tesi tutta impag - Fondazione Pro Africa

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tesi tutta impag - Fondazione Pro Africa
1.
IL PROBLEMA DELLA SITUAZIONE
INFANTILE NEL MONDO
MATERNO
1.1 MORTALITA’ NEONATALE NEL MONDO ED OBIETTIVI DEL
MILLENNIO
Ogni anno nel mondo nascono 130 milioni di persone.
Circa 4 milioni di esse muoiono nel periodo neonatale, ovvero nelle prime quattro
settimane di vita; di questi il 75% muore nella prima settimana, il 25-45% nelle
prime 24 ore di vita. I decessi in epoca neonatale costituiscono il 38% circa delle
morti dei bambini sotto i 5 anni.
Ogni anno, nel mondo, i bambini nati morti (stillbirth) sono un numero
imprecisabile, stimato tra i 3 e i 4 milioni; le madri che muoiono per cause correlate
alla gravidanza sono invece circa 500.000. Il 99% di questi decessi avviene in paesi
a basso o medio reddito; circa la metà avviene a casa (1).
La Regione W.H.O. (World Health Organization) in cui si ha il più alto tasso di
mortalità neonatale (Neonatal Mortality Rate, NMR) è l'Africa subsahariana, in cui
14 Paesi su 18 hanno un NMR superiore a 45 decessi ogni 1000 nati vivi. Essa
risulta essere l'unica regione del mondo in cui il tasso di mortalità neonatale è in
costante aumento (2) (Tab.1 e Fig.1).
Gli Obiettivi del Millennio (Millenium Development Goals, MDGs) (4)
costituiscono il più ampio impegno mai assunto da un'organizzazione di Stati per
affrontare la povertà e la salute a livello globale. La Dichiarazione del Millennio,
emanata dalle Nazioni Unite nel 2000, rappresenta una pietra miliare nella
cooperazione internazionale e ha ispirato gli sforzi dell'O.N.U. e dei singoli Stati per
raggiungere otto obiettivi che dovrebbero garantire ad ogni persona i diritti umani di
base, in termini di libertà dalla fame, dignità nel lavoro, salute, istruzione, sicurezza
ambientale (Tab.2).
Il quarto obiettivo del millennio prevede la riduzione di due terzi della mortalità
infantile (decessi di bambini di età inferiore ai 5 anni) tra il 1990 e il 2015. Dai dati
1
della tabella 1 (NMR nelle regioni W.H.O.) risulta evidente l'impossibilità di
raggiungere l'obiettivo se non impegnandosi sul fronte della mortalità neonatale, in
primo luogo nei paesi ad alta mortalità infantile.
regioni WHO
NMR per
1000 nati vivi
(range tra i diversi
paesi)
Numero in migliaia
(e percentuale sul
totale del mondo)
delle morti
neonatali
Percentuale delle
morti di bambini
<5aa che
avvengono nel
periodo neonatale
Variazione NMR
tra 1996 e 2005
Africa
44 (9-70)
1128 (28%)
24%
+5%
Americhe
12 (4-34)
195 (5%)
48%
-40%
Mediterraneo
Orientale
40 (4-63)
603 (15%)
40%
-9%
Europa
11 (2-38)
116 (3%)
49%
-18%
Asia
38 (11-43)
1443 (36%)
50%
-21%
Pacifico
Occidentale
19 (1-40)
512 (13%)
56%
-39%
Totale
30 (1-70)
3998 (100%)
38%
-16%
Tabella 1: variazioni regionali della stima della NMR, della sua variazione nel
periodo 1996-2009, del numero delle morti neonatali e della percentuale delle
morti neonatali tra i decessi in bambini <5aa (3).
Figura 1: Neonatal Mortality Rate (NMR) nel mondo nel 2009 (1).
2
MDG 1 Sradicare la povertà estrema e la fame
• Dimezzare, fra il 1990 e il 2015, la percentuale di persone il cui reddito è inferiore
ad 1 $ al giorno
• Raggiungere un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti,
inclusi donne e giovani
• Dimezzare, fra il 1990 e il 2015, la percentuale di persone che soffre la fame
MDG 2 Rendere universale l’educazione primaria
• Assicurare che ovunque, entro il 2015, i bambini, sia maschi che femmine, possano
portare a termine un ciclo completo di istruzione primaria
MDG 3 Promuovere l’eguaglianza di genere e dare potere alle donne
• Eliminare le disparità di genere nel campo dell’educazione primaria e secondaria
entro il 2005 e a tutti i livelli educativi entro il 2015
MDG 4 Ridurre la mortalità infantile
• Ridurre di due terzi, fra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità infantile sotto i 5
anni
MDG 5 Migliorare la salute materna
• Ridurre di tre quarti, fra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità materna
• Raggiungere, entro il 2015, l’accesso universale ai sistemi di salute riproduttiva
MDG 6 Combattere l'AIDS, la malaria e le altre malattie
• Arrestare entro il 2015, invertendo la tendenza, la diffusione dell’HIV/AIDS
• Raggiungere entro il 2010 l’accesso universale alle cure contro l’HIV/AIDS per
tutti coloro che ne hanno bisogno
• Arrestare entro il 2015, invertendo la tendenza, l'incidenza della malaria e delle
altre principali malattie
MDG 7 Assicurare la sostenibilità ambientale
• Integrare i principi dello sviluppo sostenibile nelle politiche dei Paesi
• Ridurre significativamente la perdita di biodiversità entro il 2010.
• Dimezzare entro il 2015 la percentuale di persone che non ha accesso all'acqua
potabile e agli impianti igienici di base
• Entro il 2020 migliorare le condizioni di vita di 100 milioni di abitanti delle
baraccopoli
MDG 8 Sviluppare una partnership globale per lo sviluppo
• Rivolgersi ai bisogni specifici dei paesi con necessità particolari
• Sviluppare un sistema commerciale e finanziario più aperto, regolamentato,
prevedibile e non discriminatorio
• Trattare globalmente i problemi legati al debito dei PVS
• Rendere possibile nei PVS l’accesso ai farmaci essenziali con costi sostenibili
• Rendere disponibili i benefici delle nuove tecnologie, specialmente per quanto
riguarda l'informazione e la comunicazione
Tabella 2: Millennium Development Goals (4) (PVS: Paesi in via di sviluppo).
3
1.2 CAUSE DI MORTALITA' PERINATALE
Attualmente meno del 3% dei decessi neonatali avviene in Paesi in cui sia
disponibile un sistema affidabile di raccolta dei dati anagrafici, clinici ed
epidemiologici tale da permettere l'elaborazione di statistiche precise sulla
prevalenza delle diverse cause di morte tra i neonati.
A livello globale, le principali cause dirette di mortalità neonatale sono l' infezione
severa (che, compreso il tetano, conta per circa il 36% dei decessi), la nascita
prematura (circa il 28%), l'asfissia alla nascita (il 23%); nelle singole Regioni
W.H.O., invece, la prevalenza delle diverse cause di morte risulta variare in
rapporto alla NMR.
Nei Paesi ad alta mortalità (NMR >45/1000) la sepsi causa almeno il 50% delle
morti neonatali, mentre nei Paesi a bassa NMR (NMR < 15/1000) il rischio di morte
per prematurità è, in proporzione, circa il doppio di quello che si ha nei Paesi con
alta NMR. La percentuale di decessi dovuti a complicanze dell'asfissia perinatale e
alle malformazioni congenite è pressoché costante nelle varie Regioni (Fig.2).
Naturalmente i dati in percentuale si riferiscono a numeri assoluti ben diversi tra
loro, così che, per un bambino che nasce in un Paese ad alta NMR, il rischio di
morire di sepsi o per complicazioni dell'asfissia durante il parto o per prematurità è
rispettivamente 11 volte, 8 volte e 3 volte maggiore di quello di un bambino che
nasce in un paese a bassa mortalità neonatale (3).
percentuale di decessi (%)
100%
80%
prematurità
altro
60%
asfissia
40%
sepsi
20%
malformazioni
0%
>45
30-45
15-29
<15
NMR (per 1000 nati vivi)
Figura 2: Stima delle cause di decesso in epoca neonatale in base alla NMR (1).
Oltre alle ben note cause dirette di mortalità neonatale si hanno numerose situazioni
che possono aumentare le probabilità di decesso neonatale.
4
La povertà è la causa sottostante a molte morti neonatali, sia perché aumenta
l'incidenza di fattori di rischio quali il ritardo di crescita endouterino, la
malnutrizione e l'anemia materna, sia perché riduce le possibilità di accesso alle
cure. La disparità di NMR imputabile in primo luogo alla povertà è maggiore per
quanto riguarda le morti postnatali che quelle perinatali.
Si stima che nel mondo, ogni anno, nascano circa 18.000.000 di neonati di basso
peso (PN <2000g). Si tratta di bambini nati pretermine, oppure piccoli per l'età
gestazionale (SGA), o con entrambe le caratteristiche. Il 60-80% delle morti
neonatali avviene in questa categoria di neonati particolarmente fragili (5).
Un'altra categoria di neonati a rischio è quella delle bambine. Pur essendo noto il
vantaggio biologico delle femmine rispetto ai maschi per la sopravvivenza nel periodo neonatale (6), i dati epidemiologici evidenziano come le neonate ricevano in
media meno cure dei coetanei, a parità di condizioni. A questa mancanza di cure si
aggiungono altre terribili pratiche quali l'infanticidio, il feticidio di femmine e
l'aborto selettivo, la cui reale incidenza non è conosciuta.
Le complicazioni materne durante la gravidanza e il parto sono infine un'ulteriore
causa indiretta di mortalità neonatale e infantile. Globalmente solo il 56% delle
donne partorisce con l'aiuto di un assistente esperto (medico, infermiere, ostetrico,
assistente tradizionale), ma la variabilità tra i diversi Paesi è molto grande (dal 5%
delle zone più isolate al 99% dei Paesi sviluppati) (7). Nell'Africa SubSahariana
solamente il 44% delle madri partorisce con un aiuto qualificato, a causa della
scarsità di persone adeguatamente formate e soprattutto della mancanza di copertura
sanitaria per un parto sicuro. Si ha così per molte donne il rischio di un'inadeguata
gestione delle possibili complicanze del parto, con l'aumento di mortalità neonatale
(e materna) conseguente al cosiddetto “triplice ritardo”: ritardo nel riconoscere il
problema, ritardo nel cercare e aver accesso alle cure, ritardo nell'erogazione delle
cure una volta che la madre arriva nelle strutture sanitarie (8).
5
Neonati di basso peso alla nascita (Low Birth Weight)
Sono definiti neonati di basso peso alla nascita (Low Birth Weight, LBW) i bambini
che nascono con un peso inferiore ai 2.500 g; all’interno di questo gruppo si
distinguono i neonati di peso molto basso (Very Low Birth Weight, VLBW),
inferiori ai 1500 g, e i neonati di peso estremamente basso (Extremely Low Birth
Weight, ELBW), inferiori ai 1000 g.
Il basso peso alla nascita aumenta la mortalità e la morbidità fetale e neonatale, con
un rischio di morte che è circa 20 volte quello dei neonati più grandi; esso è
associato, inoltre, a una scarsa crescita nelle età successive della vita, a uno
sviluppo neurocognitivo peggiore e ad un aumentato rischio di malattie croniche
(tra cui diabete mellito di tipo 2, ipertensione e malattie cardiovascolari).
Nel mondo, ogni anno, nascono circa 20.000.000 di neonati LBW; essi
costituiscono il 15,5% delle nascite. Il 95,6% di questi bambini nasce nei Paesi in
via di sviluppo; la percentuale dei neonati LBW in questi Paesi è circa doppia
(>15%) rispetto a quella dei Paesi industrializzati (circa 7%) (Tab. 3).
% neonati LBW
Africa
Nord America
Sud America e Caraibi
Europa
Asia
Oceania
Mondo
Numero neonati LBW
(migliaia)
4.320
343
1.171
460
14.195
27
20.629
14,3
7,7
10,0
6,4
18,3
10,5
15,5
Numero neonati vivi
(migliaia)
30.305
4.479
11.671
7.185
77.490
255
132.882
Tabella 3: stima dei neonati LBW nel mondo: percentuale sul totale dei nati
vivi e numero assoluto, 2000 (9).
I neonati LBW sono tali per prematurità, per ridotta crescita fetale (Intrauterine
Growth Retard, IUGR) o per entrambe le cause.
La probabilità di partorire un neonato LBW dipende da svariati fattori fetali,
materni e ambientali, tra cui:
-
a parità di età gestazionale, le femmine sono solitamente più piccole dei maschi,
i primogeniti dei figli successivi, i gemelli dei neonati singoli;
6
-
neonati malati o affetti da malformazioni congenite spesso sono più piccoli dei
neonati sani;
-
madri in condizioni socioeconomiche deprivate hanno un rischio maggiore di
avere neonati LBW;
-
infezioni materne specifiche (per esempio, malaria, HIV, sifilide) e aspecifiche
posso aumentare il rischio di LBW;
-
donne piccole di statura, donne che vivono ad altitudini elevate, donne molto
giovani solitamente partoriscono neonati più piccoli;
-
la malnutrizione materna è un importante fattore di rischio per LBW; la crescita
fetale dipende dalla composizione corporea della madre al momento del
concepimento, quindi dalla sua stessa crescita fetale, postnatale e dalla sua
alimentazione;
-
abitudini quali l’assunzione di tabacco, alcol, sostanze d’abuso, così come il
lavoro fisicamente impegnativo, aumentano il rischio di avere neonati LBW.
La raccolta dei dati riguardanti i neonati LBW è particolarmente difficoltosa perché
nei Paesi in via di sviluppo circa il 50% dei neonati non vengono pesati alla nascita,
e anche per coloro che lo sono, spesso il dato è mal misurato, mal registrato o non
riportato sui documenti del bambino. I neonati di cui si hanno dati attendibili, cioè
quelli che vengono partoriti in una struttura sanitaria, potrebbero altresì
rappresentare un campione selezionato, in positivo (neonati di famiglie di livello
socio-economico più elevato) o in negativo (neonati nati in seguito a gravidanze
patologiche o parti problematici).
Lo sforzo di ottenere dati sempre più precisi ha portato ad elaborare varie strategie
di raccolta di informazioni, utilizzando, oltre ai registri ufficiali, strumenti quali
l’intervista di campioni rappresentativi di donne. I dati così ottenuti sono più
attendibili rispetto al passato, ma si rischia comunque di sottostimare la reale portata
del problema. Anche se le stime del 1990 e del 2000 non sono paragonabili tra loro
per queste differenze di metodologia nella raccolta dei dati, l’incidenza globale dei
neonati LBW non sembra essere cambiata significativamente in questo periodo.
Globalmente la percentuale di neonati LBW costituisce un indicatore delle
7
condizioni socio-sanitarie di un Paese, riflettendo le conseguenze di situazioni quali
lo stato di nutrizione della popolazione, il lavoro femminile, la presenza di un
sistema sanitario adeguato, l’assistenza alle donne gravide, eccetera (9).
Neonati nati prematuri
Si stima che nel mondo i neonati prematuri (nati prima del completamento delle 37
settimane di gestazione) siano circa 13-15.000.000 l'anno, corrispondente a un 518% delle nascite globali (10) (Tab.3 e Fig.3).
Sebbene siano state riportate modeste differenze della durata della gestazione tra le
varie etnie, con una tendenza a gravidanze più brevi nelle popolazioni nere e
asiatiche, le cause dei parti pretermine sono per lo più mediche, sociali e ambientali.
Cause di parto pretermine sono patologie materne quali il diabete, l’insufficienza
renale o l’ipertensione; le malattie infettive, soprattutto la malaria, l’HIV/AIDS e la
sifilide; le gravidanze multiple; la scarsa crescita fetale, idiopatica o secondaria a
preeclampsia; le patologie fetali; la malnutrizione; fattori stressanti materni quali
stress psicologico o lavoro pesante (11-12).
Regione
Percentuale di nascite Nascite pretermine
pretermine sul totale (in migliaia)
delle nascite
Intervallo di
confidenza 95%
Africa
11,9
4.047
11,1-12,6
Asia
9,1
6.907
8,3-9,8
Europa
6,2
466
5,8-6,7
America Centrale e del Sud 8,1
933
7,5-8,8
America del Nord
10,6
480
10,5-10,6
Oceania
6,4
20
6,3-6,6
Totale
9,6
12.870
9,1-10,1
Tabella 4: Variazioni ragionali nella stima della prevalenza delle nascite
pretermine (10).
8
Figura 3: Nascite pretermine (in percentuale sul totale dei neonati nati vivi) nel
mondo nel 2010 (13).
Tra i neonati nati prematuramente si distinguono quelli moderatamente pretermine
(33-36 settimane di e.g.), quelli molto pretermine (<32 settimane di e.g.) e infine
quelli estremamente pretermine (<28 settimane di e.g.) (Fig.4).
Figura 4: Distribuzione delle nascite premature (suddivise per età gestazionale)
nelle diverse Regioni W.H.O. (13).
Dati nazionali precisi e attendibili sulla percentuale di bimbi che nascono prematuri
non sono disponibili per la maggior parte dei paesi a basso e medio reddito (Low e
Middle Income Countries, LMICs). Anche per i neonati che vengono alla luce in
strutture sanitarie, solo raramente è registrata l'età gestazionale e per poco meno
della metà (42%) il peso alla nascita. E' dimostrato, peraltro, che il calcolo dell'età
9
gestazionale sulla base del solo dato anamnestico dell'ultima mestruazione è poco
attendibile e il peso alla nascita non è un surrogato affidabile dell'età gestazionale,
vista l'elevata incidenza di neonati piccoli o grandi per l'età gestazionale.
La registrazione dei neonati pretermine, e quindi dei loro decessi, varia
notevolmente in base alla percezione della vitalità del nuovo nato da parte di chi
assiste al parto; neonati molto pretermine sono percepiti come poco vitali hanno
meno probabilità di ricevere cure e di essere registrati rispetto a bambini nati ad età
gestazioni più avanzate. Nei Paesi in cui non è disponibile un servizio di Terapia
Intensiva Neonatale, raramente si ha la sopravvivenza di piccoli nati a meno di 32
settimane e avviene frequentemente che neonati prematuri (anche fino a 30
settimane di età gestazionale) siano considerati aborti e quindi non siano registrati
(14). La maggior parte dei neonati moderatamente pretermine, invece, può
sopravvivere con il solo supporto di cure neonatali di base, e si stima che circa il
75% delle morti dei neonati pretermine potrebbe essere evitata anche senza
necessità di terapia intensiva neonatale (13).
In letteratura è riportata una percentuale di neonati pretermine che varia molto tra i
vari paesi, e anche all'interno dello stesso paese, in base a caratteristiche
sociodemografiche, stimata tra il 5% dei HICs (High Income Countries) e il 25%
nei LMICs (Low and Middle Income Countries).
Oltre a essere la prima causa diretta di mortalità neonatale nel 27% dei decessi
neonatali, la nascita prematura aumenta il rischio di morte per altre cause,
favorendo indirettamente eventi avversi come infezioni ed emorragie. La
percentuale di decessi neonatali attribuibili direttamente alla nascita pretermine è
inversamente proporzionale alla mortalità neonatale di un Paese (NMR), e
direttamente proporzionale al diminuire dell'età gestazionale, essendo più elevata tra
i nati prima delle 32 settimane di vita intrauterina; essa è inoltre influenzata anche
dall’evento che ha causato il parto pretermine, spesso esso stesso correlato a
mortalità e morbilità del nuovo nato.
Nei paesi poveri i parti pretermine da indicazione medica costituiscono meno del
10% del totale; cause principali di nascita prematura sono le infezioni sistemiche e
10
intrauterine (soprattutto per quanto riguarda i parti early preterm, a 24-32 settimane
di età gestazionale), la trombosi e le lesioni intravascolari uterine (a tutte le età
gestazionali), la sovradistensione uterina (soprattutto per quanto riguarda i parti late
preterm, a 32-37 settimane di età gestazionale) (15).
Essendo la nascita pretermine, direttamente o indirettamente, una della cause
principali di mortalità neonatale, risulta indiscutibile la necessità di progettare
interventi basati sull'evidenza, ad elevata diffusione ed accessibilità, che tendano a
ridurre il numero dei parti pretermine e a migliorare la sopravvivenza dei neonati
prematuri, al fine di ridurre la NMR complessiva (16).
Solo di recente il problema è entrato nelle agende politiche nei paesi a basso e
medio reddito (LMICs), ma ancora in molti Paesi del mondo devono iniziare i
cambiamenti che potrebbero portare alla riduzione della mortalità in questa fascia di
popolazione così fragile (13).
Neonati nati morti
La morte fetale indica la morte del feto prima della completa espulsione o
estrazione dal corpo materno, evidente dal fatto che il neonato, dopo la separazione
dalla madre, non respira né mostra segni vitali quali pulsazioni cardiache o
movimenti di muscoli volontari. Si stimano 3,2 milioni di nati morti ogni anno nel
mondo, con vasta incertezza (dai 2,5 ai 4,1 milioni) dovuta alla mancanza di
registrazione per molti di questi decessi, che spesso avvengono a domicilio (17)
(Tab. 4 e Fig. 5).
Regione
Stillbirth rate per 1000 Numero complessivo
nati (2009)
dei nati morti (2009)
Percentuale di
variazione annuale
1995-2009
Africa
28,1
898.000
-0,7
America
7,0
111.000
-2,4
Mediterraneo Orientale 27,2
455.000
-0,6
Europa
6,3
68.000
-1,9
Asia Sud-orientale
22
850.000
-1,2
Pacifico Occidentale
10,2
260.000
-3,8
Totale
18,9
2.642.000
-1,1
Tabella 5: Variazioni ragionali nella stima della prevalenza dei feti nati morti
(stillbirth rate) e delle sua variazione 1995-2009 nelle varie regioni W.H.O. (18).
11
Figura 5: Stillbirth rate (nati morti ogni 1000 nascite) nel mondo nel 2009 (18).
Si indica con morte fetale tardiva la morte di feti maggiori di 1.000 g o di età
gestazionale superiore alle 28 settimane, con morte fetale precoce il decesso di feti
di peso compreso tra i 500 e i 1.000 g o di età gestazionale inferiore alle 28
settimane. Attualmente la soglia in cui si registra il feto come “nato morto” varia
dalle 16 alle 28 settimane di età gestazionale a seconda della percezione della
possibilità di vita extrauterina nei diversi Paesi.
Circa un terzo dei feti nati morti sono i cosiddetti nati morti “freschi”, deceduti
dopo l'inizio del travaglio, (l’integrità della cute al momento del parto è considerato
indicatore di morte nelle 12 ore precedenti); si stima che il 25-62% di queste morti
siano evitabili, come è ipotizzabile osservando la bassa percentuale di nati morti nei
Paesi sviluppati (3 decessi per 1000 nati) rispetto a quella molto elevata (28 decessi
ogni 1000 nati) che si registra nella regione dell’Africa Sub-Sahariana (18).
La riduzione del numero dei feti nati morti non è inclusa negli obiettivi del MDG e
non è presente nell’agenda politica e sanitaria dei Paesi in cui maggiormente si
verificano questi decessi.
Nel mondo, dal 1995 al 2009, il tasso dei neonati nati morti è calato solo del 14%,
passando da 22,1 a 18,9 nati morti ogni mille nati (18).
12
Per poter affrontare questo problema sarebbe necessario innanzitutto avere dei dati
epidemiologici attendibili. Questi possono essere ottenuti istituendo uno specifico
certificato di morte per feto nato morto che specifichi la causa di decesso. Per i feti
nati in casa è ragionevolmente possibile solo la distinzione tra nato morto fresco o
macerato ottenuta tramite autopsia verbale; per i nati in centro sanitario si possono
distinguere i decessi “freschi” dovuti a complicanze del parto da quelli “macerati”
attribuibili alla mancanza di cura antenatale o ad alterato sviluppo fetale; la
distinzione dettagliata delle cause di morte è infine possibile solo negli HICs, dove
si ha disponibilità di indagini autoptiche e anatomopatologiche (19, 20).
