II. L`ANALISI DELL`AMBIENTE INTERNO
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II. L`ANALISI DELL`AMBIENTE INTERNO
II. L’ANALISI DELL’AMBIENTE INTERNO: IL RUOLO DELLE COMPETENZE DISTINTIVE 2.1. L’analisi dell’ambiente interno: impostazione del problema L’analisi dell’ambiente interno mira a comprendere il legame tra le risorse e le competenze dell’impresa, le sue scelte strategiche e l’ottenimento di vantaggi competitivi difficilmente replicabili dai concorrenti. L’analisi strategica si è tradizionalmente concentrata sull’ambiente esterno, con particolare riferimento allo studio del contesto settoriale e della posizione competitiva dell’impresa rispetto agli avversari. L’analisi dell’ambiente interno all’impresa è invece rimasta per lungo tempo focalizzata sui problemi relativi all’allocazione delle risorse ed alla massimizzazione della performance delle funzioni aziendali in termini di efficienza/efficacia: in altri termini le risorse aziendali venivano ad essere valutate solo ed esclusivamente nella fase di attuazione della strategia, nel momento in cui venivano considerate le strutture organizzative, i sistemi di controllo, le risorse umane e gli stili di management, necessari per perseguire obiettivi strategici precedentemente definiti. Una maggiore attenzione verso l’ambiente interno come leva cruciale per la formulazione della strategia è emersa solo negli anni ’90, quando la rapidità dei mutamenti dello scenario competitivo e la crescente contendibilità dei mercati hanno reso necessario ricercare parametri più stabili - rispetto al settore di appartenenza, ai bisogni soddisfatti o al mercato di riferimento - per definire l’attività dell’impresa. In questo contesto, le risorse e competenze possedute sono diventate gli elementi fondamentali per delineare identità e obiettivi strategici delle imprese. L’impresa viene vista come un insieme eterogeneo di risorse e competenze che rappresentano la base per la realizzazione di un vantaggio competitivo e la determinante principale della redditività d’impresa; si individua, quindi un nesso strettissimo tra risorse, competenze e performance delle imprese e più rapido è il mutamento dell’ambiente esterno, tanto più risorse e competenze interne devono essere in grado di sostenere una strategia di lungo periodo (Grant, 1994). Se, tuttavia, si considera la definizione di strategia come mediazione tra opportunità e minacce che si generano nell’ambiente esterno e la capacità di risposta che l’impresa possiede in funzione della dotazione attuale e potenziale di risorse e di competenze distintive, la valenza dell’ambiente interno ai fini delle costruzione della competitività è determinata dal rapporto con le caratteristiche dell’ambiente esterno e, in particolare, dell’ambiente competitivo. 61 Il successo competitivo dipende da quegli elementi dell’ambiente interno, vale a dire risorse, competenze e capacità che consentono all’azienda di sfruttare o di creare opportunità di mercato; in altre parole la competitività viene ad essere influenzata dalla disponibilità di risorse e competenze in grado di fare emergere l’unicità dell’impresa, in modo coerente ai fattori critici di successo del business. 2.2. Le risorse come base per la formulazione della strategia d’impresa L’approccio alla strategia fondato sulle risorse, noto come Resource Based Theory, (Vedi riquadro) è caratterizzato da una valutazione della posizione competitiva dell’impresa basata su quello che essa è in grado di fare, prima che sui bisogni che essa cerca di soddisfare. Secondo gli studiosi della Resource-Based View, la ricerca del vantaggio competitivo dipende dall’implementazione e dalla formulazione di una strategia che riconosca e sviluppi le caratteristiche distintive di ogni impresa; solo l’analisi dei fattori che hanno spinto un’impresa all’adozione di una determinata strategia può aiutare a comprendere la ragioni del maggior successo che un’impresa ottiene rispetto ai concorrenti (Wernerfelt, 1984; Barney, 1986). La logica della strategia non è quella dell’allocazione delle risorse come mero adattamento ad opportunità che si generano nell’ambiente esterno, ma è costituita dallo sviluppo delle risorse e delle competenze necessarie per affrontare il contesto ambientale e per far maturare le opportunità che possono derivare dalle tendenze emergenti dei business. Questo orientamento, che assume la centralità dell’ambiente interno per la formulazione della strategia aziendale, si afferma quasi in contrapposizione all’atteggiamento delle imprese e degli studiosi assunto nei decenni precedenti. Negli anni ‘80, l’interesse delle imprese era focalizzato essenzialmente sull’analisi dell’ambiente esterno (e della concorrenza) e sul posizionamento dell’impresa nel segmento di mercato scelto. In questa prospettiva, la chiave del successo aziendale è dove l’impresa decide di competere. Questo orientamento proposto dagli studiosi di Business Strategy (basti pensare al lavoro di Porter sullo studio della concorrenza allargata) deriva dalla necessità delle imprese di fronteggiare alcune modificazioni intervenute nell’ambiente esterno, quali la progressiva apertura dei mercati e l’aggressione delle imprese Giapponesi su mercati di tradizionale predominio statunitense, che hanno reso urgente la comprensione dei fattori determinanti la concorrenza, il posizionamento aziendale e il vantaggio competitivo 62 Questo approccio, tuttavia, necessita una integrazione necessaria per affrontare, in modo maggiormente efficace, più recenti cambiamenti che si sono verificati nell’ambiente competitivo: 1. la proliferazione e la frammentazione dei segmenti di mercato, determinate dalla saturazione dei bisogni primari e dalla progressiva sofisticazione delle esigenze della domanda; 2. il progressivo accorciamento del ciclo di vita del prodotto, conseguenza sia della rapidità dei cicli di innovazione tecnologica sia dai repentini cambiamenti delle esigenze della domanda; 3. la globalizzazione che frantuma i confini dei mercati e che riduce il valore della quota di mercato nazionale o regionale. Tali cambiamenti richiedono che il comportamento delle imprese diventi maggiormente dinamico “dall’interno”. Il comportamento delle imprese non deve basarsi solo sulla predisposizione di azioni necessarie per abbattere la concorrenza (che è sempre meno individuabile) e per presidiare il posizionamento in un determinato segmento di mercato (i cui confini sono labili) quanto piuttosto su quegli elementi propri dell’impresa e difficilmente imitabili dai concorrenti che sono in grado di assicurare il vantaggio competitivo. In altri termini, la competizione diventa una guerra di movimento in cui il successo dipende sulla capacità di anticipare i mercati e di rispondere ai cambiamenti dei bisogni dei consumatori; l’essenza della strategia non è la struttura dei prodotti e dei mercati di un’impresa ma le dinamiche del suo comportamento (Stalk G., et alii, 1992, pag. 62). 63 RIQUADRO. UN MODELLO DI INTERAZIONE TRA LE RISORSE E IL COMPORTAMENTO AZIENDALE Secondo alcuni studiosi, il comportamento delle imprese è determinato dall’insieme delle risorse aziendali che, a loro volta (seguendo lo schema di un circolo che si autoalimenta), sono alimentate dal comportamento aziendale stesso. In altri termini, il complesso delle risorse di cui l’impresa dispone sono il risultato di comportamenti messi in atto dall’impresa in diversi ambiti. A loro volta, quei comportamenti sono il risultato delle risorse che l’impresa aveva a disposizione nel momento in cui ha deliberato o attuato l’azione e delle risorse potenziali che l’impresa prevedeva di ottenere con quel particolare comportamento. Ogni risorsa è contemporaneamente il risultato di risorse precedenti e l’origine di risorse future. risorse comportamenti comportamenti risorse Fonte: Vicari, 1992 Secondo Grant (1998), numerosi sono motivi per i quali le risorse possono essere considerate il fondamento del comportamento strategico dell’impresa di lungo periodo. La strategia deve aver inizio da una dichiarazione dell’identità e degli scopi dell’impresa, nella forma di un’enunciazione della missione, che corrisponde a definire il campo di attività aziendale. Poiché alcuni elementi dell’attività aziendale, quali i clienti, i bisogni da soddisfare, le tecnologie, sono soggetti a cambiamenti repentini, l’identità dell’impresa potrà essere più precisamente definita in base alle risorse e alle competenze interne (e questo è l’aspetto che deriva dai fondamenti della Resource Based Theory). 