lettera aperta in cui chiedo le dimissioni del
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Lettera aperta al Console onorario d'Italia Benito Casagrande di Luigi G. de Anna Bande, pali, bandiere e banderuole Egregio Console onorario, mi permetto di scriverLe dalle pagine della Rondine in merito al Tricolore esposto dalla pizzeriaristorante Dennis di Turku. La questione è oramai diventata di dominio nazionale, sia in Finlandia che in Italia e quindi una precisazione in merito non mi pare essere fuor di luogo. Preambolo Guai chi l'itala bandiera/Temerario offenderà! (Giovanni Prati). Confortato dall'invocazione del Poeta, riassumo per chiarezza i termini della vicenda. Il 3 settembre scorso, alla vigilia della visita del Presidente Napolitano in Finlandia, scrissi una lettera alla redazione del quotidiano di Turku Turun Sanomat, con preghiera di pubblicazione. Mi riferivo a due bandiere italiane esposte da tempo sulla facciata della pizzeria Dennis, sulle quali compare un cuoco che tiene in mano un piatto fumante. A parere mio e di altri connazionali di Turku, queste bandiere offendono la nostra sensibilità di italiani. Prima di rivolgermi al quotidiano in qualità di presidente del locale comitato della Dante Alighieri e di delegato per la Finlandia del Comitato Tricolore degli italiani nel mondo (CTIM), avevo pregato il personale della pizzeria, visto che il proprietario non era reperibile, di informarlo che alcuni italiani di Turku lo pregavano di non esporre più quelle bandiere. Chiesi anche a Lei, signor Console, di intervenire nella Sua qualità di rappresentante ufficiale dell'Italia nella nostra città, contando anche sul fatto che Lei è amico personale di Dennis Rafkin, il finlandese proprietario della omonima catena di ristoranti. Mandai per conoscenza copia della e-mail all'ambasciata d'Italia a Helsinki. Partii poi per una vacanza. Al mio ritorno, il 12 settembre, le bandiere erano ancora al loro posto. Nel frattempo c'era stata la visita del Presidente Napolitano nonché un coinvolgimento della stampa finlandese. Il Turun Sanomat, il giorno 4 settembre, mi aveva infatti contattato in quanto l'argomento interessava e la redazione preferiva dedicargli un servizio. Mi convocarono davanti alla pizzeria per prendere una foto (imponendomi una grinta che non mi è abituale, ma che ricordava il "facite 'a faccia feroce" di borbonica memoria, memoria a me peraltro non sgradita) e per una breve intervista. L'articolo comparve il giorno 6 settembre con un certo risalto, col titolo Italian professori syyttää turkukaispizzeriaa lipun häpäisemisesta ("Professore d'italiano accusa una pizzeria di Turku di oltraggio alla bandiera"). Oltre alla mia opinione era riportata quella di Dennis Rafkin e la Sua. L'articolo veniva subito ripreso nell'edizione internet del quotidiano Ilta- Sanomat (del 6.9.08), un tabloid largamente diffuso in tutta la Finlandia, col titolo Professori Luigi de Anna suuttui turkulaispizzerialle ("Il professor Luigi de Anna si è arrabbiato con una pizzeria di Turku"). Lunedì 8 settembre lo stesso quotidiano tornava sull'argomento titolando Mamma mia, mikä lippusota! ("Mamma mia che guerra delle bandiere!") dove, oltre ad alcune esagerazioni biografiche sul conto del sottoscritto, si fornivano i risultati di un gallup fatto tra i lettori, la cui stragrande maggioranza affermava che la bandiera di Dennis NON offendeva l'Italia. L'articolo era corredato da una dichiarazione del sottoscritto fatta telefonicamente da Hammamet, nonché di Dennis Rafkin. Nel frattempo su Novella 2000 usciva un trafiletto contenente un'intervista all'ambasciatore d'Italia a Helsinki, in cui la dott.ssa Elisabetta Kelescian commentava l'episodio, intervista presto ripresa dalla Rondine. I termini della questione si riassumono dunque nei seguenti interrogativi: la bandiera esposta pubblicamente da Dennis Rafkin in duplice esemplare rappresenta una mancanza di rispetto, se non addirittura un vero e proprio vilipendio, nei confronti del nostro Tricolore? Si tratta a tutti gli effetti di una bandiera o invece di un puro e semplice drappo pubblicitario? La difesa di Dennis Rafkin da Lei fatta in qualità di console onorario d'Italia è opportuna? E infine, quale immagine intendiamo trasmettere dell'Italia in questo Paese che ci ospita? Per rispondere a questi interrogativi dovrò dilungarmi su alcuni argomenti. Mi appello quindi alla pazienza del lettore. A causa di una implacabile deformazione professionale dovrò ricorrere a documentazioni e citazioni. Chiedo venia ai miei tre lettori. La pizza di Dennis La storia della ristorazione italiana in Finlandia non è stata ancora scritta; inizia con la locanda inaugurata nel 1794 a Viipuri da Giovanni Motti (1771-1833). Il ristorante Motti vivrà in seguito una seconda vita; nel 1940 a Helsinki all'indomani della Guerra d'inverno fu infatti aperto un locale coll'antico, e prestigioso, nome, divenuto presto uno dei migliori e più esclusivi del Paese, frequentato da uomini d'affari, ma anche da intellettuali e politici (si trovava del resto vicino al parlamento), tra i quali il futuro presidente della repubblica Urho Kekkonen e la leader comunista Hertta Kuusinen. Su questo e altri argomenti riguardanti la comunità italiana di Finlandia devo però per brevità rimandare al saggio sugli italiani in Finlandia che sto ultimando. I più anziani della nostra comunità ricordano il ristorante Adriano che Adriano Vinciguerra gestiva a Lappeenranta negli anni Sessanta. A dire il vero la sua pizza non era del tutto ortodossa, ma ebbe comunque successo. A Turku la pizza arriva verso la metà degli anni Settanta col ristorante Pippurimylly. Poco dopo Dennis Rafkin, già pasticciere a Helsinki, ma dotato di uno spiccato senso degli affari, apre in Linnankatu il suo locale, subito diventato popolare grazie alla sua posizione centrale. Nel suo sito la pizzeria Dennis è generosamente indicata come "forse la più famosa del Paese" . Il successo non mancò, e Dennis non solo aprirà altri locali a Turku (Länsikeskus) e Helsinki (a Kamppi, una ventina di anni fa) e più recentemente a Tampere (Aleksanterinkatu), ma si darà a partire dal 1983 alla produzione industriale della pizza surgelata e di salse da insalata con la Dennis Yhtiöt Oy. Per alcuni anni sponsorizzerà anche una squadra di pallamano che porta il suo nome. La pizza di Dennis, come egli stesso ha avuto occasione di dichiarare, in realtà non viene dall'Italia. Abbandonata la tradizionale napoletana, il Nostro ha importato in Finlandia