versione definitiva - Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna
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versione definitiva 21-04-2011 18:32 Pagina 1 Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna n.04 maggio 2011 Orchestra europea versione definitiva 21-04-2011 18:32 Pagina 2 Antica Profumeria Al SACRO CUORE Galleria “Falcone – Borsellino”, 2/E (entrata di via de’ Fusari) 40123 Bologna Tel. 051.23 52 11 – fax 051.35 27 80 www.sacrocuoreprofumi.it [email protected] Off. Profumo S. Maria Novella Frederic Malle Bond n°9 Creed Floris Maìtre Parfumeur et Gantier Keiko Mecheri Montale The Different Company Pro Fumum Roma “The Party” Czech & Speake Bruno Acampora Lorenzo Villoresi Royall Bermuda Limited Diptyque Comptoir Sud Pacifique L’Artisan Parfumeur Kiehl’s Art of Shaving Mathias Amouage Andy Tauer Clive Christian Puredistance I Parfumerie Generale Etat Libre D'orange Mona Di Orio Geo F. Trumper Robert Piguet Parfum D'empire The Knize Claudie Pierlot Gardenia Isabey Washington Tremlett Menard Parfum Les Néreidés Mark Birley versione definitiva 21-04-2011 18:32 Pagina 3 EDITORIALE Ricordando Gregorio, greco antico, o forse solo troppo moderno Nel suo ultimo volume Sullo stile tardo, Nonostante la prosa di Adorno spesso non esempio, un percorso davvero esaustivo rimasto incompiuto a causa di una morte sia di immediata comprensione, trovo illu- portava a un’ultima sala, nella quale - chi inaspettata, Edward W. Said ricerca un pos- minante questo breve passaggio sul tardo l’ha visitata non può dimenticarlo - i sog- sibile comune denominatore nello stile di Beethoven, perché individua in modo chia- getti delle nature morte si facevano anco- alcuni importanti artisti, nella fase termi- ro cosa contraddistingue un artista: il per- ra più indefiniti, negli acquerelli gli sfondi nale della loro esperienza creativa e di vita. corso interiore che un genio affronta, nella cedevano il posto al bianco del foglio e Interessante operazione che Said conduce fase conclusiva della sua esistenza, lo pone tutto contribuiva a dare il senso di un su poeti, scrittori e musicisti: Euripide, in una dimensione di solitudine feconda abbozzo dotato tuttavia di una compiutez- Kavafis, Beethoven, eppure svincolata dalla contemporaneità, za straordinaria. Wagner, Britten, Richard Strauss, per dirne intesa in senso riduttivo, facendolo appro- solo alcuni. dare a una forma di contemporaneità In definitiva, viene da pensare che i grandi sublimata, il “classico”. artisti - anche autori che apparentemente Mann, Mozart, si cimentano nello spazio “di un solo La cosa, poi, si fa ancor più interessante quando, con una raffinata acrobazia, Said Questa sorta di “fuga in avanti” spesso tema”, come Morandi o Rothko - nella ci parla di Beethoven ascoltato da Adorno avviene attraverso un’attenzione per la loro inesausta ricerca, mossa da una sorta nella sua fase tarda: forma sempre più ridotta, quando non di necessità vitale e creatrice, tendano a attraverso una sua vera e propria distruzio- concentrarsi col passare degli anni su una Così l’arte di Beethoven aveva supera- ne, più o meno consapevole, a vantaggio di essenzialità che, con poche movenze, pochi to se stessa: dalle regioni abitabili e una maggiore concentrazione espressiva gesti, sia in grado di esprimere il cuore di tradizionali si era sollevata, davanti che, secondo l’indicazione di Michelangelo un’idea artistica. Osservare gli sforzi di agli occhi sbigottiti degli uomini, per la scultura, avviene “per forza di questa ricerca, come ne scrive Adorno, nelle sfere della pura personalità – a levare anziché per via di porre”. diventa un privilegio che commuove. un io dolorosamente isolato nell’assoluto, escluso anche, causa la sordità, Mi chiedo se quanto Adorno scrive a pro- dal mondo sensibile: sovrano solitario posito di Beethoven (sordità esclusa!) non d’un regno spirituale dal quale erano possa essere una notazione appropriata partiti brividi rimasti oscuri persino anche a Mahler, per rimanere in ambito ai più devoti del suo tempo, e nei cui musicale. In modo ancora più evidente mi terrificanti messaggi i contemporanei pare che si attagli a pittori come Malevič, avevano saputo raccapezzarsi solo Mondrian, Morandi o Rothko. Nell’ultima per istanti, solo per eccezione. grande mostra bolognese di Morandi, ad Guido Giannuzzi Direttore Responsabile “Filarmonica Magazine” [email protected] 3 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 4 Editoriale | 03 Filarmonica Magazine n. 4 mese maggio anno 2011 Aut. Tribunale di Bologna N. 7937 del 5 marzo 2009 Rubriche | 05 Editore Associazione Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Via Bertoloni, 11 – Bologna Intervista a MoniOvadia | 06 Filarmonica. Programma | 10 Sostieni la Filarmonica | 11 Redazione Via San Vitale, 22 – Bologna Tel. 051 19982171 – Fax. 051 19982609 email: [email protected] Direttore responsabile Guido Giannuzzi [email protected] Redazione Michele Sciolla, Caterina Coretti, Chiara Galli Ultimo dei romantici | 12 o primo dei moderni? Hanno collaborato Valentino Corvino, Cecilia Matteucci, Piero Rattalino, Michele Sciolla, Alberto Spano, Tito M. Tonietti Intervista ad Angelo Varni | 14 Progetto grafico Punto e Virgola, Bologna Concorso fotografico | 15 Stampa ELIO '83 Via Marsala, 13/AB 40126 Bologna Tito M.Tonietti | 16 Recensioni | 19 La tua Musica. Il tuo sostegno. Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea 4 Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna c/o Teatro Comunale di Bologna - Largo Respighi, 1 e-mail: [email protected] www.filarmonicabologna.it Pubblicità Tel. 051 19982171 Un particolare ringraziamento a Stefano Cenerini che ha donato la foto di copertina (visita il suo album su flickr: vetmed123) Media partner versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 5 LE MIE DOMANDE LE VIE DEI CANTI di Cecilia Matteucci a cura di Guido Giannuzzi A PIER LUIGI PIZZI, REGISTA, SCENOGRAFO, COSTUMISTA E DIRETTORE ARTISTICO A MACERATA Pier Luigi Pizzi Inventore di Teatro. Di chi è questo bellissimo titolo del magnifico libro di Allemandi del 2006, suo? Di Arruga o Franca Cella autori del testo? È un’idea dell’autore, Franco Lorenzo Arruga, approvata da Umberto Allemandi, l’editore, e da me. L»hanno chiamata ≈Principe del BaroccoΔ ma ha fatto anche produzioni minimaliste. Cosa ci dice a riguardo? Se per Barocco si intende