64 Le risorse, inoltre, rappresentano l’origine della profittabilità dell’impresa, vale a dire l’attitudine dell’impresa di guadagnare un tasso di profitto superiore al costo del capitale. La profittabilità dell’impresa dipende da due fattori: • l’attrattività del business in cui l’impresa è collocata; • il raggiungimento di un vantaggio competitivo sui competitor nel business di riferimento1. L’attrattività del business, che è strettamente connessa alle fonti del potere di mercato e delle rendite da monopolio, trova la sua origine nelle risorse (Grant, 1991, pag, 118): 1. il prerequisito del potere di mercato risiede nelle barriere all’entrata: le barriere all’entrata sono basate sulle economie di scala, sui brevetti, sui vantaggi connessi all’esperienza, sulla reputazione, risorse che le imprese potenziali nuove entranti possono acquisire solo lentamente o a costi elevati; 2. il potere di imposizione del prezzo di mercato dipende dalla quota di mercato che è conseguenza dell’efficienza di costo, della forza finanziaria dell’impresa, vale a dire delle risorse aziendali. Una seconda fonte di profittabilità per l’impresa è il raggiungimento di vantaggi concorrenziali rispetto ai concorrenti: può infatti accadere che imprese che operano in settori molto attrattivi siano posizionate nel business in modo penalizzante, così da veder compromessa la capacità di produrre reddito, oppure che imprese in settori poveri manifestino eccellenti risultati, grazie alla loro vantaggiosa collocazione strategica relativa. E’ stato osservato da numerosi studi e indagini empiriche (Grant 1991, pag. 179) che le differenze nella profittabilità tra imprese all’interno di uno stesso business si rivelavano molto più accentuate rispetto alle differenze profittabilità tra imprese appartenenti in business diversi. L’aumento della competizione internazionale, i cambiamenti tecnologici, la diversificazione delle imprese tra settori diversi, hanno indotto a riequilibrazioni nel tasso medio di profittabilità, inducendo così a pensare che non esistono più business – paradisi per la profittabilità2. 1 Porter, 1985: «il vantaggio competitivo nasce fondamentalmente dal valore che un’azienda è in grado di creare per i suoi acquirenti, che fornisca risultati superiori alla spesa sostenuta dall’impresa per crearlo. Il valore è quello che gli acquirenti sono disposti a pagare: un valore superiore deriva dunque dall’offrire prezzi più bassi della concorrenza per vantaggi equivalenti, o dal fornire vantaggi unici che controbilancino abbondantemente un prezzo più alto» 2 La strategia dovrebbe quindi essere vista non tanto come la ricerca di rendite da monopolista (i ritorni del potere di mercato), quanto piuttosto come la ricerca di rendite ricardiane (ritorni da risorse che conferiscono un vantaggio che eccede i costi di queste risorse) – Grant, 1991, pag, 117. 65 E’ la posizione in cui l’impresa si colloca, quindi, a determinare la sua redditività, che potrà essere superiore o inferiore al tasso medio di profitto del settore. figura: Risorse e profittabilità dell’impresa monopoli o Attrattività del business Barriere all’entrata Potere contrattuale verticale Brevetti Marca Capacità distributiva Quota di mercato − Dimensione aziendale − Risorse finanziarie Tasso di profitto superiore Vantaggio di costo Vantaggio competitivo differenziazione 66 − Tecnologia di processo − Dimensione d’impianto − Accesso ad input low cost − marca − tecnologia di prodotto − marketing, distruzione, e capacità di servizio Il vantaggio competitivo, quindi, piuttosto che il “fattore attrattività”, diventa la fonte primaria dei differenziali tra le imprese: la maggiore focalizzazione sul vantaggio competitivo rende cruciale la comprensione delle sue fonti. Nonostante la letteratura in tema di strategia tenda ad enfatizzare la scelta del posizionamento strategico in termini di costi e differenziazione e la scelta tra l’ampiezza o la focalizzazione dell’ampiezza del mercato, il fondamento di queste scelte risiede nelle risorse dell’impresa. La capacità di realizzare un vantaggio di costo, per esempio, dipende dal possesso di impianti che raggiungano una dimensione di scala efficiente, da tecnologie di processo più avanzate, dall’accesso privilegiato agli input necessari, dalla localizzazione delle attività e dalla vicinanza dei mercati; la differenziazione dipende dal possesso o dal controllo di brevetti, di marchi, di reti di distribuzione3. Alla luce di queste considerazioni, l’ambiente interno diventa un punto estremamente importante ai fini della comprensione delle leve del successo aziendale, sia in quanto contribuisce a determinare la missione dell’impresa sia in quanto rappresenta la base per la profittabilità di lungo periodo per l’impresa. 2.3. Le risorse dell’impresa Le risorse di cui l’impresa dispone sono gli assets specifici dell’impresa, composti d qualsiasi cosa un’impresa utilizzi al fine di creare, produrre e/o offrire i suoi prodotti (beni o servizi) sul mercato. Si differenziano dai fattori produttivi, che sono invece input disponibili in forma disaggregata come fattori di mercato: terra, lavoro, e capitale sono tipici esempi (Teece, Pisano, 2000). Il termine risorse deriva dal latino resurgere che ha il significato di risorgere e rinascere: la caratteristica fondamentale delle risorse dell’impresa è appunto data dalla loro capacità di autoalimentazione e dal processo di continua rigenerazione dell’impresa stessa che esse consentono. Ciò implica che il processo vitale dell’impresa ruota intorno alla sua capacità di generare le proprie risorse a partire dalle risorse possedute. Per quanto concerne l’individuazione delle risorse, Hofer e Schendler, hanno identificato cinque tipi di risorse, sulla base di una classificazione, che può essere 3 Nel breve periodo la competitività di un’impresa dipende dal rapporto qualità/prezzo che è stata in grado di realizzare rispetto alla concorrenza. In molti settori, tuttavia, i competitori tendono a convergere verso standards simili e molto elevati di tale rapporto, cosicché questo elemento può diventare sempre meno importante come fonte di vantaggio competitivo: «Gli aspetti legati alla qualità, come la solidità e l’affidabilità, si diffondono sempre più e diventano un prerequisito piuttosto che una fonte di vantaggio competitivo».(R. GRANT, op. cit., pag. 437). 