di inscriptio,
liste di presenza e inrroduzione alla lettura del brano teologico: ibid., pp. 705, tin. 15 - 713,
lin. 11 (actio XVII), e pp. 753, lin. 4 - 767, lin. 20 (actio XVIII) [si noti che le pagine pari
dell'ed. per la XVII sessione (a partire da p. 712) esibiscono il testo parallelo confluito nella
Collectio canonica Hispana (vd. infra, p. 315), mentre per la XVIII TCQiiçtçcontengono il testo
greco]. In questo confronto non sono comprese né la sezione finale (che comunque nella XVII
sessione mostra vaste omissioni dovute ad irregolarità protocollari: vd. infra, pp. 289-291
con note 163-166), né ovviamente le sorroscrizioni (Ia formula imperiale è assente nel testo
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
247
l'originale greco dell'òçoç approntato per la XVII seduta doveva coincidere pressoché integralmente con quello oggi presente negli atti della XVIII. Quindi, considerando che il numero di linee e di pagine in
cui è contenuto il testo greco dell'oQoç della XVIII actio nell'edizione
di Riedinger va giudicato grosso modo equivalente a quello occupato
nella stessa pubblicazione dalla lista di sottoscrizioni posta in calce alla
XVII sessione43, si può a grandi linee stimare la lunghezza complessiva
del nostro rotolo in un valore presumibilmente superiore (anche se for-
della XVII 11:Qàçtç,mentre per l'ordine e la successione, nelle due seduce, delle u11:oYQacpat
dei prelaci che dichiaravano il proprio assenso alle deliberazioni si vedano le tabelle sinocciche in RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 14-23). Qualche esempio delle piccole
oscillazioni presenti nei due decreti finali così come trasmessi nella XVII e nella XVIII actio è
segnalato infra, nota 167.
43 Si tratta complessivamente
di 13 facciate per la definitio fidei vera e propria in greco (comprese per la XVIII actio tra p. 752 e p. 776 [in totale 384 linn. di testo a stampa]
nell'ed. di RIEDINGER, ACO, S. II, W2; le pagine dispari esibiscono, come è ovvio, il testo
della versione latina) e di 15 facciate per le sortoscrizioni nella XVII seduta (ibid., pp. 729,
lin. 4 - 751, lin. Il [in totale 288 linn. di testo; in alcuni casi le pagine pari sono occupate
dal testo greco del nostro papiro a dalla redazione latina recepita nella Collectio Hispana (per
le Il righe finali), oppure sono lasciate in bianco dall'editore per ragioni tipografiche]); si
confronti anche la lista di sottoscrizioni in greco esibita nella XVIII 11:Qiiçtç(quasi identica
a quella della seduta precedente: vd. RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 14-22),
che è contenuta su 11 facciate (RIEDINGER, ACO, s. II, W2, pp. 778-798 [solo pagine pari; la
p. 798 presenta anarernatisrni ed acclamazioni come quelli posti alla fine della XVII seduraj)
per complessive 293 linn. di testo a stampa. Naturalmente, per un calcolo approssimativo va
tenuto contO anche di altri fattori, come le liste di presenza al principio della sessione, che nel
rotolo dovevano verisimilmente assorbire meno spazio rispetto alla stampa (non trattandosi
di firme autografe, i nomi dei partecipanti saranno stati scritti presurnibilrnenre
di continuo
e non l'uno sotto l'altro, come invece accade nell'ed.); oppure l'ampiezza dell'apparato critico;
o ancora le differenze, or ora segnalate, nella disposizione e nel modulo di scrittura delle sottoscrizioni rispetto al testo continuo, differenze che si ripercuotono anche nella ricostruzione
sulla base dell'edizione moderna, giacché tali u11:oYQacpat
occupavano di regola maggior spazio
rispetto all'éço; nell'originale integro su papiro. - L'edizione dell'éço; finale (XVIII sessione), contrassegnata nel frontespizio come 'critica', recentemente allestita da H.-G. THUMMEL,
Concilium Constantinopolitanu11l III- 680-681 , in Conciliorum oecumenicorum generaliumque decreta.
Editio critica, I. The Decumenical Councils. From Nicaea l to Nicaea II (325-787), curantibus G.
ALBERIGO- A.M. RITTER- L. ABRAMOWSKI
- E. MUHLENBERG- P. CONTE- H.-G. THUMMEL- G. NEDUNGATT- S. AGRESTINI- E. LAMBERZ- ).B. UPHUS, Turnhour, 2006, pp.
195-202, non viene da noi utilizzata in quanto si tratta di una mera riproposizione (peraltro
priva di apparato cricico) del testo scampato da Riedinger.
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-
arra
KRESTEN
se non di molto) ai cinque metri:"; ma si tratta comunque di un'ipotesi
a tutt'oggi non verificabile. Al contrario, in base al frammento esistente è verisimile che la larghezza del oolumen integro ammontasse a 35 o
40 cm al massimo'".
Già solo la forma di libro impiegata - appunto il .61l0ç o .0110QtoV (xoQ.ou) ovvero anche EÌÀ.l1.oQtoV (EÌÀ.t.oQtov) XOQ.éj)ov _46,
'II Ovviamente
questo dato si ottiene presupponendo che la prima parre del rotolo fosse
lunga all'incirca quanto quella su cui era esemplata l'intera lista di sottoscrizioni, per la quale,
come si è detto poco più indietro (supra, nota 40 e contesto), si può ricostruire con buona
approssimazione un'estensione di poco inferiore ai tre metri. Non disponiamo di materiali
per un confronto cogente sulle dimensioni all'interno di tale tipologia libraria, in quanto non
sono atrestari rotoli documentari scritti transversa charta e contenenti opere della tradizione
conciliare tardoantica; tuttavia, una lunghezza di cinque/sei metri rappresenta, come è noto,
un valore medio assolutamente normale per i formati del uolumen aurico greco e larino: cfr. ad
es. la recente messa a punto bibliografica in E. CRISCI,l più antichi libri greci. Note bib/ioJogiche
e paleografiche su rotoli papiraeei de/IV-III secoloa. c., in Scrittura e civiltà, 23 (999), pp. 29-62,
precis. pp. 29-30, nota 1. Per un quadro sulla suddivisione in rotoli degli atti del VI concilio
ecumenico, quale si desume dalla redazione definiriva ad opera di Agarone nel 713 (cfr. infra,
pp. 249-250 [can nota 48], 297-299 [con note 180-190]), vd. RIEDINGER,ACO, S. II, 1I!2,
p. XX (Ein/eitung), nonché RIEDINGER,Erzbiscbof Am von Salzburg, pp. 312-313 (= risr., pp.
248-249), note 16 e 18 (in entrambi i contriburi si ipotizza erroneamente una ripartizione
in rotoli ancora della stessa redazione curata da Agatone, la quale invece doveva essere stata
pubblicata in forma di codice: yd. infra, p. 336 con nota 282).
45 Per ottenere - con buona probabilità di cogliere nel segno - questa dimensione originaria (ossia quella che, se il rotolo fosse stato svolto orizzontalmente, sarebbe stata la sua altezza),
basta sommare agli attuali 31 cm di larghezza massima del lacerto conservato in P.Vindob. G
3 (ad es. a linn. 32-36 [sottoscrizioni nt. 45-48: Tavv. III-IV), dove lo stato di conservazione
consente un calcolo più vantaggioso) la porzione di papiro, caduta meccanicamente e ampia
poco meno di una decina di centimetri, da distribuirsi fra i due margini, in misura maggiore
a destra rispetto a sinistra: yd. supra, note 31-32 e contesto.
46 Per illessico adoperato nelle fonti ad indicare questa tipologia libraria basti il rimando
a B. ATSALOS,La terminologie du liore-manuscrit à I'époque byzantine, Première partie. Termes
désignant le liore-manuscrit et l'écriture, 8EOOOMVlXT),
1971 [rist. anast. 8EOOOMVl:>tT), 2001)
(EUT)V1XU,
nOQuQ't.
21), spec. pp. 121, 157-161, 165-170. Su XOQ'tT)ç - usato all'interno del
testo degli atti del VII concilio ecumenico (Niceno II, a. 787) ancora come termine specifico
per il rotolo di papiro (e non con il valore più generico di 'papiro' quale materiale scrittorio)
ed in tale contesto qualificato in un caso come Ò TCQOl'tOTUTCOçXUQTT)ç (ossia il ooiumen originale,
su cui erano apposte le sottoscrizioni dei partecipanti a sedute sinodali, nella fattispecie quello
contenente il canone 82 del concilio Trullano) - cfr. LAMBERZ,Handscbriften und Bibliotheken,
pp. 58-61 (con note 45, 47,52) [nonché OHME, Quinisextum, pp. 82-85 (ma già MARINI,Papiri diplomatici cit. [nota 17), p. 382!»). Si veda anche più in generale N. LEWIS,Papyrus in C/as-
IL PAPIROCONCILIARE
249
P.VINDOB. G 3
un imporrante elemento estrinseco per quell'epoca, sembra indicare
abbastanza chiaramente che si tratta di un originale: dall'insieme della
tradizione manoscritta conciliare si ricavano numerose notizie sui
1tQorro'w1tain forma di rotoli papiracei esibiti durante accesi dibattiti
dottrinari o menzionati per altri scopi". Un esempio illuminante in
tal senso si ricava proprio da uno dei testi inseriti nella redazione finale
(del 713) degli atti del nostro VI concilio, quell"E1ttAoyoç del diacono
Agatone, in cui questi, allora esponente di spicco della cancelleria patriarcale di Costantinopoli (XaQTocpuAaçT;;ç ÈVTaù8a aylffiTcl'TllçTaU
sical Antiquity,
ad archetipi
1974, pp. 70-78. - Sull'impiego
Oxford,
di opere letterarie
dei cosiddetti
si rinvia alla Table ronde "Papyrus
di papiro e pergamena
in riferimento
'secoli oscuri' e di testi della tradizione
conciliare
nell'àrnbiro del XX Congresso
internazionale
di studi bizantini (Paris, Collège de France - Sorbonne, 19-25 agosto 200l) e
coordinata da Paul Speck ed Erich Lamberz, i cui atti sono di imminente
pubblicazione:
Papyrus, Pergament, Papier. Zur Frage der Bescbreibstoffe in den Dunklen Jahrhunderten, hrsg. von E.
LAMBERZ - t P. SPECK, Bonn, [data prevista per l'uscita del vol.: 2009] (fIolxi}"a Buçav't'lvo,
21); di particolare interesse il contributo
di E. LAMBERZ, Papyrus und Pergament: Das Zeugnis
der Konzilsaèten des 7. und 8. Jahrhunderts [ringraziamo
l'autore, il quale ha voluto fornirci
in anticipo
tale indicazione
oder Pergarnent?»,
bibliografica];
svoltasi
è già stato estrapolato
da tale vol. il saggio
di E.
CRISCI, Papiro e pergamena nella produzione libraria in Oriente fra IVe VIli secolod. C. Materiali e
riflessioni, in Segno e testo, l (2003), pp. 79-127 (ibid., p. 85, nota 9, un cenno fugace [comprensivo del nostro papiro di Vienna]
47
Basti consultare
concilio
documenraria
nell'età
in forma di codice (due in pergamena
più avanti con nota 49) degli interi atti del V concilio
e presenrari
proprio
ibid., pp. XVI-XVII
durante
la disputa
sull'energia
VII actio talune
nella tormentata
nell'archivio
e la volontà
manipolazioni:
ltÉlllt't'T)ç
del Patriarca-
in Cristo,
ampia
avreb-
discussione
(Einleitung), nonché in STOLTE, The Documents in the Case, pp. 404-408 (a
pp. 406-407 sono riportate
nici e sinodi
ltQ<lç,eOJç't'liç ayiaç
spec. p. 640, linn. 5, 16 et alibi), i quali, recuperati
di Costantinopoli
bero evidenziato
vd. qui
(Costantinopolitano
rò XaQ't'cjiovaù6t::VTlxÒV dÀl T!IQtOv 't'TiçÉl3oollT)çTCQOçt::OJç
't'Tiçayiuç
II, a. 553) sia soprattutto
to
atti dello stesso VI
ed uno papiraceo:
ecumenico
TCÉIlTC't'T)ç
lJ\Jvooou ovvero -cò 't'OllclQIOV't'Tiç f:!3OollT)çaù6ev't'lxfiç
lJuvooo\J (ibid.,
considerara).
(RIEDINGER, AeD, s. II, 11/2, pp. 638, lin. 1- 652, lin. 23), in cui sono a
ecumenico
più riprese citati sia esemplari
subito
alla produzione
ad es. il ben noto passo della XIV TCQaçlç degli
altre interessanti
locali più antichi);
su tutta
restimonianze,
relative
ad atti di concili ecume-
la problernatica
si rimanda
nuovamente
Handschriften und Bibliotheken, pp. 55-63 (con particolare
riferimento
ai passi opportunamente
estrapolati
dal Niceno
all'interno
del testo degli atti del Costantinopolitano
II); per la terminologia
inerente
al oolumen di papiro,
all'epiteto
XUQ't'cjioç);per queste ed altre occorrenze
quale adoperata
III, cfr. RIEDINGER, ACD,
75 (s. v. EiÀtTOQIOV), 233 (s. vv. 't'OIlOQIOV,'t'0IlO<;),253 (s.
V.
a LAMBERZ,
S.
Il, 11/3, pp.
XOQ't'T)ç;manca illemma
nella tradizione
conciliare
DINGER, Erzbiscbof Arn von Salzburg, p. 312 (= rist., p. 248), nora 16.
relativo
vd. inoltre
RIE-
250
GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN
BEoi) MEyaÀT)ç 'ExxÀT)O'laç xcì TOi) eùayoi)ç 1taTgtagX1XOi) O'EXgÉTOU 1tgOlTovoTagwç xoì xayxeUagwç
oeuTEgoç), riferisce di aver
vergato di suo pugno durante le assise di «circa 32 anni prima», quando
era ancora un giovane vo réçior; addetto alla redazione dei verbali,
tutti i TOl101dell'esemplare originale del testo destinato al ~acrtÀf:uç
e poi depositato nella cancelleria imperiale, nonché i cinque icrOTU1t01
Èvu1toygacpo1 T01101, desrinati ai Patriarcati ecumenici, recanti le
deliberazioni previste nell'éçoç finale (intendendo quello definitivo
trasmesso nella XVIII sessione), eon le sottoscrizioni autentiche dei
partecipanti'". Peraltro, le copie semplici, anche quelle, in qualche modo
48
Si {fatta
maggiore
pp.
di uno degli
importanza
281-287,
opuscoli,
pertinenti
per la nostra trattazione
301-302,
322-323,
zioni che fornisce circa la tradizione
3 - 901, lin. 12. Riportiamo
331-332,
al Costantinopolitano
(vi si tornerà
341-342),
III, che rivestono
a più riprese in séguito,
a motivo
delle
vd. infra,
preziose
informa-
degli atti: ed. RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, pp. 898, lin.
qui di séguiro il passo in questione
p. 898, linn. 9-21):
(ibid.,
(o allaQTroÀÒç ÈyÒJxat nrivrov ÈÀliX1oTOç'Ayo9rov) [ ... ] [segue la titolatura
registrata
qui so-
pra nel resroj rrçò TOUTiiiv TQ1oxovTa 000 1l1XQiiinÀÉov ~ EÀaooov XQovrov En véov ayrov TT]V
èv Tiii TOU à(va)YVcOOTou 13a91!iiixaTllQl91!1lllÈVOç [si {fatta del grado più basso della
ecclesiastica, quello di lettore], rov xat lÌXQEÌoç VOTUQlOçxa9tmouQYlloa Tfj aYlQ
TauT~ xeì oiXOWU,V1X~ EXT~ ouvoli<!l, nam TOtç èv aÙTfj xexlvllllÈV01ç naQllxoÀou!hjXolç,
ÈcpsçTjç alla OauÀ<!l Tiii èv aylolç uQX1emOxon<!l yevollÈVtp TroV ÈVTaù9a xat naTQlOQX1:J, è»
i]Àlxiav,
gerarchia
Àa'ixoìç En TeÀQuvn xcì j3amÀlxiii lÌcr'lXQTjT1çruyxovovT1
OUVxoì !;TÈQOlç TQlOlV [si trova
rnateriali degli esemplari degli atti, trascritti direttamente nel corso dei lavori: vd. infra, pp. 282-285], anavTaç Iii> rèv èv aÙTij ne1tQaWÈvrov TOl><;
TOIlOUç èv xa9aQiii 1i1' ÈXXÀllcrtaOT1xrov YQalll.UITrov[su tale definizione della scrittura impiegata da Agatone vd. infra, pp. 341-344] oixciç EYQatIJa xe1QI' otrtvs; xat è» Tiii j3amÀtxéii
qui la menzione
dei cinque
estensori
naÀaTl<!l ocpQaYlo9ÈvTeç
bilmente
di proposito,
to al sovrano avvenne
xaTllocpaÀlo9Tjoav
che il definitivo
xat
deposito
lÌnÈxewTo
[qui
Agatone
nel palazzo imperiale
solo alcuni anni dopo sotto Giustiniano
quasi identica
nel resoconto
la professione
della XVII actio nella numerazione
atti del VI concilio:
probadestina-
II: vd. infra, pp. 322-330] oùv
xnì TéiiÈxcprov'l9ÈvTl ÈVU1t0YQuCP<!l
TTjçnloTeroç oQ<!l[si noti il singolare:
contenuta
omette,
dell'esemplare
cfr. infra, pp. 298-300,
latina
di fede
era nel 713
329-330] unò TTjç aÙ"rTjç
già fuoriuscita
dagli
aYlaç ouvoliou'
lÌM& llT]v xat TOÙçÈxòo9ÉvTaç TOtç 1tÈvTe naTQtaQX1XOtç 9QOVOtçicrOTU1tOuç
ÈVU1toYQocpouç TOU aUToù oQOu TOIlOuç xaTa
naQa
TÒV OIlOlOVTQOnov EYQatIJa xeÀSuo9dç
OUTro
TOU Èv eùcrej3et Tfj Ilvi]ll~ KrovcrTaVTlvou TOU j3amÀÉroç TOUTO nQOoTuç,avToç
yevÈcr9m lila TÒ lÌvem!30uÀSuTov Tllç oQ90òoç(aç
dunque,
ascritta
la stesura materiale,
sia dei TOIlOt dell'esemplare
identiche
definizione
tra loro e munite
imperiale,
nella medesima
comprensivo
delle sottoscrizioni
di fede e destinate
ai cinque
OUTro
UV09WTOV Te xat yv~crtoV [ad Agatone
grafia definita
ÈxxÀ'lmaoTtxa
va,
YQullllaTu,
di oQOç finale, sia delle cinque copie esatte,
originali
Patriarcati
dei partecipanti,
ecumenici;
sul numero
contenenti
degli
la sola
esemplari
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
251
con carattere di ufficialità, considerate autorevoli dai Padri conciliari e
talora sigillate durante le sedute per future verifiche, si presentavano, a
quanto ci informano gli stessi atti, in forma di ~t~Àla/~i~Àot (oppure
n:uxrt), ossia di codici prevalentemente mernbranacei'"; senza contare
ufficiali degli atti del Costantinopolitano III e sulla loro ripartizione tra i notai impiegati
nella trascrizione cfr. più oltre, pp. 300-313]. Utili osservazioni su tale brano soprattutto in
STOLTE,The Documents in the Case, pp. 409-411, e in LAMBERZ,Handschriften und Bihliotheken,
pp. 62-63 e note 58-59; un cenno ad esso, all'interno di una inreressanre trattazione, di cui si
riprenderanno in séguito le lila (infra, pp. 288-291 con note 160-166), si trova anche in OHME,
Quinisextum, pp. 354-355 l= OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen Subskription, p. 166 (eon nota
123)]. Naturalmente l"E1tlÀOyoçè conservare solo in greco giacché, come si vedrà più avanti
(infra, p. 314 eon nota 226), l'originale della traduzione latina fu approntato nella cancelleria
pontificia nel periodo compreso fra il 682 ed il 70 l. Su Agatone vd. ora PmbZ, I, nr. 132, nonché B.A. LEONTARITOU[Aeovrcçirco], EXXÀljawcrwal
uçlmpum xU! V7rT'Jem1cçC1T1jVneW1f11)
xai uéon j3vçavnvrj m:Qlo&J, A61lvu - K0I10TllvT],1996 (Forschungen zur Byzantinischen
Rechtsgeschichte, Athener Reihe, 8), p. 658 (nel presente contributo non saranno indicati
ulceriori rimandi ai funzionari ecclesiasrici registrati in tale pubblicazione in quanto l'autrice
nelle citazioni di fonti impiega esclusivamente l'edizione di Mansi [cit. supra a nota 11] per
il Costantinopolitano III); sulla complessità ed apparente contraddittorietà della titolatura di
Agatone (le cariche di XaQTocpuÀaç't'iiç MqOÀllç 'ExxÀllataç e di 1tQIDTOVO't'OQlOç
roù 1tO't'QUlQX1XOÙ
O£XQ{;TOU
indicherebbero una funzione di capo dell'ufficio, quella di xOYX£ÀÀoQwç <ì£UT£QOç
sembrerebbe piuttosto escluderla) si consulti J. DARROUZÈS,Recherches sur les
6cpcpixza de l'Église byzantine, Paris, 1970 (Archives de l'Orient chrérien, Il), pp. 24-26 (eon la
ree. di R. RIEDINGER,in Byzantinische Zeitscbrift, 66 [1973], pp. 135-139, spec. p. 137).
49
In primo luogo, si veda nuovamente il passo (presentato già sopra, nota 47) della XIV
actio del nostro VI concilio (precis. RIEDINGER,AeD, s. II, II/2, pp. 638, linn. 8-9; 640, linn.
l, 15-16; et alibi), laddove, con una articolazione terminologica assai significativa, si fornisce
testimonianza della concitata discussione in cui vengono esibiti e dettagliatamente collazionati
.suo èv OOOl1acn
[trad. lat. in membranis] ~l~Àta/n;uXll (Tà cp{;Qov-ra't'à 1t£1tQay!1Éva)Tiiç aYlaç
(xaì oixoouevrxjjç)
1t{;I11tH!ç
ouvòèou - ossia due codici di pergamena, probabilmente copie
semplici ma di alto livello in quanto custodite a Costantinopoli
nella MEyOÀll'ExxÀ.T]ota-,
assieme al rorolo originale, contenente la sola VII seduta del Costantinopolitano II (allora al
centro del dibattito) e facente parte dell'esemplare patriarcale degli atti dello stesso concilio
del 553. Si osservi, comunque, che sempre tra i manoscritti della 1tÉI11t't'll
OiXOUI1£VIXf)
auvoOoç
menzionati nella XIV sessione del Cosranrinopolirano III se ne trova uno nella forma di XOQ't'iilov ~1,3ÀtOV
oppure xaQT<9a~t~Àoç(ibid., pp. 640, linn. 18-19; 642, linn. 2, 19; 644, lin. 12; a
p. 644, lin. 13 al plurale), ossia di codice di papiro (per questa occorrenza vd. già RIEDINGER,
Erzbischof Am von Salzburg, p. 312 l= rist., p. 248], nota 16). Per i termini indicanti il codice
cfr. ATSALOS,La terminologie cit. (nota 46), spec. pp. 46-87 «<la famille de ~l~ÀOç»), 118125 «<'t'EÙXOç
com me codex»); per l'espressione è» Clool1acnsi consulti ID., 'H oeoÀoyia niiv
xClQOyeacpmv xarà n1 (Jvçavnvr, t:nox~· Méçoc. &vrcQo. TJIÌÌJla 1. reacplXÈ;ç UÀEç- YQUcplxà
vYf,)(i- y(!acplxà oeyava, in EMIjV1Xa, 24 (971), pp. 5-32, precis. p. 7; MÉ:eoç&vrcQo. TJIiiJ1a
252
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
arra
KRESTEN
poi che, se nel nostro caso si trattasse di una copia semplice, avremmo
un'unica mano che trascriverebbe di continuo e senza oscillazioni le
singole firme dei vescovi'?. ma così non è.
Dunque, originale? Ma ciò risulterebbe in contrasto con il dato
paleografico, da cui (lo anticipiamo) si desume che il frustulo custodito in P.Vindob. G 3 è sì opera di un'unica mano, la quale tuttavia
intese rispecchiare piuttosto fedelmente l'andamento e la forma delle
singole sottoscrizioni originali ". Dunque, copia imitariva'<? Ma quali
caratteristiche dovrebbe possedere e soprattutto in quale fase della tra-
2. "AM£ç àvouaoiec ri;ç 7rsl.?yaIlTfviiç,ibid., 25 (1972), pp. 78-102, precis. p. 83 [entrambi i
contributi rist. in ID., flaÀnIOYl.?acplxa xai x0x5lxoÀOYlxa avaÀsxra, eE:OOUÀOVlXTj,
2004, pp.
31-60,61-88 (ivi precis. pp. 33,66-67»); per le ulteriori attestazioni di copie in forma di codice
nella tradizione conciliare yd. RIEDINGER,AeD, s. II, 1I/3, pp. 52 (s, vv. ~l~Àl1ìtoV,~l~ÀlOV,
j3ij3ÀOç),142 (s. v, xmlìixtov), nonché le puntuali osservazioni in STOLTE,The Documents in the
Case, pp. 408-409, e in LAMBERZ,Handschriften und Bibliotheken, pp. 55-63. - Un parallelo
interessante per la disposizione e la forma dei libri presentati durante assemblee di concili
ecumenici si trova in una fame manoscritta più tarda (secolo IX): si tratta della miniatura a
piena pagina relativa al Cosranrinopolirano I (ecumenico II, del 381) e inserita nel ben noto
codice di Gregorio Nazianzeno Paris. gr. 5 lO (f. 355r) come immagine prefatoria all'Omelia
XLIV (con la quale peraltro essa non possiede un legame narrativo diretto), dove nell'asse
centrale in basso, di fronte al trono occupato dal Vangelo aperto e alle due ali dei partecipanti
(capeggiate a destra dall'imperatore Teodosio I), è raffigurato un tavolino da lavoro (e non
un altare) su cui sono poggiati, chiusi e sigillati, un codice (munito di fermagli) e ai suoi
due lati due rotoli (anch'essi ripiegati e salvaguardati da lacci e - a quanto parrebbe - da
sigilli), rappresentando questi due ultimi libri probabilmente volumina originali degli atti del
Niceno I (ecumenico I, del 325) [basti il rimando a L BRUBAKER,Vision and Meaning in NinthCentury Byzantium. Image as Exegesis in the Homilies of Gregory of Nazianzus, Cambridge, 1999
(Cambridge Studies in Palaeography and Codicology, 6), spec. pp. 210-217 con fig. 36].
)0 Si può a tal proposito addurre come esempio l'uniformità
con cui sono realizzate - come
riflesso della situazione dell'archetipo (sicuramente una copia semplice dell'originale) - le
sottoscrizioni finali (in maiuscola distintiva di tipo «alessandrino») nei testimoni più antichi
della tradizione manoscritta del concilio Trullano (come si osserva ad es. ai fr. 113v-120r del
cod. Vindob, hisr. gr. 56 [secolo X/XI), menzionato anche più indietro, nota 6, e infra, pp.
345-346 con note 307-309): cfr. OHME, Quinisextum, 133 (con le osservazioni contenute nella
ree. di KRESTEN, p. 427; sul tentativo, operato da Ohme talora in maniera approssimativa a
errata, di ricostruire l' aspetto delle firme originali vd, infra, nota 82).
)1 Si veda l'analisi grafica qui subito più avanti, pp. 254-260.
)2 Si tratta di un'ipotesi,
già fatta balenare in passato (cfr. supra, note 25-26 e contesto),
che avrebbe anche il pregio di spiegare l'uso della forma del rotolo di papiro come riproduzione di un altro imporrante elemento estrinseco dell'originale.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.V1NDOB. G 3
253
dizione andrebbe collocata? Come si dirà meglio in séguito, la XVII
actio, interrotta per l'assenza (sicuramente studiata) di Costantino IV,
fu ben presto riconosciuta come obsoleta e finì stralciata dalla tradizione greca, pur rimanendo negli apografi dell'originale della traduzione
lacina": dunque, a quale scopo sarebbe stato approntato il testo di cui
ci resta un frammento nel papiro di Vienna? Abbiamo lasciato per ultima un'ulteriore ipotesi, quella del falso, che, sebbene da escludersi,
ci permette di chiarire un punto essenziale: nessun Bizantino avrebbe
mai operato una falsificazione di un documento di tale tenore in calee
al quale mancava giuste la sottoscrizione imperiale e che proprio per
questa ragione non era più valido, superato ormai dalla sessione successiva (la XVII!), che invece si presentava formalmente ineccepibile, sia
pure praticamente in tutto coincidente dal punto di vista dottrinario
con il testo della abortita XVII 1tQàçtç54. Paradossalmente, ciò vale in
parte per la stessa ipotesi di una copia imitativa, la quale diventava
inutile in pratica un istante dopo che l'imperatore, finalmente tornato
a partecipare alle assise, decise di ripetere lo show per poi apporre l'antica formula Legimus et consensimus in calee alla definizione dogmatica
promulgata in ultima istanza nella XVIII sessione".
Cfr. infra, pp. 279-330.
Cfr. supra, p. 246 e nota 42. Sulla presenza imprescindibile di una validazione imperiale
quale puntO finale delle deliberazioni espresse negli atti dei concili ecumenici basti il rimando
a OHME, Zum Vorgang tier kaiserlichen SubJkription, spec. pp. 148-152, 168-172; naturalmente
nel caso del Costanrinopolicano III non si può postulare l'esistenza di delegati imperiali (se si
eccettuano i funzionari preposti alla direzione dei lavori [ma senza potere di firma] in sostituzione del sovrano nelle seduce dalla XII alla XVII: infra, pp. 269-270 con note 108-109),
giacché l'assemblea era stata convocata a Cosrantinopoli dallo stesso Costantino IV, il quale
poi da un certo momento in poi si astenne dall'assistere ai lavori: su tutto ciò vd. infra, pp.
53
14
269-279.
II Per il tenore della sottoscrizione imperiale si veda l'ed. in RIEDINGER,
ACD, S. II, 11/2,
pp. 796: linn. 26-28 (gr.); 797, linn. 26-27 (lat.); cfr. anche la ricostruzione sulla base dei
manoscritti greci e latini degli atti in RIEDINGER, Kuriale und Unziale, pp. 156-157. Si badi
che, mentre nel testo vero e proprio della versione latina della XVII sessione manca, come abbiamo detto, il Legimes et consensimus, esso si ritrova, di cerro in quanto restituito a posteriori per
analogia con la XVIII actio, nella redazione latina provvisoria della stessa XVII seduta quale è
penetrata nella Collectio canonica Hispana del 683/684 (su cui vd. infra, pp. 314-316 con note
227-230): RIEDINGER, ACD, S. II, W2, p. 726, lin. 18. Sulla forma anonima di tale lJ1tOYQU<PT]
_ quale è da considerarsi normale, come diritto riservato al ~acnÀ£uç, in quell'epoca ed anche
oltre (solo a partire dal sinodo anrifoziano [il cosiddetto «Cosrantinopolirano lV" nella serie
254
GIUSEPPE DE GREGORIO
*
*
-
orro
KRESTEN
*
Ma procediamo con ordine. Il primo dato da rilevare nell'analisi
paleografica è I'alta percentuale di sottoscrizioni in minuscola corsiva
rispetto a quelle in maiuscola: ventiquattro contro nove soltanto!"; due
sottoscrizioni esibiscono, invece, una scrittura 'mista', vale a dire con
parole intere alternativamente maiuscole a minuscole (ma il modello
di base appare comunque la minuscola)?". Ed in primo luogo dall'esame delle lmoYQucpui in minuscola, dalla sostanziale omogeneità nel
loro aspetto d'insieme e dal dettaglio dell'esecuzione di singole lettere
dei concili ecumenici riconosciuta in Occidente] dell'a. 869/870 è attestata la sottoscrizione
nominale) - ci permettiamo di rinviare alle osservazioni contenute in KRESTEN, ree. a OHME,
Quinisextum, pp. 427-430, a precisazione sull'uso, postulato da OHME nella sua monografia
(pp. 345 segg., nonché in OHME, Zum Vorgang der kaiserliehen Subskription, pp. 153-156), della
sottoscrizione nominale già nel Quinisesro (692), quale si riscontra, in realtà a mo'di innovazione seriore, nella tradizione manoscritta bizantina di tale concilio; si veda inoltre la messa a
punto di O. KRESTEN, Ml1vo).,Oyr)l1a. Anmerkungen zu einem byzantiniscben Unterfertigungstyp, in
Mitteilungen des Instituts fur Osterreiehisehe Geschicbtsjorscbung, 102 (1994), pp. 3-52, precis. pp.
13-27. Analogamente, anche per il VI concilio ecumenico è regisrraro in MANSI, Colleetio XI
cit. (nota 11), col. 656 A, l'inserto, presente solo nei restirnoni recenziori e trascurato nell'app.
crit. da RIEDINGER, KCOVCJTaVTìvoç
tv XQlcmil nil 01':iii!3amM;ùçxaì aÙTQXQUTCOQ
·Pcollaloov.
56 Presentano il sistema grafico minuscolo corsivo le firme nr. 25-26, 28-39,41,44-45,
47-48,51-52,54-55
e 58, mentre sono in maiuscola i nr. 27,42-43,49-50,53,56-57,59:
si veda la trascrizione infra, pp. 369-376, dove le sottoscrizioni in minuscola sono stampate
in corsivo, quelle di base maiuscola in tondo (nella descrizione paleografica qui presenrata
abbiamo preferito riportare le singole parole ed espressioni, addotte per l'argomentazione, con
grafia normalizzata). Per tutte le caratteristiche della scrittura arrestata in P.Vindob. G 3 si
rimanda ai facsimili pubblicati alle nostre Tavv. I-IV; singoli dettagli grafici, particolarmente
significativi per il nostro discorso, sono riprodotti nelle Figg. 1-8 di Tav. IX, nelle Figg. 1-7
di Tav. X e nelle Figg. 1-3 di Tav. XI.
" Si tratta dei nr. 40 e 46: Tav. III; il fatto che in quesri due casi il nome del sottoscrittore
posto all'inizio sia in minuscola lascia intendere che lo scriba cominciasse con il sisrema grafico
a lui più congeniale e che poi proseguisse aderendo ad un modello ave evidente è il temativo
di rendere talune parole della formula con una veste grafica più solenne (ossia in maiuscola),
pur con 'ricadute' indotte dalla consuetudine. Si segnala che anche in ralune poche sottoscrizioni complessivamente di base minuscola singole parole (specie la formula tÀi:l':l 8e:où) sono
vergate, quasi con funzione distintiva, in maiuscola. Non stupisce, inoltre, l'adozione di letrere isolare in maiuscola all'interno di sottoscrizioni in minuscola, giacché ciò appartiene alla
srruttura stessa del sistema della corsiva bizantina e non va in alcun modo confuso con la
cosiddetta scrittura misra: cfr. DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, p. 129 e nora 230.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
255
e parole, si evince che un unico scriba, sicuramente assai esperto, il
quale possedeva grande familiarità con la corsiva bizantina della fine
del VII secolo", si ingegna a riprodurre, con studiate variazioni, le firme prese da un altro originale. La natura stessa del testo copiato, con la
ripetizione della medesima formula stereotipata?", consente di seguire
passo per passo la fattura delle singole sottoscrizioni e di individuarne
le caratteristiche comuni di tracciato. Si notino, tra le altre, le forme,
sempre identiche tra loro, di oQl.croç \mÉYQotlJo, ad esempio nelle sottoscrizioni nr. 25, 29, 34 e 39 [Tavv. I-III; dettaglio a Tav. IX, Figg.
1-4], oppure di btl.crx(orr)(oç) (ad es. nr. 31 e 51 [dettaglio a Tav. IX,
Fig. 5]), o ancora di ÈÀ.ÉEt (8EOÙ), ben visibile in successione ai nr. 29,
30 e 31 [Tavv. I, II]; ma anche singole lettere perfettamente uguali in
58 Per uno sguardo d'insieme sulla minuscola nei papiri e nelle scarse testimonianze
riscontrabili per quest'epoca in codici membranacei di conservazione bibliotecaria ci permettiamo di rinviare a DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuoui, spec. pp. 88-125; si vedano anche
le osservazioni più generali sulla posizione di P.Vindob. G 3 nel quadro dell'evoluzione della
scrittura minuscola, infra, pp. 339-341. Una insensata ricerca, all'interno delle singole sottoscrizioni in minuscola del nostro frammento, di elementi distintivi e di forme artararnente
isolate dal contesto, ricorrenti anche in altri testimoni di impianto grafico e tradizione totalmente diversi, così come accostamenti e definizioni che fanno rabbrividire chiunque abbia un
minimo di dimestichezza con la pratica scrittoria bizantina si ritrovano purtroppo nel conrribuco di LUZZATIO, Grammata e syrmata, spec. pp. 61-68.
59 Sulla srrurrurazione formale e linguistica delle sottoscrizioni in calce alle sedute conciliari si vedano le pertinenti osservazioni, improntate sull'esempio del Quinisesto, di OHME,
Quinisextum, pp. 177-194. Naturalmente risulta ora palmare, grazie alle riproduzioni eseguite
con le moderne tecniche, che personaggi provenienti dalle zone più disparate dell'Impero e di
educazione grafica difference non avrebbero potuto in alcun modo vergare la propria dichiarazione di assenso in maniera così simile l'una all'altra (pur con tutti gli artifici introdotti per
creare un effetto diversivo) come esse appaiono già solo a prima vista consultando le nostre
Tavv. I-IV; ben diverso è l'aspetto normalmente rilevabile in una serie 'autentica' di sottoscrizioni (ossia caratterizzata da una vera alternanza di mani, anche all'interno di un medesimo
sistema grafico): cfr. ad es. P.Vindob. G 19811 (ca. a. 700; CAVALLO - MAEHLER, pp. 110-111
[rav, 50a]). Al contrario, non può costituire, come ben s'intende, un argomento a favore del
carattere di copia del nostro frammento la circostanza che sia il colore dell'inchiostro (marrone
scuro) sia lo spessore dei tratti (di valore medio ed omogeneo, in quanto defluente da un calamo a punta rigida ed affilata, tipico per la minuscola) esibiscono un aspetto assai uniforme
in tutto il papiro, giacché si presuppone che durante il solenne (e complesso) cerimoniale di
inserimento delle formule di sottoscrizione, da parre dei convenuti, in calce all'oQoç di un
concilio ecumenico venissero approntati e si impiegassero uno stesso strumento scrittorio ed
uno stesso inchiostro attinto da un unico recipiente.
256
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
tutto il papiro, come epsilon, beta quasi sempre in guisa di u latina con
i tratti verticali allungati verso l'alto [dettaglio a Tav. IX, Fig. 6]60,
gamma, ny, sigma e così via.
Il tentativo di creare un effetto di diversificazione risulta a prima vista evidente ad esempio nelle oscillazioni dell'asse scrittorio, di
norma diritto, ma talora forzatamente inclinato, come nei fir. 26 e 52
[Tavv. I, IV; per fir. 52 vedi anche il facs. parziale a Tav. IX, Fig. 7
(destraj]. Ma anche quando il repertorio figura volutamente variegato,
le singole forme che vengono a distanza riprese sono tracciate nello
stesso identico modo: per tutti valga l'esempio del delta, eseguito più
frequentemente con il tratto obliquo raddoppiato [dettaglio a Tav. IX,
Fig. 7], e in qualche caso (ad esempio nr, 28 e, a grande distanza, 51
[dettaglio a Tav. IX, Fig. 8]) nella forma, simile ad una d latina, della
corsiva più antica?'.
Ancora maggiore attenzione è prestata dal notaio nel riprodurre le
sottoscrizioni in maiuscola, di certo la scrittura cui era meno avvezzo
rispetto alla corsiva. Anche qui sia l'asse scrittorio, di solito inclinato
tranne in due casi (nr. 50 e 56 [Tav. IV; per fir. 50 vedi anche il facs.
parziale a Tav. X, Fig. 6, in basso]), sia soprattutto l'alternanza di più
forme sempre uguali all'interno di una medesima tipologia di lette-
60 In un caso, al nr. 44, il beta minuscolo si presenta nella forma 'a due pance', ricordando
abbastanza da vicino il tratteggio della stessa lettera nella sottoscrizione in maiuscola nr, 42
(vd. Tav. Ill), laddove però in quest'ultima l'asse è inclinato e l'incontro in basso dei tratti 1 e
2 costituisce un angolo e non si riduce ad un'unica curva.
61 Stando ai risultati dell'indagine
presentara in DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi,
si tratta di un esito che non sembra essere penetrato nella variante ad asse diritto della minuscola corsiva (quale si affermò anche nella pratica usuale a partire dalla metà circa del VII
secolo), non figurando esso molto comunemente nella docurnentazione su papiro successiva
al VI secolo; ma tale forma (rilevata anche, accanto all'altra più frequente, nella breve analisi
della minuscola di P.Vindob. G 3 da CRISCI, Scrivere grecofuori d'Egitto, p. 105) potrebbe essersi
conservata in scritture di forte ascendenza burocratica, legate alla tradizione cancelleresca più
alta di età precedence: sui problemi di morfologia e tratteggio si consulti illavoro, ancor oggi
per molti aspetti fondamentale, di G. CAVALLO, La XOlvrj scrittoria greco-romana nella prassi
documentale di età bizantina, inJahrbuch der OJterreichùchen Byzantinùtik,
19 (1970), pp. 1-31,
spec. pp. 10-12 nonché più in generale pp. 19 segg. con tavv. 4, 6; si veda inoltre (ma con la
cautela suggerita dalla notevole inadeguatezza e imprecisione ivi osservabili nell'impiego della
strumentazione e della terminologia tecnica paleografica) G. MESSERI - R. PINTAUDI, l paPiri
greci d'Egitto e la minuscola libraria, in I manoscritti greci, I, pp. 67-82, spec. pp. 73-75.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
257
ra ci documentano un ben dissimulato tentativo di variatio. Qui da
lettere-guida fungono lambda e ypsilon. Per illambda [vedi Tavv. I, IIIIV, nonché i dettagli a Tav. X, Figg. 1-3] abbiamo una prima forma
a nr. 27 (comune anche al secondo lambda di nr. 50), semplificata ma
con una piccola curva al principio del tratto più lungo, assai sporgente in alto; nelle due sottoscrizioni centrali (nr. 42 e 43) tale lettera si
presenta - per due volte a nr. 42 e una volta ripetuta identica a nr. 43
O"llya-roç)- con un caratteristico raddoppiamento (in senso antiorario) del tratto obliquo più lungo che si chiude in un ampio occhiello
a mo'di cappio, mentre il primo lambda di nr. 43 è eseguito secondo
la morfologia più sobria e tradizionale (soltanto con il tratto obliquo
più lungo leggermente arcuato), comune anche ad esempio ai nr. 46,
49 (primo lambda), 50 (primo lambda); restando sulla sottoscrizione
nr. 43 si nota un terzo lambda con una unci natura molto pronunciata
(invece appena accennata nel secondo lambda di nr. 49); un ibrido tra
la prima forma analizzata a nr. 27 e la prima di nr. 43 costituisce, al
contrario, illambda di nr. 53 (molto simile anche al terzo lambda di nr.
49)62. I:ypsilon [vedi Tavv. I, III-IV, nonché i dettagli a Tav. X, Figg.
4-7] ricorre regolarmente basso e svasato, in guisa di gamma minuscolo
con due ampie pieghe all'estremità dei tratti'", ad esempio ai nr. 42,
43,49, 50, nonché in un caso (nr. 46) nell'abbreviazione in maiuscola
per il nomen sacrum 8(80)Ù all'interno di una sottoscrizione prevalentemente in minuscola: stessa forma a bella posta ingrandita si osserva
in urrÉYQatt>a di nr. 53. Indicative sono pure le oscillazioni in kappa e
beta [dettagli a Tav. XI, Figg. 1-3], ancora a nr. 42,43,46 (in scrittura
mista), 49 e 50.
62 Si tratta, come ben si intende, di varianti studiate da un unico scriba, attento a riprodurre, anche all'interno di una medesima sottoscrizione, i vari esiti (ora muniti ora privi di alcuni orpelli ornamentali) tratti da un modello comune di lettera. La descrizione di tale lettera
in P.Vindob. G 3 quale si riscontra in CRISCI,Scrivere grecofuori d'Egitto, p. 105 (desunta dalla
breve analisi della maiuscola del papiro in CAVALLO
- MAEHLER,p. 108) sicuramente risente
dello stato ancora assai approssimativo ed insoddisfacente della documentazione fotografica
sino a pochissimi anni fa.
63 Di «V-shaped 1» (ripreso anche da CRISCI,Scrivere greco fuori d'Egitto,
p. lOS) con i tratti
curvati a mo'di «fieur-de-lis» si parla in CAVALLO- MAEHLER,p. 108. Un esito simile per la
stessa lettera è definito 'a rondine' in MESSERI- PINTAUDI,1papiri greci d'Egitto cit. (nota 61),
p.77.
258
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
ono
KRESTEN
Se, dunque, anche nelle poche sottoscrizioni in maiuscola si riesce in
qualche modo a smascherare lo scriba che tenta di seguire l'andamento
delle diverse grafie del suo modello, più difficile è stabilire il canone
a lo stile di riferimento. L'impressione che si ricava esaminando queste nove firme nel loro complesso, astraendo dalle oscillazioni, è di una
scrittura che, anche all'interno delle singole sottoscrizioni, coniuga in sé
elementi soprattutto della maiuscola ogivale inclinata e della maiuscola
alessandrina [Tavv. I, I1I-IV]64. Dall'ogivale - anche se con contrasto tra
pieni e filetti assai poco accentuato (a causa dell'impiego del medesimo
calamo adoperato per le Ù1toYQacpai in minuscola) - sono ripresi epsilon
e sigma, entrambi stretti e a curve spezzate, e ancora (seppure in modo
meno perspicuo) beta, theta e gamma; al contrario, my, omega, gli stessi
ypsilon e kappa (spesso a tenaglia) sembrano rispondere maggiormente
al modello dell'alessandrina, anche se con asse quasi costantemente inclinato a destra. Interessante è anche l'alpha, ora con esito più simile a
quello della maiuscola biblica tarda con occhiello cenrrale'v, ora invece
di tipica forma alessandrina. Si tratta, insomma, di un ibrido abbastanza
64
Per l'ogivale inclinata basti qui il rimando a G. CAVALLO,Ricerche sulla maiuscola bi-:
blica, Firenze, 1967 (Studi e testi di papirologia, 2), spec. pp. 117-123, nonché, per la sua
evoluzione a partire dalla fine del VII secolo, a ID., Funzione e struttura della maiuscola greca tra
i secoli Vili-XI, in La pa/éographie grecque et byzantine (Paris, 21-25 octobre 1974), Paris, 1977
(Colloques internationaux du Centre National de la Recherche Scienrifique, 559), pp. 95-137,
precis. pp. 98-106; utili osservazioni su morfologia e tratteggio delle lettere nell'ogivale tout
court (prescindendo dalla distinzione tra i due tipi, inclinato e diritto) sono reperibili anche
in E. CRISCI, La maiuscola ogivale diritta. Origini. tip%gie. dislocazioni, in Scrittura e civiltà, 9
(985), pp. 103-145. Quanto al canone della maiuscola alessandrina, si vedano J. IRlGOIN,
L'onciale grecque de type copte, inJahrbuch der Dsterreichischen Byzantiniscben Gese//schaft, 8 (1959),
pp. 29-61, e soprattutto G. CAVALLO,Fçauuata iU~av8eìva, inJahrbuch der Dsterreichisehen
Byzantinistik, 24 (1975), pp. 23-54; ulteriori rnateriali e bibliografia si trovano in A. PORRO,
Manoscritti in maiuscola alessandrina di contenuto profano. Aspetti grafici, codicologici, filologici, in
Scrittura e civiltà, 9 (985), pp. 169-215. Alla contaminazione fra i due modelli grafici nella
maiuscola di P.Vindob. G 3 (che viene comunque caratterizzata come "particolare stilizzazione
della maiuscola ogivale inclinata») accenna anche CRISCI,Scrivere grecofuori d'Egitto, pp. 104105. Denotano, invece, un approccio del tutto sbagliato sia sotto il profilo più squisitamente
tecnico sia dal pumo di vista della merodologia d'indagine paleografica le brevi indicazioni su
tale scrittura rilevabili in LUZZATTO,Grammata e syrmata, p. 20, nota 53.
6~ Per questo tratteggio di alpha cfr. CAVALLO,
Ricerche cit. (nota 64), spec. pp. 89, 99,
106-107; sull'evoluzione seriore della 'biblica' si veda anche ID., Funzione e struttura cit. (nota
64), pp. 106-107.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
259
particolare, che potrebbe alludere ad un impiego non così rigido del
concetto di canone nella maiuscola tarda, come dimostrerebbe anche il
ben noto palinsesto della Chronographia di Giovanni Malàla conservato
a Grottaferrata (Crypt. Z. c. XXIV [d] l= Z. c, XXXIV, ff. 62-69; gr.
54]), significarivamente accostato alla maiuscola del papiro di Vienna da
Cavallo e Maehler'". Avremmo, dunque, una maiuscola di buon livello
e abbastanza pretenziosa, adattata all'uso documentario e cancelleresco
ma sentita come scrittura esclusiva ed eccezionale, che si rifaceva ai canoni più conosciuti ed allora impiegati prevalentemente per illibro di
contenuto religioso e liturgico, senza che ne siano riprodotti in maniera
ossessiva tutti gli elementi fondanti, ormai per lo più sclerotizzati'".
66 CAVALLO
- MAEHLER,pp. 108-109 (tavv, 49a-b); sulla scrittura inferiore del cimelio
criptense si veda anche G. CAVALLO,La produzione di manoscritti greci in Occidente tra età tardoantica e alto Medioevo. Note ed ipotesi, in Scrittura e civiltà, 1 (1977), pp. 111-131, precis. pp. 120121 con tav. 8, e CRISCI,I palinsesti di Grottaferrata cit. (nota 25), pp. 252-254 con tav. 113;
menzione anche in ID., La produzione libraria nelle aree orientali di Bisanzio nei secoli VII e VIII: i
manoscritti superstiti, in I manoscritti greci, I, pp. 3-28, precis. p. 10 con tav. 3 a p. 7 del vol. di
tavv. Nel corso delle recenti applicazioni sulla lettura digitale dei codices rescripti il palinsesto di
Malàla è stato più volte sottoposto ad indagine nell'àrnbito del cosiddetto 'restauro (o ripristino) virtuale', con tutta una serie di immagini di ottima qualità: vanno ad es. segnalate le schede di C. FARAGGIANA
DI SARZANA
- S. LucÀ, in D. BROlA- C. FARAGGIANA
DI SARZANA- S.
LucÀ, Manoscritti palinsesti criptensi: lettura digitale sulla banda dell'invisibile, Ravenna - Parma,
1998 (Quaderni della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali di Ravenna, 2), p. 30 (nr. 3),
e di A. A. ALETTA- S. LucÀ, in http://www.bml.firenze.sbn.it/rinascimentovirtuale/pannel1024.shtm; ulteriore bibliografia in S. LuCÀ, Su origine e datazione del Crypt. B. p. VI (II 1-9).
Appunti sulla collezione manoscritta greca di Grottaferrata, in Tra Oriente e Occidente. Scritture e libri
greci Ira le regioni orientali di Bisanzio e l'Italia, a cura di L. PERRIA,Roma, 2003 (Testi e studi
bizantino-neoellenici, XIV), pp. 145-224, precis. pp. 174 sego(nota 105), 207 (con nota 272).
- 10 studio delle numerose resrimonianze di maiuscole non rispondenti ai canoni individuati
negli studi oppure indicanti significative commistioni tra le diverse strutture morfologiche
è ancora da fare; ai fenomeni di ibridi grafici (intesi sia all'interno del sistema maiuscolo, sia
tra maiuscola e minuscola) accenna ad es. CRISCI,La produzione libraria cir., spec. pp. 15-17,
20-23.
67 Come ha ben messo in luce CRISCI, La produzione libraria cit. (nota 66), spec. pp. 1415, 17-19, l'ogivale inclinata e la maiuscola alessandrina costituiscono comunque, nel VII
e VIII secolo, le due scritture canonizzate maggiormente diffuse in àmbito librario, sia per
il codice di contenuto religioso sia per la esigua produzione profana supersrire. Qui si vuole
intendere esclusivamenre che la maiuscola di aim livello di esecuzione era (ancora) avvertita in
quest'epoca come la scrittura per eccellenza dellibro cristiano (specie di quello d'apparato) e
che solo in séguiro questa gerarchia sarà sovverrira, quando, anche per i testi sacri, si utilizzerà
260
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTIO
KRESTEN
Abbiamo detto che la scrittura usuale dell'anonimo notaio doveva
essere la corsiva documentaria di alto livello, che qui reca tracce evidenti di un'educazione grafica di forte ascendenza burocratica e cancelleresca'", Ma la situazione così come rispecchiata nel nostro papiro
mostra anche in modo palmare che la minuscola costituiva il sistema
grafico ormai prevalente tra i membri del clero più elevato chiamati
a confermare solennemente le deliberazioni dell'assemblea, alcuni dei
quali parteciparono anche al successivo concilio Quinisesto (o Trullano) del 692. Sull'educazione grafica di tali personaggi possiamo addurre come confronto l'esame prosopografico delle sottoscrizioni, tràdite
nei manoscritti bizantini, poste proprio in calce al testo (costituito
esclusivamente dal Aoyoç 1tQocrcpwvr]'nxoç, rivolto dai Padri sinodali
all'imperatore Giustiniano II, e dai canoni) della n8v8Éx'tT) cruvoooç.
Grazie allavoro di Heinz Ohme possediamo ora un' edizione affidabile
di tale lista di firmarari'", dalla quale si deduce che, su ventitré cattedre
ecclesiastiche attestate (sia pure per lo più non in posizioni coincidenri
nell'ordine generale) tanto nel nostro frammento viennese del VI concilio quanto nel Quinisesto", dieci sono ricoperte dagli stessi dignitari
la minuscola derivata dalla corsiva documentaria: cfr. DE GREGORIO,Materiali vecchi e nuovi,
pp. 125,135, nonché, per una possibile inrerpretazione dei YQa~~uTa ÉXXÀTJ0taOTtXa,infra,
pp.341-344.
6" Ciò si evince pure dall'impiego
isolato di segni dell'antica tradizione tachigrafica (cfr.
soprattutto la nota per xci a nr. 43, ossia in una sottoscrizione per il resro in maiuscola [Tav.
III]), quale poi si riscontrerà in maniera massiccia (e secondo forme 'riservate') sul verso del
documento: cfr. più oltre, p. 268 con nota 106. Sulla corsiva documentaria attestata sul recto
del papiro si vedano le ulteriori considerazioni infra, pp. 339-341.
69 OHME, Quinisextum,
pp. 145-170. Sull'importanza, anche sotto il profilo paleografico,
di istituire un parallelo tra le firme conservate in P.Vindob. G 3 e quelle trasmesse nella tradizione del Quinisesto pone l'accento KRESTEN,rec. a OHME, Quinisextum, p. 427.
10
Mettendo a confronto il testo della nostra trascrizione di P.Vindob. G 3 (vd, infra,
pp. 369-376, ma naturalmente già RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 24-27, e
RIEDINGER,AeO, s. II, 11/2, pp. 732, lin. 9 - 739, lin. Il; abbr ... Const.[antinopolitanum]
III»: poiché s'intende in riferimento alla XVII sessione, si aggiunge sempre l'indicazione «[P.
Vindob.J G 3») con la lista edita da OHME, QuiniJextum, pp. 145-170 (si cita qui secondo la
numerazione delle singole sedi così come ivi stabilita; abbr. «Quin.lisexrum]»), risultano in
comune le seguenti cattedre: Tiana (Cappadocia II: nr. 26 Consto III [G 3], nr. 27 Quin.); Gangra (Paflagonia: nr. 27 Consto III [G 3), nr, 28 Quin.); Claudiopoli (Onoriade: nr, 28 Const.1II
[G 3J, nc. 29 Quin.); Pis(s)inunte (od anche Pessinunte [ti nto(o}tvoùç opp. Tà nto(O)tvOÙVTU,
dal classico ti nECiCitVOÙç];
Galazia II: nr. 29 Consto III [G 31, nr. 30 Quin.); Stauropoli (Caria:
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
261
[vedi la cartina a Tav. XUr1: si tratta delle sedi metropolitane di Tiana
or. 31 Canst. III [G 3), or. 31 Quin.); lconio (Licaonia: or. 34 Const, III [G 3), nr. 32 Quin.);
Antiochia (Pisidia: or. 35 Canst. III [G 3), ne. 33 Quin.); Perge (Panfilia: or. 36 Canst. III [G
3), nr. 34 Quin.); Giustinianopoli/Mocisso (grafia oscillante con la forma Mocesso [McJl)nocroçl
MOlXT]CJcrOç); Cappadocia II: or. 37 Canst. III [G 3], or. 35 Quin.); Anazarbo (Cilicia II: or. 41
Consto III [G 3), or. 25 Quin.); Seleucia (Isauria: nr. 42 Canst. III [G 3], ne. 26 Quin.); Bizie
(Tracia: nr. 44 Canst. III [G 3), nr. 39 Quin.); Pompeiopoli (Paflagonia: or. 45 Canst. III [G
3], nr. 40 Quin.); Leontopoli (1sauria: or. 46 Consto III [G 3], nr. 42 Quin.); Mitilene (Lesbo:
nr. 47 Consto III [G 3), nr. 45 Quin.); Mileto (Caria: or. 48 Canst. III [G 3], or. 46 Quin.);
Selimbria (Europa: nr. 49 Canst. III [G 3], ne. 47 Quin.); Metirnna (Lesbo: or. 50 Canst. III
[G 3), nr, 48 Quin.); Cio (Birinia: ne. 51 Canst. III [G 3), nr. 49 Quin.); Cotrada (Isauria: or.
52 Canst. III [G 3), nr. 51 Quin.); Eucàita (Elenoponro: nr. 53 Canst. III [G 3), nr. 52 Quin.);
Mesembria (Emimonto: nr. 55 Canst. III [G 3), nr. 55 Quin.); Srobi (Macedonia II [ma il
titolare risiedeva altrove; episcopus in partibus infide/ium: cfr. PmbZ, II, or. 2728; III, nr. 4718]:
or. 57 Consto III [G 3], or. 65 Quin.). Le due liste di sottoscrizioni (ma per il VI concilio
ovviamente solo sulla base della definitiva XVIII actio) sono comparate anche da OHME, Quinisextum, pp. 316-320 (si veda già il cenno in RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptions/isten, p.
10). Per le varie sedi e province ecclesiastiche menzionate basti il rimando aJ. DARROUZÈS,La
géographie ecdésiastique de l'empire byzantin, I. Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopoùtanae.
Texte critique, introduction et notes, Paris, 1981, nonché a OHME, Quinisextum, spec. pp. 178-216;
si consultino, inoltre, E. CHRYSOS,Die Biscbofslisten des V òkumenischen Konzils (553), Bonn,
1966 (Anriquiras, I/14), ed ora E. LAMBERZ,Die Bischofs/isten des VII. Okumenischen Konzils (Nicaenum Il), Munchen, 2004 (Abhandlungen der Bayerischen Akademie der Wissenschaften,
phil.-hist. Kl., N. E, 124); naturalmente la posizione di ciascuna episcopia, archiepiscopia a
metropolia nella gerarchia all'interno delle diverse btaQXtm è riferita alla situazione politica
generale quale riflessa nell'organizzazione ecclesiasrica nel VII secolo. Si è qui adottata la grafia
italiana normalizzata per tali toponimi, mentre nella cartina pubblicata nella nostra Tav. XII
(che contiene la distribuzione geografica di tutte le cattedre rappresentate nel papiro di Vienna
con la segnalazione di quelle rette da uno stesso dignitario arrestato sia nel 681 sia nel 692:
yd. subito più avanti nel testo) si è seguìto, per ragioni tecniche, il criterio della resa secondo
la trascrizione dal greco in vigore nei paesi di lingua tedesca. Osservazioni sull'ortografia di
alcuni dei toponimi registrati in P.Vindob. G 3 sono reperibili nelle nore di apparato della
trascrizione pubblicata nell'Appendice infra, pp. 369-376.
7\
Nei casi in cui il nome proprio del titolare di ciascuna sede ecclesiastica rimane il medesimo nell'arco di undici anni, siamo propensi a presupporre che si trarri di norma (anche per
gli appellativi più diffusi) della stessa persona, giacché i casi di omonimia per lo stesso seggio
(archi)episcopale a metropolitano in un periodo di tempo così ristretto non sembrano comuni
nel mondo bizantino. Per ciascun personaggio menzionato, operante sia nel 681 sia nel 692,
si fornisce il rinvio ai lemmi di PmbZ, dove è registrara sempre (tranne che per Giustin[ian]o
di Tiana: vd. nota seg.) l'identificazione dei tirolari delle singole sedi qui menzionate, i quali
figurano con uno stesso nome nelle imoYQuq>utsia in calee alla definizione del Costantinopolitano III sia alla fine del Trullano. Anche per tali nomi adoperiamo la forma iralianizzara, Nella
262
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
(Giusrinjianjo"), Claudiopoli (Ciprian073), Antiochia in Pisidia (Stefano"), Perge (Giovanni"}, Giustinianopoli/Mocisso
(Teopempros),
Seleucia (Macrobio'"), nonché delle archiepiscopie autocefale di Bizie
(Giorgio"), Leontopoli (Zaccaria"'), Mileto (Giorgio'"), Eucàita (Epifanio'"), Ebbene, nelle corrispondenti sottoscrizioni presenti in P.Vindob.
G 3 la scrittura adoperata risulta nella grande maggioranza dei casi la
minuscola, più segnatamente otto (Tiana, Claudiopoli, Antiochia in
Pisidia, Perge, Giustinianopoli/Mocisso,
Bizie, Leontopoli, Miletoj'",
cartina le dieci cattedre ecclesiastiche qui menzionate sono evidenziate pet mezzo del carattere
a stampa corsivo (minuscolo corsivo per le sottoscrizioni in minuscola, maiuscolo corsivo per
le due sottoscrizioni, comuni ai due concili, eseguite in maiuscola [vd. qui subito più avanti
nel testo con note 82-84]).
72 PmbZ, II, nr, 3558 (IOU<JT1VtOVOç
rnetropolita di Tiana arrestato nel concilio Quinisesto), 3560 C!OU<JTtVOç rnetropolira di Tiana presente al VI concilio); in entrambi i lemmi si
ipotizza che il prelato sorroscrittore nei due sinodi così ravvicinati sia il medesimo (<<mtiglicherweise idenrisch»); si noti che la confusione Giustino/Giustiniano è già documentata, nella
tradizione manoscritta della versione latina degli atti del Costantinopolitano III, nelle liste
di presenza delle sessioni XII (vd. RIEDINGER,AeD, s. II, II/2, p. 517, lin. 20 [app. crit.]) e
soprattutto XVIII, dove in particolare l'ablativo Ius/in[ian]o è trasmesso da tesrimoni di rango
(cfr. ibid., p. 757, lin. 9 e app. crit. ad hoc). Risulta comunque un'oscillazione assai frequenre
nelle fonti, trattandosi di due forme dello stesso nome (da [us/us); è difficile a questo punto
pensare a due persone diverse per il titolare di una stessa metropolia nel giro di soli undici
anni.