eccesso e se Minimalismo è uguale a pauperismo, non sto né dall’una né dall’altra parte. Di ogni stile cerco di cogliere l’essenza adattandola alla mia estetica, sempre con rigore ed ironia. Ricordando la produzione tv in cinque puntate, L»Orlando Furioso nel «75, ha nostalgia di tempi in cui c»erano grandi mezzi per produzioni sontuose? Quella è stata una meravigliosa avventura durata due anni, al fianco di Luca Ronconi, tutta nel segno dell’immaginazione e del puro divertimento. Ma non creda: di mezzi a disposizione ne avevamo pochi, anche allora. Esperienza irripetibile, ma non provo nostalgie del passato. vivo nel presente guardando al futuro. In giro per il mondo (Italia esclusa) quale Teatro l»affascina di più? Non ho tenuto il conto dei teatri in cui ho lavorato. Forse, fra i tanti, il più fascinoso è il teatro Gabriel del Chateau de Versailles. Posso tornare in Italia e dire lo Sferisterio di Macerata è unico al mondo? Scenografie per grandi antiquari ed esposizioni: ci dica l»ultima e se ne sta progettando per il prossimo futuro. “Anticomania“ per la galleria Kugel di Parigi è la più recente. Ora sto progettando due musei: la Galleria dell’Accademia a Venezia, con Vittorio Sgarbi, e il Museo degli Strumenti Musicali a Roma con Rossella Vodret. Pier Luigi Pizzi collezionista: ci racconti questo amore. Ci vuole molto tempo a spiegare il collezionismo come passione, che è il mio caso. Rimando il lettore a una recente edizione di Rosellina Archinto, con prefazione di Mina Gregori, intitolata: “Quei maniaci chiamati collezionisti”. Gli autori sono Guido Rossi e Pier Luigi Pizzi. “ L’anno scorso ho fatto numerose conferenze su “L’Intelligenza e la Musicalità degli Animali”. Oggi vi parlerò de “L’Intelligenza e la Musicalità dei Critici”. È quasi lo stesso tema, con qualche variante, si capisce. Erik Satie ” Quaderni di un mammifero Un allestimento che è costato poco e al tempo stesso ha avuto grande successo? Il “Don Giovanni” mozartiano, che ha segnato nel 1977 il mio debutto come regista: costò 11 milioni di lire ed ebbe unanime successo di pubblico e di critica. A titolo di confronto, contemporaneamente firmavo l’allestimento del “Nabucco” verdiano al Maggio Musicale Fiorentino, che costò mezzo miliardo. Prime Donne: quale cantante o attrice è stata più capricciosa e quale ha vestito con maggior piacere? Ho avuto il privilegio di passare una vita intera tra Prime Donne, devo dire in perfetta armonia. I capricci ho cercato di arginarli. Farei torto alla lunga lista di Signore della scena, che ho diretto e vestito, se dessi qui qualche preferenza. Pier Luigi Pizzi Cecilia Metteucci 5 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 6 MONI OVADIA © Lionel Pasquon di Valentino Corvino versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 7 Moni Ovaia è uno scrittore, attore, compositore e cantautore. Il suo teatro musicale, ispirato alla cultura yiddish, che ha contribuito a far conoscere e di cui ha dato un’interpretazione contemporanea, è unico nel suo genere, in Italia e in Europa. Come nasce la tua grande passione per la musica classica? La musica classica è sempre stata presente nella mia vita. Mia mamma era violinista “amateur” ma aveva studiato 15 anni violino, era stata in orchestre giovanili bulgare, poi è arrivata la guerra proprio mentre iniziava la sua carriera professionale, ma ricordo che studiava sempre un po’ tutto il repertorio violinistico: dai grandi concerti per violino e orchestra, alle sonate come la Kreutzer, o le sonate di Bach, e quindi ho sentito queste cose dalla primissima infanzia e mi sono entrate nelle orecchie e nel cuore. Nulla ti forma come quando queste cose arrivano da bambino. Poi ho coltivato questa passione andando ai concerti e poi, quando sono arrivati i dischi, ho formato la mia discoteca personale. Ho avuto anche una parentesi di 7/8 anni come studente di chitarra classica, ma poi ho capito che non era la mia strada, perché il teatro era una passione più forte. Di certo ne provo un notevole rammarico, perché per me poter suonare la musica classica è una delle esperienze più formative di una vita. Non potendo eseguirla come tieni viva questa tua passione per la musica nel tuo percorso artistico? La musica classica fa parte del mio bagaglio culturale, non sarei Moni Ovadia se nella mia formazione non ci fosse la musica classica. Nei miei spettacoli ho fatto spessissimo riferimento ai brani classici che preferisco, ne ho fatto un uso un po’ eterodosso e personale. A volte ho inserito nei miei spettacoli passaggi di celebri incisioni, ma più spesso ho fatto eseguire dei brani salienti dalla mia orchestrina, anche rielaborandoli in esecuzioni un po’ sgangherate. La mia Stage Orchestra è costruita un po’ come quelle orchestrine dei lager nazisti, che suonava il repertorio senza averne l’organico ed inseriva qualsiasi musicista abile arrivasse nel campo. So che hai una grande passione anche per la musica contemporanea, di cui sei stato spesso e con notevoli risultati ottimo interprete. Ho sempre seguito e sono sempre stato vicino alla musica del ‘900 e contemporanea, ho sempre guardato con attenzione ai nuovi compositori e alcuni sono diventati miei amici, dopo averci collaborato come voce recitante. Ad esempio alla Scala ho eseguito “Il sopravvissuto di Varsavia” di Schoenberg, così come ho registrato “La morte di Borromini” di Sciarrino. Sono fermamente convinto che si debba sostenere i compositori viventi. Se pensiamo al successo dei grandi compositori minimalisti o ai grandi delle avanguardie del 900, o a quelli attuali, bisogna che gli artisti e il pubbli- co si misurino con il progresso del linguaggio. Ad oggi si fa ancora fatica a pensare che la musica di Schoenberg abbia un linguaggio “accettabile”, c’è ancora un problema nel proporre ed aiutare l’evoluzione del linguaggio. Questo a mio avviso avviene perché il pubblico non è stato formato e guidato. Si potrebbero fare delle lezioni sulla musica del novecento sulla falsariga di quelle famose di Bernstein sulla musica classica. Magari in un primo momento potrebbe esserci un po’ di disagio, ma poi il pubblico apprezzerebbe di essere trattato “da adulto” e non da bambino (anche se i bambini sono quelli che accettano e capiscono meglio certe cose). Moni Ovadia 7 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 8 L»ascolto della musica classica pone una questione ad un