Il Museo della Resistenza e della Deportazione dell`Isère

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Il Museo della Resistenza e della Deportazione dell`Isère
Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea
Musée de la Résistance et de la Déportation de l’Isère
Association des Amis du Musée de la Résistance et de la Déportation de l’Isère
I Musei della seconda guerra mondiale nelle
Alpi occidentali tra passato e futuro
23, 24, 25, 26 NOVEMBRE 2005
TORINO/GRENOBLE
Articolato in sei sedute consecutive, il convegno si è svolto in due tempi:
•
23-24 novembre a Torino, presso il Museo Diffuso della Resistenza,
della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà.
•
25-26 a Grenoble, presso la Maison des Sciences de l’Homme, nel
campus universitario.
Sedi del Convegno
TORINO 23-24 novembre
Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà
Palazzo dei Quartieri Militari
Corso Valdocco, 4a (angolo via del Carmine)
GRENOBLE 25-26 novembre
Maison des Sciences de l’Homme-Alpes
1221 Avenue Centrale
Domaine universitaire
38400 Saint-Martin-d’Hères
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A sessant’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale tre Paesi della
regione alpina occidentale, l’Italia, la Francia, la Svizzera, mettono a
confronto la rispettiva elaborazione della memoria di quegli eventi e le
forme della sua rappresentazione.
Dal confronto risultano realtà molto diverse: in Francia, dove si riscontra
una fitta presenza di musei della Resistenza e della Deportazione, già da
tempo è stato posto il problema del loro futuro e delle loro trasformazioni,
dopo la fine dell’“era dei testimoni”.
In Svizzera si supplisce in questi ultimi tempi, con frequenti e pregevoli
mostre documentarie, a quella che può essere definita una “lacuna della
memoria”.
In Italia, dove i rari musei della Resistenza hanno sempre avuto vita
stentata, si assiste in questi ultimi anni ad un infittirsi di iniziative, che
mettono a frutto l’esperienza di ricerca e di formazione didattica degli
Istituti storici della Resistenza e della società contemporanea.
In tutte queste realtà ci si deve confrontare con i problemi legati al futuro
di musei, centri di documentazione e luoghi di memoria dedicati alla
Resistenza, alla Deportazione e più in generale alla storia della Seconda
guerra mondiale: problemi di rinnovamento dei contenuti e delle forme di
comunicazione, nonché di disponibilità politica ed economica dei governi e
delle comunità locali.
Intorno a questi interrogativi è stato organizzato il convegno
internazionale che ha avuto luogo dal 23 al 26 novembre a Torino ed a
Grenoble.
In collegamento con queste sessioni, il 13 e 14 dicembre 2005 si è svolto a
Modena il seminario Luoghi per la memoria, luoghi per la storia a cura
dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea di
Modena. Sono state discusse, in tre sessioni, le esperienze di
valorizzazione dei luoghi di memoria della Seconda guerra mondiale
realizzate in alcuni Paesi europei, con un’attenzione specifica alla loro
valenza formativa e alla promozione del territorio e delle culture locali.
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GRENOBLE 25-26 novembre 2005
4. TAVOLA ROTONDA - I MUSEI DELLA SECONDA GUERRA
MONDIALE, ATTORI E PARTNER
5. IL FUTURO DEI MUSEI DELLA RESISTENZA E DELLE
DEPORTAZIONE
6. TAVOLA ROTONDA - LE RESISTENZE DI OGGI. QUALE POSTO
NEI MUSEI?
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GRENOBLE 25-26 novembre 2005
Seduta inaugurale
Presiede Christine Crifo, vice-presidente del Conseil général de l’Isère,
incaricata delle attività dipartimentali sulla memoria
venerdì 25 novembre, ore 9
4. TAVOLA ROTONDA I MUSEI DELLA SECONDA GUERRA
MONDIALE, ATTORI E PARTNER
venerdì 25 novembre, ore 9,30
Testimoni, storici, museografi, associazioni, insegnanti, politici e
comunicatori: il ruolo di ciascuno di questi attori varia da un museo
all’altro, in funzione della loro storia e del messaggio che essi trasmettono.
Qual è il loro peso nelle diverse realtà? In che modo il loro ruolo è
cambiato nel tempo e come è possibile valorizzare le sinergie favorite dal
museo, quando questi diversi tipi d’interesse s’incontrano?
Presiede Anne-Marie Granet-Abisset, Università Pierre Mendès-France,
Grenoble
Thérèse Cousin, membro dell’ufficio dell’Association des professeurs
d’histoire et de géographie de l’Académie de Grenoble
Christine Crifo, vice-presidente del Conseil général de l’Isère, incaricata
delle Attività dipartimentali sulla memoria
Isabelle Doré-Rivé, direttrice del Centre d’Histoire de la Résistance et
de la Déportation de Lyon
Pascal Estadès, presidente dell’Association des Amis du Musée de la
Résistance et de la Déportation de l’Isère
Valter Giuliano, assessore alla Cultura della Provincia di Torino
Jean-Marcel Humbert, conservatore generale del Patrimonio, Inspection
général des Musées (DMF), incaricato dei musei di storia
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Presentazione del seminario da parte di Anne-Marie Granet
Il museo è il punto centrale, l'interfaccia che collega tutti gli operatori e i partner interessati
all'argomento, al periodo o alla tematica. Esso ha il compito di custodire i supporti della
conoscenza di questo periodo e, soprattutto, di divulgarla presso categorie di pubblico diverse per
età, qualità ed esperienza. Trattandosi specificatamente del tema della Resistenza e della
Deportazione, il museo deve soprattutto garantire la trasmissione della memoria verificata dei
protagonisti del periodo, missione assegnatagli proprio da questi ultimi.
Occorrerà quindi riflettere congiuntamente sul ruolo sociale dei musei della Resistenza e della
Deportazione, nei confronti delle varie categorie di pubblico che ne sono i fruitori diretti oppure nei
confronti di quanti non vi si recano mai, per ciò ch'essi rappresentano nella sfera sociale. In
quanto luogo di convergenza della rappresentazione delle diverse conoscenze del periodo, il
museo è indotto a presentare i risultati della ricerca storica che fanno evolvere la comprensione.