7.3 PmbZ,II,
nr. 4174.
74 PmbZ, IV, nr. 6919.
7\
PmbZ, II, nr, 2721.
PmbZ, IV, nr. 8064.
77 PmbZ, III, nr. 4680.
7a PmbZ,
I, nr. 1972.
79 PmbZ, V, nr. 8602.
80 PmbZ, I, nr. 1981.
HI PmbZ, I, nr, 1532.
H2
Un'insperara conferma della continuirà nell'impiego della minuscola corsiva da parte
di questi dignitari tra il 681 ed il 692 proviene dall'esame della tradizione manoscritta del
Quinisesro a proposito della sottoscrizione dell'arcivescovo di Bizie Giorgio. Infatti, contrariamente a quanto supposto da OHME, Quinisex/um, pp. 132-133, il quale, nel ricostruire la
forma corretta del genitivo BtçuT]çdalla corruttela OÙçOUT]ç
(poi modificatasi ulteriormente in
'OçOUT]ç,Oùçroijç, OÙçOUOT]ç
e sim.: vd. ibid., p. 150 con la nota di comm. relativa a nr. 39),
fa derivare quest'ultima da un errore di maiuscola con un'improbabile confusione di B e O
(da un be/a, «bei dem der untere Bogen sehr groll, der obere sehr klein war» [ibid., p. 132]) e
poi eon un ulteriore scambio, arrestare nelle fonti (che recano anche la grafia Bui;uT]),di I e T,
7(.,
IL PAPIRO CONCILIARE
263
P.VINDOB. G 3
contro due soli esempi in maiuscola (relativi alla formula inserita rispettivamente da Macrobio, metropolita di Seleucia'", e da Epifania,
arcivescovo di Eucàita): tale rilevazione indica come forte tendenza che
la minuscola (così come riflessa nel nostro frammento) è diffusa fra
quasi tutti quei vescovi i quali, evidentemente ancora abbastanza giovani nel 681, erano operanti in entrambi i sinodi. A questi è assimilabile il caso di Costantino di Barata (diocesi suffraganea dell'bwQxia
di
Licaonia), il quale è presente nel papiro di Vienna come sottoscrittore
in minuscola in sostituzione di Paolo, titolare della metropolia di leonia, ricomparendo in séguito tra le lJ7toYQacpai in calee al Trullano in
qualità, appunto, di vescovo della sua sede effettiva'",
si può osservare
relativa
innanzi
a Giorgio
nostra trascrizione
in minuscola
del frammento
in alrernativa
a postulare
un'oscillazione
otx;ouT]ç nei resrirnoni
bizantini
si ottiene
che il medesimo
considerando
(quest'ultimo
evidente
nella sottoscrizione
solo ammettendo
gare in alternativa
due lettere
in calce al rotolo
del VII secolo (e normale
si può spiegare
facilmente
della corruttela,
lampante
ma di base sostanzialmente
minuscola
si
che l'errore
di BlçUT]ç
sia il beta iniziale sia Yytnilon
fino al X secolo in modo simile
dovevano
risultare
affini tra loro
finale del Quinisesro;
e ciò può es-
in P,Vindob.
Giorgio
G 3, con i due tratti verricali
poteva rranquillamenre
come semplificazione
impie-
in OÙçoùT]ç, senza
fonetica.
Sulla necessità
nel papiro di Vienna per comprendere
di
alcuni
cfr. già KRESTEN, ree. a OHME,
che la sottoscrizione
in Isauria figura nella copia imitativa
cfr.
giacché
nella forma simile ad u, ben attestata
delle firme in calee al Trullano
infine,
solo in questo
da un esito minuscolo
nel greco bizantino
della grafia delle sottoscrizioni
nella trasmissione
qui considerata
notaio,
nel sistema
in guisa di u latina,
la prova
con ou riguarda
che il beta tosse eseguito
Quinisextum, p. 427. - Ricordiamo,
Leontopoli
comune
a quella a due pance; che poi OÙlçOUT]çsi sia trasformato
lo iota inrerrnedio,
l'esempio
l'origine
si sia ingenerato
scambio
di Giorgio
ancora
in alto: vd. supra, p. 256), che l'arcivescovo
fenomeni
dall'anonimo
peraltro
normale
B/O. In realtà,
che le forme di queste
originale
nella corsiva documentaria
addurre
del Trullano
essendo ancora pronunciato
a it): è, dunque,
sersi verificato
imitata
forma di beta, utilizzata
a quella
nota 60). Ma ciò non spiegherebbe
tornare
prolungati
G 3 la formula,
ma reca il disegno,
infra, p. 373, e Tav. III]; per questa
caso nella minuscola
dovrebbe
che in P.Vindob.
del beta a due pance (ne. 44 [lin. 31]: [... ] 'ri'iç BtçuT]vrov rroì.£roç [... 1 [vd. la
grafico corsivo,
anche supra,
tutto
è trascritta
dell'arcivescovo
del nostro frammento
Zaccaria
in una scrittura
di
mista,
(nr, 46: cfr. supra, p. 254 con nota 57), e come tale viene
nella nostra starisrica.
"' Sull'alternanza
la firma di Macrobio
È:1taQxia/XolQa (nella designazione
nel Cosranrinopolirano
della provincia),
III e nel Quinisesto,
quale è attestata
nel-
cfr. infra, p. 372, nota w
(Appendice).
84
Nr. 34 Consto III (P.Vindob.
sextum, pp. 166, 203; il metropolita
ne, 32; PmhZ, I, ne. 1463). Durante
G 3), nr, 190 Quin.
di leonio
attestate
il Cosranrinopolitano
(posizione
di Barata:
nel Quinisesto
III, Costantino
OHME,
è Elia: ibid.,
Quinip. 148,
figura anche come
264
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
Ci si potrebbe chiedere a questo punto se invece, laddove, nelle
undici rimanenti occorrenze'" (in un'ulteriore sottoscrizione il titolare
della cattedra, assente per malattia, è rappresentato da un chierico suo
subalternoj", si assiste ad un avvicendamento nell'arco di undici anni
(probabilmente in quanto nel 681 il digni tario era già avanti con l'età),
la corrispondente sottoscrizione (naturalmente imitata) del primo titolare in P.Vindob. G 3 risulti in genere in maiuscola; ma le attestazioni registrate per tale sistema grafico superano non di molto quelle
analizzate nella statistica precedente, essendo quattro i vescovi, presu-
semplice vescovo di Barata nelle liste di presenza delle sessioni dalla XI alla XV; a partire dalla
XVI actio egli, invece, funge da rappresentante del suo metropolita, che non compare affatto
(prob. perché malato) nelle sedute precedenti: cfr. RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten,
pp. 14-15, 20-21. Per Costantino di Barata cfr. PmbZ, II, ne. 3711, per Paolo di Iconio PmbZ,
III, nr. 5767. Come ben s'intende, all'atto di inserire la sua sottoscrizione in rappresentanza di
Paolo, il vescovo Costantino avrà adoperato la sua scrittura abituale e non si sarà preoccuparo
di aderire al modello (quale che esso fosse) del suo metropolita. Non abbiamo segnalato Iconio
in corsivo nella cartina a Tav. XII, in quanto la sottoscrizione di Costantino va collegata piuttosto alla sede di Barata (comunque assente nel frammento viennese) e non a quella di leonia,
di cui è testimoniato nel 692 un altro titolare rispetto a Paolo.
8' Le undici cattedre (naturalmente sulle venritré sottoscrizioni comuni sia a P.Vindob.
G 3 sia al Quinisesro) che non esibiscono lo stesso vescovo nei due concili ravvicinati (diversamente dalle dieci sedi or ora analizzate [con l'aggiunta dell'undicesirno caso, relativo a Costantino di Barata: vd. nota pree. e contesto] e da quella da escludersi per le ragioni che si dirà
subito più avanti nel testo) sono le metropolie di Gangra, Pisinunte, Stauropoli, Anazarbo,
nonché le archiepiscopie autocefale di Pompeiopoli, Mitilene, Selimbria, Metimna, Cotrada,
Mesembria e l'episcopia di Stobi, suffraganea dell'!':7taQxla Moxsòovim; 13'.
86 Si tratta della u1toYQacp~
di Teognio, arcivescovo autocefalo di Cio (PmhZ, IV, nr. 7994),
inserita da Giorgio, oUlxovoç e oixovòuoç della stessa sede (PmhZ, I, nr. 1970), in quanto il
titolare era impedito a prendere parte alla XVII actio del VI concilio a causa di malattia. È
probabile, come si desume da RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 16-17 (e come
ventilato nellemma relativo a Teognio in PmhZ) che il prelato risultasse assente soltanto alla
XVII sessione ma che in realtà egli vada annoverato tra i partecipanti alle assise (sin dalla I
1tQàçtç), giacché né nelle sottoscrizioni in calce all'òço; promulgato nella XVIII seduta e alla
fine del Aoyoç 1tQOOcpOlVT)TtXOç
né nelle liste di presenza si registra una qualche annotazione su
un suo luogotenente. Naturalmente, la sottoscrizione pet la sede di Cio non è classificabile tra
gli esempi di minuscola per titolari che poi fra il681 ed il692 vengono rimpiazzati (di norma
per cause naturali; a Teognio subentra Giovanni, arrestato nel Quinisesto in posizione ne. 49:
OHME, Quinisextum, p. 151; PmbZ, II, nr. 2745), giacché la scrittura risconrrabile nel papiro
fa fede soltanto come riflesso delle abitudini grafiche del diacono Giorgio chiamato (prob. una
tanfum) a sostituire il suo arcivescovo.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
265
mibilmente morti fra il 681 ed il 692, che vergarono in maiuscola la
propria formula di adesione alla XVII actio del VI concilio (per le sedi
di Gangra, Selimbria, Metimna e Stobi)", mentre figurano ancora in
sette unoYQoqJat i firmatari in minuscola (cattedre di Pisinunte, Stauropoli, Anazarbo, Pompeiopoli, Mitilene, Cotrada, Mesernbria)'". Ad
ogni modo, l'orientamento, sia pure non inverso rispetto al dato presentato
sopra, sembrerebbe indicare una cena resistenza della maiuscola tra i partecipanti al Costantinopolitano III più anziani d'età (o presunti tali).
Infine, se si osserva, più in generale, la distribuzione geografica dei
sottoscrittori attestati nel papiro, risulta palmare (così come ci documenta la cartina a Tav. XII) la propagazione del sistema grafico della
minuscola corsiva a tutti i livelli nelle diverse f;noQXtOttanto europee
quanto soprattutto asiatiche (dalle coste microasiatiche sino alle regioni anatoliche più interne), a parte forse qualche zona più eccentrica
o impervia". Abbiamo, ad esempio, sottoscrizioni in minuscola per
prelati di aree di confine come Melitene (Armenia I: nr. 25, metropo-
87
La metropolia di Gangra è retta da Alipio nel 681 (PmbZ, I, nr. 202), che, appunto,
sottoscrive in maiuscola nlQOç della XVII actio del Costantinopolirano III (secondo quanto
si desume dalla copia imitativa in P.Vindob. G 3), e da Sergio nel692 (PmbZ, IV, nr. 6541);
archiepiscopia autocefala di Selimbria: Sergio a. 681 (PmbZ, IV, nr. 6536), Giorgio a. 692
(PmbZ, I, nr. 2005); archiepiscopia autocefala di Metirnna: Andrea a. 681 (PmbZ, I, nr. 355),
Teofilatto a. 692 (PmbZ, IV, nr. 8243); episcopia di Srobi, suffraganea della provincia di Macedonia Il: Giovanni a. 681 (PmbZ, Il, nr. 2728), Margarite a. 692 (PmbZ, III, nr. 4718).
88 Della metropolia
di Pisinunre era titolare Giovanni nel 681 (PmbZ, II, nr. 2731), che,
appunto, sottoscrive in minuscola l'oQOç della XVII actio del VI concilio ecumenico (così in
P.Vindob. G 3), e Costantino nel 692 (PmbZ, II, nr. 3720); metropolia di Stauropoli: Teodoro
a. 681 (PmbZ, IV, nr. 7344), Sisinnio a. 692 (PmbZ, IV, nr. 6725); metropolia di Anazarbo:
Stefano a. 681 (PmbZ, IV, nr. 6914), Isidoro a. 692 (PmbZ, Il, nr, 3493); archiepiscopia autocefala di Pompeiopoli: Teodoro a. 681 (PmbZ, IV, nr. 7337), Teognosto a. 692 (PmbZ, IV, nr.
8001); archiepiscopia autocefala di Mitilene: Gregorio a. 681 (PmbZ, II, nr. 2352), Sisinnio a.
692 (PmbZ, IV, nr. 6719); archiepiscopia autocefala di Cotrada: Alessandro a. 681 (PmbZ, I,
nr. 178), Teodoro a. 692 (PmbZ, IV, nr. 7353); archiepiscopia autocefala di Mesembria: Pietro
a. 681 (PmbZ, III, nr. 5945), Mamalo a. 692 (PmbZ, III, nr. 4685).
89 In questa breve rassegna saranno anche menzionate
quelle cattedre (dodici) che, assenti
dalla lista di sottoscrizioni del Quinisesto, sono documentate soltanto in P.Vindob. G 3: per i
loro titolari, inseriti tra i firmatari nel frammento, si forniscono di volta in volta i numeri relativi alla loro posizione nella lista del papiro di Vienna nonché (nelle note pertinenti) i rimandi
ai lemmi di PmbZ, mentre per tutti quei casi (ventitré [ma con le limitazioni per Iconio e Cio
espresse più indietro, note 84 e 86 e contesro[) in cui vengono ripetute sedi già in precedenza
266
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTIO
KRESTEN
lita Teodoro?") ed Eracleopoli (Armenia II: nr. 54, arcivescovo autocefalo Giovanni?'), oppure di città site non lontano dalla costa asiatica del Ponto Eussino come Pompeiopoli e Claudiopoli (Paflagonia ed
Onoriade [Bitinia]) - ma le sedi di Eucàita e Gangra (rispettivamente
Elenoponto e Paflagonia), abbastanza contigue alle precedenti (sebbene almeno Eucàita in posizione più decentrata anche nella geografia
ecclesiastica bizantina del VII secolo), esibiscono la maiuscola nel papiro. Ancora in minuscola sono imitate le l>1wYQacpat di metropoliti
o arcivescovi di diocesi dell'Asia Minore più interna come Pisinunte
(Galazia II), Tiana e Giustinianopoli/Mocisso
(Cappadocia II), Sìnrn)ada (Frigia Salutaria [Phrygia Salutaris]: nr. 33, metropolita Cosma"),
Antiochia (Pisidia), leonio (Licaonia)":', così come delle cattedre ciliciane prossime alla costa, ossia Tarso (Cilicia I: nr. 40, metropolita Teodoro?") ed Anazarbo (Cilicia II), e di due di quelle isauriche, vale a dire
Leontopoli e Cotrada, mentre il capoluogo Seleucia figura tra gli inserti in maiuscola. Anche tutta la fascia sud-occidentale - dalla Panfilia
(Perge) alla Licia (Mira, nr. 30: metropolita Polieucto'") alla Frigia Pacatiana (o Capatiana, con Laodicea, nr. 32: metropolita Tiberio'"; e con
Ierapoli, nr. 39: metropolita Sisinnio'") alla Caria (Stauropoli, Mileto)
- è presente nella lista del papiro di Vienna con firme in minuscola.
Significativa è, inoltre, l'oscillazione che si registra per due città s.ulle
coste della Propontide, dove abbiamo Cio (sponda asiatica, in Bitinia)
con un membro del clero, in rappresentanza del locale arcivescovo?",
che nel riflesso della nostra copia imitativa appone la sua dichiarazione
in minuscola, mentre per Selimbria (sponda europea) è attestato un
sottoscrittore in maiuscola. Contraddittoria
risulta pure la rilevazione
menzionare nel raffronto con il concilio Trullano si rinvia auromaricarnenre alle indicazioni
esibite sopra.
YO PmbZ, IV, nr. 7331.
~1 PmbZ, II, nr. 2715.
92 PmbZ, II, nr. 4069; yd. anche infra, nota 175.
9; Cfr. supra, p. 263 e nota 84.
94 PmbZ, IV, nr. 7339; sulla scrittura cfr. supra, nota 57 e contesto.
~, PmbZ, IV, nr. 6329.
,,; PmbZ, V, nr. 8487.
97 PmbZ, IV, nr. 6717.
YH Cfr. supra, p. 264 e nota 86.
Il PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3
267
concernente le sedi sulla riva europea del Mar Nero, con Bizie (Tracia)
e Mesembria (Emimonto) in minuscola ed in mezzo Sozopoli (pure
Tracia, or. 56: vescovo Pierro?" in maiuscola. Quest'ultimo
sistema
grafico è adoperato anche per le firme del vescovo di Stobi (Macedonia 11)100 e del vescovo di Atene (legato della Chiesa di Roma, nr. 43:
Giovanni'!"). Per concludere questo panorama sulla suddivisione geografica dei firmatari in base al modello di educazione grafica, possiamo
notare che anche nelle diocesi insulari si assiste ad un comportamento
disomogeneo: ad esempio a Lesbo l'arcivescovo di Metimna impiega,
stando a quanto documentato nel papiro, ancora la maiuscola, mentre il suo collega di Mitilene traccia con lettere minuscole la propria
formula di adesione all'oQoç; analogamente, nell'isola di Cipro i due
99
100
PmbZ, III, nr. 5947.
Probabilmente di stanza a Costanrinopoli: cfr. i riferimenti riportati più indietro a nota
70.
101 PmbZ,
II, nc. 2710. Segnaliamo qui en passant che solo verso la fine del concilio Cosrantinopolitano III il vescovo di Atene Giovanni era riuscito ad ottenere il titolo supplernenrare
di ÀT1yò"roç
-rfiçàyiaç ouvòèou -rou à1tocr-roÀtxou9Q6vou-rfiç1tQEcr~u-rÉ;Qaç
·Prof.lT1ç
(vd. la nostra
trascrizione infra, p. 373, nonché Tav. III [nr. 43, linn. 29-30]; sul problema dei rappresentanti della giurisdizione romana cfr. OHME, Quinisextum, pp. 222-234), compiendo così nella
lista dei sorroscrittori in calee all'òço; della XVII actio un consisrenre balzo in avanti; tale
avanzamento, se anche gli consentiva di passare in testa a tutte le sedi archiepiscopali autocefale rispetto alla precedenre posizione (nr, 55), ricavabile dalla lista di presenza della XVI
sessione, dove figurava, nel gruppo dei semplici vescovi suffraganei, tra i titolari delle diocesi
di Srobi e di Argo (nelle liste di presenza delle actiones XVII e XVIII ancora tra Srohi ed Argo
ma al nr, 56), ora lo collocava pur sempre dopo tutti i rnetropoliti (nella fattispecie dopo il
metropolita di Seleucia in Isauria, Macrobio [nr. 42»: vd. RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 14-15 e 16-17. Proprio la posizione della ù1toYQaq>~di Giovanni in P.Vindob.
G 3 diede luogo ad un equivoco esegetico, sulla base del quale il papiro fu coinvolto in una
polemica tra Riforma, Controriforma e Chiesa anglicana: poiché nel XVI e XVII secolo (e poi
per molto tempo ancora) non si era consapevoli che al principio del nostro frammento era caduta un'ampia porzione di sottoscrizioni, a cominciare dagli effettivi apocrisiarii papali, si può
facilmente comprendere come nelle cerchie protestanti ed anglicane si cogliesse l'occasione
per concludere che un legato della sede apostolica romana, inserito dopo il titolare di una
insignificante rnerropolia isaurica, costituiva un chiaro indizio che all'epoca della confezione
del rorolo non si sarebbe potuto minimamente parlare di un primato del Pontefice all'interno
della Chiesa cristiana. Ma sulle peripezie della ricezione culturale, in età moderna, del papiro
di Vienna nell'Europa centro-settentrionale, le quali condussero uno dei suoi apografi fino in
Inghilterra (un cenno supra, pp. 234-235 e note 2-6), ci permettiamo di rinviare ancora una
volta al contriburo in preparazione (annunciato più indietro a nota 6).
268
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OlTO
KRESTEN
vescovi presenti nel papiro utilizzano l'uno (cattedra di Soli, nr. 58:
Srraronico':") la minuscola, l'altro (sede di Cicio, nr. 59: Ticone'?') la
maiuscola; in minuscola figura nel frammento la sottoscrizione del metropolita di Rodi (bwQXia delle Cicladi, nr. 38: Isidorol'").
*
*
*
È giunto ora il momento di tentare una ricostruzione degli eventi,
per i quali - è opportuno sottolinearlo subito - lo stato delle informazioni in nostro possesso, pur se non sempre di agevole interpretazione,
risulta straordinariamente favorevole, senza dubbio migliore almeno
rispetto a ciascuno dei concili ecumenici precedenti. Che il P.Vindob.
G 3 sia stato prodotto in una delle due cancellerie costantinopolitane
(imperiale o patriarcale) si può già dedurre non tanto dall'aspetto della
minuscola esibita nel frammento, pure estremamente avanzata e collegata agli esempi librari del IX secolo riferibili alla capitale'?", quanto
piuttosto dalla tachigrafia del verso, che in tale proporzione e fattura
poteva ormai, alla fine del VII secolo, essere appannaggio soltanto degli uffici centrali [vedi Tavv. V-VIII]l°6: il papiro, dunque, si trovava
102
PmbZ, IV, nr. 7146.
IOJ
PmbZ, V, nr, 8536.
104
PmbZ, II, nr. 3491.
La sicura localizzazione a Cosrantinopoli del frammento viennese consente di istituire
un confronto con i primi prodotti librari sia in minuscola normalizzata sia nella variante informale, tenendo sempre conto che ci si trova di fronte ad un esempio di àmbiro documentario di
alto tenore (cfr., più in generale, DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, pp. 116-149, nonché,
per la posizione del papiro nell'evoluzione della corsiva, CRISCI, Scrivere greca fU01'i d'Egitto, pp.
105-106; ma si vedano anche le nostre osservazioni nel riepilogo, presenraro più oltre, pp.
339-341, delle vicende in cui è implicato il P.Vindob. G 3 così come si riverberano sulla storia
della scrittura greca).
106 Si suole presupporre, più in generale, che una netta cesura per la diffusione e l'impiego
della tachigrafia sia da fissare all'incirca alla metà del VII secolo (la conquista araba dell'Egitto
risale al 641): cfr. H. BOGE, Griecbiscbe Tachygraphie und Tironiscbe Noten, Hildesheim - New
York, 1974 (Alrerrumswissenschafdiche Texte und Studien, II), spec. pp. 125-128; sui problema, ivi suscitato a pp. 124-126, della VO'taQlX~ llÉ90ùoç - un'espressione (impiegata nella
Vita di Platone [abate del Saccudio) aurore Teodoro Stud ita, nipote del santo: P.G., XCIX, col.
808 B 1-2) la quale, conrrariarnenre all'opinione di Boge (e di LUZZATTO,Grammata e syrmata,
spec. p. 25), non contemplava cerco in prima istanza la pratica della tachigrafia bensì piutrosm
la capacità di comporre testi documentari aderenti al formulario ed allo stile cancelleresco (si
IO~
IL PAPIRO CONCILIARE
269
P.VINDOB. G 3
a Costantinopoli ancora poco tempo dopo la trascrizione del testo sul
recto. Ma per stabilire perché e quando lo scriba si sia dato la briga di
ricopiare le sottoscrizioni in maniera aderente agli originali dobbiamo
rifarci alle circostanze in cui si svolse la sessione XVII del VI concilio
ecumenico, trasmessaci ormai soltanto - lo ricordiamo - dai manoscritti dell'originale della traduzione latina.
*
*
*
L'imperatore Costantino IV aveva partecipato ancora alla XI sessione, svoltasi il 20 marzo 681 èv Tq>crExQéTq1TOU Beiou 1taÀ.aTlou Tq>
OU'noÈ1ttAEyoIl6Vq1TQouÀ.Àq1,
come si deduce dalla formula di datazione posra in testa a tale actio: nQoxa811IlÉVOUTOUaÙTou EùcrEpEcrnlTOU
xat cptÀOXQlcrTOU
IlEYoÀ.oupacrtÀÉroç KrovcrTaVT1.Vou107; tuttavia, alla
fine di tale seduta, a causa di urgenti affari di stato (btd Of; è» Tolç
Tl1ç cptÀ.OXQlcrTOU
iJllrov 7toÀ.tTElaç ÈVl1crXoÀ.~f..lE8a
7tQaYf..lam)108,egli
cedette la presidenza delle sessioni seguenti ai 7taTQtxtol Costantino ed Anastasio nonché agli eX-U7taTOt Polieucto e Pietro (XEÀ.EUOIlEVKevo'rcvrìvov xal ' Avco-réciov TOÙçÈVòoçoTaTouç 7taTQ1X1.0Uç,
il passo, relativo al notaio lobannicius, contenuto
in AGNELLUS, Liber pont. Ecci.
Ravenn., cit. più oltre, p. 351 sego e nota 319) e di vergarli in 'scrittura riservata' (su cui infra, pp.
339-341 e note 290,293) - rinviamo a KRESTEN, Leontios von Neapolis cit. (nota 25), p. 160
e nota 19 (rrad. it., pp. 25-26, 187-188 [nota 19]). Ad ogni modo, nonostante
le persisren-
veda anche
ze nell'uso
e nell'apprendimento
dall'Antichità
è che vi si risconrra,
assolutamente
'riservata'
107
alle pratiche
scrittorie
complessa,
di cancellerie
quelle d'Egìrro, non potevano
imperiale
negli atti
AeD, s. II, 11/2, pp.
108
ed oltremodo
o la cancelleria
RIEDINGER, AeD,
contenute
RIEDINGER,
quale misura
i ('ri'jç
di segni,
ciò che colpisce
in un testo di proporzioni
inusuale
destrutturatesi
cancelleria
di un sistema
fino all'età bizantina,
ampie,
una forma
tale da essere considerata
di alta tradizione,
ormai che trovarsi
fossilizzatosi
di tachigrafia
in qualche
le quali ultime,
modo
scomparse
a Costanrinopoli (dunque,
o
la
patriarcale).
II, II/l, p. 400, linn. 13-14. Un utile riepilogo delle informazioni
per ciascuna seduta del VI concilio ecumenico è reperibile in RIEDINGER,
X-XIX (Einleitung).
AeD, S. 11,1111, p. 512, linn. 18-19. Rimane aperta la quesrione se ed in
[ ... ]TrOAt rcioç [... j) TrQOWOTO,qui menzionati,
riecheggino
poi nelle paàyrovoç lid)' ouam:Q £XEtç f:TÉÀ£aoç TtÌV Olioyv{J)lioaUvTJvTiiiv
ÒtEaTIDTOlV1tQaYI10TEuOIiEVOç(RIEDINGER, AeO,
1tQol;tç.
piuttosto
e ormai
nella nostra testimonianza
S.
role ÒlÒ xni ~.uiÀl(Ha 1tÀdaTouç
indirizzate
semplificato
maggiormente
al sovrano
dai Padri sinodali
S.
II, W2, p. 804, linn.
23-24), quali sono
nel loro Aoyoç TrQoacpOlVTJTtXOç
alla fine della XVIII
270
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTIO
KRESTEN
nOÀueUì{TOV xoì nÉTQOV TOÙç ÈVOOçOT(lTOUçÒ1tÒ U1t<lTIDVèx 1tQocrro1tOUTTjç f)~rov eùO"ef3daç O"uveuQtO"xe0"9at Tij ayt~ xal oixou~evtxij
u~rov cruvooC!> èv Tat:ç lJ1tOÀOt1tOtç cruveÀEuO"ecrt TTjç 1tUQOUO"llçU1tO9ÉO"eIDç Trov 1tÀEtO"TIDVXUl xatQtIDTÉQIDV xecpaÀUtIDv È1tl TTjç f)~rov
eùO"ef3etaç ~Oll 1tQUXSÉVTIDV)109.In realtà, nella datatio al principio
della successiva XII 1tQàçtç del 22 marzo 681 si trova l'annotazione
nQoTeSelflÉvou
TOt) O"ef3UO"f.llIDT(lTOU
O"Évcrou TOt) eùO"ef3e(JTaTOU XUl
cptÀOXQtcrTOU~eyaÀou f3UcrtÀÉIDçKervorcvri YOU èv Tq> O"eXQÉTC!>
TOt)
Osio» 1taAUTtOU Tq> OUTIDÈmÀEyo~ÉvC!> TQOUÀÀC!>llO:
simbolicamente
la presidenza era detenuta dal trono imperiale vuoto, e tale formula si
riscontra fino all'indicazione
cronologica posta in testa alla XVII actio
dell'Ll settembre 681111•
Proprio l'assenza di Costantino
IV, quale si evince in modo del
tutto perspicuo dal testo degli atti per le sessioni dalla XII fino alla
XVII, fu tentativamente
interpretata
da Riedinger
eon un richiamo
ad una spedizione militare, da collocarsi in questi mesi, promossa dai
Bizantini contro i Bulgari e guidata dallo stesso sovrano, la quale si dovette concludere con una disfatta!!2: un'opinione,
questa, che, come si
lOY RIEDINGER,ACO, S. II, 1111,p. 512, linn. 19-23. Su questi quattro
alti funzionari cfr.
PmbZ, I, Of. 244 (Anastasio); II, nr. 3716 (Costantino); III, Of. 5949 (Pietro); IV, nr. 6330
(Polieucto). - Già l'espressione urroÀ.OmolcruvEÀ£ucn;u;induce a pensare che il pacrtÀEuçfosse
pienamente consapevole di dover stare lontano dalle assise, o, forse meglio, che egli volesse
propriamente astenersi dalle sedute conciliari sino alla fine, probabilmente fino a quando non
fosse stato raggiunto un accordo sul testo definitivo dell'òçoç cfr. qui più oltre, pp. 272-281,
287-294.
IlO RIEDINGER,ACO, s. II, Il/2, p. 514, linn. 11-14.
III Naturalmente
ivi soltanto nella traduzione latina: Praeposito sacratissimo [nelle sessioni
precedenti anche venerando opp. venerabili] sesso [altrove più correttamente SeHu] Constantini
piissimi et Christo dilecti [altrove amabilis] magni imperatoris in secretario divalis [altrove sacri]
palatii, quod sic appellatur [altrove quod cognominatur] Trullus: RIEDINGER,ACD, S. II, 1I/2, p.
706, linn. 1-2.
112 Va peraltro rilevato che affermazioni concrete e documentate
in tal senso non si riscontrano nei lavori di Riedinger. Egli si limita ad osservazioni concise e piuttosto di carattere
generale: cfr. ad es. RIEDINGER, ACD, s. II, 1I/2, p. XIV (Einleitung): «Ohne den Kaiser,
der sich wieder den Staarsgeschafren zugewandt harte und auch mit dem Feldzug gegen die
Bulgaren beschsfrigr war [... ], und nur mit vier seiner 13 Beamten beginnt am 22. Màrz die
12. Sirzung»; ibid., p. XIX: «Nach funf Monaten, die man weitgehend untatig zugebracht
harte, zeichnete sich zu Beginn des Septembers endlich die Riickkehr des Kaisers ab, in dessen Gegenwart die SchluBsitzung zelebriert werden solite» ovvero «[ ... J wird man schlieBen
IL PAPIRO CONCILiARE
P.VINDOB. G 3
271
dimostra in altra sede, non può più in alcun modo essere sostenuta'T'.
durfen, daB das Konzil voreilig gehandelt harte; der Kaiser war, aus welch en Grunden immer,
[il giorno Il settembre 681) nicht anwesend»; RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp.
3-4, nota 4: « Als sich dann die lerzte Enrscheidung lange hinzog, weil sich die Riickkehr des
Kaisers in die Hauptstadt verzogerte, arrangierte man wahl erwas voreilig am 11. September
die SchluBsitzung, mulìre diese aber am 16. September wiederholen, weil der Kaiser am 11.
September doch noch nichr eingetroffen war»; vd. inoltre RIEDINGER,Griecbiscbe Konzilsabten,
p. 294 sego (= rist., p. 84 seg.), nota 16.
113 Su ciò ci permettiamo di rinviare ora a G. DE GREGORIO- O. KRESTEN, Ecpùoç - .in
diesem jobr". Zur Datierung des Bulgarenjeldzug) des Kaisers Konstantinos IV. (Sommer/Herbst oHO),
in Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici, n. s., 43 (2006) [pubbl. 2007 (= Ricordo di Lidia
PERRJA, II)), pp. 21-56; ivi è anche reperibile un'ampia discussione sulla letteratura più antica riguardante la quesrione della campagna militare bulgara dell'imperatore Costantino IV,
specie su quei contributi (dapprima Jv. KVLAKOVSKI],lstorija Vizantii, III. 602-717, Kiev,
1915 [da noi utilizzato nella ristampa London, 1973], p. 249 [con nota 1]; e poi soprattutto
Jv. TRIFONOV,Izvestieto n« sirijskija presuiter Konstantin za lspericbous pobéda nad vizantijcite, in
lzoestija na istoriéesèoto drtdestuo v Sofija, 11-12 [1931-1932j, pp. 199-215 [con riassunto in tedesco: Die Nacbricbt des syrischen Presbyters Konstantinos von dem Siege des kans (sic) lspericb ;iber die
Bysantiner (sic), ibid., pp. 334-336]), i quali, già prima della pubblicazione degli studi ovvero
dell'edizione di Riedinger, si sforzarono di stabilire un raccordo cronologico tra un passo della
XVI sessione del Cosranrinopolirano III e l'operazione bellica, conclusasi con una disfatta,
intrapresa da Costantino IV contro i Bulgari nel basso Danubio e descritta sia nella Cbronographia di Teofane il Confessore sia nella Historia brevis di Niceforo Patriarca. Ecco per sommi capi
il perno attorno al quale ruota questa errata interprerazione (per ulteriori dettagli si rimanda al
nostro lavoro, citato al principio di questa nota). Nel corso della XVI actio del concilio, tenutasi il 9 agosto 681, un umile sacerdote di nome Costantino, originario di Apamea in Siria (cfr.
VANDIETEN, Gescbubte, p. 141 ["primitiver Theoìoge»]; PmbZ, II, nc. 3710), rivolge un ingenuo appello ai Padri sinodali, affinché essi preservino unità, pace e concordia nelle questioni
teologiche ([ ... j'{va yi:v'lTm EiQ~v'l,'{va Ti nOTE èverrxòv yÉ:VT]Tal
EÌç ~É:aovxat ~T]1ìÈi;=lVot
eì..iprovTm ~'l06 t':XE1VOI,
roorécrw al ÀÉ:yOVTEç
l:v eéì..T]~axat ol ÀÉ:YOVTEç
ODOeEì..~~aTa:
RIEDINGER,ACO, S. II, W2, p. 696, linn. 1-3), e prosegue: se si fosse (già in precedenza) daro
ascolto alle sue raccomandazioni (t':àv eìonxoòoenv), «non si sarebbe avuto a patire ciò che si
è patiro quest'anno» (iì t':1t!l80flEV
i:cpÉ:Toç,oùx El)(O~EVna9éì:v), specificando il concetto con
l'aggiunta TOUTÉanv il n t':1tIieO~EV
Eiç TÒV1loÀ.EflovBouÀ.yaQiaç(<<valea dire, se si è patito
qualcosa nella guerra con la Bulgaria»: RIEDINGER, ACO, S. II, III2, p. 694, linn. 26-27).
Quale appartenente all'àmbito culturale bizantino il presbitero Costantino naturalmente non
riferisce il termine i:cpÉ:TOç
al periodo a partire dal lO gennaio 681 (su questo equivoco si basa
ad es. Riedinger nel datare all'estate 681 la sconfitta di Costantino IV contro i Bulgari [ovvero
l'assenza del sovrano dal concilio che nel frattempo si svolgeva a Costantinopoli); di segno analogo anche le considerazioni espresse da Kulakovskij e specialmente da Trifonov ovvero nella
letteratura che riposa sui loro risultati), bensì al segmento cronologico che comincia con il 10
settembre 680. Da ciò si evince che ilj3amÀ.EuçCostantino IV si era mosso per una spedizione
272
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OlTO
KRESTEN
Tutti gli sforzi di Riedinger - tesi a valutare la XVII actio come una
seduta affrettatamente convocata, poi svoltasi senza la partecipazione
dell'imperatore a causa di un imprevedibile ritardo nel suo rientro in
città e perciò praticamente 'fallita' e di conseguenza da ripetersi - si
sono rivelati inefficaci 114.
Per questo motivo si deve ora cercare un'altra e convincente spiegazione per la mancata comparsa del sovrano alle sedute conciliari dalla
XII in poi (sino alla XVII inclusa), in primo luogo nel caso delle actiones XII (de122 marzo 681), XIII (del28 marzo 681) e XIV (del 5 aprile 681), giacché Costantino IV all'atto dello svolgimento di tali sessioni si trovava senza alcun dubbio a Costantinopoli 115. Colpisce il fatto
contro i Bulgari già nell'estate 680 (ancor prima dell'inizio del Cosranrinopolirano III!) e che la
disfatta bizantina, alla quale allude il modesto prete siriaco il 9 agosro 681, si verificò nei primi
giorni di settembre dell'anno 680: una datazione, questa, che peraltro collima precisamente
con la scansione cronologica di questi avvenimenti riscontrabile nella Chronographia di Teofane,
se ci si attiene ai criteri prefissati da G. OSTROGORSKY,
Die Chronologie des Theophanes im 7. und
8.jahrhundert,
in Byzantinisch-neugriechischejahrbiicher,
7 092811929 [1930]), pp. l-56, per la
conversione in anni dalla Natività di Cristo delle indicazioni relative all'èra mondiale (calcolata
secondo l'uso alessandrino) presenti in questa sezione dell'opera storiografica.
114 Anche se - è opportuno aggiungere - una parre della bibliografia più recente ha recepito passivamente (senza alcun riscontro sulle fonti) tali errori sia da Riedinger sia talvolta anche
da Kulakovskij e da Trifonov: oltre agli esempi menzionati alle note 48 e 49 del nostro centributo nella Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici (cit. a nota prec.), cfr. anche il riferimento alla
PmbZ recuperabile qui più avanti, nota 127.
ID Ciò si desume facilmente da un'ulteriore
fonre (ignorata nella letteratura citata supra,
note 112-113), ossia il Liher pontificalis, dove nella descrizione relativa alla vita di papa Agatone
si registra espressamente che Giovanni, vescovo di Porro e legato della Chiesa di Roma presso
il concilio (su di lui cfr, PmbZ, II, nr, 2724; COSENTINO,II, pp. 190-192 [Iohannes2l9j), celebrò il 21 aprile 681 in presenza dell'imperatore una solenne messa in larino nella chiesa di S.
Sofia a Costantinopoli: [.. ,) tanta gratia divina omnipotentis concessa est missis sedi! apostolicae, ut ad
letitiam populi vel sanai concilii, qui [sic) in regia urbe erat, Johannes episcopus Portuensis dominieorum
die oetava pascbae in ecclesia sanctae Sophiae publicas missas coram principe et patriarchas [sic) latine
celebrare: et omnes unantmiter in laades et vietoriis [sic) piissimorum tmperatorum idem latine vocibus
adclamarent (Le Liher pontificalh, texte, introd. et comm. par [... ) L. DUCHESNE[Add. et corro
par C. VOGEL), I, Paris, 19552 [rist. Paris, 1981), p. 354, linn. 12-15 [d'ora innanzi nella
citazione di luoghi dal Liber pontificalis romano si indicheranno con «sic» soltanto le sviste e le
incongruenze più marcate, rinunciando a segnalare le numerose 'violazioni' alle norme dellatino classico, comuni sia nell'ortografia sia ad es. nella concordanza dei generi per il livello
linguistico nell'epoca di composizione di tale operaj); a questo brano rimandano già E. CASPAR, Gesehiehte des Papsttums von den Anj;ingen bis zur Hiibe der Weltherrschaft, II. Das Papsttum
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
273
che le vere e proprie decisioni teologiche contro il monotelitismo ed il
monoenergismo dovettero essere già state assunte al più tardi nel corso
della XI 1tQàçtç, l'ultima alla quale -lo ripetiamo - il pacrtA£uç abbia
parreciparo!". Per citare Jan Louis van Dieten: «Nachdem tiber die
unter byzantinischer Herrscbaft, Tubingen, 1933, p. 606 con nota 5, e VANDIETEN, Gescbicbte,
p. 140 con nota 41 (ivi tuttavia con errata inrerpretazione del]'"Ottava di Pasqua»: con tale
indicazione cronologica si intende il 21 aprile, non il 14 aprile, dell'anno 681). Proprio grazie
a tale notizia (assieme a tutta la ricostruzione offerta in DE GREGORIO- KRESTEN, 'Ecpiroç"in diesem jabr" cit. [nota 113]) può considerarsi ormai dehnirivarnenre tramontata l'ipotesi
secondo cui Costantino IV avrebbe lasciato la capitale subito dopo il 20 marzo 681 (ossia in
conclusione della XI actio: vd. supra, p. 269 sego con note 107 -1(9) per intraprendere una
spedizione contro i Bulgari. - È, inoltre, abbastanza significativo che con il passo qui riportato si interrompe il racconto sul Cosrantinopolirano III offerto nel capitolo dedicato ad Agatone nel Liber pontifica/is: VANDIETEN, Gescbicbte, p. 139, suppone che i legati papali inviati a
Costantinopoli, alla cui restimonianza dovrebbero risalire questi luoghi del Liber pontifica/is,
non osarono a questo punto riferire altro, giacché essi avrebbero allora dovuto confessare la
condanna da parte del santo sinodo anche di papa Onorio I. Che i rappresentanti del papa al
Costantinopolitano III non abbiano inserito in questo passaggio della loro relazione alcun rimando ad una sospensione temporanea dei lavori del concilio, dovuta ad un'assenza di Costantino IV a causa dell'intervento militare contro i Bulgari, costituisce soltanto un argumentum ex
silentio che non può essere utilizzato per la datazione di tale fallimentare campagna bulgara dei
Bizantini; l'interruzione del flusso di informazioni verso Roma, che arrivano fino all'aprile
681, potrebbe essere piuttosto attribuita alla circostanza che i legati della curia pontificia a
Costantinopoli avevano appreso della morte di papa Agatone, avvenuta il lO gennaio 681, e di
conseguenza non inviarono a Roma altri rapporti (il successore di Agatone, Leone II, salì sul
trono papale soltanto il 17 agosto 682, vale a dire ben dopo la chiusura del Costantinopolitano
III). - Ulteriori nuovi riferimenti sulla conclusione del concilio, sulla condanna del rnonorelitismo e del monoenergismo così come sull'anarernatisrno inflitto agli esponenti di maggiore
spicco di tale eresia ([ ... ) condemnati sunt Cyrus [Ciro, patriarca monotelira di Alessandria, 631642: PmbZ, II, nr. 42l3), Sergius [il celebre patriarca di Cosrantinopoli Sergio Il, Honorius
[papa Onorio I,che viene qui finalmente menzionato!), Pyrrus, Paulus et Petrus [i patriarchi di
Costantinopoli Pirro, Paolo II e Pietro) necnon et Macams [sic; Macario, patriarca di Antiochia
e principale faurore dell'eresia monotelita ai tempi del concilio: PmbZ, III, nr. 4670) [erc.j) si
trovano soltanto al principio della Vita di papa Leone II, dove subito dopo il consueto breve
profilo introduttivo del nuovo pontefice si afferma: Hie [Leone II) suscepit sanctam sextam synodum, qui per Dei prouidentiam naper in regia urbe celebrata est, greco eloquio conscriptu (DUCHESNE,
ed. cit., I, p, 359, linn. 6 segg. [per le citazioni qui prodotte: linn. 9-10 e 6-7]).
"6 Cfr. VANDIETEN, Geschichte, p. 138, il quale non senza ragioni sostiene l'opinione che
nella stessa XI actio sarebbe da vedere soltanto il definitivo corollario contro la dottrina monotelita e monoenergita «<nur noch einen Epilog zur Liquidation der Lehre von einer Energie
und einem Willen»); nell'interpretazione, fornita da CASPAR,Gescbicbte II cit. (nota 115), pp.
601-603, degli avvenimenti nel VI concilio ecumenico, così come succedutisi dopo la XI
274
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro
KRESTEN
Lehre zugunsten des rornischen Standpunkts entschieden war, rnulìre
man sich der Verurteilung der Personen, d. h. der Urheber, Verbreiter
und Anhanger, zuwenden»!" ovvero «Auf der 12. Sitzung (22. 3. 681)
wurde die Personenfrage in Angriff genommen»1I8. E non è affatto
sorprendente che Costantino IV abbia preferito tenersi inizialmente distante da queste discussioni concernenti le singole persone,
essendo peraltro facile in quel momento prevedere che le ulteriori
trattative dei Padri sinodali sarebbero inevitabilmente sfociate nella condanna di vari patriarchi di Costantinopoli contraddistintisi
come difensori del monotelitismo e del monoenergismo; senza contare poi che finanche il bisavolo (Eraclio, a' motivo della "EXSE(nç)
ed il padre (Costante II, tramite il Tùrtoç) dell'imperatore risultavano implicati, in maniera tutt'altro che marginale, in tale disputa119; e ai rappresentanti della cattedra di Roma nella controversia
sui nomi delle persone da anatematizzare si prospettò il delicato
actio, gli accenti lievemente diversi vanno ricondorti più propriamente al punto di vista da cui
partiva il ben noro srorico del papato, il quale in questa sezione pone al centro delle proprie
riflessioni più specificamente la questione legata alla figura e alla valutazione di papa Onorio.
117 VANDIETEN, Gescbicbte, p. 138.
118 VANDIETEN, Gescbicbte,
p. 138. Durante questa stessa seduta, con la esplicita condanna
del patriarca di Antiochia Macario (su cui yd. supra, nota 115) viene posra in atto, per la prima
volta in turto il concilio, una deliberazione che riguardava una persona concreta: RIEDINGER,
AeD, s. II, 1I/2, pp. 566, lin. 5 - 568, lin. 6; e proprio a partire da tale actio l'imperatore risulta
assente dall' assemblea.
119 Un siffatto pensiero risuona già in CASPAR,Gescbichte
II cit. (nota 115), p. 601, nota
9: "Man rnuf sich fragen, ob [... ] es verabredete Regie war, dan der Kaiser gerade von dieser Phase der Verhandlungen an fernblieb». Peraltro, tenendo a mente l'esatto ordine delle
pubblicazioni, in base all'anno di stampa del secondo volume della sua "Storia dei papi»
(933) appare ovvio che Caspar non potesse ancora conoscere le opinioni di Trifonov (19311932), cui si è accennato poc'anzi a nota 113, sull'assenza di Costantino IV; poiché il grande
storico del papato si occupò in modo assai più approfondito e con ben altra competenza rispetto a Trifonov della successione e dell'andamento delle seduce nel corso del Costantinopolitano
III, ci si può forse domandare se egli avrebbe veramente recepito le riflessioni dello studioso
bulgaro qualora ne fosse venuto per tempo a conoscenza. - Andrebbe verificato se nella ritirata
del sovrano dalla fase più calda del concilio, quella riguardante la condanna concreta dei fautori del monotelitismo e del monoenergismo, sia da riscontrare una sorra di 'comportamento
pilatesco' dello stesso Costantino IV: di cerro si trattava di una tattica attendista, tanto più che
non risultava ancora chiaro se tra gli individui da colpire con l'anatema dovessero figurare o
meno i nomi dei due predecessori di Costantino IV sul trono imperiale.
IL PAPIRO CONCILIARE
275
P.VINDOB. G 3
problema legato alla figura di papa Onorio I, la cui compromettente corrispondenza
con il patriarca Sergio I di Costantinopoli
fu
parimenti coinvolta nel dibattito con la XII sessione!".
Si percepisce ormai abbastanza chiaramente che in questa fase fossero in corso intense e serrate trattative condotte 'dietro le quinte',
nelle quali il 'partito bizantino' si adoperava per evitare una condanna
troppo severa dei precedenti patriarchi di Costanrinopoli favorevoli al
monotelitismo e al monoenergismo (Sergio I, Pirro, Paolo II, Pietro),
mentre il 'partito romano' era inteso a risparmiare la persona del veechio papa Onorio I tenendolo, per così dire, fuori dalla traiettoria dei
colpi avversari, Che siffatte riflessioni non costituiscano il frutto di
speculazioni prive di fondamento è provato ad esempio dalle parole del
patriarca Giorgio I di Costantinopoli
nel corso della XVI seduta del
concilio (per giunta pronunciate esattamente dopo il discorso, sopra
menzionato121, dell'umile sacerdote siriaco Costantino di Apamea, la
cui 'professione di fede' fu commentata dal sinodo nel modo seguente: au-rll ~ 80ça -rrov Mavtxatrov ècriv: au-rll ~ rric ru; 'ArroÀtvaQ1.ou
ècri v: àvaOEf.l.aaun!> f.l.E-ràTroVoOYf.l.a-rrovcùroir [",] eçro ~À.llO~-rroÒ
Mavtxaìoç' rracrt -rOtç atQEnxoìç àVaOEf.l.a122):ÈyÒl xci n VEçÒÀ.tyOl.
-rrov urrò -ròv xcr' Èf.l.SOQOVOV
òoterrérorv èmoxòrroiv Ot' oixovouiuv
Ttvà rraQaxaÀ.oUf.l.EV,tva, et Trov ÈVOEXOf.l.f;VOlV
èo-riv, òvoucorì f.l.1Ì
àvaOqJ.ancrOrom Tà 1tQocrOl1taEÌç Tàç f;X.~O~crEtç,rooréo-n LÉQytoç,
nUQQoç, naùÀ.oç xa\. nÉTQoç123- una richiesta che il concilio non accolse!". Con la rassegnata approvazione di Giorgio!" furono così ana-
120
Cfr. RIEDINGER, AeD, s. II, lI/2, pp. 534-558; la prima
alla fine della XI seduta,
diversi
scritti
eretici),
del già ricordato
tra i quali
contenente
allorché
spicca
l'esplicito
con il beneplacito
patriarca
monotelita
il nQOocprovrrnxòç
richiamo
di Costantino
Macario
di Onorio I avviene
III furono esibiti al concilio
menzione
di Antiochia
(nonché
di altri
À.oyoç 1tQòç TÒV ~UatÀÉu dello stesso Macario
al vecchio papa, designato
corne.ò T;;ç (sic; la traduzione
latina
offre qui Honorius Romanus: RIEDINGER, AeD, s. II, II11, p. 509, lin. 17) ·ProJ.!UlroV(espressione
con cui non vanno qui intesi i Bizantini,
bensì gli abitanti
della città di Roma) 'OVWQlOç EV
9sÀ.T1J.!O
50YlluTloOç TQovÉOTum (RIEDINGER, AeD, s. II, 1111,p. 508, linn.
121
Cfr. più indietro,
m RIEDINGER, AeD, s. 11,11/2, p. 700, linn.
17-20.
IH
RIEDINGER, AeD, s. II, 1I/2, p. 700, linn. 24-26.
124
RIEDINGER, AeD, s. II, 11/2, p. 702, linn.
1-4; su ciò cfr. anche il commento
DIETEN, Geschichte, p. 141 (can nota 46).
12)
13-17).
nota 113.
RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. 702, linn. 5-8.
in VAN
276
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
tematizzati nominatamente - e con ciò siamo giunti alla fine della
XVI actio (come pure all'epilogo della discussione sulle singole persone
da colpire con la condanna definitiva) - Teodoro di Pharan, Sergio (I
di Cosrantinopoli), Ciro (di Alessandria), (papa) Onorio (I), Pirro (di
Costantinopoli), Paolo (II di Costanrinopoli), Pietro (di Costantinopoli), Macario (di Antiochia) con i suoi sostenitori Stefano, Policronio e
Apergio di Perge!".
L'unica spiegazione possibile resta quella cui si è già fatto riferimento, vale a dire che Costantino IV si volle tenere fuori, per precisa e
consapevole scelta (anche eventualmente per poter fungere da 'arbitro
imparziale'), da questa discussione sui nomi delle personalità in predicato di essere scomunicate, e che perciò egli non prese parte direttamente alle sedute conciliari svoltesi in questa fase, le quali molto
probabilmente rappresentarono soltanto uno 'scenario di facciata' atto
a mascherare le vere (ed estenuanti) trattative gestite in via riservata
dietro le quinte':". Osservando la successione delle singole sedute po-
126
RIEDINGER, Aeo, s. II, II/2, pp. 702, lin. 18 - 704, lin. 2; su ciò si veda nuovamente
quanto
ha scritto
des Georgios
VAN DIETEN, Gescbicbte, pp. 141-142:
letzten
wir nichr, wie sich die Legaten
gemacht
Roms
hat, den Ruf des Honorius
verhalten
haben.
mit dem des Sergios
so war das fiir sie sieher ein sehwieriges
115), p. 609, nota 1. Di Macario abbiamo
« Wer
fur die Ablehnung
Dilemma»;
und seiner Nachfolger
nr. 577; quanto
a Policronio
si veda qui subito
127
più avanti,
rispettivamente
(PmbZ, IV, ne. 6318), il grottesco
nota 129 e conresro,
Che il sovrano nonostante
zu schonen,
cfr. anche CASPAR, Gescbicbte II cit. (nota
già avuto modo di parlare in precedenza
di Perge basti il rimando
rutto conrinuasse
wissen
[ ... j das Angebot
Falls man ihnen
note 115, 118, 120; un cenno anche infra, note 127, 129, 147); sui monoteliti,
fianco, Stefano e Apergio
der Bitte
war, laBt sich nicht feststellen, Namenrlich
Endes veranrworrlich
a seguire
(cfr. supra,
schierati
al suo
a PII/bZ, IV, nr. 6920, e I,
protagonista
con grande
della XV sessione,
interesse
gli sviluppi
dei lavori dell'assemblea
si ricava ad es. dalla circostanza che nel corso della XII sessione (del
22 marzo 681) il TCOTQlXWçe XOlOlOTOlQGiovanni consegnò al concilio documentazione
munita del sigillo di cera eon il monogramma
di Costantino (XOQTlO ÈcrCPQOylO~ÉVO<ÌTCÒ XT]QlOU
É:XTUTCOUVTO
~ovoYQo~~ov KOlvcrTOVTlVOUOECJTCOTOU:
RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, p. 524,
linn. 16-17), avendone ricevuto incarico personalmente
dall'imperatore
(<ÌTCO(:JTOÀ.Eì.ç
[scil,
'Iooavvl]C;j TCOQ«Ì TOUt:ùoEI3E(mlTOU xnì YOÀT]VOTOTOU
(~EyOÀOU) 1Ì~iìiv l3ocrtÀ.Éooç XTÀ.: RIEDINGER, AeQ, s. II, 1112, p. 522, linn. 16-17). Su Giovanni cfr. PmbZ, II, nr, 2733; l'opinione ivi
espressa,
der Zivil-
secondo
cui questo
funzionario,
und Militarverwalrung
reten vermutlich
questo punto
Konstanrin
contrariamente
[ ... ]. die bereirs
IV. auf seinem
nei verbali e risultare
miBlungenen
«auch wahrend
agli «achr weiteren
nach der Il. Sitzung
Bulgarenfeldzug)»,
dee 12. Sitzung
Spitzenbeamten
fehlten
(sie beglei-
poré figurare
(22.3.681) aktiv- proprio
a
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
277
steriori alla XI actio colpisce la circostanza che gli intervalli temporali
tra le sessioni si allungano sempre di più: così ad esempio tra la XIV
seduta (del 5 aprile 681) e la XV (del 26 aprile 681) trascorrono poco
più di 20 giorni (nei quali peraltro cadevano la Settimana Santa e la
festa di Pasqua) e tra la XV e la XVI 1tQuç,tç(quest'ultima celebratasi
il 9 agosto 681) più di tre mesi, finché poi durante la XVII actio (11
settembre 681, pur sempre ancora senza la partecipazione dell'imperatore) non si diede per la prima volta lettura della definizione di fede
finale, appunto l'oQoç del concilio. Non appare invero particolarmente
difficile ricercare le reali motivazioni di questo rallentamento nel 'rirmo'delle assemblee sinodali. Da un lato tale «dilazione» nei lavori può
essere agevolmente ascritta proprio alla strisciante ed ardua contesa
concernente gli esponenti delle due fazioni (la bizantina e la romana)
da bollare con l'anatema: una contesa la quale era verisimilmente volta
ad ottenere un compromesso un po' più favorevole alla propria parte,
trattandosi in fin dei conti di decisioni gravi, dal punto di vista politico-religioso difficili da assorbire d'un colpo, ossia - lo ripetiamo - per
la Chiesa di Costantinopoli l'anatematismo contro i patriarchi Sergio
I, Pirro, Paolo II e Pietro, e sul fronte della Chiesa romana l'analoga
in quanto «die urspriingliche Disposition (Teilnahrne am Bulgarenfeldzug)» sarebbe stata
'rnodificata' «urn Ioannes zu errnoglichen, an der Uberprufung der Schriften des Makarios
reilzunehmen», è completamente infondata, essendo la disastrosa campagna militare di Costantino IV contro i Bulgari ormai da riferire sicuramente, come si è detto poc'anzi (cfr. supra,
pp. 270-272 con nota 113), all'anno 680. Con un qualche stupore ci si domanda come mai gli
autori della PmbZ, i quali avevano qui a disposizione un'importante chiave esegetica per poter
confutare le tesi di Riedinger sull" assenza del sovrano' dalle sedute conciliari a partire dalla
XII fino alla XVII sessione, non abbiano trovato nessuna altra soluzione per il vistoso cambio
nel numero dei membri della più alta burocrazia imperiale tra i partecipanti da un lato alle
1tQllçf:lçdalla I all'XI e poi alla XVIII, dall'altro alle actiones dalla XII alla XVII (su ciò yd.
anche infra, pp. 293-294 con note 170-171), che non fosse quella di seguire pedissequamente
(e contro l'evidenza dei fatti!) il fuorviante irinerario interpretarivo tracciato da Riedinger.
_ Alla definizione di 'comportamento pilaresco', ironicamente attribuita qui in precedenza
(supra, nota 119) al modo di condurre le trattative da parte dell'imperatore Costantino IV, ben
si attaglia anche la circostanza che il rtrrrçixioç e XOtaiOTOlQ
Giovanni, il quale parla in nome
e per conto del sovrano, si premunisce di asserire che ilj3amì.Euç non ha letto il ìJJyoç recapitato in quel momento al concilio e composto da Macario di Antiochia (il principale esponente
dell'eresia: vd. ad es. nota prec.): [... J
oòx clVÉyvOl
aÙTà ti 9f:OTetXlOTOçuùroiì tiJ.lf:QOTTJç
J.lÉXQlTOU1tOQOVTOç,
ilU' oùoÈ T~VbnYQacp~v aÙTrov(RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. )24,
on
linn. 10-11).
278
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
formula di scomunica per il papa Onorio L D'altro canto, lo stesso
incremento progressivo dei partecipanti a partire dalla XV sessione
sta ad indicare che l'attesa per la conclusione delle assise si protraeva
anche per permettere l'arrivo nella capitale di un numero quanto più
alto possibile di dignirari ecclesiastici 128: sebbene I'assemblea ormai
non avesse più nulla da dire sotto il profilo dottrinario, si intensifica
l'afflusso di prelati pronti alla sottoscrizione del decreto conclusivo,
il quale ultimo si andava, sia pure faticosamente, delineando all'orizzonte. Anche lo «spettacolo svoltosi nel corso della XV seduta, con il
tentativo da parte di Policronio di resuscitare un cadavere» 129, nonché
«l'esibizione, durante la XVI actio, del presbitero Costantino di Apamea, completamente avulso dalla realtà» uo - episodi, questi, interpretati erroneamente da Riedinger come una sorta di intermezzi riempitivi, di intrattenimento per «gli annoiati Padri conciliari» a causa della
l'H Dai 97 partecipanti
alla XV sessione si passa ai 149 vescovi presenti alla XVI actio,
mentre poi la XVII e la XVIII ne contano 157 ciascuna (ma nelle liste di sottoscrizione di
queste ultime sedute si hanno rispettivamente 166 e 163 vescovi lin realtà 168 e 165, se si
considerano singolarmente gli apocrisiarii papali: vd. supra, nota 38, e infra, pp. 365-366
con nota 353 (Appendicej], mentre il A6yoç 1tQOmpOlvrrnx6çarriva a 156 firmatari per 154
cattedre). Sul fenomeno dell'accrescimemo delle presenze alle ulrime sedute del VI concilio
ecumenico pone l'accento RIEDINGER, Pràsenz- und Suhskriptions/isten, pp. 3-4 (nota 4),11-12
(nota 30) [ma si vedano tutte le posizioni, sia per le diciotto lisre di presenza sia per le tre
liste di sottoscrizione, regisrrare ibid., pp. 14-23]; cfr. anche RIEDINGER, ACO, s.lI, 11/2, pp.
XVII-XVIII (Ein/eitung).
129 Si tratta della curiosa vicenda che vide come protagonista
il monaco e presbitero Policranio, il seguace (menzionato qui subito più indietro, p. 276 con nota 126) del deposto e
scomunicato patriarca di Antiochia Macario. Policronio, convocato dal santo sinodo, presenta
la sua Ex8ECHç1tlcrTEOlç
e pretende di deporla sopra un cadavere: se quest'ultimo risorge alle
preghiere formulare dal religioso, allora la sua confessione di fede sarà pienamente convalidata;
altrimenti il concilio e l'imperatore potranno disporre di lui a proprio piacimento. E Policronio, dopo la miserabile sceneggiata svoltasi alle Terme dello Zeuxippo, viene privato dell'abito
sacerdotale e condannaro con un anatema: cfr. RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, pp. 672, lin. 24
- 683, lin. 8.
IlO Si tratta ovviamente del discorso che, ingenuamente
rivolto alla pacificazione tra le contrastanti posizioni in merito all'energia ed alla volontà di Cristo, abbiamo brevemente discusso
in precedenza (cfr. supra, p. 271 seg., nora 113). In realtà, l'artificio di consentire allo spaesato
Costantino di Apamea (un prere di basso rango e per di più abbastanza ignorante) di prendere
la parola potrebbe essere stato studiato a bella posta anche per far emergere la posizione più
correrta sotto il profilo dortrinario.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
279
perdurante assenza del sovrano, impegnato in una campagna militare
contro i Bulgari!" - costituiscono piuttosto un espediente inteso a
dissimulare il dibattito sugli anaternatisrni e a favorire il procrastinarsi
del concilio in attesa del completamento dei suoi ranghi.
*
*
*
È precisamente
m tale atmosfera che si avvia l'allestimento
della seduta finale, nella quale la professione di fede con la condanna definitiva del monotelitismo
e del monoenergismo sarebbe
stata letta e sottoscritta.
