Il ruolo del gioco nello sviluppo infantile: perchè e
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Il ruolo del gioco nello sviluppo infantile: perchè e
Il ruolo del gioco nello sviluppo infantile: perchè e come promuoverlo. Donatella Savio Università di Pavia Che cos’è il gioco? E’ un’attività (Callois, 1967): 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. liberamente scelta improduttiva, finalizzata a se stessa separata dalla vita consueta incerta sempre piacevole e coinvolgente consapevole regolamentata Che cos’è il gioco? La tipologia e l’evoluzione del gioco nell’infanzia secondo Piaget (1945): - Gioco di esercizio - Gioco di finzione (consolidato dai 2 anni -principale espressione ludica degli anni pre-scolari) Andrea (15 mesi), seduto a terra, ha il cucchiaino in mano e il piatto appoggiato sulle gambe, mescola nel piatto, lascia cadere il cucchiaio sulla sua sinistra e ne prende un altro alla sua destra. Porta il cucchiaio alla bocca fingendo di mangiare, continua a grattare il piatto col cucchiaio spostandolo in diverse posizioni, spinge il cucchiaio verso il bordo, capovolge il piatto, lo riporta alla posizione di partenza e continua a grattare, lo gira e lo rigira ripetendo la stessa azione. Successivamente lo avvicina alla bocca tentando di raccogliere sia col cucchiaio che con la bocca; mette il piatto in testa e lo lascia cadere sul tappeto raccogliendo un cucchiaio che è nel tegamino. - Gioco di regole (nascondino, prendersi, palla avvelenata - dai sette/otto anni) Perché il gioco è importante per il bambino? Perché è piacere di vivere “L’importanza del gioco risiede innanzitutto (…) nel godimento immediato e diretto che il bambino ne trae, e che si estende traducendosi in godimento per il fatto di essere vivo” (Bettelheim, 1987) Solo l’appercezione creativa, di cui il gioco è la prima manifestazione, dà all’individuo il senso che la vita valga la pena di essere vissuta (Winnicott, 1976, p.119). Perché il gioco è importante per il bambino? Perché è fonte di maturazione affettiva “Il gioco è un’attività a contenuto simbolico che i bambini usano per risolvere a livello inconscio problemi che non sono in grado di risolvere sul piano della realtà, e che consente loro di provare un senso di dominio della situazione che sono ben lungi dal possedere nella realtà” (Bettelheim, 1987, p. 210) “Tutti i bambini, anche i più normali e abili, incontrano quotidianamente difficoltà che ai loro occhi si presentano come insormontabili problemi di vita. Agendoli nel gioco, un aspetto per volta, a modo suo, secondo i suoi ritmi, il bambino può riuscire a far fronte passo per passo a problemi di grande complessità” (Bettelheim, 1987, p. 211) Perché il gioco è importante per il bambino? Perché è fonte di maturazione affettiva Secondo la psicoanalisi il gioco è strumento principale di maturazione affettiva, in quanto: è piacere dell’essere finalmente padrone è piacere del soddisfare bisogni inconsci è piacere dell’esplorare per tollerare vissuti dolorosi, stando “al sicuro” Perché il gioco è importante per il bambino? Perché è ponte tra affettivo e cognitivo Il gioco è prototipo di pensiero creativo (Winnicott, - - 1971). Nel gioco il bambino: sospende la faticosa distinzione tra la realtà interna, i propri desideri, e la realtà esterna che li frustra; attiva un’ “area transizionale” tra interno ed esterno, l’area ludica; permea la realtà esterna delle sue fantasie inconsce; si pone in un rapporto di scambio piuttosto che di adattamento col mondo; come per l’artista o lo scienziato, il suo “interno” trova espressione nell’ “esterno” e lo vivifica Perchè il gioco è importante per il bambino? Perchè promuove sviluppo socio-cognitivo Il gioco simbolico è la principale fonte di sviluppo nell’infanzia (Vygotsky, 1966). E’ motore della capacità rappresentativa. Quando fa finta di cavalcare la scopa come fosse un cavallo, il bambino: - fa guidare i suoi comportamenti dal “cavallo” che immagina più che dalla “scopa” che percepisce; - riesce a farlo grazie alla spinta del desiderio di cavalcare un cavallo, che solo nel gioco può trovare soddisfazione; - fuori dal gioco, il suo comportamento è guidato dalle