daMaVolume - AOU G. Martino
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daMa data management in HIV n. 1 - gennaio 2007 in questo numero: board editoriale Tenofovir in pazienti HIV/HCV-positivi Massimo Andreoni Gioacchino Angarano Andrea Antinori Giampiero Carosi Giovanni Di Perri Massimo Galli Adriano Lazzarin Carlo Federico Perno Utilizzo di tenofovir disoproxil fumarato in un paziente con glomerulosclerosi focale e segmentaria La tollerabilità renale di tenofovir nella pratica clinica Terapia antiretrovirale includente tenofovir: efficacia e tollerabilità in pazienti HIV-1 positivi naïve o pluritrattati Tenofovir nei pazienti HIV positivi affetti da cirrosi epatica Rapida comparsa della mutazione K65R in paziente naive trattato con l’associazione di tenofovir più emtricitabina ed efavirenz Sicurezza nell’uso di tenofovir in associazione con Inibitori della Proteasi Boosterati: esperienza di un centro clinico Analisi su tollerabilità di regimi di terapia antiretrovirale contenenti tenofovir in un gruppo di pazienti anti-hiv positivi Viread®: Conferme di efficacia e sicurezza Esperienza clinica con tenofovir in pazienti pediatrici con infezione da HIV a trasmissione materno fetale Cosa fare se gli effetti collaterali dei farmaci possono condizionare negativamente i pazienti HIV positivi Efficacia, tollerabilità, sicurezza e maneggevolezza di tenofovir: 44 mesi di esperienza clinica Il tenofovir nella terapia antiretrovirale: osservazioni sulla possibile nefrotossicità del farmaco Alterazione della funzionalità renale nei pazienti con infezione da HIV Fattori predittivi di efficacia virologica in regimi antiretrovirali contenenti tenofovir daMa Data Management in HIV Periodico Volume I, anno I, n. 1, gennaio 2007 Direttore Responsabile Tiziana Vozzella Autorizzazione Tribunale di Milano n.635 del 18/10/2006 Copyright © 2006 Editree S.r.l. - Piazza Diaz 1 - 20052 Monza (MI) Tel. 039.3900.728 - Fax 039.2316.261 Tutti i diritti di traduzione, riproduzione, adattamento parziale o totale con qualsiasi mezzo (compresi microfilms, copie fotostatiche o xerografiche) sono riservati a Coordinamento Editoriale a cura del Dipartimento Medico Grafica e Impaginazione S.r.l. Stampa LITORAMA S.p.A., Milano S.r.l. daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Indice Tenofovir in pazienti HIV/HCV-positivi 5 Utilizzo di tenofovir disoproxil fumarato in un paziente con glomerulosclerosi focale e segmentaria 11 La tollerabilità renale di Tenofovir nella pratica clinica 19 Terapia antiretrovirale includente tenofovir: efficacia e tollerabilità in pazienti HIV-1 positivi naïve o pluritrattati 25 Tenofovir nei pazienti HIV positivi affetti da cirrosi epatica 33 Rapida comparsa della mutazione K65R in paziente naive trattato con l’associazione di tenofovir più emtricitabina ed efavirenz 35 Sicurezza nell’uso di Tenofovir in associazione con Inibitori della Proteasi Boosterati: esperienza di un centro clinico 41 Analisi su tollerabilità di regimi di terapia antiretrovirale contenenti tenofovir in un gruppo di pazienti anti-hiv positivi 49 Viread: Conferme di efficacia e safety 55 Esperienza clinica con Tenofovir in pazienti pediatrici con infezione da HIV a trasmissione materno fetale 61 Cosa fare se gli effetti collaterali ai farmaci possono condizionare negativamente i pazienti HIV positivi 69 Efficacia, tollerabilità, sicurezza e maneggevolezza di tenofovir: 44 mesi di esperienza clinica 77 Il tenofovir nella terapia antiretrovirale: osservazioni sulla possibile nefrotossicità del farmaco 83 Alterazione della funzionalità renale nei pazienti con infezione da HIV 92 Fattori predittivi di efficacia virologica in regimi antiretrovirali contenenti tenofovir 102 1 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Editoriale A. Antinori Direttore Dipartimento Clinico INMI Lazzaro Spallanzani IRCCS, Roma Lo scenario della terapia antiretrovirale a 20 anni dalla introduzione delle terapie potenti di combinazione appare in sostanziale evoluzione nella maggior parte dei temi ed argomenti. La progressiva riduzione del pill burden e la superiore convenienza dei nuovi schemi di terapia; la migliore tollerabilità di nuovi farmaci e formulazioni; la più elevata potenza antivirale delle nuove combinazioni; il superiore profilo famacocinetico delle nuove molecole e la minor capacità di generare resistenze al fallimento: in molte caratteristiche fondamentali le nuove terapie appaiono innovative e in grado di assicurare una superiore e duratura efficacia antivirale. Dati osservazionali del periodo 1996-2002 documentano una riduzione relativa del rischio di fallimento virologico iniziale tra il 48% e il 79%, in buona parte legato alle caratteristiche dei nuovi schemi di combinazione. L’aumento del portfolio farmaceutico in termini di nuovi farmaci e classi ha seguito alcuni criteri chiave, prioritariamente selezionati al fine di garantire l’innovatività della nuova offerta terapeutica: compattazione di farmaci e combinazioni anche attraverso lo sviluppo di co-formulazioni, attività antivirale più elevata, potenziamento farmacocinetico per garantire maggiore attività sui ceppi mutati e superiore forgiveness a protezione del rischio di breakthrough virologico in condizioni di aderenza subottimale, risparmio delle tossicità metaboliche. In uno scenario quale quello descritto, grande rilievo ha assunto l’introduzione in terapia antire- trovirale delle combinazioni basate su tenofovir. Èindubbio che il farmaco rappresenti la principale evoluzione farmaceutica nella classe degli analoghi nucleosidici, ovvero la prima classe terapeutica introdotta, il backbone della terapia di combinazione, ponendosi come il principale esponente della nuova sottoclasse degli inibitori non-timidinici della RT. L’introduzione e l’uso estensivo degli analoghi timidinici ha caratterizzato una intera era della terapia antiretrovirale, garantendo il salto di efficacia della prima fase delle terapie di combinazione. Il risvolto meno favorevole è stato rappresentato dalla crescita progressiva dell’impatto della tossicità metabolica e mitocondriale e dei suoi correlati clinici (lipoatrofia, dislipidemie, neuropatie periferiche), e dalla selezione progressiva di ceppi virali portatori di mutazioni associate agli analoghi timidinici (TAMs ovvero Thymidine-Associated Mutations), vero e proprio marker di multiresistenza della classe degli inibitori nucleosidici. L’avvento delle terapie TA-sparing, di cui tenofovir è oggi il principale e talora indispensabile componente ha rappresentato, insieme al boosting degli inibitori delle proteasi di nuova generazione, il principale carattere farmacologico innovativo negli ultimi anni. E ha accompagnato altri elementi emergenti sui cui oggi le nuove terapie vengono misurate: monodose giornaliera e possibilità di coformulazione con farmaci della stessa classe o di altre classi potenzialmente combinabili, più elevata barriera genetica nei confronti di mutazioni genotipiche correlate a resistenza di classe, attività 3 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 antivirale crociata nei confronti di altri virus prevalenti nella popolazione HIV-infetta, in primo luogo HBV. La scelta di una nuova rivista scientifica che ponga al centro della propria selezione editoriale il management clinico delle terapie e quanto di nuovo emerga su di esse e su tenofovir come prototipo di una nuova fase del trattamento antiretrovirale, fornisce agli addetti ai lavori un nuovo strumento critico di aggiornamento e discussione. Gli aspetti emergenti in tema di resistenza ai non timidinici, l’efficacia a lungo termine da dati osservazionali non selezionati, l’impatto reale delle tossicità emergenti quali quella renale e quella ossea, le implicazioni della combinazione di diverse classi sulla efficacia e le strategie di sequencing, risultano tutti argomenti di forte rilievo nel management 4 delle nuove terapie, e su cui la necessità di dati più consolidati dalla pratica clinica reale, che siano rappresentativi delle diverse realtà ed esperienze sul territorio, è ancora elevata, al fine di definire e ottimizzare le strategie conseguenti. Nuovi scenari e nuove sfide attendono clinici e ricercatori nei prossimi anni nel campo delle terapie antivirali, prima fra tutte quella della “normalizzazione” delle terapie croniche, in termini di riduzione del danno legato all’accumulo di tossicità e resistenza, e di estensione dei benefici clinici delle terapie a lungo termine. Uno degli obbiettivi prioritari rimane quello di consolidare gli elementi di evidenza scientifica che possono razionalmente supportare le scelte e le strategie più avanzate. Una nuova rivista può trovare in questo contesto una felice e utile collocazione. daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tenofovir in pazienti HIV/HCV-positivi G. Borroni, C. Felline, C. Maltempo Dipartimento Dipendenze ASL PROV MI 1 Introduzione Nei pazienti HIV-Ab positivi una concomitante infezione da HCV è riscontrabile in circa il 33% dei casi, con una prevalenza variabile tra il 10% e il 95% dei casi in relazione alla modalità di infezione ed all’area geografica di provenienza. L’uso di stupefacenti per via endovenosa è diventato in termini assoluti la principale modalità di trasmissione dell’HCV nei paesi industrializzati, con una prevalenza di sieropositività per HCV-Ab nei tossicodipendenti per e.v. compresa tra il 50% e il 95%. Inoltre, i tossicodipendenti per via endovenosa rappresentano attualmente il maggior serbatoio di infezione da HIV, come conseguenza la concomitante positività per anticorpi anti-HCV e HIV è riscontrabile in oltre l’80% dei soggetti HIV-Ab positivi, nei quali la frequenza di cronicizzazione dell’infezione da virus dell’epatite C è superiore a quella osservabile nella popolazione generale, arrivando a superare il 90%. La nuova e potente terapia antiretrovirale ad elevata efficacia (HAART) ha profondamente modificato la prognosi della malattia da HIV, migliorando sensibilmente la qualità di vita ed allungando notevolmente la sopravvivenza media dei pazienti sieropositivi. La riduzione dell’incidenza di altre complicanze infettive ottenuta con le nuove terapie di combinazione hanno però contribuito a rendere sempre più rilevante lo spazio occupato nello scenario dell’infe- zione da HIV dall’epatite cronica HCV. Dopo l’introduzione della HAART si è osservato un incremento dell’incidenza di cirrosi epatica e della mortalità a causa della stessa passata dal 2-10% degli anni 1988-91 al 20-50% degli anni 1998-2001. Un ulteriore problema secondario all’alta prevalenza di coinfezione è inoltre rappresentato dall’aumentato rischio di sviluppare tossicità epatica, che risulta variabile in funzione dei farmaci utilizzati. Nevirapina e ritonavir sono fra quelli più frequentemente correlati ad una epatotossicità da farmaci mentre per tenofovir una dimostrazione di ridotta tossicità epatica è arrivata dai risultati di alcuni trials che hanno evidenziato solo lievi alterazioni della funzionalità epatica in corso di trattamento, alterazioni che si sono comunque risolte spontaneamente o immediatamente dopo l’interruzione del trattamento. Questo dato potrebbe essere conseguenza delle modalità di selezione dei pazienti che nella maggior parte degli studi risultavano negativi per una concomitante infezione da HCV, che rappresenta un sicuro fattore di rischio per l’epatotossicità da farmaci antiretrovirali, accompagnandosi ad una incidenza di tossicità epatica severa compresa tra il 6 e il 21%. Scopo del presente studio è stato quello di valutare l’impatto del trattamento con tenofovir in pazienti con infezione cronica da HCV associata all’HIV. Inoltre si è voluto valutare se altri fattori strettamente associati alla presenza di coinfezione e in particolare le abitudini tossicomaniche dei pazienti, possano influire sull’aderenza dei pazienti all’HAART. 5 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Pazienti e metodi Dal 1986 il SerT di Magenta segue pazienti che hanno contratto il virus HIV-1 con diverse modalità, principalmente per via endovenosa. Attualmente i pazienti seguiti sono 135, 114 in terapia antiretrovirale. I pazienti coinfetti HCV sono 74. Di questi solo 4 non hanno contratto la malattia per via endovenosa. A tutti è stata offerta l’opportunità di un trattamento Interferone + Ribavirina, rifiutato da alcuni per timore degli effetti collaterali riportati da altri. Dei 74 pazienti HCV-Ab positivi, 4 (HCV-RNA positivi) sono guariti dopo trattamento con interferone e ribavirina e 3 evidenziavano persistente negatività dell’HCV-RNA. La storia di questi pazienti, come si può immaginare, è piuttosto complicata. Sia per il tipo di vita condotta, sia per la difficoltà ad ottenere una aderenza ottimale, sia per i diversi anni di terapia HAART. Lo Studio si è riproposto di valutare l’impatto della concomitante infezione da HCV e dell’abuso di sostanze stupefacenti, legali e illegali, sull’andamento a un anno del trattamento con tenofovir. A questo scopo sono state retrospettivamente riviste le cartelle di 45 pazienti in carico presso il SerT di Magenta che hanno consecutivamente iniziato un trattamento con tenofovir nell’ambito di una terapia altamente efficace (HAART) in un periodo compreso tra il 01/02/2003 e il 31/10/2005. Per valutare l’impatto dell’infezione da HCV sul trattamento con tenofovir i pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi sulla base del riscontro o meno di positività dell’HCV-RNA alla PCR. È stata quindi effettuata l’analisi dei dati relativi all’andamento delle transaminasi, della GGT e della bilirubina totale raccolti immediatamente prima e dopo 1, 3 e 12 mesi dall’inizio del trattamento con tenofovir, sia all’interno che tra i due gruppi considerati. È stata definita come epatotossicità di grado severo, che ha determinato la sospensione del trattamen6 to, il riscontro di un aumento al di sopra di 300 U/I del valore delle transaminasi. È stato definito un comportamento d’abuso/ dipendenza da sostanze stupefacenti non solo l’assunzione, in corso di trattamento, di sostanze stupefacenti illegali ma anche l’assunzione di elevate quantità di alcolici. Sono stati invece esclusi da questo gruppo tutti i pazienti che avevano risolto da almeno 6 mesi prima dell’inizio del trattamento ogni problematica connessa con la dipendenza/abuso di stupefacenti, compresa quindi l’assunzione di metadone o buprenorfina. La definizione di cirrosi epatica si è basata sulla valutazione clinica, biochimica e ultrasonografica dei pazienti e in nessun caso è stata effettuata mediante biopsia epatica. Sono stati quindi definiti cirrotici solo i pazienti che presentavano un grado di compromissione epatica elevato con evidenza clinica della malattia, verosimilmente sottostimando la reale prevalenza di questa condizione nella popolazione in esame. I dati sono espressi come media±errore standard della media e range. La valutazione statistica è stata effettuata utilizzando il Chi-quadro per le variabili qualitative e i Test di Mann-Whitney e Friedman per le variabili qualitative. È stato considerato significativo un valore di P<0,05. Risultati L’età media dei pazienti è risultata di 43,5±0,8 anni (Range 29-53 anni). Il sesso maschile è risultato prevalente nella popolazione considerata, rappresentando il 75,6% del campione. La via di infezione prevalente è risultata l’assunzione di sostanze stupefacenti per via endovenosa (66,7%), mentre rapporti sessuali etero e omosessuali sono risultati coinvolti nell’infezione rispettivamente del 15,6 e del 17,8% del campione. La durata media dell’in- daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 fezione da HIV al momento dell’inizio del trattamento è risultata di 14,3±0,8 anni (Range 0,5 - 21 anni). Una viral load negativa al momento dell’inizio del trattamento con tenofovir è stata osservata nel 6,6% dei pazienti; il valore basale medio della viral load è risultato di 123514±30093 cp/mL (Range 0 - 750.000 cp/mL) mentre la media del dosaggio di CD4+ è risultata 317,8±36,6/mm3 (Range 26-1100/mm3). La prevalenza di cirrosi epatica clinicamente evidente è risultata del 11,1%. Una diagnosi di AIDS secondo i criteri stabiliti dal CDC era presente nel 35,6% dei pazienti. Il valore medio di GOT, GPT e GGT è risutalto rispettivamente di 57,1±5,9 U/I (Range 10-165 U/I), 64,2±7,6 U/I (Range 8-263 U/I) e 102,2±21 U/I (Range 9-638 U/I). Il 46,7% dei pazienti mostrava l’alterazione significativa (>1,5 UNL) di almeno una delle transaminasi determinate precedentemente all’inizio del trattamento con tenofovir. Una analoga alterazione dei valori di GGT e bilirubina totale è stata invece osservata rispettiva- mente nel 37,8 e nel 4,4% del campione. Una condizione di dipendenza/abuso attivo di sostanze stupefacenti era evidenziabile nel 42,4% dei pazienti. 28 pazienti (62,2%) sono risultati portatori cronici dell’infezione da HCV, nel 48,1% dei casi questa era sostenuta da un genotipo 1, mentre i genotipi 3 e 4 erano osservabili rispettivamente nel 25,9% e nel 18,5% dei casi. Come riportato in Tabella 1, rispetto ai pazienti positivi solo per HIVAb, i pazienti coinfetti con HCV presentavano differenze significative per quanto riguarda la via di infezione con il virus HIV, la frequenza di situazioni di abuso/dipendenza da sostanze stupefacenti, la durata dell’infezione da HIV, gli indici di necrosi epatica, la GGT e il viral load. Mentre non erano evidenti differenze statisticamente significative nella distribuzione per sesso, l’età media, la frequenza di AIDS e cirrosi e la conta di CD4+. Rispetto ai dati basali è stata osservata, nel corso del trattamento, una significativa riduzione del viral load ed un significativo incremento della conta dei Tab. 1 HIV+/HCV- (n=17) HIV+/HCV+ (n=28) p Sesso (%Maschi) 76,5 75 0,91 Età (anni) 42,8±1,5 43,9±0,8 0,45 Infezione e.v. (%) 23,5 92,9 >0,001 Dipendenza/Abuso (%) 11,8 60,7 0,001 Durata Infezione (anni) 10,8±1,3 16,4±0,8 0,01 AIDS (%) 35,3 35,7 0,98 Cirrosi (%) 11,8 10,7 0,91 GOT (U/L) 32,4±4,8 72±7,7 >0,001 GPT (U/L) 37,3±6,7 80,5±10,4 0,001 GGT (U/L) 42,4±14,6 140±31 0,001 Bilirubina (mg/dL) 0,94±0,15 0,6±0,27 0,03 Viral Load (cp/mL) 205410±64765 73791±24906 0,03 272,2±47,6 345,5±51,2 0,45 3 CD4+ (mm ) Tabella 1. Confronto fra le caratteristiche anagrafiche, cliniche, biochimiche e virologiche dei pazienti indagati suddivisi in base alla presenza o meno di infezione cronica da HCV 7 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 2 Variabile Basale 1 mese 3 mesi 12 mesi p HCV+ GOT 64,3 64,8 81,3 98,1 0,61 HCV- U/I 30,1 32,6 25,8 22,4 0,04 HCV+ GPT 71,9 70,7 91,6 102,7 0,78 HCV- U/I 37,5 30 26,9 25,8 0,43 HCV+ GGT 152 122,6 145,3 183,6 0,09 HCV- U/I 44,7 52,8 36,3 30,7 0,47 HCV+ Bilirubina 0,69 0,99 0,93 0,95 0,72 HCV- Mg/dL 0,55 1,09 0,89 0,77 0,25 HCV+ CD4+ 391,7 420,7 396 463,5 0,04 HCV- /mm3 234,5 336,7 375,6 435 <0,001 HCV+ Viral Load 72440 373,1 54,4 423,3 <0,001 HCV- Cp/mL 187995 2000,8 1678,9 373,1 <0,001 CD4+, mentre non sono state osservate modificazioni statisticamente significative a carico degli indici di citolisi e della GGT e della bilirubina. Quando la popolazione è stata analizzata suddividendo i pazienti in due gruppi in base alla presenza o meno di infezione da HCV è stato osservato un comportamento analogo a quanto presente nell’intera popolazione e sostanzialmente sovrapponibile tra i due gruppi ad eccezione del valore medio di GOT, che è risultato significativamente ridotto in corso di trattamento con tenofovir solo tra i pazienti non coinfetti (Tabella 2). Dal punto di vista della valutazione clinica del trattamento, questo è stato interrotto precocemente in 4 casi (9%), in 2 casi (4,5%), entrambi HCVRNA positivi, per la comparsa di un incremento del valore di transaminasi superiore a 300 U/L, in un caso per sindrome nefrosica non iatrogena e in un quarto caso per intolleranza al trattamento senza evidenza di interessamento d’organo. Il trattamento è stato sospeso spontaneamente dal paziente in 6 casi. Durante lo studio 3 pazienti sono stati sottoposti a trattamento con interferone 8 Tabella 2 Variazioni di GOT, GPT, GGT, Bilirubina totale, CD4+ e Viral Load in corso di trattamento con tenofovir in pazienti HIV-Ab positivi con e senza coinfezione con HCV e ribavirina, 1 di loro ha sospeso dopo 6 mesi per la comparsa di effetti collaterali (al momento della sospensione risultava HCV-RNA negativo), 1 per mancata risposta ed effetti collaterali ed infine una paziente è in corso il trattamento con negativizzazzione dell’HCV-RNA. Come già precedentemente riportato in altri studi non sono state dimostrate interazioni fra ribavirina e tenofovir. Una paziente ha dovuto interrompere il trattamento per circa un mese per la comparsa di Sindrome di Cushing iatrogena alla quale si è ovviato sostituendo con efavirenz il PI boosterato. Mentre non è stata osservata una correlazione statistica tra la presenza di una coinfezione con HCV ed una più elevata frequenta di interruzioni o abbandoni del trattamento (χ2=1,729; p=0,189 e χ2=1,313; p=0,352), un aumento statisticamente significativo delle interruzioni del trattamento (χ2=4,067; p=0,044) e in particolare degli abbandoni (χ2=4,796; p=0,029), è stato osservato nel sottogruppo di pazienti che presentava una condizione di dipendenza/abuso di sostanze stupefacenti in corso di trattamento con tenofovir. daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Conclusioni L’introduzione della HAART ha modificato la prognosi della malattia da HIV allungando la sopravvivenza media dei pazienti sieropositivi, ma ha consentito all’epatite cronica HCV di attraversare tutte le fasi della sua storia naturale, con conseguente aumento della frequenza di cirrosi epatica e di morti ad essa correlate. Da qui l’esigenza di proporre un trattamento HAART poco epatotossico e un trattamento con interferone a questi pazienti. È stato quindi condotto uno studio retrospettivo finalizzato a valutare l’impatto di tenofovir nell’ambito di una HAART in pazienti cronicamente coinfetti con il virus dell’epatite C. I pazienti sono stati arruolati presso il Ser.T. di Magenta per cui la popolazione indagata è prevalentemente composta da pazienti che hanno contratto l’infezione per l’uso di sostanze per via endovenosa e che frequentemente persistono in comportamenti d’abuso. Il presente studio ha permesso di dimostrare che non vi sono differenze statisticamente significative nell’andamento delle transaminasi dopo l’inizio del trattamento antiretrovirale contenente tenofovir in una popolazione di soggetti HIV, dato che si è confermato anche quando l’analisi è stata effettuata su due sottogruppi selezionati in base alla presenza o meno di concomitante infezione cronica da HCV. In due soli casi si è dovuto sospendere il trattamento per tossicità epatica, entrambi i pazienti presentavano positività per l’HCV-RNA e uno di questi aveva una cirrosi clinicamente evidente. Di particolare rilevanza clinica è invece risultato il dato relativo alla probabilità di proseguire a lungo termine il trattamento antiretrovirale, che si è dimostrato significativamente ridotto nella popolazione di pazienti che presentava comportamenti d’abuso/dipendenza da sostanze psicoattive. In questa sottopopolazione la frequenza di drop-out è infatti risultata statisticamente significativa rispetto al resto dei pazienti indagati, anche in presenza di regimi terapeutici a basso “pill burden”. Sulla base dei dati sopra esposti è possibile quindi concludere che: a) l’assunzione di tenofovir nell’ambito di un trattamento HAART comporta un rischio di interruzione del trattamento che non viene influenzato dalla presenza di coinfezione con il virus dell’epatite C; b) la situazione tossicomanica del paziente rappresenta un importante fattore di rischio di interruzione dell’HAART Bibliografia 1) Kontorinis N, Dieterich D. Hepatotoxicity of antiretroviral therapy.AIDS Rev 2003;5:36-43. 2) Alter MJ, Hadler SC, Judson FN, et al. Risk factors for acute non-A, non B hepatitis in the United States and association with hepatitis C virus infection. JAMA 1990; 264: 2231-2235 3) Villano SA, Vlahov D, Nelson KE, Lyles CM, Cohn S, Thomas DL. Incidence and risk factors for hepatitis C among injection drug users in Baltimore, Maryland. J Clin Microbiol 1997; 35: 3274-3277. 4) Saillour F, Dabis F, Dupont M, et al. 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HIV Clin Trials 2003;4:115-120. daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Utilizzo di tenofovir disoproxil fumarato in un paziente con glomerulosclerosi focale e segmentaria Carosella S, Lipani FA, Farenga M, Orofino GC, Fora R, Canta F,*Rollino C, Caramello P Divisione A - Dipartimento di malattie Infettive - Ospedale Amedeo di Savoia - Torino *Divisione di Nefrologia e Dialisi - Ospedale Giovanni Bosco - Torino Introduzione Alterazioni della funzionalità renale, sia in forma acuta (ARF: acute renal failure) sia cronica (CKD: chronic kidney disease), sono sempre di più frequente riscontro nei pazienti con infezione da HIV (1,2). Un incremento del valore della creatinina > di 1,5 mg/dl (o >1.3 volte il limite superiore del normale valore del proprio laboratorio) che ritorna nei range di normalità entro 3 mesi definisce una ARF secondo la Adult AIDS Clinical Trials Group, mentre il persistere di queste alterazioni renali oltre 3 mesi definisce la CKD secondo The National Kidney Foundation (3). Diversi fattori rivestono un ruolo importante nel determinare le patologie renali in questi pazienti: l’azione diretta ed indiretta del virus, la tossicità correlata a farmaci utilizzati per curare le infezioni opportunistiche (IO) ed infine la tossicità correlata alla stessa terapia ARV. Tra le patologie legate all’azione diretta di HIV la più frequente è una forma di glomerulosclerosi focale con danno tubulo-interstiziale (4,5), tipica della fase tardiva dell’infezione da HIV (6), che si presenta come sindrome nefrosica (HIVAN), caratterizzata da severa proteinuria, insufficienza renale e rapida progressione verso la ESRD (end-stage renal disease) la cui prevalenza è stimata tra il 3.5% degli studi clinici e il 12% degli studi autoptici (7). È la causa più frequente di ESRD nei pazienti sieropositivi e riconosce come fattori di rischio razza africana,(8,9,10) numero di CD4+ < 200 /μl e viremia HIV > 10.000 copie/ml. Sempre legata ad azione diretta di HIV è la microangio- patia trombotica, più rara, che si manifesta sotto forma di sindrome emolitico-uremica e porpora trombocitopenica, il cui meccanismo d’azione sembra legato ad una alterazione endoteliale dovuta alle proteine di HIV con deposizione di piastrine a livello microvascolare (11). Sono invece legate ad un’azione indiretta di HIV le glomerulonefriti immuno-mediate, la cui prevalenza è stata stimata tra il 15% e l’80% (37% in uno studio bioptico (5)), e che sono state classificate in quattro gruppi: glomerulonefrite mediata da immunocomplessi, nefriti Ig A correlate, malattia sclerotica-infiammatoria e sindrome simillupoide (12,13,14,15). Tra queste la nefrite Ig A correlata sembra essere la patologia di più frequente riscontro nella popolazione europea (14,16). Tra i farmaci utilizzati per il trattamento delle infezioni opportunistiche capaci di determinare tossicità renale ricordiamo aminoglicosidi, amfotericina B, trimethoprim-sulfametossazolo, adefovir, cidofovir, foscarnet, acyclovir e pentamidina (17). La tossicità renale correlata all’uso di farmaci ARV può essere diretta od indiretta: la tossicità indiretta è legata soprattutto alla comparsa di alterazioni metaboliche, quali per esempio il diabete mellito da ridotta tolleranza al glucosio (18-19) o l’ipertensione arteriosa, (20) che possono determinare danni renali secondari. Infine, anche se vari studi clinici hanno dimostrato che la maggior parte dei farmaci antiretrovirali non sembra possedere una particolare tossicità renale diretta, alcuni di essi sono comunque in grado di determinare quadri clinici quali insufficienza renale, 11 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 necrosi tubulare, calcolosi renale o malattia renale cronica. Tra gli inibitori delle proteasi (IP), indinavir (21) è stato associato a comparsa di patologie renali quali nefrolitiasi, cristalluria, disuria, necrosi papillare ed insufficienza renale acuta. La comparsa di queste patologie risulta più frequente in pazienti che presentano coinfezione HBV-HCV (22) o che assumono contemporaneamente altri farmaci per la cura delle IO (per esempio trimethoprim-sulfametossazolo od acyclovir) (23,24). Anche ritonavir a dosi terapeutiche piene (800-1200 mg/die), può determinare insufficienza renale (25,26). Per quanto riguarda saquinavir, nelfinavir e atazanavir, è segnalata solo eccezionalmente nefrotossicità (27,28,29). Tra gli inibitori nucleosidicinucleotidici della transcriptasi inversa, il tenofovir disoproxil fumarato, soprattutto se associato a fattori di rischio quale basso peso corporeo, alterazione della funzionalità renale al baseline o concomitante assunzione di altri farmaci nefrotossici (30,31), ha determinato tossicità renale con insufficienza renale acuta (in particolare per sindrome di Fanconi e necrosi tubulare acuta) (32,33,34). Solitamente le alterazioni tubulari regrediscono dopo sospensione del farmaco (31,35) anche se alterazioni renali croniche sono state riportate in letteratura (36,37). Gli inibitori non nucleosidici della transcriptasi inversa e gli inibitori della fusione hanno dimostrato un buon profilo di tollerabilità renale in trials controllati (38-39). Caso clinico Paziente di 42 anni, di sesso maschile e di razza caucasica. Categoria C3 secondo la classificazione dei CDC di Atlanta. Alimentazione regolare, anamnesi positiva per fumo, abuso di alcolici ed uso di sostanze stupefacenti. Familiarità per diabete mellito ed ipertensio12 ne arteriosa. HIV+ noto dal 1987. Fattori di rischio per HIV: tossicodipendenza, omosessualità. I profili sierologici evidenziano un pregresso contatto con HBV (HBc Ab totali ed HBs Ab positivi, HBs Ag negativo), CMV, EBV, HSV e Toxoplasma gondii (presenza di IgG); negativa la sierologia per anticorpi anti-HCV. Nel 1991 inizia terapia ARV con AZT in monoterapia. Dopo alcuni mesi si ricovera per anemia (Hb 4 g/dl) che richiede trasfusioni. Successivamente si somministra ddI in monoterapia per 3 mesi, quindi il paziente sospende ogni cura. Nel maggio 1996 si ricovera per micobatteriosi atipica (infezione da M. avium disseminata) e lue. Nel 1997 esofagite da Candida e ricovero per TVP e polmonite aspecifica. Nel settembre 1997 inizia una nuova terapia ARV con 3TC+ d4T+ IDV. Il quadro completo dei principali esami al baseline è riportato nella tabella 1. Tab. 1 Esami al baseline LTCD4+ 80 cellule/µl (17. 