Senza voler qui anticipare le questioni
concernenti i lavori preparatorii alla redazione del l'òçoç ed alla sua
validazione tramite le firme dei partecipant i'V, ricostruiamo ora
sommariamente ed in via preliminare il decorso della XVII seduta
(del l'Ll settembre 681) sulla base del verbale di tale actio conservatosi soltanto nella versione latina. Viene in primo luogo registrata nuovamente (come già a partire dalla XII sessione'P) l'assenza
dell'imperatore
mediante la consueta formula iniziale, in cui si fa
riferimento al trono imperiale vuotol", simbolo dell'autorità
sovrana alle cui prerogative è comunque assegnato il controllo sulle
assise conciliari; segue immediatamente
l'indicazione relativa alla
direzione dei lavori della seduta, la quale è ancora una volta condotta dai funzionari a tal scopo delegati dal ~a(HÀ.Euç135. Poi il pro-
III Cfr. supra, pp. 270-272 eon nota 113. Abbiamo qui parafrasato le espressioni conrenure in RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten, p. 3, nota 4: «die 15. Siezung I...J mit
dem Spekeakel der versucheen Totenerweckung durch Polychronios und die 16. Siezung [... J
mie der Vorfììhrung des ..weltfrernden" Presbyters Konsranrinos von Apamea [... J dienren
wohl nur der Absicherung dec Konzilsencscheidungen I...
j. Man wird aber auch in Erwagung
ziehen di.irfen, daB sich die gelangweileen Konzilsvater uncerhalcen wolleen. Als sich dann
die letzre Encscheidung lange hinzog, weil sich die Ri.ickkehr des Kaisers in die Hauprstadr
verzogerte, arrangierte man wohl erwas voreilig am 11. September die SchluBsitzung, muBee
diese aber am 16. September wiederholen, weil der Kaiser am Il. September doch noch niche
eingetroffen war».
132 Tale rernarica sarà affrontata qui nella parte seguente, pp. 281-287.
III Cfr. supra, p. 270 con note 110-111.
1.34 RIEDINGER,ACO, s. II, W2, p. 706, linn. 1-2.
13) RIEDINGER, ACD,
s. II, 11/2, p. 706, linn. 2-8. Sulle persone di tali rappresentanti
imperiali yd. supra, pp. 269-270 e nota 109.
280
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
tocollo prevede la lista esaustiva dei nomi dei partecipanti presenti
all'assernblea'é''. Le parole, riportate a questo punto negli atti, di
Teodoro, primicerius notariorum patriarcale, rivelano che il concilio
è in grado di verificare l'esistenza di un testo, allestito in anticipo
in base alle conclusioni della seduta precedenre'>", della definizione
di fede 138. La traduzione latina registra ora l'esortazione del sanctum concilium (in luogo del ~acrtÀ.Euç) a dare lettura dell'oQoç139; si
procede, dunque, alla pubblica recita del testo da parte del notaio
patriarcale Agatone!".
In immediata successione a tale decreto
dogmatico si riscontrano le subscriptiones dei prelati che aderivano
alle deliberazioni assunte dal concilio!". Il breve passo conclusivo
esibisce acclamazioni per l'imperatore (le cosiddette EùcprU1tat)142
nonché la ripetizione degli anatematismi
concernenti gli eretici
ACD, s. II, W2, pp. 706, lin. IO - 711, lin. 24.
tratta della fatidica giornata del 9 agosto 681, in cui - dopo il penoso discorso di
Costantino di Apamea e dopo la richiesta (respinta dal concilio) del patriarca di Costantinopoli
Giorgio di non condannare «òvonuo ri- i suoi predecessori seguaci del monotelitismo e del
monoenergismo - si addivenne all'anarernatismo finale (perpetrare nome per nome) di tutti i
personaggi, passati e presenti, coinvolti nell'eresia: cfr. supra, spec. pp. 271-272 (nota 113),
275-276 (con note 121-126).
us RIEDINGER, ACD, s. II, W2, pp. 711, lin. 28 - 713, lin. 7 [ma la p. 712 esibisce la
porzione corrispondente di testo latino confluita nella Colleaio canonica Hispana]. Teodoro (su
di lui e sull'organizzazione della cancelleria patriarcale all'epoca del Costantinopolitano III
vd. infra, p. 284 e nota 149) ricorda che la XVI actio si era conclusa con la constatazione di
tutto il concilio, secondo cui era giunto il momento di procedere alla redazione dell'oQoç (cfr.
il finale del testo greco della XVI 1tQuçtç in RIEDINGER, ACD, s. II, W2, p. 704, linn. 10-12);
all' affermazione del primicerius segue la richiesta sia dei funzionari preposti alla conduzione
della seduta su incarico del sovrano (gloriosissimi iudices; sul terrnine cfr. infra, pp. 326-327
con note 254-256; su questi quattro personaggi cfr. supra, pp. 269-270 con nota 109) sia del
sanctum concilium di rileggere quanto stabilito nella precedente seduta.
139 Sanctum concilium dixit: Definitio orthodoxae fidei, quae a nobis constituta est, relegatur (RIEDINGER, ACD, s. 11,11/2, p. 713, linn. 8-9).
140 La definizione di fede (contenuta
in RIEDINGER, ACD, s. II, W2, pp. 713, lin. 13 - 727,
lin. 8: vd. anche supra, nota 42) è preceduta dalla frase Et accipiens Agatho reverentissimus lector
et notarius Georgii venerabilis archiepiscopi a deo custodiendae huius regiae urbis relegit eandem definitionem ita continentem (RIEDINGER, ACD, s. II, W2, p. 713, linn. lO-Il); su Agatone cfr. spec.
supra, pp. 249-251 con nota 48, ed infra, pp. 283-284 con nota 147.
141 RIEDINGER,
AeD, s. II, II/2, pp. 729, lin. 4 - 749, lin. 17 (vd. anche supra, nota 43).
142 RIEDINGER,
ACD, s. II, W2, p. 751, linn. 1-5; si notino le tipiche formule multos annos
imperatori [... ] teum.) domme, conserva [... ] (ei) aeterna memoria, e così via.
136RIEDINGER,
137Si
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
281
precedentemente condannati 143. A questo punto il testo della XVII
actio si arresta senza alcuna ulteriore indicazione, in una sorta di
desinit abrupte, secondo la terminologia filologica.
Al fine di comprendere che cosa sia realmente accaduto durante
tale seduta (conclusasi in apparenza tanto inopinatamente), svelando, ave possibile, ciò che il corrispettivo verbale omette di riferire, è opportuno gettare uno sguardo sulle informazioni fornite da
Agatone nel suo 'E1t\)"oyoç (il breve opuscolo che, lo ricordiamo, fu
inserito in fondo alla redazione finale degli atti del Costantinopolitano III dal XUQ'!ocpuÀuçquasi a mo'di rievocazione storica e di
giustificazione per la copia del suo esemplare dopo gli ultimi rivolgimenti causati dal breve ma sanguinoso periodo della tirannide di
Filippica Bardane':"), tentando anche parallelamente di trarre conclusioni per analogia con la successione dei fatti così come descritta
nella XVIII ed ultima 1tQàçtç degli atti del concilio a proposito
della procedura finale.
ACO, S. II, 11/2, p. 751, linn. 6-11.
come sopravvissuto al terrore di Filippico Bardane (cfr. ad es. RIEDINGER, ACO,
s. II, W2, p. 898, linn. 22-25) e naturalmente come testimone d'eccezione degli eventi svoltisi
nel681 (cfr. supra, nota 48, ed infra, note 147 e 155), Agatone cura nel 713 la redazione degli
atti del VI concilio (in forma di copia [diretta, come si dirà in séguiro] di uno degli originali, copia la quale diventerà così il testimone capostipite dell'intera tradizione manoscritta
greca giunta sino a noi), al fine di assicurare la necessaria custodia e la giusta diffusione (vd.
RIEDINGER,
ACO, s. II, W2, pp. 900, lin. 38 - 901, lin. 12) ad un testo tanto fondamentale
per la dottrina cristiana e pure così pesantemente minacciato fino a pochissimo tempo prima
dall'ultima appendice del rnonorelitisrno (sull'esemplare di Agacone, sul suo modello e sulle
ulteriori informazioni in esso contenute circa la sorte dei réuot originali cfr. infra, pp. 301-302
[con nota 195), 322-323 [con note 243-247], 331-332 [con note 270-273], 335-339 [con note
282,287-288]). L'opera del XOQTOCPUÀOç
fu po nata a termine dietro impulso del patriarca di
Costantinopoli Giovanni VI (711-715), il quale ultimo fece allegare subito dopo l"ErrtÀoyoç
un suo scritto, la 'E1tlcrTOÀ~àrroÀoYTJTlxtlindirizzata a papa Costantino I (RIEDINGER, ACO,
S. II, 1112,pp. 901, lin. 15 - 908, lin. 26; GRUMEL [- DARROUZÈS], Regestes I cit. [nota 11], nr.
322), in cui il primate della Chiesa d'Oriente tenta di giustificare (con la motivazione di una
presunta violenza e costrizione subìta) la propria iniziale adesione al monorelirismo rimesso in
vigore durante il regno di Bardane; lo stretto collegamento tra i due inserti finali nella tradizione del Costantinopolitano III si evince anche dalla circostanza che la lettera di Giovanni VI
è esplicitamente menzionata da Agatone (RIEDINGER, ACO, S. II, II/2, pp. 900, linn. 25-27;
143RIEDINGER,
144Proprio
901, linn. 3-5).
282
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
Sicuramente durante la fase preparatoria alla XVII actio vengono
già approntati i sei rotoli originali (uno per l'imperatore e cinque per i
Patriarcati) con la definizione da approvare':": DallErriàoyoç di Aga-
145
Poiché nellavoro
preliminare
non si doveva lasciar trapelare
non poteva emergere,
che l'assemblea
è necessario partire dal presupposto
avesse inizio la procedura
avrebbe
dovuto
accogliere
in primo
le sottoscrizioni
con quanto
luogo ad un esemplare,
all'imperatore:
si afferma
all3aatÀ£uç,
cpoç oQOç appena
gli esemplari,
recapitarsi
il cerimoniale
la richiesta,
nell'adunzanza,
pure sorcoscrirri
cattedre
dell'oQoç
sessione
relative
destinato
sopra a nota 48 (dove
esemplare
espressamente
della apposizione
indirizzata
è la conclusione
circostanziate
riportato
di fede, citata
che
dei quali
per la vera ultima
abbastanza
di Agarone
e la sua dichiarazione
letto
alle cinque
notizie
prima
ciascuno
questa
documentaro
in forma di uolumen papiraceo,
la definizione
(in cui si distinguono
Padri sinodali
avuto alcun esito,
l'oQoç concordaro,
XaQ't"ocpuÀaç era stato lo scriba dell'intero
[compresa
in séguito,
come diremo
dei partecipanti:
si posseggono
sempre
negli ani veri e propri,
autografa
originali
effenivamente
cfr, spec. il passo dellEniàoyo;
che il futuro
nel palazzo imperiale
inoltre,
i sei 't"OJlO!contenenti
ossia la XVIII, laddove
del concilio,
o meglio,
istanza non avrebbe
che per la XVII actio fossero già stati vergati,
ufficiale,
che si può trarre per analogia
in prima
poi depositato
a parrej);
della sottoscrizione
si veda
imperiale
alla fine del Aoyoç rrQoocpwvl]'t"lXOç dai
di assenso, per la validazione
dall'analoga
procedura
in originale
dai partecipanti,
ecumeniche
[yd. qui subito
di
conferma
identici
a quello
di séguito
dell'Èvurroyeaconcernente
recitato
in questa
e da
stessa nota):
Ai roiuev rò sùosl3èç xoì 6soo't"srr't"ov xQ(l't"Oçroii Sconéroo xa6roç xuì otà roii rrQOoax6év't"oç
't"fj soosl3d
uJliìiv j3aatÀ£i~
xt>Qoç rraQaoxéo6at
rrQOocpwvl1't"lXot>Èos~6f1JlSV, otà 6siaç
uJliìiv yaÀ.l1vo't"l1't"oçrnviiv avayv0JU6évn.
KWVU't"OV't"lVOç
6 soosl3éo't"a't"oç
xoì OiXOUJlEVlXijçuJliìiv ouvéòou rraQau't"ixa
ai't"116èv rraQà 't"ijç ayiaç
j3rov èv XEQOtVÒ còròç
uJliìiv urrool]Jlw&:n::roç rò
't"iiirraQ' T]JliìivÈxcpwv116évn ÈvurroYQuCPIl!oQIl! 't"iiixoì Èrrt 't"ijç 6EOUOCPOU
l3aatÀ£ùç Elrr&' Tò
litarrQaçoJls6a
sùu&j3éu't"a't"oç j3aOlÀ£Ùç ròv xa't"à rraQOucriav 't"ijç nòroù
[ ... ] À.a-
yaÀ.l1vonl't'oç
avayv0JU6éV't"a évurroYQacpov oQOv 't"ijç ayiaç covéòoo Urrsol1Jl~va't"o ilìlOxsiQwç xa6CÌlç èv atl't"lii
't"iiirrQO't"s't"aYJlévll!Èv 't"fj rraQOool] rrQ«lçEl oQIl! ÈJlcpéQE't"at [RIEDINGER, ACO, s. II, W2, p.
829, linn. 9-14, 25-28]). Allo stesso modo,
di un rotolo
Roma,
per ciascuna
Costantinopoli,
iooTurrol
delle
cinque
Alessandria,
tracce
evidenti
sedi patriarcali,
Antiochia,
emergono
vale a dire,
Gerusalemme:
ÈvurroYQacpol OQOl resta ancora lo scrino
di Agatone
anche
dell'esistenza
nell'ordine
consueto,
la fonte principale
per questi
(copista
anche di questi
cinque
vo/umina); ma si veda anche il rito (appena descritto per il primo esemplare) dell'inserto della
formula imperiale (ugimus et consensimus) di adesione all'oQOç promulgato
nella XVIII rrQàçtç,
laddove il santo sinodo, rivolgendosi al sovrano in conclusione del Serrno acclamationis, afferma:
Ai't"ot>JlsV't"ò 6&ouocpov 't"ot>òsurro't"ou XQu't"oç rrQÒç Jldçova
uv 't"s xaì. j3Ej3aiwatv ioowrrouç
't"ot>yaÀ.l1vaiou uJliìiv XQu't"ouç oQOu [dunque
partecipanti,
del documento
't"ijç oQ901ì6çou rrio't"sroç aucpaÀ.Et-
ÈVU1toYQu<pOuçoQOuç 't"ou avoyvOlu6éV't"oç xa't"à rraQoooiav
leno e destinato
le copie fedeli, anch'esse
ad essere acquisito
munite
delle firme dei
dall'imperatore]
èxlìo9Tjvat
TOlç rrév't"E rro't"QloQXlXOlç 6QOVOlç JlE't"à 't"ijç EÙOEj30UçuJliìiv UrrOOl1JlElOOOEWç
(RIEDINGER,
ACO, s. II, W2, p. 829, linn.
applicazione
alla supplica
30-33; ibid., linn. 34-36, il j3aatÀ£uç dichiara
dei Padri
sinodali:
Tò xaì. vt>v rraQà 't"ijç ayiaç
di voler dare
xat OiXOUJlEVtXijç
IL PAPIRO CONCILIARE
283
P.VINDOB. G 3
tone ricaviamo innanzi tutto che i notai presenti durante le assise e
addetti alla stesura materiale degli atti erano cinque, di cui solo due
menzionati espliciramenre!":
lo stesso Agatone (appartenente, come si
è detto, all'ufficio patriarcale)':" e Paolo, divenuto in séguito patriarca
ùllrov ouvoòou
oi TTJOÈVcùm;proç otarrQaçoIlEOa);
che ha l'aspetto
di un'aggiunta
redazionale
segue
nel testo degli
in RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, p. 830, app. crit. a linn.
dicitura
delle cinque
l'esatta
seguente
frase: 'Io rcov roç xcrò Tà ÙWMlÀTJO{;VTarraQà TOÙEùacpEoTaTou
3); dopo la quale si fornisce,
patriarcali
OHME,2I1m
tratte
linn.
ufficiali
nei decenni
con la precisa formulazione
completi
scindere
un artificio
dei verbali
all'esemplare
linn.
per i cinque
1-
seggi
4-16).
(ossia relativi
immediatamente
In realtà,
degli atti appare
trascrizione
dalla
oQouç J.lEO'ùrrOOTJIlCtrocrEOlçTt;ç aù-
rraTQtaQXlXOte; OQOVOtçOi>TOlç(ibid.,
a tutte
le sessioni
alla fine dei lavori, e sulla loro sorte (comprese
pp. 331-339.
del Quinisesto
Costantinopolitano
successivi
a1681)
difficilmente
inviato
applicabile
conciliari;
la definizione
osservazioni
integralmente
più indietro
nonché
unitaria
quale fu la
che le conclusioni,
relative
di STOLTE, The
nellavoro
anche sui réuot dell'oço; del nostro
III), vanno, come si vedrà, sottoposte
Cfr. il passo riportato
così come
finale di fede dal resto
ad una operazione
ed è per questo
al papa, quali sono contenute
pp. 412-413,
del concilio),
le copie che da alcuni di essi furono
cfr. qui più oltre, pp. 297-313,
la sessione contenente
delle sedute
Documents in the Case (ibid.,
146
l'elenco
introdotte
xaì. CPtÀOXQ1.crTOU
III sono ben ricostruite
esemplari
risultarono
appunto,
ecumeniche,
Le varie fasi del cerimoniale relativo alla XVIII sessione del
in OHME, Quinisextllm, pp, 350-355 (si veda anche
Vorgang tier kaiserlichen Slibskription, pp. 158-161). Sul problema del numero
(ibid.,
Cosrantinopolitano
degli
cattedre
vou ~yoov urrocrXEOÉVTa ioo-ròrrooç
-coù rravrll.l.ÉQOuyaì..TjvTJ<;rraQÉoxeTo TOte; rrévre
come ipotizzare
1-16), in cui si specifica con estrema
minuzia
pacrtÀÉOle;Kmvorcvri
e la successione
atti una annotazione,
(forse opera dello stesso Agarone,
a revisione.
a nota 48 nonché
(in forma parziale)
qui poco più oltre, nota 153.
nominum redatto alla fine di RIEDINGER, ACO, s.
è menzionato negli atti del
VI concilio: RIEDINGER, ACO, S. II, III I , p. 410, lin. lO (actio XI: legge I'Epistlila synodica ad
Sergium Constantinopolitanum di Sofronio di Gerusalemme
[CPC, III, ne. 7635]l. - RIEDINGER,
ACO, s. II, II12, p, 560, lin. 12 (actio XII: assieme agli a seeretis imperiali Paolo e Giovanni
147
supra, nota 48. Dall'/ndex
Riferimenti
II, Il/2 (precis. P: 923, s. v.) si ricavano
rutti
[sui quali infra, note 148 e 151). nonché
i passi in cui Agatone
ai vescovi Giovanni
di Reggio
[legato della Chiesa
PmbZ, II, nr. 2725; COSENTINO, II, pp. 193-194 [Iohannes-"],
Domezio di Prusa [Pmb2, I, ne. 1356J ed al metropolira
Giorgio di Cizico [Pmb2, I, nr. 1980]'
di Roma
presso
il concilio:
si reca da Macario,
115,118,120,127,129
DINGER, ACO,
di Costantinopoli
S.
patriarca
di Antiochia
e relativo
ormai
contesto],
deposto
ed imprigionato
per la validazione
[cfr. supra,
dei suoi stessi scritti),
note
- RIE-
II, II/2, p. 614, lin. 16 (actio XIII: legge un l:UVOOlXÒVYQaJ.l~wdel patriarca
Tommaso
II [667-669)
al papa Vitaliano;
il doc. [a. 667) è regisrrato
in
GRUMEL [- DARROUZÈS], Regester I cit. [nota 11], or. 307). - RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, p.
656, lin. 22 (actio XIV: legge un brano da un'omelia
ACO,
S.
di Atanasio
II, 1112, p, 713, lin. lO (actio XVII: legge 1'0Qo<;,secondo
Alessandrino).
la prima
- RIEDINGER,
'edizione').
- RIE-
284
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
di Costantinopoli
(Paolo III, 688-693) e all'epoca a secretis imperiale148, assieme poi ad altri tre (oùv xcì é-rÉQotç -rQtcrtv). Naturalmente non possiamo stabilire con certezza chi fossero questi tre ulteriori
funzionari responsabili della trascrizione dei verbali. Negli atti del
VI concilio ecumenico compaiono a vario titolo alcuni membri della cancelleria parriarcale'V e complessivamente
quattro a secretis (gr.
indecl. àCHlxQilnç l- àcrT]xQil-rOl]) e crcXQc-rOQlOl del corrispettivo
DINGER,AeO, s. II, W2, p. 766, lin. 18 (legge l'ogoç nella definiriva actio XVIII) [per queste
due ultime occorrenze vd. qui poco più avanti, note 155-156 e contesto].
148 PmbZ,
III, nr, 5768. Che Paolo avesse partecipato ai lavori del Costantinopolitano III
ricoprendo l'incarico di a secretis è resrirnoniaro non solo dal brano di Agatone (supra, nota 48,
nonché infra, nota 153 [proprio per il passaggio relativo ai noraij), bensì anche dalla Epistola
apologerica del patriarca di Costanrinopoli Giovanni VI a papa Costantino I (supra, nota 144),
dove, nel dare notizia di un apografo in forma di codice allestito da Paolo e tratto da uno degli
esemplari originali degli atti del VI concilio (vd. infra, pp. 333-335 con note 278-280), si dice
del proprio predecessore oç <lOT]xQi;nçumlQXOlvtv Tij TOlUUT\Iouvoo!p xa9U1toUeYTJOEV
(RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, p. 905, linn. 28-29). Per la menzione esplicita di Paolo nel testo
degli atri si vedano i luoghi registrati nell' Index nominum di RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, p.
930 (s. vv. "Paulus asecrera etc.» e « Paulus III>,); più in particolare, risulta che egli introdusse la discussione dalla sessione II alla VIII; per il suo inrervento durante la XII seduta vd. supra, nota 147.
149 Si tratta del diacono e XOQTOCPUÀ.Ilç
Giorgio (PmbZ, I, nr. 1969; è costui che ad es. si
incaricava di recuperare dalla biblioteca del Patriarcaro gli esemplari di concili più antichi da
esibire durante il dibattito: cfr. supra, note 47 e 49 e contesto), dell'arcidiacono e 1tQtJ,ltXTtQlOç
TroVVOTOQlOlV
Costantino (PmbZ, II, nr. 3709; introdusse il dibattito dalla actio IX alla XIV)
e del suo successore nella medesima caries Teodoro (a partire dalla XV 1tQuçtç: PmbZ, IV,
nr. 7321 [vd. anche il suo intervento nella XVII sessione supra, p. 280 con nota 138]; nella
gerarchia ecclesiastica era semplice diacono) [tutti e tre da escludersi come scribi preposti alla
redazione materiale degli ani, in quanto funzionari di più alto rango nella cancelleria patriarcale], nonché dei diaconi e xOyxd,MlQlOt Stefano (PmbZ, IV, nr. 6913) e Dionisio (PmbZ, I, ne.
1341), e, infine, dei VOTUQtOt
Anastasio (PmbZ, I, nr. 241; anche diacono e 1tÀoù~XOtXOç
[sicj),
Antioco (PmbZ, I, ne. 504; <lvayV!ooTT]ç),
Salomone (PmbZ, IV, nr, 6835; diacono) [difficilmente potrebbero essere questi ultimi cinque ad aver svolto le funzioni di estensori dei verbali,
giacché tutti sembrano coinvolti nel dibattito (o almeno la maggior parte di essi, forse con
l'esclusione dei soli notai Anrioco e Salomone, che sono annoverati in determinate occasioni
tra quelli che si possono definire 'segretari del concilio'j], Per tutti i passi in cui tali funzionari
patriarcali sono ricordati negli atti si rinvia all'Indice in RIEDINGER, AeO, s. II, 11/2, pp.
923-926,931,932
(s. vv.). Sull'organizzazione e sul complesso ordinamento gerarchico della
cancelleria patriarcale tra VII e VIII secolo, proprio in riferimento alla situazione quale riflessa
dagli atti del Costanrinopolitano III, cfr. DARROUZÈS,Recherches cit. (nota 48), pp. 23-26.
IL PAPIRO CONCILIARE
285
P.VINDOB. G 3
ufficio del ~acnÀ£uç, vale a dire, oltre a Paolo, Diogene'?", Giovanni!", Fotino'V. Si potrebbe pensare che fossero proprio questi ultimi
ad essere inclusi nella notizia di Agatone, forse sottintendendo l'indeclinabile à.crTJxQfj-r\.ç
(ossia à.crTJxQTJ-ratç)
anche alla fine della frase
dell"Enl)"oyoçI53; ma si tratta di un'ipotesi non verificabile allo stato
attuale delle nostre conoscenze.
Inoltre, come abbiamo già più volte ricordato, il xaQ-rocpuÀa~sottolinea orgogliosamente nel suo opuscolo di aver trascritto personalmente non solo l'esemplare dell'Sçoç, uscito in ultima istanza dalla
XVIII actio, destinato alla conservazione nel ~acnÀtxòv naÀ(l-rtov (e
naturalmente munito delle sottoscrizioni autografe dell'imperatore e
di tutti i partecipanti), bensì pure i cinque icr6-runa della stessa de-
150 PmbZ, I, nr. 1335;
per le occorrenze nei nostri atti cfr. l'Indice dei nomi in RIEDINGER,
AeD, s. II, 11/2, p. 925 (s. v.).
151 PmbZ, II, nr. 2732;
RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, p. 927 (s, v.) [Index nominum].
152 PmbZ, III, nr. 6222;
RIEDINGER, AeD, s. II, 11/2, p. 930 (s. v.) [Index nominum].
153 RIEDINGER, AeD, s. II, 11/2, p. 898, lin. 14: [... ) (a~a nauÀ<!J Tii>ÈvaYlolçòQXlETttOX01t<!J
Trov ÈVTaOOa xcì 1taTQuIQX1], èv À.<iixoìç Én TEÀOÙVTlxcì l3aatÀlxii> òOT)xQiinç Tuyxuvovn)
oùv xat ÈTéQOlç TQlOìv (òoT)xQiinç) (opp. (àOT)XQl]Tatç), restituendo
così exempli gratia la
costruzione,
più perspicua
essere, come di norma
ai nostri fini, già con la forma declinabile
per i maschili
in -T)ç della I declinazione,
del plurale,
appunto
ÒOT)XQi]TOlç,come invece si legge, probo per una svista dell'editore,
in un altro luogo dell'ed.
III di RIEDINGER, ACD, s. II, W2, p. 560, lin. 12 [nel testo addirittura
del Costantinopolitano
con l'accento
che dovrebbe
ÒOT)XQl]Talç e non
circonflesso,
mentre
in app. figura l'acuto;
sul passo, non riportato
in RIEDINGER,
AeD, s. II, 1113, p. 43,s. v. òOT)XQTjnç, vd. supra, nota 147]; su tale trascrizione in greco, nelle due
forme declinabile ed indeclinabile,
dalla locuzione latina a secretis cfr. Lexikon zur byzanttnischen
Grazitat besonders des 9. -12. jahrhunderts, I l= Fasz. 1-4). A-K, Fasz. 5. À.-rraÀ.1I1vOQwrroç, Fasz.
6. rraÀ.lyycVExria-rrQomrc..1.ayi(w,
erstellt von E. TRAPP unter Mitarbeit von W. HORANDNER -
J. DIETHART
- S. SCHONAUER ET ALII, Wien,
der Wissenschaften,
326,352
= Veroffenrlichungen
Byzanzforschung),
57 [2007],
operato
der Kommission
VI/I-6),
zum "indeklinablen"
p. 213; si veda ora
Klasse,
2005,
2007
fììr Byzanrinistik
J.
[Òsrerreichische
Denkschrifren,
238,
- Si può qui aggiungere
276,
(= Veroffentlichungen
che, nonostante
patriarcale
la celebrazione
probo apprezzato
293,
zur
almeno
nella prima
divina iussio di Giustiniano
dell'imperatore
del proprio
per le sue
[ ... &YQa!J>a]xEÀ£uo9EÌç oihco 1taQà TaU èv cuocl3e'ì Tij ~Vl]~1]
Kevo-rcvrivou TOU j3aatÀÉroç [RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. 898, linn.
funzionari
Akademie
DIETHART, Lexikographische Beobacbtungen
(il quale era un funzionario
dallo stesso sovrano:
preponderante
250,
àonxçiitu; in byzantiniscber Zeit, injahrbuch der (jsterreichischen Byzantinistiè,
pp. 17-22).
da parte di Agarone
capacità
2001,
philosophisch-historische
conservazione
II (su cui vd. l'ampia
degli atti fu svolto,
trattazione
e dai notai della sua cancelleria.
19-20),
un ruolo
come si desume
infra, pp. 323-)30),
proprio
dalla
dai
286
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
finizione di fede (anch'essi autenticati seduta stante dal sovrano e dai
vescovi convenuti) che sarebbero stati consegnati ai cinque patriarchi
ecumenici!". Peraltro, dagli atti apprendiamo che, oltre ad averlo vergato di suo pugno, Agatone lesse anche pubblicamente,
al cospetto di
Costantino IV, il testo dcll'òçoç durante la XVIII sedura'F'. Non solo:
egli in precedenza aveva anche provveduto, come già accennato più
indietro, a recitare dinanzi ai Padri sinodali l'edizione (praticamente
identica a quella poi recepita nella riunione finale) della stessa professione di fede, quale era stata presentata nel corso della prima ed incompleta sessione dedicata alla definizione dogmatica, vale a dire, appunto,
la XVIII 56, Che, per analogia con la successiva XVIII 1tQà~tç, Agatone
fosse stato, oltre che il lettore, anche il notaio addetto alla stesura dei
verbali e, più segnatamente, del testo dell'oçoç, predisposto in anticipo,
della XVII seduta, è ammissibile ma non riscontrabile concretamente'?".
note 48 e 144-145.
154
Cfr. ad es. supra,
iSS
Cfr, RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. 766, linn.
16-20: Kevo-ruvrivoç
!3amÀ.Eùç d1tEV' 'O e1ttIlVT]OOEÌçoQoç àvaytvcooxÉoOro.
Ò EuoE(3ÉoTaToç
Kat À.a!3rov'AyaOrov Ò EùÀ.a(3ÉoTaToç
àvayvolOTTJç xat VOTUQtOçTOU OcrtroTUTOUxat lÌytroTaTou IÌQXtE1ttcrXOTCOU
Ti'jç OEOcpUt..aXTOU
TOIlTT]çxatl3amÀ.tOoç
IS(,
TCOÀ.Eroç
rElllQylou <lvÉyvro TÒVoQov exovTa
caso della XVII actio non provenne
dall'imperatore
In realtà, il notaio che pronunciava
documento
addurre
lesiota
così solenne
come esempio
in pubblico,
dinanzi
di solito ne era anche l'estensore
il caso (invero
(secolo XIV), il quale,
I ' AVTlQQT]TlXÒçì..6yoç contro
stando
alla lettura
(che in quel momento
dell'oQoç nel
non si trovava nella
TCQiiçtç(vd. nota prec.), bensì dal sanctum concilium.
sala!), come invece accadrà per la XVIII
157
ènì À.ÉçEroçOUTroç.
Cfr. supra, p. 280 con note 139-140; si osservi che l'esortazione
molto
più tardo)
alla testimonianza
Niceforo
Gregora:
al santo sinodo,
materiale.
il testo di un
Si può a tale proposito
del notaio
patriarcale
del patriarca
Filoteo
Giorgio
Ga-
Kokkinos
(nel
ed. D.B. KAIMAKIS [Ka'illaXT]ç], t1J1À.OOÉ:OU
Soyuattxà seya, MÉ:Qoç A', 0EooaÀ.ovlxT], 1983 [0EooaÀoVtXEìç BuçaVTtVoì.
l:uyyeacpdç,
31, pp. 25-43, precis. p. 33, linn. 304-308), lesse in conclusione dei lavori (assie-
Koxxivoo
me allo stesso Filoteo,
TOIlOç del sinodo
dottrina
esicastica,
come si può dedurre
aurografe)
all'epoca
tenuto
rnerropolita
alle Blacherne
un atto che, composto
di Eraclea, e ad un terzo personaggio)
nel 1351, che sancì il riconoscimento
da Filoteo,
fu sicuramente
dalle poche righe di testo superstite
nell'originale
conservaro
su due frammenti
(le ultime
trascritto
il ben noto
ufficiale
della
da Galesiota,
prima delle sottoscrizioni
nel codice di Basel, Offenrliche Biblio-
thek der Universirar, N I 6 Nr. 16 (sul primo frammento
cfr. F. DOLGER, Ein byzanrinisches
Staatsdokument in der Universitiitsbibliothek Basel: Ein Fragment des Tomas des Jahres 1351, in
Historiscbes Jahrbuch, 72 [1953] l= Festschrift Georg SCHREIBER], pp. 205-221 [con due riproduzioni] [rist. in ID., Byzantinische Diplomatik. 20 AufsàTze zum Urèundenuesen der Byzantiner,
Erral, 1956, pp. 245-261 e tavv. XXIV-XXV];
A. DoLO, Das Gebeimnis einer byzanrinischen
Staatsurkunde aus demJahre 1351, Beuron in Hohenzollern,
1958 [eon sei riproduzioni];
sul
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
287
Ciò che invece ci sembra oltremodo verisimile è che tutti e sei i rotoli
di questa prima riunione sinodale convocata per approvare il decreto finale del concilio fossero copiati in forma di mundum da un'unica
mano, e questo per ragioni di uniformità, affinché tutti gli esemplari
del testo potessero risultare perfettamente identici nella facies esteriore all'atto della firma dei partecipanti, dovendo essi rappresentare il
primo 6 Èxcprov..,SEÌçÈvurroYQucpoç oQoç ed i restanti cinque, almeno
nelle previsioni 'ufficiali', 01. ÈXòoSÉvn:ç TOte; rrévrs rrUTQtaQXtxote;
SQOVOU;iaOTV7rDl ÈvurroYQucpot TODUÙTODOQou TOIlOtI58•
Chiunque fosse il notaio (Agatone oppure uno degli altri quattro) incaricato della redazione materiale del verbale della XVII actio, il
termine per questa prima convocazione dell'assemblea finalizzata alla
presentazione dell'oçoç del concilio è fissato per il giorno Il di settembre del 681 e, sebbene Costantino IV non fosse più comparso nel
secondo frammento, che si giustappone perfettamente al primo nella successione delle sottoscrizioni in calce al documento, cfr. D. HARLFINGER,Autographa aus der Palaiologenzeit, in
Gescbicbte und Kultur der Palaiologenzeit . Referare des Internationalen Symposions zu Ehren von
H. HUNGER [Wien, 30. November bis 3. Dezember 1994], hrsg. von W. SEIBT,Wien, 1996
[Osterreichische Akademie der Wissenschaften, philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 241 = Veroffentlichungen der Kommission flir Byzantinistik, VIII], pp. 43-50, precis.
pp. 49-50 con rav, 22; una buona ricostruzione della provenienza e della riutilizzazione di
questi due frammenti si trova nel catalogo della mostra curata da F. HIERONYMUS,Griechiscber
Geist aus Basler Pressen, Basel, 1992 [Publikarionen der Universitarsbibliorhek Basel, 15), pp.
727 -7 36 [ne. 446» (per ulteriori dettagli si rimanda al contribute, attualmente in preparazione, di G. DE GREGORIO,Gli scrib: della cancelleria patriarcale dì Costantinopoli sotto Callisto I e
Filoteo Kokkinos (1350-1376),
che apparirà nel III fascicolo degli Studien zum Patriarcbatsregister
von Konstantinopel). Ciò nonostante, non si può escludere che - trattandosi nel nostro caso di
un team affiatato e ben organizzato di notai, che avevano fatto fronte in modo sistematico e
continuativo ad una gran mole di lavoro - la preparazione dei sei esemplari della XVII actio
del VI concilio ecumenico fosse stata affidata ad uno degli altri quattro funzionari e che Agatone avesse ricevuto soltanto l'incarico di leggere l'oQoç; si può anche pensare che sia stato
l'imperatore in persona - una volta che ebbe preso la decisione di riassumere la presidenza
dell'ultima seduta e così di rientrare direttamente in giuoco - a scegliere Agatone per la copia
dei sei esemplari della professione di fede presentata nella XVIII 1tQoçtç (sulla stima, vera o
presunta, di Costantino IV per illavoro del notaio patriarcale vd. supra, nota 153).
ll8 Abbiamo naturalmente
adattato al caso, tutto particolare, della XVII la frase dell'"E1tl1,.oyoçdi Agarone riferita alla XVIII (e realmente ultima) sessione e trascritta più indietro a nota 48 (vd. anche nota 145; il corsivo qui nel testo è nostro). Comunque sia, come si
vedrà qui più avanti nel testo, i rimanenti cinque uolumina della XVII actio non furono poi
sottoscritti dai partecipanti stessi.
288
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
TQouÀÀoçdal 20 marzo 681, la macchina burocratica non si ferma e i
Padri sinodali convengono nella medesima sala fidando in un tranquillo svolgimento della riunione, giacché lo stesso sovrano aveva dichiarato expressis verbis, in conclusione della XI actio, di abbandonare definitivamente i lavori cedendo la conduzione delle u1t6Àot1totO"UVEÀ£UO"Etç
ai suoi rappresentanti+". La sessione comincia e si procede alla lettura
dell'òçoç da uno degli originali, in calee al quale i presenti appongono
contestualmente la propria formula di assensol?", Che il verbale della
seduta, come detto poc'anzi, a questo punto risulti bruscamente interrotto si può spiegare solo presupponendo che i lavori del concilio,
159 Cfr. supra, pp. 269-270 con note 108-109. Naturalmente,
l'imperatore, il quale si trovava
senza alcun dubbio a Cosranrinopoli, aveva seguìto le febbrili trattative che dovettero precedere la fase conclusiva del VI concilio ecumenico: di ciò abbiamo già riferito supra, pp. 272-279;
si veda anche qui poco più avanti, pp. 291-294.
160 La prova che il testo della professione di fede letto da Agatone nella XVII actio dovesse
aver ricevuto almeno in prima istanza le firme autentiche dei partecipanti si ottiene proprio
dall'unica resrirnonianza supersrite (ad eccezione del frammento nel nostro P.Vindob. G 3),
vale a dire la traduzione latina approntata sull'esemplare originale ricevuto dal pontefice romano, la quale, come già sottolineato più volte, esibisce una lista di sottoscrizioni completa.
Interessante a questo proposito risulta l'osservazione di STOLTE,The Documents in the Case, p.
412, relativa, appunto, alle varie ipotesi sulle sottoscrizioni nel papiro di Vienna: «Even if they
[i. e. 'the signatures') were forged [noi diremmo meglio 'imitated'), they would confirm that
such documents were actually signed, as a forgery (per noi 'imitation') presupposes a purpose
far the forgery [i. e. 'irnitation']». - È difficilmente immaginabile, come invece fa OHME, Quinisextum, p. 353, a proposito della XVIII (e realmente ultima) sessione del nostro sinodo, che
la procedura delle sottoscrizioni da parte dei vescovi a ciò convenuti abbia avuto luogo prima
dell'inizio della seduta: sebbene si trattasse di un'operazione piuttosto complessa e macchinosa, che doveva richiedere molto tempo, non si vede come non collocarla nel momento più
solenne delle assise, vale a dire immediatamente dopo la lettura della definizione di fede; nessun partecipante avrebbe accettato, per così dire, di mettere la propria firma 'in bianco' sotto
un documento del genere, tanto più che, senza una pubblica lettura, nessuno si sarebbe fidato
a convalidare un atto di portata universale sotto il profilo teologico, qual è l'oQoç di un concilio ecumenico, e ciascuno avrebbe preteso di prenderne visione, fatto che avrebbe ritardato
ulteriormente i lavori; sulle varie fasi di questo rituale in conclusione delle assemblee sinodali
si consulti ad es., a proposito di un evento molto più tardo, il ben noto studio di J. GILL, The
Council of Florence, Cambridge, 1959, spec. pp, 291-298. - L'opinione esposta senza una più
precisa motivazione nella parte introdutriva all'ed. di THUMMEL,Concilium Constantinopolitanum III cit. (nota 43), p. 191, secondo cui «There were numbered eighteen sessions though
it is doubtful whether the seventeenth ever took place», è destituita di qualsiasi fondamento
scientifico.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
289
nello sconcerto generale, siano stati sospesi. Infatti, rispetto al decorso
della XVIII 1tQàçv; (quale è attentamente
analizzato sotto il profilo
'procedurale', come parallelo per il Quinisesto, anche nello studio di
OhmeI61), nel testo della XVII actio tràdito nell'originale della versione latina (così come ricostruito in base agli apografi superstiti 162) si
riscontrano, subito dopo le usuali acclamazioni e gli ùvo9ElloncrllOl,
omissioni imputabili ad irregolarità protocollari ingenerate dall'assenza di Costantino IV, irregolarità di cui i partecipanti non potevano
essere a conoscenza prima dell'inizio della seduta'v': solo dopo la prima tornata di sottoscrizioni fu probabilmente loro spiegato (con tutta
verisimiglianza ad opera dei funzionari imperiali a ciò in precedenza
istruiti) che a quel punto il cerimoniale esigeva la presenza di Costantino IV. Infatti, oltre alla esortazione, che quest'ultimo avrebbe dovuto
rivolgere ai presuli convenuti, atta a confermare coralmente l'adesione
all'oQoç dell'intero concilio'P', dopo l'inserto delle sottoscrizioni dei
161 OHME, Qianisextum, pp. 351-354 (= OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen SlIbskription,
pp.158-161).
162 Sui testimoni poziori di tale traduzione, allestita nella cancelleria papale negli anni
immediatamente successivi al 681, cfr. infra, pp. 314-321.
163 È poco credibile che i Padri sinodali avrebbero avviato i lavori dell'assemblea (presieduta già dai delegati imperiali, esattamente come le precedenri), qualora avessero saputo che
l'assenza dell'imperatore ne avrebbe annullato le deliberazioni; né si può più ormai sostenere
che essi fossero in fiduciosa arresa che il [3a<HÀ£uç comparisse da un momento all'altro, giacché
è dimostrato che Costantino IV si trovava in quel periodo a Costantinopoli e cerro non si stava
attardando neI rientro dalla spedizione militare contro i Bulgari (vd. supra, pp. 269-279, nonché più diffusamente DE GREGORIO - KRESTEN, 'Erpcroç - "In diesemJahr" cit. [nota 113];
che, nonostante ciò, con un conflitto in corso o appena conclusosi in maniera disastrosa, si
potesse indire, come pensa Riedinger, l'ultima riunione di un concilio ecumenico solo stando
dietro ad una voce che dava il sovrano sulla via del ritorno in città, resta incomprensibile).
Quanto all'ignoranza del rituale conciliare da parte di molti dei partecipanti (a coloro che
invece ne avevano consapevolezza probabilmente conveniva tacere e continuare secondo la via
intrapresa), si può forse affermare che doveva essere ritenuto sufficienre che l'imperatore, al
quale sicuramente il contenuto dell'òço; era già stato sottoposto, approvasse in un secondo
momento, tramite la sua prerogariva del Legimus et amsensimus, il decreto finale: in fin dei conci
l'ultimo concilio ecumenico (il quinto della serie, ossia il Cosranrinopolirano II) si era svolto
ne1553!
164 Actio XVIII: RIEDINGER,
AeO, s. II, 1112,p. 798, linn. 1-3; a tale richiesta imperiale,
espressa nell'ultima seduta immediatamente dopo le ll1toYQucpai,segue l'esclamazione di tutto
il sinodo che, nel rinnovare la propria approvazione del decreto finale, provvede a pronunciare
290
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
partecipanti nel primo originale l'intervento dell'imperatore sarebbe stato indispensabile in primo luogo come destinatario del A6yoç
nQocrcprovrrnx6ç del santo sinodo (ossia il Sermo acclamationis, anch'esso munito delle sottoscrizioni dei vescovi, nel quale si sollecitava il
~acrtÀ£uç a concedere la ratifica della definizione di fede per mezzo
della sua tradizionale formula di consenso, garantendo poi l'applicazione dei deliberati del concilio tramite editto)l65; e, in secondo luogo,
direttamente come autore della sottoscrizione che sanciva la validità
del decreto finale. Per quest'ultimo atto il giuoco dei ruoli avrebbe
dovuto prevedere l'invito dei partecipanti allo stesso sovrano ad autenticare con la propria firma il primo originale dell'òço; (destinato al
~a(JtAtXÒVnaAanov), la sottoscrizione di tale esemplare da parte di
Costantino IV, l'ulteriore richiesta dei Padri conciliari all'imperatore
di validare i cinque restanti rotoli (che essi nel frattempo dovevano a
loro volta già aver firmato) e l'adempimento finale del sovrano, che
avrebbe riguardato l'approvazione, tramite il Legimus et consensimus a lui
ancora le consuete E:uq>Tjlltm
e gli anatematismi (ibid., linn. 4-22); riprende poi la parola Costantino IV, che accoglie favorevolmente tale confermato assenso e formula auspici e preghiere
sul futuro della Chiesa universale (ibid., pp. 800, lin. l - 802, lin. 3); i Padri rispondono eon
ulteriori acclamazioni ed anatematismi (ora più generici e sintetici: ibid., p. 802, linn. 5-14),
cui il ~acrtÀ£uç replica ancora con altri voti, sempre incentrati sul destino della fede ortodossa
(ibid., pp. 802, lin. 16 - 804, lin. 2).
Nel verbale della XVIII sessione, che qui, come si è detto, serve come confronto per le
parti mancanti nella nostra XVII actio, si precisa in primo luogo che la ayia oùvoòoç sottopone contestualmente all'attenzione del sovrano il testo, approntato in precedenza (con ogni
verisimiglianza nellasso di tempo compreso tra la XVII e la XVIII seduta, ossia tra Il e 16
settembre 681: vd. qui poco più avanti, p. 296 con nota 176), di tale A6yoç 1tQocrq>rovTjTlx6ç,
e che Costantino IV ne ordina la lettura: RIEDINGER, AeD, s. II, 1I/2, p. 804, linn. 3-lO;
segue poi la trascrizione integrale del Sermo, in fondo al quale pure vengono apposte le firme
dei Padri sinodali: ibid., pp. 804, lin. 14 - 821, lin. 16 (A6yoç 1tQoorprovTjTtx6ç
con versione
latina a fronte), 822, lin. 2 - 829, lin. 6 (lista delle u1toYQarpai relative al A6yoç 1tQocrrprovTj1"u(6ç,sprovviste di traduzione latina). Il rapporto tra la f:1ttxuQroOtçimperiale dell'oQoç
finale del concilio, da orrenersi contestualmente per mezzo dell'inserto della sottoscrizione, e
la ~E:~irocrtç dello stesso atto, da conseguirsi tramite l'emissione di appositi provvedimenti
legislativi, è ben messo in evidenza da OHME, Quinisextum, p. 353 (~ OHME, Zum Vorgang der
kaiser/ichen Subskription, p. 159).
1("
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
291
riservato, anche di questi esemplari da consegnarsi ai cinque Patriarcari ecumenici 166,
Ma perché si era reso necessario mettere in scena una seduta conciliare (per giunta corredata della laboriosa operazione delle firme di
ben 168 partecipanti), per poi improvvisamente concluderne i lavori
con un nulla di fatto ed essere indotti a ripeterla successivamente? E
chi escogitò tale espediente? Sicuramente le ragioni di questa interruzione della XVII actio non vanno ricercate nel contenuto meramente
teologico della definizione di fede: i due oQOt trasmessi, ossia quello
inserito nella versione latina della XVII sessione e il testo (conservato
sia in greco sia in latino) della XVIII 1tQéiçu;,risultano praticamente
identici tra loro ad eccezione di minime divergenze che comunque non
giustificherebbero certo una seconda convocazione del concilio tesa ad
approvare nuovamente il decreto finaleI67, L'unico aspetto che poteva
166 Sul conrenuto di questa sezione finale della XVIII1tQàçlç, con i conrinui 'cambi di battuta' tra l'imperatore ed i Padri del concilio, si veda supra, nota 145. Naturalmente negli atti
della XVIII sessione del VI concilio la formula di sottoscrizione imperiale si trova in fondo a
tutte le firme dei partecipanti e prima dell'intera 'appendice conclusiva' (cioè a p, 796, linn,
26-28 dell'ed. di RIEDINGER, AeO, s. II, II/2), giacché nella redazione del corrispettivo verbale non si poteva tener como della sfasatura cronologica tra la lema procedura delle \moYQ<lcpoi
dei vescovi e la richiesta di sanzione definiriva rivolta al sovrano con il Aoyoç 1tQocrCProvl1TlXOç
e, subito dopo, con questo ulteriore e piùcircostanziato appello, articolato tra primo originale
e rimanenti cinque rotoli: cfr. anche OHME, QuiniJex/um, pp, 352-354 [= OHME, Zum Vorgang
der kaiserlichen Subskrip/ion, pp. 158-161] (con le osservazioni esposte qui poco più indietro,
nota 160, a proposito della tempistica delle firme dei dignitari ecclesiastici).
167 Per il confronto tra il testo latino delle due definizioni di fede cfr. anche supra, p. 246
sego con nota 42. Ecco un breve elenco esemplificativo delle piccole oscillazioni (spesso riconducibili alla tecnica versoria e non all'originale greco) che si riscontrano nei due OQol(le sottolineature sono nostre): absque peccato (sessione XVII: RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, p. 713, lin.
17) : absque solo peccato (sessione XVIII: ibid., p. 769, lin. 6); secundum enim a domino editam
vocem (sessione XVII: ibid., p. 721, linn. 4-5): secundum enim a dea editam uocem (sessione XVIII:
ibid., P: 773, linn. 20-21); quemadmodum enim sanctissima a/que inmaculata [... J caro (sessione
XVII: ibid., P: 723, linn, 21-22) : quemadmodum 'il. sanctisstma atque inmaculata [... ] caro (sessione XVIII: ibid., p. 775, linn. 28-29); nam iI/ius uelle qui in salvatore intellegitur, non fJ1. contrarium dea (sessione XVII: ibid., p. 725, linn. 1-2) : nam q, illias celle. qui in salvatore intellegitur,
non erat contrarium dea (sessione XVIII: ibid., p, 775, linn. 31-32); si au/em monachi [uerint vel
laici (sessione XVII: ibid., p. 727, linn. 7-8) : si autem monachi fserint aut laici (sessione XVIII:
ibid., P: 777, linn. 26-27). Alla coincidenza del testo nelle due professioni di fede accenna
anche RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, pp. XIX, XXI (Einleitung); sul comportamento nella copia
292
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
ancora riservare sorprese riguardava l'effettiva disponibilità dei dignitari ecclesiastici - od anche solo di un gruppo di essi, magari restìo a
sottomettersi alla ragion di stato pur di difendere i convincimenti del
proprio 'partito' - ad accettare gli anatematismi, proposti come compromesso, che coinvolgevano entrambe le fazioni (quattro patriarchi di
Costantinopoli ed un papa di Roma)168. Furono, dunque, motivazioni
squisitamente politico-religiose
a condurre ad una sorta di 'prova generale' rivolta ad assicurarsi che tutti i partecipanti sottoscrivessero
un documento il quale, oltre a sancire i risultati teologici del concilio,
determinava anche la condanna definitiva di personaggi che erano stati i corifei di un movimento molto diffuso. Non è certo un caso che
il verbale della XVII seduta si interrompa giusto dopo la ripetizione
degli anatematismi già precedentemente
formulati, ma ora accompagnati dalle firme di tutti i presuli in calee all'oQoç. E la sola persona
che avrebbe potuto reggere le fila di tale meccanismo era proprio la
massima autorità dell'Impero, colui che con la sua regìa occulta aveva
seguìto e gestito le lunghe trattative incentrate sul problema degli
anatematismi, vale a dire lo stesso Costantino IV, il quale si era appositamente svincolato dalla partecipazione alle riunioni del santo sinodo,
dopo che (nel corso della XI sessione) sul piano più strettamente dottrinario era stato raggiunto l'accordo. Dunque, il sovrano, deciso ormai
a rientrare personalmente in giuoco, con il sostegno dei suoi funzionari
- e forse anche del patriarca di Costantinopoli Giorgio, il quale pure
doveva essere al corrente del 'piano' - fece trascorrere la prima serie di
sottoscrizioni per poi, una volta verificato l'esito positivo della 'prova',
bloccare i lavori tramite i suoi fedeli collaboratori, facendo addurre
da questi ultimi come pretesto quell'espediente
procedurale, di cui la
maggior parte dei presenti era all'oscuro, inteso ad ottenere - ora che
tutti si erano impegnati con la propria firma a favore della soluzione
caldeggiata dallo stesso Costantino IV - la replica, questa volta in sua
delle due actiones finali in un ramo della tradizione manoscritta della versione latina vd. infra, p. 321 can note 240-242.
Il,,, Cfr. supra, pp. 274-279.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
293
presenza, dell'intera sessione, la quale doveva ricevere un finale formalmente corretrol'".
Dunque, le 'irregolarità protocollari' facevano parte di uno stratagemma preordinato, e i Padri sinodali ne furono, inconsapevolmente e
loro malgrado, lo strumento; per tutta questa costruzione era essenziale che Costantino IV, come già da qualche tempo, figurasse ancora al
principio della XVII seduta, per così dire, come 'assente giustificato',
una condizione che ora più che mai, proprio nel momento culminante,
risultava funzionale alla sua azione condotta sullo sfondo del dibattito conciliare. Che l'imperatore non avesse mai inteso consentire che
i lavori del concilio si concludessero proprio con questa XVII actio si
deduce anche dalla circostanza che a tale sessione erano presenti soltanto quei quattro f;VOOçOTOTOt UQXOVTeç (gloriosissimi iudices) che in
assenza di Costantino IV avevano già presieduto le 1tQaçetç dalla XII
169 Poiché Costantino
IV non era fisicamente presente alla XVII actio, occorre presumere
che egli disponesse all'interno della sala a cupola di persone informate dei suoi piani, che al
momento opportuno potessero segnalare la 'irrirualirà' della conduzione della seduta ed in tal
modo arrestarne il proseguimento; questo ruolo poré tranquillamente essere svolto proprio dai
delegati imperiali che presiedevano i lavori (cfr. supra, pp. 269-270 con nota 109, nonché qui
subito più avanti) e forse anche dai notai della cancelleria imperiale incaricati di verbalizzare
gli atti (vd. supra, pp. 283-285 con note 148, 150-152). È altresì oltremodo probabile che anche il primate della Chiesa di Costanrinopoli fosse stato coinvolto nell'iniziativa: il sovrano, il
quale con ogni verisimiglianza era vicino al 'partito bizantino' (cfr. supra, p. 274 con nota 119),
aveva ovviamente informato, durante le trattative, il patriarca Giorgio dell'atteggiamento degli emissari pontifici circa il problema degli anatematismi (essi, come già detto, sicuramente
insistevano per la condanna esplicita dei quattro patriarchi di Costantinopoli sostenirori del
monotelitismo e del monoenergismo). Quando la conclusione della vicenda cominciò a delinearsi, Costantino IV dovette convincere Giorgio a cedere su questo punto (cfr. supra, p. 275 sego
con note 123-125) esprimendogli anche la preoccupazione che qualcosa potesse ancora accadere all'atto della sottoscrizione del decreto finale; infatti, non doveva essere ancora del tutto
chiaro se i prelati avrebbero alla line accettato di sottoscrivere senza clamore la scomunica definitiva dei personaggi al centro della disputa (e per giunta con la menzione dei loro nomi): di
certo il paventato riaccendersi, al cospetto dell3amÀ£uç, del dibattito sui nomi degli esponenti
da anatematizzare sarebbe stato un fatto assai disdicevole ed increscioso. È, dunque, verisimile che anche i funzionari patriarcali (compreso lo stesso Agatone: cfr. supra, pp. 283-284 con
note 147 e 149) fossero stati resi edotti dell'espediente escogitato o addirittura che essi avessero partecipato alla sua attuazione.
294
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
ono KRESTEN
alla XVI' 70: qualora la XVII seduta fosse stata veramente programmata come quella definitiva, allora il numero dei rappresentanti laici al
concilio (ossia degli alti corpi dei funzionari imperiali) sarebbe stato
di gran lunga più cospicuo, così cospicuo come poi esso effettivamente
apparirà nella reale ultima sessione, vale a dire la XVIII ITQaçtç, alla
quale parteciparono ben 13 membri della burocrazia imperiale di grado più elevaro!".
Ma a questo punto appare logico presumere che i partecipanti non
abbiano più provveduto a sottoscrivere i restanti cinque TOIlOt della
XVII actio: allorché fu notificato ai presuli convenuti che occorreva
ormai ripetere la recita, è abbastanza ovvio che essi ritenessero di non
dover impegnare ulteriormente il proprio tempo ad avallare con la propria formula di adesione i rotoli papiracei non ancora segnati, visto
che si doveva comunque attendere una nuova convocazione per la vera
ultima seduta. Proviamo ora ad immaginare ciò che accadde nei giorni
che separarono la 'sessione di prova' (appunto la XVII) dalla decisiva
XVIII actio, ossia tra 11 e 16 settembre 681. I cinque notai preposti
alla stesura materiale degli atti 172 si trovano in mano sei rotoli di pa-
170Si tratta, come già ricordato supra, pp. 269-270 (con nota 109), dei rra"q~ixLOl Costantino ed Anastasio nonché degli érrò U1HITOlV Polieucto e Pietro (sulla errata inrerpretazione,
reperibile in PmbZ, della presenza di 'soli' quattro aQxovTeç anche durante la XVII seduta cfr.
i riferimenti supra, nota 127); su questi quattro funzionari, i quali diressero effettivamente i
lavori ancora nella XVII actio, vd. anche più indietro, pp. 279 (con nota 135),280 (nota 138);
più in generale sui gloriosissimi iudices cfr. infra, p. 326 sego con note 254-256.
171 Cfr. la lista di presenza a tale seduta conclusiva nell'ed. RIEDINGER,
ACD, s. II, II/2, pp.
752, lin. 15 - 754, lin. 4 (specificamente sulle cariche ricoperte da questi funzionari si rimanda alla elencazione presentata infra, nota 254; è utile rammentare che tale lista corrisponde sin
nei minimi dettagli a quella relativa alle presenze nella I sessione). Solo con la XVIII actio si
raggiunge nuovamente quella stessa cifra di rappresentanti laici di alto rango la quale si constata anche tra i presenti alla seduta inaugurale del concilio il 7 novembre 680: cfr. RIEDINGER, ACD, S. II, IIIl, p. 14, linn. 19-34. - Già solo questa osservazione rende impraticabile
l'ipotesi di Riedinger (e la ripresa di tale equivoco esegetico in PmbZ: vd. supra, nota 127),
secondo cui la XVII sessione dovette essere ripetuta in quanto Costantino IV non era tornato
in tempo a Costantinopoli da una spedizione militare COntro i Bulgari (cfr. supra, pp. 270-272
Icon note 112-113], 278 sego [con nota 131]l: qualora tale affermazione si dimostrasse esatta,
allora si dovrebbe immaginare che anche i funzionari (per lo più civili!), i quali risultano
assenti dalla XVII actio, sarebbero stati trattenuti dal partecipare a tale seduta a causa della
perdurante 'campagne bulgara'; ciò che, come ben s'intende, appare assurdo.
172 Cfr. supra, pp. 283-285 con note 146-153.
IL PAPIRO CONCILIARE
295
P.VINDOB. G 3
piro (contenenti ciascuno l'oQoç recitato nella XVII seduta), dei quali
soltanto uno munito di sottoscrizioni. Sia per ragioni di uniformità,
sia nella prospettiva che una delle fazioni (si pensi soprattutto ai rappresentanti del papa) potesse contestare l'assenza del testo completo di
una seduta alla quale i prelati (nonostante l'esito) avevano comunque
preso parte, il team dei segretari verbalizzanti, messo sotto pressione
dall'imminenza della ripetizione della seduta e, dunque, della conclusione del concilio, decide di rendere omogenei tutti e sei gli esemplari
degli interi atti destinati ad uscire dal conciliol73: probabilmente uno
solo di questi funzionari, il più dotato di una specifica abilità in tal
senso (ancora Agatone?), copia personalmente le sottoscrizioni alla fine
dei cinque TOIiOt, rimasti incompleti, della XVII actio, riproducendo
fedelmente il tracciato di quelle già presenti nell'unico originale validaro!", in modo da tenersi pronti in vista della rapida conclusione
della vicenda. Noi possediamo, dunque, un frammento di uno di questi cinque originali (sui sei approntati) dell'òçoç della XVII sessione
recanti le copie imitative 'ufficiali' delle firme dei vescovi: un'operazione, questa, condotta sicuramente, stando almeno a quanto abbiamo
Sul numero
J7l
degli esemplari
cfr. qui poco più avanti,
completi
trascritti
È difficile (ma non del tuCCOda escludersi)
174
di redazione
cui inserire
volte,
della
omogenea
degli atti si siano suddivisi
le firme: un'operazione
scrittura
ed unitaria
partecipanti,
da un solo copista,
di scriba,
ma queste
nella XVIII sessione del concilio,
sicuramente
rimanda
eterogenee
alla corsiva
L'unico elemento
copie
imitative
centrale
copisti
burocratico-cancelleresca
a favore del futuro
pp. 286-287
piuttosto
attivi durante
III
l'imitazione,
secondo
Agarone
sottolinea
la fonte,
ripetuta
condotta
la propria
orgogliosamente
inducendo
nella variegata
in YQO!!!!OTO
dell'esemplare
riproduzione
imperlale
promulgato
di scritture
tale imitazione
della capitale
erano avvezzi).
del notaio autore delle
forse essere costituito
dalla
funzione
finali (la XVII e la XVIII actio:
ma è un fatto che nella tradizione
così a trascurare
grafia
le proprie
nella trascrizione
di base con cui viene condotta
potrebbe
per cinque
in maniera
nel suo ·E1tlÀ.OYOç(cfr. su-
vd. infra, pp. 341-344)
cui i funzionari
del lavoro
toccasse un uolumen in
essere piuttosto
nel corso delle due sedute
con note 155-157);
il concilio.
doveva
XOQTOqJUAOçper l'identificazione
delle sottoscrizioni
di frequente,
che prevedeva
non necessariamente
svolta dallo stesso Agatone
cfr. supra,
arrestato
responsabili
ìOOTU1tOli:vU1tOYQOqJOlTO!!Ol dell'oQoç definitivo
(anche se la struttura
'ufficiali'
notai
così che a ciascuno
con note 153-154)
si esplicano,
e dei cinque
che i cinque
Indubbiamente
f;,(XAT]CJtaOTtXa (ossia in grafia più solenne:
degli atti completi
del Cosranrinopolitano
in ciò versato ed in grado di adattare
che aveva di fronte.
pra, pp. 250 con nota 48, 285-286
capacità
il compito
del genere,
dei vescovi
a quella degli esempi
in occasione
pp. 300-313.
eccessivamente
il suo nome è
il ruolo degli altri
296
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
o'rro
KRESTEN
già mostrato sotto il profilo paleografico per il P.Vindob. G 3, da un
membro di una delle due cancellerie centrali della capitale175. Peraltro,
è possibile che in questa concitata fase compresa tra le due ultime 1tQa<;Etç sia stato composto ed allestito - forse sotto la direzione del patriarca di Costantinopoli Giorgio - anche il Aoyoç 1tQocrcprovrrnxoç, di
cui molti Padri sinodali probabilmente non conoscevano in precedenza
il significato esatto nell'articolazione
del cerimoniale, in quanto esso
prevedeva necessariamente, come si è detto, la presenza dell'imperatore, al quale era direttamente rivolto (e del resto era lo stesso sovrano a
dover autorizzarne la pubblica lettura durante la seduta)'?",
Il> Cfr. supra, pp. 254-260,
nonché infra, pp. 339-34l. - Oltre ovviamente alla prova
paleografica, esiste un ulteriore indizio che il P.Vindob. G 3 non contenga esattamente le
sottoscrizioni originali dei vescovi, bensì una copia di esse (sia pure una copia imitativa allestita ufficialmente prima della conclusione del concilio); si tratta della U1toYQu<P~
trascritta in
Appendice come nr. 33 (vd. infra, p. 370 sego con nota k; Tavv. I e 1I), dove nell'indicazione
della provincia ecclesiastica di cui il prelato sottoscrirrore era il titolare (Cosma, metropolira
di Sin[n]ada: vd. supra, p. 266 con nota 92), ossia la Frigia Saluraria (Phrygia Sa/utaris), è saltata la specificazione <l>Quyoov
prima di WÀO(U)TUQf:CJlV
(Tt;ç<l>Quyoov
I:UÀO[U]TUQf:CJlV
E1tUQXlUç):
un'omissione, questa, che ben difficilmente potrebbe essere imputata al metropolita Cosma in
persona (cfr. ad es. nr. 32 e 39: Tiberio e Sisinnio, rispettivamente metropoliri di Laodicea e
di Ierapoli, Ti'jç<l>Quyiiiv
nUXUTtUVOOV
E1taQXlUç[supra, p. 266 con note 96-97; infra, pp. 370
e 372 con note h, s (Appendice)]), tanto più che nella traduzione latina (la quale sicuramente
fu eseguita sull'unico originale greco recante le firme autentiche dei vescovi in calce alla XVII
actio: vd. infra, p. 313 con note 223-224) si legge, in corrispondenza di questa stessa sottoscrizione nella XVII seduta, correttamente Phrigiae Sa/utariae prouinciae (RIEDINGER, Pràsenz- und
Subskriptions/isten, p. 25; RIEDINGER, AeD, S. II, II/2, p. 735, lin. 3). È, dunque, oltremodo
probabile che il notaio addetto alla riproduzione fedele delle formule di assenso all'oQoç della
XVII sessione, dovendo completare in poco tempo un faticoso lavoro di precisione, abbia per
svista tralasciato la prima parte del toponirno, in una sottoscrizione che, al pari delle tre precedenti (nr, 30-32: vd. Appendice infra, p. ;'70 con nota i), risulta racchiusa (quasi stipata) in
una sola riga del papiro di Vienna (cfr. anche RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten, p.