Quale spazio deve occupare il museo nel mettere la storia in divenire a disposizione del pubblico?
Come deve agire, sapendo che esiste anche una normale perennità delle esposizioni o delle
presentazioni museografiche?
Un altro tema riguarda il ruolo della testimonianza e del testimone nel discorso tenuto nei musei
così come nell'ambito dell'istituzione museale ma anche, in maniera più generale, nell'incontro che
avviene tra il testimone, la memoria e la storia. Questo interrogativo diventa tanto più importante
quanto i protagonisti diretti si fanno sempre meno numerosi e che la loro testimonianza di prima
mano tende ad essere sostituita da altre modalità o da altri supporti di trasmissione della memoria.
Proprio a proposito della testimonianza e della memoria, quale posto occupa, deve occupare e
occuperà il museo?
Analogamente, attraverso il discorso tenuto nelle sue mostre, il museo stesso contribuisce a
modellare una memoria. Si potrà anche riflettere su questa « responsabilità » scientifica, nella
trasmissione della memoria e nel ruolo che sarà portato a svolgere con la scomparsa dei testimoni
diretti.
Ciascun partner o protagonista dei musei intrattiene un rapporto particolare con questi ultimi;
elabora pratiche e rappresentazioni del ruolo che deve svolgere; gli attribuisce una funzione
precisa in base alla sua posizione, alle aspettative, alle pratiche e alle rappresentazioni, che sono
nel contempo complementari e contraddittorie. In che modo i responsabili dei musei devono
gestire tutto questo?
Sarà altresì interessante interrogarsi sul ruolo specifico del museo rispetto ad altri vettori della
conoscenza (altri mezzi di comunicazione e supporti,…).
Thérèse Cousin
L’insegnante di storia è uno dei principali fruitori di questi musei e per il fatto stesso di incentivare –
o di obbligare – i suoi allievi a recarsi al museo, è responsabile di una larga parte del pubblico
"forzato".
Da cosa dipende il fatto che un insegnante si rechi o meno in un museo per affrontare un suo
argomento didattico? Cosa vorrebbe trovarvi?
Quali sono le specificità della visita del museo rispetto all'invito di un testimone in classe?
Esiste un'evoluzione nella pratica del museo da parte degli insegnanti? E perché?
Isabelle Doré-Rivé
Come funziona un museo che dipende da una grande città come Lione?
Quali sono i suoi rapporti con gli insegnanti, gli storici (l'Università) e le associazioni?
Qual è la sua libertà di manovra nel programma scientifico e nella scelta delle tematiche delle
mostre temporanee?
Come avviene il rinnovamento di una tale istituzione, a dieci anni dalla sua inaugurazione? Quali
sono le nuove sfide?
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Valter Giuliano
Perché i politici scelgono di sostenere e di finanziare istituzioni di questo tipo? Quali sono le loro
motivazioni? Come concepiscono il loro ruolo nei confronti della politica scientifica e culturale, tra
memoria e storia? In altre parole, dove finisce il ruolo del conservatore o dell'équipe scientifica e
cultuale e dove inizia quello del politico?
Quale ruolo desiderano che il museo svolga in materia di educazione civica rispetto ad altre
istituzioni (in particolare, la scuola)?
In che modo i politici percepiscono e considerano gli altri protagonisti e partner, in particolare i
testimoni, le associazioni e gli insegnanti?
Jean-Marcel Humbert, conservatore generale del Patrimonio presso l'Ispettorato
Generale dei Musei (DMF), incaricato dei Musei di Storia.
Qual è la situazione dei musei in Francia e quale è stata la loro evoluzione nel corso degli ultimi 10
anni? A che tipologia museale (storia, guerra, società, sito, memoriale, persona, ecc.) possono (o
devono) essere ricollegati?
In che modo questi musei si organizzano rispetto alla nuova legge in materia? In che modo lo
Stato percepisce il ruolo di tali musei e, a tale proposito, qual è la funzione dell'IGM? In altre
parole, esiste una politica specifica della DMF nei confronti dei musei di storia (e, in particolare, di
quelli dedicati alla Seconda Guerra Mondiale)? Se sì, quali mezzi vengono impiegati per attuarla?
Perché esistono così pochi musei di storia contemporanea con il marchio « musée de France »?
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5. IL FUTURO DEI MUSEI DELLA RESISTENZA E DELLE
DEPORTAZIONE
venerdì 25 novembre, ore 14,30
Molti musei della Resistenza e della Deportazione sopravvivono ai loro
fondatori, attori-testimoni di quell’epoca.
Tutti trattano di eventi che diventano sempre più lontani, ma che sono
depositari di determinati valori. Potranno vivere ancora a lungo? Come
concepire una museologia che non possa essere considerata “di parte”?
Quale futuro immaginano i responsabili di alcune di queste istituzioni, in
Rhône-Alpes e in Piemonte?
Presiede Pascal Estadès, presidente dell’Association des Amis du Musée
de la Résistance et de la Déportation de l’Isère
Il Museo della Resistenza e della Deportazione dell’Isère
Jean-Claude Duclos, conservatore capo
La «Maison Mémorial» dei bambini ebrei sterminati di Izieu
Geneviève Erramuzpè, direttrice
Il Museo della Resistenza e della Deportazione di Besançon
Elizabeth Pastwa, conservatrice
L’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società
contemporanea di Torino
Ersilia Alessandrone Perona, direttrice
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Presentazione del seminario da parte di Pascal Estadès
Esistono in Francia e, più in generale, nelle Alpi occidentali, numerosi musei dedicati alla Seconda
Guerra Mondiale. Non si tratta però di un insieme omogeneo. Questi musei sono la
rappresentazione, più o meno complessa, della memoria dei loro fondatori e, in maniera più
generale, di quanti li fanno vivere. Il Museo "de la Poche" di Saint-Nazaire non è il Museo della
Resistenza e della Deportazione della Charente. Il Museo dell'Ordine della Liberazione non è il
Museo della Resistenza Nazionale di Champigny. Il Centro Nazionale "Jean Moulin" di Bordeaux
non può essere paragonato al Museo "Leclerc / Jean Moulin" di Parigi. E il Memoriale della
Resistenza di Vassieux-en-Vercors non è assimilabile al Centro della Memoria di Oradour-surGlane. Questa grande varietà trova origine nella storia stessa di tali musei, nei loro statuti, nei
mezzi finanziari di cui dispongono, nella natura e nel numero di coloro che li fanno vivere, così
come nella museografia attraverso la quale dialogano con il visitatore.