1.3 POSSIBILITA' DI MIGLIORAMENTO
Il 70% delle morti neonatali avviene perché interventi semplici ma efficaci non
raggiungono le popolazioni più bisognose (21).
Per migliorare questa tragica situazione sono indispensabili due processi distinti ma
collegati tra loro: da una parte la formulazione di linee guida e l’organizzazione del
sistema sanitario sulla base di dati scientifici ed epidemiologici attendibili, dall’altra
un processo politico di miglioramento dell’efficienza e dell’accessibilità del sistema
sanitario, nelle due componenti di servizi di comunità e servizi ospedalieri, basato
sul diritto alla salute e sull’effettiva partecipazione della cittadinanza alle decisioni.
Un errore comune, a questo proposito, è pensare che la mortalità neonatale possa
essere ridotta esclusivamente a prezzo di enormi investimenti per poter offrire cure
altamente tecnologiche. In realtà si stima che fino a tre quarti delle morti neonatali
nel mondo potrebbero essere prevenute con interventi a bassa tecnologia e con un
costo inferiore a 1 dollaro pro capite (16, 22).
E' quindi indispensabile aumentare l'impegno per includere i provvedimenti e le
strategie atte a salvaguardare la salute del neonato nelle linee guida globali e nelle
strategie
nazionali,
W.H.O/U.N.I.C.E.F.
particolarmente
per
la
nei
gestione
LMICs.
delle
Nel
patologie
2005
infantili
i
protocolli
(Integrated
Management of Childhood Illness, IMCI) sono state completate con le linee guida
13
per i neonati di età inferiore ai sette giorni, prima non considerati in questo
documento (23).
Pur essendo necessaria l'elaborazione di tali protocolli internazionali, le varie
strategie di intervento devono essere adattate alla realtà locale.
La Global Action Agenda (GAA) sottolinea la necessità di una collaborazione a
livello internazionale per la ricerca, lo sviluppo e la distribuzione (delivery) di
interventi efficaci e sostenibili nelle diverse realtà locali (24).
Interventi volti a prevenire le nascite pretermine e i nati morti:
E' dimostrato che dieci interventi preventivi sono efficaci nel prevenire i parti
pretermine e i nati morti:
-
Riduzione del fumo di tabacco e delle altre cause di inquinamento domestico
dell'aria (per esempio, focolari aperti, polveri).
-
Somministrazione di Progesterone nel caso di minaccia di parto pretermine; è
stata infatti dimostrata l’efficacia di questo ormone nella riduzione
dell’infiammazione,
nell’antagonismo
dell'ossitocina,
nel
mantenimento
dell'integrità cervicale, e nel ridurre la formazione di gap-junction.
-
Supplementazione calorico-proteica alla madre durante la gravidanza per ridurre
il ritardo di crescita fetale, l’anemia e l’immunodepressione.
-
Screening e trattamento della sifilide: nel 2008 il mancato trattamento della
sifilide in gravidanza ha portato a circa 305.000 decessi fetali e neonatali e alla
nascita di 215.000 neonati ad alto rischio di morte per basso peso, prematurità o
altre complicazioni infettive (25).
-
Trattamento intermittente presuntivo per la malaria durante la gravidanza (IPTp
Intermittent Presumptive Treatment in pregnancy). La somministrazione di una
singola dose di un anti-malarico efficace (normalmente SulfadoxinaPirimetamina) almeno due volte durante la gravidanza, indipendentemente dalla
presenza o assenza di sintomi di infezione. E' stata dimostrata l'efficacia di
questo tipo di trattamento nel ridurre il rischio di infezione placentare, il ritardo
di crescita intrauterino e l’anemia materna.
14
-
Distribuzione e uso di zanzariere trattate con insetticida come profilassi
meccanica di malattie trasmesse da insetti, in particolare la malaria nelle zone
endemiche.
-
Miglioramento della consapevolezza e promozione della preparazione al parto a
livello di famiglia e di comunità (per esempio migliorare l'accesso alle cure
prenatali, identificare il luogo del parto, acquistare in anticipo il materiale,
cercare assistenti qualificati, accantonare i soldi per un eventuale trasporto).
-
Possibilità di ricevere le cure ostetriche di emergenza, in particolare il taglio
cesareo d'urgenza. E' considerata fisiologica una percentuale di parti operativi
mediante taglio cesareo che va dal 5 al 15%; è stata dimostrata la riduzione della
mortalità intrapartum con l'aumentare della percentuale di tagli cesarei fino alla
soglia dell’8%; ulteriori aumenti, viceversa, corrispondono ad un incremento di
mortalità e morbilità.
-
Programmazione del parto mediante taglio cesareo in elezione nel caso di
presentazioni fetali anomale.
-
Induzione del parto in elezione nel caso di protrarsi della gestazione oltre il
termine (oltre le 41 settimane) (26, 27).
Interventi volti a ridurre le complicanze intrapartum
Fino al 15% dei parti sono complicati da condizioni potenzialmente fatali.
Le complicanze intrapartum sono causa di un importante fardello di mortalità e
disabilità materna e neonatale. Anche se spesso non prevedibili, molte di esse
possono essere trattate in maniera efficace, a patto di avere una sufficiente copertura
ed accessibilità dei servizi ostetrici d'urgenza basici ed avanzati, funzionanti 24 ore
su 24, con disponibilità di risorse umane qualificate, farmaci ed equipaggiamento
(compresa la possibilità di trasfusioni di sangue), trasporti e comunicazioni (28).
Tre sono gli interventi che hanno mostrato una più elevata efficacia sulla riduzione
delle complicanze intrapartum:
-
Ridurre l'intervallo temporale tra l'insorgenza di complicazioni e l'accesso alle
cure ostetriche urgenti, migliorando ciascuno dei tre fattori di ritardo (ritardo nel
15
riconoscere il problema, ritardo nel cercare e aver accesso alle cure, ritardo
nell'erogazione delle cure una volta raggiunte le strutture sanitarie), con pronto
riconoscimento della compromissione fetale (monitoraggio del battito cardiaco
fetale intermittente con fetoscopio, monitoraggio della progressione del parto
con partogramma) e rapido espletamento del parto, se necessario con taglio
cesareo; a questo proposito si discute la possibilità di istruire all'esecuzione di
taglio cesareo urgente personale sanitario non medico (8).
-
Garantire la presenza di personale competente e del materiale necessario alla
rianimazione neonatale. Si stima che il 5-10% dei neonati che vengono alla luce
in strutture sanitarie necessitino di manovre rianimatorie (3-6% richiede
stimolazione e ventilazione a pressione positiva, mentre solo lo 0,1% ha bisogno
di rianimazione avanzata con intubazione endotracheale e/o somministrazione di
farmaci). Uno studio effettuato in sei stati africani evidenzia che solo il 15%
delle strutture sanitarie possiede l'equipaggiamento e le risorse umane per
l'esecuzione della rianimazione neonatale di base (30) e che essa, se garantita in
tutte le strutture sanitarie nei paesi a basso e medio reddito, potrebbe evitare
circa il 30% delle morti neonatali (31). Esempi virtuosi, a questo proposito, sono
i programmi internazionali quali l'“Helping Babies Breath Action Plan” (HBB)
dell'American Academy of Pediatrics (31), un semplice algoritmo che si
focalizza sullo stabilire un'efficace attività ventilatoria entro il primo “Golden
Minute” attraverso la stimolazione tattile o la ventilazione con pallone e
maschera.
-
Permettere l'accesso alle cure post-rianimazione attraverso il trasferimento
presso unità di Neonatologia di un ospedale in cui si possano garantire il
supporto respiratorio, l'adeguato apporto di fluidi e glucosio e assicurare
l'omeostasi termica (26, 27).
Interventi volti a migliorare la sopravvivenza del neonato prematuro:
Il rischio di morte neonatale dovuta alle complicazioni della prematurità è almeno
12 volte maggiore per un neonato africano che per uno europeo. Circa 3 quarti di
questi decessi potrebbero essere evitati con cure poco costose e non invasive;
16
un'ulteriore riduzione potrebbe avvenire attraverso l'istituzione di Unità di Terapia
Intensiva Neonatale.
Gli interventi che hanno dimostrato efficacia nel ridurre la mortalità dei neonati
prematuri sono:
-
Somministrare la profilassi steroidea antepartum alla madre per migliorare la
maturità polmonare e ridurre il rischio di emorragia intracranica nel neonato.
-
Somministrare la profilassi antibiotica alla madre nel caso di rottura prematura
delle membrane per ridurre il rischio di infezioni neonatali.
-
Somministrare la supplementazione di vitamina K per via intramuscolare a tutti i
neonati per evitare la malattia emorragica del neonato.
-
Trattare la sepsi neonatale e la polmonite sul territorio con antibiotici orali
qualora non sia possibile un rapido trasferimento in ospedale per la terapia
parenterale ottimale.
-
Ritardare il clampaggio del cordone ombelicale di circa 30 secondi dopo la
nascita; questa procedura garantisce un maggior volume di sangue circolante,
minore necessità di trasfusioni e minore incidenza di emorragie intraventricolari.
-
Utilizzare aria ambiente (e non FiO2 superiori al 21%) per la ventilazione a
pressione positiva durante la rianimazione del neonato in sala parto.
-
Incoraggiare la kangaroo-mother care (contatto pelle a pelle, allattamento al
seno esclusivo a richiesta, dimissione precoce con adeguato follow-up) in
ospedale; il beneficio della pratica della canguroterapia sul territorio, invece,
risulta meno evidente.
-
Incoraggiare l'allattamento al seno precoce: questo unisce i benefici in termini
nutrizionali e immunologici dell'assunzione del colostro materno a quelli dovuti
all'incremento della produzione del latte, alla più rapida involuzione uterina che
consegue alla stimolazione della ghiandola mammaria e al rafforzamento del
legame madre-figlio.
-
Garantire l'omeostasi termica del neonato subito dopo il parto, attraverso la
pratica delle normali manovre di accudimento (in particolare l'asciugatura) in un
ambiente a temperatura adeguata, del contatto pelle a pelle e dell'utilizzo di
17
presidi a basso costo quali i sacchetti di plastica per evitare un'eccessiva
dispersione termica.
-
Utilizzare surfactante artificiale di origine bovina e supporto ventilatorio non
invasivo (cPAP) nei casi di immaturità polmonare e Respiratory Distress
Syndrome (26, 27).
Altri interventi volti a migliorare la salute materna e/o neonatale:
Altri cinque interventi, pur non incidendo direttamente sulla percentuale di parti
prematuri e di nati morti, né sulla sopravvivenza dei neonati pretermine, hanno
dimostrato una notevole efficacia sulla salute della madre e del neonato:
-
Incoraggiare la pianificazione familiare e il distanziamento delle nascite, con
intervalli di almeno 24 mesi tra un parto e l'altro.
-
Assumere folati nel periodo periconcezionale; è dimostrato che questa pratica
riduce l'incidenza delle malformazioni del tubo neurale del 50-70%.
-
Arricchire la dieta materna con micronutrienti (ferro, folati, zinco), per ridurre la
prevalenza di neonati piccoli per l'età gestazionale e di anemia materna.
-
Effettuare lo screening e il trattamento batteriuria asintomatica, per ridurre la
prevalenza di neonati piccoli per l'età gestazionale e la morbidità materna.
-
Garantire la copertura vaccinale contro il tetano per evitare i casi, non molto
frequenti ma letali, di tetano neonatale (26, 27).
Risulta quindi evidente come sia necessaria la continuità delle cure, ovvero
l'integrazione tra i provvedimenti volti a migliorare la salute materna, le cure
antenatali, la sicurezza durante il parto e nel periodo perinatale, la salute infantile.
Nell'elaborazione di politiche e nella scelta degli interventi più efficaci nella realtà
dei diversi Paesi è indispensabile che siano rispettati sei criteri:
-
semplicità, ovvero non necessità di complessi sistemi di distribuzione;
-
compatibilità con i sistemi di prevenzione e di trattamento già esistenti;
-
impatto sulla salute pubblica in termini di mortalità e morbidità;
-
osservabilità, ovvero facilità di monitoraggio e di valutazione dell'impatto;
-
costo, ovvero sostenibilità delle spese necessarie;
18
-
vantaggio relativo rispetto ad altri interventi rivolti allo stesso problema (32).
Nel rispetto di questi principi è importante privilegiare gli interventi che,
migliorando l'accessibilità ai servizi sanitari, riducano le disuguaglianze tra le
popolazioni ricche e quelle povere (33). La mortalità materna, quella neonatale e
l'accesso ai servizi per la salute riproduttiva sono tra i principali indicatori del
livello di disuguaglianza sociale tra paesi sviluppati e paesi meno sviluppati e,
all'interno di ogni singolo paese, tra ricchi e poveri (34). Risulta evidente come sia
necessario garantire la disponibilità di servizi sanitari di qualità accessibili
equamente a tutta la popolazione, indipendentemente dal livello sociale, di
istruzione, economico (32, 35).
Ad ostacolare l'accesso delle donne all'assistenza sanitaria, oltre all’inadeguato
funzionamento del sistema sanitario, ci sono impedimenti di natura finanziaria,
quali la mancanza di denaro, l'eccessiva distanza dai centri sanitari, la scarsità di
mezzi di trasporto e barriere di tipo sociale e culturale, quali l'insufficienza di
informazioni sulla salute riproduttiva e lo scarso livello di autonomia decisionale
delle donne in ambito familiare.
Risulta quindi indispensabile l'elaborazione di strategie per aumentare, a livello di
comunità, la domanda per servizi sanitari materno-infantili di qualità; per rendere
possibile l'affrontare la spesa per le cure, tramite forme di assicurazione, prestiti di
emergenza, incentivi finanziari per chi chiede cure.
A livello di politica sanitaria questo processo passa attraverso lo sviluppo delle
competenze e la formazione del personale sanitario (medici, infermieri, ostetriche) e
parasanitario (aiuto-infermieri, community healt workers, traditional birth
attendants), ma anche attraverso l'elaborazione di strategie organizzative del sistema
sanitario cooperazione tra pubblico e privato (36).
Ancora una volta è importante sottolineare la necessità di ottenere dei dati
epidemiologici attendibili con stime periodiche delle NMR, informazioni sulle
cause della mortalità neonatale e sull'impatto dei provvedimenti adottati per poter
incrementare il coinvolgimento politico a livello locale e globale e migliorare la
razionalità e l'efficacia degli interventi intrapresi (29).
19
1.4 LA SITUAZIONE ATTUALE NEI PAESI AFRICANI E IL CASO DEL
BURUNDI
Cenni sulla situazione dei sistemi sanitari nei Paesi Africani sulla base del Report
W.H.O. 2012 (37)
E' cosa tristemente nota come il continente africano, in particolare l'Africa SubSahariana, si trovi in uno stato di povertà, che in alcuni Paesi diventa povertà
estrema. Numerose sono le cause di questa situazione che appare inveterata nel
tempo: colonialismo, neocolonialismo, guerre, instabilità politica, corruzione,
dittature, catastrofi naturali e climatiche; un'analisi, anche solo superficiale, delle
cause di questo problema esula dagli obiettivi di questo lavoro.
Dal punto di vista del sistema sanitario, questa povertà di risorse umane e materiali
porta, tra le altre, a due conseguenze molto significative:
-
I sistemi sanitari africani sono spesso fragili e frammentati, a causa della palese
scarsità di strutture, di personale sanitario competente e motivato, di farmaci ed
equipaggiamenti, di risorse finanziarie, di sistemi informativi efficienti e di
competenze tecniche nell'ambito della programmazione e della gestione a livello
distrettuale. Questo porta a un'insufficiente copertura dei servizi, in particolare
di quei servizi che richiedono personale sanitario qualificato disponibile 24 ore
su 24, e a un'insufficiente qualità delle prestazioni erogate, con il risultato di
cure tardive, spesso inefficaci e talvolta pericolose.
-
Un livello di iniquità, ovvero di diseguaglianza sociale, che, presente a livello
globale tra Paesi ricchi e Paesi poveri, diventa evidente anche a livello locale,
con differenze notevoli di accessibilità ai servizi sanitari da parte delle diverse
fasce socioeconomiche della popolazione.
Periodicamente l'Organizzazione Mondiale della Sanità pubblica i dati statistici ed
epidemiologici che riguardano i singoli Stati e le Regioni del mondo. Pur nella
consapevolezza della moderata affidabilità di questi dati, è possibile tentare di
raffrontare gli indici che mirano a dare un'immagine globale della situazione sociale
e sanitaria di ciascun Paese; è inoltre possibile, comparando la variazione dei dati
nel tempo, osservare i cambiamenti in atto e valutare l'efficacia delle politiche volte
20
al miglioramento della situazione. L'ultimo Report, da cui sono tratti i dati che
vengono discussi in questo capitolo, è stato terminato nel 2012.
Tra i dati demografici, l'aspettativa di vita alla nascita e l' aspettativa di vita a 60
anni indicano il numero di anni che mediamente spettano da vivere, rispettivamente,
a una persona che nasce oggi e ad una altra che oggi compie sessant'anni. Il primo
parametro è ovviamente più fortemente influenzato dalla mortalità neonatale e
infantile. Nel mondo l'aspettativa di vita alla nascita è di 66 anni per gli uomini e 71
anni per le donne (in Italia è di 79 e 84 anni rispettivamente); negli anni tra il 1990 e
il 2009, grazie al miglioramento dei sistemi sanitari e più in generale delle
condizioni di vita, si è registrato nel mondo un aumento medio dell'aspettativa di
vita di circa 4 anni. A fronte di ciò risulta evidente come l'Africa, con un'aspettativa
di vita alla nascita di 52 anni per gli uomini e 51 per le donne, non solo abbia valori
molto inferiori a quelli medi mondiali, ma anche non abbia mostrato miglioramento
negli anni tra il 1990 e il 2009: da 49 a 52 anni per gli uomini, ma sempre 51 anni
per le donne. A differenza del resto del mondo, inoltre, non si registra un'aspettativa
di vita maggiore per le donne rispetto agli uomini, verosimilmente a causa della
mortalità e morbilità collegate alla riproduzione.
In Burundi, se possibile, la situazione è ancora peggiore, con un'aspettativa di vita
di 49 anni per gli uomini e di 51 anni per le donne e nessun miglioramento negli
ultimi 20 anni, probabilmente a causa dei numerosi decessi per trauma e per guerra,
cosa che potrebbe giustificare l’aspettativa di vita alla nascita leggermente superiore
per le donne, differentemente da quanto registrato negli altri Paesi della regione
africana (Tab. 6, 7).
Entrambi i sessi
Maschi
Femmine
1990
2009
1990
2009
1990
2009
Burundi
50
50
48
49
51
51
Africa
51
54
49
52
51
51
Italia
77
82
74
79
80
84
Mondo
64
68
62
66
66
71
Tabella 6: Aspettativa di vita alla nascita (anni).
21
Entrambi i sessi
Maschi
Femmine
1990
2009
1990
2009
1990
2009
Burundi
15
15
14
14
15
15
Africa
15
15
14
14
16
16
Italia
21
25
19
22
23
26
Mondo
18
19
16
18
19
21
Tabella 7: Aspettativa di vita a 60 anni (anni).
Indicatori particolarmente utili per una valutazione complessiva delle condizioni di
vita e dello stato del sistema sanitario in un Paese sono la mortalità materna e quella
perinatale. La mortalità materna indica il numero di donne decedute ogni 100.000
parti. La mortalità neonatale, invece, indica il numero di decessi entro i primi 28
giorni di vita ogni 1000 neonati nati vivi e costituisce ovunque una parte consistente
della mortalità infantile. La stillbirth ratio indica infine il numero di neonati nati
morti ogni 1000 parti: pur essendo un dato generalmente sottostimato, dà conto di
morti spesso evitabili, in particolare per quanto riguarda i decessi intrapartum.
La mortalità materna in Africa conta 480 decessi ogni 100.000 madri ed è più che
doppia rispetto alla media mondiale (210 decessi ogni 100.000 madri); essa mostra
tuttavia un trend in miglioramento, essendo oggi quasi dimezzata rispetto ai dati del
1990.
Non altrettanto si può dire del Burundi, che attualmente mostra una mortalità
materna di 800 morti ogni 100.000 madri, quasi quadrupla rispetto alla media
mondiale e poco meno che doppia rispetto a quella africana; la riduzione negli
ultimi 20 anni, inoltre, appare molto più modesta di quella registrata in altri Paesi,
con un calo di appena il 27% (Tab.8).
1990
2010
Burundi
1100
800
Africa
810
480
Italia
n.d.
4
Mondo
400
210
Tabella 8: Mortalità materna (madri morte ogni 100.000 neonati nati vivi).
La mortalità neonatale, come già discusso in precedenza, risulta drammaticamente
22
elevata nei Paesi africani, con una media di 34 decessi ogni 1000 nati vivi, pur in
calo rispetto al passato (- 19% tra il 1990 e il 2010).
In Burundi l'NMR è attualmente stimata a 42 decessi ogni 1000 nati vivi, quasi il
doppio della media mondiale, con un calo negli ultimi 20 anni inferiore al 15%
(Tab.9).
1990
2009
Burundi
49
42
Africa
42
34
Italia
6
2
Mondo
32
23
Tabella 9: NMR (Neonatal mortality rate, neonati morti ogni 1000 nati vivi),
2010.
La stima del numero dei neonati nati morti risulta essere, per l'Africa e per il
Burundi, di circa 28 nati morti ogni 1000 nati, ovvero il 150% della media
mondiale, e più di nove volte quella di Paesi sviluppati come l'Italia (Tab.10).
Burundi
28
Africa
28
Italia
3
Mondo
19
Tabella 10: Stillbirth ratio (nati morti ogni 1000 nati), 2009.
Lo stato di salute e nutrizione della popolazione infantile è descritto da una serie di
dati, tra cui le nude cifre di mortalità infantile (decessi di lattanti di età inferiore
all'anno e decessi di bambini di età inferiore a 5 anni ogni 1000 nati vivi), le
principali cause di morte, la percentuale di bambini malnutriti e sottopeso.
La mortalità infantile in Africa è attualmente stimata attorno ai 75 decessi ogni
1.000 nati vivi per i lattanti e 119 decessi ogni 1.000 nati vivi per quanto riguarda i
bambini sotto i 5 anni. In entrambi i casi si tratta di numeri circa doppi rispetto alla
media mondiale, seppur in calo rispetto ai dati del 1990 (-28% e -30%,
rispettivamente).
I dati del Burundi sono peggiori, sia in termini assoluti, con una mortalità sotto
23
l'anno dell'88 per mille e una mortalità sotto i 5 anni pari a 142 per 1000, sia in
termini di ridotto miglioramento nel tempo (tra il 1990 e il 2010 si è registrato un
calo del 20% e del 22% rispettivamente) (Tab. 11-12).
1990
2010
Burundi
110
88
Africa
104
75
Italia
8
3
Mondo
61
40
Tabella 11: Mortalità infantile <1 anno (lattanti <1 anno morti ogni 1000 nati
vivi).
1990
2010
Burundi
183
142
Africa
172
119
Italia
10
4
Mondo
88
57
Tabella 12: Mortalità infantile <5 anni (bambini <5 anni morti ogni 1000 nati
vivi).
Il registro delle cause di morte per i bambini deceduti sotto i 5 anni di età, per
quanto spesso contenente dati moderatamente attendibili, dà importanti indicazioni
sullo stato di salute della popolazione, sulla situazione del sistema sanitario e, più in
generale, sulle condizioni di vita della popolazione.
