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PDF Compressor Pro 12 Attualità 1 gennaio 2015 GUSPINI. INCONTRO AMMINISTRAZIONE S trapiena la sala consiliare di Guspini in occasione della consegna degli attestati rilasciati dall’amministrazione per merito sportivo, alle associazioni e agli sportivi di Guspini, che durante l’anno 2014 si sono distinti in modo particolare. Ha introdotto la serata il vicesindaco Alberto Lisci che nel suo discorso, breve ma completo, ha ammesso che il Comune poco ha potuto fare per aiutare le associazioni e per migliorare le infrastrutture esistenti. Si è detto fiero e soddisfatto perché, non ostante tutte le difficoltà e gli ostacoli, i guspinesi e, nel caso specifico, le associazioni e gli sportivi non hanno COMUNALE E SOCIETÀ SPORTIVE Atleti promossi a pieni voti, infrastrutture bocciate smesso, ma al contrario, a dimostrazione che lo sport è soprattutto una risorsa mentale, hanno migliorato, e in molti casi, portato a casa risultati straordinari. Ha ringraziato tutti, ma in particolar modo i presidenti delle associazioni e i genitori dei ragazzi, perché da loro parte l’input necessario per una mentalità sportiva vincente che poi si traduce in buona civiltà generale. Seppur con parole diverse ha ribadito lo stesso concetto l’assessore allo sport Sandro Renato Ga- REGOLAMENTO PER L’ADOZIONE DEI rau che, ringraziando tutti, ha auspicato un miglioramento delle infrastrutture sportive al fine di migliorare la comunque già ottima situazione sportiva. Tra gli altri interventi e convenevoli in cui ci si ringraziava a vicenda per l’anno trascorso, non sono comunque mancate alcune affermazioni, come quella che ha messo in evidenza che la cittadina mineraria ha una ottima e vincente squadra di calcio a 5 che però non dispone di un campetto per allenarsi. Per gli allenamenti devono spostarsi fuori paese, oppure, con non poche difficoltà, sono costretti ad usare la palestra dell’Ipsia che non è a norma. Il quadro emerso è che la città di Guspini dispone di eccellenze sportive con atleti di primo livello, con donne e uomini che si occupano di mandare avanti atleti e società, ma che vive molteplici difficoltà per via di una situazione in cui i fondi non ci sono. Costretti quindi anche a mettere di tasca e a autofinanziarsi per poter an- dare avanti usufruendo di infrastrutture insufficienti, inadeguate o inesistenti. A dimostrazione che, ancora una volta, gli sprechi della politica si ripercuotono a svantaggio della collettività. Gli attestati sono stati consegnati alla società “Atletica Guspini” e ai suoi atleti: Sofia Agus; Alessia Caria; Virginia Contis; Chiara Fadda; Martina Fanari; Erica Liscia; Sara Murgia; Giulia Tiddia; Elena Vargiu; Giada Zeami; Sophia Johanna Scanu. Alla società “Accademia Boxe” e ai boxeur Luca Melis e Giacomo Spano. Alla società “Arti Marziali Guspini” e al suo atleta Marcello Ruggeri. Alla società “Unione Ciclistica Guspini” e ai suoi atleti: Gabriele Porta; Lorenzo Montis; Danilo Pibi; Francesco Serra; Manuel Atzeni; Alessio Leo; Elena Vargiu; Nicola Leo; Matteo Tiddia. La società calcio “Fortitudo” e i suoi calciatori. La società calcio a 5 “Azzurra 2001” e i suoi giocatori. La società di pallavolo “Guspini Volley” e i suoi atleti. E la società “Tennis Guspini” coi tennisti Rebecca Ortu, Enrico Mancosu e Davide Casadio. Saimen Piroddi CANI RANDAGI A Guspini l’adozione di un cane randagio diventa un’azione educativa Mittente: Comune di Guspini, Settore Polizia locale. Destinatari: Famiglie “consapevoli e responsabili” in possesso dei requisiti di cui all’art.2. Oggetto: Regolamento per l’adozione dei cani randagi catturati sul territorio comunale e ricoverati in struttura convenzionata. Sembrerebbe, detto così, un “regolamento” comunale come tanti. Con articoli, moduli e disciplinari. Ma l’originalità sta nell’art.4, sugli incentivi per l’adottante: “Allo scopo di incentivare da parte di soggetti in possesso dei requisiti l’adozione dei cani randagi di cui all’art.1, riconoscendone la funzione sociale, da parte dell’Ente saranno previste delle riduzioni fino alla concorrenza di 400 euro annui, per la durata di tre anni, sulla tassa dovuta per il trattamento dei rifiuti solidi urbani. Le suddette riduzioni si applicheranno nei confronti degli utenti che risulteranno in regola nei pagamenti della tassa in oggetto. Le riduzioni di cui al presente articolo non sono cumulabili con altre agevolazioni effettuate dall’utente ad altro titolo sulla stessa tassa. In caso di decesso o smarrimento gli eventuali incentivi saranno riconosciuti in forma parziale in relazione dei giorni di affido, in alternativa all’adozione di un altro cane”. I cittadini e le cittadine guspinesi interessati saranno così «chiamati ad assolvere ad un servizio - il mantenimento dei cani randagi, appunto - che è a capo del Comune e che a sua volta sceglie di erogare al richiedente l’adozione un contributo sottoforma di servizio: la riduzione fino a 400 euro della tassa comunale Tari», spiega l’assessore all’Ambiente Bruno Serpi. Il fine è di ridurre il sovraffollamento nel canile convenzionato col duplice beneficio di limitare i costi del randagismo a carico del Comune e di migliorare le condizioni di vita dei cani ricoverati. Accolto con il consenso della maggioranza dei consiglieri presenti in aula il 16 dicembre scorso, del regolamento per l’adozione di cani randagi si è più volte sottolineata la necessità di esercitare controlli improvvisi per verificarne le condizioni di salute e di un’eventuale revoca dell’adozione e restituzione dei contributi erogati qualora ci fossero delle inadempienze da parte dell’affidatario del cane (artt.5-6). «Il Regolamento ha avuto la necessità del parere contabile aggiunge la segretaria comunale -, per questo la durata del beneficio previsto è di tre anni, pari alla valenza del bilancio comunale». Gli amici a 4 zampe ricoverati – le femminucce sono tutte sterilizzate, principale soluzione al randagismo promossa dalla legge quadro 281/1991 – riceveranno il via libera del servizio veterinario dell’Asl prima dell’adozione. Oggi il costo giornaliero per il mantenimento di un cane randagio è di 3 euro, cifra fin troppo onerosa per le magre casse comunali. I cani randagi domiciliati a Guspini e in attesa di una residenza sono in totale 28. Uno di questi si chiama Leone e ha sette anni: per info sull’adozione e sul profilo canino suo e dei colleghi, si consulti il sito www.comune.guspini.vs.it. Astenersi perditempo. E cco uno dei modi, virtuosi, di rispondere concretamente a quella che è invece la prassi specie al Sud dove i canili sono sovraffollati, di trasferire nelle città del Nord gli animali attraverso “staffettisti” di professione - denunciano le associazioni -, in condizioni di grande sofferenza per gli animali. Così molti Comuni del Sud spendono da 100 a 400 euro per ogni animale, perché le strade siano liberate dai randagi e i canili svuotati e, d’accordo con privati e associazioni, adottano la strategia se di strategia si può parlare - di spostare altrove il problema. E mentre al Nord la popolazione canina è stata stabilizzata e i canili sono pieni di cani anziani, dal Sud partono camion di cuccioli. A dimostrazione che la “politica” della sterilizzazione delle femmine, se correttamente applicata, dà risultati. Se disattesa, invece, può procurare un’esplosione dei costi per i Comuni e il pericolo dell’interessamento delle mafie – ahinoi! – anche a questo business. (f. t.) PDF Compressor Pro Attualità GUSPINI. INIZIATIVA DEL COMITATO NO TARES 1 gennaio 2015 13 BARUMINI Natale: consegnati cinquecento doni ai bambini Il 21 dicembre il Comitato No Tares ha organizzato una manifestazione dedicata al Natale. Dodici Babbo Natale hanno consegnato circa 500 doni a tutti i bambini che si sono presentati al gazebo allestito in piazza XX Settembre. In paese non ci sono luminarie o alberi addobbati che ci facciano ricordare il Natale, specialmente per i bambini. «Abbiamo rovistato nelle nostre cantine e abbiamo recuperato materiale per addobbi che ci hanno permesso di allestire un albero in piazza XX Settembre», afferma Franco Carta, presidente del Comitato No Tares. E aggiunge: «Se l’amministrazione comunale avesse coivolto la popolazione si sarebbe potuto allestire anche a Guspini un albero di Natale degno di questo nome. (r.m.c.) GUSPINI. ORDINE DEL GIORNO DEL A CONSIGLIO COMUNALE Donazione di organi: ora si può dichiarare la propria disponibilità all’ufficio anagrafe È stato approvato all’unanimità dal Consiglio Comunale di Guspini l’ordine del giorno sull’istituzione di un “Programma che preveda la possibilità che i cittadini esprimano la loro volontà, presso gli uffici anagrafe, in merito alla donazione di organi e tessuti”. La proposta della capogruppo del Pd Stefania Atzei è stata presentata nel corso della seduta del 16 dicembre scorso alla presenza del Presidente provinciale dell’Aido (Associazione Italiana Donatori di Organi e Tessuti) Pinuccio Collu che, numeri alla mano, ha sottolineato quanto la Sardegna si dimostri generosa nella “cultura del dono”. 