67 utilizzata per comprenderne le caratteristiche principali e definire gli indicatori delle potenzialità di sviluppo4. Si tratta di: 1. risorse finanziarie, 2. risorse fisiche, 3. risorse umane 4. risorse organizzative, 5. risorse tecnologiche. Le risorse materiali sono contraddistinte dal fatto di essere supportate da un elemento fisico e, generalmente, hanno un riscontro quantitativo nel patrimonio dell’impresa, rappresentato dall’attivo di bilancio. Le risorse dell’impresa tuttavia, sempre meno sono rappresentate dal bilancio dell’impresa. In primo luogo, il valore dei cespiti iscritti a bilancio spesso non riflette il valore effettivo della risorsa stessa, in quanto il loro valore dipende da effetti di complementarietà con altri elementi del sistema aziendale, dalla loro localizzazione, dalla loro flessibilità rispetto agli input utilizzati, ecc : il sistema di valutazione dei cespiti al costo storico fornisce indicazioni modeste circa il valore di mercato dei beni che compongono il patrimonio dell’impresa. Ma soprattutto maggiore rilevanza hanno oggi le risorse immateriali, vale a dire quelle risorse che sono contraddistinte dall’immaterialità e che difficilmente possono essere valorizzate nel bilancio dell’impresa: il processo di terziarizzazione dell’economia ha anzi reso la rappresentazione del patrimonio delle risorse aziendali nel bilancio non rispondente all’effettivo insieme delle risorse che compongono le imprese. La valenza di alcune risorse intangibili (la conoscenza tecnologica dell’impresa, il marchio aziendale, effetti dell’utilizzo di un software), pur essendo suscettibili di una valorizzazione in termini monetari, può essere solo in parte tradotta in termini patrimoniali se non in misura convenzionale in alcuni assets d’impresa, quali per esempio l’avviamento e/o i brevetti. Altre risorse (la fiducia del consumatore, il clima sociale, i valori aziendali, la motivazione del personale) invece, non trovano una precisa collocazione negli assets del patrimonio dell’impresa. Questo è il motivo che ha indotto alcuni autori a porsi il problema - a fini della valutazione della strategia e dell’azienda - di stimare e di evidenziare il valore degli assets immateriali dell’impresa 4 Hofer C.W.- Schendel D., 1976, pag. 145-148. 68 RISORSE CARATTERISTICHE PRINCIPALI INDICATORI PRINCIPALI La capacità di indebitamento dell’impresa e la generazione interna di fondi determinano la capacità di investimento e la capacità di fare fronte alle fluttuazione nella domanda e nei profitti Dimensione, localizzazione, livello tecnico e flessibilità dell’impianto e delle attrezzature Localizzazioni ed usi alternativi dei terreni e dei fabbricati Rapporto fra passività e consistenze patrimoniale Percentuale di contante netto per gli investimenti Valutazione di solidità del credito Entità della tecnologia e proprietarietà della medesima: brevetti, copyright, segreti industriali e di esperienza nell’applicazione della tecnologia Risorse per l’innovazione: laboratori di ricerca, personale tecnico e scientifico Reputazione mediante marche, rapporti con i clienti reputazione per l qualità dei prodotti e dei servizi, affidabilità, ecc. Numerosità e rilevanza dei brevetti entrate per vendita di licenze personale impiegato nella R&S rispetto al totale RISORSE TANGIBILI Risorse finanziarie Risorse fisiche Valore di vendita delle attività immobilizzate Età mediategli impianti Scala degli impianti Flessibilità degli impianti e delle attrezzature RISORSE INTANGIBILI Risorse tecnologiche Reputazione RISORSE UMANE Reputazione dell’impresa con i fornitori (inclusi i fornitori di componenti, banche e altri finanziatori, dipendenti e potenziali dipendenti) con il governo e le agenzie governative e con la comunità L’addestramento e l’esperienza degli addetti determinato la capacità disponibili all’impresa L’addattabilità degli addetti ha effetti determinanti su aspetti della flessibilità strategica dell’impresa L’impegno e la lealtà dei dipendenti influisce sulle capacità di raggiungere e mantenere un vantaggio competitivo 69 Riconoscimento della marca Prezzi superiori alle marche concorrenti Percentuale acquisti ripetuti Livello e solidità dei risultati Educazione e qualificazione tecnica dei dipendenti Livello retributivo rispetto al settore Dati sui conflitti Indice di rotazione del personale Alcuni autori distinguono le risorse umane sia dalle risorse immateriali sia da quelle materiali, considerandole quindi una categoria particolare. Esse da un lato sono contraddistinte da una certa fisicità; dall’altro esse sono significative soprattutto per il fatto che le risorse umane sono portatrici di capacità e competenze aziendali. 2.3.1. Le risorse immateriali Come anticipato, le risorse immateriali appaiono sempre più determinati per il successo competitivo dell’impresa. In primo luogo, le risorse immateriali sono dotate di elevata specificità in quanto derivano dalla storia di ciascuna impresa; la sostenibilità del vantaggio competitivo, che è connessa alla una inimitabilità, dipende dalle risorse aziendali immateriali, che, essendo frutto della storia dell’impresa, difficilmente possono essere imitate. (Vicari, 1992, pag. 131). Inoltre, le barriere all’entrata non dipendono solo da risorse legate agli investimenti (per esempio alle economie di scala) ma anche dal patrimonio di risorse immateriali che si è sedimentato nell’impresa (per esempio la forza del marchio, la fedeltà alla marca, il rapporto con i fornitori). Le risorse immateriali possiedono alcune proprietà. Le risorse immateriali sono accumulabili nell’impresa: in altri termini, le risorse immateriali tendono a sedimentari con il tempo e nel tempo attraverso diversi processi che i realizzano all’interno del sistema impresa (per esempio attraverso i processi di esperienza). Esse si sviluppano grazie al loro utilizzo: le relazioni con il cliente e con i fornitori, l’efficacia segnaletica e informativa del marchio, la motivazione del personale sono risorse immateriali che generalmente si alimentano grazie al loro utilizzo che tende a generare circoli virtuosi. Al tempo stesso, tendono a deperire se non sufficientemente gestite dall’impresa: le risorse tecnologiche dell’impresa, per esempio, possono essere superate da innovazioni generate da altre imprese, se non continuamente monitorate e rinnovate; la forza del marchio può perdere la propria efficacia se non sufficientemente supportata da investimenti pubblicitari; la preparazione e la motivazione delle risorse umane può esaurirsi se non sostenuta da investimenti in formazione e in marketing interno, ecc.. Importanza delle risorse immateriali 70 “Idee nuove, prodotti inimitabili: ecco la realtà Ferrero. Un’azienda che ha saputo imporsi nel mondo con prodotti amati da tutti, che sono diventati nel tempo leader di mercato e parte integrante della nostra storia. Una manciata di nocciole, un po’ di cacao, un pizzico di zucchero possono trasformarsi in un dolce buono, ma non bastano a trasformarlo in una vera “specialità”. Per questo ci vuole di più. Ci vuole un ingrediente raro e prezioso: la creatività. È la creatività che rende un prodotto Ferrero unico e diverso da ogni altro e che contrassegna tutte le scelte operate dal Gruppo: dall’ideazione dei prodotti agli impianti, dalla ricerca alla comunicazione. È ancora la creatività che ha portato a scelte difficili, a volte controcorrente, che però ha condotto al successo il Gruppo, ne ha reso unici e forti i marchi, ne ha accelerato l’espansione internazionale. Fino a far diventare Ferrero uno dei più importanti gruppi dolciari del mondo”. Fonte: Brochure Ferrero Le risorse immateriali, che per loro natura si accumulano all’interno dell’impresa grazie a processi generati dall’impresa stessa, sono difficilmente trasferibili da un’impresa ad un’altra: si tratta di risorse imperfettamente mobili. Anzi, esse non hanno generalmente un mercato di scambio. Le caratteristiche dell’accumulabilità e della imperfetta trasferibilità delle risorse intangibili rendono quindi difficile la loro riproduzione per imitazione o acquisizione da parte di altre imprese. Il patrimonio di risorse dell’impresa, mentre può essere alimentato grazie a processi di autocreazione – autopoiesi - può essere limitatamente sviluppato grazie a processi di acquisizione e imitazione da parte di altre imprese. RIQUADRO. Il seguente caso analizza l’importanza delle risorse umane e delle risorse tecnologiche per il successo aziendale Remco Italia S.p.A. è una società di lunga tradizione, anno di fondazione 1947, che progetta, produce e distribuisce con il marchio CARDIOLINE® dispositivi medici per la diagnostica cardiovascolare non invasiva (elettrocardiografi, holters, prove da sforzo, defibrillatori, sistemi di monitoraggio e sistemi integrati, applicazioni di informatica sanitaria e telemedicina). Con una rete distributiva per 1/4 diretta (filiali di Milano, Padova e Bologna più società del gruppo in Francia, Olanda e USA) e per il resto indiretta (agenti plurimandatari e rivenditori) raggiunge il mercato interno e straniero sia pubblico che privato in proporzioni quasi uguali, realizzando circa il 42% delle vendite in esportazione. 