materiale dott. Berrone - consorzio servizi sociali a6

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materiale dott. Berrone - consorzio servizi sociali a6
Carlo Berrone
Università di Pavia
Dipartimento di Psicologia
Bullismo e condotte devianti:
percorsi di intervento
Atripalda, 20 maggio 2011
Premessa
• Gli adolescenti di oggi sono digital natives,
diversamente dagli adulti, definibili digital
immigrants…
• I minori non hanno mai vissuto in un
mondo privo di strumenti elettronici di
comunicazione; questi ultimi sono, quindi,
elementi costitutivi della realtà quotidiana
dei nostri giovani e mediano gran parte
delle loro interazioni sociali
Bullismo: l’origine del termine
Bullismo deriva dall’inglese BULLYING,
termine a sua volta derivato dal verbo
TO BULLY, che, genericamente, significa:
costringere qualcuno, usando la forza
ed il potere, a fare qualcosa che
spontaneamente non avrebbe fatto
Bullismo:
la definizione psicologica
Nella letteratura psicologica,
però, il termine è utilizzato in
un’accezione meno generica…
• Uno studente è oggetto di azioni di bullismo,
ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando
viene esposto, ripetutamente nel corso del
tempo, alle azioni offensive messe in atto da
parte di uno o più compagni;
• un’azione viene definita offensiva quando una
persona infligge o arreca intenzionalmente un
danno o un disagio ad un’altra (Olweus, 1996)
Le tre caratteristiche fondamentali la cui
compresenza giustifica l’impiego del termine
“bullismo” in psicologia sono, quindi:
1) l’intenzionalità (il bullo è contraddistinto dalla volontà di
nuocere alla sua vittima);
2) la reiterazione (il bullismo è una prevaricazione che la
vittima subisce ripetutamente dal-i medesimo-i soggetto-i);
3) lo squilibrio di potere (il bullo è dotato di maggiore forza
fisica e/o psicologica rispetto alla vittima; la relazione
bullo-vittima è, dunque, asimmetrica )
Tipologie di bullismo
E’ opportuno distinguere varie forme di bullismo:
• diretto fisico: il bullo agisce prepotenze fisiche sulla
vittima (pugni, calci, percosse…);
• diretto verbale: il bullo insulta, minaccia, deride la
vittima;
• indiretto: colpisce la dimensione relazionale della
vittima, che è fatta oggetto di isolamento sociale
(esclusione dal gruppo dei pari); è una forma di
bullismo perpetrata in modo particolarmente abile
dalle femmine
Inoltre… il cyberbullismo
• Forma di prevaricazione che sfrutta le
risorse di Internet e telefonia mobile
• Fenomeno che non necessita della
compresenza di aggressore ed aggredito
nel medesimo contesto fisico (in genere,
nel bullismo “tradizionale”, la scuola ed i
luoghi e le circostanze ad essa connessi)
e/o temporale
Come il bullismo tradizionale, il
cyberbullying comporta:
• intenzionalità;
• natura ripetitiva;
• disparità di potere cyberbullo/vittima (il
primo ha competenze tecnologiche
superiori alla seconda)
Cyberbullismo
Fattore disinibente a favore del bullo:
la possibilità di celare la propria identità
Si ricordi che, attualmente, gli adolescenti
utilizzano Internet prevalentemente
a scopo comunicativo (instant messaging,
chat, social networks);
ciò incrementa il rischio di coinvolgimento
nel fenomeno del bullismo elettronico
Cyberbullismo
Inoltre, la comunicazione on line può
determinare frequenti occasioni di
fraintendimento; ad es. gli interlocutori non
possono cogliere l’ironia espressa dal tono
della voce o dalle espressioni facciali; ciò
può dar origine a scambi comunicativi
che degenerano in ostilità
Strumenti e tipologie
di bullismo elettronico
1. il telefono cellulare (telefonate, SMS,
MMS, immagini o videoriprese
successivamente diffuse); la possibilità di
occultarlo agevolmente consente tanto di
eludere con facilità i divieti d’uso in
ambiente scolastico quanto di cogliere
immagini, potenzialmente imbarazzanti,
di ignari soggetti….
… ciò contribuisce all’espansione di un
fenomeno che realizza un deleterio
connubio fra bullismo tradizionale e
cyberbullying:
l’happy slapping, che
consiste nel videoriprendere, ai fini della
diffusione del filmato nel contesto delle
conoscenze dei cyberbulli o in quello,
enormemente più vasto, del web, un
individuo prevaricato in un’interazione
faccia a faccia;
2. la posta elettronica
(invio di e-mail minacciose,
diffamatorie, ingiuriose, etc.)