8.500. Sono le persone in lista d’attesa, in Italia. Stefania Atzei 3.000. Sono i trapianti che si eseguono mediamente ogni anno. 6.500. Sono le persone costrette a rinviare do invece la responsabilità della decisione ai ulteriormente al futuro l’attesa di una tele- singoli cittadini maggiorenni “che sono tenuti fonata e di una corsa all’ospedale, la spe- a dichiarare la propria libera volontà in ordiranza del “respiro di altre vite”. ne alla donazione degli organi e tessuti del “Considerato che il trapianto di organi e tes- corpo successivamente alla morte” (art. 4 suti rappresenta un’attività sanitaria ad alta della Legge quadro n.91/1999) – recita il tevalenza sociale, così da essere considerato sto del documento presentato al Consiglio Coin molti casi l’unico rimedio salvavita per munale –, si ritiene che occorra necessariapazienti colpiti da gravi patologie, che è im- mente potenziare l’attività istituzionale per far portante quindi il suo potenziamento, in ter- incrementare sempre più il numero dei tramini numerici e di qualità di risultati, il che pianti realizzati annualmente anche in consinecessita di una sensibilizzazione collettiva derazione del fatto che, ai sensi della normae generale che al momento è l’unico stru- tiva vigente, tutti noi siamo potenziali donamento atto a garantire a un sempre più ele- tori d’organi e tessuti”. vato numero di persone affette da gravi in- Per diventare donatori, oltre ad esprimere la sufficienze d’organo ed alle loro famiglie propria volontà attraverso i soliti canali (comuna migliore qualità di vita; che in Sarde- pilazione di un modulo disponibile nella progna l’attività di donazione e trapianto d’or- pria ASL, iscrizione all’A.I.D.O. o ad altre gano è iniziata nel lontano 1988 e a tutt’og- associazioni, etc.), ora ogni cittadino gi la nostra Isola si colloca tra le prime 10 guspinese potrà dichiarare, presso gli uffici Regioni d’Italia per numero di donatori uti- anagrafe, la propria volontà esprimendo in lizzati; che la volontà del Legislatore su que- modo libero e chiaro le sue intenzioni in mesto punto era anche quella di sollevare le rito all’eventualità di donare o meno gli orfamiglie dalla decisione di dare l’assenso o gani dopo la morte, volontà che potrà comunmeno in un momento particolarmente grave que essere modificata in qualsiasi momento. e lacerante della propria esistenza, lascianFrancesca Tuveri lla figura di Giovanni Lilliu, famoso archeologo e Accademico dei Lincei, che quest’anno avrebbe compiuto 100 anni, è stato intitolato il Museo archeologico ospitato in Casa Zapata. La cerimonia è avvenuta in concomitanza del 1° Expo Turismo Culturale in Sardegna, alla presenza delle figlie Caterina e Cecilia, di autorità della cultura e politiche regionali. Suggestivi i locali del Palazzo seicentesco sede dei Marchesi Zapata di Barumini, che ha custodito per secoli tra le sue fondamenta un altro tesoro denominato Nuraxi ‘e Cresia, una nuova reggia nuragica di 3500 anni fa, venuta alla luce grazie all’intuizione di Giovanni Lilliu. Commossa Cecilia, la figlia del professor Lilliu: «Un giorno importante per la cultura, lo sviluppo della comunità locale e regionale». Lo Cecilia e Caterina Lilliu scoprono la targa Inaugurato il museo archeologico Giovanni Lilliu rimarca con passione anche una sua allieva, l’archeologa Emina Usai della Soprintendenza archeologica: «Barumini è conosciuto ormai in tutto il mondo grazie a Giovanni Lilliu, e a lui è collegato il riconoscimento dell’Unesco nel 1997 del nuraghe Su Nuraxi, con la successiva nascita nel 2006 della Fondazione Barumini Sistema Cultura che gestisce i monumenti storici, culturali e archeologici locali, e nel 2008 la nascita del Centro Culturale che ospita mostre permanenti e itineranti». Nel museo archeologico sono esposti, tra l’altro, tantissimi reperti rinvenuti negli anni 50 durante gli scavi dell’area archeologica de Su Nuraxi. «Un doveroso riconoscimento di tutta la comunità baruminese, alla straordinaria figura del nostro compaesano più illustre», ha affermato il sindaco Emanuele Lilliu. Carlo Fadda PDF Compressor Pro 14 1 gennaio 2015 Attualità SAN GAVINO I l 25 dicembre eravamo nella sala d’attesa del l’ospedale di San Gavino, da mezzanotte e un minuto alle 6 del mattino. L’intento era quello di poter documentare una serata, la vigilia di Natale, notoriamente caratterizzata da grandi festini e, quindi, probabili grandi esagerazioni nel bere alcolici con conseguenze tali da aver bisogno del pronto soccorso. Dato che sulla sanità se ne sentono di cotte e di crude, abbiamo pensato di approfittarne e vedere come funziona, sotto stress, il personale del pronto soccorso. Fortunatamente, però, nel Medio Campidano si è festeggiato, ma in modo virtuoso. Nessuno è arrivato all’ospedale, né per il troppo bere né per incidenti. Una sola ambulanza, quella dei “Volontari Soccorso Sanluri”, ma per un pazien- Ospedale: una notte al pronto soccorso te con sospetto dolore al petto. Stare ad aspettare una notte intera, cercando tra l’altro di non far capire che si è li per la stampa al fine di non farsi buttare fuori, è scomodo e noioso. Così, per passare il tempo abbiamo iniziato a guardarci intorno. Il tempo non è mancato. Guarda qui e guarda là, abbiamo iniziato a notare delle cose che non vanno bene. La sala d’attesa è in condizioni igienico-sanitarie pessime. Viene da chie- dersi se i dirigenti Asl ne siano a conoscenza. Si tratta di una stanzetta piccola e quindi anche facile da gestire sia in termini pratici sia in termini di danaro. Pavimento in linoleum pieno di buchi, consumato e sporco, soprattutto negli angoli. Probabilmente per via della scopa e dello straccio non adatti. I muri scrostati, rovinati, sporchi al punto che le impronte delle teste delle persone che si siedono sulle poltroncine, alcune rotte e pericolose, sono ben visibili sotto forma di lerci aloni dalla tonalità più scura. Sistema “pulsante di sicurezza antincendio” fuori uso. I bagni erano puliti ma, sia in quello da donna che in quello da uomo, nessuna traccia di salviette e carta igienica. In caso di bisogno chi lo deve utilizzare è a rischio se non ha provveduto a portarsi dietro almeno dei fazzolettini. La polvere è di casa. Insomma, il quadro registrato nelle sei ore di permanenza è il seguente. Insufficiente movimento in termini di urgenze mediche per poter determinare un quadro generale dal punto di vista dell’utenza, sulla professionalità, l’umanità e la gentilezza del personale. Ma, nel frattempo, un colpo d’occhio è stato sufficiente per capire e vedere che le condizioni in cui versa quella stanzetta sono vergognose per un ospedale che appartiene ad uno Stato, sulla carta, moderno, civile, rispettoso della dignità altrui. Si auspica che il nuovo ospedale, di cui si parla, oltre alla nuova struttura porti con sé anche una nuova gestione. Saimen Piroddi SARDARA. PROLOCO Sa festa de su binu nou Oltre ogni aspettativa, le avverse condizioni meteorologiche dello scorso 8 dicembre non hanno fermato i visitatori per la nona edizione di Sa festa de su binu nou, uno degli eventi di Sardara più sentiti dagli appassionati del vino novello, dalla comunità e dai paesi dell’isola. Una mostra-mercato di prodotti vinicoli, artistici e artigianali, che abbellisce e rende le vie del centro storico gremite di cittadini di ogni età. Non solo grazie alle produzioni locali, come il miele di Eligio Ibba, le pizze e focacce di Marzia Corona, le fritture miste e verdure in pastelle di Anastasia e Matteo, i vini e ceci distribuiti dalla Dinamo di Sardara, le castagne del comitato San Gregorio, la libreria La Mia Tata, il comitato Antichi mestieri e biodiversità, il trio delle caprette Pappa, Buffa e Podda di Aldo, Gianni e Andrea, la lavorazione delle “bugie” di Fausto Pusceddu e del ferro di Marco Onnis, e l’apertura dei negozi nel centro storico e del Mercato civico. Tanti altri artigiani e articoli di hobbistica dei paesi limitrofi hanno arricchito l’evento, come Is cannus di Fabrizio Floris di Mogoro, le borse in orbace rifinite in broccato e velluto con bottoni in olivastro lavorati con s’arresoja della collinese Brunella Pau e le lavorazioni in vetro di Eleonora Matta di Collinas. Serafino Cabras di Segariu con la lavorazione in diretta delle tegole in ceramica, la cosmesi di olio di lentisco prodotto a San Giovanni Suergiu, i salumi di Samassi, le auto d’epoca e Vespe della comunità e i dipinti di Francesco Cubeddu esposti a Casa Pilloni. E, per il protagonista indiscusso della festa, non poteva mancare la cantina di Mogoro, che quest’anno ha esposto dove è nato il vino Semidano. A far da cornice ai colori degli stand, gli intrattenimenti ludici e musicali in strada per piccoli e adulti. I giogus antigus, tra cui Birillias illustrato da Agostino Piano in collaborazione con la Consulta di Cultura e Lingua sarda, la lotteria di beneficenza dell’associazione La Sorgente 2000, i balli sardi e i trallallera del gruppo folk Sant’Anastasia e, lungo il percorso enogastronomico, le note musicali sarde delle tre suonatrici di Gavoi e del fisarmonicista Walter Atzori. Due stand però si son contraddistinti dagli altri. Non passava infatti inosservata la scritta “Tutto gratis” nel banchetto del passamano allestito dal gruppo MDF di Terralba: uno spazio destinato al dono, recupero e riutilizzo di guardaroba, libri, cd e oggetti donati senza voler nulla in cambio. E non sfuggiva all’attenzione neppure la calorosa accoglienza del gruppo folk Sant’Anastasia che, all’ingresso del percorso circolare, faceva sentire di casa turisti e concittadini con musica e spettacoli continuativi. «Benvenuta signora; da dove arriva? Pensate, - annunciava dall’amplificatore Mario Pusceddu, presidente dell’associazione folkloristica - addirittura da Cosenza per partecipare a Sa festa de su binu nou». E, tra un saluto e l’altro, ringraziava tutti per la riuscita della festa, soprattutto le associazioni partecipanti, la Pro loco e l’amministrazione comunale. Ringraziamenti a cui si associa Valentina Viaggiu, presidente della Pro loco di Sardara, che dice: «Considerato il tempo, è andata bene. Quest’anno c’è stata più partecipazione da parte dei sardaresi, soprattutto per il pranzo. Di mattina molti visitatori della provincia di Cagliari, guidati da Samanta Vinci, Sebastiano Mandis e Nicola Casti. Ringrazio davvero tutti coloro che hanno contribuito a titolo gratuito anche cedendo le proprie abitazioni e aiutando nell’allestimento del giorno prima e il riordino alla fine. Ringrazio i volontari, le associazioni, tra cui “Noi per gli altri” e la “Protezione civile”. E anche quelli non apparentemente partecipanti, come la Pallavolo Sardara, la Bocciofila e il Tennis Club. Tutta l’amministrazione comunale, in particolare il vicesindaco Ercole Melis». (m. p.) PDF Compressor Pro 15 Attualità Solidarietà, spettacoli e musica: successo del Natale sangavinese 1 gennaio 2015 R iportare la gente al centro del paese con mostre, concerti ed eventi e presentare le attività delle tante associazioni sangavinesi. È questa la finalità della seconda edizione del Natale sangavinese (nelle foto