11).
176 L'ipotesi, qui espressa in modo cursorio, che il Aoyoç 1tQoa<pCJlVllTtx6ç,
effettivamente
mancante nella XVII actio e poi presentato e letto nel corso della XVIII sessione, sia stato formulato nell'entourage del patriarca Giorgio proprio tra Il e 16 settembre 681, si basa essenzialmente sull'argomento che esso non potesse essere stato preparate in anticipo prima della XVII
seduta, in quanto indirizzato al sovrano il quale doveva in quell'occasione rimanere assente, e
che alla sua stesura non avessero potuto partecipare i funzionari di Costantino IV, giacché non
si immagina facilmente un imperatore ascoltare un testo, in cui tutto il concilio lo acclamava
e lo esortava a sottoscrivere la definizione di fede, approntato dai suoi stessi collaboratori: non
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
297
Finalmente, con la ricomparsa di Costantino IV nella sala a cupola,
i116 settembre 681 si tiene la vera ultima seduta del concilio (la XVIII
nella redazione latina), questa volta secondo una scansione conforme
al protocollo: dopo quella data è impensabile qualsiasi copia imitativa
delle sottoscrizioni della XVII actio, resa ormai inattuale dalle circostanze. Alla conclusione dei lavori, forse per non turbare l'ordine degli
atti (considerata anche la tradizionale diffidenza degli emissari papali),
il testo integrale dei verbali delle assise e la successione dei réuo. restano inviolati, comprendendo anche la seduta interrotta. A tal proposito
possiamo aggiungere che dall'edizione degli atti del Costantinopolitano III pubblicata da Agatone, sicuramente in forma di codice, nel 713
si ricava anche il numero dei rotoli in. cui era suddiviso l'originale da
cui egli aveva tratto (senz' altro per via diretta) la sua copia, ossia I'esemplare del Parriarcato di Costantinopoli 177. La ripartizione seguente basata sulle legende poste nella tradizione manoscritta greca degli atti
(che dipende integralmente dall'apografo del XOQTOCPUÀOç) all'altezza
dei luoghi corrispondenti all'inizio di ciascun T6f.we; dell'originale _178
vale naturalmente per tutti gli esemplari allestiti durante il conciliol":
1) aaxQo di Costantino IV a papa Dono del 12 agosto 67818°, aaxQo
resta che pensare all'altro gruppo, pure informato del piano del sovrano, vale a dire i membri
della cerchia intorno al primate della Chiesa di Costantinopoli, i quali sicuramente erano in
grado di redigere uno scritto di tale tenore secondo tutti i dettami retorici e dottrinari.
177 Si veda il succinto riepilogo delle informazioni sui rotoli papiracei del VI concilio ecurnenico in RIEDINGER,ACO, S. II, II/2, p. XX (Ein/eitung) le ibid., pp. XXII-XXIII), nonché
RIEDINGER,Erzbiscbof Aro von Salzburg, p. 313 (= rist., p. 249) con nota 18; tuttavia, Riedinger ritiene erroneamente che la suddivisione in T61!01 riguardi lo stesso apografo approntato da
Agarone, che invece, come si dirà infra, p. 336 con note 282-283, era su codice (verisimilmente membranaceo). Sull'esemplare di Agatone e sul suo modello cfr. più avanti, pp. 335-339.
178 Va da sé che le scritte con l'indicazione del numero del rorolo nell'antigrafo
sono riconducibili ad Agatone stesso; tale numerazione dei ròuot manca nei manoscritti della traduzione
latina, approntata svariati anni prima rispetto all'esemplare di Agarone: cfr. infra, pp. 314318.
179
Sul numero complessivo degli esemplari usciti dai lavori del concilio torneremo qui
nella parte successiva.
180 DOLGER,Regesten, I, nr. 242; CPG,
IV, nc. 9416; CONTE, Chiesa e primato, p. 469, nr.
200. Poiché papa Dono era morto già I'll aprile 678, questo scritto (in cui l'imperatore esorta
all'accordo tra i Patriarcati ecumenici, senza che risulti chiaro se vi si ravvisasse la necessità di
un concilio) fu ricevuto da Agatone (27 giugno 678 - lO gennaio 681), successore di Dono sul
soglio pontificio. La (j(},{Qofu sicuramente copiata negli atri dal registro delle usci te della can-
298
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
dello stesso imperatore al patriarca di Costantinopoli Giorgio del lO
settembre 680181, sessioni I_IIII82; 2) sessione IV183; 3) sessioni V_IXI84;
4) sessione X185; 5) sessione Xp86; 6) sessioni XII_XIIII87; 7) sessioni
XIV-XVP88; 8) sessione conclusiva (la XVIII nella numerazione dei
testimoni della versione latina, la XVII secondo la tradizione greca
che deriva dal testo di Agaronel'"? - l'ultimo rotolo doveva, dunque,
celleria imperiale: su ciò ci permettiamo di rinviare ad un lavoro di O. KRESTEN, attualmente
in preparazione, dal titolo Die Protokolle, dispositiien Formeln rmd Eschatoeolie der in den Akten des
Constantinopolitanum III iiberlieferten Ureunden bYZtllltilwdJfr Kaiser.
IHI DOLGER,
Regesten, I, nr. 244; CPG, IV, nr. 9·119. Si tratta della vera e propria convocazione del concilio, indirizzata al prim are della sede di Cosrunr inopoli, quel Giorgio (salito sul
trono patriarcale appena dieci mesi prima dell'emanazione di questo documento) che abbiamo
visto già più volte protagonista delle assise (cfr. ad es. supra, l'l'. J.7'5-276 Icon note 121-126],
293 [nota 169]. 296 [con nota 176]). La oéxçc fu senza alcun dubbio trascritta negli atti
avendo come modello l'originale patriarcale di tale documento.
IH2 Nei testimoni greci degli atti del Cosranrinopoliruno
Ill, soltanto per questa sezione (sicuramente contenuta su un unico rotolo negli esemplari usciti dal concilio) manca (in testa alla
prima aaxQa) l'indicazione «Téuoç 7tQiiiTOç»,
giacché probabilmente Agatone avrà provveduto
ad introdurre nel suo codice una numerazione dei rotoli del suo modello soltanto con il procedere del lavoro di copia, ossia a partire dal secondo uolumen dell'originale da cui trascriveva.
RIEDINGER, ACD, s. II, II/l, p. 46, lin. 10 (al principio della actio, prima della numerazione ad essa relativa [nQiiçtç n:TuQTT]j):Téuo; òslm;Qoç.
IHl RIEDINGER,
ACO, S. 11,11/1, p. 160, lin. 8 (al principia della actio V, prima della numerazione ad essa relativa [nQiiçtç m';I!7tTll): TOI!OçTQhoç.
IHl RIEDINGER,
ACO, s. II, 11/1, p. 278, lin. 1 (al principia della actio, prima della numerazione ad essa relativa [nQiiçtç ÒSXUTll]):Tòuoç TÉTIlQTOç.
1"(, RIEDINGER,
ACD, s. II, 1111,p. 400, lin. l (al principia della actio, prima della numerazione ad essa relativa [nQiiçtç f:VÒSXUTll]):
rOl!oç 7tÉIl7tTOç.
IH7 RIEDINGER,
ACO, S. II, 11/2, p. 514, lin. 1 (al principia della actio XII, prima della
numerazione ad essa relativa [nQàçtç òroòsXaTT]j):Tòuoç 8XTOç.
IRH RIEDINGER,
ACO, s. II, 11/2, p. 628, lin. 1 (al principia della actio XIV, prima della
numerazione ad essa relativa [nQàçtç n:aaaQsaxatÒSXuTT]]): TOIlOçe~òolloç.
IH9 RIEDINGER,
ACO, s. 11,11/2, p. 752, lin. 1 (al principia della actio, prima della numerazione ad essa relativa [nQàçlç É7tTaXmÒSXuTT])):
Tòuoç oyòooç. Segnaliamo che della XVIII
sessione, come è talvolta attestato nella trasmissione del decreto finale di concili ecumenici
(cfr. ad es., per il Niceno II, DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, pp. 132-133 con nota
250), esiste anche una tradizione separata, rappresentata da due manoscritti registrati in modo
cursorio nel Conspectus siglorum di RIEDINGER, AeD, s. 11,1112,p. XXXIII (ibid., 11/1, p. XIII,
solo il Leid.), vale a dire il Laur. IX. 8 (che contiene l'oQOçe una delle repliche di Costantino IV
alla <iyta oùvoòo; nel brano conclusivo precedente il Aoyoç 7tQOOCPOlVT]TtXOç:
vd. supra, nota
165) e il Leid. Univ.-Bibl. BPG 60 A (recante solo il Aoyoç 7tQoacpOlVllTlXOç);
di essi il LaurenIXI
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
299
terminare con le sottoscrizioni in calce al A6yoç rrQoO'q>o>vr]"nxoçe con
la preghiera rivolta dai Padri sinodali all'imperatore di sottoscrivere
gli esemplari del decreto finale':". Come ben si intende, la situazione
quale si riflette nei manoscritti greci superstiti degli atti del Costantinopolitano III non tiene più conto della sessione interrotta, nella quale
fu presentato per la prima volta il decreto finale del concilio, ossia la
actio numerata come XVII nella tradizione derivante dall'originale della versione latina, l'unico teste che ce la tramanda, essendo tale primo
al secolo XII (vd. L. BURGMANN - M. TH. FOGEN - A. SCHMINCK
ziano, datato comunemente
- D. SIMON, Repertorium der Handschriften des byzantinischen Recbts, I. Die Handschriften des uelt-
lichen Rechts (Nr. 1-327 l, Frankfurt am Main, 1995 [Forschungen zur byzantinischen
Rechrs20], pp. 80-82 [ne. 61 j), costituisce il testimone più anrico fra quelli conosciuti e
adoperati nell'edizione
di Riedinger (il Leidense è invece assegnato al XIII-XIV secolo).
190 Cfr, supra,
nota 145. Contrariamente
a quanto sostiene RIEDINGER, ACO, s. II, II/2,
p. XXIII (Einleitung), agli atti veri e propri (ovvero ai rotoli contenenti
i verbali delle sedute)
non erano allegati i due documenti
finali emanati da Costantino
IV prima della partenza degli apocrisiarii pontifici (nella primavera del 682), vale a dire l'editro imperiale di conferma,
geschichte,
promulgato
dai Padri
liberati
subico dopo la conclusione
sinodali
dei lavori,
il quale era stato
nel Aoyoç 1tQOacpOlvrrnxoç in quanto
del concilio
(cfr. supra,
p. 290 con nota
richiesto
inteso a concedere
165; DÒU;ER,
espressamente
attuazione
ai de-
Regesten, I, nr. 245; CPC,
IV, ne. 9438), e la O!lxQu, destinata al sinodo romano (il successore di papa Agacone, morto
nel gennaio 681, non era ancora stato eletto), del 23 dicembre 681 (DOLGER, Regesten, I, nr.
248; CPC, IV, ne. 9440; CONTE, Chiesa e primato, p. 482, ne. 245). Entrambi gli atti furono
emanati
separatarnenre
Roma, distineo
diverse. versioni
attestate
e gli emissari
pontifici
ne ricevettero
dai TO~Ol Tiiiv 1tE1tQay~ÉvOlv; infatti,
(l'esistenza
di almeno
nelle due redazioni,
due originali
greca e latina,
TOUOiXOUVTOçè» TallTl,l Tij [... ) Pamì..ilh
l'editto
un esemplare,
da trasportare
a
IV fu composto in
dalle differenti inscriptiones
roiç TOU [ ... ]1taVTÒç À.aOU
di Costantino
è dimostrata
di tale documento:
1tOÀEl [con l'affissione
nel terzo narrece della chiesa
in occiduis partibus
II, 11/2, p. 832, linn. 1-2, 6-7, e p. 833, lin. 3» e fu sottoscritto a parte
dal sovrano (RIEDINGER, ACO, s. II, 1I/2, p. 856, lin. 5, e p. 857, lin. 5: Proponatur) [cfr. anche
infra, nota 203); parimenti,
anche la aaxQa contiene una tJ7toYQacp~ distinta (RIEDINGER,
ACO, S. II, 11/2, p. 866, lin. 9, e p. 867, lin. 8: Legilmusj) e dovette, dunque, essere emessa
come documento a sé stante. Per la stessa ragione nell 'ultimo volumen degli atti non era inserito
di Santa Sofia a Cosrantinopoli]
[RIEDINGER, ACO,
neanche
- Christo dilecto omni populo nostro habitanti
S.
lo scritto del sinodo a papa Agatone
notoriamente
già defunto
[ma il pontefice
(personaggio
seguente,
menzionato
Leone II, fu eletto
esplicitamente
anche se
il 17 agosto
682J), un
soltanto nella tradizione greca, risulta fornito di 56 tmoYQacpai di Padri
(CPC, IV, ne. 9437 [3]; CONTE, Chiesa e primato, pp. 480-481, nr. 242; manca in
GRUMEL [- DARROUZÈS), Regestes I cit. [nota 11], pur essendovi attestata in prima posizione
la sottoscrizione
del patriarca Giorgio: RIEDINGER, ACO, s. II, 1I/2, p. 890, lin. 30).
atto che, conservato
conciliari
300
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro
KRESTEN
OQoç completamente scomparso dall'apografo esemplato da Agatone
nel 713. Dunque, considerando che il verbale di questa seduta finale
'di prova' (come poi quello relativo alla vera ultima 1tQà~lç completa)
doveva pure occupare un rotolo a sé stante'?', possiamo affermare che i
T6!J.Dlnel complesso usciti dai lavori del concilio furono inizialmente
nove.
Ma in quanti esemplari fu redatto il testo integrale degli atti del
Costantinopolitano III? Innanzi tutto, occorre ribadire che, indipendentemente dalloro numero, si tratta comunque sotto il profilo diplornatistico di originali: ciò è confermato dalla presenza, in calee al decreto finale promulgato nell'ultima seduta, di sottoscrizioni autografe
sia del ~acnÀ£uç (nella consueta formula del Legimus et consensimus) sia
dei partecipanti (con la articolata adesione all'oQoç comprensiva della
menzione completa di nome e carica dei singoli prelati), sottoscrizioni
che sono ripetute in stesura autentica per tutti e sei i rotoli esemplati
per il verbale della sessione recante la professione di fede192; ciascuno
191 La definizione di fede era contenuta
su un uolumen separato, che doveva accogliere le
sottoscrizioni dei partecipanti: questo è sicuramente il caso della seduta XVIII (XVII nei manoscritti greci), il cui testo fu vergato sei volte separatarnente su alrrerranti TOllot(da inserirsi
nei sei originali usciti dai lavori: vd. qui subito più avanti) da Agatone; ed è agevole concludere per analogia che anche i sei esemplari del verbale della XVII sessione fossero conservaci
ciascuno in forma di rotolo distinto: cfr. supra, pp. 282-287 con note 145-158.
192 L'autenticità di tali U1toYQocpoi
è assicurata ad esempio dalle espressioni (o ÈxcprovT)8dç)
ÈVU1toYQo<pOç
oQOçovvero (0\ exoo8Év'tI::ç1:01çTtÈV1:1:
Tt01:QlOQXlx01ç
9Qovotç) ta01:UTtOlÈVU1t\}YQOCPot
OQOl(od anche TOUnùroii oQou 1:01l0t),quali sono presenti sia nell'"ETtlì,oyoç di Agarone sia nella parte finale della XVIII sessione, con l'invito rivolto al sovrano dai Padri sinodali a
sottoscrivere i sei rotoli e con la sua risposta recante I'assicurazione di voler dare séguito a tale
richiesta: cfr. supra, pp. 251 (nota 48),282 sego (nota 145),287 (con nora 158) [sul termine
iOOTU1tOsi tornerà qui brevemente nella nota successiva); sulle sottoscrizioni dei vescovi si
veda anche la notizia, relativa all'originale ricevuto dal patriarca di Costantinopoli, esibita
nella Epistola apologetica del patriarca di Costantinopoli Giovanni VI e riportata infra, nota
199. Che, come da noi postularo (vd. supra, pp. 294-296), i cinque rotoli, contenenti ciascuno
un esemplare del primo oQoçpronunciato nella XVII actio e rimasti non firmati, siano poi stati
per così dire completati (tra 11 e 16 settembre 681) con l'inserto di sottoscrizioni imitate da
parte di uno dei notai attivi durante il concilio non desta difficoltà dal punto di vista formale,
giacché si trattava di una seduta interrotta, comunque destinata ad essere sostituita dalla suecessiva, la quale al contrario doveva ricevere (ed alla fine ricevette) la ratifica ufficiale (ripetuta
per i sei esemplari originali) da parte di tutte le cornponenti del sinodo; l'integrazione delle
firme da parte del team di funzionari aveva solo lo scopo di uniformare l'intera opera.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
301
di questi sei documenti finali, validati in tal modo, è da considerarsi
alla stregua di un originale e certo non di una copia autentica o, meglio, di un duplicato di cancelleria, giacché in quest'ultima tipologia
non era richiesta la firma dell'autorità emittente, sostituita da persona
a ciò delegata':", A questo punto occorre domandarsi se sia possibile
dimostrare che ognuno di questi TOJlOtcon l'oQoç fosse inserito in un
esemplare completo degli atti. Per tre di questi esemplari si ha testimonianza sicura.
La prova dell'esistenza di un originale imperiale (da custodirsi nel
pocrtÀ.tXÒVnOÀ.anovI94) si ottiene facilmente dal passo dell'Erriàovoç
di Agatone nel quale questi dichiara in modo esplicito di essere stato a
suo tempo lo scriba di tale esemplare!": inoltre, mettendo a confronto
19\ Sul problema
cfr. anche OHME, Quinisextum, pp. 82-85 (riguardo ai rotoli del Trullano inviati al papa, per i quali vd. anche infra, pp. 310-312 con note 216-217), 353-356 (=
OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen Subsèription, pp. 160-161). Quanto alle questioni terminologiche (copia autentica - copia ufficiale - duplicato di cancelleria), ci permettiamo di rinviare
alla trattazione in G. DE GREGORIO, Una inedita fonte documentaria per la storia dei monastert
bizantini nel secolo XIII: il frammento originale della cancelleria patriarcaie di Costentinopoli Vat.
gr. 100 B, in Sylloge diplomatico-palaeographica II, hrsg. von CH. GASTGEBER - O. KRESTEN,
Wien (Veroffentlichungen
zur Byzanzforschung),
in corso di stampa. Che negli atti del VI
concilio ecumenico (più in particolare nello scritto del XaQTocpuÀ.açAgatone e nel finale della
XVIII 1tQiiçu;: vd. nota pree.) si indichino i cinque rotoli dell'oQoe;, destinari singolarmente a
ciascuna sede patriarcale, con il terrnine di iClOTU1tanon significa certo che si dovesse trattare
di copie, bensì, più semplicemente,
che tali TOIlOt risultavano perfettamente
identici nella formulazione a quello recitato pubblicamente
e sottoscritto per primo dal ~aCltÀ£uC;,vale a dire ò
i:xcpooVT]8eìC;
i:vu1t6YQmpoe;oQoe;. Osservazioni non del tutto appropriate su tale problema sono
reperibili in STOLTE, The Documents in the Case, pp. 406-410.
194 Sulle modalità
e sui tempi con cui tale esemplare confluì poi effettivamente nell'archivio
del palazzo imperiale si veda qui più avanti (pp. 322-330) l'esposizione sulla divina iussio di
Giustiniano II del 687.
195 Si tratta della seguente
frase, il cui contesto è riportato integralmente
supra, nota 48:
a1taVTac; of: Trov tv aUTfj 1tE1tQaYIlÉvoovTOÙC;TOIlOUC;
tv xa8aQiii Ot' i:xXÀ.T)CltaClTtXrovYQallllaTOOV
olxsiç sYQaljla XEtQi' o'i n VEC;xat èv Tiii~aCllÀ.txiii1taÀ.aTiq>CJ<PQaYtCl8ÉvTEC;
xaTT)ClcpaÀ.iCl8T)crav xuì U1tÉXElVTOoùv xni Tlii b<cpoovT)8É:vnÈVU1toYQucpq>
TTiC;1tlClTEOOC;
OQq>U1tÒTTiC;aÙTTic;
uyioe; cruvoOou (RIEDINGER, ACD, S. II, II/2, p. 898, linn. 14-17); più avanti, nello stesso
scritto di Agatone, si racconta della distruzione dei rotoli conservari nel palazzo imperiale ad
opera di Filippico Bardane: METà of: XQovov ~axuTaTov
[ossia immediatamente
dopo essere
salito sul trono imperiale ed aver resraurato l'eresia monotelitaJ £l)QT)XÒJç[scil. ò «l>tÀ.i1t1ttxoC;]
xuì TOÙC;EÌQT)IlÉ:VOUe;
xal è» Tlii ~oCltÀ.lxiii 1toÀ.aTiq>IÌ1tOXE1!lÉVOUC;
iOlOXdQOuç !lOU T6!lOUC;
TroV1tE1tQOy!lÉvrovTTie;aUTTie;uyiae; xoì OiXOU!lEVlxTie;EXTT)e;ouvòòoo, TOUTOUe;i:x~aMòv xoì.
302
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
I'opuscolo del XUQTOCPUÀUç
con il finale della XVIII sessione ricaviamo che tra questi TOIlOt nov 1t€1tQUYIlÉVIDV
assegnati al ~ucrtÀ€Uç era
compreso il rotolo con la definizione di fede sottoscritto per primo da
Costantino IV, lo stesso da cui in quell' occasione (il 16 settembre 681,
data della reale ultima seduta del concilio) era stato letto dinanzi al
sinodo il medesimo testo dell'oçoç'". Quanto all'originale patriarcale
degli interi atti, la notizia della sua attestazione è contenuta in un'unica fonte, anch'essa interna alla tradizione degli atti del Costantinopolitano III, vale a dire la 'EmcrToÀ~ à1toÀoYl'JTtX~ inviata (nel 713) dal
patriarca di Costantinopoli
Giovanni VI (711-715) a papa Costantino Il 97; in tale scritto, inserito in fondo alla redazione del testo degli
atti allestita da Agatone, si narra che, durante il regime di terrore instaurato da Filippico Bardane (711-713), il tiranno con la distruzione
dell' esemplare del Palazzo riteneva di «aver fatto sparire la verità» 198;
e Giovanni lo lascia cullarsi in tale convinzione ben sapendo che nel
Patriarcato si preservava con cura un altro originale dei 1t€1tQUYIlÉvu
comprensivo del rotolo dell'òço; munito delle sottoscrizioni autentiche dei vescovi e di quella dell'imperatore'?",
Infine, per l'originale papale licenziato dal concilio possediamo in primo luogo la testimonian-
OT]~oOl£UClaç [ossia «profanare»,
«rompere il sigillo»] brì Cl£XQÉTOU1tuQì 1taQaoÉorox£ xcì
1Ìq>avICl£ (RIEDINGER, ACD, s. II, 1I/2, p. 899, linn. 25-28; sul passo si tornerà più oltre,
pp. 331-332); si veda anche qui subito più avanti (nota 198) la notizia desunta dall'Epistola
apologetica di Giovanni VI.
196 Cfr. supra, note 48, 145.
Iy7 Cfr. supra,
nota 144.
IYH RIEDINGER,
ACD, s. II, 1I/2, p. 905, linn. 18-20: [... ] (6 TUQOVVOç)xOToxaùClol
T£TOÀ.~T]X£TOÙç TO~OUçnov 1t£1tQoy~Évrov TTjç ÒlOVO~OCl9dClT]çuytaç EXTT]çClUVOÒOU
TOÙç èv
Tiii 1taÀ.aTiqJ à1tOX£I~ÉVOUç, oiéusvoç xaTa y£ TÒ allTiii Soxoòv, Cluv£l;aq>aviç£l v TOUTOlç TTjç
uÀ.T]9£iaç TÒVÀ.6yov [per quest'ultima
espressione cfr. ad es. 2 Cor. 6, 7; Eph. 1,13]; si veda
anche il passo dell'opuscolo di Agatone, supra, nota 195.
IYY RIEDINGER,
AeD, s. II, I1/2, p. 905, linn. 20-25: TJ~élç SÈ TOÙTOVÈaClaVT£ç Ti;]I'muToù
èVa1taTiiCl9m oi T)Cl£1xoì ooç ènì ~yaÀ.qJ TIvi xaToQ9ol~aTl TD oixeio CluyxauxiiCl9al oiClxuv1],
Èm~£À.roç 1toQ£q>uÀ.aça~£v TOÙç 1taQ' TJ~ìv imox£I~ÉVOUç TroV 1t£1tQawÉvrov TO~OUç TTjç
lhovo~aCl9dClT]ç àyiaç EXTT]çClUVOOOU,èv Otç xai ui TroVClUV£À.eOVTOlV
ÈmClX01tOlVU1taVTOlV
è» TD TOWUTlJ uyi<;l ClUVOÒqJ
u1toYQaq>aì ~£Tà Ti'jç paClIÀ.lxTjç U1tOCJT1~£lol(j£l!lçè» Tiii 1toQ' OÙTTjç
ÈXT£9ÉVTI oQqJ è!1q>ÉQovTal. Naturalmente
quest'ultimo
rotolo con il decreto finale ratificato
in ultima istanza nella XVIII seduta faceva parte dei cinque iClOTU1tOIÈvu1t0YQaq>ol TOÙoQOu
TO~Ol sottoscritti dal sovrano e desrinari ai cinque Patriarcati (vd. supra, nore 48,145).
IL PAPIRO CONCILIARE
303
P.VINDOB. G 3
za della traduzione latina composta a Roma tra il682 ed il 701, che di
certo si basa su un esemplare completo del testo greco degli atti inviato
al pontefice per il tramite dei suoi legati, COme del resto ci conferma lo
stesso Liber pontificalis="; oltre a ciò, si riscontrano richiami più o meno
espliciti a tale originale destinato al seggio di s. Pietro anche in alcuni
opuscoli pertinenri al Costantinopolitano
III, vale a dire nella lettera
del concilio a papa Agatone (composta subito dopo la conclusione dei
lavorir'?', nello scritto di papa Leone II a Costantino IV del 7 maggio
Sulla versione
200
cia a partire
latina
dall'arrivo
degli atti, il cui originale
fu approntato
nella cancelleria
(nel 682) fino ai tempi
dei rotoli da Costantinopoli
pontifi-
di papa Sergio I
687 - settembre
701), cfr. qui più oltre, pp. 314-321. Nel Liber ponlijù:a{iJ si dice
della sua elezione (17 agosto 682), a prendere in consegna l'esemplare greco fatto pervenire a Roma: Hie [Leone II] suscepit sanctam sextam synodum. qui per Dei
providentiam nllper in regia urbe celebrata est, greca eloquio conscripta, exequente ae residente piissimo el
clementissimo magno principe Constantino, intro regale palatio eius qui «ppeùarur Trtdlus, simulque cum
eo legati sedis apostolicae et duo patriarcbae, id est Constantinopolitanus et Antiocenlls, atque CL episcopi
(dicembre
che fu papa Leone II, all'atto
[è un
numero
approssimativo,
liste di presenza
ma sostanzialmente
e di sottoscrizione
delle ultime
corretto,
indicante
i vescovi attestati
nelle
sedute e del Aoyoç 7tQOOq>IOVTJTIXOç:
cfr. supra,
P: 278 con nota 1281 [".J [segue il passo, sempre al principio della Vita di Leone II, in parte
supra, nota 115, cui si rimanda per ulteriori dettagli] quam et studiosissime in latino
trans/atavit (DUCHESNE, ed. cit. supra [nota 115], I, p. 359, linn. 6-9, 13). Un ulteriore cenno
già riportato
alla traduzione
latina
degli atti da poco giunti
(fine 682) di Leone II rispettivamente
epistole
cui si annuncia
l'invio
nella penisola
III per il tramite
Costantinopolitano
a Roma da Costantinopoli
ai presuli
ispanici
iberica di una porzione,
già volta in latino,
di Petrus notarius regionarius (maggiori
pp. 314-316 con note 227 -230; si tratta comunque
delle lettere
riportate
Romanorllm ab condita Ecclesia ad annum post Cbristum natum MCXCVIII,
nem secundam
correctam
et aucrarn
EWALD, I. A s. Petro ad a. MCXLIII,
si trova nelle due
ed al re visigotico
Ervige,
in
del testo del
informazioni
infra,
in Regesta pontificllm
ed. PH. JAFFÉ. Edirio-
[ ... ] curr. S. LOEWENFELD - F. KALTENBRUNNER - P.
Lipsiae,
1885 (rist. anasr. Graz, 1956), ne. 2119-2120; vd.
anche CONTE, Chiesa e primato, p. 484, nr. 250-251; presso G. MARTfNEZ DfEZ - F. RODRfGUEZ, La colecciàn canonica hispana, III. Concilios griegos y africanos,
Sacra. Serie canonica,
approntati
da Leone II per la missione
_ Ovviamente
1982 (Monumenta
l'ed. di questi
in Spagna (e poi ripresi dal suo successore
anche tra i TOJ,lOlTrov 7tE7tQUYI1ÉVIOV
riservati
uno dei cinque
Madrid,
III), pp. 181-205, è disponibile
Hispaniae
iOOTU1tOI ÈVU1t0YQUq>OI01201 allestiti
alla sede di Roma
per i cinque
Patriarcati
e di altri testi
Benedetto
II).
era contenuto
ecumenici:
vd.
nota pree.
201
RIEDINGER, ACO,
S.
II, 11/2, p. 889, linn.
16-18: [... ] be TroV ~OTJXEXIVTJJ,lf;VIOV
ÈqJ
I':XUOTq>Trov 1taQTJxOA.ou9TjxoTlOvxai ÈYYQUq>lOç
U7tOllvTJllano9ÉvTOlv TroVxai
TOç Tij uJ,lrov€:OTUÀ.J,lÉVIOV
J,lUXUQIOTTJTlyvrovm T~V OUVaJ,llv [ ...
che non ricevette
una traduzione
latina,
cfr. supra, nota 190.
1;
su questa
èrrì
epistola
TOÒ
7taQov-
sinodale,
304
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
683 (in cui si dà conferma della ricezione degli atti)202 e nella risposta
dell'imperatore allo stesso pontefice romano contenuta
13 dicembre 683203.
nella O"axQo del
202 RIEDINGER, ACO, S. Il, W2, p. 866, linn. 12-15 (inscriptio presente solo nel testo greco e
inserita dal XaQTocpuÀaE,Agatone come aggiunra redazionale): 'AvTiYQacpoç IÌvacpoQà crTaÀ£ì·
oc 1taQà Ai:OVTOçroii aylOJT!lTOUxaì lIaxaQIOJT!l-rOUrrnrru -rijç rrQEcr~u-ri:Qaç 'POOIIT]çrrQÒç
Keivcruvrivov TÒVEùm;~i:crTaTOV xaì cplÀ.OXQlcrTOV
pacrtÀÉa f:1tlxuQoucra xoì arrooExollÉVT]
Tà EV-rfj ayi~ xat oixoopsvrxf Ex-r!] cruvOò<r7Teax~tvra n: xaì Oel(Y~É:vra [il corsivo è nostro].
RIEDINGER, ACO, S. II, W2, p. H70, linn. 3,6-12; p. 871, linn. 3, 5-10: "Erret ru xoì roè;
ÀTlyaTaQiouç TOI)TOUTOÒ IÌrrocrToÀIxoii 9Qovou 1 ... 1 IIETà Trov crùv oùroìç àrroOT]IIT]cr!IVTCllV
rrQocroorrOJvTroVxuì 1taQà TOÒrrQoTl)'T]cral-u:vouTJllàç Tijç IÌrrocr-roÀlxijç IIV~IITJç'Ayallrovoç roii
rrarra xa-rà TTjVòyOOT]VÈ:mvÉ:lIl1crtvCVEXI:VTOÒTijç rrio rcox; rrQawaToç xaTà xÉ:À£ucnv -rijç
ullrov EucrEpdaç uùròfìt cr-raÀÉ:VTOJV
01à Tfiç Evayxoç 01EÀ90ucrT]çoExa-rT]ç èrn VEil~crEroç -rcji
'IouÀt<r IIT]Vtuetà tJ£iwv xF.(!azmv rijç Vllmv f(!IÀa~(!(JJTriaç a)1a xai crvvoOzxoìç V7rO)1vT,pacrl liETa
lI€yaÀT]ç xnì EUcpQOcrUVTJç
àrtì TcjixUQ1<ràyaÀ.À.looIiEVOI
[per quest'ultima
espressione cfr. Le.
l, 47] Eòd~allElla [il corsivo è nostro] - Denique legatos btaus apostolicae sedis [... ] una cum
personis, quae cum eis profectae fuerant, quae a deeessore meo apostolieae memoriae Agathone papa
per oetavam indietionem pro causa fidei vestra pietate iubente il/ue direeti fuerant per nuper e/apsam
decimam indictionem mense Iu/io cum divalibus clementiae vestrae apicibus et synodalibus gestis cum
magno iocunditatis gaudio in domino exultantes suseepimus Ila sottolineatura è nostra]. RIEDINGER,
ACD, s. II, 11/2, p. 870, linn. 26-28; pp. 871, lin. 21 - 873, lin. l: TOlyaQoùv nòv avvoOtxaìv
(rò) uq>oç àvaoQallovTeç xaì È:mllI:Àiiiç rrEQIEQyacraliEVot xaì iixacrra raìv V7r0IlVT/J.1arwv
à1tatT~cravTl:ç Ta aUTa, arrEQ xaì 01 TOÒarrocrToÀIXOÙIlQovou À.l1yaTaQIOIi;E,T]~crav-ro roiç
crV)1f(!wvoùazv É:YYeaq>OzçEUeoIiEVcrulI~ivEIV [i corsivi sono nostri]-lgitur
gestorum synodalium
seriem recurrentes curiosaque diligentia singula (Juaeq_uegesta sunt flagitantes eadem quae apostolicae
sediJ legati narraverant scrip/is eonsonantibus convenire repperimus [le sottolineature
sono nostre],
Questo scritto di papa Leone II è riportato in JAFFÉ - LOEWENFELD - KALTENBRUNNER EWALD, Regesta pontijicum Romanorum I cit. (nota 200), nt. 2118, nonché in CONTE, Chiesa e
primato, pp. 483-484, nt. 249, e in CPG, IV, nr. 9441; la cronologia al settembre-dicembre
682 espressa in tali pubblicazioni (e purtroppo ripresa anche da RIEDINGER, ACO, s. II, 11/2,
p. XXIII [Einleitungj) è frutto di una errata ricostruzione basantesi sull'edizione di riferimento
prima di Riedinger, ossia MANSI, Cofleetio XI cit. (nota 11), col. 735 C 13-14, che reca una
formula di datatio corrotta (Data Nonis Maii, indietione decima; a margine della colonna di testo
in Mansi si trova un'annotazione
tratta da Hardouin [yd. supra, nota 9] che recita: «Anno
682, cum Leo non dum esset Papa. Hard. »; di qui, dunque, la congettura secondo cui lo scritto
andrebbe assegnato alla seconda metà del 682, ovvero al periodo immediatamente
successivo
all'elezione di Leone II, avvenuta il 17 agosto 682); il testo esatto è, invece, restituito dai
codici latini poziori: cfr. RIEDINGER, ACO, s. II, W2, p. 885, lin. 17 (Data Nonis Maias
indictione .XI. 1= 7 maggio 683]). Da tale indicazione è possibile ora inferire anche la data della
risposta del sovrano all'epistola papale (vd. nota seg.).
203 RIEDINGER,
ACO, S. II, W2, p. 896, linn. 21-23, 27-34: xaì -ri J.ITlXUVOI!EV
-rTjv
rr6Qì TOUTOUÈ:ç~YTlmv, rrEQì rov otTlyEìTat À£rr-roIlEQi:cr-rEQOVraìv 7TstreaY)JÉ:vwv rj ovvaJ.llç,
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
305
Resterebbero, dunque, fuori i Patriarcati di Alessandria, Antiochia
e Gerusalemme, per i quali l'unica affermazione nelle fonti riguarda
il rotolo dell'Sçoç, promulgato in ultima istanza nella XVIII sessione
(secondo la numerazione latina), di cui tali sedi ricevettero ognuna un
esemplare validato con le firme dei partecipanti e dell'imperarore+".
Ma è possibile - ci chiediamo - che giusto i Patriarcati orientali (tra i
quali figurava Antiochia, capofila, all'atto della convocazione del concilio, del movimento monotelita) venissero privati ciascuno dell'originale completo degli atti, quando invece all'imperatore, al papa di Roma
ed al primate della Chiesa di Costantinopoli furono sicuramente consegnati tutti i TOIlOlusciti dalle assise? In primo luogo si può ricordare
che la cattedra di Antiochia era rappresentata al concilio direttamente
dal titolare (Macario, poi Teofane), mentre per ciascuno dei due rtnTQtaQXlxoì 8Q6vOl di Alessandria e Gerusalemme è attestaro un Tono-
Uf.llv nov XI Vl)O£vrwv ci1ravrwv rT,V €18'1alv àV1XV£U£T£;[,,·1 it àYla T£ xni
oixouJ.1svtxit cruvoooç TÒVaÙTÒVq>Qsvo!3À.a!3ii
MaxaQtov oùv roì ; aùT!ii cruvatQÉTatç TOUJ.1Èv
tSQanxou ax1lJ.1aTOçam:YÙJ.1VIOO£,
xoi Vl}oi: 1t(IvrEç 01' iyy(lacpou 8sJ)O'1;wçrnv J).uETÉ(lavya.ilJ)VI)v
iX£T€UaaV rrQòç nìv vw:ri(lav
TOvrouç rraQarr£f.l1/Ja1 uaxaçurmta. TOUTOoit xuì 1t£1tQuxaJ.1£vxni
rr(!Òç uJ.lIiç éxeivov; £:OTa.ilxaf.l€V rff uf.lGTiQf1 rrarQlxff xçioei rò rràv rr€Qì aunov éxitçésovreç
edov oi: xcì m;!3aaJ.1tOVoQov it àyia oùvoòoç èçEq>olvTjasv, cìì xai auvu1t£YQuljlaJ.1EVxcì Ot'
EOO£j3IDV
l)J.1IDV
ì.1ìi.xT(J}V
TOUTOVÈ:1t£XUQolallJ.1E:V
[ulteriore prova che l'editto imperiale fu redatto
separatamente rispetto all'ultimo rorolo contenente la professione di fede: supra, nota 190]
rrQoTQÉljlavTEç arrovTa TÒV cptWXQtaTOv TUHiivÀaòv Ti;j tv lluToìç èYYEYQOJ.lJ.lt:Vl]
rrtcrTE:t
aUVÉrrEaeat xoì J.1Tjoi:vTÒ 1taQurrav ÈcpeuQlcrxetvlli.QmtouQYTjJ.la [i corsivi sono nostri]. Tale
auxQo di Costantino IV, trasmessa solo in greco, è chiaramente da inrendersi come replica alla
lettera di papa Leone II, la cui datazione è ora fissata in via definitiva al 7 maggio 683 (vd. nota
prec.); dunque, l'indicazione cronologica presente nell'atto del sovrano, subito dopo Yinscriptio,
nella formula di rilascio ('AneÀ.ueTj J.1TjVl
~exe(J.l)!3Qif!lTQiTl] xaloexuTl] ivotxniiivoç oexOTTjç:
RIEDINGER, ACO, S. II, II12, p. 894, lin. 28) va necessariamente corretta in lVOtXnrovoç
(oro)oexaTTjç, essendo il documento imperiale indiscuribilrnenre da datarsi al 13 dicembre
successivo al 7 maggio 683, ossia al 13 dicembre 683 (si può così rettificare DOLGER, Regesten,
I, nr. 247, e RIEDINGER, ACD, S. II, I112, p. XXIII [Einleitung]; l'atto è registrato anche in
CPG, IV, nr. 9439, ed in CONTE, Chiesa eprimato, pp. 481-482, nr. 244); a tale interpretazione
naturalmente non osta la circostanza che papa Leone II era già morto il 3 luglio 683, giacché
la notizia con ogni probabilità non era ancora giunta, nel dicembre 683, a Costanrinopoli (il
successore al soglio pontificio, Benedetto II, fu consacrato solamente nel giugno 684): yd.
anche il caso della cruxQa a papa Dono, supra, p. 297 con nota 180.
204 Cfr. supra, note 48, 145; si veda anche la notizia, relativa alla Chiesa di Gerusalemme,
01' WV OTaÀivrwv
riportata
infra, nora 210.
306
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
.11Ql1.~ç, rispettivamente Pietro e Teodoro, di cui il primo convenuto
in prima persona a Costantinopoli, il secondo a sua volta sostituito da
un ànoxQl<JtuQwç (il presbitero e monaco Giorgioj''": ad ogni modo
si trattava in tutti e tre i casi di una delegazione di rango adeguato
all'importanza delle assise, o, comunque la migliore possibile in quel
momento P''. Già solo in base a questa osservazione non si comprenderebbe facilmente per quale motivo questi dignitari ecclesiastici doves-
Per seguire
20'
la situazione
quale
basta scorrere le liste di presenza
finali (la XVII e la XVIII,
è documentata
in ciascuna
aggiungendo
negli
atti del Costantinopolitano
III
in calce alle due actiones
seduta e le sottoscrizioni
il A6yoç rrQOcrcp<ùvTJTlx6ç)con l'ausilio
di RIEDINGER,
Pràsenz- und Subskriptionslisten.
"o{, Cfr. RIEDINGER, Pràsenz- und Subseriptionslisten, ad es. pp. 6-7. Come si desume anche
da V. GRUMEL, Traité d'études byzantines, publié par P. LEMERLE, 1. La chronologie, Paris, 1958,
pp. 443, 451, le Chiese di Alessandria
(in questo caso si parla naturalmente
e non di quella copta) e di Gerusalemme
araba,
di un vero e proprio
bensì soltanto
non disponevano
titolare,
che doveva
di un vicario (appunto,
a quell'epoca,
ricevere
l'approvazione
il TorroTTJQTJTT]ç,Pietro
[PmhZ, IV, nr. 7316]),
che svolgeva
di patriarca
in attesa che le autorità
arabe consentissero
le comunicazioni
(ciò dovette
verisimilmente
menzionato
come
Teodoro
III, nr. 5948).
avvenire
patriarca
Durante
dall'<ÌrroxQtcru:lQtOç
ad es., dopo il VI concilio
titolare
di Alessandria
il Costantinopolitano
Giorgio,
il quale,
a quanto
durante
la XVIII actio del concilio
giacché
in nessuna
Riedinger
delle
liste
negli atri in tutte le liste di presenza
fino alla XVIII
inclusa
17-18],
sessione
e la dizione
di
[stilare dai notai verbalizzanti!]
l!I trasmessa
1tQiiçtç, al A6yoç rrQocrcproVTJTtx6çnonché
all 'Epistola
già a partire
linn.
linn, 2-4], non esiste, come ben si intende,
probabilmente
nota 145, questo
dovuta
Giorgio
nel senso più stretto
7-8; 778,
linn.
alcuna differenza
ad Agatone,
sarebbe
notizia che sembra confermata
unici patriarchi
S.
II, II/2, p. 754,
TOrrOTTJQ'lTOÙTOÙ àrrocrToÀlXOÙ 9Q6vou T;;ç [... ] rr6À1:roç
in tutte le liste di sottoscrizione
[RIEDINGER, ACO, s. II, IIf2, pp. 729,
Antiochia,
Santa,
nell'edizione
del TOrrOTTJQTJTT]ç
Teodoro (tra
dalla XVII actio
dello stesso Giorgio!]
redazionale,
a lui
fl:ffiQytoç [ ... ] ÈrrÉxOlv TOVrorrov [lar.: locum gerens] E>CoòffiQouTOÙ
geOcptÀl:crTaTOU rrQl:crJ3uTÉQOUxaì
supra,
della Città
riportate
cfr. RIEDINGER, ACO,
[per quest'ultima
')I:QocroÀU!lrovùrrÈYQaljJa, attestata
alla XVIII
nel lemma
improvvisamente
fl:OlQyiou [ ... ] <ÌrroxQlcrtaQlou 0£OOÙlQOUTOÙ òororrriron TOrrOTTJQTJTOihoù9Q6vou
'!eQocroÀU!lrov, impiegata
linn.
indicato
e di sottoscrizione
vd. PmbZ,
era rappresentata
non divenne
egli figura in altro modo se non come 'luogotenente'
l' espressione
nel caso di Pietro,
[6911692]:
egli stesso TOrrOTTJQTJT~çdella Chiesa
di presenza
le funzioni
con Costantinopoli
III la sede gerosolimitana
conrrariarnenre
[PmbZ, III, nr,
comunque
ecumenico,
nel Quinisesto
in PmhZ, I, nr, 1990 (vd. anche PmhZ, IV, nr. 7316),
dedicato
da Costantinopoli,
per Alessandria
per Gerusalemme
5948],
di quella melkita
a causa dell'invasione
[che sono ovviamente
solo in latino
del concilio
14-16;
822,
sostanziale);
a papa Agatone
linn.
secondo
negli atti del Cosrantinopolitano
in séguito
addirittura
opera
e poi in calce
19-21;
891,
l'aggiunta
III, di cui
asceso al seggio patriarcale
di
da altre fonti (vd. ancora Pml/Z, I, nr, 1990). Che gli
della parola,
presenti
durante
il VI concilio
ecumenico,
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
307
sera essere esclusi dalla assegnazione di un esemplare ufficiale degli atti
comprensivo di tutte le sedute. A ciò si aggiunga che proprio per la
cattedra antiochena il Costantinopolitano III costituisce la fonte principale della deposizione del patriarca Macario e della sua sostituzione
con Teofane207: che la Chiesa della 8EolmoÀtç dovesse accogliere anche
per questa ragione, oltre che per normale rispetto dell'ecumenismo, il
documento che consentiva di seguire le sorti del proprio titolare (con
la condanna del vescovo eretico e l'elezione di un pastore finalmente
fedele all'ortodossia) appare piuttosto evidente. Ma il vero argomento
in tal senso si fonda sull'osservazione che in tutte le notizie ricavabili
dagli opuscoli che accompagnano il testo degli atti del VI concilio
ecumenico l'oQoç risulta sempre strettamente connesso con il resto dei
verbali delle sedute quasi come una unità inscindibile, tanto che ritroviamo espressioni quali ròuoi Trov1tE1tQay~évrovoùv Te? 8VU1toYQaq><?
-rfiç1tta-rEroçoQq>oppure -rà 8V-rij aYt~ xaì oixoouevtxf eXT,:"! auv6oq>
1tQax8ÉVTUTE xuì. OQta8ÉVTU,e così via20H: non si vede veramente la
ragione di una esclusione dei 'Patriarcati minori', per i quali i notai sin
dall'inizio avrebbero consapevolmente evitato di approntare un verbale, per poi ricordarsene all'improvviso all'atto della stesura del decreto
finale. E il fatto che per i tre esemplari completi dei Patriarcati orientali non sia attualmente attestata una discendenza non costituisce un
problema giacché, proprio a causa delle condizioni materiali precarie
in cui versavano tali regioni (per lo più in mano araba), non ci si poteva
attendere, così come del resto per molte altre opere (se non in rari casi e
grazie a scoperte fortunate), una tradizione manoscritta che giungesse
fino a noi209: al contrario, proprio la mancata sopravvivenza, per ragioni
fossero quello di Costantinopoli e quello di Antiochia si desume anche dal passo del Liber
pontificalil romano riportato supra, nota 200.
207 Si tratta degli avvenimenti narrati nelle actiones dalla VIII alla XII: cfr. supra, pp. 272
sego (nora 115),274 (nota 118),275 (can nota 120),276 sego (nota 127),283 (nota 147),
nonché il riassunto del contenuto degli atti in RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, pp. XII-XV (Einleiteng); su Teofane, il quale si era recato al concilio come semplice presbirero ed egumeno del
monastero siciliano di S. Pietro nov BalOW(ad Baias, Siracusa) vd. PmbZ, IV, nr. 8082.
208 Si vedano i passi riportati più indietro, pp. 250 (nota 48), 304-305 (note 202-203).
20') Non va dimenticato
a tale proposito che la stessa trasmissione degli atti in greco del
Costantinopolitano III è dovuta interamente ed esclusivamente all'intervento, per così dire,
provvidenziale del XaQTocpuÀaçAgarone: oltre al ramo greco, univocamente da ricondursi
308
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
arra
KRESTEN
oggettive, di testimoni di una recensione 'orientale' dei nostri atti ci ha
impedito di acquisire informazioni dettagliate sugli originali inviati a
ciascuna di tali sedi?". Tuttavia, si può rilevare a tal proposito che il
patriarca melkita Eutichio di Alessandria (877-940), nei suoi Annates scritti in arabo"!', mostra una conoscenza precisa sia della mix.Qa
all'esemplare costantinopolitano salvato dopo la tirannide di Filippico Bardane, e alla tradizione discendente dall'originale della versione latina, non disponiamo di altre testimonianze.
210 In fin dei conti le notizie relative ai due esemplari consegnati
rispettivamente all'imperatore ed al patriarca di Costantinopoli derivano da fonti costantinopolirane, mentre di
provenienza occidentale risulta buona parre delle resrimonianze per i uolumina spediti al papa,
il quale - è opportuno sorrol inearlo - rappresentava pur sempre il principale interlocutore
sia per il sovrano sia per il primate della Chiesa di Costantinopoli. - Segnaliamo qui ancora
che nella Vita di Andrea di Creta (il grande innovatore del genere innografico bizantino, su
cui cfr. anche infra, nota 287), composta dal mrrçixioç e XOW101"0lQ
Niceta (BHG, nr. 113;
ed. in A. PAPADOPULOS-KERAMEUS
[Ourtul)(mouwç-KEQU!!EUç], AvaÀ.sxTU 1seoaoÀ.ulilTlxijç
araxvoÀ.oyiaç, V, Év OETQOU1tOÀ£l,
1898, pp. 169-179 [nc. IX]), si narra un episodio interessante ai nostri fini (vd. precis. PAPADOPULOS-KERAMEUS,
pp. 172, lin. 22 - 173, lin. 24
leap. 4]; sunto delle informazioni in PmbZ, I, nr. 362 [s. v. «Andreas von Kreta»]; cfr. anche
PmbZ, Proleg., pp. 56-57). Allorché un sinodo locale gerosolimitano si riunì per valutare 1"à
fkomo9É:VTa TTjçayiue; xcì ObWU!!£VlXTjç
EXTT)çouvééou (ossia la professione di fede, spedita
È:YYQacproç,
alla fine del VI concilio ecumenico, dall'imperatore Costantino IV), fu stabilito
di inviare nella capitale dell'Impero bizantino una piccola delegazione, di cui faceva parte lo
stesso Andrea (a quell'epoca giovane monaco e prete attivo come V01"UQlOç
della Chiesa della
Città Santa nonché consigliere molto ascoltato del 1"OrtOTl]Ql]T~ç
Teodoro (su cui vd. supra,
nota 206]), al fine di consegnare al sovrano il parere, altamente positivo e di totale ed incondizionato accoglimento, espresso su tali deliberazioni sinodali dal Patriarcato di Gerusalemme
così come la o!!oÀ.OyiurtlO1"Eroç
di tale sede nel soleo della dottrina diorelira ormai universalmente accettata; ed Andrea giunse a Cosrantinopoli (dove era destinato a restare per molti anni
ancora) proprio nel momento di passaggio del (fono da Costantino IV, morto nel settembre
(opp. luglio: vd. infra, nota 263) dell'a. 68'5, al figlio Giustiniano II, il quale ultimo ricevette
i documenti recatigli dal futuro rnerropolira di Creta a nome della Chiesa di Gerusalemme.
Abbiamo, dunque, una testimonianza - certamente vivace e fresca nel dipanarsi del racconto
agiografico, anche se purtroppo non immediata e diretta - circa la trasmissione degli atti nelle
varie sedi così come sul dibattito da essi suscitato e sulla loro diffusione anche in regioni Sottoposte ormai al giogo straniero.
211 Si ricordi che proprio dall' opera di Eutichio scaturì l'interesse dell'orienralisra
John Seiden per il Cosrantinopolirano III: cfr. supra, pp. 234-236 con note 2-7. Eutichio, titolare dal
933, si colloca nella linea di successione dei patriarchi 'ortodossi' di Alessandria (contrapposti
a quelli copti monofisiri); come si è già accennato qui poco più indietro a nota 206, tale Chiesa
era rappresentata al VI concilio ecumenico da un 1"OrtOTl]Ql]T~ç.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
309
212)
di Costantino IV a papa Dono (documento posto in testa agli atti
sia della tematica conciliare incentrata sulla volontà e sull'energia in
Cristo, comprendendo anche un resoconto molto circostanziato della
condanna (registrata in più punti dei verbali+') inflitta durante il VI
concilio ecumenico ai sostenitori (menzionati nominatamente anche da
Eutichio) della dottrina monotelita e rnonoenergira'!':
citazioni, queste, che molto difficilmente potevano derivare da altra fonte che non
fosse il testo, evidentemente ancora accessibile a quell'epoca nella sede
di Alessandria, trasmesso recta via dai nostri ròuot 'trov 1tg1tQay~ÉvO)v
(Eutichio indica persino un numero di partecipanti all'assemblea convocata da Costantino IV, ossia 168, che - casualmente o no - corrisponde al totale dei sottoscrittori in calee alla XVII actio215).
Cfr. supra, p. 297 sego con nota 180.
Vd. più indietro, pp. 273-279,289,292.
214 Una esposizione molto analitica sulle informazioni presenti in questa imporrante
opera
della storiografia in arabo si trova presso A.D. BEIHAMMER,Nachrichten zum byzantiniscben
Urkundenwesen in arabischen Que/len (585-811), Bonn, 2000 (flOLXtAOBuçavTtva, 17), precis.
pp. 332-334 (or. 285: sulla menzione della craxQa imperiale a Dono; Eutichio riporta [come
unica attestazione orientale per tale lettera] non solo il contenuto dell'ano, sia pure in maniera
succinta, bensì anche la notizia che fu il successore di Dono, ossia papa Agatone, a prendere
in consegna lo scritto di Costantino IV: si tratta di un indizio molto forte che il patriarca
alessandrino avesse potuto attingere ad un esemplare completo degli atti del Cosrantinopolirano III), nonché pp. '>.'>6-)-10 (ne. 288: in una rassegna sul VI concilio Eutichio ricorda gli
anatematismi impartiti al patriarca di Antiochia Macario e ai suoi accoliti, ai vari patriarchi
di Alessandria e di Cosranrinopoli, nonché al papa Onorio I, al vescovo Teodoro di Pharan e
addirittura a Policronio [su cui cfr. supra, nota 129], ribadendo anche in maniera analitica la
validità delle conclusioni affermate dal Costantinopolitano III circa le due nature distinte in
Cristo (in conformità ai dettami del concilio di Calcedonia del 451), le due energie e le due
volontà in una ipostasi. Per una ulteriore citazione presso Eurichio in riferimento agli avvenimenti narrati nei nostri atti si veda anche la nota sego
m Cfr. BEIHAMMER,Nachrichten cit. (nota 214), pp. 335-336 (ne. 287); vd. spec. ibid.,
p. 335: «Der Kaiser versammelt [... J 168 Bischofe»; è un breve cenno alla convocazione
del concilio avvenuta il lO settembre 680 tramite la aaxQa imperiale rivolta al patriarca di
Costantinopoli Giorgio (vd. supra, p. 298 con nota 181). Naturalmente risulta difficile affermare con sicurezza se il numero riportato da Eutichio sia desunto dalla lista di sottoscrizioni
posta in fondo alniQOç presentare in prima istanza durante la XVII seduta (cfr. supra, p. 245,
note 38-39) oppure se si tratti di mera coincidenza; comunque sia, il totale di 168 partecipanti costituisce una cifra significativamente alta ed anche molto precisa, che si avvicina alle
indicazioni attestate nelle liste di presenza e di sottoscrizioni delle ultime sessiones così come
(limitatamente alle ÙltoYQocpat)dello stesso Aoyoç ltQoacpOlVTjTtXOç
(vd. supra, p. 278 con nota
212
213
310
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTIO
KRESTEN
Comunque sia, proprio il concetto, da noi messo in risalto, della
indivisibilità del rotolo papiraceo con la professione di fede dal resto
degli atti può essere applicato ad altri casi della tradizione conciliare
più antica, inducendo così a rivedere anche ipotesi che non tengono
conto di tali dati, come mostra l'esempio del Quinisesto, dove, contrariarnente alle opinioni sinora formulate (Ohme, Stolte), al papa Sergio
I furono con ogni verisimiglianza inviati, almeno stando al Liber pontificalis, i "'C'6llotdi un esemplare completo degli 'atti' dello stesso Trullana (che consistevano nei 102 canoni, preceduti dal A6yoç 1tQocrCProvYJ"'C'lx6ç
e seguìti dalla lista di sottoscrizioni dei convenuti/!"), ossia,
secondo la nostra ricostruzione, precisamente ciò che come 'originale
romano' gli spettava?".
Dunque, durante i lavori del Costantinopolitano
III furono allestiti sei esemplari in greco identici tra loro, ciascuno dei quali conteneva
128). A tal proposito
si può notare
che ad es. nella Chronographia
1-2, Il DE BOOR [THEOPHANIS Chronographia,
linn.
continens, Leipzig,
1883» si trova un numero
per i vescovi convenuti
216
essa fu convocata
come è noto,
per licenziare
V e VI (che non avevano ricevuto
accompagnati
(appunto
norme
p.