In Africa si ha una netta prevalenza delle malattie infettive (nell'ordine, polmonite,
diarrea, malaria, HIV, morbillo), che complessivamente causano il 48% delle morti
in età infantile; in Burundi questa percentuale è lievemente minore, in quanto i
decessi per malaria contano solo per il 4% del totale (contro il 15% della media
africana), ma per contro si ha una più elevata percentuale di morti per malattie quali
polmonite (19% contro 17%) e diarrea (15% contro 11%). Mentre i decessi per
infezione risultano globalmente in riduzione, aumentano percentualmente i decessi
dovuti a patologie tipiche dell'età neonatale, quali prematurità, asfissia e sepsi
neonatale, malformazioni (Tab. 13).
24
HIV
2000
diarrea
morbillo
malaria
polmonite
2010
2000
2010
2000
2010
2000
2010
2000
2010
Burundi 7
6
17
15
2
0
4
4
21
19
Africa
6
4
13
11
8
1
16
15
16
17
Italia
0
0
0
0
0
0
0
0
2
1
Mondo 3
2
12
10
5
1
7
7
19
18
prematurità
asfissia neon.
sepsi neon.
malformazioni
traumi/altro
2000
2010
2000
2010
2000
2010
2000
2010
2000
2010
Burundi 11
13
8
9
7
8
2
3
21
25
Africa
11
12
7
9
5
5
3
5
16
21
Italia
33
23
9
8
2
2
3
3
21
36
Mondo 15
17
10
10
6
6
6
7
19
21
Tabella 13: Cause di mortalità infantile <5anni (% sui decessi).
In Burundi la percentuale di bambini di età inferiore ai 5 anni che soffre la fame
raggiunge cifre davvero agghiaccianti, con la malnutrizione che colpisce il 58%
della popolazione infantile e un ulteriore 35% di bambini sottopeso (più del doppio
della media mondiale). Questo dato, oltre ad essere terribile in sé, evidenzia come la
popolazione infantile sia pesantemente esposta a patologie e rischi sociali di cui la
malnutrizione e la povertà sono cause indirette (Tab.14).
Neonati LBW
Latte materno
esclusivo a 6 mesi
Bambini < 5anni
malnutriti
Bambini < 5 anni
sottopeso
Burundi
11
45
58
35
Africa
13
33
n.d.
n.d.
Italia
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
Mondo
15
37
27
16
Tabella 14: Malnutrizione infantile (% nelle diverse popolazioni).
Una serie di dati particolarmente interessanti per quanto riguarda l'organizzazione,
le risorse e l'accessibilità del servizio sanitario è quella che riguarda la copertura
della popolazione per un determinato servizio, ovvero la percentuale di persone che
effettivamente usufruisce di un determinato servizio rispetto al totale della
popolazione che potrebbe avvantaggiarsene.
I servizi che comunemente vengono monitorati sono l'assistenza ostetrica (visite
25
prenatali, parti assistiti, prevenzione della trasmissione verticale dell'HIV) e le
vaccinazioni.
In Africa circa la metà dei parti avviene in strutture sanitarie o comunque con
l'assistenza di personale qualificato (in Burundi circa il 60%). L'accesso al parto
assistito è un indicatore indiretto del funzionamento di un sistema sanitario nel suo
complesso, perché implica la presenza di servizi ostetrici di qualità, basici e
avanzati funzionanti 24 ore su 24 e la disponibilità costante di risorse umane
qualificate, farmaci, equipaggiamento e la presenza di una rete di trasporti e
comunicazioni (Tab.15).
>1 visite prenatali Parti assistiti
Prevenzione
tetano neonatale
Donne HIV+ che
ricevono
antiretrovirali per
evitare MTCT
Burundi
99
60
94
34
Africa
74
48
84
50
Italia
98
100
n.d.
n.d.
Mondo
81
69
84
48
Tabella 15: Copertura dei servizi sanitari (% sulla popolazione) (MCTC:
mother to child trasmission).
La copertura vaccinale in Africa è discreta, superiore al 72% per tutti i patogeni
presi in considerazione (morbillo, difterite, tetano, pertosse, epatite B, Hemophilus
influenzae); questi dati sono leggermente inferiori alla media mondiale per quanto
riguarda morbillo e DPT, ma addirittura superiori per l'HBV e l'Hib3. In Burundi la
copertura vaccinale è ottima, paragonabile a quella garantita in Paesi sviluppati
quali l'Italia (Tab.16).
morbillo
DTP
HBV
HIb3
Burundi
92
96
96
96
Africa
78
79
78
72
Italia
90
96
96
95
Mondo
85
85
75
42
Tabella 16: Percentuale di bambini >1 anno vaccinati.
Un'ultima serie di dati riguarda solo indirettamente l'assistenza sanitaria garantita: si
26
tratta di informazioni sulle infrastrutture (accesso all'acqua pulita e ai servizi
igienici) e sull'impegno economico da parte di ciascuno Stato per garantire un
adeguato sistema sanitario ai propri cittadini (spesa per la salute in percentuale sul
Prodotto Interno Lordo e percentuale della spesa per la salute sostenuta da risorse
estere).
Nel continente africano l'accesso all'acqua pulita e ai servizi igienici è ancora un
privilegio, essendo garantito solo al 65% e il 37% della popolazione
rispettivamente. In Burundi la situazione è lievemente migliore, con il 72% della
popolazione che ha accesso all'acqua pulita e il 46% che può usufruire dei servizi
igienici; questa situazione, facilitata dalla posizione idrogeograficamente favorevole
dello stato, non ha registrato miglioramenti significativi negli ultimi 20 anni.
La spesa per la salute risulta costituire una parte discreta del PIL degli stati africani
(in media 6,5% , in Burundi il 11,4%, a fronte di una media mondiale del 9,4%) ma
è necessario ricordare come queste cifre siano calcolate sulla base di PIL molto
esigui e soprattutto comprendano un ingente contributo estero (in Burundi fino al
45% della spesa sanitaria) (Tab. 17).
Accesso all'acqua
Accesso ai servizi
pulita (% popolazione) igienici (%
popolazione)
Spesa per la salute (% % spesa
sul PIL)
salute
sostenuta
da risorse
estere
1990
2010
1990
2010
2000
2009
2009
Burundi
70
72
44
46
6,3
11,4
45,0
Africa
50
65
21
37
5,5
6,5
10,2
Italia
100
100
n.d
n.d.
8,0
9,4
0,0
Mondo
76
89
49
63
8,2
9,4
0,4
Tabella 17: Spesa sanitaria e infrastrutture.
Cenni geografici, antropologici ed economici del Burundi (38, 39)
Il Burundi è un piccolo Paese situato nell’Africa Sub-Sahariana, nella regione dei
Grandi Laghi. L’intero territorio del paese è costituito da un altipiano con altitudine
media di 1700 m.
La forma di governo è la Repubblica presidenziale. Il Presidente svolge il ruolo di
27
Capo del Governo e delle Forze Armate ed è assistito da due Vicepresidenti, di etnia
e partiti diversi tra loro. Il Parlamento è costituito da due Camere: l’Assemblea
Nazionale (formata da 100 Parlamentari eletti a suffragio diretto e da alcuni membri
cooptati) e il Senato (composto da 37-45 Senatori eletti). Il Paese è suddiviso
amministrativamente in 17 province e 117 comuni.
La maggioranza della popolazione risiede in piccoli insediamenti costituiti da pochi
nuclei familiari, sparsi nella zona rurale; la percentuale della popolazione che
risiede in agglomerati urbani è modesta (11%); la capitale, Bujumbura, è la città col
maggior numero di abitanti (circa 450.000 persone).
La popolazione è costituita per l’85% circa da Hutu, per il 14% da Tutsi e per l’1%
da Pigmei. La differenziazione tra i diversi gruppi etnici è però piuttosto labile, in
quanto tutti condividono lingua, religione, usi e costumi; il dominio coloniale ha
spesso marcato l’elemento dell’appartenenza etnica, in una logica di opposizione
che è rimasta viva anche dopo l’indipendenza del 1962.
La densità abitativa è estremamente elevata (290,7 abitanti/km²), per motivi
geografici (la lontananza dalla costa ha mantenuto il Paese al di fuori delle
tradizionali rotte di tratta degli schiavi), ma soprattutto a causa di un elevato tasso di
crescita demografica (3,1%) a partire dalla metà del XX secolo e dell’ingente
numero di profughi rimpatriati negli ultimi anni, in seguito al termine dei conflitti
etnici.
Il clima è tropicale, con precipitazioni molto abbondanti (>1.400 mm d’acqua/anno,
soprattutto tra settembre e maggio). Il clima favorevole permette di effettuare due
raccolti l’anno in molte zone del Paese.
L’agricoltura è per la maggior parte rivolta all’autoconsumo (arachidi, patate, riso,
banane), in minor misura alle coltivazioni per fini commerciali e di esportazione
(caffè, cotone, the, palma da olio). L’allevamento di bovini, ovini e caprini è diffuso
in tutto il territorio. Gli animali selvatici che popolavano la foresta tropicale (bufali,
ippopotami, scimmie, giraffe, zebre) sono pressoché scomparsi dopo la guerra
civile, in parte uccisi per fame dalla popolazione, in parte per la riduzione del loro
habitat in seguito all’incendio di vaste aree di foresta.
L’istruzione primaria (dai 7 ai 12 anni) è gratuita dal 2005; attualmente circa il 90%
28
dei bambini viene iscritto alla scuola primaria (91% dei maschi e 89% delle
femmine); l’alfabetizzazione degli adulti sopra i 15 anni è del 67%.
Il PIL (Prodotto Interno Lordo) del Paese è di 1,7 miliardi di dollari all’anno (161
dollari pro capite anno). L’indice di sviluppo umano (ISU), parametro complesso
costituito da fattori diversi, tra cui scolarizzazione, aspettativa di vita alla nascita,
PIL procapite, vede il Burundi al 185° posto su 187 paesi, con un ISU di 0,316 (ISU
Italia 2012: 0,874, al 24° posto).
Figura 6: Burundi.
Superficie: 27.830 km2
Capitale: Bujumbura
Sistema politico: repubblica presidenziale
Lingue: kirundi e francese (ufficiali), kiswahili
Religioni: cattolici (62%), altri cristiani (5%), religioni tradizionali (32%), musulmani (1%)
Abitanti: 10.557.000 (stime luglio 2012) Crescita demografica annua: 3,1%
Etnie: hutu (bantu) 85%; tutsi (camiti) 14%; twa (pigmei) 1%; europei 3.000; asiatici 2.000
Popolazione urbana: 11% Popolazione che vive sotto il livello di povertà: 70%.
Indice di sviluppo umano: 0,316 (185° su 187 paesi)
Prodotto interno lordo: 1,7 miliardi di dollari (161 dollari pro capite anno, nel 2011)
Crescita economica annua: 4,8%; inflazione: 11%(stime 2012);
Risorse naturali: nichel, uranio, terre rare, torba, cobalto, rame, platino, vanadio, niobio, tantalio,
oro, tungsteno, caolino, oro terre arabili, risorse idriche
Prodotti agricoli: caffè, cotone, tè, mais, sorgo, patate dolci, banane, manioca; carne, latte, pelli
Esportazioni: caffè, tè, zucchero, cotone, pelli (106,7 milioni di dollari nel 2011)
Importazioni: beni capitali, prodotti petroliferi, cibo (543 milioni di dollari nel 2011)
Debito estero: 693 milioni di dollari (stime 2012)
Tabella 18: principali dati geografici, demografici ed economici del Burundi
(2012) (38).
29
Cenni di storia burundese (38, 39)
La storia travagliata di questo piccolo Paese del centro dell'Africa ha inizio nel XIV
secolo quando un popolo bantu, gli Hutu, si insedia nella regione ed impone lingua
e cultura alla popolazione autoctona, i Twa (pigmei). Nel secolo successivo
popolazioni Tutsi, provenienti dall'Etiopia, sottomettono gli Hutu e instaurano la
monarchia.
Nel 1890 il Regno dell'Urundi è incorporato all'Africa Orientale Tedesca; nove anni
dopo viene unito al Rwanda per formare la colonia del Rwand-Urundi.
In seguito alla Prima Guerra Mondiale e alla spartizione delle colonie tedesche tra le
potenze vincitrici, il Belgio si incarica di governare la regione: appoggia la
minoranza Tutsi, divide nuovamente il Rwanda dal Burundi e annette quest'ultimo
allo Zaire.
Negli anni '50 nascono movimenti nazionalistici, tra cui l'UPRONA (Partito
dell'Unità e del Progresso Nazionale). Alla sua guida si ha il Tutsi Louis Rwagasore,
che nel 1960 viene nominato primo ministro e assassinato poche settimane dopo.
Il primo luglio del 1962 il Burundi, governato da Mwambutsa IV, re docile al
Belgio, ottiene l'indipendenza.
Gli anni che seguono sono segnati da instabilità politica, violenza e massacri etnici
ai danni degli Hutu, che a migliaia fuggono in Rwanda. Nel 1965 gli Hutu vincono
le elezioni, ma il re si rifiuta di nominare un primo ministro di questa etnia.
L'insurrezione popolare che ne consegue è sedata nel sangue dal capitano Michel
Micombero, segretario di stato alla difesa: l'intera élite politica Hutu è massacrata.
L'anno successivo, Mwambutsa IV è deposto dal figlio Ntare V, che nomina
Micombero primo ministro; in novembre, con un colpo di stato, Micombero
abolisce la monarchia, instaura la repubblica, si proclama presidente ed elimina tutti
i funzionari Hutu.
Nel 1971, 350.000 Hutu vengono uccisi dalla repressione governativa mentre altri
70.000 sono costretti all'esilio. Nel 1972, in seguito all'uccisione del re Ntare V,
sono uccisi 200.000 Hutu, mentre altri 200.000 fuggono nei Paesi confinanti;
vengono inoltre eliminati tutti gli Hutu dall'esercito.
Nel 1976 assume il potere il tenente colonnello Jean-Baptiste Bagaza, con la
30
promessa di far cessare le persecuzioni razziali e creare un governo riformista. Tra
le opere del nuovo governo si ha la democratizzazione dell'UPRONA, la
ridistribuzione delle terre, la legalizzazione dei sindacati e l'elaborazione della
Costituzione (entrata in vigore nel 1981).
Nel 1982 si tengono le prime elezioni a suffragio universale; nel 1984 è eletto
presidente Bagaza, che prosegue il programma di normalizzazione politica; viene
destituito nel 1987 da un colpo di stato per mano del maggiore Pierre Buyoya che
scioglie l'UPRONA e sospende la Costituzione.
Nel 1988 la rivolta Hutu contro i possidenti terrieri Tutsi viene repressa
dall'esercito. In seguito a ciò viene nominato un primo ministro Hutu, Adrien
Sibomana, e viene formato un governo con ampia rappresentanza Hutu; ha inizio un
programma di aggiustamento strutturale che include la privatizzazione delle imprese
pubbliche, la creazione di un tribunale per combattere la corruzione, la fondazione
di una Costituzione multipartitica,(entrata in vigore nel 1992).
Nel 1993 Melchior Ndadaye, Hutu, fondatore del Fronte per la Democrazia in
Burundi (Frodebu), vince le elezioni, ma viene assassinato da soldati Tutsi dopo
pochi mesi; la rappresaglia dei membri del Frodebu viene repressa nel sangue
dall'esercito. Nel 1994 è eletto presidente Cyprien Ntaryamira, Hutu, che in aprile
muore in un attentato contro l'aereo su cui viaggiava insieme al presidente ruandese
Juvénal Habyarimana. Inizia il massacro di circa 800.000 Tutsi e Hutu moderati.
Viene quindi nominato presidente Sylvestre Ntibantunganya, il quale resta in carica
fino al 1996, quando Pierre Buyoya, anch'egli Hutu, prende il potere e sospende la
Costituzione.
Dopo il golpe Kenya, Rwanda, Tanzania, Uganda, Etiopia e Zaire impongono al
Burundi delle sanzioni economiche, che sono revocate nell'anno successivo in
quanto, secondo gli osservatori ONU, colpevoli di peggiorare la vita delle
popolazioni più povere.
Nel 1998 il Parlamento si costituisce in Assemblea Nazionale di Transizione
(ANT); i negoziati di pace proseguono senza frutto per gli anni successivi, anche se
nel 2000 viene firmato il cessate il fuoco tra il governo burundese e il principale
gruppo ribelle hutu, le Forze per la Difesa Democratica (FDD).
31
Nel 2003 l'Hutu Domitien Ndayizeye succede alla presidenza e firma la fine della
guerra civile con Pierre Nkurunziza, leader del FDD. Nel 2004 aprile le Forze per la
liberazione nazionale (Fnl) depongono le armi, ma in maggio escono dal governo di
unità nazionale. I Caschi Blu dell'ONU sostituiscono le forze di pace dell'Unione
Africana, mentre proseguono le violenze tra esercito, ribelli e popolazione civile.
Nel 2005 viene approvata una nuova Costituzione che stabilisce le proporzioni della
rappresentanza etnica in tutte le istituzioni. Il Consiglio nazionale per la difesa della
democrazia-Forze per la difesa della democrazia (Cndd-Fdd) vince le elezioni
politiche e Pierre Nkurunziza viene eletto presidente.
Nel 2006, dopo 13 anni di guerra civile, il governo burundese firma un trattato di
cessate il fuoco con le Forze Nazionali di Liberazione. L'anno successivo termina la
missione di pace dell'ONU.
Nel 2010 si hanno nuove elezioni, con vittoria schiacciante del Cndd-Fdd di
Nkurunziza; l'opposizione contesta i risultati. Il presidente delle Forze per la
liberazione nazionale (Fln) entra nella clandestinità e cresce la paura di una nuova
guerra civile. Negli anni successivi Human Rights Watch denuncia un'escalation
della repressione politica del governo.
Il nostro studio si inserisce in questo contesto, dove, a cinquanta anni dalla
dichiarazione di Indipendenza, il 1 luglio 2012, il Burundi appare ancora privo di
prospettive di sviluppo a livello sociale, economico e sanitario.
32
2. IL PROBLEMA DELL’ALIMENTAZIONE DEL NEONATO
PREMATURO
2.1 INDICAZIONI E LIMITI DELL’ALLATTAMENTO MATERNO
I vantaggi dell’allattamento materno sono ben noti ed hanno portato, negli ultimi
tempi, a una sempre più profonda coscienza da parte di tutti gli operatori sanitari
della necessità di incoraggiare e favorire il più possibile questa pratica.
L’allattamento materno, esclusivo nei primi sei mesi di vita del neonato e
complementare fino all’anno di vita e oltre, arreca beneficio al neonato in primo
luogo, ma anche alla madre e all’intera società.
Attualmente più del 90% delle donne nei Paesi in via di sviluppo e il 50-90% delle
donne nei Paesi industrializzati sceglie di iniziare l’allattamento al seno, anche se
nel mondo, al compimento del 4° mese di età, solo il 35% dei bambini è ancora
nutrito esclusivamente al seno (40).
I vantaggi dell’assunzione di latte materno per il neonato derivano innanzitutto dalla
protezione immunitaria che esso conferisce grazie al suo contenuto in
immunoglobuline e leucociti: diminuisce l’incidenza e/o la severità di molte
malattie infettive, tra cui le sepsi neonatali tardive, le meningiti batteriche, la
diarrea, le infezioni respiratorie, l’enterocolite necrotizzante (NEC), l’otite media, le
infezioni delle vie urinarie. Il latte materno, inoltre, sembrerebbe proteggere da
malattie endocrine e metaboliche quali il diabete mellito di tipo 1 e 2, il sovrappeso,
l’obesità, l’ipercolesterolemia, da patologie immunologiche e respiratorie quali
l’allergia e l’asma, oltre che ridurre il rischio di Sudden Infant Death Syndrome
(SIDS) e migliorare lievemente l’outcome a livello cognitivo.
Le madri che allattano godono di un più rapido instaurasi del legame madrebambino, oltre a beneficiare di un ridotto sanguinamento postpartum e di una più
veloce involuzione uterina grazie alla secrezione di ossitocina che consegue alla
stimolazione della mammella; l’allattamento protratto, inoltre, agevola un adeguato
distanziamento tra le gravidanze, il recupero al peso pregravidico e riduce il rischio
33
di tumore al seno e dell’ovaio.
L’intera società, infine, si avvantaggia di questa pratica, sia in termine di riduzione
dei costi di salute pubblica, sia in termini di ridotto impatto ambientale (41).
Per tutti questi motivi il W.HO. raccomanda l’allattamento materno esclusivo per
almeno 6 mesi sia nei LMICs che nei HICs e incoraggia il protrarsi
dell’allattamento materno complementare almeno fino all’anno, sottolineando come
non si abbiano evidenze di deficit nutrizionali dovuti all’allattamento protratto,
qualora l’introduzione di altri cibi avvenga regolarmente (42).
Qualora non fosse possibile l’allattamento al seno, i sostanziali vantaggi del latte
materno possono aversi anche con l’alimentazione con latte materno spremuto.
Le controindicazioni all’allattamento materno, al contrario, sono davvero poche:
condizioni neonatali quali la galattosemia e condizioni materne quali TBC non
trattata, esposizione a isotopi radioattivi, farmaci chemioterapici, droghe d’abuso, la
presenza di lesioni erpetiche al seno. L’infezione materna da parte del virus
dell’HIV/AIDS, costituisce una controindicazione solo nei Paesi sviluppati; nei
Paesi poveri, invece, il vantaggio dato dall’allattamento materno, in termini
nutrizionali e di difese immunitarie, risulta essere maggiore rispetto al rischio di
trasmissione dell’infezione al neonato, soprattutto qualora sia stata effettuata
un’adeguata profilassi della trasmissione verticale e l’allattamento materno sia
esclusivo (41) .
In ultima analisi, nei Paesi poveri il latte materno è un alimento salva-vita (43).
2.2 DEFICIT NUTRIZIONALI NEI NEONATI PRETERMINE E LBW
L’obiettivo dell’alimentazione del neonato pretermine è una crescita postnatale
simile a quella del feto normale della stessa età gestazionale, sia come indici
antropometrici, sia come composizione corporea (44).
La letteratura e l’esperienza clinica mostrano come il ritardo di crescita extrauterino
sia la regola piuttosto che l’eccezione nei neonati prematuri ed aumenti col
diminuire dell’età gestazione e del peso alla nascita; questo è particolarmente vero
34
per quanto riguarda i neonati affetti da patologie che vanno oltre la semplice
prematurità. E’ dimostrato che la quasi totalità dei neonati che nascono piccoli per
l’età gestazionale (Small for Gestational Age, SGA) restano tali nel periodo
neonatale, mentre una significativa parte dei neonati nati di peso normale per l’età
gestazionale (Appropriate for Gestational Age, AGA) vengono successivamente
dimessi con peso inferiore al 10° percentile per età corretta.
Il fabbisogno calorico-nutrizionale del feto non si interrompe con la nascita per cui,
se l’apporto di nutrienti non viene iniziato immediatamente, il neonato entra in uno
stato catabolico (45). La nutrizione enterale e parenterale che ricevono normalmente
i neonati di peso molto basso ed estremamente basso (Very Low Birth Weight,
VLBW, e Extremely Low Birth Weight, ELBW), comparata con l’apporto di
nutrienti che il feto della medesima età gestazionale riceve in utero, risulta in deficit
calorico-proteici sostanziali che persistono per settimane e sono direttamente
collegati alla restrizione di crescita postnatale (46). Oltre al generico ritardo di
crescita è evidente come deficit specifici in momenti critici dello sviluppo limitino
la crescita di componenti fondamentali con conseguenze a lungo termine (45).
E’ quindi necessario cominciare un’alimentazione completa subito dopo la nascita e
mantenerla nelle settimane seguenti per permettere una velocità di crescita
postnatale simile a quella fetale ed evitare il deficit calorico-proteico.