caratteristiche concrete/percettive degli oggetti: la scopa è da prendere, strisciare ecc. Perciò il gioco simbolico è una “punta in avanti” nello sviluppo intellettivo. Perchè il gioco è importante per il bambino? Perchè promuove sviluppo socio-cognitivo Permette di esplorare ed acquisire il processo che produce i significati sociali. Quando fa finta di essere la mamma, il bambino: - si comporta secondo le regole che regolano il significato di mamma nel contesto socio-culturale cui appartiene; - esplora il ruolo di mamma, il suo significato e le regole che lo regolano; - esplora i processi (comunicativi, sociali ecc.) attraverso cui si producono quel significato e quelle regole. Perchè il gioco è importante per il bambino? Perchè promuove sviluppo linguistico e sociale Il gioco simbolico tra pari favorisce lo sviluppo della capacità di decentramento / del linguaggio sociale (Piaget 1947) (Garvey,1982) La motivazione a giocare con i coetanei alimenta - lo sforzo a decentrarsi per comprendere il punto di vista dell’altro e ad esprimersi in maniera comprensibile e quindi promuove la capacità - di negoziare regole, significati, ruoli, trame - di mediare - di imparare gli uni dagli altri Perché il gioco è importante per il bambino? Perché promuove senso di efficacia e di padronanza del corpo “Il piacere che deriviamo dal sentire che il nostro corpo e la nostra mente sono in funzione e ci rendono i servizi richiesti costituisce la base di ogni sensazione di benessere” (Bettelheim, 1987, p. 214) Perché il gioco è importante per il bambino? Perché è evolutivamente ricco e complesso Decontestualizzazione : capacità di comportarsi indipendentemente dal contesto percepito (far finta che un oggetto, una persona, una situazione sia un’altra) Decentramento: capacità di tenere conto dei punti di vista altrui (far finta di essere la mamma, che una bambola sia la figlia) Integrazione: capacità di coordinare più elementi in modo coerente (far finta che il la bambola figlia sia malata, chiamare l dottore, far finta di operare la bambola-figlia) Controllo esecuzione: capacità di utilizzare le verbalizzazioni per dirigere i comportamenti (parlare tra sé e con gli altri nel gioco, contrattare il gioco) Competenza sociale capacità di condividere azioni, proposte, progetti Gioco trascurato? “l’importanza del gioco nell’educazione e nella socializzazione dei bambini è stata contemporaneamente riconosciuta in teoria e negata nella pratica. Se da una parte si è infatti divenuti più consapevoli del significato psicologico del gioco spontaneo, non strutturato, dall’altra le esperienze di gioco libero concesse ai bambini appaiono sempre più ridotte. Le attività ludiche vengono sorvegliate e guidate e le giornate infantili vengono riempite da una così grande quantità di attività prefissate all’aperto e al chiuso che ai bambini rimane molto poco tempo per giocare per conto proprio” (Bettelheim, 1972, p. 191)” Gioco e educazione: due realtà incompatibili? Incompatibilità giustificata teoricamente Il gioco è un’attività (Callois,1967): 1. liberamente scelta 2. improduttiva, finalizzata a se stessa 3. separata dalla vita consueta 4. incerta La relazione educativa 1. propone/impone esperienze 2. mira a produrre esiti in termini di crescita e apprendimento 3. fa parte della vita consueta 4. certa nei percorsi e negli obiettivi evolutivi che si propone 5. 5. 6. 7. sempre piacevole e coinvolgente consapevole regolamentata non è necessariamente piacevole e coinvolgente Gioco e educazione: due realtà incompatibili? Incompatibilità “vissuta” con disagio nella realtà educativa: gioco riconosciuto come importante realtà evolutiva; difficoltà a intervenire nel gioco per timore di “rovinarlo” e “snaturarlo”: renderlo appunto meno libero, spontaneo. Difficoltà a rapportarsi come educatori al gioco che può produrre due atteggiamenti di fondo: gioco utilizzato come “trucco”, come cattura didattica, e perciò snaturato e svilito gioco libero = senza adulto, che lo prepara con spazi e materiali idonei e lo osserva ma ne resta fuori Difficoltà quindi che sembra tradursi con “se c’è gioco non c’è educazione e viceversa” Gioco e educazione: due realtà