3. le chatrooms, spazi di discussione
all’interno dei quali un partecipante può
divenire pubblicamente oggetto degli
attacchi altrui
4. i blogs, pagine web personali nelle quali è
abitudine diffusa presso gli adolescenti
inserire aggiornamenti relativi ad esperienze
di vita, sogni, interessi ed aspirazioni, fonti di
informazione preziose per i prevaricatori in
agguato, che hanno altresì la possibilità di
postare commenti denigratori;
5. siti web creati con l’intenzione di
diffamare, umiliare o minacciare la
vittima; possono includere immagini di
quest’ultima associate a sondaggi che
invitano i visitatori ad esprimere una
valutazione del suo aspetto fisico (si
pensi alle potenziali ripercussioni di tale
voyeuristica modalità sugli adolescenti
che vivono in maniera problematica la
dimensione corporea);
6. i mondi virtuali (es. SecondLife)
in cui atti di prevaricazioni sono
possibili fra gli avatars;
7. i giochi online, partecipando ai quali è
altresì possibile il contatto vocale fra
antagonisti, contatto che può degenerare
in insulti, denigrazioni, malignità finalizzati
alla prevaricazione psicologica
dell’avversario;
8. il photoshopping, procedura che consiste
nel modificare un’immagine della vittima,
inserendola in un contesto umiliante,
osceno, ridicolizzante, per poi diffondere
nel web il frutto dell’operazione
Cyberbullismo
La vittima di cyberbullying:
è sovente un soggetto che subisce anche bullismo
“tradizionale”
Il cyberbullo:
• è sovente anche un bullo «faccia a faccia»
• può essere una vittima di bullismo “tradizionale” che
sfrutta le proprie competenze tecnologiche al fine di
trovare una rivalsa – per sé o per amici vittimizzati - nel
cyberspazio (revenge of the nerds)
Bullismo e aggressività
Il bullismo può essere considerato,
ricordando le tre caratteristiche illustrate in
precedenza, una peculiare manifestazione
di comportamento aggressivo
Tipologie di aggressività
Occorre distinguere due tipologie fondamentali di
AGGRESSIVITA’
(possono entrambe coesistere in un individuo, ma
una di esse tenderà a prevalere):
AGGRESSIVITA’ REATTIVA
ed
AGGRESSIVITA’ PROATTIVA
Aggressività reattiva
• «a defensive reaction to a perceived threatening
stimulus» (Dodge e Coie, 1987);
• contraddistingue il soggetto che tende ad
interpretare gli stimoli sociali (ad es. il
comportamento dei compagni) in senso ostile e
minaccioso;
• modello “frustrazione-aggressività”: la reazione
violenta deriva da una percezione di minaccia o di
ostacolo al conseguimento degli obiettivi del
soggetto
Aggressività proattiva
• “fredda”, pianificata per ottenere un beneficio anticipato
(un oggetto posseduto dalla vittima oppure la sofferenza
di quest’ultima);
• ha natura predatoria ed è messa in atto senza rimorsi;
• è considerata più grave dell’aggressività reattiva, anche
perché coloro che ne sono caratterizzati tendono ad
affiliarsi a soggetti simili che offrono rinforzo ai
comportamenti devianti;
• predispone alla criminalità ed all’abuso di sostanze in età
adulta (Pulkkinen, 1996; Raine et al, 2006);
• pare essere in aumento (Mac Adams III, 2002)
BAMBINI AGGRESSIVI
REATTIVI
BAMBINI AGGRESSIVI
PROATTIVI
Sono deficitari nella comprensione di
aspetti critici di situazioni sociali
ambigue
Hanno aspettative positive circa gli
esiti del loro comportamento
aggressivo
Di conseguenza tendono ad attribuire
agli altri intenzioni ostili ed
aggrediscono spinti da tale errata
attribuzione
Percepiscono emozioni positive in
seguito alle azioni aggressive
La loro attivazione fisiologica
nell’agire aggressivamente è bassa
Sono caratterizzati da acting out e
scoppi d’ira
Spesso sono visti dai pari come leaders
Non godono di popolarità presso i pari
e sono spesso oggetto di isolamento
sociale
Tendono ad aggregarsi a soggetti simili
a loro e da essi ricevono rinforzi ai loro
comportamenti
L’aggressività dei bulli
Varie proposte teoriche sono state avanzate
per spiegare
il comportamento aggressivo dei bulli
•
•
•
•
•
•
Dodge, negli anni Ottanta del XX secolo, condusse una
serie di studi sui ragazzi aggressivi americani che lo
portarono a leggere le loro condotte disadattive alla luce
di un errato processamento degli stimoli sociali.