la pizza americana, e cioè quel "piatto" (non ce la sentiamo di definirla "pizza") arricchito di ingredienti eterodossi, come ha giustamente sottolineato proprio La Rondine. Eppure Dennis, invece delle star and stripes che meglio si sarebbero adattate alla sua cultura e sensibilità gastronomica, ha preferito utilizzare come messaggio di richiamo l'italianità. Così i tendoni sulla strada portano in grande evidenza i colori della nostra bandiera, il logo è un pizzaiolo dalle chiare fattezze caricaturali del meridionale (è lo stesso che compare sulle bandiere) e sull'ingresso troneggia l'enorme e soddisfatto (per gli incassi) faccione del proprietario. Oltre ad un certo narcisismo, il faccione indica un ulteriore richiamo all'italianità, infatti Dennis ha indubbiamente fattezze non finlandesi (è un ebreo di origine russa) e si considera alquanto piacente, infatti su Ilta-Sanomat ammette che non è colpa sua se è bello. Per la precisione dichiara: ” Ma P-kele [espressione molto comune nel linguaggio finlandese che però non sta bene scrivere per esteso], sembro quello che sembro! Cosa ci posso fare se mi è capitato di essere bello, scuro e con i baffi! De Anna invece ha i capelli grigi” . Se l'ultima asserzione è assolutamente vera ed innegabile, la prima può lasciare alquanto perplessi. Ma de gustibus non est disputandum. Dennis si era lanciato in questo panegirico estetizzante in quanto il sottoscritto aveva dichiarato al quotidiano che, insomma, Dennis dopotutto non solo non è italiano, pur sfruttando l'immagine del nostro Paese, ma non conosce neppure la nostra lingua, infatti per molti anni davanti alla pizzeria si leggeva "bienvenuto", e dentro, sul menu, comparivano i soliti comici errori che corredano le liste delle pizzerie all'estero. Lo ammetto, caro Console, la mia è una deformazione professionale, ed è del resto innegabile da parte mia un certo senso di insofferenza nei confronti di una persona che molti a Turku credono essere italiana, ma che di italiano non ha nulla, anzi, col suo gesticolare e il suo ricorrente intercalare delle poche parole che conosce nella nostra lingua (dubito che conosca altre allocuzioni italiche a parte "mamma mia") sembra una caricatura dell'italiano, né dell'Italia del resto, appunto, pare curarsene eccessivamente. Naturalmente oggigiorno la pizza non è più una prerogativa nostra, essendo divenuta piatto internazionale, ma i colori della nostra bandiera con tanta magnificenza esposti dal Suo amico Dennis su tendoni e bandiere, questo sì, caro Console, è ancora patrimonio del nostro Paese. Il giornalista del Turun Sanomat, Salla Tuomola, ha intervistato Dennis Rafkin, il quale ha escluso che la "banderuola" (usa la parola finlandese "viiri") possa essere confusa con una bandiera, sia per il formato che per essere le bande di dimensioni diverse (cioè quella bianca è più stretta delle altre). Che il proprietario delle bandiere, costategli una certa somma, non intenda toglierle e quindi le difenda è comprensibile, anche se un gesto di simpatia nei confronti degli italiani che glielo chiedevano sarebbe stato apprezzabile, se non altro come promozione commerciale. Dennis ha invece annunciato che ora metterà le bandiere col cuoco anche sui ristoranti di Tampere e Helsinki. Il Console e la banderuola Molto meno comprensibile, caro Console onorario, è stato invece il Suo intervento. Lei infatti ha dichiarato al Turun Sanomat: "Le banderuole [viirit] della pizzeria assomigliano così poco alla bandiera italiana che nessuno dovrebbe offendersi per esse. Ho chiesto il parere [in finlandese: lausunto] dell'ambasciata e loro confermano che non esiste il rischio di confusione". E qui, dunque, cominciano i problemi, perché non solo Lei nella Sua qualità di Console onorario evita di prendere posizione a favore della nostra bandiera, seppur da Lei ridotta a umile "banderuola", ma chiama in causa anche l'ambasciata che, a Suo dire, corrobora il Suo parere. Queste opinioni vengono ribadite anche nell'articolo cartaceo di Ilta-Sanomat. L'ambasciata d'Italia a Helsinki viene quindi coinvolta direttamente, ed è accreditata di un "lausunto" (termine che in finlandese indica un qualcosa di ufficiale, mentre "mielipide" sta a significare un'opinione pura e semplice) alquanto impegnativo. E' stata una saggia decisione? Al momento di pronunciarsi, il funzionario dell'ambasciata aveva presente di quale bandiera si trattasse? Era stata visionata questa bandiera che peraltro non compare nel sito internet della pizzeria Dennis? O l'ambasciata si è fidata della "banderuola" come descritta dal suo Console onorario senza fare ulteriori accertamenti? Ho letto le Sue dichiarazioni, caro Console, al mio ritorno da Hammamet (l'esempio di Bettino alla fin fine non l'ho seguito) e ne sono rimasto molto sorpreso. A dir la verità non per quanto Lei aveva dichiarato a difesa di Dennis Rafkin, conoscendo bene gli ottimi rapporti di amicizia che La legano al ristoratore, col quale è stato fruttuoso socio in affari, come ricordava anche Ilta-Sanomat, menzionando le terme Caribia di Turku acquistate nel 1997 dalla società Ausade Oy di cui ambedue facevate parte, insieme al fondatore di Hesburger Heikki Salmela e al finanziere Rauno Puolimatka, proprietà immobiliare poi ceduta ad una ditta danese nel dicembre 2006 per una somma che non è stata comunicata alla stampa, ma che deve essere certamente notevole (articolo del Turun Sanomat del 23/12/2006). Ma dicevo, non mi sono meravigliato tanto per Le Sue dichiarazioni, quanto per quelle che Lei attribuiva all'ambasciata. Conoscendo, ed apprezzando, la difesa che in altre occasioni l'ambasciata ha fatto dell'Italia e della sua immagine, alquanto incredulo, ho scritto all'ambasciatore d'Italia a Helsinki, la dott.ssa Elisabetta Kelescian. Non riporto ovviamente la sua risposta, trattandosi di una lettera privata, ma in sostanza mi confermava che non c'era motivo di allarmarsi dato che, fermo restando che la "banderuola" come anche lei la definiva, era certamente di cattivo gusto, non poteva essere confusa con la bandiera nazionale con la quale ha in comune solo i colori. Come si è visto, nell'intervista al settimanale Novella 2000, l'ambasciatore ribadiva il medesimo concetto. Queste dichiarazioni sono state riportate dalla Rondine sotto il titolo "lirico" di Questa o quella [per me pari sono]. In sostanza, la mia ipotesi che Lei, signor Console, avesse agito di testa propria cadeva. Prendo dunque atto, seppur con ovvio dispiacere, dell'opinione della nostra