incompatibili? Incompatibilità non reale: relazione educativa e gioco e possono intrecciarsi utilmente a patto che 1. l’obiettivo educativo sia il gioco stesso, la promozione del suo sviluppo e arricchimento 2. l’intervento educativo si fondi su una profonda conoscenza del gioco 3. l’intervento educativo si moduli attraverso strategie di “promozione dall’interno” 4. l’intervento educativo promuova percorsi di apprendimento ludiformi Dunque → è possibile essere educatori ludici se si adottano obiettivi ludici, si conosce il gioco, ci si forma a modalità d’intervento specifiche a sostegno del gioco, se si promuovono percorsi di apprendimento a carattere ludico Diventare educatori ludici: 1. l’obiettivo educativo è il gioco stesso Promuovere il gioco non perché è fonte di: maturazione affettiva “sviluppo cognitivo sviluppo linguistico e sociale sviluppo corporeo in quanto significherebbe cadere nella trappola di guardare al gioco come “trucco” per raggiungere obiettivi evolutivi su competenze considerate più rilevanti della competenza ludica Diventare educatori ludici: 1. l’obiettivo educativo è il gioco stesso Promuovere il gioco per promuovere il gioco, perché è di per sé è un esperienza esistenziale significativa, come l’esperienza estetica o religiosa, che radica, arricchisce, consolida il piacere e il significato del vivere cioè, operativamente, proporsi l’arricchimento del gioco come obiettivo educativo Diventare educatori ludici: 2. Conoscere il gioco per poterlo promuovere Per promuovere il gioco occorre in primo luogo conoscerlo attraverso: l’approfondimento teorico del suo significato nella crescita del bambino l’osservazione e l’analisi di situazioni di gioco tra bambini con l’utilizzo di strumenti ad hoc l’osservazione e l’analisi del gioco dei “nostri” bambini Diventare educatori ludici: 3. Promuovere il gioco dall’interno la teoria Klein (1955) Indicazioni di atteggiamenti adulti favorevoli all’espressione libera e piena del bambino nel gioco: attenzione concentrata, sensibile fluttuante atteggiamento aperto, acritico, mai giudicante, che accetta incondizionatamente le proposte ludiche infantili (finchè restano nell’ambito del gioco) Diventare educatori ludici: 3. Promuovere il gioco dall’interno la teoria Winnicott (1971) Il gioco è davvero creativo solo se il bambino si trova in una condizione di rilassatezza, cioè se è alla presenza di qualcuno di cui ha fiducia in quanto sa che è disponibile nel momento del bisogno dà spazio e protegge l’atto creativo del gioco accoglie la comunicazione indiretta del sé presente nell’atto creativo del gioco e la riflette indietro al bambino Diventare educatori ludici: 3. Promuovere il gioco dall’interno la teoria Vygotsky (1960) L’apprendimento avviene all’interno della relazione con un partner più competente: con la mediazione del linguaggio, l’adulto, intenzionalmente e tenendo conto delle capacità attuali e potenziali del bambino, sollecita nel piccolo una comprensione degli oggetti e degli eventi più evoluta di quella che avrebbe se vi si confrontasse in solitudine Diventare educatori ludici: 3. Promuovere il gioco dall’internola teoria Zona Prossimale di Sviluppo: distanza tra ciò che il bambino è in grado di fare da solo (livello di sviluppo attuale) e ciò che riesce a realizzare con la guida di partners più competenti ------------------------------------------ livello potenziale _________________________ livello attuale Coscienza Vicaria (Bruner, 1986) L’adulto è consapevole dei confini della ZOPED infantile e pronto a regolare il suo intervento su di essa Diventare educatori ludici: 3. Promuovere il gioco dall’interno Sulla base della conoscenza teorica e “pratica” del gioco si tratta di intervenire nel gioco dei “nostri bambini” secondo strategie di “promozione dall’interno” (Bondioli, 1996) i cui tratti salienti consistono nel proporsi attivamente come compagno di gioco (“posso giocare?”) sollecitare, accogliere, apprezzare le iniziative ludiche stando al gioco dei bambini: sono loro che decidono a che gioco si gioca riconoscere le difficoltà dei bambini a sostenere le parti più difficili del gioco e assumerle (ad es. la regia del gioco; “c’è un bambino malato… io