71 La società ha 48 dipendenti, di cui solo 9 operai, e si avvale di collaborazioni sia con professionisti che con Centri di ricerca. Nel '99 ha avuto un fatturato di 14 miliardi di lire, con una crescita del 10% rispetto all'anno precedente. I punti di forza della società sono legati a risorse intangibili, quali: a. un'immagine consolidata del marchio, legata alla solidità ed ergonomia delle linee di elettrocardiografi, al rapporto qualità/prezzo b. un solido rapporto di partnership con la rete di vendita, basato su una radicata cultura del servizio al cliente; c. una struttura orizzontale e flessibile, con un forte "spirito di squadra"; d. una rete distributiva professionale e stabile nel tempo, ben integrata con le strutture di sede della società. Fonte sviluppoimpresa.com, Tra le risorse immateriali, un approfondimento particolare meritano due tipi di risorse quali le risorse immateriali di conoscenza e fiducia. La conoscenza è l’insieme degli schemi cognitivi sufficientemente stabili e diffusi all’interno dell’impresa, che connotano il comportamento aziendale. L’importanza delle risorse di conoscenza dipende dal fatto che: 1. la conoscenza ricopre la maggior parte del valore aggiunto; 2. rappresentano le risorse aziendali parte più difficilmente replicabili ed imitabili dai concorrenti.5 Le risorse di conoscenza sono distinguibili in risorse di conoscenza superficiale e risorse di conoscenza profonda. La conoscenza superficiale è quella che deriva dalle routine organizzative dell’impresa e che è assimilabile al know how dell’impresa. Il valore di queste routine è legato al fatto che esse producono efficienza nella gestione aziendale, diventano un meccanismo di comunicazione (e quindi possono essere trasmesse o comunicate), consentono di evitare comportamenti destabilizzanti 5 La conoscenza può essere implicita o esplicita (codificata): la prima appare molto interessante e difficile da essere gestita in quanto è generata negli individui e in essi è accumulata: dati i limiti propri degli individui umani spesso ad un ampliamento dell’ampiezza della conoscenza corrisponde una riduzione della profondità e viceversa. Questo pone le basi per una considerazione dell’impresa knowledge based: se la conoscenza è un fattore critico nella produzione, se l’efficienza richiede che essa sia creata e sedimentata negli individui in modo specializzato, e se la produzione richiede l’applicazione di molti tipi di conoscenza specializzata, allora il primo ruolo dell’impresa è l’integrazione delle conoscenza. L’integrazione delle conoscenze è la essenza delle organisational capabilities , “definite come la capacità dell’impresa di sperimentare in modo ripetitivo un modello produttivo che è correlato sia direttamente sia indirettamente alla capacità dell’impresa di creare valore (Grant, 1996, pag. 377). 72 La conoscenza profonda, invece, contribuisce in modo significativo ad influenzare i comportamenti aziendali: è quella conoscenza che viene utilizzata per trovare soluzioni a problemi nuovi. E’ una forma di conoscenza tacita che consente ad una certa impresa che affronta il problema del tutto nuovo di fare appello non solo ai rimedi sperimentati ma di trovare altre soluzioni che, pur essendo nuove, mantengono coerenza con la sua storia (Vicari, 1992, pag. 142)6. Figura. Le risorse immateriali dell’impresa. Conoscenza e fiducia ESEMPIO DI RISORSE NEL CAMPO DEL MARKETING CONOSCENZA PROFONDA Interpretazione del mercato SUPERFICIALE Modalità di selezione del personale di vendita FIDUCIA RELAZIONI INTERNE Clima organizzativo nella funzione di marketing RELAZIONI ESTERNE Fedeltà alla marca ESEMPIO DI RISORSE NEL CAMPO DELLA TECNOLOGIA CONOSCENZA PROFONDA Sapere tecnologico SUPERFICIALE Procedura di lavorazione FIDUCIA RELAZIONI INTERNE Coesione del personale di ricerca RELAZIONI ESTERNE Contatti con Università Vicari, 1992, pag. 139 Tra le risorse di conoscenza, la categoria più significativa è rappresentata dalle conoscenze tecnologiche: esse possono essere analizzate attraverso il possesso di brevetti, copyright, segreti industriali. In realtà, se tali diritti evidenziano appunto le conoscenze di proprietà dell’impresa, in modo limitato possono contribuire a comprendere il valore del patrimonio delle conoscenze tecnologiche dell’impresa. Pensiamo, infatti, alle conoscenze tecnologiche incorporate dal personale delle imprese. Inoltre, il potenziale delle conoscenze tecnologiche in termini di contributo al successo competitivo diventa difficile da valutare: se infatti le conoscenze sono vicine alla conoscenza di base, il loro potenziale valore in termini di creazione di nuove opportunità di mercato è difficile da stimare. 6 Essa è difficilmente codificabile : “è rappresentabile in quell’insieme nebuloso, indistinto, difficile da cogliere,di conoscenze individuali, visioni, opinioni significati, motivazioni – soprattutto delle relazioni che si instaurano tra di essi – che caratterizzano l’impresa”. 73 La fiducia è rappresentata dall’insieme degli schemi cognitivi attraverso cui determinati soggetti interni o esterni all’impresa danno una rappresentazione dell’impresa sufficientemente stabile e definita nel tempo7. La fiducia è alle base delle relazioni dell’impresa sia quelle che si verificano all’interno sia quelle che si verificano all’esterno8. La fiducia è alla base delle relazioni sociali intra-organizzative: basti pensare al ruolo che l’atmosfera , le norme, i simboli e la cultura giocano nei comportamenti delle imprese. La fiducia, inoltre, plasma le relazioni esterne dell’impresa: prescindendo dalle interazioni occasionali che l’impresa intrattiene con altri soggetti, le interazioni relazionali, di natura continuativa, sono generate e ampliate appunto dalle risorse di fiducia. La fiducia accordata dal consumatore all’impresa è alla base delle relazioni continuative tra il consumatore e l’impresa stessa: ciò diventa la base di una risorsa 9 di fiducia particolare e importante per l’impresa quale la fedeltà alla marca . Questi due tipi di risorse sono strettamente interrelate in quanto il patrimonio di conoscenze dell’impresa alimenta la fiducia dei consumatori e di tutti gli stakeholders che incidono sull’attività dell’impresa e nel contempo le risorse di fiducia alimentano la conoscenza che si sviluppa all’interno dell’impresa. Per esempio, da una lato la fiducia accordata da investitori esterni contribuisce a puntare su nuove conoscenze, dall’altro la fiducia del personale dell’impresa rende possibile lo sviluppo di nuove conoscenze. Oppure le conoscenze di marketing dipendono dai processi di apprendimento dell’impresa, ma questi ultimi si fondano in gran parte sulle possibilità di interazione continuativa con la domanda che a loro volta scaturiscono dall’esistenza di un rapporto fiduciario con la clientela. Il rapporto fiduciario con il cliente è riconducibile alle scelte pregresse dell’impresa, ovvero alle conoscenze di marketing già possedute (Busacca, pag. 22). 2.4. Quali caratteristiche devono avere le risorse affinché siano cruciali per il vantaggio competitivo aziendale? L’importanza delle risorse per la generazione di valore e per la costruzione del successo aziendale dipende dal possesso di alcune proprietà. 7 Secondo Vicari la fiducia “nasce dalla tendenza di un individuo di cercare conferme e da una certa inerzia cognitiva”(Vicari, 1992, pag. 142). La fiducia non è altro che uno schema cognitivo, un modello di strutturazione di informazioni, che richiede un minore numero di dati per consentire una interpretazione (o attivazione della realtà) : Vicari, 1992, pag. 143. 8 “ Le relazioni sono dunque processi cognitivi di creazione di fiducia a partire dalla fiducia generata nel precedente processo di interazione”. 9 Secondo Johnson bisogna convincersi che “... i profitti derivano da clienti affezionati, non da vendite di prodotti effettuate una volta tanto (one shot sales)” (H.T. Johnson, op. cit. pag. 87). 