La somministrazione di quantità di nutrienti adeguate per il mantenimento e la
crescita è raramente raggiunta durante i primi giorni di vita e altrettanto raramente
mantenuta nelle successive settimane di ospedalizzazione. I neonati pretermine
quasi invariabilmente accumulano un significativo deficit di nutrienti che è
destinato a non venire colmato da una nutrizione pur corrispondente all’apporto
calorico-nutrizionale raccomandato dalla letteratura (Recommended Dietary Intake,
RDI). Le linee guida per l’alimentazione dei neonati pretermine, infatti, tendono a
sottostimare la quota energetico-proteica necessaria per colmare il deficit che quasi
invariabilmente si crea nei primi giorni di vita dei neonati prematuri, con
conseguente mantenimento del ritardo di crescita postnatale (47).
35
Spesso i neonati non tollerano un’alimentazione enterale completa, cioè che soddisfi
i normali bisogni metabolici e nutrizionali, per periodi piuttosto lunghi dopo la
nascita (14-21 giorni) (48). In questi casi si rende indispensabile l’alimentazione
parenterale (45) che a sua volta però può creare dei problemi: l’assenza di alimento
nel tratto gastrointestinale, infatti, causa atrofia della mucosa e dei villi intestinali e
riduce la produzione degli ormoni trofici nella bocca e nello stomaco e degli enzimi
necessari per la digestione e l’assorbimento dei substrati; si possono avere deficit
immunitari dovuti alla diminuzione della produzione di immunoglobuline
(soprattutto IgA) da parte delle placche di Peyer e all’aumento di molecole pro
infiammatorie con aumento del rischio di enterocolite necrotizzante (NEC) (45);
sono frequenti inoltre complicazioni metaboliche quali ittero colestatico, oltre a
rischi potenziali infettivi e ai problemi associati ad un accesso venoso centrale.
L’alimentazione trofica o minimal enteral feeding (MEF) prevede, accanto
all’alimentazione parenterale con scopo nutritizio, la somministrazione di piccole
quantità di alimento per os (5-25cc/kg/die), con lo scopo di mantenere il trofismo
del tratto gastrointestinale. Questo tipo di intervento diminuisce l’intolleranza
alimentare, abbrevia il tempo necessario per arrivare a somministrare una nutrizione
enterale completa, aumenta la secrezione di gastrina e la maturazione dell’intestino
tenue, migliora la crescita ponderale e riduce la necessità di fototerapia. Sembra
ragionevole iniziare la MEF in 1ª-2ª giornata di vita, con somministrazione dei pasti
in boli molto lenti piuttosto che in alimentazione enterale continua, aumentando
progressivamente la quota giornaliera con incrementi inferiori ai 20cc/kg/die. E’
necessaria prudenza nei casi in cui si abbia una marcata ipossia o un ridotto flusso
ematico intestinale come nei casi di asfissia severa e insufficienza multiorgano (45).
Una crescita extrauterina soddisfacente, nel caso di neonati pretermine, richiede
quindi un apporto adeguato e bilanciato dei principali nutrienti.
L’Ossigeno, inoltre, è necessario per tutti i processi metabolici. L’ipossia fetale e
neonatale fa diminuire la sintesi delle proteine più di quanto ne diminuisca il
catabolismo, portando a una riduzione complessiva dell’accrescimento. Il rischio di
restrizione della crescita risulta quindi più elevato nel caso di neonati anemici,
36
mantenuti in uno stato di relativa ipossia nel giusto tentativo di limitare la ben nota
la tossicità dell’Ossigeno (45).
Fabbisogno di carboidrati:
La necessità di glucosio è proporzionalmente più elevata nelle fasi più precoci dello
sviluppo fetale: infatti è il cervello l’organo che proporzionalmente consuma più
glucosio, e con il procedere dello sviluppo esso costituisce una percentuale sempre
minore del peso complessivo del feto. Il fabbisogno di glucosio, quindi, è stimato
attorno a 6-8 mg/kg/minuto nei feti di circa 28 settimane, per poi ridursi
progressivamente fino ai 3-5 mg/kg/minuto nei neonati a termine.
Un corretto apporto glucidico nelle prime settimane di vita extrauterina è cruciale,
oltre che per assicurare una crescita soddisfacente, per permettere il mantenimento
di una glicemia adeguata. E’ infatti dimostrato con sempre maggiore evidenza come
l’ipoglicemia, soprattutto se cronica, porti a lungo termine a ridotti sviluppo e
crescita cerebrale, con peggioramento del quoziente intellettivo (IQ) nelle età
successive. D’altro canto l’iperglicemia, causata principalmente da un’eccessiva
somministrazione di glucosio e dalla liberazione di ormoni controinsulari in
situazione di stress, è un evento che a sua volta limita la capacità dell’organismo di
utilizzare il glucosio a causa della progressiva riduzione della sensibilità al glucosio
e all’insulina; essa inoltre espone il neonato al rischio della disidratazione per
eccessiva diuresi osmotica (49).
I carboidrati rappresentano la più comune fonte di supplementazione calorica
fornita ai neonati pretermine. Nei primi giorni di vita i neonati LBW possono avere
difficoltà a digerire il lattosio a causa dell’ancora insufficiente attività delle lattasi
presenti nella mucosa intestinale; la permanenza di lattosio non digerito
nell’intestino può quindi causare un’abnorme proliferazione di batteri patogeni con
rischio di traslocazione batterica. Le glicosidasi per la digestione dei polisaccaridi
sono invece attive fin dai primi giorni di vita anche nei neonati prematuri, per cui è
consigliabile arricchire il latte materno destinato ai neonati LBW con polisaccaridi
che, oltre ad essere meglio digeriti, mostrano una minore attività osmotica rispetto a
molecole più semplici, limitando il rischio di diarrea osmotica (44).
37
Fabbisogno di proteine
Aminoacidi e proteine sono necessari, oltre che per la crescita e la sintesi proteica,
per la trasmissione di segnali metabolici, immunologici ed endocrini.
Il fabbisogno proteico nella vita fetale va gradualmente riducendosi con l’aumentare
dell’età gestazionale, cosicché un neonato pretermine di 24-30 settimane ha bisogno
di circa 3,6-4,8 g di proteine/kg/die, mentre un neonato di 30-36 settimane necessita
di 2-3 g di proteine/kg/die, che si riducono a 1,5-2 g di proteine/kg/die nel caso di
un neonato a termine (45).
I neonati che non ricevono un adeguato apporto proteico già dai primi giorni di vita
sono destinati ad accumulare quotidianamente un deficit di circa 2,5-3,1 g di
aminoacidi pro chilo (0,6-1,2 g di proteine/kg/die per il catabolismo proteico, cui
vanno sommati circa 1,9 g di proteine/kg/die del mancato deposito). Il deficit
proteico e la conseguente mobilizzazione di proteine endogene si traducono in
debolezza muscolare e ridotta funzione immunitaria, situazione pericolosa in
neonati già molto fragili dal punto di vista respiratorio e inclini alle infezioni (48).
Un’alimentazione che, pur fornendo un’elevata quantità di energia sotto forma di
carboidrati, non garantisce un apporto proteico proporzionalmente adeguato, può
causare ha una alterazione della composizione corporea, con un aumento
sproporzionato della massa grassa. E’ stato dimostrato invece come un elevato
apporto calorico (fino a 150 Kcal/kg/die) e proteico (fino a 4,2g/kg/die) permetta
una crescita adeguata ed armonica e sia sostanzialmente ben tollerato (50).
Un ulteriore aumento dell’apporto proteico, invece, non sembra migliorare la
crescita, forse perché eccede la capacità di utilizzo delle proteine del neonato
pretermine, e può portare ad acidosi metabolica e a iperazotemia (51); un aumento
dell’apporto energetico fornito dai carboidrati, pur con un apporto di proteine
adeguato, invece, causa la crescita eccessiva della massa grassa (50).
Le fortificazioni del latte materno e i latti formulati per pretermine attualmente
forniscono circa il 15% del loro contenuto calorico sotto forma di proteine,
costituite per lo più da sieroglobuline (60%, più simili alle proteine del latte umano)
e caseina (40%) (40).
38
Fabbisogno di lipidi
La crescita fetale comporta un considerevole deposito di grassi. Si stima che il
fabbisogno giornaliero di lipidi durante l’accrescimento fetale sia di circa 3 g di
lipidi/kg/die. Nel latte umano circa il 50% dell’energia è fornito da grassi. Sebbene
l’energia fornita dai carboidrati sia più efficace di quella fornita dai lipidi nel
promuovere la crescita e l’accumulo proteico e quindi nel risparmiare l’ossidazione
delle proteine endogene nei neonati VLBW nutriti per os (50), i grassi, a parità di
peso, forniscono una maggiore quantità di calorie e causano una minore liberazione
di CO2 in seguito alla loro degradazione, ovvero hanno un minore quoziente
respiratorio; inoltre, a differenza delle proteine, non causano problemi metabolici
quali iperazotemia e acidosi metabolica (51).
Gli acidi grassi a lunga catena polinsaturi (PUFA) omega 3 e omega 6, in particolare
l’acido alfa linoleico (ALA), l’acido docosaexaenoico (DHA) e l’acido
arachidonico (AA), hanno un ruolo essenziale nello sviluppo del cervello e della
retina. La riduzione a lungo termine dell’apporto lipidico porta a deficit di acidi
grassi essenziali e ad un peggiore sviluppo neurologico (45).
L’assunzione di PUFA omega 3 è spesso insufficiente nelle popolazioni dei Paesi in
via di sviluppo, soprattutto tra le donne, i lattanti e i bambini. Il latte materno
costituisce un’importante fonte di ALA e DHA e i bambini allattati al seno sono
meno a rischio di deficit di questi componenti nutrizionali se i livelli ematici
materni sono a loro volta adeguati. L’assunzione di ALA può essere incrementata
attraverso l’assunzione di cibi relativamente economici quali l’olio di soia, mentre il
DHA è contenuto in buona quantità in alimenti come il pesce (52); si discute
l’opportunità e la fattibilità di un supporto nutrizionale alle madri in attesa e in
allattamento nei Paesi in cui questa carenza nella dieta sia endemica.
Nelle supplementazioni del latte materno e nei latti formulati per neonati pretermine
i grassi costituiscono circa il 55-60% dell’apporto calorico totale. Il pattern di acidi
grassi presenti in questo tipo di alimenti è attualmente molto simile a quello del latte
materno (40), con una predominanza dei trigliceridi a catena media (MTC, il 70%) e
di PUFA, in particolare ALA e DHA (circa 30%).
I lipidi presenti nel latte materno vengono assorbiti molto bene, probabilmente
39
grazie la presenza di lipasi attivate dai sali biliari. Nei preparati artificiali, invece,
per ottenere un assorbimento adeguato, occorre aumentare gli MTC che vengono
digeriti anche in presenza di basse quantità di sali biliari (53).
Fabbisogno di micronutrienti
I neonati prematuri non hanno ancora ben sviluppato i meccanismi di ritenzione del
sodio a livello renale, per cui è necessario un apporto giornaliero di Sodio di circa
2,5-4 mEq/kg/die e oltre.
Rispetto ai neonati nati a termine, i neonati prematuri hanno anche un maggiore
fabbisogno di Calcio (200-250 mg/kg/die) e di Fosforo (110-125 mg/kg/die), per cui
alimenti specifici sono arricchiti di questi elementi. Si ha evidenza, comunque, di
una migliore ritenzione netta di questi micronutrienti nei neonati alimentati con latte
materno rispetto a quelli nutriti con latte formulato per pretermine (54).
Il Ferro contenuto nell’organismo alla nascita è inferiore nei nati pretermine rispetto
ai nati a termine; inoltre, i piccoli prematuri sono spesso sottoposti a perdite di
Emoglobina dovute ai frequenti prelievi. Le fortificazioni e i latti formulati sono
normalmente arricchiti con Ferro, ma ugualmente si ha indicazione a fornire questo
metallo per os (2-3 mg/kg/die) a partire dai 2 kg o dai 2 mesi di età anagrafica (44).
A causa delle ridotte quantità di vitamina K e vitamina D presenti nel latte materno
si ha indicazione alla supplementazione di questi elementi, attraverso la
somministrazione di vitamina K per via intramuscolare subito dopo il parto e di
vitamina D per os nei primi mesi di vita (41).
2.3 EFFETTI A LUNGO TERMINE DEI DEFICIT NUTRIZIONALI NEL
PERIODO NEONATALE
La difficoltà di assicurare un adeguato apporto di energia e nutrienti ai neonati
prematuri esita molto spesso in un deficit di crescita extrauterina.
La malnutrizione, soprattutto per quanto riguarda il deficit proteico, interferisce,
oltre che con la crescita e lo sviluppo, con la salute nel suo complesso, riducendo le
difese immunitarie, la resistenza alle infezioni, le energie disponibili per supportare
40
le funzioni vitali e produce a lungo termine bassa statura, deficit di crescita degli
organi, ridotto sviluppo neuro-cognitivo (44).
E’ comunque difficile distinguere gli effetti negativi di un ritardo di crescita da
malnutrizione dagli innumerevoli altri problemi correlati alla prematurità in sé (48),
e si sa ancora poco riguardo all’esistenza di “momenti critici” dello sviluppo dei
singoli organi e sistemi in cui un deficit nutrizionale può causare un rallentamento o
un danno irrecuperabile.
Un’inadeguata nutrizione precoce può avere effetti negativi sullo sviluppo
neurologico a lungo termine. La malnutrizione nel periodo di vulnerabilità del
cervello esita in un ridotto numero di cellule nervose e di connessioni dendritiche,
con conseguenti deficit di comportamento, apprendimento, memoria (55).
I bambini affetti da malnutrizione severa hanno mostrato deficit cognitivi e motori,
alterazioni del comportamento e disturbi dell’apprendimento scolastico. Il danno
cerebrale pare essere imputabile più allo stato di malnutrizione protratta che a
episodi acuti di iponutrizione, ma risulta difficile distinguere il danno dovuto alla
carenza di energia e nutrienti da quello dovuto all’ambiente, spesso caratterizzato da
povertà, scarsa igiene, istruzione mediocre, deprivazione sociale e affettiva (56).
Non è ancora ben chiaro quanto sia possibile recuperare il danno cognitivo
instauratosi a causa della malnutrizione durante i primi anni di vita.
La malnutrizione più o meno severa, spesso inevitabile nei neonati ELBW,
contribuisce al ridotto outcome neurologico di questi pazienti. La crescita cerebrale
dei neonati pretermine risulta inferiore a quella dei neonati a termine normali; la
nutrizione dei neonati con dieta arricchita porta ad avere, in età adolescenziale,
cervelli più grandi (in particolar modo il nucleo caudato) e funzioni cognitive
migliori (57).
Per i neonati prematuri la velocità di crescita durante il ricovero (misurata come
g/kg/die o come aumento della circonferenza cranica in cm/settimana) è correlata
direttamente con l’outcome a 18 e 22 mesi in termini di crescita staturoponderale,
sviluppo neurologico e riospedalizzazione (55); questa associazione persiste anche
41
dopo la correzione per fattori clinici e demografici che potrebbero influenzarla (55).
In particolare, è stato dimostrato che è la velocità di crescita postnatale più che
l’essere nato piccolo per l’età gestazionale ad essere associata significativamente ad
un outcome neurologico sfavorevole all’età di 2 anni (58).
2.4 ALIMENTAZIONE CON LATTE MATERNO FORTIFICATO PER I
NEONATI PREMATURI
I benefici apportati dall’assunzione del latte materno sono stati confermati anche per
quella popolazione un po’ speciale che sono i neonati prematuri.
Il latte materno è il miglior alimento per i neonati prematuri, in termini di sviluppo,
di maggiori difese immunitarie e di minore morbilità complessiva, ma non soddisfa
completamente i loro peculiari bisogni nutrizionali, in particolare per quanto
riguarda l’energia, le proteine e i micronutrienti quali Sodio, Calcio e Fosforo, con
necessità di somministrare quantità di liquidi molto elevate per ottenere un adeguato
apporto di calorie e di nutrienti (41). L’allattamento materno esclusivo non
fortificato nei prematuri è stato associato a scarsa crescita e a deficit nutrizionali
durante e dopo il periodo di ospedalizzazione (54), per cui è ormai opinione comune
che, nel caso dei neonati pretermine, sia indicata la supplementazione del latte
materno al fine di aumentarne l’apporto calorico e proteico (59). La fortificazione
del latte materno per i neonati prematuri è ormai pratica ben consolidata nei HICs,
anche perché è dimostrato che la presenza di deficit nutrizionali vanifica i benefici a
lungo termine dati dall’alimentazione con latte materno esclusivo (60). Pur nella
diversità dei vari prodotti commerciali, le polveri di supplementazione sono tali per
cui, aggiunte al latte materno nella proporzione del 5%, aumentano a 81-85
Kcal/100 mL l’apporto calorico dell’alimento (Tab. 19).
42
Nutrienti
Energia (Kcal)
Proteine (g)
Carboidrati (g)
Lipidi (g)
Sodio (mEq)
Potassio (mEq)
Calcio (mg)
Fosforo (mg)
Cloro (mEq)
Magnesio (mg)
HMF polvere 100 g
352
16
72
24
6
104
22
68
24
LM pretermine 100 mL +HMF 5%
81
2,1
9,9
3,7
2,2
1,7
29
13
2
4,1
Tabella 19: composizione nutrizionale di HMF di uso comune in Europa
(BMF85®, Nestlé) in polvere e diluito al 5% in latte materno pretermine (61).
Preoccupazioni riguardo all’utilizzo di fortificanti sono l’eccessiva osmolarità che
l’aggiunta di alimenti (costituiti principalmente da destrine) potrebbe conferire al
latte materno e la possibilità che la supplementazione possa alterare le
caratteristiche immunologiche intrinseche del latte materno.
Le sostanze comunemente utilizzate per la fortificazione, una volta disciolte nel
latte materno, causano un aumento dell’osmolalità maggiore di quanto ci si
potrebbe aspettare dalla composizione di ciascuno dei due alimenti. Questo fatto
può essere spiegato dall’attività dell’amilasi presente nel latte materno che induce
idrolisi delle destrine contenute nella fortificazione e porta alla formazione di
piccole molecole di oligosaccaridi osmoticamente attive. L’eccessiva osmolalità
degli alimenti è stata associata a ridotta tolleranza alimentare, aumentata frequenza
di scariche alvine, enterocolite necrotizzante e scarsa crescita (62).
Per quanto riguarda la possibile alterazione delle caratteristiche intrinseche del latte
materno, è stato dimostrato come la fortificazione del latte materno porti al
raggiungimento di uno status nutrizionale adeguato senza compromettere il
vantaggio in termini di difesa immunitaria e di tollerabilità (54). I neonati alimentati
con latte materno esclusivo o predominante, pur crescendo meno rispetto ai
controlli nutriti con latte formulato per pretermine, hanno mostrato una minore
morbidità, soprattutto per quanto riguarda enterocolite necrotizzante e sepsi tardiva,
che ha permesso una dimissione più precoce (54). La minor crescita delle pliche
cutanee, accanto alla maggiore ritenzione di azoto, suggerisce che i neonati
alimentati con latte materno fortificato abbiano una percentuale di massa magra
43
maggiore rispetto ai controlli, ed è stata dimostrata una maggiore ritenzione di
micronutrienti quali Fosforo, Magnesio, Zinco e Rame in questa popolazione (54).
La migliore crescita dei neonati nutriti con latte artificiale per pretermine potrebbe
essere dovuta al maggior introito proteico rispetto al totale dell’energia fornita,
oppure al maggiore assorbimento di grassi nei neonati alimentati con formula.
Il latte materno è un alimento mirabile la cui composizione varia secondo i
fabbisogni del neonato; si hanno quindi diversità di contenuti in macro e micro
nutrienti a seconda dell’età gestazionale cui si è compiuto il parto e del tempo
trascorso da esso (Tab. 20).
Calorie (Kcal/dL)
Preterm
Term
Grassi (g/dL)
Preterm
Term
Carboidrati (lattosio)
(g/dL)
Preterm
Term
Proteine (g/dL)
Preterm
Term
Sodio (mEq/L)
Preterm
Term
Cloro (mEq/L)
Preterm
Term
Potassio (mEq/L)
Preterm
Term
Calcio (mg/L)
Preterm
Term
Fosforo (mg/L)
Preterm
Term
Magnesio (mg/L)
Preterm
Term
3°giorno
7°giorno
14°giorno
21°giorno
28°giorno
51,4 ± 2,4
48,7 ± 2,0
67,4 ± 1,7
60,6 ± 4,3
72,3 ± 3,0
64,2 ± 3,7
65,6 ± 4,3
68,6 ± 4,0
70,1 ± 3,3
69,7 ± 2,9
1,63 ± 0,23
1,71 ± 0,24
3,81 ± 0,21
3,06 ± 0,46
4,40 ± 0,31
3,48 ± 0,40
3,68 ± 0,40
3,89 ± 0,49
4,0 ± 0,33
4,01 ± 0,30
5,96 ± 0,20
6,16 ± 0,10
6,06 ± 0,18
6,52 ± 0,20
6,21 ± 0,18
6,78 ± 0,19
6,49 ± 0,21
7,12 ± 0,19
6,95 ± 0,27
7,26 ± 0,17
3,24 ± 0,31
2,29 ± 0,07
2,44 ± 0,15
1,87 ± 0,08
2,17 ± 0,12
1,57 ± 0,05
1,83 ± 0,14
1,52 ± 0,06
1,81 ± 0,11
1,42 ± 0,05
26,6 ± 3,0
22,3 ± 2,4
21,8 ± 2,7
16,9 ± 2,8
19,7 ± 2,3
11,0 ± 1,7
13,4 ± 1,8
10,8 ± 1,6
12,6 ± 2,5
8,5 ± 1,8
31,6 ± 2,4
26,9 ± 2,4
25,3 ± 2,2
21,3 ± 2,7
22,8 ± 2,2
14,5 ± 1,5
17,0 ± 1,7
15,2 ± 1,9
16,8 ± 2,8
13,1 ± 2,3
17,4 ± 0,1
18,5 ± 1,0
17,6 ± 0,5
16,5 ± 0,5
16,2 ± 0,5
15,4 ± 0,8
16,3 ± 0,9
15,8 ± 0,6
15,5 ± 0,6
15,0 ± 0,7
208 ± 17
214 ± 38
247 ± 16
254 ± 11
219 ± 12
258 ± 17
204 ± 15
266 ± 25
216 ± 15
249 ± 18
95 ± 7
110 ± 12
142 ± 10
151 ± 18
144 ± 8
168 ± 6
149 ± 13
153 ± 14
143 ± 11
158 ± 13
28 ± 1
25 ± 5
31 ± 1
29 ± 2
30 ± 1
26 ± 2
24 ± 1
29 ± 3
25 ± 1
25 ± 2
Tabella 20: Composizione nutrizionale del latte di madri che hanno partorito a
termine e pretermine (64).
44
Il latte di madri che hanno partorito pretermine contiene concentrazioni maggiori di
proteine, grassi, sali e minerali e quantità minori di lattosio rispetto a quello
prodotto da madri che hanno partorito termine. In entrambi i casi la concentrazione
di lattosio e di grassi aumenta col passare dei giorni dal parto, mentre diminuisce
quella di proteine e sali.
E’ stato dimostrato che la densità calorica e il contenuto di grassi del latte prodotto
da madri africane povere e verosimilmente malnutrite sono inferiori rispetto a quelli
indicati della letteratura occidentale (62).
2.5 POSSIBILITA’ NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO
Gli alimenti che comunemente vengono usati per fornire ai neonati pretermine
alimentati con latte materno un adeguato apporto di calorie e nutrienti sono
costituiti da polveri fortificanti da aggiungere al latte materno o da latti formulati
completi, concepiti per essere somministrati in aggiunta o in alternanza ad esso(59).