sono il bambino malato… chi è il dottore?”) Diventare educatori ludici: 3. Promuovere il gioco dall’interno le strategie mantenere la direzione dell’attività di finzione facendosi garante delle regole del mondo fittizio ( “attento… non scendere dal treno che va… stiamo andando a trovare la nonna…” ) mettere in connessione gli spunti individuali, per favorire trame ludiche compiute e coerenti di gruppo (“autista del pullman… lei deve fare la spesa in città… potresti darle un passaggio”) modulare l’eccitazione, contenere le emozioni (“che paura il temporale… per fortuna siamo al riparo … mi sembra che stia per finire …”) Diventare educatori ludici: 3. Promuovere il gioco dall’interno le strategie a partire da condotte abbozzate dal bambino attivare condotte ludiche appena più evolute di quelle attivate da lui spontaneamente (modeling) (durante il gioco del dottore con i travestimenti un b si mette il cappello da strega e poi lo posa, l’adulto si mette il cappello da strega e dice “sono una strega… so fare magie… posso aiutarti dottore con questo bambino malato…?” ) Diventare educatori ludici: 3. Promuovere il gioco dall’interno- le condotte Ripresa: l’adulto ripete le verbalizzazioni dei bambini e descrive i loro comportamenti ludici Es. Un bambino, dopo essersi disegnato barba e baffi sul viso, dice “faccio il papà”, l’adulto a lui “il papà con la barba e i baffi”. Domanda: l’adulto chiede chiarimenti ai bambini circa i loro comportamenti ludici Es. Un bambino finge di guidare un camion, l’adulto chiede “dove stai andando col camione?”, il bambino risponde “devo andare a prendere un altro dottore” Introduzione: l’adulto propone nuovi elementi di gioco mantenendosi all’interno dei contenuti ludici attivati dai bambini Es. Durante l’ascolto di un temporale registrato un bambino dice “è venuto il temporale”, l’adulto aggiunge “ha cominciato a farsi buio” Uno stile d’intervento a favore del gioco simbolico: le funzioni Funzioni affettive Accettazione piena e acritica dei percorsi e dei contenuti ludici proposti dai bambini Sollecitazione e sostegno dell’espressione dei vissuti infantili Modulazione del clima affettivo del gioco Uno stile d’intervento a favore del gioco simbolico: le funzioni Funzioni cognitive Modeling ludico, cioè proposta graduale dei comportamenti di gioco evolutivamente appena superiori a quelli spontaneamente manifestati dai bambini Sollecitazione e sostegno della dela verbalizzazione nei bambini, sia in termini di narrazione del gioco in atto che di pianificazione esplicita della intenzioni di gioco Regia non direttiva e memoria degli sviluppi ludici, cioè mantenimento e articolazione degli spunti di gioco in trame coerenti Uno stile d’intervento a favore del gioco simbolico: le funzioni Funzioni sociali Consolidamento degli spunti ludici individuali in vista della contrattazione sociale Sollecitazione di condotte ludiche coordinate tra bambini Regia non direttiva e memoria del gioc sociale, cioè focalizzazione e mantenimento dell’attenzione del gruppo sugli spunti ludici articolati in trame condivise Esempi Laura, Giada, Michela e Ivan (età media 3 anni) giocano con un adultoricercatore in una stanza arredata per il gioco della casetta e dislocata di fianco alla loro sezione di asilo nido. L’adulto al gruppo “allora a cosa giochiamo?”, Ivan “a pistole”, A “giochiamo a pistole? Giochiamo a pistole dai! E a cosa giochiamo con le pistole?”, Ivan “ a sparare”, A giochiamo a sparare?”, Giada (sottovoce) “a sparare al lupo”, A (sottovoce) “arriva il lupo?”, Giada “sì”, A “allora, se arriva il lupo dobbiamo nasconderci! Ci nascondiamo qui dietro dai!”, si dirige dietro al divano e tutti i bambini lo seguono (…) A “ e adesso cosa facciamo con le pistole?”, Laura “spariamo!”, Adulto “spariamo?”, Laura “sì, dai! pam! pam!” finge di sparare con un phon oltre il divano, Adulto “pam! pam!”, finge di sparare usando la mano come pistola. Esempi Durante il gioco del lupo, indica oltre il divano dietro cui sono nascosti dicono “è Bubu! È il nostro amico”. Adulto “è Bubu? È il vostro amico? Ma se è il vostro amico possiamo uscire, non è il lupo, ci siamo sbagliati”, esce da dietro il divano insieme ai