360,
(289) assolutamente
fantasioso
ed inverosimile
III.
al Costantinopolitano
La nl>v8ÉXTTl oùvoòoç,
giacché
di Teofane (precis.
ree. C. DE BOOR, vol. I, textum graecum
non esibisce
verbali
veri e propri
i 102 canoni a completamento
delle sedute,
dei concili
ecumenici
pratiche
di disciplina
ecclesiastics):
tali canoni
da un inrervenro dei Padri sinodali,
che diressero
all'imperatore
una allocuzione
il A6yoç 7rQocrcpOlvl]Tlx6ç, rrasmesso
lista finale delle sottoscrizioni:
al principio
del testo nei manoscritti),
cfr. ad es. OHME, Quinùextum,
pp. 26-27;
sono
e dalla
ID., Das Concilium
Quinisextum. Neue Einsichten zu einem umstrittenen Konzil, in Orientalia Christiana Periodica, 58
(1992), pp. 367-400, precis. pp. 383-394.
lI7 Riassumiamo
qui brevemente
la questione. Nel Liber pontificalis si riporta nel modo seguente
la notizia
del rifiuto da parte di papa Sergio I ad accogliere
lo scrigno
contenente
i ro-
Huius [scil, Sergii] itaque temporibus lustinianus imperator [sciI. Giustiniano II] concilium in regiam urbem fori iussit, in quo et legati sedis apostolicae
convenerant et decepti subscripserant. Conpeliabatur autem et ipse subscribere: sed nullatenus adquievit,
pro eoquod quaedam capitula extra ritum ecclesiasticum [uerant in eis adnexa. Quae et quasi synodaliter
definita et in sex tomis conscripts ac a tribus patriarchis, id est Constantino politano, Alexandrino el
Antiocheno ve/ ceteris praesu/ibus qui in tempore il/ic conuenerant subscripta, manuque imperiali conjirmata, missis in lucello quod scevrocarna/i vocitatur in hanc Romanam urhem ad confirmandum vel in
superiore loco subscribendum, Sergio pontifici, utpote capiti omnium sacerdotum, direxit. Qui beatissimus
pontifex, lit dictum est, penitus eidem lustiniano Augusto non adqnieuir net eosdem tomos suscipere aut
lectioni pandere passus est; porro eos ut inualidos respuit atque ahiecit. eli/!,ensante mori quam nov/tatum
erroribusconsentire(cfr. DUCHESNE, ed. cit. supra Inota 115], I, pp. 372, lin. 19-373, lin. 7).
toli del Trullano
inviati
Le due interpretazioni
da Costantinopoli:
di questo
passo sinora presentate
si basano entrambe
sul collegamento
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
311
inizialmente nove rotoli con i verbali di tutte le sedute. Dalle informa-
tra i sex tomi della fonte romana ed il numero delle istituzioni <per l'appunto sei, ossia
l'imperatore, il papa e i patriarchi di Cosranrinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme)
cui, alla fine dei concili ecumenici, erano normalmente indirizzati i documenti scaturiti dalle
assise (il riferimento è in genere proprio al Costantinopolitano III). Tuttavia, sia la proposta di
Ohme (OHME, Quinisextum, pp. 20-21, 82-85 l= OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen Subseriplion, pp. 165-167; ma si veda già DUCHESNE,p. 378, nota 20]), per cui i sei rotoli inviati a
papa Sergio I da Giustiniano II per la conferma rappresenterebbero i sei esemplari completi
degli atti del Trullano (ciascuno trascritto su un solo rotolo!) destinati al palazzo imperiale e
alle cinque sedi ecumeniche, sia l'ipotesi di Stolte (STOLTE,The Documents in the Case, passim;
cfr. spec. la ricapitolazione ibid., pp. 413-415), il quale vorrebbe identificare in questi rotoli
menzionati dal Liber pontificalis «the six copies of the council's decisions [il Aoyoç 1tQOOq>OlVl]TtXOç
iniziale con la lista di sottoscrizioni posta in fonda?] which had been prepared to receive the
pope's signature», considerando il TOIlOçfinale «as a separate document» (entrambe le citazioni qui riportate ibid., p. 414), vanno senz'alrro rigettate. Nel primo caso, infatti, si dovrebbe
postulare che i 102 canoni assieme al Aoyoç 1tQOOq>OlVl]TtXOç
ed alle lmoYQuq>ulfinali fossero
contenuti su un unico rotolo papiraceo, un'affermazione, questa, che, tenendo a mente
l'estensione del Sermo allocutorius e dei canoni (vd. ad es. The Council in Trullo Revisited, ed. by
G. NEDUNGATT- M. FEATHERSTONE,Roma, 1995 [Kanonika, 6], pp. 41-186 [rist. con corro
dell'ed. di P.-P. )OANNOU, Discipline !f.énéraleantique (Il'-IX' r.), III. Les canons des conci/es oecuméniques, Grottaferrata, 1962 (Pontificia commissione per la redazione del Codice di diritto
canonico orientale. Fonti, IX), pp. IOI-2411; rist. G. NEDUNGATT- S. AGRESTINI,Concilium
Trul/anum 691-692, in Conaliornm oeaonenicorn»: generaliumque decreta CiL lnota 43], pp. 219293) così come l'ampiezza della stessa lista dei 227 sorroscrittori pubblicata da OHME, Quinisex/urn, pp. 145-170, non è in alcun modo sostenibile: per comprendere la scarsa rispondenza
di tale opinione con le pratiche di scrittura e di confezione materiale di oolumina papiracei
della tradizione conciliare relativamente all'epoca considerata basta mettere a confronto gli
interi 'arri' del Quinisesto con le porzioni di testo contenute nei TOJ.lOt
del Costantinopolitano
III (si vedano le nostre considerazioni esposte più indietro, pp. 245-248, 297-300, nonché
supra, p. 248 seg., nota 46, il passo relativo alla citazione, durante il Niceno II, del canone 82
della nEv9Élnl] ouvol)oç, con ogni probabilità contenuto su uno dei rotoli in cui era suddiviso
l'originale di tale ultimo concilio impiegato in quel contesto). Inoltre, appare oltremodo irnprobabile che Giustiniano II, dopo che i legati del pontefice avevano già fornito il proprio assenso scritto (sia pure 'estorto con l'inganno'), potesse affidare tutti gli originali usciti dal
Trullano ad un viaggio in mare da Costantinopoli a Roma (e ritorno) al fine di ottenere la
sottoscrizione papale su ognuno dei sei esemplari, tre dei quali sarebbero poi dovuti finire a
loro volta altrove (ossia nelle tre sedi patriarcali orientali di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme), affrontando così ulteriori peripezie. Quest'ultima obiezione è altresì valida come argomento per la revisione critica della tesi di Stolte giacché, anche nel caso in cui siano i rotoli
con le sei stesure distinte delle sole 'decisioni finali' ad essere stati trasportati, bisognerebbe
postulare un itinerario della nave su cui era imbarcato lo scrigno in pratica attraverso tutto il
Mar Mediterraneo. Per di più, l'argomentazione di Stolte presenta ulteriori svantaggi; innanzi
tutto, non si comprende appieno quale dovesse essere il contenuto della porzione degli arri del
312
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
zioni in nostro possesso non si evince alcun criterio di suddivisione del
lavoro di trascrizione per questi complessivi 54 TOJlOl; non sappiamo,
cioè, se i cinque notai addetti alla redazione dei verbali!" si siano ripartiti tra loro le mansioni in maniera omogenea oppure se essi si siano
più semplicemente alternati nella copia. Ciò che risulta per certo - lo
ripetiamo - è che gli otto rotoli dell'originale imperiale, comprendendo il decreto finale sancito nel corso della XVIII 1tQaçlç (e tenendo per
il momento da parte l'oQoç della XVII seduta trascritto su un -rOJlOça
sé stante), così come i cinque iaOTU1tOl ÈVU1tOYQacpolTaU OQOUTOJlOl
della stessa sessione conclusiva, contenuti ciascuno in un esemplare per
Quinisesto inviata a Sergio I, giacché tale concilio non esibisce un vero e proprio oQoç; inoltre,
tenere separato, come fa Stolte, il rorolo eon le 'decisioni' dal resto degli atti è un'operazione
del tutto artificiosa, che non trova affatto riscontro nella tradizione conciliare (cfr. quanto appena detto qui nel testo): è difficile immaginare che il papa venisse indotto a confermare e a
sottoscrivere un testo (non si sa bene di quale natura, ché il Aoyoç 7tQOCHproVTJTlXOç
è collocato
al principio degli atti e le sole sottoscrizioni alla fine) il quale risultasse privo della parte costitutiva del sinodo, ossia dei 102 canoni emanati al fine di regolamentare la vita della Chiesa
universale sulla base delle conclusioni del V e del VI concilio ecumenico. Ci sembra invece più
logico pensare che l'imperatore abbia voluto far pervenire al papa di Roma un unico esemplare suddiviso in sei 'TO~Ol,laddove il numero rispecchia semplicemente la ripartizione di un
testo piuttosto ampio, qual è, appunto, quello del Quinisesto, e non si riferisce a sei stesure
originali (comunque le si voglia intendere composte), destinate ciascuna alle massime autorità
ecclesiastiche e al sovrano, E la conferma, richiesta da Giustiniano II e negata da Sergio I, sarebbe dovuta consistere nella comunicazione da parte del pontefice alj3aolMuç della ricezione
dell'esemplare 'romano' degli atti, con l'attestazione che i risultati erano conformi alla dottrina della Chiesa e che il contenuto, attentamente vagliato, corrispondeva al resoconto presentato dagli emissari della cattedra di s. Pietro accreditati presso il concilio stesso (così avviene ad
es. per il nostro Costanrinopolirano III, come ci documenta lo scritto di papa Leone II a Costantino IV del 7 maggio 683: vd. supra, p. 303 sego con nota 202); dopo di ciò il papa avrebbe dovuto disporre l'acquisizione dell' originale a lui riservato nella cancelleria pontificia per
l'allestimento della traduzione latina (cfr. supra, p. 303 con nota 200), non senza aver prima
provveduto ad inserire la propria firma a scopo di validazione. Naturalmente Sergio I respinse
con sdegno la cassetta proveniente da Costantinopoli, la quale perciò rimase intatta (per
un'analisi delle fonti occidentali altomedievali circa il problema della ecumenicità del Trullano è sufficiente il rimando a N. DURA, The Ecumenicity of the Council in Trullo: Witnesses of the
Canonical Tradition in East and West, in The CO/mcii in Trullo Revisited cit., pp. 229-262, spec.
pp. 241-243). Sull'interpretazione di tale brano del Liber p,mtificalis si vedano anche le concise
ma pertinenti osservazioni di LAMBERZ,Handscbriften IIl1d Bihliotheken, p. 62, nota 59 (con la
confutazione della tesi di Ohrnej/Duchesnej).
"" Cfr. supra, pp. 283-285 con note l46-15.'l.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
313
ognuno dei cinque Patriarcati ecumenici, furono vergati da Agatone in
YQaJ.lJ.lOTOf:XXA;r]<J1O<J't"txa219A, questi 13 volumina sicuri di mano
dell'allora notaio patriarcale (ossia, di nuovo, otto per l'imperatore e
cinque per gli altrettanti esemplari dell'òço; destinati ai cinque Patriarcati) potrebbero forse aggiungersi i sei rotoli (di cui cinque con le
sottoscrizioni imitate'?") della famigerata XVII actio, i quali, inseriti
ciascuno in uno dei sei esemplari approntati, sono comunque da postularsi come opera di un unico scriba+"; in questo caso arriveremmo a 19
rotoli ascrivibili ad Agatone, il quale senza dubbio dovette svolgere un
ruolo di primo piano nella trascrizione degli atti,
Insomma, ritornando alla fine del VI concilio ecumenico, a Costantinopoli rimasero i due esemplari destinati rispettivamente all'imperatore e al patriarca ecumenico: da uno di questi proviene il frammento
oggi superstite in RVindob. G 3, riutilizzato sul verso in una delle due
cancellerie cenrrali+", Il papa e - ormai possiamo affermarlo con buon
margine di sicurezza - anche i tre Patriarcati 'minori' (Alessandria,
Antiochia, Gerusalemme) ricevettero ciascuno un esemplare completo
degli atti, il pontefice sicuramente quello recante il rotolo del primo
oQoç (recitato nel corso della XVII actio nella numerazione latina) con
le firme originali: il rischio che gli apocrisiarii della curia pontificia e i
legati della Chiesa di Roma - pur con tutta l'abilità dei notai cos tantinopolitani (di cui verisimilmente
solo uno fu incaricato di imitare
la grafia dei sortoscrirtori+") - non riconoscessero la propria firma era
troppo grande/".
219 Vd. più indietro, p. 250 eon nota 48 et alibi. Su tale definizione della scrittura
impiegata dal futuro XUQTOCPUMxç
ritorneremo più oltre, pp, 341-344.
220 Anche sul notaio autore della copia imitativa
di tali u7toYQacpainon si è in grado di
formulare ipotesi precise, se non richiamando ancora una volta il nome di Agatone: cfr. quanto
affermato in precedenza, p. 295 con nota 174.
221 Cfr. supra, pp. 286-287 con note 156-158.
222 Vd. più indietro, p. 268 con note 105-106, nonché infra, pp. 329-330,
350, 353-354.
22l Cfr. supra, pp. 282-287.
224 Come si evince dal passo (riportato estesamente qui più indietro a nota 202) dell'epistola
di papa Leone II all'imperatore Costantino IV (7 maggio 683), il pontefice, dopo aver attentamente letto il testo integrale degli atti del Cosranrinopolitano III, dichiara che il contenuto
è conforme in ogni derraglio alla relazione presentata dai suoi legati (RIEDINGER, AeO, s. II,
II/2, p. 870, linn. 26-28; pp. 871, lin. 21 - 873, lin. l); questi ultimi, dunque, dovettero
fornire nel loro resoconto un quadro molto preciso degli avvenimenti di cui erano stati testi-
314
GIUSEPPE DE GREGORIO
*
- OTTO KRESTEN
*
*
Seguiamo ora le sorti del testo giunto in Occidente. Grazie agli
studi di Rudolf Riedinger+", siamo in grado di recuperare numerose
notizie sull'originale della traduzione latina degli atti e sui codici di
età carolingia che la tramandano. Tale versione fu redatta nella cancelleria pontificia in una stratificazione cronologica che va dal 682 al 701
(ossia dal papato di Leone II a quello di Sergio I), come si deduce dalle
notizie presenti da un lato nel Liber pontificalis, dall'altro in una parte degli stessi testimoni manoscritti'".
Tuttavia, un testo provvisorio
mani durante
il concilio.
- Per la sottoscrizione
quale il nome della provincia
viennese)
nella sola traduzione
al primo
è riportato
ecclesiastica
oQoç nr. 33 di P.Vindob.
per intero (contrariamente
G 3, nella
al frammenro
latina, cfr. supra, nota 175.
dei seguenti contributi:
RIEDINGER, Griecbiscbe Konzilsakten; RIEDINGER, Die lateinischen Handscbnften; RIEDINGER, Kuriale und Unziale; RIEDINGER,
Erzbischof Am von Salzburg; RIEDINGER, Die Dolzumente des Petrus noserius regionarius auf seiner
Reise von Rom nach Spanien imJahre 683/4, in Burgense, 29 (988), pp. 233-250 l~RIEDINGER,
Kleine Scbriften, pp. 261-280 (nr. XVIII)]; si veda anche, dello stesso autore, la monografia Der
Codex Vindobonensis 418, seine Vorlage lind seine Schreiber, Steenbrugis,
1989 (Instrumenra
Patristira, XVII); un'ampia sintesi dei risultati raggiunti è reperibile nella Einleitung di RIEDINGER, ACD, s. II, W2, pp. VII-X, XVIII-XXII,
XXIV-XXX.
- In tali pubblicazioni
è costantemente impiegata l'espressione authenticum per il manoscritto
(pure con ogni verisimiglianza
225
Si tratta
più in particolare
in forma di rotoli papiracei:
vd. infra, p. 317 con nota 232) contenente
latina così come uscito dalla cancelleria
che risulta
allestita
226
a nostro giudizio
in precedenza
- 3 luglio
(supra,
cronologico
Quanto
prova una nota presente,
documento
a rami distinti
dagli emissari
pontifici,
originale.
già riportato
alla conclusione
del lavoro di traduzione,
alla fine della rrascrizione,
della tradizione,
possiamo
in due dei manoscritti
ossia più segnatamente
con note 237,239-242)
p. 126]), cui va aggiunto
a Roma da
[... ] quam et studiosissime in
addurre
latini
nel Vindob.
e nel Londin.,
B. V. (sigla B, secolo IX: cfr. RIEDINGER, Die lateinischen Handscbriften,
pp. XXVII-XXVIII,
tecnico,
in altra lingua
che erano rientrati
del 682] sanctam sextam synodum,
sul codice vd. qui più avanti, pp. 319-321
Claudius
si parli di una versione
note 115 [fine] e 200), nel quale si afferma che Leone II (17 agosto 682
nella primavera
latina translatavit.
quando
il testo della traduzione
evitare qui tale termine
più alto si veda il passo del Liber pontificalis,
683) suscepit [naturalmente
Costantinopoli
partenenti
più appropriate
preferiamo
ufficio dal quale è emesso il primo
nel medesimo
Per il termine
pontificia;
come
poziori,
ap-
418 (sigla V;
B. L., Cotton
p. 42
l=
rist.,
il Vat. lat. 631 (sigla R, secolo XII: RIEDINGER, ACD, s. II, 1112,
XXXIV
[Einleitung]), imparentato
con B; tale annotazione
recita come
segue: scriptus est enim hie codex temportbus domni Sergii sanctissimi ac ter beatissimi papae [Sergio I,
romano dal 15 dicembre 687 al1'8 settembre 70 l] et in Patriarchio sanctae Ecclesiae
Romanae reconditus (RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, p. 887, app. crit. a lin. 21 [fine della divina
iussio di Giustiniano
II (cfr. infra, pp. 323-330),
che rappresenta
anche l'ultimo
testo della
pontefice
IL PAPIROCONCILIARE
P.VINDOB. G 3
315
era già disponibile nell'inverno del 683/684, allorché alcune porzioni,
precedentemente volte in latino, degli atti del Costantinopolitano III
furono condotte nella penisola iberica da Roma per opera di Petrus
notarius regionarius e di lì confluirono nella Collectio canonica Hispana
giunta fino a nor'": in tale raccolta è contenuto un ampio stralcio proprio della nostra sessione incompleta, numerata come XVII nel testo
larino?", il cui contenuto, in special modo l'oQoç, doveva essere fatto
conoscere ai vescovi di Spagna. È con ciò evidente che l'attività versoria
dell'ufficio papale si incentrò innanzi tutto sulla definizione di fede
(quale è trasmessa in redazione quasi del tutto identica nella XVII e
tradizione latina]; ivi sono documenrate anche le piccole oscillazioni nella copia fra i testirnoni
che trasmettono tale brano).
227 Cfr. soprattutto
RIEDINGER,Die Dokumente des Petrus notaries cit. (nota 225); vd. anche la
ricostruzione presso J. ORLANDIS- D. RAMOS-LISSON,Die Synoden allf tier hiberischen Halbinsel
bis zum Einbruch des Is/am (71 I), Paderborn, 1981 (Konziliengeschichre, Reihe A. Darstellungen, 2), precis. pp. 27 2-277. Come già si è accennato in precedenza (supra, nota 200), fu papa
Leone II ad annunciare per iscritto (alla fine del 682) ai prelati iberici ed al re visigorico Ervige
la spedizione guidata dal notaio Pietro (jAFFÉ - LOEWENFELD- KALTENBRUNNF.R
- EWALD,
Regest« pontificum Romanorum I cit. [nota 200], nr. 2119-2120; ed. in MARTINEZDIEZ - RoDRIGUEZ,La coleaion canonica hispana III cit. [nota 200], linn. 216-335,457-566;
vd. anche
ibid., linn. 363-430); tuttavia, solo nel documento del successore di Leone, ossia Benedetto II,
pure contenuto nel medesimo dossier (JAFFÉ - LOEWENFELD- KALTENBRUNNER- EWALD,
Regesta pontificum Romanorum I cit., nr. 2125; CONTE, Chiesa e primato, p. 487, nr. 261; ed. in
MARTINEZDIEZ - RODRiGUEZ,La coleccion canonica hispana III cit., linn. 431-456) e rivolto
allo stesso Pietro, viene ordinato che le disposizioni da quest'ultimo ricevute in precedenza
direttamente da papa Leone siano rigidamente rispettate e che i vescovi iberici sottoscrivano la
definizione di fede del Costanrinopolirano
III, la quale viene contestualmente inviata. Dunque,
si dovette attendere un anno perché il funzionario incaricate da Leone II si facesse lator presso
gli Ispanici dei deliberati del VI concilio ecumenico (Benedetto II risulta ancora electus [dopa
il 3 luglio 683, morte di Leone II] nel documento indirizzato a Petrus notarius, mentre la data
della sua consacrazione risale addirittura al 26 giugno 684: sui motivi di questo ritardo cfr.
CASPAR,Geschichte II cit. [nota 115], p. 614). In effetti, nella Colleaio canonica Hispana furono
accolte quelle sezioni di tale traduzione provvisoria che riguardavano l'oQoç (vd. qui subito più
avanti).
22" La sezione di tale actio penetrata nella Colleaio canonica Hispana è stampata sulle pagine
pari nell'ed. di RIEDINGER,ACO, S. II, 1I/2, da p. 712 a p. 726 con l'aggiunta delle 10 linn. di
p. 750 (= MARTINEZDiEZ - RODRiGUEZ,La coleccion canonica hispana III cit. [nota 200], pp.
181-190, linn. 1-215); sul contenuto preciso dell'estratto dalla versione latina degli atti del
Cosrantinopalitano III e su altre notizie pertinenri al testo offerto ai vescovi ispanici cfr. qui
subito più avanti, nota 230.
316
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
nella XVIII actio229) e, più in generale, sulle sezioni conclusive degli
atti230.
229 È abbastanza ovvio supporre che la scelta dei traduttori
sia caduta in questa fase preliminare semplicemente sulla prima delle due redazioni dell'oQoç rràdire nell'esemplare papale
degli atti in greco del VI concilio: di cerro a Roma non si faceva distinzione tra la XVII e la
XVIII sessione (che coincidevano quasi completamente per il resro della professione di fede),
tanto più che, come vedremo nella nota seg., si assiste anche ad una conflazione nel caso della
sottoscrizione imperlale, posra, come si è detto più volte, solo in calee alla XVIII actio.
230 Analizzando attentamente
il contenuto dei brani della traduzione latina recepiti nella
Collectio canonica Hispana, si può osservare in primo luogo che il blocco principale è costituito
dal testo vero e proprio della definitio ortbodoxae fidei secondo la actio XVII del Costantinopolitano III (è possibile consultare in parallelo l'ed. della prima redazione del 682/684 e poi di
quella definitiva [682-701] in RIEDINGER, ACO, s. 11,11/2, pp. 712, lin. 13 - 727, lin. 8);
il passo entrato nella raccolta canonica è preceduto da una breve introduzione (ibid., p. 712,
linn. 10-11), mentre in coda è reperibile l'annotazione Et subscriptiones, cui seguono la trascrizione in latino delle formule di adesione all'oQOçdei rappresentanti papali e del patriarca
di Costantinopoli Giorgio, con l'indicazione Et ceteri similiter, nonché infine la frase rituale
dell'imperatore Legimus et consensimus (ibid., p. 726, linn. 10-18). Come già anticiparo supra,
nota 55, non è naturalmente necessario immaginare che la XVII actio fosse in origine munita
della firma di Costantino IV (ciò che è escluso da tutta la nostra argomentazione e dal fatto che
nella tradizione latina degli atti del nostro concilio tale indicazione è assente): si sarà trattato
di un inserto penetrato nel testo, poi incluso nella Collectio canonica Hispana, per analogia con
la XVIII sessione, in cui tale sottoscrizione figurava realmente; dunque, la traduzione, che si
andava approntando in quegli anni e da cui fu ricavato un escerto per il viaggio del notaio
Pietro nella Penisola iberica, doveva riguardare in via preliminare l'intera parre finale degli
atti, donde fu tratto il primo oQoç (recitato nel corso della XVII actio del VI concilio), con
l'aggiunta della formula imperiale in base alla XVIII 1tQiiçtç. Inoltre, sia nelle lettere di Leone II ancora della fine del 682 sia nello scritto di accompagnamento di Benedetto II a Petrus
notarius regionarius (vd. supra, nota 227) si ricordano tra i materiali desunti dalla traduzione
degli atti del VI concilio da un lato la definizione di fede vera e propria, dall'altro anche la
ace/amatio (ossia il prospboneticus) e l'editto (su cui cfr. supra, nota 190), emesso e sottoscritto da
Costantino IV alla conclusione dei lavori, inerente all'applicazione dei deliberati del concilio
(MARTINEZDIEZ - RODRIGUEZ,La coleccidn canonica hispana III cit. [nota 200], linn. 294-299,
343-347,407-411,437-440,
551-555; cfr. RIEDINGER,Die Dokumente des Petrus notarius cit.
[nota 225], p. 235 l= rist., p. 265]); ora, mentre le acclamazioni potrebbero essere identificate
con il breve passo finale della XVII sessione, ossia quello recante le eÙCPl1J.!tOt imperiali con la
ripetizione degli anaternatismi contro i rnonoteliti (supra, pp. 280-281 con note 142-143),
effettivamente ripreso nella Colleaio canonica Hispana (RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, pp. 750,
linn. 1-10 [resro della Coi/te/io], 751, linn. l-Il [testo degli atti del VI concilio]; ma non
possiamo escludere del tutto che sia qui inceso il Aoyoç 1tQOOq>OlVT]TtXOç
trasmesso nella XVIII
seduta, che poi sarebbe stato omesso nella raccolta canonisrica), il testo dell'editto imperiale,
invece, pur compreso inizialmente tra gli estratti del Cosranrinopolitano III tradotti in larino
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINOOB. G 3
317
Sulla base della tipologia di errori e delle riprese nel tracciato di
lettere e legature presenti nei testimoni poziori della traduzione latina
del Costantinopolitano III231 si può stabilire con assoluta sicurezza che
l'originale di tale versione, pure molto probabilmente in forma di rocoli papiracei (in analogia con quanto documenrato con certezza per la
cancelleria papale nel caso della redazione finale in latino degli atti del
sinodo tenutosi in Laterano sotto Martino I nel 649232), è opera di notai
di madrelingua greca, i quali impiegarono per la trascrizione la curiale romana più anticai". Questa traduzione - così come già illavoro
ed inviati in Spagna, dovette ad un cerro punto fuoriuscire dal dossier canonistico messo assieme dalla Chiesa iberica, in quanto probabilmente privo di interesse per le regioni cristiane più
occidentali.
231 Soprattutto
nel Vat. Reg. lat. 1040 e nel Vindob. 418, sui quali si veda la bibliografia
citata più avanti a note 237-239.
232 Cfr. la lettera di accompagnamento
agli atti del Laceranense OAFFÉ - LOEWENFELD
_ KALTENBRUNNER- EWALD,Regesta pontificum Romanorum I cit. [nota 200], nr. 2059; CONTE, Chiesa e primato, p. 446, nr. 145), indirizzata da papa Martino I ad Amandus (vescovo
di Tongern-Maasrricht, fondatore del monastero sul cui ruolo nella tradizione conciliate ci
soffermeremo tea breve) e riedita più recentemente in RIEDINGER, ACO, S. II, L Concilium
Lsteranense cit. (nora 19), pp. 422-424, precis. p. 424, linn. 8-10 (vd. anche l'annotazione contenuta in MILO, Vita Amandi, ed. B. KRUSCH,in M.G.H., Script. rer: Merov., V [1910], precis.
p. 452, linn. 8-12; all'interno di tale Vita [ibid., pp. 450-483] è trasmessa la stessa epistola
papale rivolta al santo protagonista della narrazione agiografica [ibid., pp. 452-456]); utili
osservazioni ad es. in RIEDINGER, Griechische Konzilsaeten, pp. 255-256 (= rist., pp. 45-46)
can note 6-7; RIEDINGER,Erzbistbof Am von Salzburg, pp. 312-313 (= rist., pp. 248-249) can
nota 17; ID., Wer hat den Brief Papst Martins I. an Amandus verfaflt?, in Filologia medio/atina, 3
(996), pp. 95-104 [rist. in RIEDINGER,Kleine Scbriften, pp. 327-338 (nr, XXI)]. Per un primo
orientamenro sulla documentazione papiracea supersrire cfr. la lista sinortica nella Einleitung
di TJADER, Die nicbtiiterariscben lateiniscben Papyri, I, pp. 35-37; si veda anche la bibliografia
riportata qui subito oltre, nota 235.
m Basti il rimando a tre dei lavori già ricordati in precedenza: RIEDINGER,Kuriale und Unziale, spec. pp. 149-158, 163-167; RIEDINGER,Erzhischof Am von Salzbarg, spec. pp. 307-313
(= rist., pp. 243-249); ID., Der Codex Vindohonensis 418 cit. (nota 225), spec. pp. 17-37; si
veda anche, della stesso autore, In welcher Ricbtung uiurden die Akten tier Lateransynode von 649
iihersetzt, und in welcher Schrift war tier lateiniscbe Text dieser Akten gescbrieben>, in Martino I papa
(649-653)
e il suo tempo. Atti del XXVIII Convegno storico internazionale dell'Accademia
Tudertina e del Centro di Studi sulla spiritualità medievale dell'Università degli Studi di
Perugia (Todi, 13-16 ottobre 1991), Spoleto, 1992 (Atti dei Convegni del Centro italiane di
Studi sul basso Medioevo - Accademia Tudertina, n. s., 5), pp. 149-164 tristo in RIEDINGER,
Kleine Scbriften, pp. 281-298 (nr. XIX»), spec. pp. 155-161 (= rist., pp. 289-295).
318
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
sugli atti della prima grande adunanza ecclesiastica diotelita (sia pure
circoscritta alla Chiesa di Roma), vale a dire il sinodo Lateranense del
649, la cui stesura originale fu predisposta in greco sotto la direzione
di Massimo il Confessore=" - dimostra ancora una volta quale funzione
svolse nella Roma del VII secolo l'elemento bizantino, il cui influsso
si riverbera forse anche nell'idea stessa della creazione di una scrittura
riservata di cancelleria/".
234 Cfr. gli studi
ancora di R. RIEDINGER sull'argomento,
come ad es. Aus den Akten der
Lateran-Synode von 649, in Byzantinische Zeitscbrift, 69 (1976), pp. 17-38 [rist. in RIEDINGER,
Kleine Scbriften, pp. 1-24 (nr, I)); RIEDINGER, Griecbiscbe Konzilsakten, spec. pp. 254-262 (=
rist., pp. 44-52); RIEDINGER, Zuei Briefe aus den Akten der Lateransynode von 649, inJahrhuch
der Osterreichischen Byzantinistik, 29 (1980), pp. 37-59 [rist. in RIEDINGER, Kleine Schriften,
pp. 93-117 (nr. VI)); RIEDINGER, Sprachschichten in der lateinischen Ùbersetzung der Lateranakten
von 649, in Zeitscbrift fùr Kircbengeschicbte, 92 (981), pp. 180-203 tristo in RIEDINGER, Kleine
Scbriften, pp. 135-160 (nr. VIII»); RIEDINGER, Die Lateranakten von 649, ein Werk der Byzantiner um Maximos Homologetes, in Boçavttva, 13 (985), pp. 517 -534 [rist. in RIEDINGER, Kleine
Scbriften, pp, 221-238 (nr. XV)]; RIEDINGER, In uelcber Ricbtung tourden die Akten der Lateransynode von 649 iibersetzt cit. (nota 233); RIEDINGER, Die lateinischen Ùbersetzungen der Epistula
encyclica Papst Martins l, (CPC 9404) und der Epistula synodica des Sopbronios vonJerusalem (CPC
7635), in Filologia mediolatina, 1 (994), pp. 45-69 tristo in RIEDINGER, Kleine Schriften, pp.
299-325 (nr, XX)]; RIEDINGER, Wer hat den Brief Papst Martins I, an Amandus verfajJt? cit,
(nota 232); si veda anche la schematica ricostruzione
in RIEDINGER, ACO, S. II, 11/2, pp. VIIX (Einleitung), nonché già in RIEDINGER, ACO, s. II, I. Concilium Lateranense cit. (nota 19), pp.
X-XXVII (Einleitung).
m Naturalmente
non è qui illuogo di affrontare un argomento così spinoso come quello
dell'origine
della curiale romana più antica, per la quale le testimonianze
superstiti,
per lo più
16 [A] + 9 [8), secolo VII
in., scritto a Roma per la Chiesa di Ravenna: TJADER, Die nichtliterarischen lateinischen Papyri,
I, nr. 18-19, III, tavv. 75-77; Chartae Latinae Antiquiores. Facsimile-Edition of the Latin Charters
prior to the Ninth Century l= ChLA), XXI. Italy II, pubI. by A. PETRUCCI - ].-0. TJADER,
Dietikon - Zurich, 1983, nt. 715; P. RADICIOTTI, Fra corsiva nuova e cariale. A proposito dei
papiri IX e XVI della Biblioteca Apostolica Vaticana, in Archivio della Società Romana di Storia
Patria, 113 [1990], pp. 83-113): per tale problematica basti ripercorrere la storia degli studi a
partire dallavoro
di L. SCHIAPARELLI, Note paleografiche. Intorno all'origine della scrittura mriale
romana, in Archivio storico italiano, ser. 7" 6(926), pp. 165-197 tristo in ID., Note paleografiche
(1910-1932),
a cura di G. CENCETTI, Torino, 1969, pp. 371-404], proseguendo
con la ben
nota monografia di P. RABIKAUSKAS, Die riimische Kuriale in der pitpstlichen Kanzlei, Roma, 1958
(Miscellanea Historiae Pontificiae, XX), e poi soprattutto
con l'indagine di J .-0. TJADER, Le
origini della scrittura curiate romana, in Bullettino dell'Archivio Paleografico Italiano, ser. 3', 2-3
0963-1964), pp. 7-54, per giungere, infine, ai più recenti contribuci di P. RADICIOTTI, spec.
Fra corsive nuova e cariale cit.; Attorno alla storia della atriale romana, in Archivio della Società
di mediazione
ravennate,
sono scarsissime
(cfr. il ben noto P.Vat.lat.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
319
I due apografi più antichi dell'originale della traduzione latina degli atti del VI concilio ecumenico, ossia il Vat. Reg. lat. 1040 (C)
[Tav.XIII] ed il Vindob. 418 (V) [Tav.XIV], pure non direttamente
collegati tra loro sotto il profilo sternrnatico=", provengono da uno
stesso fervido ambiente d'Oltralpe, quello degli scribi del monastero
di Saint-Amand, nell'area grafica franco-sassonica, che copiarono tra
VIn e IX secolo manoscritti per Arno (nato ca. a. 746, t a. 821), il
dotto abate (dal 782) di tale comunità colombaniano-benedettina nella
Francia nord-orientale divenuto poi anche arcivescovo di Salisburgo
Romana di Storia Patria, 122 (1999), pp. 105-123 (una buona messa a punto su questo tema
è reperibile in G. CAVALLO,La cultura scritta a Ravenna tra Antichità tarda e alto Medioevo, in
Storia di Ravenna, II. Dall'età bizantina all'età ottoniana, 2. Ecclesiologia, cultura e arte, a cura di
A. CARILE,Ravenna - Venezia, 1992, pp. 79-125, precis. pp. 80-84 (con tav. 1), 121-122
(bibl.); vd. anche ID., Le tipologie della cultura nel riflesso delle testimonianze scritte, in Bisanzio,
Roma e /'Italia nell'alto Medioevo (Spoleto, 3-9 aprile 1986), Spoleto, 1988 (Settimane di studio
del Centro iraliano di studi sull'alto Medioevo, XXXIV), pp. 467-516, precis. pp. 480-481J.
Prescindendo da considerazioni più squisitamente tecniche sulla formazione di tale gratia
adoperata nella cancelleria pontificia (influssi ravennati e bizantini? tradizione della corsiva
nuova evolutasi localmente nella Prefettura dell'Urbe e poi trasferitasi nell'ufficio papale?), si
vuole qui esclusivamente suggerire, in collegamento con le perrinenri osservazioni contenute
nei lavori di Riedinger (vd. spec. supra, note 233-234) e in parte già presso Rabikauskas e
Tjiider, che la presenza a Roma in questo periodo di religiosi greco-orientali a rutti i livelli, in
chiese e monasteri, nell'amministrazione pontificia (come mostra la vicenda del sinodo Lateranense) e persino sullo stesso trono di s. Pietro (nel VII e nell'VIII secolo si contano non pochi
papi natione Greci, secondo la dizione del Liber pontificaliJ), possa aver conrribuiro a dare un impulso imporrante per lo sviluppo e la fissazione di una grafia riservata agli usi della cancelleria
papale: di certo in quell'epoca sia le pratiche scrittorie dei più elevati uffici centrali bizantini
(quello imperiale e quello patriarcale) sia le raffinate conoscenze dogmatiche e retorico-dialettiche dei teologi orientali dovevano costituire per il mondo occidentale un modello superiore,
se è vero, come ha sottolineato Riedinger, che proprio le versioni latine degli arti del sinodo
celebrato sotto papa Martino I e poi del concilio Costantinopolitano III - entrambe opera di
Bizantini - costituiscono uno dei prodotti di maggiore rilievo sul piano letterario nella Roma
(e forse nell'Italia) del VII secolo. Su questa temperie culturale si può rinviare ad es. a J.-M.
SANSTERRE,Les moines grecs et orientaux à Rome aux époquesbyzantine et carolingienne (milieu du VI'
- fin du lX's.), I-II, Bruxelles, 1983 (Mémoires de la Classe des Lettres de I'Académie Royale
de Belgique. Collection in-8°, 2' série, LXVIII).
216 Si veda lo stemma codicum quale è ricostruito ad es. in RIEDINGER,Die lateiniscben Handschriften, p. 46 (= risr., p. 130); RIEDINGER,Kuriaie und Unziale, p. 148; RIEDINGER,Erzbischo! Am von Salzburg, p. 308 (= risr., p. 244).
320
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
(dal 785)237. Più in particolare il Reginense, trascritto a Saint-Amand
da un iparchetipo in onciale condotto al di là delle Alpi nel secolo
VIII, fu portato con sé da Arno durante uno dei suoi viaggi a Roma
e ivi fu ricorretto (in onciale e in un caso in curiale) sulla base di un
esemplare più genuino=". Ma gli interessi del prelato vanno ben oltre.
Venuto a contatto in uno dei successivi soggiorni romani direttamente
con i rotoli dell'esemplare originale della traduzione latina, egli ne
fece ricavare una copia pure in curiale (e sempre di mano bizantina),
che in patria (forse a Salisburgo, dove di certo operavano maestranze
237 Sui due manoscritti (registrari in E. A. LOWE,Codices Latini Antiquiores. A Palaeographical Guide to Latin Manuscripts prior to the Ninth Century l= CLA], I. The Vatican City, Oxford,
1934, nr. 112 [Vat. Reg. lat. 1040]; X. Austria, Belgium, Czechoslovakia, Denmark, Egypt, and
Holland, Oxford, 1963, nr. 1478 [Vindob. 418]; si veda anche ibid., pp. VIII segg.) si rimanda
innanzi tutto a B. BISCHOFF,Die siidostdeutschen Stbreibscbtden and Bibliotheken in der Karolingerzeit, II. Die vorwiegend osterreichiscben Diiizesen, Wiesbaden, 1980, pp. 64 e 103 (Reginense),
125-126 e 138 (Vindobonense) [sull'ambiente di copia e sull' «Arn-Sril» a Saint-Amand e poi
a Salisburgo cfr. in generale ibid., pp. 61-73]; si veda, inoltre, l'analisi dettagliata nei lavori di
Riedinger, spec. RIEDINGER,Griechische Konzilsakten, p. 289 (~ rist., p. 79); RIEDINGER,Die
lateinischen Handschriften, pp. 40-42, 45-49 (= rist., pp. 124-126, 129-133); RIEDINGER,Kuriale und Unziale, passim (con 23 riproduzioni di piccolo formato precipuamente dal Vindob.
418); RIEDINGER,Erzbischof Am von Salzburg, passim; sui Vindob. 418, oltre ovviamente alia
monografia dello stesso autore, Der Codex Vindobonensis 418 cit. (nota 225) [con 60 tavv. f. t.
e 106 figg.]' cfr. anche la scheda presso O. MAZAL,Byzanz und das Abendland Ausstellung der
Handscbriften- und Inkunabelsammlung der Dsterreischischen Nationalbibliothek, Graz, 1981, pp.
186-187 (nr, 122) con tav, 52; sulle scritte in greco presenti nei due codici (per cui sono state
predisposte le riproduzioni reperibili alle nostre Tavv. XIII-XIV) vd. infra, pp. 342-344.
21" Sulle correzioni e le aggiunte inrerlineari nel Vat. Reg. lat. 1040 cfr. già CLA cit. (nota
237), I, nr. 112; RABIKAUSKAS,
Die romiscbe Kuriale cit. (nota 235), pp. 34, 37, 61; TJADER,
Le origini cit. (nota 235), p. 35; B. BISCHOFF,Panorama der Handschrifteniiberlieferung aus der
Zeit Karls des Groj3en, in Karl der Groj3e, Lebenswerk und Nacbleben, hrsg. von W. BRAUNFELS,
II. Das geistige Leben, hrsg. von B. BISCHOFF,Dusseldorf, 1965, pp. 233-254, precis. pp. 238,
253; P. SUPINOMARTINI- A. PETRUCCI,Materiali ed ipotesi per una storia della cultura scritta
nella Roma del IX secolo, in Scrittura e civiltà, 2 (978), pp. 45-101, precis. pp. 99-100 (con tavv.
VIII-X); BISCHOFF,Die siidostdeutschen Scbreibscbulen II cit. (nota 237), p. 103; per un quadro
completo - anche in relazione ai fatti storico-testuali - si consulti RIEDINGER,Die lateinischen
Handschriften, pp. 41-42, 45-49 (~ rist., pp. 125-126,129-133),
nonché RIEDINGER,Kuria/e
und Unziale, pp. 148, 150, 158-159,164; RIEDINGER,Erzbischof Am von Salzburg, pp. 306,
308-310 (= rist., pp. 242, 244-246).
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
321
giunte da Saint-Amand) servì da modello per il Vindob. 418239• Paradossalmente, né l'uno né l'altro dei testimoni più antichi reca il testo
completo delle due ultime actiones, e a farne le spese è naturalmente la
XVIII seduta, la cui copia è interrotta in quanto di contenuto pressoché identico alla precedenrev'": et quia iam in superiore actione definitio
fidei scripta est, in actione hac non eam scripsi, sed episcoporum subscriptiones et
imperatoris tantum, come si legge nella istruttiva annotazione presente,
tra gli altri, proprio nel cod. Vindob. 418241• A trasmettere il testo
integro di entrambe le sessioni è invece il ramo al di qua delle Alpi,
quello iralo-settentrionale rappresentato per l'epoca più antica dal cod.
Ambros. M 67 sup. (M), copiato a Bobbio alla fine del IX secolo sotto
l'abate Agilulfo (887 _896)242.
139 Vd. ad es. RIEDINGER,Die Iateiniscben Handscbriften, p. 40 (= risr., p. 124); RIEDINGER,
Kuriale und Unziale, pp. 146 (nota 6), 148-158, 161-165; RIEDINGER,Erzbiscbof Am von Salzburg, pp. 306,310-312 ('" rist., pp. 242,246-248), nonché, dello stesso autore, soprattutto la
dettagliata analisi paleografica in Der Codex Vindobonensis 418 cit. (nora 225). Nonostante le
indicazioni offerte nella bib!. cit. supra, nota 237 (cui si aggiunga anche RIEDINGER,Pràsenzund Subskriptionslisten, p. 5, nota 9 [da p. 4]), non si può escludere che il Vindob. 418 sia stato
scritto direttamente a Saint-Amand: cfr. da ultimo RIEDINGER, Der Codex Vindobonensis 418
cit., pp. 57-58 (nota 44), e RIEDINGER,ACO, s. II, 11/2, pp. XXVIII-XXIX con nota 50; ma
anche in questo caso i termini della questione qui presentara non cambiano.
240 Si tratta di una situazione analoga a quella già analizzata nel caso del testo recepito nella
Colleaio canonica Hispana, laddove fu ancora una volta la traduzione latina dell'òço; così come
emesso nella XVII sessione ad essere divulgato: cfr. qui poco più indietro, pp. 315-316 con
note 228-230.
241 RIEDINGER,ACO, S. II, II/2, p. 769, app. cric. a lin. 4; la stessa notizia si ritrova sia
nel cod. Paris. nouv. acq. lat. 1982 (sigla P: copiato a Beauvais nella prima metà del IX secolo
sullo stesso antigrafo del Vindobonense: cfr. ad es. RIEDINGER,Die lateiniscben Handscbriften,
p. 40 l= risr., p. 124]) sia nel cod. Berol. Lat. Folio 626 (G: un testimone contaminato prodotto al principio del XII secolo: ibid., pp. 40-41 [= rist., pp. 124-125]; RIEDINGER,Kuriale und
Unziale, pp. 146-147, nota 6). Il Vat. Reg. lat. 1040, invece, così come i manoscritti ad esso
più strettamente connessi sul piano testuale (ossia il Londin., B. L., Cotton Claudius B. V. [B]
ed il Vat. lat. 631 [RJ, sui quali vd. supra, nota 226) interrompe la copia ancora prima, vale a
dire all'altezza di RIEDINGER,ACO, S. II, 11/2, p. 767, lin. 20 (vd. app. crit. ad hoc).
242 Ciò si desume facilmente scorrendo l'apparato dei testimoni in RIEDINGER,ACO, S. II,
W2, pp. 769 segg. Sul manoscritto Ambrosiano basti il rimando a RIEDINGER,Die lateiniscben
Handschriften, pp. 43-44 (= rist., pp. 127-128), RIEDINGER, Kuriale und Unziale, pp. 146
(nota 6), 148, 156-164, nonché soprattutto a M. PALMA,Antigrafo/apografo. La formazione del
testo latina degli atti de! concilio costantinopolitano dell'869-70, in ll libro e i! testo. Arri del convegno internazionale (Urbino, 20-23 settembre 1982), a cura di C. QUESTA- R. RAFFAELLI,
322
GIUSEPPE DE GREGORIO
*
*
- OlTO
KRESTEN
*
Nelle pagine precedenti abbiamo tentato di ricostruire le vicende
dei sei esemplari degli interi atti promulgati nel VI concilio ecumenico, ripercorrendo altresì l'itinerario e la discendenza dell'originale
della traduzione latina. Torniamo ora a Costantinopoli
e proviamo a
spiegare quando il nostro papiro di Vienna uscì di scena. È opportuno
qui in primo luogo riprendere il passo, già più volte menzionato in
precedenza=", inserito nell"EnlÀoyoç di Agatone, da cui si evince che
i 1"0).10tdell'esemplare imperiale degli atti, dopo essere stati adeguatamente sigillati, furono depositati nel palazzo imperiale per essere
custoditi (almeno nelle intenzioni originarie) al sicuro da violazioni-'";
tuttavia, il XOQ1"ocpuÀoçtace sulle circostanze in cui si provvide alla
conservazione dei rotoli, o, meglio, egli presenta la vicenda con accenti
tali da lasciar trasparire che la curatela dell'originale per il ~ocrtÀtxòv
noÀanov si fosse verificata immediatamente
dopo la conclusione del
245
concilio, ossia ancora sotto Costantino IV • In realtà, Agatone nel suo
racconto fonde, di sicuro consapevolmente, due avvenimenti cronologicamente distinti: da un lato la trascrizione dell'originale imperiale,
Urbino, 1984 (Pubblicazioni dell'Università di Urbino. Scienze umane. Atti di congressi, I),
pp. 307-335, precis. pp. 310-316 (con tavv. 2a, 3b, 4a); si veda ora L. SCAPPATICCI,Codici e
liturgia a Bobbio. Testi, musica e scrittura (secoli X ex.-Xll), Città del Vaticano, 2008 (Monumenta Studia Instrurnenra Liturgica, 49), pp. 62-65, 153-154,457. Di questa famiglia testuale
dell'italia del Nord si segnala qui ancora il codice di Roma, Bib!. Naz., V. E. 1326 (sigla N;
olim Phillipps 12275), prodotto a Nonantola nella seconda metà/fine del secolo XI (cfr. spec.
RIEDINGER,Die lateinischen Handschriften, p. 44 l= rist., p. 128]).
24l Cfr. supra, ad es. pp. 250 (nota 48),301
sego (nota 195) et alibi.
244 [ .•• J o'lTm:ç [sci!. artaVTEç niiv rtErtQaWÉvOlvTOIlOl
J xnì è» TéjiBacrlÀlxéjirtaÀaTl<p
crcpQaylcr6f:VT6ç
XaTT)crcpaÀlcr6T)crav
xni àrtf:X6lVTOoùv xoì ,éji f:xcpOlvT)6Évn
ÈvurtoYQacp<p
,;;ç
rtlcrTEOlçoQ<Pèrrò T;;ç a0T;;ç aYlaç oovéòou (RIEDINGER, ACO, S. II, 1I/2, p. 898, linn. 1417).
24S Rileggendo l'intero passaggio dell" ErtlÀOYOç
(RIEDINGER,ACO, S. II, 11/2, p. 898, linn.
7-21) si ricava la netta impressione che l'autore collochi l'azione relativa all'esemplare imperiale degli atti più a meno contestualmente allo scioglimento dell'assemblea conciliare ovvero
in concarenazione diretta con la fine del lavoro di copia da parte dei notai a ciò preposti (tra
cui egli stesso'); cfr. anche la frase dello stesso opuscolo di Agatone riportata supra, nota 195
(RIEDINGER,ACO, S. II, II/2, p. 899, linn. 25-28).
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
323
da lui stesso eseguita nel corso dei lavori del VI concilio ecumenico-i";
dall'altro la sigillatura e la custodia di tali TOIlOt nel palazzo imperiale,
che invece ebbero luogo, come diremo qui subito oltre, ad opera del
figlio e successore di Costantino IV, ossia Giustiniano II. Prima di presentare questa ulteriore peripezia del nostro testo e di esporne le modalità, è opportuno spiegare brevemente le ragioni di tale significativa
omissione da parte del funzionario patriarcale. Agatone mostra una
profonda e radicata avversione nei confronti del «tiranno» Giustiniano
IJ247; a costui, macchiatosi in vita di una condotta riprovevole e scellerata, egli non intende assolutamente ascrivere alcun merito nell'opera
di protezione di un testo venerando come quello della ayta oùvoéoç;
Agatone, perciò, si esprime su questo aspetto intenzionalmente in maniera sfumata e vaga, sì da soffocare nel silenzio il ruolo svolto da Giustiniano Il, in una sorta di damnatio memoriae.
Contrariamente a quanto vorrebbe far credere Agatone, si ha notizia che I'esemplare imperiale degli atti del VI concilio era rimasto
provvisoriamente, subito dopo la fine dei lavori, presso funzionari di
fiducia del sovrano bizantino e non aveva ancora preso la via verso la
'definitiva' custodia nel palazzo imperiale: la fonte è oltremodo attendibile, trattandosi, appunto, del giovane imperatore Giustiniano II,
salito al trono appena sedicenne nel settembre (o, meno probabilmente, nelluglio) 685. Questi, infatti, preso dallo zelo di ripetere le gesta
del padre anche in campo teologico, emanò ben presto, il 17 febbraio
687 (cioè solo pochi anni prima della convocazione del concilio Quinisesto, vero coronamento dell'iniziativa promossa da Giustiniano II ad
246
Cfr. la nostra ricostruzione
supra, pp. 281-287 (con note 144-158), 301-302 (con note
194-196).
247 Si consulti
il brano, particolarmente
istruttivo sull'atteggiamento
negativo di Agarone
nei confronti di Giustiniano II, contenuto nell'Enixojo;
e stampato in RIEDINGER, AeD, s.
II, 1112, pp. 898, lin. 26 - 899, lin. 9 (vd. spec. ibid., pp. 898, lin. 30 - 899, lin. l: '!mv [... [
1tQ<ly~UlLroV[sciI. eventi che presero l'avvio per effetto dell'azione del demonio) [... ) xaì Eiç
aù'!1Ìv q>9acrav'!rov '!Tjç (3acrtklaç '!1Ìv xOQtxp~v, ooç'!aì:ç È1tì cruxvoù '!mv èv aù'!;] xQa'!ouV'!rov
u1taUayaì:ç (xaì roìç) f:X roçcvviéo; È1tavacJ'!(lcré:crt '!{;kov '!à xcr' aÙ'!l)v 1té:QtCPQovTJeTivat
xaì siç Èç,ouli{;vrol1aYé:v{;cr8at, '!iii l1uÀtcr'!a ròv '!l)V rotcùrnv pacrtÀé:lav IhaoEç,ul1é:VOVI1E'!à
'!EÀé:U'!T)V-roù OiXElOU1fUTQÒçKevorovrivoo 'IouoTtvWVÒV 11T)110VOVEÌcrunaç, lità Tl)V xnxiornv aùLOù Èç, àQxi'jç xcì I1tatcpOVOV1tQoalQEOtV Ti'jç pacrtklaç
ÈX1tEOctV xcì à1toQQtcpi'jvat,
àì..ì..<Ìxaì oìç I1E'!à AEOVTtOVxoì Ttp{;Qtov XTÀ.).
324
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
ono KRESTEN
integrazione e suggello del percorso conciliare), un documento di notevole rilievo per la trasmissione del Costantinopolitano III, vale a dire
la divina iussio diretta a papa Giovanni V (in realtà presa in consegna
da Conone, l'immediato successore sul seggio pontificio), la quale pure
ci è conservata soltanto negli opuscoli latini dei nostri atti in quanto
probabilmente estromessa dalla tradizione greca - per le ragioni che
abbiamo appena esibito - ad opera dello stesso Agarone?".
248 Tutte le deduzioni
tratte dal testo di questa divina iussio prima della sua più recente
costituzione in RIEDINGER, ACD, S. II, II/2, pp. 886, lin. 3 - 887, lin. 21, sono inficiate da
alcune gravi corruttele riprese nell'ed. di MANSI, Colleaio XI cit. (nota 11), collo 737 A 1- 738
C 6 (se ne veda un caso infra, nota 253 [remanseruntlremiseruntj); ed è per questo morivo che si
rinuncia qui a rettificare le informazioni presenti anche in uno strumento bibliografico di base
come DOLGER,Regesten, I, nr. 254, oppure in una sintesi di ampio respiro quale VANDIETEN,
Gescbicbte, pp. 146-147; più generica (e non scevra da imprecisioni) risulta l'esposizione di
C. HEAD,JUJtinian
II of Byzantium,
Madison - London, [1972], pp. 60-62. Pertinenti osservazioni (già sulla base dell'ed. di Riedinger) sono reperibili in OHME, Quinisextum, spec. pp.
21-26 (con ulteriore bibl.); sull'importanza di questo atto di Giustiniano II anche in relazione
alle date del suo regno (egli non fu mai nominato da suo padre co-imperatore) si rimanda qui
allo studio di O. Kresten, attualmente in preparazione, segnalato più indietro a nota 180 (il
problema della coreggenza è riassunto anche in PmbZ, II, or. 3556). - Nonostante l'inscriptio
(RIEDINGER,ACD, S. II, II/2, p. 886, linn. 6-8), il documento non poré essere ricevuto da papa
Giovanni V (consacrato il 24 luglio 685, già morto il 2 agosto 686), bensì solo dal successivo
pontefice, cioè Cenone, consacrato il 21 ottobre 686 e spentosi il 22 settembre 687; ecco
come è registrata la notizia nel Liber pontificalis: Hie [scil, Conan] suscepit divalem iussionem domni
lustiniani principis, per quam significat repperisse acta sanctae sexte synodi et apud se habere, quem piae
memoriae domnus Constantinus genitor eius Deo auxiliante [ecerat. Quem synodum promittens eies pietas
inlibatum et inconcussum perenniter custodire atque conservare (DUCHESNE,ed. cit. supra [nota 115],
I, p. 368, linn. 17-19). - È a nostro giudizio assai sintomatico che nel testo greco del Costantinopolitano III sia sparita qualsiasi traccia di questo scritto, recepito invece nell'originale della
versione latina e nei suoi apografi d'Oltralpe; appare oltremodo verisimile, proprio per la sua
ostilità verso la figura di Giustiniano II, che il responsabile di tale esclusione sia da identificare
con Agatone, la cui redazione del 713 costituisce l'archetipo dell'intera tradizione greca: è
evidente che, nel corso della definitiva fissazione degli atti, per il XaQTocpuÀaçera necessario,
una volta deciso di condannare al silenzio l'intervento dell'odiato sovrano, eliminarne qualsiasi
prova, anche sottraendo direttamente, come in quesro caso, un opuscolo perrinente al concilio,
che dimostrava che il figlio di Costantino IV si era occupato in maniera sostanziale della sorte
dei T6~Ol Trov1tE1t{~awÉvrov.Assai fiacca risulta, invece, la spiegazione presente nella Einleitung di RIEDINGER,ACD, S. II, 1112,p. XXIII, il quale giustifica tale omissione limitandosi ad
osservare che forse in àrnbiro greco la divina iussio fu considerara superflua in quanto non più
attuale oppure che fu semplicemente trascurata.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
325
In questo scritto di altissimo tenore - scaturito in occasione di
nn'adunanza/"? cui parteciparono, nell'ordine deducibile dal testo
stesso'?", i parriarchi+", un apocrisiarius papale, i membri del Senato, i metropoliti e i vescovi di stanza nella capitale (cioè la oùvoòo;
ÈvoTJ!.ioèoc), nonché vari funzionari dell'amministrazione statale ed
esponenti di pubbliche istituzioni (tra cui rappresentanti dei demi e
delle scholae sacri palatii) così come legati delle formazioni dell'esercito
(excubitores, guardia imperiale) e delle truppe dei Temi252 - Giustiniano
II afferma in primo luogo di essere venuto a conoscenza che l'esemplare
(comprensivo dell'òçoç) degli atti del Costantinopolitano III, il quale
avrebbe dovuto essere preservato a cura del sovrano, si trovava invece
ancora inopinatamente presso alcuni dei suoi iudices: egli, dunque, ha
provveduto a che nessun altro al di fuori della piissima serenitas imperiale si occupasse della custodia degli atti, giacché Dio lo ha posto a
Probabilmente un Silentium: vd. OHME, Quinisextum, p. 23 (con nota 72).
RIEDINGER,ACO, S. II, I1/2, p. 886, linn. 17 (sed mox adduximus) - 25.
251 Sicuramente il primate della Chiesa di Costantinopoli
(all'epoca Teodoro I [secondo
mandato]), con l'aggiunta del patriarca di Antiochia (con ogni probabilità Giorgio II, il quale
era presente già al Costantinopolitano III in qualità di à7toxQt(JuIQlOç del T07tOTl]Ql]T~ç della
sede di Gerusalemme) e verisimilrnente dei vicari dei Patriarcati di Alessandria e Gerusalemme (se, come ipotizzato in PmbZ, III, nr. 5948, tra questi il T07tOTl]Ql]T~ç di Alessandria Pietro
fosse stato già riconosciuto ufficialmente, prima della convocazione dell'adunanza dalla quale
scaturì la divina iussio, quale patriarca di tale cattedra, così come in effetti è testimoniato per
il concilio Trullano, non possiamo dire con certezza): per tutta la quesrione cfr. supra, p. 306
con nota 206; sono comunque i titolari delle sedi ecumeniche a quel tempo presenti nella regia
249
250
urbs.
252 Si tratta in quest'ultimo
caso di una menzione spesso discussa negli studi sull'organizzazione civile e militare bizantina di quest'epoca: è sufficiente rinviare qui a R.-J. LILIE, .Tbraeien" und .Tbraeesion". Zur byzantiniscben Provinzorganisation am Ende des 7, Jahrhunderts, in
Jahrbuch der Osterreichischen Byzantinistiè, 26 (1977), pp. 7-47; si vedano anche le osservazioni
sparse contenute nelle note esegetiche dell'ed. COSTANTINOPORFIROGENITO,De Tbematibus.
Introduzione, testo critico, commento, a cura di A. PERTUSI,Città del Vaticano, 1952 (Studi
e testi, 160) [comm. pp. 101-183]. Segnaliamo, infine, che nel testo stabilito da RIEDINGER,
ACO, S. II, II/2, p. 886, linn. 22-23, l'aggettivo (ab) Orientali iTrocisianoque [... J exercitu) va
scritto con lettera maiuscola (e non in minuscola, come pure esibisce l'ed.), essendo inteso
come traduzione relativa al Tema 'AVUTOÀtXOV (cfr. CONSToPORPH., De Them., pp. 114-115
PERTUSI[comm.]).
326
GIUSEPPE DE GREGORIO
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orro KRESTEN
sentinella della retta fede253• Chi siano questi iudices è abbastanza agevole dire, se solo si analizzano con attenzione da un lato il tenore della
frase nella divina iussio, dall'altro gli usi dei traduttori in latino all'interno dei verbali delle sessioni vere e proprie del concilio. Certamente
doveva trattarsi di funzionari imperiali (apud quosdam nostros iudices)
presso i quali i rotoli sembrano essere rimasti sin dalla fine del concilio
(remanserunt), senza che nessuno li richiedesse. Sfogliando il testo degli
atti, salta agli occhi che con l'espressione gloriosissimi iudices viene resa
nella versione latina la locuzione greca ÈVòoço'raTOt aQxovTEC;,vale a
dire quel personale di fiducia dell'imperarorev"
tra cui Costantino IV
scelse i propri rappresentanti per la conduzione delle sedute dalla XII
alla XVII compresai": con tale appellativo vengono menzionati questi
alti ufficiali ogniqualvolta essi intervengono a dirimere il dibatriro-",
25l [ ••• 1 dum cognitum est nobis, quia synodalia gesta eorumque difinitio, quam et instituere noscitur
sanctum sextum concilium, quod congregatum est in tempore sanctae memoriae nostri patris in hanc a deo
conservandam [conservandem (sic) Riedinger] regiam urbem, apud quosdam nostros iudiees remanserunt
[remiserunt codd. CB IR, ed. Mansi l, haec omnino non praeuidimus alterum aliquem apud se detinere ea
sine nostra piissima serenitate, eo quod nos copiosus in misericordia noster deus custodes constituir eiusdem
inmaculate Christianorum fidei (RIEDINGER, ACO, s. II, 11/2, p. 886, linn. 12-17).
2'4 Ikrrçixioi, cl7tÒumlTWV, JlclylOTQOl Tiiiv ~aatÀlxiiiv ÒcpCjJtXlWV,
XOJ.!TJTeç
TOÙj3amÀlxoù
Òt!JlXlOUe TOÙj3umÀlxoù èçxOUj3lTOU, OTQunwnxoì. ÀOyo6éTat, XOUQclTOQeçTOÙj3amÀlxoù
OtxOU, XOWl(JTWQeç,OO).lÉonxOl TTjç ~amÀlxTjç TQa7tÉçT)ç,e così via: se ne veda un elenco
esaustivo nelle liste di presenza fornite in testa alla I ed alla XVIII actio (l'ultima), le quali
esibiscono esattamente gli stessi funzionari (cfr. RIEDINGER, ACO, S. II, II/l, p. 14, linn. 1934; ibid., II/2, pp. 752, lin. 15 - 754, lin. 4). Si osservi anche la generica formulazione regolarmente registrata al principio delle sessioni subito dopo la lista di presenze: Ka6eo6ÉYTWVTE
TiiivÈVOOçOTOTWV
7taTQ1XlWVxnì U7tOTWV
[ I è» T<iiaÙT<iiTOÙTQouÀÀOuOeXQÉTl1I-Residentibus
itaque gloriosissimis patriciis et consulibus [ ] in eadem secretario Trull: (cfr. ad es. per la XVIII
seduta RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, p. 764, linn. 22-24 [gr.], e p. 765, linn. 22-23 [lat.).
m Si veda quanto osservato più indietro, pp. 269-270 (con note 109-111), nonché 293294 (con note 170-171).
256 Come caso paradigmatico
si può prendere l'indicazione della presidenza della XII seduta subito prima della relativa lista di presenze (RIEDINGER, ACO, s. II, 11/2, p. 514, linn.
16-21) assieme agli inrervenri intesi a moderare la discussione nella medesima actio (ad es.
RIEDINGER, ACO, S. II, II/2, p. 522, lin. 19 [gr.: Oì èvooçoTaTol aQXOVTeçxuì ~ àYla oùvoòo; £Ì7tOVXTÀ.], p. 523, lin. 18 [lat.: Gloriosissimi iudices et sanctum concilium dixerunt etc.) et
alibi); vd. anche la XVI sessione, dove particolarmente
ravvicinate (e perciò quanto mai perspicue per il loro collegamento dirette) risultano le allocuzioni Kageo6ÉVTWV Te Tiiiv évòoçOTO-rWV7taTQlxlWV xoì U7tOTWV
xTÀ. (cfr. supra, nota 254) e Di èVOOçOTOTOIaQXOVTeçxaì ~
ayla ouvoooç £Ì7tOV(RIEDINGER, ACO, s. II, 11/2, p. 694, rispettivamente
linn. 6 e 17 [gr.),
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
327
E non è certo un caso che in conclusione dei lavori del concilio fossero proprio costoro a detenere temporaneamente
la cura dell'originale
imperiale, visto che per ben sei sessioni (prima della definitiva XVIII
1tQàçt<;, alla quale tornò a partecipare lo stesso ~a<JtÀEuç) essi si erano
occupati della custodia dei rotoli dei verbali che venivano man mano
approntati, in stretto collegamento con il team di notai responsabili
della stesura del resto?".