Il social information processing descritto dall’autore si
articola nelle sei fasi seguenti:
decodifica dello stimolo sociale;
interpretazione dello stimolo;
scelta degli obiettivi;
generazione di possibili risposte;
scelta di una risposta fra le alternative generate;
esecuzione della risposta selezionata.
Secondo Dodge, gli individui aggressivi
tendono a fallire in una delle suddette fasi;
essi, quindi, sarebbero contraddistinti da:
• una carente decodifica dell’informazione
sociale (interpretata come ostile);
• una gamma limitata di opzioni non
aggressive di reazione, specialmente in
situazioni di conflitto interpersonale
(Dodge, 1980; Gini, 2006)
Varie ricerche hanno criticato
l’impostazione teorica di Dodge,
sostenendo che i soggetti aggressivi siano
in realtà degli ottimi “lettori” degli stati
d’animo e delle intenzioni altrui, e che
usino tale abilità machiavellica per
ricavare vantaggi personali, manipolare gli
altri, mantenere la dominanza e difendere
il proprio status
Attualmente, la ricerca psicologica tende a
confermare che ciò che differenzia i bulli
dagli individui non aggressivi NON sia la
carenza di abilità sociali, bensì la
mancanza di EMPATIA unita al ricorso a
meccanismi di DISIMPEGNO MORALE
Teoria social-cognitiva
(Bandura, 1986, 1991, 1999)
Si differenzia dalle teorie di impostazione
psicodinamica o comportamentista in quanto
non concepisce la
CONDOTTA AGGRESSIVA
né come scarica di pulsioni interne, né
come condotta appresa, strumentale al
conseguimento di determinati obiettivi
Teoria social-cognitiva
- Meccanismi che all’interno dell’individuo
fissano le coordinate morali
della sua condotta
- Standard personali che arginano le
condotte aggressive (anticipazione di
autoriprovazione), ma anche capacità
cognitive di autogiustificazione e
autoassoluzione (≠ mancanza di princìpi
morali)
Disimpegno morale
A. Bandura (1991) ha identificato 8 meccanismi
di moral disengagement:
• Giustificazione morale (es. “è giusto battersi
quando è in gioco l’onore del proprio gruppo”)
• Etichettamento eufemistico (es. “picchiare dei
compagni fastidiosi significa solo dar loro una
lezione”)
• Confronto vantaggioso (es. “ho rubato solo un
astuccio, non è grave visto che c’è chi ruba milioni di
euro”; “gli ho dato solo uno spintone, mica un
pugno”)
Disimpegno morale
• Dislocazione della responsabilità (es.
“ho soltanto eseguito gli ordini del mio
capo”)
• Diffusione della responsabilità (es.
“non è colpa mia, l’abbiamo fatto tutti
insieme”; “non sono stato solo io,
c’erano anche degli altri”)
• Distorsione delle conseguenze (es.
“ma non si è fatto niente!”)
Disimpegno morale
• Deumanizzazione della vittima (es.
“quello è un maiale”)
• Attribuzione di colpe alla vittima (es.