74 In una situazione di assenza di concorrenza, la sostenibilità del vantaggio competitivo deriva dal tasso di obsolescenza e di deprezzamento delle risorse, che varia considerevolmente da risorsa a risorsa. L’accellerazione del progresso tecnologico tende ad accorciare la vita utile di alcuni cespiti e dell’insieme delle conoscenze tecnologiche aziendali. La reputazione legata alla marca è invece soggetta ad un minore tasso di deprezzamento, nonostante necessiti di alcuni investimento di mantenimento o di rafforzamento della forza segnaletica. Se ci si pone in una prospettiva concorrenziale – in cui le imprese lottano ciascuna contro le altre al fine di potere godere di vantaggi competitivi – le risorse dovrebbero possedere caratteristiche ulteriori, che consentano all’impresa che ne dispone di potere usufruire di rendite che non si esauriscano nel breve termine. Un modello generale proposto da M. Peteraf (1993) (figura) spiega le modalità con cui le risorse generano posizioni competitive differenti tra imprese e, quindi, diventano fonti del vantaggio competitivo delle imprese. L’autrice propone quattro condizioni di base, esse costituiscono le quattro pietre angolari sui cui si fonda la capacità delle risorse di generare vantaggi competitivi: 1. l’eterogeneità delle risorse 2. i limiti ex ante alla omogeneizzazione delle risorse; 3. i limiti ex post alla omogeneizzazione delle risorse; 4. l’imperfetta trasferibilità delle risorse. La prima pietra angolare riguarda l’eterogeneità delle risorse: le risorse, affinchè siano in grado di produrre vantaggi, devono essere eterogenee. La condizione di eterogeneità consente di comprendere perché le imprese siano costituite da un sistema di risorse differenziato dai concorrenti, che rende le imprese stesse diverse tra di loro (alcune superiori e altre inferiori). Per esempio, alcune imprese sviluppano risorse in grado di produrre a costi inferiori e/o di soddisfare meglio di altre imprese i bisogni dei consumatori. Queste imprese sono in grado di sviluppare rendite ricardiane o monopolistiche (vedi riquadro), mentre le altre rimangono imprese marginali. RENDITA RICARDIANA: essa è ascrivibile alla scarsità delle risorse ed è frutto di fattori della produzione difficilmente riproducibili. Le rendite ricardiane si formano in mercato in cui le imprese non definiscono il prezzo (price taker) ma lo acquisiscono come un dato. Se il prezzo è un dato, l’impresa gode di una rendita ricardiana se possiede un sistema di risorse produttive migliori che consentono all’impresa di produrre meglio e in modo più efficiente. Se, infatti, si pensa la modello di concorrenza perfetta (in cui il costo marginale eguaglia il prezzo e quindi il produttore non realizza nessun profitto), la generazione di 75 extraprofitti può verificarsi solo nel caso in cui l’impresa abbia risorse migliori che le consentono di produrre a costi medi inferiori RENDITA MONOPOLISTICA O SCHUMPETERIANA: essa è il prodotto della capacità innovativa dell’impresa. Le rendite derivano essenzialmente dal potere di mercato dell’impresa che consente all’impresa di manovrare il prezzo o la quantità prodotta, massimizzando così il profitto. Il potere di mercato può derivare dalla differenziazione del prodotto, dall’unicità dell’impresa che opera in un mercato protetto da barriere all’entrata, dal vantaggio di essere un’impresa first mover. In questa situazione, l’impresa gode di una rendita monopolistica finché altre imprese non riescano ad imitare l’innovazione. La condizione di eterogeneità delle risorse da sola non è sufficiente a garantire il vantaggio competitivo per le imprese, in quanto imprese concorrenti potrebbero avere accesso alle medesime risorse o acquisendole o imitandole. Possono essere evidenziati alcuni fattori (limiti ex ante ed ex post) che limitano il processo di omogeneizzazione delle risorse tra le imprese. I limiti ex ante alla competizione per le risorse si manifestano prima che l’impresa abbia acquisito una posizione di vantaggio ai concorrenti , nel momento in cui le imprese sono dotate del medesimo mix di risorse. La pietra miliare riferita ai limiti ex ante necessaria per la creazione di un vantaggio competitivo riguarda l’esistenza di mercati dei fattori di produzione imperfetti. Le informazioni relative al valore esatto delle risorse dovrebbero essere distribuite in modo asimmetrico tra gli attori; in tal modo la competizione per l’acquisizione delle risorse strategiche viene limitata e, quindi, i prezzi di tali risorse non incorporano la loro effettiva capacità di generare valore. Se tutte le imprese fossero infatti informate sul valore superiore di una determinata risorsa, la competizione che ne deriverebbe potrebbe annullare la redditività futura delle imprese in quanto il prezzo di acquisto delle risorse sarebbe superiori alle rendite che la risorsa potrebbe assicurare. 76 ETEROGENEITA’ Rendita da monopolio Rendita ricardiana LIMITI EX-POST ALLA COMPETIZIONE Inimitabilità insostituibilità VANTAGGIO COMPETITIVO IMPERFETTA IMMOBILITA’ Rendite sostenute all’interno dell’impresa LIMITI EX-ANTE ALLA COMPETIZIONE Imperfezioni del mercato Fonte: Peteraf, 1993 Le condizioni ex-post si riferiscono alla situazione che si verifica dopo l’acquisizione della risorsa da parte dell’impresa e dopo la generazione di una situazione di vantaggio competitivo. Tali condizioni - che permettono alle aziende di preservare l’eterogeneità delle dotazioni di risorse - sono: − l’imperfetta sostituibilità: l’imperfetta sostituibilità tra le risorse evita che risorse sostitutive riducano la rendita associata ad una risorsa. − l’imperfetta inimitabilità: l’imperfetta imitabilità, invece, deriva dalla difficoltà di replicare una particolare combinazione di risorse. Spesso questa caratteristica è alimentata dall’impresa che possiede la risorsa superiore. Rumelt definisce meccanismi di isolamento per riferirsi a quelle azioni poste in essere dalle imprese che limitano le riequilibrazioni ex post delle rendite tra imprese10. 10 Nella teoria dell’uncertain imitability, i meccanismi di isolamento sono riconducibili all’ambiguità causale. L’incapacità dei soggetti e delle imprese di comprendere le cause dell’efficienza limita la competizione attrabvero nuove entrate e imitazione (si evita quindi la concorrenza perfetta) – (Rumel R.P., 1984, pag. 567). Spesso questi meccanismi di solamento sono associati al first mover. Rumelt giunge quindi a evidenziare una nuovateoria della strategia di 77 L’eterogeneità e la difficile imitabilità o sostituibilità non sono da sole sufficienti per generare un vantaggio competitivo sostenibile in quanto tali risorse potrebbero essere perfettamente trasferibili e, pertanto, acquisibili sul mercato. L’imperfetta trasferibilità – che rappresenta un’ulteriore pietra miliare delle modello - assicura che le risorse di valore rimangano all’interno dell’azienda. In particolare, la specificità di una particolare risorsa, rispetto alla dotazione delle condizioni di produzione di una certa azienda, assicura e protegge il legame tra la risorsa e l’azienda stessa. In linea teorica, si potrebbe verificare che tutte le risorse potrebbero essere scambiate attraverso i meccanismi di mercato. La specificità delle risorse, invece, rende difficile lo scambio e fa sì che le risorse abbiano un prezzo di mercato inferiore al valore che esse rappresentano per l’azienda che le possiede (Conner, 1991; Peteraf, 1993) Una risorsa umana di una impresa potrebbe essere assorbita anche da altre imprese. Tuttavia, la risorsa umana acquista un valore maggiore se associata al contesto strategico e organizzativo in cui si è formata. Le altre imprese potrebbero assumere tale risorsa umana, ma potrebbero solo in parte sfruttarne le conoscenze specifiche (in quanto firm specific). 