artista che crea sempre opere nuove: il rapporto con la tradizione. Che rapporto ha la tua creazione con la tradizione. Secondo me non si crea nulla dal nulla. Le grandi forme di creazione si nutrono sempre di ciò che è venuto prima. Dario Fo dice sempre una battuta straordinaria: “Non fai in tempo a scrivere qualcosa che i classici ti hanno citato”. E poi le grandi creazioni dell’uomo nel suo variegato cammino non diventano mai vecchie. Non si può proprio dire che Bach appartenga al passato, appartiene a passato, presente e futuro: le Suites per violoncello solo sono un assoluto. Le puoi mettere in uno spettacolo che sia il più folle e trasgressivo, e Bach sarà sempre più moderno di te. Bach per la mia sensibilità è il vertice assoluto nella storia della musica, secondo me la musica scritta prima e dopo di Bach è sempre ad un livello po’ inferiore. Mi diceva Lorenzo Arruga: “Quando ascolti un disco di Bach e stacchi improvvisamente la puntina, lui continua”. Nella sua musica c’è qualcosa di inesorabile, stupefacente, assoluto, misticamente inafferrabile. Anche se fai qualcosa di estremamente moderno e innovativo, ci sono dei musicisti da cui non si può prescindere. Mahler, ad esempio, o Stravinsky sono in qualche misura sempre presenti in me e nella parte musicale dei miei spettacoli. Il significato culturale che hanno assunto, il rapporto che hanno stabilito tra il linguaggio con cui si sono misurati e il modo in cui hanno usato quel linguaggio è continua fonte creativa. affetto e partecipazione dal suo pubblico. Secondo te che valore può assumere un»esperienza come questa oggi? Io credo che ogni nuova orchestra che comincia è un dono per il Paese, per la nostra Europa, è un dono per gli esseri umani, per la qualità della vita. Quindi ogni orchestra che si forma è una cosa grande. La nostra Italia conosce un periodo terribile di depressione nel rapporto con la sua cultura, per cui questo è un segno in controtendenza e non si può che salutarlo in modo positivo. Le orchestre non dovrebbero mai chiudere, ma continuamente aprire. Il repertorio classico può ancora proporre un modello intellettuale e culturale che va aldilà dell»ambito musicale e che si perpetui nella formazione sia di un musicista o artista che di qualsiasi persona? Tutta la formazione musicale in generale è un passaggio fondamentale in una società. Mancare di questa formazione è un deficit. L’esperienza di Abreu dimostra qual è il valore sociale e formativo di questa esperienza. Prima di salutarci: l»Orchestra Filarmonica del Teatro Comunale è nata da poco tempo ma sta riscuotendo testimonianze di grande 8 Moni Ovadia versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 9 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 10 FILARMONICA. I CONCERTI 2011. CICLO RACHMANINOV Teatro Auditorium Manzoni, Bologna | Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Giovedì 9 Giugno 2011 ore 21 direttore Gavriel Heine direttore Alberto Veronesi pianoforte Alberto Nosè pianoforte Enrico Pace programma Sergej Rachmaninov Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in Do minore op. 18 Johannes Brahms Sinfonia n. 3 in Fa maggiore op. 90 programma Sergej Rachmaninov Concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in Sol minore op. 40 Antonín Dvorák Sinfonia n. 9 in Mi minore op. 95 "Dal nuovo mondo" © Rocco Casaluci Martedì 3 Maggio 2011 ore 21 Filarmonica 10 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 11 SOSTIENI LA FILARMONICA Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Orchestra europea Diventare sostenitore della Filarmonica, entrando a far parte dei Circoli di questa orchestra, vuol dire entrare in un gruppo di persone che condividono la stessa passione. Ma vuol anche dire di usufruire di una serie di vantaggi legati al mondo della musica e non solo. Aderendo ai Circoli della Filarmonica riceverai l’esclusiva Card per usufruire di una serie di sconti e agevolazioni e partecipare attivamente alla vita della Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna Student Amici Card | Donazione di €8* • Sottoscrizione gratuita al “Filarmonica Magazine”: periodico d’informazione della Filarmonica • 25% di sconto sull’acquisto di singoli biglietti fino a un massimo di 2 biglietti • Possibilità di assistere a due prove generali aperte *Gratuita per gli studenti del Conservatorio G.B. Martini di Bologna e degli Istituti ad Indirizzo Musicale convenzionati e ingresso ai concerti €8 Blue Amici Card | Donazione a partire da €25 • Sottoscrizione gratuita al “Filarmonica Magazine”: periodico d’informazione della Filarmonica • 25% di sconto sull'acquisto di singoli biglietti del Teatro Auditorium Manzoni Silver Amici Card | Donazione a partire da€80 • Tutti i benefit della Blue Card e in più: • Rachmini per i restanti 3 concerti del Ciclo Rachmaninov (3 concerti): in omaggio per II galleria e I balconata a partire da € 85 per I galleria a partire da € 90 per III platea a partire da € 110 per I e II platea Gold Amici Card | Donazione a partire da €200 • Tutti i benefit della Silver Card e in più: • Carnet CLASSICA omaggio (5 concerti 1) • Invito a 2 prove aperte 2 Diamond Sostenitori Card Donazione a partire da €500 • Tutti i benefit della Gold Card e in più: • Carnet COMPLETO gratuito per i restanti spettacoli della stagione del Teatro Manzoni • Invito a tutte le prove generali aperte • Aperitivo pre-concerto in omaggio • Chi avrà rinnovato la propria adesione, se presenterà un nuovo sostenitore3, potrà usufruire di un buono sconto di €5 sull'acquisto di singoli biglietti della stagione del Teatro Auditorium Manzoni 1 2 3 3 concerti FTCB+ etno jazz previa prenotazione non valido per student card ALTRI MODI DI DONARE DONAZIONE LIBERA Per sostenere la Filarmonica nel modo più efficace, ti abbiamo proposto i più adeguati livelli di sostegno. Qualsiasi altra donazione svincolata dall’adesione a uno dei Circoli sarà tuttavia un utile contributo per la vita dell’Orchestra e per la promozione della tua musica. LASCITI E BENI Se possiedi un immobile o altri beni e decidi di lasciarli in eredità alla Filarmonica per sostenerla nell’attività in Italia e nel mondo, il tuo nome verrà inserito nell’Albo dei Benefattori della Filarmonica e sarai sempre, insieme alla tua famiglia, ospite gradito a tutti i nostri concerti e eventi. VOLONTARIATO Puoi mettere a disposizione il tuo tempo libero per promuovere