I successivi passaggi della procedura imposta da Giustiniano
II
vengono così descritti nel suo documento. Il ~acrtÀEuç ingiunge di
consegnare le chartae, vale a dire i .OIlOt .rov 1tE1tQaYIlÉvOlv, e di
condurre tale originale papiraceo al cospetto dei convenuti, dove
esso viene sottoposto a lettura e ad approfondita revisione per essere
poi ulteriormente
validato con la firma dei partecipanti'?";
questi
ultimi rimettono i rotoli nelle mani del sovrano esortandolo (con
ogni verisimiglianza
in forma di acclamazione)
a prendersi cura
della loro conservazione al riparo da ogni tentativo di falsificazione
e manipolazione'?",
Infine, dal tenore della frase successiva si evince che l'imperatore
fa voto (e, dunque, dispone) di salvaguardare
incolumi le chartae (naturalmente
attraverso la loro sigillatura) de-
p. 695, rispettivamente linn. 6 e 17 [lat.]); si consultino più in generale le occorrenze riporrate in RIEDINGER, AeO, s. II, IIf3, p. 43 (s. v. oQXrov)[alla documentazione incornplera ivi
fornita (solo cinque riferimenti) si possono aggiungere gli ulteriori 49 passi reperibili attraverso la versione on line del Thesaurus Linguae Graecae (http://www.tlg.uci.edu)); si veda anche
quanto già detto a proposito della XVII actio, trasmessa solo in latino, supra, pp. 280 (nota
138),293 sego (con nota 170).
257 Cfr. supra, pp. 282-285 con note 146-153; si tratta dei segretari verbalizzanti, guidati,
per quanto concerne i notai e gli addetti alla cancelleria imperiale, dall'alloraa secretis Paolo, in
séguito patriarca di Costantinopoli, del quale pure sappiamo che trasse da uno degli originali
degli atti una copia ad uso privato (vd. infra, pp. 333-335 con note 278-280).
nH Et iussimus praefatas synodalium gestorum cbartas in medio adduci et coram supradictis omnibus leaionem eorum fecisse omnesque di/igenter audientes signare ipsas fecimus (RIEDINGER,
AeO,
s. II, II/2, p. 887, linn. 1-2); naturalmente tra i firmatari era compreso anche il patriarca di
Costantinopoli Teodoro I, presente all'assemblea (vd. supra, nota 251 e contesto): GRUMEL
[_ DARROUZÈS],
Regestes I cit. (nota 11), nr. 315.
2>9 [ ••• ] quorum auditorum universitas in nostris manibus eas prebuit cbartas, ut debeamus nos tenendo invio/atas conservare ipsas, ut non /icentia [uerir in quolibet tempore his, qui timorem dei nolunt
habere, a/iquid corrumpere aut summutare ab his, quae inserta sunt in prenominatis synodalibus gestis
(RIEDINGER,
AeO, S. II, IIf2, p. 887, linn. 3-6).
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GIUSEPPE DE GREGORIO
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orro KRESTEN
positandole presso di sé, vale a dire nel ~acrtÀtxòV naÀanov260•
Di
ciò si dà comunicazione,
per opportuna
conoscenza, al pontefice
romano''?'.
Dunque, per la prima volta dopo poco più di cinque anni dalla conelusione del concilio=" si rimise mano ai rotoli dell'originale imperiale
del Costantinopolitano
III, che Costantino IV, liberatosi dalla incombenza di dirimere la gravosa disputa dottrinaria sul monotelitismo
e
sul monoenergismo, doveva aver lasciato (di sicuro provvisoriamente)
a quei fedeli funzionari i quali lo avevano sostenuto nel convulso finale
descritto in precedenza=". È altresì evidente che nella fase immediatamente successiva allo scioglimento dell'ultima seduta non si dovette
ravvisare l'urgenza di consultare tali -ròuoi in quanto i risultati della
ayia cruvo(ioç erano adeguatamente esposti nell'editto imperiale (emanato dallo stesso Costantino IV ad applicazione dei deliberati dell'adu-
260 ( ••• 1 quas totas cbartas bene definitas in temporibus sanctae memoriae nostri patris ex probabilibus sanctisque patribus, qui propriae linguae et manu fidem apud dominum nostrum lesum Christum
verumque deum exsistentem confirmasse dinoscuntur et confuentes eam docuissent. nos speramus in clementissimum nostrum deum quia, usque dum noster spiritus statutus est ex deo esse in nobis, ipsas chartas
inlibatas et mcommutabiles semper consenemus (RIEDINGER,ACD, s. lI, II/2, p. 887, linn. 6-11; la
frase contiene un duro anacoluto [sui 'barbarismi' nel Iatino della divina iussio, erroneamente
attribuiti, sia pure in via congetturale, alla cancelleria imperiale di Costantinopoli, che naturalmente non ha nulla a che fare con la stesura della versione latina di tale atto, composta negli
uffici papali, si vedano le osservazioni di F. GORRES,justinian II und das romiscbe Papsttum,
in Byzantinische Zeitschrift, 17(908),
pp. 432-454, precis. pp. 437-440, riprese da HEAD,
Justinian II cit. (nota 248), p. 61 j). Che illuogo di conservazione dei rotoli papiracei stabilito
da Giustiniano II fosse, come del resro risulta abbastanza naturale, l'archivio del palazzo irnperiale si deduce anche dal passo del Liber pontificalis, relativo al principio della Vita di papa
Canone, quale è riportato qui poco più indietro a nota 248.
261 Ad sciendum ttaque et uestram paternam beatitudinem buiusmodi capituli motiones praeuidimus
et earum scientiam notam fecisse beatitudini testrae (RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, p. 887, linn.
12-13; anche qui la frase è estremamente ellittica ed involuta).
262 I lavori del Costantinopolitano
III si chiusero nel settembre 681, mentre la divina iessio
di Giustiniano II riflette molto probabilmente avvenimenti della fine del 686 o, tutt'al più,
del principio del 687.
26.' Cfr. supra, pp. 279-297. Costantino
IV morì poi il3 settembre 685 (un'altra tradizione
fornisce la data del lO luglio 685: vd. DE GREGORIO- KRESTEN, 'Ecpétoç - "in diesemjahr"
cit. [nota 113], p. 55, nota 93), e non si ha notizia che egli si curò più degli originali degli
atti.
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329
nanza conciliare), il quale si trovava affisso nel nartece interno della
chiesa di Santa Sofia nella capitale=".
Dobbiamo alla solerzia di Giustiniano II, così come alla sua smania
di passare alla storia anche per la risoluzione di questioni religiose, se,
nell'occasione in cui si giunse alla promulgazione della divina iussio, si
tornò anche sul problema del doppio oQoç, trasmesso sia nella XVII
sia nella XVIII actio dei verbali del VI concilio ecumenico=". Infatti, è
oltremodo probabile - per non dire praticamente certo - che, durante
la minuziosa ricognizione del testo svoltasi nel corso dell'assemblea
indetta da Giustiniano II, ci si accorgesse che per la definizione di
fede risultavano presenti due rotoli, l'uno (quello della XVII sessione)
incompleto in quanto privo sia (soprattutto) della formula di adesione
del ~acrtÀ£uçsia del Aoyoç 1tQocrcprovrrnxoç,l'altro (quello della XVIII
1tQàçtç) perfettamente rispondente ai dettami procedurali e formali, a
fronte, invece, di una identità quasi totale, sul piano più strettamente
contenutistico e dogmatico, dei due testi dell'òçoç. E riusciamo ben ad
immaginare come Giustiniano II, imbattendosi in due esemplari della
professione di fede, di cui uno non sottoscritto dal padre con il tradizionale Legimus et consensimus, decidesse di estrapolare dagli atti proprio
il rotolo della XVII actio considerandolo un inutile doppione=", Tale
TO~Oç,dunque, poté rimanere a disposizione degli impiegati che si
trovavano a redigere la bozza della divina iussio, finendo poi forse per essere consegnato alla stessa cancelleria imperiale, dove il materiale papiraceo poté essere reimpiegato proprio come 'carta da minuta': di qui la
tachigrafia sul verso riscontrabile nel frammento supersrire dell'attuale
264
Cfr. supra, pp. 290 (con nota 165), 299 (nota 190), 304 sego (nota 203), 316 sego (nota
230).
2M RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. 886, linn. 12-13: [... J synoda/ia gesta eorumque difinitio,
quam et instituere noscitur sanctum sextum concilium [... J; ibid., p. 887, lin. 6: [... ] quas IOtas chartas bene definitas [... ] (sui due passi vd. anche qui poco più indietro, rispettivamente nota 253
e nota 260). Sul doppio oQOç cfr. supra, note 167, 191,229-230,240-242
e relativo contesto.
266 Si osservi a tale proposito che, proprio per una concezione della maestà imperiale particolarmente sviluppata quale si riscontra in Giustiniano II (OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen
Subskription, pp. 153-158; OHME, QuiniJextum, pp. 345-347 [ma per gli aspetti tecnici vd. supra, nota 55]), una definizione di fede priva della sottoscrizione delj3acnÀ£uç (pure tralasciando la circostanza che si trattava di suo padre, verso il quale egli nutriva senz'alrro un forte sentimento di emulazione) non risultava certo ai suoi occhi vincolante.
330
GIUSEPPE DE GREGORIO
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ono KRESTEN
P.Vindob. G 3. Ma è possibile che in tale occasione il sovrano ordinasse
di 'fare pulizia' anche nell'originale parriarcale="; La revisione imposta
(al principio del 687) da Giustiniano II al testo degli atti del Costantinopolitano III costituisce senz'altro la circostanza più favorevole, allo
stato attuale delle nostre conoscenze, per collocare cronologicamente
la definitiva fuoriuscita da uno degli originali costantinopolitani
(con
ogni verisimiglianza da quello imperiale) del rotolo con la 'tribolata'
XVII actio dal quale è tratto il nostro frammento="; certamente ciò
non può essere imputato all'attività redazionale del XaQTocpuÀaç Agatone nell'anno 713, come pure sostiene Riedinger=".
267 Non si può escludere, sebbene risulti piuttosto
improbabile, che il papiro di Vienna (di
certo derivante da uno dei due esemplari costantinopolitani prodotti durante il concilio: cfr.
supra, pp. 268-269 [con note 105-106], nonché qui poco più avanti, pp. 339-341 [con note
289-293]) sia appartenuto al 't"OIlOç
della XVII actio inserito nell'originale patriarcale: anche
qualora si voglia intendere che, in conseguenza dell'azione di Giustiniano II, nella capitale si
fosse deciso di estrapolare il rorolo del primo oQOç (quello trasmesso nella sessione incompleta)
pure dall'esemplare custodito nell'archivio parriarcale, appare difficile sostenere che il nostro
frammento, la sua primitiva conservazione e la sua riutilizzazione non siano da ricondurre
all'ambiente della cancelleria imperiale, come invece lascerebbero credere sia l'intera argomentazione (paleografica, storica e filologica) sin qui proposta sia le possibili circostanze in cui
tale rotolo fu riscoperto (su quest'ultimo punto si dirà tra breve).
26" Sulle possibili
modalità del 'recupero' del frustulo papiraceo da cui si è conservare
l'attuale P.Vindob. G 3 si veda qui più oltre, pp. 344-358.
269 Cfr. RIEDINGER,
Griechische Konzilsakten, pp. 294-295 (= rist., pp. 84-85) con nota
17; RIEDINGER, ACO, S. Il, I1/2, p. XX (Einleitung). Indubbiamente, le vicende qui riferite,
relative all'operazione condotta da Giustiniano II nel 687, si adattano particolarmente bene
per identificare il momento esatto in cui il nostro rotolo della XVII actio (dove era contenuto
il frammento oggi a Vienna) verme estratto dalle chartae recanti gli interi atti. Pure prescindendo da ciò, è difficilmente immaginabile che il primo oQoçdel Costantinopolitano III, perso
ormai qualsiasi valore (e, aggiungiamo, sicuramente riconosciuto come superfluo già neI687),
sopravvivesse all'interno di uno dei due esemplari costanrinopolirani dei 1tE1tQUYIlÉvu
del VI
concilio ecumenico per più di trenta anni, prima che improvvisamente Agarone si rendesse
conto di tale incongruenza e lo escludesse definitivamente dalla sua trascrizione; tanto più
che, come si dirà qui poco più avanti (vd. infra, pp. 333-335 con note 278-280), tra la fine del
lavoro di copia dei verbali nel settembre 681 e la redazione del XUQ't"o<puÀuç
del 713, a parte
le vicissitudini legate alla restaurazione del monotelitismo ad opera di Filippica Bardane, fu
ricavato un ulteriore apografo degli atti per mano dell'a secretis Paolo (poi parriarca di Costantinopoli); per il rorolo con la professione di fede contenuto nell'esemplare patriarcale cfr. più
avanti, p. 333 con note 276-277. Vedremo in séguito (infra, pp. 349-358) che l'occasione
in cui l'attuale P.Vindob. G 3 fu trasportato via da Costantinopoli può essere individuata in
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
331
Le misure adottate nel 687 non salvarono l'originale imperiale degli atti della ay1.a oùvoòoç; esso, conservatosi nel ~acrtÀtxòv 1taÀanov
per quasi un venticinquennio, ossia fino alla seconda caduta di Giustiniano II (nel dicembre 711), fu fatto bruciare da Filippico Bardane,
sotto il quale (711-713) il monotelitismo ebbe una reviviscenza tanto
improvvisa quanto cruenra '?". Infatti, grazie alle notizie, già riportate
in precedenza, quali sono fornite nello scritto del XaQTocpuÀaçe nella
'EmoToÀ1Ì à1toÀoyrlnx~ del patriarca Giovanni VI di Costantinopoli27l, apprendiamo che il tiranno riuscì a scovare nell'archivio di palazzo
l'esemplare a suo tempo vergato da Agatone per Costantino IV e, dopo
averlo «profanato» - cioè dopo averne aperto i sigilli che, come si è
detto poc'anzi, dovettero essere stati apposti da Giustiniano II nel 687
_272, mise, appunto, al rogo tali TOIlOtdurante una riunione del consi-
un'epoca abbastanza vicina all'anno di stesura della divina iussio di Giustiniano II. - Dalla
circostanza che Fozio, nella sua esposizione sui concili ecumenici ed i loro rtQuxnxa (BibJiotheca, codd. 15-20), non indica all'interno del breve resoconto circa il Cosranrinopolirano III
(cod. 19) alcun numero relativamente alle rtQaçEl<;,bensì lascia su tal punto uno spazio vacuo
(PHOTIUS, Bibiiothèque, I. «Codices» 1-84, texte établi et traduir par R. HENRY, Paris, 1959,
p. 13, lin. 14), non è lecito dedurre che all'epoca del dotto patriarca regnasse incertezza a
proposito della numerazione del testo greco delle actiones (XVII oppure XVIII): un analogo
comportamento dello stesso letterato bizantino del IX secolo si riscontra nel caso delle sessioni
del Niceno II (cod. 20). Peraltro i ragguagli di Fozio sul VI concilio ecumenico risultano assai
cursorii: vengono segnalati come gravati dell'anatema soltanto i patriarchi di Costanrinopoli
Sergio, Ciro [in realtà titolare della sede di Alessandria!) e Pirro, papa Onorio e Policronio
(xnì hEQOl oòv uù,o'iç: ibid., linn. 14-16; sui problema degli anaternatisrni cfr. supra, spec. p.
276 eon nota 126). Non è possibile stabilire su quale base manoscritta riposino le indicazioni
fornite da Fozio.
270 Sulle circostanze che portarono
alla rovina di Giustiniano II e all'ascesa del tiranno
Filippico Bardane nonché sulla restaurazione da parre di quest'ultimo dell'eresia monotelita
basti rinviare al racconto esibito nell'Erri) ..oyoç di Agatone: RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, p.
899, linn. 1-24 (vd. anche ibid., linn. 28-31, per quanto concerne l'azione violenta di Bardane
contro coloro che desideravano restare fedeli all' ortodossia).
271 Cfr. supra, pp. 301-302, note 195 e 198; si tratta di RIEDINGER,ACD, s. 11,11/2, p. 899,
linn. 25-28 (ErttJ ..oyoç di Agatone), nonché ibid., p. 905, linn. 18-20 (Epistola apologetica del
patriarca Giovanni VI a papa Costantino I, sulla quale vd. anche supra, p. 281, nota 144).
272 Il verbo Oll~OcrtEUCtl,
impiegato nella frase dellErri) ..oyoç di Agarone (RIEDINGER,ACD,
S. II, 11/2, p. 899, lin. 27), non può che alludere alla «pubblicazione»,
cioè al gesto con cui
ciascuno dei rotoli dell'esemplare imperiale fu aperto attraverso la violazione della o<pQuyiç,
con ogni verisimiglianza applicata soltanto all' epoca della divina iussio, ossia prima della deposizione di tale originale nel ncxériov (cfr. supra, pp. 327-328 con note 259-260).
332
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
glio irnperiale (Ènì m::xQÉ-rou, ossia un consistorium forse convocato appositamente?"), distruggendoli per sempre. Ma al terrore instaurato da
Filippico Bardane sfuggì l'altro esemplare ufficiale costanrinopolitano,
vale a dire quello conservato (o, forse meglio, nascosto) nell'archivio
della MgyaÀ:rl 'ExxÀ.l1<Jla: è lo stesso patriarca Giovanni VI che riporta con orgoglio tale informazione nell'Epistola a papa Costantino J274,
sicuramente in modo da aggiungere un dettaglio non propriamente secondario nel tentativo di ottenere comprensione presso il pontefice per
il proprio iniziale appoggio (a suo dire forzato) alla politica del sovrano
eretico!". Peraltro, le espressioni usate dal primate della Chiesa di Co-
m Con la frase (presente
[ ... J TOUTOUç[sciI. TOÙçréuooç Trov m;n:Qay~ÉvOlv]
nell"ErrO,.oyoç)
ò <l>tÀ.tmnxoç]
Èx!3aÀ.ÒJv[sogg.
xoì oru!Oou:ooaç
(RIEDINGER, AeO, s. II, W2, p. 899, linn.
fece tirare fuori i rotoli,
palazzo,
renutasi
ne ruppe i sigilli
Èrrì OEXQÉTOUrruQì rraQal5ÉlìOlxE xcì ,;q>OVtOE
27-28) si deve intendere
e gettò
nel OÉXQETOVimperiale.
che Filippica
Bardane
il rurro al fuoco nel corso di una udienza
(per l'equivalenza
di
OÉXQETOV = consistorium basti il
a A. K[AZHDAN], voce Sekreton, in The Oxford Dictionary of Byzantium, III, Oxford,
1991, p. 1866), e non, come pure si sarebbe tentati di interpretare, che egli fece ciò 'in segreto': che il tiranno intendesse rendere pubblica la sua condanna (àeéTl]Otç) dei deliberati del VI
rimando
concilio
ecumenico
la persecuzione
si evince anche dal passo subito
inflitta
agli oppositori
seguente
nell"ErrlÀ.oyoç,
II, W2, p. 899, linn. 28-31); senza contare poi che un eventuale
È1tÌ OEXQÉTOUnon sembra
sul piano stilistico,
(non si dimentichi
proprio
adattarsi
ossimoro
il rnonorelirisrno:
notizia
che Bardane
convocò
di bruciare
nelle questioni
i T6~01. Una buona messa a punto
è reperibile
religiose
p. 164: «Als er [sciI. Filippica
l'espressione
des 6. Konzils
'pubblicamente'
Bardane)
['offentlich']
274
subito
successiva
10-17 DE BOOR
non fu in quell'occasione
sul violento
regime
imposto
da
in VAN DIETEN, Geschichte, pp. 163-171 (ibid.,
[ ... ) im Palast das von Agatha
fand, lief er es offentlich
1ìl]1l0otEUOaç della frase di Agarone
alla locuzione
povero
nel 712 un sinodo
THEOPHANES, Cbronogr., p. 382, linn.
(ed. cit. [nota 215]) [manca in DOLGER, Regesten, I); ma sicuramente
plar der Akren
piuttosto
tecnica della burocrazia
che egli era )(aQToqJuÀ.ul; Ti'jç MEyOÀ.T]ç'ExxÀT]olaç ed anche 1tQOlTOVOTOQtoç
atto a reintrodurre
Bardane
come 1ìl]1l00tEuouç
al livello del greco di Agatone,
anche se preciso sotto il profilo della terminologia
TOÙ 1taTQtaQ)(tXOÙ OEXQÉTOU).Si ha inoltre
che egli stabilì
dove si descrive
della vera fede: RIEDINGER, ACO, s.
(cioè ai difensori
verbrennen
non va intesa
»,
in riferimento
[vd. nota 272), bensì piuttosto,
angefertigre
laddove
Exem-
naturalmente
al participio
aoristo
come da noi appena detto,
È1tì OEXQÉTOU).
RIEDINGER, ACO, S. II, W2, p. 905, linn.
20-25. Il passo (al quale accennano
anche
LAMBERZ, Hundscbriften und Bihliotheken, p. 62, nota 58, e STOLTE, The Documents in the Case,
p. 410 con note 29-30) è riprodotto
supra, p. 302, nota 199 (vd. anche qui subito
più avanti,
nota 276).
m Questo
Filippica
è il significato
Bardane
dell'intera
(cfr. anche supra,
azione condotta
p. 281 con nota
da Giovanni VI dopa la caduta di
144); e di ciò sono testimonianza
sia
IL PAPIRO CONCILIARE
333
P.VINDOB. G 3
stantinopoli nella sua lettera autorizzano ad ipotizzare che l'originale
custodito nel Patriarcato esibisse ormai nel 713 un solo rotolo con la
professione di fede, vale a dire quello inserito nel verbale della XVIII
sessione (secondo la numerazione latina) e recante anche la sottoscrizione imperiale/": il TOIlOç con la XVII actio potrebbe, dunque, già essere
stato eliminato in precedenza dall'esemplare patriarcale, forse proprio
in conseguenza dell'azione di Giustiniano II nel687 o, comunque, non
molto tempo dopo!".
Inoltre, dallo stesso opuscolo posto a chiusura della redazione degli
atti giunta fino a noi (e risalente, appunto, al 713) si evince che in quel
momento risultava superstite nella capitale un ulteriore manoscritto
contenente il testo del VI concilio ecumenico: si tratta di un apografo
in forma di codice (~l~Àiov), con ogni probabilità membranaceo, che
fu prodotto per mano di Paolo, a secretis imperiale ai tempi del concilio
ed in séguito patriarca di Costanrinopoli (688-693)278. Non è possibi-
l'Epistola
apologetica
scendenza
attraverso
cancelleria
sia soprattutto
patriarcale,
J t1tl~Miiç
276 [ •••
il recupero
la copia fatta approntare
ÉXTE6ÉvTl
atti, di cui si assicura
al suo più stretto
la di-
collaboratore
nella
il XaQTOCPUAaçAgatone.
1taQEcpuMiça~u;v roò; 1taQ· TJlllVU1tOXEllli:vouç Téiiv1tE1tQaYIli:vOlvTOIlOUç
èv 01ç xaì. ai TéiivcruvEÀ6oVTOlVÉmcrx61tOlV 01tllVTOlV
Ti'jç oLOvollacr6ctcrT]ç oytaç ExTT]çoovòòou,
è» Tij TowmlJ
del testo degli
da Giovanni
oytçl cruvOOIJlimoYQacpaì. IlETa Ti'jç ~acrtÀlxi'jç imocrl1llEltOOEItlç è» Tiii 1taQ· aUTi'jç
oQlJl ÉllcpÉQOVTat (RIEDINGER,
AeO, s. II, W2, p. 905, linn. 22-25; cfr. anche supra,
p. 302 con nota 199).
277
Cfr. supra, p. 330 con nota 267; tra l'altro,
diremo
subito,
divenne
coinvolto
patriarca
nel 688 (ossia proprio
la XVII 1tQlÌçlç dall'originale
zioni del 'suo' sovrano.
imperiale,
XVII
nel solo esemplare
potrebbe
l'esclusione
del rotolo con
consonanza
con le disposi-
se anche (per un'ipotesi
sessione)
patriarcale
fosse rimasto,
giacenti
nel Patriarcato,
era ormai da qualche
278
improbabile)
il responsabile
protagonisra
la numerazione
il frammento
del P.Vindob.
tempo
Ecco il corrispondente
lontano
da Costantinopoli:
passo nella Epistola
oQOç
II, allora dodelle vicende
di tale estromissione,
la XVII seduta (secondo
cui apparteneva
il primo
al caso dell'originale
di Giustiniano
anch'egli
come si vedrà tra breve (infra, pp. 337-339),
ricavato,
il volumen papiraceo,
piuttosto
contrariamente
anche dopo l'intervento
della stesura dei verbali del concilio,
suo apografo,
III,
II e poco dopo la promulgazione
aver ordinato
vette essere al più tardi nel 713 il XUQTOcpUAaçAgarone,
all'epoca
come
della MeyoÀT] 'ExxÀT]crta, in perfetta
Tuttavia,
nel corso della
Paolo, anch'egli,
degli atti del Costantinopolitano
sotto Giustiniano
della divina iussio) e, forte di tale funzione,
(recitato
l'a secretis imperiale
a più riprese nella trasmissione
precisamente
latina) è assente;
giacché
nel
dai rotoli
ma nel 713
G 3, con ogni verisimiglianza
vd. infra, pp. 349-357.
apologetica
di Giovanni
VI: xnì ÉTÉQOlçIii:
èv -rqi 1<.a6'TJllàç XQOVIJlTÒ uliul1tTOlTa cpUAax6i'jVat Ta 1tE1tQaYIlÉva Ti'jç au-ri'jç oytaç ouvééou
334
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
le stabilire eon certezza se tale copia sia stata eseguita quando Paolo
era ancora funzionario di palazzo (e, dunque, avendo come modello
l'esemplare imperiale), oppure dopo che egli era asceso al seggio patriarcale (improntando cioè la sua trascrizione sull'originale presente
nella MqaÀ.Tl·ExxÀ.Tlcrta); sembra tuttavia più verisimile che l'allestimento di tale codice risalga all'epoca in cui il futuro patriarca operava ancora come membro della cancelleria del sovrano bizantino e, più
precisamente, ad una fase precedente alla definitiva sigillatura delle
chartae disposta da Giustiniano II nel 687, ossia proprio in quell'intervallo cronologico (settembre 681 - fine 686 oppure inizio 687) in
cui i TOl101 nov 1t£1tQaYIlÉ:vrov erano rimasti temporaneamente presso i
funzionari irnperiali?"; poi, una volta assunta la massima carica eccle-
cptÀ07tOVWTEQOV
OtEG7tOUoucreT],
xaSò xaì PtPÀiov ìotoYQacpovnauÀou TOUTi'jçayiaç J.1V~J.1Ttç
7tQoÉoQouYEYOVOTOç
Ti'jçxae' "ÌJJ.1Uç
aytOlTllTTtçf;xxÀT]crlaçXUQtTteEDU crciJçETat7taQ'1ÌJ.1t
v' oç
acrT]xQi'jnçU7tuQXrov
cv Tìj TOtaUTI]cruv60CJl
xaeU1tOuQyT]cr£v
(RIEDINGER, AeD, s. II, 1112,p.
905. linn. 25-29; un fugace cenno a questo luogo anche in STOLTE, The Documents in the Case,
p. 410 con nora 31). Su Paolo, attivo come notaio durame il concilio, cfr. supra, p. 283 sego
con nota 148. Che il testimone di sua mano (i1ìt6YQacpov)fosse stato esemplare su codice è
dimostrato dall'impiego nell'opuscolo di Giovanni dei sostantivo Ptl3Àlov,che nella terminologia di quel periodo indicava regolarmente il TEUXOç,
vale a dire illibro composto da fascicoli
(vd. supra, p. 251 con nota 49); trattandosi con ogni verisimiglianza di una copia ad uso
privato (comunque non ufficiale), si può presumere che tale codice fosse scritto su pergamena,
giacché il papiro non era un materiale molto consueto a quei tempi ed era preferibilmente
riservato agli originali di cancelleria (in forma di rotoli) o ad esemplari di alto tenore (per tutta
la quesrione si rimanda all'esposizione supra, pp. 248-252).
279 Comunque
si voglia intendere la quesrione (in realtà piuttosto marginale ai nostri fini),
è necessario immaginare che Paolo impiegasse come antigrafo un originale degli atti, attestato a Costantinopoli, facilmeme consultabile, ossia non soltanto a lui accessibile (ciò vale
per entrambe le soluzioni possibili), bensì anche agevole da svolgere (trattandosi di rotoli) e
da maneggiare: l'occasione migliore potrebbe essersi presenrara quando i T0J.10lsi trovavano
sciolti e senza sigilli presso gli iudices (cfr. supra, pp. 325-329), e forse, più precisamente, giusto poco prima che i funzionari imperiali fossero indotti a riconsegnare l'originale di palazzo a
Giustiniano Il, una volta che questi glielo aveva richiesto. Appare piuttosto improbabile che
Paolo, solo quando era ormai arrivato a ricoprire il più alto ruolo nella gerarchia della Chiesa
di Cosrantinopoli, decidesse di trarre - per proprio conto e grazie all'arte praticata prima di
essere chiamato alla funzione di maggior responsabilità - una copia dall'esemplare deposto
nel Patriarcato (è invece verisimile, come accennato qui più indietro a nota 277, che egli,
durante il suo mandato, decidesse di estromettere il rotolo con il primo oQoç dall'esemplare
patriarcale). Se è vero, come qui prospettato, che illibro di Paolo sia stato approntato quando
questi era ancora al servizio dell'imperatore (a tale ipotesi sembra incline già VAN DIETEN,
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
335
siastica bizantina, Paolo probabilmente si portò dietro, assieme ai libri
ed alle suppellettili personali, anche il suo apografo, che fu rinvenuto
dal suo successore Giovanni VF80.
Quanto al testimone della redazione testuale realizzata da Agatone
nel 713, da cui deriva l'intera tradizione manoscritta greca degli atti
del Costantinopolitano III (sia l"E1tl.Àoyoçdello stesso XaQTocpuÀaçsia
l'Epistola di accompagnamento scritta da Giovanni VI sono attestati
nei quattro codici più completi tuttora esistenti?"), si può in primo
Geschich/e, p. 170, tuttavia senza sufficiente fondamento), allora ci si porrebbe domandare
se l'a secretis, il quale era stato di cerro al corrente dei piani di Costantino IV nella concitata
fase finale del concilio (vd. supra, pp. 291-297), abbia semplicemente omesso di trascrivere
dall'esemplare di palazzo l'inutile XVII actio oppure se egli l'abbia effettivamente inserita nel
suo manufatto assieme al resto degli atti per ragioni di completezza (tutto ciò dipende ovviamente dall'atteggiamenro di Paolo nellavoro di amanuense: vd. anche quanto detto a proposito della tradizione manoscritta latina, supra, p. 321 con note 240-242); di sicuro egli lasciò
il relativo rorolo ancora al suo posto, giacché è assolutamente impensabile che un funzionario
imperiale arrivasse ad eliminare di sua iniziativa (e per una copia ad uso personale) una sezione
da un originale di atti conciliari. Naruralrnenre già solo in quanro il suo apografo era in forma
di codice, è impossibile che il P.Vindob. G 3 possa costituire un frammenro da esso desunto.
Comunque sia, poiché, come diremo tra breve, è da escludersi che il manoscritto confezionato
dal futuro patriarca possa aver funto da modello per l'esemplare di Agatone (da cui discendono
i testimoni attualmente supersriri), esso non lasciò alcuna traccia nella tradizione. Non vale la
pena di discutere le affermazioni su questo codice di mano di Paolo contenute in Luzzxrro,
Grammata e syrmata, p. 16.
280 L'unico luogo in cui esemplari degli atti del VI concilio ecumenico potevano rimanere
risparmiati dalla furia di Bardane era, almeno stando al racconto della Epistola apologetica di
Giovanni VI, proprio il Patriarcato di Costantinopoli; ad ogni modo, l'espressione Oci>çETat
1tali ti~ìv, utilizzata da Giovanni per l'apografo del suo predecessore (vd. supra, nota 278),
lascia intendere che tale manoscritto si trovava esattamente 'presso di lui', cioè nell'archivio
patriarcale.
281 In realtà, l'unico vettore del testo, tra quelli utilizzati nell'ed. di Riedinger, che presenta
per intero i due opuscoli conclusivi è il cod. Taurin. B. II. 9 (gr. 67, secolo XIII), giacché sia il
Monac. gr. 186 (una raccolta conciliare organizzata da Isidoro di Kiev nel 1445-1446: basti il
rimando a O. KRESTEN,Eine Sammlung von Konzilsaeten ails dem Besitze des Kardina/s lsidoros von
Kiev, Wien, 1976 [Osrerreichische Akademie der Wissenschaften, philosophisch-historische
Klasse, Denkschriften, 123» sia l'Ochrid, gr. 84 (secolo XIII) [sui tre manoscritti cfr. ibid.,
pp. 79-86, 111-113, nonché G. KREUZER,Die Honoriusfrage im Mitte/alter lind in der Neuzeii,
Stuttgart, 1975 (Papste und Papstrum, 8), pp. 19-25, e ovviamente RIEDINGER,AeO, s. II,
II11, pp. VII-IX (Einleitung): utili osservazioni in W. BRANDES,Armenier in Pergamon>, in Byzantinische Zeitscbrift, 86/87(993/1994),
pp. 69-74, spec. pp. 70-71 (con nota 8), 73-74 (con
note 34 e 40») esibiscono lacune specie in principio o alla fine di tale sezione: cfr. l'apparato
336
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
luogo affermare che anch'esso, come già la copia di Paolo, fu trascritto su
codice (è di nuovo ~i~ÀOç il termine adoperato per indicare tale Iibror'",
presumibilmente in pergarnenai": l'equivoco in cui cade Riedinger,
il quale, invece, asserisce che l'esemplare di Agatone si presentava di-
in RIEDINGER, ACO, S. II, II/2, pp. 898-908,
II/2, p. XXXIII.
Il quarto
ex.), non utilizzato
testimone
ecumenico
ossia il cod. Marc. gr. 166 (secolo XIII
(cfr. DE GREGORIO - KRESTEN, 'Ispétoç - "in diesem Jahr"
da Riedinger
cit. [nota 113], p. 36, nota 47), contiene
concilio
il Conspectus siglorum ibid., II11, p. XIII;
nonché
indipendente,
(rispettivamente
entrambi
gli scritti
ai ff. 206v-209r
('Em<HoÀT] a1toÀoyTtTtX~ del patriarca
Giovanni
posti
in fondo agli atti del VI
('E1tD"oyoç di Agatone]
e ff. 209r-212r
in E. MIONI, Biblio-
VI]: cfr. la descrizione
thecae Divi Marci Venetiarum codicesgraeci manuscripti, I [IV]. Thesaurus Antiquus.
Codices 1-299,
Roma,
n. s., VI], pp.
1981
[Ministero
per i beni culturali
e ambientali.
Indici
e Cataloghi,
245-246).
Si tratta
282
quello
innanzi
già riprodotto
sopravvissuto
a tutti
dallo svolgimento
della
sua 'copia
tutto
del
per intero
gli avvenimenti
del concilio
di sicurezza'
dell"E1ttÀoyoç
(che
(che si appresta
degli
[ ...
aUYXIOQl)aaVTOç )lÉXQl xat
J
immediatamente
Agatone
ad elencare)
di essersi ora dedicato
atti:
segue
nota 48), nel quale
e, appunto,
ÈÀE~)lOVOçBEOli a1tÀayxvtaBÉvToç
xat
brano
più indietro,
ricorda
succedutisi
finalmente
ricorda
l'Epistola
condurre
roù oi: (jllÀavBQomou xal )lOVOU<lyaBoli xal
vùv EÌ.XOTIDçxat
f:)loli f:vmù8a
il passaggio
apologetica
alla redazione
n]V naçoioav
del finale dell'opuscolo
di Giovanni
f3i13.~·oviOlOXE1.QCOç
yQ<Ì\»at
è allegata:
1tQoaYEYQU)l)lÉVOlV
rricroxn v
f3if3ÀfP
xaì
xaì
fonti, sono purtroppo
Ai due luoghi
e pesanti
28,1
In questo caso possiamo
abbiamo
accenna
appena
che, trattandosi
comunque
nota 49, i riferimenti
siderata
imperiale,
più in generale
ripetuto
scrittorio
di un esemplare
ufficiale,
essere stato vergato
alle espressioni
di Andrea
di Creta riportata
del greco di queste
a quanto
utilizzato;
probabile
detto poe' anzi per il ~t~Àiov
infatti,
confezionato
su supporto
riservato
Naturalmente
per la copia di Paolo.
XaQT<)ioVpl~À.iov oppure
la scarsità di papiro,
ci appare maggiormente
la sua copia.
LAMBERZ, Handschriften
opportunamente
essere meno sicuri rispetto
nota 278) circa il materiale
potesse
rfI
Troy ÈVTali8a 1taTQuIQXOU 'Iexivvon
errori, anche solo nell'interpretazione
di Paolo (supra,
il libro di Agatone
Trov ÈVTUYXaVEtv )lEÀÀ6VTOlV
in LUZZATTO, Grammata e syrmata, pp. 14-16.
reperibili
per PWÀOçlPt~Àiov vale quanto
a
(RIEDINGER, ACO, s. II, II12, pp. 900, lin. 38 - 901,
und Bibliotheken, p. 62, nota 58; si veda anche la restirnonianza
infra, nota 287; numerosi
quell'occasione
TÒVayUllTaTOV ml1tav 'PW)lTlç Keivcrtuvrivov Éìmqlq>8d.-
auvEÌoov Xa8u1tOTaçm
lin. 5; i corsivi sono nostri).
che fu proprio
1tQòç )lÉVTOl 1tEQtaaoTÉQav TroVim'
<lacp<lÀEtav
aTtç È1tt Tali 1taQOVToç ÈmaToÀTjç 1taQCxTOÙaytùlTaTou
f3if3ÀqJ
il corsivo
1tÀTtQOcpoQlavTE xcì 13E~alOlCllv TÒ laOTU1tOV<l1taQaÀElmcoç
TTjç <lVCOTÉQCO
OTtÀOU)lÉVTtç
xat1tQÒç
rra{!ovay
21-24;
del XaQTOCPUÀaç,in cui questi
VIi sottolineando
del 713, cui l'Epistola
cptÀ01tOVWTEQOV
rff rra{!ovay
nei 32 anni
alla trascrizione
È1t' èuoì Ti!>EUTEÀEt xaì. àXQElcr xaì. TÒ çTjv xaQtaa)lÉvou
1tQoEBWiJ8rtv TE xat ouveiéov (RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, p. 898, linn.
è nostro); si veda inoltre
a
di essere
papiraceo
xaQT~
in quell'epoca
non si può escludere
su iniziativa
patriarcale,
(cfr. supra, p, 251 con
pipÀoç). Tuttavia,
con-
per lo più alla cancelleria
che il XClQTocpuÀaçimpiegasse
la pergamena
per
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
337
rettamente in forma di rotoli=", è da attribuire alla circostanza che nei
testimoni di età tardo-bizantina attualmente superstiti si riscontra una
numerazione dei T6~ot285,ripresa dall'archetipo, che però il funzionario patriarcale non introdusse personalmente come suddivisione del
proprio manufatto, bensì dovette ricavare dal suo modello, il quale, appunto, presentava senza dubbio una struttura di tal fatta, quale soltanto
si riflette nel codice di Agatone e poi nella tradizione seriore. Poiché,
dunque, in quella fase, dopo la tirannide di Bardane, l'unico originale
(su rotoli di papiro) sopravvissuto nella capitale dell'Impero bizantino
risultava, come opportunamente sottolineato da Giovanni VI, quello
parriarcalef", appare evidente che quest'ultimo dovette costituire l'antigrafo del codice di Agatone. Certo, anche il PtJ3À.lovdi Paolo, pure
conservatosi fino al 713, dovette essere tratto da un originale scritto su
volumina papiracei (forse, come detto poc'anzi, l'esemplare imperiale
poi distrutto da Bardane); ma che tale copia (probabilmente approntata ad uso privato dal futuro patriarca) rappresenti a sua volta il modello
per il manoscritto frutto della redazione voluta da Giovanni VI ed allestita dal funzionario della sua cancelleria è praticamente da escludersi:
non si vede la ragione per cui il XaQTocpuÀ.aç,avendo a disposizione,
come è esplicitamente ricordato nella Epistola apologetica di Giovanni
VI, sia l'esemplare patriarcale sia l'apografo di Paolo, entrambi custoditi presso l'istituzione in cui egli operava, abbia potuto scegliere
di trascrivere da quest'ultimo il suo manoscritto e non piuttosto di
attingere comodamente il testo dei verbali recta via da un originale,
tanto più che, come si ricostruisce attraverso la tradizione manoscritta,
il capostipite del testo giunto fino a noi, vale a dire proprio il codice
di Agatone, sembra rispecchiare in maniera immediata la situazione di
un modello articolato in rotoli papiracei; e non doveva certo costituire
un problema per Agatone maneggiare, eventualmente dissigillandolo,
l'esemplare ufficiale esistente nella MEyaÀ.T)
'E'X'XÀ.T)cria,
giacché l'inte-
284 Cfr. RIEDINGER,
AeO, s. II, W2, p. XX (Einleitung); RIEDINGER,
Erzbiscbo] Arn von
Salzburg, p. 313 (= risr., p. 249) con nota 18.
28) Cfr. supra, pp. 297 -299 con note 177-190.
286 Vd. supra, pp. 302 (con nota 199),332-333
(con note 274-276); al passo dell'Epistola
apologetica di Giovanni VI si richiama concisamente anche LAMBERZ, Handscbriften und Bibliotheken, p. 62, nota 58 (in relazione proprio al modello della copia di Agatone).
338
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
ra operazione era sicuramente autorizzata o, meglio, addirittura ispirata dal suo stesso 'padrone', il patriarca di Costantinopoli Giovanni VI,
il quale intendeva assicurare la discendenza ad un testo così importante, che si era trovato in gravissimo pericolo nel breve periodo di regno
di Filippica Bardane?". Ma anche la copia di Agatone, come si desume
2H7
A ciò alludono,
qui subito
come già più volte ripetuto
precedenre,
pp. 331-335), in maniera
VI nei due opuscoli
Giovanni
Agatone
(vd. supra, p. 281, nota 144, nonché la parte
assolutamente
inequivocabile
finali degli atti. - Si ha anche notizia
nel 713 servì a sua volta da modello
per una trascrizione
il quale da giovane era stato incaricato
di Gerusalemme
all'imperatore
di consegnare
in Cosrantinopoli
(in risposta all'invio
sia
da
ad uso privato
Andrea di Creta (ca. 660-740),
dei vescovi gerosolimitani
sia Agarone
che il codice allestito
eseguita
Ia professione
di fede diotelita
degli arri del Costantinopolitano
III nella Città
Santa: vd. supra, nota 210) e più tardi, già dopo essere salito sul trono dell'apostolo
anche partecipato
al sinodo convocato
da Bardane allo scopo di restaurare
il passo della Chronographia di Teofane cit. supra a nota 273 [ibid.,
(ed. cit. a nota 215), è espressamente
all'adunanza
fornirci
voluta
numerosi
da Bardane)):
dettagli
di 128 versi (l'unico
da
dal sinodo del Patriarcato
Tito, aveva
il monorelitisrno
(cfr.
p. 382, lin. 17 DE BOOR
menzionato
Andrea come èrrioxonoç KQT]TT]çpresente
è lo stesso ben noto innografo e scrittore di omiletica a
su questa
ulteriore
nel suo genere
copia degli atti in un componimento
per Andrea,
edito
da A. HEISENBERG,
giambico
Ein jambisches
Gedicht des Andreas von Kreta, in Byzantinische Zeitscbrift, IO [1901], pp. 505-514 [con alcune
inesattezze sulla biografia del santo: vd. nuovamente
PmbZ, I, nr. 362]), in cui egli ringrazia
il XUQTocpuÀ.a1;per avergli prestato
sua restituzione,
ma curando
ha tratto
piuttosto
la prosodia
come ben si intende,
importanti
il suo libro, dal quale il metropolita
in poco tempo
(cioè la scrittura
solo visivamente),
per un copista
un apografo
negli
di Creta, prima
all'estetica
e l'inrerpunzione,
della
della grafia
delle vocali in base alla quantità,
l'ortografia
che non l'abilità
senza badare
aspetti,
rilevata,
questi,
più
òl;uQ(Q)uYXa YQu>t>taTa (vv. 1-9; ci siamo
esibita in D.R. REINSCH, Literariscbe Bildung in Konstantinopel im
Das Zeugnis der Homiletie, in l manoscritti greci, I, pp. 29-46, precis. pp.
avvalsi dell'interpretazione
7. und 8. Jahrhundert.
37-38
[all'interno
di un'ottima
36-43); del tutto fuorvianti,
16-19).
messa a punto
sulla produzione
invece, le considerazioni
E di quale opera di Agatone
si tratti
letteraria
di LlJZZATTO,
(oltre alle osservazioni
di Andrea,
ibid., pp.
Grammala e syrmata, pp.
storiche
di HEISENBERG,
Ein jambisches Gedicbt cit., pp. 505-507, 513-514 [riprese da REINSCH, Literariscbe Bi/dung
cit., p. 37 con nota 36]) possiamo ricavare già solo dal tirolo del carme così come trasmesso
nei manoscritti
(e stampato
in HEISENBERG, Ein jambÌJcheJ Gedicbt cir., p. 508): 'AvOQÉou
TaU IÌYUÙTUTOUIÌQXlETtlcrXOTtOUKQT]TT]ç'la>tPOl YQUCP£VTEçTtQòç TÒV ocrlOOTaTOV.AyuBrova
IÌQXlOlUXOVOV
xut XaQTocpUÀaxa Tiiç Ì;vTauBa aYlroT<lTT]çTaU BEOUMqUÀT]ç 'ExxÀ.T]crtaç, OTE
ÀapÒlv T~V TtaQouoav ptpì..ov ).lETÉÀ.aPE[recre coni. Reinsch
cit., p. 37, nota 36) : ).lETÉpaÀ£ codd.,
Heisenberg
cit., pp. 508, 514)J xat TtuÀtV ÙTtÉOTElÀ£V,laddove
cui è propriamente
da Agatone
designata
(cfr. REINSCH, Literaristbe Bi/dung
(cfr. HEISENBERG,
l'espressione
Ein jambisches Gedicht
TT)VrraQoucrav pij3Àov - eon
la copia su codice degli atti del Cosrantinopolirano
(cfr. qui poco più indietro,
p. 336 con nota 282) - è significativamente
III eseguita
sostituita
in
IL PAPIRO CONCILiARE
P.VINDOB. G 3
339
dal testo trasmesso attraverso i secoli fino ad oggi, era ormai priva della
XVII sessione (nella numerazione latina), in quanto essa con ogni probabilità mancava già a quel tempo nell'esemplare patriarcale=".
*
*
*
Riassumendo, il frammento del P.Vindob. G 3, uscito miracolosamente indenne da questa intricata vicenda, costituisce un documento
eccezionale per la storia della scrittura greca in quanto fornisce, in base
alla nostra ricostruzione=", un esempio, databile tra 11 e 16 settembre 681, della minuscola correntemente
adoperata nelle due cancellerie centrali, ossia di quella scrittura dalla quale si sviluppò la «Reservatschrift» attestata per la prima volta negli anni Quaranta del IX
secolo nella ben nota lettera imperiale del Papiro di Saint-Denis/?".
Insomma, nella copia imitativa 'ufficiale' scampata alle vicissitudini
uno dei testimoni che tramandano il componimento del metropolita (A = cod. Ambros. J 91
inf.: cfr. HEISENBERG,Ein jambisches Gedicht cir., pp. 507, 508 [app. crir.], 514 [nota 2]) con
TTjVT;;ç ihcTllç ouvòéou ~i~À.ov.Naturalmente è oltremodo probabile che Agatone, piuttosto
che un ulteriore apografo, abbia spedito ad Andrea (conosciuto con tutta verisimiglianza sin
dai tempi della lunga permanenza di quest'ultimo nella capitale dell'Impero) direttamente
l'esemplare approntato nel 713 (da cui discende la nostra tradizione greca) a condizione di
riaverlo poi subito indietro. Peraltro, in alcuni manoscritti l"E1tlÀ.oyoçdi Agatone ed i giambi
di Andrea di Creta sono tràditi assieme (cfr. BRANDES,Armenier cit. [nota 2811, pp. 70-71,
nota 8): che si tratti di un 'Book Epigram' posto al principio di un testimone dei nostri atti,
forse proprio di quello esemplare da Andrea di Creta, che poi diede luogo a discendenza?
2BB Cfr. supra, p. 333 con nota 277. Tutt'al più, se, per ipotesi inverosimile,
il rotolo con la
XVII actio si fosse ancora trovato nell'originale del Patriarcato, nonostante l'azione di Giustiniano II nel687, potrebbe alla fine essere stato lo stesso XUQTOCPUÀ.Uç
ad eliminarlo, ben consapevole di quanto era accaduto negli ultimi giorni del VI concilio ecumenico nel settembre
681.
Cfr. spec. supra, pp. 279-297.
Paris, Archives Nationales, K. 7, n? 17 (3); su tale cimelio ci permettiamo di rinviare
a O. KRESTEN,Zur Chrysographie in den Auslandsschreiben tier byzantinischen Kaiser, in Romiscbe
Historische Mitteilungen, 40 (1998), pp. 139-186, precis. pp. 142-143 (nota 9), 153-156 con
note 46- 51, nonché a DE GREGORIO,Materiali vecchi e nuovi, pp. 92-93 (con note 47 -48) [in
entrambi i contributi è reperibile ampia bibliografia, cui si aggiunga ora D. SONZOGNI,Le
chartrier de l'abbaye de Saini-Denis en France au Haut Moyen Age. EJSai de reconstitution, SaintDenis, 2003 (Pecia, Ressources en médiévistique, 3), pp. 172-175 (nr. 196)1. Naturalmente
non sappiamo con esattezza quale fosse la situazione nella cancelleria patriarcale, anche se va
postulata una forte connessione tra i due uffici costantinopolitani pure a livello grafico; per
289
290
340
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
storiche descritte (oltre che agli accidenti della trasmissione più comunemente noti) si riflettono in maniera diretta le consuetudini dei
voréçiot costantinopolitani alla fine del VII secolo e la loro educazione
grafica negli esiti di livello intermedio e di uso quotidiano, di cui la
scrittura dell'unico funzionario di cancelleria operante nel P.Vindob. G
3 rappresenta, per così dire, un'istantanea solo apparentemente distorta dalle esigenze di riproduzione delle diverse modalità di esecuzione
per le firme dei partecipanti?". E nel panorama scrittorio costantinopolitano sappiamo quanto incisero in séguito, anche sul piano librario,
tra VIII e IX secolo ed oltre, le pratiche di cancelleria e in special
modo della burocrazia imperiale così come più in generale I'evoluzione e la semplificazione della minuscola documentaria di àmbito usuale292, mentre la scrittura riservata della cancelleria imperiale - le cui
testimonianze, tra loro spesso contraddittorie, cominciano a rivelarsi
il Patriarcato si rimanda allo studio, attualmente in preparazione, di G. DE GREGORIO, Una
inedita fonte documentaria cit. supra a nota 193.
29\ Si veda l'analisi offerta più indietro, pp. 254-260.
Ci riferiamo, come ben si intende,
alle sottoscrizioni vergate in minuscola, nella consapevolezza che la base scritroria del notaio
attivo nel papiro di Vienna era, più generalmente, proprio la corsiva burocratica e certo non la
maiuscola, che pure egli tenta di riprodurre secondo un modello misto (vd. anche qui subito
oltre).
292 Su tali argomenti si consulti nuovamente DE GREGORIO,Materiali
vecchi e nuovi, spec.
pp. 124-136. Dunque, grazie al P.Vindob. G 3 è ora disponibile un nuovo e sicuro elemento
di valutazione anche in questo campo. Non si comprende appieno su quali fondamenci paleografici riposi il giudizio relativo alla minuscola corsiva attestata nel nostro frammento quale
è espresso in CRISCI,Scrivere grecofuori d'Egitto, pp. 105-106 (" Rispetto alle più sciolte e disinvolte scritture burocratico-cancelleresche dell'Egitto greco-arabo e della Palestina - in cui
chiaramente si intravedono [... ]le linee grafiche entro cui si preciserà la soluzione cosiddetta
"srudira", il papiro di Vienna rappresenta un'esperienza un po'isolata e ibrida, in cui le esigenze di rigore formale espresse dal modello della mai uscola e i tracciati pi ù sciolti e rapidi delle
minuscole corsiveggianti non riescono ancora a fondersi in una soluzione graficamente valida,
funzionale al nuovo gusto»; basta accostare tali affermazioni alla nostra analisi per ottenere un
riscontro obiettivo [le due scritture di P.Vindob. G 3, la maiuscola e la minuscola, si fondono
senz'altro in quanto appartengono alla stessa mano, educata nella cancelleria imperiale a in
quella patriarcale di Costanrinopolil]; si veda anche la critica circa le considerazioni di Crisci
sul papiro di Vienna e su quello di Saint-Denis [per quest'ultimo vd. CRISCI,Scrivere grecofuori
d'Egitto, pp. 106-107] quale si trova sinteticamente formulata in LAMBERZ,HandJchriften und
Bibliotbeeen, p. 62, nota 60). Al di sotto di qualsiasi valutazione critica è, invece, l'analisi della
minuscola nel papiro di Vienna con le relative conseguenze per l'evoluzione della corsiva quale
è esposta in LUZZATTO,Grammata e syrmata, pp. 19-20,61-64.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
341
in maniera regolare solamente a partire dalla metà del secolo XI nella
documentazione superstire/?' - costituirà soltanto un affinamento ed
una fissazione di grado superiore, più artificiosa ed elaborata in stilemi
suoi propri, della base grafica riscontrabile nel nostro frammento.
Quanto alla scrittura in cui fu vergato il testo degli atti, possiamo ritornare alla frase, già più volte riecheggiata in queste pagine,
dell"En\.À.oyoç di Agatone, in cui si afferma che l'originale di sua
293 Il primo originale in assoluto (se si eccettua il Papiro di Saine-Denis) nel secolo XI,
ossia il XQua6J30uÀ.Àov
at yiULOVdi Costantino IX Monomaco per la Lavra sul Monte Athos, (a.
1052, giugno: /utes de Lavra, I. Des origines à 1204, éd. dip!. par P. LEMERLE- A. GUILLOUN. SVORONOS- D. PAPACHRYSSANTHOU,
Paris, 1970 [Archives de l'Athos, V], pp. 189-192
[nr. 31], tavv, XXIV-XXVI; Regesten tier Kaiserurkunden des ostriimiscben Reicbes von 565-1453,
bearb. von F. DOLGER, 2. Tei!. Regesten von 1025-1204. Zweite, erweiterre und verbesserte
Aullage, bearb. von P. WIRTH, Miinchen, 1995, nr. 907), rompe già abbastanza nettamente
con la tradizione della «Reservarschrifr», presentando numerosi tratti delle scritture usuali
dell'epoca, mentre nei due successivi 'grandi' privilegi (pure sotto la denominazione di XQua6J30uUov mytUwv) per la Mqta'1l AaUQa conservatici in originale, entrambi opera di una
stessa mano, l'uno emanato dall'imperatore Michele VI (a. 1057, gennaio: Aetes de Lavra I
cit., pp. 192-194 [nr. 32], tavv, XXVII-XXIX; DOLGER- WIRTH, Regesten II cit., nr. 932),
l'altro dall'imperatore Costantino X Duca (a. 1060, giugno: Aetes de Lavra I cir., pp. 195-199
[nr. 33], tavv. XXX-XXXIV; DOLGER- WIRTH, Regesten II cit., nr. 946), il copista impiega
ancora una rigidissima «Reservarschrifr», in quanco conservava sicuramente i caratteri della
tradizione grafica dell'ufficio imperiale in cui era stato educato. Non esiste ancora una trattazione esaustiva, condotta con metodologia paleografica moderna, delle scritture dei primi
documenti imperiali attestati a partire dalla metà del secolo XI; si possono consultare ad es. F.
DOLGER,Die Kaiserureunde der Byzantiner als Ausdruek ibrer politiscben Anschauungen, in Historiscbe Zeitschrift, 159 (1938/1939), pp. 229-250 (rist. in ID., Byzanz und die europàiscbe Staatenwelt. Ausgewiihlte Vortrage und Allfidtze, Ettal, 1953 [Darmstadt, 19642], pp. 9-33), spec. pp.
236-239 (= rist., pp. 17-20); F. DOLGER- J. KARAYANNOPULOS,
Byzantinische Ureundenlebre,
Erster Absehnitt. Die Kaiserureunden, Miinchen, 1968 (Handbuch der Alterrumswissensehaft,
XII/3, l, 1 = Byzantinisches Handbuch, 1II1l, 1), pp. 31-34; A. KAZDAN,Die Schrift einiger
byzantinischer Kaiserurkunden und die konstantinopolitaniscbe Kanzlei in tier zueiten Halfte des XI.
Jahrhuntierts, in Studia codicologica, hrsg. von K. TREU, Berlin, 1977 (Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur, 124), pp. 263-264 [conrributo molto problematico]; N. OIKONOMIDÈS,Caratteri esterni degli atti, in La civiltà bizantina. Oggetti e messaggi».
Fonti diplomatiche e società delle province, a cura di A. GUILLOU,Roma, 1991 (Università degli
Studi di Bari. Centro di studi bizantini. Corsi di studi, V [1980]), pp. 21-86, spec. pp. 45-54
«<Seminario 3°: L'écriture»); G. CAVALLO,Scritture informali, cambio grafico e pratiche librarie a
Bisanzio tra i secoli XI e XII, in l manoscritti greci, I, pp. 219-238 [tavv. 151-178 (70 figg. su 28
ravv.J], precis. pp. 227-230; per comprendere i fenomeni brevemente illusrrari in questa sede
vd. in partie. KRESTEN,Zur Chrysographie cit. (nota 290), pp. 155-156, nota 51.
342
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
mano, ossia quello destinato all'imperatore (il primo della serie dei
sei approntati durante il concilio), così come i sei rotoli, pure opera
del futuro XUQTOCPUÀUç,
contenenti ciascuno un esemplare dell'oQoç
(cinque per le sedi patriarcali, uno naturalmente per il sovrano), erano
scritti in ÈxxÀT)<Jw<JTtXÒ
YQOIlIlUTU294.
Sono già state proposte soluzioni, talune piuttosto stravaganti, circa il valore da attribuire a tale
espressione?". Anche qui ci vengono in qualche modo in soccorso, per
294
questa
denominazione
eon quella
canonizzazione
della maiuscola
così precisa è ripreso fugacemente
GREGORIO, Materiali
biblica»
53),84-85
risultino
«quella
nufatti
laddove
spigliata
nell'Enixovo;
si sostiene
di riconoscere
bizzarra
del rerrnine
pa-
e certo de-
impiegato
e dinamica
e la maiuscola
(da cui appunto
(e, comunque,
maiuscola
[sic] provenienti
mista libraria
dal Monastero
e di altro materiale
in qualche
più avanti
sono comunque
che gli I':xxÀl]cnoOTtxà
della MEyaÀl] 'ExxÀl]ola
dei nuovi rirrovamenti
grafica
nella letteratura
Alquanto
appare l'interpretazione
della Luzzatro
costantinopolitano
altomedievali
delineate.
1 (ibid., pp. 84-85) si raggiunge
nella Appendice
in ambito
descritte
come si dirà qui subito
presente
(ma le premesse
tipica delle pratiche
alizzata
ad una tipologia
dalla possibilità
delle maiuscole
rigidamente
scientifico
(forse giustamente,
argomentazione,
senza esitazione
dal lavoro di CA-
dal
in LUZZATTO, Grammata e syrmata, spec. pp. 15 (nota 32), 20 (nota
infra, nota 302]) la definizione
e soprattutto
riferimento
1). Mentre a p. 20 (nota 53) del conrriburo
(Appendice
nostro frammento
(questo
a partire
anche in STOl.TE, The Documents in the Case, p. 410). In DE
fondamento
XOQTOCPUÀOç
quale è fornita
tono in relazione
greca definita,
vecchi e nuori ; p. 125, si metre in guardia
le cui caratteristiche
di qualsiasi
degli atti, che egli idenrìfìca
libraria
negli (;xxÀl]CJtaCJTlxà YQa!!~WTa una qualsiasi
leografica,
(Einleitung), a porre per primo in evidenza
II, II/2, p. XXIII
S.
ut il izzata per la scrittura
VALLO, Ricerche cit. (nota 64), «maiuscola
stituita
nota 48; si veda anche supra, pp.
Per il testo del brano del XOQ'focpuÀoç cfr. più indietro,
282-287 con note 145-158.
m Fu RIEDINGER, ACO,
modo si met-
nel testo [ma si veda
delle sottoscrizioni
nel
a p. 15 (nota 32)
sbagliate),
il culmine
nella sconcertante
YQOIlIlOTOfossero una scrittura
l'epiteto
I':xxÀl]cnaoTtxa!),
della ekklesia calcedoniana
«re-
[sicj)», ossia
[ ... J che è rappresentata
da ben 15 ma-
di S. Caterina
[segue l'elenco
di provenienza
del Sinai»
sinaitico-palesrinese,
per cui basti
in questa sede il rinvio a L. PERRIA, Il Vat. gr. 2200. Note codicologiche e paleografiche, in Rivista
di Studi Bizantini
e Neoellenici, n. s., 20-21 0983-1984), pp. 25-68, spec. pp. 58-61, EAD., II
gr. 1085 e la minuscola antica di area palestinese, ibid., n. s.,
29(992),
pp. 59-76, nonché alla discussione (eon tutti i ragguagli bibliografici)
presso DE
GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, pp. 103-104, 109-110, 126-127, 149-151 I; e ancora «I ... J
Vat. Pal at. gr. 376, il Par. Suppl.
La collocazione
che questa
traverso
geografica
fondazione
decentrata
imperiale
i secoli, alla casa imperiale
di Gerusalemme
e distante
che proprio
del Monastero
giustinianea
bizantina
dal Patriarcato
quindi
strano
gruppo
di codici e rotoli di ambito
i recenti
di S. Caterina
non deve far dimenticare
[quasi fosse l'unica'] è sempre
ed ai Parriarcari
copro rnonofisira
ricrovamenti
calcedoniani
di Alessandria
del Sinai ci abbiano
religioso-liturgico,
rimasta
[ ...
1. Non
restituito
vergari alla maniera
legata, at-
di Costantinopoli
e
apparirà
un cospicuo
della Chiesa di Co-
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
343
quanto consentivano le loro capacità, i monaci di Saint-Amand, ai quali si deve, come detto in precedenza/", la trascrizione dei codici più
antichi del testo latino del Costantinopolitano III. Infatti, sia il Vat.
Reg. lat. 1040 sia il Vindob. 418 riproducono le parole greche lasciate
nella forma originale nella versione latina [Tavv. XIII-XIV]297. Naturalmente si deve tenere conto che tra il testo greco e i testimoni carolingi vanno collocaci due anelli intermedi, entrambi però riconducibili
all'ambiente bizantino di Roma, ossia l'originale della traduzione latina, approntata nella cancelleria pontificia298, e l'antigrafo di ciascuno
dei due manoscritti prodotti per Arno o da questi utilizzati/?'. Mentre
nel Reginense [Tav. XIII] le parti in greco sembrerebbero vagamente
richiamarsi a una sorta di maiuscola biblica - ma il modello di tale
codice era in onciale (forse in onciale romana) _300, dal Vindobonense
[Tav. XIV, figg. 1-2] non ricaviamo granché sul carattere dell'archeti-
stantinopoli [sic], in una maiuscola mista canonizzata [sic] che ritengo possa identificarsi con
gli ekklesiastika grammata» [le citazioni dirette sono tutte desunte da LUZZATTO,Grammata e
syrmata, p. 84J.
