Sos ditzis lodinos - I proverbi lodeini
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Sos ditzis lodinos - I proverbi lodeini
Tel. 0784898018 int. 8 E-mail [email protected] Leze 482/99 Lodè Dott. Angelo Canu Sos ditzis lodinos - I proverbi lodeini Sos ditzis lodinos est una cherta cumintzata in su ‘eranu de su 2008 e in parte cuncruita su mese de Sant’Andria de su 2010, pro ‘achere in modu de los ponnere in su libru “Lodè: contributi antropologici alla sua storia”. Naro in parte, ca s’idea de custa cherta vit e est non de jucheret sa barrosia de pessare chi est aggabbata, ma de pessare chi est semper aberta ca cataunu de nois potet azuare ‘achende ischire sos ditzis chi connoschet e narande fintzas, si si potet ite cheren narrere. Manu manu chi an a arrivare an a essere postos in custa gollitura. Jeo pesso chi custa cherta potet essere de importu mannu pro sa ‘idda de Lodè ca grassia a issa si poten, pro primu, cumintzare a gollire paritzas paraulas chi nos semos immenticande e pro sicundu pessare de poter ‘achere unu ditzionariu de su lessicu lodinu. Su prozetu est mannu, ma dae carchi locu si devet cumintzare. E apustis, pro restare in tema de ditzis, “chie no ‘achet faina, no ‘achet faddina”! Chie cheret dare una ghettata ‘e manu a custu prozetu potet imbiare sos ditzis a custu indiritziu de posta eletronica [email protected] o telefonare a su 0784898018 int. 8. Gratzia a totus. 1 Sos ditzis lodinos è una ricerca iniziata nella primavera del 2008 e conclusa in parte a novembre del 2010, per permettere di inserire, quelli già censiti, nel libro “Lodè: contributi antropologici alla sua storia”. Dico in parte perché l’obiettivo di questa ricerca era ed è non avere la presunzione di ritenersi completata, ma pensare che è sempre aperta, in quanto ciascuno di noi può contribuire al suo miglioramento suggerendo proverbi non ancora censiti e spiegandone, se possibile, il significato. Man mano che arriveranno verranno inseriti nella raccolta. Io credo che questa ricerca possa essere di grande importanza per il paese di Lodè poiché grazie ad essa si possono, innanzitutto, iniziare a raccogliere parecchie parole che stanno uscendo fuori dall’uso comune e in secondo luogo pensare di poter elaborare un dizionario del lessico lodeino. Il progetto è ambizioso, ma in qualche modo si deve pur cominciare. E poi, per rimanere in tema di proverbi: “chi non fa non sbaglia”. Chi vuol collaborare a questo progetto può inviare i proverbi all’indirizzo di posta elettronica [email protected] o telefonare al n. 0784898018 int. 8. Grazie a tutti. “A” A bentu in favore donzunu ischit navigare Con il vento a favore ognuno sa navigare (con la fortuna a favore si può fare tutto) A borta a borta a caddu a s‟ainu A turno in sella all‟asino (è un ammonimento sulla vita: alcune volte va bene, altre va male) A caddu etzu, vune noa Ad A caddu fresatu sa sedda li pithicata Al cavallo con screpolatura gli pizzica la sella (una persona, scottata da una situazione, conosce bene il dolore provato in determinati momenti) A caddu lanzu musca meta Al cavallo magro (si attacca) tanta mosca (vi è un‟implicita condanna delle persone opportuniste: le persone in difficoltà sono spesso insidiate dalla malvagità dei profittatori) A caddu malandratu sa sedda li pìthicata Al cavallo con guidalesco gli pizzica la sella (sa malandra è il guidalesco, una piaga prodotta sul garrese degli animali da tiro o da soma dall‟attrito dei finimenti. Vedi a caddu fresatu sa sedda li pìthicata) A un cattivo cavallo una buona razione di biada. A un buon cavallo una cattiva razione di biada (si dice in riferimento alla fortuna: alle cattive persone spesso le cose vanno meglio che a quelle buone) A caddu malu, proenda ona. A caddu onu, proenda mala un cavallo vecchio, una fune nuova A caddu onu non li mancat sa sedda Ad un buon cavallo non gli manca la sella (se una cosa è buona sicuramente viene sfruttata. Ha lo stesso significato di a grìndalu onu non li mancat sa errata ) A cataunu s'arte sua A ognuno la sua arte (ognuno deve fare ciò che sa fare realmente) A chie at izoso non mancan fastizoso Chi ha figli non gli mancano i fastidi (gli impicci) A chie izu, a chie izastru Chi figlio, chi figliastro (non tutti i figli vengono trattati allo stesso modo) A chie dolet, fringhete A chi fa male (interessa), preme (è l‟esatto contrario di a chie non dolet non fringhète) A chie non dolet non fringhète A chi non fa male (interessa) non preme (non importa) A chie totu a chie nudda A chi tutto a chi nulla (riferito a qualcosa - soldi, salute, forza, bellezza ecc. -) A contos malos si bi torrata Sui conteggi errati si ritorna (sui conteggi errati si devono rifare i conti) A cosa ata non balet s‟imputu A cose fatte il rimpianto non conta (e‟ una differente versione del più usato atu s'ilbagliu non balet s'imputu) A cresia bi nd‟intrat mannos e minores In chiesa entrano adulti e bambini A donzi male b‟est sa meichina Per ogni malattia esiste una medicina A fortza de su disizu si manicat su crapuicu La forza del desiderio (di fico) spinge a mangiare il caprifico (fico selvatico) A fuste netu no intrat pupuìne Al fusto (dell‟albero) sano non entra la tarlatura (ossia l‟albero sano non permette l‟ingresso dei tarli. Il senso 2 traslato è che le persone giuste non sono intaccate dal desiderio dell‟illecito) A grìndalu onu non li mancat sa erràta A un buon puledro non manca la ferratura Dove le porte stanno aperte entrano i cani (insegna a non essere troppo ospitali, poiché potrebbero arrivare anche persone indesiderate) A jannas abèrtasa sos canes b‟ìntrana A ite mi juches s‟alche in pedes? Perché mi tieni la falce nei piedi? (Perché dici il falso?) A ite ses annande e cacande? Perché stai andando e cagando? (si dice ad una persona poco riservata e pettegola) A ite ses chi a cudde chi l'at postu cunnu e lettu? Perché sei come quello che gli ha messo la vagina e il letto? (Si dice di uno che nel momento in cui si è sposato ha trovato tutto pronto: donna e casa) A ite ses che sa musca a sa malandra? Perché sei come la mosca che va al guidalesco? (è un rimprovero mosso a una persona accusata di sciacallaggio. La a iniziale è una particella interrogativa che deriva dal lat. aut. In questa variante locale della lingua sarda, il dittongo latino au alcune volte ha l‟esito in a (es.: paucus - poco pacu; auscultare – ascoltare ascultare; augustus - agosto agustu), altre volte in o (caudam - coda coa; faucem - foce oche) A ite ses gherrande chin sos jutulìos? Perché stai a combattere (perdi tempo) con cose sporche? (vedi nota finale su jutulìu) A ite ti nde ses picande sas terras de su papa? Perché ti stai prendendo le terre del papa? (in italiano il proverbio più affine è dare un dito e prendersi tutto il braccio) A lavare sa conca a s‟ainu si perdet tempus, abba e sapone A lavare la testa (fare lo shampoo) all‟asino si perde tempo, acqua e sapone (è un‟esortazione a non perdere tempo in cose inutili) A manicàre e a grattare, s‟ora est de cumintzàre A mangiare e a grattare, è l‟ora di cominciare (in qualunque azione iniziare a fare è una buona partenza) A murrunzu a murrunzu e ingrassande su porcu Brontolando brontolando e il maiale sta ingrassando (si dice di una persona che pur lamentandosi sempre sta accumulando una certa fortuna o che comunque le cose gli stanno andando relativamente bene. Una versione simile è su porcu, a murrunzu a murrunzu e ingrassande) Uscirne nelle nuvole (si dice di quando una persona fa delle opere e lo si critica dicendo che non farà delle grandi cose) A nd‟essire in nues A ocru a ocru no.nde ocamos s‟ocru A pagare e a morrere b‟at semper tempusu A pranghere e a ridere, toccat a die e die 3 Ad occhio ad occhio ci togliamo un occhio (si dice di due persone che stanno a guardare mentre dovrebbero compiere un‟azione, intraprendere un qualcosa senza mai iniziare) Per pagare e per morire c‟è sempre tempo (lo si dice a chi accampa scuse per non pagare un conto) Il piangere e il ridere ci tocca ogni giorno (è un insegnamento di vita: le cose vanno alcune volte bene altre no) A precare est a cresia Si prega in chiesa (il senso è che le persone non vanno supplicate) A primu sos de perra 'e janna, a urtimu sos de su ichinàtu Per primi quelli vicini alla porta, per ultimi quelli del vicinato (più lontano) A ridere est cando as a ischire su sale chi si bi ghettat a sa pattedda Ci sarà da ridere quando saprai quanto sale si mette alla pentola (è un ammonimento alle giovinette: la loro situazione spensierata cambierà quando metteranno su famiglia) A s‟ape chi punghet nde li àlat sa matha A s‟omine onu non li mancan sas armas pro si difendere All‟ape che punge gli si stacca la pancia (il proverbio, prendendo spunto da ciò che realmente succede in natura, ossia che l‟ape dopo aver punto muore poiché il pungiglione rimane attaccato con l‟intero ventre all‟animale o alla persona pizzicata, mette in guardia che l‟aver fatto del male è foriero di nuovi mali) All‟uomo giusto non gli mancano le armi per potersi difendere A su caddu s‟isprone, a s‟emina sa rejone Al cavallo lo sperone, alla donna la ragione (è un parallellismo sottinteso: come al cavallo si deve dare lo sperone, così alla donna bisogna dare la ragione) A su dolore „e sa dente, sa limba si bi colat La lingua batte dove il dente duole (il pensiero è sempre rivolto ai problemi, ai pensieri, ai ricordi dolorosi) A su mariane sa coa l'impìdzat Alla volpe l‟ostacola la coda (si dice quando una persona ribatte sempre un argomento: significa che è un qualcosa che gli sta particolarmente a cuore) A su mortu, perdonàlu Il morto, perdonalo A su ocu, prus linna bi ghettas prus mannu si achet Al fuoco, più legna ci aggiungi più diventa grande (il senso è vicino al proverbio italiano: gettare benzina sul fuoco) A su thoppu s'ispìna Allo zoppo (anche) la spina (la sfortuna si accanisce su persone già sfortunate) A su truncu si b‟ajùan totu Al tronco si attaccano tutti (le persone indifese sono maggiormente soggette ad azioni di sciacallaggio) A s‟arvore puppuinatu onzi bubuitu si l‟afèriti All‟albero malato ogni insetto gli giunge (si attacca) (il verbo afèrit ha come infinito afèrrere e il significato è giungere. È una metafora che ammonisce sul fatto che i più deboli sono più facilmente soggetto all‟azione degli sciacalli) A s‟omine onu non li mancant sas armas pro si difendere All‟uomo giusto non mancano le armi per difendersi A ti timere feroze est…. C‟è da aver paura di te in modo feroce…. (riferito in senso ironico) “A trivagliare!” si narat a s‟ainu… “A lavorare!” si dice all‟asino… 4 A ucchìere toccat a Deus A un‟ala ascoltu, a s‟ater‟ala mi.nd‟essiti Ad uccidere spetta al signore (la condanna “didattica” per l‟omicidio volontario pare totale. In realtà poi la morte di un assalitore, di una persona malvagia o violenta, di un ladro colto sul fatto, trova una sua giustificazione morale nella frase si l’at chircata, ovvero se l’è cercata - la morte -) Da una parte (da un‟orecchio) ascolto, dall‟altra mi esce (si dice di un‟argomento o di un pettegolezzo di cui non si prova interesse) Abba,abba; inu, inu! Acqua (è) acqua; vino (è) vino (espressione usata quando si stanno paragonando due cose o due persone per sottolinearne la sostanziale differenza) Abba colata no tirat mulinu L‟acqua passata non fa girare il mulino (è inutile rimuginare sul passato) Abba „e eranu, proet e sessiat L‟acqua di primavera, piove e finisce (subito) Abba e focu non si negan a niune Acqua e fuoco non si negano a nessuno (prima c‟era l‟usanza di andare a chiedere un tizzone ardente nelle case dal cui comignolo usciva del fumo - segno che il fuoco era acceso - per poter accendere il camino a casa propria. Questo tizzone non poteva essere negato poiché altrimenti era ritenuto un grave segno di scortesia. Ugualmente succedeva per l‟acqua: se un istranzu, un viandante o comunque uno straniero, bussava alla porta per chiedere un bicchiere d‟acqua questo doveva essere inevitabilmente offerto) Acqua e sole: grano in grande quantità Abba e sole: tricu a muntone Abbàitati sa coa a issecus Guardati la coda dietro (in italiano è l‟equivalente di guardarsi alle spalle) Àche nodu pro non perder puntu Fai il nodo per non perdere il punto (proviene dalla sapienza delle massaie che cucivano: così come quando si rammenda si deve fare un nodo al filo affinchè il filo stesso non si levi dalla cucitura, così l‟invito alla persona è quello di concludere un‟opera prima che possa rovinarsi) Fai il bene e non guardare a chi lo fai Àche su ene e non mires a chie Àchere a feche Fare ad una feccia (insultare una persona sino a ridurla ad una feccia) Àchere comente àchene in Bosa: cojuana e no isposana Fare come fanno a Bosa: vanno a vivere insieme ma non si sposano. (Esiste anche una versione volgarizzata di questo proverbio che gioca sull‟assonanza delle parole: achere comente achene in Bosa: coddana e no isposana, che in italiano va tradotto Fare come fanno a Bosa: fanno sesso ma non si sposano. La versione “ufficiale” riporta la condanna morale per chi si sposa a sa sardisca, ossia di due persone che d‟improvviso vanno a vivere insieme – oggi sarebbe a convivere – mettendo così davanti al fatto compiuto le rispettive famiglie, senza che ci fosse l‟assenso delle famiglie stesse e la benedizione della Chiesa. Il secondo proverbio invece esacerba il significato più profondo del primo, limitandolo alla condanna – forse più di facciata che non in realtà - dell‟atto sessuale, anche se viene posto in dichiarati toni sarcastici) 5 Àchere comente s‟abba a su ocu Fare come l‟acqua al fuoco (si dice per es. di una medicina che ha guarito una malattia) Àchere comente sa manu „e Deus Fare come la mano di Dio (la traduzione letterale non rende assolutamente il senso del proverbio: esso è utilizzato in seguito ad una azione o ad una cosa che ha prodotto un notevole benessere nella persona che lo dice. Quindi può essere enunciato in seguito ad un bel riposo preceduto da un lavoro massacrante, riposo che ha prodotto nella persona un tale benessere come se fosse effetto “della mano di Dio” oppure quando in seguito ad un malore si è preso un medicinale che ha sortito effetti quasi miracolosi. Può essere detto anche a mò di consiglio: prendi questo…. mangia questo…., fai così…… : produce degli effetti miracolosi come fatti dalla mano di Dio!!! ) Àchere dinari a umpritùra Fare soldi a palate Àchere s‟andata de su corvu Fare il cammino (strada, viaggio) del corvo (si dice ad una persona che è andata ma non è più rientrata. Solitamente si dice in senso ironico a chi è andato a fare una visita in casa altrui e si è trattenuto più del dovuto) Àchere s‟essìta de su poleddu Fare l‟uscita dell‟asino (ossia non concludere nulla. Si dice quando magari un individuo è uscito di casa per sbrigare diverse faccende ma vi ritorna senza aver concluso nulla – vedi anche àchere sa resessìta de su poleddu) Àchere sa corda a s‟urmica (oppure achere sa corda a su pùliche) Fare la corda alla formica (oppure fare la corda alla pulce) (sa corda è un tipico piatto sardo fatto con le interiora degli animali: per farlo è necessario parecchio tempo. In questo caso vuole dire fare un grosso lavoro che a prescindere si sa già produrrà un risultato poco fruttuoso) Àchere sa resessìta de su poleddu Fare l‟adempimento dell‟asino (ossia portare a termine un lavoro assegnato senza avere compreso ciò che si è fatto. Si dice ironicamente di chi esegue gli ordini senza riflettere più di tanto su ciò che sta facendo: come un asino esegue e basta) Àchere sas fricas in ocros Fare le friche agli occhi Àcher sa vigura de s‟assu „e cupas Fare la figura dell‟asso di cuori (ossia fare una bruttissima figura, in quanto l‟asso di cuori, nel gioco di carte della scopa, non vale nulla) Àcher su bellu in cara e a palas s„istillu Fare buon viso davanti e alle spalle il coltello (vedi àcher su bellu in cara e a pala s'istoccata) Àcher su bellu in cara e a pala s'istoccata Fare buon viso davanti e pugnalarlo alle spalle Àchirrare sos carches Pressare i calci (picchiare una persona) Àghera ruia: entu ponet! Cielo rosso: ci sarà vento! Àinu amitu non timet uste L‟asino affamato non ha paura del bastone (l‟uomo, di fronte all‟avversità, non ha paura di nulla) 6 Àinu est andatu, burrincu est torratu È andato asino, è tornato somaro (si dice di una persona uscita per fare un qualcosa e tornata senza aver combinato nulla) Alàre lestru che lampu Scendere veloce come il lampo Alet prus s‟esperientzia chi non sa grammatica È più valida l‟esperienza che non la grammatica Alet prus unu vonu ichininàtu, chi no unu malu parentatu È più valido un buon vicinato che non un cattivo parentado (ricorda il significato del detto italiano: parenti serpenti, anche se poi stona con l‟altro proverbio chie no at fide in parente no at fide in niente) Alet prus su zèniu chi non sa bellesa È più valida l‟intelligenza che non la bellezza Alet prus unu cacu „e voe chi non chentu „e grundinese È più valido un escremento di bue