“è stato lui a provocarmi”)
Disimpegno morale
“By using these eight disengagement
mechanisms, individuals become able to act
contrary to their moral beliefs while still
upholding the experience of behaving
morally” (Obermann, 2010, 135)
Disimpegno morale
Tali meccanismi costituiscono operazioni di
ristrutturazione cognitiva che consentono al
trasgressore di una norma di lenire il senso di
colpa e la vergogna potenzialmente derivanti
dall’atto trasgressivo; con essi l’individuo
opera una sorta di “derubricazione morale”
del danno prodotto (Pagnin, Zanetti &
Pazzaglia, 2004)
DM e bullismo
DM globale correla positivamente con
l’aggressività verso gli altri
Obermann (2010), 739 adolescenti danesi:
-associazione bullismo agìto e DM (nomine dei
pari, self report)
-bulli, bulli-vittime e vittime: punteggi di DM
significativamente più elevati rispetto ai non
coinvolti
DM e cyberbullismo
Letteratura ancora piuttosto scarsa
•Pornari & Wood (2010), 339 adolescenti
britannici:
DM globale predittore di cyberbullismo agìto
•Renati, Berrone & Zanetti (submitted), 819
adolescenti italiani:
cyberbulli e cyberbulli-vittime più
moralmente disimpegnati di vittime “pure” e
non-coinvolti
Empatia
Definizione esaustiva
(include i due aspetti
della responsività empatica):
“the ability to understand and share in
another’s emotional state or context”
(Cohen and Strayer, 1996, 988)
Empatia
•EMPATIA COGNITIVA: capacità di capire gli stati
emotivi ponendosi nella prospettiva emotiva altrui
•EMPATIA AFFETTIVA: capacità di esperire in
modo vicario le emozioni altrui, “to appreciate the
emotional consequences of [one’s] behaviors on
others’ feelings, and to share in, and empathize
with, the feelings of others” (Gini, 2006, 536)
Empatia e bullismo
Bulli e bulli-vittime
(specialmente se maschi):
-correlazione negativa con empatia affettiva
Difensore della vittima:
- ruolo che correla positivamente con la
responsività empatica globale
Empatia e cyberbullismo
Steffgen & König (2009),
2070 studenti lussemburghesi (12-24 anni):
il deficit di responsività empatica dei cyberbulli nei
confronti delle loro vittime risulta significativamente
superiore a quello che caratterizza i bulli
“tradizionali”
POSSIBILE SPIEGAZIONE??
Empatia e cyberbullismo
Renati, Berrone & Zanetti (submitted),
819 adolescenti italiani:
i punteggi di empatia affettiva dei cyberbulli
risultano significativamente inferiori a quelli
degli altri ruoli
(vittime «pure», cyberbulli-vittime, soggetti
non coinvolti)
Contesto familiare
dei prepotenti
Sono stati identificati alcuni
fattori di rischio che,
se presenti nel contesto familiare
del bambino, possono rappresentare
precondizioni favorenti la comparsa di
comportamenti di prevaricazione
verso i pari; ne segnaliamo alcuni:
• atteggiamento distanziante, mancanza di calore
e di coinvolgimento nella relazione con il
bambino da parte delle figure di accudimento nei
primi anni di età;
• stile educativo genitoriale eccessivamente
permissivo, che non pone limiti e non offre
contenimento all’aggressività;
• uso coercitivo del potere da parte dei genitori:
punizioni fisiche, violente esplosioni emotive;
• lunghi periodi caratterizzati da assenza di
supervisione da parte degli adulti
Il problema della permissività e del
contenimento degli impulsi aggressivi
appare particolarmente attuale se si
considera il modello familiare ormai
dominante nelle società occidentali,
modello caratterizzato da una certa
“debolezza” della figura paterna, la cui
funzione normativa è affievolita
:
Dalla famiglia delle regole alla famiglia degli affetti
(Pietropolli Charmet, 2000)
IERI
Rigidità negli atteggiamenti e
nelle regole
Regime educativo autoritario
Confini rigidi e distanzianti fra i
membri della famiglia
Rigidità gerarchica con ruoli ben
marcati
Processi di responsabilizzazione
ed emancipazione precoci
OGGI
Mancanza di regole o confusione
Regime di negoziazione continua
Confini “inesistenti” o confusi fra i
membri della famiglia
Sovrapposizione di ruoli, con una
tendenza alla “latitanza" del ruolo
paterno
Processi per mantenere per lungo
tempo i figli all'interno della famiglia
Le vittime
Le ricerche hanno evidenziato l’esistenza
di due tipologie ben distinte di soggetti
vittimizzati, tipologie caratterizzate da
profili psicologici specifici:
VITTIME PASSIVE
e
VITTIME AGGRESSIVE
(o VITTIME PROVOCATRICI,
o BULLI-VITTIME)
Le vittime passive
Presentano le caratteristiche seguenti:
• si tratta di soggetti ansiosi, insicuri, cauti,
esteriormente calmi;
• se attaccati, reagiscono piangendo o
chiudendosi in loro stessi: mancano di
adeguate strategie per fronteggiare le
emozioni derivanti da situazioni stressanti,
che causano in loro senso di fallimento e
frustrazione;
Le vittime passive (2)
• sono caratterizzati da carente autostima,
opinione negativa di sé, si considerano
stupidi, falliti, poco attraenti;
• spesso sono fisicamente più deboli dei
pari;
• hanno un atteggiamento negativo nei
confronti della violenza;
Le vittime passive (3)
• dal punto di vista delle relazioni sociali, sono
spesso oggetto di isolamento, oppure
intrecciano relazioni con altre vittime passive;
ottengono bassi livelli di accettazione da parte
dei pari;
• possono far parte di gruppi minoritari (disabili,
stranieri, soggetti il cui comportamento non è
tipico del genere cui appartengono): tale
appartenenza incrementa il rischio di subire
prevaricazioni.