di Antonio Perra) che ha proposto un ricco calendario di manifestazioni che si concluderanno il 6 gennaio. Sabato 3 alle 18 nella chiesa di Santa Chiara ci sarà il concerto del Coro Polifonico Sangavinese. Lunedì 5 dalle 16 alle 20.30 al Civis in via Roma la manifestazione “Aspettando la Befana “Pasca de is Tre Reis”, merenda e animazione curata dalla commissione delle Pari Opportunità. Martedì 6 gennaio alle 18 le premiazioni del concorso Vetrina di Natale, una serata a tema aperta a tutta la cittadinanza con rinfresco con prodotti tipici. La manifestazione è curata dall’Associazione Commercianti del Centro Commerciale Naturale di San Gavino Monreale. In piazza della Resistenza e in piazza Marconi sono presenti le classiche casette dei mercatini di Natale con animazione e la presenza degli hobbisti e degli artigiani. Al Civis si possono visitare due mostre: l’esposizione degli Antichi Mestieri del Gruppo Amatori e quella dei Dipinti del Gruppo Artistico Sangavinese. La casa museo “Dona Maxima” in via Amsicora sarà visitabile alcuni giorni grazie all’associazione “Sa moba sarda”. Nelle casette in terra cruda di Piazza della Resistenza c’è una mostra sulla Resistenza curata dall’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, mentre i commercianti della zona hanno allestito un presepe. È presente anche un presidio dell’associazione Euro 2001 per promuovere la propria attività mentre i volontari dell’associazione Delfino occupano una casetta per esporre i propri lavori artistici. Intanto il centro del paese si è rianimato con i balli con gli “Anziani sempre giovan”, cioccolata e biscotti con l’Oktoberfest, la vendita di cesti a scopo benefico con Thalassa Azione, mentre l’Avis si è occupata della sensibilizzazione alle donazioni. Molto suggestivo il lancio delle lanterne natalizie curato dai Lions Club e l’esibizione di tiro con l’arco con la sezione locale degli arcieri. In piazza della Resistenza gli antichi giochi di strada con l’associazione Sorrisi, la castagnata con la Stazione culturale e poi il brindisi con Kenemeri, la sottoscrizione a premi con la consulta giovanile e il calendario proposto dalle Chine Vaganti. Grande successo anche per il classico concerto di Natale della banda musicale del paese e dei balli sardi itineranti con l’associazione S’araxi, il flash mob di Progetto Danza e la discesa di Babbo Natale VertiClaus in piazza Marconi curata dal Soccorso Alpino. Bambini in festa con lo spettacolo del Piccolo Teatro Umoristico. Gian Luigi Pittau SARDARA Appuntamento tradizionale col mercatino e l’albero Lo scorso 23 dicembre Sardara ha visto le strade del centro e la piazza del municipio gremite di adulti e bambini, sia per il primo appuntamento con il tradizionale mercatino settimanale allestito nel cuore del centro storico sia per addobbare l’albero natalizio davanti al municipio. Intorno al caseggiato dell’ex scuola elementare e davanti al Mercato civico del paese, numerosi sardaresi, tra cui il primo cittadino Giuseppe Garau, hanno espresso curiosità avvicinandosi per osservare e fare acquisti nelle bancarelle degli ambulanti che ogni martedì mattina hanno riservato lo spazio in centro. Per il momenrto l’iniziativa è in via sperimentale. «Come inizio non c’è male», afferma entusiasta il sindaco Giuseppe Garau. Tuttavia non son mancate le lamentele di chi non poteva transitare con l’auto e di chi chiede che le strade vicine al mercato vengano pulite. «Provvederemo senz’altro», promette il sindaco, mentre si sposta verso la piazza dove i bambini artisti sono impegnati a preparare addobbi natalizi, in collaborazione con le operatrici della Ludoteca e l’assessore dei servizi sociali Simona Ibba. Babbo Natale a Sardara Babbo Natale è approdato due volte a Sardara. Il 25 dicembre nella piazza del municipio per consegnare doni ai bambini. E il giorno di Santo Stefano, con slitta, renne ed elfi al seguito, per animare il centro storico del paese con musica, intrattenimenti ludici, dolci e convivialità tra cittadini di ogni età. Tutti insieme per esprimere desideri con ritagli di carta da scrivere e da decorare per poi appendere nell’albero davanti al municipio, sulle note di brani di Natale scelti e amplificati dall’impianto gestito dal sedicenne Mattia Pisano. Marisa Putzolu PDF Compressor Pro 16 Attualità 1 gennaio 2015 Fra Lorenzo Guspini Gonnosfanadiga Nel Medio Campidano è sempre viva la tradizione del presepio I l presepio, una tradizione popolare che attrae bambini e adulti, rappresenta la natività di Gesù e quasi tutte le famiglie si dilettano a realizzarlo nei luoghi, nelle forme e nei modi più svariati, immaginando quella grotta di “Betlemme” e adattandola a usi e costumi della società attuale. L’impegno e la fantasia non mancano ed è facile nei nostri ambienti vedere la Sacra Famiglia rappresentata in vari scenari. Non vi è dubbio che il presepio più rappresentativo sia quello realizzato da fra Lorenzo, che gli ha dedicato 66 dei suoi 95 anni. Il frate cappuccino cura e aggiorna puntualmente il presepio del Santuario di Fra Ignazio nella sede dei Frati in viale Fra Ignazio a Cagliari. Negli scenari riprodotti è facile individuare spaccati di vita locale, quindi anche del Medio Campidano, con raffigurazioni prese dalla realtà. Questa meravigliosa creazione è aperta al pubblico dal giorno di Natale sino al 18 gennaio. Per quanto riguarda alcuni presepi allestiti in Arbus, Guspini, Gonnos e Villacidro vengono qui riprodotte delle foto, lasciando ai lettori la valutazione. Francesco Zurru ARBUS Nella Parrocchia Beata Vergine Maria Regina in Arbus il parroco, don Nicola Demelas, e Alessio Anardu, Francesco Floris e Angelo Bruno Esu, ragazzi che hanno già fatto la Cresima, hanno realizzato il presepe in chiesa. A rendere questo presepe ancora più caratteristico, oltre al bellissimo effetto creato dal gioco di luci, anche tanti particolari, tra cui la casa del pastore in sughero, la macina della farina in movimento, la cascata nella roccia, accanto alla capanna della natività, le fascine fatte a mano e il recinto delle galline. Adele Frau COLLINAS Ancora una volata a Collinas ad animare il Natale sono i presepi, che sono stati realizzati nei diversi rioni del paese e nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo. Natale a Collinas si presenta con un fitto calendario di eventi che si concluderanno il 6 gennaio con la rappresentazione del Presepio vivente. La rappresentazione sarà accompagnata dalla zampogne. «È un programma afferma il sindaco Franco Cannas modesto, semplice, dignitoso, che coinvolge tutto il territorio dalla vigilia della nascita di Gesù Bambino sino all’Epifania, e che siamo riusciti ad allestire grazie alla collaborazione della Pro loco, delle associazioni, e di tutta la comunità». (r. m. c.) LUNAMATRONA Mostra storica di abiti, corredi e usanze nuziali Q uesto natale gli abitanti di Lunamatrona, alla terza edizione della “Mostra del corredo e della sposa nel tempo”, hanno potuto ammirarsi in un filmino realizzato apposta per avere un ricordo dell’evento. Evento che, negli anni, ha visto sempre più persone impegnarsi a cercare informazioni, cenni storici e materiale vario allo scopo di riportare alla luce le usanze cerimoniali di un tempo per poter tenere così viva una tradizione che prima era usanza comune. Tanti abiti e gioielli riprodotti fedelmente, o originali, per ripercorrere, attraverso una sfilata, le usanze matrimoniali di allora. A partire dal 1800 fino ai giorni nostri. Addirittura abiti risalenti al 1928 in perfetto stato di conservazione. L’evento ha coinvolto un centinaio di persone di tutte le età. Chi ha fatto le ricerche, chi ha prestato il proprio abito, chi ha fatto il “gattò”, chi il pane degli sposi, i ragazzi che hanno sfilato, i fiorai che hanno collaborato alla preparazione dei mazzolini, i parrucchieri e l’estetista che hanno truccato e curato le acconciature seguendo ovviamente la moda del tempo. Singolare è stato vedere due signore che hanno esposto un corredo usato da loro oltre 50 anni fa. L’evento è stato ideato dall’assessore alla cultura Anna Malloci. Saimen Piroddi PDF Compressor Pro Attualità 1 gennaio 2015 17 Statale 196: la strada della morte L a statale 196, che collega Guspini a Decimomannu, è una strada a sicurezza zero con una lunga scia di sangue. I giornali, in questi ultimi decenni, pubblicando articoli e foto delle numerose tragedie stradali, hanno denunciato anche la pericolosità dell’arteria, ma finora niente è stato fatto per metterla in sicurezza o quanto meno adeguarla alle esigenze del traffico d’oggi. C’erano dei progetti, ma sono rimasti nel cassetto, intanto gli incidenti continuano ad accadere. Sul momento si piange la vittima, si implora la sicurezza, poi ci dimentichiamo di tutto e di tutti fino al nuovo incidente mortale. Il numero dei morti sulle strade si sta sempre più ampliando. E la causa per le istituzioni non è la strada pericolosa, ma l’alta velocità, l’alcool, la droga, la disattenzione e a volte anche l’approssimazione nella guida. La statale 196 deve essere almeno adeguata all’intensità del traffico attuale con una manutenzione regolare con un guardrail continuo nei punti più pericolosi. Se prendiamo in considerazione il tratto dove è accaduto l’incidente mortale di domenica 14 dicembre se ci fosse stato un’adeguata protezione laterale forse oggi Gonnosfanadiga non piangerebbe la scomparsa di Nunzia Sibiriu. Francesco Zurru Progetto Cult: scambi culturali con le imprese europee Foto di gruppo del viaggio fatto ad Atene I l progetto Cult consiste in una serie di azioni riguardanti soprattutto il campo dell’imprenditoria e del turismo, la creatività e l’innovazione, per lo sviluppo personale dei giovani e la crescita sociale ed economica della società. Il progetto ha avuto come promotori la provincia del Medio Campidano (capofila) e la provincia di Oristano, l’associazione culturale Orientare di Cagliari e la cooperativa Studio e Progetto 2 di Abbasanta; in qualità di associati, ha visto coinvolti tutti gli Istituti Superiori di II grado presenti nella provincia del Medio Campidano e nella