che non cento di rondini (è meglio una grande ed importante azione che non cento piccole e insignificanti) Ama si cheres esser amatu Ama se vuoi essere amato Andare a s‟imbarcare pro cussos regnos…. (est andatu a s‟imbarcare pro cussos regnos…) Andare ad imbarcarsi per quei regni…. (è andato ad imbarcarsi per quei regni…) (è un modo di dire riferito alle persone che sono emigrate, non tanto nel continente, ossia nell‟Italia continentale, quanto all‟estero. Spesso non si conosceva neanche la nazione cui andava la persona in questione e l‟espressione cussos regnos più che indicare un Paese ove vigeva la monarchia, indicava più semplicemente un Paese straniero. Oggi, pur consapevoli di questa distinzione, è rimasta come espressione comune che però si sta perdendo tra i più giovani.) Vai al mare e non trovi acqua? Andas a mare e no acàtas abba? Anima in corpus, aspettu in Deusu Anima in corpo, aspetto in Dio (l‟anima dell‟uomo è il riflesso di Dio) Annànghere linna a focu Aggiungere legna al fuoco (istigare una persona già adirata) Annànghere paza a focu Aggiungere paglia al fuoco Annànghere pane a brou Aggiungere il pane al brodo (aggiungere lavoro ad altro lavoro) Aprile at mortu sa mama a fritu Aprile ha ucciso la madre con il freddo (in aprile, nonostante il tempo sia apparentemente bello, il freddo può tornare intenso) Aprile torrat cane a cuile In aprile torna il cane all‟ovile (tanti informatori si ricordavano di questo proverbio, ma nessuno ha saputo fornire una spiegazione esauriente sul senso) Arcu „e manzanu, abba „e sero. Arcu „e sero, abba „e manzanu Arcobaleno di mattino, acqua la sera (ha piovuto la sera prima). Arcobaleno la sera, acqua la mattina (ha piovuto la mattina prima) Arina cola cola, de su chi mi so tìmita, non mi so mancàta Farina che passa (attraverso il setaccio), ciò che avevo paura mi è successo (la farina è riferita alla persona che parla sempre: a forza di dire che le succede qualcosa, prima o poi le è successo veramente) Ascùrta, abbàita e ista a sa muta Ascolta, osserva e stai zitto 7 Ata sa leze, acatatu s'ingannu Fatta la legge e trovato l‟inganno Athapulàtu su pannu pro nde inghiràre s‟annu Rammendato il panno (l‟indumento) per far finire l‟anno (è un invito a non sprecare) Arraganàtu ses? Mindicu mòrisi! Sei avaro? Muori mendicante! (cfr. con avaru ses? Mindicu moris! Il termine arraganatu è di certo più arcaico di avaru, anche se quest‟ultimo oggi risulta alquanto diffuso, soprattutto presso la popolazione più giovane) Arrivata s‟ora su izu a foras Arrivata l‟ora il figlio fuori (al nono mese di gravidanza, il figlio deve uscire) Ata sa leze, atu s'ingannu Fatta la legge, fatto l‟inganno Atu s'ilbagliu non balet s'imputu Fatto lo sbaglio il rimpianto non conta Atùnzu ispilìtu, accagliu amitu Autunno pelato affamato Avaru ses? Mindicu moris! Sei avaro? Muori mendicante! Azùati, ca Deus t‟azuata Aiutati che Dio t‟aiuta (il corrispettivo in italiano è aiutati che il ciel t’aiuta) Azùati ca t‟apo a azùare, narat Deus Aiutati che t‟aiuterò, dice Dio (senza vegetazione), mandriano "B" B‟at de timere de sos poveros irrichìtos C‟è da temere dei poveri che si sono arricchiti (perché spietati e senza scrupoli) Bellesa non achet domo La bellezza non fa la casa Bellos e malos nde intran a mesusu Belli e brutti ci vanno di mezzo (tutti) (un esempio: certe azioni o opere le compiono anche persone insospettabili) Bellu in praza, malu in domo Bravo in piazza (pubblicamente), cattivo in casa (nel privato) B‟est su male e sa meichìna C‟è il male e la medicina (per ogni male esiste una cura) Bi cherìata sa gana „e su barantotto….. Ci voleva la fame del millenovecentoquarantotto…… (è un proverbio che viene utilizzato soprattutto dagli anziani quando vedono qualche ragazzo che fa lo schizzinoso verso il cibo) Beato chi invecchia Biatu chie imbetzat Biatu s‟omine chi isperat in Deus Beato l‟uomo che spera (ha fiducia) in Dio (chiara la matrice biblica del proverbio) Binu onu fintzas a feche Vino buono fino al fondo (una cosa buona la si gusta sino in fondo) Bonos printzìpios e mentzus fìnese Buoni inizi e fini migliori (è il proverbio che di dice a Capodanno, in cui si augura un buon inizio e una fine migliore) 8 Brullande, brullande e s‟ocru ocande Scherzando, scherzando e cavando l‟occhio (vedi anche Nande nande e s'ocru ocande. Lo dice una persona che “accusa” una seconda di dire cose pesanti sotto forma di parole spiritose. L‟interlocutore nel fare delle affermazioni vuol farle apparire come se fossero dette in tono scherzoso, mentre in realtà sono ben pungenti e mirate) "C" Ca ti nde aches sa randa! Perché ci fai il pizzo! (si dice solitamente di una cosa che risulta inutile) Camìnu curzu imbètzat s‟ainu Cammino corto invecchia l‟asino (è un invito a non scegliere scorciatoie che potrebbero rivelarsi più impervie della strada maestra, metafora della retta via) Campanèdda ruinzàta no sonat che noa Campanella arrugginita non suona come nuova Cando Deus non cheret, sos santos no an potere (oppure cando Deus non cheret sos santos an pacu potere) Quando Dio non vuole, i santi non hanno potere (oppure quando Dio non vuole i santi hanno poco potere) Cando essit su santu achimos esta Quando esce il santo (in processione) facciamo festa (riporta il senso di “non fasciarsi la testa prima di rompersela”) Cando est tropu, cando est nudda…. Quando è troppo, quando è nulla… Cando ligaìan sos cane a sartìtza…. Quando legavano i cani con le salsicce…. (è un incipit di frase completamente sarcastico ed ironico che presuppone che ciò che segue è falso. Infatti è un immaginare un mitico periodo in cui l‟abbondanza era tale da poter legare i cani addirittura con le salsicce!!!) Cando non l‟at de natura non balet fricatura Quando non ce l‟ha di natura (il senno), il danno non vale (se un danno è compiuto da uno che la comunità riconosce come pazzo, non puoi chiedere un risarcimento. C‟è una giustificazione morale alle azioni dannose di una persona fuori di senno) Cando s‟abba torrat a punta in susu Quando l‟acqua scorre verso l‟alto (si dice ironicamente quando una cosa è impossibile. Per esempio in una promessa: ti prometto che quando l‟acqua scorrerà verso l‟alto….) Can che abbaia non morde Cane chi apèddat non mòsset Cane ingulimàtu a capras, mentzas sa morte nd‟acàtata Cantu est mannu est maccu Carchitàre che caddu malu a domare 9 Cane attratto dalle capre (per mangiarle), trova anche la morte (si dice di una persona che ha talmente voglia di un qualcosa che sino a quando non la ottiene non trova pace. Ingulimàtu significa abituato a cose piacevoli) Quanto è grosso è stupido Scalciare come un cavallo cattivo a domare (solitamente riferito a chi non ha un buon carattere) Cataùnu àntat s‟ortu de su ichìnu Catheddu impressatu, catheddu chentza ocros Cavalieri in bidda anzena miseru mannu paret Che.i s‟eranu a s‟ainu Che.i su poleddus‟est abitzatu de su erànu cando nde vit colatu Ognuno loda l‟orto del vicino (l‟origine è molto dubbia: riferito da un informatrice ultrasettantenne, il proverbio è stato riproposto anche ad altri informatori i quali sostengono di non averlo mai sentito. L‟impressione è che sia una semi-traduzione di quello italiano l’erba del vicino è sempre più verde) Cagnolino partorito in fretta, cagnolino senza occhi (è l‟equivalente di la gatta per la fretta ha fatto i gattini ciechi. Si dice quando si sta facendo una cosa, invitando una persona a farla con calma e senza fretta) Un cavaliere in terra straniera appare infelice (il senso è vicino a nemo profeta in patria, nessuno è profeta in patria) Come la primavera all‟asino (si dice per esempio di una persona che non sa apprezzare una bellezza, un regalo, una buona parola: proprio come l‟asino non sa apprezzare le bellezze della primavera) Come un asino si è accorto della primavera quando era già passata (mette alla berlina una persona distratta che non si accorge di ciò che gli capita davanti) Chentza alas non si potet olàre Senza le ali non si può volare (senza i giusti mezzi non si può fare nulla) Chentza defètos est solu Deus Solo Dio è senza difetti Chentza dinàri non si cantat missa Non si canta (celebra) messa senza soldi (il senso è che una cosa o un‟azione non viene fatta se non c‟è un compenso o un contraccambio. Personalmente ritengo questo proverbio molto interessante per due aspetti: il primo è perché rileva l‟antica usanza, tuttora in pratica, di celebrare una messa in suffragio all‟anima di un defunto dietro rimunerazione del sacerdote. Il secondo è che il proverbio utilizza il verbo cantare, nel senso di celebrare la messa, in quanto sino agli anni ‟50 la terza messa domenicale non veniva “recitata”, bensì propriamente cantata in latino dal sacerdote con l‟accompagnamento de sos cantores, ossia uomini adulti preposti al canto, che solitamente stavano dietro l‟altare. Oggi la terza messa domenicale è rimasta nel linguaggio comune sa missa cantàta ed in parte ha mantenuto l‟antica usanza) Chentza s‟azutu de Deus non potìmos acher nudda Senza l‟aiuto di Dio non possiamo fare niente Chentu concas, chentu berrìtas Cento teste, cento cappelli (le opinioni sono tante quante le persone) Chèrcos abbassiàtos, mutrècos artziàtos Roverelle curvate verso il basso, cisti sollevati (i ricchi si riducono in miseria, i poveri si arricchiscono. Il senso riporta però non solo una situazione materiale, ma anche morale) Volere la botte piena e la moglie ubriaca (nonostante sia stato riferito da un informatore over 70 lascia notevoli dubbi: sembra una traduzione letterale del proverbio italiano, quasi a dimostrazione delle interconnessioni tra lingua sarda e lingua italiana) Chèrrer sa cupa prena e sa muzère imbriaca 10 Chervèddu lezèru, pacu pessamentu Cervello leggero, pochi pensieri (chi non ha pensieri vive tranquillo) Chie a sos vinti non pessat, a so trinta non messat, a sos baranta non frorit e miseru mannu morit Chi ai venti (anni) non ragiona, ai trenta non miete, ai quaranta non fiorisce e muore da grande poveraccio Chie a urtimu s'istat o perdet o achìstata Chi tentenna sino all‟ultimo o ci rimette o (bene) acquista Chie achet faìna, àchet faddìna Sbaglia chi fa (chi non fa nulla non sbaglia) Chie àchet prèstitu, deretu si nde pèntiti Chi fa un prestito, se ne pente subito Chie andat a ascurtare sos males anzenos, males suos intendet Chi va ad ascoltare i pettegolezzi altrui, sente i suoi Chie andat a pianu andat a sanu Chi va piano va sano (origine incerta: sembra l‟italianizzazione di chi va piano, va sano e va lontano) Chie andat a tzitate, su chi idet àchete Chi va in città, ciò che vede, fa (c‟è una leggera sarcasmo verso l‟uomo di paese, ritenuto ignorante, che nell‟andare in città si adegua a fare ciò che vede dagli altri, senza perciò tenere e rivendicare la propria identità) Chie andat e torrata, bonu viazu at fatu Chi va e poi torna, ha fatto un buon viaggio Chie ascùltat in domo anzèna sos males suos intendet Chi origlia in casa altrui sente i mali (i pettegolezzi) propri Chie at arte, at parte Chi ha l‟arte, ha guadagno Chie at aza at parte Chi ha audacia, ha guadagno Chie at Deus in favore non devet timer de nudda Chi ha Dio dalla sua parte non deve temere nulla Chie at dinari andat e toccat su culu a su re Chi ha soldi va e tocca il culo al re (il senso non è tanto “chi è ricco” quanto invece “chi è potente”, poiché esiste una forte corrispondenza tra soldi e denaro) Chie at dolore narat “ohi” Chie at favore in corte non morit de malasorte Chi ha un dolore dice “ohi” (è un proverbio che tratta in parte l‟esternazione di uno stato d‟animo - dolore è inteso in senso metaforico, non in senso fisico: Chie at dolu ponet dolu) Chi ha un dolore (dispiacere, amarezza, angoscia, sofferenza) mette (intorno a sè) dolore (in questo proverbio s‟intravede il senso della condivisione comunitaria di un sentimento. Un dolore, così come una gioia o un qualunque altro stato d‟animo deve essere condiviso con gli altri e non tenuto nascosto) Chi ha favore in corte non muore di malasorte Chie at favore in corte non morit de mala morte Chi ha favore in corte non muore di cattiva morte Chie at ite àchere no est mortu Chi ha da fare (impegni) non è morto (è una denuncia alle persone inerti) Chie at ocu no morit de vritu Chi ha il fuoco non muore di freddo Chie at oro non cazat prata Chi ha l‟oro non esibisce l‟argento Chie at pane non at dentes, chie at dentes no at pane Chia ha il pane non ha i denti, chi ha i denti non ha il pane Chie at runza si la grattet Chi ha una rogna se la gratti Chie at dolu ponet dolu 11 Chie at salute, at totu Chi ha la salute ha tutto Chie at umu at ocu Chi ha fumo ha fuoco Chie beffe àchet, beffe prànghete Chi fa una beffa, piangerà di una beffa (è un proverbio che sta a metà strada tra chi la fa l’aspetti e chi di spada ferisce di spada perisce) Chie brullat chin Deus o chin Santu o est fertu o est maccu Chi scherza con Dio o con i santi o è ferito o è pazzo Chie càmpata mezòrata Chie cantat in mesa o in lettu o est maccu o est fertu Chi vive migliora (per capire meglio questo proverbio bisogna entrare nell‟ottica di un proverbio simile nel significato: de su viu b'est s'imbiu, de su mortu non b'at acunortu) Chi canta a tavola o a letto o è pazzo o è ferito Chie cheret fachere cantu cheret, perdet cantu ata Chi vuol fare quanto desidera, perde quanto ha Chie cheret gudìre devet patire Chi vuol essere felice deve patire Chie cheret piscàtu su culu s'iffùndet Chi vuole pesce si bagna il culo Chie chircat a Deus a Deus acàtata e chin Deus s‟incòntrata Chi cerca Dio, Dio trova e con Dio s‟incontra Chie chircat a Deus non pèriti Chi cerca Dio non muore Chie chircat accatat e chie istat si sicat Chi cerca trova e chi si sta fermo si essicca Chie de erru vèriti, de erru pèriti Chi di ferro ferisce, di ferro perisce Chin sa manu cacàta fintzas a pròere Con la mano sporca di escrementi fino a piovere (si dice come critica verso una persona ritenuta talmente inetta che, sporcatosi la mano di escrementi, aspetta che piova per potersi pulire, senza invece attivarsi a trovare un‟altra soluzione) Chin s‟umiltàte si balànzat su chelu Con l‟umiltà si guadagna il cielo Chitho o tardu sa vàula essit Presto o tardi la bugia(il falso) esce fuori Chie cumandat achet leze Chi comanda fa legge Chie cumandat no istracat Chi comanda non si stanca Chie daet pranzu, chena isettat Chi offre il pranzo si aspetta la cena (in cambio) Chie dispretziat, còmporata Chi disprezza, compra Chie est cuntentu est riccu Chi è felice è ricco Chie est iscaddàtu dae s‟abba caente timet fintzas s‟abba vrita Chi è impaurito (per precedenti esperienze negative) dall‟acqua calda teme anche l‟acqua fredda Chie est lestru manicànde est lestru trivagliande Chi è svelto mangiando è svelto lavorando Chie est mere cumàndata Chi è padrone comanda Chie est zelosu morit currutu Chi è geloso muore (sicuramente) cornuto Chie iscùrtat sos males anzènos, males suos intendet Chi spettegolezza sente i pettegolezzi su di sè 12 Chie istat bene su culu li dolet Chi sta bene (e sta comodamente seduto) gli fa male il sedere Chie istat in domo anzena, sa domo sua sos canes si la mànicana Chi abita in casa straniera, la propria casa (natia) è mangiata dai cani (il senso di casa è più di patria. Chi esce fuori dal proprio paese, chi emigra, causa la disgrazia dei beni familiari perché abbandonati agli sciacalli che approfittano della lontanza del proprietario) Chie la chèret cotta chie la chèret crua Chi la vuole cotta, chi la vuole cruda (la carne) (utilizzato per riportare una discussione su una qualche decisione da prendere, in cui però c‟è disaccordo totale e non si riesce a trovare un‟intesa. Questo proverbio però è dal mio punto di vista importantissimo perché è arrivato a noi tramandandoci l‟antica consuetudine di mangiare la carne totalmente cruda) Chie lassat su caminu ezzu pro su nou acatat s‟ingannu Chi lascia il cammino vecchio per quello nuovo incontra l‟inganno Chie lavat sa conca a s‟ainu perdet tempus, abba e sapone Chi fa lo shampoo all‟asino perde tempo, acqua e sapone (si dice di quando si fa una cosa totalmente inutile) Chie menzus no nd'at chin sa muzere si corcata Chi non ha di meglio si corica con la moglie Chie narata cantu idete pèrdete cantu ata Chi racconta quanto vede, perde quanto ha (è un ammonimento: i pettegoli hann una brutta fama) Chie narat cantu ischit pèrdet cantu ata Chi racconta quanto sa perde quanto ha Chie naschit lepore non morit mariane Chi nasce lepre non muore volpe Chie naschit tundu non morit cuadratu Chi nasce tondo non muore squadrato (l‟origine è alquanto dubbia: sembra una traduzione del proverbio italiano. Fornito da un informatore nato nel 1981 – e riportato dal nonno – risulta però essere sconosciuto agli altri informatori più anziani) Chie nd‟at meta prus nde cheret Chi ne ha tanta (di ricchezza) ne vuole ancora di più Chie no abàitat in cara est unu traitòre Chi non guarda in faccia (negli occhi) è un traditore Chie no àjulat brullas, non si ponzat a brullare Chi non