296Cfr.supra, pp. 319-321 con note 236-241.
297Cfr. RIEDINGER,Griechische Konzilsaeten, pp. 292-294 (= risr., pp. 82-84), e soprattutto
RIEDINGER, Kuriale und Unziale, spec. pp. 153-158 (con figg. 17-19,22-23); si veda anche
RIEDINGER, ACO, S. II, Il/2, pp. XXVII, XXVIII-XXIX, e ID., Der Codex Vindobonensis 4 I 8
cit. (nota 225), spec. pp. 41-50 (le parole greche nel Vindob. 418 sono ivi riconoscibili in
numerose riproduzioni).
298 Vd. supra, pp. 314-318.
299 Sui due resrirnoni (C e V) e sui loro modelli cfr. i ragguagli bibliografici offerti supra,
note 237-239.
100 Poiché l'antigrafo (ovviamente perduto) di C era sicuramente in onciale e dovette giungere nel secolo VIII nella Francia nord-orientale (Sainr-Arnand) partendo presumibilmente da
Roma, allora si può ipotizzare (anche se solo a posteriori) che tale anello intermedio fosse vergato in quella particolare tipizzazione dell'onciale quale è attestata nella città dei papi dal VI
al IX secolo (su cui basti il rimando a A. PETRUCCI,L'onciale romana. Origini, sviluppo e diffusione di una stilizzazione grafica altomedievale [sec. VI-IX I, in Studi medievali, ser. 3', 12 [1971[, pp.
75-134). Sul peculiare fenomeno di mescolanza fra tradizione scrittoria latina e greca (e più
segnatamente tra onciale, spesso onciale romana, e maiuscola biblica) nella specifica rernperie
culturale romana e, più in generale, italica anche di questo periodo si rinvia a CAVALLO,Funzione e struttura cit. (nota 64), pp. 106-107; ID., lnterazione tra scrittura greca e scrittura latina a
Roma tra VIli e IX secolo, in Miscellanea mJ/co!oi!,ica F. MIlS/II dicata MCMLXXIX,
I, edd. P.
COCKSHAW- M.-C. GARAND- P.)ODOGNE, Gand, 1979 (Les publications de «Scriptoriurn»,
8), pp. 23-29; ID., Le tip%gie cit. (nota 2.'15),spec. pp. 497-503.
344
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
po. La sola conclusione plausibile è che si tratti di maiuscola.'?'. Forse
non risulterebbe mera speculazione supporre che la grafia impiegata
non si discostasse di molto da quella maiuscola ibrida attestata nelle
sottoscrizioni del papiro di Vienna'?" e adoperata anche per codici interi, come dimostra il Malàla di Grottaferrara.'?", laddove il riferimento
di Agatone alla scrittura di uso liturgico starebbe a sottolineare una
tipologia eccezionale nella prassi documentale'?'.
*
*
*
Torniamo alle peripezie che accompagnano sin dall'origine la trasmissione del nostro papiro, quantunque il destino che condusse il
frammento a Ravenna non sia necessariamente da designare, dall'angolo visuale della ricerca moderna, come peripezia in senso negativo. Proviamo, innanzi tutto, a colmare la lacuna compresa tra l'ultima traccia
lasciata dal papiro a Costantinopoli, da collocarsi presumibilmente,
Così già in DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, p. 125 con nota 2l5.
Si rinvia alla nostra analisi supra, pp. 256-259 (con note 62-67), ribadendo che naturalmente si tratta in queste nove l>1tOYQOCPOt
di mescolanze per lo più dai canoni della maiuscola
alessandrina e della maiuscola ogivale; in RIEDINGER, AeO, s. II, W2, p. XX (Einleilung), si
pongono soltanto dal punto di vista terrninologico le maiuscole presenti in P.Vindob. G 3
(ibid., pp. XX-XXI, si parla, lo ricordiamo, di sottoscrizioni originali dei vescovi) sullo stesso
piano dei YQaJlJ.lOTO
ÈXXÀ.T)CHoCJTlXa,
ossia come sinonimo di maiuscola tout court, senza contraddizione con il significate attribuito dallo studioso tedesco a tale definizione (ossia «maiuscola
biblica»: vd. supra, nota 295); nell'ennesimo equivoco incorre, dunque, LUZZATTO, Grammata
esyrmata, p. 20, nota 53.
10,1 Cfr. supra, p. 259 con nota 66 .
.lJJ4 Agatone metre in evidenza con la sua frase che si tratta dell'impiego di una scrittura che
non corrisponde al suo standard normale, ma nella quale egli pure è in grado di cimentarsi e di
cui può vantarsi nel suo opuscolo. Se, come è assicurato dalla testimonianza dei codici di Arno,
si tratta di una maiuscola e se fu Agatone stesso o, tutt'al più, uno dei suoi colleghi atresrari
come segretari verbalizzanti durante i lavori del concilio, ad eseguire l'imitazione delle firme
dei vescovi convenuri per la XVII actio (supra, pp. 294-296 con note 172-175), allora è possibile che la maiuscola riscontrabile in nove delle sottoscrizioni superstiti nel P.Vindob. G 3
rispecchi abbastanza fedelmente la definizione offerta dal XOQTOCPUÀ.OC,
nel suo 'EntÀ.Oyoç.E la
maiuscola era a quel tempo ancora la scrittura per eccellenza dellibro ecclesiastico d'apparato
(cfr. supra, nota 67; vd. anche l'osservazione circa gli ÈXXÀ.T)c:nOCJTlXà
YQaJ.lJ.lo-ro
in OHME,
Zum Vorgang der kaiserlichen Subskription, p. 166, nota 123: «wahrscheinlich der im kirchlichen
Bereich ubliche Majuskelsril»).
301
102
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
345
come si è detto in precedenza'?", nel 687 in concomitanza con l'azione
dell'imperatore Giustiniano II, tesa a concedere benevolmente custodia alla tradizione degli atti del Costantinopolitano III, ed il primo
appiglio concreto che indica Ravenna come dimora del frammento.
Si tratta della seguente annotazione in volgare italiano, posta sul
recto del P.Vindob. G 3 nello spazio originariamente vacuo accanto alla
parte conclusiva della sottoscrizione (in maiuscola) nr. 27, la quale,
estendendosi su due righe di testo (linn. 5-6), occupa solo una breve
porzione iniziale di lin. 6 dell'attuale frammento, lasciando libera una
superficie piuttosto ampia di papiro tra linn. 5 e 7 [Tav. I]:
EBI IN RAVENA CITA ANTICA NEL DOMO [-0- suprascr. ead. man.] IN LA
LIBRERIA B(AR)TOLAMIO
BEMBO
I I.(URIS)
V.(TRIUSQUE) D.(OCTOR)306.
A ciò si aggiunga la testimonianza riportata nel cod. Vindob. hist.
gr. 56 di Johannes Sambucus, personaggio tramite il quale, come si è
detto all'inizio del contribute?", il cimelio intraprese l'itinerario attraverso le Alpi; questi al principio della sua trascrizione del testo affer-
Cfr. supra, pp. 323-330.
Queste ultime tre sigle, di lettura (specie D., disposta su fibre sfilacciate) e di esegesi
non del tutto sicure, si trovano allineate al di sotto del nome proprio di persona, cui evidentemente si riferiscono, quasi a costituire una sezione separata a mo'di firma (le parole LIBRERIA
e B(AR)TOLAMJO sono leggermente più distanziate tra loro rispetto al resto della frase, tranne
che per le prime due parole [EBI IN]. in capitale di modulo maggiore e più generosamente
spaziate) [proprio a causa delle condizioni del frammento, solo di recente sottoposto a lettura
digitale, non si trovano regisrrate in alcuna pubblicazione le tre lettere puntate che abbiamo
tentato in questa sede di sciogliere l. La prima -0- della parola DOMO è stata ripristinata supra
lineam dallo stesso autore della nota con l'ausilio di un piccolo segno di inserzione al di sotto
del rigo. In BEMBO l'ultima lettera è appena visibile. L'unica piccola imprecisione presente
nella trascrizione di MARINI, Papiri diplomatici cit. (nota 17), p. 382 (ripresa in TJADER, Die
nicht/iterarischen lateiniscben Papyri, I, p. 20 [Ein/eitllng]), riguarda l'interpretazione della prima
lettera capitale (LEBI l= l'ebbi]; LE- : in realtà soltanto E-). La scrittura di questo breve inserto in
volgare italiano di mano di Bartolomeo Bembo è una capitale di modulo piccolo e abbastanza
poco caratterizzata, che si richiama, anche se molto alla lontana, considerata la bassa qualità e
la trascuratezza nell'esecuzione, al gusto antiquario di età umanistica, più specificamenre della
seconda metà del Quattrocento. - Naturalmente, trattandosi di un'aggiunta seriore, estranea
al corpo originario del papiro, questa nota è esclusa dalla trascrizione, pubblicata in Appen30\
306
dice, infra, pp. 369-376.
307 Cfr. supra, p. 234 con nota 1; vd. anche infra, pp. 359-361 con note 337-341.
346
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
ma di aver tratto Ex vetustissima charta Niliaca aliquot I nomina patrum
Synodi N icaenae, I ut creditur, 2. reliqua (f. l r)308, e alla fine precisa:
*
Majusculis characteribus haec nomina sunt exarata sine I accentibus et
spiritibus: Ravennati in Ecclesiaparochiali I olim reperta à Bartolomeo Bembo, avo P. Bembi, nunc I Sambuci, 1553 Patavij ab Torquato Bembo abbate I
comp(ar)at(a), empta (f. *2r)309.
Diversamente da quanto sostiene il Sambucus, questo Bartolomeo
Bembo certamente non è il nonno del ben noto umanista e cardinale
Pietro Bembo (avo P. Bembi)310, avus che è ben attestato con il nome
30H Alla fine di tale annotazione,
posta sulla prima pagina degli inserti del XVI secolo nel
Vindob. hist. gr. 56, si trova anche il nome di Sambucus 1.]. Samb.); sulle carte dell'umanìsra
ungherese, vergate da uno scriba al suo servizio e solo successivamenre allegate alla fine del
codice (ff. *1-*12), cfr. supra pp. 235 (nota 6),237 (con nota 14) [menzione del blocco originario supra, nota 50]. Il richiamo alla charta Niliaca vetustissima è presente in gran parte della
letteratura sul papiro nell'età moderna (vd. ad es. supra, pp. 234-236 con note 4-6,9; ivi anche
cenni sul problema delle arrribuzioni più antiche della lista di sotroscrizioni a diversi concili
ecumenici [Sambucus ipotizza qui il Niceno II del 787]). - Segnaliamo qui che anche la scritta, inserita sul verso di P.Vindob. G 3 e contenente il nome Joannes (cfr. le nostre Tavv. V-VI;
subito prima lettere illeggibili), dovrebbe riferirsi al Sambucus, sebbene la mano, certamente
di epoca rinascimentale, non sia identificabile eon quella dell'umanista ungherese .
.109 L'unico piccolo problema paleografico e linguistico
di questa annotazione è costituito
dall'impiego sirnultaneo, alla fine, dei due verbi comparare ed emere, indicanti l'acquisto; mentre empta non presenta alcuna difficoltà di lettura, della parola precedente si vede comp con la p
tagliata in basso (= per/par), poi at ed infine un segno, simile ad un 2 a ad un 7 con tratto orizzontale finale, che abbiamo inrerprerato come un troncamento per la desinenza con l'aggiunta
di una virgola. È probabile che i due verbi, i quali pure dovevano servire a rafforzare, in un
costrutto endiadico, l'unico concetto di base espresso, suggeriscano più precisamente il primo
l'azione del 'procurare' (di qui il regime con ab [Torquato Bembo] come cornplemenro d'agente)
ed il secondo l'acquisto vero e proprio (in questo caso lo stesso ab, in una costruzione Ù1tÒ XO\voii, nel senso di ex [Torquato Bembo] come cornplernenro di provenienza); tuttavia, non si può
escludere che molto più semplicemente l'amanuense operante per conto di Sambucus abbia
riportato un'oscillazione presente già nella minuta del dotto, giustapponendo in una sorta di
conRazione i due participi. Che Sambucus nel suo giudizio 'paleografico' metta in risalto le
maiuscole delle sottoscrizioni, senza soffermarsi sul carattere corsivo della maggior parte di
esse, non necessita ovviamente di una spiegazione. Sul passaggio finale del papiro da Torquato
Bembo a Johannes Sambucus ritorneremo, in conclusione di questa ultima sezione dedicata a
Ravenna, infra, pp. 358-361 (con note 337-341).
liO La confusione è ingenerata probabilmente
dalla presenza nella nota sul codice Vindobonense, in rapida successione, dei nomi di Bartolomeo, P.(ietro) e Torquato; e Sambucus doveva
senz'alrro sapere che gli ultimi due erano padre e figlio e che il padre di Pietro era il celebre
collezionista Bernardo: se Pietro Bembo rappresentava comunque anche a quell'epoca il per-
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
347
di Nicolò Bembo, bensì senza dubbio un parente (forse un fratello)
del padre di Pietro, ossia del dotto giurista, statista e collezionista veneziano Bernardo Bembo, il quale dal febbraio 1482 alla fine di giugno del 1483 operò a Ravenna come podestà e capitano su incarico
della Serenissima'!'. Come ha mostrato in maniera esaustiva Jan-Olaf
sonaggio più noto e tutto ruotava intorno a lui (il suo nome è addirittura siglato), allora era
semplice per l'umanisra ungherese dedurre per congettura che il primo Bembo citato ne era il
nonno.
su Dalle fonti consultare non si risale ad alcun personaggio noto, di nome Bartolomeo
Bembo, tra i membri del celebre casato veneziano, che possa identificarsi con il possessore,
in età umanisrica, del papiro di Vienna. Già MARINI, Papiri diplomatici cit. (nota 17), p. 382,
correttamente scriveva: «questi è Bartolomeo Bembo, non padre, come altri notò [... Jlcon rimando a LAMBECK-KoLLAR(op. cit. supra a nota 16), col. 869, dove naturalmente si dipende
dal Sambucus), ma a fratello, a parente di Bernardo, padre del Card. Pietro, che dee per certo
averne fatto l'acquisto ne' primi anni che divennero della Città [sciI. Ravenna] Signori i Veneziani». Ma di tale puntuale osservazione non si tenne conto nella letteratura successiva (cfr. ad
es. GERSTINGER,johannes Sambucus cit. [nota l]' pp. 294-295; K. PREISENDANZ,Papyrus/unde
und Papyrus/orschung, Leipzig, 1933, p. 17), in cui per lo più si ripete la notizia direttamente a
indirettamente ricavata dalle parole del Sambucus; più sfumata l'affermazione di CH. PERRAT,
Les humanistes amateurs de papyrus, in Bibliothèque de I'École des Cbartes, 108 (1949-1950), pp.
173-192, precis. p. 176 (<<parentdu fameux cardinal Pietro Biernbo»), mentre TJADER,Die
nichtliterarischen lateinischen Papyri, l, p. 20 (Einleitung), lascia aperte entrambe le possibilità
(<<Bruder oder Vater des bekannten Sammlers Bernardo Bembo und Onkel oder Grossvater
des Kardinals Pietro Bembo»). Le principali notizie qui di séguito raccolte sono desunte dalla
monografia di N. GIANNETTO,Bernardo Bembo, umanista e politico ueneziano, Firenze, 1985 (Civiltà veneziana. Saggi, 34). lvi, innanzi tutto, è indicato con certezza (come del resto era già
noto dai repertori biografici: vd. ad es. A. VENTURA- M. PECORARO,voce Bembo, Bernardo, in
Dizionario Biografico degli Italiani, VIII, Roma, 1966], pp. 103-109, precis. p. 103) il nome del
padre di Bernardo, ossia Nicolò Bembo (GIANNETTO,Bernardo Bembo cit., ad es. p. 24 [per le
ulteriori occorrenze vd. ibid., p. 423, ad lndicemi); inoltre, le date del soggiorno raven nate di
Bernardo (con l'alto ufficio conferitogli dal doge) sono stabilite dalla Giannetto sulla base di
una documentazione inoppugnabile (ibid., pp. 39-43,152-165); ed è verisimile che il nostro
Bartolomeo si trovasse al suo séguito allorché riuscì a procacciarsi il vetusto cimelio su papiro
(Ia cronologia «intorno al 1450», indicata da TJADER,Die nichtliterarischen iateiniscben Papyri,
l, p. 20, per l'acquisizione da parte di Bartolomeo Bembo del papiro conciliare greco con le
sottoscrizioni, ci appare un po'troppo alta, a meno che non si voglia pensare ad uno zio di Bernardo, ossia ad un fratello di Nicolò Bembo). Ad ogni modo, l'unico fratello di Bernardo sinora conosciuto è Tommaso Bembo (GIANNETTO,Bernardo Bembo cir., p. 423, ad lndicem). Esiste
invero un personaggio di rale famiglia di nome Bartolomeo (ibid., pp. 67, 102-104, 118-119
[con nota 80)). Si tratta di un figlio naturale di Bernardo Bembo, nato nella seconda metà degli
anni Cinquanta del XV secolo a Padova da una relazione giovanile con una ragazza probabil-
348
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
Tj1ider nella sua monumentale opera sui papiri latini di contenuto non
letterario prodotti in Italia, almeno tre documenti latini del VI secolo, oggi conservati nella Biblioteca Vaticana e recanti riferimenti
diretti a Ravenna ed al locale archivio arcivescovile, provengono dal
fondo dello stesso Bartolomeo Bembo, da cui poi essi confluirono nella collezione di Fulvio Orsini e, infine, al principio del XVII secolo,
nella «libreria» papale+", È, dunque, assolutamente certo che il nostro
mente chiamata Magdalena, nel periodo in cui Bernardo, frequentando lo Studio, aveva stretto
un sodalizio con il ben noto calligrafo padovano Bartolomeo Sanvito, padrino al battesimo del
bimbo (di qui il nome); questo Bartolomeo Bembo è arrestato come 'palatiere', nel Veneto un
operaio addetto ad aprire e chiudere le 'palate', che reggevano le catene di sbarramento per la
regolazione della circolazione fluviale e la riscossione delle gabelle sulle merci ivi trasportate.
Ma è assolutamente irnpossibile che un figlio bastardo, il quale svolgeva umili mansioni e
veniva mantenuto in condizioni di vita appena dignitose prima grazie al padre Bernardo e poi
per interessamento del fratellastro Pietro (il più celebre rampollo di tale dinastia di umanisri, primo figlio maschio legittimo di Bernardo in quanto nato nel 1470 dalla vera sposa di
quest'ultimo, Elena Morosini), fosse diventato improvvisamente un dotto bibliofilo (con ogni
verisimiglianza giurisperito, se è esatta la nostra interpretazione delle sigle poste in fondo alla
nota sul P.Vindob. G 3: cfr. supra, p. 345 con nota 306) e fosse giunto in possesso del nostro
papiro. Tra l'altro, anche la cronologia di questo Bartolomeo Bembo mal si accorderebbe con la
permanenza a Ravenna di Bernardo (da collocarsi quando il suo figlio naturale aveva poco più
di venti anni, era in pratica nullatenente e sarebbe comunque stato escluso dall'asse ereditario).
Infine, solo per completezza di informazione (e per documentare nell'area veneta la forma del
nome esibita nella registrazione sul P.Vindob. G 3) segnaliamo che la dimora in cui il cardinale Pietro Bembo abirò in Padova (e dove continuò a vivere il figlio Torquato) era situata «in
la contrà de S. Barnhjoiarnio [opp. Borrthjolarnio]»: cfr. O. RONCHI, La casa di Pietro Bembo
a Padova (da documenti inediti), in Atti e Memorie della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti in
Padova, n. s., 400923-1924),
pp. 285-329; ID., Nella casa del Bembo a Padova, ibid., n. s., 42
(1925-1926), pp. 420-434.
m Si tratta dei seguenti papiri: P.Vat. lat. 4 (metà del secolo VI), TJADER,Die nicbtliterartscben lateiniscben Papyri, I, ne. 3, III, tavv. 6-7 (= ChLA cit. [nota 235], XX. Italy I, pubI.
by A. PETRUCCI- ].-0. TJADER,Dietikon - Zurich, 1982, nr. 709); P.Vat. lat. 14 (a. 539),
TJADER,Die nichtliterarischen lateinischen Papyri, II, nr, 30, III, tavv. 100-105 (= ChLA, XX,
nr. 706); P.Vat.lat. 19 (a. 540, 21 marzo), TJADER,Die nicbtliterariscben lateinischen Papyri, II,
nr. 32, III, tav. 113 (= ChLA, XX, nr. 708). Questi tre documenti larini appartengono allotto
di quattro antichi papiri (l'ultimo non è stato riconosciuto con assoluta certezza) che nel1581
Fulvio Orsini acquistò da Torquato Bembo; questi pezzi sicuramente individuati entrarono nel
1602, assieme al resto della collezione Orsini, nella Biblioteca Vaticana (il quarto papiro non
si trova assieme agli altri in quanto fuoriuscì dal fondo Orsini prima di giungere nella raccolta
papale): olrre alle notizie presenti nell'edizione stessa dei docurnenri, cfr. anche la ricostruzione del fondo Bembo di papiri ravennati, della sua provenienza e della sua storia più recente
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
349
Bartolomeo Bembo, non altrimenti noto, avrà acquisito (in un modo
a nell'altro) dal patrimonio della Chiesa ravennate (P.Vindob. G 3: in
Ravena [... ] nel domo in la libreria; cod. Vindob. hist. gr. 56: Ravennati
in Ealesia parochiali) negli ultimi decenni del XV secolo anche l'attuale
P.Vindob. G y13.
Il frammento viennese appartiene, dunque, alla stessa raccolta archivistica di numerosi papiri latini altomedievali provenienti da Ravenna314; ne consegue che esso dovette giungere in Italia in ogni caso
prima della fine della dominazione bizantina nell'Esarcato nell'anno
751: una eventuale migrazione del papiro da Costantinopoli a Ravenna
in un'epoca più avanzata dell'alto Medioevo a addirittura più tardi è
praticamente da escludersi per ragioni storiche'!"; senza contare poi
che bisognerebbe chiedersi come mai un pezzo, perduto ormai qualsiasi valore nel 687, potesse sopravvivere per alcuni secoli nella capitale
dell'Impero bizantino.
nella Einleitung di TJADER,Die nicbtliterariscben lateiniscben Papyri, I, spec. pp. 20 (con nota 1;
breve menzione, come già più volte ripetuto in questa sede, anche di P.Vindob. G 3, citato
secondo MARINI, Papiri diplomatici cit. [nota 17», 35-36, 65 (nota l), 73-76, 79. Ulteriori
informazioni sul fondo Orsini sono reperibili infra, p. 361 con nota 342.
1Il Ma il nostro frammento, rispetto ai tre papiri larini di provenienza raven nate posseduti
da Bembo e passati poi nella collezione Orsini e infine nella Biblioteca Vaticana, prese una
srrada diversa, che lo portò a Vienna. Si veda anche la conclusione del nostro discorso, infra,
pp. 358-361 con note 337-342.
ll4 Cfr. la ricostruzione dell'archivio arcivescovile di Ravenna e della sua dispersione in
età moderna quale è offerta in TJADER,Die nicbtliterariscben latemiscben Papyri, I, pp. 17-23,
35-37,66-67,73-79
(in quest'ultimo caso si tratta dei papiri della Biblioteca Vaticana, di cui
anche subito più indietro, nota 312).
liS Ma già dopo la seconda intronizzazione
di Giustiniano II nel 705 (con la violenta
repressione contro Ravenna del 710: vd. infra, pp. 354-357 con noce 329-334) i rapporti
tra Cosrantinopoli e l'Esarcato si fecero via via più resi e poi segnati da un distacco sempre
crescente sul piano culturale (soprartutto con l'irruzione della controversia iconoclasrica): cfr.
ad es. GUILLOU,Régionalisme et indépendance, pp. 215-227, nonché per un inquadramento più
generale J. FERLUGA,L'Esarcato, in Storia di Ravenna, II. Dall'età bizantina all'età ottoniana, l.
Territorio, economia e società, a cura di A. CARILE,Ravenna - Venezia, 1991, pp. 351-377, spec.
pp. 368-373. Già MARINI, Papiri diplomatici cit. (nora 17), p. 382, aveva intuito che il nostro
papiro doveva essere arrivaro a Ravenna molto presto, anche se egli pensava che si trattasse
di un originale addirittura consegnaro alla fine del Cosranrinopolirano III al rappresentante
di Ravenna (il prete Teodoro: PmbZ, IV, nr, 7786) per il suo arcivescovo (anch'egli di nome
Teodoro: PmbZ, IV, ne. 7780), ciò che ovviamente è insostenibile.
350
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OlTO
KRESTEN
Resta ora da colmare la lacuna compresa tra il 687 (divina iussio
di Giustiniano II) ed il 751 (caduta dell'Esarcato di Ravenna nelle
mani dei Longobardi), considerando anche che il frammento negli
anni immediatamente successivi al 687 dovette trovarsi a Costantinopoli nell'ambiente di una delle due cancellerie centrali (imperiale
o patriarcale, più probabilmente nella prima), giacché altrimenti non
si spiegherebbe la presenza massiccia sul verso di una forma speciale di
tachigrafia, in quest' epoca ormai padroneggiata solo nei più elevati circoli cancellereschi'!". A questo punto si prospetta la seguente ipotesi,
certamente non ancora sorretta da prove concrete, tuttavia oltremodo
plausibile qualora si ricerchi un attendibile anello di congiunzione tra
Costantinopoli (con i suoi uffici dell'amministrazione
centrale, statale
ed ecclesiastica, e le sue pratiche notarili) e Ravenna (con il suo archivio arcivescovile) intorno all'anno 700317•
Al tempo dell'esarca Teodoro (prima del12 agosto 678 - 686/687),
e sotto l'arcivescovo pure di nome Teodoro (677-691), a Ravenna cominciò l'ascesa di un certo Iobannicius (lohanicis), al quale il suo lontano
discendente Agnello tpronepos, di cui, cioè, lobannicius era trisavolo) ha
dedicato alcuni interessanti capitoli nel suo Liber pontific a/is Ecdesiae
Ravennatis, naturalmente disseminati di toni encomiastici e talora melodrammatici e carichi di effetto318• Quando l'esarca, alla morte del suo
Cfr. supra, pp. 268-269 con note I05-106.
Un cenno oltremodo vago ed impreciso all'ipotesi, qui di séguito esposta, incentrata
sulla figura del notaio ravennate lobanniaus, si ritrova già in RIEDINGER, Griechische Kanzilsakten, p. 295 (= rist., p. 85), nota 17; vd. anche RIEDINGER,Die lateinischen Handscbriften, pp.
38-39 (= rist., pp. 122-123) con nota 9, e l'ulteriore ripresa nella Einleitung di RIEDINGER,
316
ll7
AeO, s. II, 11/2, p. XX sego
liB Si tratta dei seguenti brani, elencati qui cumulativamente
dalla recente edizione (a.
2006) di Deborah MAUSKOPFDELIYANNIS(si omettono in questa sede i riferimenti al testo,
comunemente adoperato sinora nella letteratura, quale è stampato da O. HOLDER-EGGER,in
M.G.H., Script. rer: Langob. et Ital. saec. VI-IX, Hannoverae, 1878, pp. 265-391, nonché all'ed.
incompleta di A. TESTI-RASPONI,in R.I.S., n. s., 2/3, Bologna, 1924): AGNELLUS,Liber pont.
Ecel. Raienn., pp. 291, lin. 81 - 292, lin. 128 (intero cap. 120) [arcivescovo Teodoro, 677691]; p. 300, linn. 31-33 (finale del cap. 125) [arcivescovo Damiano, 692-708]; p. 314, linn.
78-82 (all'interno del cap. 137); p. 315, linn. 94-106 (principia del cap. 138); p. 317, linn.
150-153 (ptincipio del cap. 140); pp. 319, lin. 211 - 320, lin. 244 (intero cap. 141); pp. 320,
lin. 254 - 321, lin. 264 (finale del cap. 142); pp. 324, lin. 370 - 325, lin. 385 (intero cap.
146, con la genealogia di lohanniaus: da questi era nata, tra gli altri, Agnese [manca in Co-
IL PAPIRO CONCILiARE
P.VINDOB. G 3
351
notarius, si mise alla ricerca di un successore idoneo per tale posto di
estrema responsabilità, ossia di un candidato qui potuisset epistolas imperiales componere vel ceteras scripturas canulas, quas necesseerat, in palatio
perficere, gli fu raccomandato un rampollo di nobile famiglia, appunto
l'astro nascente Lobannicius, il quale era ugualmente versato in greco
SENTINa, I], la quale generò Andrea [manca in COSENTINO,I], da cui nacque Basilio [manca
in COSENTINO,I), padre di Agnello [che portava anche il nome di suo nonno: qui et Andreas),
autore della cronaca ravennate) [arcivescovo Felice, 709-725); si vedano anche gli episodi,
pure concernenti il notarius ma non rilevanti ai fini della presente trattazione, narrati ibid., pp.
325, lin. 386 - 326, lin. 435 (interi cappo 147-148, sempre all'interno della sezione dedicata
all'arcivescovo Felice). La storia dello scriba eccezionalmente dotato, cui la sorte aveva riservato un orribile supplizio come pena capitale, ha suscitato l'interesse di non pochi studiosi: cfr.
ad es. LM. HARTMANN,johannicius
von Ravenna, in Festschrift Tbeodor GOMPERZ,dargebrachr
zum siebzigsten Geburrstage [... ) von Schulern, Freunden, Collegen, Wien, 1902, pp. 319323; N. TAMASSIA- V. USSANI,Epica e storia in alcuni capitoli di Agne/lo Ravennate, in Nuovi
Studi medievali, l (923), pp. 9-40; ).-0. TJADER, Die Bestrafung des Notars johannicius im
«Liber Pontificalts» des Agne//us, in Italia medioevale e umanistica, 2 (959), pp. 431-439; GUILLOU,Régionalisme et indépendance, pp. 112-113, 160,216-218 (da cui deriva appieno FERLUGA,
L'Esarcato cit. [nota 315), p. 369); A. GUILLOU, Demography and Culture in the Exarchate of
Ravenna, in Studi medievali, ser, 3', 10/1 0%9) [= A Giuseppe ERMINI, I, Spoleto, 1970]' pp.
201-219, precis. p. 206 sego (ripreso in ID., Demografia e società a Ravenna ne/l'età esarca/e, in
Storia di Ravenna II11 cit. [nota 315], pp. LOl-L08, precis. p. 106); J. MARTiNEZ PIZARRO,
Writing Ravenna. The Liber Pontificalis of Andreas Agnellus, Ann Arbor, Michigan, 1995, pp.
22,75-76,82,88,118,158-188
("ChapL 3. Four Stories». (IV.) "The Martyred Scribe»: ivi
traduzione inglese dei passi relativi a Iohannicius, analisi dettagliata degli avvenimenti ed ampia bibliografia); un cenno fugace (peraltro non privo di mendel in A. CARILE,Agnello storico,
in Storia di Ravenna W2 cit, (nora 235), pp. 373-378, precis. p. 374; si consulti anche illemma
Iohannicius in PmbZ, II, nr, 3428 (nonché PmbZ, IV, nr, 7318, per l'esarca Teodoro Ida non
confondersi con l'esarca Teodoro Calliopa, PmbZ, IV, nr, 7295); per l'arcivescovo Teodoro vd.
supra, nota 315); vd. inoltre COSENTINO,II, pp. 218-219 [Iohan(n)icius); non ci è accessibile
M. W. STEINHOFF,Origins and Development of the Notariate at Ravenna (Sixth through Thirteenth
Centuries), Diss. New York University, 1976 (spec. pp. 65-69 [notizia desunta da MARTINEZ
PIZARRO,Writing Ravenna cit., p. 173, nota 139)). - Si noti che Agnello impiega regolarmente
la variante ortografica Iohanicis che, di cerro equivalente al greco 'Ioovvixioz; (cui corrisponde più correttamente Iohannicius), ne riprende la forma popolareggiante 'Iroav(V)IXll<;,con il
fenomeno abbastanza frequente della semplificazione della geminata; ad ogni modo, si è qui
preferita per comodità la grafia normalizzata lobannicius, trascritta direttamente in latino, non
avendo noi inteso accogliere le possibili rese in italiano del nome proprio (Giovannicio oppure
Ioannicio/]oannicio [così ad es. FERLUGA,L'Esarcato cir., p. 369, e CARILE,Agnello storico cit.,
p. 374] a sirn.), tutte, a nostro giudizio, insoddisfacenti.
352
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
come in larino'!". Costui, dopo essersi presentato al cospetto della corte ravennate (nonostante l'aspetto fisico non attraente e dimesso) ed
aver superato brillantemente una prova di abilità nella traduzione a
prima vista dal greco in latino e viceversa, fu assunto ed esercitò la sua
funzione presso la cancelleria dell'esarca di Ravenna ad un livello talmente elevato da suscitare l'attenzione dell'imperatore Costantino IV,
il quale, dopo aver letto documenti composti da Iohannicius in nome
dell' esarca e ulteriori suoi scritti (forse di poesia ecclesiastica), pure inviati a Costantinopoli, lo chiamò presso di sé nella capitale dell'Impero
bizantino, dove il notaio ravennate incontrò il favore del sovrano (inter
primates eum habuit [scil. imperator])320. Da ciò si evince che Iohannicius
era giunto a Costantinopoli in ogni caso prima del settembre (oppure
luglio) 685, data di morte di Costantino IV, e che ivi egli si trovò a
stretto contatto soprattutto con i suoi .colleghi di lavoro' nei circoli
cancellereschi-" , finché non fece ritorno in patria, come ci riferisce
319 AGNELLUS,Liber pont. Ecc!. Ravenn., p. 291, linn. 81-97 (cap. 120) [parole citate ibid.,
p. 291, linn. 87-89].
320 AGNELLUS,Liber pont. Eccl. Ravenn.,
pp. 291, lin. 98 - 292, lin. 128 (cap. 120); riportiamo la frase finale, relativa all'intervento dell'imperatore Costantino IV (ibid., p. 292, linn.
121-128): I...
J imperator Constantinopolitanus [sicuramente Costantino IV] iussit exarare epistolam ad bune patricium [scil. l'esarca Teodoro) continentem ita: "Mitte ad me virum ilium qui tales
compositiones, quas ad me misisti, et carmina fingit. " Qui, onerata roborea trabi diversa necessitate, misit
eum in Constantinopolim. Et cum eum tntuitus [uisset imperator, incredibilis [uit de eius scientia. Post
dies vero paucos eius claruit doctrine, et inter primates eum habuit; l'epistola imperiale parafrasata
da Agnello manca in DOLGER,Regesten, I (da inserire dopo Reg. nr. 253). Quanto ai carmina,
segnalati dal sovrano bizantino assieme ai documenti dell'esarca stilati da lohannicius, è possibile che si tratti di componimenti liturgici, giacché in un altro luogo della cronaca ravennate
si afferma che il dotto notaio, esperto in entrambe le lingue, fu esortato dall'arcivescovo Felice
a formulare non solo in latino ma anche in greco le antifone da recitarsi durante le celebrazioni domenicali (AGNELLUS,Liber pont. Eccl. Ravenn., p. 324, linn. 370-376 [cap. 146):
doveva, dunque, trattarsi di una attività letteraria cui lohannicius era solito attendere, anche
se l'epoca del 'pontificate' raven nate di Felice (709-725; su di lui cfr. soltanto COSENTINO,I,
pp. 456-457 [Felix"], giacché manca il corrispettivo lemma in PmbZ, I) risulta leggermente
posteriore all'episodio qui trattato.
l2I I primates cui allude ostenratamenre Agnello (vd, il passo regisrraro a nota prec.) saranno
stati con ogni probabilità gli esponenti di maggior spicco della casta dei funzionari e dei notai
imperiali, vale a dire quegli stessi aQxovn;ç di cui si è già detto in precedenza (cfr. ad es. supra,
pp. 326-327 con note 254-257). - Sulla data di morte di Costantino IV cfr. supra, nota 263.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
353
Agnello, al tempo dell'arcivescovo Damiano, che sedette sul seggio
ravennate dal 692 al 708322•
Riassumendo, nell'anno in questione, il 687 (data della divina iussio di Giustiniano II), lohannicius soggiornava sicuramente a Costantinopoli, e proprio durante la frequentazione del personale delle grandi
cancellerie centrali della capitale bizantina (più verisimilmente, come
più volte detto, di quella imperiale) potrebbe essergli capitato sotto
gli occhi il papiro nel frattempo estromesso dagli atti del Costantinopolitano III e contenente le sottoscrizioni accuratamente riprodotte in
calce all'oQoç alla fine della XVII sessione+": in questo caso lohannicius
dovette probabilmente ripescare il rotolo tra gli scarti di papiro accantonati nell'ufficio che lo conservava, dopo il suo reimpiego come 'carta
da minuta' (ossia dopo la stesura delle note tachigrafiche sul verso) e
in uno stato verisimilmente a quell'epoca già non più integro (con la
perdita di una parte non esigua dei xOÀÀ~lla'm originarij+", Pur eon
tutta la sua arte scrittoria, peraltro appresa soltanto 'in provincia?", si
322 AGNELLUS,Liber pont. Ecc/. Ravenn., p. 300, linn. 31-33 (cap. 125): Eo namque tempore
[sciI. pontificis Damiani] reuersus est praedictus Iohanicis Constantinopoli Ravennam, et claruit eius
sapientia in tota Italia; sulla cronologia di Damiano (manca in PmbZ, I; COSENTINO, I, p.
345 [Damianus'] [con numerose incongruenze]) cfr. l'Introd. della MAUSKOPFDELlYANNISin
AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Raoenn., p. 115.
323 Sulle modalità con le quali il volumen conservato parzialmente nell'attuale P.Vindob. G
3 fu eliminato dall'originale (quasi sicuramente quello imperiale) in cui era stato lasciato alla
fine del concilio cfr. supra, pp. 328-330 con note 262-269.
324 Contrariamente
a quanto sosrenuro nella Einleitung di RIEDINGER, ACO, s. II, II/2,
p. XXI (<<Alsder Papyrus, damals [ossia quando lohannicius poté vederlo e portarlo con sé in
parria] vermurlich umfangreicher als heure, einmal in Ravenna war [... ]»), siamo propensi a
rirenere che il noraio ravennare non possa aver rinvenuro un frammento molto più grande di
quello superstite in p.vindob. G 3, giacché esso dovette molto probabilmente già essere stato
in buona misura consumato in quanto sottoposto all'opera di progressivo smantellamento e di
'riciclaggio' da parte dei funzionari cosrantinopolitani; e le tracce di tachigrafia sul verso stanno ad indicare che il pezzo oggi custodito a Vienna era già stato riutilizzato e probabilmente
era pronto per essere gettato via. Per una ricostruzione congetturale del rorolo originario cfr.
supra, pp. 242-248 con note 29-45.
m Come opportunamente nota - a proposito del nostro estensore bilingue di documenti
della cancelleria ravennare - GUILLOU,Régionalisme et indépendance, pp. 112-113, «Tout port
done à penser que le cas de Johannicis érait une exception à Ravenne. Le latin érait, au VII' siècle, la langue de I'Eglise de Ravenne, du mains, de celie des documents qu'elìe nous a transmis
[... ]. Les étoffes liturgiques retrouvées dans les sarcophages portaient des invocations et des
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GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
può facilmente immaginare che la stilizzata corsiva cancelleresca delle
sottoscrizioni in minuscola così come la varietà, descritta nella prima
parte del nostro contributo, delle firme ricopiate in maiuscola abbiano
affascinato a tal punto il notaio ravennate da indurlo ad impadronirsi del frammento quasi a mo'di 'campionario di scritture?", tanto
più che i suoi 'colleghi' delle cancellerie centrali costantinopolitane
gli avranno ceduto, certo senza grosse obiezioni, il papiro ormai divenuto ai loro occhi totalmente inutile; non si può nemmeno escludere
che a destare l'interesse di Iohannicius siano state anche le registrazioni
tachigrafiche sul verso e che egli con il loro ausilio intendesse studiare
questo esito singolare e'riservato' della tachigrafia cancelleresca oppure esercitarvisi!".
In quale preciso momento Iohannicius e assieme a lui, come ipotizzato, il papiro siano giunti a Ravenna, non si può più ormai accertare: in ogni caso dopo l'anno 692328• Forse lobannicius fu testimone a
Costantinopoli della violenta conclusione, nell'anno 695, del primo
regno di Giustiniano II; forse egli giocò persino un ruolo secondario,
da fiancheggiatore, nella rivolta metropolitana che costò all'imperatore
la perdita del trono e la murilazione ?". Quantomeno, questa sarebprières latines. Et les inscriptions grecques sur les sépultures sont des exceptions [... J qui ne
peuvent èrre considérées com me des sources pour connaitre la langue véhiculaire de la région.
Tous les acres notariés conservés, émanant de I'Eglise de Ravenne, de hauts fonctionnaires
byzanrins, ou de simples particuliers, sont tous rédigés en latin»; vd. anche ID., Demography
and Culture cit. (nota 318), p. 206 seg.; ID., Demografia e società cit. (nota 318), p. 106 «<Qui
[ossia a Ravenna], nel VII secolo non si sapeva parlare comunemente altro che il latino»). Gli
unici veri modelli grafici erano, dunque, quelli provenienti da Costantinopoli; e 'l'eccezione
lobannicius' rende ancora più seducente l'ipotesi che solo costui in pratica sarebbe stato in grado di trovarsi nelle condizioni di cogliere un'occasione irripetibile. - Sulla produzione, libraria
e documentaria, di àmbito raven nate cfr. la bib!. cit. supra, nota 235 .
.126 È abbastanza evidente che per un personaggio di tal genere le U1toYQo<POt
in minuscola
ed in maiuscola (che si sono dimostrate d'imitazione: cfr. supra, pp. 254-260) dovevano costituire una irresistibile attrattiva, una sorta di 'prototipo' per le proprie prove di scrittura.
l27 Su tali note di compendio cfr. supra, pp. 268-269 con note lO5-lO6. Sicuramenee 10bannicius non aveva mai visto nulla di simile!
12M Cfr. qui poco più indietro, p. 352 sego con nota 322.
129 Gli storici moderni sono propensi a dare credito alla notizia, riportata
in AGNELLUS,
Liber pont. Ecci. Rat'enn., pp. 312, lin. 23 - 313, lin. 55 (cap. 137), secondo cui anche taluni
Ravennati parteciparono alla deposizione di Giustiniano II nel 695: cfr. spec. GUILLOU,Régionalisme et indépendance, p. 217. Se poi tra i rives Ravennae, i quali, assieme a membri dell'eserci-
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
355
be una spiegazione plausibile
del fatto che Giustiniano II, una volta
reimpadronitosi del potere imperiale nel 705, fece arrestare e trasportare nel 710 da Ravenna a Costanrinopoli+'", assieme ad altri, anche
lo stesso Iohannicius, il quale fu orrendamente torturato a morte, laddove persino nel momento più atroce dell'agonia egli non dimentica
(almeno nella narrazione idealizzata fattane da Agnello) l'abilità nella
sua professione, vergando con il sangue, copiosamente sgorgato dalle
sue dita martoriate nel supplizio, parole di fuoco contro il tiranno'?'.
to, fecero in modo che imperatoris [... J nares et aures abscissae [uerent (AGNELLUS,Liber pont. Eccl.
Ravenn., p. 312, linn. 23-25), sia da annoverare anche lobannicius, è difficile dire con assoluta
sicurezza (ciò è ipotizzare già ad es. da HARTMANN,johannicius
von Ravenna cit. [nota 318J, p.
322, nonché in TJADER,Die Bestrafung des Notars jobanniata cit. [nota 318), pp. 434-435, e
in MARTINEZPIZARRO,Writing Ravenna cit. [nota 318], p. 173; un cenno indiretto anche in
GUILLOU,Régiona/isme et indépendance, p. 216); ad ogni modo, questi poté trovarsi benissimo
ancora in quel momento a Costantinopoli; e l'ostilità del notaio ravennate verso il figlio di
Costantino IV, ossia di colui che invece ne era stato in qualche modo il mecenate nella capitale dell'Impero, sembra comunque suggerita dal passo, di cui discuteremo tra breve (cfr.
infra, nota 331 e contesto), in cui Agnello - ovviamente calcando gli accenti letterariamente
più efficaci in un resoconto in parre arricchito anche di elementi fantastici - narra di come
Giustiniano Il abbia decretato definirivamente, dopo un lungo tormento, la pena capitale per
lohannicius, quia inuiaissimo augusto contraries fuit (AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Raienn., p. 320,
linn. 232-233).
llO La data di questa spedizione punitiva, allestita dopo l'uccisione dell'esarca Giovanni
Rizocopo (PmbZ, II, nr. 2953; COSENTINO,II, p. 199 [Iohannes=j) e capeggiata dal patrizio
Teodoro (strarego di Sicilia: PmbZ, IV, ne. 7521), è stata fissata al 710, con argomenti a nostro
giudizio inoppugnabili, da GUILLOU,Régionalisme et indépendance, pp. 215-216, ed è comunemente accolta negli studi (vd. ad es. FERLUGA,L'Esarcato cit. [nota 315], pp. 368-369,376
[nota 146)); ancora favorevole al 709 sembra MARTINEZPIZARRO,Writing Ravenna cit. (nota
318), p. 173.
m La notizia della cattura di lohannicius (assieme ad altri Ravennati, tra cui anche
l'arcivescovo Felice, in séguito fatto 'soltanto' accecare da Giustiniano II) è in AGNELLUS,Liber
pont. Ecci. Ravenn., p. 314, linn. 78-82 (cap. 137); al supplizio inflitto al notaio è, invece, consacrato l'intero cap. 141 della cronaca ravennate (ibid., pp. 319, lin. 211 - 320, lin. 243). La
miglior rappresentazione della pena patita da lobannicius, con pertinenti osservazioni di natura
filologica e linguistica, si trova in TJADER,Die Bestrafung des Notars}ohannicius cit. (nota 318),
dove sono reperibili già i numerosi richiami letterari relativi alle punizioni corporali assegnate
agli scribi (ibid., pp. 436-438); al contrario, piuttosto prolissa e talora poco concreta risulta
la recente esposizione di MARTINEZPIZARRO,Writing Ravenna cit. (nota 318), pp. 173-183
«(Torture by wriring»). Si tratta di un racconto altamente drammatico e carico di pathos: il
sovrano bizantino ordinò di condurre al suo cospetto lo scriba lobannicius e, una volta guardatolo in volto ("Nunquid iste eft Iobanicis scribal": AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ratenn., p. 319,
356
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
orro KRESTEN
Peraltro, la vendetta del sovrano su Iohannicius potrebbe anche essere
messa in relazione con la più generale condanna inflitta da Giustiniano
II alla (ai suoi occhi) infedele Ravenna-", tanto più che nel racconto di
Agnello i convulsi avvenimenti di questi anni, sullo sfondo delle rela-
linn. 215-216 [non possiamo dire se, al contrario del padre Costantino IV (supra, nota 320 e
contesto), Giustiniano II non avesse veramente mai visto prima di allora il notaio ravennate:
potrebbe anche trattarsi di un artificio narrativo creato da Agnello», ne decretò la modalità più
idonea di tortura, che consisteva nell'inserimento sotto ciascuna unghia delle dita delle mani
di una canna (harundo) penetrata fino alla seconda articolazione; dopo di che, l'imperatore ingiunse di fornire al notaio materiale scrittorio ed un calamo affinché potesse scrivere. lobannicius, afferrato lo strumento con due dita, rifiutò l'inchiostro, preferendo vergare con il suo stesso sangue le lettere (presumibilmente in greco, essendo la scena ambientata a Costantinopoli
nella corte imperiale) le quali esprimevano il suo estremo pensiero, dove egli implorava Dio di
liberarlo dai suoi nemici e dalle grinfie dell'ingiusto imperatore; quando ebbe finito, scagliò
il foglio contro Giustiniano II sfidandolo a saziarsi del suo sangue. Il ~acrtÀ£uç non se lo fece
ripetere due volte e dispose la condanna capitale del suo oppositore (definito sarcasticamente
fecundus poeta: AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., p. 320, lin. 232 [sul passo cfr. anche supra,
nota 329 e contesto]; se sia un richiamo anche all'attività letteraria di lobannicius [supra, nota
320 e contesto) non siamo in grado di confermare), condanna da eseguirsi tramite lo schiacciarnenro ripetuto tra due lastre di pietra, ad imitazione della sorte che di solito tocca ai topi; ma
prima di morire il notaio inveì contro l'imperatore, rivolgendosi ai suoi torturatori, e rivelò
funesti presagi per l'immediato futuro delloro tiranno (che tali previsioni riguardassero eventi
luttuosi che si sarebbero verificati esattamente l'indomani rispetto al giorno dell' esecuzione di
lobannicius, ossia la ribellione degli stessi soldati e l'uccisione di Giustiniano II [AGNELLVS,
Liber pont. Ecci. Rauenn., p. 320, linn. 237-243; cfr. anche linn. 244-253 (descrizione della fine
del sovranoj], è sicuramente un'invenzione del cronista ravennate, giacché la spedizione punitiva contro Ravenna è del 710, mentre la fine del secondo regno di Giustiniano IIva collocata
nel dicembre del 711: cfr. anche le riflessioni a tal proposito in MARTiNEZPIZARRO,Writing
Ravenna cit., p. 183) .
.Hl Cfr. AGNELLVS,Liber pont. Ecel. Ratenn.,
pp. 313, lin. 40 - 314, lin. 77 (cap. 137, con
la narrazione dell'intervento punitivo di Giustiniano II, deciso ora a vendicarsi, con l'aiuto
dello strarego Teodoro [supra, nota 330), anche di Ravenna: [sogg. imperatorI Ad Rauennam
corda reuoloens retorsit, et per noctem plurima voloens, infra se taliter agens: "Hm, quid agam, et contra
Ravennamque exordia sumam?" [... ] [poi rivolgendosi a Teodoro) "Ipsa gens [sciI. i Ravennati]
inimica micbi per fraudulenta consilia nares micbi absciderunt et aures [vd. anche supra, nota 329]
[... IIn oculis eorum esto iocundus, in corde sis bostis" l ... ] [parole di Teodoro alla vista di Ravenna]
"O sola infelix et sola crudelis Ravenna, qui rura extrinsecus, acerrimum latet in/us uenenum! Aequalis
S%
videris, sed caput nubila tangis" li passi qui citati sono più specificamente in AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., p. 313, linn. 40-42, 50-51, 54-55; p. 314, linn. 63-65]). Per un'analisi
dell'atteggiamento dei Ravennati nei confronti di Giustiniano IIbasti il rimando a GUILLOU,
Régionalisme et indépendance, pp. 214-218.
IL PAPIRO CONCILIARE
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357
zioni tra l'Impero e l'Esarcato, si intrecciano indissolubilmente con la
ricostruzione di una tragedia familiare (ossia di un casato di cui era un
ramusculus lo stesso cronistar':", come dimostra anche l'episodio della
sorella di lohannicius, la quale cadde morta, come da lei stessa agognato, dopo aver visto la testa mozzata di Giustiniano II, portata in trionfo
(su ordine di Filippica Bardane) anche a Ravenna dopo l'insurrezione
che alla fine del 711 era costata la vita al 'rinotmeto'P".
Comunque sia, dal lascito di lohannicius il P.Vindob. G 3 (ormai
press'a poco nelle sue attuali dimensioni) potrebbe essere giunto in
possesso della Chiesa di Ravenna, dove sopravvisse per tutto il Medio-
333 Le attestazioni di questa saga, oltre alle notizie già riportate in precedenza (e a quella di
cui alla nota sego e contesto), sono in AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., p. 3 I 5, linn. 94-99
(cap. 138: durante il trasferimento dei prigionieri a Costantinopoli lohannicius invita il fratello, non menzionato per nome, ad annotarsi che la propria moglie era morta, che egli stesso
presto l'avrebbe seguìra, mentre il fratello sarebbe ritornato in patria carico di ricchezze); pp.
317, lin. 150 - 319, lin. 210 (cap. 140: Giorgio [manca in PmbZ, II; COSENTINO, II, p. 45
(Georgiusl4)J, figlio di lobannicius, viene eletto dai Ravennati a comandante della città in modo
da provvedere alla difesa, in mancanza di un rappresentante sia del potere imperiale [l'esarca
Rizocopo era stato assassinato: supra, nota 330J sia di quello religioso [l'arcivescovo Felice era
stato deportato a Costancinopoli: supra, nota 331]; cfr. GUILLOU,Régionalisme et indépendanee,
p. 218); pp. 324, lin. 377 - 325, lin. 385 (cap. 146: dopo la genealogia di Iohannicius [di cui
supra, nota 318; a linn. 377-378 la citazione dei ramusculi, tra cui anche Agnello] si incroduce il racconto [esteso sui due cappo segg., 147-148J fatto da Ilario [COSENTINO,II,p. 103
(Hilarus'D], segretario di lohannicius [vd. anche infra, nota 335], ad Andrea, nipote del notaio
martirizzato ai tempi di Giustiniano II e a sua volta nonno di Agnello [supra, nota 3181; che in
questo Ilario sia da identificare l'anello di collegamento pet la trasmissione di tutte le vicende
incentrare sulla figura di Iohannieius e narrate da Agnello, come affermato da CARILE,Agnello
storico cit, [nota 318], p. 374, non si desume affatto dal Liber pontificalis Ecclesiae Ravennatis).
1'4 AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., pp. 320, lin. 254 - 321, lin. 264 (cap. 142); dopo la
descrizione particolareggiata dell'assassinio di Giustiniano Il(ibid., p. 320, linn. 244-253) si
presenta quesra narrazione piuttosto raccapricciante e spetracolare, avente come protagonista
la sorella, non menzionata per nome, del notaio ravennate, appena giustiziato dall'imperatore
(ma sulla successione di questi avvenimenti vd. supra, nota 331); costei, avendo avuto notizia
dello scempio del cadavere del tiranno e, più in particolare, dell'esposizione, a mo'di trofeo,
della sua testa, aveva implorato il Signore di porerla guardare e subito dopo di soccombere;
avvisata dell'avvicinarsi del macabro corteo, nel frattempo giunco a Ravenna, ella salì in casa
e dalla sua finestra chiese allalfiere' di fermarsi con il suo 'vessillo': dopo aver osservato attentamente la testa mozzata del carnefice di suo fratello, scoppiò in lacrime ringraziando Dio
per aver esaudito il suo desiderio, cadde all'indietro e improvvisamente morì. Cfr. GUII.LOU,
Régionalisme et indépendance, pp. 217 -218.
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GIUSEPPE DE GREGORIO
- OITO
KRESTEN
evo, assieme ad un numero non esiguo di papiri documentari latini di
età tardoantica e altomedievale, nel quieto riparo del locale archivio
arcivescovile'P, finché non fu scoperto verso la fine del secolo XV da
Bartolomeo Bembo". Una volta proprietà della famiglia Bembo (più
m Sicuramente lobannicius e le persone a lui più vicine erano in relazioni assai strette con
la curia arcivescovile di Ravenna. Oltre alla notizia sui componimenti innografici redatti dal
notaio per l'arcivescovo Felice (cfr. supra, nota 320), sappiamo che Ilario, il segretario di 10bannicius il quale trasmise alcune srorie relative al suo maestro (supra, nota 333), divenne in
séguito enaiitus scriniarius huius sanctae ecclesiae (AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., p. 325,
linn. 381-382 [cap. 146]). Lo stesso Agnello, pronipote e cantore delle gesta di lohannicius,
nella prima metà del IX secolo era al servizio della Chiesa di Ravenna ed aveva accesso al
suo archivio (cfr. l'Introd. all'ed. della MAUSKOPFDELIYANNIS:AGNELLUS,Liber pont. Ece/.
Ravenn., pp. 7-9,47-48); e del resto, con illemo ed inesorabile venir meno del potere irnperiale sull'Esarcato e poi con la conquisra longobarda, l'istituzione ecclesiastica restò l'unica
saldamente ancorata alle tradizioni cittadine. Per il patrirnonio della Chiesa ravennate nel
Medioevo ancora utile risulta per certi aspetti la ricosrruzione di S. BERNlCOLI,La biblioteca
del/'Arcivescovato di Ravenna, in Felix Ravenna, 34 (1930), pp. 22-34; ma si veda anche GIUS.
BlLLANOVlCH,Dall'antica Ravenna aJIe biblioteche umanisticbe, in Aevum, 30 (956), pp. 319353, e soprattutto A. CAMPANA,Il codice rauennate di S. Ambrogio, in Italia medioevale e umanistica, 1 (1958), pp. 15-68; più in generale, per le testimonianze manoscritte superstiti (alcune
delle quali ancor oggi conservare nell'Archivio arcivescovile di Ravenna) basti qui il rimando
alla sintesi di CAVALLO,La cultura scritta a Ravenna cit. (nota 235), nonché ovviamente, per i
papiri documentari, alla Etnleitung di TJAOER,Die nichtliterarischen lateintscben Papyri, I (cfr.
supra, nota 314); vd. ora anche P. RADICIOTTl,Una bolla papale ritrovata: il papiro Tjàder t 56
nel/'AT/g. Or. 62, in Studi di egittologia e di papiroiogia, 1 (2004), pp. 139-145, precis. p. 144 con
nota 30. - La notizia riportata in AGNELLUS,Liber pont. Eal. Raoenn., p. 311, linn. 359-366
(cap. 134), secondo la quale sotto l'arcivescovo Damiano (692-708) l'archivio della Chiesa di
Ravenna fu vittima di un incendio e di un conseguente saccheggio, naturalmente non può
riguardare la permanenza del P.Vindob. G 3 in quella sede, giacché a quel tempo lobanntcius
tornava da Costantinopoli (vd. supra, p. 352 sego con nota 322) ed era ancora in vita: se, dunque, fu costui a portare a Ravenna il frammento, come da noi qui ipotizzato, esso doveva ancora trovarsi in suo possesso al momento del disastro che colpì illocale archivio ecclesiastico (un
disastro che certamente non ha distrutto tutto il materiale manoscritto, giacché, come è noto,
non pochi papiri ravennati dei secoli V-VII sono ancora conservati [cfr. i riferimenri supra, pp.
348-349 con note 312 e 314; per uno sguardo d'insieme sulla documentazione superstire basti
consultare la lista sinottica nella Einleitung di TJAOER,Die nicbtliterariscben lateiniscben Papyri,
I, pp. 35-37 «( Verzeichnis A»)]); comunque sia, quella data può costituire un plausibile terminus post quem per l'ingresso del nostro cimelio nell'Arcivescovato. - Sull'ampiezza del papiro di
Vienna a partire dalla sua presumibile acquisizione da parte di lohannicius (comunque dal suo
ingresso a Ravenna intorno all'a. 700) fino alla vendita a Padova nel 1553 cfr. supra, nota 324,
e infra, nota 341.
ll6 Cfr. supra, pp. 345-349 con note 306-313.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
359
specificamente essendo stato già inglobato, con ogni probabilità poco
dopo l'acquisizione da parte di Bartolomeo, nella collezione di Bernardo Bembo), il frammento papiraceo finì, attraverso l'erede legittimo di
Bernardo, il cardinale Pietro Bembo, nelle mani del figlio di quest'ultimo, l'abate Torquato Bembo, il quale a Padova (dove dirnoravar=" lo
vendette nel 1553 a Johannes Sambucus (1531-1584), I'umanista ungherese che in séguito arrivò a ricoprire ruoli di prestigio (comes Palatines, consigliere e storiografo imperiale) presso gli Absburgo, alla cui
«Hofbibliothek» a Vienna fu ceduta in due quote cronologicamente
distinte la sua preziosa raccolta di libri338.
Il giovane ed emergente studioso, proveniente dall' allora regione
dell'alta Ungheria (oggi Slovacchia), era partito alla volta di Padova
il 2 ottobre 1553, allorché era stato assunto quale precettore di un
nobile ungherese frequentatore dello Studio, vale a dire Georg Bona,
signore di Landsehr e Lackenbach nonché nipote del dotto arcivescovo
di Gran e primate d'Ungheria Nikolaus Olcih339• Dunque, già nelle
Sulla casa dei Bembo a Padova cfr. supra, nota 311 (fine).
Bibliografia sul Sambucus supra, nota l. Non è qui il caso di ripercorrere in dettaglio
le vicende che condussero all'alienazione della sua biblioteca. Sicuramente il nostro papiro
non entrò nella collezione imperiale viennese nell'ottobre 1578, allorché lo stesso umanista
curò (dopo un lungo negoziato) la vendita di un primo consistente lotto dei suoi libri alla casa
imperiale d'Austria, a quell'epoca retta già da Rodolfo II (cfr. GERSTINGER,johannes Sambucus
cit. [nota 1]. pp. 279 segg.): è, infatti, acclarato che il frammento conciliare dovette rimanere
ancora presso il Sambucus (così anche GERSTINGER,johannes Sambucus cit., p. 295), ed è molto
probabile che le copie, per lui approntate, delle sottoscrizioni (un cenno supra, pp. 235 [con
nota 6],237 [con nota 14],345-346 [con note 308-309]) risalgano al 1583; inoltre, manca
qualsiasi traccia della charta Niliaca sia nell'elenco provvisorio di antichità varie, stilato dal
Sambucus il26 ottobre 1583 in previsione del suo testamento (GERSTINGER,johannes Sambucus
cit., p. 286), sia, appunto, nelle sue ultime volontà, raccolte in un atto in favore del suo figliolo undicenne Johann il 20 marzo 1584. Dopo la sua morte (13 giugno 1584) fu la vedova a
trattare con la corte viennese la vendita del secondo blocco di cimeli di vario tipo (soprattutto
libri e monete) rimasti ancora presso di lei, e il lascito di volumi del Sambucus entrò nella
«Hofbibliotheb
(allora diretta da Hugo Blotius) il 13 aprile 1587: a quell'epoca anche il
papiro fu aggregato alla collezione imperiale (cfr. LAMBECK, Commentarii VIII cit. [nota 131,
p. 411: «[fragmentum ...] post ipsius mortem, quae in annum Christi 1584 incidit, translatum
fuit in Augustissimam Bìbliorhecam caesaream Vindobonensern»). Per l'impiego da parre
del Sambucus del P.Vindob. G 3 e per la sua storia successiva ci permettiamo di rimandare
al nostro prossimo contributo, annunciato all'inizio del presente lavoro (vd. supra, nota 6).
ll9 Cfr. GERsTINGER,johannes
Sambucus cit. (nota 1), p. 267.
337
33"
360
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
prime settimane del suo soggiorno nella città veneta (la nota sul cod.