provincia di Oristano e ha avuto come beneficiari gli studenti degli ultimi due anni. Hanno partecipato in maniera attiva alle diverse fasi del progetto 12 alunni dell’Istituto I.I.S. Michelangelo Buonarotti di Guspini, 17 alunni dell’IIS “Marconi-Lussu” di San Gavino, 3 alunni dell’I.T. Colli Vignarelli di Sanluri, 5 alunni dell’IPSA Volta di Guspini, 5 alunni del Psico pedagogico di San Gavino, ragazzi degli istituti Mossa e De Castro di Oristano e del Pischedda di Bosa. Il progetto ha impegnato i ragazzi in diverse fasi di lavoro a Da maggio decine di studenti sono impegnati in varie fasi di lavoro che hanno previsto anche un viaggio ad Atene partire dal mese di maggio. La prima prevedeva la promozione e la valorizzazione del territorio attraverso la ricognizione e il censimento dei beni culturali e delle attrattive archeologiche del Medio Campidano e della provincia di Oristano. Tutti i dati reperiti sono confluiti nel sito internet Cult!, consultabile da enti locali, operatori del settore o semplici turisti. La seconda fase ha visto i ragazzi impegnati in un corso di 20 ore volto all’orientamento sulla creazione d’impresa, per incentivarli a valorizzare le proprie conoscenze personali e soprattutto a sviluppare le proprie capacità imprenditoriali attraverso l’elaborazione di un progetto e lo studio della sua fattibilità. La terza fase del progetto prevedeva la possibilità di scambi culturali con imprese europee già affermate nel settore culturale e turistico al fine di acquisire nuove competenze sulla gestione di piccole o medie imprese. La meta prescelta è stata Atene e il viaggio si è svolto dal 14 al 17 novembre scorso. Il primo giorno hanno visitato il quartiere Anafiotika, uno tra più pittoreschi di Atene; il secondo giorno il Tempio di Zeus Olimpo, il Museo dell’Acropoli, e in alto sull’Acropoli! La sera un giro ai quartieri di Plaka e Monastiraki , dove si trovano anche l’Antica Agorà, l’Agorà Romana e la biblioteca di Adriano e infine una visita al Museo delle ceramiche; il terzo giorno visita al Museo Archeologico Nazionale, a seguire la Plateia Syntagmatos, fulcro della città, in cui si trovano il Parlamento e dove si è potuto assistitere al Cambio delle Guardie, un tratto dell’antico cimitero e l’acquedotto a Pisistrato; e infine la visita al Museo Benaki. L’ultimo giorno è stato dedicato ad un giro nei dintorni di Atene, nella rinomata località di Glyfada, mecca del divertimento e dello shopping . L’ultima fase del progetto ha impegnato gli studenti in un concorso dal titolo “Idea d’impresa” per cui sono stati chiamati a predisporre, sulla base delle azioni precedenti, appositi progetti di valorizzazione con la ideazione di itinerari tra le realtà culturali del territorio. I progetti sono stati presentati e a giorni si conosceranno i nomi dei vincitori. Ilaria Scanu Zola è il terzo allenatore sardo del Cagliari Calcio I l presidente del Cagliari Giulini, dopo 16 partite con due sole vittorie, nessuna delle quali allo stadio Sant’Elia, e con la classifica traballante, ha esonerato Zeman, l’allenatore fortemente voluto all’inizio della propria carriera alla guida della Società Rossoblù. Il numero uno del Cagliari Calcio ha deciso di affidare le sorti della squadra al famoso e stimato fuoriclasse Gianfranco Zola che ha vestito le maglie della Torres, del Napoli, del Chelsea, del Cagliari e della Nazionale. Il campione di Oliena è il nuovo allenatore del Cagliari, il terzo sardo a sedere sulla panchina della squadra isolana, dopo Mario Tiddia e Gustavo Giagnoni. Zola è tornato nella sua terra per assumere la guida della squadra che gioca nel campionato più bello del mondo e per regalare ai sardi nuove emozioni e nuovi successi, traghettando per l’ennesima volta i Rossoblù fuori dai guai, verso una classifica più consona al valore attuale dei giocatori che la compongono, ma soprattutto alla bella tradizione della principale compagine isolana. Il progetto del successore di Cellino, che con Zeman voleva regalare ai tifosi un calcio in grado di dare maggior spettacolo, è tramontato, anche se i sardi hanno apprezzato lo sforzo del presidente e dell’allenatore esonerato, tributando al boemo numerosi applausi d’incoraggiamento, poiché in tanti hanno creduto possibile applicare quel modulo a una formazione che punta principalmente a mantenere il proprio posto in serie A. Alla fine, la ragione ha messo gli occhi sui numeri, costringendo il presidente Giulini a cambiare rotta. Colui che è stato beniamino dei tifosi isolani, ovunque giocasse, dovrà lavorare sodo per raddrizzare una nave che rischia di affondare, anche perché a lui l’impresa è già riuscita in altri tempi, salvando il Cagliari e nel 2003 contribuendo a riportare la squadra di Cellino in serie A. Il neo allenatore è conosciuto in tutta l’Isola. Il 21 agosto 2003 salutò il pubblico del Medio Campidano allo stadio di Villacidro in una partita amichevole contro la Villacidrese di Sibilia; in quel giorno entusiasmò il pubblico presente con le sue finezze che consentirono a Suazo di mettere a segno 2 dei 5 goal finali e a Esposito di realizzare il quinto goal: fu una festa che il Medio Campidano non ha dimenticato e la gente oggi crede nelle capacità di Zola, dirette a salvare il Cagliari dalla retrocessione in serie B. (f. z.) PDF Compressor Pro 18 Cultura 1 gennaio 2015 VILLANOVAFORRU S arebbe occorso più spazio per contenere tutte le persone presenti all’inaugurazione della mostra fotografica “Gente villanovese”, di Gianluigi Cabiddu, nella sala mostre del museo di Villanovaforru. In centinaia sono infatti accorse per ammirare le foto in bianco e nero raffiguranti attimi e scene di vita degli abitanti del suo paese. Immagini dalle parvenze vive. Osservandole, non si ha la sensazione di un qualcosa messo in posa per lo scatto, ma è come se, da un momento all’altro, il soggetto ripreso potesse muoversi per continuare la propria azione. Scorci di vita quotidiana villanovese che l’artista ha negli anni rubato ai suoi concittadini e che oggi restituisce attraverso questa galleria, che vede i visitatori andare ad ammira- Gianluigi Cabiddu: il fotografo gentiluomo re se stessi in un percorso storico che le immagini sanno raccontare meglio di mille parole. 80 le stampe fotografiche esposte e oltre mille proiezioni d’immagine. In arte Gigi Cabiddu Brau, nato a Parigi nel ‘65, e da piccolo trasferito a Villanovaforru, paese nel quale tuttora risiede, fotografo da Gonnosfanadiga: disservizio continuo alle Poste A Gonnosfanadiga, Poste e disservizio sono un binomio inscindibile, e i cittadini sono costretti a lunghe file. Le lamentele degli utenti hanno raggiunto il massimo livello, andare all’Ufficio Postale è diventato una stressante sofferenza, che richiede una straordinaria sopportazione. Tutti gli utenti ne sono vittime, ma in particolare gli anziani specialmente quelli che hanno seri problemi di salute, e gli imprenditori, costretti a sottrarre del tempo prezioso alla propria attività. Il disservizio è dovuto alla carenza di personale, due dipendenti per servire centinaia di utenti. La situazione diventa insopportabile quando ad operare è un solo impiegato, in quanto l’altro si assenta per ferie, malattie o per corsi di aggiornamento. Anche l’organizzazione dell’ufficio è approssimativa: i fruitori al loro arrivo si dotano di un numero ordinale in dipendenza delle operazioni che devono effettuare, scegliendo uno dei quattro settori rispondenti alle lettere A – C – P – E. Purtroppo, non tutti gli utenti sono riusciti a entrare nel meccanismo di tale selezione. E non sono pochi i gonnesi che vanno negli altri paesi della zona per usufruire dei servizi negli uffici postali privati. Francesco Zurru VILLACIDRO Augusto Ghiani espone al museo archeologico di Sant’Antioco Non finiscono le soddisfazioni per l’artista Augusto Ghiani di Villacidro che, dopo il successo alla mostra internazionale del Quirinale, espone ora i suoi dipinti alla mostra “Insulart” nel museo archeologico di Sant’Antioco. Due le opere esposte, Energia e Shardana. La mostra è curata da Luca Giovanni Masala, affermato critico d’arte, nonché l’uomo che nel 2015 curerà le bipersonali di Ghiani. L’evento è considerato tra i più importanti dell’isola, sono infatti presenti artisti di fama internazionale provenienti da diverse nazioni, tra cui Giappone e Francia. «Con questa mostra si chiude il 2014 e si apre l’anno artistico 2015 - spiega l’artista. - Ci sono tanti progetti, come le bipersonali e i concorsi internazionali. Tutto questo sperando di dare un contributo alle già importanti realtà di arte e artisti in Sardegna». «Artista di talento, sensibile e attento alle problematiche sociali e contemporanee», dice di lui la pittrice Gisella Mura. Saimen Piroddi VILLACIDRO. FILM Una spigola da record Sotto l’albero una spigola gigante di 8,5 chilogrammi. Poco prima di Natale è arrivato un regalo inatteso per il villacidrese Mariano Contu che ha pescato un esemplare da record nel mare di Torregrande. Sicuramente il colpo più fortunato della sua carriera, ma non l’unico. Da tempo appassionato di pesca, ha usato la canna per la cattura della spigola concludendo in bellezza una giornata dedicata alla pesca. (step) PER BAMBINI E RAGAZZI Cineamicizia: ancora due proiezioni A Villacidro va avanti con successo l’iniziativa Cineamicizia, rivolta a bambini e ragazzi. L’Assessorato allo Spettacolo e alle Politiche giovanili ha organizzato per dicembre e gennaio una serie di appuntamenti al Cinema con la trasmissione di cartoni animati nella mediateca comunale di via Parrocchia 190. Dopo la proiezione di Up e Azur Azmar, i prossimi incontri saranno dedicati a Lilo e Stich (il 7 gennaio, alle 16,30) e al Castello Errante di Houl (14 gennaio alle 16,30). (step) una vita, ha vissuto il cambiamento da analogico a digitale, adattandosi senza mai perdere il controllo dell’obiettivo, e oggi vorrebbe farsi guidare dall’elettronica. A dimostrazione che nessun automatismo potrà mai sostituire l’occhio, l’istinto e il tocco di un vero fotografo. Sentita è stata la commozione nel discorso fatto davanti al suo pubblico