Una tale varietà di allestimenti potrebbe forse fare nascere dubbi circa la pertinenza di una
riflessione sul loro divenire, vista l'impossibilità di immaginare un unico e stesso futuro per tutti.
Tuttavia, il confronto della storia e dell'esperienza di quattro istituzioni – il Museo della Resistenza
e della Deportazione dell'Isère, la Casa Memoriale dei bambini ebrei sterminati di Izieu, il Museo
della Resistenza e della Deportazione di Besançon e l'Istituto Piemontese per la Storia della
Resistenza e della Società Contemporanea di Torino – ci è sembrato il modo migliore per avviare
una riflessione sulle possibili evoluzioni dei musei dedicati alla Seconda Guerra Mondiale.
Pure essendo diverse tra loro, queste quattro istituzioni hanno in comune la volontà di inserire il
loro messaggio nel presente, ponendosi al servizio di valori quali la pace e la tolleranza e
contribuendo all'elaborazione di una museologia dei valori e delle idee.
Jean-Claude Duclos - Il Museo della Resistenza e della Deportazione dell'Isère
Se Pascal Estadès ha ragione nel sottolineare la grande varietà delle istituzioni museali riunite
sotto la denominazione dei Musei della Seconda Guerra Mondiale, vorrei però osservare che, in
questa nebulosa, esiste una famiglia piuttosto omogenea, costituita dai musei creati dopo la
Liberazione, soprattutto intorno al suo 20° anniversario, dagli stessi partigiani e deportati. Molti
musei della regione Rodano-Alpi hanno questa stessa origine: Nantua, Estivareille, Bonneville,
Romans, Le Teil…
Nel 1990, quando il Consiglio Generale dell'Isere chiese all'architetto Bernard Dutel di elaborare
una proposta di allestimento dell'edificio scelto per ospitare il nuovo museo dipartimentale, e al
Museo del Delfinato (nella fattispecie, al sottoscritto) di metterne a punto il programma, abbiamo:
1. Costituito un comitato scientifico, composto per metà da ex Partigiani e Deportati, rappresentanti
dell'associazione del Museo, e per l'altra metà da storici, con lo scopo di discutere e di approvare il
programma museografico della futura istituzione;
2. Proceduto all'inventario informatizzato delle collezioni, al fine di ottenere la certificazione dei
"musei classificati e controllati" (e beneficiare così dei sussidi statali) e di istruire il programma del
futuro museo,
3. Avviato lo studio di un programma museografico cronologico e periodizzato, basato sulla storia
e le specificità dell'Isère des vécus de la Seconde Guerre mondiale, riservando uno spazio
all'attualità dei valori della Resistenza, in base agli auspici dell'associazione del museo.
Il 1° luglio 1994, il museo dipartimentale fu inaugurato dal Presidente del Consiglio Generale
nell'ambito delle cerimonie per il 50° anniversario della Liberazione. Venne inoltre firmata una
sottoscrizione per consentire all'Associazione di fruire dei locali all'interno del museo. Durante
questi periodo, le sensibilità di sinistra e di destra hanno cooperato senza intoppi. L'importante
opera negoziale condotta a livello del comitato scientifico ha permesso infatti di ottenere
l'unanimità intorno al programma del museo della rue Hébert, fondato esso stesso:
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1. sull'approccio cronologico, in virtù del ruolo prioritario da tutti attribuito alla pedagogia,
2. sulla storia locale della Seconda Guerra Mondiale e le sue specificità nell'Isère,
3. sull'attualità dei valori della Resistenza.
Geneviève Erramuzpé - La Casa Memoriale dei Bambini ebrei sterminati di Izieu
Oltre un anno fa, quando sono stata invitata a partecipare a questo convegno, lavoravo con
l’architetto che ha realizzato la restaurazione degli edifici che compongono il memoriale di Izieu,
sul progetto di estensione del nostro sito (progetto di costruzione di un nuovo edificio) e di rinnovo
della most
ra permanente (in particolare con l’allestimento per trattare nuovi temi).
Non sospettavo quali eventi, in seno alla nostra associazione, avrebbero messo gravemente in
pericolo durante l’anno 2005 l’istituzione "Maison d'Izieu" ed il suo divenire.
Ho quasi totalmente modificato il contenuto di ciò che, con l’entusiasmo di questi futuri progetti e
mentre m’interrogavo sulla loro correttezza, pensavo di fornire come contributo ai dibattiti di questo
convegno (interrogativi sulla legittimità di un’apertura a nuovi temi, quali nuove forme dare ai nostri
luoghi, quali alternative museografiche ecc.).
Ho dovuto attendere lo scioglimento di una crisi durata sei mesi e il cui ultimo atto è avvenuto il 6
novembre scorso. Alla luce di questa esperienza, sono ad esporvi la situazione e gli interrogativi
della Maison d'Izieu di fronte al suo divenire. Il mio obiettivo non è quello di esporre le nostre turpi
sulla pubblica piazza, bensì di mostrare quanto una crisi totalmente passionale ed irrazionale può
svilupparsi ed intensificarsi e finire col mettere a repentaglio un’istituzione di cui si sarebbe potuto
pensare che riposava su solide fondamenta. Con questo, vorrei indicare che prima di tentare di
rispondere alla domanda "Quale avvenire per i musei ecc.", occorre anche chiedersi "quali pericoli
possono minacciare le nostre istituzioni?".
Nello statuto recentemente rivisto nel corso dell’assemblea generale straordinaria che ha avuto
luogo all’inizio di novembre, la qualifica della Maison d'Izieu è stata modificata molto leggermente,
ma è una sfumatura importante. Lo statuto recita ora che "questa (la Maison d'Izieu) è un luogo di
memoria e di storia ".
Dalla sua creazione nel 1988, lo statuto dell’associazione, prima portatrice del progetto quindi
incaricata di gestire il memoriale, definiva la Maison d'Izieu come "un luogo di memoria" soltanto.