2.5. Il ruolo delle competenze distintive Mentre il termine risorse attiene allo stock di fattori disponibili, posseduti o controllabili dall’impresa ed impiegati per la formulazione delle strategie; le competenza o capacità organizzative riguardano l’abilità dell’impresa di impiegare e combinare le risorse. Quelle particolari competenze in grado di rendere l’impresa unica sul mercato in cui opera vengono definite competenze distintive (Selznick, 1957) o core competence11. impresa: “la strategia d’impresa potrebbe essere speigata in termini di eventi inattesi che creano o possono creare rendite potenziali insieme a meccanismi di isolamento che le preservano (Rumel R.P., 1984, pag. 568). 11 Le competenze sono state variamente definite nella letteratura economico-aziendale. Per Teece, Pisano e Shuen (1994), esponenti della corrente economica, le competenze derivano dall’assemblaggio di attività specifiche d’impresa in integrati clusters che, abbracciando e coinvolgendo individui e gruppi, permettono il compimento di attività distintive. Per tali autori le core competences risultano critiche per la sopravvivenza dell’impresa ed inoltre prospettano opportunità e minacce per essa. Leonard-Barton (1995), rappresentante del management della tecnologia, ha definito la core capability come la conoscenza distintiva dell’impresa grazie alla quale la corporate può raggiungere il vantaggio competitivo. Secondo Hamel e Prahalad (1990), invece, esponenti dello strategic management, le core competences della corporate risiedono nell’apprendimento collettivo sviluppato nell’organizzazione e 78 Le capacità presenti all’interno di un’impresa possono essere individuate secondo due criteri. Un primo approccio prevede che le capacità presenti all’interno dell’impresa vengano individuate per aree funzionali, stabilendo, in relazione alle singole aree presenti, quali sono le peculiari competenze possedute dall’impresa. Capacità specifiche dell’area di marketing potrebbero, ad esempio, essere quelle relative allo sviluppo e alla gestione del marchio, alla promozione o alla comprensione delle tendenze del mercato; afferenti all’area di produzione risulterebbero, invece, le competenze relative alla flessibilità o al miglioramento dei processi produttivi. Il limite di tale approccio risiede nel pericolo di trascurare l’interdipendenza esistente tra le diverse funzioni: i risultati della funzione produzione, in termini di qualità del prodotto, ma anche velocità di realizzazione ed efficienza dei processi produttivi, sono sicuramente influenzati dall’attività della funzione ricerca e sviluppo e dalle relative competenze, così come da quelli della funzione marketing, la quale può individuare, attraverso lo studio della domanda, eventuali modifiche da apportare al prodotto o miglioramenti da realizzare nell’ottenimento degli stessi. Un criterio diverso è quello che identifica le capacità presenti all’interno dell’impresa in relazione alle attività della catena del valore12 della stessa. In questo caso, partendo dal contributo che le singole attività offrono alla creazione del valore complessivo, si individuano le competenze centrali per l’impresa. Le core competence di una impresa possono essere, inoltre, definite come l’insieme di intuiti riguardanti la definizione dei problemi e la risoluzione di questi (Lei, Hitt e Bettis, 1996); come quelle abilità atte a sostenere coordinati impieghi di risorse nei modi efficaci al raggiungimento dei traguardi strategici (Sanchez, 1997). Le competenze distintive possedute, quindi, oltre a riguardare la capacità di disporre delle risorse materiali ed immateriali necessarie allo svolgimento dell’attività di impresa, attengono, soprattutto, all’abilità, dei manager, di saper combinare le risorse disponibili per acquisire maggiore forza o minore debolezza nei confronti dei concorrenti e degli attori chiave del contesto in cui l’impresa opera (Calvelli, 1998). Il vantaggio competitivo delle imprese non dipende, infatti, dal semplice possesso o controllo delle risorse necessarie ad opere all’interno del business prescelto, ma dalla capacità dei manager di combinare le risorse disponibili in modo da acquisire una posiziona unica nel mercato (Grant, 1991). riferito specificatamente alla coordinazione delle diverse abilità di produzione ed alla integrazione di multiple correnti di tecnologia; tali autori definiscono le core competences come le fonti del vantaggio competitivo. 12 Il concetto verrà approfondito nel capitolo successivo. 79 Emerge in tal senso, la natura trasversale delle competenze distintive, le quali non attengono a singole aree funzionali o attività della catena del valore, ma alla combinazione di tutte le risorse e capacità presenti nelle attività all’interno dell’impresa e quanto più forte è l’interazione tra queste, tanto più difendibile risulta il vantaggio competitivo delle imprese. Affinché le competenze distintive permettano di acquisire un vantaggio competitivo sostenibile, esse devono rispettare alcuni requisiti. Innanzitutto devono essere durevoli, cioè offrire opportunità che durano nel tempo; sono durevoli le competenze legate alla capacità di innovazione delle imprese, oppure alle relazioni intra ed inter-organizzative. Il secondo requisito è la difficile trasferibilità delle competenze; le competenze meno trasferibili sono quelle firm-specific, cioè sviluppate e radicate all’interno dell’azienda perché derivanti dall’internazione tra individui diversi, influenzati, nel loro agire, dai credi e dai valori presenti all’interno dell’organizzazione. Tali competenze, caratterizzate da una elevata contestualità, sono quindi proprie degli individui, e quanto più derivano dalla collaborazione tra individui diversi, tanto più difficilmente potranno essere trasferite all’esterno, anche qualora siano gli stessi individui a trasferirsi in altre imprese. La terza caratteristica in grado di assicurare la difendibilità del vantaggio competitivo acquisito da un’impresa è la difficile replicabilità delle competenze, che deriva o dal fatto che le capacità risultino basate su routine organizzative complesse o su credi culturali forti, o ancora dalla possibilità che esse siano il risultato di investimenti di lungo periodo e che una loro replicazione comporti un fabbisogno di risorse troppo elevato. 2.6. Competenze distintive e processi di sviluppo delle imprese L’approccio alla formulazione strategica basato sulle risorse comprende tre elementi chiave: la capacità dell’impresa di selezionare una strategia che permetta di sfruttare le risorse e le competenze più significative che l’impresa possiede; la capacità di verificare che tali risorse e competenze siano sfruttate nel miglio modo possibile, la possibilità di ampliare le risorse base possedute dall’impresa al mutare dello scenario competitivo. Si afferma in sostanza il criterio della coerenza come presupposto fondamentale della formulazione strategica: le strategie devono essere ben definite nei loro confini spazio-temporali e gli obiettivi devono essere coerenti con la quantità e qualità delle risorse presenti all’interno. 