dove, oltre a lui, sono intervenuti l’assessore alla cultura Ilenia Cilloco e il direttore del museo Mauro Perra. Infine, da vero gentiluomo, si è messo di lato lasciando che sua moglie Daniela, insieme ai suoi bambini, tagliasse il nastro rosso per dare il via alla mostra, che si può visitare fino al 13 gennaio. Saimen Piroddi PDF Compressor Pro 1 gennaio 2015 Redazione Angeli nel cuore associazione di volontariato onlus Via Repubblica 108 Arbus Tel. 349-5069299 e.mail: [email protected] Sito: www.angelinelcuorearbus.it 19 Questo giornalinno è stato realizzato dai ragazzi dell’associazione. Hanno collaborato: Alessio Anardu, Marco Arriu, Elisabetta Silanus, Martino Scanu, Michela Silanus, Giulia Begliutti, Kewin Casu, Nicole Scanu, Matteo Anardu, Giulia Concas, Carol Sabeddu, Chiara Desideri, Martina Idili. I giovani e la politica? Due mondi lontani In questi ultimi anni il rapporto tra i giovani e la politica è cambiato. Infatti, mentre prima essi se ne interessavano, oggi è difficile sentire un giovane parlare di politica. I ragazzi spesso sono totalmente disinformati e preferiscono affrontare altri argomenti, come serie tv, giochi elettronici, telefonini e pc nuovi usciti sul mercato. Questo disinteresse si percepisce anche nelle elezioni a scuola di rappresentanti di classe o di istituto che vengono spesso non prese in considerazione e a volte addirittura considerate un modo per perdersi qualche ora di lezione. E allora c’è da chiedersi quali siano le cause per tanto disinteresse. Forse manca la fiducia nella politica che non riesce a dare risposte e aiuto nemmeno ai giovani. Sembra quasi manchino gli ideali di un tempo, quelli per cui si era disposti a lottare e a credere. Manca anche l’interesse che prima sapevano suscitare i partiti politici che venivano considerati come veri e propri luoghi di incontro di conoscenza, discussione e formazione della politica. E allora forse basterebbe ridare un po’ di speranza ai giovani, dando loro risposte, appoggiandoli sul loro futuro di lavoro o di studio, facendo loro conoscere e riscoprire di nuovo la politica, quella fatta col cuore. Chiara Desideri Martina Idili La pace è rispetto, amore, condivisione e aiuto reciproco Sabato 20 dicembre ad Oristano si è svolta la Marcia della Pace. È già da un paio d’anni che viene proposta prima delle vacanze natalizie per far sì che anche gli alunni delle scuole possano partecipare con i propri insegnanti. Certo è importante proclamare la pace, ma è altrettanto importante metterla in pratica. La mancanza di pace porta a morte, distruzione e crisi che rimane anche nel corso degli anni. Basti pensare a certe zone del mondo che a causa delle guerre sono ridotte in miseria. Nel mondo ci sono ancora tante guerre a causa soprattutto della sete di potere e del desiderio di ricchezza, ma anche per imporre le proprie idee a tutti. A volte le guerre vengono proclamate in nome di religioni, anche se magari tali religioni in realtà, se approfondite, si presentano pacifiche. Tra le altre cause anche l’odio verso altre persone attraverso il razzismo e la voglia di prevalere sugli altri. È probabile che per essere veramente in pace basterebbe rispettarsi a vicenda. Per essere in pace si dovrebbe rispettare le idee degli altri, non rinnegando le proprie, combattere ogni forma di pregiudizio e pensare che qualsiasi ricchezza del mondo va condivisa con tutti. Insomma la pace è rispetto, amore, condivisione e aiuto reciproco. Desirè Tendas Il Natale per riscoprire il vero senso del dono Siamo a Natale e si continua a parlare di crisi economica. È vero, spendiamo meno in regali. Ma forse è stata l’occasione per riscoprire il vero senso del dono, che si è perso in quegli anni di tanto consumismo. C’è differenza tra come vivono il Natale i credenti e i non credenti. Infatti mentre i primi vivono questa festa come la ricorrenza della nascita di Gesù Bambino, gli altri la vivono invece come uno scambio di doni. Ma per entrambi questa ricorrenza regala anche ricordi di pranzi, cene e piccoli gesti vissuti in famiglia. In questa ricorrenza, sembra quasi banale o obbligatorio regalare e ricevere qualcosa. Quest’anno la parola d’ordine è austerità, risparmiando sugli “sfizi” e sui doni considerati meno utili. Puntando sul classico pensierino che sostituisce “Smontiamo il bullismo” In questi ultimi anni e anche in quest’ultimo periodo si è sentito parlare di episodi di bullismo. Ci sono tanti modi di fare bullismo a partire da certi atteggiamenti come offendere, prendere in giro, insultare, ignorare, minacciare altri coetanei. Ma ci sono anche atteggiamenti più gravi che possono portare a episodi di violenza fisica. I bulli agiscono da soli o in gruppo, dove ci possono essere ragazzi che si limitano a guardare, magari incitando alla violenza o riprendendo col il telefonino, o che partecipano alla violenza. Il bullismo è sempre esistito, ma prima avveniva solo in strada o fuori da scuola. Ora invece avviene anche in classe. Chi subisce atti di bullismo a volte poi si chiude nel silenzio, senza parlarne con nessuno. E questo è un errore, anche perché a volte “fare i bulli” è vissuto come un gioco che si riesce a controllare e che può far divertire. E poi si pensa magari che le prepotenze verbali, che sono più numerose, non sono così gravi e invece non vanno sottovalutate, perché possono provare gravi danni psicologici. Insomma il bullismo si può “smontare”, riconoscendone già da subito la gravità perché per certi ragazzi le sfide più grandi non sono le interrogazioni o i voti, ma il non subire violenza e il sentirsi accettati e rispettati dai coetanei. Una ragazza che è stata vittima di bullismo il regalo vero e proprio. Il gesto del donare è uno scambio che va ben oltre il valore economico del bene regalato. Non conta quanto spendiamo per i “regali”, ma conta davvero il saperli riconoscere e accogliere come “doni”. Non è facile donare qualcosa perché si ha sempre la paura che non venga gradito o che non piaccia. Forse per i credenti diventa più semplice vivere il Natale con semplicità, perché non concentrano tutti i loro pensieri sul che regalo o dono fare, ma sulla nascita di quel Bambino in cui credono e si affidano, festeggiando la ricorrenza del Natale, preparandosi al meglio con la Confessione e la Novena. Questo in fondo è il vero Natale. Michela Silanus No ai falsi pregiudizi contro gli immigrati in cerca di lavoro Le cause principali dell’ emigrazione sono la mancanza di lavoro e la guerra, che ancora in certi luoghi è presente. Tante persone, ma anche famiglie si spostano dai paesi più poveri a quelli più industrializzati. Gli immigrati sono presenti in maggior numero nel continente asiatico. Le popolazioni africane sono emigrate a causa di carestie e conflitti etnici, quelle asiatiche hanno iniziato ad emigrare dopo la guerra del Vietnam. Oggi in Italia arrivano tanti immigrati provenienti da paesi dove è presente la guerra o a causa della forte miseria. Con la crisi economica mondiale anche in Italia però c’è tanta disoccupazione e persone e famiglie in difficoltà. Questo crea astio e poco senso di accoglienza verso queste persone. Anche gli italiani negli anni 20/ 30 sono emigrati, soprattutto verso l’America, alla ricerca di maggior fortuna e di un posto di lavoro. Anche essi venivano spesso visti, proprio come a volte facciamo noi verso gli immigrati che vengono in Ita- lia, “portatori” di delinquenza, ladri, spacciatori e “ladri” delle opportunità di lavoro. Forse se ci fosse più benessere per tutti e più occupazione nessuno svolgerebbe un lavoro sottopagato o sarebbe disperato perché non lo trova. Certo anche tra gli immigrati può esserci un assassino, un ladro, ma questo può succedere anche con un italiano. Basterebbe forse organizzarsi e impegnarsi a far sì che si raggiungesse un benessere mondiale, con l’aiuto reciproco tra i popoli, con un risveglio delle coscienze per imparare a condividere con chi ha poco e niente. Aurora Congia PDF Compressor Pro 20 1 gennaio 2015 Cultura Su sadru chi seus pedrendu Sa Befana est Aiaia Contixeddu de Venanziu Tuveri furriau in sadru de tziu Arremundicu P aschixedda fut passada lassendu u airi bella de prexu e cuncu drucixeddu. Annu Nou fiat apenas arribau “Friscu che sa nìi” Potendu acua e bentu acumpangiaus de u paghedd’e frius e ua spruíada de nìi, mancai de cussa si ndi biessat sempiri pagu. In domu de Arrafiebi Mossa is boxis e is su tzerrius de is nebodeddus prenìant sa domu coberrendu s’arrexonamentu de is mannus. Fut s’espuru de sa Befana, Arrafiebi iat fatu otant’annus e iat cumbidau is fillus, genurus, nuras e nebodis a passai sa dì impàri, ma fiat sighida sa nòti puru. Su prexu de is pipius, mascus e femias, fut ca sa Befana ddis iat’ai potau s’arregallu in dom’e s’aiaia. «Arregodaus si seis de arregolli ua migia po dd’apicai in sa ziminèra?» Iat avetiu issa, «Cessu, ca seus innoi – iat nau spantau Titinu- e sa Befana no ddu scit.» «No timast – dd’iat arrespostu sa mama- ca issa scìt e bìt totu, e scìt ca seus innoi.» «Aiaia poita po sa Befana tocat a apicai ua migia in sa ziminèra?» ia pedìu Bissenta, «Poita ca passat me in is crabeturas e intrat in su fumaiou.» «E no s’abruxat cun su fogu?» iat aciuntu Titinu. «Prim’e andai a si crocai - dd’iat assegurau tziu Arrafiebi- ndi studaus sa pampa e ddu coberreus de cinixu.» «Ddu bieis –ia nau Suia- poit’est chi est sempiri impoddinàda?» «Ma chi apicaus ua migixedda nosta, ca est pitica, ddoi capit pagu cosa – iat fatu a notu Dieguincapas aiaia mi onat ua migia de aiaiu, ca est peis mannus, cussa longa chi potata su nòti.» «Creu chi ocannu sa Befana siat pobura, ma su chi no capit in sa migia ddu lassat in terra.» Iat assegurau s’aiaia. «Su Pipiu Gesùs puru passat in su fumaiou?» iat dimandau Benitu. «Ma là ca ses tontu là, -fiat intrada in cristiõis Mallena- Su Pipiu Gesùs est apenas nasciu e lassat is gioghitus acant’e su presepiu.» «E insà poita ddi scrieus litaras mancai siat apenas nasciu? Ita scit, ligi?» Iat crarìu Titinu. «Ma nci oit mèda a ddu cumprendi - iat arrespostu Suia - si ddas ligit sa mama.» «Sa Befana insà no scit