i nostri concerti, aiutarci in prima persona nell’organizzazione degli eventi e avvicinare nuovi amici al magnifico mondo della Filarmonica. FRIENDS OF BOLOGNA PHILHARMONIC ORCHESTRA L'Associazione "FRIENDS OF BOLOGNA PHILHARMONIC ORCHESTRA” svolge la sua opera con le finalità di accrescere e mantenere vivo nei cittadini l'interesse e il sostegno per la Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna, nella consapevolezza che l'amore per la musica e la cultura hanno, in ogni tempo e in ogni luogo, migliorato il livello di aggregazione sociale, rafforzato il senso di appartenenza alla comunità, sviluppato la sensibilità umana a beneficio dell'intera società nella sua crescita civile e sociale. Per questo, l’Associazione si prodiga nel sviluppare una fitta rete di adesioni alla Filarmonica e promuove continuamente iniziative mecenatistiche in suo favore. Inoltre sostiene e organizza attività a carattere culturale e musicale che contribuiscano alla crescita del prestigio e dell’importanza della Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna. Presidente INIZIATIVE DI CO-MARKETING Cecilia Matteucci Se sei titolare di un’azienda, di un negozio o di un esercizio commerciale, puoi mettere a disposi- Fund Raising zione risorse e servizi per aiutarci ad allestire Eleonora Caso concerti ed eventi di livello sempre più alto. La tua azienda sarà riconosciuta in tutta la nostra comunicazione e percepita all’esterno SI RINGRAZIANO PER IL LORO PREZIOSO SOSTEGNO con un’immagine ancora migliore. ORGANIGRAMMA FTCB Consiglio Direttivo Giulio Ciofini, Amministrazione Davide Dondi, Organizzazione Guido Giannuzzi, Relazioni Esterne Raniero Sanpaoli, Produzione Giacomo Scarponi, Tesoriere Commissione Artistica Gabriele Buffi Enrico Celestino Paolo Grazia Paolo Mancini Luca Milani Francesco Maria Parazzoli Presidente Giorgio Zagnoni Direttore Artistico Alberto Veronesi Segretario Generale Michele Sciolla Biglietteria Annamaria Ercolano Logistica Alfredo Covili Coordinamento dei Volontari Mauro Drago Ingrid Zingerle Liuba Fontana Enrico Baldotto Vittorio Barbieri Alessandro Bravin Franco Parisini 11 © Rocco Casaluci I CIRCOLI versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 12 ULTIMO DEI ROMANTICI O PRIMO DEI MODERNI? Piero Rattalino Sono passati cinquant'anni dalla scomparsa di Serghei Rachmaninov, morto a Beverly Hills il 28 marzo 1943. Cinquant'anni. Sono molti. In cinquant’anni si presentano nel mondo due generazioni. E siccome Rachmaninov aveva cominciato a comporre all'inizio degli anni Novanta dell'Ottocento, ed aveva ottenuto il suo primo grande successo con il Preludio op. 3 n. 2 “Le campane di Mosca”, composto nel 1892, possiamo aggiungere altre due generazioni ed arrivare ad un totale di cent’anni. Da cent’anni Rachmaninov è un compositore di successo, di un successo ribadito da quattro generazioni di ascoltatori delle sue musiche. Dunque, piaccia o no, Rachmaninov è un "classico" , un artista che supera il suo tempo. Si può ancora classificare Rachmaninov come ultimo dei romantici o epigono tardoromantico, come padre del sentimentalismi incarnatosi nel nostro secolo in Hollywood, teatro planetario di quella ideologia piccolo-borghese in cui si era identificato nell'Ottocento? Credo proprio di no. Credo che bisogni chiedersi se Rachmaninov non sia per caso un grande compositore o, per lo meno, che compositore sia. Qui, in questa rivista che si occupa prima di tutto di pianoforte, possiamo e dobbiamo vedere che cosa rappresenti la musica di Rachmaninov nella letteratura pianistica. I nostri lettori hanno trovato il mese scorso una vecchia intervista di Backhaus, il quale parlava di Rachmaninov come di un “gigante” del Novecento. È un'opinione sorprendente, che merita una riflessione. Rachmaninov apparteneva alla generazione che per prima si trovò di fronte, senza essersi formata sul pianoforte romantico, il pianoforte moderno e, fatto ancora più importante, con enormi potenzialità timbriche accompagnate della mancanza di differenze di timhro strutturali tra i vari registri. Il campo di possibilità che si apriva andava in due direzioni: da una parte lo sfruttamento, la scoperta delle potenzialità ignote del nuovo strumento e, dall'altra, la necessità di salvaguardare su di esso – perché la cultura di fine Ottocento era storicistica – la letteratura del passato. Rachmaninov è il primo compositore che mette a punto una nuova tecnica della sonorità. La mette a punto nei sei 12 Momenti musicali op. 16, composti nel 1896, cioè a ventitrè anni. Suono cantabile intenso, mutuato dalla estetica della vocalità che verso la fine dell’Ottocento si evolve con il passaggio, tanto per intenderci, da Fernando De Lucia ad Enrico Caruso, da Mattia Battistini a Titta Ruffo, da Adelina Patti a Gemma Bellincioni. Se confrontiamo il cantabile degli Intermezzi op. 118 n. 2 e 6 e op. 119 n. 2 di Brahms (1892) e dei Momenti musicali n. 3 e 5 di Rachmaninov (1896) ci accorgiamo subito della novità: novità che non ritroviamo nel cantabile della Sarabande di Pour le piano (1894) e del Clair de lune della Suite bergamasque di Debussy e della Pavane pour une infante defunte di Ravel (1899); né lo troviamo in Scriabin, in Busoni, in Reger, in Albéniz, in Granados. Nessuno, naturalmente, ha l’obbligo di creare un cantabile alla Rachmaninov. E nessuno ha l’obbligo di creare una sonorità per la coloratura come quella che troviamo nel Momento musicale n. 2, nessuno ha l’obbligo di trovare il modo per ottenere due diverse sonorità inespressive sovrapposte nello stesso registro, come nel Momento musicale n. l, nessuno ha l’obbligo di render possibile sul pianoforte moderno l’agilità drammatica, come nel Momento musicale n. 4, o di trascorrere fulmineamente tra diversi tipi di tocco, cioè tra diversi atteggiamenti muscolari, come nel n. 6. Debussy, Busoni, Ravel, si occuperanno di questi problemi nel decennio successivo, e li risolveranno, da artisti, in modi diversi da quelli di Rachmaninov. Rachmaninov è tuttavia il primo. E non solo: grazie alla didattica russa, che subito se ne impadronisce, delle sue scoperte Rachmaninov fa un mezzo per l'interpretazione novecentesca di certo Bach, di certo Beethoven, di Schumann, di Liszt, di Brahms. Si consideri il peso sonoro che Busoni attribuisce alla melodia del corale nella sua trascrizione di Nun freude euch, lieben Christen, e al peso che le attribuisce