La differenza stabilita dal nuovo statuto è considerevole, poiché si tratta di reintrodurre la storia nel
progetto del luogo.
Questa definizione di "luogo di memoria " fin dall’origine, non era soltanto dovuta al fatto che Pierre
Nora ha fatto parte del consiglio scientifico che ha presieduto alla creazione della Maison d'Izieu,
ma all’assenza di una formulazione sufficientemente chiara dell’associazione verso i propri membri
e verso i terzi.
In definitiva, questa definizione risultava evidente soltanto per i fondatori.
Durante un recente convegno sui musei di storia (di ogni tipo) a Marsiglia al quale diversi di noi
hanno assistito, la persona che presiedeva i dibattiti ha insistito sulla questione del potere
decisionale e chi lo detiene nelle istituzioni. Egli concludeva sul fatto che occorreva capire chi era
all’origine del progetto, chi lo portava avanti. Deduceva che il gruppo o l’istituzione che possiede il
potere in un luogo è colui che è all’origine di questo luogo.
Andrei oltre, con le seguenti domande: a chi appartiene la storia? Ci sono degli “aventi diritti” della
memoria?
Esaminerò i seguenti punti:
- lo svolgimento della crisi alla quale alludevo ed il suo significato,
- la storia della creazione della maison d'Izieu in quanto memoriale e la memoria della storia della
colonia d'Izieu,
- la domanda che ci è stata posta: "quale avvenire.... ?"
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Breve racconto di una crisi: E’ iniziato tutto con la coincidenza di una festa religiosa ebraica
mobile, Pessah, con una commemorazione fissa: la giornata nazionale della deportazione, sempre
celebrata l’ultima domenica di aprile fin dalla prima volta, il 24 aprile 1954.
Fin dalla sua creazione, l’associazione della Maison d'Izieu riunisce i propri aderenti in assemblea
generale annua dopo la cerimonia di commemorazione.
Quest’anno, nuovamente un 24 aprile, un gran numero di persone che partecipavano
regolarmente alla cerimonia non vennero ad assistere alla commemorazione per via della festa
religiosa. Tra di loro, in numero più ridotto, non vennero neanche alcuni aderenti all’associazione.
Come in ogni assemblea generale, si procede al rinnovo o alla sostituzione dei membri uscenti del
consiglio di amministrazione. A due amministratrici, assenti quel giorno, non fu rinnovato il
mandato.
La combinazione di questi tre elementi è servita da detonatore per una serie di attacchi, campagne
di denigrazione, invio di lettere infami, colpi bassi, che sono durati quattro mesi. Il principale
rimprovero mosso all’associazione: "de-giudaizare la Shoah", l'accusa che deve portarne la prova:
l'"eliminazione" da parte della nostra associazione, degli Ebrei che compongono il consiglio di
amministrazione, omettendo di dire che nel corso degli anni, alle persone citate come prova non è
stato rinnovato il mandato e sono quindi state sostituite da altre, la cui competenza e il
coinvolgimento in seno all’associazione non sono da meno.
Il fondo del problema è riassunto nell’ultima frase della lettera di un nostro socio: "La Maison
d'Izieu appartiene alla Repubblica, ma i 44 bambini di Izieu appartengono al popolo ebraico ".
E questa questione dell’appartenenza che si pone in maniera determinante a Izieu.
(Da cui la mia domanda: a chi appartiene la Storia? )
In un luogo in cui i fondatori hanno scelto di rispettare la singolarità della Shoah senza rinchiuderla,
di integrarla in una storia universale alla quale pure appartiene, questa ondata comunitarista ed
identitaria era scioccante.
Il consiglio di amministrazione ha assunto una posizione deliberatamente misurata,
preoccupandosi di non versare olio sul fuoco e le istituzioni pubbliche che ci sostengono hanno
mantenuto un silenzio (attentismo) più che prudente. Quindi il nuovo statuto è stato adottato con
una schiacciante maggioranza e si è rifiutato di accedere ad alcune richieste espresse (che
istituzioni rappresentative della comunità ebraica seggano come membri di diritto nel consiglio di
amministrazione e che, come disposizione statutaria supplementare, nel suo calendario di attività
la Maison d'Izieu tenga conto delle feste della regione ebraica).
In definitiva, questi eventi furono soltanto la cristallizzazione di una serie di ambiguità la cui origine
va cercata nella maniera in cui si è costruita la memoria dei bambini di Izieu e nelle missioni che
l’associazione si è data per trasmetterla (parliamo sempre di memoria, non di storia).
La storia della creazione della Maison d'Izieu come memoriale:
Ricordiamo l’evento fondatore: la Maison d'Izieu non è stata un campo né un luogo di morte, al
contrario, fu un luogo di vita ed un rifugio.
Aperta da una coppia, Sabine e Miron Zlatin, accolse, da maggio 1943 ad aprile 1944, cento
cinque bambini ebrei per sottrarli alle persecuzioni antisemitiche.
Qualche settimana prima dello sbarco, la mattina del 6 aprile 1944, un distaccamento della
Wehrmacht e di agenti della Gestapo di Lione sugli ordini di Klaus Barbie, vennero ad arrestare i
44 bambini e i 7 adulti che vi si trovavano.
Tranne due adolescenti e Miron Zlatin, fucilati a Reval (oggi Tallinn) in Estonia, il gruppo fu
deportato ad Auschwitz. Soltanto un’adulta tornò, tutti gli altri furono mandati alle camere a gas fin
dal loro arrivo.
Un adulto, giunto ad Izieu il giorno stesso, riuscì a scappare durante il rastrellamento e fu salvato
grazie alla solidarietà di vicini di Izieu.
Sabine Zlatin partita cercare aiuto a Montpellier a inizio aprile, si salvo anch’essa.
Cinquant’anni dopo, il 24 aprile 1994, François Mitterrand, Presidente della Repubblica, inaugurò il
"Musée mémorial des enfants d’Izieu".
Torniamo alla fine degli anni 1980, dopo che Serge e Beate Klarsfeld ebbero braccato poi riportato
Klaus Barbie in Francia. Alla fine del processo di quest’ultimo nel 1987, sconvolte dalla storia dei
bambini di Izieu, numerose persone raggruppate intorno a Sabine Zlatin decisero di fondare
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un’associazione. Il primo obiettivo di quest’ultima era di acquisire i luoghi per farne un “museo
memoriale” (la denominazione era quindi già ambigua).