sopporta gli scherzi non si metta a scherzare Chie no at amicos no andet a sa esta Chi non ha amici non vada alla festa Chie no at domo no at ichinàtu Chi non casa non ha un vicinato Chie no at fide in parente no at fide in niente Chi non ha fiducia in un parente non ha fiducia in niente (nessuno) (cfr. con alet prus unu vonu ichinàtu, chi no unu malu parentatu) Chie no at fide in sos animales nemmancu in sos omines Chi non ha fiducia negli animali (non ha fiducia) neanche negli uomini Chie no at fide no nde potet dare Chi non ha fiducia non ne può dare Chie no at istìre, a biatu est ispozu Chi non ha vestiario, quando muore è spoglio Chie no at ite „e achere ispizat su culu a su gattu Chi non ha niente da fare pettina il culo al gatto 13 Chie no at sorte non si peset chitho Chi non è fortunato non si alzi presto (è inutile che si alzi presto) Chie no imbàgliata est galu a naschìre Chi non sbaglia deve ancora nascere Chie no onorat su babbu e sa mama non bivit in eternu Chi non onora il padre e la madre non vive in eterno (sembra chiara la matrice biblica) Chie non faeddat in cara est traitore Chi non parla in faccia è un traditore Chie non l'at in pala l'at in cossas Chi non l‟ha sulle spalle (il male), ce l‟ha nelle cosce Chie non l'at in pala l'at in costas Chi non l‟ha sulle spalle (il male), ce l‟ha nelle costole Chie non s‟inzeniat non campat Chi non s‟ingegna non campa(non sopravvive) (vedi anche Iscuru chie non s’inzeniat) Chie non riscat non piscat Chi non rischia non pesca Chie non trampat non campat Chi non imbroglia non campa Chie non molet no at arina Chi non macina non ha farina Chie non potet iscùtere a su caddu, iscùtet a sa sedda Chi non può bastonare il cavallo, bastona la sella Chie non potet messàre, ispìcata Chi non può mietere (il grano), spigola (Ispicare è spigolare, ossia raccogliere il grano caduto sul campo durante la mietitura. Questo proverbio è utilizzato quando, facendo un qualche lavoro, qualcuno si ferma lamentando un dolore. L‟invito è allora fare comunque un‟altra cosa, ma darsi comunque da fare) Chi non sente le parole non sente le botte Chie non sentit paràula no intendet cària Chie pacat oje est chitu cras Chi paga oggi, domani non ha debiti (chitu deriva dal verbo chitare, ossia saldare i debiti) Chie prima nàschiti, prima pàschete Chi ci mette un dito ci lascia un gomito (è un ammonimento per un pericolo: esorta a non sfidarlo perché potrebbe essere molto più grande di quanto appare) Chi prima nasce, prima pascola (il riferimento è relativo a ciò che succede al bestiame, ma il sottofondo pedagogico e morale avvisa che le persone anziane hanno già fatto prima delle più giovani determinate azioni, quindi hanno maggiore esperienza) Chie si achet sos afarios suos non si brutat sas manos Chi si fa i propri affari non si sporca le mani Chie ridet dopo ridet de mancu Chi ride dopo ride di meno Chie ridet e beffata a su suo non pessata Chi ride e si fa beffe, a sé stesso non pensa (è un invito a non giudicare gli altri senza prima aver fatto un accurato esame di coscienza) Chie ridet in chenàpura, prànghet in duminìca Chi ride il venerdi, piange la domenica (il destino prima o poi gira all‟inverso: se prima ho riso, poi piangerò) Chie ridet in mesa o in letu o est maccu o est fertu Chi ride a tavola o a letto, o è stupido o è menomato Chie ponet unu poddighe bi lassat su cuitale 14 Chie sedet a caddu est suzetu a nde rùere Chi va a cavallo è soggetto a cadere (alle cadute da cavallo) Chie semenat males, gollit malannos Chi semina colpe, raccoglie disgrazie Chie si antat, pacu si sentit Chi si vanta, ha poca considerazione di sé stesso Chie si umìliata si esàltata Chi si umilia si esalta Chie tenet inza tenet tinza Chi ha una vigna ha una tigna (è un gioco di parole. Dalla tradizione contadina deriva un insegnamento che riporta l‟avviso che chi ha un bene ha comunque una seccatura) Chie tenet mele sos poddighes si linghet Chi possiede il miele si lecca le dita Chie tenet pane in saccu, non si addit né est maccu Chi ha pane nella bisaccia, non si sbaglia e non è matto Chie tenet runza si la grattet Chi ha una rogna se la gratti (se ne occupi) Chie timet abba no andet a mare Chi ha paura dell‟acqua non vada al mare Chie toccat mele sos poddighes si nde linghet Chi tocca il miele si lecca le dita Chie totu cheret totu lassat Chi tutto vuole tutto lascia (Chi troppo vuole nulla stringe) Chie vene comintzat, menzus aggabat Chi ben inizia meglio finisce (è l‟equivalente di chi ben comincia è a meta dell’opera) Chie vivet in zitate, comente ìdete àchete Chi vive in città, come vede fa Chie vivet isperande, morit cantande ( o cacande) Chi vive sperando, muore cantando (o defecando) Chin maccos e chin santos non bi brulles Non scherzare con pazzi e con santi Chin s‟isperàntzia de Deus amus a fàchere sas cosas Con la speranza in Dio faremo le cose Chin sos annos ènini sos afannos Colare che pilu in mesu „e othiche Passare come un capello in mezzo alla forbice Con gli anni arrivano gli affanni “Comare”, “comare” sa vide su cane (dire) “comare”, “comare” (e poi avere) la fiducia del cane Comente at cheffitu Deus…. Come Dio ha voluto……. (le cose sono andate come dovevano andare) Comente su grinile, s'intenzione Come l‟aspetto l‟intenzione (una persona assomiglia alla propria famiglia non solo nell‟aspetto ma anche nelle inclinazioni; detto anche a persona brutta che così come l‟aspetto è l‟intenzione) Testa senza cassa toracica (si dice ad una persona sciocca, stupida) Conca chentza cassiu! Contr‟a Deus non bi andat niune Nessuno va contro Dio Contr‟a Deus non si bi potet andare Non ci si può mettere contro Dio Contr‟a su vatu non b‟at remediu Contro il fato non c‟è rimedio Cosa baràta t‟est àvara La merce non cara ti è taccagna (è un‟esortazione a comprare merce non scadente, seppur a buon prezzo, perché dopo poco si è costretti a comprarne di nuova, spendendo in tal modo due volte 15 Cosa chi non s‟idet non s‟ispàtzata Una merce (cosa) che non si vede (non esposta) non si vende Cosa „e comunu, cosa „e niunu Cosa della comunità, cosa di nessuno (qua il proverbio utlizza una licenza poetica: niunu è utilizzata al posto di niune per fare rima con comunu) Cosa in cumone, cosa „e niune Cosa in società, cosa di nessuno Coro minti coro Cuore mette cuore (si dice di quando una persona fa un‟opera di cui poi usufruisce lei stessa) Corvu chin corvu non si nde ocan s'ocru Il corvo non caccia l‟occhio al corvo stesso (due della stessa razza non si fanno la guerra) Cottu o non cottu su ocu l'at bistu Cotto o non cotto ha visto il fuoco Cresia manna non crepat su priteru (anche) una chiesa grande non uccide (di lavoro) il prete Cristianu „e Zesu Cristu! Cristiano di Gesù Cristo! (usato a significare: com‟è possibile che non lo capisci, la sciati convincere Cufidati de totus, ma cuffidati a pacos Confidati di tutti, ma confidati a pochi Cuforma sa nàschita, sa pàschita In base alla nascita, la pascita (ossia che un uomo adulto si comporta in base all‟educazione ricevuta da ragazzo) Cuforma s'ainu sa sedda In base all‟asino la sella Cuforma s‟intràta ache s‟ispesa In base alle entrate (economiche), fai la spesa Cuforma s'istampu, su babarròtzu In base al buco, l‟insetto (si dice di uno che facilmente si adatta alle altre persone. Ha una doppia accezione che può essere usata alternativamente: positiva perché indica una persona di indole cortese, negativa perché indica una persona adulatrice e ruffiana) Cuforma s‟istranzu su pranzu In base all‟ospite, il pranzo Cuforma su caddu sa errata In base al cavallo la ferratura (se è un cavallo buono avrà una buona ferratura, se è un cavallo scadente avrà una ferratura scadente) Cuforma su caddu sa sedda In base al cavallo la sella Cuforma su erru sa tempera In base al ferro la tempra (in base alle qualità morali il tipo di vita) Cuforma su letu istèrre sos pedes In base al letto (alla sua lunghezza) distendi i piedi (le gambe) Cuforma su pede s'iscarpa In base al piede la scarpa Cuforma su truncu s'ascra In base al tronco la scheggia Cumpàti s‟amicu chin su defètu suo Compatisci (giustifica, scusa) l‟amico con il suo difetto Cussizare sos ignorantes est opera meritoria Consigliare gli ignoranti (e quindi dar loro una mano) è un‟opera lodevole "D" Da chi semos ballande, ballamos 16 Siamo in ballo, balliamo Da domas a sedda e isprone Da uve potes videre sa luche ides s'iscuru Verrai domato con sella e sperone (è detto a giovani ragazzi che, paragonati ai puledri, sono ribelli e indisciplinati. Prima o poi arriverà il momento in cui si dovranno sottomettere) Da dove potevi vedere la luce vedi il buio (da dove ti aspetteresti la luce arriva il buio) Dae cunigliu non bessit mariane Da un coniglio non nasce una volpe Dae sa cosa uràta no si àndata né addainnàntis né a addaisècus Da una cosa rubata non si va avanti né indietro (non si va avanti materialmente e non si torna indietro moralmente) Dae sa die chi prestas tenes unu inimìcu in prusu Dal giorno che presti (che hai fatto un prestito) hai un nemico in più Dae su acher vene, malu meritu Dal fare il bene, cattivo riconoscimento (si dice quando non si danno i giusti meriti ad una buona zione) Dae su bisonzu, su murrunzu Dalla necessità, il brontolio (se in una famiglia le cose non vanno bene, sia economicamente che dal punto affettivo, iniziano ad amplificarsi i malumori) Dae su male achere de sos mazores, andan sos izos male Dal cattivo agire dei genitori i figli vanno incontro a un triste destino Dae su malu pacatore istràzzande su chi potes Dal cattivo creditore strappa ciò che puoi Dae su tantu vaeddare nde càpitan sos errores Dal tanto parlare succedono gli errori Dae su vinti „e Natale crèschen sas dies a passu de pudda Dal venti di dicembre crescono i giorni a passo di gallina (Da notare la corrispondenza con il solstizio d‟inverno) Dae su vrutu si connòschet s‟undu Dal frutto si conosce l‟albero (il figlio si riconosce dalla famiglia di appartenenza) Dae ucca mi rùete e a su sinu mi tòrrata Dalla bocca mi cade e al seno mi torna (il senso è che spesso si fannocommenti, magari spregiativi, su determinate azioni e poi ci si ritrova a compierle) Dae una musca unu voe Da una mosca un bue (si dice di quando parlando di una cosa da niente si tende a ingigantirla e a farne una tragedia) Dae unu corvu no nd‟èssiti una palumba Da un corvo non nasce una palomba (in base alla famiglia, i figli) Da intras a pettene… Quando entrerai nel pettine… (il seguito sarebbe quasi: inizierai a vedere i nodi. Vedi proverbio successivo) Da l‟as a ischire cando as a ghettare sale a sa pattedda Lo saprai quando inizierai a mettere il sale alla pentola (proverbio che si rivolge soprattutto alle giovani ragazze. Il loro riso spensierato terminerà quando inizieranno ad avere una famiglia e quindi a conoscere veramente i problemi che la vita comporta. Variante di a ridere est cando as a ischire su sale chi si bi ghettat a sa pattedda) 17 Da uve picas e no azùnghes, su male si bi li cufùndet De omine signalatu, libera nos Domine Da dove prendi e non aggiungi, la sventura gli si accelera (significa che da dove prendi continuamente, senza mai aggiungere nulla, l‟avversità subisce un‟accelerazione, facendo in modo che la disgrazia si avvicini sempre più. Se per es. hai un gregge di pecore e continuamente ne ammazzi una per mangiarla senza preoccuparti che il gregge possa di anno in anno aumentare di numero - o grosso modo mantenerlo arriverà un momento che questa diminuzione ti creerà notevoli problemi) Dall‟uomo segnalato (ferito, matto), libera nos Domine ( Da notare la parte aulica con la citazione in latino) De onzi erva nde achet una manna Di ogni (filo d‟) erba ne fa un mucchio d‟erba (il concetto è simile a dae una musca unu voe e de unu brocu nde achet una trae) De sa vorza de su disìzu, si mànicat su crapuicu Dalla forza del desiderio si mangia (anche) il caprifico De su propriu ozu fringhet sa petha La carne frigge (cucina) nel proprio grasso (il senso è assimilabile al proverbio italiano lasciar cucinare nel proprio brodo) De su bonu àchere, malu merètu Dal fare bene, cattivo merito (riconoscimento) (è un proverbio che si dice riferendosi a persone che nonostante nella vita si siano distinte per azioni benefiche ricevono in cambio cattiverie, malignità e ingratitudine) De unu brocu nde achet una trae Da un ramoscello ne fa una trave ( vedi anche Dae una musca unu voe ) Depitore, vuitore Debitore, fuggiasco Deus, achende tropeas e imbolande Dio, creando pastoie e lanciando (prima o poi qualcuno verrà intrappolato da queste pastoie. È un ammonimento a non compiere azioni malvage, perché prima o poi le si pagherà) Dio provvederà Deus at a provvidire Deus bi l‟at data e sos santos bi l‟an beneìta Gliel‟ha data Dio (la fortuna) e i santi gliel‟hanno benedetta Deus est pro totu in su chelu Dio è in cielo per tutti Deus mi l‟at data, Deus mi nde l‟ata a leare Dio me l‟ha data, Dio me la toglierà (solitamente è intesa la vita, ma anche la fortuna, la famiglia ecc.) Deus mi nde liberet dae su cane incatenatu e dae s‟omine ifurìatu Dio mi liberi dal cane incatenato e dall‟uomo infuriato Deus non tenet izos immenticàtos Dio non ha figli dimenticati (abbandonati). È un memento alle persone che vivono una situazione di sconforto affinché tengano duro, poiché Dio prima o poi provvederà Dio ci aiuterà Deus nos at a azutare Deus, si non pacat totu sa chita, pacat duminica Se Dio non paga ogni giorno della settimana, paga la domenica Deus tàncata su balcone e abèriti una janna (oppure si Deus ti tàncat su balcone, t‟abèriti sa janna) Dio chiude la finestra e apre una porta (è il corrispettivo sardo del proverbio italiano: chiusa una porta si apre un portone) 18 Deus ti daet una vune longa, ma poi ti daet sas operas Dio ti dà la fune lunga (l‟opportunità di redenzione), dopodiché ti da le azioni (dopodiché agisce lui) Deus ti salvet de priùcu amìtu e de poveru irrichìtu Dio ti salvi dal pidocchio affamato e dal povero diventato ricco Deus ti salvet de sanitate e de justissia Dio ti salvi dalla sanità (pubblica) e dalle autorità De su viu b'est s'imbiu, de su mortu non b'at acunortu Di un vivo c‟è rinvio (speranza), di un morto non c‟è conforto (acunortu è una parola caduta pressoché completamente in disuso – in italiano il senso è finchè c’è vita c’è speranza) Il dolore spinge la voce (il dolore si esterna tramite la voce, tramite un grido di dolore. Sull‟estrenazioni dei sentimenti vedi: chie at dolu ponet dolu) Dolore ispìnghet oche Donzunu serrat s‟aitu sua Ognuno chiude il proprio cancello (la morte è qualcosa di estremamente personale) Duos pedes in d‟una iscarpa no istana mai vene Due piedi in una scarpa non stanno mai bene (comodi) "E" Elle su „e s‟Inzale ti nd‟est alatu? Elle, su passeri istortu t‟at brincatu? È franato il costone di Su Inzale? (Su Inzale è una località all‟ingresso del paese, ricco di sorgenti d‟acqua e sovrastato da un costone roccioso. Probabilmente c‟è stata una frana che ha lasciato nella memoria collettiva questo proverbio, che viene pronunciato in caso di ritardo di una persona) Ti è saltato addosso un uccello del malaugurio? (da riferirsi a persone che accusano continui malesseri passeggeri senza capirne l‟origine) Ello in mare non b'at abba? Perché, nel mare non c‟è acqua? (riferito ad una situazione di abbondanza) Èmina mustazuta, emina corazuta Donna con i baffi, donna coraggiosa Èmina neata, èmina preziata Donna con nei, donna apprezzata Èmina lanza, corriàtha Donna magra, coriacea Èmina tabacosa, èmina vissiosa Donna fumatrice, donna viziosa Ènnita s‟ora, pitzinnu a fòrasa Venuta l‟ora, il bambino fuori (si dice della gravidanza: arrivato il momento giusto, il bambino esce!!! Per metafora può essere usato nel senso di non affrettare le cose in quanto devono fare necessariamente il loro corso) Ènnitu barca, comporatu unnèdda Venuta la barca, comprata la gonna (si dice di persona spendacciona) Entre thathàta jòcata e non camisa noa Ventre sazia gioca e non la camicia nuova (fondamentalmente il senso è che è meglio avere la pancia piena e sazia che non un vestito nuovo. È un proverbio che in qualche modo riporta all‟essenzialità della vita contadina) Esser a bullos che pattedda „e poveroso Bollire come una pentola di poveri (esprime la fretta del povero affamato che per sbrigarsi a preparare il pranzo attizza la fiamma alla pentola) 19 Esser a feche Essere ad una feccia (si dice di una persona che sta veramente male. Solitamente è usata per sottolineare una persona notevolmente sbronza) Essere (istare) a ìnzimu Girare attorno (ad una persona, ad un argomento, ad un cibo ecc.) Esser allegru che pica Essere allegro come la ghiandaia (o gazza?) Esser arrèttu che caddu Avere un‟erezione come un cavallo Esser arrèttu che puddu Avere un‟erezione come un gallo Essere che Cozzulu Vrau Essere come Cozzulu Vrau (era il soprannome di un uomo che aveva la nomea di essere pettegolo. Vedi anche Essere Cozzulu Vrau) Essere in sas violeras Essere nei migliori anni Esser ìschidu