Il latte materno fortificato e il latte artificiale per prematuri forniscono un apporto
calorico-proteico adeguato al neonato solo se somministrato a dosi piuttosto elevate,
indicativamente 180 cc/kg/die. Questo regime alimentare è associato a una crescita
e a una ritenzione di nutrienti adeguata, a indici biochimici dello stato nutrizionale
nella norma e non ha mostrato causare alterazioni metaboliche, anche se è
improbabile che possa essere assorbito e metabolizzato completamente (48).
Nei Paesi in via di sviluppo la fortificazione del latte materno e l’uso di latti
formulati per prematuri sono un’opzione raramente praticabile. Infatti, il costo di
tali alimenti è proibitivo, e anche chi potrebbe permetterselo difficilmente può
reperirli sul mercato locale.
Le uniche possibilità per alimentare in neonati pretermine sono quindi costituite dal
latte materno non fortificato somministrato a dosi elevate (il W.H.O. raccomanda
200cc/k/die) (42) e la perfusione con soluzione glucosata al 10%, che fornisce 3,4
Kcal ogni 100 cc.
45
Alcuni studi mostrano crescite discrete con il solo latte materno (65), soprattutto se
dato in quantità molto elevate (>300 cc/kg/die) (60), ma si tratta di neonati sopra i
1000 g e i risultati sono direttamente proporzionali all’età gestazionale e al peso alla
nascita (66).
La maggior parte dei neonati VLBW ospedalizzati nei LMICs si trova in uno stato
catabolico cronico.
Nell’impossibilità di avere le risorse di cui godono i Paesi sviluppati, sono state
elaborate alcune strategie di accudimento e nutrizione dei neonati prematuri che
mirano a migliorarne a sopravvivenza e la crescita in maniera efficace e sostenibile.
La Kangaroo Mother Care (KMC) è una modalità di cura per neonati di peso anche
estremamente basso (>700 g) e di età gestazionale superiore alle 32 settimane. Essa
prevede il contatto pelle a pelle del neonato con la madre 24 ore su 24; il piccolo
viene quindi posizionato tra i seni materni, in posizione eretta per ridurre il rischio
di ab ingestis; viene nutrito esclusivamente con latte materno e riceve
supplementazione di vitamine A, D, E e K. La dimissione dall’ospedale avviene
precocemente, senza riguardo per il peso, non appena il neonato ha superato il
periodo di adattamento alla vita extrauterina, ha guadagnato la stabilità termica in
ambiente neutrale ed è in grado di succhiare ed inghiottire adeguatamente. Le madri
vengono
istruite
riguardo
alla
posizione
e
all’importanza
dell’igiene,
dell’allattamento materno, della conservazione del calore; una volta dimesse
vengono seguite con un apposito programma di follow-up. Con questa tecnica si
sono ottenuti dei buoni risultati per quanto riguarda la sopravvivenza e la morbidità;
è però necessario tollerare cali ponderali fino 25% e in seguito un ritmo di crescita
molto lento, con recupero peso alla nascita anche dopo una mese (66, 67).
Circa il 50% dei pazienti che rientrano nei criteri per essere accuditi con la
Kangaroo Mother Care (KMC) necessitano di supplementazione calorico proteica;
fattori predittivi di questa necessità sono la gemellarità e la lunghezza alla nascita
inferiore ai 42,5 cm. (66). E’ stata sperimentata la supplementazione del latte
materno con succo di guyava zuccherato somministrato tramite tazza e cucchiaino,
46
con buona tollerabilità (67).
Un’altra strategia di alimentazione è quella che prevede la somministrazione del
latte ”posteriore” (hindmilk), il latte estratto al termine della poppata il quale,
essendo più ricco in grassi rispetto al primo latte, risulta più denso in calorie.
L’estrazione del latte avviene con tiralatte o manualmente; ci sono studi che
mostrano come questa tecnica sia efficace nel promuovere una crescita adeguata nei
neonati LBW e fattibile nel Paesi in via di sviluppo (68).
I protocolli elaborati dal W.H.O. per il trattamento delle persone denutrite
prevedono l’utilizzo di integratori alimentari liquidi o solidi.
L’integratore liquido, detto F100, è ottenuto mescolando latte scremato in polvere,
olio e zucchero con acqua; il preparato fornisce circa 100 Kcal/100cc, ed è
arricchito con minerali e vitamine, ma non con Ferro.
L’integratore solido pronto all’uso (ready to use food, RTUF) è invece una pasta
costituita da burro d’arachidi, zucchero, grassi vegetali, latte scremato in polvere.
Fornisce 530-550Kcal/100g ed è arricchito con vitamine e minerali (Tab. 21).
Essendo pronto all’uso e confezionata in monodose, è facilmente conservabile senza
refrigerazione ed evita il rischio di contaminazione che deriva dal contatto con
l’acqua e la necessità di preparazione da parte di personale qualificato, facilitando il
trattamento della malnutrizione sul territorio.
Gli RTUF, inizialmente fabbricati in Francia (Pumply-Nuts®, della Nutriset®),
sono attualmente prodotti in molti Paesi, tra cui Congo, Etiopia, Malawi e Niger.
L’uso di questi alimenti pronti all’uso ha permesso il trattamento della malnutrizioni
anche in situazioni di catastrofe quali guerre, campi profughi, carestie; sono però,
purtroppo, alimenti indicati esclusivamente per lattanti e bambini di età superiore ai
6 mesi (69, 70, 71). Per i neonati e i lattanti di età inferiore ai 6 mesi, il W.H.O.
consiglia esclusivamente latte materno.
47
Acqua
Energia
Proteine
Lipidi
Sodio
Potassio
Calcio
Fosforo
Magnesio
Ferro
Zinco
Rame
Selenio
Iodio
VitaminaA
VitaminaD
Vitamina E
VitaminaK
Vitamina B1
Vitamina B2
Vitamina C
Vitamina B6
Vitamina B12
Acido Folico
Niacina
Acido Pantotenico
Biotina
Acidi grassi omega 6
Acidi grassi omega 3
2,5% massimo
520-550 Kcal
10-12% totale energia
45-60% totale energia
Max 290 mg
1,11-1,40 ng
300-600 mg
300-600 mg
80-140 mg
10-14 mg
11-14 mg
1,4-1,8 mg
20-40 µg
70-140 µg
0,8-1,1 mg
15-20 µg
Minimo 20 mg
15-30 µg
0,5 mg
1,6 mg
50 mg
0,6 mg
1,6 µg
200 µg
5 mg
3 mg
60µg
3-10% dell’energia totale
0,3-2,5% dell’energia totale
Tabella 21 : composizione nutrizionale di RTUFs (Ready to use foods)(69).
L’uso di supplementazioni di micronutrienti (vitamine e minerali tra cui Ferro,
Zinco, vitamina C, vitamina D3, eccetera) accanto a cibi complementari diversi dal
latte materno, è consigliata dai 6 mesi di vita nelle popolazioni a rischio di
malnutrizione. E’ stato dimostrato come questa pratica sia sostanzialmente ben
accettata dalle madri, migliori l’acquisizione delle tappe motorie a 12 mesi, riduca
la morbidità e l’anemia e, nel caso di supplementazioni contenenti anche lipidi,
migliori la crescita (72, 73).
48
3. OBIETTIVI DELLO STUDIO
E' nota la necessità di assicurare un adeguato apporto calorico, proteico e lipidico ai
neonati prematuri e/o di basso peso o con bisogni speciali.
Nei HICs, qualora sia possibile disporre di latte materno fresco sono impiegate
supplementazioni proteino-caloriche ottenute con metodiche molto sofisticate e
complesse; in assenza di latte materno sono comunemente utilizzati latti formulati
modificati per ottenere un contenuto calorico proteico e salino superiore a quello dei
latti per bimbi nati a termine; nei casi in cui sia sconsigliata l’alimentazione
enterale, infine, è possibile ricorrere alla nutrizione parenterale.
E' evidente, dalla letteratura e dall'esperienza pratica, la difficoltà, se non
l’impossibilità, di ottenere un apporto nutrizionale adeguato alle necessità dei
neonati prematuri e/o di basso peso o con bisogni speciali nei LIMCs, in un
contesto con risorse estremamente limitate, in cui non sono disponibili né
fortificazioni per il latte materno, né latti formulati per prematuri, né i mezzi per la
nutrizione parenterale.
Abbiamo quindi deciso di valutare la tollerabilità di una supplementazione caloricoproteica da aggiungere al latte materno, ottenuta da materie prime locali, facilmente
reperibili e di basso costo, processate con strumenti di comune uso domestico.
Obiettivo
primario
dello
studio
era
valutare
la
tollerabilità
di
questa
supplementazione, monitorando l'eventuale insorgenza di effetti collaterali
attribuibili all'assunzione in età molto precoce di alimenti diversi dal latte materno.
49
4. MATERIALI E METODI
4.1 POPOLAZIONE OGGETTO DELLO STUDIO
Sono stati compresi nello studio i neonati di età superiore ai 6 giorni (10 giorni per i
bimbi di peso < 1.500 g) ricoverati presso il Servizio di Neonatologia dell'Hôpital
Autonome de Ngozi dal 01/06/2012 al 30/11/2012, per un totale di 68 neonati (29
maschi e 39 femmine).
Gruppo A: 9 neonati (di cui 4 maschi) di peso alla nascita inferiore o uguale ai
1.000g (media 980 g, peso minimo 920 g). I piccoli erano nati tra le 26 e le 29
settimane di e.g.. Di essi 2 avevano peso inferiore al 10° percentile, 2 inferiore al
25° percentile, 3 intorno al 50° percentile, 2 tra il 50° e il 75° percentile. Nessuno di
essi aveva malformazioni visibili. Un neonato presentava Apgar 4 al primo minuto.
Gruppo B: 44 neonati (di cui 18 maschi) di peso alla nascita superiore ai 1.000 e
inferiore o uguale ai 1.500 g (media 1.280 g). I piccoli erano nati tra le 26 e le 33
settimane di e.g.. Di essi 4 avevano peso inferiore al 10° percentile, 13 inferiore al
25° percentile, 16 intorno al 50° percentile, 7 tra il 50° e il 75° percentile, 4
superiore al 75° percentile. Una neonata figlia di madre HIV positiva non ha
ricevuto la profilassi della trasmissione verticale (il dato anamnestico è stato tenuto
nascosto dalla madre); un neonato, asfittico alla nascita, ha mostrato malformazioni
multiple (frattura del femore bilaterale in utero, micrognazia, sutura metopica
chiusa). Cinque neonati presentavano indice di Apgar al 1° minuto inferiore a 6.
Gruppo C: 12 neonati (di cui 5 maschi) con peso alla nascita superiore ai 1.500 g e
inferiore o uguale ai 2.000 g (media 1.725 g) con calo ponderale importante (>15%)
e/o scarso incremento ponderale e/o bisogni speciali. I piccoli erano nati tra le 33 e
le 36 settimane di e.g.. Di essi 2 avevano peso inferiore al 10° percentile, 5 inferiore
al 25° percentile, 4 intorno al 50° percentile, 1 tra il 50° e 75° percentile. Di essi
50
uno era affetto da sindrome di Down, uno figlio di madre adolescente (13 anni)
affetta da malaria. Nessuno di essi aveva storia di sofferenza perinatale.
Gruppo D: 3 pazienti (di cui 2 maschi) con peso alla nascita superiore ai 2.000 g
(media 2.160 g) e bisogni speciali.
Un lattante maschio, nato a termine, sottoposto a due interventi per stenosi
ipertrofica del piloro, il primo all'età di 3 mesi e 10 giorni e successivamente all'età
di 4 mesi che, considerata la buona tolleranza alimentare e lo stato di malnutrizione
severa, ha ricevuto la supplementazione calorico-proteica a partire dal 10° giorno
postoperatorio.
Un neonato maschio con mielomeningocele, giunto alla nostra osservazione all'età
di 12 giorni che, vista la scarsa crescita, ha ricevuto supplementazione a partire
dalla 18ª giornata di vita.
Una neonata, partorita a circa 34 settimane di e.g. da madre affetta da malaria, che
ha sviluppato distress respiratorio con necessità di Ossigenoterapia e ha ricevuto
supplementazione a partire dalla 10ª giornata di vita per calo ponderale del 19%.
4.2 LA PASTA DI SUPPLEMENTAZIONE:
La pasta di supplementazione è stata preparata con:
- farina d'arachidi (Arachis hypogaea) 25 g;
- farina di manioca (Manihot esculenta) 50 g;
- farina di mais (Zea mays) 50 g;
- olio di semi di girasole (Heliantus annuus) 50 g;
- acqua potabile 250 g.
Gli alimenti sono stati miscelati e omogeneizzati, quindi cotti a 100°C per 30 minuti
con robot da cucina Bimby (Worwerk®). La pasta è stata conservata in frigorifero
per un massimo di 5 giorni, a temperatura ambiente per un massimo di 36 ore.
La pasta è stata somministrata disciolta nel latte, ad una concentrazione massima del
5% (1 g di pasta in 20 cc di latte).
51
4.3
PROTOCOLLO
DI
SOMMINISTRAZIONE
DELLA
SUPPLEMENTAZIONE E MONITORAGGIO CLINICO:
La supplementazione è stata somministrata, in assenza di controindicazioni (sepsi,
distensione addominale, intolleranza alimentare, sindrome emorragica), a partire
dalla 11ª giornata per i neonati di peso alla nascita inferiore o uguale ai 1.500 g e a
partire dalla 6ª giornata di vita per i neonati di peso alla nascita superiore ai 1.500 g;
è stata sospesa, in assenza di problemi, il giorno precedente alla dimissione.
Tutti i neonati hanno ricevuto latte materno fresco, estratto tramite spremitura
manuale pochi minuti prima del pasto e somministrato con siringa o bicchierino.
Solo nel caso di assoluta necessità, per malattia materna, scarsità di latte materno o
rifiuto della madre a dare regolarmente i pasti, sono state somministrate integrazioni
di latte formulato tipo 1.
Le misure antropometriche (peso, lunghezza, circonferenza cranica) sono state
effettuate dallo stesso operatore con bilancia meccanica e approssimazione ai 10
grammi e con metro da sarto e approssimazione ai 5 mm, rispettivamente.
L’età gestazionale alla nascita è stata stimata secondo Dubowitz.
I neonati sono stati visitati quotidianamente dal personale medico per verificare
l'insorgenza di eventuali reazioni avverse. Sono stati inoltre registrati dal personale
infermieristico i dati riguardanti numero e quantità dei pasti assunti, numero e
caratteristiche delle scariche alvine, presenza di vomito e rigurgito, diuresi.
4.4 CONSENSO INFORMATO:
Il consenso delle madri è stato ottenuto oralmente, dopo spiegazione della natura,
delle modalità e delle finalità della supplementazione del latte materno.
52
5. RISULTATI
5.1 ANALISI NUTRIZIONALE DEI COMPONENTI DELLA PASTA DI
SUPPLEMENTAZIONE (74)
Calorie
Grassi
Carboidrati
Proteine
Fibre
Zuccheri
Acqua
Ceneri
Calcio
Sodio
Fosforo
Potassio
Ferro
Magnesio
Retinolo (vit. A)
Tiamina (vit.B1)
Riboflavina (vit.B2)
Niacina (vit B3)
Acido Pantotenico (vit.B5)
Piridossina (vitB6)
Acido Folico (vit B9)
Cobalamina (vit B12)
Acido ascorbico (vit.C)
Colecalcifenolo (vit.D)
884 kCal
3699 kj
100 g
0g
0g
0g
0g
0g
0g
0 mg
0 mg
0 mg
0 mg
0,03 mg
0 mg
0 mcg
0 mg
0 mg
0 mg
0 mg
0 mg
0 mcg
0 mcg
0 mg
0 UI
Alpha-tocoferolo (vit.E)
Fillochinone (vit K)
Acidi grassi monoinsaturi
16:1 indifferenziato
18:1 indifferenziato
20:1
22:1 indifferenziato
Acidi grassi polinsaturi
18:2 indifferenziato
18:3 indifferenziato
18:4
20:4 indifferenziato
20:5 n-3
22:5 n-3
22:6 n-3
Acidi grassi saturi
4:0
6:0
8:0
10:0
12:0
14:0
16:0
18:0
Colesterolo
41,08 mg
5,4 mcg
45,4 g
0,2 g
45,3 g
0g
0g
40,1 g
39,8 g
0,2 g
0g
0g
0g
0g
0g
10,1 g
0g
0g
0g
0g
0g
0g
5,4 g
3.5 g
0 mg
Tabella 22: Analisi nutrizionale dell’olio di semi di girasole (valori per 100 g).
Calorie
Grassi
Carboidrati
Proteine
Fibre
Zuccheri
Acqua
Ceneri
Calcio
Sodio
Fosforo
Potassio
Ferro
Magnesio
Zinco
Rame
Manganese
Selenio
Retinolo (vit. A)
567 kCal
2374 kj
49,24 g
16,13 g
25,8 g
8,5 g
3,97 g
6,5 g
2,33 g
92 mg
18 mg
376 mg
705 mg
4,58 mg
168 mg
3,27 mg
1,14 mg
1,93 mg
7,2 mcg
0 mcg
53
Tiamina (vit.B1)
Riboflavina (vit.B2)
Niacina (vit B3)
Acido Pantotenico (vit.B5)
Piridossina (vitB6)
Acido Folico (vit B9)
Cobalamina (vit B12)
Acido ascorbico (vit.C)
Colecalcifenolo (vit.D)
Alpha-tocoferolo (vit.E)
Fillochinone (vit K)
0,64 mg
0,135 mg
12,07 mg
1,77 mg
0,35 mg
0 mcg
0 mcg
0 mg
0 UI
8,33 mg
0 mcg
Acidi grassi monoinsaturi
16:1 indifferenziato
18:1 indifferenziato
20:1
22:1 indifferenziato
Acidi grassi polinsaturi
18:2 indifferenziato
18:3 indifferenziato
18:4
24,43g
0,01 g
23,76 g
0,66 g
0g
15,56 g
15,55 g
0,03 g
0g
20:4 indifferenziato
20:5 n-3
22:5 n-3
22:6 n-3
Acidi grassi saturi
4:0
6:0
8:0
10:0
12:0
14:0
16:0
18:0
Colesterolo
Aminoacidi
Acido aspartico
0g
0g
0g
0g
6,834g
0g
0g
0g
0g
0g
0,025 g
5,15 g
1,1 g
0 mg
3,15 g
Acido glutamico
Alanina
Arginina
Cistina
Fenilalanina
Glicina
Isoleucina
Istidina
Leucina
Lisina
Metionina
Prolina
Serina
Tirosina
Treonina
Triptofano
Valina
5,39 g
1,03 g
3,08 g
0,33 g
1,34 g
1,55 g
0,91 g
0,65 g
1,67 g
0,93 g
0,32 g
1,14 g
1,27 g
1,05 g
0,88 g
0,25 g
1,08 g
Tabella 23: Analisi nutrizionale della farina di arachidi (valori per 100 g).
Calorie
Grassi
Carboidrati
Proteine
Fibre
Zuccheri
Acqua
Ceneri
361 kCal
1510 kj
3,86 g
76,85 g
6,93 g
7,3 g
0,64 g
10,91 g
1,45 g
Calcio
Sodio
Fosforo
Potassio
Ferro
Magnesio
Zinco
Rame
Manganese
Selenio
Retinolo (vit. A)
Tiamina (vit.B1)
Riboflavina (vit.B2)
Niacina (vit B3)
Acido Pantotenico (vit.B5)
Piridossina (vitB6)
Acido Folico (vit B9)
Cobalamina (vit B12)
Acido ascorbico (vit.C)
Colecalcifenolo (vit.D)
Alpha-tocoferolo (vit.E)
Fillochinone (vit K)
7 mg
5 mg
272 mg
315 mg
2,38 mg
93 mg
1,73 mg
0,23 mg
0,46 mg
15,4 mcg
0 mcg
0,25 mg
0,08 mg
11,9 mg
066 mg
00,37 mg
0 mcg
0 mcg
0 mg
0 UI
0,42 mg
0,3 mcg
Acidi grassi monoinsaturi
16:1 indifferenziato
18:1 indifferenziato
20:1
22:1 indifferenziato
1,02 g
0,003 g
0g
0g
Acidi grassi polinsaturi
18:2 indifferenziato
18:3 indifferenziato
18:4
20:4 indifferenziato
20:5 n-3
22:5 n-3
22:6 n-3
Acidi grassi saturi
4:0
6:0
8:0
10:0
12:0
14:0
16:0
18:0
Colesterolo
Amminoacidi
Acido aspartico
Acido glutamico
Alanina
Arginina
Cistina
Fenilalanina
Glicina
Isoleucina
Istidina
Leucina
Lisina
Metionina
Prolina
Serina
Tirosina
Treonina
Triptofano
Valina
1,76 g
11,71 g
0,05 g
0g
0g
0g
0g
0g
0,54g
0g
0g
0g
0g
0g
0g
0,46 g
0,06 g
0 mg
0,48 g
1,3 g
1,52 g
0,34 g
0,12 g
0,34 g
0,28 g
0,25 g
0,21 g
0,85 g
0,19 g
0,15 g
0,61 g
0,33 g
0,28 g
0,26 g
0,05 g
0,35 g
Tabella 24: Analisi nutrizionale della farina di mais bianco (valori per 100 g).
54
Calorie
Grassi
Carboidrati
Proteine
Fibre
Zuccheri
Acqua
Ceneri
358 kCal
1498 kj
0,02 g
88,69 g
0,19 g
0,9 g
3,35 g
10,99 g
0,11 g
Calcio
Sodio
Fosforo
Potassio
Ferro
Magnesio
Zinco
Rame
Manganese
Selenio
20 mg
1 mg
7 mg
11 mg
1,58 mg
93 mg
1,0 mg
0,02 mg
0,11 mg
0,8 mcg
Retinolo (vit. A)
Tiamina (vit.B1)
Riboflavina (vit.B2)
Niacina (vit B3)
Acido Pantotenico (vit.B5)
Piridossina (vitB6)
Acido Folico (vit B9)
Cobalamina (vit B12)
Acido ascorbico (vit.C)
Colecalcifenolo (vit.D)
Alpha-tocoferolo (vit.E)
Fillochinone (vit K)
0 mcg
0,004 mg
0 mg
0 mg
0,135 mg
0,008 mg
0 mcg
0 mcg
0 mg
0 UI
0 mg
0 mcg
Acidi grassi monoinsaturi
16:1 indifferenziato
18:1 indifferenziato
20:1
22:1 indifferenziato
0,005 g
0g
0,005 g
0g
0g
Acidi grassi polinsaturi
18:2 indifferenziato
18:3 indifferenziato
18:4
20:4 indifferenziato
20:5 n-3
22:5 n-3
22:6 n-3
Acidi grassi saturi
4:0
6:0
8:0
10:0
12:0
14:0
16:0
18:0
Colesterolo
0,003 g
0,002 g
0,001 g
0g
0g
0g
0g
0g
0,005 g
0g
0g
0g
0g
0g
0g
0,005 g
0g
0 mg
Amminoacidi
Acido aspartico
Acido glutamico
Alanina
Arginina
Cistina
Fenilalanina
Glicina
Isoleucina
Istidina
Leucina
Lisina
Metionina
Prolina
Serina
Tirosina
Treonina
Triptofano
Valina
0,01 g
0,03 g
0,005 g
0,019 g
0,004 g
0,004 g
0,004 g
0,004 g
0,003 g
0,006 g
0,006 g
0,002 g
0,005 g
0,005 g
0,002 g
0,004 g
0,003 g
0,005 g
Tabella 25: Analisi nutrizionale della farina di tapioca (valori per 100 g).