E’ stata quindi effettivamente una volontà associativa a presiedere alla creazione del luogo, come
peraltro per la maggior parte dei musei dedicati alla Seconda Guerra mondiale.
Si è trattato però di una volontà associativa rapidamente sostenuta e presa in mano dallo stato...
Sabine Zlatin, molto attiva ed aiutata da alcune personalità, riuscì ad interessare François
Mitterrand, allora presidente della Repubblica. Egli presiedette prima il comitato di patronato di una
sottoscrizione nazionale che doveva permettere all’associazione di acquisire gli edifici, poi nel
novembre 1992, iscrisse il progetto di Izieu nel programma dei grandi lavori realizzati in provincia
(come il memoriale del Col de Lachau a Vassieux).
Alcuni mesi dopo, nel febbraio 1993, un decreto presidenziale stabilì che in tre luoghi (il posto
dell’ex Vélodrome d'hiver, un ex campo di internamento francese, che sarà Gurs e la Maison
d'Izieu), la Repubblica avrebbe fatto erigere a proprie spese una lapide “in omaggio alle vittime
delle persecuzioni razziste ed antisemite e dei crimini contro l’umanità commessi con la complicità
del governo di Vichy detto"governo dello stato francese"”.
Così, fin dalla creazione, la Maison d'Izieu era portatrice di più volontà paradossali:
- quella di essere il luogo di una memoria dolorosa, intima ma condivisa da una comunità di
individui,
- quella di essere il luogo simbolico di una memoria dolorosa, vergognosa, di atti compiuti dal
governo di Vichy, maniera di sistemare, ma senza riconoscerla, la responsabilità di Vichy
- quando si sa che soltanto i Tedeschi (Wehrmacht e Gestapo) erano stati gli ordinatori e gli
esecutori del rastrellamento,
- quando si sa anche che nel 1993/1994 la Repubblica considera ancora il governo di Vichy come
una" escrescenza" e non come lo stato francese stesso durante un periodo ben identificato.
(La spiegazione di questa scelta si potrebbe ricercare nel processo di Paul Touvier: processo di un
Francese, prosseneta riconvertito in capo della Milizia di Lione, per la prima volta dopo l’immediato
dopoguerra).
La memoria della storia del rastrellamento della colonia di Izieu:
Non è stato necessario attendere il processo di Klaus Barbie perché si ricordino i bambini e perché
la loro memoria sia onorata. Nei 50 anni che precedettero l’apertura del memoriale di Izieu, la
memoria dei bambini è stata perpetuata, con vari gradi d’intensità, da gruppi diversi in momenti
diversi.
Fin dalla fine della guerra, Sabine Zlatin fece tutto il possibile per far apporre una lapide sulla casa.
La posa di questa lapide diede luogo alla prima commemorazione ufficiale della Repubblica, il 7 aprile
1946, presieduta da Laurent Casanova, ministro comunista delle Vittime di guerra.
Lo stesso giorno, il vicino comune di Brégnier-Cordon, sotto Izieu inaugurò un monumento alla
memoria delle vittime del rastrellamento.
In occasione di quell’evento, era presente tutta la popolazione locale. Il direttore della scuola
media (nella quale quattro dei ragazzi più grandi erano stati convittori) pronunciò un discorso
memorabile.
La seconda cerimonia ufficiale ebbe luogo per il ventesimo anniversario del rastrellamento, nel 1964.
Ancora vent’anni più tardi, la cerimonia del 40° anniversario, l’8 aprile 1984 fu il punto di partenza
di una scissione che non ha cessato di esistere da allora e si manifesta sulla pubblica piazza con
frasette, dichiarazioni assassine e alcune azioni accuratamente condotte.
Questa cerimonia rivestiva un’importanza particolare, perché, in piena istruzione del processo di K.
Barbie, si trattava anche di fare un lavoro sulla pubblica opinione che si era poco (o per nulla)
mobilitata in precedenza.
Théo Klein, allora presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia
(CRIF) dichiarò: “ abbiamo commesso, come gli altri, un peccato di dimenticanza nei confronti di
quei bambini”. Egli parlava a nome della comunità ebraica ed esprimeva il rimpianto che la
memoria ebraica avesse dimenticato questi fatti o non li avesse commemorati abbastanza presto.
Questo “come gli altri” ebbe come conseguenza di ferire profondamente e durevolmente le autorità
e la popolazione locali.
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La risposta giunse qualche settimana più tardi, l’ultima domenica di aprile, nell’occasione della
giornata nazionale delle deportazione, dal sindaco del comune che ricordò: " .. la formula valeva
sicuramente per la comunità a nome della quale parlava il presidente del CRIF e vale anche per
altre associazioni. Non si applicava alle istituzioni della repubblica, e in particolare a quella a nome
della quale parlo io...".
A partire da quella data, una parte della popolazione locale inizierà a disertare i luoghi, sentendosi
offesa o esclusa, si creerà una concorrenza di memoria, con i due argomenti “eravamo lì per primi”
e “è la nostra memoria”, entrambi giusti, entrambi sbagliati.
Si possono spiegare i motivi del risentimento locale sapendo che, nel comune di Brégnier-Cordon,
la lapide dei bambini di Izieu è il luogo di tutte le commemorazioni repubblicane, vi si fa una
cerimonia e viene fiorita tanto il 6 aprile tanto il 14 luglio, l’ultima domenica di aprile e l’11
novembre, per la commemorazione di luglio nonché per l’8 maggio. Ancora più simbolico, è questo
il luogo davanti al quale ogni nuovo consiglio municipale si raduna per la prima riunione dopo le
elezioni.
Per maggiori informazioni, si può leggere il libro scritto da Pierre-Jérôme Biscarat, storico del
servizio pedagogico della Maison d'Izieu e pubblicato nella collana "Patrimoines" diretta da Jean
Guibal per le Editions du Dauphiné Libéré :" 6 Avril 1944, un crime contre l'humanité". (6 Aprile
1944, un crimine contro l’umanità)
Quindi, quale avvenire concepire, visto che non possiamo sapere con certezza se problemi
di questo tipo si ripresenteranno?