rappresentanza diplomatica, che, in altre parole è la seguente: poiché la bandiera o banderuola è usata per scopi pubblicitari, bandiera nazionale non è. E' un po' come dire che se uso la bandiera, mettiamo, come tovaglia di ristorante, essa cessa di essere bandiera e diventa semplice tovaglia. Tutto questo accadeva, ripeto, in concomitanza con la visita del nostro Presidente in Finlandia. Posso solo immaginare la reazione di Giorgio Napolitano, il cui attaccamento al Tricolore è be noto (pochi giorni prima, ricevendo gli atleti italiani medagliati alle olimpiadi di Pechino aveva sventolato il Tricolore), se fosse venuto a Turku e fosse passato davanti alla pizzeria in Linnankatu, da dove invece passò Oscar Luigi Scalfaro, ma allora, fortunatamente, le bandiere ancora non c'erano. E posso anche immaginare oltre alla reazione di Scalfaro, quella di Giovanni Spadolini quando nel 1988 venne nella nostra città (era allora ministro della difesa), considerato il suo proverbiale attaccamento ai simboli del nostro Risorgimento. E' proprio sicuro signor Console che avrebbero benignamente sorriso al vedere la simpatica banderuola che tanto onora la nostra gastronomia in Finlandia? Mafiosi a Stoccolma Certo, piccola cosa, qualcuno ha commentato, questa faccenda della bandiera. Sarà allora bene ricordare che negli stessi giorni si verificava un altro fatto piuttosto preoccupante per la nostra immagine. L'Espresso dell'11 settembre, nella rubrica "Riservato", in un trafiletto subito ripreso dalla vigile Rondine, a firma G.D.F. informava (testimone oculare il giornalista medesimo) che nell'hotel Hasselbacken di Stoccolma la Finnair aveva organizzato un party promozionale. In questa occasione i camerieri erano vestiti da mafiosi e sul bianco della nostra bandiera erano state appiccicate le foto di Al Capone e altri capi di Cosa nostra. Sugli schermi si proiettavano scene del Padrino di Francis Coppola. Nessuna reazione, fino ad ora, da parte dell'ambasciata italiana a Stoccolma. In una prospettiva globale, questo uso fatto dalla Finnair della nostra bandiera era ancora più offensivo di quello fatto da Dennis. La vicenda insomma cominciava a debordare, arrivando sia ai media che in più alte sfere italiane. Insomma, quello della "banderuola" sta diventando un caso interessante, inserendosi nel più ampio contesto della protezione e promozione dell'immagine dell'Italia, temi ai quali il governo in carica, come è naturale, è particolarmente sensibile. Già, ma si tratta veramente di una "banderuola"? Lo vedremo tra breve. Una questione terminologica Le parole hanno un loro significato, questo lo sappiamo, ma a volte è l'oggetto in sé che può avere diversi e perfino contrastanti nomi. Nel caso della nostra bandiera, essa sembrerebbe ben adattarsi ad una visione pirandelliana della vessillogia, infatti è o "bandiera" o "banderuola" a seconda del giudizio che si dà sulla questione se quella di Dennis offenda o meno la sensibilità italiana. Diamo dunque una rapida occhiata alla terminologia delle insegne. Gli antichi romani, a conferma di come la bandiera nasca in un contesto militare, portavano in battaglia i signa, raffiguranti animali di antica origine totemica o simboli sacri. Antenati della bandiera sono più direttamente i vexilla, costituiti da lembi di stoffa colorata. Queste insegne non servivano solo a identificare i reparti (il colore del vexillum distingueva le varie legioni, ma quello rosso era apposto dall'imperatore sopra il pretorio e un vexillum sventolava a poppa delle navi stando a Svetonio), ma anche ad ordinare i loro movimenti. L'italiano vessillo è diventato poi termine di uso generico, usato per ogni tipo di bandiera. Con l'avvento del cristianesimo si passò al labarum, un drappo più grande del vexillum della cavalleria romana che portava il monogramma XP (iniziali della parola greca Christos). Il labaro (costituito da una barra verticale e da un regolo, più corto, orizzontale) sarà insegna guerresca e paraguerresca (è utilizzato ad esempio dal Sovrano Militare Ordine di Malta), e resterà in uso ancora fino ad epoca recente nelle organizzazioni politiche, come nelle associazioni di ex combattenti e d'arma. Affine, ma non uguale, è il gagliardetto (da gagliardo, che indicava la bandiera principale del bastimento, infatti le bandiere sono strettamente legate anche all'uso marittimo), bandiera triangolare con la punta verso il basso, usata oggi da associazioni politiche e sportive. Con Carlo Magno nasce l'orifiamma (drappo a due o tre punte, con fiamme d'oro in campo rosso) emblema dei suoi eserciti, adoperato anche come stendardo di parata o gonfalone. Il gonfalone, dall'alto tedesco guntfan, tradisce già nell'etimologia la sua origine di vessillo da guerra, infatti nell'alto medioevo indicò la bandiera attaccata alla lancia portata dai cavalieri. Aveva una forma rettangolare estesa in lunghezza e terminava con punte quadrettate, differenziandosi così dallo stendardo che code o fiamme o lingue non ha. Divenne di uso popolare quando fu adottato dai Comuni medievali (bello il riferimento che ad esso fa Lorenzo il Magnifico nel suo "ben venga maggio e il gonfalon selvaggio"). Altro termine per indicare l'insegna tipica della cavalleria, attaccata alla lancia e con forma triangolare allungata e stretta (in latino penna, pennula), è quello di pennone, che passerà poi al linguaggio marinaresco, diventando sinonimo di pennello, la bandiera usata in generale per le segnalazioni. La cornetta è invece una bandiera di ridotte dimensioni, a due punte, un tempo propria dei dragoni, da cui il grado militare corrispondente, rivestito da giovane anche da Carl Gustaf Mannerheim. La cavalleria diede dunque origine a varie forme di insegna; ricordiamo ancora il guidone, dall'antico francese guyd-homme, bandiera militare simile ad uno stendardo ma arrotondata o tagliata a coda di rondine. Dalla cavalleria passò alla marina, quale insegna di comando. Lo si porterà poi sulle auto degli alti gradi delle forze armate per indicarne il rango. Il termine stendardo (da una voce germanica passata nell'antico francese estandart) è venuto impropriamente a significare tutte le insegne usate nei secoli passati. Si afferma nella sua accezione più moderno quando, al contrario della bandiera che era mobile, viene impiegato in sede fissa per indicare la dimora del cavaliere o del signore (il padiglione o il castello). Passò da una originale forma rettangolare a quella quadrata, ereditata in tempi moderni dagli stendardi militari, che, oltre