che lua Essere inacidito come l‟euforbia (si dice di persona pedante ) Essere atu e lassatu Essere fatto e lasciato (si dice di persona apatica) Esser izu de sa pudda bianca Essere il figlio della gallina bianca (si dice di chi la passa sempre liscia) Essere bambu che lutu Essere insipido come il piscio (per alcuni come il fango, si dice di una persona che non capisce niente) Essere che.i su cane chin su porcu Essere come il cane con il maiale Essere che achedda afferitìtha Essere come un vitello sempre ferito (si dice di una persona che si fa sempre male) Essere che anima in pena Essere come un‟anima in pena (riferito ad una persona inquieta, in ansia per qualche motivo) Essere che pischina golli trota Essere come una pozzanghera (in tempi di secca) che raccoglie trote (si dice di persona avida che raccoglie o sfrutta ogni cosa che gli capita) Essere che pissiu colatu dae cossa in cossa Essere come il piscio da una coscia all‟altra (significa passare sopra delle offese, far finta di niente. Un‟altra informatrice sostiene significhi affrontare una situazione o una persona con spavalderia) Essere come la sanguisuga: sino a quando non è sazia non lascia il succhiare oppure Essere come la sanguisuga: sino a quando non è sazia non smette di succhiare Essere che.i sa sambesue: fintzas chi no est thathata non lassat su tzutzare oppure Essere che „i sa sambesue: fintzas chi no est thathata no sessiat de tzutzare Essere che.i su chilivru „e vae Essere come come il crivello delle fave (si dice di unu che non tiene per sé i segreti e va dicendo anche le cose più intime) Essere che.i su vrore de su gardu Essere come il fiore del cardo (il fiore del cardo è spinoso, quindi essere aspro, e quindi avere un carattere difficile) 20 Esser che Santu Tomasu, si non tocat non bi credete Essere come San Tommaso, se non tocca non crede (che se non vede non crede) Essere che tenna 'e cretòne in janna de istiu Essere come una tenda di cretonne nella porta durante il periodo estivo (la tenda di cretonne veniva posta sull‟uscio di una porta in estate per non fare entrare le mosche. In questo caso si dice di chi ha un atteggiamento di repulsione per le persone non gradite) Essere chena capu né coa Essere senza capo né coda Essere comente su cascu, dae buca in buca Essere come lo sbadiglio, di bocca in bocca (si dice di una persona che ha commesso qualche azione che ha causato chiacchiericcio nel paese: il suo nome rimbalza perciò di bocca in bocca) Essere focaccia morbida (ma di pessime apparenze. Si dice ad un uomo che si immischia in faccende di pettegolezzi femminili) Essere Cozzulu Vrau Essere cuntenta che caddu chin griglios Essere contenta come un cavallo bardato a festa Esser cuntentu che Pasca Essere contento come una Pasqua Essere bella comente su culu „e s‟ainu Essere bella come il culo dell‟asino (questo proverbio viene utilizzato spesso in occasione di un contraddittorio dove il tema è la bellezza o meno di una donna. Se la persona che sostiene la poca avvenenza della donna si stanca del dibattito, tenderà a chiudere la discussione dando ragione all‟antagonista in modo sarcastico: “Tenes rejone. Est bella che.i su culu „e s‟ainu! - hai ragione. È bella come il culo dell’asino”) Essere come un rematore di galera (il riferimento è ai prigionieri di guerra, costretti a remare sulle barche dei nemici. Si dice) Essere che rematore „e galera Essere de isterba mala Essere di indole cattiva Essere de isterba ona Essere di indole buona Esser galu zovaneddu de nudda Essere ancora un giovanetto Esser garriu che irithu Essere carico come un riccio (si dice di uno che nello svolgere lavori manuali trasporta un enorme carico) Essere istrìatu Essere condizionato (suggestionato, affascinato negativamente dal barbagianni, che in sardo è chiamato appunto istrìa. Nella credenza popolare s‟istrìa era un uccello foriero di cattivi presagi. In particolar modo si credeva che dove si posasse per cantare potesse succedere qualche disgrazia, un lutto in primis) Essere uno scaccia-stranieri (persona scortese verso l‟ospite) Essere (che) jàcara istranzos Essere lepiu che porcu 21 Essere leggero come un maiale Essere malu chisineddu Essere ozioso/poltrone (per la traduzione si utilizza una perifrasi che renda l‟idea. In realtà chisineddu è un vezzeggiativo utilizzato per colui il quale sta sempre vicino a sa chisina, ossia alla cenere e perciò sempre seduto vicino al camino senza fare niente anziché andare in campagna a faticare. Il rimprovero che ne nasce è infatti: a ite ses in bidda? Da ses malu chisineddu… - perché sei in paese? Quanto sei pigro….) Essere maccu che caddu Essere pazzo come un cavallo Essere malandratu che poleddu Essere piagato come un asino (dal lavoro) Essere mortu paratu Finita una cosa ed è già un‟altra (il proverbio deriva dall‟uccisione del maiale subito sostituito da un altro) Esser omine de paràula Essere uomo di parola Esser pesatu che puddighìnu „e donu Essere allevato come un pulcino regalato (si dice di una persona cui i genitori gli hanno evitato di conoscere la fatica) Essere ruiu che chipuddòne Essere rosso come un cipollone Esser salitu che muglia Essere salato come la salamoia Essere surdu che càmpana Essere sordo come una campana Essere thopu che irveche tropita Essere zoppo come una pecora impastoiata Essere tontu che napa Essere tonto come una rapa Essere tranquillu che papa Essere tranquillo come un papa Essere tristu che annata mala Essere infelice come una cattiva annata (agricola) Essere unu poleddu Essere un asino Essere vea che sa gana Essere brutta come la fame (si dice di una situazione ma anche come scherno per una persona) "G" Ghettat sa preta e accuat sa manu Lancia la pietra e nascende la mano (si dice di una persona che non si assume le proprie responsabilità) Ghettare abba a su ocu Gettare acqua al fuoco (spegnere i rancori, gli odi e stimolare al perdono) "J" Juchene ……. a ditzu Juchere sos cherveddos in brou 22 Si ha …… (nome della persona) come proverbio (si dice di una persona che con il suo comportamento ripetutamente “fuori dalla norma” suscita nel paese l‟ironia delle persone o meglio che è diventato per l‟intero paese l‟emblema di un vizio – bere, mangiare, rubare ecc. -. Vedi anche lu juchene a ditzu Avere il cervello in brodo (utilizzato verso chi non si ricorda di fare determinate cose, chi è smemorato. Da notare che in sardo il cervello è al plurale cherveddos) Juchere sos cherveddos de Mazzini Justissia enzat e a mie non tocchete Avere il cervello di (Giuseppe) Mazzini (si dice di una persona notoriamente intelligente e acuta, che riesce a realizzarsi nella vita grazie al suo cervello, appunto. Dire invece non juchere sos cherveddos de Mazzini è invece utilizzato in termini spregiativi per una persona stupida che compie continuamente azioni dissennate) Che venga la giustizia e a me non tocchi (non mi lambisca, nel senso che “non sia incolpato”. Sa justissia è intesa come le forze dell‟ordine e siccome non si ripone in loro una grande fiducia si prega di non essere accusati ingiustamente) Justissia mala! Cattiva giustizia! Justissia ti baràgliete e justissia t‟incàntet La giustizia ti subbugli (ti esagiti, ti metta in fòrte agitazióne) e la giustizia ti incanti Justissia ti brusiete! La giustizia ti bruci! Justissia ti caràsete! La giustizia ti biscotti! Justissia ti nde léete! La giustizia ti conduca via! Juchere anima de sette gattos Avere un‟anima di sette gatti Jutulìu: jutulìu! Cosa schifosa (e di poco conto): cosa schifosa (e di poco conto) (il senso è che una cosa non cambia la sua natura: se fa schifo, fa schifo e basta. Da notare che se l‟appellattivo jutuliu è riferito ad una persona il significato cambia, poiché indica una persona sudicia e sgradevole ma anche mentecatta) "I" Ìdere e non toccare achet crepare Vedere e non toccare fa morire Ìdere e non toccare achet pranghere e suspirare Vedere e non toccare fa piangere e sospirare Ìdere sa gapa male sestàta Vedere la glassa mal messa (vedere le cose che non vanno nel verso giusto) Impara s'arte e ponela a parte Impara l‟arte e mettila da parte Impromittere e non dare: cussu da mi lu aco jeo! Promettere e (poi) non dare: quello me lo faccio io! (lo si dice a chi ha fatto una promessa e poi non l‟ha mantenuta) In caminu s'aconzat garriu Durante il tragitto si sistema il carico (si dice di quando si deve intraprendere un nuovo lavoro o una nuova iniziativa: è un invito ad andare avanti nonostante le difficoltà in quanto le cose si sistemano poco a poco) In cosa chi non t‟impòrta, mancu ti bi dies orta In una cosa che non t‟importa, non voltarti nemmeno (è una raccomandazione a farsi gli affari propri: se vedi qualcosa passa avanti e fai finta di niente. Un piccolo inno all‟omertà. Da notare la musicalità del proverbio grazie alla rima impòrta – orta, ottenuta grazie alla licenza poetica che ha trasformato impòrtata in un abbreviato impòrta) In domo de su re sa misura bi cheret (anche) A casa del re ci vuole la regola In domo sua donzunu andat e toccat su culu a su re 23 A casa propria ognuno va e tocca il culo al re (è indice di disprezzo verso l‟autorità costituita) In donzi janna b'at crau In ogni porta c‟è un chiodo (Ogni famiglia ha il proprio dolore o anche ognuno ha il proprio tribolare) In donzi tupedda b‟at uricredda In ogni cespuglio c‟è un orecchio (si raccomanda di fare attenzione che la confidenza non venga percepita da nessuno) In donzi vamillia b'at fizos vonos e malos In ogni famiglia ci sono figli buoni e figli cattivi In donzi vamillia b‟at onos e malos In ogni famiglia ci sono persone buone e cattive In mare non b‟at abba? Nel mare non c‟è acqua? (versione differente di andas a mare e no acatas abba?) In mesu de socra e de connàta, menzus cojuàta Tra la suocera e la cognata è meglio essere sposata In palas anzenas currias largas Sulle spalle altrui correggia larga (riferito a chi delega i lavori più pesanti agli altri) In sa gherra, mancari ìngat, pèrdete In guerra anche chi vince perde In su chi non t‟importat, mancu ti bi dies orta In ciò che non t‟interessa, non voltarti nemmeno In su mese „e maju orriaìana sos ainos In su mundu non b'at de si fidare Nel mese di maggio ragliavano gli asini (a maggio c‟era la piena fioritura della natura e gli asini ragliavano di gioia per tale abbondanza, ma anche perché in amore) Nel mondo non c‟è da fidarsi In su mundu non b‟at niune cuntentu Nel mondo non c‟è nessun contento In su naschìre e in su mòrrere b‟at semper ispèsa Nel nascere e nel morire ci sono sempre delle spese (da affrontare) In su nono non bi tirat pinna Nel “no” la penna non scrive (dove vien detto “no” non si può stipulare alcun contratto) In tempus de gherra onzi bucu est trintzea In tempo di guerra ogni buco è trincea (nato probabilmente per significare che in caso di necessità ci si deve contentare di ciò che abbiamo a disposizione, attualmente ha assunto un significato volgare ed allusivo al sesso: un invito ad accontentarsi ad avere relazioni sessuali anche con donne che non piacciono In un paese di ciechi chi ha un occhio (chi ci vede da un occhio) fa da re (è un proverbio-metafora: in un luogo - può essere una famiglia, una compagnia di amici o un paese intero - ove regna l‟ottusità anche chi ha poca intelligenza si distingue e quindi si erge sulla massa) Qui non si capisce il padre con il figlio (si dice di una situazione ingarbugliata o in un contesto di schiamazzi) In una idda „e tzecos chie est a unu ocru achet de re Inoche non si cumprendet su babbu chin su izu Intendere su cascu de su lepore Sentire lo sbadiglio della lepre Intendere su tràvicu de s‟urmica Sentire il passo della formica (è stata fornita una duplice spiegazione: 1) si dice di una persona con l‟udito fino e 2) quando c‟è talmente tanto silenzio che si possono, appunto, sentire i passi della formica) Entrare a letto rassettato e casa spazzata (trovare una situazione ideale senza fare fatica alcuna) Intrare a lettu isterritu e domo mundata 24 Intrare che in domo sua Entrare come se si fosse a casa propria (avere un atteggiamento confidenziale, qualche volta indica anche un atteggiamento strafottente) Inuve b‟at petha „e caddu b‟at petha „e ainu Dove c„è carne di asino c‟è carne di cavallo (esprime la consuetudine di far passare la carne d‟asino per carne di cavallo) Inuve bi achen ocu bi essit umu Dove si fa il fuoco esce il fumo Inuve bi intrat sa emina, mancu su dialu Dove entra la donna (non entra) neanche il diavolo Ischìre a cale santu ti ortare Sapere a quale santo rivolgersi Isse si sonat e isse si ballata Lui se la canta e lui se la balla (si dice di uno che si vanta della propria persona o del proprio operato) Iscùra sa domo chi non b‟at pantalone Meschina la casa che non ha pantalone (meschina la casa al cui interno non c‟è un uomo) Iscùra sa domo chi non b'at zente ezza Meschina la casa che non ha gente anziana (meschina la casa al cui interno non c‟è gente anziana, ritenuta fonte di saggezza e di buoni consigli) Iscùra sa vata chi m‟at jutu Meschino il destino che mi ha avuto (molto interessante è questo vocabolo vata caduto completamente in disuso, se non nel proverbio, a favore dell‟italianizzato destinu. Significa anche malasorte.) Iscùra s‟agliola chi timet chi nde lèete su tricu sa urmica Meschina l‟ aia che ha paura che la formica porti via il grano Iscùru chie non s‟inzeniat (vedi anche Chie non s’inzeniat non càmpata) Meschino chi non s‟ingegna (per “campare” e sopravvivere) Iscùsa de malu pacatore Scusa (giustificazione) di pagatore inefficiente Ista mi l‟azis a muzza tundedda? Ista mi l‟azis chircande maritu e maritu non potet accatare, ista mi l‟azis a muzza tundedda? Avete visto una giovane corta e rotondetta? L‟avete vista cercando marito e marito non può trovare, avete visto una giovane corta e rotondetta? (veniva cantata a boche ‘è ballu con la musica de su passu torratu: era un proverbio/filastrocca che ironizzava su qualche giovane donna che non riusciva a trovare marito, o perché brutta fisicamente o brutta d‟animo) Istàre a livrilìnghe Avere poche cose da mangiare Istàre jutuliànde Stare a perder tempo con cose schifose e di poco conto (vedi Jutulìu: jutulìu!) Isterre su pede cuforma s'iscarpa Stendi il piede in base alla scarpa Ite semos, galu a caddicare accas? Forse che non abbiamo mai cavalcato le vacche? (si dice in epoca di stenti in cui bisogna stringere la cinghia. È un ricordare altri tempi di patimenti in cui ci si accontentava anche di cavalcare le vacche anziché i cavalli) Izos minores, fastizos minores - izos mannos, fastizos mannos Figli piccoli piccole seccature – figli grandi grandi seccature 25 Izu de gattu soriche tenet Il figlio del gatto cattura il topo (ciascuna persona assomiglia alla propria famiglia) Izu mascru tirat a mama, iza femina tirat a babbu Il figlio maschio propende per la madre, la figlia femmina propende per il padre "L" Lassare colare trinta dies pro unu mese Lasciare passare trenta giorni per un mese (è un invito a lasciare perdere una determinata situazione, quindi essere indifferenti) Leare abba dae donzi muntana Prendere acqua da ogni fontana (si dice di una persona opportunista che prende ogni cosa da dove capita) Leare a paparìle Andare a paparìle (significa andare nella direzione sbagliata) Leare a pischìrriu Andare verso una direzione sbagliata (si dice quando una cosa non va nel verso giusto) Leare trinta dies pro unu mese Lasciare trenta giorni per un mese (si dice riferendosi ad una persona che ha un atteggiamento indifferente verso le cose o gli avvenimenti della vita) Lezere s‟Ave Maria Leggere l‟Ave Maria () Lu juchene a ditzu! L‟hanno (una persona) come proverbio (il senso è: lo hanno eletto ad emblema! – di un determinato vizio -. Vedi Juchene ……. a ditzu) "M" Malu a bessire, peus a torrare Incapace ad uscire ancora peggio a rientrare Mancatu s'ortulanu, mancatu s'ortu Se viene a mancare l‟ortolano viene a mancare l‟orto Mancu in Oràeines bi nd‟at colatu Non sono passati neanche in Oràeines (si dice di una persona che non è passata in un determinato posto) Manicare pane de sette urros Mangiare pane di sette forni (si dice di persona che va di casa in casa a pettegolare) Mantene s'odiu chi s'occasione non mancat Conserva l‟odio che l‟occasione (di sfogarlo) non mancherà Maritu mortu nde ghettat sa domo, izzu mortu nde ghettat su coro La morte di un marito distrugge la casa, la morte di un figlio distrugge il cuore Mathu de sette cucuthos Marzo di sette copricapi (riferito ad un marzo freddo, nevoso e piovoso, di maltempo in generale) Menzus abba „e rieddu chi non riu siccu È meglio l‟acqua di un fiumicciatolo che non (l‟acqua di) un fiume in secca (vedi anche menzus rieddu currende chi non riu virmu) Menzus a dare chi no andare a chircare Meglio dare, che non andare a cercare (è meglio donare che non andare a mendicare) Menzus ainu viu chi non caddu mortu È meglio (avere) un asino vivo che non un cavallo morto (vedi anche menzus rieddu currende chi non riu virmu) Menzus a facher vene e sa