0%) Ratio CD4/CD8 0. 30 HIV-RNA ND Assetto lipidico nella norma Indici di funzionalità epatica, renale nella norma Indici funzionalità pancreatica incremento amilasi pancreatica (262 U/l) Il riassunto della risposta viro-immunologica e dei principali parametri ematochimici al follow-up del nuovo regime terapeutico sono riassunti nella tabella 2. Dal maggio 2000 ad aprile 2004 è stato seguito presso un altro Centro di Malattie Infettive. Nell’aprile del 2004, il paziente torna al nostro ambulatorio ancora in trattamento con d4T+ daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 2 Mesi CV LTCD4+ Creat. Ass. Lipidico AST, ALT Es. Urine 3 >200 153 0,90 Trig. ↑ Nn P: 452 9 >200 311 0,90 Trig. ↑ Nn P: 645 14 >200 332 0,90 Trig. ↑ Nn P: 120 18 260 399 1,00 Trig. ↑ Nn P: 75 21 1400 435 0,90 Colest. Trig ↑ Nn P: 75 24 5000 440 0,80 Colest.Trig. ↑ Nn P: 75 28 1200 420 0,76 Colest.Trig. ↑ Nn P: 100 Tab.3 CV LTCD4+ Creat. Ass. Lipidico AST, ALT Es. Urine 370 copie/ml 670 cellule/µl 1,11 mg/dl 321 mg/dl 789 mg/dl Prot: 500 3TC+ IDV. Gli esami mettono in evidenza una discordanza viro-immunologica, con buona risposta immunologica e carica virale (CV) rilevabile, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e proteinuria (Tab.3) Per la presenza di CV rilevabile, viene richiesta analisi genotipica, il cui referto è qui di seguito. Drug Resistance Interpretation PI Major Resistance Mutations: M46I, I84V PI Minor Resistance Mutations: L10CR, L63P, A71T, V77I, I93L PR Other Mutations: I13V, L89V, Q92K NRTI Resistance Mutations: M41L, M184V, L210W, T215Y NNRTI Resistance Mutations: none RT Other Mutations: I135V, I142V, R211K, V245KQ, D250E, T286A, E291D, D324R, Q334N Nel giugno 2004, viene variata la terapia ARV su base genotipica, e si preferisce un regime semplice, che non utilizzi PI, per facilitare l’aderenza alla terapia e per ovviare al problema dell’iperlipidemia: ddI + TDF + EFV. PI APV High-level resistance ATV Intermediate resistance IDV Intermediate resistance LPV/r Low-level resistance NFV High-level resistance RTV Intermediate resistance SQV Intermediate resistance Nucleoside RTI Non-Nucleoside RTI 3TC High-level resistance DLV Susceptible ABC High-level resistance EFV Susceptible AZT Intermediate resistance NVP Susceptible D4T Intermediate resistance DDC Intermediate resistance DDI Intermediate resistance FTC High-level resistance TDF Intermediate resistance 13 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 4 Mesi CV LTCD4+ Creat. Ass. Lipidico AST, ALT Es. Urine 1 <50 452 0,94 Colest.Trig. ↑ Nn P: 452 3 <50 626 0,95 Colest.Trig. ↑ Nn P: 645 9 <50 1178 1,05 Colest.Trig. ↑ Nn P: 120 12 <50 800 1,02 Colest.Trig. ↑ Nn P: 150 16 <50 852 1,03 Colest. ↑ Nn P: 150 20 <50 905 1,07 Colest.Trig. ↑ Nn P: 150 Il nuovo regime terapeutico ha determinato una buona risposta viro-immunologica, con CV non rilevabile fino al controllo a 20 mesi e LTCD4+ stabilmente sopra le 500 cellule/µl per tutto il periodo monitorizzato (follow-up 20 mesi, tab 4). Persistendo proteinuria, nel dicembre 2005 il paziente è stato ricoverato presso la Divisione di Nefrologia dei nostri Consulenti nefrologi, dove si è eseguita biopsia renale che ha messo in evidenza un quadro di “glomerulosclerosi focale e segmentaria di tipo tradizionale, non del tipo HIV nephropathy”. Per tale motivo è trattato con terapia steroidea alla dose di 2 mg/kg, con scalare, da gennaio 2005 a gennaio 2006 -data di chiusura della terapia corticosteroidea- associata a ramipril e telmisartan. I dati del follow-up relativo ai parametri renali sono riassunti nella tabella 5. Conclusioni L’utilizzo nella pratica quotidiana di terapie di associazione altamente attive (HAART) ha portato ad una drastica riduzione della morbilità e mortalità associata all’infezione da HIV (40,41), determinando in tal modo una più lunga sopravvivenza nei pazienti in trattamento. L’aumentata sopravvivenza della popolazione HIV+ ha portato, oltre ad 14 Tab. 5 Mesi GFR sec.Cockroft Gault Proteinuria 0 77,9 4,8 g/die 4 78,4 8,3 g/die 6 79,6 2,4 g/die 12 76 2,0 g/die 15 79,9 3,4 g/die 20 78,4 3,8 g/die un incremento delle tossicità farmaco-correlate sia nel breve che nel lungo termine, anche ad un aumento del numero dei pazienti “experienced”. Nonostante sia stato segnalato un aumento delle patologie renali nella popolazione sieropositiva per HIV (42), vari studi hanno evidenziato che i farmaci antiretrovirali non possiedono una tossicità peculiare a carico di questo organo. Inoltre alcuni farmaci maggiormente chiamati in causa, quali IDV e RTV a dosi terapeutiche, non sono più utilizzati nella pratica corrente ed altre categorie di farmaci, quali NNRTI e gli inibitori della fusione, si sono dimostrati sicuri in vari trials clinici (38,39). Nella classe dei NRTI il Tenofovir disoproxil fumarato è stato associato a comparsa di patologie renali quali sindrome di Fanconi, necrosi tubulare acuta e raramente malattia renale cronica (32,34). Pazienti con basso numero dei CD4+, basso peso corporeo, con coinfezione HBV-HCV, Treponema pallidum o con patologie concomitan- daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 ti quali ipertensione o diabete, sembrano essere a più alto rischio (43). I dati della letteratura evidenziano comunque una bassa tossicità renale di Tenofovir disoproxil fumarato (44,45,46,47,48) anche quando rapportato con altri farmaci della stessa classe (49,50). Il caso clinico descritto evidenzia come, anche con una clearance della creatinina iniziale ridotta, quando si è in presenza di pazienti “experienced” in cui la disponibilità di farmaci attivi è minore, si può impostare un regime terapeutico contenente Tenofovir disoproxil fumarato. Infatti, nel nostro caso specifico, i dati del follow-up a 20 mesi sono confortanti. Non si è verificato un peggioramento della funzionalità renale ed in seguito al trattamento con steroidi ad alte dosi per un anno, si è avuto un lieve miglioramento della clearance della creatinina ed una riduzione della proteinuria/24 h. Nei soggetti in terapia con tenofovir, ovviamente è sempre necessario, al fine di prevenire un possibile danno renale, un’ attenta valutazione del paziente attraverso la ricerca di fattori di rischio di tossicità renale prima dell’inizio della terapia ARV e il controllo routinario dei parametri di tossicità nei pazienti in trattamento. Per esempio un incremento dei valori di creatinina basale di 0,5 mg/dl od una riduzione del 50% della ClCr deve far sospettare un possibile danno renale correlato a tenofovir (34,51). Particolare cautela deve essere riservata anche alla somministrazione contemporanea di altri agenti con potenziale nefrotossicità, comprendenti ovviamente anche altri farmaci ARV (52,53), soprattutto in quei pazienti con limitate alternative terapeutiche in cui tenofovir disoproxil fumarato può rappresentare un’ importante risorsa. Bibliografia 1) Gardner LI, Holmberg JM, Williamson JM et al. HIV Epidemiology Research Study Group: Development of proteinuria or elevated serum creatinine and mortality in HIV infected woman. J Acquir Immune Defic Syndr 2003;32:203-9 2) Szczech LA, Gange SJ, van der Horst C, Predictors of proteinuria and renal failure among women with HIV infection. 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Se pertanto da un lato il successo di queste terapie ha radicalmente trasformato l’aspettativa di vita delle persone con infezione da HIV, dall’altro ciò ne ha comportato una maggiore e più prolungata esposizione farmacologica con conseguenti effetti collaterali. Le tossicità correlate alle terapia antiretrovirale, a breve e a lungo termine, rappresentano infatti oggi la principale barriera al raggiungimento del pieno benessere dei pazienti con sindrome da immunodeficienza acquisita (3). Con lo sviluppo di nuovi farmaci antiretrovirali e dopo la comprensione che sono alcune particolari molecole ad essere responsabili delle tossicità a lungo termine (vedi sindrome lipoatrofica e tossicità mitocondriale per gli analoghi timidinici), gli obiettivi terapeutici del trattamento antiretrovirale sono divenuti più complessi richiedendo regimi individualizzati per ogni paziente. Anche se oggi vengono studiati regimi “NRTI-sparing”, l’associazione di 2 degli 8 analoghi nucleo(t)sidici della trascrittasi inversa disponibili per l’uso clinico continuano a rappresentare il “back-bone” ottimale dei regimi HAART. A dispetto di numerosissimi lavori, non ci sono certezze assolute circa la migliore combinazione possibile di NRTIs, né verso il loro sequenziamento ottimale. Certo è che, come riportato nelle ultime Linee Guida, molecole innovative come tenofovir ed emtricitabina sono considerate di “prima scelta” nelle varie combinazioni terapeutiche (4). Hanno il vantaggio della monosomministrazione giornaliera, della coformulazione in un’unica compressa e soprattutto di minor frequenza di sospensioni a causa di effetti collaterali. Pur tuttavia, recenti segnalazioni di singoli “case reports” di nefrotossicità legata a tenofovir ha indotto una ricerca più approfondita di questa possibile correlazione attraverso lo studio delle condizioni predisponenti, delle possibili interazioni fra tenofovir ed altri farmaci e della sua reale incidenza all’interno di studi clinici controllati (510) . Proponiamo di seguito alcuni dati riguardanti l’esperienza con tenofovir nella nostra casistica. 19 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 1 Caratteristiche demografiche dei pazienti Caratteristiche Pazienti (n° 234) Età, mediana (range) 42 ( 19-65) Sesso, maschi n° (%) 173 (74%) Etnia, n° (%) Caucasica 199 (85%) Africana 35 (15%) Fattore di rischio per HIV Omosex 150 (64%) TD 68 (29%) Eterosex 16 (7%) N°(%) Pts con patologie definenti l’AIDS 159 (68%) N° (%) Pts con Confezione HCV/HBV 77 (33%) CD4+(cell/µL), mediana (range) 205 ( 12- 635) HIV-RNA (copie/ml), mediana (range) 23.900 ( 50- >100.000) Pazienti naive per HAART, n° (%) 40 (17 %) Pazienti experienced, n° (%) 194 (83 %) Tipo di regime HAART 1PI +2 NRTIs 138 (59%) 1NNRTI + 2 NRTIs 91 (39%) Altre combinazioni 5 (2%) Tempo di esposizione a Tenofovir, mediana mesi, (range) 18 (3-42) N°(%) pazienti con terapie concomitanti 103 (44%) Diabete mellito 16 (7%) Ipertensione 42 (18%) Metodi Sono stati analizzati retrospettivamente i dati ottenuti dalla nostra coorte seguita longitudinalmente presso le Malattie Infettive di Padova. Lo studio si è focalizzato su tutti i pazienti che hanno iniziato una terapia antiretrovirale con tenofovir nel periodo 30 gennaio 2004 -30 giugno 2006. Sono stati inclusi tutti i pazienti con un’esposizione al farmaco di almeno 3 mesi e per i quali era disponibile un valore di creatininemia, ionemia, es urine basale e 20 a distanza di 3-6-9-12 mesi dall’inizio della terapia con tenofovir. Per ogni paziente sono stati raccolti i dati anagrafici, lo stato immunovirologico, i farmaci antiretrovirali usati in associazione a tenofovir, la presenza di co-morbidità come diabete e ipertensione arteriosa, i farmaci concomitanti assunti, Inoltre all’inizio della terapia e seriatamente durante il follow-up è stata calcolata la clearance della creatinina (CLCr) utilizzando la formula di Cockroft-Gault.(11) daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 2 Valori di funzionalità renale al baseline e al termine del follow-up nei pazienti inclusi nello studio P Ultima visita Baseline Variabile Creatininemia sierica, mg/dl, mediana (range) 0.8 (1.6-0.6) 0.9 (1.79-0.7) NS Cl creatinina ml/min, mediana (range) 115 (42-150) 105 (40-162) NS Fosfatemia, mg/dl, mediana (range) 0.95 (0.87-2.05) 0.96 (0.89-1.98) NS Proteinuria >0.20 gr/L, n° pts (%) 38 (16%) 35 (15%) NS Tab. 3 Gradi di tossicità della creatinina sierica riscontrati nei pazienti inclusi nello studio Gradi di tossicità creatinina sierica N°(%) Grado 1 (>0.5 rispetto al baseline) 25(%) Grado 2 (2.0-3.0 mg/dl) 2(%) Grado 3 ( 3.1-6.0) 0 Grado 4 0 Risultati Sono stati valutati 245 pazienti; di questi 11 sono stati esclusi dalla valutazione per i seguenti motivi: mancanza del dato della creatininemia basale per 7 pazienti, mancanza di adeguato follow-up per 3 pazienti, sviluppo di intolleranza gastrointestinale e cefalea dopo 20 giorni di terapia con tenofovir per 1 paziente. Le caratteristiche anagrafiche dei soggetti inclusi nello studio sono riportate in Tabella 1. La maggior parte dei pazienti era di razza bianca e di sesso maschile; inoltre il 68% aveva ricevuto una diagnosi di patologia definente l’AIDS e l’83% aveva una storia di precedenti terapie antiretrovirali; la mediana dei linfociti CD4+ era di 205 cellule/µL, con il 42% dei soggetti con CD4+<200/µL; 77 soggetti presentavano una coinfezione con HBV e/o HCV, mentre diabete mellito e ipertensione arteriosa, erano presenti rispettivamente in 16 e 42 soggetti. Nella Tabella 2 sono riportati i valori di creatininemia, di ClCr e di proteinuria riscontrati all’inizio del trattamento con tenofovir e al termine del periodo di osservazione. Non si sono verificate variazioni significative per tutti i parametri analizzati. Per un sottogruppo di pazienti (68 pazienti) era disponibile anche il valore della fosfatemia; anche in questo caso non si sono registrate differenze statisticamente significative fra i valori basali e quelli raccolti durante il follow-up. È stato inoltre analizzato l’entità dell’incremento dei valori della creatinina in base ai gradi di tossicità stabiliti dall’ACTG (Tabella 3); non si sono avute tossicità di Grado 3 e 4, 2 sole tossicità di Grado 2 e una tossicità di Grado 1 in 25 pazienti; in 18 di questi il valore della creatinina è rientrato durante il follow-up. In un periodo mediano di 18 mesi di esposizione a tenofovir, il farmaco è stato sospeso solo in 2 pazienti con un rialzo significativo della creatininemia, confermato in più determinazioni. Riassumiamo brevemente la storia clinica dei suddetti pazienti. Paziente 1: uomo di 53 anni, bisessuale, HIV-positivo dal 1997, stadio clinico di AIDS C-3; nel 2003 diagnosi di diabete mellito, in trattamento con antidiabetici orali. Nel dicembre 2004 modifica la terapia antiretrovirale introducendo lopinavir/rtv (400/100 mg bid), lamivudina (300 mg qd), tenofovir (300 mg qd) ed enfuvirtide (1 fl sc bid) con ottenimento della completa soppressione virologica ma con mantenimento di conta di linfociti CD4+ bassa (98 cell/mL). All’inizio della nuova combinazione terapeutica presenta un valore di creatinina sierica di 1.2 mg/dL e Cl Cr di 62 ml/min. Normale l’esa21 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 me urine e la fosfatemia, come pure gli altri parametri ematochimici, se si eccettua una iperglicemia a digiuno (glucosio sierico= 125 mg/dL). Dopo 6 mesi di terapia il valore della creatinina sierica era di 2.4 mg/dL con ClCr di 43 ml/min. Vengono a questo punto modificati i dosaggi farmacologici di tenofovir e lamivudina, ma dopo 30 giorni tenofovir viene definitivamente sospeso per la persistenza del quadro di insufficienza renale. A distanza di 6 mesi dalla sospensione di TDF, la creatinina sierica è ritornata ai valori basali. Paziente 2: donna di 43 anni, sieropositiva per Ac anti HIV dal 1992, non infezioni opportunistiche, presenta un’infezione cronica da HCV con transaminasi persistentemente nella norma. Nel febbraio 2004 (CD4+= 200/mL; HIV-RNA= 172.000 copie/ml), inizia terapia antiretrovirale con efavirenz (600 mg qd), lamivudina (300 mg qd) e tenofovir (300 mg qd) con ottima risposta immunovirologica (CD4+>500; HIV-RNA <50 copie/ml). Contemporaneamente all’inizio della terapia antiretrovirale viene posta diagnosi di ipertensione arteriosa e di nefropatia HIV-correlata. Fra gli esami ematochimici eseguiti si segnala: creatinina= 1.82 mg/dL; ClCr= 34 ml /min; proteinuria 24 ore: 1.63 gr; HB= 9.7 mg/dl; un’ecografia + ecodoppler renale evidenziavano reni di normali dimensioni, non segni di stenosi arteriose. La paziente continua la terapia antiretrovirale in corso senza alcuna modificazione dei dosaggi; nel gennaio 2006, la creatinina sierica era di 1.82 mg/dl con una proteinuria di 1gr/L; a questo punto tenofovir viene sospeso e sostituito con abacavir e la lamivudina viene somministrata al dosaggio di 150 mg/die. A distanza di 6 mesi la creatinina si è portata a valori di 1.79 mg/dL, una proteinuria di 0.83 gr 24 ore e ClCr di 40.6 ml/min. 22 Discussione Il tenofovir, rappresenta il primo inibitore nucleotidico della trascrittasi inversa di HIV utilizzato nella pratica clinica (12). La sua maneggevolezza come il suo buon profilo di resistenza hanno indotto un rapido ampio uso della molecola all’interno delle differenti combinazioni antiretrovirali (4) . Similarmente ad altri due farmaci nucleotidici come adefovir e cidofovir, che sembrano associati ad una tossicità renale dose-correlata, anche tenofovir in alcuni studi preliminari su animale sembra aver riportato problemi di nefrotossicità. In realtà ampi studi clinici, sia di tipo randomizzato che osservazionali, hanno dimostrato che gli eventi avversi relativamente più comuni in corso di terapia con tenofovir siano la cefalea (6%), l’astenia (8%), i disturbi gastrointestinali (3%), l’anoressia (3%), e come invece i problemi di nefrotossicità siano veramente infrequenti (14-16). Complessivamente la prevalenza della nefrotossicità è stata rara (≅20 casi su più di 100.000 pazienti trattati), di entità lieve-moderata e comunque reversibile con la sospensione del farmaco. Va vieppiù sottolineato come sia spesso difficile discriminare tra un danno renale farmaco-indotto e quello legato a numerosi altri fattori, in primis l’infezione da HIV, responsabile generalmente di un quadro di glomerulosclerosi focale con danno tubulo-interstiziale (17-19) , ma anche di nefropatia membranosa o di glomerulonefrite membranoproliferativa (20,21). Altro fattore discriminante è la presenza di terapie concomitanti nefrotossiche che possono favorire l’accumulo di farmaco a livello del tubulo prossimale renale con conseguente sviluppo di danno renale; a tal riguardo, studi di farmacocinetica hanno dimostrato come la somministrazione contemporanea di tenofovir e didanosina, provochi un aumento significativo delle concentrazioni di quest’ultima del 28% con aumentato rischio di daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 tossicità ad essa correlata (22). Analogamente si è avuto un live aumento in termini di nefrotossicità all’interno di uno studio osservazionale in cui sono stati seguiti 497 pazienti con funzionalità renale basale normale; lo sviluppo di alterazioni della ClCr erano associate alla concomitante terapia con didanosina, al basso peso corporeo, all’età più avanzata e specie per i casi di decremento severo della CLCr all’utilizzo di regimi antiretrovirali con lopinavir e basse dosi di ritonavir (23). Sicuramente un buon quadro della tollerabilità di tenofovir ci è offerto dai dati provenienti da un’ampissima casistica di 10.343 pazienti seguiti in USA, Europa, Australia e Canada nel programma di accesso allargato a tenofovir; dopo 4 anni di monitoraggio, gli eventi di tossicità renale grave includevano l’insufficienza renale acuta nello 0.3% dei casi, la sindrome di Fanconi nello 0.05% e l’aumento dei livelli di creatinina nello 0.10% dei pazienti . Anche in questo studio i fattori responsabili di un aumentato rischio di nefrotossicità nell’analisi multivariata includevano una bassa conta di linfociti CD4+, l’età più avanzata, un basso peso corporeo, più elevati livelli basali di creatinina e la somministrazione di farmaci nefrotossici; nessuna correlazione è stata invece rilevata per la concomitante somministrazione di lopinavir/ritonavir. Anche la nostra esperienza clinica dimostra come tenofovir si sia imposto come farmaco di largo utilizzo sia all’interno dei regimi di terapia antiretrovirale di prima linea, che di “salvataggio”. Durante un tempo medio di esposizione al farmaco di 18 mesi, non sono stati segnalati aumenti significativi della creatininemia, o diminuzioni >50% della CLCr. Nella maggioranza dei casi si trattava di soggetti già con AIDS conclamato, con numerose co-morbidità, e con numerosi trattamenti concomitanti, tutti fattori che incidono nello sviluppo di danno renale. Solo due pazienti hanno interrotto il trattamento con tenofovir a causa della nefrotossicità; in entrambi erano presenti fattori concomitanti di danno renale, quali il diabete mellito in un caso, la nefropatia HIVcorrelata, l’ipertensione arteriosa e l’epatopatia HCV nell’altro. Inoltre si trattava di due pazienti in fase avanzata di malattia, con marcato deficit immunologico, anch’essi significativi fattori di rischio di nefrotossicità. È interessante sottolineare che nel paziente n° 2, pur non essendoci stato un tempestivo aggiustamento delle dosi dei farmaci antiretrovirali (continuati a dosaggio pieno per più di un anno), non vi sia stato un peggioramento della funzionalità renale, probabilmente a sostenere che anche in questo specifico caso il danno renale era correlabile più a fattori concomitanti che all’azione diretta di tenofovir. Per contro, è fortemente raccomandabile in tutti i pazienti che iniziano una terapia con tenofovir un’attenta ricerca dei fattori di rischio per nefrotossicità al fine di evitare danni renali prevedibili. Data la reversibilità della nefrotossicità da tenofovir, è inoltre auspicabile che uno studio accurato della funzionalità renale comprendente la valutazione della creatinina, della CLCr, della ionemia, dell’esame delle urine venga eseguito almeno trimestralmente in tutti i pazienti in trattamento antiretrovirale contenente tenofovir, al fine di intervenire precocemente in caso di lievi innalzamenti della creatinina o di lieve alterazioni della CLCr. Questo stretto monitoraggio clinico potrebbe ulteriormente ridurre quelle basse percentuali di nefrotossicità sia acuta che cronica che possono essere correlate all’uso dell’ARV. 23 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Bibliografia 1) Palella FJ, Delaney KM, Moorman AC, et al. 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Clinica di Malattie Infettive, Università Politecnica delle Marche, Ancona, Italy Introduzione La terapia antiretrovirale altamente attiva (highly active antiretroviral therapy, HAART) ha drammaticamente ridotto morbilità e mortalità dei pazienti con infezione da virus dell’immunodeficienza umana tipo 1 (HIV-1). Tuttavia, sono stati descritti numerosi effetti indesiderati di natura metabolica associati presumibilmente alla HAART di lunga durata. Questi effetti possono includere il progressivo deterioramento della funzione epatica o renale, l’acidosi lattica, l’ipertrigliceridemia, l’ipercolesterolemia, la ridotta tolleranza al glucosio e l’insulino resistenza (3, 5). In aggiunta, la terapia antiretrovirale può frequentemente determinare lipodistrofia, una combinazione di varie alterazioni metaboliche e modificazioni della massa adiposa corporea. La sindrome lipodistrofica viene più spesso riscontrata negli individui trattati con inibitori delle proteasi (PI) o stavudina, ma in realtà può verificarsi anche in assenza di terapia antiretrovirale. Come già detto, può manifestarsi con aspetti diversi. Alcuni individui dimostrano aumento del tessuto adiposo in corrispondenza delle regioni addominali, o ingrossamento del petto o deposito adiposo al di sopra della regione cervicodorsale della colonna vertebrale (la cosiddetta “gobba di bufalo”). Frequentemente, I pazienti presentano segni concomitanti di lipoatrofia, come perdita di tessuto adiposo sottocutaneo dal viso (guance incavate) e dagli arti. Queste alterazioni fisionomiche associate alla HAART possono portare alla stigmatizzazione del paziente e quindi costituire elemento sostanziale per una riduzione della sua aderenza alla terapia (5). Le anormalità metaboliche, in primo luogo l’ipertrigliceridemia, l’ipercolesterolemia ed il diabete mellito, possono incrementare il rischio di patologie cardiovascolari. Per questo motivo sono in corso trial clinici mirati alla valutazione della tollerabilità sia a breve sia (e soprattutto) a lungo termine di varie associazioni antiretrovirali (1). Il tenofovir disoproxil fumarato (TDF) è il profarmaco del tenofovir, biodisponibile per assunzione orale in forma di estere. Il tenofovir è un analogo aciclico nucleotidico della deossiadenosina monofosfato con attività antiretrovirale includente HIV-1, HIV tipo 2 (HIV-2) ed il virus dell’epatite B (HBV). TDF è idrolizzato a tenofovir in ambiente intracellulare e fosforilato al metabolita attivo tenofovir difosfato. TDF è il primo inibitore nucleotidico della trascrittasi inversa somministrabile in monodose giornaliera (once daily) indicato, in combinazione con altri agenti antiretrovirali, nel trattamento della infezione da HIV. Il suo uso è stato approvato negli Stati Uniti nel 2001 ed in Europa nel 2002. Studi preclinici hanno dimostrato che il tenofovir è escreto immodificato nelle urine e che l’escrezione renale è la via metabolica pri25 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 maria di eliminazione, mediante una combinazione di filtrazione glomerulare e secrezione tubulare. A tutt’oggi la sicurezza del tenofovir per il trattamento dell’infezione da HIV nella pratica clinica non è stata ancora completamente caratterizzata e definita. Il profilo di tossicità del tenofovir è al momento ancora in corso di valutazione: ad esempio sembra che il profilo lipidico risulti più favorevole con il tenofovir che con altri analoghi timidinici. Studi retrospettivi e prospettici hanno dimostrato un miglioramento del livello di trigliceridi, colesterolo e glucosio nei pazienti positivi per infezione da HIV-1 dopo la sostituzione della stavudina con il tenofovir nel “backbone” nucleotidico (4). Inoltre, la perdita di tessuto adiposo sembra meno probabile con il tenofovir che con altri analoghi timidinici. D’altro lato, vari Autori hanno constatato e descritto l’associazione tra l’assunzione di TDF e la comparsa di segni di disfunzione renale, come ipofosfatemia o altri indici di sofferenza del tubulo prossimale. In effetti, fenomeni di nefrotossicità, includenti insufficienza renale e sindrome di Fanconi, sono stati riportati non con alta frequenza, ma la loro reale incidenza, i fattori di rischio ed il tempo necessario per il recupero funzionale del rene non sono stati ancora completamente chiariti. In conseguenza di tutto ciò, viene comunemente raccomandato per i soggetti in trattamento con tenofovir l’uso routinario di test atti a studiare la funzionalità renale, quali il dosaggio della creatinina sierica, della fosfatasi alcalina, del fosfato ematico o dei livelli urinari di beta-2 microglobulina. Altri esami frequentemente raccomandati sono la ricerca di eventuale proteinuria o l’esame microscopico del sedimento urinario. Infine, altri eventi indesiderati probabilmente legati all’uso del tenofovir e messi in evidenza da vari 26 trial clinici includono disturbi gastro-intestinali più o meno intensi, quali nausea, vomito e diarrea, o disturbi di diversa natura, quali cefalea o artromialgie (2). Nel corso del presente studio sono stati retrospettivamente analizzati i dati ottenuti da 146 soggetti HIV-1 positivi sottoposti a trattamento antiretrovirale includente il TDF, al fine di valutare sia l’efficacia complessiva sia la tollerabilità del farmaco, evidenziando eventuali modificazioni dei profili lipidico e glucidico e della funzionalità renale ed epatica. Pazienti e metodi Per la conduzione del presente studio sono state individuate due tipologie di soggetti con infezione da HIV-1 in trattamento antiretrovirale presso il nostro Centro nel corso del periodo gennaio 2003 - agosto 2006. Il primo gruppo includeva i soggetti naive alla terapia antiretrovirale; nel secondo gruppo erano invece inclusi i pazienti già trattati ed il cui schema antiretrovirale era stato modificato mediante la sostituzione, nel backbone nucleotidico, di zidovudina, stavudina o didanosina con tenofovir. Di 146 pazienti selezionati (99 maschi e 47 femmine), 82 erano “HAART-experienced” con una media di 5,6 linee di trattamento (range 1-18). Per questi soggetti experienced, la zidovudina e la stavudina erano il cardine della maggior parte dei penultimi backbone nucleosidici. Sessantaquattro individui erano naïve ed il backbone basato sul TDF era stato iniziato nel corso del periodo suddetto. Tutti i pazienti erano stati sottoposti a controlli almeno trimestrali dei parametri virologici ed immunologici fondamentali. I livelli plasmatici di HIV-1 RNA erano stati misurati mediante metodi- daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 ca di “branched-DNA”, soglia di rilevamento a 50 copie/ml. I test di resistenza genotipica erano stati effettuati prima di iniziare la HAART per i soggetti naive durante il periodo di follow-up nei pazienti experienced, ogni qual volta fosse stato evidente fallimento virologico e la viremia plasmatica fosse stata superiore a 1x103 HIV RNA copie/ml. Il 39% el il 12% dei pazienti experienced e naïve erano, rispettivamente, coinfetti dal virus dell’epatite C (HCV). D’altro canto, la coinfezione da HBV era stata riscontrata solamente nell’1,5% dei pazienti experienced. Esami ematochimici ed analisi delle urine erano routinariamente effettuati per rilevare tempestivamente l’emergenza di effetti indesiderati. I parametri di laboratorio monitorati per valutare la funzionalità renale includevano: creatinina sierica, azotemia, sodiemia, potassiemia, calcemia, uricemia, esame delle urine per rilevare la presenza di ematuria, proteinuria e glicosuria. Poiché peso corporeo e livelli sierici di albumina erano disponibili per tutti i pazienti, la stima della clearance della creatinina è stata individualmente ottenuta utilizzando la formula di Cockcroft e Gault. La valutazione dell’aderenza alla terapia antiretrovirale era stata effettuata mediante questionari specifici sottoposti al paziente nel corso delle visite mediche, counselling e supporto psicologico offerto presso il nostro Centro da psicologi appositamente dedicati. Il livello di aderenza è stato considerato appropriato se il paziente assumeva il 90-95% delle dosi prescritte e secondo le modalità prescritte. I pazienti che assumevano almeno il 95% delle dosi erano considerati avere alta aderenza. Al contrario, l’assunzione di meno del 90% delle dosi prescritte era considerata come bassa aderenza. Analisi statistica: è stata analizzata l’evoluzione longitudinale dei dati disponibili al “baseline” e successivamente ottenuti in occasione di ogni controllo effettuato nel corso del follow-up. Il confronto Tab. 1 Caratteristiche dei pazienti HIV-positivi al baseline N° (sesso M/F) 146 (2,1:1) Età 46.3 (22-63) Anni ART/HAART 5.2 (0-16) Linee di terapia 4.8 (0-18) Naive 43.8% CD4 baseline (range) 366 (11-981) HIV RNA baseline (range) EXPERIENCED 8.630 (<50 – 84.100) NAIVE 87.400 (24.680 - >500.000) Coinfezione HCV EXPERIENCED 38,7% NAIVE 11,8% Coinfezione HBV 1,5% Creatininenia (range) 0,97 (0,8-1,2) Azotemia (range) 31,6 (16-64) Trigliceridemia (range) 188 (82-575) Colesterolemia (range) 179 (97-313) Colesterolo HDL (range) 41 (24-59) Glicemia (range) 96 (72-146) Uricemia (range) 4,4 (3,3-8,4) ALT (range) 43 (12-168) fra le differenze eventualmente riscontrate è stato condotto mediante il test t di Student o il test esatto di Fisher a seconda della applicabilità del test. Il livello di significatività è stato posto a P ≤ 0.05. Risultati Come sopra menzionato, un totale di 146 pazienti è stato incluso nello studio. Nella Tabella 1 sono state riassunte le caratteristiche demografiche e biologiche al baseline. La durata media del periodo di follow-up è stato di 28 e 25 mesi rispettivamente per i soggetti experienced e per quelli naïve. 