ad avere in cima all'asta la freccia al posto della formaggetta o del pomo sono tutti quadrati, a differenza della bandiera nazionale, e questo, si noti bene, a conferma di come NON esiste una misura standard della bandiera Tricolore, che l'art. 12 della Costituzione non specifica ulteriormente, se non che ha "tre bande verticali" (anche se il termine araldico più corretto sarebbe "palo", essendo la "banda" più precisamente una pezza onorevole posta diagonalmente nello scudo, di cui occupa la terza parte, dal cantone destro del capo al cantone sinistro della punta). In epoca carolingia l'insegna comincia ad assumere un significato di sacralità, anche se non ancora di simbolo nazionale. Papi e vescovi infatti iniziano a benedire le bandiere dei signori feudali che si impegnavano ad essere difensor fidei. Nell'alto medioevo si diffonde anche la fiamma, soprattutto in area culturale bizantina, dove venne a significare la bandiera di guerra. Nelle lingue romanze indica le lunghissime bandiere che le navi da guerra portarono dal medioevo fino al XVII secolo in cima agli alberi. La fiamma è in declino, e non solo come insegna marinaresca, e questo è certamente un peccato, data la sua estrinseca bellezza. Con l'anno Mille l'incontro tra la cultura occidentale e quella orientale porta all'introduzione di due importanti innovazioni: l'attacco laterale dell'asta al drappo e l'attribuzione di un valore simbolico al suo colore (e questo anche in concomitanza con la nascita dell'araldica). Dal XII secolo le navi cominciano ad innalzare bandiera per far riconoscere il porto di provenienza e, in seguito, la loro nazionalità. Il drappo, dall'antico tedesco drap per via del francese drapeau, è voce generica indicante nello specifico la stoffa della bandiera (allotropo è la drappella, una insegna rettangolare o quadrata appesa alla tromba militare). Infine, bandiera: deriva da banda, intesa come compagine militare (senso conservato nello spagnolo bandera), di cui era l'insegna. In italiano diviene di uso generico. Il suo significato lo conosciamo tutti. Da bandiera deriva banderuola, che stava sulle lance della cavalleria italiana; di colore azzurro terminava a due punte. Come il naso di Cyrano, caro Console, la bandiera ha dunque molti nomi; perché scegliere per indicare quella di Dennis proprio la definizione di "banderuola" come fa Lei ricorrendo al termine "viiri" in questa accezione? Nella terminologia vessillologica il termine neppure compare, l'italiano banderuola infatti nello Zingarelli è indicato come "insegna metallica girevole posta sulla sommità di edifici per indicare la direzione del vento". A onor del vero Lei ha usato il termine finlandese e non quello italiano. E qui notiamo l'innegabile lacunosità della lessicografia italo-finlandese (sorvoliamo sul fatto che con "lippu" oltre alla bandiera si indica anche un biglietto d'ingresso), che per viiri fa una certa confusione, dovuta però anche alla limitatezza del lessico finnico riguardo a questa terminologia. Secondo il dizionario di Aira Hämäläinen infatti il lemma si traduce con "stendardo, gagliardetto, pennone, vessillo" (nell'inverso, "stendardo" equivale a "lippu, viiri"). Il compianto Giorgio Colussi traduce con "stendardo, bandiera". La sola Barezzani et alii usano "banderuola, bandierina". "Viiri" può dunque intendersi sia come bandiera che come qualsiasi altro drappo al vento, ma "banderuola" in finlandese dovrebbe essere più esattamente "tuuliviiri", quindi la bandiera di Dennis banderuola non è, come invece si legge nell'intervista dell'ambasciatore d'Italia a Novella 2000 (oggigiorno nel finlandese è entrato in uso anche il lemma banderolli; con standaari invece si indica il gonfalone o il gagliardetto o il labaro). Questione di lana caprina, caro Console? Non proprio, dato che se togliamo all'"oggetto" di Dennis la sua definizione di "bandiera"e gli attribuiamo quella di "banderuola" possiamo ben appiccicargli sopra non solo cuochi, ma anche zamponi, polente e abbacchi senza tema di offendere nessuno. E' infatti ovvio che l'impiego pubblicitario del logo con i colori di una bandiera nazionale è di uso legittimo e diffusissimo, ma si tratta appunto di logo o di insegne pubblicitarie che però non hanno apparenza, forma o evocazione di una bandiera nazionale. Quella di Dennis non è, lascio giudicare al lettore, un logo, anche se il "così è se vi pare" resta una categoria semiologica rilevante. Ma vediamo come la voce di Wikipedia (edizione finlandese) definisce il "viiri": ” nome generico per quell'insegna di tipo bandiera fatta di tessuto, che si adopera osservando abitudini e norme diverse da quelle in uso per le bandiere. I "viiri" differiscono dalle bandiere anche per il loro aspetto: in generale le bandiere hanno forma rettangolare e sono al massimo due volte più lunghe della loro larghezza [è questo il caso della bandiera di Dennis, N.d.R.], mentre invece i "viiri" sono il più delle volte LUNGHI E STRETTI E PENDENTI ALL'INGIÙ DALL'ASTA [orizzontale]” . Certo Wikipedia non è il Kielitoimisto o la Crusca, ma la definizione del drappo è chiara. Dunque, quello di Dennis NON è un "viiri". Al massimo può essere definito un "mainoslippu", ma "lippu", cioè bandiera, lo è. Effettivamente l'uso di queste bandiere pubblicitarie si è molto diffuso. Le troviamo svettare sugli ipermercati come sui distributori di benzina, ma non copiano o riproducono i colori nazionali, non quelli di altre nazioni e tantomeno quelli della bandiera finlandese (se ne guardano bene!) Per di più: l'uso oggi più comune del "viiri" è quello di "isännänviiri", e cioè quella specie di "fiamma" che indica la presenza in sede del padrone di casa; la si vede ad esempio svettare nei cortili dei cottage finlandesi. Il "viiri" è comunque usato ancora dalla marina militare finlandese. Che il "viiri" sia un drappo lungo e stretto lo conferma anche il Nykysuomen sanakirja, il quale invece definisce "lippu" (cioè la bandiera) come un drappo in tessuto di forma, colore e figura determinata e di uso vario. Egregio Console, non sarò così inclemente da pretendere da Lei una preparazione filologica al posto di quella che ha avuto come architetto, ma l'analisi dell'uso da parte Sua di "viiri" al posto di "lippu" è fondamentale. Definendo il drappo dennissiano come "banderuola" o "fiamma" come dir si voglia, cioè "viiri", Lei allontana il sospetto che si tratti di una bandiera. Se fosse una bandiera, ahimè, Le toccherebbe prenderne le difese in qualità di console onorario d'Italia. E