limba a la tirare a da issecus È meglio fare bene e tirare la lingua all‟indietro (frenare la lingua) 26 Menzus a m‟injuriàrene chi no a injuriàre È meglio che m‟ingiurino che non io che ingiuri (È meglio che siano gli altri a ingiuriarmi che non io ad ingiuriare loro) Menzus birbante chi non maccu Meglio imbroglione che non stupido (il senso è meglio fregare che essere fregati) Menzus caddu cottu chi non caddu mortu È meglio un cavallo cucinato che non un cavallo morto (il senso è: meglio cucinare un cavallo morente - senza aspettare che eventualmente guarisca - che ritrovarlo morto e non farsene niente. Il senso è simile a meglio un uovo oggi che una gallina domani) Menzus caddu thoppu chi non caddu mortu È meglio (avere) un cavallo zoppo che non un cavallo morto (vedi anche Menzus caddu cottu chi non caddu mortu; il dubbio è che questo proverbio sia una distorsione del precedente poiché è noto che un cavallo zoppo è inutilizzabile e va quindi abbattuto) Menzus chi prangas tue chi non pràngapo jeo È meglio che pianga tu (ora) che non pianga io (dopo) (è la tipica frase che un genitore dice al figlio dopo averlo sculacciato o sgridato/punito pesantemente in seguito ad una sua azione ritenuta potenzialmente pericolosa: il pianto, unito alle parole e alla punizione data dal genitore, servirà da monito e memoria per il futuro) Menzus cofhos de amigu chi non lusingas de inimicu Meglio bastonate di un amico che non lusinghe di un nemico Menzus chimmanta francos oje in domo, chi no unu millione crasa olande È meglio avere cinquanta franchi (centesimi) oggi in casa, che non un milione domani in volo (in arrivo) (riporta il senso del concreto e della praticità insita nella mentalità comune) Menzus izu „e sorte chi no izu „e re È meglio essere figlio della buona sorte che non di un re Menzus ertu chi non mortu Meglio ferito che non morto Menzus ertu „e balla chi non de macchine Meglio ferito da una fucilata che non dalla stupidità Menzus izu de sorte chi non izu de riccu È meglio essere figlio della sorte che non di una persona ricca Menzus maritu malu chi non nudda È meglio avere un cattivo marito che non niente Menzus mortu nuscande chi non viu putinde Meglio un morto profumando (profumato) che non vivo puzzando (puzzolente) (è meglio una breve, ma dignitosa esistenza che non una lunga e immorale) Menzus pane de chiagliu in domo mea, chi non pane de tricu in domo anzena È meglio avere pane integrale a casa propria che non pane di grano in casa altrui Menzus petìre onore a savios chi non pane a maccos È meglio chiedere onore ai savi (saggi, sapienti), che non il pane agli stupidi Menzus rieddu currende chi non riu virmu È meglio un corso d‟acqua che scorre che non un fiume che non scorre (l‟insegnamento pedagogico è il seguente: accontentati delle piccole cose senza aspettare necessariamente le cose grandi. In italiano è affine a meglio poco che niente) Menzus su sicuru chi non su vinturu È meglio il sicuro che non il futuro 27 Menzus unu malu in mesus a vonos, chi no unu onu in mesus a maloso È meglio una persona cattiva in mezzo ai buoni, che non una persona buona in mezzo ai cattivi Menzus unu puzone in manos chi non chentu olande È meglio (avere) un uccello tra le mani che non cento volando (in volo) (vedi menzus chimmanta francos oje in domo, chi no unu millione crasa olande) Menzus unu vonu amicu chi no un malu maritu È meglio avere un buon amico che non un cattivo marito Menzus unu vonu amicu chi no unu malu parente È meglio un buon amico che non un cattivo parente Menzus zecu a un ocru chi non zecu „e totu Meglio cieco completamente Meta sos cramatos, pacos sos elettos Molti i chiamati, pochi gli eletti Mi‟ chi ses in domo anzena…. Guarda che si in casa altrui…. (è un modo di dire che si utilizza specialmente con persone esterne alla propria comunità, con persone che nel proprio paese minacciano o avanzano pretese e/o diritti. Può essere interpretato sia come un memento che ciascun paese ha delle regole proprie, sia come un memento che ciascuna comunità si raccoglie attorno ad un membro contro lo “straniero”. Il mi’ iniziale ha una origine spagnola: deriva dal verbo castigliano mira, ossia guarda, fai attenzione) Mi stai prendendo come una pera (selvatica) nel cesto (il riferimento è al cesto portato in testa dalle donne. Se al suo interno veniva portata un‟unica pera è normale che questa, durante i passi mossi dalla donna, si muova abbondantemente. Questo proverbio è detto ad una persona che nel dare comandi cambia continuamente idea facendo sì che la persona comandata faccia avanti e indietro, sballottata da una parte all‟altra senza nulla concludere) Mi ses picande che piràstru in ispòrta ad un occhio che non cieco Misera s‟agliòla chi timet sa urmica Misera l‟aia che ha paura della formica (se ha paura di una formica significa che è semi-vuota) Miseru chie at saccu e no at tricu Misero (infelice, disgraziato) chi ha il sacco e non il grano Miseru chie isèttat pranzu in domo anzena Misero chi aspetta il pranzo in casa altrui (perché non sempre può arrivare) Miseru chie no imbètzat Misero chi non invecchia Nominare al focolare e comparire all‟uscio (è il corrispettivo di: parli del diavolo e gli spuntano le corna) Montoare in fochile e bessire in jannile Morrer che musca meicata Morire come una mosca avvelenata (da un medicinale) Morte de chent'annos no immenticat mai Morte di cento anni fa non si dimentica mai 28 "N" Nande nande e s'ocru ocande Dicendo che casca (dall‟albero) la pera matura, (spesso) casca quella acerba (è un proverbio che ricorda quanto non sia scontata la vita: ci si aspetta che arrivi la morte delle persone più anziane, la realtà dei fatti dimostra che spesso muore prima chi è ritenuto più forte e/o giovane) Alludendo alludendo e cavando un‟occhio Narami chin chie abìtas, ca ti naro chie ses Dimmi chi frequenti e ti dirò chi sei Narat bene su ditzu…. Dice bene il proverbio….. (utilizzato come incipit di frase per sottolineare che quanto si sta affermando è suffragato anche dalla sapienza antica del proverbio. Ciò dimostra che quanto si sta dicendo è valido) Dillo suocera, ascoltalo nuora (lo dico a te, suocera, affinchè lo capisca tu, nuora) (si dice quando una persona fa apparentemente un discorso in generale mentre in realtà è ben indirizzato a una persona che sta ascoltando. In italiano il proverbio più prossimo è Date da bere al prete che il chierico ha sete) La natura vince (natura era in sardo antico un modo gentile di indicare il sesso; in questo caso sarebbe quindi il sesso attrae) Nande chi nde ruet sa modde, de pira, nde ruet sa tosta Naratìlu socra, intendetìlu nura Natura attraet Nd‟achìrrata s‟omine dae caddu Scende l‟uomo da cavallo (si dice di un uomo che scende addirittura dal cavallo per rendere omaggio alla bellezza di una donna o di una ragazza) Nd'est torratu chin sos malunes È tornato con i malunes (recipienti di sughero solitamente utilizzati per metterci lo yogurt. Si dice di una persona partita verso altri luoghi per fare fortuna e tornata più povera di prima) Ne sei uscito (fuori) cornuto e mazziato Nde ses issitu currutu e frusticatu Nde ucchìet prus sa limba chi no s‟ispata Ne uccide più la lingua che la spada (La lingua uccide più della spada) Né priteru so, né missa canto Non sono un prete né canto la messa (non so niente e non dico niente. Lo dice una persona interpellata a pronunciarsi su di una cosa, di cui però sa ben poco) Neche o non neche prangat erveche Colpa o non colpa che pianga la pecora (anche se la colpa non è mia, ne sto pagando io le conseguenze) Niune est cuntentu de su chi Deus l‟at datu Nessuno è contento di ciò che Dio gli ha donato Niune niat biatu chentza essere interràtu Nessuno dica “il defunto” senza che (prima) sia sepolto Niune niat de cust'abba non bio Nessuno dica: di quest‟acqua non berrò (mai dire mai nella vita) No achet de ìdere pilu nieddu in domo anzena…. Non è possibile vedere lana nera in altrui casa (vedi anche Non cheret bidere lana niedda in domo anzena) No essire dae su caminu „e s‟ainu Non uscire dal percorso (attorno alla macina) dell‟asino (riferito alle persone che dicono sempre le stesse cose, che raccontano sempre gli stessi aneddotti o che conoscono solo poche cose: esse hanno una visione limitata della vita e delle cose, come gli asini che muovono le macine asinarie) 29 No est colatu galu su chervu in s‟iscala Non è ancora passato il cervo nella scorciatoria (dopo aver commesso qualche malefatta ancora non è arrivato il momento dei sensi di colpa o di un pentimento) No est vonu pro isse, d‟at a fachere vene a sos ateros….. Non è buono per se stesso, figurarsi se fa del bene agli altri…. No facas ìdere su biancu pro su nieddu Non far vedere (non far passare) il bianco per il nero (si dice ad una persona che spiega una cattiva azione con la giustificazione che avrebbe un fine più nobile) No impares su babbu a caddicare Non insegnare al padre ad andare a cavallo (ossia non dare consigli a chi è più esperto di te) No impares su babbu a coddare Non insegnare al padre a scopare (fare sesso) No intèndere da un‟uricra Non sentire da un‟orecchio (proverbio utilizzato per indicare una persona che fa finta di niente. D‟altronde è in qualche modo assimilabile al proverbio italiano non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire) Non cheret bidere lana niedda in domo anzena Non vuole vedere lana nera in casa altrui (si dice di persona invidiosa che non vuole vedere il benessere in casa altrui) Non ischìre si non su caminu „e s‟ainu Conoscere solamente il percorso (attorno alla macina) dell‟asino (si dice di una persona ottusa che non può ampliare i propri orizzonti e le proprie conoscenze vedi anche No essire dae su caminu ‘e s’ainu) No ischire su broccu chi ti nd‟est occande s‟ocru Non sapere il ramo (o piolo) che ti sta tirando fuori un occhio (rivolto a persone che non si accorgono di nulla, sbadate) No ischimos su chi nos at a bennere crasa Non sappiamo cosa ci succederà domani No isettes chi ti ènzat s‟abba a gula Non aspettare che ti arrivi l‟acqua alla gola No istes a caddu „e su entu Non stare a cavallo del vento (si dice ad uno che sta fermo e a gambe larghe. Equivalente in italiano: non stare con le mani in mano) No esser dignu mancu a l‟isòlver sas iscarpas Non essere degno neanche di slacciare le scarpe (a qualcuno di cui si sta parlando) Non cheret Deus? Dio non vuole? (usato solitamente in termini ironici come domanda posta ad una persona che avrebbe dovuto fare qualcosa e che poi non l‟ha fatta) Non bi brulles chin sos maccos! Non scherzare con i pazzi! (la frase è utilizzata con una duplice valenza: come proverbio alludendo al fatto che è meglio evitare di scherzare con le persone fuori di senno, ma anche come minaccia, sottintendendo che la propria persona, se provocata, è in grado di fare azioni “da pazzo”) Non ce la faccio a legarne in strofinaccio (non riuscire a trattenere le persone, i figli, i soldi ecc.) Non bi l‟aco a nde ligare in pannutzu Non laves sa conca a s‟ainu! 30 Non fare lo shampoo all‟asino! (si dice come rimprovero per indicare che si sta facendo un qualcosa di inutile. Cfr. con chie lavat sa conca a s’ainu perdet tempus, abba e sapone) Non li bastat né su irde né si siccu Non gli basta né (l‟erba) verde né (l‟erba) secca (riferito alle cattive massaie che non si fanno bastare i soldi che il marito porta a casa) No.nde poter mancu sa vita Non avere più la forza di vivere No.nd'itat mama peruna, no.nde leet colovra No ruet oza chi Deus non chegliat Non lo veda nessuna madre (un male, una circostanza terribile), non lo porti via il neanche il serpente (è un augurio che nessuno possa vivere delle brutte situazioni) Non lo veda una mamma che si tormenta (è un auspicio per l‟intera comunità sotto forma di augurio per una singola persona. Si augura ad una madre che ha vissuto una brutta esperienza di non riviverla neanche per sentito dire in quanto avvenuta ad un‟altra persona: fondamentalmente quindi questo proverbio riporta la speranza che una comunità non possa più assistere ad un tragico evento) Non cade foglia che Dio non voglia No so ezza de annos, ma so ezza de afannos Non sono vecchia di anni, ma sono vecchia di affanni Non b‟at acunortu perunu Non c‟è nessun conforto (ma anche non c‟è nessuno con cui parlare per potersi sfogare) Non b‟at neune a ghettare sale a pattedda Non c‟è nessuno a mettere il sale alla pentola (non c‟è nessuno che sappia dosare il sale da mettere alla pentola, quindi non c‟è nessuno che sia affidabile) Non b‟at niune chi serrat sa janna Non c‟è nessuno che chiuda la porta (Non c‟è nessuno che riesca a portare a conclusione un‟azione, un lavoro ecc.) Non b'at né pìstitu né cottu Non ha né scottato (riscaldato) né cotto (riferito ad una persona che non prende posizione, accidiosa e apatica) Non benit morte chi iscusa no apat Non esiste morte che non abbia una scusa Non bi pìstit né bi cochet Non scalda né cucina (si dice di una persona che non sa di niente: né carne né pesce) Non cheret bidere lana niedda in domo anzena Non vuol vedere lana nera in casa altrui Non ghèttes abba a sas puddas proènde Non mettere l‟acqua alle galline quando piove (le ciottole per abbeverare le galline stanno solitamente all‟aperto e quindi se piove si riempiono d‟acqua da sole. Si esorta quindi a non fare un qualcosa di inutile. Utilizzato anche come rimprovero: a ite ses ghettànde abba a sas puddas e proènde?) Non avere il cervello di Mazzini (vedi non juchere sos cherveddos de Mazzini) No. nd‟itat mama chi nde penata Non jùchere sos cherveddos de Mazzini Non li ponzètas amore a s‟omine isposàtu Non date amore all‟uomo sposato (non innamoratevi di un uomo sposato) Non lasses su caminu ezzu pro su nou Non lasciare il cammino vecchio per il nuovo Non m'at torratu nè bulte nè gatha Non mi hanno restituito né bulte né gatha, che traslato significa non mi hanno dato alcuna risposta. Su bulte e sa gatha sono due dolci simili) Non ponzas a pare su ocu chin Deus Non mettere a confronto il fuoco con Dio (ossia il sacro con il profano) 31 Non prus valet sas abbas de mathu e aprile chi non su carru „e oro de su re Basile Vale di più le acque (le piogge) di marzo e aprile, che non il carro del re Basile Non prus valet s‟esperientzia chi non s‟issentzia Vale più l‟esperienza che non la scienza (la scienza qui è intesa come conosenza teorica, quella appresa dai libri) Non prus valet un onore chi non milli siendas Vale più un onore (ricevuto) che non mille ricchezze Non prus valet unu gustu chi non milli malannos Vale più una gioia che non mille disgrazie Non prus valet unu gustu chi non milli siendas Vale più una gioia che non mille tesori Non ti allegres mai de sas dilgràssias de sos ateros Non gioire mai delle disgrazie altrui (è un proverbio sibillino. Il senso si esplicita con la parte mancante : se gioirai delle disgrazie altrui, le stesse potrebbero capitare anche a te) Non aver paura dei morti ma temi i vivi Non timas sos mortos, ma time sos vios Non tòrrata àlinu pro non gastàre àghera in prumones Non respira per non finire l‟aria nei polmoni (critica all‟avarizia) "O" Oche de Deus, oche de populu Voce di Dio, voce di popolo (dal latino vox Dei, vox populi) Oje a mie, cras a tie Oggi a me domani a te Oliàtu an a manneddu e atu l‟an peusu Hanno dato l‟estrema unzione a nonno e si è sentito ancora peggio (si dice di una situazione che pensandola pesante la si rende ancora più estrema. Ricorda vagamente fasciarsi la testa prima ancora di rompersela) Omine chena dinari, omine mortu Onzi cosa a chie dèchete Uomo senza denaro, uomo morto (è una triste considerazione sull‟importanza dei soldi nata probabilmente in un tempo storico recente, ossia nell‟epoca successiva all‟economia di sussistenza in cui le persone vivevano esclusivamente di agricoltura e di pastorizia. Ma se qua si riporta l‟importanza del denaro c‟è un altro proverbio che avverte sul pericolo legato ad esso: Su dinari atzecat s’omine) Ogni immondizia dentro casa! (Ogni persona spregevole viene a trovarmi oppure quando una figlia ha un cattivo matrimonio e quindi porta con sé in famiglia una persona non buona) Ogni cosa (spetta) a chi si addice Onzi cosa a tempus suo Ogni cosa a suo tempo Onzi cosa enit e passat, oras de sa paraula de Deus Ogni cosa viene e passa all‟infuori della parola di Dio Onzi cosa enit a fine, oras de sa paraula de Deus Ogni cosa ha una fine, fuorchè la parola di Dio Onzi dolore est dolore, onzi sentimentu est dannu, ma no est gai mannu che.i su perder s‟amore Ogni dolore è dolore, ogni angoscia è un danno, ma non tanto grande come perdere l‟amore Onzi erva at sa virtute sua Ogni erba ha una propria virtù (la lezione pedagogica avvisa che in ogni cosa è nascosto un qualcosa di buono e di positivo) Onzi arga a intro „e domo! 32 Onzi izu nde leat unu pizu Ogni figlio tira via uno strato (di pelle) Onzi lana benit a pettene Ogni noia viene al pettine (è il corrispondente sardo del proverbio italiano ogni nodo viene al pettine) Onzi malu