80 Grant (1991) sottolinea come, per quanto l’individuazione e l’analisi delle competenze, nella formulazione di una strategia a livello di area strategica di affari uno schema di riferimento utile risiede nella catena del valore di Porter, che permette di valutare l’apporto che le diverse attività forniscono alla formazione del valore dell’output offerto sul mercato. L’articolazione di ogni attività in competenze e risorse permette di valutare, infatti, secondo quanto evidenziato da Genco, la posizione competitiva dell’impresa in un determinato business ed offre anche indicazioni utili in merito alla possibilità di esternalizzare attività per le quali non si possiedono e non sembra opportuno acquisire competenze distintive. Riguardo all’ampliamento delle risorse di base, questo elemento si riferisce alla possibilità che l’impresa verifichi uno scostamento tra risorse necessarie ad operare in un determinato mercato e risorse possedute. In questo caso l’impresa deve acquisire le risorse di cui ha bisogno, ma nel valutare le opportunità di ampliamento del proprio patrimonio deve valutare le opportunità e i rischi delle diverse alternative. Le risorse possono essere, infatti, ottenute mediante processi di sviluppo interno o esterno. Nel primo caso, il management dovrà considerare la possibilità che le capacità consolidate ostacolino gli investimenti in nuove risorse; può essere questo il caso di imprese altamente diversificate in cui i responsabili delle singole Sbu non recepiscono le opportunità di realizzare nuovi investimenti o di presidiare aree di mercato poco proficue dal punto di vissuta della redditività, ma importanti per lo sviluppo o per il mantenimento di competenze (Hamel e Prahalad, 1989). Nel secondo caso, invece, sia che lo sviluppo esterno avvenga tramite processi di acquisizione, sia che si tratti di alleanze, il management deve verificare la presenza, all’interno dell’impresa, di particolari tipi di competenze, definite di apertura (Golinelli, 2002), che possono favorire o meno l’integrazione tra capacità preesistenti e nuove competenze. In particolare, nel caso di alleanze risultano particolarmente rilevanti le competenze di relazione, relative alla capacità di instaurare relazioni collaborative durevoli e basate sulla fiducia; nel caso di acquisizioni e fusioni, invece, particolare importanza spetta alle competenze di assorbimento, cioè alla capacità di integrare i nuovi saperi con quelli preesistenti. Nelle analisi ispirate alla RBV, il ruolo delle competenze distintive nella formulazione delle strategie assume un significato diverso rispetto a quello dei filoni di studio precedenti. La strategia non viene formulata per allocare le risorse in un’ottica di adattamento alle opportunità del mercato; lo scopo della strategia è invece quello di far leva sulle risorse attuali e potenziali per creare vantaggi competitivi e occasioni di crescita. 81 Deriva da questa considerazione l’esigenza di distinguere le competenze distintive che consentono all’impresa di presidiare una data area strategica di affari da quelle capaci di generare e sostenere la crescita futura. E’ necessario, quindi, secondo Hamel e Prahalad, distinguere le competenze per la crescita dalla mera condivisione di risorse o dagli investimenti in ricerca e sviluppo, in quanto la prima è il risultato di un tentativo che viene fatto a posteriori dall’impresa per ottimizzare l’uso delle risorse, mentre i secondi non è detto che generino nuove competenze distintive. Il legame tra competenze distintive e strategie di sviluppo è stato approfondito da diversi autori. In particolare, la Penrose è stata il primo studioso a sottolineare che le opportunità di espansione delle imprese derivano dalla presenza di risorse inutilizzate; mentre Selznick, negli stessi anni, ha teorizzato per primo il legame tra competenze distintive e successo delle strategie di sviluppo delle imprese. Le competenze distintive vengono tradizionalmente suddivise in cinque tipologie: competenze tecnologiche, riconosciute da Hamel e Prahalad come le più significative, competenze di mercato, competenze organizzative, competenze finanziarie e competenze di general management. Le ultime due categorie, tuttavia, sembrano essere quelle meno indicative dei processi di sviluppo seguiti dalle imprese, visto che risultano collegate a tutte le attività dell’impresa e risultano coinvolte in qualsiasi processo di ampliamento o riduzione del patrimonio di risorse delle imprese (Calvelli, 1995). Le diverse competenze individuate influenzano le strategie di sviluppo delle imprese da più punti di vista. In primo luogo, esse determinano la propensione del management ad attuare o meno una determinata strategia; nel rispetto del principio di coerenza, infatti, le opzioni strategiche a disposizione delle imprese dipendono dalle risorse di cui essa dispone e dal capacità del management di combinarle per creare valore (Genco, Ferrara, 1995). Riguardo ai criteri di valutazione delle competenze, le competenze distintive vengono considerate rilevanti dal punto di vista strategico se forniscono un contributo sostanziale al valore percepito dai consumatori; inoltre non devono essere facilmente imitabili suscettibili, attraverso una loro riorganizzazione creativa di offrire nuove opportunità di sviluppo (Genco, Ferrara, 1995). Tali concetti risultano ben enfatizzati negli studi di Hamel e Prahalad sull’analisi del legame tra competenze distintive e successo delle imprese diversificate. Secondo gli autori la competitività delle imprese nel lungo periodo deriva dalla capacità di sviluppare in modo creativo le competenze possedute al fine di realizzare prodotti innovativi, tale capacità è stata definita da Hamel Corporate Imagination. 82 Più precisamente, gli autori, confrontando le diverse performance di imprese europee, statunitensi e giapponesi ed indagando le ragioni dei diversi percorsi di sviluppo seguiti dalle stesse, sono pervenuti alla conclusione che le imprese di maggior successo sono quelle che si sviluppano in maniera coerente rispetto alle proprie core competencies; sviluppando prodotti che, dal punto di vista delle competenze, risultino correlati a quelli precedenti. Le competenze distintive possono,inoltre, fungere da criterio guida anche per le strategie di risanamento. Grant evidenzia, infatti, come le strategie di riconversione siano caratterizzate da maggiori probabilità di successo nel caso in cui le scelte strategiche delle imprese siano guidate dalla logica delle competenze e non da quella dei bisogni da soddisfare. Il caso Iomega può essere d’aiuto per comprendere la relazione che esiste, da un lato, tra costruzione di nuove competenze e possibilità di sviluppo futuro dell’impresa; dall’altro, tra arricchimento del patrimonio conoscitivo e capacità di fronteggiare nuovi ambiti competitivi. La Iomega Corporation Fondata nel 1980, la Iomega Corp., leader a livello mondiale nella produzione di avanzate soluzioni di memorizzazione portatili, tra cui unità e dischi, produce soluzioni di memorizzazione dati personali in grado di semplificare la condivisione, la gestione, la protezione e l'uso delle informazioni digitali. I principali prodotti Iomega per lo storage includono i drive Zip 100MB, 250MB e 750MB, Iomega REV, gli hard drive ad alte prestazioni Iomega HDD Portable, gli hard drive da desktop Iomega HDD, i Iomega Mini USB Drive, i drive esterni Iomega CD-RW, i drive Iomega DVD e l’unità portatile Iomega Floppy USBautoalimentata. Iomega rende più semplice la protezione e la condivisione dei dati grazie ai software Iomega Automatic Backup, Iomega Sync, HotBurn per la masterizzazione e la tecnologia Active Disk. Iomega offre agli utenti business e consumer un’ampia gamma di soluzioni per il data recovering in seguito a danni dell’hardware e al danneggiamento dei file o dei supporti. Nel gennaio, 2004 la Iomega Corporation ha annunciato la nuova tecnologia Iomega® Digital Capture Technology (DCT) che consentirà ai prodotti elettronici di prossima generazione destinati al mercato consumer di utilizzare dischi dalle dimensioni di una scatola di fiammiferi e dalla capacità di 1.5 GB. La nuova tecnologia è stata presentata per la prima volta sotto forma di prototipo in 83 occasione del Consumer Electronics Show (CES) che si è svolto a Las Vegas l'8 e il 9 gennaio scorsi. Le potenzialità di successo ed il valore della tecnologia DCT sono legate alla sua trasversalità, ossia alla pluralità dei possibili impieghi ed applicazioni che spaziano dalla telefonia mobile, alle telecamere digitali, ai notebook. Per tali ragioni Iomega ha già iniziato a proporre la sua tecnologia ai diversi produttori. La tecnologia Iomega DCT offrirà alle aziende che operano nel settore dell'elettronica di consumo la possibilità di esplorare le nuove frontiere dell'intrattenimento digitale. I dischi Iomega DCT, di dimensioni estremamente ridotte e caratterizzati da basso costo e elevata capacità, sono l'ideale per salvare, leggere, archiviare, condividere e gestire in modo semplice