•
Le famiglie delle vittime passive
Il contesto familiare in cui crescono le vittime passive,
sembra caratterizzato da un elevato livello di coesione e
iperprotezione, alti livelli di comunicazione e basso
livello di conflittualità e controllo coercitivo.
Questi attributi dell’ambito familiare favoriscono
l’instaurarsi di un forte legame di interdipendenza tra i
membri, vincolo che impedisce al bambino di sviluppare
un adeguato livello d’indipendenza e autonomia
personale: racchiuso come si sente all’interno del proprio
nucleo protettivo, egli sviluppa un atteggiamento
d’ansia e paura verso il mondo esterno
(Genta, 2002; Menesini, Giannetti & Genta, 1999).
Le vittime aggressive
Le vittime aggressive condividono
alcuni tratti del loro comportamento
sia con le vittime passive, sia con i bulli.
;
Le vittime aggressive (2)
Più specificamente gli aspetti che le
accomunano alle prime sono depressione,
ansia sociale, bassa autostima e rifiuto da
parte dei pari, mentre sono associate alla
categoria dei bulli per i loro comportamenti
aggressivi e antisociali (si tratta di soggetti
che si comportano in modo da causare
irritazione e tensione; spesso risultano
sgraditi anche agli adulti), problemi di
concentrazione, impulsività e iperattività
Le vittime aggressive (3)
Per quanto riguarda le relazioni con i coetanei,
come le vittime passive, hanno scarsi rapporti
con i pari, ma ciò che differenzia le vittime
passive da quelle aggressive è che le prime
riescono a creare una, seppur limitata, rete
amicale costituita, tendenzialmente, da altre
vittime (Pellegrini, Bartini & Brooks; 1999),
mentre sembra che le vittime aggressive siano
particolarmente soggette a rifiuto ed isolamento,
ciò che le pone in una posizione di ancor più
accentuato svantaggio sociale
Le vittime aggressive (4)
Perry et al. (1992) hanno definito la figura
della vittima provocatrice come
“aggressore inefficace” o “vittima ad alto
conflitto”; secondo gli autori, questi
bambini hanno difficoltà a modulare la loro
affettività in situazioni di conflitto
interpersonale, durante le quali si verifica
un’iperattivazione emotiva che trasforma
l’interazione con i pari in uno scambio
aggressivo, che successivamente sfocia in
angoscia emotiva e frustrazione per il
soggetto.
Le vittime aggressive (5)
Sono “aggressori inefficaci” poiché si
differenziano dai bulli “aggressori efficaci”,
i quali, tramite comportamenti aggressivi,
riescono a raggiungere i propri obiettivi
Sono “vittime ad alto conflitto” perché si
contrappongono alle “vittime a basso
conflitto”, cioè le vittime passive, che
esibiscono un comportamento sottomesso
VITTIME PASSIVE
VITTIME AGGRESSIVE
Poco inclini a protestare
verbalmente, stuzzicare gli altri
o iniziare gli scontri
Modello reattivo ansioso: non
sanno difendersi se attaccate,
spesso reagiscono piangendo
Sono più ansiose e insicure dei
coetanei e meno assertive
Hanno un’opinione negativa di
sé e bassa autostima
Vivono spesso in condizioni di
isolamento e hanno pochi amici
(per lo più altre vittime).