pacatore che.i su lettore Ogni cattivo pagatore (sia) come il sacerdote (ossia chiunque abbia un debito sia una perona onesta, come il sacerdote, e paghi) Onzi mesu ocat su vrore suo In ciascun mese fiorisce un fiore diverso Onzi puddu cantat a s‟ora sua Ogni gallo canta alla sua ora (ogni cosa va fatta a suo tempo) Onzunu achet pro isse e Deus pro totus Ognuno fa per sé stesso e Dio fa per tutti (è una denuncia verso l‟egoismo umano) Onzunu est mere in domo sua Ognuno è padrone in casa propria Onzunu idet in domo sua Ognuno vede in casa propria (ognuno a casa propria è padrone delle proprie opinioni) Onzunu s‟inzèniat comente potet Ognuno s‟ingegna come può (per “campare” e sbarcare il lunario ) Onzunu tenet su defetu suo Ognuno ha il proprio difetto Oras de domo, oras de coro Fuori dalla casa, fuori dal cuore (è riferito in particolare ai figli, che una volta che si sposano, ed escono di casa, non sono più amati come prima. Riferito anche alle persone che stanno lontane) Ragli d‟asino non salgono al cielo (le bestemmie, le offese dell‟uomo non salgono in cielo e in senso lato le ingiurie fatte da stolti non possono offendere) Orrios de ainu no artzian a chelu Ortàre sa cara Girare la faccia (nel senso di volgere lo sguardo altrove. Utilizzato sia per indicare un senso di disprezzo sia per indicare un far finta di niente) Oza de murichessa, chie la achet la pessata. Oza de neulache chie la pessat la àchete Foglia di gelso, chi la fa la pensa. Foglia di oleandro chi la pensa la fa (riferito alle persone infide: se penso che gli altri siano capaci di compiere determinate azioni è perché innanzittutto sono io capace di compierle) "P" Paca zente, bona festa Poca gente: bella festa! Pacu vene vae e lardu! Magari fave con lardo! (magari avessimo fave e lardo, esprime un desiderio di una cosa apparentemente irraggiungibile: su vae e lardu era infatti un piatto da ricchi) Paraulas de cara non perden amistate (o amizizia) Parole dette in faccia non perdono amicizia Pares s‟ainu de Duminicheddu, annande e torrande Sembri l‟asino di Domenico, che va e viene (Si dice ad una persona quando gira in tondo ad un argomento o ad una cosa senza arrivare a nulla) Paret unu zigante Sembra un gigante Paret chi juco su monte „e su Cantaru in palas Sembra che abbia il monte de su Cantaru sulle spalle (si dice quando si ha un peso, un‟ansia, un‟apprensione che opprime lo stato d‟animo) 33 Paret unu tziòmo Pasare che pudda cruchinde Sembra uno tziomo (tziòmo era l‟appellattivo che davano ai carbonai e tuttora indica una persona trasandata, sciatta ecc. Da una piccola ricerca in dizionari sardi risulta però che possa derivare da ecce homo, a raffiguare quindi una persona che abbia avuto una vita simile alla passione di Cristo) Riposare come una gallina che cova Patire pro gudire Patire per poter essere felici (è una variante di chie cheret gudire devet patire) Pedde tue, pedde de cane! La tua pelle: pelle di cane! (riferito ad una persona che sta lavorando e ci sta mettendo tutto se stesso ) Perdere saccu e sale Perdere sacco e sale (perdere tutto) Perdere totu francu s‟onore Perdere tutto fuorchè l‟onore Perdita s‟irgonza non b‟at prus ite „e achere Perduta la vergogna, non c‟è più niente da fare (si dice di una persona che ha perso ogni contegno morale in seguito ad aver compiuto anche una sola azione disonorevole. Da quel momento in poi sarà disposta a tutto poiché non possiede più un freno morale) Pesa e paca e bae chin Deus Pesa e paga e vai con Dio (si diceva ai venditori: al momento del peso era meglio darne un po‟ di più che non di meno, visto che comunque la gente paga) Petitòre imbelèschitu, sa limùsina si nde perdet Mendicante insistente, perde l‟elemosina (se uno va sempre a chiedere elemosina prima o poi non gli daranno più niente) Picàre una cària solenne Prendere botte solenni Pìstala s'abba pìstala: abba fit e abba s'istat Pesta l‟acqua, pestala: acqua era e acqua rimane (inutile arrabattarsi in un‟azione che comunque non cambierà la situazione) Pompa meta, chiu pacu Tanta pompa ma poco nocciolo (il senso riporta al‟italiano tutto fumo niente arrosto) Pònnere ditzis e cavanìlese Creare proverbi e infamie Pònnere sa pedde „e culu in cara Mettersi (indossare) la pelle del culo in faccia (è un‟espressione ironica: indica di una persona sfacciata, spudorata e arrogante. Anche in una discussione accesa tra due individui se uno dei due sostiene un parere esplicitamente falso e tendenzioso è facile che si sentirà dire: “no nd‟as irgonza? Sa pedde „e culu a cara ti ses ponende? - non ti vergogni? Ti stai mettendo la pelle del culo in faccia?”) Mettere il cavallo nella vigna (quest‟azione era ritenuta un gravissimo sfregio. Innanzitutto perché era indice di totale rottura dei rapporti tra due persone, tra due compari o tra due famiglie, poi perché arrecava un enorme danno economico, poiché il cavallo mangia l‟intera vite e di conseguenza anche le germinazioni dell‟uva) Pònnere su caddu in sa inza Ponèti unu puntu in bucca 34 Mettiti un punto (di sutura) in bocca (si dice ad una persona che sta sproloquiando, mettendolo in guardia a non dire più del dovuto) Pranzu datu, chena isèttata Un pranzo offerto attende una cena (in contraccambio) Prèndemi e ghettamìnde a mesu de sos meos Legami e buttami in mezzo ai miei (parenti) (vedi Tròpimi manos e pedes e imbolaminde a mesus de sos mèoso) Preta lodduratìtha non ponet mai litha, preta lodduràna non pone mai lana La pietra che rotola non mette mai muschio la pietra che rotola non mette mai il muschio Prima de àchere, pessa! Prima di agire, pensa! Prima intrat Deus, no santos È più importante Dio, non i santi Priteru mortu, cratea leata Morto il prete, toltagli la sedia (è l‟equivalente di morto un papa se ne fa un altro) Pro amore de Deus, sìata Per amore di Dio, sia (è un‟espressione che in italiano può essere espressa con per carità di Dio) Pro amore de su mere si rispettat su cane Per amore del padrone (datore di lavoro) si rispetta (anche) il cane (in alcuni casi il termine mere è stato riportato come su padronu, apparentemente un‟italianizzazione della parola padrone. È alquanto strano perché enunciata da due informatori over 70) Pro difendere su izu, sa mama, nde intrat a inintre de s‟iffèrru Per difendere un figlio, la madre, entra dentro anche l‟inferno Pro ischìre cumandàre bisonzu chi ìscat trivagliàre Per saper comandare c‟è bisogno (innanzitutto) di saper lavorare Pro male cojuàta, menzus acchiàna È meglio essere nubile che avere un cattivo matrimonio (stride notevolmente con la precedente ”menzus maritu malu chi non nudda”) Pro malu ambasciatore menzus mi lu aco jeo Per un incapace ambasciatore è meglio che me lo faccio io (è meglio che faccia io una cosa anziché inviare un ambasciatore incapace: il senso è che anziché delegare una persona incapace è meglio che determinate cose vengano sbrigate in prima persona) Pro si connoscherene, maritu e muzere, bisonzu chi si manichen una carra de sale impare Per conoscersi, marito e moglie, c‟è bisogno che si mangino uno staio di sale insieme (Sa carra era una misura di capacità ed equivaleva a 80 kg. Il senso di questo proverbio è che consapevoli del fatto che nella vita non si arriverà mai a mangiare 80 kg di sale, due persone non riusciranno a conoscersi mai abbastanza) Pro su izu sa mama si nde ocat su coro Per il figlio la madre è disposta anche a strapparsi il cuore Pro su mere rispetan su cane Per il (rispetto che hanno del) datore di lavoro, rispettano (anche) il cane Pro un‟unza „e pipere s‟at perditu sa cassola Per un‟oncia di di pepe ha perso lo spezzatino di carne (per un niente si è perso qualcosa di importante) Prus b‟at galu a dare, chi no at datu (Deus) Ha ancora più da dare, che non ciò che ha dato (Dio) (il senso è che Dio nonostante abbia dato tanto ha ancora tanto da dare. È un‟esortazione ad aver fede in Dio che è sempre foriero di belle cose, situazione e novità) 35 Prus t'abbassias prus su culu t'ìdene Più t‟abbassi e più ti vedono il culo (nella vita è sempre meglio essere un po‟ orgogliosi: ad essere troppo umili si rischia di essere soggetto alle persone opportuniste) Prus timen ocros chi non manos Hanno più timore gli occhi che non le mani Pustis mortu, cuminicatu Dopo morto, ha preso la comunione (si dice quando si vorrebbe dire qualcosa ad una persona morta, o meglio quando si rimpiange di non averle detto qualcosa quand‟era in vita) "R" Riu mutu, trazatore Fiume silenzioso: trascinatore (si dice delle persone silenziose che sotto sotto intuiscono e fanno più di chi ciarla) Roba baràta, acàrestiata Merce di prezzo modico (merce) di poco conto (è inutile perché butti i soldi per comprarlo e poi devi buttare anche ciò che hai comprato perché si rovina subito) Merce di modico prezzo mette carestia (differente versione della precedente) Roba barata carestìa ponete "S" S‟abba andat a mare S‟abba lassala currere comente cheret currere L‟acqua va al mare (è l‟equivalente in italiano di piove sul bagnato, anche se qui non ha una connotazione non del tutto negativa. Per esempio si usa quando una una vincita, un buon affare, una buona vendita ecc. procurano denaro a una persona o a una famiglia già ricca) L‟acqua lasciala scorrere come vuole (deve) correre (in questo proverbio si denota un forte fatalismo: l‟ammonimento riporta all‟istruzione secondo la quale occorre tirarsi indietro nel far succedere le cose che devono accadere, senza che l‟uomo tenti di cambiare il destino, il fato, ossia ciò che necessariamente deve succedere) S'abba lavat onzi cosa L‟acqua lava ogni cosa S'abba onzi cosa nd'andat, francu su machine L‟acqua rimuove ogni cosa, fuorché la stupidità S‟abitu no achet monza L‟abito non fa una suora (in italiano l’abito non fa il monaco) S'ainu chi atut paza, isse mantessi si la frastazat L‟asino che porta paglia esso stesso se la mangia (si dice di una persona che porta un dono presso una casa e poi finisce egli stesso per mangiarsela) S'allèga, dae su ochìle a su lettu L‟argomentazione (il ragionamento), dal focolare al letto (è un consiglio rivolto soprattutto verso le coppie sposate: una discussione, un argomento privato iniziato dentro casa deve rimanere dentro casa. Ricorda, nel senso, i panni sporchi si lavano in famiglia) S‟amore àlata e no àrtziata L‟amore scende e non sale (l‟amore materno non è uguagliabile a quello che i figli provano per i genitori) S'amore no est merda L‟amore non è merda S'amore no est paza L‟amore non è paglia 36 Santu Gristòlu, su solu campu, su campu solu, chi non b'apat niune S'apprètu ponet su etzu a currere San Cristoforo, il solo campo, il campo solo, che non ci sia nessuno (più che un proverbio è una filastrocca che le donne anziane recitano durante i forti temporali. È una preghiera a San Cristoforo che interceda affinchè i fulmini non colpiscano nessuno) La necessità (l‟urgenza incalzante) mette il vecchio a correre S'arga andat a su muntonàgliu L‟immondizia finisce nell‟immondezzaio S'arga dae su muntonagliu non mancat L‟immondezza dall‟immondezzazio non manca S'arga non mancat a su muntonàgliu L‟immondezza non manca all‟immondezzaio S‟arina „e su dialu si nd‟andat totu in chisìna La farina del diavolo se ne va tutta in cenere (le malefatte non producono benefici) S‟arraganàtu non cacat oje pro non manicare crasa L‟avaro oggi non caga per non mangiare domani S‟arraganàtu no intrat in chelu L‟avaro non entra in cielo S‟arraganàtu non si godit mancu sas cosas sua L‟avaro non si gode nemmeno le cose sue S‟arraganàtu non si godit su chi b‟at (cfr. con avaru ses? Mindicu moris!) L‟avaro non si gode nemmeno ciò che ha (per paura di finirlo) S‟erva mala est s‟urtima a mòrrere L‟erba cattiva (l‟erbaccia) è l‟ultima a morire S‟erva mala no morit mai (vedi Su chi est vonu durat pacu) L‟erba cattiva (erbaccia) non muore mai (riferimento all‟esistenza umana: è una triste considerazione sul fatto che spesso le persone considerate buone muoiono prima di quelle considerate negative) S'imbolicu torrat a s'imbolicatore Il garbuglio ritorna all‟ingarbugliatore (in italiano il senso è simile a chi semina vento raccoglie tempesta) S‟imbùtu e s‟istatèa, misèru chie la pelèata L‟imbuto e la stadera, poveraccio chi ha i pensieri (è un proverbio dove l‟introduzione iniziale s’imbùtu e s’istatèa è finalizzata non tanto a informare su quanto si sentenzierà nella seconda parte, misèru chie la pelèat, quanto a prepararne la musicalità della forma in questo caso con un‟assonanza, altre volte con una rima) L‟impossibile non è guidato neanche da Dio (quasi a dire che il destino è al di sopra anche di Dio) S‟impossibile non lu cumandat mancu Deus S'ingannu torrat a s'ingannatore L‟inganno ritorna all‟ingannatore (vedi s'imbolicu torrat a s'imbolicatore) S'interèssu no àchet zente e sa zente non fachet interessu Il patrimonio non fa una famiglia e la famiglia non fa patrimonio (patrimonio e famiglia vanno di pari passo: l‟una non può esistere senza l‟altro) S‟invidia non morit mai L‟invidia non muore mai S‟ira de Deus cheret tìmita L‟ira di Dio va temuta 37 S‟ispìna chenza dolore ti nde ocata….. S‟istràle tziomìna non bi lu secat! S‟omine a trivagliare, su puzone a bolare Ti toglie la spina senza dolore … (proverbio con annessa metafora: si dice di un individuo capace di far parlare le persone senza che queste quasi se ne accorgano. Alcune volte ha un‟accezione positiva quando questo individuo riesce a far esternare dei dolori repressi a delle persone chiuse, altre volte ha un‟accezione negativa, quando l‟individuo con atteggiamento rassicurante e da “amico” fa dire delle cose che magari si pensano ma che normalmente non si direbbero pubblicamente) L‟ascia tziomina non lo rompe! (l‟ascia tziomina è l‟ascia usata dai tziomi, i carbonai piemontesi. Si dice di una persona vanitosa che cammina talmente a testa che niente lo spezzerebbe) L‟uomo a lavorare, l‟uccello a volare (la natura regala a ciascuno una sua caratteristica) S‟omine no si misurat a palmos L‟uomo non si misura a palmi (la grandezza di un uomo non è data dalla sua altezza) S‟omine solu no at mai cuncruitu nudda L‟uomo solu non ha mai concluso nulla (l‟uomo non sposato è un uomo incompleto) S'omine vonu faeddat in cara L‟uomo giusto parla in faccia (dice le cose in faccia) S'onore est de chie lu daet e non de chie lu rezit L‟onore è di chi lo da e non di chi lo riceve S‟ora chi mancu pessas, sa cosa èniti L‟ora che neanche immagini, la cosa arriva S‟umu andat a sas bellas Il fumo va verso le belle S‟undu arritzalu dae minore. Cando chi est mannu non b‟arritzat prus L‟albero raddrizzalo sin da giovane. Quando sarà grande non raddrizzerà più (riferita all‟educazione dei giovani figli) S‟unza nde ghettat su cantàre L‟oncia fa travasare la misura (su cantare è uno strumento che serviva a pesare grandi quantitativi di merce – solitamente il bestiame – e di differenzia da s’istatèa che praticamente è lo strumento corrispettivo per piccole quantità - solitamente sino a 15 kg - ) Sa bellèsa intrat in buca La bellezza entra in bocca Sa bellèsa ti l'appìtzicas in su muru La bellezza te l‟appendi al muro Sa bona vama est vona dote La buona fama (nomea) è una buona dote Sa brulla est bella cando totu rìdene Lo scherzo è bello quando tutti ridono (ossia quando è gradito a tutti e perciò non ha offeso nessuno) Sa brulla ìschida non piaghet mai (oppure sa brulla ìschida non piaghet a niune) Lo scherzo inacidito non piace mai (oppure lo scherzo inacidito non piace a nessuno- da sottolineare che l‟aggettivo ìschidu è stato tradotto letteralmente: traslato il suo senso lo si può spiegare mediante un insieme di altri aggettivi quali pesante, stupido, fastidioso, lezioso, monotono, molesto, importuno) Sa chera a focu èniti La cera finisce con il fuoco (il senso è che tutti i nodi vengono al pettine) Sa comunione, da uve intrat, èssiti La comunione da dove entra esce 38 Sa conca l‟at fattu, sa conca lu prànghete La testa l‟ha fatto, la testa lo piange (compiange) (io ho commesso una sbaglio, io ne debbo pagare le conseguenze) Sa cosa antica durat de prus La cosa antica si conserva di più Sa cosa anzèna est prus saporita La cosa degli altri è più saporita (vedi anche proverbio successivo) Sa cosa anzena est semper prus vona La cosa degli altri è sempre più buona (saporita) (il senso riporta all‟incirca al proverbio italiano l’erba del vicino è sempre più verde, anche se qui è riportato con un‟accezione culinaria) Sa cosa lìtzita si disizat de mancu La cosa legittima si desidera di meno Sa cosa uràta pacu abàrrata, comente est ènnita gai si nd‟àndata La cosa rubata rimane (al ladro per) poco, come è venuta così se ne va (questo proverbio è stato rilevato anche nella forma sa cosa uràta pacu dùrata, comente est ènnita gai si nd’àndata, ossia con il verbo dùrata al posto di abàrrata. Il significato non si discosta tanto l‟uno dall‟altro, ciò che cambia notevolmente è la musicalità del proverbio stesso, in quanto il verbo abàrrata fa rima con àndata. Personalmente quindi, tenendo conto che i proverbi