5.2 ANALISI CHIMICA DELLA PASTA DI SUPPLEMENTAZIONE
tara
mg camp.
Dopo stufa
Umidità %
Umidità % media
ds
cv
63,58
0,6
0,9
A
52,43 5,09
54,27
63,85
B
53,79 5,17
55,66
6,98
C
55,53 5,11
57,42
62,91
Tabella 26: contenuto di umidità della pasta di supplementazione.
55
tara
mg camp.
Dopo muffola
Ceneri %
Ceneri % media
ds
cv
0,4
0,0
1,4
A
52,43 5,09
52,45
0,39
B
53,79 5,17
53,81
0,38
C
55,53 5,11
55,55
0,40
Tabella 27: contenuto di ceneri nella pasta di supplementazione.
tara
mg camp.
Dopo estrazione
grasso %
grasso % media
ds
cv
A
105,8
5,2892
106,5837
15,15
14,98
0,1
1,0
B
104,7
5,1223
105,4962
14,90
C
106,1
5,1322
106,8628
14,90
Tabella 28: contenuto di grassi nella pasta di supplementazione (Soxhlet).
%tq
media
ds
cv
Glucosio
0,1
0,1
0,0
2,6
Fruttosio
0,1
0,1
0,0
3,2
Saccarosio
0,2
0,2
0,0
3,9
Maltosio
0,1
0,1
0,0
2,0
Totali
0,6
Tabella 29: contenuto di carboidrati semplici nella pasta di supplementazione.
mg
camp
mL HCl
0,05N
% azoto
% proteine
media
ds
cv
A
778,0
4,20
0,38
2,36
2,30
0,1
3,9
B
607,0
3,05
0,35
2,2
C
634,3
3,40
0,38
2,35
Tabella 30: contenuto di proteine nella pasta di supplementazione (fattore di
conversione 6,25).
Na
0,25 mg/dL
± 0,19
Mg
19,43 mg/dL
± 7,46
Al
1,10 mg/dL
± 0,55
K
123 mg/dL
± 0,11
Ca
14,46 mg/dL
± 5,38
Cr
n.r.
n.r.
Mn
0,16 mg/dL
± 0,06
Fe
1,83 mg/dL
± 0,80
Ni
60,16 mg/dL
± 37,48
Cu
90,92 mg/dL
± 72,48
Zn
0,33 mg/dL
± 0,14
As
n.r.
n.r.
56
Sr
83,99 mg/dL
± 32,27
Mo
n.r.
n.r.
Ag
n.r.
n.r.
Cd
n.r.
n.r.
Ba
65,53 mg/dL
± 22,07
Ti
n.r.
n.r.
Pb
n.r.
n.r.
Tabella 31: contenuto di micronutrienti nella pasta di supplementazione.
n.r.= non rilevabile (<0,05 mg/dL).
La pasta di supplementazione risulta dare, quindi, per 100 g: 230 kCal, 15 g di
grassi (corrispondenti al 59% dell’apporto energetico), 2,3 g di proteine (il 4%
dell’apporto energetico), 20 g di carboidrati (il 35% dell’apporto energetico). Questi
valori si riferiscono ovviamente alla pasta nel suo complesso, compresa la quota di
acqua (circa il 63,5%). La supplementazione somministrata a regime (1 g di pasta
per ciascuno degli 8 pasti quotidiani di latte) fornisce quindi quotidianamente, per
ciascun neonato: 18,5 kCal, 1,2 g di grassi, 0,2 g di proteine, 1,6 g di carboidrati
(Tab. 26- 31).
5.3 EVOLUZIONE DELLA POPOLAZIONE OGGETTO DI STUDIO
Gruppo A:
Tutti i pazienti del gruppo A sono stati dimessi a domicilio.
La durata media del ricovero è stata 41 giorni (minimo 32 giorni, massimo 54
giorni).
Hanno ricevuto supplementazione per una media di 23,2 giorni (minimo 11 giorni,
massimo 29 giorni).
In un caso la supplementazione è stata interrotta anticipatamente ed è stata ripresa in
seguito alla risoluzione del problema intercorrente (diarrea) senza eventi avversi.
La crescita media nel periodo di supplementazione è stata di 332 g, corrispondente a
una media di 15 g/giorno (minimo 10,5 g/die, massimo 23 g/die).
Un neonato ha necessitato di Ossigenoterapia per 2 giorni; tutti i neonati alla
57
dimissione avevano peso superiore o uguale a 1.300 g, obiettività clinica, esame
neurologico ed ecografia transfontanellare normali.
Gruppo B:
Tra i pazienti del gruppo B si sono registrati 3 decessi ed un'evasione.
La durata media del ricovero è stata 28 giorni (minimo 11 giorni, massimo 55
giorni).
Hanno ricevuto supplementazione per una media di 17,5 giorni (minimo 3 giorni,
massimo 40 giorni).
In un caso la supplementazione è stata sospesa definitivamente per comparsa di
diarrea.
Per quanto riguarda i pazienti per cui la supplementazione non è stata sospesa
anticipatamente, la crescita media nel periodo di supplementazione è stata di 193 g,
corrispondete ad una media di 12,5 g/giorno (minimo 0 g/die, massimo 33 g/die).
Tutti i neonati dimessi a domicilio avevano peso superiore o uguale a 1.300 g. Di
essi 12 mostravano anomalie, per lo più borderline, all'ecografia transfontanellare
(un idrocefalo tetraventricolare, nove casi di lievi iperecogenicità pararaventricolari
in sede occipitale, un caso con emorragia intraventricolare di 1° grado, un caso con
leggera dilatazione ventricolare unilaterale). Quattro pazienti hanno necessitato di
Ossigenoterapia per un massimo di 3 giorni; un neonato è stato trattato con
Ibuprofene per pervietà del dotto arterioso in corso di sepsi, uno ha ricevuto
Chinino per os per malaria materna.
Gruppo C:
Tutti i pazienti del gruppo C sono stati dimessi a domicilio.
La durata media del ricovero è stata 14,5 giorni (minimo 7 giorni, massimo 35
giorni).
Hanno ricevuto supplementazione per una media di 7 giorni (minimo 2 giorni,
massimo 26 giorni).
In due casi la supplementazione è stata sospesa anticipatamente, pur in assenza di
eventi avversi, per richiesta materna.
58
Per quanto riguarda i pazienti per cui la supplementazione non è stata sospesa
anticipatamente, la crescita media nel periodo di supplementazione è stata di 80 g,
corrispondente ad una media di 11 g/giorno (minimo 3,5 g/die, massimo 25 g/die).
Tutti i neonati dimessi a domicilio avevano peso superiore o uguale a 1500 g. Di
essi
uno
mostrava
lievi
iperecogenicità
paraventricolari
all'ecografia
transfontanellare. Un neonato ha necessitato di Ossigenoterapia per 3 giorni.
Gruppo D:
Il lattante operato per stenosi ipertrofica del piloro è stato inviato a domicilio dopo
la guarigione della ferita chirurgica; la tolleranza alimentare era molto buona e il
peso era in crescita. La supplementazione è stata somministrata per 13 giorni, con
un incremento ponderale di 150 g (in media 11 g al giorno).
Il neonato con spina bifida è stato inviato a domicilio, con rientro quotidiano per la
medicazione del mielomeningocele ulcerato, in attesa di intervento chirurgico di
chiusura del rachide e di derivazione ventricoloperitoneale. Ha ricevuto
supplementazione per soli 2 giorni, senza variazioni di peso. E' stato ricoverato una
settimana dopo la dimissione con quadro clinico di infezione generalizzata ed è
deceduto nonostante la terapia antibiotica; in quell'occasione non ha ricevuto
supplementazione.
Il terzo neonato è guarito dallo stato settico ed è stato inviato a domicilio in buone
condizioni generali; la supplementazione è stata somministrata per 7 giorni, con un
aumento di peso di 200 g (in media 28 g/die).
5.4 DECESSI:
Sono deceduti 3 pazienti su 68, pari al 4,4%.
Il primo caso di decesso si è verificato in una neonata di 19 giorni, nata a 29
settimane di e.g con un peso di 1.220 g. La madre, affetta da diarrea prolungata e
malnutrizione, non aveva potuto alimentare regolarmente la neonata, che,
nonostante le integrazioni con latte artificiale, aveva presentato un calo ponderale
59
del 17,6%. La piccola era quindi andata incontro a sepsi e deceduta dopo due giorni
di antibioticoterapia.
Il secondo caso di decesso si è verificato in una neonata di 14 giorni, nata a 28
settimane di e.g. con un peso di 1.010 g; aveva assunto terapia con Ibuprofene per
dotto arterioso pervio. In apparente benessere, durante la notte, è deceduta,
verosimilmente per un episodio di apnea che tuttavia non ha potuto essere
documentato a causa della mancanza di monitor cardiorespiratori; l'evento non è
stato testimoniato né dal personale medico né da quello infermieristico, pertanto
non è stato possibile effettuare una rianimazione cardiorespiratoria. Nel nostro
ospedale è altresì impossibile procedere all'autopsia.
Il terzo caso di decesso si è verificato in una neonata di 35 giorni, nata a 32
settimane di e.g. con un peso di 1.250 g; la madre aveva mostrato una scarsa
compliance nella somministrazione dei pasti che aveva determinato un calo
ponderale del 17% e la successiva assenza di incremento ponderale fino all'età di 29
giorni; la piccola è deceduta in seguito ad un episodio di infezione generalizzata.
5.5 INTERRUZIONE ANTICIPATA DELLA SUPPLEMENTAZIONE
La supplementazione con pasta è stata sospesa in anticipo per 7 pazienti su 68,
corrispondenti al 10,3%; in due casi, risolto il problema intercorrente che aveva
determinato l'interruzione, la supplementazione è stata ripresa, senza comparsa di
reazioni avverse; in 4 casi la sospensione è stata determinata dalla scelta materna, in
assenza di eventi avversi.
Una neonata nata a circa 28 settimane di e.g. con un peso di 1.100 g, dopo 7 giorni
dall'introduzione della supplementazione ha presentato diarrea, che è stata trattata
con terapia antibiotica parenterale e reidratazione per via orale; la supplementazione
è stata sospesa; il sintomo è scomparso dopo 3 giorni; una settimana dopo è stata
ripresa la supplementazione, con ricomparsa nello stesso giorno di scariche sfatte; la
supplementazione è stata quindi sospesa definitivamente.
Una neonata nata a 28 settimane di e.g, con peso alla nascita di 1.000 g, dopo 5
60
giorni dal'introduzione della supplementazione ha presentato diarrea; l’integrazione
è stata subito sospesa. La diarrea è stata trattata con reidratazione per via orale e
somministrazione di antibiotici per via parenterale per 8 giorni; a distanza di 10
giorni dalla risoluzione dei sintomi è stata reintrodotta la supplementazione, senza
problemi.
Una neonata di circa 31 settimane di e.g., con peso alla nascita di 1.430 g, ha
interrotto la supplementazione all'età di 14 giorni, per scarsa tolleranza alimentare
in corso di un episodio di verosimile infezione generalizzata; la madre aveva
mostrato un'ipogalattia, verosimilmente da scarsa stimolazione della ghiandola
mammaria, ed era stato necessario somministrare latte artificiale adattato tipo 1 alla
neonata, con un calo ponderale del 15,4%; in seguito alla risoluzione del quadro
settico e al miglioramento dell'allattamento materno, è stato possibile riprendere
l'alimentazione esclusivamente con latte materno e la supplementazione con pasta,
con buon incremento ponderale.
La madre di due gemelle nate a 34 settimane di e.g con peso di 1.730g e di 1.700 g,
rispettivamente, ha rifiutato la supplementazione per le figlie, pur in assenza di
reazioni avverse; la madre di un neonato nato a 32 settimane e.g con peso di 1.400
g, pur in assenza di reazioni avverse e a fronte di un calo ponderale del 19,3%, ha
rifiutato la supplementazione per il proprio figlio. La madre di una neonata nata a
30 settimane di gestazione è evasa dall'ospedale dopo 10 giorni di ricovero e 2 di
supplementazione.
61
6. DISCUSSIONE
6.1 LIMITI DELLO STUDIO
Sono evidenti gli importanti limiti scientifici presentati da uno studio come quello
da noi eseguito. Tali limiti sono dovuti in parte alla complessità della materia in
esame e ai problemi etici che essa impone, in parte alla povertà dei mezzi e delle
condizioni di lavoro, spesso incompatibili con il rigore scientifico che sarebbe
necessario. Non è quindi corretto formulare giudizi sull’efficacia della
supplementazione del latte materno con pasta.
In particolare abbiamo evidenziato le seguenti difficoltà:
-
Impossibilità di fare uno studio in doppio cieco (double-blind control
procedure), che permetta di paragonare la crescita e l’outcome di popolazioni di
neonati con caratteristiche sovrapponibili, di cui una venga alimentata con latte
materno esclusivo (al momento il gold standard per la nutrizione dei neonati nei
paesi a risorse limitate), l’altra con latte materno fortificato con pasta. Uno
studio così formulato, in cui né il personale sanitario né le madri dei neonati
sono a conoscenza dell’alimento che riceve il paziente, è l'unica metodologia
valida per la valutazione dell’efficacia della supplementazione. Rimane
attualmente per noi impossibile preparare per il gruppo di controllo una pasta di
supplementazione che, pur non essendo dannosa, non modifichi l’apporto
nutrizionale del latte materno. Resterebbe comunque il dubbio sull’accettabilità
a livello etico di dare un apporto calorico e proteico volutamente inferiore a
quello che sarebbe possibile somministrare ad un gruppo di neonati ad
elevatissimo rischio di malnutrizione severa.
-
Impossibilità di confrontare i dati di crescita della popolazione oggetto della
sperimentazione con quelli ottenuti nello stesso Servizio nei mesi precedenti
all’introduzione della supplementazione. Questo fatto è dovuto alla mancanza di
62
un sistema informatizzato di registrazione dei dati di natalità, di mortalità e delle
cause di morte. Pur nella pressoché completa assenza di dati attendibili (dati
anagrafici, antropometrici, cause di decesso) è possibile dire che la mortalità
complessiva dei neonati ricoverati nel Servizio di Patologia Neonatale si è
ridotta nei mesi della supplementazione (da una mortalità media del 33%, con
picchi del 50-60% nei 9 mesi precedenti, ad una mortalità media del 23% nei 6
mesi di supplementazione). Questo dato non è di univoca interpretazione, in
quanto potrebbe dipendere da svariati fattori, tra cui la presenza di personale
medico dedicato al Servizio, l’utilizzo di protocolli per la gestione delle
principali patologie da parte del personale medico e infermieristico, l’uso di
pratiche innovative.
-
Difficoltà dovute alla mancanza di dati anamnestici precisi (in particolare
riguardo all’età gestazionale, alla presenza di malattie materne, alle sierologie
per HIV, HBV e sifilide). La valutazione dell’appropriatezza del peso per l’età
gestazionale è resa più complessa dalla mancanza di curve di crescita specifiche
per la popolazione in esame e dalla variabilità delle caratteristiche
antropometriche tra i neonati sani a termine, anche in considerazione delle
differenze presenti tra i gruppi etnici che vivono nel Paese.
-
Difficoltà a trovare un parametro, unico e di facile registrazione, per valutare la
crescita, oltre alle misure antropometriche di base (lunghezza, peso,
circonferenza cranica). La mancanza di strumentazioni complesse (per esempio
DEXA, impedenzometria) rende impossibile la distinzione tra la crescita di
massa magra e l’accumulo di tessuto grasso. Il costo delle indagini di laboratorio
rende difficile la corretta valutazione del bilancio metabolico delle proteine.
-
Difficoltà a valutare il reale apporto calorico e proteico ricevuto dai singoli
pazienti. Ciò è dovuto alla mancanza di dati precisi sull'apporto calorico e
nutrizionale derivato da latte materno di donne a loro volta malnutrite. Studi
eseguiti in altri Paesi (Nigeria) (63) hanno evidenziato un ridotto contenuto di
63
proteine e lipidi nel latte delle donne provenienti da Paesi poveri rispetto a
quello di madri provenienti da Paesi più ricchi. E’ inoltre difficile stabilire le
quantità esatte di latte materno e di pappa ricevute da ciascun bambino ad ogni
pasto: all’ostacolo della lingua, che impedisce la comunicazione diretta tra il
personale medico e le madri, si aggiunge la scarsa collaborazione del personale
infermieristico nella somministrazione e registrazione dei pasti somministrati ai
neonati, soprattutto nelle ore notturne.
-
Difficoltà a valutare l’effetto della supplementazione per quanto riguarda la
sopravvivenza complessiva dei neonati. L’aver ottenuto una percentuale di
mortalità molto bassa (4,4% tra i pazienti partecipanti allo studio, a fronte di una
mortalità complessiva del 23%) dipende probabilmente dall’aver cominciato la
sperimentazione all’età di 6 giorni (10 giorni nei neonati di peso alla nascita
<1500g), momento in cui i piccoli nati con condizioni generali molto
compromesse (prematurità grave, infezioni neonatali precoci, malformazioni
congenite..) o con stato nutrizionale più scadente sono già deceduti.
-
Difficoltà nello stabilire e mantenere il legame mamma-bambino. La cura del
piccolo neonato da parte della madre è di estrema importanza in ogni contesto,
ma in particolar modo in situazioni a risorse limitate, dove maggiore è la
sproporzione tra il numero dei pazienti e quello di sanitari e spesso, purtroppo,
minore la qualità dell’assistenza al paziente da parte di questi ultimi. Presso il
servizio di Patologia Neonatale dell’Ospedale Autonomo di Ngozi la madre può
stare accanto al bambino 24 ore su 24, per prendersi cura di esso, eseguire le
normali operazioni di igiene (lavaggio del bambino, cambio dei panni) e
soprattutto per somministrare i pasti. La creazione del legame mamma-bambino
spesso segue dinamiche misteriose ai nostri occhi. Sovente nei primi giorni di
vita del neonato si ha un certo distacco, che in alcuni casi si prolunga per
settimane ed ha effetti negativi sulla disponibilità della madre nello stimolare la
montata lattea attraverso la spremitura manuale delle mammelle e sulla
regolarità della somministrazione dei pasti. Nel caso in cui il neonato
64
sopravviva, dopo un periodo variabile di tempo si ha una spesso improvvisa
accettazione del figlio, cui consegue una migliore compliance della madre con le
prescrizioni mediche e, non di rado, un importante incremento ponderale e un
deciso miglioramento delle condizioni generali del neonato. Non credo si possa
liquidare il problema come una mancanza di buona volontà delle madri, né
semplificarlo sostenendo l’impossibilità di un legame affettivo con un neonato
molto fragile, di cui probabilmente non sono percepite la dignità, l’unicità e la
bellezza. Probabilmente questo è uno dei nodi in cui più grande deve essere lo
sforzo di inculturazione, per poter entrare in contatto con queste mamme e dare
loro gli strumenti e soprattutto la speranza necessaria per poter prendersi cura
dei loro figlioli.
6.2 TOLLERABILITA’ DELLA PASTA DI SUPPLEMENTAZIONE
Il nostro studio ha dimostrato l’ottima tollerabilità di una fortificazione del latte
materno con la pasta di supplementazione descritta.
Un solo neonato, tra i 68 che hanno ricevuto la supplementazione, ha mostrato
sintomi imputabili alla stessa (nello specifico una diarrea che, migliorata con la
sospensione dell’alimento, è ricomparsa dopo la ripresa della supplementazione);
tale sintomatologia potrebbe essere riconducibile ad una sindrome oro-allergica; la
risoluzione è stata immediata e completa, senza esiti. In nessun altro caso si è
verificato un aumento della morbidità imputabile alla supplementazione (diarrea,
stipsi, enterocolite necrotizzante, vomito, reflusso gastroesofageo, anafilassi).
I due casi di decesso avvenuti in seguito a quadro settico si sono verificati in
neonati per cui l’instaurasi del legame madre-bambino era stato particolarmente
difficoltoso. I piccoli avevano ricevuto una nutrizione talvolta inadeguata e spesso
con necessità di integrazione con latte formulato. Nell’insorgenza della sepsi, a
nostro avviso, un ruolo preponderante è stato giocato dalla malnutrizione e dalla
mancata trasmissione di difese immunitarie che avviene, come è noto, con
l’allattamento materno.
65
Il terzo caso di decesso risulta più difficilmente spiegabile, trattandosi di un caso di
morte improvvisa non testimoniato da personale sanitario né registrato da
strumentazioni apposite. Verosimilmente si tratta di un episodio di SIDS (Sudden
Infant Death Syndrome) o un'apnea idiopatica non trattata.
Il rifiuto di alcune madri a dare la supplementazione ai loro figli evidenzia la
necessità di un adeguato counselling per permettere una scelta consapevole.
L’assenza di derivati animali nella supplementazione ne permette l’utilizzo anche da
parte di persone appartenenti a confessioni religiose particolari.
Resta evidente l’inutilità di qualsiasi supplementazione qualora non si riesca ad
ottenere una somministrazione dei pasti di latte materno regolare, sia di giorno che
di notte, e adeguata come quantità.
6.3 LIMITI NUTRIZIONALI DELLA PASTA DI SUPPLEMENTAZIONE E
POSSIBILITA’ DI MIGLIORAMENTO
La pasta di supplementazione fornisce, per 100 g: 230 kCal, 15 g di grassi, 2,3 g di
proteine, 20 g di carboidrati.
L’analisi chimica, effettuata presso il laboratorio Defens, del Dipartimento-Scuola
per gli Alimenti, la Nutrizione e l'Ambiente (Sezione Nutrizione Umana), mostra
alcune caratteristiche interessanti della pasta di supplementazione e ne evidenzia i
limiti nutrizionali.
L’umidità piuttosto elevata (in media 63,58%) potrebbe costituire un problema nella
conservazione dell’alimento (Tab. 26). Per evitare il deterioramento e la
fermentazione, la pasta può essere conservata in frigorifero (max 4°C) fino a un
massimo di 5 giorni, a temperatura ambiente per un massimo di 36 ore. Eventuale
residuo deve essere gettato.
La quantità di ceneri (in media 0,4%) presenti è minima; la determinazione delle
ceneri si riferisce all’analisi dei residui inorganici che rimangono dopo l’accensione
66
o la completa ossidazione della materia organica presente nell’alimento; è
proporzionale al contenuto minerale dell’alimento (Tab. 27).
I lipidi contenuti nella pasta sono per il 46,4% acidi grassi monoinsaturi, per il
42,1% acidi grassi polinsaturi (42,1%) e solo per l’11,5% acidi grassi saturi
(11,5%).
La scarsa presenza di grassi saturi, tra cui i Trigliceridi a media catena (MCT, acidi
grassi contenenti da 6 a 12 atomi di Carbonio), potrebbe causare un assorbimento
non ottimale della quota lipidica presente nella pasta. Gli MCT, infatti, sono
assorbiti più facilmente rispetto agli acidi grassi con catene più lunghe perché non
richiedono l’azione emulsionante dei sali biliari; essendo più solubili in acqua,
attraversano più facilmente lo strato acquoso che bagna il villo intestinale e, senza
subire idrolisi enzimatica, vengono assorbiti e idrolizzati direttamente dalla mucosa
intestinale, quindi immessi nel circolo portale e trasportati nel sangue legati
all’Albumina. Sembra difficile poter inserire una quantità adeguata di MTC in una
pasta di supplementazione come la nostra; tali acidi grassi, infatti, sono presenti
soprattutto nella parte grassa del cocco e del latte, alimenti difficilmente reperibili e
utilizzabili nel nostro contesto.
