VICINO ALLA MORTE ESPERIENZE DI AUTO/MUTUO AIUTO NEL

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VICINO ALLA MORTE ESPERIENZE DI AUTO/MUTUO AIUTO NEL
2° CONVEGNO INTERNAZIONALE SUI SERVIZI SOCIALI
LA QUALITA’ DEL WELFARE
13-15 NOVEMBRE 2008
WORKSHOP 24
VICINO ALLA MORTE
ESPERIENZE DI AUTO/MUTUO AIUTO NEL LUTTO
ACCOGLIERE IL LUTTO È PROMUOVERE LA VITA
PROGETTO RIMANERE INSIEME, ADVAR TREVISO
Luigi Colusso (Advar, Treviso)
Sono qui a riferire di un tema che mi sta a cuore, che impegna buona parte del mio
tempo da quasi dieci anni. E che mi ha permesso di conoscere nel profondo uomini e
donne veri, sofferenti ma non vinti, e che mi ha offerto la chance di rivolgermi ad un
orizzonte di senso della vita, e della mia vita, che vivo come davvero soddisfacente, d
in crescita.
Significa che per me, come per i miei pari che fronteggiano le situazioni di fine vita o
di lutto, in realtà si fa esperienza di vita soprattutto, di gioia, di storie di vita,
emozioni, sentimenti e narrazioni con un valore, positivi.
Per questo ho scelto il titolo “Accogliere il lutto è promuovere la vita”.
Entro nel merito dell’argomento e presento l’Associazione che promuove a Treviso il
mutuo aiuto per il lutto: Advar è una Onlus attiva da venti anni nella assistenza
domiciliare gratuita delle famiglie con un malato oncologico terminale, e da 2004
anche tramite un hospice. Fin dall’inizio dell’attività ha curato i rapporti con la
comunità locale, la promozione della cultura, l’attenzione al tema del congedo e della
morte, la divulgazione dei testi degli incontri culturali e delle altre attività, come per
esempio i corsi di formazione all’assistenza ai malati terminali.
Dal 1999 in base ad una proposta ampiamente discussa con vari referenti della rete
sociale ha attivata un progetto su base volontaria, “Rimanere Insieme”, per la presa in
carico delle persone con un lutto da elaborare, aperto a qualunque causa di lutto,
parentela, legame, età, basato sui principi del mutuo aiuto, e gratuito.
Sottolineo l’importanza della consultazione con i vari nodi della rete che potevano
essere interessati fatta prima di iniziare l’attività, e la successiva manutenzione della
rete delle relazioni, che prosegue fino ad oggi. L’utilità di questa consultazione si può
riconoscere nell’ampliamento della conoscenza del progetto e del consenso nei suoi
confronti, in questo modo si riesce ad ampliare il bacino di riferimento e quindi nella
possibilità di accogliere un maggior numero di persone e una pluralità di lutti, come
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tipologia. Perché un problema che affligge spesso il mutuo aiuto nel lutto è la scarsità
di arrivi successivamente all’entusiasmo del primo periodo. Gli invianti non sono
numerosi, stentano a motivarsi, e gli stessi interessati se hanno difficoltà nella
elaborazione di un proprio lutto proprio per questo tendono a negarsi qualunque cosa,
compreso l’avvicinamento ad un percorso di mutuo aiuto. Inoltre l’apertura alla
pluralità dei lutti aiuta ad evitare, nell’esempio di appartenenza del progetto all’ambito
delle cure palliative, storie monocordi e in definitiva ghettizzanti.
Sempre in tema di cure palliative, i vari centri di riferimento hanno progressivamente
fatto la scelta, e diversi sono già in fase operativa, di attivarsi in proprio con un
progetto di assistenza al lutto. La motivazione, nasce dalla non possibilità, non eticità
di concludere la relazione con la famiglia (i superstiti) nel momento della morte della
persona assistita.
Il dolore del lutto, anche quando si vive il cordoglio anticipatorio di una malattia
cronica, ha bisogno di esprimersi anche socialmente per il tempo in cui è attivo il
processo di elaborazione del lutto. Per citare un solo esempio: Benedetto Croce in
“Frammenti di etica” scrive: “l’amore e il dolore accomunano gli uomini; e tutti piangono
ad un modo. Ma con l’esprimere il dolore, nelle varie forme di celebrazione e culto dei
morti, si supera lo strazio rendendolo oggettivo.”
Ed è un esempio lucido e fulminante di una persona che non si è addentrata
nell’argomento, non a caso. Perché prendersi carico dei lutti intorno a noi è una
questione di ogni essere umano, e non solo di addetti ai lavori.
A Treviso, (e similmente si opera in altri centri) l’attività comprende l’accoglienza
delle persone/famiglie, l’organizzazione di gruppi aperti di mutuo aiuto e attività
collaterali connesse, programmi di formazione multidisciplinari, di sensibilizzazione
della comunità locale e di collaborazione con varie reti locali e nazionali.