giochino molto sulle parole e sulla musicalità – per scopi mnemonici e letterari - ritengo che sia più corretto il primo, mentre il secondo è una sua derivazione e/o distorsione) Sa crèsia vona est sa domo La chiesa buona è la (propria) casa Sa cumpanzìa l‟at chèfita Deusu La compagnia l‟ha voluta Dio (il riferimento è al racconto biblico di Adamo: dopo averlo creato da solo, Dio ha scelto di dargli una compagna, Eva. Fondamentalmente è un invito all‟uomo single di cercarsi una compagna, poiché è anche una volontà divina, nonché un dovere sociale. L‟uomo da solo non è un bene per la comunità, vedi anche il proverbio tristu e misèru s’omine solu) La cattiva botte fa il vino aceto (La cattiva botte trasforma il vino in aceto) (cupa è la botte: il senso è che il contatto con cattive compagnie trasforma le persone. Potrebbe essere associato all‟italiano chi va con lo zoppo impara a zoppicare) Sa cupa mala achet su inu achètu Sa die ona s'ìdet dae su manzanu Il buongiorno si vede dal mattino La donna quando s‟ubriaca va all‟acqua (ad attingere l‟acqua) con la cesta (ossia anziché andare con un recipiente va con una cesta di asfodelo) Sa èmina cando s‟imbriàcata andat a s‟abba chin s‟ispòrta Sa èmina est che sa mela: i‟ foras bella e ininitro punta La donna è come la mela: fuori bella e dentro marcia Sa entre siat prena, siat de paza o de rena O di paglia o di sabbia, (l‟importante è che) la pancia sia piena Sa gana manicat chin s‟inimicu La fame mangia con il nemico (si dice di una persona talmente affamata che sarebbe disposta anche a mangiare con il nemico) 39 Sa iza in coas de randa, sa mama annande a linna La figlia vestita di pizzo, la madre andando a (raccogliere) legna Sa malissia de sa èmina superat totu sas ateras La malizia della donna supera tutte le altre Sa malasorte cando at de ènnere, èniti! La malasorte (sfortuna) quando deve venire, viene! (è una malinconica considerazione che si fa commentando un qualche evento negativo che ha colpito qualche persona della comunità. Si denota un forte fatalismo e il tentativo di confortare la persona – e forse anche se stessi – che di fronte al destino non si può fuggire) La mano, lunga nel prendere, corta nel dare (è una denuncia dell‟avarizia) Sa manu, longa a picàre, curtza a dare Sa merda, prus la zìras prus ocat vraccu Sa paca ti la dèat Deus! La merda (nel vasino da notte) più la rimesti più puzza (si dice in occasione di certe situazioni cui sarebbe opportuno non parlarne più, poiché più se ne parla più danni si fanno) La paga ti venga data da Dio! (paga è utlizzato in modo ironico: s‟intende punizione o castigo. Si usa a mo‟ di minaccia verso chi ha compiuto delle azioni negative che hanno procurato liti, molestie e discussioni) Sa petha cotta non torrat mai crua La carne cotta non ritorna mai cruda (vedi abba colata non tirat mulinu: le cose passate non possono più essere cambiate, perciò è inutile guardarsi indietro) Sa pira sorta guastat sa ona La pera marcia fa andare a male quella buona Sa poverèsa no est vilesa La povertà non è viltà Sa rejòne a s‟inimìcu La ragione (anche) al nemico (se una persona ha ragione, glielo si deve riconoscere, anche se è un nemico) Sa rosa nde la tiran dae sas ispinas Sa socra chin sa nura non si ajulan mai La rosa la tiran fuori dalle spine (vedi anche patire pro gudire: nella mentalità sembra radicato il senso del “sacrificio” , dello sforzo e delle fatiche per riuscire ad ottenere qualcosa di buono. È come se a priori s‟ipotizzasse che la fortuna non premia chi non fa una vita di sofferenze) La suocera con la nuora non si sopportano mai Sa vama ona est bona dote Una buona fama è una buona dote Sa vita nostra est un‟incraràta a barcone La nostra vita è un (veloce) affacciarsi alla finestra (metafora di come la vita di un uomo, di fronte all‟eternità del tempo, sia di breve durata per capire le cose che succedono fuori, nel mondo) La gente fa una cosa, ma una cosa non fa la gente (si sottolinea l‟importanza della gente, poiché il senso è il seguente: la gente, mediante le proprie azioni, genera ricchezza e perciò consenso, ma la ricchezza in sé non produce il consenso della gente) Sa zente achet cosa, sa cosa no achet zente Saccu boitu no istat ritzu 40 Il saccu vuoto non sta in piedi (la persona che non ha mangiato non è in grado di fare le cose) Santa Maria tzichìrriaiola o ghettat nie o ghettat granzòla Santitàte e onestàte istan bene in donzi locu Salute e libertàte: non b‟at oro chi la pàchete Sas cosas bellas son sas prus difìtziles Sas dècumas non si pacan a sos omines ma si pacan a Deus Santa Maria, giornata di stridore, o nevica o nevischiare (Il due febbraio, il giorno della presentazione di Gesù al Tempio o Candelora, si recita questo proverbio: il rumore proveniente dall‟esterno indica o che nevicherà o che ci sarà nevischio) Santità e onestà stanno bene in ogni luogo Salute e libertà: non c‟è oro che le ripaghi (il proverbio utilizza una licenza poetica: nonostante i soggetti siano due, salute e libertà, il verbo è usato al singolare, pàchete, anziché pàchene) Le cose belle sono sempre le più difficili (da questo proverbio traspare una certa rassegnazione sul fatto che la vita possa essere semplice: per ottenere qualcosa c‟è sempre bisogno di sacrificio) Le decime non si pagano agli uomini, ma si pagano a Dio (in questo proverbio si trova una giustificazione religioso-culturale di un tributo pagato alla Chiesa. Serviva quasi a consolare, o forse convincere, le persone che quella tassa non finiva in mano ad altri uomini, ma direttamente a Dio) Sas paraulas, prima las pessas poi las naras Le parole, devi prima pensarle e poi dirle Secàre sa mendula chin su culu Semus de oje e non de cras Spaccare la mandorla con il culo (è un modo sarcastico per riprendere qualcuno che si sta arrovellando nel fare qualcosa nel modo sbagliato e perdendo tempo. È usato come un rimprovero bonario, poiché l‟ironia con cui viene detto ne attutisce la durezza di fondo. Un altro significato dato da un informatore riporta invece una critica all‟avarizia: una persona è talmente tirchia che in modo figurato ha il culo stretto) Siamo di oggi e non di domani Siat de paza o siat de rena, sa entre, bastante chi siat prena Sia di paglia o sia di sabbia, la pancia, (è) sufficiente che sia piena Sicùndu s‟intrata, s‟ispesa oppure sicundu s‟intrata ache s‟ispesa In base all‟entrata, la spesa oppure in base all‟entrata fai la spesa (è un ammonimento a non spendere più di ciò che si ha) Sicùndu su chi mi aches t‟apo a fachere Sicùndu su erru sa manica In base a ciò che mi fai, ti farò (nonostante possa essere utilizzato in termini positivi, è detto solitamente in termini negativi, come una minaccia. Ricorda occhio per occhio, dente per dente.) In base al ferro il manico Sicùndu su male, sa meichìna In base al male, la medicina Si addit limba no addit coro Se sbaglia la lingua, il cuore non sbaglia Si cheres chi s'amore si mantènzat, una manu àndet e una ènzat Se vuoi che l‟amore si conservi, una mano vada e l‟altra venga (si dice solitamente ai neo sposini ai quali si consiglia o si spiega che la vita matrimoniale è fatta di compromessi) Si chères de ti nàrrer vene, non jùres su falsu Se vuoi che ti dica bene, non giurare il falso (se vuoi che la gente dica bene di te, non giurare mai il falso) Se vuoi vino nella botte, pota in marzo Si cheres inu in cupa, in mathu puta 41 Si cheres vaìna vene ata, su tempus suo bi cheret Se vuoi un‟opera ben fatta, ci vuole il suo tempo Si cheres pane: suores in suircos! Se vuoi pane: sudore nelle ascelle Si Deus chèrete….. Se dio vuole…….. (usato ad inizio frase, come espressione benaugurante per un progetto, un‟opera, un acquisto che si dovrà fare da lì a breve) Si ides no ides, s'intendes no intendes Se vedi non hai visto, se senti non hai sentito Si li daet su poddighe si nde leat su brazu Se gli dai un dito si prende un braccio Si non lu pranghet su mazore, lu pranghet su fizu Se non lo piange il genitore (l‟errore, lo sbaglio, il peccato) lo piangerà il figlio Si non pròete, grùspiti Se non piove sputa (il senso è che se non piove pioviggina) Si non ti cherias toccata, non ti seres fata càmpana Se non volevi essere toccata, non avresti dovuto diventare una campana (se uno interviene in una discussione dove si è estranei, si rischia di essere immischiati: qualora succeda non ci si deve lamentare) Se non volevi essere toccata, non avresti dovuto crescere (si dice alle giovanni donne in età da marito) Si non ti cherias toccata, non ti sere fata manna Si ponner su cannau a gula Mettersi il cappio al collo (complicarsi la vita da solo) Si ti cheres antàtu, moritinde Si ti manicas cuccuta, mendula no acatas Se vuoi essere lodato (celebrato, magnificato), devi morire (si dice per sottolineare il fatto che magari una persona, ora defunta, è celebrata come una brava persona, mentre quando era in vita la gente ne parlava male. Il senso è quindi che si le persone devono essere trattate bene da vive e non da morte) Se ti mangi la mandorla fresca, non arriva a seccarsi Si vipo istata reina, no vipo istata meschina Si l‟est ghettande sa musca Si li sicat s‟erva issuta „e sos pedese Gli si secca l‟erba sotto i piedi (si dice di una persona notevolmente sfortunata, per cui qualsiasi cosa egli inizi a fare va sempre male- Notazione di grafia linguistica: questa frase se scritta con i criteri dell‟LSC - Limba Sarda Comuna - si dovrebbe scrivere s’erva issuta de sos pedes. Viene però pronunciata s’erva issut_’e sos pedes: nel parlato, cioè viene a cadere la a di issuta e la d iniziale di de, facendo si che la t finale si leghi alla e. La scelta di scrivere è si li sicat s’erva issuta ‘e sos pedes è quindi una via di mezzo, poiché si conserva la a di issùta ma si elimina la d di de, preceduta dall‟accento ‘ per segnalare graficamente la mancanza di qualcosa) Si s‟ocru viti statu balla, l‟aiat mortu Se l‟occhio fosse stato un proiettile, l‟avrebbe ucciso Si ti la manicas a cucuta a mèndula non b‟arrivata Si unu cheret duos non brìana Se ti mangi la mandorla ancora fresca, non arriverà mai a seccarsi Se uno vuole, due non litigano (se tra due persone che litigano una si tira indietro, la discussione finisce) So naschìtu prima „e te! Sono nato prima di te! (non mi freghi) Sos annos colana e niune si.nd‟abìzata Gli anni passano e nessuno se ne accorge Sos annos si contan a su poleddu Gli anni si contano all‟asino (l‟età non ha importanza) 42 Sos cascos son de istrachitùdine, sonnu o amore Gli sbadigli sono di stanchezza, sonno o amore (si dice ad una persona quando si presuppone sia innamorata) Sos de Monte Janna ti si son thucande? Quelli di Monte Janna stanno partendo? (è riferito ad una giornata di forte vento, solitamente il maestrale, ma traslato il senso è: perché sei così nervoso? La località è un luogo impervio e si dice sia il luogo preferito dal diavolo) Sos montes che.i sos montes ènini a pare I monti con i monti vengono al pari (per capire questo proverbio c‟è bisogno di una spiegazione: quando una persona fa uno screzio ad un‟altra succede spesso che quest‟ultima chiuda un‟occhio e dimentichi lo sgarbo. Se dopo un po‟ di tempo le parti si capovolgono, la persona che in questo caso ha offeso ricorda all‟altra lo sgarbo passato con questo proverbio, nel senso “ora abbiamo pareggiato i conti e si ricomincia daccapo: amici come prima”) Sos ocros tuos bìen abba I tuoi occhi bevono acqua (ossia non dicono la verità) Sos istìres cumponen fintzas s'ainu I vestiti rendono presentabile anche un asino Sos izos leant s‟esèmpiu „e su babbu I figli prendono l‟esempio del padre Sos benes de campàna, coente èninini, bana (oppure àndana) I beni di campana, come vengono così vanno via (il patrimonio avuto in regalo o con metodi illeciti non vengono goduti a pieno, anzi così come sono arrivati se ne vanno) Sos peccatos de su babbu e de sa mama los pranghen sos fizos I peccati del padre e della madre li piangono i figli (vedi anche si non lu pranghet su mazore, lu pranghet su fizu) Sos pìntores de Marta, nde valan fin a Fonni, ca so galu pitzinna, si aco calchi valta m‟as a cumponner tue, ca so galu pitzinna I pittori di Malta scendono fino a Fonni, perchè sono ancora una giovinetta, se faccio qualche errore, mi comporrai (riconcilierai) tu, perché sono ancora una giovinetta (Spesso lo diceva la giovane moglie al marito più anziano: era un modo di dire in forma di filastrocca che sottolineava la maggiore esperienza e saggezza del marito) Sos pòddighes de sa manu non son totus uguales Le dita della mano non son tutti uguali (è una metafora: non tutti i figli sono uguali. Stride notevolmente con totus sos izos naschin uguales - Tutti i figli nascono uguali) Sos zènios no son totu che pare I geni (le conoscenze delle persone) non sono tutti uguali Su àchere no est comente su nàrrere Il fare non è come il dire (il corrispettivo in italiano potrebbe essere tra il dire e il fare ci sta di mezzo il mare) Su àcher vene non est mai perditu Il fare bene non è mai perduto (non è inutile, in quanto prima o poi tornerà indietro. Vedi anche Su bonu àchere no morit mai) Su balanzàre meta no est che „i su pèrdere Guadagnare tanto non è come il rimetterci 43 Su balanzàre meta su capitale secàta Su balanzare meta, su capithàle secata Su baratu t‟est àvaru Dal troppo guadagnare si rompe (perde) il capitale (il riferimento è a chi guadagna tanti soldi in modo poco pulito: prima o poi si farà il passo falso che farà perdere l‟intero capitale) Il guadagnare tanto rompe il cuscino (è un ammonimento al fatto che arricchirsi troppo può essere pericoloso, forse in ottica dell‟invidia delle persone, ma c‟è anche un mal celato riferimento al fatto che prima c‟era la tendenza di nascondere i soldi nel cuscino. Su questo proverbio e su quello precedente nasce il dubbio se uno sia la derivazione dell‟altro con una leggera divergenza capitale – capithale dovuta magari a cattive trasmissioni orali o che siano entrambi “originali” poiché con lezioni pedagogiche distinte, seppur affini) La cosa di modico prezzo ti è avara (utilizzato nei confronti di una persona che si vanta di aver comprato qualcosa facendo un buon affare: la si avvisa che in realtà non è così poiché la cosa comprata a modico prezzo si rovinerà quanto prima e sarà costretta a comprarne una nuova, spendendo in tal modo due volte) Su bìndichi de mathu artziat su cuccu a palathu Il quindici di marzo sale il gufo al palazzo (ricorda che si avvicina il bel tempo della primavera) Su bisonzu ponet su etzu a currere La necessità mette a correre (anche) la persona anziana Su bonu àchere no morit mai Il fare del bene non muore mai (Vedi Su acher vene non est mai perditu) Su cacàtu si nde ridet de su pissiàtu Su caminu chi ti nd‟at aùtu ti nd‟at a torrare Chi si è cagato addosso ride di chi si è pisciato addosso (con ironia si dice di chi si fa beffe dell‟altrui persona senza accorgersi che la propria condizione è peggiore. È equiparabile all‟italiano il bue dice cornuto all’asino) La strada che ti ha portato qui ti riporterà (a casa tua) Su cane iscaddatu dae s‟abba uddìta, timet fintzas sa vrita Il cane scottato dall‟acqua bollente ha paura anche di quella fredda Su carche a su puntògliu Il calcio al pungolo (dando il calcio al pungolo ci si fa male da soli. Così questo proverbio ammonisce qualcuno a non compiere azioni negative poiché torneranno all‟esecutore stesso) Su chi achet su izu a su babbu, bi l‟an a torrare sos fizos Ciò che fa il figlio al padre glielo restituiranno (a sua volta) i suoi figli Su chi damos de bonu coro est aggradèschitu vintzas a Deus Ciò che diamo di buon cuore è gradito anche a Dio Su chi est Deus est Domine Ciò che è Dio è il Signore (è utilizzato quando due persone stanno discutendo su un qualcosa e pur dicendo la stessa cosa sembrano non trovare un accordo. Nel momento in cui ci si rende conto che i concetti sono uguali il proverbio ricorda che una cosa vale l‟altra) Chi è buono dura poco (Chi ha un‟indole buona non vive a lungo. Sembra l‟altra faccia della medaglia del proverbio S’erva mala no morit mai) Su chi est vonu durat pacu 44 Su chi mi àches ti torro Su chi non capitat in chent‟annos capitat in un‟ora (su chi non sutzedit in chent‟annos sutzedit in un‟ora) Ciò che fai a me, ti restituisco (si presenta con una duplice valenza: se sa un lato si presenta come un invito per ottenere un‟aiuto che verrà poi contraccambiato nello stesso modo, dall‟altro suona come una minaccia che rievoca la legge del taglione: occio per occhio, dente per dente) Ciò che non capita in cent‟anni capita in un‟ora (ciò che non succede in cent‟anni succede in un‟ora) Su chi non cheres a facher a tie, no acas a sos ateros Ciò che non vuoi sia fatto a te, non fare agli altri Su chi non cheres pro te, non lu acas a niune Ciò che non vuoi per te non farlo a nessuno Su corvu, prus nieddu de su chi est non potet essere Il corvo, più nero di quello che è non può essere Su dimoniu achet sas pateddas, ma non sos covecos Il demonio fa le pentole ma