ligi, a issa litaras no nde scrieus e sa mama at’essi mòta de mèda.» Iat sighìu Diegu, «Ma lobai ca seis curiosus oi, gei ndi obeis scìi de cosas - iat nau s’aiaia - tocài, cicài is migias, ca apustis cenau ddas apicaus a ua soga chi bab’e osatrus acapiat a cussas duas puncias.» Is pipius fiant andaus a s’aposent’e crocai, po cicai is migias. «Ascutai pagu pagu - iat propostu Benitu - chi nce dda fadeus a barrai scidus, notesta scrocaus sa Befana candu ndi cabat de su fumaiou.» “Eia, eia” iant arrespostu cuntentus totus. Cun sa spera de bì sa Befana fiant torraus a coxía. Is mamas e s’aiaia iant giài apariciàu sa mesa, e is babus cun s’aiaiu iant curregiu s’angioneddu schidonàu po sa xena. Apenas cabàu s’uncõi, is pipius ddus iant mandaus a si crocai, totus in d’u aposentu, “candu nou no passat sa Befana”. Sa gan’e dromì fut pagu e fueddant a boxi bascia po no ddus intendi is mannus. «Notesta scoberreus cumenti fait sa Befana.» «Abarreus abillus.» «Ma deu tengiu sonnu…» «Insaras tui no dda bisi…» «Tòca Titinu - iat odrinau Bissenta - bai e castia in su stamp’e sa crai ita funt fadendu.» Titinu fiat andau e torrau in d’u patir’e fillu. «Funt ancora setzius a mesa fueddendu.» «Cumenti totus si ndi andant a si crocai si cuaus in coxía e bieus sa Befana, cand’arribat.» Ia avetiu Mallena. Aici nc’iant passau s’ora, contendu contus e scrochendu chi is mannus fiant andaus a si crocai. Si scutzuànt de par’a pari chi cuncunu sconchiàt. S’ora nci fut passada e is babus puru, motus de sonnu, fiant andaus a si crocai. Fiat abarrada scéti s’aiaia frighendu is tianus e is pingiadas cun su cinixu. Apenas bessida issa, is pipius fiant intraus po si cuai: Bissenta e Titinu aintr’e u casciõi; Suia e Mallena aintr’e s’acaiou; Benitu e Diegu in su cadíu, buidu, po sa linna. «Ma Diegu - iat nau Benitu a scusi - dd’ois acabai de pistai is crapitas cun cussu ferritus, ca su tic tac ddu intendit sa Befana e no intrat.» «No funt is ferritus, seu scrutzu, funt is dentis tzachendu po sa timorìa» iat arrespostu timarosu Diegu. «Citeisì - iat nau a boxi prus ata Bissenta - Chi s’intendit no intrat.» No fiat passau tempus mèda chi fiat intrada s’aiaia cun d’ua crobi pren’e cosa. Su spantu de is pipius no si podit contai e Mallena fiat stetia lestra a tupài sa ‘uca a Suia, a riscu de dd’allupai, prima chi essat tzerriau; sa propria cosa iat depiu fai Benitu a Diegu. S’aiaia iat pratziu drucis me in is migias aciungendu bambuleddas me in cussas de is femieddas e pistoleddas de canna in cussas de is maschixeddus. Poi si ndi fut andada. Is pipius ndi fiant bessius de su cuadroxu spantaus: «Ma insà sa Befana est aiaia…» «Issa ddu scìat ca nosu mascus obaiaus is pistoleddas ’e canna…» «E nosu bambuleddas…» Aici, spantaus ma cuntentus de ai biu sa Befana fiant andaus a si crocai. Nciat a bolli u liburu po contai su chi fiat passau cussa noti me in is bisus de is pipius. «Beh! piciocheddu no si ndi pesais po bì su chi s’at potau sa Befana?» dd’us iat tzerriàu s’aiaiu. Luegus fiant cutus a coxía tzerriendu tot’a ua boxi: “Sa Befana est Aiaia, Aiaia est sa Befana…” «Sì e deu seu su Pipiu Gesùs.» Iat arrespostru tziu Arrafiebi. Ma si fiant citius luegus candu, apena intraus si fiant acataus ca acant’e is migias ddoi fiant atrus gioghitus puru, imprusu de is chi iat postu s’aiaia. «E custus giogus chi ddus’at aciuntus?» «Castiai in terra est brutu de fumadigu…» «Cumenti nd’est cabàda de su fumaiou…» «Ma insà sa Befana…» «Nu est aiaia, est una chi no si oit fai bì nì de is pipius e nimancu de is mannus!» Iat arrespostu tziu Arrafiebi, arriend’a asut’e is mustatzus. A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu. Scracàlius di Gigi Tatti Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu, custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus lègius chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai scaresci calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt innoi. Sciu puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius, ma apu circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu pagheddu de aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus ligi imparat prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de prus. Geremia est fueddendi cun Elia. Elia: Insaras mi ddu prestas centu eurus? Geremia: No potzu. Seu in crisi. Elia: Porca misèria, no sciu comenti fai. Ita mi consillas? Geremia: Prova a ddu domandai a Paulu, s’amigu miu. Elia: Ma si mancu mi conoscit. Geremia: Est pròpiu po cussu chi fortzis ti ddu podit prestai! ................................................................................................................................................. Sergiu est sètziu in pratz’e Cresia discutendi cun Eziu. Eziu: No parrit berus. Seu andau a ti circai a domu tua e nanca fiasta dromiu. Sergiu: E ita depu fai a mesudì? Eziu: M’at nau pobidda tua ca ses sempri crocau: Ma poita ddu fais? Sergiu: Ddu fatzu poita ca no sciu abarrai chene fai nudda! ................................................................................................................................................. Unu Arburesu, unu Guspinesu e unu Casteddàiu si funt incontraus po organizai unu spuntinu. S’arburesu: Insaras deu arregollu su call’e crabitu e su pani. Su guspinesu: E inveci deu arregollu su sartitzu e su casu. Su casteddàiu: E deu inveci, ci portu a fradi miu, ca est de bonu apetitu! ................................................................................................................................................. Marilena est impiegada in ufìciu, ecu ca arribat su Diretori. Marilena: Signor Diretori, ddu depu fueddai. Su diretori: Narimì totu signorina Marilena. Marilena: Mi depit aumentai su stipèndiu. Su diretori: No fait, c’est sa crisi. Marilena: Andat beni. Perou dd’avisu, ca de cras in ufìciu bengu a gonna longa, e mai prus cun sa minigonna. ................................................................................................................................................................ Marieddu torrat de scola e fueddat cun sa mamma Santuccia. Santuccia: Ita tenis arrennegau? Ita as pigau votus malus? Marieddu: No mamma. Est ca totus mi pigant in giru ca nanca portu sa conca manna manna. Santuccia: No est berus fillu miu. Ddu faint scèti po ti fai acherpai. Toca, imoi bai a su negotziu de sa fruta e sa birdura e compora una sìndria a de cincu killus. Marieddu: Ma aundi dda pongu mamma? Santuccia: Ponidda aintru de su capeddeddu chi portas, ca ge ddoi stait! ................................................................................................................................................. Licia incontrat s’amiga Mariella. Mariella: Apu intèndiu ca ti ses lassada cun su piciocu tuu, ma est berus? Licia: Certu ca est berus. Mariella: Ma si no mi sbàliu s’annu passau puru dd’iasta lassau in se mesi de Austu. Licia: No ti sbàlias, fiat pròpiu in su mesi de Austu. Mariella: Ma poita ddu lassas sempri in custu mesi? Licia: A su mancu seu lìbera po mi fai is ferias. ................................................................................................................................................. Tziu Sarbadori at invitau a papai turistas tedescus in su medau, po ddis fai tastai su proceddu arrustu. Tziu Sarbadori: Eco qui, vi faccio mangiare il porceddu arrosto, profumato con folas de murta. Is turistas: (mangiando con voracità) Molto buono, buono, buono molto. Tziu Sarbadori: Allora piaciuto molto il porceddu? Is turistas: Si tanto, molto. Solo, che avere trovata la verdura molto dura dura. ................................................................................................................................................................ Leandru est torrau de una gita e ndi fueddat cun s’amigu Lellu. Lellu: E insaras, spassiau ti ses in sa gita? Leandru: Tropu. Lellu: Aundi eis papau? In ristoranti? Leandru: Maché. Eus papau “Al sacco” in campagna. Lellu: Al sacco? Ma comenti est andada? Leandru: Tropu bellu. Pensa, ca po s’apetitu, si seus papaus po fintzas su sacu! .................................................................................................................................................. Giobata est morrendusì e sa pobidda Tersilia est acanta de su letu. Tersilia: Nara Giobata as disigiau calincuna cosa? Giobata: Eja. Prima de mi morri, bollu fai una telefonada. Tersilia: Ma a chi bolis telefonai? Giobata: A nemus. Tersilia: E insaras poita bolis sprecai una telefonada? Giobata: Poita apu intèndiu in sa televisioni, ca “Una telefonata allunga la vita”. Tersila: Mi dispraxit meda po tui caru Giobata, ma no teneus prus telèfunu fissu e su telefoninu ddu tengu scàrrigu! ....................................................................................................................................................... Unu gelatàiu est chistionendi cun dd’unu imbriagoni. Su gelatàiu: Càstia apu giai lassau scritu ca si mi morru bollu essi cremau. S’imbriagoni: Insaras andu a domu e ddu lassu scritu deu puru. Su gelatàiu: Ca ti fais cremai tui puru? S’imbriagoni: No ddu creu no! Su gelatàiu: E tui ita lassas scritu si ti morris? S’imbriagoni: Lassu scritu, de mi fai imbutilliai! PDF Compressor Pro Cultura LA SARDEGNA NEL CUORE Una squadra al femminile per il premio SetteGreen Awards e Abitare Verde T ra i mille segnali che la Sardegna lascia dietro di sé a certificare una crisi culturale che fa il paio con quella economica, davvero drammatico è quello che indicano i numeri dell’abbandono scolastico degli alunni delle scuole superiori, maglia nera d’Italia, ultima delle regioni del belpaese che abitiamo. Il numero dei maschi che non ce la fa a percorrere tutto il ciclo dei cinque anni di scuola superiore deborda quello delle femmine. Le ragazze sarde stringono i denti e continuano a intravvedere nel successo scolastico una possibilità in più di “farcela”, di imbroccare quell’ascensore sociale che la Costituzione a tutti promette, senza fare distinzione di generi. Finiti i tempi, se mai sono esistiti, in cui ogni pastore