Come integrare memoria locale, memoria nazionale e memoria comunitaria?
Dove il monumento intrattiene l’illusione di una memoria comune,
E’ nuovamente legittimo chiedersi qual è il comune denominatore su cui si possa fondare il
consenso, quello degli aderenti dell’associazione e più in generale quello del pubblico per il quale
questo luogo esiste.
Se esiste il sentimento di esclusione di una certa parte della popolazione (la storia non è identica
per tutti), non dobbiamo nasconderci un’altra realtà. Per una grande maggioranza, il luogo non
permette di ritrovarsi perché i valori di umanità ai quali rinvia la storia di questa casa non sono
condivisi, o capiti, o peggio, sono strumentalizzati.
In mezzo a queste tensioni, dovremo comunque condurre i nostri progetti, perché questa
questione dell’avvenire dei nostri luoghi è una questione cruciale:
- l’evento si allontana sempre più dal nostro pubblico, soprattutto le scuole,
- si scrive la storia di nuovi eventi, e la trasmissione della loro memoria sta iniziando (guerra di
Algeria, decolonizzazione, storia dell’immigrazione ecc.),
- come trasmettere valori di umanità e come formularli oggi senza impartire lezioni,
- dobbiamo allargare il campo della riflessione: il crimine contro l’umanità (da Norimberga alla
Corte penale internazionale oggi) , riflettere a ciò che è la memoria: mostrare come si costruisce,
fra quali tensioni, quali diverse forme può assumere la sua trasmissione, e tutto quanto senza
essere accusati di deviazione o di tradimento...
Nel progetto di estensione delle nostre attività e degli edifici, prevediamo di sviluppare tre assi:
1/ i bambini di Izieu, i loro percorsi, le loro origini, la storia di questa colonia e i motivi della sua
installazione a Izieu (la situazione del paese in zona italiana), lo sviluppo di un racconto storico più
documentato di quello presentato attualmente è necessario (l'urgenza della creazione del
memoriale ha impedito di condurre ricerche molto approfondite; sviluppare il tema dell’occupazione
italiana e delle sue conseguenze “benefiche” per gli Ebrei perseguitati altrove, tema interessante e
poco trattato),
2/ il crimine contro l’umanità, l'evoluzione del diritto penale in questo campo, i grandi processi del
dopoguerra, il loro ruolo per la conoscenza storica e la costruzione delle democrazie,
3/ la memoria: a che cosa serve un luogo di memoria, che cos’è, perché bisogna ricordare e come
si fa la selezione tra memoria e dimenticanza, la trasmissione della memoria, i vari modi di
trasmetterla, ecc.
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Elizabeth Pastwa - Il Museo della Resistenza e della Deportazione di Besançon
Questo museo è nato al termine di una mostra temporanea allestita in occasione del 20°
anniversario della Liberazione, nel novembre del 1964. I temi trattati nell'esposizione prendevano
in esame la Grande Guerra 14-18, la Resistenza nella regione Franche-Comté, la liberazione di
Besançon, il prezzo della vittoria – eroi e martiri. La deportazione occupava solo una minima parte
della presentazione.
Nel dicembre del 1967, venne depositato lo statuto di un'associazione per la creazione di un
museo regionale della Resistenza e della Deportazione. Gli scopi: « Permettere l’allestimento nella
Cittadella, in un edificio messo gratuitamente a disposizione dal Comune di Besançon, di un
museo regionale della Resistenza e della Deportazione; favorirne lo sviluppo affinché diventi un
luogo simbolo del ricordo delle ore eroiche della Resistenza in en Franche-Comté, del martirio,
della deportazione e del sacrificio dei fucilati. ».
Il museo sarà inaugurato nel 1974. Esso abbina già una trama storica generica, che si deve prima
ad Henri Michel e poi a François Marcot, e un discorso locale basato sulle collezioni donate al
museo e ai membri del CA. I due temi – resistenza e deportazione – sono entrambi presenti.
L'allestitore ricorre ad una scenografia suggestiva: una luce rotante in un ingresso buio permette al
visitatore di entrare immediatamente nell'atmosfera. Un percorso scuro e stretto accentua questa
impressione, apprezzata dai protagonisti-testimoni.
Questo primo museo diventa ben presto troppo esiguo e sarà sostituito da un secondo all'inizio
degli anni '80, in un altro edificio della Cittadella.
Il secondo museo è la derivazione del primo e il consiglio di amministrazione rimane invariato.
All'inizio degli anni '80, si tratta ancora di un museo associativo. Il Comune di Besançon lo dota di
un personale che aumenterà ne corso degli anni: segreteria, custodi e tecnici. Per quanto riguarda
il personale scientifico, è il Ministero della Pubblica Istruzione a farsene carico, tramite un
distaccamento prima a part-time e poi a tempo pieno.
La scrittura storica è affidata a François Marcot, docente e autore di una tesi sulla resistenza nel
Jura, ma i testimoni sono sempre molto presenti.
Nel corso degli ultimi dieci anni, il ruolo dei protagonisti-testimoni è andato riducendosi. Altra
evoluzione, nel 2001 le collezioni sono state infine devolute al Comune di Besançon, che ne
assicura la conservazione fin dall'inizio. Le scelte del museo in materia di acquisizioni, di mostre e
di pubblicazioni rientrano tra le responsabilità del conservatore.
Oggi, con oltre 65.000 visitatori e circa 9.000 studenti, il museo continua certo a svolgere la sua
funzione, ma soddisfa ancora pienamente le aspettative del pubblico?
E' necessario voltare pagina, in quanto la museografia risale a 20 anni fa, la conoscenza e i punti
di vista del visitatore, così come le sue attese in materia di presentazione, si sono enormemente
evolute. Con i suoi 280.000 visitatori e grazie alla varietà della sua offerta mussale, la Cittadella
attira un pubblico molto vasto. L’esigenza di una risposta adeguata è dunque ancora più forte.
Abbiano quindi avviato una riflessione sul necessario mutamento della nostra istituzione.
Ersilia Alessandrone Perona - L'Istituto piemontese per la Storia della Resistenza e
della società contemporanea
Innanzitutto, una precisazione: non parlerò a nome di un museo, bensì di un'istituzione di ricerca
storica, che si interessa da tempo alla storia e all'avvenire della rappresentazione della Resistenza
italiana nei luoghi della memoria e nei musei.