questo avrebbe potuto irritare il suo socio d'affari. Una questione di forma Il problema della bandiera di Dennis verte dunque, a Suo giudizio signor Console, sulla valutazione della vera natura del drappo in questione. Abbiamo visto che, linguisticamente, il termine più adatto per definirlo è "bandiera", e che quella di Dennis sia una bandiera ad uso pubblicitario non cambia di molto i termini della questione. Il declassamento da bandiera a banderuola da Lei fatto si basa su considerazioni formali. Vediamo allora come, da questo punto di vista, si formula il concetto di "bandiera". Ovviamente Lei conosce bene il testo della Costituzione repubblicana. Su tutto dunque spicca, come è doveroso, la definizione che del Tricolore se ne dà all'art. 12, il quale recita: La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni. Null'altro, né null'altro viene aggiunto sulle dimensioni e proporzioni della medesima. La bandiera di Dennis Rafkin è verde, bianca e rossa a tre bande verticali (o pali). Una, quella bianca, è leggermente più stretta, ma basta questo a degradarla a banderuola? Certamente no, perché bisogna tenere presente la funzione che il drappo assume essendo issato su un'asta in luogo pubblico. Se fosse esposta invece all'interno farebbe parte dell'arredamento, seppur di cattivo gusto. Se fossimo in Italia la valutazione della natura del vessillo verrebbe fatta sulla base della vigente legislazione che non solo specifica le modalità d'uso, ma ovviamente si preoccupa di difendere il Tricolore dal vilipendio. Come infatti faceva notare un lettore in una sua lettera al Giornale del 31 ottobre 2001 (a firma "robiler") spesso in Italia la bandiera viene esposta in cattivo stato o con poco decoro, mentre in altri Paesi per la bandiera si ha un vero e proprio culto. Questo è vero anche per la Finlandia, ma evidentemente le norme riguardano solo la bandiera nazionale e non quella straniera, stando per lo meno ai risultati del gallup di Ilta-Sanomat. La Legge 5 febbraio 1998, n. 22, promulgata in attuazione dell'art. 12 della Costituzione, indica le "Disposizioni generali sull'uso della bandiera della Repubblica Italiana e di quella dell'Unione Europea". Nulla si dice sulle dimensioni della bandiera. Col DPR del 7 aprile 2000, n. 121, promulgato da Carlo Azeglio Ciampi, si precisa il "regolamento che disciplina l'uso delle bandiere" e si indicano "Le regole per l'esposizione del Tricolore". Così il Decreto esordisce: ” Non esistono convenzioni internazionali sull'uso della bandiera (flag etiquette), ma le disposizioni adottate da un gran numero di paesi hanno tali analogie da poter ipotizzare delle linee di comportamento comunemente accettate” . Uno dei punti fondamentali è che ” La bandiera viene sempre usata in modo dignitoso [...] mai usata come copertura di tavoli o sedute o come qualsiasi tipo di drappeggio” . L'art. 9 dice espressamente: ” Le bandiere sono esposte in buono stato e correttamente dispiegate; né su di esse, né sull'asta che le reca, si applicano figure scritte o lettere di alcun tipo” . Non ci sono riferimenti a dimensioni o proporzioni della bandiera nel DPCM. (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) del 14 aprile 2006, nel quale si indica il tipo di cromatismo, ma non le dimensioni delle bande. Ricapitoliamo: non esistono convenzioni internazionali, ma la buona educazione (flag etiquette) impegna ogni paese che possiamo definire "civile", quindi anche la Finlandia. Le bandiere di Dennis sono impiegate in modo dignitoso? Certamente no, in quanto sono lasciate a scolorirsi sulle aste e non vengono ritirate al calar del sole. Inoltre, come abbiamo testé visto, la normativa italiana proibisce che sulla bandiera si inseriscano figure e scritte. A questo punto Lei, signor Console, ribatterà che quella di Dennis non è una vera e propria bandiera in quanto destinata a pubblicizzare un locale e quindi non rientra in questa normativa e per di più siamo in Finlandia e non in Italia. E qui Lei cadrebbe nell'errore di affermare che è la "funzione" che fa la bandiera, non la sua intrinseca natura. Ripeto quanto già detto in precedenza, se uso la bandiera italiana come tovaglia, non per questo il Tricolore cessa di essere bandiera per diventare copertura di tavoli. Bandiera è e tale resta. Se poi negli stadi italiani la si deturpa con scritte e simboli, questo non giustifica che altrettanto si debba fare all'estero. Insomma la logica Sua, signor Console, e non solo Sua, purtroppo, sembra essere: poiché la bandiera è esposta su una pizzeria NON può essere una vera bandiera. E perché mai? Il Tricolore diviene bandiera nazionale solo se esposto sul Quirinale? A ragione quindi nel sito del Dipartimento del Cerimoniale dello Stato italiano alla domanda ” Un privato gestore di un pubblico esercizio (albergo, ristorante, ecc.) può esporre bandiere straniere?”si risponde: ” Sì, a condizione che ne rispetti il decoro e esponga anche la bandiera nazionale” . Questo è valido per l'Italia, Paese (ingiustamente) accusato di non onorare la bandiera. E questi finlandesi così famosi per il rispetto che portano alla propria? Non si dovrebbero anche loro adeguare all'etichetta internazionale? Size does not matter Ma Lei, nella dichiarazione rilasciata al Turun Sanomat afferma che "le banderuole della pizzeria assomigliano così poco alla bandiera italiana che nessuno dovrebbe offendersi per esse". Il parere è condiviso dall'ambasciata, infatti a Novella 2000 l'ambasciatore Kelescian aveva dichiarato: "dalle foto che ho visto la bandiera in questione è solo un oggetto pubblicitario che si trova in commercio. Poi ognuno fa stampare sopra l'immagine che vuole". Questo giudizio si basa sull'assunzione che le misure della bandiera di Dennis non siano quelle regolamentari, fissate, si afferma nell'intervista, per legge a partire dall'Ottocento. In realtà le dimensioni o misure del Tricolore non sono fissate da alcuna legge, tanto meno ottocentesca. Infatti nel sito ufficiale del Ministero degli Esteri Italiano si vede un'enorme bandiera che non solo copre una parte del Colosseo (la didascalia dice: ” La bandiera italiana all'ombra del Colosseo” ), ma è disposta con il lato verticale più lungo di quello orizzontale, cioè proprio con le proporzioni adottate da Dennis (mi pare di ricordare che il bandierone sia stato esposto in occasione della festa del 2 giugno). Insomma, l'unica differenza tra la bandiera di Dennis, fatte le debite proporzioni, e questa elevata dal MAE a simbolo dell'Italia sta nella