bambini , “ciao Bubu …dov’è? … eccolo lì”, insieme ai bambini si avvicina a un pupazzo a forma di cane, “ciao Bubu! Ma questo Bubu magari ha fame”, Laura “tò, tò un toast” finge di porgere qualcosa al cane … Adulto “eccolo Bubu, bravo Bubu”, accarezza il cane, tutti i bambini si fanno attorno al cane e lo accarezzano, dicono “ciao Bubu”, Adulto a Michela che si sta allontanando “Michela gli dai un po’ da bere?”, Michela finge di dare da bere al cane, Adulto a Laura “gli dà un po’ da bere”, poi a Michela riferendosi a Laura “lei gli ha dato un toast…”, Adulto “bravo Bubu! Guarda che Ivan gli dà un po’ da bere”, avvicina il cane al bicchiere che Ivan gli porge e finge di farlo bere con rumori e movimenti appropriati attribuiti al pupazzo. Poi allo stesso modo avvicina il pupazzo al bicchiere di Laura e di Lucilla; i bambini guardano e, dopo un attimo di silenzio incuriosito, scoppino a ridere. Dopo un po’, Laura finge di far mangiare il pupazzo da una pentola che le porge Giada. Esempi I bambini mostrano all’adulto dei bambolotti dicendo che sono malati. A “tre bambini malati, come facciamo?” Ivan “tò dottore…” finge di porgere qualcosa ad A. A “io sono il dottore? E tu chi sei?” Michela “io sono la mamma”, A a tutti “tu sei la mamma e io sono il dottore”, I “e io sono il papà”, A “tu sei il papà”, Lucilla “io sono la sorella”, A “tu sei la sorella…e tu?” rivolgendosi a Laura, Laura “il papà”, A “un altro papà… e tu?” rivolgendosi a Giada, Giada “Giada…”, A “tu sei Giada? Sei la loro amica? L’amica di questi bambini malati…?” Giada annuisce, A “allora signori papà, signora mamma, signora sorella e signora Giada, questi bambini hanno la febbre e bisogna curarli…” Esempi Laura, Michela e Ivan (età media 3 anni) giocano con un adulto-ricercatore in una stanza arredata per il gioco della casetta e dislocata di fianco alla loro sezione di asilo nido. A, su richiesta dei bambini, finge di essere un bambino ed è seduto su una seggiolina, M è la mamma, I è il papà, L la nonna. I ad A “devi mangiare tutto”, A “ eh, sì, mangio tutto… ma io non ho fame, non ho fame! E non mangio, non mangio!”, I “c’è il pesce”, A “non mi piace il pesce, non lo mangio!”, I “c’è la carne”, A “non mi piace neanche la carne, non la mangio!”, I dà una botta ad A sulla spalla, A con voce piagnucolosa “ah! Il papà mi picchia! Non mangio!”, L e M osservano, I a L “non vuole il pesce, L “adesso chiudo e basta”, prende il coperchio della scatola che I ha offerto ad A e lo chiude con aria arrabbiata… I a A “e io divento grande e tu diventi piccola!”, A “non è vero che resto piccola”, L “la metto qua e non mangia il pesce”, posa la scatola, M “e vai all’asilo!”, A “vado all’asilo? Non voglio!”, L “sì”, I “vai alla scuola materna!”, A “e voi siete cattivi!”, I “no!, dà un’altra botta ad A, A “perché mi portate sempre all’asilo nido, siete cattivi!”, L “no!” e dà una botta ad A, “sempre alla scuola materna mi lasciate, da sola, e voi chissà dove andate…”, i bambini urlano “andiamo a lavorare!”…I bambini con la borsa a spalla girano per la stanza, M “noi andiamo a lavorare”… A “ e io sai che cosa faccio? Scappo dalla scuola materna e me ne vado!”, I si ferma e guarda A dritto negli occhi “scappa…scappa proprio… scappa!”, A “sì, così imparano il mio papà, la mia mamma e la mia nonna che mi lasciano sempre sola”, A si alza e fa per scappare, L gli si para davanti, I la imita, A “lo sapevo, non posso neanche scappare!”… M prende per mano A, A “dove mi porti?”, M “a fare la nanna”, A la segue, dice “ la mia mamma mi porta a fare la nanna, è l’unica che mi capisce, meno male che sei venuta a prendermi alla scuola materna…”, I si avvicina “anch’io sono venuto a prenderti”. Diventare educatori ludici: 4. Promuovere percorsi di apprendimento ludiformi - definizioni L’idea di “percorso di apprendimento ludiforme” si fonda su: - un’idea di apprendimento per ricerca e scoperta; - un’idea di bambino capace di esprimere i suoi bisogni/curiosità e di intraprendere percorsi per soddisfarli; - un’idea di educazione che propone contesti stimolanti e sostiene lo sviluppo di percorsi personali di ricerca /scoperta soddisfacenti, compiuti, coerenti Diventare educatori ludici: 