In Italia, in seguito ad aspri conflitti delle memorie, ancora oggi vivi, i musei della Resistenza sono
assai poco numerosi e per la maggior parte deboli, contrariamente alla Francia. I protagonistitestimoni si sono fatti carico della preservazione della memoria ma, divisi tra loro ed esercitando
un peso politico diverso da una regione all'altra, hanno ottenuto risultati rilevanti soprattutto nella
realizzazione di luoghi commemorativi dei sacrifici dei caduti.
A fronte della scomparsa dei testimoni o su richiesta dei sopravvissuti, gli Istituti di storia della
Resistenza colmano questo vuoto e si interessano sempre più a questi problemi.
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6. TAVOLA ROTONDA - LE RESISTENZE DI OGGI. QUALE POSTO
NEI MUSEI?
sabato 26 novembre, ore 9,30
La memoria unisce il passato prossimo al presente. Col variare degli
uomini e delle società, questa memoria si esprime in altri modi, in
consonanza con l’attualità. In quale modo i musei possono adeguare la
loro azione a tali cambiamenti, per restare in sintonia con le società?
Devono aprirsi alle “Resistenze di oggi”? Tuttavia, fra comparazioni
pertinenti e abusi, o addirittura stravolgimenti, della memoria, si pone la
questione della legittimità di questi avvicinamenti fra lotte passate e
contemporanee, nel contesto di istituzioni pubbliche. Ma l’approccio
analogico non è indispensabile perché il legame fra ieri e oggi conservi un
senso?
Presiede Maryvonne David-Jougneau, sociologa
Philippe Barrière, docente di storia, incaricato del Servizio educativo del
Musée de la Résistance et de la Déportation de l’Isère
Gil Emprin, docente di storia, incaricato del Servizio educativo del Musée
de la Résistance et de la Déportation de l’Isère
Olivier Ihl, docente, Universités en Science Politique, direttore dell’IEP di
Grenoble, direttore del Cerat-UMR (CNRS)
Henri Leclerc, avvocato al Tribunale di Parigi, presidente onorario della
Ligue française des Droits de l’Homme (con riserva)
Burkhard Schwetje, responsabile della società “Zadig - Storia, cultura,
multimedia” (Torino), coautore del sito del Museo virtuale delle
intolleranze (www.museodelleintolleranze.it)
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Presentazione de seminario da parte di Maryvonne David-Jougneau:
In che misura i Musei della Resistenza, creati dopo la Seconda Guerra Mondiale per testimoniare
della lotta organizzata contro il nazismo, possono aprirsi ad altre resistenze e, in particolare, alle
resistenze contemporanee?
La « Mémoire Longue » secondo Jean Cassou:
Per affrontare questo problema complesso, partirò dalla testimonianza di Jean Cassou, partigiano
della prima ora, poeta e poi fondatore del Museo di Arte Moderna. Nel 1953, pubblica un pamphlet
contro la confusione etica e politica che regna allora in Francia, intitolato « la Mémoire courte »1...
Il suo intento è quello di farci riflettere sulla « mémoire longue », alla quale conferisce tutta la sua
dimensione filosofica quando scrive, alla fine dell'introduzione: « Non è vero che l'uomo debba
superarsi: è sufficiente che tenda verso la sua dimensione estrema, la sua pienezza. Vi giunge
attraverso la memoria lunga ».
Egli descrive allora il Partigiano come un esempio di questa pienezza e di questa « mémoire
longue ». Il partigiano è colui che, di propria iniziativa e prima ancora di qualunque lotta
organizzata, ha rifiutato l'oblio dei valori fondamentali, in un sussulto morale per salvaguardare
principi universali. Tali principi universali sono « scoperti in sé », come una rivelazione... Egli parla
della « presa di coscienza » di ciò che sarebbe essenziale per l'uomo, un po' come Socrate, nel
dialogo Ménon2 di Platone, parla di « reminiscenza », di anamnesi, per ritrovare le origini di una
virtù nel contempo etica e civica.
Infatti, dietro il patriottismo e la volontà di salvare la Francia, vi è la necessità di: « salvare la civiltà
contro la barbarie ». Egli opera quindi una preziosa distinzione tra le lotte dei popoli che
« agiscono secondo gli impulsi della loro energia dominatrice e senza sentirsi animati da nessuna
aspirazione costruttiva, da nessun principio valido per tutti gli uomini e utile ai fini del
miglioramento del loro regime e al rafforzamento ella loro dignità », che caratterizzano le lotte per
la civiltà. E tra queste, vi è la Resistenza, della quale definisce lo spirito: « prodigarsi contro la
barbarie, da qualunque parte essa provenga, rifiutare imperturbabilmente l'acquiescenza o la
rassegnazione di fronte alla necessità e, in nome di qualche povero valore conquistato a caro
prezzo, rispondere sempre: terrò fede alla promessa. Dopo tutto, le vecchie nazioni occidentali,
benché usurate,... vantano un passato storico sufficientemente ricco… per difendere l'umanismo
che hanno elaborato in comune... Ma « non basta più credere a questo umanismo, a questi valori
morali; bisogna ancora avere la volontà di farli trionfare nelle azioni e nei fatti. »3
Ora, all'inizio degli anni '50, questi principi, di cui ci si era già fatti beffe nel 1940 con la
capitolazione e il regime di Vichy, si ritrovano ad essere nuovamente minacciati quando, in nome
della « riconciliazione » dei francesi, si confondono le carte, si costruisce una storia che falsifica i
fatti e distrugge i punti di riferimento, omettendo di nominare e di giudicare i comportamenti
complici che hanno permesso la capitolazione, l'istituzione e il perdurare del regime di Vichy.
Il pamphlet di Jean Cassou è quindi un secondo sussulto morale contro l'oblio dei fatti e dei
principi, con l'intento di fare riflettere la società contemporanea, ma anche le generazioni future: «
Ma allora, perché i morti? » si chiede Cassou «A cosa sono serviti? »
L’edificazione dei Musei della Resistenza e la Memoria lunga:
Mi sembra che si potrebbe collocare l'edificazione dei Musei della Resistenza nella risposta a
questa domanda, con lo stesso obiettivo di instaurare una Memoria lunga, nei suoi due significati.