Vladimir Horowitz: Horowitz applica al Bach-Busoni – e poco importa valutare la legittimità del suo modo di agire – una concezione rachmaninoviana del cantabile e del rapporto tra il cantabile, il basso e la coloratura. Non sarebbe difficile, ma lo lascio fare al lettore, trovare altri casi, molto frequenti tra pianisti russi e americani, di applicazioni delle sonorità di Rachmaninov ad autori che sviluppano il cantabile, preferibilmente, nel registro centrale del pianoforte. Il confronto tra l'ultima raccolta di pezzi di Brahms, op. 119 (1892), e i Fantasie-Tableaux op. 5 per due pianoforti di Rachmaninov (1893), ci fa capire che con Rachmaninov nasce una poetica simbolista. L'acqua, le campane, il canto dell'usignolo, la marcia come simbolo eroico-macabro. Debussy e Ravel, in quegli anni, cercano di resuscitare un'antica classicità francese e al simbolismo approderanno all'inizio del nuovo secolo. Scriabin comincerà a definire gli elementi del suo simbolismo nella Sonata n. 3 (1897-98), e Busoni nel Concerto op. 39 (1904). Anche in questo caso Rachmaninov è il primo che individua una poetica nuova. Quanto al linguaggio, il Quartetto in re maggiore (1897) di Schönberg, che era di un solo anno più giovane di Rachmaninov, ci dice che le avanguardie erano ancora di là da venire. Rachmaninov, dicevo, è il primo che imbocca una strada su cui si avvieranno poi gli altri. È più importante essere il primo, o avere il più ampio campo di interessi, l’orizzonte più vasto? Non saprei dire, e in fondo non mi importa, qui, di stabilirlo. Rachmaninov, per lo meno nella musica per pianoforte, non presenta grandi evoluzioni ma piuttosto, sia in senso tecnico che poetico, un lungo approfondimento di ciò che ha messo a fuoco tra i venti e i ventitré anni. Ciò significherà qualcosa, in una valutazione complessiva della sua arte. Pero in quel che ho detto c’è già quanto basta per farci vedere in lui non l'ultimo dei romantici, e tanto meno l’epigono tardoromantico, ma il primo dei moderni. da Piano Time n. 117 aprile 1993 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 13 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 14 INTERVISTA AD ANGELO VARNI di Michele Sciolla Angelo Varni, professore universitario, organizzatore di convegni, produttore culturale e responsabile progetti culturali per la Fondazione del Monte. stati segnati da particolari richiami, echi ,suggestioni musicali. Riflettendoci, anche nelle epoche precedenti, penso ai canti di guerra che hanno accompagnato le popolazioni antiche. Come nasce la sua passione per la musica? La mia è una passione relativa. Non mi posso definire un esperto. Ho studiato musica da ragazzo con l’aiuto di insegnanti privati, spinto da una curiosità personale verso un linguaggio universale. Poi ho cercato di coltivare questo interesse per favorire la diffusione di questa arte tra i giovani. Un personaggio storico con una forte passione musicale? Per restare sui temi risorgimentali, ricordo Giuseppe Mazzini; era poco incline allo svago ma nei momenti di relax, nei Alcuni esempi? La Bottega Musicale , creata a inizio secolo insieme a Giovanni Lindo Ferretti. Si è occupata di formazione attraverso l’uso di linguaggi moderni, dalla musica on-line ai video e alla comunicazione multimediale. Ora è una viva realtà che produce, promuove e organizza grandi eventi. Un’altra iniziativa a cui tengo particolarmente nasce da una collaborazione con l’Antoniano: Casa Musica, è un progetto musicale e un luogo di ritrovo rivolto ai ragazzi tra i 14 e i 24 anni - band - dove si possono trovare strutture e attrezzature professionali per “fare le prove” e al tempo formarsi alla musica entrando in contatto con professionisti del settore con incontri e seminari sui generi musicali e sulle tecniche. Ci tengo a precisare che io adoro la musica come strumento protagonista di spettacolarizzazione colta, una commistione tra letture, immagini e musica. Quali sono stati i momenti più significativi nel corso della storia dove la musica è stata soggetto attivo, attraverso la sua forza creativa o emotiva, nel contribuire alla nascita o all»evoluzione di particolari momenti storici? Io credo che nel mondo contemporaneo, intendo dalla rivoluzione francese in poi, tutti i momenti importanti siano 14 ‘ ho sempre svolto questo ruolo anche senza essere consigliere della Fondazione. Quali sono i criteri che predilige nel scegliere i progetti? Siamo molto attenti alla formazione dei giovani per far sì che la cultura sia fruita, popolare, inclusiva e non aristocratica. Uno dei nostri obiettivi principali è favorire e incentivare i progetti validi, Io adoro la musica come strumento protagonista di spettacolarizzazione colta ritagli di tempo, adorava suonare la sua chitarra. Uno Stato che, almeno in Italia, sembra stia cercando di sottrarsi al suo ruolo di soggetto finanziatore principale. Quali sono le tendenze per il futuro? Stiamo vivendo in un’epoca di profondi cambiamenti, non è possibile immaginare con fedeltà il futuro. Pensi alle nuove tecnologie, di quanto abbiano profondamente cambiato il mondo culturale. Le riporto l’esempio di Amanda Hocking, una ventiseienne americana che nel suo tempo libero scriveva romanzi che nessuno voleva pubblicare. Ha deciso di pubblicarne uno solamente on-line e, attraverso Amazon, ha guadagnato un milione di dollari in pochissimo tempo. Ora vorrei rivolgermi a lei in qualità di responsabile attività culturali della Fondazione del Monte. Cosa l»ha fatta avvicinare al mondo delle Fondazioni? Le Fondazioni hanno l’obbligo di sostenere attività culturali e di conservazione dei beni artistici, necessitano di persone che sappiano valutare i progetti di valore. Io mi ritengo un esperto, un promotore di eventi culturali; si può dire che ’ intercettando le domande che arrivano dalla società. La Fondazione preferisce incentivare il settore totalmente privato o quello a commistione pubblico-privato? Noi cerchiamo di spingerci là dove il pubblico non può arrivare. A esempio sei anni fa, insieme alla Carisbo, abbiamo investito sei milioni di euro per sviluppare un lavoro di archiviazione sulla enorme quantità di documenti storici riguardanti Bologna. E’ un nostro obiettivo primario finanziare progetti sulla formazione e la memoria dei luoghi in cui operiamo. Poi i vari settori si toccano reciprocamente e con il pubblico vi è una proficua collaborazione. Ci dica