4. Promuovere percorsi di apprendimento ludiformi - definizioni Un “percorso di apprendimento ludiforme” è caratterizzato da : - libera scelta; - coinvolgimento, motivazione, piacere, impegno; - incertezza, non è predefinito nelle tappe e negli esiti; - esigenze personali (che possono socializzarsi). Diventare educatori ludici: 4. Promuovere percorsi di apprendimento ludiformi - i passi L’educatore allestisce un contesto che crede possa sollecitare la curiosità del bambino 2. L’educatore aspetta l’iniziativa infantile; se non arriva, la sollecita in modo neutro Es.Oggi ho deciso di proporre ai bambini la creta. I bambini (tre maschi e due femmine , età media 30 mesi), sono in piedi attorno a un tavolone, ognuno con un pezzo di creta. A differenza di quanto faccio di solito, ho deciso anche di non dare loro nessun utensile: voglio aspettare che la loro iniziativa si manifesti (magari anche per richiedermi gli utensili di cui hanno bisogno!) e a resistere al mio timore che la creta li stufi subito e l’attività fallisca. C’è un momento di silenzio, i bambini guardano la creta, qualcuno la tocca, penso “oddio! Adesso se ne vanno!”, dico “cosa facciamo bambini?”, M. prende un pezzo di creta e dice “i mostri”, io tiro un sospiro di sollievo e il gioco dei mostri comincia. 1. Diventare educatori ludici: 4. Promuovere percorsi di apprendimento ludiformi - i passi 3. Quando l’iniziativa del bambino si manifesta l’educatore la rispecchia: ripete, anche riformulando, ciò che il bambino dice; descrive verbalmente ciò che il bambino fa; imita i comportamenti del bambino. Es. Ho messo a disposizione di bambini (tre maschi e quattro femmine, età media 40 mesi) diversi tipi di carta e cartoncino e la colla. Siamo seduti al tavolo, ogni bambino ha davanti a sé un grande foglio bianco. I ba mbini iniziano liberamente a incollare F. prima incolla sul foglio pezzettini di cartoncino uno di fianco all’altro, poi uno sopra l’altro. Io le sono seduta di fianco e gli dico: “ah, li incolli uno sopra l’altro..”, lui commenta tra sé “una torre…”, io dico “stai facendo una torre di cartoncini, ma guarda! Adesso ci provo” e lo imito sul mio foglio. Gli altri bambini ci guardano interessati. Diventare educatori ludici: 4. Promuovere percorsi di apprendimento ludiformi - i passi 4. L’educatore, non solo rispecchia, ma anche espande le iniziative dei bambini con le modalità della “promozione dall’interno” formula richieste di spiegazione; inserisce elementi nuovi ma congruenti a quelli proposti dai bambini; porta a termine le iniziative ludiche solo abbozzate, proponendo “buoni esempi di gioco” (modeling) connette le iniziative dei singoli con gli obiettivi di: sollecitare la prosecuzione dell’attività; strutturare l’evoluzione dell’attività entro un significato coerente e compiuto, mantenendo la direzione suggerita dal bambino e aiutandolo a portarla a compimento; costruire un significato coerente compiuto di gruppo; sollecitare le capacità potenziali del bambino, favorendo una più evoluta comprensione e attuazione delle esperienze. Diventare educatori ludici: 4. Promuovere percorsi di apprendimento ludiformi - i passi Es. Questa mattina metto a disposizione dei bambini (2 maschi e 3 femmine, età media 30 mesi) dei trucchi (rossetti, ombretti, ciprie…).Siamo in sezione, di fronte a un grande specchio. M. incomincia a truccarsi, L. prende un rossetto e comincia a disegnare sullo specchio, io gli dico “vuoi disegnare? Aspetta…”, prendo un grosso foglio e lo stendo a terra. Lu. An. e La. iniziano a disegnare con i trucchi sul foglio. M. e Ad. Continuano a truccarsi davanti allo specchio. L. prova a disegnare il profilo della sua mano sul foglio con un rossetto, ne fa un tratto poi alza la mano, la riappoggia ma non riesce più a rimetterla nella stessa posizione, la rialza e la riappoggia, prova a tracciarne un altro tratto. Io lo guardo e dico” che bella idea”, appoggio la mano sul foglio e ne traccio il profilo dicendo “vedi… cerco di tenerla ferma dall’inizio alla fine, se no non riesco a disegnarle tutta”, lui mi guarda attentamente e poi mi imita. Dico “bambini, guardate la mano mia e di L… proviamo con i piedi… dai, disegnamoci tutti…!”