27 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Al momento dell’inizio del trattamento con tenofovir, gli 82 pazienti experienced avevano una carica HIV-1 RNA media di 8.630 copie/ml. Nei 64 soggetti naïve alla terapia antiretrovirale, la carica viremica era significativamente più elevata (P<0.001) con una media di 87.400 copie/ml. Nell’ambito del gruppo experienced, il backbone nucleosidico più frequentemente utilizzato prima del passaggio al TDF era l’associazione zidovudina/lamivudina (74,3%), seguita da quelle di stavudina/lamivudina (20.7%), didanosina/lamivudina (3.6%) e stavudina/didanosina (1.2%). Quando il tenofovir è stato introdotto nello schema antiretrovirale, è stato associato con i farmaci dettagliatamente illustrati in Figura 1. Più del 90% dei pazienti ha dimostrato aderenza appropriata alla nuova terapia antiretrovirale. Il livello più alto di aderenza è stato ottenuto negli individui naïve, con l’assunzione di più del 95% delle dosi prescritte. Riduzione della carica viremica plasmatica al di sotto delle 50 copie/ml è stata raggiunta in tutti i pazienti naïve entro 24 settimane. Nel gruppo dei pazienti experienced, un significativo calo della carica viremica plasmatica (-2 log10) è stato otte- nuto entro 24 settimane negli individui che avevano dimostrato scarsa aderenza al precedente schema antiretrovirale. Nessun significativo cambiamento nella viremia plasmatici è stato notato quando lo switch al tenofovir era stato attuato in individui con adeguata aderenza al precedente schema terapeutico. Nel complesso, eventi avversi nel corso dello studio si sono manifestati in 54 pazienti (37% del totale). Tuttavia, solo in 6 casi (4,1%) gli effetti indesiderati sono stati attribuiti all’assunzione del tenofovir: tali eventi erano prevalentemente costituiti da nausea e dolore addominale. Gli eventi indesiderati complessivamente più frequenti sono stati diarrea e nausea (18.1% del totale dei pazienti), riferibili nella maggior parte dei casi all’assunzione degli inibitori delle proteasi, e senso di stordimento e/o insonnia (lamentati dal 18.4% dei pazienti), riferibili all’assunzione dell’efavirenz. Fra i 6 pazienti nei quali la comparsa di effetti indesiderati era stata attribuita al tenofovir, vi è stato un caso di insufficienza renale acuta con livelli di creatinina sierica aumentati da un baseline di 1.0 mg/dl fino a 5.2 mg/dl ed una clearance Farmaci Experienced FTC+EFV Naive FTC+LPV/r Totale FTC+NVP FTC+fAMP/r 3TC+ZDV Figura 1. 3TC+EFV 3TC+LPV/r FTC+SQV/r FTC+d4T 0 5 10 15 20 Percentuale di pazienti 28 25 30 Agenti antiretrovirali associati al tenofovir disoproxil fumarate (TDF). daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 della creatinina scesa sotto 30 ml/min. In questo paziente (un individuo multi-experienced alla 11a linea HAART, con coinfezione da HCV, familiarità positiva per diabete mellito e ridotta tolleranza al glucosio emersa in occasione di precedenti controlli) l’insufficienza renale si è manifestata sei mesi dopo che il suo backbone NRTI era stato modificato con la sostituzione di zidovudina/lami- vudina con tenofovir/emtricitabina, senza alcuna modifica addizionale del rimanente regime antiretrovirale. Ciò nonostante, sebbene l’insufficienza renale sia stata alla base della decisione di sospendere la somministrazione del tenofovir, la sua patogenesi è stata attribuita alla concomitante severa polmonite bilaterale (evento che aveva indotto ricovero ospedaliero urgente) che aveva Colesterolemia Mediana 240 220 200 180 160 140 120 100 Baseline 1m 3m 6m 12 m 18 m 24 m Mesi Trigliceridemia Mediana Figura 2. Cambiamenti nei livelli di colesterolo totale sierico in 17 pazienti “experienced” dopo la sostituzione della stavudina con il tenofovir disoproxil fumarate (TDF). Figura 3. 240 220 200 180 160 140 120 100 Baseline 1m 3m 6m 12 m 18 m 24 m Cambiamenti nei livelli sierici di trigliceridi in 17 pazienti “experienced” dopo la sostituzione della stavudina con il tenofovir disoproxil fumarate (TDF). Mesi 29 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 indotto disidratazione e scompenso del metabolismo glucidico. La funzionalità renale è tornata nella norma dopo due settimane di terapia antibiotica, insulinica, reidratante e diuretica. Con l’eccezione di questo caso, in entrambi i gruppi di individui la funzionalità renale ed epatica e il profilo glucidico sono rimasti entro i limiti della norma per tutta la durata del follow-up, mentre qualche differenza è emersa per quel che concerne il profilo lipidico nel gruppo dei pazienti experienced. In particolare, al momento dello switch al TDF, i valori medi di colesterolemia e trigliceridemia erano di 222 e 210 mg/dl, rispettivamente, nei 17 pazienti (20.7% degli individui experienced) trattati con backbone NRTI basato su stavudina; successivamente, i valori medi di colesterolemia e trigliceridemia sono scesi in modo statisticamente significativo (P <0.05) durante il follow-up dopo la sostituzione della stavudina con il tenofovir (Figure 2 e 3). I livelli medi di creatinina sierica sono rimasti sostanzialmente immutati (P >0.05) dal baseline (0.97 mg/dl nei soggetti naïve e 1.02 mg/dl nei pazienti experienced) durante il follow-up in entrambi i gruppi (+0.04 mg/dl nei naïve e +0.06 mg/dl negli experienced). In maniera simile, i valori medi della clearance della creatinina in entrambi i gruppi, calcolata usando la equazione di Cockcroft e Gault, sono rimasti essenzialmente invariati durante il follow-up (P >0.05). Con l’eccezione del paziente sopra menzionato che ha sviluppato un quadro di temporanea insufficienza renale acuta, nessun altro soggetto ha manifestato alterazioni degli elettroliti sierici, ematuria, proteinuria o glicosuria. Discussione e conclusioni La terapia antiretrovirale è frequentemente all’ori30 gine di fenomeni di tossicità a lungo termine. Gli eventi avversi correlati a tale terapia possono includere un deterioramento della funzionalità epatica o renale, insulino-resistenza, osteoporosi e lipodistrofia (1, 2). La lipodistrofia è una condizione che è stata frequentemente descritta nei soggetti HIV-positivi ed è caratterizzata da cambiamenti nella composizione corporea e nel metabolismo. I mutamenti fisici possono comprendere accumulo o perdita di tessuto adiposo, mentre le alterazioni metaboliche possono determinare livelli plasmatici abnormemente alti di colesterolo e trigliceridi e aumentata resistenza all’insulina. Questi eventi possono verificarsi separatamente o associati in vario modo. Non è chiaro il motivo per cui un soggetto HIV-positivo sviluppi lipodistrofia, ma questa è probabilmente correlata anche ai farmaci antiretrovirali assunti per controllare l’infezione da HIV. Oltre ai farmaci assunti, altri fattori sicuramente sono legati allo sviluppo ed alla severità della lipodistrofia, quali ad esempio l’età, il sesso, il peso corporeo, la predisposizione genetica, la durata della infezione da HIV e la severità dello stato di immunocompromissione. In generale, la presenza di lipodistrofia e, soprattutto, di dislipemia, è considerata fattore predisponente allo sviluppo di malattie cardiovascolari (5). La nefrotossicità è un evento avverso dose-correlato associato all’uso di analoghi nucleotidici della trascrittasi inversa, quali il tenofovir e composti a questo correlati, quali cidofovir e adefovir dipivoxil. Ad ogni modo, nel corso di due studi randomizzati condotti in doppio cieco con pazienti HIV-positivi con normale funzionalità renale al baseline (Studi 902 e 907), l’uso di TDF nell’ambito del regime antiretrovirale non si è associato con maggior nefrotossicità quando confrontato con placebo. D’altro lato, alcuni studi hanno descritto casi di disfunzione del tubulo renale prossimale dopo assunzione del tenofovir. In questi pazienti, daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 la disfunzione era generalmente diagnosticata parecchi mesi dopo l’inizio della terapia con TDF e tutte le alterazioni si risolvevano dopo un periodo medio di 4-6 settimane dopo l’interruzione del trattamento. Sulla base del riscontro di questi fenomeni, appare necessario analizzare la tollerabilità a lungo termine del TDF. Del resto è risaputo che disfunzioni renali non sono insolite nei soggetti HIV-positivi. Sono infatti stati descritti insufficienza renale, proteinuria, disordini elettrolitici e dell’equilibrio acido-base. Peraltro, alcuni recenti lavori sembrerebbero dimostrare che le alterazioni della funzionalità renale riscontrate nel corso di trattamento con tenofovir non sarebbero correlate a questo farmaco ma alla stessa malattia da HIV (2, 6). Nel presente studio abbiamo osservato una significativa riduzione della viremia plasmatica entro 24 settimane dall’inizio del trattamento includente tenofovir in tutti i soggetti naïve e nei pazienti experienced con bassa aderenza al precedente regi- me antiretrovirale. Non abbiamo riscontrato fenomeni di tossicità renale correlabili alla terapia antiretrovirale; un solo individuo, pluri-experienced e con familiarità per diabete mellito, ha sviluppato insufficienza renale acuta in conseguenza dello squilibrio causato da un severo episodio di polmonite. D’altro canto, in questo studio l’uso del TDF si è associato a miglioramento del profilo lipidico, soprattutto nei soggetti experienced provenienti da un backbone basato sulla stavudina. Infine, solo una minima percentuale di pazienti ha lamentato eventi indesiderati attribuibili al tenofovir. Presi nel loro insieme, questi dati evidenziano che l’uso del tenofovir si associa a basso rischio di effetti avversi. Ovviamente, un appropriato monitoraggio della funzionalità renale deve essere garantito al paziente fino a che non si avranno dati più sicuri sulla tollerabilità non solo di questo farmaco ma anche di tutti gli altri che insieme vengono utilizzati per impostare il regime antiretrovirale. Bibliografia 1) Brown TT, Cole SR, Li X, et al. Antiretroviral therapy and the prevalence and incidence of diabetes mellitus in the multicenter AIDS cohort study. Archives of Internal Medicine 2005, 165:1179-1184. 2) Gallant JE, Staszewski S, Pozniak AL, et al. Efficacy and safety of tenofovir DF vs stavudine in combination therapy in antiretroviral-naive patients: a 3-year randomized trial. JAMA 2004, 292: 191-201. 3) Roling J, Schmid H, Fischereder M, Draenert R, Goebel FD. HIV-associated renal diseases and highly active antiretroviral therapy-induced nephropathy. Clinical Infectious Diseases 2006, 42:1488-1495. 4) Schewe CK, Maserati R, Wassmer G, Adam A, Weitner L. Improved lipid profiles and maintenance of virologic control in heavily pretreated HIV-infected patients who switched from stavudine to tenofovir treatment. Clinical Infectious Diseases 2006, 42:145-147. 5) Shevitz A, Wanke CA, Falutz J, Kotler DP. Clinical perspectives on HIV-associated lipodystrophy syndrome: an update. AIDS 2001, 15:1917-1930. 6) Zimmermann AE, Pizzoferrato T, Bedford J, Morris A, Hoffman R, Braden G. Tenofovir-associated acute and chronic kidney disease: a case of multiple drug interactions. Clinical Infectious Diseases 2006, 42:283-289. 31 daMa 32 Volume I • Numero I • Gennaio 2007 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tenofovir nei pazienti HIV positivi affetti da cirrosi epatica Massimiliano Lanzafame, MD - Ercole Concia, MD Divisione di Malattie Infettive, Ospedale G.B. Rossi, Verona Blaas e Collaboratori (1) hanno recentemente descritto l’insorgenza di insufficienza renale acuta correlata all’assunzione di tenofovir in due pazienti HIV positivi affetti da cirrosi epatica. Nel loro report, hanno affermato che la concomitante presenza di cirrosi epatica potrebbe rappresentare un fattore di rischio per insufficienza renale in pazienti in trattamento con tenofovir, e che i farmaci come il tenofovir dovrebbero essere utilizzati con cautela, monitorando rigorosamente la funzionalità renale dei pazienti con malattia epatica cronica concomitante. Abbiamo riesaminato le cartelle cliniche di tutti i pazienti trattati con tenofovir in regime ambulatoriale presso la nostra Clinica di Malattie Infettive (Ospedale G.B. Rossi, Verona, Italia). 105 pazienti (età media 37.3 anni; range 27-62), 72 dei quali di sesso maschile, sono stati trattati con tenofovir. All’interno di questo gruppo, 8 pazienti di sesso maschile erano affetti da cirrosi epatica. La durata media della terapia con tenofovir era di 15 mesi (range, 7-26 mesi). Il farmaco è stato somministrato in associazione a lamivudina in 7 pazienti, a zidovudina in 3 pazienti, a nelfinavir in 3 pazienti e a didanosina, efavirenz, atazanavirritonavir e amprenavir-ritonavir in un paziente ciascuno. Nessuno di questi pazienti ha sviluppato un’insufficienza renale acuta correlata all’assunzione di tenofovir. In tabella 1 sono riportati i valori di creatininemia sierica di ciascun paziente durante la terapia con tenofovir. I risultati indicano che, in un periodo di tempo ragionevole, la somministrazione di tenofovir non ha provocato la comparsa di insufficienza renale acuta nei pazienti affetti da cirrosi epatica concomitante. Vorremmo sottolineare alcuni aspetti. Tenofovir viene ampiamente prescritto e associa alla potenza d’azione e ad un dosaggio conveniente un favorevole profilo di sicurezza e di tollerabilità. Nonostante alcune pubblicazioni che riportano casi di danno renale, studi clinici prospettici controllati non hanno mostrato un aumento della tossicità renale imputabile a tenofovir (2). Tra gli inibitori della transcrittasi inversa (nucleoside/tide reverse transcriptase inhibitors), tenofovir è stato correlato ad una minor incidenza di epatotossicità (3), favorendone l’uso in pazienti HIV positivi con infezione concomitante da virus HCV/HBV. La possibilità di utilizzare combinazioni terapeutiche (backbones) che non includano gli analoghi della timidina sta diventando estremamente attuale per incrementare il numero di future associazioni efficaci di farmaci antiretrovirali. 33 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 1 valori di creatininemia sierica durante la terapia con tenofovir in 8 pazienti HIV positivi affetti da cirrosi epatica 12 mesi 15 mesi 18 mesi 21 mesi 24 mesi 26 mesi 9 mesi 6 mesi 0 basale 3 mesi PZ 77.3 74.2 86.6 76 68.8 62.3 69.8 70 69.5 63.7 63.2 86 85.3 86.1° 91 92.5 90 89.3* 6 74.3 76.2 75.1 77.9 73.5 77.9 73.5 76.1^ 7 76.9 67.1 62.7 67.1 8 68 65.4 66.9 63.2 65.7 66.1 63.8 1 79 87.2 81.8 2 68.9 69.2 73.1§ 3 64 66 4 84.8 5 69.1 70.3 ^ livello di creatinina sierica dopo 20 mesi * livello di creatinina sierica dopo 10 mesi ° livello di creatinina sierica dopo 8 mesi § livello di creatinina sierica dopo 7 mesi La validità di questo approccio è stata riconosciuta dalle Linee Guida DHHS, che considerano l’associazione tenofovir e lamivudina/emtricitabina tra le opzioni terapeutiche di scelta raccomandate per i pazienti non pretrattati, per una moderna proposta terapeutica dell’infezione da HIV(4). Infine, riteniamo che solamente studi clinici controllati di grandi dimensioni potranno valutare se la presenza concomitante di una cirrosi epatica può rappresentare un reale e significativo fattore di rischio per lo sviluppo di insufficienza renale in pazienti HIV positivi in terapia con tenofovir. Bibliografia 1) Blaas S, Schneidewind A, Gluck T, Salzberger. Acute renal failure in HIV patients with liver cirrhosis receiving tenfovir: a report of two cases. AIDS 2006;20:1786-1787 2) Gallant JE, Staszewski S, Pozniak AL et al. Efficacy and safety of tenofovir DF vs stavudine in combination therapy in antiretroviral-naive patients: a 3-year randomized trial. JAMA 2004; 292:191-201 34 3) Soriano V, Nunez M. Hepatotoxicity of antiretrovirals. Drug Saf. 2005;28:53-66 4) Department of Health and Human Services (DHHS) Panel on clinical practices for treatment of HIV infection. Guidelines for the use of antiretroviral agents in HIV-1infected adults and adolescents. May 4, 2006. http://www.aidsinfo.nih.gov daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Rapida comparsa della mutazione K65R in paziente naive trattato con l’associazione di tenofovir più emtricitabina ed efavirenz Giovanni Bonadies, Maria Alessandra Foggia AOU Federico II, Napoli Caso clinico SP, giovane omosessuale di 24 anni, iniziava a lamentare nel giugno 2005 una sintomatologia caratterizzata da febbre elevata accompagnata da faringodinia, artromialgie, astenia, cefalea gravativa, diarrea, dolori addominali, inappetenza e linfoadenomegalia. Tale sintomatologia durava circa 2 settimane e successivamente, dopo un periodo di apiressia di 7-10 giorni, ricompariva febbricola persistente con astenia. Agli inizi di luglio 2005, si sottoponeva ad accertamenti clinico-laboratoristici tra cui il test per la ricerca di anticorpi anti-HIV1-2 avendo avuto, 40 giorni prima della comparsa della sintomatologia descritta, un rapporto sessuale non protetto con partner sconosciuto. Dalle indagini effettuate emergeva positività per anti-HIV-1 all’ELISA, con presenza al western blot delle bande anti-p24, anti-gp 120 (debole positività) ed anti-gp 160. Sette giorni dopo, un nuovo western blot svelava la presenza, oltre alle sopra indicate bande anticorpali, di anti-gp 1 ed antip66 (debole positività). Sulla scorta di tale risultato, il paziente afferiva presso il Dipartimento Assistenziale di Malattie Infettive dell’Università Federico II di Napoli ove veniva sottoposto allo studio delle sottopopolazioni linfocitarie e alla determinazione dell’HIV-RNA quantitativo plasmatico. I linfociti CD4+ risultavano pari a 240 cell/mmc (9%) e l’HIV-RNA superiore al limite di determinabilità di 750.000 copie/ml (circa 2.000.000 cp/ml - 6,3 log - Roche PCR standard), valori confermati ad un controllo dopo 2 settimane. Un test genotipico di resistenza (Trugene® HIV-1) (GRT) non evidenziava mutazioni rilevanti nel gene della transcriptasi inversa e riscontrava la mutazione L63P nel gene della proteasi di HIV. Ad agosto veniva consigliato un regime HAART comprendente tenofovir + emtricitabina + efavirenz, in considerazione peraltro della richiesta di SP di non assumere inibitori della proteasi per il timore di lipodistrofia Una prima determinazione di HIV-RNA effettuata dopo 15 giorni dall’inizio della terapia evidenziava una riduzione di 2,05 log (17.600 cp/ml) rispetto al valore basale e, a tre mesi, un ulteriore calo di 1,33 log (830 cp/ml). Alle stesse scadenze la conta dei linfociti CD4+ evidenziava un progressivo incremento sia del valore assoluto che percentuale (286/mmc - 17% e 485/mmc - 23%, rispettivamente). Al western blot, comparivano anche le bande anti-p17, anti-p31, anti-gp41 ed anti-p51. SP segnalava lievi disturbi della sfera onirica e riferiva un’aderenza ottimale al trattamento, favorita dalla buona tollerabilità del regime prescritto. Un controllo viro-immunologico effettuato intorno alla 20a settimana di trattamento evidenziava rispetto al valore precedente un incremento di 1,01 log di HIV-RNA (8.500 cp/ml - 3.93 log), pur confermandosi l’aumento dei CD4 (529/mmc - 27%). Si richiedeva su tale campione un GRT che svelava la presenza nel gene della transcriptasi inversa delle mutazioni K65R e K103N. 35 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Commento L’emergenza di ceppi virali resistenti in corso di terapia antiretrovirale rappresenta una crescente minaccia nei confronti dell’efficacia dei regimi HAART. Accanto al raggiungimento dell’obiettivo primario virologico della HAART (soppressione massimale della replicazione virale per il periodo più lungo possibile), il clinico deve oggi adoperarsi nel selezionare regimi antiretrovirali che, oltre ad essere altamente efficaci, siano in grado di prevenire nel tempo lo sviluppo di resistenze. Tale condizione può realizzarsi attraverso un corretto sequenziamento dei farmaci antiretrovirali disponibili, in modo da preservare il maggior numero di opzioni terapeutiche in caso di fallimento virologico. Periodicamente, le linee-guida per l’impiego dei farmaci antiretrovirali vengono revisionate ed aggiornate, con particolare attenzione ai capitoli su quando iniziare il trattamento e quali combinazioni di farmaci impiegare in prima linea. 700 7,0 600 6,0 500 5,0 ZDV-3TC-ATZ/r 400 4,0 300 3,0 200 2,0 TDF-FTC-EFV CD4+ Hiv log 100 0 set-05 nov-05 gen-06 mar-06 Tempo 36 apr-06 giu-06 set-06 Figura 1. 1,0 0,0 lug-05 HIV-RNA (log) CD4+/mmc SP si trovava temporaneamente all’estero per motivi lavorativi e solo al suo rientro, avvenuto dopo circa 2 mesi, veniva informato dell’esito delle precedenti indagini. Riferiva di aver assunto con continuità il regime prescritto. Nella stessa occasione veniva sottoposto ad un nuovo controllo viro-immunologico. I CD4+ risultavano 589/mmc (29%) ed HIV-RNA 6.900 cp/ml (3.84 log). Un GRT effettuato su tale campione svelava la presenza di 2 nuove mutazioni, M184V e L100I. SP modificava nel frattempo la terapia ed iniziava un regime di seconda linea con zidovudina + lamivudina + atanazavir/r. Dopo circa 2 mesi, HIV-RNA risultava non determinabile (< 50 cp/ml) (Roche PCR Ultrasensitive). Tale valore si è confermato ai controlli a 4 e 6 mesi con conta dei CD4+ persistentemente superiore a 500/mmc (30%). Il nuovo regime HAART è risultato ben tollerato, con moderato incremento della bilirubinemia totale ed indiretta. In figura 1 è rappresentato l’andamento viroimmunologico osservato nel corso del follow up. Andamento viro-immunologico nel corso del follow up daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 In riferimento a quest’ultimo aspetto, da tempo l’associazione di tenofovir più emtricitabina/lamivudina ed efavirenz viene segnalata tra i regimi “preferred”. Tale combinazione ha dimostrato di essere estremamente potente nei pazienti naive, con percentuali di risposta virologica a 4 anni superiori al 70% (Margot NA, 2006). Inoltre, tale regime presenta un eccellente profilo di tollerabilità e le caratteristiche farmacocinetiche delle singole molecole ne rendono possibile la somministrazione once-a-day. La causa più frequente di fallimento virologico con tale associazione è rappresentata dalla comparsa di resistenza genotipica ad efavirenz (K103N), seguita dallo sviluppo di resistenza a lamivudina/emtricitabina (M184V). La comparsa della mutazione K65R, attribuibile a tenofovir, si conferma quale evento poco frequente (< 3%). Essa è di solito preceduta od accompagnata da resistenza genotipica ad efavirenz. In alcuni casi le mutazioni K65R e K103N possono comparire precocemente, già a partire dalla 16a settimana, e tale evento si verifica più frequentemente in pazienti con una più bassa conta di linfociti CD4+ (Margot, 2006). Il caso descritto si riferisce ad un paziente naive che, trattato con l’associazione di tenofovir più emtricitabina ed efavirenz, ha sviluppato rapidamente mutazioni nel gene della transcriptasi inversa, tra cui la K65R, con precoce fallimento virologico. Il profilo viro-immunologico e la sieroconversione recente hanno indotto il clinico a consigliare al paziente un trattamento precoce dell’infezione da HIV. Il paziente, ben disposto ad iniziare la terapia antiretrovirale ed informato circa i possibili effetti collaterali a breve e lungo termine dei regimi prescrivibili, chiedeva che gli fosse prescritto un trattamento PI-sparing, nel timore di modificare il proprio aspetto fisico a seguito dell’assunzione di ini- bitori della proteasi di HIV. Favorito dall’ottima tollerabilità e dalla facilità di somministrazione del trattamento scelto (2 pillole in monosomministrazione), il paziente ha riportato ad ogni incontro un’aderenza ottimale, elemento determinante per il successo a lungo termine dei regimi HAART. Considerata la potenza del regime, una prima ed attesa riduzione dei livelli di HIV-RNA di 2.05 log si è osservata già a due settimane dall’inizio del trattamento e, al 3° mese, un’ulteriore riduzione di 1.33 log. A 5 mesi, HIV-RNA mostrava tuttavia un incremento (1.01 log). Il paziente non presentava infezioni attive (ad es. tubercolosi, infezione da S. pneumoniae) né aveva praticato vaccinazioni in grado di giustificare l’aumento della replicazione virale. L’incremento osservato di HIV-RNA poteva segnalare un fallimento virologico precoce. In considerazione dei livelli di HIV-RNA pre-trattamento (> 100.000 cp/ml) e del regime in corso (comprendente 2 farmaci a bassa barriera genetica, efavirenz ed emtricitabina), il paziente era più a rischio di acquisire mutazioni rispetto a pazienti con valori inferiori di HIV-RNA pre-trattamento o in pazienti in terapia con PI boosterato (Phillips, 2005). Il laboratorio di virologia effettuava un GRT che svelava la presenza delle mutazioni K103N e K65R. Non si osservava un rebound di HIV-RNA ai valori pre-trattamento (3.93 vs 6.03, rispettivamente), in accordo a quanto già segnalato in letteratura ed attribuito, in presenza della mutazione K65R, ad una riduzione della capacità replicativa del ceppo mutato rispetto al ceppo wild-type e/o ad una parziale residua attività farmacologia di tenofovir (Weber, 2005; Margot, 2006; Deeks, 2001; Barbour, 2002). Al rientro dal viaggio all’estero, veniva modificato 37 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 il regime HAART ed il paziente iniziava il trattamento con zidovudina + lamivudina + atazanavir boosterato. Il valore di HIV-RNA riscontrato al cambiamento di terapia era di 6.900 cp/ml, di poco inferiore al precedente. Ad un nuovo test genotipico veniva rilevata la comparsa della M184V che può aver contribuito ad abbassare ulteriormente la capacità replicativa del virus. È inoltre probabile che la lamivudina, prescritta nel regime di seconda linea, abbia continuato ad esercitare una parziale attività antivirale nonostante la presenza della M184V (Campbell, 2005). Il paziente ha ottenuto dal regime di seconda linea una completa soppressione della replicazione di HIV nell’arco di poco più di un mese, con un progressivo recupero immunologico. Ciò suggerisce, al pari di quanto già descritto in letteratura (Margot, 2006; Miller 2005), che la presenza della mutazione K65R non impedisce il successo terapeutico del regime di seconda linea. Un precoce fallimento virologico conseguente alla comparsa di ceppi resistenti non sempre può essere imputato ad una scarsa aderenza ai regimi prescritti. È da tempo noto che livelli subterapeutici dei farmaci, dovuti ad es. ad alterazioni dell’assor- bimento o a caratteristiche individuali su base genetica, possono comportare una persistente replicazione del virus con comparsa di farmacoresistenza (Durant, 2000; Telenti, 2002). Il tenofovir, il primo analogo nucleotidico approvato per l’uso nelle associazioni antiretrovirali, rappresenta un farmaco che coniuga la facilità di somministrazione e l’ottimo profilo di efficacia e tossicità ad un eccellente profilo di resistenza e di cross-resistenza con i farmaci della stessa classe terapeutica. Per queste caratteristiche, tale molecola rappresenta uno dei farmaci attualmente più utilizzati nella pratica clinica sia in pazienti naive che experienced. Il profilo di resistenza di tenofovir ed in particolare l’antagonismo della mutazione K65R con altre mutazioni della transcriptasi inversa (ad es. TAMs) continuano ad essere al centro di numerosi studi (Brodard, 2005; Winston, 2004; Margot 2006). Con il progredire di tali conoscenze, il clinico avrà sempre più elementi di valutazione per individuare strategie di sequenziamento terapeutico che possano consentire nella pratica clinica di sfruttare al massimo le potenzialità terapeutiche di farmaci potenti quali il tenofovir. Bibliografia 1) Barbour JD, Wrin T, Grant RM, et al. Evolution of phenotypic drug susceptibility and viral replication capacity during long-term virologic failure of protease inhibitor therapy in human immunodeficiency virus-infected adults. J Virol 2002; 76: 11104-11112. 2) Brodard V, Moret H, Beguinot I, et al. prevalence of detection and dynamics of selection and reversion of K&%R mutation in nucleoside reverse transcriptase inhibitorexperienced patients failing an antiretroviral regimen. JAIDS 2005; 39: 250-253. 3) Campbell TB, Shulman NS, Johnson SC, et al. Antiviral activity of lamivudine in salvage therapy for multidrugresistant HIV-1 infection. Clin Infect Dis 2005; 41: 236-242. 38 4) Deeks SG, Wrin T, Liegler T, et al. Virologic and immunologic consequences of discontinuing combination antiretroviral-drug therapy in HIV-infected patients with detectable viremia. NEJM 2001; 344: 472-480. 