larghezza della banda centrale. Ebbene, un amico italiano, ufficiale delle nostre Forze Armate, mi informa che recentemente l'Aeronautica militare ha adottato una nuova coccarda tricolore per contraddistinguere i propri velivoli. Questo simbolo ha il cerchio del bianco più stretto rispetto a quello verde e rosso. Il mio corrispondente commenta: ” Ciò significa che non è la larghezza delle bande ad identificare i simboli del nostro paese, ma la disposizione dei colori e la loro diretta riferibilità all'Italia” . Ne consegue che per le nostre Forze Armate i colori nazionali, sotto i quali volano i nostri velivoli militari, sono esattamente uguali a quelli riportati da Dennis. Con la differenza che sui nostri Tornado non è stato aggiunto il cuoco. Sempre il mio amico ufficiale mi fa notare che in un solo caso le dimensioni del Tricolore vengono indicate. Si tratta della bandiera di guerra che, secondo la tradizione, è quadrata e non rettangolare. Anche la bandiera di Dennis è rettangolare. Insomma, tutto in regola, caro Console onorario. Opinioni L'8 settembre Ilta-Sanomat pubblicava i risultati del gallup proposto nell'edizione internet. Rispondono 12.255 lettori, che a me pare una bella cifra. Quella dell'8 settembre, con quello che ha comportato, è una data che non mi è mai piaciuta, signor Console, e forse neanche a Lei, visto il nome di battesimo che porta. Infatti l'85% dei rispondenti dichiara che la bandiera di Dennis (definita "banderuola pubblicitaria", "mainosviiri") NON offende l'onore d'Italia, contro un modesto 15% di chi invece concorda con il professore di Turku. Il risultato, peraltro eclatante, dimostra che...ai finlandesi non potrebbe importargliene di meno della nostra bandiera, il che mi pare logico. Confesso di aver avuto la tentazione di mandare alla redazione del tabloid un fotomontaggio con una bandiera finlandese corredata di makkara in campo bianco-celeste, come qui abbiamo fatto. Avrei voluto chiedere al giornalista Tuomas Manninen, che aveva curato il servizio, di fare un uguale gallup sulla bandiera finlandese con salsiccia. Il "mio" 8 settembre offre peraltro la stura al suddetto giornalista di chiosare sul significato dell'appellativo di "makarooni", arrivando ad una considerazione per noi non gratificante: ” quanto più gli italiani difendono il loro onore, tanto più si sorride di loro” . Il giornalista fa peraltro un rapido giro in google e trova che il termine gastronomico è usato per indicare i calciatori che si buttano a terra appena li toccano, o per bollare quelli che a giudizio dei finlandesi sono i peggiori soldati del mondo. Manninen di suo ci mette che gli italiani, nel corso dei secoli, sono riusciti a scegliersi come governanti personaggi che fanno ridere gli altri popoli, come Mussolini e Berlusconi. Insomma, potremmo concludere, questi italiani “ macaroni” , vili e ridicoli, come si azzardano a difendere l'onore di una bandiera? E veniamo sommersi caro Console da quel tragico 85%. Il mini-gallup Ma il professore non è convinto che la domanda sull'onore andasse rivolta ai finlandesi e quindi la gira agli italiani di Turku, inviando una lettera circolare, pubblicata anche sulla Rondine, grazie alla quale arrivano commenti anche di italiani di altre parti come di finlandesi italofoni. Certo, non dispongo di tutti gli indirizzi e-mail dei miei connazionali di Turku, e quindi devo ammettere che il mio è stato un mini-gallup. Eppure, sono convinto che anche se avessero risposto molti di più di coloro che hanno preso la briga di scrivermi, il risultato non sarebbe cambiato. E l'8 settembre si trasforma in un 4 novembre. Lei signor Console conosce bene la storia d'Italia e non c'è bisogno che Le ricordi cosa successe quel fatidico giorno. Il 92% dei 60 rispondenti, alla semplice domanda "offende la bandiera esposta da Dennis la sensibilità italiana", afferma: SÌ. Un risultato da referendum risorgimentale, caro Console. Sono sicuro che anche Lei ne sarà compiaciuto, anche se un po' sorpreso. Forse non sospettava questa capacità di reazione in quella comunità italiana da Lei così poco curata ed amata: ricorda lo sfratto dai Suoi locali che diede al ristorante Sergio, dove avevamo fondato un nostro piccolo Circolo italiano, perché poco "fine", oppure la bandiera a mezz'asta del consolato in onore "delle vittime dello tsunami", come ebbe a dichiarare al locale quotidiano mentre si trattava della giornata della memoria in onore dei morti nelle foibe? Insomma, Lei proprio non doveva sospettare che tra noi italiani allignasse un tale patriottismo, anzi revanscismo. I commenti Ho promesso l'anonimato a chi rispondeva al mini-gallup, ma riporto qui di seguito alcuni dei commenti perché indicano in maniera evidente i sentimenti degli italiani di Turku, ma anche di chi ha comunque legami con la Finlandia, magari amandola e rispettandola. Un ristoratore italiano di Turku, mi pare giusto iniziare con lui, molto stimato non solo per la qualità della sua gastronomia e dei suoi cappuccini ma anche per la sua simpatia e affabilità, mi scrive: ” come italiano sono offeso anch'io dall'abuso che fa Dennis Rafkin non solo della bandiera ma anche della lingua, della cucina e della cultura italiana” . Come vedremo meglio in seguito infatti l'attenzione di chi ha seguito questa vicenda si è presto spostata sul tema della difesa della gastronomia italiana, minacciata e offesa da kebab, pizzerie curde e finlandesi dove si servono le più fantasiose pizze sfruttando beninteso i colori italiani come richiamo. A questo proposito un altro ristoratore italiano di Turku conclude: ” Ad ogni modo io appoggio la tua tesi, ma voglio sdrammatizzare, ormai se guardi tutte le pizzerie di Turku e dintorni sventolano il tricolore anche se poi sono pizze arabe, turche etc...” . Un'insegnante di italiano scrive che la bandiera di Dennis ” riduce e sminuisce la nostra italianità” . Un connazionale che vive da non molto tempo a Turku mi ringrazia molto ” per questa battaglia che sta portando avanti” . Un italiano dalla lontana Lapponia commenta che nelle ricette di pizze indicate sul sito di Dennis figura anche come ingrediente lo zucchero e continua: ” Sicuramente non sarei un suo cliente! Inoltre le pizze che hanno come ingredienti l'ananas o la carne tritata non hanno nulla a che vedere con una pizza "italiana" e quindi come linea di principio dovrebbero avere come sottofondo la bandiera finlandese!” Passiamo a chi non risiede in Finlandia: un italiano la cui figlia si è laureata in finlandese mi fa