Hanno un comportamento che
spesso irrita gli altri
Modello
reattivo
ansiosoaggressivo: usano l’aggressività
in modo inefficace
Hanno atteggiamenti provocatori
e difficoltà di controllo delle
emozioni
Sono soggette a isolamento e
alienazione ancor più delle
vittime passive
Le famiglie delle vittime aggressive
Gli studi che hanno esaminato l’ambiente
familiare delle vittime provocatrici non
sono molti; Rigby (1994) riportò che esse
vedono le loro famiglie come
caratterizzate da un basso livello di
comunicazione e carenza di affetto e di
sentimenti positivi, e i soggetti indagati da
Baldry e Farrington (1998) descrissero i
loro genitori come autoritari, punitivi e
carenti di capacità di supporto
E’ importante ricordare come, sovente, il
bullismo costituisca un fenomeno di
gruppo, uno scenario nel quale
interagiscono anche soggetti distinti dai
protagonisti su cui abbiamo finora
focalizzato la nostra attenzione….
1. BULLO: chi prende attivamente l’iniziativa nell’agire
prepotenze verso i compagni.
2. AIUTANTE: chi agisce in modo prepotente,
ma come seguace del bullo, in posizione secondaria
(non prende l’iniziativa)
3. SOSTENITORE: chi agisce rinforzando il comportamento
del bullo, per esempio ridendo, incitando
o semplicemente guardando
4. DIFENSORE: chi prende le difese della vittima,
cercando di far cessare le prepotenze o consolandola
5. OUTSIDER: chi resta al di fuori
delle situazioni di prevaricazione,
poiché ritiene che non lo riguardino
6. VITTIMA: chi subisce in modo ripetuto le prepotenze
Contrastare il bullismo
Quali sono le caratteristiche
comuni dei programmi
antibullismo efficaci?
(Zanetti, Renati, Berrone, 2009)
Contrastare il bullismo
Non
adottano
una
prospettiva
esclusivamente within the child (ricerca di
deficit nel bullo e nella vittima), ma un
approccio sistemico → tengono conto del
funzionamento dell’individuo nel/i sistema/i
relazionale/i di cui fa parte
Contrastare il bullismo
Agiscono su più livelli, in una
prospettiva sistemica → ad es. se sono
destinati al contesto scolastico
prevedono, oltre ad attività con i
ragazzi:
- specifici trainings per docenti e dirigenti;
- il coinvolgimento delle famiglie.
Contrastare il bullismo
Si articolano in vari livelli di intensità (Pepler
et al., 2008):
- bambini con competenze prosociali già ben
sviluppate
→
insegnamento
non
individualizzato, ma rivolto al gruppo;
semplici chiarimenti sulla pericolosità del
bullismo e sui modi adeguati di reagire ad
esso;
Contrastare il bullismo
- bambini caratterizzati da rischio moderato
di bullismo agìto/subìto: azioni di sostegno
anche individualizzate, che prevedano, fra
l’altro, insegnamenti atti ad incentivare la
richiesta d’aiuto rivolta agli adulti
significativi (insegnanti!!)
Contrastare il bullismo
- soggetti cronicamente ad alto rischio di
comportamento bullistico o vittimizzazione:
non bastano gli interventi circoscritti
all’àmbito scolastico, servono forme di
sostegno individualizzate unite ad azioni di
counseling alle famiglie e, in taluni casi,
all’invio ai servizi territoriali
Contrastare il bullismo
Alta caratteristica degli interventi efficaci:
- coniugano azioni focalizzate sulle
interazioni
in
atto,
rinforzando
i
comportamenti positivi nell’hic et nunc, ad
azioni a lungo termine, in particolare se
sono presenti soggetti ad alto rischio di
cronicizzare bullismo e/o vittimizzazione
Contrastare il bullismo
Una proposta …
pavese
Contrastare il bullismo
L’Alfabeto dei bulli (Zanetti et al., 2007):
-intervento di prevenzione primaria contro le
relazioni aggressive a scuola;
-si implementa a livello di gruppo-classe;
-è un percorso di alfabetizzazione morale
rivelatosi efficace nel contrastare i
meccanismi di disimpegno morale (Berrone,
Renati & Zanetti, 2009)
Kohlberg: la teoria stadiale
dello sviluppo morale
Kohlberg (1969) elaborò una teoria dello
sviluppo morale che concepisce l’evoluzione
della moralità come una successione
universale ed invariabile nello sviluppo
individuale di livelli e stadi.
La valutazione degli stadi del ragionamento
morale si basa sulla somministrazione di
dilemmi morali e di interviste strutturate ad essi
relative.
I dilemmi morali
Un dilemma morale è una situazione in cui entrano in
conflitto almeno due interessi o valori e che
generalmente implica contrasto tra norme giuridicosociali e soddisfacimento di bisogni individuali.