un luogo culturale bolognese a cui tiene particolarmente. Sono uno storico, sicuramente le nostre magnifiche biblioteche. Come giudica l»attività culturale bolognese? C’è questo luogo comune del “a Bologna non si fa nulla” ma ci sono molte iniziative che non vengono doverosamente prese in considerazione. Bologna, grazie all’Università, è una città molto vivace che gode di una creatività invidiata dal mondo. versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 15 CONCORSO FOTOGRAFICO “APRI GLI OCCHI E ASCOLTA” La Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna offre l’opportunità a tutti gli amanti della fotografia di partecipare a un concorso per la realizzazione della copertina del prossimo numero del Magazine. Attraverso il canale Flickr della Filarmonica, a partire dal 1 giugno, verrà dato spazio a tutti i fotografi per condividere e dare visibilità alle proprie opere a tema musicale. Chi tra i fotografi volesse partecipare alla competizione dovrà spedire la domanda di partecipazione all’indirizzo email [email protected] insieme alla liberatoria per l’utilizzo delle fotografie. A un mese dalla pubblicazione del prossimo numero del Magazine verranno pubblicate sul profilo Facebook della Filarmonica le fotografie ammesse al concorso (non più di tre per persona, di 300 dpi di grandezza), e le dieci più votate dagli utenti nell’arco di tre settimane verranno ammesse alla selezione finale, effettuata dalla redazione del magazine. L’Associazione Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna si riserva il diritto, previa approvazione degli autori, di utilizzare le immagini pubblicate sul proprio canale per promozione e pubblicazione. PER PARTECIPARE AL CONCORSO È RICHIESTO IL RISPETTO DELLE SEGUENTI NORME: • Le fotografie presentate devono essere state scattate dai partecipanti, che ne devono avere tutti i diritti; • È necessario che le fotografie non contengano immagini inappropriate e/o offensive; • Il comportamento all’interno della community deve essere improntato al massimo rispetto verso gli altri utenti e il loro lavoro; chiunque si dimostri aggressivo o maleducato verrà espulso dalla competizione e dai canali di comunicazione della Filarmonica; • Sono ammesse al concorso fotografie rielaborate a patto che l’immagine principale e le sue rielaborazioni siano frutto di lavoro originale. L’autore della fotografia risultata vincitrice verrà contattato via email dalla segreteria della Filarmonica e la sua foto verrà utilizzata come copertina per il numero successivo del magazine. Avrà inoltre diritto a una Blue Card gratuita del valore di 25 euro e due biglietti omaggio per il prossimo concerto della Filarmonica. Seguici su: Per informazioni scrivete a [email protected] oppure visitate il sito www.filarmonicabologna.it 15 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 16 TITO M.TONIETTI Brahms, l’accordatura cosiddetta ‘naturale’ e gli scienziati tedeschi della sua epoca. “Una volta [Joseph] Joachim ed io [Johannes Brahms] eravamo da [Hermann von] Helmholtz, il quale ci presentava le sue scoperte e le armonie ‘pure’ sugli strumenti da lui inventati. Egli sosteneva che la settima dovesse suonare un po’ più alta, la terza più bassa dell’usuale. Joachim, il quale è certo una persona molto cortese, doveva aver ricevuto dagli intervalli un’impressione del tutto particolare e faceva sembiante così come se li udisse al pari di Helmholtz. Allora gli dissi che la cosa fosse tuttavia troppo seria perché qui si potesse decidere con la gentilezza; io udivo sempre l’opposto di quanto affermasse Helmholtz. Allora egli dunque ammetteva che ciò propriamente fosse il caso anche per lui. Helmholtz aveva più tastiere ed io gli facevo su ciò rimarcare che le note della seconda suonassero molto più acute delle altre; lui lo doveva ammettere. Nelle faccende musicali lui stesso è proprio un terribile dilettante.” Il biografo Max Kalbeck riportava l’incontro di due musicisti come il violinista Joachim ed il compositore Brahms con lo scienziato tedesco più famoso di fine ‘800: Helmholtz. Quest’ultimo aveva scritto il libro La dottrina delle sensazioni sonore come fondamento fisiologico per la teoria della musica. Alla luce delle sue teorie in acustica, basate sugli armonici e sui battimenti, in esso sosteneva che gli strumenti musicali dovessero venir accordati secondo scale di note risalenti all’ellenista alessandrino Claudio Tolomeo ed al veneziano Gioseffo Zarlino. Infatti, secondo il fisico tedesco, gli intervalli in frequenza avrebbero dovuto uniformarsi ai rapporti tra numeri interi come 2:1 l’ottava, 3:2 la quinta, 4:3 la quarta, 5:4 la terza maggiore e così via. Ma ormai, dai tempi di Johann Sebastian Bach, per poter trasporre e modulare liberamente tra le tonalità seguendo le esigen16 ze espressive i musicisti avevano scelto il temperamento equabile basato sull’orecchio ed i numeri irrazionali come 2. Tale temperamento era diventato indispensabile sui pianoforti e gli organi a suono fisso. L’episodio riportato sopra ci ricorda come un musicista di primo piano e pianista quale era Brahms non si fosse lasciato intimidire ed avesse continuato a fidarsi del proprio orecchio. Nel suo libro, Helmholtz aveva invece cercato il consenso dei compositori e degli esecutori come Joachim. In una nota scriveva infatti che, sentito suonare il celebre violinista: “Egli faceva terze e seste perfettamente giuste.” Per ‘giuste’ o ‘naturali’, il fisico intendeva quelle sue note basate sugli armonici del suono e quindi non temperate. Per i suoi esperimenti si era fatto costruire un armonium particolare intonato a quel modo. Tuttavia Brahms lo smentiva, nonostante l’interlocutore fosse particolarmente potente. Helmholtz rappresentava per le scienze tedesche quello che Otto von Bismarck stava compiendo per il predominio della Germania in Europa. Il conflitto non era nuovo, anzi antichissimo. Un musicista greco di Taranto come Aristosseno aveva millenni prima rifiutato i rapporti numerici per la musica seguiti dalle sette pitagoriche della sua epoca. Per motivi analoghi Vincenzio Galilei, il compositore e suonatore di liuto padre di Galileo, si era scontrato con Zarlino e così via. Nei secoli, molti matematici e fisici avevano proposto teorie le quali non coincidevano con quanto facessero i musicisti durante i concerti. L’orecchio ed il piacere di ascoltare la musica avevano esigenze