5) Durant J, Clevenbergh P, Garraffo , et al. Importance of protease inhibitor plasma levels in HIV-infected patients treated with genotypic-guided therap: pharmacological data from the VIRADAPT study. AIDS 2000; 14: 1333-1339. 6) Margot NA, A Cheng BL, Miller MD and the Study 903 Team. Resistance development over 144 weeks intreatmentnaïve patients receiving tenofovir disoproxil fumarate or stavudine with lamivudine and efavirenz in Study 903. HIV daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Med 2006; 7: 442-450. 7) Miller MD. K65R, TAMs and Tenofovir. AIDS Reviews 2004; 6: 22-33. 8) Phillips AN, Dunn D, Sabin C, et al. Long term probability of detection of HIV-1 drug resistance after starting antiretroviral therapy in routine clinical practice. AIDS 2005; 19: 487-494. 9) Telenti A, Aubert V, Spertini F. Individualising HIV- treatment – pharmacogeneticws and immunogenetics. Lancet 2002; 359: 722-723. 10) Weber J, Chakraborty B, Weberova J, et al. Diminished replicative fitness of primary human immunodeficiency virus type 1 isolates harbouring the K65R mutation. J Clin Microb 2005; 43: 1395-1400. 11) Winston A, Stebbing J. The K65R mutation in HIV-1 reverse transcriptase. J HIV Ther 2004; 9: 25-27. 39 daMa 40 Volume I • Numero I • Gennaio 2007 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Sicurezza nell’uso di Tenofovir in associazione con Inibitori della Proteasi Boosterati: esperienza di un centro clinico F. Ortu, P. Piano, N. Corso, M. Serrau, R. Meleddu, P. Serra e P.E. Manconi Centro di Immunologia policlinico Universitario Cagliari Introduzione Tenofovir (Viread®-TDF) è un nucleotide aciclico, analogo della Adenosina, che rappresenta oggi uno dei farmaci più utilizzati nel backbone nucleosidico/nucleotidico delle terapie antivirali di associazione attive nei confronti di HIV; la lunga emivita intracellulare (circa 50 ore) del suo metabolita difosfato ne rende possibile la somministrazione once a day.(1) Tale molecola viene utilizzata in tutte le linee terapeutiche dell’infezione da HIV: è infatti considerata tra le associazioni “preferite” in associazione con NNRTI e PI boosterati nella terapia dei pazienti naive, in relazione alla sua potenza antivirale ed al profilo tossicologico favorevole rispetto ai Timidilici e alla Stavudina in particolare, soprattutto per ciò che riguarda gli effetti sui lipidi plasmatici e la lipodistrofia (2-3-4-5). Viene altresì utilizzata come switch nelle terapie “timidino sparing” per minimizzare gli effetti metabolici di tali molecole, come ad esempio in sostituzione della Stavudina, nel caso di comparsa di lipoatrofia o di acidosi lattica in considerazione del suo basso potenziale di tossicità mitocondriale (6-7-8), nonché nelle terapie di salvataggio nei pazienti portatori di mutazioni ad analoghi timidinici [TAMS] . Per tale versatilità, il TDF è diventato una delle molecole attualmente più utilizzate negli schemi di terapia antivirale, nelle più disparate condizioni cliniche. Questa diffusione è dovuta anche al fatto che il farmaco è ben tollerato sia in acuto che nell’uso cronico: negli studi pre-registrativi e registrativi ha mostrato un’incidenza di effetti avversi non superiore al placebo, compresi gli eventi di grado III e IV. Rispetto ai regimi contenenti Stavudina ha mostrato una minore tendenza all’aumento dei trigliceridi e del Colesterolo LDL (9-10) e, sempre rispetto ai D-nucleotidi, mostra una ridotta tossicità mitocondriale sia in vitro che in vivo, attraverso la valutazione dell’aumento dei lattati e dell’incidenza di lipodistrofia (9). Nonostante che, negli studi controllati in doppio cieco verso placebo, non siano emersi elementi che facciano pensare ad un particolare profilo di tossicità renale (9-10-11-12), esistono delle segnalazioni sporadiche di tossicità renale da TDF, in analogia a quanto accade (molto più frequentemente) con l’uso di altri analoghi nucleotidici strutturalmente correlati, quali Cidofovir ed Adefovir. Tali molecole determinano tossicità renale dosedipendente verosimilmente mediante tossicità mitocondriale che si realizza a carico delle cellule del tubulo prossimale (13-14-15). Studi in vitro hanno messo in evidenza che il TDF è scarsamente tossico sulle cellule renali ma che tale tossicità può essere indotta da dosi più elevate rispetto a quelle usate normalmente (14-15). Gran parte delle segnalazioni riguardanti gli effetti tossici a carico del rene sono rappresentati da aumenti della creatinina serica che rever41 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 tono prontamente dopo sospensione della terapia. H. Izzedine ha condotto uno studio retrospettivo su 19 casi di tossicità renale, con normalizzazione del quadro dopo sospensione del TDF; l’esame bioptico di 5 di tali pazienti ha messo in evidenza un quadro di necrosi tubulare acuta che ha riguardato sia il tubulo prossimale che quello distale, con edema e vacuolizzazione (13). Esistono inoltre tutta una serie di osservazioni sporadiche sulla comparsa di alterazioni molto più rare quali sindrome di Fanconi, Diabete insipido, Insufficienza Renale Acuta, etc. (15-16-17-18-19). Negli studi retrospettivi di ampie casistiche non è emersa una particolare tendenza alla tossicità renale, e la stessa è stata prontamente reversibile con la sospensione della terapia.(7-9-10-11) Un esame più approfondito sui fattori di rischio per lo sviluppo di tali alterazioni, ha messo in evidenza un’ associazione con l’uso di Ritonavir e Lopinavir/r, nonché un’associazione con l’uso di Didanosina.(18) Razionale della tollerabilità renale La clearance renale di TDF è maggiore rispetto alla clearance della creatinina e questo depone per una secrezione tubulare attiva della molecola. Tale fenomeno è reso possibile, verosimilmente, dal l’esistenza di proteine di trasporto che sono localizzate nella porzione baso-laterale ed apicale del tubulo prossimale. Il ruolo fisiologico di tali proteine è quello di mediare il trasporto di piccole molecole solubili dal circolo ematico alle urine. Nel caso specifico di TDF, è stato dimostrato che il farmaco è substrato di due proteine che trasportano anioni inorganici, hOAT1 e hOAT3, rispettivamente ad alta e bassa affinità; hOAT1 rappresenta verosimilmente la via primaria di captazione, 42 mentre hOAT3 una via di salvataggio. Le vie di secrezione nel lume tubulare e quindi nelle urine, non sono altrettanto note. In analogia con altre molecole strutturalmente simili come Adefovir e Cidofovir e la loro capacità di competere con l’escrezione di Metotrexate e Fluoresceina, è stato postulato un ruolo da parte di “Multidrug Resistance associated Proteins (MRP), facenti parte della sub famiglia delle ABC (ATP-Binding Cassette). Tra queste meritano una speciale menzione le MRP2 ed in modo particolare MRP4, visto il suo ruolo nella escrezione di Adefovir e Nucleosidi fosforilati. Nella porzione apicale del Tubulo prossimale si trova anche un’ altra proteina della famiglia delle ABC, la Pgp, anch’essa implicata nella secrezione di diversi Xenobiotici. Queste ultime proteine sono state associate anche al trasporto di alcuni PI.(20-21-22-23-24-25-27) Tali proteine di trasporto sono distribuite in diverse sedi e possono spiegare diversi fenomeni biologici. La tabella mette in evidenza la distribuzione delle differenti proteine di trasporto e la loro distribuzione tissutale nonchè i principali farmaci trasportati. Tale trasporto non è costante in tutte le sedi corporee, nel senso che, in diversi sistemi di riferimento e differenti tipi cellulari, tale trasporto può avvenire con modalità diverse. A tale proposito è paradigmatico l’esempio della Zidovudina, per la quale nei linfociti l’unico fattore determinante il trasporto intracellulare è rappresentato dalla temperatura e non risente dell’effetto antagonista di altre sostanze che sono inibitori di differenti proteine di trasporto (Allopurinolo etc). Questo depone per un trasporto passivo attraverso la membrana del Linfocita.(27) Un recente articolo di A. Ray (25) ha dimostrato che, in alcuni tipi cellulari, l’efflusso di TDF appare mediato dalla proteina MRP4, mentre Pgp ed daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 MRP2 non sembrano attive allo scopo. Queste osservazioni potrebbero fornire la base per una potenziale sede di interazione farmacologica a livello renale tra diversi farmaci e TDF. Fig. n°1 Nonostante ciò, non sempre è possibile fornire una prova concreta di tali modelli di interazione. Lo stesso gruppo ha invece dimostrato l’esistenza di interazioni a livello intestinale tra TDF e Pgp. Tale interazione comporterebbe un’ inibizione nell’assorbimento di TDF e poiché tale glicoproteina è elettivamente inibita da ritonavir (RTV), questo comporterebbe un aumentato assorbimento della molecola che potrebbe spiegare le modifiche farmacocinetiche che si realizzano nell’uso combinato di tali farmaci. Una prova di tale interazione è stata fornita da Jetter, il quale ha dimostrato un notevole aumento (fino all’80%!) nelle concentrazioni di Digossina (substrato noto della Pgp) sia in pazienti che in volontari sani, con l’uso concomitante di RTV a basse dosi, equivalenti a quelle di un suo uso come booster.(22) Tali effetti sono stati quantificati (28) mediante un aumento del 15% della Cmax e del 51% della Cmin, nella somministrazione concomitante di Kaletra, mentre la cinetica di Kaletra non si modifica. Analoghe osservazioni sono state condotte, dal gruppo di Agarwala S., per ciò che riguarda le variabili farmacocinetiche di TDF con l’uso concomitante di Atazanavir/r (ATZ/r): in tali condizioni è stata osservata una variazione dell’AUC di TDF, compresa tra il 30 ed il 50%, e della Cmin, Tab. 1 Trasportatore sede Farmaco OAT (1-2-3) Rene etc ZDV-TDF OAT-4 Rene-placenta ZDV-TDF MDR-1 Rene-fegato-intestino-placenta-Ly-cervello IP MRP-1 Rene-fegato-intestino-placenta-cervello IP MRP-(2-5) Enterociti-Rene IP hCNT-hENT Rene-fegato-intestino-placenta-cervello..Ly? NRTIs MRP-4 Rene-fegato-Ly NRTIs compresa tra il 30 ed il 70%, in relazione ai diversi dosaggi di ATZ. In questo caso esiste una interazione reciproca nel senso di una riduzione delle concentrazioni di ATZ di incerto significato clinico; tale interazione potrebbe essere importante nelle terapie di salvataggio nel caso di virus resistenti ai PI.(29) Un elenco delle interazioni di TDF sono esemplificate in fig. 2 Pazienti e Metodi Partendo da tali premesse, abbiamo condotto un’indagine di tipo retrospettivo su tutti i pazienti trattati presso il nostro Ambulatorio con TDF, a partire dalla fine del 2002, anno in cui si è resa disponibile la molecola mediante EAP. 43 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Figura 1. Mechanism of Active Tubular Excretion of Tenofovir Basolateral Membrane Proximal Tubule Cell Apical Membrane OAT1 MRP2 OAT3 Pgp Pgp 1. No efflux in Caco-2 cells known to highly express Pgp 2. No stimulation of ATPase activity MRP4 1. Expression decreases accumulation and toxicity 2. Transport in membrane vesicles 3. Accumulation and transport affected by MRP4 inhibitors OCT1 MRP4 OCT2 Blood Active tubular secretion MRP2 1. Expression doesn’t affect accumulation or toxicity 2. No transport in membrane vesicles 3. Doesn’t affect MRP2 substrates 4. No stimulation of ATPase activity Urine Ray et al. AAC Oct. 2006 Allo scopo di evidenziare delle differenze nell’incidenza di eventi avversi tra le molteplici condizioni cliniche, abbiamo suddiviso i pazienti in due gruppi in relazione alla concomitante assunzione di TDF con PI/r o NNRTI. Dall’indagine sono stati esclusi i pazienti in terapia con Fosamprenavir e Tipranavir, in relazione alle peculiarità d’uso di tali molecole nella nostra esperienza (rispettivamente linee molto precoci o terapie di salvataggio). I dati sono stati raccolti dall’esame delle cartelle cliniche dei pazienti, mediante selezione da un database che raccoglie le informazioni dei pazienti in terapia presso l’Ambulatorio del Centro di Immunologia, completato dall’analisi delle prescrizioni per ciascun paziente al servizio farmaceutico (FILE-F). Abbiamo arbitrariamente considerato eligibili tutti i pazienti con almeno 5 mesi di follow-up dopo la prescrizione. Nessuno tra i pazienti esclusi ha mostrato segni di tossicità; sono stati esclusi generalmente in quanto persi al follow-up o trattati da poco tempo. Alla fine della selezione sono risultati valutabili 44 121 pazienti, dei quali 39 trattati con NNRTI (72% con EFV) e 82 con PI/r (56% trattati con ATZ). Le due coorti non sono dissimili nè per età media ed epoca di infezione da HIV, nè per durata totale del trattamento antivirale (data inizio terapia 1997-1998), mentre mostrano una differenza apprezzabile per ciò che riguarda lo stadio clinico (con una maggiore prevalenza di eventi dello stadio C nei pazienti del gruppo PI/r 24% vs NNRTI 5%), e contestualmente del numero di regimi terapeutici >/= 4 (PI/r 67% vs NNRTI 54%). La prevalenza di co-infezione da HCV è simile tra i due gruppi (69% vs 72%), così come la durata della terapia con TDF. Le caratteristiche delle coorti sono rappresentate nella tabella n° 2. Risultati La terapia è stata, nel complesso, ben tollerata con una bassa incidenza di eventi di tossicità renale, testimoniati da un aumento della creatinina serica daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Figura 2. Tenofovir interactions Impact of Coadministration on Exposure (AUC Coadministered Drug Tenofovir Didanosine Lamivudine Entricitabine d4T-XR Abacavir Indinavir Lopinavir/ritonavir Atazanavir Atazanavir/ritonavir Efavirenz Methadone Oral contraceptives Ribavirin Adefovir h44-60%* n* n n n n i15% i26% i25%? n n n n n n* n* n n n* n i34% i25% ND n n n ND ND * Plasma levels clinicaloptions.com/drug (Crs). Tali eventi hanno riguardato 4 soggetti (4,8%) e si sono verificati nel gruppo trattato con PI/r; sono comparsi nei primi mesi di terapia per poi regredire prontamente nelle settimane successive con la sospensione di TDF. Nel gruppo trattato con NNRTI la variazione media dei valori di Crs è stata di 0,4 mg/dl al nono mese di osservazione, di 0,6 mg/dl nell’altro gruppo. I pazienti che hanno mostrato aumenti oltre la soglia di normalità del laboratorio e che pertanto hanno sospeso in via cautelativa la terapia, mostravano valori compresi tra 1,37 e 2,4 mg/dl (con valori normali di BUC-FG). Gli elettroliti sierici non mostravano alterazioni significative, fatta eccezione per il Fosforo, in cui si osservava una riduzione dei valori oltre la norma in sei pazienti del gruppo dei PI ed in 5 di quello degli NNRTI (senza apparente significato clinico). Le variazioni medie dei principali parametri considerati sono rappresentati in tabella n° 3. Durante il periodo di osservazione c’è stato invece un aumento della fosfatasi alcalina in entrambi i Tab. 2 PI/r (N=82) _= NNRTI (N=39) _= Età media 42aa (22-54)SD 5.7 42aa (22-56)SD 6.08 Epoca infezione ‘92 (‘85-’06) ‘92 (‘85-’06) Inizio terapia ‘97 (‘88-’06) ‘98 (‘90-’06) Stadio clinico B=53% C=24% B=48% C=5% Nadir CD4 163 (2-626) SD 175 198 (3-558) SD 336 Terapia media con TDF 20,6 mesi (6-54) SD 11,4 21 mesi (6-43) SD 10,3 Linea terapeutica ≥4 67% 56% HCV pos 69% 72% 45 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 2 CRs P Ca ALP Basale 3 mesi 6 mesi 9 mesi PI 0.77 0.77 0.81 0.83 NN 0.69 0.70 0.72 0.74 PI 3.2 3.2 3.27 3.4 NN 3.2 3.2 3.3 3.3 PI 9.5 9.56 9.6 9.8 NN 9.6 9.6 9.7 9.6 PI 210 219 242 266 NN 198 199 228 241 gruppi considerati, con una maggiore differenza al nono mese per il gruppo PI/r (media 266-SD =102,7, vs 241, SD=85 con p<0,05). Se consideriamo il numero di pazienti che durante il periodo di osservazione hanno mostrato valori superiori alla norma (27 vs 19 nel gruppo PI/r; 9 vs 3 nel gruppo NNRTI), anche in questo caso il significato non è chiaro. Essendo molti dei pazienti considerati degli epatopatici, si rendono necessari ulteriori approfondimenti (ad esempio mediante la determinazione degli isoenzimi e/o di altri parametri del metabolismo osseo). Discussione Anche al di fuori delle condizioni ideali di un trial clinico, la molecola ha mostrato un buon profilo di sicurezza con una bassa incidenza di interruzioni dovute ad eventi avversi, come emerge dai diversi studi e dalle metanalisi dei principali trial registrativi. Nella nostra esperienza non esiste il supporto della statistica riguardo ad una maggiore incidenza di eventi con l’uso concomitante di PI/r, benché esista un certo orientamento in tal senso che va ulteriormente indagato mediante studi randomiz- 46 zati e pesati allo scopo. Nella nostra osservazione, un fattore di confondimento può essere rappresentato da una maggiore progressione di malattia (testimoniato dagli eventi di categoria C nei trattati con PI/r e dalla maggiore esperienza di linee di terapia nello stesso gruppo): questo potrebbe rappresentare un fattore di morbilità renale legato al virus HIV e indipendente dal tipo di terapia. Al momento, la nostra analisi non consente di valutare l’influenza della Didanosina sulle osservazioni riportate che, come sappiamo, presenta delle interazioni con TDF ed è uno dei fattori di rischio per eventi avversi, documentato in letterattura. Gli eventi osservati sono stati prontamente reversibili con la sospensione della terapia e non associati alla comparsa di altri segni o sintomi: questo fatto se da un lato ci rende ottimisti sulla reversibilità del quadro, ci deve indurre ad un costante monitoraggio di diversi parametri onde poter riconoscere precocemente tali alterazioni ed attuare gli opportuni accorgimenti. In tutti i casi dei pazienti che hanno mostrato aumenti della creatinina, tali da comportare la sospensione della terapia, gli altri parametri di funzionalità renale si sono mantenuti nella norma (BUC-FG). Le indagini di imaging hanno evidenziato alterazioni in un solo caso (alterazione del rapporto cortico-midollare del rene con edema della midollare stessa), in un paziente che era stato estesamente pre-trattato con Indinavir. Un altro paziente presentava un’ età media elevata ed una ipertensione arteriosa in trattamento con Ca-antagonisti, senza precedenti alterazioni renali obbiettivabili. Eventuali comorbidità, anche indipendenti dal virus HIV, potrebbero rappresentare un fattore di rischio indipendente per tossicità renale (ad esempio l’ipertensione arteriosa). daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Bibliografia 1) W.A.lee,J.C.Martin. Perspectives on the development of acyclic nucleotide analogs as antiviral drugs: Antiviral research;71.2006;254-259. 2) Yeni PG, Hammer SM, Hirsch MS, et al. Treatment for adult HIV infection: recommendations of the international AIDS society-USA panel. JAMA: 2004; 292:251-265. 3) Department of Health and Human Services (DHHS). Guidelines for the use of antiretroviral agents in HIV infected adults and adolescents. AIDSinfo Web site. http//AIDSinfo.nih.gov. accessed october 10, 2006. 4) JE Gallant, S.Deresinsky. Tenofovir Disoproxil Fumarate. CID ; 2003 ; 37 : 944-9505) linee guida bhiva 6) Birkus G, Hitchcock M, Cihlar T. 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Tondi” - Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi” - Lecce Introduzione Tenofovir disoproxil fumarato (TFV) è il profarmaco del tenofovir, un analogo nucleotidico con riconosciuta attività contro i retrovirus (HIV1 e HIV2) e gli Hepadnavirus. Tenofovir differisce dagli analoghi nucleosidici “classici” poiché la sua attivazione è meno dipendente dagli enzimi intracellulari. Per tali capacità e tali qualità ha ricevuto, nel 2001 negli Stati Uniti e un anno più tardi in Europa, l’approvazione come farmaco da utilizzare nella cura dell’infezione da HIV, e le guidelines internazionali l’hanno consacrato come uno dei capostipiti nell’ambito delle terapie di associazione tanto nel paziente naive che in quello experienced. Gli effetti collaterali più frequentemente segnalati in corso di terapie contenenti tenofovir sono l’intolleranza gastrointestinale e la nefrotossicità, con spettro di eventi che vanno da modesto screzio iperazotemico fino ai caratteri della cosiddetta Sindrome di Fanconi (proteinuria, ipofosfatemia e ipouricemia, fino all’insufficienza renale acuta) e più frequente in soggetti con precedenti di malattia renale e a basso peso corporeo. positivi consecutivi afferenti all’Unità Operativa di Malattie Infettive del Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi” di Lecce e valutato la tollerabilità di regimi terapeutici contenenti tenofovir in base all’osservazione clinica e alla valutazione di diversi parametri ematochimici, virologici e immunologici. I dati ottenuti sono stati poi confrontati con quelli di un gruppo di pazienti con caratteristiche anagrafiche, cliniche, immunologiche e virologiche analoghe, che hanno assunto regimi terapeutici non contenenti tenofovir. Materiali e metodi Sono stati inseriti nello studio ventinove pazienti che hanno iniziato una terapia contenente tenofovir e l’hanno assunta per almeno ventiquattro settimane a partire dal febbraio 2003. La tabella 1 mostra le caratteristiche anagrafiche e i fattori di rischio per HIV di tali pazienti. Da essi si deduce una prevalenza di maschi (21/29), di contagio attraverso la tossicodipendenza (18/29) rispetto a quello per rapporti eterosessuali (7/29) ed omosessuali (4/29). Sviluppo e obiettivi dello studio L’età media dei pazienti all’inizio della terapia era di 36.4 anni per le femmine e di 43.6 anni per i pazienti maschi. Abbiamo esaminato un gruppo di pazienti HIV 28/29 pazienti erano di razza caucasica; l’ultima 49 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 1 Pz Sesso Via di contagio Età all’inizio del trattamento Pz Sesso Via di contagio Età all’inizio del trattamento 1 F Tossicodipendenza 35 16 M Rapp. eterosessuali 49 2 M Rapp. eterosessuali 41 17 M Tossicodipendenza 41 3 M Tossicodipendenza 39 18 F Tossicodipendenza 38 4 M Tossicodipendenza 40 19 M Rapp. omosessuali 46 5 M Rapp. omosessuali 59 20 M Tossicodipendenza 39 6 M Rapp. omosessuali 39 21 M Tossicodipendenza 43 7 M Tossicodipendenza 41 22 M Rapp. omosessuali 43 8 M Tossicodipendenza 39 23 M Tossicodipendenza 41 9 F Rapp. eterosessuali 37 24 F Tossicodipendenza 41 10 M Rapp. eterosessuali 49 25 M Rapp. eterosessuali 52 11 F Rapp. eterosessuali 30 26 F Tossicodipendenza 42 12 M Tossicodipendenza 41 27 M Tossicodipendenza 41 13 M Tossicodipendenza 43 28 F Rapp. eterosessuali 37 14 M Tossicodipendenza 40 29 M Tossicodipendenza 40 15 F Tossicodipendenza 31 paziente proveniva dal continente africano. La tabella 2 mostra la ripartizione per stadio di malattia secondo la classificazione CDC ’93. 28/29 pazienti erano ART-experienced all’inizio della terapia contenente tenofovir (da 8-174 mesi, media 83.9 mesi di terapia). Nel ventinovesimo paziente, di recente diagnosi, tenofovir pertanto entrava a far parte della prima linea di terapia. 10/28 pazienti, più pesantemente pretrattati, avevano alle spalle periodi di mono- o biterapia. L’esposizione media a classi di farmaci era: di 4.0 inibitori nucleosidici della transcriptasi inversa (NRTI); 0.9 inibitori non nucleosidici della transcriptasi inversa (NNRTI), 2.1 inibitori della proteasi (IP). In 8/28 pazienti pretrattati tenofovir rientrava in una seconda linea di terapia (considerando solo gli switch per inefficacia clinica e/o immunologica e/o virologica); in 10/28 pazienti 50 faceva parte di una terza linea; i restanti 10/28 erano oltre la terza linea di terapia. Tenofovir veniva introdotto in terapia: in sostituzione di un NRTI in 8/28 pazienti (in sei casi per evidenza di dislipidemia o lipodistrofia, in un caso per neuropatia periferica, nell’ottavo caso per anemia); in sostituzione di efavirenz per intolleranza neuropsichica in 1/28 pazienti; in 2/28 pazienti tenofovir veniva introdotto in terapia in concomitanza con l’inizio di terapia con interferon e ribavirina per epatite cronica HCV-correlata; in 4/28 entrava in terapia di semplificazione da trattamenti più complessi; nell’ambito di una nuova linea terapeutica per fallimento virologico e/o immunologico in 13/28 pazienti. 19/29 pazienti erano coinfetti con HCV: 17/19 di essi presentavano evidenza enzimatica e/o viremica di attività. 2/29 (entrambi coinfetti anche da HCV) risultavano portatori di HBsAg, ma daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 2 Stadio C3 (9 pz) Stadio A2 (5 pz) Stadio A3 (4 pz) Stadio C2 (2 pz) Stadio B2 (2 pz) Stadio B3 (7 pz) entrambi, all’inizio del nuovo trattamento, erano negativi per HBVDNA in metodica PCR. La conta media all’inizio di linfociti CD4 era di 428.1 (63 - 1046). 15 pazienti all’inizio della terapia mostravano HIVRNA al di sotto della soglia di detectabilità di 50 copie/mL; negli altri casi il valore della viremia andava da 2.5 a 5.6 log. (384 - 772000). In 6/14 dei pazienti HIVRNA positivi il farmaco veniva introdotto in terapia sulla base di test di resistenza. Il gruppo di confronto era costituito da 29 pazienti (22 maschi, 7 femmine; 28 caucasici, 1 africano; 19 HIV-contagiati per tossicodipendenza, 7 per rapporti eterosessuali, 3 per rapporti omosessuali; età media all’inizio del trattamento: 38.5 anni; stadio CDC ’93 di infezione: 7 pazienti in stadio C3, 5 in stadio C2, 7 in stadio B3, 3 in stadio B2, 5 in stadio A3, 2 in stadio A2; 19 HCV Ab positivi con 18/19 affetti da segni di epatopatia cronica attiva; conta media di linfociti CD4 all’inizio della terapia: 396.5/mmc (16-740); 10/29 pazienti con HIVRNA non detectabile, negli altri casi viremia fra 1.9 e 5.3 log). Nell’analisi dei dati ogni paziente del gruppo di confronto veniva associato a un paziente in trattamento con tenofovir sulla base di massima corrispondenza o analogia possibile degli altri farmaci compresi nel regime terapeutico. L’osservazione clinica e laboratoristica aveva in ogni paziente del gruppo di confronto una durata massima potenziale pari a quella del caso indice accoppiato. La tabella 3 confronta i trattamenti svolti dai pazienti presi in esame nei due gruppi. Tutti gli inibitori delle proteasi utilizzati erano adeguatamente boosterati con ritonavir. Laddove il tenofovir veniva associato a dideossinosina, il dosaggio di quest’ultima veniva adeguato. 51 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 3 Gruppo di confronto Gruppo di confronto 1 TFV/ABC/EFV 1 3TC/ABC/EFV 16 TFV/AZT/FPV 16 3TC/DDI/FPV 2 TFV/FTC/EFV 2 DDI/3TC/EFV 17 TFV/D4T/EFV 17 3TC/D4T/EFV 3 TFV/DDI/ATV 3 3TC/DDI/ATV 18 TFV/3TC/NVP 18 AZT/3TC/NVP 4 TFV/3TC/EFV 4 D4T/3TC/EFV 19 TFV/D4T/3TC 19 AZT/3TC/ABC 5 TFV/FTC/LPV 5 D4T/3TC/LPV 20 TFV/D4T/EFV 20 3TC/DDI/EFV 6 TFV/ABC/3TC 6 AZT/ABC/3TC 21 TFV/FTC/EFV 21 AZT/3TC/EFV 7 TFV/DDI/EFV 7 3TC/DDI/EFV 22 TFV/AZT/FPV 22 ABC/3FC/LPV 8 TFV/DDI/LPV 8 3TC/DDI/LPV 23 TFV/DDI/D4T 23 AZT/3TC/ABC 9 TFV/3TC/LPV 9 AZT/3TC/LPV 24 TFV/D4T/EFV 24 3TC/D4T/EFV 10 TFV/FTC/LPV 10 AZT/3TC/LPV 25 TFV/FTC/ATV 25 DDI/3TC/ATV 11 TFV/D4T/LPV 11 3TC/D4T/LPV 26 TFV/DDI/TPV 26 3TC/DDI/TPV 12 TFV/FTC/ATV 12 D4T/3TC/ATV 27 TFV/AZT/LPV 27 3TC/AZT/LPV 13 TFV/DDI/ATV 13 3TC/DDI/ATV 28 TFV/DDI/EFV 28 AZT/DDI/EFV 14 TFV/3TC/ATV 14 DDI/3TC/ATV 29 TFV/FTC/EFV 29 3TC/D4T/EFV 15 TFV/DDI/IDV 15 AZT/DDI/IDV/r Legenda: 3TC = Lamivudina; ABC = Abacavir; ATV = Atazanavir; AZT= Zidovudina; D4T = Stavudina; DDI = Dideossinosina; EFV = Efavirenz; FPV = Fosamprenavir; FTC= Emtricitabina; IDV = Indinavir; LPV = Lopinavir; NVP = Nevirapina; TPV = Tipranavir. Risultati sulla aderenza al trattamento e sulla eventuale sintomatologia soggettiva e sottoposto a esame obiettivo completo. Durante il periodo di follow up nessun paziente del gruppo in trattamento con tenofovir ha riportato eventi clinici opportunistici maggiori o minori né sintomi o segni obiettivi suggestivi di tossicità e dunque nessuno di essi ha dovuto interrompere il trattamento per tali motivi. In un periodo medio corrispondente, nel gruppo di confronto 1 paziente (all’inizio del trattamento in stadio A2) ha presentato un’infezione opportunistica minore (Herpes zoster multimetamerico), passando dunque a uno stadio clinico B2. In 5/29 pazienti si sono osservati segni clinici o laboratoristici suggestivi di tossicità iatrogena che hanno Il follow up medio dei pazienti in trattamento con regimi terapeutici contenenti tenofovir è stato di 77.5 settimane (24-150). I pazienti sono stati sottoposti al massimo trimestralmente a visite cliniche e controllo di alcune valutazioni ematochimiche, fra cui i seguenti parametri di possibile tossicità iatrogena: azotemia, creatininemia, GPT, emoglobinemia, leucociti, colesterolo LDL, trigliceridi, uricemia, lipasemia, lattacidemia. La prima valutazione avveniva comunque quattro settimane dopo l’inizio del nuovo trattamento. A ogni visita clinica il paziente veniva intervistato 52 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 indotto a modifiche del regime terapeutico (dislipidemia in 2/5 pazienti; segni di ingravescente lipodistrofia in 2/5; nefrolitiasi in 1 paziente in terapia con indinavir). Nella tabella 4 seguente vengono riportati i valori medi all’inizio (T0) e al termine (T1) del follow up dei parametri ematochimici presi in considerazione nel corso della terapia. Tab. 4 Hgb (g/dL) LEUCOCITI (x 10?/mmc) AZOTEMIA (g/L) CREATININA (mg/dL) GPT (UI/L) COLESTEROLO LDL (mg/dL) TRIGLICERIDI (mg/dL) URICEMIA (mg/dL; v.n. 2 – 7) LIPASEMIA (UI/L; v.n. < 60) LATTACIDEMIA (mMol/L) T0 13.7 (10.4-16.3) 4.8 (3.3-10.2) 0.29 (0.21-0.65) 0.78 (0.62-1.13) 53.5 (10-199) 102.8 (68-164) 128.0 (40-511) 4.7 (2.4-8.3) 31.3 (14- 72) 1.34 (1.1-2.6) T1 13.9 (11.3-17.1) 5.7 (3.7-11.2) 0.26 (0.18-0.52) 0.81 (0.66-1.11) 66.4 (12-230) 122.8 (91-177) 116.3 (45-366) 4.9 (2.2-7.2) 33.4 (18-77) 1.38 (0.9-2.6) La tabella 5 mostra l’andamento degli stessi parametri nel gruppo di confronto. Tab. 5 Hgb (g/dL) LEUCOCITI (x 10?/mmc) AZOTEMIA (g/L) CREATININA (mg/dL) GPT (UI/L) COLESTEROLO LDL (mg/dL) TRIGLICERIDI (mg/dL) URICEMIA (mg/dL; v.n. 2 – 7) LIPASEMIA (UI/L; v.n. < 60) LATTACIDEMIA (mMol/L) T0 14.7 (9.8-15.8) 4.5 (2.7-9.6) 0.25 (0.19-0.77) 0.70 (0.52-1.23) 58.6 (14-223) 131.3 (90-178) 141.7 (52-488) 4.3 (2.9-7.7) 32.6 (18-68) 1.28 (1.0-2.7) T1 13.8 (10.3-16.7) 5.2 (2.7-10.2) 0.33 (0.22-0.67) 0.86 (0.66-1.41) 71.7 (17-356) 144.4 (82-192) 184.6 (53-869) 5.1 (3.3-9.3) 36.6 (11-79) 1.78 (1.0-3.3) 53 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Nel gruppo in trattamento con tenofovir 26/29 pazienti presentano, all’ultima analisi considerata, HIVRNA inferiore a 50 copie. 