Gli acidi grassi a catena lunga (LCFA, costituiti da una catena di più di 12 atomi di
Carbonio) sono assorbiti meno bene rispetto ai MCT; il loro assorbimento infatti
richiede l’attivazione della lipasi pancreatica e dei sali biliari; a parità di lunghezza
della catena alifatica, tuttavia, gli acidi grassi insaturi vengono assorbiti meglio
rispetto a quelli saturi, grazie alla loro migliore solubilità in acqua. La lipasi
presente nel latte materno, inoltre, facilita la scomposizione di queste molecole. I
monogliceridi e gli acidi grassi liberi che risultano dalla digestione dei LCFA
vengono assorbiti dagli enterociti, quindi incorporati nei chilomicroni e immessi
nella via linfatica.
Il contenuto di LCFA polinsaturi (18:2), tra cui l’acido linoleico (LA), è
soddisfacente (circa 7 g/100g di pasta); l’ LA è un acido grasso essenziale della
famiglia degli ω6, che può essere convertito dall’organismo umano in metaboliti
con catene più lunghe, tra cui l’acido arachidonico (AA). Quest’ultimo è un acido
67
grasso polinsaturo (20:4) della famiglia degli ω6, indispensabile nella sintesi di
eicosanoidi (prostaglandine, prostacicline, trombossani, leucotrieni); esso può
essere introdotto con la dieta oppure prodotto nell’organismo umano a partire
dall’LA; nella pasta di supplementazione da noi prodotta è praticamente assente.
Il contenuto di LCFA polinsaturi (18:3), tra cui l’acido α-linolenico (ALA), è molto
scarso (<0,1 g/100g). L’ALA è un acido grasso essenziale della famiglia degli ω3,
da cui deriva l’acido docosaesaenoico (DHA), un acido grasso polinsaturo (22:6),
che sembra giocare un ruolo di grande rilievo nello sviluppo del cervello e della
retina; anch’esso è praticamente assente nella nostra pasta di supplementazione.
A fronte delle evidenti lacune della composizione della pasta di supplementazione
sembra ragionevole contare sul fatto che essa, aumentando l’apporto energetico
complessivo che viene fornito al neonato, permetta un miglior assorbimento degli
acidi grassi essenziali ALA e AA presenti normalmente nel latte materno. Infatti, nei
casi in cui l’apporto calorico sia scarso, soprattutto per quanto riguarda la quota
energetica fornita dai grassi, l’LA e l’ALA presenti nel latte materno vengono
utilizzati dall’organismo come fonte di energia piuttosto che essere trasformati in
AA e DHA. Un alimento ricco di ALA, AA e DHA è l’olio di pesce. A fronte della
difficoltà di utilizzo di questo alimento per l’alimentazione dei neonati, potrebbe
essere interessante valutare l’opportunità di tale supplementazione per le madri
nutrici, in modo da aumentare la quantità di questi metaboliti nel latte materno
(Tab. 22-25, Tab. 28).
I carboidrati costituiscono una buona parte dell’energia fornita dalla nostra pasta di
supplementazione (circa il 35%).
La percentuale di carboidrati semplici, monosaccaridi (glucosio, fruttosio) e
oligosaccaridi (saccarosio, maltosio) ivi presente è estremamente bassa (0,6%). La
scarsità di piccole molecole glucidiche osmoticamente attive, insieme alla pratica di
miscelare la pasta nel latte immediatamente prima della somministrazione in modo
da evitare la degradazione dei carboidrati da parte delle amilasi presenti nel latte
materno, mantiene bassa l’osmolarità dell’alimento e riduce il rischio di diarrea
osmotica.
68
D’altro canto, la presenza di molecole polisaccaridiche implica la necessità di
complessi processi digestivi; l’idratazione degli amidi che avviene durante la
preparazione della pasta grazie alla cottura a temperature superiori a 80°C per
periodi piuttosto lunghi (30’), ne permette la digestione ad opera delle amilasi
salivari e pancreatiche prodotte del neonato, coadiuvate da quelle presenti nel latte
materno. La presenza nell’intestino di residui alimentari non digeriti porterebbe a
proliferazione batterica e fermentazione a livello intestinale, con conseguente
distensione addominale e alterazione dell’alvo, cosa che non sembra essersi
verificata per nessuno dei neonati oggetto di studio; sembra ragionevole pensare che
la maggior parte dei carboidrati presenti nella nostra pasta siano quindi
correttamente digeriti e assimilati (Tab. 22-25, Tab. 29).
Le proteine contenute nella pasta di supplementazione sono poche, sia in termini
assoluti che in percentuale sugli altri nutrienti.
Questo problema sembra di difficile soluzione, in quanto l’aumento della quota di
farina di arachidi, l’alimento più ricco in proteine presente nella pasta, potrebbe
portare a una più difficoltosa digestione. L’integrazione della supplementazione con
proteine del latte non è proponibile, in quanto il latte disidratato disponibile
localmente, oltre a non essere adattato per neonati, è piuttosto costoso (Tab. 22-25,
Tab. 30).
L’apporto di micronutrienti, infine, è sicuramente carente per una popolazione di
neonati prematuri, in particolare per il Sodio, contenuto in quantità irrilevanti (0,01
mEq/dL). Migliore è l’apporto di Potassio (3,1 mEq/dL). Anche l’apporto di Calcio,
Ferro e Zinco è inadeguato.
L’impossibilità di dosare gli ioni ematici rende difficile valutare la reale necessità di
questa supplementazione per ciascun neonato e pericolosa la somministrazione di
elettroliti “alla cieca”, con la sola guida del fabbisogno teorico per età.
Vitamine essenziali quali la vitamina D e la vitamina E sono praticamente assenti
(Tab.22-25, Tab.31).
69
7. CONCLUSIONI
L’apporto calorico e nutrizionale dato dalla pasta di supplementazione
(quantificabile, come già detto, in circa 18,5 kCal, 1,2 g di grassi, 0,2 g di proteine e
1,6 g di carboidrati al giorno, considerando la supplementazione a dose piena),
risulta essere non trascurabile, soprattutto in una situazione in cui quello dato dal
solo latte materno è variabile e tendenzialmente insufficiente.
La pasta di supplementazione risulta essere proponibile in contesti con risorse molto
limitate, in quanto prodotta con materie prime facilmente reperibili, di basso costo,
trattate con strumenti semplici. Inoltre non abbisogna di modalità di conservazione
particolari ed è facilmente solubile nel latte materno.
La tollerabilità della supplementazione risulta essere molto buona.
Ad un giudizio clinico la supplementazione, quando somministrata correttamente
(cioè in dose sufficiente per un numero adeguato di pasti) ha migliorato il trofismo
generale, il trofismo cutaneo, il tono muscolare e la reattività dei neonati, spesso
permettendo, dopo alcuni giorni, una migliore assunzione dei pasti con siringa o
addirittura al seno.
70
8. PROSPETTIVE FUTURE
E' evidente che l'alimentazione dei neonati prematuri in Paesi e situazioni a risorse
limitate sia un problema di grande rilevanza ed urgenza. La letteratura scientifica,
attualmente, è molto carente nell'offrire soluzioni accettabili sia dal punto di vista
nutrizionale che da quello economico. A fronte di una grande necessità sono poche
le risorse destinate alla ricerca in questo campo, dove molto viene lasciato
all'inventiva e alla coscienza dei singoli operatori.
Sarebbe innanzitutto necessario valutare l'efficacia della supplementazione al latte
materno da noi proposta, effettuando un confronto tra due gruppi comparabili di
neonati, di cui uno nutrito con il solo latte materno e uno con latte materno e pasta
di supplementazione; potrebbe essere interessante studiare parametri di valutazione
della crescita diversi dalle comuni misure antropometriche (peso, lunghezza,
circonferenza cranica), per esempio la plica di grasso sottocutaneo interscapolare.
Naturalmente, come già sottolineato, il gold standard per la nostra ricerca sarebbe
uno studio in doppio cieco, processo estremamente complesso che al momento è al
di sopra delle nostre forze.
Sarebbe inoltre auspicabile la ricerca di componenti che, pur incontrando i già
menzionati criteri di accessibilità (materiale di basso costo, reperibile in loco e
facilmente processabile), permettesse di arricchire la pasta di vitamine, in
particolare vitamina D, gli effetti della cui mancanza diventano evidenti in buona
parte della popolazione nera già nei primi anni di vita.
Infine, come per tutti gli interventi che vengono operati in un periodo della vita
delicato come quello neonatale, è indispensabile un rigoroso percorso di follow-up
che permetta di seguire i pazienti nel tempo in modo da poter valutare e comparare
gli esiti a lunga distanza delle scelte cliniche effettuate. In una situazione di estrema
71
povertà di mezzi e soprattutto di risorse umane come quella che sovente si ha nei
Paesi in via di sviluppo, un programma di follow-up dei neonati ex prematuri risulta
estremamente difficile da attuare, ma è necessario promuovere un simile progetto,
coinvolgendo il personale infermieristico e sensibilizzando le madri dei neonati
durante il ricovero e alla dimissione.
72
9. ASPETTI ETICI
Il problema della situazione materno-infantile nei Paesi in via di sviluppo è davvero
complesso e richiede un approccio multidisciplinare, con il contributo congiunto di
sanitari, epidemiologi, politici, esperti di economia e di sanità pubblica. Ogni
programma richiede lo studio del contesto in cui esso verrà posto in atto; l’urgenza
della necessità non può far prescindere da questa analisi, pena il fallimento di ogni
intervento.
Il contesto mondiale in cui ci troviamo a vivere e ad operare è caratterizzato da
un’iniquità sempre maggiore, dove per iniquità si intende non la sola differenza, ma
la disuguaglianza ingiusta e non-equa (75, 76). Solo per limitarsi al settore sanitario,
le differenze tra Paesi ricchi e Paesi poveri, e anche tra persone ricche e povere
all’interno dello stesso Paese, sono inaccettabilmente alte e vanno costantemente
aumentando, come già discusso nei capitoli 1 e 2 (37). L’assistenza sanitaria e la
ricerca medica sono spesso guidate da interessi commerciali (77) e persino gli
interventi che dovrebbero migliorare la situazione rischiano di aumentare il divario
tra ricchi e poveri, in quanto anch’essi, spesso, risultano essere più accessibili ai
primi che ai secondi (78).
Appare sorprendente che, a fronte dell’ampia discussione a livello politico,
economico e sanitario per porre rimedio a tale drammatica situazione, tanto scarso
sia il dibattito etico riguardo a questi argomenti, pure così centrali per la vita degli
esseri umani in ogni Paese del mondo.
L’Università degli Studi di Verona, assieme alla Fondazione Pro-Africa, sta
sostenendo un progetto di collaborazione con l’Università di Ngozi (Burundi) per la
formazione di infermieri diplomati e con l’Hôpital Autonome di Ngozi per la
gestione di alcuni servizi, tra cui quello di Pediatria e Neonatologia.
Ho avuto la preziosa occasione di lavorare come medico in formazione specialistica
nel Servizio di Neonatologia da giugno a dicembre 2012, a fianco del Responsabile
dott. Giovanni Pagani. Da questa esperienza nascono queste riflessioni.
73
9.1
DISCUSSIONE SULL’APPROCCIO AL
MORTALITA’ NEONATALE NEL MONDO
PROBLEMA
DELLA
Nonostante la rilevanza del problema della mortalità neonatale nei Paesi in via di
sviluppo (vedi capitolo 1), non è stata ancora sviluppata una compiuta analisi delle
questioni etiche e di giustizia sociale che riguardano questo argomento. La
comprensione del fenomeno, e la riflessione su di esso, sono rese difficoltose dalla
scarsità di dati epidemiologici e sociologici attendibili, oltre che dalla mancanza di
una discussione etica nei Paesi interessati.
Chi curare, e a che prezzo?
La determinazione della vitalità di un neonato pretermine è basata su dati scientifici
in continua evoluzione; attualmente, nei Paesi HICs, i neonati di età gestazionale
maggiore o uguale alle 24 settimane sono considerati vitali e ricevono
routinariamente cure in un’Unità di Terapia Intensiva Neonatale, con discrete (e
sempre in aumento) possibilità di sopravvivenza.
L’opinione riguardo alla vitalità di un neonato pretermine è influenzata dal contesto
sanitario, dalla morale, dalla cultura e dalla politica, per cui nel mondo c'è molta
variabilità in quello che è considerato un neonato che “vale la pena” curare e quello
che viene lasciato morire in quanto un tentativo di cura sarebbe impossibile, inutile
o troppo dispendioso.
Non sappiamo molto della variabilità tra le culture e le etnie della percezione del
“valore” della vita di un neonato, delle convinzioni riguardo al momento
dell’acquisizione dei diritti personali, del carico psicologico che la morte di un
neonato o la gestione di un neonato prematuro comportano. Queste esperienze nelle
popolazioni nei LMICs o in gruppi marginalizzati nei Paesi sviluppati spesso sono
accompagnate da stigma sociale, colpevolizzazione della madre, senso di
inadeguatezza dei genitori e rassegnato fatalismo. La mancanza di conoscenza
riguardo alla percezione di questi eventi rende difficile la comprensione delle
complesse dinamiche che intervengono nella scelta della cura (o della non cura) di
questi neonati. Spesso quella che dovrebbe essere una decisione medica e della
famiglia è in realtà presa in base a criteri soggettivi (impressione dell’operatore non
74
medico) ed economici (possibilità di spesa della famiglia e della società) (79).
Gli eccellenti risultati ottenuti nella cura dei neonati prematuri nelle Terapie
Intensive Neonatali negli HICs indicano ciò che è tecnicamente possibile, ovvero
ciò che idealmente dovrebbe essere possibile per tutti, ma hanno anche reso
evidente che salvare neonati estremamente prematuri comporta costi ingenti per le
famiglie e per la società. Questi costi sono particolarmente significativi, sia dal
punto di vista economico che da quello della richiesta di cura, per le famiglie che
non hanno le risorse per sostenere i loro bambini con bisogni speciali e nei casi in
cui Stato non sia in grado di accollarsene in parte l’onere.
Come scegliere gli interventi?
Nei HICs la ricerca è volta soprattutto a migliorare l’outcome dei neonati
pretermine, con risultati sempre migliori in termini di sopravvivenza di neonati di
età gestazionali molto basse. Questo significa che enormi sforzi vengono effettuati
per salvare un numero esiguo di persone, in Paesi che già godono di una mortalità
neonatale molto modesta.
Nei LMICs, invece, Paesi in cui la NMR è molto elevata, la messa in atto di
interventi a bassa tecnologia volti a prevenire le nascite pretermine o i neonati nati
morti renderebbe possibile, con investimenti molto più modesti, costi sociali ridotti
nel lungo periodo e senza necessità di competenze ed attrezzature sofisticate, la
sopravvivenza di un numero cospicuo di neonati che altrimenti morirebbero.
Questa differenza di approccio, oltre ad essere dettata dalla necessità e dalla scarsità
di risorse, rispecchia un’importante differenza culturale tra HICs e LMICs che, nei
Paesi in via di sviluppo, vede al primo posto la responsabilità sociale (verso la
famiglia, la comunità, lo stato) rispetto al diritto individuale del neonato. Si
preferisce quindi permettere la sopravvivenza di un numero elevato di neonati
affetti da patologie “minori” attraverso la prevenzione e le cure di base, piuttosto
che tentare di salvare un piccolo gruppo di neonati gravi, con risultato incerto e con
la possibilità di caricare di pesi economici e gestionali la famiglia e la società.
75
La scelta degli interventi volti a ridurre l’incidenza di nascite premature e dei
neonati nati morti nasconde però un altro dilemma: da una parte si ha l’urgenza di
provvedimenti immediati, a breve termine, con soluzioni evidentemente lontane
dagli standard minimi accettabili a livello mondiale, dall’altra pesa la necessità di
interventi a lungo termine, più complessi ma anche più adeguati. Poiché le risorse
sono limitate, il bilanciamento tra le due parti spesso non è facile: da una parte,
quindi, si corre il rischio di accontentarsi di fornire interventi provvisori e
inadeguati, dall’altra si può finire per trascurare l’applicazione di misure semplici
ed efficaci nell’attesa della soluzione “ideale”.
La raccolta di dati epidemiologici attendibili, infine, come più volte sottolineato, è
indispensabile per l’attuazione di interventi mirati ed efficaci: se il carico globale di
mortalità e morbidità neonatale non è ben descritto rischia di essere sottostimato.
Avere un’immagine realistica del problema è indispensabile per la progettazione di
strategie efficaci ed efficienti. Le agenzie internazionali, inoltre, hanno tipicamente
degli obiettivi ad “alta visibilità”, per ovvie ragioni di immagine, ma anche per
permettere una gestione più efficiente dei fondi. La mancanza di registrazioni
ufficiali e di una chiara idea della portata del problema potrebbe portare ad una
diminuzione dell’attenzione a livello internazionale e alla conseguente riduzione
degli investimenti a lungo termine (79).
Come ridurre gli ostacoli?
Gli interventi di base per la riduzione della mortalità neonatale e materna nei
LMICs sono provvedimenti relativamente semplici quali l’accesso allo screening
prenatale per le gravidanze ad alto rischio, il trattamento delle infezioni, la cura
della malnutrizione e la possibilità di ricevere cure ostetriche di emergenza in caso
di necessità (vedi capitolo 1.3).
La messa in atto di qualsiasi intervento volto al miglioramento delle condizioni
della popolazione, però, rischia di aumentare la disuguaglianza piuttosto che
diminuirla, in quanto è dimostrato che la parte della popolazione che per prima
76
prende vantaggio di un intervento nuovo è quella più ricca e più istruita. E’l’“ipotesi
di equità inversa”, teorizzata da Rogers nel 1995 (80); questo iniziale approfondirsi
della disuguaglianza è probabilmente inevitabile, ma l’introduzione successiva di
politiche correttive volte a favorire l’utilizzo dei servizi da parte delle fasce più
povere della popolazione dovrebbe permettere la progressiva riduzione dell’iniquità.
Strumenti per ottenere questo difficile risultato sono la progettazione di interventi
molto mirati (su singoli individui, famiglie o comunità che rispondono a criteri
particolari di povertà o esclusione), o viceversa il miglioramento della copertura
universale e l’istituzione di possibilità di finanziamento che garantiscano
l’accessibilità ai servizi più ampia possibile (81).
La messa in atto dei provvedimenti volti a migliorare la situazione maternoinfantile, e più in generale la situazione sanitaria nei LMICs, è ostacolata non solo
dalla povertà, ma anche dalla mancanza di interesse da parte dei governanti,
dall’instabilità politica, dalla corruzione, da situazioni geografiche e climatiche
sfavorevoli, da particolarità tradizionali e culturali. Per esempio la domanda di cure
durante la gravidanza e il parto può essere molto ridotta in situazioni nelle quali la
donna non gode di un'uguaglianza sociale ed economica con l'uomo. In alcune
culture il neonato non è considerato “persona” fino ad alcuni giorni dopo la nascita,
mentre in molte società sono ancora forti le discriminazioni di genere, per cui si
crede che una bambina meriti meno cure rispetto a un neonato maschio (79). E’
evidente che il lavoro necessario per ovviare a questi problemi passi in primo luogo
attraverso l’istruzione della popolazione e l’educazione dei singoli individui e che
ogni intervento dovrebbe in primo luogo tenere conto di tutte queste variabili.
E noi?
Durante il nostro lavoro presso il Servizio di Neonatologia dell’Hôpital Autonome
di Ngozi, molte volte al giorno abbiamo dovuto affrontare il problema di decidere
quali neonati curare e di scegliere le modalità con cui farlo.
Essendoci formati, pur con ovvie differenze di esperienza, nelle Terapie Intensive
Neonatali degli HICs, abbiamo dovuto accettare non solo il fatto che molte delle
77
risorse di uso comune in Italia non fossero disponibili in Burundi, ma anche
l’evidenza che l’utilizzo di alcuni di questi presidi, pure possibile, non sarebbe stato
appropriato in quel contesto. Per ogni neonato grave si è posto quindi il dilemma:
da una parte la tentazione di fare “la parte possibile di ciò che avremmo fatto in
Europa”, e la quotidiana evidenza dell’insufficienza del nostro operare; dall’altra il
desiderio di evitare sofferenze inutili a neonati con prognosi infausta, la necessità di
un’equa distribuzione delle risorse, l’attenzione alle esigenze delle famiglie dei
neonati e la volontà di impostare un’attività sostenibile nel lungo periodo, ovvero
anche in assenza di personale medico espatriato dedicato al Servizio di
Neonatologia.
Nella nostra esperienza abbiamo visto che, in assenza di risorse umane e
tecnologiche avanzate, possono sopravvivere neonati di peso superiore ai 900 g
circa e di età gestazionale di 27 settimane o più. Ovviamente la prognosi dipende
molto dalle condizioni del neonato all’ingresso, quindi da eventuali patologie
materne, dalla modalità del parto e dalla qualità dell’assistenza, dall’intervallo di
tempo tra la nascita e il ricovero, dalle condizioni di trasporto dalla sede del parto
all’Ospedale provinciale, oltre evidentemente alla presenza di fattori aggravanti
quali gemellarità, IUGR, malattie infettive, malformazioni.
In ogni caso, abbiamo scelto di accogliere tutti i neonati che venivano presentati al
nostro Servizio. Nel caso di neonati di peso inferiore ai 900g, di età gestazionale
stimata sotto le 26 settimane o portatori di malformazioni gravi, abbiamo garantito
le cure compassionevoli, ovvero calore, alimentazione per os con latte materno e
vitamina K per via intramuscolare; normalmente l’analgesia, quando necessaria, è
stata ottenuta con Paracetamolo. Nel caso di neonati di età gestazionali e/o di peso
superiori ci si è attenuti al protocollo interno per la gestione del neonato pretermine,
cosa che ha permesso la gestione autonoma dei nuovi ingressi da parte del personale
infermieristico di notte e nelle ore di assenza del medico di Reparto; provvedimenti
diagnostici e terapeutici al di fuori di questi protocolli venivano decisi volta per
volta da parte del medico.
78
Nei casi in cui più pazienti avessero contemporaneamente necessità di utilizzare
presidi la cui disponibilità era limitata (per esempio lettini termici, incubatrici,
saturimetri o Ossigenoterapia), abbiamo cercato di garantirli prioritariamente a chi
più ne avesse bisogno. Qualora non fosse possibile fare altrimenti, il presidio è stato
fornito “in condivisione” (per esempio due pazienti sullo stesso lettino termico,
prestando maggior cura all’osservanza delle norme igieniche) o “in alternanza” (per
esempio monitoraggio intermittente della saturazione periferica dell’Ossigeno); solo
nel caso di pazienti in stato agonico abbiamo deciso di togliere un presidio a un
neonato che già ne usufruiva per darlo a chi avesse migliori speranze di
sopravvivenza.
Abbiamo cercato di potenziare l’utilizzo di tecniche a basso costo (per esempio,
kanguroterapia per il mantenimento dell’omeostasi termica, alimentazione enterale
con latte materno) e di ridurre la domanda di terapie e monitoraggi che
richiedessero
strumentazione
avanzata,
per
esempio
limitando
l’uso
di
Ossigenoterapia, tollerando SatO2 periferiche basse (SatO2 >83-85%), e
responsabilizzando le madri e il personale infermieristico per quanto riguarda la
corretta postura del neonato, l’osservazione del colorito, la stimolazione tattile.
L’accessibilità teorica al nostro servizio è buona, grazie alla legge dello Stato
burundese che garantisce cure gratuite ai bambini di età inferiore ai 5 anni e alle
donne durante la gravidanza e al momento del parto. In realtà l’accessibilità
concreta a un servizio dipende dalla possibilità di arrivarci, spesso al termine di
lunghi percorsi a piedi o dopo ore su di fuoristrada affollati provenienti dai centri di
sanità periferici, e dalla possibilità di restare in ospedale per tutta la durata del
ricovero.