Vindob. hist. gr. 56 menziona esplicitamente ancora l'anno 1553 come
data dell'acquisto del papiroj'"? Sambucus dovette venire a conoscenza
che il figlio del celebre letterato Pietro Bembo (1470-1547), Torquato Bembo (1525-1595), pur interessato alle sillogi antiquarie (specie
al medagliere) ed ai monumenti artistici paterni, era intenzionato a
disfarsi dei manoscrirri>". Insomma, Sambucus intercettò la preziosa
Cfr. supra, p. 346 con nota 309.
Torquato Bembo, il secondo dei tre figli che Pietro Bembo ebbe da Ambrogina Faustina
Della Torre (soprannominata dal poeta la Morosina, con la quale convisse more uxorio), ereditò
buona parte del patrimonio familiare (il primo figlio della coppia, Lucilio, mori giovanissimo); contro l'espressa volontà del padre egli disperse negli anni una gran quantità di libri dei
Bembo, che gli apparivano di scarso interesse, mentre conservò parzialmente gli oggetti d'arte
più appariscenti (ad es. le statue) e le medaglie. Un icastico ritratto di Torquato ci è offerto
da P. DE NOLHAC, La Bibliothèque de Fulvio Orsini. Contributions à l'histoire des collections d'llalie
et à I'étude de la Renaissance, Paris, 1887 (Bibiiothèque de l'École des Haures Études. Sciences
philologiques et hisroriques, 74), p. 93: «ignorant et vaniteuse, violent et mobile, sournois et
rnenteur»; sulla vendita a Fulvio Orsini di gran parte della collezione Bembo da parte di Torquato si veda la bib!. CiL alla nota sego (su Torquato Bembo numerose informazioni sono reperibili attraverso C. DIONISOTTI,voce Bembo, Pietro, in Dizionario Biografo:o degli Italiani, VIII,
Roma, 11966), pp. 133-151). - Ciò che colpisce in questo passaggio di proprietà del papiro a
Padova nelle ultime settimane del 1553 è la circostanza che un così importance e vetusto cimelio in greco sia stato ceduto da un ventottenne (Torquato Bembo) ad un ventiduenne (Johannes
Sambucus). Ora, prescindendo dal fatto che questa vendita così prematura (Pietro Bembo era
morto sei anni prima, stabilendo l'inalienabilità del patrimonio librario) è abbastanza sintomatica dellegame assai poco sentirnentale da parte di Torquato verso la collezione paterna, si
potrebbe tentare, sia puce con estrema prudenza, di ricavare qualche deduzione anche circa lo
stato di conservazione di P.Vindob. G 3 già in quegli anni: presumibilrnenre la scrittura delle
firme dei vescovi era allora ormai talmente sbiadita e i danneggiamenti del papiro così estesi
che Torquato non assegnò al frammento grande importanza e se ne separò a cuor leggero (diversamente, i papiri ravennati in séguito ceduti all'Orsini e attualmente custoditi in Vaticano
[cfr. le indicazioni supra, nota 312 J appaiono ancor oggi, in confronto con P.Vindob. G 3, in
condizioni di gran lunga migliori). In ogni caso, questa vicenda rivela l'acume dell'allora ancor
giovanissimo Sambucus; infatti, il P.Vindob. G 3 va annoverato tra le sue primissime acquisizioni italiane, dopo che egli, in occasione del suo soggiorno di studio a Parigi nell'autunno
1551, aveva iniziato ad allestirsi una biblioteca (su quest'ultimo aspetto cfr. GERSTINGER,
Johannes Samburus cit. [nora 1J, pp. 266-267, 292-292). - In una lettera rivolra ad Aldo Manuzio il Giovane, datata al l° maggio 1574, Sambucus offre allo starnparore per una eventuale nuova edizione delle «Lettere di uomini illustri» «<darorum virorum epistularurn»)
materiale desunto dalla propria collezione: «augebo edirionern rnultis [... J epistolis, Pantani,
Sanaz.arii, Sadoleti , B e m bi, et sirniliurn, quarum sylvam habeo raram xuì. lotoYQu(jlu» (ed,
Wl
341
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
361
charta Niliaca, contenente una parte delle sottoscrizioni relative alla
penultima sessione del VI concilio ecumenico, ben prima che Torquato
si decidesse ad alienare, dopo una lunga ed estenuante trattativa protrattasi (con interruzioni) dal 1574 al 1584, la biblioteca di famiglia
(tra cui anche quattro papiri ravennati) con la vendita in lotti distinti
al celebre collezionista romano Fulvio Orsini (1529-1600)342.
E con ciò il P.Vindob. G 3 compì il suo definitivo percorso al di
là delle Alpi, e così iniziarono pure le peripezie della sua ricezione
culturale nell'Europa centro-settentrionale+". Ma la singolare storia,
che ha accompagnato sin dall'origine il nostro cimelio attraverso il
tortuoso itinerario qui descritto, giunge ora al terrnine; essa è partita
dalla Costantinopoli degli ultimi Eracliadi intrecciandosi indissolubilmente con la Ravenna dei decenni finali dell'età esarcale e con il contemporaneo arrivo in Occidente degli atti del VI concilio ecumenico,
GERSTINGER,Die Briefe des Johannes Sambucus cit. [nota I], p. 159, nr. LXXIII, linn. 25-2S;
cfr. anche DE NOLHAC,La Bibliothèque de Fulvio Orsini cit., p. 133, nota 1 [la spazieggiatura è
nosrral). Poiché a motivo della differenza di età (Pietro Bembo, sicuramente inteso qui nella
lettera tra personaggi come Giovanni Gioviano Pontano, Jacopo Sannazaro e Jacopo Sadolero,
morì nel 1547) non si può sostenere che il cardinale abbia indirizzato personalmente lettere al
Sambucus, I'umanisra ungherese dovette essersi procurate questi i~16YQa<pa in un momento
successivo. Che egli possa aver acquistato a Padova alla fine del 1553 anche autografi del padre
di Torquato Bembo dallo stesso abate, liquidarore di un così ingente patrimonio librario, è
ipotesi suggestiva ma non verificabile allo stato attuale delle nostre conoscenze.
342 Sul negoziato che portò la collezione Bembo nelle mani di Fulvio Orsini basti il rimando a DE NOLHAC, La Bibliotbèque de Fulvio Orsini cit. (nota 340), pp. 94-109; come è
noto, dopo la morte di Orsini (a. 1600) i suoi libri entrarono per legato resrarnenrario nella
Biblioteca Vaticana (a. 1602: ibid., pp. 112 segg.); sui quattro papiri ravennati transitati dal
fondo Bembo a quello dell'Orsini e poi (tre su quattro) alla raccolta papale cfr. la ricostruzione
afferra in TJADER, Die nichtliterarischen lateinischen Papyri, I-II (locc. citt. supra, nora 312).
Sulla porzione della biblioteca Bembo proveniente da Bernardo cfr. l'ottima messa a punto
della GIANNETTO, Bernardo Bembo cit. (nota 311), pp. 259-358 (ibid., p. 423, ad lndicem,
anche i riferimenti su Torquato); su questa silloge, più specificamenre sulle acquisizioni del
cardinale Pietro Bembo, esiste anche la recente monografia di M. DANZI, La biblioteca del cardinal Pietro Bembo, Genève, 2005 (Travaux d'Hurnanisme et Renaissance, 399): nel corso della
trattazione si giunge a parlare anche dei papiri amichi, di cui si forniscono brevi ragguagli
basati esclusivamente sull'opera del Nolhac e su bibliografia più antica (vi è ignorato Tjaderl)
e comprendenti anche una fugace menzione del frammentu di Vienna, citato senza segnarura
e con indicazioni vaghe ed imprecise (ibid., p. 46).
Hl Di ciò ci occuperemo più diffusamente nel contribute attualmente
in preparazione (vd.
supra, nota 6).
362
GIUSEPPE DE GREGORIO
-
ono KRESTEN
a noi tramandati in latino da esemplari localizzabili sia nell'Italia settentrionale (soprattutto Bobbio) sia (i più importanti) nell'area alpina
(Salisburgo) e transalpina (Saint-Amand). Dunque, principalmente ai
più antichi di tali testirnoni, risalenti ai secoli VIII e IX, dobbiamo da
un lato la versione completa della famigerata XVII actio (omessa nella
tradizione greca, a parte i resti nel frammento viennese), dall'altro la
trasmissione della divina iussio di Giustiniano II del 687, un documento con il quale il destino del papiro e la sua miracolosa sopravvivenza
furono con ogni verisimiglianza segnati per sempre.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
363
APPENDICE
TRASCRIZIONE DI P.VINDOB.
G3
Si fornisce qui il testo in trascrizione diplomatica della lista di sottoscrizioni conservata in P.Vindob. G 3, di cui già Riedinger ha pubblicato un'edizione normalizzata (priva delle croci al principio ed alla
fine di ciascuna u1toYQaqrT]
nonché di qualsiasi segno diacritico) sulla
base dell'identificazione della sessione del Costantinopolitano III alla
quale il frammento appartiene (la XVII)344.I criteri adottati in questa
sede si ispirano a consuetudini recentemente ribadite e fissate in maniera sisremarica'". Così, tranne che per le maiuscole iniziali ripristinate
nei nomi propri di persona e di luogo nonché nell'unica forma attestata
della flessione di 8EOç (gen. ElEOÙ,sempre in compendio), si è seguìto
l'ortografia della fonte manoscritta (sprovvista ovviamente di spiriti e
accenti), conservando tra l'altro il trema adoperato talvolta in principio
di parola su iota ed ypsilon e, solo a nr. 45 (nOflm]iou1toÀ.tTroV), all'interno di parola per distinguere il secondo elemento di dittongo improprio. Le abbreviazioni sono sciolte tra parentesi tonde?", mentre si
344 Cfr. supra, pp. 239-240 (con note 19-22),242-243
(con note 31-32, 34). - Come già
annunciato in precedenza (vd. supra, nota 306), non è compresa nella trascrizione la nota di
possesso quattrocentesca di Bartolomeo Bembo.
l45 O. KRESTEN
- A.E. MOLLER, Die Auslandsschreiben der byzantinischen Kaiser des 11. und
12.Jahrhunderts: Specimen einer kritischen Ausgabe, in Byzantinische Zeitscbrift, 86/87 (1993/1994),
pp. 402-429; cfr. anche G. DE GREGORIO, Una lista di commemorazioni di defunti dalla Costantinopoli della prima età paleologa. Note storiche e prosopografiche sul Vat. Ross. 169, in Rivista di Studi
Bizantini e Neoe/lenici, n. s., 38 (2001 [2002]), pp. 103-194, precis. pp. 156-157.
146 Si tratta di ben note ed usuali categorie di compendio, come ad es. la contrazione per
i nomina sacra (sempre 8(EO)Ùed in un paio di casi X(QlO"W)Ù),oppure la letterina soprascritta (si tratta di una o più lettere inserite nell'inrerlinea, non sempre accompagnate da tratto
obliquo [a mo' di segno di rimando in alro] alla base della lettera precedenre poggiata sul
rigo: tra gli altri ~l1TQo1t"À
[con lambda svasato posto sopra ad omicron quasi ad includerlo] per
~l1TQ07tOÀ(EOlç)
[così anche in altri composti di nOÀtçl; nOÀ'per nOÀE(Olç);
-noÀ" per -noÀlT(rov)
364
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
impiegano le parentesi quadre per le integrazioni da lacuna materiale
e, in una sola circostanza (nr. 53), le parentesi uncinate per la correzione di una semplice svista dello scriba. Si è preferito non appesantire la
stampa con punti sotto le lettere di incerta lettura: per tale motivo, è
sufficiente che, grazie alla fotografia digitale?", si individui un singolo
tratto di Lettera o che di essa si intravedano tracce, sia pure sbiadite
ma con contorni in qualche modo riconoscibili, per trascriverla al di
fuori delle parentesi quadre, anche considerando che il testo è restituito con sicurezza. Poiché, come detto in precedenzar", le integrazioni
delle parti mancanti sono già state suggerite da Riedinger sia grazie al
confronto con la versione latina, sia in base all'analisi della tradizione
greca del VI concilio, specie per ciò che concerne le liste di presenza in
testa alle sedute e Lealtre tre liste di sottoscrizione (due complete, ossia
rispettivamente
in calce alla XVIII 1tQàçtç ed al A6yoç 1tQocrq){OVllTtx6ç, ed una parziale, in fondo all'Epistola del concilio a papa Agatone),
non si dà giustificazione di ciascun supplemento nelle note di apparato, tranne in casi specifici, ad esempio laddove ci si discosta dalle scelte
operate dallo studioso tedesco oppure quando si rende necessaria una
spiegazione ulteriore=".
L'apparato è composto in italiano e risulta articolato tramite lettere
minuscole in esponente tra parentesi tonde, da ca) a (') e proseguendo
con ("a), ("b) e così via. In esso si fornisce giustificazione delle lezioni
riscontrate nel papiro e di alcune particolarità ortografiche, nonché si
nei nomi di popolo da temi in -rrcs.iTT]ç;e ancora E1tOQ/per È:1toQX(tOç);
EÀ/ per È:À(a)X(HJTOç);
e così via), nonché ertrox," con barra di troncamento e di soprascrizione e segno tachigrafico
tramite lettera omicron soprascritta per -oç (= l':1ttcrx(01t)(oç».
\47 Si vedano i facsimili alle nostre Tavv. I-IV.
'4" Cfr. supra, nota 34.
149 Si avverte, inoltre, che normalmente non si tiene conto delle trascrizioni precedenti a
quella di Riedinger (Sambucus, Kollar, Marini, Wattenbach: cfr. supra, pp. 235,238-239 [con
note 6, 16-18]), a parte un'unica eccezione, relativamente alla lettura (parziale) già proposta
da Kollar e ripresa da Marini per il nome di popolo a nr. 48 (vd. infra, nota ad). - Le liste
di sottoscrizione all'oQoç della XVIII actio ed al A6yoç 1tQocrQloovllTtx6ç
(sulla loro estensione
cfr. supra, nota 128) risultano ovviamente oltremodo significative per il confronto in quanto
coprono l'intera serie di firmatari attestaci in P.Vindob. G 3, mentre nella lista posta alla fine
dello scritto indirizzato dal concilio al defunto papa Agatone (vd. supra, nota 190) si contano
soltanto 56 sottoscrittori, che peraltro non si sovrappongono completamente a quelli presenti
nel papiro.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
365
espongono in brevi annotazioni di commento taluni problemi legati
ad oscillazioni linguistiche riscontrate da un lato nelle liste della tradizione conciliare più antica (Quinisesto e Niceno II per le medesime
sedi attestate nel frammento viennese, oltre ovviamente al Costantinopolitano III per gli stessi sortoscrittori presenti in P.Vindob. G 3
per la XVII seduta del concilio) e nella corrispondente versione latina,
dall'altro nelle Notitiae episcopatuum, specie in riferimento alle forme
dei toponimi ed alla loro struttura nelle sottoscrizioni. In tali note non
si fa cenno (se non per dar conto di letture congetturali specifiche) dei
danneggiamenti materiali rilevati nel papiro, per i quali si rimanda
alla dettagliata descrizione fisica presentata in precedenza'!",
Le singole sottoscrizioni supersriri (in tutto trentacinque) vengono qui numerate progressivamente (in grassetto tra parentesi quadre)
in base al confronto con la traduzione latina, che da sola reca la lista
completa'?': Per evitare di introdurre una inutile e fuorviante innovazione si è preferito conservare la numerazione di Riedinger (che per
P.Vindob. G 3 parte dal nr. 25)352, pur nella consapevolezza che nel
computo effettuato dall'editore degli atti del VI concilio ecumenico
si è verificata una sfasatura rispetto alla cifra reale dei partecipanti alle
sedute conciliari; Riedinger, infatti, calcola come una sola unità (sede
di Roma) i tre dignitari (ossia i presbiteri Teodoro e Giorgio, nonché il
diacono Giovanni), atrestari all'inizio delle liste di presenza e di sottoscrizione, i quali rappresentavano il papa in qualità di locum gerentes (la
formula in greco per ciascuno di essi è TÒVT07tOVÈ7t!~XCOV
'Aya8covoç
TOl) llalWQUOTaTOU
xaì OlXOUf..l8VtXOl)
7ta7ta 7tOA£<.Oç
'ProWlç)353;lo
I~O
Cfr. supra, pp. 242-248.
Cfr. supra, pp. 240 (con note 21-22), 288 (con nota 160),299-300 (con nota 191),313
(con note 222-224), 321 (con note 240-242), 329-330 (con note 265-269) et alibi.
m Cfr. RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 24-26 .
.m Cfr. RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten, p. 14 (<<[Namen der Bischofssitze]
Rom [(Position in den) Subskriptionslisten - 17. Sitzung lat. etc. / (Position in den) Prasenzl isren - 1 erc.] 1» [sempre al primo postol); i tre luogotenenti papali (Teodoro presbitero della
Chiesa di Roma [PmbZ, IV, nr. 7784], Giorgio presbitero della Chiesa di Roma IPmbZ, II, nr.
2286; COSENTINO,II, pp. 42-45 (Georgius'Jj] e Giovanni diacono della Chiesa di Roma Iii
futuro papa Giovanni V: PmbZ, II, nr. 3414; COSENTINO,II, pp. 194-196 (loannes24~)[),sono
registrati come nr. 1-3 nelle liste di sottoscrizione in calee alla XVIII sessione (RIEDINGER,
AeD, s. II, II/2, p. 778, linn. 4-9 [gr.], p. 779, linn. 4-9 [lar.j) ed al Aoyoç rrçoorpevrrnxòç
l~l
366
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
studioso tedesco, insomma, nei suoi elenchi e in tutte le occasioni in
cui segue una numerazione non conta i singoli sottoscrittori bensì le
cattedre ecclesiastiche documentate nel Costantinopolitano III: poiché
Roma vale per una unità (pur essendo tre i luogotenenti papali espressi
al principio delle liste!), la numerazione risulta sempre sfasata di due
cifre. Per tale motivo la prima firma testimoniata in P.Vindob. G 3
viene conteggiata qui (conformemente all'edizione di Riedinger) come
la or. 25 ma in realtà costituisce la or. 27 e così via fino all'ultima (nr,
59 nella trascrizione, ma di fatto nr. 61)354.
Invece, diversamente da Riedinger, che nella sua edizione normalizzata va a capo evidenziando esclusivamente la scansione delle singole
sottoscrizioni=", si è inteso riprodurre tipograficamente anche l'articolazione delle righe di testo del papiro individuandole tramite barra
verticale singola, cui segue in esponente la numerazione introdotta per
ciascuna riga conservata (linn. 1-50); naturalmente quando la fine di
rigo coincide con la conclusione di una singola formula di sottoscri-
(RIEDINGER,ACO, s. II, II/2, p. 822, linn. 4-9) e risultano in testa anche nella analoga lista di
sottoscrizioni trasmessa in larino per la XVII actio (RIEDINGER,ACO, s. II, 11/2, p. 729, linn.
4-9 [senza numerazione delle sottoscrizioni da parte dell'editore, che altrimenti avrebbe dovuto modificare (secondo la corretta successione!) anche il computo precedente delle u1to)'Qacpai
di P.Vindob. G 3 quale è registrato nella sua prima pubblicazione (vd. supra, nota 352)])
nonché ovviamente in tutte le liste di presenza dalla I actio in poi. In questo caso non va presa
in considerazione la lista di sottoscrizioni in calce all'Epistola del concilio indirizzata, dopo la
conclusione dei lavori, a papa Agatone (RIEDINGER,ACO, s. II, W2, p. 890, lin. 30: il primo
firmatario è il patriarca Giorgio di Costantinopoli [vd. supra, nota 190)), giacché non vi sono
arresrati i luogotenenti papali, i quali erano già ripartiti alla volta di Roma.
lS4 Ci si riferisce qui ovviamente al confronto con RIEDINGER, Pràsenz- und Subsèriptionslisten, pp. 24-26, giacché in RIEDINGER,ACO, s. II, W2, pp. 732-738, non è riportata una
numerazione delle sottoscrizioni (vd. anche nota prec.), bensì solo delle righe di testo a stampa. - Si ricorda che nelle note di apparato poste in calce alla nostra trascrizione si segue, per
maggior perspicuirà, nel caso delle sottoscrizioni della XVIII actio e del Ao)'oç 1tQocrCProVT)TlX6ç
la numerazione così come indicara sulla pagina dell'ed. di Riedinger (rispettivamente RIEDINGER,ACO, S. II, 11/2, pp. 778-796, e pp. 822-829; yd. anche nota prec.), senza segnalare
la sfasarura di due cifre rispetto al computo delle sedi riportato in RIEDINGER,Pràsenz- und
Subskriptionslisten, pp. 14-23 (ivi naturalmente non si prende in considerazione per le tavole
sinottiche la lista [parziale] di sottoscrizioni trasmessa in fondo all'Epistola del concilio a papa
Agarone).
l5S RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten,
pp. 24-26 (con numerazione delle firme);
RIEDINGER,ACO, s. II, Il/2, pp. 732, lin. 9 - 738, lin. lO.
IL PAPIRO CONCILIARE
P.VINDOB. G 3
367
zione si pone la corrispondente barra verticale a capo, dopo la numerazione della nuova u1toYQacp~, con un rientro di tabulazione rispetto
al quale viene allineato l'intero testo della trascrizione, in modo che la
numerazione delle singole firme (in grassetto e tra parentesi quadre) sia
tenuta distinta, tramite allineamento sporgente, da quella relativa alle
righe di testo nel frammento'>.
Infine, si segnala che le ventiquattro
sottoscrizioni in minuscola
(or. 25-26,28-39,41,44-45,47-48,
51-52, 54-55, 58), così come le
due u1toYQacpat in scrittura mista ma di base sostanzialmente minuscola (or. 40, 46), sono stampate nella trascrizione in carattere corsivo,
mentre le nove firme in maiuscola (or. 27,42-43,49-50,53,56-57,
59) sono espresse tipograficamente in carattere tondo'?".
SIGLA
~ =
P.Vindob. G 3.
L = testo della traduzione latina approntato nella cancelleria pontificia, aa. 682-701
(ed. Riedinger I [per le sottoscrizioni corrispondenti
a quelle contenute in greco
nel papiro) e Riedinger II [all'interno degli interi atti».
Riedinger I = RIEDINGER, Pràsenz- und Subseriptionslisten, pp. 24-27 (edizione del
papiro con testo della traduzione latina a fronte).
Riedinger II = RIEDINGER, ACO, s. II, W2, pp. 732-739 (riedizione, all'interno
degli atti della XVII actio, del testo greco offerto dal papiro con la traduzione
latina a fronte) - Const.[antinopolitanum)
III (Riedinger II, per le citazioni di
confronto con le liste di sottoscrizione alla XVIII actio [RIEDINGER, ACO, s. II,
II/2, pp. 778-796), al Aoyoç 7tQomprovT]'rtXoç [Log. prosph.: RIEDINGER, ACO,
S. II, W2, pp. 822-829)
ed all'Epistola del concilio a papa Agatone [Ep. eone.:
RIEDINGER, ACO, s. II, 1I/2, pp. 890-894».
356
Entrambe queste numerazioni sono riprodotte nel margine sinistro delle nostre tavv.
I-IV.
m Per l'analisi grafica del frammento cfr. supra, pp. 254-260. È appena il caso di ricordare
che, proprio in considerazione del sistema grafico prevalente (ossia quello minuscolo corsivo
legaro al modello burocratico-cancelleresco), non vi è traccia in P.Vindob. G 3 di spiriti e
accenti.
368
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
Darrouzès (Not.[itiae] episc.[oparuum]) = J. DARRouzÈs, La géographie ecclésiastique
de l'empire byzantin, I. Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae. Texte critique, introduction et notes, Paris, 1981.
Lamberz (Nic.[aenum] II) = E. LAMBERZ,Die Bischofslisten des VII. Okumenischen Konzils (Nicaenum Il), Miinchen, 2004 (Abhandlungen der Bayerischen Akademie
der Wissenschaften, phil.-hist. KI., N. F., 124).
Ohme (Quin.[isextum]) = OHME, Quinisextum, pp. 145-170 (lista di sottoscrizioni).
RE
Paulys Realencyklop;idie tier classischen Altertumswissenschaften, I-XXIV, I A - X A,
Stuttgart, 1893-1963; 1914-1972 (Suppl. I-XV, Miinchen, 1903-1978).
=
IL PAPIRO CONCILIARE
369
P.VINDOB. G 3
[...l"
[25]
[26]
Il [t
e£08]weoç £Àt:t:l e(eO)V emax(on)(oç)
TI]ç [MjeÀlr[l1v]W[V
f.Ll1]_[eO]rr[oÀ(eWç)(b)
rryç rreWTI]ç _WVAef.LeVlWV] 12 erraexzaç 0eloac vneyearjJa
13 [t Io]vanvoç
reonoÀ(eWç)
t
deez
oez]aaç vrrsyea!/Ja
[27]
e(eO)V emax(on)(oç)
TI]ç &vreeaç
TI]ç TvaVeWV f.L11-
_wv Ka[rr]n[a8oxwvc)
enaçrux;
4
1
t
5 [t AÀ]u7ttoç eÀ£é:l E>(eo)u e7ttox(01t)(oç)
Tllç raYYQllvrov !l1lTQ01tOÀ(Eroç)Tllç Ila[cp]Àoyovro[v é:1taQXtaç] 16 OQlaoç U1té:YQO1
tlJa t
[28]
7
1
[t] Kimçiavoç eÀSel e(eo)v
emax(orr)(oç)
d
ÀlrwV ) f.Ll1reonoÀ(eWç) TI]ç Ovw[e]ea[rwv
[V]nere[a]rpde)
t
[29]
19
[t] Ioavvnç £Àeel e{eo)v emax(orr)(oç)
_QOrroÀ(eliJç) TI]ç 8evreeaç
vnsyea¢a
rliJV raÀa[rliJV
TI]ç KÀav8wrro-
enaçru»; 18oewa]ç
TI]ç nlC1lVOVVTlWvf)f.L11-
erraexzaç]
po
oçtoac
t
Tracce di scrittura indecifrabili (cfr. supra, nota 34 [finel).
Integrato ron scioglimento tra parentesi tonde del compendia tramite lettere soprascritte (Il1lTQ01t'"
[con lambda al di sopra di omicron}: cfr. supra, nota 346) in quanto solitamente abbreviato in tal
modo nelle sottoscr: di fJ).
(c) Ka[nJn[al>oxOJv (scii. Kannal>oxrov
Ida KaTC1tal>oXat, -rovi opp. Karmooox(Ov Ida Kerr1tIIl>ox!':ç.-OJV,meno frequente) fJ); KamtaooxOJv Riedinger I, p. 24, e Riedinger II, p. 732, lin. 11;
Kannaòoxrov Canst. Ill, actio XVIII, sottoscr. nr. 28 (Riedinger II, p. 782, lin. 8), Consto Ill. Log.
prosph., sottoso: nr. 29 (Riedinger II, p. 823, linn. 29-30), e Canst. !Il, Ep. cone..• sottoscr. nr. 27 (Riedinger Il, p. 892, linn. 21-22), nonchéQuin., sottoscr: nr: 27 (Ohme, p. 147 Iquasi sicuramente stesso
(a)
(b)
vescovo di Canst. 1II I)·
Id) Così fJ) da KÀoul>tonoÀtç [gli abitanti di/ (Claudiopoleos
L {ma ad es. Iustinianupoleos
app. Pompeioupoleos L a nr. 37 e 451; cfr. la voceClaudiopolis in RE, III 118991, col. 2662) per il
più comune (almeno in àmbito greco-bizantino) KÀouOlQ{moÀlç (cfr. ad es. KÀouolQun6À£mç nelle liste
di presenza di Consto III Idalia X actio in poi; (episcopo) Claudiupolitano
opp. Claudiopolitano
LI nonché in Quin., sottoscr. nr: 29{Ohme, p. 148 (stesso vescovo di Canst. III)J, in Nic. Il ILamberz,
p. 43J e in Not. episc. IDarrollzès, pp. 461-462, 497 (indici)/); K'Àoul>tOUTtOÀlTrov
Consto Ill, actio
XVIII, sottoscr. nr. 30 (Riedinger II, p. 782, lin. 11; ma Claudiopolitanae
{sciI. magnae civitatisl
L), Canst. Ill, Log. prosph., sottoscr. nr. 31 (Riedinger ll, p. 824, lin. 1J, e Consto Ill, Ep. conc., sotloser. nr. 29 (Riedinger II. p. 892, lin. 25); vd. anche infra, nota g.
Ie)
\l1tUYQOI\Ja (sic) Riedinger I, p. 24.
IO Così fJ) da ntcr(cr)tVOUç. -OUVTOçapp. ntcr(cr)tvouvTa,
-OUVTOJV
{gli abitanti di/ (ntcrtvouvTIllVnelle liste di presenza di Consl. III {dalla XVI actio in poi I nonché in Quin., sottoscr. nr. 30 {Ohme.
p. 1481 e in N ic. II {Lamberz, p. 43, con var. ntcrt vouvToç/; oscillazioni nell'uso delle due forme {con
370
[30]
GIUSEPPE DE GREGORIO
ill
[t 11JoÀvsvxroç
r(!OlwÀ(sWç)
[31]
i
l2
[t]
SÀSSI e(so)v
- OTTO KRESTEN
s1rlox(on)(oç)
T1JçAVXlWV sna(!x(zaç)
eSODOJ(!Oç SÀSSI e(m)v
O(!l[aaç
T1JçMv(!sOJv /11]-
t]
T1Jç Etaoçonooçioac vn[sy(!a-
vnsy(!ar/Ja
s1rlax(on)(oç)
Àlr(O.IV)<g)l11]r(!Olw),,(SWç) T1JçKa(!OJv sna(!x(zaç)
r/Ja t]
l"
[32]
[t TJI{3S(!Wç dsOJ e(80)V s1rlax(on)(oç)
r(!ono),,(sOJç) T1Jç (/J(!vyOJv flaxar(zavOJv)(h)
[33]
ili [tl Koouaç
vnsy(!arpa
T1JçAaoDzxsOJV /11]sna[(!x(zaç)(i)
oçioaç
tl
clsOJ e{so)v
nOÀ(sOJç) T1Jç..w)"ora(!wV<k)
s7rlax(on)(oç)
sna(!x(zaç)
T1JçIvwa8sOJ\-N
o(!zaa[ç vnsy(!arfJa
umço-
tl
() senza semplificazione della geminata J per questo nome di città sono attestate in Not. episc. [Darrouzès, pp. 471, 50lj (indicilj) per il classico nl':(J(JlVOÙç (abitanti nE(JOlVOUVTtol: cfr. ad es. la voce
Pessinus in RE, XIX j1lj37j, coli. 1104-1113); nlOlVOUVTlÉOlVConsto III, actio XVIII, sottoscr.
nr. 31 (Riedinger II, p. 782, lin. 13), Consto III, Log. prospb., sottoscr: nr. 28 (Riedinger II, p. 823,
lin. 27), e Consto III, Ep. conc., sottoscr: nr. 30 (Riedinger II, p. 892, lin. 27) [ma vd. in tutti e tre i
casi app. crit. varo nlOlVOUVTiOlVMonac. gr. 186J.
Ig) Così rp (LTOuQonoÀ<T) (Stauropoleos L) e Consto III, Ep. conc., sottoscr: nr: 32 (Riedinger
II, p. 8lJ2, lin. 31), nonché Qian., sottoscr. nr: 31 (Obme, p. 148 {stesso vescovo di Consto III]}, da
LTuuQonoÀlC; [gli abitanti di] per il più comune (almeno in àmbito greco-bizantino) LTauQounoÀlç
(cfr. ad es. LTuuQounoÀEOlç nelle liste di presenza di Consto III {dalla X actio in poi; ma (episcopo) Stauropolitano
Lj nonché in Not. episc. {Darrouzès, pp. 475, 514 (indici) J}; LTuuQounoÀmiiv
Consto ill, actio XVIIl, sottoscr: nr: 33 (Riedinger II, p. 782, lin. 17; ma di nuovo Stauropoleos L),
e Consto III, Log. prospb., sottoscr: nr: 33 (Riedinger II, p. 824, lin. 5), nonché Nie. Il (ma con varo
LTuuQonoÀEOl<;IIat. Stauropolitanorum}:
Lamberz, p. 44 e nota 164}; vd. anche supra, nota d.
Ihl Così rp (Dux"') (Phrigiae
Pacatianae L) nonché Consto Ill, actio XVIII, sottoscr. nr. 34 (Riedinger Il, p. 782, lin. 19 {ma vd. app. crit. var. Kcoturtcvèv Monae. gr. ]86}; [phrigiaeJ {P)a{c)ati(a)nae L, restituito in Riedinger II da Capacione opp. Cappatione dei codd.), Consto III, Log.
prospb., sottoscr: nr. 34 (Riedinger II, p. 824, lin. 7). e Consto III, Ep. conc" sottoscr. nr. 33 (Riedinger
Il, p. 8lJ2, lin. 33; vd, app. erit. var. Kununuvrov MOllac. Kr. I Ho), da <l>Quyiu nuxunuv~
Igli
abitanti dellal, grafia oscillante con <l>Quyiu Kanunav~
ill Not. ej>Ì.lc.{Darrouzès, pp. 478, 509 [indici}: naxuT-Not.
episc, 8; KunuT- Not. epise, 1-7, i)-III, ll-14, III III/a vd, app, erit. ad locc,I).
(d Integrato con scioglimento tra parentesi t!Jnde del cOli/l'mdi" trall/ite lettera soprascritta (EnuQ":
cfr. supra, nota 346), in quanto la sottoscr. è con/mllta SII lilla .rolelrigel, risilltando più compressa e
munita di un numero maggiore di abbreviazioni (vd. 1/1'. jll- 3 l. l3, 35 -3 O. 41, 48).
(,I Così rp (ma Synadorum
L) dalla forma classica Iuvvulìa {Kli abitanti diI (vd. la voceSynnada in RE, IV A {1932j, coli. 141O-1412} per qllella più COl/lime {almeno in àmbito greco-bizantino}
Luvulìu (cfr. ad es. LuvalìOlV nelle liste di presenza di Canst. I Il {dalla Xl actio in poi; Sinnadorum
od anche (episcopo) Sinadense LJ nonché in Nic. II ILamberz, p. 441 e in Not. episc. {Darrouzès, pp,
475, 515 (indici)]); LuvulìÉOlVConsto Ill, actio XVlIl, sottoscr. nr. 35 (Riedinger II, p, 782, lin, 21;
Synadorum L), Consto Ill, Log, prosph., sottoscr. nr. 35 (Riedinger II, p, 824, lin. 9), e Const, Ill,
Ep. cone., sottoser. nr. 34 (Riedinger li, p. 892, lin, 35),
Così rp per (<l>QUYOlV)
LaÀO(U)TUQEOlV(Phrigiae Salutariae L; SllII'omissione di <l>Quyrovcfr.
(l)
IL PAPIRO CONCILIARE
[34]
15
1
[t] Kmvotavttvoç
371
P.VINDOB. G 3
sA,eel e(eo)v
e7rlax(01r)(Oç)
tnç B[a]e[a-
xat TOV T01rOV](l) 16
£1rexmV Tlauso» TOV aYlmT(aTOV)
f.LOVf.L'lre(O)Tr(OÀlTOV) T'71çIxoVlemV f.L'lre01r[ OÀ( emç) ](m) oçioac V1reyearp[ a t J
teoiv
[35]
17
1
[tJ
1ro]À[emç
T'71ç] Avxaovmv
Eteipavoç eÀe£l e(£o)v
e1r[aex(Wç)
£7rlax(01r)(oç)
1
T'71çAvnox£mv
f.L'l-
T'71çIluniuov e1raex(wç)
oçtoaç v1r[eYearpa tJ
Ioiavvnc eÀe£l E>(£o)v e7rlax(01r)(oç) T'71çIleçyemv J.1'lreo-
re01roÀ(£mç)
[36]
18
1
[tJ
1roÀ( £mç) T'71çIlaf.LCfJvÀmv e1raex( wç)
[37]
119 [t]
E>e01r£f.11rTOç eÀ££l
VOV1roÀlrmv
[oel oaç V1r£Yearpa
E>(£o)v £7rlax(01r)(oç)
ntot MmxlO'O''lv[mv")
tJ
T'71ç Ioociivia-
f.LTJre01roÀ(emç)<o) T'lç]
20
1
Seine-
supra, nota 175; la prima parte del toponimo manca anche nel]« I'egi.rtl'tlzirmidi alcune sedi sllffraganee
di Sin[n Jada in Quin" souoscr. nr: 181-182, 184-1 HH /Ohl/lf. p. 165: 4>Quywv aggiunto solo ibid ..
nr: 183; comune è la lezione rOÀ.ouToQirovJ), da 4>Quyio rOÀ.ouToQlo {gli abitanti del/a] (tfr, Not,
episc. [Darrouzès, pp. 478, 509 (indici)]; grafia rOÀ.OT- in Not. episc. 2, nr: 26, app, crit. {Darrouzès,
p, 217J}; <l>QuyciivwÀ.ouTOQciiv Canst. Ill, actio XVIII, sottoscr: nr. 35 (Riedinger II, p. 782, lin.
21; Phrigiae Salutariae L), e Canst. //l, Log, prospb., sottoser. nr. 35 (Riedinger Il, p, 824, lin. 9);
4>Quywv wÀ.OuToQirov Consto //l, Ep. conc., sottoscr: nr. 34 (Riedinger /l, p. 892, lin. 35: l,d. app,
crit. varo WÀOUTUQrov [scii. rOÀOUTOQWV]Taurin. B, l/. 9/gr. 67JeOchrid. gr. 84).
Integrazione assicurata dal calcolo dello spazio disponibile, con E1taQX in compendio (l,d. supra,
nota i); per ?Wl TOVTonov (£n£xrov) cfr. et locum gerens L nonché xOl TÒVTonov È:1tÉXrovCanst.
Ill, Log. prosph., sottoscr. nr. 36 (Riedinger /l, p. 824, lin. 12), e xoì TÒVTOTtOVàvoTtÀ.llQiiiv Canst,
Ill, actio XV//l, sot/oscr. nr. 36 (Riedinger Il, p, 782, lin, 24; et locum exhibens L), Consto //l,
Ep, conc" sot/oser. nr. 35 (Riedinger /l, p. 893, lin. l) (È:1tÉXOVTOçTÒVTOTtOVnel/e liste di presenza
di Canst, //l dalla XVI actio in poi); ({. .. J È:nuQxioç) T01tOV (È:1tÉXrov)Riedinger I, p. 24: fI... /
ÈnoQxiuç), Tonov (È:1tÉxrov) Riedinger /l, p, 734, linn. 5-6.
(m) Il danneggiamento
materiale in fj) tra linn, 15 e 16 non consente di rilevare le due lettere oÀ
scritte sopra aln (ancora visibile) per il compendio IlllTQonoA (cfr. supra, nota b).
(n) Così fj) (Moccissinorum
L) nonché Consto III, actio XVIII, sottoscr. nr. 39 (Riedinger /l, p,
784, lin. 3 {ma vd. app. erit, varo MroxlloOU Ochrid. gr. 84J; Muci(ssi)n(orum)
L, restituito in
Riedinger Il da Mucinae dei codd.), Canst, //l, Log. prosph" sottoscr. nr. 39 (Riedinger /l, p. 824,
lin, 18), Canst. //l, Ep, conc., sottoscr. nr. 38 (Riedinger Il, p, 893, lin. 8) {ma vd. sia Log. prosph.
sia Ep, conc, app. crit. varo MroxllOllvWV Ochrid. gr. 84/, e Quin., sottoscr. nr. 35 (Ohme, p. 1481stesso
vescovo di Consto III i), da MroXIOOOç Igli abitanti di f (MroXIOOOU nelle liste di prmnza di Consto
III [dalla XI actio in poi; Moccissi opp, Muccissi Li), forma più comune (talora con semplifo:azione
della geminata: MroXIO[OjOç) di cui è attestata anche la grafia MroxllO(o)Oç o persino, più raramente,
Moux-: per queste oscillazioni cfr. Not, episc, (Darrouzès, pp, 467, 504 [indici l: MroXIOOOç Not,
episc, 1-8, 10-14, 15 [nr. 2911, 16, 18 Ima vd. app. trit, ad locc.I; Mroxllooç Not. episc. 9, 15 Inr.
29/11, 17, 19, 20) nonché Nie. Il (Lamberz, p. 44 (on nota 1(7),
I,,) Cfr. supra, nota b,
(I)
372
GIUSEPPE DE GREGORIO
em; raw Kamra80x{J}~p)
121
t
22
t
-
s7raex(zaç)
orro KRESTEN
oçtoac V7rsYearjJa tt
tnç Poàuav [p1JrgoV7rsYearjJa t]
[38]
i"al8{J}goç S.À..SSl 8(so)v
s7rlax(07r)(oç)
7ro.À..(s{J}çyq)r{J}v Kvx.À..a8{J}]V V7]a{J}v o[g]la[aç
[39]
Etotvvioç S.À..SSl 8(so)v
s7rlax(07r)(oç)
tue i"sea7ro.À..lT{J}Y
.LL1JTg07r[o.À..(
s{J}ç) ](r) T1Jç cPgvy[ ro] v I1axaT[ zavrovs) s7ragx( zaçyr)] 123
1
oçioaç V7rsYearjJa
[40]
24
t
t
8s08rogoç
S.À..SSl 8(so)v
S7rlax(07r)(oç)
tnç Ta(}as{J}v.LL1J25
rg07ro.À..(S{J}ç) rT/ç nçormç r{J}Y Kl.À..[lX{J}V s7ra(}x(zaçyu)]
1
oçioaç
1
t
t Erapavoç
v7rsygarjJa
[41]
126
S.À..SSl8(so)v
r(}(o)7r(OAsroçYv) rryç Seoteçaç
s7rlax(07r)(oç)
rroy KlAlxroy
tn; Ava(ag{3s{J}v
s7ragx(zaç)
.LL1JO(}laa[ç
t]
Max.Qo~toç £À££t 8(£0)u £1ttax(01t)(oç)
Tllç L£ÀEu[x]erov
I111TQ(O)1t(OA£roç) Tllç Icraugro[v E1tUgX(WçYw)] 128 oçtonç U1tEygutl>u
v7rsygarpa
[42]
127
t
t
cfr. supra, nota c.
Cfr. sspra, nota b.
Il danneggiamento materiale in fJJ tra linn. 21 e 22 non consente di rilevare le due lettere oÀscritte
k
sopra al n: (appena visibile) per il compendio 1.HI1'QOn:o(cfr.
supra, note b, m).
(,) Cfr. supra, nota h (ma qui Flexer- non in compendia); <l>Quyrov(sic) naxunavmv
Riedinger
(p)
(q)
(r)
I, p. 24.
(,) Anche qui, considerate l'estensione della prima riga di questa sottoscr., va postulate nella lacuna
il compendia t:n:aQ' (vd. supra, note i, I).
(o) Cfr. supra, nota t.
(,) Qui e al nr. 42 il compendia risulta eccezionalmente 111]1'12"·
1'1]<;IaauQro[v t:n:aQx(ta<;)] (gn:uQ' molto probo in compendia [cfr. supra, nota t}, anche se la
sottoscr. è in maiusc.): Hisauriae provinciae L (ma vd. nr: 44: 1'1]<;8Qoxrov XOlQa<;fJJ; provinciae
Traciae L; nr. 49: 1'1]ç EUQon:l>wvI>n[aglx(wç) [1'1]<;]8Qaxwv XWQU<;fJJ; Eurupeorum
provincìae
Tracìae L; nr. 46 e 52: 1'1]<;IauuQrov XOlQO<;fJJ; Hìsauriae provinciae L); 1'i;<;'IaoUQrov Èn:aQxtaç
Quin., sottoser. nr. 26 (Ohme, p. 147 (stesso vescovo di Consto III[); 1'iìç '!aatJQwv XroQuç Consto III,
actio XVIII, sottoscr. nr. 44 (Riedinger Il, p. 784, lin. 14; Hisauriae regionis L [ma così sempre
nelle sottoscr. di actio XVIII, anche laddlWe il testo greco offre i:n:aQxiaç;, ossia nella maggioranza delle
occorrenze in assoluto}), Consto III, Log. prosph., sottoscr. nr. 44 (Riedinger II, p. 824, lin. 28), e Consto
W, Ep. eone., soltoscr. nr. 43 (Riedinger Il, p. 893, lin. 18); su t':n:oQxia1XcOQa (spec. per Tracia ed
!sauria) cfr. Ohme, pp. 182-193 (su Macrobio di Seleucia ibid., precis. pp. 185-186).
(w)
IL PAPIRO CONCILIARE
[43]
129
t
P.VINDOB. G 3
IffiUVVllç £À.(U)X(l.cr·Wç)<x) £mcrx(01t)(Oç)
ÀllYU'roe; Tlle; uytae;
crUVOO[OU TOU]
1
30
I" t
AellVOlV x(m)<Y)
U1tOcrTOÀtXOU 8QoVOU Tlle;
1tQ£cr~UT£QUe; Pffif.lllç OQtcruç U1t£Y[QUlVU
[44]
373
tl
rcOJQYlOç XaQITl e(cO)V c7rlax(on)(oç) T1JçBlçV1'}VOJ,",Z)
1W).£(OJç)T1JçeQaxwv xweaç 0elaaç [vm::Yeal/Ja tl
[45] 132 eco8OJQoç cÀ£cl e(co)v c7rlax(on)(oç) T1Jçllof.1m]i·ov7rOÀ.lrOJv 7roÀ.cOJçT1Jçlla<pÀ.a[yovcov c7raex(wç)<aa)] 133 0elaaç V7rcYQa-
t
rfJat
[46]
[t] Zaxaewç SÀ.ccl e(co)v s7rlax(07r)(oç) Acovr07roÀ.(cwç)(ab)
T1Jçi"aavQOJvxOJeaç oçioac v7rcyQar!J[a tl
134
(,) EÀ' fJJ (il chi soprascritto è ben visibile {Tav. lII]; humilis L; cfr. anche infra. nr. 50 Icon nota
ah}); èÀEEIVÒç Riedinger I, p. 24, e Riedinger ll, p. 736, lin. 5; (IOlUVV'1ç) èÀÉEI eEOD XTÀ. Consto
1lI, actio XVllI, sottoser. nr: 45 (Riedinger Il, p. 784, lin. 15), e Consto 1lI, Log. prospb., sottoscr. nr.
45 (Riedinger Il, p. 824, lin. 30); l'epiteto E.ÀUXIOTOç è adoperato anche in varie sottoscr. di Consto
lII, actio XVlII (ad es. nr: 1-3 [i presbiteri Teodoro e Giorgio ed il diacono Giovanni, luogotenenti
papali: cfr. supra, p. 365 con nota 353 (per i primi due si trova èÀaXloToç anche in Consto III, Lo1!..
prospb.ì], 7 {Giorgio, luogotenente del T07rOTT/errn)ç di Gerusalemme: cfr. supra, p. 306 eon nota 206/,
IO {Teodoro, luogotenente dell'arcivescovo di Ravenna: cfr. supra, nota 3151, nonché nr. 23-26, 28-2').
31,34,36,94,131-133,138-140,142,145,151,
163}, mentreÈÀEElvoçnonèmaiallestatondle
liste; sulle formule di umiltà nelle sottoscr: conciliari vd. ad es. Chrysos (op. cit. supra, nota 70). pp. 75
segg., nonchéOhme, pp. 177-178.
(y) Kappa corsivo in legatura con segno tachigrafico per -m,
(,) Cfr. supra, nota 82.
( aa ) Cfr. supra, nota t.
(,b) Aaovrorr"
(compendia identico a I!'1TQ01t°À: cfr. supra, nota b) rp (Leontopoleos L [pocosignificativo in quanto spesso il nome di città o di provincia sostituisce in L il nome di popoloJ); Aeovrorroàrrèv
Riedinger I, p. 24, e Riedinger II, p. 736, lin. 11; (Ti'jç) AEOVTOU1tOÀ\ Tiiiv (1toÀEOlç) Const, Ill, actio
XVIII, sottoscr: nr: 51 (Riedinger II, p. 784, lin. 24 {ancora Leonropoles LJ; vd. app. crit, varo
AEOVT01tOÀ\TroV Monac. gr. 186}, Canst. Ill, Log. prospb., sottoscr. nr: 48 (Riedinger 1/, p. 825.
lin. 1; vd. app. crit. uar: AEOVT01tOÀ\ Tiiiv Monac. gr. 186), e Consto lII, Ep. eone, sofloscr. nr. 46
(Riedinger lI, p. 893, lin. 24) [AEOVTOU1tOÀ\ç (AmvTOU1toÀEOlç anche nelle liste di presenza di
Consto JIl, dal/a Xl actio in poi) grafia secondaria (per il piIÌ corretto AEOVT01tOÀtç), attestata ad
es. in Not. episc. (Darrouzès, pp. 464, 500 {indici I {app. crit. ad loa'. j) e in NiL li (Lamberz. p.
48)/; (è1tlOX01tOç) AWVT01toÀEOlç (IoauQiaç)
Quin., sottoser. nr. 42 (Ohme. p. 150); preferianlo lo
scioglimento AEOVT01tOÀ(EOlç) giacché la formula con il nome di popolo prevede sempre in rp ilsinta/!,1IJa
con T'1ç [." I (J.!TJTQO)1tOÀEroç (vd. ad es., per composti con suffisso -1toÀIT'1ç!-1toÀITUl,
nr. 28: T'1ç
KÀaUOlO1tOÀ\ TOlV 1!1lTQ01tOÀ(EOlç); nr. 45: T'1ç OOJ.!1t'1·lOU1tOÀ\TOlV 1tOÀEOlç): /a stessa wstmzione am
il gen. di città (da un tema in -1toÀ\ç) retto da è1tlOXOrtOç si ritrova ad es. a nr. 54 (cmox(01t)(oç)
HQaxÀElOU1toÀ!:(Olç)
{compendio -1toÀ"/J e 56 (Emox(01t)(oç)
UJjC;01tOÀ(EOlç) {di nuOl'o mlllPmdio
-1t'" come net nostro caso!J}; inoltre, l'abbreviazione per AEOVT01tOÀ\ TroV sarebbe piIÌ propriamente
AWVT01tOÀ"
(vd. supra, nota g f"LTauQ01toÀ"I)·
374
GIUSEPPE DE GREGORIO
t
- OTTO KRESTEN
[47]
135
[48]
;rroÀ.s(OJç) tnç Asaf3lOJv vnoou oçioaç mr[sY{2al/Ja t]
36 [t] rSOJ{2YlOç avaçzoç
1
smax(o;rr)(oç)
tnç [Ml]ÀlaazOJvlad)
T{2TJYO{2lOç SÀ.SSl e(so)v
À(sOJç)
[49]
t
smax(o;rr)(oç)
r7Jç MlrvÀ.lvsan!ac)
tnc Ka{2OJv s;rra{2x(zaç) oçioaç V7rs[Y]ea[1/Ja
sto-
tl
1:EQYtOç EÀ£Et 8(EO)U Emcrx(07t)(oç) TTJç 1:lÀ.UIl~Qlvrov(ae)
7toÀ£(roç) Tllç EUQ07tEroV(af)E7t[aQ]x(wç)<ag) [Tllç] j3s8Qaxrov xroQaç OQlcraç U7tEYQa\)Ja
37
1
t
,o<, Così fIJ (Mitilenae L); MiTUÀT)VatOlVCanst. III, actio XVIII, sottoscr. nr: 52 (Riedinger Il, p.
784, lin. 26 fMetylenae L/), Canst. Ill, Log. prospb., sottoscr. nr: 49 (Riedinger II, p. 825, lin. 3),
e Consto Ill, Ep. conc., sottoscr. nr: 47 (Riedinger Il, p. 893, lin. 26) [ma vd. in tutti e tre i casi app.
crit. varo MtTUÀT)V{;OlVTaurin. B. II. 9 (gr. (7) J.
(ad) Così fIJ (f. .. J tOOtOlV già Kollar
[op. cit. supra, nota 16/, coli. 867-868, e Marini [op. cit.
supra, nota 17/, p. 2 I 2, lin. 40; Milissiorum
L [ma Mylireno app. Militense L (dal gen. MtÀ~TOU
del nome di città) nelle liste di presenza di Consto III, dalla Xl actio in poi}); MtÀT)OtOlV Riedinger I,
p. 26, e Riedinger Il, p. 736, lin. 14; MtÀT)OtOlV Consto Ill, actio XVIII, sottoscr: nr. 53 (Riedinger
Il, p. 786, lin. I fMilisi LI; vd. app. crit. varo MEÀtotviiiv Oehrid. gr. 84), Canst. Ill, Log. prospb.,
sottoscr: nr. 59 (Riedinger Il, p. 825, lin. 15), e Canst. Ill, Ep. conc., sottoscr. nr: 48 (Riedinger II, p.
893, lin. 28); (MtÀT)oiOlV) Quin., sottoscr: nr. 46 (stesso vescovo di Canst. Ill), restituito in Ohme, p.
151, dalle lezioni MEÀtooat- e MEÀtO{;OlVdei codd. (vd. app. crit.); non si esclude qui l'integrazione
[ME]ÀtOotOlV (il lungo tratto mediano di epsilon potrebbe essere ancora visibile in fIJ nell'intersezione
con i/lambda
assai sbiadito: vd. Tav. IV); a ciò non farebbe difficoltà la lezione Milissiorum
di L (cfr.
ad es. nr. 25: [M]EÀtT[T)V]Ol[V fIJ; Militensis L).
Così fIJ (Silimbriae L) per gli abitanti della città di ~T)À.u(IJ)[3Qia (~T)À.\J[3Qiaç nelle liste di presenza di Consto III [dalla I actio in poi; Silimbriae LI, nonché in Quin., sottoscr. nr. 47 [Ohme, p. 151;
app. crit. varo ~tÀtiJI3Qi-/~tÀUlJ1tQi-/~tÀ.uiJl3Qi-/; cfr. anche le oscillazioni ~llÀ.\J(IJ)[3Qi-/~tÀ.u(IJ)l3Qi- in
Not. episc. {Darrouzès, pp. 474, 513 (indici) (app. crit. ad locc.)/); !:T)Àu[3QT)viiivConsto III, actio XVIll, sottoscr. nr: 54 (Riedinger II, p. 786, lin. 3 [ancora Silimbriae
LI; vd. app. crit. var.
~tÀ.u[3QT)vòiv Taurin. B. Il. 9 (gr. 67 j), e Consto III, Ep. conc., sottoscr. nr. 49 (Riedinger II. p. 893,
lin. 30; vd. app. crit. varo ~tÀ.ulJ[3Qllvòiv Taurin. B. II. 9 [gr. 67/); ~T)À.ul3Qtviiiv Canst. III, Log.
prospb., sottoscr: nr. 63 (Riedinger II, p. 825, lin. 21; vd. app. crit. varo !:tÀu[3QT)viiiv Taurin. B. II.
(ae)
9 (gr. 67/).
,.n Così fIJ (Eurupeorum L); EÙQOJ1t{;OlVCanst. Ill, actio XVIII. sottoscr. nr. 54 (Riedinger II, p.
786, lin. 3 fEuropae L/), e Canst. III, Log. prosph., sottO.fCr.1Ir. 63 (Riedin[!,er II, p. 825, lin. 21)
Ima vd. in entrambi i casi app. crit. varo EÙQ01t{;OlVTal/rill. B. II. Si (}!,I: (7) e EÙQ0l7taiOlV Monac. gr.
186 (per Log. prosph. così anche Ochrid. gr. 84)/: EÙQOl1tatWV QI/ÌlI .. Jott(jJCr.I/r. 47 (Ohme, p. 151).
',~IIl chi soprascritto (per il compendio E1taQ') è appn/(/ ,·hi/Ji/,' iII 'l' lIe/tll/timo lembo a destra
(lievemente rijilato in Tav. IV) di lin. 37, mentre al di .(Otto.JI//I"/,~(jdi /M.lf . .Ii O.lJerl'ala lacuna delle
lettere -aQ- cadllte nel danneggiamento materiale.
IL PAPIRO CONCILIARE
[50]
139
[t] AVOQEaç EÀ(a)X(to"t'Oç)<ah) E1ttcrX(01t)(Oç)
VEOlV(ai)1tOÀ(EOlç) 't'l1ç AEcr~tOlV vncou
[51]
40
1
375
P.VINOOB. G 3
[t] eeoyvlOç deel
TI]ç Bunivtav
e(eo)u
e[7l']a{>x(wç)
't'l1ç ME9ulloQtcraç um;YQaljJ[ a t]
elrlox(orc)(oç)
TTJçKtavtov nose»;
o{>loa[ç U1rey{>arjJdaj)ow]
41
1
X£l(!Oç
Teoiçytou Siaxovoo (xm) OlXOV[O].uov TI]ç xat qie ayutJr(aTI]ç)
exxÀ1J(O'laç) ow ro sv aooeveia 11£[szvez t]\.k)
[52]
42
1
[tJ
AÀ£çavo(!oç £À££l e(co)v
£lrlOX(07l')(oç) 7l'oÀ£(wç) Kotça-
loaoçev XOJ(!aç oçtoaç v[ 7l't:y(!arjJa t J
[tJ Emrpovioç av( a)çtOç(al) E1ttcrX( on:)( oç) 't'l1ç
owv TI]ç
[53]
143
1toÀE(roç) 't'l1ç EÀEvO[1tOV't'tOlV
t
45
t i[wavV1]ç]
[54]
1
[55]
Açuevuu; Beoreçaç oçioaç
46
1
[t] Iletçoç xa(!lrl X«(!lOro)v
eÀct:l e(eo)v
1
44
E1taQ]xwç
Euxm
n vrov(am)
OQlcraç U1tEYQaljJa
e7l'lox(07l')(oç) H{>aXÀclOV7l'OÀ£(wç)
vrc[£y(!arjJa t]
rov e(eo)u
nutov elrlox(07l')(oç)
TI]ç M£a1JI1f3(!lVWVCPlÀOX«(!lOro)V7l'oÀe(wç) O(!la[aç u7l'ey{>arjJatJ
[56]
47
1
[tJ TIE't'Qoç
EÀEEl 8(EO)U E1ttcrX(01t)(oç)
Xllç oQtcraç U1tEYQaljJa
Lroç01tOÀ(Eroç)
8Qa-
t
(.h) EÀ' rp (misericordia
Dei L); i:À£Etvòç Riedinger I, p. 26, e Riedinger II, p. 736, lin. 17; tfr.
supra, nr. 43 (ron !lola X).
Così rp IMerymnae L) d" Mi:eq.lva/M"eq.lva, -T]çIgli abitanti di) (per l'oscillazione nella
grafia cfr. Not. episc. fDtJl'l'o//zès. pp. 466. 503 (indici)], nonché Nic. Il ILamberz, p. 50 con nota
195; ibid., p. 85. i!ldiàzzalo .lotto il f/(Jl/lin. Methymne); ME6ullvT]çnelle liste di presenza di Canst.
III Idalia I actio in poi; Merimnae opp. (episcopo) Metymnensi L]); MEeWvaloov Consto Ill, actio
XVIII, sottoscr. nr. 55 (Riedinger Il, p. 786, lin. 5 fMetymne L); vd. app. crit. var. ME9uIlVf:IllV
Taurin. B. II. 91gr. 67/), Consto Ill, Log. prosph., sottoscr. nr. 64 (Riedinger II, p. 825, lin. 23),
Canst. [/I, Ep. conc., Soffoscr. nr. 50 (Riedinger II, p. 894, lin, l; vd. app. crit. varo ME9uIlVÉlllv
Taurin. B. Il. 91gr. 67/), e Quin., soffoscr. nr. 48 (Ohme, p, 151; vd. app. crit. varo Mdh.lllVÉIllVin
numerosi testimoni).
('J) umlYQmj.>a(sic) Riedinger I, p. 26.
(ak) Si accoglie qui l'integrazione proposta da Riedinger
(cfr. Riedinger I, p. 26, e Riedin/(er Il, p.
736, lin. 20); (pro infirmitate qua) detineor L; su Teognio vd supra, p. 264 con nota 86.
(.l) avçwç rp senza alcun segno abbreviativo
(misericordia Dei L Ivd. Riedinger 1, p. 11/).
'.mJCosì rp (Eucha'lrorum L); Euxa'iTT]vmv Canst. Ill. actio XVIII, sot/oscr. nr. 58 (Riedinger II.
p. 786, lin. 11), e Canst. Ill, Ep. conc., sottoscr. nr. 52 (Riedinger Il. p. 894, lin. 5).
(,i)
376
GIUSEPPE DE GREGORIO
- OTTO KRESTEN
[t Ioxrvvnç] EÀ£Et 8(EO)U E1ttO"X(07t)(oç) 7tOÀE(roç) ~['T]ot]
49
[58] 1 [t Etçatovixoç t.:Àt.:]t.:l e(m)v
t.:7rlO"x(07r)(oç) 7roÀt.:(wç) I[o]Àwvao) TIJç K V7r{!lWV V1JO"ov O{! [l oaç V7rt.:y{!al/Ja t]
[59] 150 [t TuX]rov EÀ£Et 8(EO)U E1ttO"x(on)(oç)
7toÀ£(roç) Kl[n]ou
['TT)ç Korrçuov VT)O"OUOQ10"Oç U7tEYQOtjJO t]
[57]
48
1
[~]ro[ V]<an) oçtouç U7tEYQO[ t(>o
[ •.• rap)
Ian) L'integrazione
è sicura (Sroborum L) anche in base al calcolo dello spazio occupato dalle lettere
mancanti (di cui peraltro si scorgono tracce confuse ed assai sbiadite); dal costrutto con rroÀ£(roç) precedente non può che trattarsi del gen. del nome di città (vd. ad es. nr. 52. 58-59), ossia (da 1:TOl3<>t)
LTOPOlV, e non del gen. del nome di popolo (che sarebbe stato inserito tra Tiìç e n:6À£Olç: cfr. supra, nota
ab); 1:ToPiiiv (sic) Riedinger I, p. 26, e Riedinger Il, p. 738, lin. 8 (ITOPOlV nelle liste di presenza di
Canst. III Idalia XVI actio in poi I nonché in Quin., sottoscr: nr. 65 IOhme, p. 1531); (Tiìç) 1:TOpi;Olv
(n:oÀ£roç) Canst. Ill, actio XVIII, sottoscr: 46 (Riedinger II, p. 784, lin. 17; vd. app. crit. var. ITOPOlOlV Ochrid. gr. 84). e Canst. Ill, Log. prospb., sottostr. nr: 57 (Riedinger Il, p. 825, lin. 13).
(,oJ L[O)ÀOlV (scii. LOÀOlV, da LOÀOt)
rp (Soliorum L); l:oÀiiiv (sic) Riedinger I, p. 26, e Riedinger
Il, p. 738, lin. 9 (vd. supra, nota an); LOÀOlV nelle liste di presenza di Canst. III (dalla XIV actio in
poi {Solorum app. (episcopo) Solense L /i nonché in Consto ill, Log. prosph., sottoscr: nr. 53 (Riedinger
II, p. 825, lin. 9); (Tiìç) Loì.lOlV (1toÀ£roç) Consto Ill, actio XVIll. sottoscr: nr: 59 (Riedinger II. p.
786, lin. 13 {Soliorum civitatis L/}.
(ap) Tracce di scrittura indecifrabili
(cfr. supra, nota 34 {fine/).
IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3
ABBREVIAZIONI
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