3/29 pazienti interrompevano il trattamento per insorgenza di fallimento virologico (sorprendemente, tali eventi non si sono verificati in pazienti che impiegano terapie a base di soli inibitori della transcriptasi inversa, né in quelli in cui tenofovir viene associato ad abacavir o dideossinosina, nonostante alcuni di questi pazienti siano ormai giunti a un osservazione superiore ai ventiquattro mesi di terapia). La conta media di linfociti CD4 all’ultima analisi considerata, è di 472.3/mmc (149-880). Nel gruppo di confronto, al termine del periodo di osservazione, 24/29 pazienti presentano HIVRNA al di sotto della soglia di detectabilità. 5/29 interrompevano il trattamento per fallimento virologico e/o immunologico. La conta media di linfociti CD4 alla fine del follow-up è di 385.7/mmc (98647). Conclusioni I dati fin qui elaborati dimostrano che terapie contenenti tenofovir sono ben tollerate, e non comportano alterazioni delle funzionalità renale, pancreatica ed epatica, della crasi ematica, dell’assetto lipidico. In un solo paziente trattato con tenofovir abbiamo assistito a comparsa di lieve iperazote- 54 mia, per altro estremamente transitoria. Benché non sia stato condotto uno studio metodico sui parametri antropometrici, non sono state riportate comparse o ingravescenze di fenomeni di lipodistrofia, nonostante in ben 13 pazienti su 29 il tenofovir fosse associato a D-drugs. Negli 8 pazienti in cui TFV rientrava in un regime contenente DDI non abbiamo assistito ad aumenti significativi degli enzimi pancreatici. A margine riportiamo anche che nello stesso sottogruppo di pazienti, abbiamo assistito comunque a un recupero immunologico pressoché sovrapponibile a quello osservato nell’intero gruppo. Fra i dati laboratoristici, ci sembra particolarmente significativo sottolineare che nel gruppo di confronto l’incremento medio di lattacidemia è stato nettamente superiore, nel corso della terapia, rispetto ai pazienti trattati con tenofovir. Nessun paziente ha dovuto interrompere il trattamento per effetti collaterali soggettivi o per tossicità. Tenofovir si è rivelato un farmaco maneggevole e affidabile non soltanto nei protocolli di semplificazione ma anche laddove è entrato a far parte di terapie più aggressive. La monosomministrazione giornaliera di tenofovir ha permesso anche nel nostro gruppo di pazienti che tale farmaco rientrasse in protocolli terapeutici che prevedevano terapie di facile assunzione, particolarmente utili soprattutto in pazienti pesantemente pretrattati. daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Viread®: Conferme di efficacia e sicurezza Purificato F., Matarazzo F. Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive Ospedale di Formia (LT) Introduzione Per molti anni il prontuario terapeutico antiretrovirale si è arricchito progressivamente di farmaci appartenenti alla sola classe degli inibitori della proteasi di HIV, mentre emergevano difficoltà sempre maggiori ad associare NRTI. La prescrizione continua, infatti, di inibitori timidinici della trascriptasi inversa quali zidovudina e stavudina, soprattutto nei primi anni della HAART, ha fatto sì che molti pazienti andassero incontro a fallimento virologico sviluppando patterns di resistenza di tipo TAM1 o TAM2. Il recupero di questi pazienti si è giovato dell’immissione in commercio di un farmaco sempre appartenente alla classe degli NRTI, ma con un meccanismo d’azione leggermente diverso in quanto inibitore nucleotidico e non nucleosidico della trascriptasi inversa, tenofovir. Questo antiretrovirale, in monoterapia, è in grado di ridurre l’HIV-RNA di 1.6 log, ha una lunga emivita sia intracellulare che plasmatica che consente la monosomministrazione giornaliera e, come dimostrano gli studi registrativi, presenta un buon profilo di tollerabilità. L’uso del tenofovir fa comunque emergere una specifica mutazione di resistenza, la K65R, sulla quale si è molto discusso in termini di frequenza d’incidenza e di impatto sulla fitness virale soprattutto quando associata a M184V e questa evenienza si verifica frequentemente dal momento che tenofovir si prescrive preferibilmente con emtrici- tabina o lamivudina. Infine anche l’assunzione di tenofovir comporta la comparsa di eventi avversi e sono stati descritti casi d’insufficienza renale acuta da sindrome di Fanconi o necrosi tubulare acuta spesso ad esito infausto. Obiettivi Dal momento che gli studi registrativi del prodotto hanno sempre mostrato una notevole efficacia viroimmunologica associata ad un ottimo profilo di tollerabilità e ad un basso tasso di fallimenti virologici, anche a distanza di anni dall’inizio di una terapia antiretrovirale contenente tenofovir, si è voluto confrontare questi dati con l’esperienza fatta nel nostro Centro in questi ultimi tre anni in pazienti antiHIV positivi sia naive che experienced. Materiali e metodi La nostra casistica è composta da 18 pazienti, 10 di sesso maschile e 8 di sesso femminile, di età compresa tra 30 e 63 anni, 10 dei quali infettatisi per rapporti promiscui eterosessuali, 1 per rapporti omosessuali e 7 per farmacodipendenza endovenosa; 4 di essi, inoltre, sono affetti da co-infezione HIV-HCV e 2 da co-infezione HIV-HBV-HCV. Per ciascun paziente si è operata la stadiazione della patologia secondo i criteri stabiliti dai CDC di Atlanta, identificando così 5 casi di sindrome da 55 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Classificazione dello stadio di malattia secondo i CDC di Atlanta Stadio CDC N pazienti A1 4 A2 5 A3 2 B1 1 B2 1 B3 0 C1 2 C2 3 C3 0 immunodeficienza acquisita conclamata e 13 di semplice sieropositività per anti-HIV. Il tenofovir ha fatto parte del primo backbone nucleosidico in 7 pazienti e dei successivi in 11. È stato associato ad emtricitabina in 7 casi, a lamivudina in 9 e a stavudina in 2 soggetti plurifalliti, sulla base del test di resistenza genotipico. Il regime antiretrovirale era completato da efavirenz in 9 pazienti, lopinavir/ritonavir in 7, enfuvirtide e nevirapina in 2, atazanavir/ritonavir, saquinavir/ritonavir e tipranavir/ritonavir in 1 paziente. Negli 11 pazienti experienced il ricorso al tenofovir è stato giustificato da fallimento virologico in 6 casi, manifestazioni eclatanti di lipodistrofia in 3 Terapia antiretrovirale assunta dai pazienti in studio Paziente Paziente 1 Paziente 2 Paziente 3 Paziente 4 Paziente 5 Paziente 6 Paziente 7 Paziente 8 Paziente 9 Paziente 10 Paziente 11 Paziente 12 Paziente 13 Paziente 14 Paziente 15 Paziente 16 Paziente 17 Paziente 18 56 Terapia praticata SUSTIVA® - TRUVADA® FUZEON® - KALETRA® - INVIRASE® - VIREAD® - EPIVIR® SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR® KALETRA® - VIREAD® - EPIVIR® KALETRA® - SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR® KALETRA® - TRUVADA® VIRAMUNE® - VIREAD® - EPIVIR® KALETRA® - TRUVADA® SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR® SUSTIVA® - TRUVADA® FUZEON® - KALETRA® - INVIRASE® - VIREAD® - EPIVIR® VIRAMUNE® - TRUVADA® SUSTIVA® - TRUVADA® KALETRA® - SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR® SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR® SUSTIVA® - VIREAD® - EPIVIR® REYATAZ® - NORVIR® - VIREAD® - EPIVIR® KALETRA® - TRUVADA® daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 casi e da mancata tollerabilità a NRTI negli ultimi 2 pazienti. La durata delle terapie antiretrovirali contenenti tenofovir varia dalle 4 alle 140 settimane e i pazienti sono stati sottoposti a controlli ematochimici periodici in media ogni tre mesi, incluso l’assetto viro-immunologico. tendo un notevole recupero immunologico, mentre nell’ultimo paziente si è verificato un fallimento virologico probabilmente dovuto al fatto che lo stesso aveva assunto in precedenza per anni una terapia antiretrovirale composta da due soli farmaci con una soppressione mai completa dell’HIV-RNA. Comunque nell’ambito delle molteplici mutazioni primarie e secondarie emerse a carico della trascriptasi inversa non si è rilevata la presenza di K65R. Abbiamo potuto poi constatare un incremento delle conte dei linfociti CD4 in 16 pazienti su 18 (variabile dalle 2 alle 444 cellule/mmc); questo Risultati In 15 pazienti su 18 si è riusciti a rendere l’HIVRNA undetectable (<50 copie/ml), in 2 si è comunque ridotto il viral load di 2 e 1 log consen- Andamento del Viral Load nel tempo 1.000.000 ML 100.000 VC 10.000 CL1 S 1.000 CL1 VC GR SG 100 S 10 2003 SG VC 2004 S CL1 S VC 2005 ML GR SG SG SG ML VC GR 2006 Mutazioni in paziente con fallimento virologico Mutazioni primarie PROTEASI K20R, M36I, L63P, I93L TRASCRIPTASI INVERSA T69I/T, A98S, K103N, V118I/V, T215F, P225H/P Mutazioni secondarie PROTEASI E35D, N37D, H69K, L89M TRASCRIPTASI INVERSA K20R, S68G, D123E, I135T, K166R, G196E, Q207A, R211K, F214L, A272P, K277R, K281K/R, T286P, I293V, E297R, A304E, K311R, I329V 57 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Andamento dei linfociti CD4 nel tempo 900 850 800 750 700 650 600 550 500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 ZM VC TG SG S PA PG MS AM dato non viene confermato in un soggetto discordante oltre che in quello andato incontro a fallimento virologico. Fino ad oggi nessuno dei pazienti trattati con terapia antiretrovirale contenente tenofovir ha dovuto sospendere il trattamento per l’emergenza di eventi avversi: nessun paziente ha mostrato alterazione dei classici parametri di funzionalità renale (azotemia, creatininemia, esame urine) anche se sono in corso di elaborazione i dati riguardanti creatinina clearance e volume di filtrazione glomerulare. Più difficile risulta valutare le proprietà protettive del tenofovir nei riguardi delle alterazioni metaboliche indotte da molti farmaci antiretrovirali: infatti ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia di grado variabile sono evidenti in 8 dei 18 pazienti in studio (che sono costretti o ad un regime dietetico a basso contenuto di grassi o ad assumere fluvastatina o gemfibrozil a secondo dell’anomalia prevalente) e 3 dei pazienti che avevano “switchato” a tenofovir per lipoatrofia del volto mantengono 58 CL1 CL2 DA1 DG DA2 FE GR ML MN inalterata la morfologia dello stesso. Quando i risultati terapeutici vengono analizzati suddividendo i pazienti naive da quelli experienced è ancora più evidente la differenza che intercorre tra l’uso di tenofovir in prima linea o in quelle successive in termini di efficacia e tollerabilità. L’HIV-RNA viene reso undetectable nel 100% dei pazienti naive rispetto al 72% degli experienced così come minore è l’incidenza di dislipidemia nei primi; non si registrano, invece, differenze significative tra i due gruppi sull’aumento dei linfociti CD4 e sul tasso di tossicità renale. Naturalmente sull’insorgenza della dislipidemia gioca un ruolo determinante il terzo farmaco laddove un ruolo protettivo degli NNRTI si contrappone a quello causale dei PI. Un evento avverso insolito si è manifestato recentemente in un paziente trattato con lopinavir/ritonavir, tenofovir e lamivudina: con questi farmaci si è ottenuta una buona ricostitu- daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Differenza di risultato tra pazienti naive e pazienti experienced N° pazienti HIV RNA <50 Aumento CD4 Tossicità renale Ipercolesterolemia Ipertrigliceridemia Altri eventi avversi Pazienti naive 7 100% +122 0% 14% 0% Nessuno zione immunologica (linfociti CD4 599) con HIV-RNA plasmatico <50 copie/ml. Questo paziente ha inaspettatamente presentato atassia, disforia e disturbi visivi: è stato sottoposto a rachicentesi con ricerca negativa su liquor, oltre che su plasma, di materiale genetico relativo a HIV, JCV, CMV e bacillo tubercolare. Sono stati eseguiti esami sierologici specifici per Toxoplasma gondii e Criptococcus neoformans e RMN encefalo con esito negativo. La particolarità di questo caso clinico consiste nella difficoltà diagnostica (Leucoencefalite multifocale progressiva?) associata alla gravità della sintomatologia neurologica in un soggetto che ha azzerato l’HIVRNA su plasma e liquor e ha aumentato la quota di linfociti CD4 in modo tale da metterlo potenzialmente al riparo da eventi clinici così importanti. Discussione In conclusione si può affermare che, in questa limitata casistica, i pazienti HIV-infetti che assu- Pazienti experienced 11 72% +109 0% 54% 45% Atassia Disturbi visivi PML? mono un regime antiretrovirale contenente tenofovir hanno raggiunto risultati soddisfacenti sul piano virologico (tutti presentano HIV-RNA<400 copie/ml tranne uno e 15/18<50 copie/ml), tali da non permettere di evidenziare la mutazione K65R che conferisce resistenza a tenofovir. Tutti i pazienti hanno mostrato un aumento dei linfociti CD4 (mediana 222 cellule/mmc), in assenza di segni e sintomi di tossicità renale. Periodi di follow up più lunghi sono necessari per valutare le caratteristiche di efficacia e tollerabilità di tenofovir anche se, quanto emerso fino ad oggi, consente di somministrare questo farmaco sia in regimi di prima linea, in funzione TAM-sparing che in quelli successivi. La disponibilità, inoltre, di una formulazione che contiene in una sola compressa il dosaggio ottimale di tenofovir ed emtricitabina ha semplificato ulteriormente la terapia antiretrovirale tanto che la stessa viene suggerita come prima scelta, nell’ambito del backbone nucleosidico, dalle linee-guida nazionali ed internazionali. 59 daMa 60 Volume I • Numero I • Gennaio 2007 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Esperienza clinica con Tenofovir in pazienti pediatrici con infezione da HIV a trasmissione materno fetale Raffaella Rosso, Francesca Ginocchio, Ernestina Repetto, Claudio Viscoli Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Genova, A.O.U. San Martino, Genova Introduzione L’infezione da HIV in età pediatrica è ormai riconosciuta come una malattia cronica dell’infanzia. Nonostante la patogenesi ed i principi generali immunologici e virologici sull’uso della terapia antiretrovirale siano simili per tutte le persone sieropositive, ci sono considerazioni epidemiologiche, biologiche e cliniche uniche che riguardano il neonato, il bambino e l’adolescente e che lo differenziano dal paziente adulto. Come nell’adulto, anche nel bambino, l’approccio terapeutico deve integrare la terapia specifica antiretrovirale con la profilassi ed il trattamento delle infezioni secondarie, deve calcolare e valutare il miglior apporto nutrizionale e provvedere infine ad un adeguato supporto psicologico. Per quanto concerne le novità in tema di antiretrovirali, nel bambino sono spesso limitate dalla scarsità sia di studi di farmacocinetica che dalla disponibilità di preparazioni di facile somministrazione (sciroppi, capsule masticabili o gocce) e che pertanto creano problemi di aderenza. E rimangono numerose e controverse le problematiche che riguardano la terapia: quando deve essere intrapresa, con quali farmaci, come può eventualmente essere semplificata e secondo quali criteri, quali eventi avversi aspettarci: tutti quesiti cui si è cercato di dar risposta con la formulazione di linee guida dedicate al trattamento del bambino (1,2). Parallelamente a quanto avviene nel paziente dell’adulto, è di grande attualità l’emergenza di ceppi farmaco-resistenti e la gestione e/o prevenzione degli effetti collaterali, che si verificano nella maggior parte dei bambini in trattamento, molti dei quali stanno diventando adolescenti o giovani adulti; da queste due necessità deriva la richiesta di regimi di salvataggio che includano farmaci che abbiano un minimo impatto nello sviluppare resistenze crociate agli altri antiretrovirali e che siano ben tollerati. Tra i nuovi farmaci, il tenofovir è il primo inibitore della transcriptasi inversa nucleotidico approvato per il trattamento dell’infezione da HIV (3). Numerosi studi hanno dimostrato la sua sicurezza e efficacia sia nel paziente adulto naive che experienced al trattamento antiretrovirale. Attualmente non è approvato per i pazienti con età inferiore ai 18 anni, essendo in commercio solo la formulazione compressa da 300 mg, pertanto, contrariamente a quanto avviene nel paziente adulto, non viene raccomandato nei regimi di prima linea di terapia (1,2). Tenofovir in età pediatrica ed adolescenziale I primi dati pediatrici sono stati ottenuti da studi su primati, dimostrando, oltre al suo favorevole profilo di resistenza, i suoi benefici sia nella profilassi postesposizione sia nel modello di trasmissione materno-fetale (4,5). 61 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 La sicurezza e l’efficacia di tenofovir è stata poi valutata anche nella popolazione pediatrica umana: tali dati sono tuttavia elaborati lentamente a causa principalmente delle preoccupazioni sui suoi potenziali effetti sul metabolismo osseo. L’infanzia e l’adolescenza sono periodi critici di sviluppo osseo e l’inibizione della mineralizzazione ossea potrebbe avere conseguenze potenzialmente serie sia per possibili rischi di fatture patologiche precoci sia per la crescita. Diversi studi hanno mostrato una riduzione della densità minerale ossea (BMD), indipendentemente dalla terapia antiretrovirale in corso, sia tramite osteosonografia che soprattutto Dual energy X-ray Absorptiometry (DEXA) (6,7). Rimane però ad oggi sconosciuto se i bambini siano più sensibili ai potenziali effetti sull’osso dell’infezione da HIV o più sensibili a farmaci che potrebbero produrre eventi avversi sul metabolismo osseo, quali il tenofovir o stavudina (8). Hazra R, et al. hanno condotto uno studio di fase I su 19 bambini e adolescenti pesantemente pretrattati e che necessitavano di una terapia di salvataggio; dopo una monoterapia di 6 giorni con tenofovir, ciascun paziente aveva una terapia di combinazione individualizzata ed ottimizzata contenente tenofovir. Da ciò è emerso che tenofovir, nonostante determinasse, in un terzo dei pazienti, una riduzione della BMD, era efficace nel mantenere la carica virale bassa e nell’ottenere una buona risposta clinica (9). Precedentemente un altro studio condotto invece in 7 bambini, con simili caratteristiche cliniche, non aveva mostrato alcun effetto sulla BMD (10). E a riconferma di ciò, recentemente, è stato pubblicato un altro studio su una coorte di 16 pazienti, in terapia stabile con stavudina + lamivudina + un inibitore delle proteasi, con soppressione virale persistente, che semplificavano la loro terapia a tenofovir + lamivudina + efavirenz. Dopo 12 mesi, 62 tutti i pazienti rimanevano clinicamente stabili e con carica virale persistentemente soppressa a <50 copie/mL, mentre la progressiva e fisiologica mineralizzzazione ossea non risultava alterata (11). Sono invece indiscussi i benefici del tenofovir, non solo sull’efficacia immunovirologica, ma anche sulla dislipidemia e sulla lipoatrofia, evidenti sia nel paziente adulto che pediatrico (12,13). Mentre sono in corso le valutazioni sui benefici a lungo termine sulla tossicità mitocondriale del passaggio a tenofovir, anche se ampiamente supportati da quanto già emerso nel paziente adulto (14). Infine la tossicità renale, dove il danno mitocondriale sembrerebbe un cofattore, in uno studio con almeno 96 settimane di follow-up, non è stata fino ad ora segnalata nel paziente pediatrico (15). Numerose evidenze cliniche hanno segnalato come la malattia renale sia una possibile complicanza dell’infezione da HIV e l’incidenza nei bambini è stimata attorno al 2-5% (16). L’uso di tenofovir è associato a danno renale soprattutto in presenza di basso peso corporeo, patologie renali preesistenti e concomitante assunzione farmaci nefrotossici; ma, generalmente, il danno renale è reversibile dopo la sospensione del tenofovir. Il primo ed attualmente unico, caso pubblicato di nefrotossicità da tenofovir nei bambini, riguarda una bambina di 12 anni, afroamericana, con infezione da HIV a trasmissione materno-infantile in buon compenso immunovirologico, che ha sviluppato diabete insipido nefrogenico, insufficienza renale acuta e sindrome di Fanconi mentre era in terapia antiretrovirale (HAART) comprendente tenofovir + lopinavir/ritonavir + didanosina da circa 1 anno. Sintomi d’esordio sono stati: astenia generalizzata, vomito, addominalgie, nicturia, polidipsia, calo ponderale di 4,5 kg negli ultimi 2 mesi, mucose ipoidratate e globi oculari infossati. Erano inoltre segnalati i seguenti parametri: riduzione della clearance della creatinina delle 24 ore, daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 proteinuria, ipercalciuria, ipofosfatemia iperfosfaturica e glicosuria; inoltre presentava acidosi tubulare renale, diabete insipido nefrogenico ed aminoaciduria generalizzata, tutto regredito dopo la sospensione di tenofovir (17). Pertanto, seppur al momento anedottica, anche nei bambini il tenofovir ha mostrato avere un potenziale profilo di nefrotossicità simile a quello degli adulti, anche se poco diffuso. Ci sembra quindi importante, nei bambini che assumono tenofovir come parte della HAART, monitorare regolarmente la funzionalità renale per eventualmente diagnosticare precocemente, una alterazione indotta da questo farmaco o da associazioni di più antiretrovirali. Ancora oggi, non vi è un accordo chiaro su quali tests dovrebbero essere eseguiti per valutare e monitorare nel tempo la funzionalità renale nei bambini e negli adolescenti. Nel febbraio 2002, su un supplemento speciale dell’American Journal of Kidney Diseases, sono state pubblicate alcune linee guida di pratica clinica per la definizione di malattia renale cronica e la valutazione di test di laboratorio per la diagnosi clinica di malattia renale nei bambini e adolescenti (18). Inoltre nel 2005, sono state pubblicate le prime linea guida sulla gestione del paziente adulto e pediatrico con infezione da HIV (16). Nonostante la possibile sovrastima che si ottiene con la diminuzione del tasso di filtrazione glomerulare (GFR), queste formule matematiche, provvedono un metodo molto più pratico per la stima del GFR, rispetto alla raccolta delle urine delle 24 ore. Quindi, basandoci sui dati della letteratura scientifica che, almeno nella popolazione adulta, sembrano correlare il rischio di sviluppare nefrotossicità all’uso di tenofovir, abbiamo voluto valutare, tra i nostri pazienti, bambini e adolescenti con infezione da HIV a trasmissione materno-fetale, che ave- vano tenofovir nella terapia HAART, la funzionalità renale, calcolando in maniera non invasiva il GFR, basandoci solo su parametri clinici e laboratoristici di routine. Pazienti e metodi I soggetti del nostro studio sono stati reclutati dalla coorte di bambini ed adolescenti con infezione HIV a trasmissione materno-fetale, seguiti presso la Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino, Università degli Studi di Genova. Gli unici criteri di inclusione, utilizzati per inserire i pazienti nello studio, sono stati l’infezione da HIV a trasmissione materno-fetale documentata e l’assunzione di una HAART contenente tenofovir, per almeno 6 mesi. Al momento dell’arruolamento sono stati valutati diversi parametri: il sesso, la razza, l’età, l’eventuale co-infezione con HCV o HBV, la durata totale di esposizione a farmaci antiretrovirali, il tempo di assunzione della HAART, definita come l’assunzione contemporanea di almeno 3 farmaci antiretrovirali ed il tempo di esposizione a tenofovir. Inoltre, nell’ ambito del periodo di assunzione di tenofovir, si sono segnalati i farmaci ad esso associati e gli eventuali cambi di terapia. Il tenofovir è stato somministrato una volta al giorno, sulla base del peso o della superficie corporea: 2-8 anni, 8 mg/kg; >8 anni, 210 mg/m2 (dose massima 300 mg/die). A partire dalla data di inizio di assunzione di tenofovir (Tempo 0, T0), e successivamente ogni 6 mesi (T6, T12, T18), per ogni paziente si sono rilevati peso, altezza, BMI e stadiazione immunovirologica, quest’ultima valutata in base al livello di linfociti T CD4+ assoluti e percentuali e alla carica virale. Per quanto riguarda la funzione renale sono stati rilevati, sempre ogni 6 mesi: la creatinina, l’azote63 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 mia sierica e l’esame urine. Infine si è calcolata la clearance della creatinina attraverso il calcolo della GFR, utilizzando tre diverse metodiche: per i pazienti di età inferiore o uguale a 18 anni con due differenti formule (Schwartz and Counahan-Barratt Methods) mentre per i soggetti oltre 18 anni, è stata utilizzata la formula dell’ adulto (CockcroftGault Calculator) (Tabella 1) (19,20,21). Risultati Sulla base dei criteri d’inclusione, abbiamo reclutato 17 pazienti, tra i 56 seguiti presso il nostro centro clinico (Tabella 2). Tutti erano di razza caucasica, tranne una paziente latinoamericana; due pazienti erano coinfetti con epatite C ed uno con epatite B. Sei pazienti erano considerati multi-experienced, ossia avevano affettuato più di sei diverse combinazioni di farmaci antiretrovirali. I pazienti presentavano una durata mediana di esposizione alla HAART, pari a 94 mesi, range 0-112 mesi. Quattro pazienti assumevano il tenofovir insieme a due analoghi nucleosidici della transcriptasi inversa (NRTI), sei pazienti con un NRTI + un inibitore delle proteasi (5 pazienti con lopinavir/ritonavir ed 1 paziente con atazanavir/ritonavir) ed i restanti sette, con un NRTI + un analogo non nucleosidico della transcriptasi inversa (efavirenz). Per tutto il periodo dello studio, tuttora in corso, non sono stati segnalati effetti collaterali tali da implicare una sospensione o una sostituzione di uno o più farmaci della terapia antiretrovirale. Dopo almeno 18 mesi di terapia contenete tenofovir (durata mediana 25 mesi, range 11-54), abbiamo riscontrato un buon accrescimento staturoponderale (peso mediano 54 kg, range 25,5-69,1; altezza mediana 164 cm, range 121174) ed un mantenimento o miglioramento dello stato immunovirologico (linfociti T CD4+ assoluti (e percentuali) mediani 486 cellule/mm3 (29%), range 19-1604 (4-44%)). Nessun paziente ha presentato proteinuria o glicosuria. I valori di creatininemia (mediana 0,7, range 0,4-1,0) e azotemia (mediana 13, range 8-18) si sono mantenuti sempre nel range di normalità, come anche i valori di GFR (valore mediano secondo Shwartz 349 ml/min/1,73m, range 102-559; valore mediano secondo Counahan 248 ml/min/1,73m, range 102-437), sulla base dei valori di normalità di GFR corretti per età ed illustrati in Tabella 3. Nessun paziente ha presentato un evento AIDS definente, nè malattia renale cronica, secondo la classificazione riportata in Tabella 4. Tab. 1 Stima del GFR nei pazienti pediatrici attraverso la creatinina sierica e l’altezza Autore Formula Schwartz et al CCr (ml/min/1,73 m2)=0,55 x altezza (cm)/ SCr (mg/dl) Counahan et al GFR (ml/min/1,73 m2)=0,43 x altezza (cm)/SCr (mg/dl) Cockcroft e Gault CCrCl (ml/min): F x [140 – età in anni] x IBW (kg)/ creatinina sierica (mmol/L) • CCr= clearance creatinina; SCr= creatininemia • Nell’equazione di Schwartz la costante nei bambini di età < 1 anno è 0,45, negli adolescenti è 0,70 64 • IBW= peso corporeo ideale= peso attuale – 45,4 (femmine) o 50 (maschi) + (0,906 per ciascun cm in più di 152,4 cm d’altezza); • F= 1,04 per femmine e 1,23 per maschi daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 2 Caratteristiche dei pazienti al Tempo 0* Parametri Valori mediani (range) Tab. 3 Valori di GFR normali, corretti per età Età e sesso GFR medio ± DS (mL/min/1,73m2) N° pazienti 17 1 settimana (maschi e femmine) Maschi 10 2-8 settimane (maschi e femmine) 66 ± 25 Femmine 7 >8 settimane (maschi e femmine) 96 ± 22 Età, anni 16 (8-24) 2-12 anni (maschi e femmine) 133 ± 27 Peso, kg 51,5 (22,5-67) 13-21 anni (maschi) 140 ± 30 Altezza, cm 160,5 (114-171,5) 13-21 anni (femmine) 126 ± 22 Linfociti T CD4 assoluti, cell/mm3 761,5 (56-1559) Linfociti T CD4 % 27,5 (11-45) Carica virale, copie/mL 829 (<50-262.500) Durata totale NRTI, mesi 146 (45-215) Durata totale HAART, mesi 94 (0-112) Creatinina, mg/dL 0,6 (0,3-0,9) Azotemia, mg/dL 13 (8-26) GFR (Shwartz) 332 (117-492) GFR (Counhan) 254 (105-385) 41 ± 15 Conclusioni C’è necessità di studi prospettici che valutino la storia naturale delle malattie renali in corso di infezione da HIV sia nel paziente adulto che pediatrico. Diverse manifestazioni di danno renale sono state descritte nei pazienti con infezione da HIV, trattati con tenofovir, incluso la sindrome di Fanconi, il diabete insipido e il danno renale acuto. Attualmente la nostra coorte di pazienti con infezione da HIV a trasmissione materno-fetale, in trattamento con HAART contenente tenofovir, non mostra, a 18 mesi di trattamento, cambiamenti della funzionalità renale, in termine di creatini- Tab. 4 Classificazione degli stadi di malattia renale cronica, valida per età superiori a 12 anni Atteggiamento GFR (mL/Min/1,73 m2) Descrizione Stadio 1 >= 90 Danno renale con GFR normale o aumentato Trattare le cause primitive o le concause rallenta la progressione a malattia renale cronica ed il rischio cardiovascolare 2 60-89 Danno renale con lieve diminuzione del GFR Stimare il tasso di progressione a malattia renale cronica 3 30-59 Moderata riduzione del GFR Valutare e trattare le complicanze 4 15-29 Grave riduzione del GFR Considerare una terapia sostitutiva renale 5 <15 (o pz dializzato) Insufficienza renale Terapia renale sostitutiva 65 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 na, azotemia, esame urine e GFR. Numerosi sono comunque i fattori da tenere in considerazione quando si ci occupa di pazienti pediatrici/adolescenti e che devono essere trattati con antiretrovirali, potenzialmente nefrotossici: la minore conoscenza degli eventi avversi da terapia a breve e lungo termine ed il minor peso corporeo che sappiamo correlare maggiormente con l’aumentato rischio di nefrotossicità. Inoltre, soprattutto nei pazienti con minor peso corporeo, i livelli di creatinina sierica sembramo essere un parametro non sufficiente per monitorare la funzionalità renale e pertanto attualmente si raccomanda di calcolare sistematicamente anche la clearance della creatinina. Infine c’è un ampio range di tempo dalla alterazione della clearance alla comparsa dei sintomi, da poche settimane ad anni; e pertanto non potendo predire quando le complicazioni si svilupperanno, è necessario che il clinico rimanga costantemente vigile su tutte le possibili manifestazioni renali, anche nel paziente pediatrico. Contrariamente ad altri possibili eventi avversi, le manifestazioni renali da tenofovir si possono dia- gnosticare precocemente e si risolvono con la sospensione del farmaco. Uno screening appropriato deve quindi essere introdotto nella pratica clinica quotidiana al fine di interrompere, quando necessario, il trattamento e minimizzare le complicanze, soprattutto in pazienti ad alto rischio di sviluppare malattia renale (es. pazienti afroamericani, CD4+ assoluti <200 cellule/mm3 o HIV-RNA >4000 copie/mL, o quelli con co-infezione da HCV, etc.). Appare pertanto opportuno in tutti i pazienti, inclusi quelli pediatrici, in trattamento con o senza tenofovir, un attento monitoraggio biochimico che includa non solo il monitoraggio della creatinina, della azotemia e dell’esame urine, ma anche del lattato, dell’albumina e della fosforemia plasmatica. Trials clinici controllati, prospettici e randomizzati dovranno essere condotti al fine di approndire le conoscenze sulla nefropatia HIVcorrelata ed in questo senso, fondamentali rimangono gli studi di farmacocinetica, sia nel paziente adulto che pediatrico, al fine di definire il dosaggio meno tossico degli antiretrovirali. Bibliografia 1) Guidelines for the Use of Antiretroviral Agents in Pediatric HIV infection. AIDSinfo, October 26, 2006. (http://aidsinfo.nih.gov) 2) Sharland M, Blanche S, Castelli G, et al. on behalf of the PENTA Steering Committee. PENTA guidelines for the use of antiretroviral therapy, 2004. HIV Medicine 2004; 5:61-86 3) Fung HB, Stone EA, Piacenti FJ. Tenofovir disoproxil fumarate: a nucleotide reverse transcriptase inhibitor for the treatment of HIV infection. Clin Ther 2002: 24:1515-1548 4) Tsai CC, Follis KE, Sabo A, et al. Prevention of SIV infection in macaques by (R)-9-(2 phosphonylmethoxypropyl) adenine. 