L’accoglienza delle persone in lutto è oggetto di grande cura. Prevede colloqui aperti a
tutta la famiglia, con la finalità di promuovere l’empowerment degli interessati, con un
lavoro sugli ostacoli alla elaborazione del lutto, e la promozione delle capacità di
narrazione e di fruizione di riti idonei (non solo religiosi). I colloqui si svolgono già in
base ai princìpi del mutuo aiuto, e non hanno predefinito il loro numero. Attualmente la
media è di poco più di due colloqui per famiglia. (nel2007: 200 colloqui per 92 nuclei
famigliari). Accade che il colloquio venga richiesto subito dopo la morte del caro,
prevale la richiesta che si esprime dopo qualche mese – un anno dal lutto, e anche che
le persone riconoscano il bisogno del lavoro del lutto per una morte non elaborata
anche dopo due, quattro, dieci anni.
Già a partire dal primo colloquio (a volte è unico) si ricerca un legame empatico
profondo, e l’accoglienza, per diverse caratteristiche è di tipo famigliare (presa in
carico già all’ingresso e puntuale, appena le persone arrivano, disposizione in cerchio se
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non in salotto, disponibilità di tempo molto estesa, libertà di espressione, pianto
compreso, assenza di sanitarizzazione, di diagnosi, assenza di qualunque tipo di
giudizio, pressione o richiesta).
Vengono accolte per i colloqui, ma non per i gruppi, anche situazioni di cordoglio
anticipatorio per situazioni non seguite dall’Advar.
La sede dei colloqui e dei gruppi è nello stabile dell’ hospice, con locali dedicati,
luminosi, ragionevolmente curati.
L’offerta di partecipare ad un gruppo di mutuo aiuto specifico è rivolta a coloro che
per varie caratteristiche non sono in grado di gestire con i propri riferimenti
famigliari/sociali l’elaborazione del lutto.
I gruppi sono di tipo aperto, mediamente hanno una decina di partecipanti (ma con
punte più elevate) e sono attualmente cinque. Normalmente presenti uno/due
facilitatori, la cadenza degli incontri di gruppo è settimanale e non prevede pause
estive.
Il lavoro si basa sulla cultura dell’accoglienza, della reciprocità, del dono, del rispetto
per le emozioni e i sentimenti, astenendosi dal giudicare.
La durata della permanenza nel gruppo è libera, varia da pochi mesi a quasi tre anni, ed
è legata di fatto al raggiungimento della capacità di lasciar andare il caro defunto, e di
un ragionevole equilibrio di vita. Di fatto le persone si decidono a salutare il gruppo
quando intravedono o raggiungono, in modo più o meno consapevole, un orizzonte di
senso della propria vita (un lavoro, l’accudimento di un nipote, un nuovo figlio, un nuovo
partner, una attività significativa…). Quando insomma sono in grado di “innamorasi” di
nuovo.
Il distacco dal gruppo è solitamente molto graduale, e spesso non viene formalizzato
perché di norma le persone mantengono stretti legami con gli altri partecipanti, e
continuano a frequentarsi, come accade quasi sempre fin dai primi tempi di ingresso
nel gruppo.
Inoltre anche dopo il termine della frequenza le persone partecipano volentieri alle
attività di tipo socioculturale e ricreativo che vengono organizzate dall’ADVAR e da
Rimanere Insieme. Molte iniziative sono pubbliche, aperte alla cittadinanza, e
permettono quindi di mantenere uno scambio attivo con l’ambiente.
Queste attività permettono inoltre di includere nelle dinamiche e nelle relazioni quella
parte della famiglia che in genere per vari motivi (età, impegni di lavoro, idiosincrasia
per i gruppi…) non frequenta il gruppo. Le occasioni di incontro allargato fungono da
stimolo per la ripresa della vita sociale in seno alla propria comunità, ma anche un
pungolo per la comunità stessa perché riaccolga le persone con sensibilità e
concretezza.
Da un anno questa attività si è molto incrementata con la costituzione su base
volontaria di un “gruppo organizzativo”, composto da rappresentanti di ogni gruppo di
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mutuo aiuto e dei facilitatori. Il gruppo mensilmente si prende cura di proporre,
promuovere e organizzare il calendario delle attività. È un gruppo molto positivo, si
spinge fino a riflettere in profondità su temi importanti, e si permette anche spunti
esuberanti ed allegri.
Nei gruppi è pressoché abituale la partecipazione in coppia dei genitori per il lutto di
un figlio, altrimenti prevale la presenza femminile, con un numero importante di
persone con lutto per un genitore o un altro famigliare, o con più lutti.
La compresenza di cordoglio per lutti differenti per parentela o legame permette una
dialettica vera, con il confronto tra diverse esperienze e diversi punti di vista. È così
possibile uno stimolo al cambiamento, alla giusta considerazione della sofferenza
anche altrui.