La durata della permanenza in Ospedale per assistere un figlio malato costituisce un
grave problema per molte donne. Soprattutto nel caso di neonati patologici o
gravemente prematuri, infatti, il ricovero spesso si protrae per alcune settimane e,
nonostante l’offerta da parte dell’ospedale della possibilità di dormire in una stanza
dedicata, della fornitura di vestiario pulito e di un pasto al giorno, l’impatto
economico della permanenza lontano dalla famiglia è spesso pesante. Si ha inoltre il
79
problema dell’ostilità degli altri componenti del nucleo famigliare, in particolare i
mariti, che mal tollerano l’assenza prolungata della donna dalle incombenze abituali
e spesso esercitano forti pressioni per l’evasione dall’ospedale prima della
dimissione ordinaria.
In questi casi abbiamo tentato, attraverso la mediazione linguistica e culturale del
personale infermieristico, la persuasione dei genitori sulla necessità della
prosecuzione del ricovero; abbiamo proposto il rientro temporaneo della donna,
mentre il neonato sarebbe stato accudito dal personale ospedaliero; in casi molto
selezionati abbiamo anticipato la dimissione prevedendo degli appuntamenti di
follow-up ravvicinati.
Un ultimo lavoro che ci ha impegnato, infine, è la raccolta dei dati riguardanti la
popolazione dei neonati ricoverati (età gestazionale, peso, lunghezza e
circonferenza cranica alla nascita, eventuali malattie materne, tipo di parto), i
trattamenti ricevuti (farmaci, indagini diagnostiche) e l’esito del ricovero (modalità,
peso, lunghezza e circonferenza cranica alla dimissione). Come già sottolineato,
siamo consapevoli della necessità di avere dei dati attendibili per valutare l’impatto
dei provvedimenti messi in opera e per avere una base su cui progettare gli
interventi futuri. E’ necessario che questi dati vengano raccolti in forma
informatizzata in modo da essere facilmente analizzabili e comparabili. La
registrazione dei decessi, oltre al valore epidemiologico, permette inoltre di dare
testimonianza alle vite interrotte, di rendere esplicito il nostro credere nel valore e
nell’unicità di ciò che è stato perduto.
9.2 DISCUSSIONE SUI CRITERI CHE GUIDANO LE DECISIONI
CLINCHE NELL’AMBITO DELLA TERAPIA INTENSIVA
NEONATALE NEL MONDO
Problemi negli HICs: evitare l’eccesso di cura
Negli HICs i progressi delle cure neonatali hanno permesso la sopravvivenza di
neonati molto piccoli, che in passato non sarebbero stati considerati vitali, spesso
80
con risultati a lungo termine sorprendentemente buoni.
Un argomento molto dibattuto in queste sedi è la limitazione dei trattamenti
intensivi: in alcune circostanze, quando il decesso del neonato può essere rimandato
solo temporaneamente e a prezzo di gravi sofferenze, oppure quando la
sopravvivenza si associa a disabilità permanenti gravissime, è considerato
appropriato non utilizzare tutte le risorse della moderna medicina, limitare i
trattamenti intensivi invasivi e dolorosi e garantire al contempo le cure palliative.
Questo cambiamento rappresenta il passaggio dalla politica “disease oriented”, in
cui si mira ad evitare o posticipare la morte con tutti i mezzi disponibili, alla
filosofia “person oriented”, che prende in considerazione la qualità della vita tra i
parametri di scelta (82).
Tra il 1996 e il 1997 in Europa è stato effettuato lo studio EURONIC (European
Research Project) (83) con lo scopo di analizzare le opinioni e le esperienze degli
staff medici e infermieristici per quello che riguarda le decisioni etiche. Va oltre lo
scopo di questa breve trattazione analizzare in dettaglio i risultati di questo studio;
basti segnalare come la grande maggioranza dei medici in ogni Paese fosse
favorevole alla limitazione delle terapie invasive in caso di condizioni terminali,
con maggiore variabilità di opinione nel caso di possibile sopravvivenza con
disabilità gravi e riguardo alla legittimità dell’interruzione di trattamenti (per
esempio ventilazione meccanica) già in corso; anche riguardo all’opportunità di
coinvolgere i genitori nella decisione di limitare le cure invasive si registrarono
opinioni diverse, pur nell’unanime convinzione della necessità di accettare il volere
dei genitori nel caso in cui questi ultimi, contro il parere dei sanitari, si esprimessero
a favore della continuazione delle cure.
Problemi nei LMICs: promuovere l’equità e garantire la possibilità di cura
Gli studi riguardo ai principi etici con cui quotidianamente vengono prese le
decisioni nelle Terapie Intensive Neonatali nei LMICs sono invece molto poco
numerosi. Tra essi si hanno alcune ricerche svolte in India nei primo decennio del
XXI secolo con l’intento di valutare la consapevolezza dei dilemmi etici e
analizzare le modalità di scelta di alcuni medici nelle Unità di Terapia Intensiva
81
Neonatale indiane (84, 85).
Da questi studi emerge che l’età gestazionale al di sopra del quale i neonati sono
considerati “vitali”, e quindi meritevoli di cure intensive, è molto più elevata negli
LMICs (28-32 settimane di età gestazionale) rispetto agli HICS (23-24 settimane di
età gestazionale); l’eccesso di trattamento, ovvero l’accanimento terapeutico non è
considerato un rischio né un’eventualità possibile; le specifiche decisioni di
trattamento sono influenzate da fattori complessi, in cui un ruolo rilevante è giocato
dalla percezione delle conseguenze per gli altri (famiglia, comunità) piuttosto che
dalle sole condizioni cliniche del neonato. Nell’intenzione di assicurare giustizia e
sostenibilità economica, il principio del “miglior interesse del bambino” viene ad
essere sostituito da un concetto più ampio di beneficenza alla famiglia, alla società e
allo Stato. In questa riflessione entrano in gioco diversi elementi:
-
Ragioni cliniche: grande attenzione viene posta alla possibilità di garantire una
sopravvivenza “intatta” cioè priva di disabilità neurologiche o di altri gravi
handicap. Il sistema sanitario e sociale, infatti, non è in grado di farsi carico
delle necessità di bambini con bisogni speciali.
-
Ragioni protettive: evitare ciò che è percepito come un danno alla famiglia; la
presenza di un neonato prematuro o malato, infatti, può causare un tracollo
economico del nucleo famigliare che si ripercuoterebbe sugli altri membri,
specialmente sui fratelli, con conseguenze a lungo termine (per esempio, ridotta
scolarità, maggiore malnutrizione, minore cura genitoriale). Inoltre c’è il
desiderio di modulare il trattamento proposto alle condizioni economiche della
famiglia, per risparmiare ai genitori l’umiliazione di non poter comprare
trattamenti costosi per il loro bambino.
-
Ragioni strutturali: le risorse degli ospedali sono molto scarse. I medici
dichiarano di avvertire una sensazione di spreco quando trattamenti costosi
vengono forniti a neonati con prognosi scarsa. Nel caso di strumentazioni
limitate (per esempio ventilatori meccanici), e in mancanza di linee guida che
diano criteri per la scelta, si pone inoltre il problema di come decidere a quali
pazienti dare precedenza nelle cure (il primo che arriva? o quello che più ha
possibilità di sopravvivenza?).
82
-
Ragioni procedurali: nel caso in cui la famiglia si opponga alle cure, anche di
fronte a neonati con discrete possibilità di sopravvivenza, si soffre
l’impossibilità di forzare la scelta. I bambini rifiutati dalla famiglia infatti, anche
qualora sopravvivessero, andrebbero rapidamente incontro a morte per malattie
dovute alla malnutrizione e alla mancanza di cure.
-
Ragioni compassionevoli: nel caso di neonati frutto di “gravidanze preziose”,
nati da madri anziane o con storia di infertilità e/o aborti ripetuti, il trattamento
tende ad esser più aggressivo.
-
Ragioni legali: l’assenza di linee guida e la mancata percezione della legge come
elemento determinante nella scelta crea un vuoto di regolamentazione in cui il
medico deve decidere da solo, senza essere tenuto a rispondere ad altri.
-
Ragioni culturali: i medici sentono forte la necessità di impedire la
discriminazione di genere, ma spesso sono impotenti di fronte all’atteggiamento
delle famiglie che rifiutano o limitano il trattamento nel caso di neonate
femmine. Si registrano inoltre difficoltà di comunicazione con i genitori, che
sono spesso poco istruiti e di basso strato socio-economico, per cui, nella
pratica, i genitori sono poco coinvolti nelle decisioni da prendere.
E noi?
L’occasione di lavorare in un contesto completamente diverso da quello in cui si è
formata la nostra esperienza umana e professionale ci ha posto quotidianamente di
fronte alla necessità di prendere delle decisioni senza il supporto di buona parte
delle linee guida internazionali, impraticabili nella nostra situazione, mentre la
consapevolezza del valore della vita di ciascun neonato si misurava con la continua
evidenza dell’ingiustizia, del vedere morire, per mancanza di mezzi, neonati che
nella parte ricca del mondo avrebbero potuto vivere.
La stesura dei protocolli interni per la gestione del neonato prematuro o patologico è
stata guidata dalla scelta di limitare al massimo l’utilizzo di terapie invasive e
complesse.
83
Questa decisione è stata presa per evidenti ragioni di disponibilità e di costo, ma
anche per permettere una migliore e più autonoma gestione delle cure da parte del
personale infermieristico. L’analisi dei risultati ottenuti con i protocolli precedenti,
che prevedevano l’uso routinario di antibiotici per via parenterale, di trasfusioni
sanguigne e di Ossigenoterapia, ha evidenziato una mortalità molto elevata, con
punte massime del 50-60% dei neonati ricoverati. A nostro avviso, i risultati
scoraggianti ottenuti con linee guida simili a quelle in uso nei HICs, sono
attribuibili all’intrinseca tossicità di alcune di queste pratiche (per esempio
somministrazione indiscriminata di Ossigeno), all’inadeguatezza di alcuni presidi
(per esempio, sangue per trasfusioni vecchio e poco sicuro dal punto di vista
infettivologico, somministrato senza la possibilità di regolare precisamente la
quantità e la velocità di infusione), all’aumentato rischio di infezione (per esempio,
presenza di numerosi accessi venosi spesso reperiti in condizioni non sterili) e agli
errori nella somministrazione dei farmaci.
Per evitare l’eccessivo affollamento del Reparto, con gli ovvi problemi igienici che
ne conseguono, abbiamo scelto di dimettere i neonati molto precocemente, non
appena fossero in condizioni cliniche stabili, senza necessità di terapia, in grado di
alimentarsi e di crescere adeguatamente, con delle madri capaci di accudirli. Questa
scelta si è basata sulla necessità di venire incontro al bisogno dalle madri di
ritornare presto al nucleo famigliare, spesso per la minaccia dell’abbandono da parte
del marito o dell’assenza di cure per il resto della prole, ma anche sulla convinzione
che l’accudimento del neonato sarebbe stato migliore a casa, con una madre più
serena, piuttosto che in un Reparto ospedaliero sovraffollato. Il follow up con
appuntamenti ravvicinati ci ha permesso di constatare che nella stragrande
maggioranza dei casi la gestione domiciliare dei prematuri era sufficientemente
buona, con neonati in buone condizioni generali e peso in crescita.
Vale la pena sottolineare, infine, la difficoltà che abbiamo incontrato nella
comprensione della situazione psicologica delle madri che si trovavano nella
condizione di dover gestire un neonato prematuro o patologico e del significato e
84
del valore che ciascuna di esse attribuiva al suo figliolo. Spesso, nella pratica clinica
quotidiana, ci siamo trovati di fronte a rifiuti incomprensibili dell’alimentazione o
della terapia, ad evasioni, a distrazioni nella gestione quotidiana che talvolta
avevano conseguenze fatali, al ricorso a pericolose pratiche di medicina tradizionale
kirundi. Non solo le madri evidenziavano una compliance scarsa con le indicazioni
del medico, ma spesso anche il personale infermieristico si poneva, per certi neonati
più che per altri, in un atteggiamento di trascuratezza che non di rado portava al
decesso del neonato. I tentativi di sensibilizzare le madri e le infermiere alla
necessità di una cura più attenta e costante, si scontrava, oltre che con le difficoltà
linguistiche, contro al muro costituito dal nostro essere bianchi e stranieri, e quindi
di non poter comprendere nel profondo i meccanismi psicologici e sociali che
portavano a questa mancanza di cura o a queste pratiche non idonee. Credo che
senza un’opera di formazione scientifica ma anche culturale, e soprattutto senza
l’attenzione ad una inculturazione più umile e profonda, non sarà possibile ottenere
risultati adeguati e duraturi.
9.3 DISCUSSIONE SULLA REGOLAMENTAZIONE DELLA RICERCA
SCIENTIFICA NEL MONDO
Attualmente più del 90% delle risorse per la ricerca del mondo sono destinate allo
studio delle patologie che causano meno del 10% della morbidità globale (86).
Per promuovere l’equità globale nella ricerca sanitaria è necessario finanziare
programmi di ricerca pubblici e rafforzare la capacità dei paesi LICs di fare ricerca
autonoma negli ambiti di maggior rilevanza locale. E’ inoltre auspicabile che le ditte
private che si occupano di ricerca in campo sanitario aderiscano a precise regole per
evitare che lo studio si trasformi in sfruttamento di persone e popolazioni
bisognose.
Cenni di storia della regolamentazione della ricerca scientifica sugli esseri umani
Il concetto di preminenza dei diritti e della sicurezza dei pazienti in campo clinico è
riconosciuto dai tempi di Ippocrate, ma per la prima volta è stato enunciato in un
85
contesto di terapia sperimentale da Claude Bernard nel 1957 (87). Nel 1964 la
Dichiarazione di Helsinki della World Medical Association ha formulato i principi
base per la condotta della ricerca umana biomedica, poi emendati nel 2000 (88).
Il problema specifico della sostenibilità etica della ricerca nei Paesi in via di
sviluppo è stato affrontato per la prima volta nel 1982 dal Council for International
Organization of Medical Sciences (C.I.O.M.S.) che, in collaborazione col W.H.O.,
ha proposto delle linee guida per la ricerca internazionale, emendate nel 1993 e
quindi nel 2002 (89). Negli ultimi anni, a fronte dell’evidenza della scarsa
attuazione di queste linee guida, sono state istituite delle commissioni nazionali di
bioetica, ma al giorno d’oggi non tutti i Paesi hanno delle leggi che regolino la
ricerca sugli esseri umani, sia quella effettuata da istituti stranieri che quella
sponsorizzata localmente (90).
Requisiti fondamentali della ricerca sugli esseri umani
La ricerca, internazionale o locale, deve innanzitutto rispondere a tre requisiti
fondamentali: “non far male, far bene ed essere equa”.
Essa è quindi tenuta a:
-
rispettare la dignità di tutti i soggetti coinvolti, non utilizzando persone in stato
di bisogno per ottenere conoscenze che potrebbero esser utili solo a terzi;
-
essere rilevante per i bisogni sanitari del paese in cui si svolge lo studio,
coinvolgendo la comunità e stimolando la domanda di ricerche che rispondano
alle esigenze della popolazione.
Chi si occupa di ricerca a sua volta deve:
-
collaborare con studiosi e ricercatori locali con cui, tra l’altro, negoziare lo
“standard of care” da garantire alla popolazione oggetto dello studio;
-
coinvolgere gli amministratori locali e coloro i quali sono responsabili della
definizione della politica sanitaria;
-
garantire che gli eventuali benefici della ricerca siano ragionevolmente
disponibili per gli abitanti della comunità in cui essa si è svolta;
86
-
garantire l’accesso ai trattamenti in oggetto, se dimostrati efficaci e sicuri, anche
dopo il termine dello studio;
-
ottenere un autentico consenso informato (91, 92).
Il problema della definizione dello “standard of care”
Le ricerche che senza scrupoli sfruttano la vulnerabilità e il bisogno di una
popolazione sono, ovviamente, da condannare. In molti casi, tuttavia, è necessario
applicare lo spirito piuttosto che la lettera delle linee guida, permettendo
un’interpretazione
contestuale
delle
proposizioni
enunciate
nei
trattati
internazionali.
Ad esempio, è principio universalmente accettato il fatto che i benefici, i rischi e
l’efficacia di un nuovo metodo profilattico, diagnostico o terapeutico dovrebbero
essere paragonati con quelli del miglior metodo profilattico, diagnostico o
terapeutico disponibile al momento, ovvero che ad ogni partecipante ad uno studio
scientifico, inclusi i casi-controllo, dovrebbe essere garantito quello che è
considerato lo “standard of care”, il trattamento standard in uso nel mondo. Ciò non
esclude l’uso di placebo, o di nessun trattamento, nei casi in cui non esista un
metodo diagnostico profilattico o terapeutico provato (90).
Qualora lo “standard of care” sia variabile da Paese a Paese, o addirittura all'interno
dello stesso Paese, a causa della scarsità di risorse, si pone il problema di decidere
quali sperimentazioni possano essere testate e quali trattamenti possano essere
offerti al gruppo di controllo nel corso di una sperimentazione.
Anche se non esplicitato nella Dichiarazione di Helsinki, lo “standard of care” che
deve essere garantito a tutti i partecipanti allo studio dovrebbe essere interpretato
nel contesto del luogo di studio piuttosto che a livello mondiale. In situazioni in cui
lo “standard of care” riconosciuto a livello internazionale, o addirittura quello
assunto a livello nazionale, non sia disponibile per la popolazione è quindi possibile
effettuare degli studi che valutino l’impatto di altri metodi profilattici, diagnostici o
terapeutici, considerati sostenibili in quel determinato contesto.
Il “Gadchiroli trial” è uno studio effettuato in India nel 1999 che ha fatto scuola in
87
questo ambito della discussione etica. Nel contesto del territorio rurale indiano, un
gruppo di operatori sanitari addestrati ha somministrato una terapia antibiotica per
via orale e intramuscolare ai neonati affetti da sospetta sepsi. Ovviamente questo
tipo di trattamento sul territorio della sepsi neonatale non rientra in nessuno
“standard of care” riconosciuto a livello internazionale né in quello dello Stato
indiano, che prevede il ricovero in Terapia Intensiva Neonatale e la terapia
antibiotica per via parenterale. Lo studio, quindi, stando alla lettera delle linee
guida, non avrebbe dovuto essere eseguito. I ricercatori hanno affrontato un
complesso lavoro di approfondimento scientifico ed etico, giungendo alla
conclusione che, in un contesto in cui lo “standard of care” era riconosciuto come
non sostenibile, l’attuazione di questo intervento “sub-ottimale” era accettabile.
L’attuazione del Gadchiroli trial ha così permesso la riduzione della mortalità
neonatale del 72% nel contesto di una popolazione che altrimenti non avrebbe
ricevuto nessun trattamento e rivendica il principio per cui ogni LMIC deve avere la
possibilità di sviluppare interventi sanitari che possano adattarsi alle condizioni
socioculturali ed economiche locali (91).
E noi?
Fare ricerca nei LMICs è difficile: mancano strumenti, fondi, organizzazione,
risorse umane. Il personale sanitario, locale ed espatriato, è spesso gravato dal
lavoro clinico; le istituzioni statali che dovrebbero formare gli specialisti faticano a
trovare le risorse anche per l’istruzione universitaria di base; gli investimenti
necessari per la ricerca sono eccessivamente costosi per sistemi che mancano di
fondi persino per le urgenze.
Ciò nonostante, è evidente l’urgenza di cercare soluzioni innovative, basate
sull’evidenza e sostenibili per problemi che toccano un numero elevatissimo di
persone. E’ altresì evidente la necessità di elaborare una letteratura scientifica che
possa essere utilizzata per la stesura di protocolli locali e per effettuare delle
decisioni cliniche in un contesto in cui, purtroppo, le linee guida adatte agli HICs
non sono proponibili.
Il progetto del nostro lavoro era essenzialmente clinico e di formazione, ma lo
88
scontrarsi quotidianamente con la difficoltà nutrire in maniera adeguata i neonati a
noi affidati ci ha spinti ad elaborare questa sperimentazione.
La pasta di supplementazione da noi progettata, ovviamente, non rientra negli
“standard of care” per la nutrizione del neonato prematuro in nessuna parte del
mondo; siamo consapevoli del fatto che essa presenti carenze importanti dal punto
di vista nutrizionale e che sarebbe impensabile somministrarla nei HICs, dove si
hanno a disposizione alimenti sofisticati che molto meglio rispondono alle necessità
dei piccoli pazienti. Abbiamo discusso la legittimità del nostro studio e ci è
sembrato giusto privilegiare lo spirito piuttosto che la lettera della legge,
sperimentando la tollerabilità di un alimento che, pur in modo imperfetto, potrebbe
contribuire alla crescita adeguata di neonati che altrimenti stenterebbero ad ottenere
tale risultato.
Uno studio di ricerca come il nostro ha costi vivi molto modesti, tuttavia richiede un
accurato lavoro di progettazione basato sulla letteratura internazionale esistente, la
collaborazione del personale medico e infermieristico, che si trova a dover gestire
un’attività in più durante il consueto orario di lavoro, ed infine un’assidua opera di
raccolta dati.
Questa parte dello studio, che comprende idealmente un rigoroso follow-up per
valutare sul lungo termine le conseguenze dei nostri interventi, è forse la fase più
delicata ed importante. E’ necessaria la più precisa opera di raccolta dati e la più
limpida onestà intellettuale per trarre delle conclusioni rigorosamente basate sui
fatti, e quindi utili.
Mi pare infine importante sottolineare la scelta di effettuare una sperimentazione
con materiali e strumentazioni estremamente economici e semplici, in modo da
permettere, in futuro, la produzione e l’utilizzo della pasta di supplementazione
anche da personale non medico (per esempio infermieri, operatori sanitari di
comunità), in contesti rurali o comunque in assenza di personale espatriato. Infatti è
nostra convinzione la necessità di progettare una cooperazione tra HICs e LMICs
89
basata più sulla valorizzazione delle potenzialità e dell’autonomia dei Paesi in via di
sviluppo che sul mero assistenzialismo.
9.4 CONCLUSIONI
Molte questioni restano, ovviamente, aperte, ad esempio il problema di come affrontare pragmaticamente i bisogni più urgenti senza perdere di vista la più alta
aspirazione a colmare le iniquità economiche e sanitarie tra ricchi e poveri. A fronte
della quotidiana esperienza dell’ingiustizia e del fallimento, a fronte dell’evidente
insufficienza delle proprie risorse per colmare bisogni sproporzionatamente grandi,
a fronte della frustrazione di assistere alla morte di bambini che in altre parti del
mondo avrebbero potuto vivere, credo che occorra ricordare che “il bene
concretamente possibile è tutto il bene”.
Infine, sembra necessario migliorare le capacità locali di ricerca non solo sanitaria,
ma anche etica, attraverso lo studio di questa disciplina nelle università di medicina
e nei programmi di istruzione in Sanità Pubblica: “Finché tutti gli studiosi di etica
sono nel Nord del mondo e il Sud è solo ricevente passivo dei principi etici, non
cambierà nulla” (Abdallah Daar) (90).
90
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Grazie a Giovanni e Suor Bruna, per il lavoro fatto insieme, per il quotidiano esempio di
professionalità e dedizione. Con affetto, stima e gratitudine grandi.
Grazie a Vanya, Nicola, MariaChiara, Martina.. e al loro Bimby!
Grazie a tutti coloro con cui ho avuto l’onore e la gioia di lavorare a Ngozi: Marta, Suor
GiliaPia, Suor Costancia, Joachim, Sandra, e ai bambini, e alle loro mamme.
Grazie ai miei genitori Edda e Marco, per l’amore e la fiducia.
Grazie al Claudio, per la novità.
Grazie agli amici Elisa, Giulia, AnnaMaria, fr.Giampaolo, Francesco, Leonardo, per il
tempo, le parole, la vita.
Grazie a Roberta, per la paziente opera di correzione dei testi.
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