di barbagia voleva fare del figlio (maschio) un ingegnere. E, a lotta di classe oramai terminata (Matteo dixit), un figlio di laureato ha possibilità dieci volte più di quello di un operaio di finire una università. Persino gli studi di Confindustria calcolano un 15% in più di Pil nel fantasmatico caso che le percentuali di scolarità degli italiani fossero le medesime dei maggiori paesi europei. Una società civile (la nostra) in cui gli analfabeti di ritorno sfiorano il trenta per cento è destinata a tenersi sul collo una classe dirigente inamovibile, a mangiare poco “panem” per tutta la vita e a “circenses” dei bei programmi Tv apparentemente gratuiti, i costi della pubblicità che interrompe lo scosciare delle ballerine si riversano sui prodotti in bella mostra di sé al supermercato di zona. Le ragazze nel mondo si danno una mossa come possono, Boko Haram in Nigeria (in hausa: l’educazione occidentale è peccato) appena può le rapisce adolescenti, le “converte” e le fa “sposare” agli accoliti della banda. A Malala i pashtun pakistani, che le donne vogliono ignoranti come capre, hanno sparato in testa per farla desistere dalla brutta abitudine di denunciare questi propositi come barbarie. Ha ritirato il Nobel per la pace pochi giorni fa, penso come lei che «un bambino, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo». Che volete che vi dica, per una somma di ingiustizie che ci vorrebbero cento numeri di “Gazzetta” per tutte elencarle tutte, anche io penso che valga la pena di vivere per tentare di cambiarlo questo mondo. E in un periodo in cui l’egemonia di un gruppo sociale (leggi liberismo) è oramai mondialmente conclamata (parlo del concetto di egemonia nell’elaborazione del pensiero di Antonio Gramsci) vedo in questo avanzare delle donne nei tassi di scolarità una speranza effettiva. In Sardegna, in tempi non lontani, se in casa c’erano pochi soldi, caso che toccava al novanta per cento delle famiglie, si “faceva studiare” uno dei figli maschi, in genere il primogenito, ma qualche volta persino il più intelligente della nidiata. Che una Deledda di nome Grazia si mettesse in mente di scrivere e pubblicare novelle era scandalo grave per la sua famiglia. “Ta bregungia!”. Oggi 2 dicembre qui alla Triennale di Milano sono altri tempi, si premiava per l’ennesima volta uno dei prodotti “green” della guspinese Edilana di Oscar Ruggeri e Daniela Ducato, sponsor il “Corriere della Sera”, e mi è capitato di scattare un foto emblematica riguardante le donne sarde. Vorrei utilizzarla insieme a voi alla moda di Filippo Ceccarelli, nella sua rubrica intitolata: “Indizi Neurovisivi” ogni settimana sul Venerdì di “Repubblica” (il 12 dicembre: Striscioni e caschetto, la solitudine degli operai in cerca di attenzione. Un operaio dell’Alcoa di Portovesme fotografato da Angelo Carconi). Scrive cose di questo tipo: «I caschetti sono il simbolo degli operai dell’Alcoa. Non li indossano più al lavoro, ma li colorano, ci scrivono sopra date, li trasformano in maschere, li depongono su prati, navi, basiliche, aeroporti, parlamenti...». Nella mia di foto, prima che iniziasse la cerimonia di premiazione e Filippa Lageback, dall’alto della sua biondità, si mettesse a distribuire premi e sorrisi con accento che più svedese proprio non si può, sono sei ragazze in primo piano. La più conosciuta di tutte, Daniela Ducato, l’altro ieri era in Campidoglio a ritirare il premio Minerva, tra le motivazioni la dicono “tessitrice di futuro, ha unito insieme tessuti sociali, economici e salvaguardia del territorio”, come dire che la giovinezza di una persona non la quantifica l’età anagrafica. Se ne sta nel mezzo come un buon allenatore di basket che ripassi gli schemi con il suo 1 gennaio 2015 21 di Sergio Portas “team” prima della partita. Guardando da destra sono le guspinesi Rossella Lupo e Simona Ortu: Rossella l’ultima volta che l’ho sentita era ancora in Siberia a perfezionare i suoi studi di lingua russa (laureata l’anno scorso con centodieci e lode). Simona verrà gettata nella mischia del “SetteGreen Awards” (leggi premio) 2014, è lei che racconterà al pubblico plaudente di come si sia sviluppata l’idea di usare la posidonia marina, una pianta acquatica endemica del Mediterraneo che una volta spiaggiata diventa un rifiuto ingombrante, specie se va in decomposizione, per utilizzarla, insieme alla lana di pecora, a termoisolante per edilizia. «La posidonia spiaggiata è indice di mare pulito, sano, noi di Edimare per ora lavoriamo col comune di Alghero e ci occupiamo delle loro eccedenze che causano alterazioni ambientali e igienico-sanitarie, intasando tombini e fognature. È la filosofia de “s’aggiudu torrau”, io ti faccio un favore liberandoti le spiagge e tu mi regali il “rifiuto”» . Anche quelli di Slow Food (giuria composta dai soliti WWF, FAI e Italia Nostra ma anche e soprattutto dalle associazioni dei consumatori) le hanno assegnato il premio “Abitare Verde” per l’Expò 2015, Agricoltura e Architettura insieme per nutrire il pianeta, nella categoria miglior prodotto termoisolante. Libero da petrolio, finita la sua vita come isolante si può riutilizzare a concime. Simona Ortu si è laureata a Cagliari in ingegneria edile nove anni fa, sarà orgoglioso di lei papà Velio che da una vita milita nei partiti della sinistra ed è stato anche sindaco di Guspini. 36 anni, sfegatata tifosa del Cagliari dove vive attualmente; dietro di lei Cecilia Murgia, di Sanluri, secondo anno all’Università Cattolica qui a Milano, cerca di convincermi che persino l’esame di morale che la “Cattolica” richiede in più ai suoi studenti ogni anno può risultare alla fine molto interessante. Alla sua sinistra Jubing Zhang, dalla Cina con amore, un anno di studio trascorso in quel di Guspini (a casa Ruggeri) parla italiano con accento cantonese ma non sbaglia un verbo. Quando a casa le chiederanno delle bellezze d’Italia, racconterà loro dei cervi di Montevecchio e delle dune di Piscinas. E infine Caterina Crabolu, secondo anno al Politecnico di Torino, di Ozieri, ci tiene a ricordarmi che il “Procura de moderare” che ogni coro sardo che si rispetti va cantando è roba del loro Francesco Ignazio Mannu. Con questa squadra si può affrontare qualsiasi partita la vita ti metta davanti, sicuri di potersela giocare, di essere attrezzate per farlo. Di loro, dice Daniela: «È questa gioventù ricca di competenze e con gli occhi pieni di mondo a continuare il percorso». Poi magari finisci come le ragazze dell’Igea, non ti pagano lo stipendio per sette mesi, ti tocca mettere passamontagna e caschetto e scendere giù in miniera «per catturare l’interesse dei media, ma che fatica e che vergogna che tutto questo debba accadere» ... «Duri e testardi» dice uno striscione, «la forza di noi sardi» (F. Ceccarelli). Valanga sarda rosa verde, lasciatemi sognare un futuro diverso per la nostra Sardegna se di questa tempra saranno le donne che daranno forma a quel sogno, volando per rotte che toccheranno Mosca e Pechino, diplomi e master acquisiti in prestigiose università, riporteranno a casa competenze e saperi, si conquisteranno un lavoro nell’isola. Se avranno dei figli maschi, di questo sono sicuro, faranno sì che le scuole le finiscano, a costo di ripetere con loro ogni lezione del giorno, magari in russo o in cinese e, perché no, in sardo. PDF Compressor Pro 22 1 gennaio 2015 GUERRA E DOPOGUERRA A GONNOSFANADIGA 1939-1948: racconto tra fantastico e reale Qualsiasi riferimento a luoghi, date e persone è del tutto casuale di Augusto Tomasi 1939-1945: sono questi gli anni che ho in mente quando penso al periodo più duro, pieno di morte e di povertà, di Gonnosfanadiga. E, in effetti, fu in quegli anni che tutto andò in pezzi. Il 17 febbraio del ’43 e il 3 agosto del ’45, tanto per indicare due date che hanno segnato i gonnesi, ci furono i morti del bombardamento e quelli di “S’aqua durci”. Se molti gonnesi si ubriacavano nelle bettole e venivano portati di peso nelle loro case c’era da capirli. Gonnos, come tanti altri paesi, sembrava dissolversi e, contemporaneamente, non aveva più voglia d’esistere. Ma quelle date, 39-45, si sa: a ben vedere sono una convenzione. La verità è che già da molto prima il paese appariva un corpo inerte, senza più vita; mentre il fascismo era ridotto ad un misto di farsa e tragedia: all’esterno una crosta di rituali, linguaggi e immagini grotteschi; e, sotto la facciata, le angustie della miseria. Ormai la distanza col mondo dei paesi vicini, Guspini, Arbus, San Gavino…, era incommensurabile. E, infatti, quando qualcuno giungeva a Gonnos, la prima sensazione (il tempo di salire su una carrozza puzzolente di sterco di cavallo, o di cattiva benzina, cattivo tabacco, cipolla e altro ancora) era di ritrovarsi in un paese di trenta o trentacinque anni addietro rispetto alla vivacità dei paesi minerari dei dintorni. Giravi lo sguardo, e tutto appariva lacero, rappezzato, arrugginito, inequivocabilmente povero. Un villaggio di mendichi. Dirlo è triste, ma questo era, tra molti altri e tutti rovinosi, il risultato di due decenni di fascismo. Come nelle città dell’Africa più disperata, quando io c’ero stato mandato dal nostro esercito invasore, bisognava sottrarsi alle torme di bambini che imploravano una moneta, così, nella Gonnos di cinquant’anni fa si era, infatti, costretti a schivare le richieste dei postulanti. Un vecchio affittacamere con al petto nastrini e lustrini del suo passato di combattente 1915-18, chiedeva il mozzicone della sigaretta che il cliente aveva fra le dita. La moglie voleva l’ombrello o una saponetta, l’addetto all’autonoleggio nel quartiere de “S’Impresa” chiedeva cioccolato. Attirando con strani segni il visitatore in un angolo, anche un sorvegliante barracello pretendeva qualche sigaretta. Mentre il cameriere che portava la colazione al mattino reclamava a chi cento pezzi di gomma americana, a chi barattoli di carne lessa, fingendo la voce di un padre afflitto per far credere che li avrebbe portati alla sua bambina malata. Quando non erano patetiche invocazioni di postulanti, o furberie, erano imbrogli. Un gestore di bettole di