diverse da quanto pensassero i teorici i quali seguissero antichi pregiudizi pitagorici o più recenti esperimenti sui suoni. Nonostante le ultime invenzioni elettroacustiche, alla fine dell’800 ed agli inizi del ‘900, il problema era rimasto sul tavolo. Lo affrontava persino un fisico molto famoso come Max Planck, proprio quello dei quanti e tra gli inventori della Meccanica Quantistica. Già ci potremmo preparare ad una soluzione nel solco tracciato da Helmholtz. Ma la storia sarebbe andata altrimenti. Diversamente dai colleghi, Planck conosceva la musica dall’interno. Non desiderava applicarci sopra a posteriori le proprie teorie fisico-matematiche per dimostrane potenza e ‘verità’. Su di lui abbiamo i ricordi di alcuni colleghi. “Egli da bambino in avanti fu un musicista entusiasta, suonava il pianoforte in modo eccellente e cantava in gruppo all’occasione in privato. Perciò, e di sicuro sotto l’influenza di H. v. Helmholtz, che egli aveva frequentato durante i di lui ultimi anni a Berlino, si occupava con i fondamenti fisico-fisiologici della musica. Da qui nasceva il lavoro (...) sopra un grande armonium intonato in modo ‘naturale’, cioè non temperato, il quale veniva costruito intorno al 1893 e suonato un tempo sempre di nuovo da Planck, finché poi cadde sacrificato nelle fiamme della Seconda guerra mondiale.” “Planck amava le piccole riunioni domestiche. Negli anni precedenti la Prima guerra mondiale, nella sua casa di Berlino Grunewald ogni quindici giorni si riuniva un certo numero di giovani signore e signori amanti del canto ai quali appartenevo anch’io [Otto Hahn]. Formavamo un coro a quattro voci sotto la direzione di Planck, cantavamo Brahms ed altri. Con uno dei Brahmsiani Zigeunerlieder [Canti zingareschi] potevo addirittura cantare una piccola parte da solista. Una volta Planck mi consigliò di prendere regolari lezioni di canto; per quanto la mia tecnica per respirare fosse cattiva, come tenore potevo però diventare buono. Così, nel luglio del 1914, cominciai con le lezioni di canto; nell’agosto venne la guerra. Il canto se n’era anda- 21-04-2011 18:33 to via. Il circolo per cantare sotto Planck non si riunì più dopo la guerra, ma i suoi inviti personali furono accolti di nuovo.” Il fisico tedesco in gioventù si era impegnato molto con la musica. Aveva composto Lieder e piccoli pezzi, persino un operetta: Die Liebe im Walde [L’amore nel bosco]. Più volte aveva cantato parti femminili in altre rappresentazioni liriche. All’inizio titubava se dedicarsi alla musica, ma un “... musicista maggiore ...” lo avrebbe sconsigliato. Possedeva l’orecchio assoluto. Planck ogni tanto suonava il pianoforte in trio o persino col violinista Joseph Joachim. Il nostro fisico faceva un esperimento che pubblicava nel 1893 su di una rivista musicale: “L’intonazione naturale nella musica vocale moderna”. Per meglio indagare il fenomeno, Planck si era allora scritto lui stesso una successione di accordi in do maggiore che faceva cantare a cappella sotto la propria direzione ad un gruppetto di amici cantanti, nelle circostanze ricordate sopra. Così scopriva che, rispetto al do iniziale, il do finale fosse cantato più basso: essi calavano più di mezzo tono temperato. Il celebre fisico con doti musicali ne concludeva. “Quando allora nel finale il coro dovesse di nuovo approdare al do iniziale, ciò sarebbe una dimostrazione stringente che per esso l’intonazione ‘naturale’ non avesse il pur minimo significato pratico. Dunque, considerato dal punto di vista dell’arte moderna, sarebbe solo oziosa speculazione occuparsi ancora un momento di più con la teoria dell’intonazione ‘naturale’.” Infatti riprovava più volte ed il rigoroso Planck eseguiva persino un contro esperimento. Se faceva cantare la successione di accordi all’incontrario, dall’ultimo al primo, avrebbe infine ottenuto un do più alto? “Il risultato finale non forniva alcun abbassamento, ma neanche l’atteso elevarsi della nota in altezza. ... Questi casi dimostrano che, in certe circostanze, le differenze tra l’intonar ‘temperato’ e quello ‘naturale’ decisamente oltrepassano le oscillazioni dell’intervallo concesse nella Pagina 17 © Rocco Casaluci versione definitiva Filarmonica musica pratica e perciò ad ogni direttore presentano il compito di farsi su questo un giudizio.” Dava la parola decisiva al compositore e, quando ciò non fosse possibile per forza maggiore, si rimetteva all’effetto artistico (soggettivo?). “Perché l’arte trova il proprio fondamento in sé stessa e nessun sistema teorico della musica, fosse pur fondato tanto logicamente e sviluppato in modo conseguente, è in condizione di fissare una volta per tutte ogni richiesta dell’arte, la quale in eterno cambia contemporaneamente allo spirito umano. In relazione a questo, il sistema ‘naturale’ non ha affatto alcun vantaggio sul ‘temperato’, ...”. Nella sua autobiografia, finiva addirittura per scrivere le frasi seguenti. “... ebbi il compito di fare su questo strumento [armonium] studi riguardo l’accordatura ‘naturale’. Poi li facevo anche con grande interesse, riferendomi particolarmente alla questione circa il ruolo giocato dall’accordatura ‘naturale’ nella nostra musica vocale moderna senza accompagnamento strumentale. Su questo arrivai al risultato, in certo qual modo per me inatteso, che il nostro orecchio preferisce quella ‘temperata’ all’accordatura ‘naturale’ in tutte le circostanze [proprio così!]. Persino in un accordo con l’armonia in tonalità maggiore, la terza ‘naturale’ contrapposta alla ‘temperata’ suona fiacca e senza espressione. In ultima analisi senza dubbio, questo fatto va ricondotto all’abitudine [dell’ascolto] durata anni e generazioni. Perché, soprattutto prima di J.S. Bach, l’accordatura ‘temperata’ non era generalmente conosciuta.” Persino con Planck, l’aveva avuta vinta l’orecchio del musicista. ([email protected]) Dipartimento di matematica - Università di Pisa. 17 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 18 Libreria delle Moline Via delle Moline, 3/A • 40126 Bologna tel. 051 23 20 53 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 19 RECENSIONI di Alberto Spano TREDICI ANNI BENEDETTI FRYDERYK CHOPIN: I 2 Concerti per pianoforte e orchestra. Jan Lisiecki, pianoforte. Sinfonia Varsovia, Howard Shelley, direttore. (cd NIFCCD-200, euro 16.90) Il pianista canado-polacco Jan Lisiecki oggi ha 16 anni, essendo nato a Calgary il 23 