Innanzitutto, ricostituire il tessuto e l’intreccio dei fatti, a fronte della falsificazione e del
negazionismo, ma anche salvaguardare i valori che hanno rappresentato la posta in gioco della
lotta.
1
Edizione: Mille et une nuits N° 31 , 2001
LGF, 1999
3
La Mémoire Courte, pagg. 18-19
2
16
A fianco del primo aspetto della Memoria lunga, che si potrebbe definire « storico », si decanta
oggi sempre più una sorta di spirito della Resistenza per difendere i valori civili che mirano a
salvaguardare la dignità dell'uomo, nell'ambito di lotte di natura sia etica che politica contro un
potere dominante che impone la sua legge.
E' possibile definire un concetto o, se non altro, dei criteri della Resistenza?
Partendo dalle affermazioni di J.Cassou, lo spirito di Resistenza si manifesterebbe allora in forme
diverse, come un sussulto morale e politico, ogniqualvolta i valori di civiltà – o ciò che
chiameremmo oggi « i Diritti Umani» - sono in pericolo? Nel 1875, Victor Hugo, nelle sue riflessioni
sul diritto e la legge4, formula ciò che avrebbero potuto tranquillamente affermare sia Cassou che
Antigone :« Affinché ogni cosa sia salva, è sufficiente che il diritto sopravviva in una coscienza ...»
La Resistenza potrebbe includere lotte sia individuali che collettive, nella misura in cui le loro
implicazioni fanno riferimento a valori di civiltà.
Ma cosa ne pensano gli storici? E i ricercatori in scienze umane?
Pierre Laborie, in un articolo sulla « idea di Resistenza », cerca criteri della Resistenza che
permettano di fare rientrare altre esperienze storiche in questo concetto. Egli sottolinea che vi è
una Resistenza quando vi è trasgressione di un potere dominante legale. Ma riserva questo
termine solo alle lotte patriottiche e laddove vi sia una lotta armata. Si potrebbe probabilmente
discutere di questo criterio. Gandhi ha ben organizzato una resistenza collettiva al colonialismo
attraverso una lotta pacifica...
A che punto è il lavoro degli storici a tale riguardo? E' ciò che chiederemo a Gil Emprin.
Quali sono oggi le lotte che potrebbero trovare spazio nei Musei della « Resistenza »…?
Presa nel senso generale sul quale ci proponiamo di riflettere, la questione non è semplice.
L'evocazione delle resistenze di oggi ci trascina inevitabilmente sul terreno politico. Sappiamo che
molti partigiani, in primo luogo quelli del 1940, sono stati oggetto di una campagna denigratoria da
parte del potere dominante e considerati « terroristi, criminali, ecc.». Come afferma Manuel Azana,
citato da J.Cassou, a proposito dei combattenti spagnoli: Il risultato finale qualificherà in ultima
analisi il nostro comportamento ... Se perdiamo, una propaganda duratura farà credere... che la
nostra lotta è stata criminale... Se vinciamo, l'intero passato sarà collocato su un piedistallo di
gloria, di splendore e di eroismo. Non tanto nell'opinione comune, quanto in quella di ciascuno di
noi »5.
Sappiamo anche che dietro una posta in gioco, messa in evidenza nella propaganda di una lotta,
se ne celano talvolta altre, destinate a rivelarsi solo in un secondo tempo (ad esempio, Khomeini).
Senza prospettiva storica, come riuscire allora a determinare quali sono « buone cause » da
difendere e da sostenere? In base a quali criteri decidere di farsene o meno portavoce?
Infine, occorre sapere fin dove si può arrivare senza tradire il principio di neutralità al cui rispetto il
discorso museale è tenuto (non fosse altro che per questioni pedagogiche), né mettere in difficoltà
l'autorità competente.
E' proprio per fare luce su questi problemi complessi che facciamo appello alla riflessione di
Olivier Ihl.
I problemi dei professori di storia incaricati di fare da tramite tra il Museo e la Pubblica
Istruzione: Philippe Barrière
1) Il loro ruolo e la loro esperienza fino ad oggi. Il Museo come complemento del corso di
storia. Può diventare un elemento dinamico dell'educazione civica dei giovani, attraverso questa
apertura ad altre forme di Resistenza, presenti ma forse anche passate?
Esempio: Si potrebbe pensare di allestire, presso il Museo della Resistenza, una mostra
dedicata a Victor Hugo uomo politico. La vocazione civile dei grandi autori è stata spesso
4
5
Le droit et la loi et autres textes citoyens, 10/18, 2002, pag.18
« La mémoire courte », pag.11
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trascurata. Restituire loro questa dimensione può gettare una nuova luce appassionante sulla loro
opera.
2) Quali sono i problemi istituzionali che la Pubblica Istruzione potrebbe sollevare di fronte
all'apertura dei Musei nei confronti delle resistenze contemporanee?
3) I professori, in quanto essi stessi storici della Resistenza, cosa pensano di questa
evoluzione del Museo e della sua apertura alle resistenze contemporanee?
Dibattito: Oltre alle questioni sollevate in precedenza, è fin d'ora possibile aggiungerne altre
che emergeranno sicuramente:
In base a quali criteri alcuni Musei della Resistenza hanno già attuato questa politica di
apertura nei confronti delle resistenze di oggi? Fin dove arriva la libertà del conservatore?
Malgrado la complessità del problema, si può tentare di stabilire alcune convergenze nei criteri
di apertura dei Musei, partendo da una più ampia ridefinizione della Resistenza.
18
ORGANIZZAZIONE
Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società
contemporanea “Giorgio Agosti”
Via del Carmine, 13 10122 Torino
Tel. 011 4380090 / Fax 011 4360469
[email protected]
www.istoreto.it
Musée de la Résistance et de la Déportation de l’Isère
13, rue Hébert 38000 Grenoble
Tel. + 33 04 76423853 / Fax + 33 04 76425589
[email protected]
www.resistance-en-isere.fr
Association des Amis du Musée de la Résistance et de la
Déportation de l’Isère
14, rue Hébert 38000 Grenoble
[email protected]
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