file audio, video o di qualsiasi altro genere. Le videocamere, i PDA, i lettori audio e video, le televisioni e i riproduttori video personali sono tra le applicazioni indirizzate da questa nuova piattaforma storage. I primi prodotti con integrata la tecnologia Iomega DCT saranno disponibili sul mercato nel corso della seconda metà del 2004. Inoltre, Iomega ha in progetto di introdurre una PC Card drive basata su tecnologia DCT e dalla dimensione di una carta di credito, un drive esterno USB 2.0 (Hi-Speed USB) e un drive OEM. L'obiettivo che Iomega si prefigge con l'introduzione di DCT è rendere semplice ed economica agli utenti consumer la condivisione di dischi a basso costo e il trasferimento dei dati tra i diversi dispositivi di entertainment e il PC". L’idea di sviluppare la nuova tecnologia è nata dalla constatazione che ciascuno dei quattro principali supporti attualmente utilizzati (hard disk, tape, dischi ottici e solid state memory) presenta infatti dei limiti in termini di costo, dimensioni, consumo energetico e durata. Gli utenti necessitano, inoltre, spesso, di diversi supporti storage per ciascun dispositivo utilizzato. I drive basati su tecnologia DCT offrono, al contrario, la possibilità di trasferire i dati, in maniera semplice ed economica, da un dispositivo portatile all'altro. Il disco DCT dovrebbe essere, in effetti, in grado di coniugare i vantaggi della memoria flash (basso consumo energetico e resistenza agli urti e alle vibrazioni) e le caratteristiche degli hard drive rimovibili (basso costo per gigabyte ed elevata trasferibilità). I principali vantaggi offerti dalla nuova tecnologia risiedono nella durata dei dischi DCT, protetti da un involucro di metallo e, quindi, meno esposti, alle perdite di dati derivanti da graffi, polvere, impronte e cadute accidentali; la convenienza, il costo stimabile per un disco da 1.5 GB è di circa 10 dollari; la portabilità, i dischi DCT hanno le dimensioni di una scatola di fiammiferi e pesano meno di 9 grammi; la velocità (il livello di trasferimento dati è superiore a 6.7 MB/sec.); l’efficienza, i 84 drive DCT consumano una quantità così esigua di energia da poter essere alimentati direttamente dalla porta USB e da permettere alle batterie dei dispositivi portatili di durare molto di più rispetto alle tecnologie tape e hard drive; la capacità (un solo disco DCT è in grado di contenere circa due ore di dati video - formato Windows Media Player 9, risoluzione 720x480, 24 frame al secondo e scansione progressive - e una colonna sonora musicale completa con audio di elevata qualità). La tecnologia DCT di Iomega, attualmente in corso di valutazione da parte dei partner OEM (Original Equipment Manufacturer) e ODM (Original Design Manufacturer), permetterà inoltre all’azienda di entrare nel settore della telefonia mobile. La capacità di memoria della tecnologia DCT e le sue caratteristiche fisiche di compattezza sono coerenti ed in linea con i principi di miniaturizzazione, che costituiscono un attributo sempre più richiesto nel phone design. I dischi DCT hanno le dimensioni di una scatola di fiammiferi, grazie alla capacità di 1.5 GB offerta dai dischi DCT, gli utenti potranno trasferire in tutta libertà video clip, tracce audio e fotografie da dispositivo a dispositivo; salvare i dati in modo permanente su dischi resistenti ed economici; cancellare e riscrivere i dischi ogniqualvolta lo desiderano; gestire tutta la propria vita digitale portando con sé i file, i film, la musica e i giochi preferiti in qualsiasi luogo, per lavoro o semplicemente per svago. Fonte: Banca Dati Iomega Corporation. Il caso proposto si ricollega anche al principio di coerenza discusso in precedenza. Il successo della Iomega risulta, infatti, assicurato dalla continua focalizzazione dell’impresa sulle proprie core competence. Il successo viene cioè ricercato in business per i quali la Iomega può sfruttare un’esperienza consolidata nel corso degli anni. D’altra parte, l’importanza del principio di coerenza, già introdotto in precedenza, tra obbiettivi perseguiti e competenze possedute non deve tuttavia indurre ad un’eccessiva staticità dell’impresa. E’ possibile, infatti, che, a seguito di cambiamenti avvenuti nell’ambiente esterno, la competenza distintiva su cui l’impresa aveva basato in passato il proprio successo, perda valore o addirittura trasformarsi in un punto di debolezza per l’impresa, qualora la sua soppressione o conversione comporti elevati costi13. Per evitare tale situazione l’impresa dovrebbe 13 A tale proposito sembra calzante l’esempio di IBM riportato da Hamilton III, Eskin e Michaels (1998) secondo il quale la nascita e lo sviluppo nel tempo di operatori specializzati nella spedizione (Gateway, Dell) ha reso obsoleta e farraginosa la tradizionale rete distributiva di IBM, in passato vero punto di forza della Corporate; gli elevati costi di dismissione e di spostamento dovuti alla rigidità del 85 alimentare in modo continuo le capacità cognitive del managment che, attraverso la percezione e l’anticipazione dei cambiamenti, dovrebbe modificare gli obiettivi strategici e, in base a questi, ridefinire il proprio patrimonio di competenze. Gli studiosi della RBV si sono concentrati prevalentemente sull’analisi dell’ambiente interno (Wernerfelt, 1984; Barney, 1986, Hamel e Prahalad, 1989), trascurando la necessità che le competenze distintive delle imprese siano coerenti con la necessità di sfruttare le opportunità e fronteggiare i pericoli dell’ambiente esterno (Genco, Ferrara, 1995). Al contrario una corretta pianificazione della strategia dovrebbe basarsi su un’attenta analisi sia delle dinamiche interne all’impresa, che delle dinamiche esterne, al fine di individuare i nodi critici della strategia che si intende perseguire, individuare i segmenti di mercato/prodotto su cui si intende operare, definire la migliore allocazione delle risorse possedute ed individuare le risorse e capacità che l’impresa ha bisogno di acquisire (Ferrara, 1995). Nello stessa direzione si muovono gli studi di Teece e Pisano (1994), i quali, enfatizzando la natura dinamica delle competenze, introducono il concetto di capacità dinamiche, per enfatizzare che l’impresa deve avere la capacità di evolvere e modificare i propri comportamenti al mutare delle caratteristiche del contesto. Un’impostazione che permette di analizzare contemporaneamente ambiente esterno e interno è quella introdotta da Calvelli (1995), la quale considera il rapporto esistente tra alternative strategiche delle imprese, mutamenti dell’ambito competitivo e modificazioni del patrimonio di invisibile asset dell’impresa. L’idea di fondo di tale impostazione risiede nella considerazione che se le scelte strategiche attuate comportano modificazioni sostanziali dell’ambito competitivo, è necessario che l’impresa rivisiti i propri comportamenti e sviluppi le competenze necessarie a competere nel nuovo scenario. In particolare, l’impresa, qualora intenda perseguire strategie di sviluppo che presuppongono l’ingresso in business sostanzialmente diversi, per tecnologia, processi produttivi, relazioni, o regole del gioco competitivo nuove, dovrà essere in grado di acquisire conoscenze specifiche e di sviluppare le competenze necessarie a fronteggiare la nuova situazione concorrenziale. La relazione esistente tra risorse, competenze e strategie risulta, in definitiva, ben esplicitata nel concetto di coerenza dinamica di Itami (1987). Secondo l’autore, infatti, strategie e risorse seguono un processo di sviluppo parallelo e sequenziale, per cui da risorse e competenze possedute deriva la formulazione della strategia, l’implementazione di quest’ultima permette a sua volta il consolidamento delle network di IBM hanno ostacolato, tuttavia, la sua riorganizzazione e pertanto la rete di vendita si è trasformata da fattore critico di successo a punto di debolezza per il colosso. 86 competenze che, incrementandosi, permettono all’impresa di pianificare le scelte strategiche future. 87