Tale contrapposizione, nell’ottica di Kohlberg, genera un
conflitto cognitivo che l’individuo è stimolato a superare
attraverso modalità di ragionamento morale che
evolvono attraverso la suddetta successione universale
ed invariabile.
L’Alfabeto dei bulli
Discussione collettiva di dilemmi morali
nel gruppo-classe → esposizione al
ragionamento
morale
altrui
→
promozione
dell’innalzamento
del
livello di ragionamento morale del
gruppo
→
minore
ricorso
ai
meccanismi di disimpegno morale
L’Alfabeto dei bulli
- Dilemmi che vertono su situazioni di vita
quotidiana di bambini e adolescenti
- Stimoli di discussione che facilitano il
conflitto cognitivo e «ruotano» la
prospettiva, introducendo varianti nello
scenario di partenza
- Domande facilitatorie per alleviare la fatica
cognitiva
dilemma “IL FURTO”
A metà dell’intervallo, Giulia si ricorda di aver dimenticato in classe
un CD prestatole da una sua amica che frequenta la stessa scuola a
cui ora deve restituirlo. Entrando in classe velocemente intravede
Luca, un suo compagno, sfilare le mani dal giubbotto di Marco ed
uscire facendo finta di niente.
Giulia non dà peso alla cosa, prende il CD dal suo zaino e lo
restituisce all’amica.
Alla ripresa delle lezioni, Marco interrompe le spiegazioni del
professore dicendo che il suo telefono cellulare è sparito.
Giulia si chiede cosa deve fare.
77
Dilemma “IL FURTO”:
stimoli per la discussione
1.
2.
3.
Che cosa deve fare Giulia? È affare suo?
Cambierebbe qualcosa se il ragazzo sospettato del furto fosse amico
di Giulia?
Cambierebbe qualcosa se il ragazzo derubato fosse amico di Giulia?
Perché?
Queste prime tre domande propongono il dilemma morale, che si origina dal
conflitto tra la tutela personale e il concetto di regola
_________________________________________________
4.
Come ti sentiresti se ti venisse rubato qualcosa ed un tuo amico pur
avendo visto non ti dicesse nulla? Che cosa penseresti di lui? Perché?
Qui si inizia a ruotare la prospettiva di osservazione che porta dalla posizione di
osservatore passivo a quella di colui che subisce
78
Dilemma “IL FURTO”:
stimoli per la discussione
5.
6.
7.
8.
In che rapporto stanno amicizia e lealtà?
Chi osserva una scena di furto è corresponsabile del furto stesso?
Che ruolo dovrebbe avere l’insegnante? E i tuoi compagni?
Sono mai accaduti fatti di questo genere nella tua classe? E nella tua
scuola?
La quinta e l’ottava domanda sono “facilitatorie”.
La sesta e la settima introducono due nuove figure: l’osservatore e
l’adulto/gruppo dei pari; un buon livello morale affida a questi ultimi la base
sicura per la salvaguardia personale e dell’altro.
79
Dilemma “IL FURTO”: Profilo
SALVAGUARDIA PERSONALE
RISPETTO DELLE REGOLE
SOCIALI
1
Nulla (per es. non è affare suo; non è certa del 1
furto)
Intervenire (per es. è affare suo perché ha visto; è
una cosa grave)
2
No (per es. a maggior ragione non deve dire 2
nulla)
Sì (per es. può parlargli e convincerlo alla
restituzione)
3
No (per es. non deve intromettersi per non 3
andarci di mezzo)
Sì (per es. gli amici vanno tutelati)
4
Giusto (per es. non è affare suo, non deve 4
intromettersi)
Male (per es. penserei molto male di lui, non mi è
leale)
5
Facilitatoria
5
Facilitatoria
6
No (per es. non lo ha rubato lui)
6
Sì (per es. non è intervenuto in difesa del
derubato, facilitando il ladro)
7
Nessuno (per es. è una cosa privata, non è 7
affare loro)
Di mediazione (per es. i compagni dovrebbero
mediare al fine di favorire la restituzione;
l’insegnante dovrebbe punire)
8
Facilitatoria
Facilitatoria
8
80
dilemma “UN FILMATO IMBARAZZANTE”
E’ da qualche tempo che a scuola, nella classe di Federico, ci si diverte a fare
riprese con il telefono cellulare. Non tutti però trovano la cosa divertente, in
particolare, nel gruppo delle ragazze, Michela , la più timida e chiusa, viene
presa in giro perché si rifiuta di partecipare al gioco facendosi riprendere o
riprendendo altri.