L'organizzazione prevede la presenza di un facilitatore, in realtà molto spesso sono
due, ed è quasi costante la presenza di “tirocinanti” volontari ecc. per la cui
partecipazione si richiede sempre un consenso preliminare ai componenti il gruppo.
Questo “ampliamento” del gruppo è molto gradito dai membri abituali, constatare che
persone non in lutto si interessano davvero e partecipano con costanza e condivisione
ai propri lutti è davvero una consolazione.
Il mutuo aiuto risponde alle esigenze, già riconosciute da Ernesto De Martino, Croce,
ma anche da De Hennezel e tanti altri, di svolgere il lavoro del lutto utilizzando la
gruppalità come luogo della narrazione, e come spazio rituale in se stesso e di
ricerca/condivisione/riconoscimento dei propri riti.
Nella prima fase dei percorsi individuali nel gruppo può trovare spazio anche un
equivalente attualizzato del lamento funebre rituale, con il pianto collettivo e la
celebrazione delle virtù della persona scomparsa, e del dramma che la morte innesta
nella vita dei superstiti. E per tutti è possibile esprimere rabbia, disperazione,
desiderio di morte e altri vissuti che non sono più socialmente accettati, o vissuti
come patologici, come una complicazione. Il lamento funebre svolto nel gruppo si
esaurisce presto perché si trasforma in narrazione, che è feconda di cambiamento e
efficace in causa di quella parte di “celebrazione” che ha in sé, accanto alle complesse
operazioni necessarie al lasciar andare, per compiere l’aspra fatica di far morire i
nostri morti in noi, di De Martino.
In definitiva il mutuo aiuto nel lutto consente di raggiungere l’obiettivo, di sempre e
quindi anche di oggi, di permettere tramite i riti e le narrazioni di “lasciar andare” i
cari defunti senza mancar loro di rispetto, o tentare di dimenticarli.
In margine a tutto questo desidero sottolineare che in questo modo forse per la prima
volta la narrazione dei “vinti” divine vincente, nel senso di ri-definizione della storia e
del senso dell’esperienza vissuta, della vita.
In gruppo il lavoro del lutto evolve in percorsi di serenità, gioia, convivialità, fecondità
dei legami con il mondo. Si inizia il percorso nel gruppo con lo scopo di parlare dei
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morti, prima (di solito) o poi lo scopo diviene quello di parlare dei vivi, dei problemi
della vita.
A Treviso sono stati attivati anche un gruppo di giovani adulti, ed uno di studenti di
una scuola superiore, con modalità specifiche.
LA FORMAZIONE
La formazione impegna uno spazio importante di Rimanere Insieme, in funzione di
motivare la comunità locale a prendersi cura quanto più possibile dei propri lutti, e ad
accogliervi con intelligenza ed affetto le famiglie che si propongono di recuperare una
identità sociale nel proprio ambito di vita.
Nell’ambito formativo particolare attenzione è rivolta
1. alle agenzie educative
2. al tema del cordoglio anticipatorio.
Per il punto 1 si organizzano corsi di formazione, incontri monotematici. Insegnanti ed
educatori proseguono la formazione con l’associazione su loro richiesta per uno/due
anni con incontri mensili. Diverse scuole chiedono consulenza in caso di lutti, accaduti
od attesi, per sé e per le famiglie degli allievi. L’attenzione al mondo giovane e
all’ambito educativo viene ritenuto strategico ed essenziale.
L’obiettivo, che fa riferimento anche alla “death education” anglosassone, è prendersi
cura della vita. Si lavora per imparare a riconoscere le perdite vitali e riconoscere in
esse il dono del potere di crescere e cambiare per vivere al meglio la propria vita.
Per il punto 2 si organizzano seminari formativi per operatori della salute, studenti,
volontari, insieme con malati/famigliari, anch’essi relatori formali con le proprie
esperienze. Si tratta di seminari periodici, annuali, intitolati “La spada di Damocle”,
che in autunno si cimentano nella ricerca di un linguaggio comune, di strumenti di
elaborazione del cordoglio anticipatorio, e di una intesa sull’uso di tali strumenti.
Nel tempo si sono succeduti anche seminari specifici per volontari (AVO, per es.),
studenti della scuola infermieri, ostetriche, personale case di riposo e ospedalieri, di
distretto sanitario, operatori cimiteriali…
Altri cicli formativi, aperti a tutti, sono dedicati al tema della formazione per
l’elaborazione del lutto.
Infine si segnala l'attivazione in questo ultimo anno di un ciclo di incontri
informativi/formativi destinati alle famiglie in lutto conosciute, sia partecipanti ai
gruppi che seguite tramite i colloqui.
Il gruppo dei facilitatori è composto attualmente di otto persone, in prevalenza
volontari, si incontra periodicamente e fruisce di una supervisione.
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