osservare che la bandiera rappresenta una pubblicità ingannevole, in quanto si crede di entrare in un ristorante italiano ” che invece è tutto suomi” . Aggiunge anche una considerazione sul Suo nerbo di Console, ma non la riporto. Un noto giornalista ecologista, che ama molto la Finlandia, scrive: ” mi offende eccome”e aggiunge: ” Come mi offesi una volta quando la televisione italiana mandò la pubblicità mentre veniva suonato l'inno nazionale finlandese durante una partita di calcio con l'Italia” . Un importante giornalista del Corriere della Sera scrive ” ho apprezzato la discussione da lei giustamente innescata” , riferendosi evidentemente a come si debba trattare la nostra immagine all'estero (oramai gira anche la foto del Tricolore "mafioso" di Stoccolma). Un autorevole ex collaboratore dell'allora ministro degli esteri e ora presidente della Camera Gianfranco Fini, nonché accademico, è più esplicito: ” Sì [offende]; l'immagine del tricolore così utilizzato impropriamente umilia e offende i valori fondanti della Nazione e dello Stato” . Un collaboratore della rivista Settentrione aggiunge: ” Sì, è offensiva perché la storia di pizze, mandolini e maccheroni ci ha stufato” . Un alto funzionario della regione veneta rimprovera a Dennis di esporre ” una velleitaria e grossolana allusione a un'Italia da operetta”che danneggia la nostra immagine all'estero. Dalla Cina, dove di uso improprio di logo tricolori se ne intendono, un giornalista e scrittore commenta: ” trattasi chiaramente di vilipendio alla bandiera. Non credo che una cosa simile verrebbe tollerata in altri Paesi e mi stupisco che l'Ambasciata d'Italia non intervenga per farla rimuovere” . Un altro giornalista italiano, noto amico della Finlandia, sulla quale ha scritto dei saggi di successo, è ugualmente convinto anche se meno categorico: ” Sì, "offende". Almeno nel senso che è impropria, di cattivo gusto e innegabilmente provocatoria (altrimenti che messaggio promozionale sarebbe?) la commistione tra identità nazionale e offerta culinaria” . Ma ci sono anche i NO. Un socio finlandese del comitato della Dante Alighieri di Turku è categorico: ” assolutamente no! Invece, sostiene la buona reputazione di alimento italiano” . Un ex ristoratore italiano di Turku risponde NO perché l'essere italiano va oltre una bandiera esposta da chi pensa solo a guadagnare di più con l'immagine dell'Italia. Infine, e mi scuso se qui tradisco la mia promessa di anonimato, Ernesto Galli della Loggia commenta: ” la bandiera esposta da Dennis a mio avviso NON offende la sensibilità italiana. La offende invece quella [...] con il ritratto di noti mafiosi” . Il popolo di internet Il caso della bandiera sembra interessare, in Finlandia e in Italia. Il gestore di un blog di Turku mi dice di non avere mai avuto tanti post come in relazione alla vexata quaestio e anche la Rondine nel suo forum abbonda di commenti. Visto che li ha sotto gli occhi, caro Console, non sarà necessario riportarli qui, ma ricorderò comunque quello di un italiano di Turku. "Pasquale" lavora nel campo della ristorazione e ricorda che a parte il caso di Dennis, esiste quello di chi sfrutta l'immagine dell'Italia offrendo prodotti che di italiano hanno ben poco; per questo motivo propone di portare la difesa del prodotto italiano a livelli politici tramite l'ambasciata. Alcuni blog si sono interessati alla vicenda. Uno è tenuto in Italia da un giornalista e saggista che conosce bene Turku, dove ha insegnato. Il blog (www.thelorereport.bloglist.it) riporta in sintesi la questione della bandiera di Dennis e commenta: ” Insomma, è una questione di semplice buon senso e di dovuto rispetto. Una bandiera è qualcosa di sacro e già è grave che venga utilizzata a scopo commerciale, figuriamoci poi così grottescamente modificata” . E qui apro una parentesi: alcuni dei lettori di questi siti e blog ricordano che i primi a non rispettare i Tricolore siamo proprio noi italiani. Nota è infatti la nostra passione per la bandiera in occasione dei campionati di calcio, come anche la versione mutandina che appare sul sedere della campionessa olimpica di scherma Valentina Vezzali, che, con qualche anno di ritardo, ha imitato una nota cantante inglese che copriva le sue parti più delicate con l'Union Jack. L'esposizione della Vezzali è tanto più criticabile considerato che fa parte del Corpo di Polizia di Stato. Un caso diverso è quello del cavallo "tricolore" spiritosamente inserito dalla Rondine a icona del mio articolo sulla storia della bandiera. Certamente la foto è stata scattata in occasione della vittoria italiana ai mondiali. Mentre il cuoco di Dennis, o gli slip della Vezzali, sono un richiamo a messaggi semiotici di dubbio gusto, il cavallo tricolore indica, seppur in maniera eterodossa, la gioia e l'orgoglio di essere italiani. Inoltre, considerata la polemica sul preteso uso che viene fatto in Italia della carne di cavallo secondo i finlandesi, cui ha partecipato anche l'ambasciata d'Italia a Helsinki, è evidente che il cavallo, che non è un asino, ha voluto giustamente porsi sotto la protezione della nostra bandiera, visto che in Finlandia i suoi simili finiscono nella makkara. Il blogista si pone poi una interessante domanda: ” se il signor Rafkin vendesse benzina si sognerebbe mai di utilizzare la bandiera saudita con sovrimpressi dei barili di petrolio? No di certo! perché da Ryad la reazione diplomatica sarebbe durissima. Di contro, l'Ambasciata italiana ad Helsinki ha preferito glissare sulla vicenda. Per tacere del Consolato a Turku...” . Il punto qui sollevato è interessante. Infatti in altre parole si dice: "l'Italia la si può offendere o vilipendere, tanto...