Ieri, finita l’ora di educazione fisica, Simona , aiutata da altre compagne, è
riuscita a filmare Michela mentre si stava facendo la doccia. Dopo pochi
minuti il filmato è stato inviato ai cellulari di tutti i compagni di classe
compreso quello di Federico.
Tutti ora ridono di Michela.
Simona propone a Federico, che è un mago del computer, di aiutarla a
diffondere il filmato in internet…
81
Dilemma “UN FILMATO IMBARAZZANTE”:
stimoli per la discussione
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Che cosa deve fare Federico? Perché?
Cambierebbe qualcosa se Simona fosse la ragazza che piace a
Federico?
Cambierebbe qualcosa se Michela fosse amica di Federico?
Cambierebbe qualcosa se Michela il giorno prima si fosse
rifiutata di aiutare Simona durante un compito in classe?
La diffusione in Internet di immagini “rubate” a scuola è un
fenomeno di cui si parla molto: tu che ne pensi?
Cambierebbe qualcosa se la persona ripresa in un momento
imbarazzante fosse un/una insegnante?
Cambierebbe qualcosa se l’insegnante in questione fosse
simpatico o antipatico?
82
Dilemma “UN FILMATO IMBARAZZANTE”:
stimoli per la discussione
8.
9.
10.
11.
Secondo te, la diffusione di immagini imbarazzanti può essere
paragonabile ad un’ aggressione fisica? Spiega la tua risposta
Se qualcuno diffondesse tue immagini imbarazzanti come ti
sentiresti e che cosa faresti?
Chi è più colpevole, Simona, Federico, le compagne che hanno
aiutato Simona a fare il filmato o il resto dei compagni di classe
che hanno riso di Michela?
Se dopo la diffusione del filmato, Michela non volesse più
tornare a scuola per la vergogna. come ti sentiresti se facessi
parte di quella classe? Come si potrebbe rimediare all’accaduto?
83
Dilemma “UN FILMATO IMBARAZZANTE”: Profilo
GRATIFICAZIONE/VANTAGGIO
PERSONALE
RISPETTO DELL’ALTRO
1
Diffonderà il filmato (per es. per 1
dimostrare una volta di più la sua abilità
al computer/ per comportarsi come
vuole il gruppo)
Si rifiuterà di diffondere il filmato (per es.
non violerà la privacy di Michela/ si
rifiuterà di turbare una ragazza così timida
2
Sì (per es. aiuterà Simona per far colpo su 2
di lei, non resisterà all’occasione di
mettersi in buona luce agli occhi della
ragazza che gli piace)
No (per es. Federico preferirà difendere
l’intimità di Michela malgrado Simona fli
piaccia)
3
Sì (per es. Federico si rifiuterebbe di 3
aiutare Simona e magari rivelerebbe a
Michela di averle evitato un’umiliazione
No (per es. non è l’amicizia che deve
spingere Federico a rifiutarsi di aiutare
Simona, ma il principio che vieta di
nuocere ad un altro)
4
Sì (per es. Simona merita di essere aiutata 4
a vendicarsi di Michela)
No (per es. il rifiuto di aiutare una
compagna in un compito scolastico non
può giustificare una vendetta così
umiliante)
5
Facilitatoria
Facilitatoria
5
84
Dilemma“UN FILMATO IMBARAZZANTE”:
Profilo
6
Sì (per es. Federico giudicato “fico” nel gruppo 6
se avesse contribuito ad umiliare un insegnante
No (per es. ciò che vale per una compagna vale
per qualsiasi adulto)
7
8
Sì (per es. se si trattasse di un docente antipatico 7
Federico si divertirebbe di più)
Facilitatoria
8
No (per es. neppure una persona antipatica può
meritare una violenza simile)
Facilitatoria
9
Facilitatoria
9
Facilitatoria
10
Simona e Federico sono i più colpevoli anche le
compagne che hanno aiutato a filmare lo sono,
ma non come quei due; chi si è limitato a ridere
che colpa può avere?
Se non avessi partecipato direttamente, ma mi
fossi limitato/a a ridere non mi sentirei in colpa
10
Sono tutti responsabili (per es. chiunque
contribuisca a far del male ad un altro è
colpevole)
11
Mi sentirei in colpa anche se avessi soltanto riso
di Michela
11
85
Grazie
dell’attenzione!
[email protected]

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