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Bologna Introduzione Ottenere l’aderenza alla terapia antiretrovirale costituisce un obbiettivo primario, specialmente in soggetti portatori d’infezione HIV in cura da diversi anni. La comparsa di effetti collaterali iatrogeni è un’evento relativamente frequente che può fiaccare la volontà di cura dei pazienti HIV positivi. La complessità delle terapie costituisce un fattore con cui ci si deve confrontare in quanto il numero di compresse da assumere quotidianamente ha indotto in diversi pazienti una scarsa aderenza alle cure, con il possibile insorgere di resistenze nel caso “i salti di terapia” superino il 10-15% delle assunzioni mensili. La co-infezione HCV e/o HBV, con la sofferenza epatica conseguente, è fattore importante da considerare nella scelta oculata dei farmaci antiretrovirali. La comparsa di resistenze di classe all’HIV, che si possono instaurare anche dopo pochi anni di terapia, è un’eventualità da prevedere, in quanto il concetto di sequenziazione è stato introdotto recentemente nella pratica clinica. Studi di epidemiologia hanno infatti stimato che circa i 2/3 dei pazienti trattati ha sviluppato resistenza agli antiretrovirali, e tali resistenze sono più frequenti per i farmaci NRTI, rispetto ai PI e ai NNRTI. Il risparmio di opzioni terapeutiche per il futuro costituisce oggi il problema emergente, pertanto la scelta di farmaci con limitata resi- stenza crociata, in particolare per la selezione dei profili TAM 1 e 2, è una necessità strategica specialmente nelle prime linee di terapia. Dal momento che il virus HIV non è eradicabile, l’utilizzo intelligente dei farmaci dovrebbe essere teso a preservare il numero maggiore di opzioni terapeutiche per il futuro. La possibilità di ricostruire, con lunghi follow up, la storia delle terapie di pazienti selezionati è un’ottima opportunità per valutare in quale misura si è trasformato l’approccio alle cure con antiretrovirali nel corso degli ultimi 20 anni. Caso clinico M.G., maschio di 48 anni, ex tossicodipendente, risultato HIV positivo nel 1986. Diagnosi di AIDSpneumocistosi nel dicembre 1996, con associata epatopatia cronica HCV relata. A partire dal 1990 risulta essere stato in terapia con AZT (1200mg.) Tale terapia fu protratta fino al gennaio 1994 quando, a causa di una progressiva anemia iatrogena, fu interrotta. Per due anni il paziente non si sottopose a trattamenti con antiretrovirali aderendo a cure con prodotti omeopatici. Nel settembre del 1996 riprese le terapie con DDI a cui, dopo due mesi, fu associato ritonavir. Si registrò immediatamente un aumento delle amilasi pancreatiche e dei trigliceridi, tali squilibri laboratoristici erano associati ad un quadro di neuropatia periferica agli arti inferiori. Al momento del69 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 l’introduzione del DDI la carica HIV era pari a 88000 copie/ml. e i CD4+ erano 80/mmc (6%). L’introduzione del PI determinò secondariamente la comparsa di diarrea e nausea; con il tempo si osservò la formazione di emorroidi e ragadi anali. Nel corso del 1997 si registrò la crescita progressiva del dosaggio dei trigliceridi sierici (stabilmente sopra i 500mg/dl), mentre i colesteroli HDL e LDL, nonché la glicemia risultavano sempre nella norma. Fu interpellato lo specialista per le malattie metabololiche che prescrisse una dieta e l’utilizzo di olio di pesce, ma il risultato fu modesto. Nel 1997 il dosaggio della carica virale dimostrò una significativa riduzione, persistendo però intorno a valori medi di 3000 copie/ml, mentre i CD4+ si attestavano intorno alle 100 cellule/mmc (8%). Nel gennaio del 1998 il DDI veniva sospeso, e sostituito con D4T, continuava l’alvo diarroico e la nausea, ma si osservava una significativa riduzione dei trigliceridi ( valori medi nel primo semestre intorno ai 250 mg/dl). Durante l’anno ’98 i valori medi trimestrali di CD4+ erano prossimi ai 150/mmc, mentre la carica virale si attestava sulle 2000 copie/ml. Nel mese di luglio veniva associata lamivudina registrandosi però un incremento dei trigliceridi (420mg/dl) e della bilirubina (2.05mg/dl), si segnalava inoltre un peggioramento della diarrea oltre che l’evidenziazione di una progressiva lipodistrofia. Nel primo semestre del 1999 i due controlli effettuati rivelavano carica HIV sotto le 200 copie/ml e CD4+ intorno 190/mmc (11%). Gli importanti effetti collaterali costringevano nel settembre del 1999 ad una sostanziale modifica della terapia con la sospensione della precedente e l’introduzione di indinavir, AZT, HIVID. Questo trattamento fu protratto per circa un anno, osservandosi un rapido e sostanziale miglioramento dell’alvo e della nausea, una riduzione dei trigliceridi, mentre si registrava un ulteriore aumento 70 della bilirubina (3.19mg/dl), la carica virale risultava sempre al di sotto dei livelli di rilevazione, mentre i CD4+ salivano al 12% e successivamente al 16%. Nel mese di luglio del 2000 la bilirubina totale raggiungeva i valori di 4.33mg/dl con la comparsa di ittero, mentre l’acido urico si attestava su valori di 10.8mg/dl. Nonostante la buona risposta immuno-virologica al trattamento (CD4+ 21%, HIVRNA sotto le 200 copie/mmc), alla fine di agosto si decise un cambio di terapia nella speranza di risolvere l’ittero. Pur lasciando AZT si sostituì indinavir e HIVID, associando 3TC e nevirapina. Questo nuovo approccio terapeutico non fu fortunato in quanto si dovette sostituire (dopo sei mesi), NVP con nelfinavir, perchè nel luglio del 2001 si era registrato un rapido incremento della carica virale (91000 copie/ml), nonostante un ulteriore aumento dei CD4+ (187 pari al 24% del pool totale). Con la sospensione della terapia si era colto l’obbiettivo di risolvere l’ittero. La persistenza a due mesi della carica virale alta (83000 copie/ml) indirizzò verso la sospensione del 3TC con ripresa del DDI. Immediatamente ricomparve la neuropatia periferica e si osservò un incremento dei trigliceridi. L’introduzione del PI nelfinavir, a cui aveva seguito la rapida associazione del DDI determinò, già nel novembre del 2001, una discesa della carica virale ( 4500 copie/ml). Nonostante gli effetti collaterali costanti nel corso dell’anno 2002 la terapia con AZT, DDI e nelfinavir fu mantenuta con una buona aderenza da parte del paziente, la viremia però rimaneva a valori relativamente alti: intorno alle 5000 copie/ml, mentre i CD4+ si aggiravano intorno ai 270/mmc. A dicembre fu eseguito un test di resistenza che dimostrò la comparsa di resistenza per tutti e tre i farmaci, per tale motivo si decise nel gennaio del 2003, sulla base delle indicazioni emerse dal test, di daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 sospendere NFV e DDI sostituendoli con lamivudina (al test sensibile) e con LPV boosterato con RTV. Il paziente accusava già da alcuni mesi disturbi del visus, con deficit dell’accomodazione, a cui si associarono nel mese di febbraio fosfeni, scotomi, xerostomia, disfagia ed importante calo ponderale. All’inizio del mese di marzo per l’accentuarsi di tale sintomatologia fu ricoverato nel reparto di malattie infettive ove gli esami dimostrarono uno scompenso diabetico acuto (glucosio sopra 500 mg/dl) associato a glicosuria. Fu impostata una terapia per il diabete con insulina e progressiva introduzione di antidiabetici orali, tale trattamento fu procrastinato dopo la dimissione per più di un anno, sebbene ai controlli ambulatoriali il paziente riferisse saltuariamente episodi indicativi di ipoglicemia. In seguito a questo scompenso diabetico già al momento del ricovero era stata sospesa la TARV. Questa scelta obbligata aveva determinato conseguentemente un importante incremento di HIVRNA (147000 copie/ml) con riduzione dei CD4+ (176/mmc). Nel mese di giugno del 2003 si decise di riprendere la terapia con tenofovir e efavirenz, in quel momento la glicemia era rientrata all’interno dei valori di normalità e già in luglio si osservava una discesa della carica virale (19000 copie/ml). Purtroppo però il paziente decideva autonomamente di sospendere il trattamento dopo un periodo in cui aveva denunciato una bassa aderenza. Tale scelta non aveva però impedito che continuasse a fare i controlli di laboratorio e le visite. Visto la progressione della discesa dei CD4+ dopo dieci mesi decideva la ripresa delle cure, il trattamento veniva incrementato con il reinserimento di nelfinavir. Nel periodo in cui l’aderenza era stata bassa e poi dell’autosospensione i valori viremici erano schizzati sopra le 200000 copie/ml, con un picco di 400000 copie/ml nel dicembre del 2004. Dopo la ripresa delle cure nell’aprile del 2005 la carica virale scendeva immediatamente a 382 copie/ml e poi si stabilizzava sotto le 200 copie/ml (figura n.1). Il successo terapeutico era collegato all’associazione dei seguenti farmaci: tenofovir, Fig. 1 1.000.000 <200 <40 10.000 1.000 100 10 6 6 t-0 se lu g0 -0 6 6 ag m 06 m ar -0 ge n- 5 05 no v- 5 5 5 t-0 se lu g0 -0 m ag ar -0 m 4 04 ge n05 no v- t-0 se lu g -0 4 1 ge n04 m ar -0 4 m ag -0 4 HIV-RNA copie/ml 100.000 71 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Fig. 2 600 Valori Trigliceridi mg/dl 500 400 300 200 100 72 6 6 6 t-0 se lu g0 6 ag -0 m ar -0 m ge n06 5 05 no v- t-0 se 05 5 ag -0 lu g- 5 atazanavir/ritonavir (che aveva sostituito efavirenz), lamivudina, enfuvirtide (T-20). Grazie a questo trattamento si è registrato un progressivo incremento dei CD4+ già nel secondo semestre del 2005, che nel 2006, ai tre controlli trimestrali effettuati, hanno dimostrato sempre valori superiori a 250 cellule/mmc. Gli effetti collaterali si ridussero considerevolmente, si osservò un miglioramento della cenestesi, del peso, con la segnalazione solo di un modesto disagio collegato ai ponfi secondari alle iniezioni di enfuvirtide. Si registrò anche uno stabile decremento dei valori dei trigliceridi rientrati all’interno dei valori di normalità (figura 2); il diabete rimase stabilmente controllato mediante un trattamento con antidiabetici orali e una dieta ipoglicidica. Nel febbraio del 2006 lamivudina è stata sostituita con emtricitabina. Tale sostituzione ha consentito un trattamento once a day in associazione con tenofovir. Il monitoraggio mensile della creatinina non ha mai dimostrato indicazioni di danno renale. Ai controlli clinici si è potuto apprezzare un arresto della progressione della lipodistrofia, mentre la neuropatia periferica, segnalata stabilmente negli anni precedenti, risul- m ar -0 m 4 04 ge n05 no v- t-0 se 04 lu g- ge n04 m ar -0 4 m ag -0 4 0 tava migliorata sensibilmente. Il trattamento con tenofovir era stato validato da due tests di resistenza, effettuati rispettivamente nell’aprile e nel dicembre del 2004, che dimostravano l’efficacia del farmaco. Questa efficacia era stata confermata nei due esami anche per lamivudina. Per atazanavir il test del dicembre 2004 aveva dimostrato una possibile resistenza, che avevamo ritenuto superabile se il farmaco fosse strato somministrato boosterato con ritonavir. La scelta di sostituire efavirenz era collegata ad una resistenza documentata nei due tests del 2004. All’ultimo controllo effettuato in ottobre 2006 il paziente riferisce buone condizioni generali con HIV-RNA sotto le 40 copie/ml, CD4+ pari al 15% del pool di linfociti (n.t. 310). Discussione e conclusioni Il caso presentato dimostra quanto possano essere complesse ed articolate le problematiche cliniche e laboratoristiche riscontrabili nei pazienti HIV positivi in trattamento con farmaci antiretrovirali daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 da molti anni. Questo paziente ha accusato fin dall’inizio delle cure effetti collaterali di notevole entità che lo hanno esposto, tra l’altro, ad un notevole stress psico-fisico, ma che, nonostante tutto, a distanza di 20 anni dalla dimostrazione dell’avvenuta infezione ed a 16 dall’inizio delle terapie lo vedono ancora disponibile a sottoporsi alle cure. La prima terapia con zidovudina, somministrata all’epoca ad alti dosaggi, fu interrotta a causa di un’anemia importante che indusse nel paziente per circa due anni, tra il 1994 e il 1996, un’atteggiamento di sfiducia tale da spingerlo verso cure omeopatiche. Questo approccio rinunciatario fu superato in quanto lo stato d’immunodeficienza si era talmente consolidato da portarlo, nel corso del 1996, ad un ricovero in ambiente ospedaliero per un episodio di pneumocistosi. Nel quarto trimestre del ‘96, con l’avvento dei farmaci PI, riprese la TARV con DDI e ritonavir, ma pressoché immediatamente comparvero gravi effetti collaterali tipici della terapia con RTV, associati ad un significativo incremento di amilasi pancreatiche e trigliceridi, che costrinsero alla sospensione di DDI sostituito con D4T. Questo farmaco costituì la causa dello sviluppo di una grave e progressiva lipodistrofia, ma garantì per la prima volta, con il rinforzo di un terzo farmaco (lamivudina), la non dosabilità della carica HIV. Il persistere dell’alvo diarroico associato a nausea, con il quale il paziente aveva convissuto dall’inizio della terapia con ritonavir, unitamente alle emorroidi che secondariamente si erano manifestate, portò alla sua sostituzione con indinavir. Questa scelta determinò un miglioramento dell’alvo, ma provocò la comparsa di ittero e l’incremento dell’ac. urico. Visto il nuovo effetto collaterale si tentò lo switch verso nevirapina, nonostante il paziente fosse portatore di epatopatia cronica HCV relata con valori però delle transaminasi normali. Il farmaco NNRTI non procurò particolari problemi, ma la rapida ripresa della replicazione virale indusse l’esecuzione di un test che ne dimostrò la resistenza. Si decise di tornare a farmaci PI optando per un farmaco, il nelfinavir, che poteva essere utilizzato senza problemi in caso di epatopatia cronica. Questo PI, unitamente a AZT e DDI, fu utilizzato per 18 mesi, ma la rilevazione di una persistente carica virale alta indusse la ripetizione del test di resistenza che dimostrò la mancata efficacia sia del DDI che del nelfinavir, costringendo alla loro sostituzione con lamivudina e lopinavir/ritonavir. La nuova terapia dovette essere sospesa a causa dell’instaurarsi di un grave scompenso metabolico con glicemia schizzata a valori superiori a 500 mg/dl e chetoacidosi grave che costrinse ad un ricovero ospedaliero. Il paziente, che si è sempre dimostrato notevolmente collaborativo, in seguito a quest’ultima vicenda cominciò ad accusare una certa sfiducia con un deterioramento sul piano psicologico, tanto da ridurre significativamente il grado di aderenza alla TARV e in seguito ad autosospendersi per 10 mesi i farmaci antiretrovirali. Ciò avvenne nonostante l’evidenza che dopo la dimissione, grazie alla ripresa della terapia con tenofovir e efavirenz, si era ottenuto un abbattimento della carica HIV, ma il deterioramento psicologico in quella fase era particolarmente importante e questo risultato positivo non era stato sufficiente a rimotivarlo. L’ esecuzione del test di resistenza con la comparsa della mutazione K103 aveva peraltro “bruciato” anche efavirenz, pertanto le prospettive terapeutiche, con la dimostrata resistenza anche per la classe dei PI, con l’eccezione di atazanavir, si erano ridotte significativamente tanto da contribuire a scoraggiare il paziente. Questi tuttavia continuava a fare trimestralmente gli esami mantenendo un buon rapporto con i medici curanti. 73 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Il test eseguito nel dicembre del 2004 lasciava comunque aperta una via di fuga, infatti non si dimostrava resistenza oltre che per atazanavir anche per lamivudina e per tenofovir. Si rinforzò il counseling mirato ad aumentare il grado di motivazione, questa particolare attenzione sortì l’effetto di riavvicinarlo alle terapie. Quando furono riprese le cure i risultati sul piano immuno-virologico furono immediatamente buoni e l’aderenza alle cure si confermò alta. Con il nuovo piano terapeutico non si sono verificati gli effetti collaterali registrati ripetutamente in precedenza (anemia, diarrea, nausea), i trigliceridi sono rientrati all’interno dei valori di normalità, il diabete è stato controllato solo con la terapia orale e la dieta, inoltre è scomparsa la neuropatia periferica. La possibilità di praticare una terapia once a day ha rinforzato la sua volontà di cura. L’introduzione del farmaco inibitore di fusione T20 nel protocollo terapeutico ha ulteriormente potenziato la terapia, e il disturbo correlato alla somministrazione per la via iniettiva sottocutanea non ha per ora demotivato il paziente. Infine la sostituzione di lamivudina con emtriva, associata a tenofovir in un’unica compressa, terapia once a day, ha permesso di ridurre ulteriormente il carico di compresse. In conclusione il caso presentato è paradigmatico in quanto nei 16 anni trascorsi dall’inizio della cura ha attraversato, molte delle problematiche collegate all’evolversi della terapia antiretrovirale. L’attuale scelta terapeutica, costituita da farmaci che presentano un modesto impatto da un punto di vista metabolico, pur garantendo potenza è ben accetta per la modalità di assunzione once a day nella maggioranza dei farmaci utilizzati. Da 17 mesi il paziente ha una carica virale non 74 rilevabile, con CD4+ in aumento costante fino all’attuale numero di circa 300 cellule/mmc. Per quanto riguarda l’utilizzo di tenofovir, farmaco TA-sparing, non sono stati registrati i danni renali, collegati alla sofferenza a livello del tubulo prossimale, descritti in alcuni casi. Infine vorremmo sottolineare la scelta di avere associato tenofovir a ATZ/RTV. Si è visto che tenofovir interagisce sinergicamente con questi PI oltre che con lopinavir, e in questo caso le sue concentrazioni plasmatiche aumentano del 30-35% incrementando, conseguentemente, la sua potenza anti HIV. Il meccanismo suggerito sarebbe il seguente: essendo tenofovir eliminato per il 7080% dal rene, si è ipotizzato che i citati PI, inibendo l’attività del carrier MRP2, coinvolto nel meccanismo di secrezione attivo del TDF a livello del rene prossimale, consentirebbe un aumento di concentrazione sierica del farmaco. Questa opzione terapeutica interessante deve essere comunque ben monitorata con controlli della creatinina (clearance) e fosfaturia per rilevare precocemente una subentrante patologia renale. Le terapie per l’infezione HIV indubbiamente costituiscono un banco di prova importante per gli infettivologi, le numerose opzioni terapeutiche che sono oggi disponibili, unitamente alla possibilità di eseguire test di resistenza, possono garantire, anche in caso di gravi effetti collaterali, possibilità di cura importanti. Perché ciò avvenga è però sempre determinante ottenere la collaborazione del paziente, cosa non sempre facile ma, con una buona comunicazione, è possibile motivare, anche nei casi difficili come quello presentato, ottenendo risultati che lasciano aperta una prospettiva di vita a chi forse, alcuni anni fa, si sarebbe arreso. daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Bibliografia 1) Gallant J.E., Dejesus E., Arribas J.R. et al. Tenofovir DF, Emtricitabine, and Efavirenz vs. Zidovudine, Lamivudine, and Efavirenz for HIV. N Engl J Med 2006;354:251-60 2) Gallant J.E., Staszewski S., Pozniak A.L.,et al. Efficacy and safety of tenofovir DF vs. stavudine in combination theraphy in antiretroviral naive patients: a 3-hear randomized trial. JAMA 2004; 292:191-201 3) Roling J., Schmid H., Fischereder M., Draenert R., Goebel F.D. HIV-Associated Renal Diseases and Highly Active Antiretroviral Therapy-Induced Nephropathy. CID 2006;42:1488-95 4) Madeddu G., Quirino T., Carradori S., et al. Tossicità renale in pazienti con infezione da HIV in trattamento con HAART contenente tenofovir. Infez. Med. 2006;3: 5) Zimmermann AE., Pizzoferrato T., Bedford J. et al. Tenofovir-associated acute and chronic kidney disease: a case of multiple drug interactions. Clin Infect Dis 2006;42:283-90 6) Izzadine H. Launay-Vacher V., Deray G. Renal tubular transporters and antiviral drugs: an uptade. AIDS 2005;19:455-62 7) Gaspar G., Monereo A., Garcia-Reyne A., et al. Fanconi sindrome and acute renal failure in a patient treated with tenofovir: a call for caution. 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Clin Infect Dis 2003; 37:113-28 75 daMa 76 Volume I • Numero I • Gennaio 2007 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Efficacia, tollerabilità, sicurezza e maneggevolezza di tenofovir: 44 mesi di esperienza clinica Salvatore Sollima Dirigente Medico di I livello, Istituto di Malattie Infettive e Tropicali Università di Milano, Ospedale Luigi Sacco Ormai da un decennio, l’avvento di nuovi farmaci antiretrovirali da utilizzare in regimi di combinazione ha radicalmente cambiato la prognosi dell’infezione da HIV, riducendo drasticamente la morbilità e la mortalità HIV-correlate. Tuttavia, diversi di questi farmaci hanno mostrato dei limiti in termini di efficacia a lungo termine, tossicità acuta e cronica, comodità di assunzione (numero di pastiglie, frequenza di somministrazione, restrizioni dietetiche), interazioni farmacologiche, sviluppo di resistenza crociata. In questo scenario, la disponibilità di tenofovir, prima come preparato singolo (Viread®) e poi in combinazione a dose fissa con emtricitabina (Truvada®), ha rappresentato un passo avanti nella risoluzione di queste problematiche. In base ai risultati di diversi studi clinici, molteplici linee guida per il trattamento dell’infezione da HIV raccomandano la combinazione tenofovir/emtricitabina (TDF/FTC) come uno dei backbone di scelta nei regimi terapeutici di prima linea. In uno studio di confronto con stavudina e in associazione con lamivudina ed efavirenz nei pazienti naive, TDF è risultato ugualmente efficace ma associato a un miglior profilo lipidico e a una minor incidenza di lipodistrofia (1). Nello studio Gilead 934, in associazione a efavirenz nei pazienti naive, TDF/FTC è risultato superiore a zidovudina/lamivudina in termini di soppressione virale, recupero dei CD4, tollerabilità, impatto sull’assetto lipidico e incidenza di lipoatrofia; inoltre, nessun paziente ha sviluppato la mutazione K65R in caso di fallimento virologico nè alterazioni della funzionalità renale (2,3). Anche in associazione con lopinavir/ritonavir nei pazienti naive, il backbone TDF/FTC si è dimostrato efficace e sicuro (4). Infine, anche nei pazienti experienced con multiple mutazioni di resistenza agli NRTI, TDF ha determinato una significativa riduzione della carica virale (5). Per quanto riguarda la comparsa di tossicità renale in pazienti in trattamento con TDF, essa sembra essere un evento raro e, nella maggior parte dei casi, correlato alla presenza di fattori di rischio quali una disfunzione renale preesistente o una terapia concomitante con farmaci nefrotossici (6-8) . Ho voluto riportare la mia esperienza con TDF relativa a una popolazione di pazienti con infezione da HIV che seguo presso gli ambulatori di malattie infettive dell’Ospedale L. Sacco. Dall’esame delle cartelle cliniche è emerso che, al 31 ottobre 2006, 101 pazienti risultavano in trattamento con TDF. Di questi, 76 erano maschi e 25 femmine, con un’età mediana di 43 anni (range 25-76). Il fattore di rischio per l’acquisizione dell’infezione da HIV risultava essere la tossicodipendenza ev in 41 casi, l’omosessualità in 21, l’eterosessualità in 34 e altro o ignoto in 5. La durata mediana dell’infezione da HIV era di 144 mesi (range 12-276). In base alla storia clinica, 21 pazienti risultavano avere avuto una patologia indicativa di AIDS, mentre, sulla base della positività per HbsAg nel siero da almeno 6 mesi, 5 risultavano avere un’infezione cronica da HBV. 77 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 1 Caratteristiche dei pazienti Caratteristiche Pazienti N = 101 Sesso Tab. 2 Farmaci associati a tenofovir Farmaci Pazienti N = 101 NRTI M 76 Abacavir 5 F 25 Emtricitabina 73 Didanosina 17 Età (anni) (Mediana) (43) Lamivudina 3 (Range) (25-76) Stavudina 3 Zidovudina 1 Fattore di rischio per HIV Tossicodipendenza ev 41 Omosessualità 21 Efavirenz 56 Eterosessualità 34 Nevirapina 8 Altro 5 Atazanavir 2 Durata dell’infezione da HIV (mesi) NNRTI PI (Mediana) (144) Atazanavir/ritonavir 20 (Range) (12-276) Fosamprenavir/ritonavir 1 Lopinavir/ritonavir 14 AIDS No 80 Nelfinavir 1 SI 21 Saquinavir/ritonavir 1 HbsAg No 96 Si 5 Ragione della terapia con TDF N 9 F 28 S 28 A 36 Durata della terapia con TDF (mesi) (Mediana) (12) (Range) (1-44) Interruzione di TDF Fallimento virologico 3 Evento avverso 7 N = naive prima della terapia; S = semplificazione; F = fallimento; A = altro. 78 NRTI = inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa; NNRTI = inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa; PI = inibitori della proteasi. Le ragioni che avevano portato a instaurare una terapia antiretrovirale con un backbone contenente TDF erano rappresentate dall’inizio di un trattamento nel paziente naive in 9 casi, dalla modificazione della terapia in presenza di fallimento virologico in 28, dalla semplificazione terapeutica in 28, dalla modificazione del regime attuale per un motivo diverso dalla semplificazione (lipodistrofia, dislipidemia, tossicità in generale, compliance, interazioni farmacologiche, ripresa della terapia dopo un periodo di interruzione) in 36. In alcuni casi, a un fattore “primario” (lipodistrofia) si associava un fattore “secondario” (semplificazione) nel determinare la scelta terapeutica. In pre- daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 3 Eventi avversi con interruzione di tenofovir Pazienti N = 7 Eventi avversi *In un paziente la diarrea si associava a colestasi. trattamento con TDF era di 12 mesi (range 1-44). Dieci pazienti avevano dovuto interrompere TDF per fallimento virologico (3 casi) o eventi avversi (7). Un paziente in fallimento virologico mostrava la mutazione K65R. La diarrea rappresentava l’evento avverso più frequente. I principali dati demografici e terapeutici dei pazienti sono riportati nelle Tabelle 1 e 2, mentre gli eventi avversi associati all’interruzione di TDF sono illustrati nella Tabella 3. senza di fallimento virologico la scelta della nuova combinazione di farmaci era stata fatta sulla base dei risultati dei test di resistenza genotipica in tutti i casi tranne 3. Le mutazioni di resistenza agli NRTI più frequenti, variamente associate fra loro, erano la M184V (22 casi), la K70R (13), la T215Y/F (14), la K219Q/E (12), la D67N (12), la M41L (9), la L210W (3), mentre altre comparivano solo una volta. Per quanto riguarda i regimi di terapia, la combinazione più frequente risultava essere TDF + emtricitabina + efavirenz. La durata mediana del Nei pazienti che hanno iniziato un regime di terapia comprendente TDF sono stati verificati i valori di HIV-RNA e di CD4 al baseline e ai mesi 6, 12, 24 e 36, nonché l’andamento temporale della funzionalità renale attraverso la misurazione della creatinina sierica e del filtrato glomerulare (GFR). L’analisi di questi parametri è stata effettuata sul gruppo di pazienti in trattamento ai diversi time point. Dei 101 pazienti che avevano iniziato TDF, quelli che avevano raggiunto 6, 12, 24 e 36 mesi di trattamento, erano, rispettivamente, 86, 51, 30 e 11. Rispetto al baseline, la carica virale mediana era Diarrea* 3 Vomito 1 Nefrolitiasi 1 Malessere 1 Ipertransaminasemia 1 Fig. 1 Andamento temporale della conta mediana dei CD4 600 500 CD4/mL 400 300 200 100 0 0 6 12 24 36 mesi 79 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 diminuita da 80 copie/mL a un livello inferiore al limite di rilevazione della metodica (<50 copie/ml, b-DNA, Chiron Inc.) già al mese 6, mantendosi tale (range 49-444) al mese 36. La conta mediana dei CD4 era aumentata da 396 cellule/µL (range 53-927) al baseline a 503 cellule/µL (range 3091031) al mese 36 (Figura 1). Per quanto riguarda la funzionalità renale, la creatinina sierica mediana risultava 0,8 mg/dL (0,51,4) al baseline, e tale si manteneva ai mesi 6, 12 e 24, aumentando a 0,9 mg/dL (0,6-1) al mese 36. Il GFR mediano mostrava una modesta riduzione dal baseline al mese 36, passando da 110 mL/min (42-183) a 96 mL/min (51-126) quando calcolato con la formula di Cokcroft-Gault (CG), e da 105 mL/min (59-164) a 97 mL/min (67-122) quando calcolato con la formula MDRD (Figura 2). Le variazioni di creatinina e GFR sono state analizzate statisticamente mediante il test non parametrico di Wilcoxon per campioni appaiati. Non è emersa alcuna differenza significativa fra i valori rilevati ai diversi time point rispetto al baseline. Anche ripetendo l’analisi dopo stratificazione dei pazienti per sesso e fasce d’età (20-40, 41-60, >61 anni) non sono state riscontrate variazioni statisticamente significative. Una stratificazione sulla base dei farmaci antiretrovirali diversi da TDF non è stata effettuata. In conclusione, l’ampio uso di TDF nella pratica clinica, sia nei pazienti naive che in quelli experienced, ha confermato i dati di efficacia, tollerabilità e sicurezza emersi dagli studi clinici. Inoltre, la disponibilità di una combinazione a dose fissa con FTC (e a breve anche con efavirenz) da assumere come unica compressa in monosomministrazione giornaliera rappresenta un mezzo efficace per favorire l’aderenza del paziente alla terapia antiretrovirale e garantire così il successo terapeutico nel tempo. Infine, un’appropriata selezione dei pazienti, la verifica della funzionalità renale al baseline e il monitoraggio accurato della stessa, dovrebbe ridurre al minimo il rischio di tossicità renale, consentendo un uso sicuro e duraturo del farmaco. Fig. 2 Variazione del GFR mediano nell’arco di 36 mesi . 