è Italia". E questo forse lo pensano anche i finlandesi, meravigliandosi della nostra reazione. In fondo, non abbiamo perso tutte le guerre? Che c'azzecca questa alzata di orgoglio? Sembra insomma che dicano: "ma come, proprio voi italiani che notoriamente non avete un senso nazionale vi lamentate?" Vede, egregio Console, la gravità del Suo non intervento? Lei conferma, coscientemente o no, l'immagine che i finlandesi hanno del'Italia. E questo è grave per il rappresentante ufficiale del nostro Paese. I post non mancano a questo indirizzo. Non sono un navigatore di internet, appartenendo a una generazione che ancora passa il proprio tempo sul cartaceo, ma la quantità di commenti mi colpisce, e anche il tono, talora insofferente e un po' aggressivo dei medesimi, come nel caso di "Max" che non si sente affatto offeso dalla bandiera con cuoco. Prevale comunque in questo blog l'opinione che esista certamente un'offesa fatta al nostro sentimento nazionale e "ferdinando" commenta: ” ritengo la vicenda finlandese altamente offensiva del nostro amor patrio, ma è ovvio che l'amor patrio è rimasto a pochissimi. Mi fa però specie la tiepidezza dell'ambasciatore nostro a Helsinki” .E in un susseguente messaggio scrive: ” la vicenda del pizzaiolo sulla bandiera guardate che non è neutra. Rappresenta realmente il ritorno ad uno stereotipo volgare sull'italiano che davvero pensavo sepolto” . A Turku vive un italiano che tiene un blog da alcuni anni. Anche lui riporta la notizia sulla querelle vessillifera e riceve i relativi commenti. "Ruggi" da parte sua chiosa riferendosi al gallup di IltaSanomat: ” beh, che la cosa non offenda i finlandesi, poco ci interessa! Penso sia già importante far capire loro quanto la cosa offenda gli italiani qui” . Anche "Ruggi" tocca il tasto dei locali con nomi italiani che però di italiano hanno poco o nulla: ” in generale, trovo di cattivo gusto e offensive le varie pizzerie kebab con nomi italiani [...] tutte sventolano il tricolore più o meno adattato e modificato. Ma sempre ben riconoscibile” . E conclude: ” Secondo l'ambasciata è tutto legale. Non mi stupisce. I nostri politici spesso faticano ad avere linee di valore e di comportamento che vadano più in là della mera legalità” . "Ruggi" avanza una proposta: ” si potrebbe fare una petizione, raccogliendo le adesioni degli italiani residenti in Finlandia, semplicemente esprimendo "quanto ci si senta offesi". La petizione si potrebbe recapitare poi in Ambasciata o simili” . La proposta verrà subito discussa tra i lettori. Uno commenta ” io non sarei così drastico”e "superfly" è scettico sul risultato di una tale raccolta di firme, ” magari risulterebbe più utile far capire ai gestori che la cosa risulta di dubbio gusto sia alla popolazione locale tanto quanto agli italiani in visita” . "Arturobandini78", ” benché De Anna non mi faccia molta simpatia” , si trova sostanzialmente d'accordo col professore e ricorda a margine che da Dennis fanno la carbonara col formaggio fuso. C'è anche chi la butta (simpaticamente) in politica e "Finsvezia", riferendosi all'enorme faccione baffuto di Dennis Rafkin sul tendone della pizzeria, non può trattenere la sua indignazione: ” personalmente ritengo particolarmente scandaloso il fatto che abbiano messo il faccione di Saddam Hussein sul tricolore!! Io proporrei una petizione al governo USA per autorizzare l'invasione della Finlandia!” . Insomma, ora la pizzeria rischia di beccarsi un missile cruise. Eh, sì, i finlandesi se lo meriterebbero: ” giusta indignazione, i finni questa volta sono caduti proprio in basso”è il parere di "SuomenRakastaja". Chissà quanti altri commenti si trovano nel mare magnum di internet, ma io so navigare solo sotto costa. Ad esempio "Rita" sul suo blog rimprovera con garbo Dennis per non aver capito le motivazioni degli italiani. Dolce fanciulla. In sostanza, uno degli argomenti più interessanti che affiora dai post dei lettori è quello della difesa dell'italianità del prodotto, sommerso dalle "falsificazioni". Il "made in Italy" sembra estendersi infatti anche ai piatti tradizionali e in fondo questo è giusto. Se si protegge il parmigiano, o il lardo di Colonnata, perché non fare altrettanto con i nostri piatti tipici? E che cosa c'è di più tipico della pizza? Sarebbe certamente una campagna interessante. Ovviamente non si tratterebbe di proteggere legalmente una specialità, ma la sua "immagine". In altre parole, se Dennis, come indica il giornale City ha successo con la sua pizza "alla Susu" che è addirittura la preferita dalla sua clientela, ricoperta di gamberetti, gorgonzola e ananas, padronissimo di farlo, ma non la chiami "pizza". Cosa direbbero i finlandesi di un "kalakukko" con le triglie di scoglio? Una conclusione Caro Commendatore, ho abusato della Sua pazienza. Ma forse sopravvaluto l'incidenza delle mie osservazioni sul Suo stato di veglia. Noi italiani siamo un po' verbosi, si sa, e me ne scuso. Ho solo cercato di mettere in chiaro il punto che a me sembra fondamentale, e cioè che la nostra bandiera (non la Sua, che è quella finlandese) ha il diritto di essere rispettata, in qualsiasi forma essa si presenti. A chi dall'Italia mi ha scritto: "sono cose da poco, ci sono problemi più seri", rispondo che tra l'atteggiamento di chi vive in Italia e quello di chi vive all'estero c'è una notevole differenza. Gli italiani, notoriamente alieni dal nazionalismo, non vogliono fare della bandiera un simbolo caricato di eccessivo valore. Noi che viviamo all'estero invece, caro Console, ci identifichiamo proprio con quel Tricolore, che è il simbolo comunitario di un gruppo sociale sperduto tra una popolazione che ha ovviamente altre bandiere ed altre identità. Quella bandiera che in Italia non ci offenderebbe né più né meno, anche se stesa a sporcarsi su un balcone dopo mesi dalla conclusione del campionato del mondo di calcio, nel Paese che ci ospita diventa ben altra cosa. E non è solo questione di patriottismo, ma di buon gusto e di rispetto da parte di chi ci sta attorno e non parla la nostra lingua, non ha i nostri costumi, non ha la nostra storia. Oltraggiando lei, la nostra bandiera, offendono anche noi. Ecco, caro Console. è tutto qui. Ma Lei queste cose non le può capire, non solo perché italiano non lo è, ma anche perché da quella comunità che dovrebbe comunque amministrativamente rappresentare è molto lontano, come ben sa chi vive a Turku. E' stato console da più di trenta anni. Lasci perdere ora. Si dimetta signor Console e lasci a chi ama l'Italia un po' più di Lei il compito di onorarla. Avrà comunque tante cose da fare. E la sera potrà passare qualche piacevole ora col Suo amico Dennis gustando una pizza. All'ananas e gorgonzola. Suo affezionatissimo Luigi G. de Anna Notizia dell'ultima ora L'altro giorno, 3 ottobre, apro il quotidiano di Turku e leggo che Dennis Rafkin ha venduto la ditta di famiglia (conservando per il figlio Kim una parte minoritaria delle azioni insieme a Peter Seligson), alla Experiri Oy di Sebastian Björkstén, proprietario di due ristoranti Wrong Noodle Bar a Helsinki e Espoo. Nell'articolo si dice che Dennis si ritira a fare il nonno. Ne siamo compiaciuti e speriamo che il nuovo proprietario rinnovi i locali, compreso l'arredamento esterno. E speriamo anche che non confonda gli spaghetti alla carbonara con i noodles cinesi. (news 6.8.08) Chiudi finestra