marzo 1995 da genitori polacchi. Ne aveva dunque solo 13 quando ha inciso dal vivo il Concerto n. 2 op. 21 di Chopin alla Filarmonica di Varsavia il 21 agosto 2008, e 14 quando ha inciso (sempre live) il primo op. 11 (che però Chopin ha composto un anno più tardi) nello stesso luogo esattamente un anno dopo, il 20 agosto 2009. Stiamo parlando dunque di due prove di un poco più che fanciullo, biondo e bello come un attore viscontiano il cui curriculum fa ben sperare. Ci si aspetterebbe dunque una prova buona di un grande talento in erba, ma nulla di più. Il CD è uscito in Italia nel febbraio 2010, in pieno anno chopiniano, e ovviamente si è "scontrato" con nuove incisioni degli stessi concerti con i campioni del concertismo internazionale, in primis Lang Lang, Yundi Li, Rafal Blechatz, tutti più "vecchi" di 15 o 20 anni di lui. Mirabile dictu, anzi auditu, il 13enne Lisiecki ne esce vincitore, ponendosi sulla stessa strada di Evgeny Kissin, che gli stessi concerti registrò ad appena 12 anni per l'etichetta di Stato Melodiya, commuovendo pubblico e critica. È pur vero che qui il giovane è coadiuvato da un'orchestra che ha queste opere nel sangue come la Sinfonia Varsovia, ed è vero che a dirigere c'è un signor direttore, intelligente, sensibile, duttile e disponibile quale Howard Shelley, che è anche un eccellente pianista (notevole il suo Chopin e il suo Rachmaninov) e quindi Lisiecki si trova ipercoccolato da orchestrali e direttore-pianista. Ma diamine! Questo è il più bel suonare Chopin che sia dato ascoltare da un po'. In genere non amiamo sbilanciarci sui fanciulli prodigio: quante delusioni da tanti 13-14enni pompati dai media. Stavolta però sentiamo di dire che non ci troviamo di fronte ad un talento che chissà quali sviluppi potrà avere, ma davanti ad una realtà ben definita. Il perfetto stacco dei tempi di tutti i movimenti (merito del direttore?) gli dà la possibilità di scandire le note con la giusta brillantezza e nel contempo di essere sempre lirico, anche nei passaggi più brillanti. Che dire? Che meglio di così è quasi impossibile suonare? Certamente no, perché c'è chi ha saputo trovare molto di più in questo Chopin giovanile, lo stesso Kissin dodicenne era, per così dire, più "completo", sia in peso sonoro che in idee musicali. Ma senza dubbio Jan Lisiecki ha tutte le carte in regola per una grande carriera e diventare uno dei protagonisti del pianismo mondiale di domani. QUEI SOTTILI LEGAMI BRAHMS: 7 Fantasies op. 116, Händel Variations; SCHONBERG: 6 Little Piano Pieces, Suite op. 25. Shai Wosner, pianoforte (cd ONIX 4055, euro 19.90) Giunge finalmente in Italia distribuito da Milano Dischi uno dei CD più interessanti degli ultimi tempi, protagonista un pianista israeliano di 35 anni che vive a New York che si sta imponendo come uno degli interpreti più bravi e più intelligenti della sua generazione. Il suo nome, che sentiremo sempre più spesso nei prossimi anni, è difficile da imprimersi nella mente, Shai Wosner, ma non certo la sua arte pianistica e la sua personalità. Quella di un intellettuale raffinatissimo, un pensatore della musica, dotato di una tecnica irreprensibile e di una musicalità fuori dall'ordinario. Insomma, per intenderci, un Serkin redivivo. Questo suo primo CD accosta musiche pianistiche arcinote di Brahms all'opera 19 e 25 di Schönberg, ma lo fa intrecciandole: le sette Fantasie brahmsiane sono infatti intersecate dai sei Piccoli Pezzi di Schönberg. Idea non nuova, ma in questo caso, felice. Tempo fa c'è chi aveva mescolato i Preludi di Bach a quelli di Chopin, o i Preludi e Fughe di Bach a quelli di Shostakovich. Si vuole mettere in evidenza le parentele, le assonanze, le differenze. Brahms e Schönberg sembrano distanti anni luce, e invece suonandoli mescolati tutto appare logico, naturale, consequenziale. Merito senz'altro di Wosner che trova in Brahms piccole durezze e spunti modernissimi e in Schönberg accenti e morbidezze quasi brahmsiane. Il risultato è miracoloso, e siamo certi che in concerto l'effetto sarà ancora migliore. Ci sbilanciamo: Wosner è un grande pianista e la sua versione delle Variazioni e Fuga su un Tema di Händel op. 24 che chiude il disco è esemplare per possanza pianistica, rigore, tenuta. La registrazione effettuata alla Friedberg Hall di Baltimora nel gennaio 2010 grazie al sostegno del "Borletti-Buitoni Trust Artist" è di una naturalezza e di una pastosità eccezionali. IL BACH DI WALTER JOHANN SEBASTIAN BACH: Opere per chitarra. Walter Zanetti, chitarra (cd walterzanetti.com, euro 19.90) Ecco un disco esemplare, che tutti i bolognesi amanti della chitarra dovrebbero possedere: è il nuovo album del chitarrista Walter Zanetti, un silenzioso musicista trentino, da alcuni anni docente al Conservatorio G. B. Martini. Un eccellente musicista che al valore della propria arte aggiunge un tratto di classe raro da trovare oggigiorno. Quasi un uomo d'altri tempi, che con la forza delle proprie convinzioni musicali, con la volontà, col talento e con uno studio costante ha conquistato traguardi assoluti. Come il suo Bach, affrontato alla chitarra con uno spirito assolutamente ascetico. Non ci era noto ma Zanetti, che in anni giovanili si impose sulla scena internazionale grazie ad un'elegante interpretazione del Concerto d'Aranjuez di Rodrigo e che in seguito si immerse con dedizione all'esplorazione dei repertori più vasti, da solo e in varie formazioni, ha però sempre coltivato l'antico amore per Bach, che in anni ormai lontani poté frequentare con Alberto Ponce e, più recentemente, con un musicista a tutto tondo quale Rolf Lisveland. Un lento processo interiore, corroborato da ascolti di grandi maestri, hanno fatto il resto. Oggi il Bach di Zanetti si rivela come una delle più intense esperienze musicali degli ultimi anni. Registrato nelle notti del 23-25 novembre 2009 nella Sala Ginevra della Rocca di Bazzano (immaginiamo in un freddo pungente ma forse "ispirante") il CD presenta Zanetti alle prese con tre fra le opere più conosciute scritte originariamente per il liuto barocco: il Preludio, Fuga e Allegro in mi bemolle maggiore BWV 998, la Partita in do minore BWV 998 e la Suite in sol minore BWV BWV 995. Da gran maestro Zanetti vi sfoggia un bellissimo suono, una profondità di eloquio che conquista battuta dopo battuta e una tenuta musicale sempre misurata ma profonda. 19 versione definitiva 21-04-2011 18:33 Pagina 20