120 GFR (mL/min) 100 80 CG (mL/min) MDRD (mL/min) 60 40 20 0 0 6 12 mesi 80 24 36 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Bibliografia 1. Gallant JE, Staszewski S, Pozniak AL, et al. Efficacy and safety of tenofovir DF vs stavudine in combination therapy in antiretroviral-naive patients: a 3-year randomized trial. JAMA 2004;292:191-201. 2. 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Clin Infect Dis 2006;1656-7. 81 daMa 82 Volume I • Numero I • Gennaio 2007 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Il tenofovir nella terapia antiretrovirale: osservazioni sulla possibile nefrotossicità del farmaco Pellicanò G, Santoro M, Lo Presti MR, Albanese A, Mondello P, D’Argenio L, Sturniolo G Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive - Policlinico Universitario di Messina Introduzione La terapia antiretrovirale (TARV) al giorno d’oggi sostanzialmente si prefigge lo scopo di interferire con due attività enzimatiche HIVspecifiche, la proteasi e la transcriptasi inversa; ciò attraverso l’impiego di farmaci specifici, gli inibitori dell’attività proteasica di HIV (PI) e, rispettivamente, i nucleosidici (NRTI) ed i nonnucleosidici (NNRTI) della transcriptasi inversa; in tempi più recenti l’inserimento del tenofovir disoproxil (TDF) ha segnato la nascita di una nuova famiglia di antiretrovirali, quella degli inibitori nucleotidici (NtRTI); solo in casi selezionati e numericamente modesti è indicato interferire con la risistemazione strutturale della gp41 di HIV mediante la somministrazione di enfuvirtide. Il TDF, che attualmente rappresenta l’unico componente degli NtRTI, presenta caratteristiche farmacologiche, che gli conferiscono la capacità di svolgere la sua attività antivirale con maggiori prontezza ed efficienza rispetto ai NRTI(1) a fronte della possibilità di essere somministrato per via orale unum in die; inoltre, ricerche in vitro, effettuate in un confronto con gli NRTI, ne hanno dimostrato il modesto grado di tossicità(2). Tali caratteristiche ne hanno fatto sin dalla sua prima introduzione negli Stati Uniti un farmaco di notevole interesse nella TARV(3). Tuttavia, dalle esperienze maturate nel corso dei primi anni di impiego in terapia sono derivate segnalazioni circa la possibile insorgenza della forma acquisita della sindrome di Fanconi (aSF), o, più genericamente, di danno renale di vario grado(4-8) ed, episodicamente, nefrolitiasi, specie dopo qualche tempo dall’avvio della TARV contenente TDF(9). Pertanto, al fine di valutare l’eventuale presenza di impegno renale, senza per questo perdere di vista l’efficacia terapeutica del farmaco, abbiamo ritenuto di esaminare retrospettivamente la nostra casistica di soggetti con infezione da HIV che hanno praticato regimi di TARV contenenti TDF. Casistica Tra tutti i pazienti che tra l’aprile 2004 e l’ottobre 2006 hanno praticato TARV contenente TDF per almeno tre mesi, abbiamo selezionato i 26, 4 femmine e 22 maschi, in età compresa tra 25 e 58 anni (mediana 42,5), che all’inizio della TARV contenente TDF non presentavano livelli di creatininemia (SCr) eccedenti i valori di riferimento della metodica, di routine impiegata presso la nostra Unità Operativa Complessa; 9 di essi erano naive, mentre 17 avevano dovuto modificare le precedenti TARV per il verificarsi di effetti collaterali e/o fallimento terapeutico (tab. 1). Durante il periodo dello studio quattro pazienti avevano presentato eventi morbosi di un qualche rilievo per i quali erano stati sottoposti a tratta83 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 menti diversi dalla TARV (tab. 2); nessun altro ha praticato terapie diverse dalla TARV eccezion fatta per l’episodica autosomministrazione di FANS (in prevalenza nimesulide). Nell’ambito delle indagini cui di routine i pazienti vengono sottoposti, ai fini del presente studio sono stati presi in considerazione i rilievi quadrimestrali di: a) HIV- carica virale (VL); b) numero assoluto delle cellule CD4+ circolanti (CD4/ml); c) SCr e clearance della creatinina endogena (ClSCr), quest’ultima calcolata secondo la formula di CockroftGault; d) fosfatemia (PO4). In tutti i casi l’ultima determinazione dei test considerati è stata effettuata tra l’agosto e l’ottobre 2006. La determinazione della carica virale, previa estrazione automatica (Nuclisens Extractor BioMerieux), è stata eseguita secondo il metodo Nucleic Acid Sequenze Based Amplification (NASBA); la quantità di RNA amplificato è stata determinata in elettrochemiluminescenza mediante Nuclesins Reader Bio-Merieux. In rapporto con la sensibilità del metodo impiegato per la determinazione del VL, abbiamo definito con il termine “undetectable” ogni reperto <40 copie/ml; i rimanenti esami di laboratorio sono stati effettuati facendo ricorso a metodi di routine. Risultati In nessun caso è stato necessario sospendere TDF per l’insorgere di effetti collaterali, per scarsa compliance da parte dei pazienti od altra causa e tutti stavano ancora praticando i regimi terapeutici nei singoli casi adottati all’inizio dell’osservazione. I dati relativi all’andamento dei parametri di laboratorio considerati sono schematicamente riportati nei grafici 1-3. A parte la risposta terapeutica riguardo a VL e CD4+, che non rappresentava oggetto diretto del 84 Tab. 1 Pz. n. TARV 1 FTC-TDF-EFV 2 3TC-TDF-LPV/r 3 FTC-TDF-EFV 4 FTC-TDF-ATV/r 5* FTC-TDF-LPV/r 6* FTC-TDF-EFV 7 3TC-TDF-LPV/r-ENF 8* FTC-TDF-LPV/r 9 3TC-TDF-EFV 10* FTC-TDF-LPV/r 11 FTC-TDF-NFV 12* FTC-TDF-LPV/r 13 FTC-TDF-TPV/r-ENF 14 3TC-TDF-NVP 15 3TC-TDF-NVP 16* 3TC-TDF-LPV/r 17* FTC-TDF-fAPV/r 18* FTC-TDF-EFV 19 FTC-TDF-ATV-fAPV/r 20 3TC-TDF-LPV/r 21 3TC-TDF-EFV 22* FTC-TDF-fAPV/r 23 FTC-TDF-fAPV/r 24 3TC-TDF-ATV/r 25 FTC-TDF-fAPV/r-ENF 26 3TC-TDF-NVP 3TC: lamivudina; TDF: tenofovir; FTC: emtricitabina; EFV: efavirenz; NVP: nevirapina; NFV: nelfinavir; LPV: lopinavir; fAMP: fosamprenavir; ATV: atazanavir; TPV: tipranavir; r: ritonavir (booster); ENF: enfuvirtide * naive daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 2 Valori di funzionalità renale al baseline e al termine del follow-up nei pazienti inclusi nello studio Paz. n. Diagnosi Terapia 2 CAP sulbactam/ampicillina – g 1/g2 e.v. x 3/die per 8 giorni + azitromicina – mg 500 e.v./die per 3 giorni; quindi la medesima dose per os per 5 giorni 9 cistopielite da E. coli levofloxacina – 500 mg per os/die per 5 giorni 20 CAP sulbactam/ampicillina – g 1/g2 e.v. x 3/die per 8 giorni + azitromicina – mg 500 e.v./die per 3 giorni; quindi la medesima dose per os per 5 giorni 26 enterite acuta reidratante nostro studio, ma che ha comunque presentato risultati positivi, l’andamento di SCr, ClSCr e PO4 si è mantenuto sostanzialmente stabile nel tempo e non ha presentato alcuna variazione tra l’inizio e la fine dell’osservazione. Considerazioni e conclusioni Come già ricordato nelle premesse, nella letteratura relativa al TDF esistono segnalazioni di effetti collaterali di varia entità a carico del rene, che vanno da modeste alterazioni, solo funzionali e del tutto prive di possibili ripercussioni sul piano clinico, a gravi compromissioni, per lo più funzionali, del rene, tutte comunque riconducibili ad un prevalente interessamento del tubulo prossimale 10-13 e che talora possono configurare il quadro della aSF(4,5,14). I meccanismi patogenetici dell’impegno renale da TDF, peraltro comuni agli altri analoghi nucleotidici, sono già da tempo in gran parte noti e sembrano essere riconducibili all’interferenza con i meccanismi attivi di escrezione tubulare del farmaco, mentre nessuna responsabilità in tal senso sembra da ascrivere all’altra importante via di eliminazione del farmaco, la filtrazione tubulare. Tale processo, considerato nella sua globalità, non può che svolgersi in due fasi. In una prima fase ha luogo la penetrazione della molecola nel milieu intracellulare, certamente con un meccanismo attivo mediato dall’intervento di un trasportatore anionico (hOAT1), nei cui confronti TDF possiede un’elevata affinità(15), con il quale con ogni probabilità coopera un secondo trasportatore, analogo al precedente, hOAT3, che, sebbene caratterizzato da minore affinità con il farmaco è espresso in quantità molto maggiore rispetto al precedente a livello del polo vascolare delle cellule dell’epitelio del tubulo prossimale del rene(16). Tuttavia, l’interferenza con i processi che regolano la penetrazione intracellulare di TDF può ragionevolmente giustificare solo un accumulo sistemico del farmaco, ma difficilmente è in grado di spiegare l’insorgenza di un deficit escretorio da parte del tubulo prossimale, che, invece, è certamente attribuibile ad un difetto dell’efflusso di TDF dal polo apicale verso il lume tubulare(17); in questo senso, una ridotta efficienza di un secondo sistema di trasportatori, i multidrug resistance-associated protein (MRP), ed, in particolar modo, il tipo 4 piuttosto che il 218, con cui potrebbe cooperare la glicoproteina P (Pgp)(19) potrebbe spiegare adeguatamente il fenomeno. Tuttavia, a fronte di tali presupposti teorici, nella nostra casistica non è stato evidenziato alcun indi85 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 zio di interessamento del tubulo prossimale, né di altre strutture dell’emuntorio renale. Al riguardo è certamente da osservare che l’entità della casistica è relativamente contenuta, ciò nono- stante, il fatto trova una sua giustificazione già in studi in vitro sui possibili effetti collaterali del farmaco: i già citati dati sperimentali di Cihlar et al. inducono a ritenere che TDF sia scarsamente tos- Grafico 1. Andamento nel tempo della media della risposta virologica 1.000.000 100.000 copie/ml 10.000 1.000 100 10 1 0 4 8 12 16 20 24 28 32 24 28 32 mesi Grafico 2. Andamento nel tempo della media dei livelli di cellule CD4+ circolanti 700 600 CD4+/ml 500 400 300 200 100 1 0 4 8 12 16 mesi 86 20 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 sico nei confronti di diversi tessuti umani e, tra questi, l’epitelio del tubulo renale prossimale(2); nella medesima direzione si pongono le ricerche di Birkus et al. che dimostrano l’assenza di tossicità mitocondriale da parte di TDF(20); infine, conclusioni sostanzialmente analoghe caratterizzano le indagini sugli animali, effettuati dalla stessa Ditta produttrice del farmaco, che hanno dimostrato che TDF è in grado di indurre danni a carico del rene solo in occasione dell’attuazione di schemi posologici da 2 a 20 volte superiori rispetto a quelli impiegati nell’uomo(21). Del resto, anche ricerche in vivo sembrano condurre ad analoghe conclusioni: in un follow up clinico, protrattosi per 144 settimane, Gallant et al. non hanno riscontrato valori di SCr significativamente differenti tra i pazienti naive che ricevevano TARV contenente TDF rispetto a quelli che venivano trattati con TARV contenente stavudina(3); analogamente, nessun segno di rilevante compromissione renale è stata segnalata in altri studi del mede- simo tenore(22,23). In questo contesto restano, comunque, da inquadrare le segnalazioni relative ai vari gradi di nefropatia oggettivamente documentate in corso di TARV contenente TDF, nella cui patogenesi è stato segnalato il possibile ruolo, quanto meno in qualità di concausa, di farmaci associati, o componenti la TARV stessa. Primo tra questi il ritonavir (RTV), che già da solo presenta una potenziale nefrotossicità(24) e che in associazione con il lopinavir (LPV) si è dimostrato in grado di aumentare di circa il 34% l’area sotto la curva di TDF(25); un ulteriore farmaco antiretrovirale, la didanosina (ddI), anch’esso potenzialmente nefrotossico(26), è stato chiamato in causa nell’insorgenza di grave acidosi e di insufficienza renale in un paziente, allorché TDF è stato associato a ddI nel contesto di una TARV(27). A nostro avviso, però, la mera associazione tra molecole diverse, anche se potenzialmente nefrotossiche non può essere invocata quale automatica Grafico 3. Andamento nel tempo della media della fosfatemia (PO4), della creatininemia (SCr) e della clearance della creatinina endogena (SCr) 1.000 P04 copie/ml 100 10 SCr CISCr 1 0,1 0 32 mesi 87 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 causa del danno renale, che pure occasionalmente si verifica in pazienti che assumono TDF; se così non fosse sarebbe ragionevole ritenere che, stante la vasta diffusione di RTV quale booster di LPV e di altri PI (nella nostra casistica il 50% dei pazienti ricadevano in tale condizione - tab. 1), nefropatie iatrogene sarebbero riscontrate in casi ben più numerosi degli attuali. Parimenti, non riteniamo che, nella medesima direzione, la durata della somministrazione di TDF possa presentare significativa rilevanza: nella casistica di Peyriere et al i primi segni di interessamento renale si erano manifestati in un arco di tempo estremamente variabile, compreso tra la 5a e la 64a settimana di terapia(11). È nostro convincimento che fattori diversi possano intervenire a modificare l’ottimale secrezione tubulare di TDF e, di conseguenza, essere poten- ziale causa di nefropatie TDF-correlate; ciò potrebbe realizzarsi verosimilmente tramite l’interferenza con i sistemi di trasporto attivo che condizionano l’efflusso della molecola dal polo apicale, piuttosto che la sua penetrazione attraverso quello basale, della cellula epiteliale del tubulo renale prossimale. In definitiva, sul piano pratico ed in accordo con Winston e Shepp(28), riteniamo che TDF possa essere somministrato senza ragionevoli perplessità, indipendentemente dalla TARV cui si ritiene di associarlo; è, piuttosto, consigliabile che, al pari di quanto si suole fare in numerosi altri regimi terapeutici ed al fine di attuare gli idonei aggiustamenti posologici, i routinari indici di funzionalità renale vengano sottoposti a periodica verifica, in particolar modo nei pazienti con nefropatie di qualche significato. 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In seguito all’introduzione della HAART, si è assistito ad una drammatica riduzione della morbilità e della mortalità associate alla infezione da HIV-1(3-5) ed al miglioramento delle nefropatie HIV correlate (HIVAN) (6). A fronte dei benefici descritti tuttavia, l’aumentata sopravvivenza dei pazienti con infezione da HIV e la prolungata esposizione alla HAART hanno promosso lo sviluppo di tossicità a lungo termine quali diabete, iperlipidemie ed ipertensione con conseguente sviluppo di alterazioni vascolari e diminuita funzionalità renale (7-10). Inoltre, la crescente esposizione dei soggetti HIV positivi ad un elevato numero di molecole antiretrovirali può essere associata allo sviluppo di nefropatia da farmaci con caratteristiche specifiche per singola molecola. È quindi necessario ridefinire le alterazioni renali nei pazienti HIV positivi anche in considerazione dei possibili cambiamenti avvenuti dopo l’introduzione dei regimi HAART, al fine di ottimizzare i trattamenti antiretrovirali e prevenire lo sviluppo di nuove complicanze. Meccanismi patogenetici di danno renale nell’infezione da HIV I meccanismi patogenetici di sviluppo di alterazione della funzionalità renale nella popolazione sieropositiva sono molteplici e possono essere correlati a meccanismi di danno diretto o indiretto dell’infezione da HIV. Tali alterazioni sono difficilmente accertabili solo sulla base delle manifestazioni cliniche e la biopsia renale risulta infatti l’unico strumento disponibile per la determinazione della patogenesi del danno. Nefropatia HIV correlata (HIVAN) La nefropatia HIV correlata (HIVAN) è una sindrome caratterizzata da glomerulosclerosi focale associata a severa proteinuria, insufficienza renale e rapida progressione a malattia renale di fase avanzata (ERDS)(11). Nella popolazione HIV positiva tale sindrome, rappresenta una delle cause principali di ESRD. Le manifestazioni cliniche di tale sindrome includono insufficienza renale avanzata e proteinuria (che può raggiungere livelli > 3 g/die) (12). Malgrado il riscontro di tali reperti clinici sia indicativo la biopsia renale è l’unico strumento utilizzabile per una diagnosi di certezza. Le caratteristiche istologiche patognomoniche includono quadri di glomerulosclerosi focale e segmentale ed atrofia tubulare con dilatazione microcistica dei tubuli. La patogenesi della HIVAN rimane sconosciuta ma l’infezione virale delle cellule renali sembra avere 91 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 un importante ruolo nello sviluppo di tale sindrome. Nel 1989, Cohen et al. hanno infatti dimostrato la presenza di HIV-1 nelle cellule renali epiteliali attraverso ibridazione in situ di DNA(13). Anche la produzione di citochine e fattori di crescita secondari all’infezione di HIV delle cellule renali e dei podociti ha un ruolo sicuramente fondamentale nella patogenesi del danno renale attraverso effetti sul ciclo vitale delle cellule renali ed attraverso effetti diretti sul ciclo vitale del virus(14-15). A livello dei podociti, barriera finale per la perdita di proteine, è stato dimostrato che la proteina virale nef, è in grado di alterare il fenotipo dei podociti maturi e di provocarne proliferazione e differenziazione. HIVAN interessa tipicamente gli stadi più avanzati di infezione da HIV ed una grave immunocompromissione (CD4+<200 cell/mmc) ed alti livelli di replicazione virale sembrano essere fattori di rischio per il suo sviluppo. In assenza di adeguato trattamento la prognosi di HIVAN è infausta. Quando la diagnosi viene infatti posta negli stadi più avanzati di malattia, la progressione a ESRD avviene in pochi mesi. L’opzione terapeutica più efficace per evitare la progressione di tale evoluzione sembra essere l’utilizzo della HAART(16-17). Microangiopatia trombotica Le microangiopatie trombotiche, sindrome emolitico uremica e porpora trombotica trombocitopenica, sembrano mediate da alcune proteine di HIV che provocano disfunzioni dell’endotelio con conseguente deposizione di piastrine a livello vascolare. Sono stati documentati differenti meccanismi quali la secrezione di citochine infiammatorie come TNF-α ed IL-1β, responsabili di retrazione delle cellule endoteliali, o apoptosi delle cellule renali o ancora inibizione del fattore di von Willebrand. Il quadro clinico è rappresentato da sinto92 mi tra cui febbre, alterazioni neurologiche, trombocitopenia, anemia emolitica, insufficienza renale con ematuria, che si possono manifestare con frequenza variabile. Non si riscontrano solitamente elevati livelli di proteinuria; questo fattore risulta utile per la diagnosi differenziale con HIVAN e la glomerulonefrite immunomediata(18-21). Il trattamento consiste in infusioni di plasma, plasmaferesi con successo variabile da caso a caso. Sono stati descritti trattamenti con glucocorticoidi, infusione di immunoglobuline, vincristina, splenectomia ma sono insufficienti i dati per una raccomandazione vera e propria di trattamento(22). Glomerulonefrite da immunocomplessi Studi bioptici ed autoptici hanno dimostrato una prevalenza variabile fino all’80% di glomerulonefrite da immunocomplessi. La glomerulonefrite da immunocomplessi HIVcorrelata è caratterizzata da diverse manifestazioni cliniche: proliferativa, lupus-like e forme miste di sclerosi e proliferazione. Sono stati inoltre segnalati casi di glomerulonefrite membranoproliferativa, nefropatia membranosa, glomerulonefrite fibrillare ed immunoactoide, e glomerulonefrite postinfettiva. Tuttavia, la glomerulonefrite da immunocomplessi può anche non essere strettamente correlata all’infezione da HIV ma correlata ad infezioni preesistenti quali epatite cronica B o C, o la risposta ad un processo infettivo in pazienti con disordini dell’immunità di tipo umorale. La nefropatia da IgA è stata spesso segnalata nella popolazione HIV positiva, con prevalenza maggiore nella popolazione Europea; riscontri autoptici hanno mostrato depositi mesangiali di IgA nel 7% dei pazienti HIV positivi. In uno studio recente, è stata stimata una prevalenza del 17% di glomerulonefrite lupus-like, daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 caratterizzata da depositi di immunoglobuline (IgG, IgA ed IgM) e complemento (C3 eC1q). Sebbene non vi siano studi randomizzati che confermino l’utilizzo di tali terapie, sono stati osservati buoni risultati nel trattamento con ACE inibitori, glucocorticoidi, terapia antiretrovirale(23-27). Ruolo della HAART: tossicità renale dei farmaci antiretrovirali Con il sempre maggior utilizzo nella pratica clinica di potenti regimi di terapia antiretrovirale di combinazione (HAART), si è assistito ad una drammatica riduzione della morbilità e della mortalità associate alla infezione da HIV-1. Tuttavia, l’utilizzo prolungato di tali terapie ed il sempre maggior numero di molecole disponibili, richiedono la necessità di un’attenta valutazione dei potenziali effetti tossici renali. I dati di letteratura mostrano come per alcune molecole siano già stati descritti i meccanismi di alterazione della funzionalità renale mentre come per altre risultino segnalati solo singoli casi di alterazioni renali per cui il loro ruolo non risulta ancora chiaro. Inoltre l’utilizzo di tali terapie che, al momento attuale, dovrebbero essere assunte per tutta la vita, è spesso associato alla comparsa di complicanze metaboliche, tra cui insulino-resistenza ed intolleranza al glucosio, dislipidemia, modificazione nella redistribuzione del grasso corporeo, sindrome metabolica, acidosi lattica. Tali fattori assumono rilevanza in quanto aumentano nella popolazione HIV-positiva la prevalenza di diabete ed ipertensione, comorbidità di elevata importanza in quanto responsabili di forme di glomerulopatia e danno renale(50-54). A seguito i principali meccanismi di danno renale delle molecole antiretrovirali. Inibitori nucleotidici della trascrittasi inversa (NtRTIs) TENOFOVIR Tenofovir è un analogo nucleotidico dell’adenosin-5-monofosfato, la cui eliminazione, analogamente ad adefovir e cidofovir, avviene per via renale. Sebbene trials clinici randomizzati abbiano dimostrato come tenofovir sia ben tollerato sono stati segnalati casi di tossicità renale ed alcuni casi di sindrome di Fanconi, caratterizzata da un difetto dei meccanismi di membrana a livello tubulare con conseguente perdita di glucosio, fosfati, calcio, acido urico, aminoacidi, bicarbonato e proteine tubulari. Le biopsie renali hanno mostrato danno tubulare e necrosi tubulare acuta in alcuni casi senza alcun interessamento dei glomeruli. I fattori di rischio per lo sviluppo di tale sindrome includono basso peso corporeo, funzionalità renale ridotta al basale, concomitante assunzione di farmaci nefrotossici. Lo studio eseguito sui 10343 pazienti inclusi nel programma di accesso allargato (EAP) a tenofovir, ha mostrato come gli eventi di tossicità renale grave includevano insufficienza renale acuta nello 0.3%, la sindrome di Fanconi nello 0.05% ed un rialzo della creatininemia nello 0.1% a 4 anni di follow up(33-37). La nefrotossicità da tenofovir sembrerebbe essere causata da un alterato bilancio tra pompe di afflusso ed efflusso dei farmaci a livello delle cellule renali che porterebbe ad un accumulo di tenofovir all’interno delle cellule. L’afflusso di tenofovir all’interno delle cellule renali è mediato dal trasportatore anionico renale 1 (OAT1). Le pompe di efflusso responsabili dell’efflusso apicale di tenofovir nel tubulo prossimale non sono state ancora identificate; tuttavia sulla base dei meccanismi di trasporto di adefovir si pensa che l’efflusso sia mediato dalla proteina della resistenza multifarmaco 4 (MRP4). Inoltre, poiché è stato dimostrato che ritonavir inibisce la proteina della resistenza 93 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 multifarmaco 2 (MRP2), è stato ipotizzato che l’interazione di ritonavir con questa classe di trasportatori possa essere responsabile di un aumentato accumulo di tenofovir intracellulare e di aumentata tossicità. Questa ipotesi viene supportata dal riscontro clinico di una maggiore incidenza di danno tubulare tenofovir-correlato in pazienti che assumono regimi di salvataggio o regimi contenenti ritonavir(38-40) Inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTIs) La tossicità renale da NRTIs è meno frequente rispetto a quella da NtRTIs. Sono stati osservati due tipi differenti di danno. Analogamente agli analoghi nucleotidici sono stati segnalati casi di necrosi del tubulo prossimale in pazienti in terapia con didanosina, lamivudina e stavudina(41-42). Inoltre in pazienti con acidosi lattica da danno mitocondriale secondario a terapia con NRTIs sono stati segnalati casi di insufficienza renale acuta. Non è ancora chiaro se il meccanismo sia da attribuire ad un meccanismo indiretto in pazienti con insufficienza multiorgano o se sia il risultato di un meccanismo citopatico mitocondriale a livello renale. Meccanismi di tossicità tubulare degli RTI: teoria del danno mitocondriale Gli inibitori (nucleosidici e nucleotidici) della trascrittasi inversa impediscono la replicazione di HIV attraverso un meccanismo di inibizione della retrotrascrittasi virale(42-45) La selettività di tali farmaci tuttavia non è assoluta: è infatti dimostrato il meccanismo di inibizione della DNA polimerasi delle cellule dell’ospite e del DNA nucleare e mitocondriale. La DNA polimerasi α implicata nella replicazione del DNA mitocondriale (mtDNA) viene bloccata dagli RTIs, con conseguenti delezio94 ni a livello del mtDNA e deficit secondari degli enzimi codificati dallo stesso implicati nei meccanismi di respirazione mitocondriale. Il conseguente danno a livello della fosforilazione ossidativa mitocondriale produce deficit in produzione di energia (ATP), accumulo di lipidi intracellulare, e produzione di lattato per respirazione anaerobica. Teorie recenti vorrebbero attribuire la tossicità tubulare a meccanismi di citopatia mitocondriale RTIs correlata a livello renale ed alcune evidenze sembrano sostenere questa ipotesi sebbene non siano attualmente disponibili trias controllati. Inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa Efavirenz e nevirapina hanno dimostrato un profilo renale sicuro a livello renale in casi clinici controllati. Un singolo caso di tossicità renale da efavirenz è stato segnalato in un quadro di ipersensibilità in associazione con polmonite, epatite e nefrite interstiziale con remissione completa dopo sospensione(46). Inibitori delle proteasi Tra i farmaci appartenenti a questa classe, ritonavir, saquinavir, nelfinavir, atazanavir hanno dimostrato un buon profilo di tossicità a livello renale in studi clinici controllati; sono tuttavia stati segnalati singoli casi di danno renale associato a tali farmaci(47-50). INDINAVIR Indinavir è stato spesso associato a danno renale con quadri clinici comprendenti nefrolitiasi, cristalleria, disuria, necrosi papillare ed insufficienza renale acuta.(51) La formazione di calcoli può avvenire a livello di ogni struttura renale e delle vie urinarie; risultano fattori di rischio per il loro sviluppo pH urinario >6, bassa massa corporea, alte concentrazioni di indinavir, condizioni climatiche quali climi caldi, concomitante trattamento con farmaci quali trimetoprim-sulfametossazolo o aci- daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 clovir. Il booster di ritonavir sembra aumentare la tossicità da indinavir. La maggior parte delle manifestazioni cliniche che si riscontrano in corso di indinavir si risolvono a breve dopo la sospensione del farmaco anche se sono stati segnalati casi di danni irreversibili. Inibitori della fusione Enfuvirtide non è stato associato a tossicità renale. Negli studi TORO 1 e 2 è stato segnalato 1 solo caso di glomerulonefrite membranoproliferativa in un paziente diabetico.