non i coperchi Su dinari, a chie achet bene, a chie achet male Il denaro, a chi fa bene, a chi fa male Su dinari atzecat s‟omine Il denaro acceca l‟uomo Su dinari est atu pro lu gastare Il denaro è fatto per essere speso (c‟è una sottile critica all‟avarizia, che in una comunità è ritenuta fonte di mali, in quanto causa di interruzione del ciclo del dono dare-avere-ricevere e perciò di invidia e di malumori collettivi) Su dinari „e culu intrat in bucca e nd‟essit dae muru I soldi di culo entrano in bocca ed escono dal muro Su dinari luzicat totu Il denaro luccica tutto (tutto il denaro luccica) (da notare la contrapposizione con il precedente su dinari ‘e culu intrat in bucca e nd’essit dae muru) Su dolore ispinghet boche Il dolore spinge la voce (il senso è che è impossibile trattenere il dolore: è necessario esternarlo) Su „e dare cussizos est de sos savios Il dare consigli fa parte dei saggi (del loro animo) Su etzu, gai si.nde moriti e isse imparande Il vecchio, sino a quando non muore, impara Su justu a chie toccat Il giusto a chi spetta (è un proverbio che può essere paragonato all‟italiano “date a Cesare quel che è di Cesare”) Su justu pranghet pro su peccatore Il giusto piange per il peccatore (chi è una persona perbene si rende conto degli sbagli fatti dalle persone disoneste) Su leare no est che „i su dare Il prendere non è come il dare (riferito alle persone avare: preferiscono ricevere e non dare) Su machine est de trintases (o chentu) zenìasa La stupidità è di trentasei tipi (famiglie, specie) (un‟altra informatrice ha riferito di “cento tipi”) Su manicu est prus vonu cando ses amitu Il cibo è più buono quando sei affamato Su male, a chie no ucchìet, a totus pèrit Il male, a chi non uccide, a tutti debilita (Se un male non uccide tutti, tutti li debilita.) Su male, cando at de ènnere …. Il male, quando deve venire …. (sottinteso: viene!) Su mariane chin sa pedde de anzone La volpe con (addosso) la pelle dell‟agnello (si dice della persona furba, scaltra, anche cattiva e opportunista che recita il ruolo della vittima) 45 La volpe perde il pelo ma non l‟intento (s’idea è da tradurre con intento. È assimilabile al proverbio italiano il lupo perde il pelo ma non il vizio) Su mariane nde perdet su pilu ma no s'idea Su menzus remediu a nd‟immenticare sas injurias est a si Su mortu non si nd‟andat mai chena prantu Il miglior rimedio alle ingiurie (offese, insulti) è dimenticarsene Su mossu pathìtu, vene guditu Il morto non se ne va mai senza un pianto (colui che muore non se ne va mai senza essere compianto. Il discorso è riferito sia a persone anziane – da cui comunque ci si aspetta il trapasso - sia a persone malate da tempo sia a persone che nella società sono ritenute negative per la comunità stessa) Il morso condiviso, ben goduto (il boccone condiviso è ancora meglio goduto. È un proverbio che “racconta” l‟appagamento che la convivialità produce nelle persone Il concetto della convivialità legata al pasto è antico quanto l‟uomo, in quanto il pasto è un‟occasione sociale che soddisfanon solo il corpo ma anche l‟anima) Su mundu est un'iscala: chie artziat e chie alata Il mondo è una scala: chi sale e chi scende Su mundu est zirande a s'imbessa: chie prima vit a caddu como est a pede e chie vit a pede como est a caddu Il mondo sta girando al contrario: chi prima era (andava) a cavallo ora è (va) a piedi e chi era (andava) a piedi ora è (va) a cavallo Su nudda no at cumpanzu Il nulla (il niente) non ha compagno Su ponte de s‟abbasànta distìnghet a totu Il ponte dell‟acquasanta distingue tutti (all‟acquasantiera ci vanno tutti, sia i buoni d‟animo che quelli cattivi. La distinzione tra questo tipo di persone dev‟essere però necessariamente fatta. Su ponte de s’abbasanta è un modo antico di denominare l‟acquasantiera, altrimenti chiamata abbasantèri) Il povero arricchito diventa (è) presuntuoso Su poveru irrichìtu istat prìsumitu Su sàmbene no est abba Il sangue non è acqua (si sottolinea l‟importanza dei legami familiari e di sangue) Su sole asat sas bellas Il sole bacia le belle (donne) Su sole a rioleddos Il sole in schiera (si dice di una stupenda giornata di sole. Della parola rioleddos non si conosce l‟etimologia: si è consultato anche il prof. M. Pittau, il quale non ha saputo dare, per il momento, una risposta.) Su sonu „e su setathu est s‟allegria de sa domo Il suono del setaccio è l‟allegria della casa (perché significa che nella casa c‟è farina e quindi pane da mangiare) Su tempus chi colat non torrat prus Il tempo che passa (passato) non torna più Su tempus domat a totus Il tempo doma (addomestica, educa) tutti Su thathatu non credet a s‟amitu Il sazio non crede all‟affamato Su theracu cumandat su mere Il servo comanda il padrone (datore di lavoro) 46 Su travagliu de su notte est su risu de su didie Il lavoro della notte è il sorriso del giorno (è inutile lavorare la notte per cercare di recuperare il tempo perduto, quando poi ci si accorge di aver fatto più danni che altro. Allora meglio lavorare solo di giorno, ma bene) Su tropu istròpiata Il troppo stroppia Su vaeddare meta, su capithale secat Il parlare tanto, il cuscino rompe (chi si vanta troppo si preclude una buona riuscita nel futuro sia con gli affari che dovrà fare sia con le relazioni interpersonali. Nonostante diversi informatori abbiano dato la stessa spiegazione, nessuno di loro ha saputo fornire la spiegazione della metafora del cuscino) La parola di faccia non perde amicizia (parlare in faccia non fa perdere l‟amicizia. Vaeddu è l‟atto del parlare vaeddare: ecco il motivo per cui si è scelto di tradurlo con parola) La fame sino a cucinare, non è fame di morire (il significato fondamentalmente è che se uno ha la forza di cucinare il pane - còchere è propriamente preparare il pane e si distingue da cuchinàre, cucinare – non ha una fame tale da morire.) Su vaèddu de cara non perdet amitzitzia (o amistade) Su vàmine vintzas a còchere, no est vamine de mòrrere Su vene est meritatu, su male est suttucatu Il bene è meritato, il male grida vendetta (interessante il lemma suttucatu, la cui origine è incerta) Su veru amicu s'idet in sas disgrassias Il vero amico si vede durante le disgrazie Su vìssiu cummìnghet su giudìssiu Il vizio vince (anche) il giudizio (saggezza, buon senso) Su voe narat currùtu a s'ainu Il bue dice cornuto all‟asino Su zeniu achet totu L‟ingegno fa tutto (è un proverbio che elogia l‟ingegno umano: con esso l‟uomo può supplire a tante altre carenze) Sufrire pro imbellire Soffrire per imbellire (ha lo stesso senso del proverbio italiano chi bello vuol apparire un po’ deve soffrire. Riporta comunque l‟insegnamento che per ottenere un qualsiasi buon risultato c‟è necessità di lavorare duro) Sopra le corna cinque denari (si dice di un uomo o di una donna che dopo aver subito un tradimento, all‟atto del divorzio, ci rimette anche dei soldi. Quindi oltre il danno, la beffa.) Supra sos corros chimbe soddos "T" Ti mancan sas menzus dies de s‟annu Ti mancano i migliori giorni dell‟anno (si dice ad un individuo durante una discussione per offenderlo: in sostanza gli si da dello stupido) Tènnere sa vortza de unu zigante Avere la forza di un gigante Tènnere vissios de s‟ateru mundu Avere vizi dell‟altro mondo Terra semos ennitos e terra amos a torrare (trad. lett.) Terra siamo venuti e terra torneremo (riporta al monito biblico terra eravamo e terra torneremo relativo alla creazione con l‟argilla di Adamo da parte di Dio) Avere paura come le disgrazie Tìmere che sas freas 47 Tocat a ligare su poleddu uve narat su mere Bisogna legare l‟asino dove dice il padrone Torrare a cuile Tornare all‟ovile (ritornare sui propri passi) Torràre a sa icu pissiàta (a ite ses torrata a sa icu pissiàta?) Ripresentarsi al fico pisciato (es.: un uomo chiede la mano di una donna e questa da una risposta negativa, dandogli magari dei giudizi spregiativi. Se successivamente la donna si pente del suo rifiuto e cerca l‟uomo precedentemente disprezzato, si commenterà con questo proverbio, ossia “ti stai ripresentando ad un uomo al quale prima ci avevi pisciato addosso”) Torràre a s‟abba via Tornare alla sorgente (utilizzato quando una persona vuol venire a capo di una situazione o di un discorso: voler avere il quadro completo) Torràre dae caddu a runzinu Declassare dal cavallo al ronzino (riferito alla posizione sociale, significa arretrare nella scala gerarchica della società, ma più in generale passare dall‟avere qualcosa di buono a qualcosa di scadente compagno/a, macchina, oggettistica varia ecc.) Torràre dae mere a theràcu Declassare da padrone a servo (vedi proverbio precedente: qui il proverbio ha un‟accezione dichiaratamente di classe sociale) Torràre su ilàtu a lana Riportare la lana filata a lana da filare (tornare indietro da una situazione definita a una situazione da definire) Totus li devini e neune lu pacata Tutti gli devono e nessuno lo paga (si dice di una persona che l‟atteggiamento imbronciato, come uno che non è stato pagato) Totus sos izos naschin uguales Tutti i figli nascono uguali Trattare sa zente che istrazzèddu cacatu Trattare la gente come uno straccio cagato (pannolino) (è un rimprovero, un‟annotazione che si muove a qualcuno che ha atteggiamenti negativi verso il prossimo) Tres cosas sun revessas in su mundu: s‟irvèche, s‟ainu e sa emina Tre cose sono ostinate (testarde) nel mondo: la pecora, l‟asino e la donna Tristu e misèru chie chircat sa justissia Infelice e misero chi si rivolge alla giustizia (innanzittutto perché significa che ha dei problemi da risolvere, in secondo luogo perché fa presagire un‟insolvibilità dei problemi iniziali ed un arrivo di altri problemi, economici in primis) Tristu e misèru chie imbucat su chi morit sa die Tristu e misèru chie mandat su izu a theracu Infelice e misero chi incontra colui che uccide il giorno (se da una lite, da una disputa, da una faida, ma anche da un incidente automobilistico o del lavoro ecc., ci scappa il morto, tutti i discorsi che si ricamano sopra lasciano il tempo che trovano: la brutta fine l‟ha fatta il defunto) Infelice e misero chi attende (che cada) la goccia (d‟acqua) dal tetto altrui (povero chi è costretto ad attendere la misericordia altrui) Infelice e misero chi manda il figlio a (fare il) servo Tristu e misèru chie tenet sos ocros imbelàtos Infelice e misero chi ha gli occhi che non vedono bene Tristu e misèru chie isettat su guttiu dae capertùra anzèna 48 Tristu è miseru chie ti remat Infelice e misero chi ti deve sopportare (letteralmente remàre è fermare/) Tristu e misèru s‟omine solu Infelice e misero l‟uomo solo (non sposato) Trivagliu atu, dinari isètata! Il lavoro compiuto attende i soldi (ossia: una volta completato il lavoro è giusto che la persona che l‟ha svolto sia pagata celermente) Tròpimi manos e pedes e imbolaminde a mesus de sos mèoso Impastoiami mani e piedi e buttami in mezzo ai miei (parenti) (nonostante si abbia avuto un litigio con un parente stretto, in caso di bisogno ci si rivolgerà ugualmente a lui, perché l‟incomprensione non toglie il rapporto di fiducia) Tue ti l‟as atu e tue ti lu prànghese Tu l‟hai fatto (l‟errore) e tu lo piangerai (il senso è che le conseguenze di uno sbaglio ricadranno interamente sulla persona colpevole) "U" Umana bellesa est de paca dura La bellezza umana dura poco (perché legata solo alla giovinezza) Una càmpana chentza s'àtera non fachet sonu Una campana senza l‟altra non fa rumore (vedi proverbio successivo) Una campana chentza s‟àtera no sonat bene Una campana senza l‟altra non suona bene (una persona prima di esprimere un giudizio su un fatto che riguarda altre due persone, deve prima sentire entrambe le versioni) Una die in prus una die in mancu Un giorno in più un giorno in meno (il significato non figurato è: un giorno in più dalla nascita e un giorno in meno dalla morte. Questo proverbio è utilizzato solitamente il giorno del proprio compleanno: il suo scopo è ricordare lo scorrere del tempo ed esorcizzare la morte) Una noce dentro un sacco ha fatto poco rumore (se le noci fossero stati molteplici avrebbero risuonato maggiormente. Portare un sacco per trasportare una noce è risultato inutile. Da sottolineare la musicalità del proverbio) Una nuche a intro „e unu saccu pacu sonu b‟at fatu Una mala cumpanzìa nde perdet chentu onas Una cattiva frequentazione fa perderne cento buone Una manu lavat s‟àtera Una mano lava l‟altra (esplicita la metafora della solidarietà: il senso è “aiutami in una cosa che poi io ti aiuto in un‟altra) Una manu lavat s‟atera e ambas duas lavan sa cara Una mano lava l‟altra e entrambe lavano la faccia (è un proverbio ulteriore rispetto a quello precedente e significa che con il recproco aiuto si porta a termine qualsiasi faccenda) Una mama pesat chentu izos, chentu izos non pesan una mama Una mamma alleva (accudisce) cento figli, cento figli non accudiscono (non riescono ad accudire) una mamma Una nd‟at fatu s‟ainu e una s‟ainàgliu Una l‟ha fatta l‟asino e una l‟asinaro (una l‟ha combinata l‟asino, l‟altra l‟asinaro. Il senso è che fondamentalmente non bisogna farsi dei progetti, perché è Dio che decide per noi) Una volta perduto l‟onore non (lo) si recupera più Una orta perditu s‟onore non s‟achìstat prusu 49 Una vita nos at datu, una morte li dovìmos Ci ha dato una vita (Dio), una morte gli dobbiamo dare Unu caddittu e tres a mes‟a pare Avere un cavallo in condivisione con tre persone (avere le cose in comune è visto come un qualcosa di negativo) Unu vrore no achet erànu Un fiore non fa primavera (assimilabile al proverbio italiano una rondine non fa primavera) Unu solu Deus est chena defètu Solo un Dio è senza difetti Ustèddu cambiande, porreddu meu andatu Stella cadente, verrucca mia scomparsa (è un‟invocazione alla stella cadente di far scomparire o cadere la verrucca. Esso è legata alla credenza popolare, che nella notte di San Lorenzo, al cadere di una stella, dopo una debita invocazione, cadesse anche la verrucca) Dove non ci sono stupide, le “sagge” non ridono (coloro che si ritengono intelligenti si fanno beffe dei sempliciotti) Uve maccas non b‟at, savias non riden Uve manicant duos, manicant trese Dove mangiano due, mangiano tre Uve manicant chentu manicant chentu e unu Dove mangiano cento, mangiano cento e uno "V" Vaeddare chin tecus est comente lavare su culu a s‟ainu Parlare con te è come lavare il culo all‟asino (ossia inutile) Vaeddare pacu: sapientzia meta Vamillia ona, donu „e su chelu Parlare poco: tanta sapienza (questo proverbio ha un significato ambivalente: da un lato significa che non esprimersi nelle cose per sé ignote è indice di sapienza, perché mette il parlante nella condizione di non cadere in errori o in stupidità, dall‟altro ammonisce a non parlare più di tanto anche nelle cose che si sanno per non andarsi ad inguaiare in eventuali testimonianze. Vedi dae su tantu vaeddare nde càpitan sos errores) (avere una) buona famiglia, (è) un dono del cielo Vene ligatu: malu a isolvere Ben legato: difficile da sciogliere Vene postu: male chircatu Ben riposto: cercato male Vene vaeddàtu e male procedìta Ho parlato (e fatto) bene e mi hanno ripagato con il male Vonu a bessire, malu a torrare Buono ad uscire (a spasso), difficoltoso a tornare (a casa) (si dice di una persona che sta sempre in giro, sottindendo anche con cattive compagnie o da un bar all‟altro) Vonu a manicare ma no a trivagliare Buono a mangiare, ma non a lavorare Vorte che erru, vorte che cambas de murone Forte come il ferro, forte come le zampe del muflone Vorte che erru, vorte che murone Forte come il ferro, forte come il muflone Vortuna curret e non caddu È la fortuna che corre e non il cavallo Vreagliu duas caras Febbraio (ha) due facce (è il proverbio abbreviato di quello successivo: lascia intendere ma non lo dice) 50 Vreagliu duas caras: una vona e una mala Febbraio (ha) due facce: una buona e una cattiva Vreagliu traitore Febbraio traditore (nel mese di febbraio si alterna il sole al freddo: non si sa come interpretarlo) "Z" Zelosu ses? Currutu morisi! Zente tua morte tua Informatori I. Serra Salvatore, 1918 XIX. Farris Giulia, 1971 II. Sanna Attilio, 1918 XX. Mele Franca, 1972 III. Sanna Salvatorina, 1922 XXI. Mele Gianni, 1973 IV. Curreli Giuseppino, 1931 XXII. Farris Anna Cristiana, 1974 V. Sanna Matilde, 1934 XXIII. Angelo Canu, 1976 VI. Curreli Lucia, 1936 XXIV. Fronteddu Giovanni, 1976 VII. Farris Cecilia, 1936 XXV. Floris Giacomo, 1977 VIII. Sanna Carlo, 1940 XXVI. Farris Natalio, 1978 IX. Floris Marcello, 1944 XXVII. Contu Stella, 1978 X. Farris Francesco, 1947 XXVIII. Floris Manuela, 1980 XI. Sanna Agostino, 1948 XXIX. Canu Maurizia 1980 XII. Sanna Salvatorina, 1949 XXX. Farris Antonello, 1980 XIII. Canu Annamaria, 1949 XXXI. Floris Paolo, 1981 XIV. Pira Gaetano, 1949 XXXII. Calvisi Loredana, 1981 XV. Sanna Grazia, 1956 XXXIII. Carla Loddo, 1982 XVI. Farris Salvatorangelo, 1961 XXXIV. Farris Stefania, 1982 XVII. Carta Giovanna, 1962 XXXV. Pau Enedina, 1983 XVIII. Canu Lucio, 1968 XXXVI. Canu Ciriaco, 1990 51