Via Elena, dietro il Municipio, annacquava su filu ferru, un pastore vendeva caciotte a metà già svuotate dai vermi. Il tassista pretendeva, sotto gli occhi dei carabinieri, cinquanta o cento volte il prezzo della corsa. E l’ingenuo visitatore che abboccava per strada ad una proposta di cambiare i suoi dollari, scopriva più tardi che gli avevano rifilato banconote false o già fuori corso, cosa abituale tra i gonnesi. Negli ultimi anni Quaranta le scarsezze non avevano fatto che aumentare, e ormai pesavano anche sul visitatore straniero. In una qualche trattoria o taverna di Via Porru Bonelli, la lista era una lista di cancellature: un tratto di penna per ogni piatto non più disponibile. Restavano l’insalata prodotta negli orticoli di casa, non lavata e piena di lumachini e limacce e altri insetti, ma in porzioni lillipuziane; la salsiccia alla gonnese era ogni giorno più rancida, il vino più acido: l’unico vino in lista era un rosso delle colline di Arbus, che dava immediatamente un gran mal di testa. Ma i disagi di chi veniva da fuori non erano nulla rispetto alle privazioni dei gonnesi. Nei negozi si vendevano patate già quasi marce, salumi nerastri e pesce secco e baccalà che nessuna popolazione bianca al mondo avrebbe mai acquistato, e che la folla gonnese si contendeva invece a gomitate e spintoni. Le donne facevano la fila o si spintonavano, in Vico della Fontana, per prendersi i capi migliori degli aiuti americani: “est arribàda sa roba ‘e okéy” - dicevano. Brutta, e maleodorante di DDT disinfettanti. I negozi dove si poteva trovare qualche verdura o un po’ di frutta, le angurie famose un tempo, per esempio, insipide o troppo mature, avevano prezzi inabbordabili, salvo che per le famiglie dei benestanti che si erano arricchite al mercato nero e con imbrogli feroci. E, infatti, nessuno dei miei amici poteva consentirsi d’invitarmi a cena: «Mi dispiace”, dicevano, “ma è un momento difficile, non si trova quasi nulla: non c’è un po’ di carne decente, mancano i fiammiferi, i detersivi, saponi e liscivia, e da un paio di settimane persino il latte per i bambini». Questa era una delle scene che più stringeva il cuore, nella Gonnos di quegli anni: la stanchezza mortale, dinanzi a tanti travagli e carestie, degli amici e conoscenti. L’umiliazione con cui i gonnesi spiavano vergognosi le impressioni di un estraneo come me dinanzi al degrado del loro paese. Lo stato abominevole delle «toilette» e delle «latrine» fuori, nei cortili, il tanfo delle mense casalinghe, il lezzo anche più acre che stagnava nelle scale buie e sbrecciate delle loro abitazioni, le tappezzerie a brandelli, il pavimento infangato e cosparso di bucce, l’aria spettrale delle viuzze invase da galline scheletrite, l’odore fresco di merda e piscia che saliva dal Rio Piras, perché di buon mattino, quand’era ancora buio, il contenuto notturno delle latrine e degli orinali vi veniva scaricato di soppiatto (non c’erano ancora le fogne) dalle donne di casa; la cupa villania d’impiegati e commessi del municipio, degli uomini che ciondolavano e oziavano per strada. Consapevoli dello stupore penoso, dell’imbarazzo con cui io, da estraneo, guardavo (senza dire una parola, ovviamente) a quel colossale disastro, gli amici di Gonnos reagivano in due modi. O con una franchezza dai toni disperati, ammettendo di condurre una vita che nessuno o quasi conduceva più da decenni, dai tempi della grande depressione o della guerra 15-18; oppure con ironie amarissime. Ritratti sarcastici di amici o conoscenti, racconti paradossali, il tutto impastato col fiele del risentimento, dell’invidia, della frustrazione. I grandi di Gonnos alzavano il bicchiere de su filu ferru per brindare «a quando tutti saremmo stati meglio». Era un brindisi in uso nei primi due anni dopo la prima guerra mondiale, con cui i soldati sopravvissuti e reduci dal fronte si consolavano della fame e dei pidocchi pensando al momento in cui avrebbero sconfitto l’armata degli austro-ungarici e a quando ogni cosa sarebbe cambiata. Ma Matteotti era stato ammazzato dai fascisti quattro o cinque anni dopo, e appunto questo sottintendeva il beffardo brindisi di Costante C.: come ad affermare che poco o nulla, in quei cinque o sei anni dopo la vittoria delle armate italiane contro gli austriaci, era ancora cambiato. Un altro amico mi raccontò la storia delle mutande. Lui e la figlia erano stati per mesi alla ricerca di mutande nuove: ma non ne trovavano già confezionate, né riuscivano a procurarsi la stoffa per farle confezionare da una vecchia sarta del vicinato. Finché una conoscente non aveva proposto parecchi metri d’un discreto cotone. La stoffa era quanto di meglio si potesse avere in tutta Gonnos, e anche a buon prezzo. Così il mio amico l’aveva acquistata, poi, al momento dei saluti, aveva chiesto alla donna come facesse a procurarsi una merce tanto rara. Lì era venuta fuori una storia inaudita, surreale. La donna aveva un cugino, nella miniera di Perd’e Pibera, a cinque o sei chilometri da Gonnos. Era ufficialmente incaricato, dal Comune e dalla Cogne, delle pompe funebri. Nel villaggio minerario avevano lavorato sino a pochi anni prima due o trecento minatori, poi s’era quasi del tutto spopolato. Ogni cosa era andata in crisi, anche perché le navi che trasportavano nuove macchine per la laveria erano andate perse in seguito ai siluramenti in mare da parte degli angloamericani. Ma l’uomo delle pompe funebri, nel marasma che si era andato proliferando tra il ‘43 e il ‘45, continuava a ricevere dagli uffici e dai magazzini di Cagliari della Società Cogne D’Aosta, la stessa quantità di legno per le bare, e lo stesso metraggio di stoffa per avvolgere i cadaveri, che aveva rice- vuto in passato. E visto che di bare ne costruiva ormai poche, da anni vendeva sottobanco il legno e il cotone avanzati. Aveva messo da parte un po’ di fortuna coi ricavi dei morti del bombardamento del ’43 e coi morti di S’Aqua durci dell’agosto ‘45, poi coi morti di Tbc e malaria che spianavano i gonnesi come mosche, pidocchi e “su pinni”, col DDT americano dell’Erlas. Ora aveva un’amante giovane e lasciva, e la copriva di collane d’ambra e d’oro. I gonnesi, guardoni impenitenti, si consolavano raccontandone le storielle piccanti e i giochetti a rincorrersi che la coppia, ignuda, faceva tra le bare, che ruzzolando dai magazzini in alto, nei pressi della palazzina della ex direzione dell’ing. Bedoni, davano origine a un fracasso indiavolato, echeggiante giù per la vallata. Se la povera vita dei gonnesi aveva almeno questi aspetti tra picareschi e gogoliani, al vertice del potere comunale il disastro era ben più impressionante. Proprio un giorno del 1945 mi capitò di vedere da vicino, nel cinema-teatro-salone dei Meloni di Via Roma, l’ultimo podestà e il comandante dell’VIII zona militare, il capitano Vincenzo Sogus, che abitava in Via Nazionale, nel quartiere de S’Impresa. Il podestà entrò nel cinema circondato da alcuni fascisti dimessi che gli facevano da guardie del corpo; era infagottato in un cappotto pesante, in testa il cappellaccio imbrattato di grasso. Era rigonfio di medicinali, e si muoveva a scatti guidato da due ex agitatori del Fascio che, spingendolo leggermente alle spalle, gli indicavano la direzione da prendere. Quando il gruppo giunse a un guardaroba, il podestà fu prima liberato del cappotto come si fa con i bambini. Poi (lui sempre inerte, lo sguardo vuoto) gli tolsero il cappellaccio. Quindi uno degli attendenti impugnò un pettinino, e, con pochi tocchi rapidi, gli acconciò i pochi e radi capelli. Dove s’era mai vista una simile scena, una metafora così trasparente dell’agonia d’un sistema politico? Eppure, nella densa simbologia della catastrofe il pettinino di Gonnos non rappresentava che un dettaglio marginale. C’era ben altro su cui riflettere, infatti, al capezzale del sistema gonnese. Per esempio, il fatto che al congresso del partito fascista ormai in rotta e in difensiva il comandante dell’VIII zona militare, quell’anno, fece discutere al segretario federale Endrich l’urgenza d’un «piano alimentare». Il primo “piano alimentare” sarebbe stato lanciato dagli americani col famoso Piano Marshall per la grande fame seguita alla guerra civile e alla fine della guerra. Ma anche i fascisti, forse, non volevano essere da meno e volevano ancora risolvere il problema di base del Ventennio: dar da mangiare e da lavorare ai propri abitanti. Intanto, parecchi gonnesi appartenuti agli organi dirigenti del Fascio s’erano arricchiti, anche con l’imbroglio dei biglietti della Lotteria di Merano, che puntualmente Endrich imponeva, ai diversi segretari del fascio dei paesi del circondario, di venderli “sicuri” a iscritti e fedeli dell’apparato. Ma quei tempi degli anni Trenta e dei primi anni Quaranta erano ormai lontani come gli astri del cielo. Dire che tutto scricchiolasse, stesse pian piano cedendo, nella Gonnos di allora, è dire poco. La verità è che il fascismo era ormai una carcassa rantolante. La disperata fuga in avanti dei fascisti in questo torno dei Quaranta - lo sapete - non aveva dato risultati. E adesso anche Gonnos era sotto assedio. Il papa Pacelli aveva acceso la miccia dell’anticomunismo; i ribelli afgani risvegliavano le rivendicazioni islamiche in Asia Centrale e nel Caucaso, gli americani e i russi avevano fatto scoppiare le loro bombe atomiche e si guardavano in cagnesco: la guerra fredda era cominciata. Anche a Gonnos, i democristiani e i social comunisti si prendevano reciprocamente le misure e pensavano di cedere l’uno le spoglie dell’altro al tizio delle bare che li aspettava con l’amante a Perd’e Pibera. Le grandi sfilate dei comunisti erano cominciate pure in paese. Erano capeggiate da certa Maria, soprannominata “Acquasanta”, che sfilava e berciava: “Tutti come noi!”. Ma qualche democristiano non gradiva, e le faceva il gancio. Perché Acquasanta, da brava proletaria, era sempre incinta, anche se non si sapeva mai da parte di chi, ogni volta diverso, avesse avuto sorte d’essere, ancora una volta, l’ape fecondatore. Così, più o meno, era il ’48 a Gonnos che si preparava alle elezioni.