(52) Valutazione della funzionalità renale nei pazienti HIV positivi Nel paziente HIV positivo la funzionalità renale dovrebbe essere indagata fin dall’inizio della diagnosi di sieropositività. Il solo dato della creatininemia, tuttavia risulta essere inadeguato in tale popolazione; infatti la creatininemia non è un buon predittore della fun- zione renale nei soggetti con bassa massa muscolare (es. donne, pazienti anziani, pazienti con basso peso corporeo a causa di cachessia ed epatopatie). Equazioni che aggiustino per surrogati della massa muscolare come età, sesso, razza e peso, risultano quindi più adeguate. Le equazioni più utilizzate per tale scopo sono l’equazione di Cockroft-Gault che calcola la clearance della creatinina e la MDRD semplificata che calcola il filtrato glomerulare (fig.1). Sebbene entrambe le equazioni vengano utilizzate per la valutazione della funzionalità renale, sembra che la formula MDRD semplificata sia più accurata(53-55). Nella popolazione HIV positiva, non esistono attualmente equazioni validate. Nel 2005, la Società Americana di Malattie Infettive ha steso delle linee guida per il management del paziente HIV positivo con danno renale cronico; in tale documento vengono date delle raccomandazioni anche sullo screening iniziale del paziente sieropositivo(56). In tutti i pazienti, al riscontro di sieropositività per HIV, dovrebbero essere valutati il filtrato glomeru- Fig. 1. Formule di Cockoft-Gault ed MDRD Cockroft-Gault [140-età (anni)] x peso (kg) [x 0.85 se sesso femminile] CrCl (mL/min) = 72 x creatininemia (mg/dL) MDRD GFR (mL/min/1.73m2) = 186 x [creatininemia (mg/dL)]-1.154 x [età (anni)]-0.203 x [0.742 se donna] x [1.212 se razza nera] 95 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 lare e la proteinuria. In caso di valori alterati i pazienti dovrebbero eseguire un’ecografia renale ed una valutazione nefrologica. La biopsia renale dovrebbe essere considerata in casi selezionati. Inoltre, in coloro che devono iniziare un regime antiretrovirale i dosaggi dei farmaci dovrebbero essere aggiustati (soprattutto nel caso di GFR<60). Nei pazienti che non presentano alterazioni deve essere previsto un follow up per una rivalutazione nel tempo, soprattutto in coloro che hanno fattori di rischio per lo sviluppo di danno renale. I fattori di rischio per danno renale includono l’appartenere ad etnia Afro-Americana, il diabete, l’ipertensione, la coinfezione con virus C, CD4+<200 cell/mmc, HIV-RNA>4000 cp/mmc. Nei pazienti ipertesi, il farmaco di prima scelta dovrebbe essere l’ACE-inibitore. Infine i pazienti Tab. 1 Caratteristiche della popolazione 41 (37-46) Età mediana (range) Sesso M 72% (n=227) FR eterosex 64% (n=202) HCV+ 42% (n=133) Comorbidità Diabete 2% (n=6) Ipertensione 2% (n=6) cART 77% (n=243) Naive 7% (n=22) Sospensione terapeutica 16% (n=51) che assumono farmaci con noto effetto nefrotossico, come tenofovir ed indinavir, dovrebbero essere monitorati strettamente per un riscontro precoce di danno renale al fine di prevenire la progressione. Fig. 2 Filtrato glomerulare Stadio C3 (9 pz) Stadio A2 (5 pz) Stadio A3 (4 pz) Stadio C2 (2 pz) Stadio B2 (2 pz) Stadio B3 (7 pz) 96 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Valutazione delle alterazioni del filtrato glomerulare in una coorte di 316 pazienti HIV positivi Abbiamo intrapreso uno studio osservazionale, trasversale per valutare la prevalenza di alterazioni della funzionalità renale nei soggetti HIV positivi seguiti presso la Clinica di Malattie Infettive e Tropicali dell’Ospedale San Paolo di Milano. Abbiamo finora arruolato 316 pazienti; per tutti sono state valutate le seguenti variabili: caratteristiche demografiche, cART in atto, situazione immunovirologica, comorbidità per malattia renale (diabete, ipertensione arteriosa), coinfezione con HCV, stima del filtrato glomerulare (GFR). GFR è stato calcolato tramite l’equazione MDRD utilizzando il primo valore di creatinina disponibile dal 1 gennaio 2006. Sono stati esclusi i pazienti con malattia renale in fase avanzata e/o in dialisi. Dei 316 pazienti inclusi, il 72% erano uomini, l’età mediana era di 41 anni (range 37-46). Il 42% risultava HCVAb+. Il 64% dei pazienti aveva acquisito l’infezione per via eterosessuale. I pazienti in cART erano 243 (77%). I pazienti naive per cART erano 22 (7%) mentre quelli in sospensione terapeutica per qualsiasi ragione 51 (16%). (Tabella1) I pazienti con filtrato glomerulare normale (FG≥90 mL/min per 1,73 m2) erano 243 (77%) mentre quelli con filtrato glomerulare alterato (GFR<90 mL/min per 1,73 m2) erano 73 (23%); tra i pazienti con filtrato glomerulare alterato, 66 (90%) avevano un’alterazione lieve del filtrato glomerulare (compreso tra 60 ed 89 mL/min per 1,73 m2) e 7 (10%) un’alterazione di grado moderato severo (filtrato glomerulare tra <60 mL/min per 1,73 m2) (Figura 2). Dei pazienti in cART, 57/243 (23%) avevano un filtrato glomerulare alterato. I pazienti che assumevano un regime antiretrovirale comprendente TDF erano 90 ed il 31.1% (n=28) di essi aveva GFR<90 mL/min per 1,73 m2); tra i pazienti che assumevano un regime non comprendente TDF (n=153), il 18.9% (n=29) aveva GFR alterato. Confrontando i due gruppi di pazienti, cART con TDF (G1) vs cART senza TDF (G2), abbiamo osservato in G1 un più basso nadir di CD4+ (129 cell/mmc, IQR 50-255 vs. 173 cell/mmc, IQR 60300; p=0.05) ed una più lunga esposizione alla cART. (78 mesi vs 62 mesi; p=0.06). I due gruppi sono risultati omogenei per sesso, età, mediana di CD4+ e picco di VL. Tra i pazienti naive (n=22) e tra i pazienti in sospensione(n=51), GFR risultava alterato rispettivamente nel 27.7% (n=6) e nel 19.9% (n=10). Abbiamo poi valutato con una analisi di regressione logistica multivariata i fattori predittivi di GFR<90 mL/min per 1,73 m2 (Tabella 2) ed abbiamo osservato che un’età più avanzata, il sesso femminile e la presenza di comorbidità quali diabete ed ipertensione risultano predittivi di sviluppo di alterazione di GFR. Abbiamo inoltre osservato che i soggetti esposti a regimi antiretrovirali contenenti TDF ed i soggetti naive risultano avere un maggior rischio di GFR alterato rispetto ai soggetti in terapia con regimi privi di TDF. Conclusioni Dall’analisi dei dati di letteratura emerge che le alterazioni renali nella popolazione HIV positiva sono note fin dall’inizio dell’epidemia. L’introduzione di regimi antiretrovirali potenti ha modificato in modo radicale la storia naturale dell’infezione da HIV, introducendo tuttavia nuove problematiche quali lo sviluppo di tossicità a breve e a lungo termine. L’esposizione a molecole nefrotossiche e l’aumentata prevalenza di comorbidità quali diabete ed ipertensione nei pazienti HIV positivi necessitano di essere valutate nella pratica 97 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 2 Fattori predittivi di GFR<90 mL/min per 1,73 m2 VARIABILI RH 95% CI p SESSO 0.07 maschi 1 femmine 2.590 1.29-5.18 1.940 1.40-2.67 ETA’ (ogni 10 anni in più) <.0001 COMORBIDITA’(diabete, ipertensione) 0.03 no 1 si 3.166 1.06-9.40 0.55 NADIR CD4+ (ogni 100 cell/mmc in più) 0.938 0.76-1.15 0.55 PICCO HIV-RNA (ogni log in più) 1.145 0.73-1.79 cART non contenente TDF 1 cART contenente TDF 2.342 1.17-4.66 0.01 STIs 1.264 0.43-3.64 0.66 naïve 4.064 1.11-14.81 0.03 clinica quotidiana. Nella nostra casistica è stata osservata un’alterazione del GFR nel 23% dei soggetti. Questo dato indica la necessità di un attento follow up dei pazienti con tale alterazione e necessita di essere approfondito con valutazione di altri parametri quali la proteinuria. Inoltre il significato di un’alterazione del GFR e l’evoluzione nel tempo di tale alterazione necessitano di essere maggiormente approfondite nella popolazione HIV positiva. L’infezione da HIV per se come già noto si conferma essere anche nella nostra casistica un fattore di rischio per lo sviluppo delle alterazioni della funzione renale. Per quanto riguarda il ruolo della cART, i regimi contenenti TDF sembrano incidere maggiormente degli altri sulla perdita di GFR sebbene sia necessario precisare che la casistica analizzata è numericamente esigua pertanto tali osservazioni risultano preliminari e necessitano approfondimenti. Bibliografia 1) Szczech LA, et al. Predictors of proteinuria and renal failure among women with HIV infection. Kidney Int 2002; 61:195–202 2) Gardner LI, Holmberg S., Williamson JM., Szczech LA,et al. Development of Proteinuria or Elevated Serum Creatinine and Mortality in HIV-Infected Women J AIDS 2003; 32:203–209 3) Palella FJ, Delaney KM, Moorman AC, et al. 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La disponibilità di sempre nuovi farmaci NRTI ha consentito la possibilità di creare combinazioni terapeutiche differenti caratterizzate da maggiore potenza e tollerabilità. Il tenofovir disoproxil fumarato, profarmaco del tenofovir (TDF), è un analogo dell’adenina 5’monofosfato; è attivo sia sul virus HIV che sul virus dell’epatite B (HBV). È il primo analogo nucleotidico inibitore della trascrittasi inversa utilizzato come parte dei regimi antiretrovirali. Questo NRTI è caratterizzato da un buon profilo farmacocinetico: la prolungata emivita plasmatica e intracellulare consente la monosomministrazione giornaliera di una unica compressa con dosaggio pari a 300 mg; va assunto per via orale indipendentemente dai pasti. Inoltre, la molecola ha scarse interazioni farmacocinetiche in quanto non interferisce con il sistema enzimatico del citocromo p450 (1). Dal punto di vista farmacodinamico, il TDF agisce nei confronti dei virus HIV-1 e HIV-2, sia sul virus selvaggio (“wild type”) che sui ceppi virali con parziale resistenza agli NRTI. La sua efficacia nel ridurre la carica virale si è dimostrata tuttavia differente se si considerano i pazienti che non hanno mai effettuato terapia antiretrovirale oppure quelli precedentemente esposti a trattamento: infatti mentre nel primo caso la somministrazione di tenofovir comporta una riduzione del valore di HIV-RNA pari a 1,5-1,6 log10 cp/ml, nel secondo la riduzione media a 24 settimane è di circa 0,6 log10 HIV-RNA cp/ml (2-3). Sulla base dei dati della letteratura, le linee guida del Department of Health and Human Services (DHHS) collocano l’utilizzo del tenofovir (in associazione con emtricitabina o lamividiina) tra le opzioni preferenziali nella scelta di NRTI che costituiscano un regime HAART nei pazienti in prima linea di trattamento (4). All’interno di trial clinici, il tenofovir ha dimostrato di determinare un’efficacia virologica sia nei pazienti naïve alla terapia antiretrovirale che in quelli già sottoposti a trattamento (“experienced”) (3, 5-6). L’impatto nella pratica clinica dei farmaci antiretrovirali e dei regimi terapeutici da essi costituiti si discosta spesso dai risultati osservati nell’ambito dei trial clinici in quanto gli stessi farmaci vengono somministrati a una popolazione non selezionata di pazienti, che potrebbe avere differenti parametri viro-immunologiche iniziali, diversi comportamenti di aderenza e una differente capacità di mantenimento dello schema terapeutico a lungo termine. Sulla base di queste considerazioni, l’obiettivo del lavoro di seguito presentato era quello di valutare l’esperienza con il tenofovir in un setting clinico, con particolare attenzione alla sua efficacia virologica. 101 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Materiali e metodi In questo studio prospettico osservazionale, sono stati considerati tutti i pazienti con infezione da HIV che iniziavano un regime di terapia antiretrovirale presso il III Day Hospital del Dipartimento Clinico dell’Istituto Nazionale della Malattie Infettive, IRCCS, “Lazzaro Spallanzani”. Per poter essere inseriti nell’analisi i pazienti dovevano soddisfare i seguenti criteri di inclusione: iniziare un trattamento antiretrovirale che comprendeva tenofovir, sia nella prima che nelle successive linee terapeutiche; iniziare il regime contenente tenofovir per motivi differenti dalla semplificazione o tossicità ai precedenti regimi antiretrovirali; presenza di una carica virale rilevabile (definita da un valore di HIV-RNA plasmatico superiore a 50 cp/ml) all’inizio della terapia con tenofovir; disponibilità di almeno un valore virologico nel follow-up. L’inizio dello schema con tenofovir costituiva il punto iniziale (baseline) di osservazione dello studio; i pazienti venivano seguiti fino all’interruzione del farmaco, per qualsiasi causa, oppure fino alla data di ultimo follow-up laboratoristico. Dalle cartelle cliniche sono state ricavati i seguenti dati clinici e laboratoristici: variabili demografiche, epidemiologiche e cliniche, storia del trattamento antiretrovirale. Sono stati inoltre registrati tutti i valori di carica virale e della conta dei linfociti CD4 durante l’intero periodo di osservazione. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi sulla base dell’esposizione alla pregressa terapia antiretrovirale: A) pazienti che iniziavano tenofovir nella prima linea di terapia antiretrovirale (pazienti naive); B) pazienti che inserivano il tenofovir in successive linee terapeutiche (pazienti experienced). La risposta virologica è stata definita come il raggiungimento di un valore di carica virale inferiore a 50 cp/ml durante il periodo dello studio, confer102 mato da un prelievo successivo. L’analisi è stata condotta secondo un criterio “on treatment”, considerando il raggiungimento di tale end-point virologico solo se ottenuto durante la effettiva somministrazione di tenofovir. Sono state calcolate le probabilità di riposta sia per la totalità dei pazienti che per i due gruppi differenti. Sono stati inoltre individuati i fattori predittivi di risposta virologica in analisi univariata e multivariata. Per quanto riguarda l’analisi statistica è stato effettuato il confronto delle caratteristiche demografiche, viro-immunologiche e relative alla terapia ARV assunta con TDF tra il gruppo dei pazienti naive ed experienced. È stato utilizzato il test statistico chi-quadrato di Pearson per le variabili categoriche e il test di Mann Whitney per le variabili continue. Nei due gruppi di pazienti la probabilità di risposta virologica è stata stimata con il metodo di Kaplan Meier e confrontata con il test del log-rank. Al fine di individuare i fattori predittivi di risposta virologica è stato utilizzato il modello di regressione di Cox Risultati In questo studio complessivamente 365 pazienti presentavano le caratteristiche di inclusione e sono stati pertanto considerati validi per l’analisi. Dal punto di vista demografico ed epidemiologico i pazienti erano nella maggior parte dei casi di sesso maschile (68,5%) e avevano una età mediana di 41 anni (IQR 37-46); i fattori di rischio per l’infezione da HIV erano costituiti in prevalenza da tossicodipendenza (38,6%) e rapporti eterosessuali (31%). Al baseline un terzo dei pazienti presentava una diagnosi di AIDS; la stadiazione viroimmunologica mostrava un valore mediano di linfociti CD4 di 279 cell/mmc (IQR 151-452) e quel- daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 1 Caratteristiche demografiche e clinico-laboratoristiche di tutti i pazienti inseriti nello studio e dei due sottogruppi (naive ed experienced) p Caratteristiche dei pazienti (N=365) Tutti i pazienti Experienced (N=294) Naive (N=71) Sesso maschile 250 (68.5) 201 (68.4) 49 (69.0) n.s. Età mediana, (IQR) 41 (37-46) 41 (37-46) 41 (35-44) n.s. tossicodipendenza 141 (38.6) 127 (43.2) 14 (19.7) 0.001 omosessualità 57 (15.6) 44 (15.0) 13 (18.3) eterosessualità 113 (31.0) 88 (29.9) 25 (35.2) altro/ignoto 54 (14.8) 35 (11.9) 19 (26.8) Precedente evento AIDS 126 (34.5) 106 (36.1) 20 (28.2) n.s. CD4 cell/mmc basali, mediana (IQR) 279 (151-452) 295 (166-492) 208 (84-300) <0.001 Log HIV-RNA copie/ml basali, mediana (IQR) 4.41 (3.19-4.99) 4.15 (2.95-4.92) 4.92 (4.15-5.30) <0.001 Fattore di rischio lo della carica virale pari a 4,41 log copie/ml (IQR 3,19-4,99). Le principali caratteristiche dei pazienti al basale sono riportate in Tabella 1. I due gruppi si differenziavano in modo statisticamente significativo con riferimento al fattore di rischio tossicodipendenza (maggiormente rappresentato nel gruppo degli experienced). Al basale, inoltre, il gruppo dei pazienti experienced presentava, rispetto a quelli naive, un più elevato valore mediano della conta dei linfociti CD4 (295 versus 208 cell/mmc) e una minore carica virale (4,15 versus 4,92 log10 cp/ml) (p<0,001 per i confronti di entrambe le variabili). Con riferimento alla storia terapeutica pregressa, i 294 pazienti che iniziavano il tenofovir in linee terapeutiche successive alla prima, in particolare, erano già stati esposti a un numero mediano di 5 schemi terapeutici (IQR 3-7) e di 66 mesi di terapia antiretrovirale (IQR 38-93); questa era costituita da terapia antiretrovirale altamente potente (HAART) durante 51 mesi (IQR 30-71). I due gruppi di trattamento si differenziavano in modo significativo per la tipologia di regime anti- retrovirale assunto con il tenofovir. Nel gruppo experienced il regime terapeutico nella maggior parte dei casi (70,4%) si basava sull’utilizzo di un inibitore della proteasi (PI), che era costituito prevalentemente da lopinavir/ritonavir (LPV/r) (38,8%) oppure atazanavir/ritonavir (ATV/r) (18,7%); il 20% circa dei pazienti era in un regime basato sugli analoghi non nucleosidici (NNRTI) e il 2% un’associazione di NNRTI e PI. La maggior parte dei soggetti naive iniziava un regime terapeutico basato sugli NNRTI (59,2%) con utilizzo di efavirenz (EFV) nella totalità dei casi. Un regime terapeutico con soli farmaci NRTI si riscontrava nel 7,8% e 4,2% dei casi, rispettivamente per i due gruppi in studio. Il tipo di farmaci effettuati in associazione al tenofovir nel regime terapeutico al baseline è descritto nella Tabella 2. La durata del follow up era di 381 anni-persona; i pazienti sono stati osservati per una mediana di 10 mesi (IQR 4-20). Nel gruppo degli experienced complessivamente 84 pazienti (28,6%) hanno interrotto il tenofovir per le seguenti principali motivazioni: intolleranza (23 pazienti), fallimento 103 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 virologico (22), scelta del paziente (19) e tossicità (16); altre cause minori di interruzione erano costituite da evento clinico, interruzione strutturata della terapia, gravidanza e semplificazione. Il 22,5% dei pazienti naive interrompeva il regime con tenofovir per tossicità (4 pazienti), evento clinico (4), intolleranza (3), fallimento virologico (3) e scelta del paziente (2). Tab. 2 Farmaci associati al TDF nel regime antiretrovirale al baseline relativamente ai due gruppi in studio. Pazienti naive N=71 Pazienti Experienced N=294 PI 207 (70,4) 26 (36,6) NNRTI 58 (19,7) 42 (59,2) NNRTI+PI 6 (2,0) - NRTI 23 (7,8) 3 (4,2) 3 (1,0) 5 (7.0) AZT 3 (1,0) - DDI 42 (14,3) - D4T 20 (6,8) 1 (1.4) 3TC 163 (55,4) 49 (69,1) ABV 2 (0,7) - FTC 29 (9,9) 14 (19,7) 32 (10,9) 2 (2,8) EFV 48 (16,3) 42 (59,2) NVP 14 (4,8) - TMC 125 2 (0,7) - IDV/r 3 (1,0) - NFV 13 (4,4) - SQV/r 3 (1,0) - APV/r 3 (1,0) - LPV/r 114 (38,8) 23 TPV/r 4 (1,4) - ATV/r 55 (18,7) 1 APV/r 12 (4,1) 2 3 (1,0) - NRTI somministrato con TDF 0 NRTI 1 NRTI ≥2 NRTI NNRTI somministrati con TDF PI somministrati con TDF T20 104 PI= inibitori della proteasi; NNRTI=inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa; NRTI= inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa; AZT= zidovudina; DDI=didanosina; D4T=stavudina; 3TC=epivir; ABV=abacavir; FTC=emtricitabina; EFV=efavirenz; NVP=nevirapina; r=ritonavir somministrato come booster; IDV= indinavir; NFV=nelfinavir; SQV=saquinavir; APV=amprenavir; LPV/r=lopinavir; TPV =tipranavir; ATV =atazanavir; fAPV=fos-amprenavir daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Fig. 1 Probabilità di successo virologico durante trattamento con TDF nel gruppo di pazienti experienced e nel gruppo dei naive. Probabilità di risposta virologica 1,0 ,8 ,6 ,4 ,2 0,0 0 10 20 30 40 Mesi dall’inizio di TDF 117 pazienti nel gruppo experienced e 18 nel gruppo naive modificavano lo schema terapeutico basale senza però interrompere il tenofovir. La probabilità di risposta virologica a un anno, relativa all’intera popolazione in studio, stimata con il metodo di Kaplan Meier era pari a 68%. Il 73% dei naive e il 46% dei pazienti experienced raggiungevano l’endpoint virologico a 6 mesi; a un anno la probabilità di risposta aumentava a 94% e 62%, rispettivamente per i due gruppi (P al log rank <0,001) (Figura 1). All’analisi univariata, la probabilità di raggiungere il successo virologico nei pazienti naive era il doppio di quella del gruppo di confronto (HR: 2,09; IC 95%: 1,49-2,92; p <0,0001). All’analisi univariata, sono stati analizzati i fattori predittivi di risposta virologica considerando le variabili demografiche e cliniche, i parametri viroimmunologici e l’esposizione farmacologia. Nel gruppo dei pazienti experienced la probabilità di risposta era aumentata nei soggetti di sesso femminile (HR 1,45; p = 0,027) e ridotta in quelli con pregressa diagnosi di AIDS (HR 0,66; p = 0,017). Considerando i parametri viro-immunologici al basale, alti valori di carica virale si associavano significativamente a una ridotta probabilità di risposta virologica (HR 0,75 per ogni incremento di carica virale pari a 1 logaritmo; p<0,001); al contrario il valore della conta dei CD4 costituiva un fattore protettivo (HR 1,08 per ogni incremento di 100 cellule/mmc; P=0,018). Anche la precedente storia terapeutica influenzava il successo virologico: in particolare, il numero dei regimi antiretrovirali precedenti, l’esposizione a lopinavir/ritonavir e la durata di questa esposizione costituivano fattori che contribuivano a una riduzione di risposta. Dall’altro lato, la risposta virologica era fortemente aumentata dall’introduzione nello schema in associazione con il tenofovir di alcuni farmaci che il paziente non aveva effettuato in precedenza, quali atazanavir (HR 1,65; p = 0,002) e lamivudina (3TC) (HR 2,5; p = 0,019) (Tabella 3). Non è stata riscontrata alcuna correlazione significativa tra risposta virologica e le 105 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 Tab. 3 Fattori correlati con la risposta virologica nei pazienti experienced (analisi univariata e multivariata) HR aggiustato 95% CI Pazienti experienced N=294 p p 95% CI HR crudo Sesso femminile 1,45 1,04-2,02 0,027 1,24 0,87-1,77 n.s. Precedente diagnosi di AIDS 0,66 (0,47-0,93) 0,017 0,82 0,57-1,18 n.s. Log HIV-RNA copie/ml 0,75 (0,66-0-85) <0,001 0,75 0,65-0,87 <0,001 CD4 cell/mmc 1,08 (1,01-1,15) 0,018 0,99 0,92-1,07 n.s. Numero di pregressi regimi ARV 0,93 (0,88-0,98) 0,007 0,96 0,91-1,02 n.s. Mesi di esposizione a LPV 0,98 (0,97-0,99) 0,009 0,99 0,97-1,00 n.s. ATV inserito come nuovo farmaco 1,65 (1,20-2,26) 0,002 1,73 1,24-2,40 0,001 3TC inserito come nuovo farmaco 2,50 (1,17-5,38) 0,019 2,20 1,00-4,84 n.s. (per un incremento cellulare pari a 100) seguenti variabili: età, fattore di rischio, mesi di esposizione a regimi antiretrovirali e regimi HAART precedenti, mesi di pregressa esposizione ai singoli farmaci antiretrovirali diversi dal lopinavir, tipologia del farmaco associato a tenofovir diverso da atazanavir, numero di cambi di farmaci associati al tenofovir, classe farmacologia associata agli NRTI nel regime contenente TDF (PI, NNRT, PI+NNRTI). All’analisi multivariata, al crescere del logaritmo della carica virale si riduceva la probabilità di risposta virologica (AHR 0,75; IC 95% 0,65-0.87; p<0,001), mentre la presenza di atazanavir nello schema terapeutico con tenofovir, in assenza di precedente esposizione al farmaco, era associata ad una aumentata probabilità di risposta virologica. Nei pazienti naive la risposta virologica era aumentata nel sesso femminile (HR 1,78; IC 95% 0,95-3,33; p=0,073) e veniva ridotta dal cambio dei farmaci associati al tenofovir (HR 0,42; IC 95% 0,20-0,88; p=0,022). Discussione L’efficacia dei regimi contenenti tenofovir sia nei pazienti naive che experienced al trattamento antiretrovirale è supportata dai dati della letteratura. 106 Nello Studio 903, randomizzato in doppio cieco, l’efficacia di TDF veniva confrontata con quella della stavudina (d4T), entrambi associati a 3TC ed efavirenz (EFV) in pazienti naive; i risultati dello studio evidenziavano la sovrapponibilità di efficacia dei due trattamenti in termini di raggiungimento di HIV-RNA < 400 cp/ml (76% vs 72%) o <50 copie/ml (rispettivamente 73% vs 69%) a 144 settimane di trattamento. Sebbene al basale nel 4,3% dei casi si riscontrassero mutazioni di resistenza primaria nei confronti di NRTI, la risposta virologica veniva mantenuta anche in loro presenza (5). In un trial a campione aperto che confrontava due differenti associazioni farmacologiche, tenofoviremtricitabina versus zidovudina-lamivudina, quali “backbone” di regimi HAART contenenti efavirenz (EFV), effettuato in pazienti naïve alla terapia antiretrovirale veniva dimostrata la superiorità della prima associazione farmacologica. A 96 settimane, il successo virologico (definito come il riscontro di livelli plasmatici di HIV-RNA <400 copie/ml) si evidenziava nel 75% dei casi nel braccio TDF + FTC + EFV e nel 62% di quelli trattati con ZDV + 3TC + EFV (P = 0,004; IC 95% CI: 4%- 21%). Se si considerava il valore soglia di 50 cp/ml per la definizione di risposta virologica, la frequenza di risposta era pari a 67% e 61%, rispet- daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 tivamente per le due associazioni (P= 0,16; IC 95% CI: 22%-15%) (6). Nella casistica di pazienti da noi analizzata, il 73% e il 94% dei pazienti naive raggiungevano l’endpoint virologico rispettivamente a 6 mesi e a 12 mesi. Tale dato appare il linea con quanto verificato in studi controllati, suggerendo una elevata efficacia degli schemi contenenti tenofovir anche nella pratica clinica corrente in pazienti non selezionati. L’efficacia di tenofovir è stata indagata anche nella popolazione di pazienti precedentemente esposti a molteplici regimi antiretrovirali, in fallimento virologico. Nello studio di Fase II GS-98-902, veniva valutata l’aggiunta di differenti dosaggi di TDF (75 mg, 150 mg e 300 mg) a un regime antiretrovirale stabile in pazienti con soppressione virologica subottimale. L’aggiunta di TDF determinava, rispetto al placebo, una riduzione statisticamente significativa del valore di carica virale sia a 4 che a 8 settimane. A 4 settimane tale riduzione era pari a 0,02 nel gruppo di trattamento con placebo e pari a -0,22 (p<0,008), -0,44 (p<0,001) e -0,62 (p<0,001) log10 copie/ml, rispettivamente per i gruppi trattati con placebo e con TDF ai dosaggi di 75 mg, 150 mg e 300 mg; tale dato veniva confermato a 8 settimane in cui si osservavano le seguenti variazioni di carica virale: +0,02, -0,26 (P=0,013), -0,34 (P=0,002) e -0,58 (p<0,001) log10 copie/ml, rispettivamente per i quattro gruppi di trattamento (3). La resistenza del virus HIV agli NRTI della generazione precedente è stata osservata sia in vivo che in vitro. Dalle analisi in vitro è emerso che il tenofovir sembra efficace nei confronti di un’ampia gamma di ceppi NRTI- resistenti, compresi quelli con alcune mutazioni TAM (D67N + K70R + T215Y), con quelle indotte da didanosina (L74V) oppure zalcitabina (T69D) (7). Gli studi 902 e 907, hanno mostrato che tenofovir costituisce una opzione terapeutica utile per pazienti che hanno già sperimentato molteplici schemi terapeutici e che non hanno raggiunto una soppressione virologica durante l’ultimo regime; in questo gruppo di pazienti l’utilizzo di tenofovir si associa a una soppressione virologica a lungo termine (8). TDF può essere inoltre utilizzato nei regimi terapeutici di salvataggio in pazienti precedentemente esposti a NRTI; la sua associazione con analoghi timidinici, quali il d4T, si è dimostrata associata a una risposta virologica favorevole (9). Nei pazienti experienced in fallimento analizzati nell’ambito del nostro studio, il successo virologico a un anno veniva raggiunto nel 62% dei casi, confermando la efficacia anche nei regimi di salvataggio. Tra i fattori predittivi di risposta sfavorevole si riscontravano il numero di regimi antiretrovirali precedenti, l’esposizione precedente a lopinavir/ritonavir e la durata di questa esposizione, parametri che individuano una popolazione di pazienti che ha già sperimentato molteplici schemi antiretrovirali a più elevato rischio di fallimento. Al contrario l’introduzione nel regime terapeutico di farmaci mai effettuati in precedenza costituisce un fattore protettivo, soprattutto se si tratta di farmaci potenti. Nel nostro studio l’introduzione di atazanavir come nuovo farmaco migliorava la risposta. Gli studi in letteratura hanno dimostrato che la concomitante somministrazione di tenofovir con atazanavir riduce l’esposizione ad atazanavir del 25% (10) . Tuttavia, nel nostro studio i pazienti che effettuavano atazanavir utilizzavano un dosaggio pari a 300 mg/die in associazione con il booster di ritonavir. I fattori predittivi di migliore risposta all’introduzione di un nuovo schema terapeutico nei pazienti experienced, individuati nell’ambito di studi clinici, sono molteplici e comprendono un basso 107 daMa Volume I • Numero I • Gennaio 2007 valore di carica virale al momento del cambio terapeutico, l’utilizzo di una nuova classe farmacologica e di un inibitore delle proteasi con booster di ritonavir (11-12). Non è stato possibile indagare l’effetto dell’introduzione di una classe farmacologica totalmente nuova, quale quella degli inibitori della fusione, a causa dell’esiguo numero di pazienti trattati. La complessità dei regimi successivi al fallimento dipende dal grado di mancata soppressione virologica, dalla storia terapeutica precedente e dalla valutazione del paziente. Le linee-guida sulla terapia antiretrovirale consigliano nella gestione dei regimi terapeutici al fallimento di aggiungere due o più farmaci antiretrovirali pienamente attivi; non andrebbe aggiunto un solo farmaco nuovo, in quanto facilita l’insorgenza di resistenze e potrebbe esserci una resistenza crociata all’interno delle varie classi farmacologiche. Tuttavia nelle condizioni di elevato rischio di progressione, anche l’aggiunta di un nuovo farmaco con un background ottimizzato potrebbe tradursi in un vantaggio clinico in quanto la potenza farmacologica potrebbe essere più rilevante del numero di farmaci prescritti (4). Questo lavoro presenta le limitazioni proprie degli studi osservazionali in cui potrebbero intervenire molteplici fattori di confusione. Il periodo di osservazione inoltre non è stato sufficientemente lungo da poter valutare la persistenza nel tempo dell’efficacia dell’introduzione di tenofovir o l’eventuale risposta tardiva in alcuni pazienti experienced. Non sono stati inoltre presi in considerazione i dati dell’analisi genotipica per cui non è stato valutato l’effetto predittivo di singole mutazioni sui fallimenti. Conclusioni Nella gestione della terapia antiretrovirale nei pazienti con infezione da HIV è di cruciale importanza la possibilità di disporre di regimi terapeutici potenti, tollerabili e con facilità di assunzione, ai fini del conseguimento di una efficacia virologica a lungo termine. All’interno di tali regimi il tenofovir costituisce una valida opzione terapeutica per la costruzione di un backbone efficace, sia nei trattamenti di prima linea e di switch terapeutico in pazienti soppressi sotto trattamento con analoghi timidinici, che nei pazienti experienced all’interno di schemi di salvataggio Bibliografia 1) Gallant JE, Deresinski S. Tenofovir disoproxil fumarate. Clin Infect Dis. 2003 Oct 1;37(7):944-50. 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