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Attualità
1 gennaio 2015
GUSPINI. INCONTRO AMMINISTRAZIONE
S
trapiena la sala consiliare di Guspini in occasione della consegna degli attestati rilasciati dall’amministrazione per merito sportivo, alle associazioni e agli
sportivi di Guspini, che durante l’anno 2014 si sono distinti in modo particolare. Ha
introdotto la serata il vicesindaco Alberto Lisci che nel
suo discorso, breve ma completo, ha ammesso che il Comune poco ha potuto fare per
aiutare le associazioni e per
migliorare le infrastrutture
esistenti. Si è detto fiero e
soddisfatto perché, non
ostante tutte le difficoltà e gli
ostacoli, i guspinesi e, nel
caso specifico, le associazioni e gli sportivi non hanno
COMUNALE E SOCIETÀ SPORTIVE
Atleti promossi a pieni voti,
infrastrutture bocciate
smesso, ma al contrario, a dimostrazione che lo sport è soprattutto una risorsa mentale, hanno migliorato, e in
molti casi, portato a casa risultati straordinari. Ha ringraziato tutti, ma in particolar
modo i presidenti delle associazioni e i genitori dei ragazzi, perché da loro parte
l’input necessario per una
mentalità sportiva vincente
che poi si traduce in buona
civiltà generale. Seppur con
parole diverse ha ribadito lo
stesso concetto l’assessore
allo sport Sandro Renato Ga-
REGOLAMENTO PER L’ADOZIONE DEI
rau che, ringraziando tutti, ha
auspicato un miglioramento
delle infrastrutture sportive
al fine di migliorare la comunque già ottima situazione sportiva. Tra gli altri interventi e convenevoli in cui
ci si ringraziava a vicenda per
l’anno trascorso, non sono
comunque mancate alcune
affermazioni, come quella
che ha messo in evidenza che
la cittadina mineraria ha una
ottima e vincente squadra di
calcio a 5 che però non dispone di un campetto per allenarsi. Per gli allenamenti
devono spostarsi fuori paese, oppure, con non poche
difficoltà, sono costretti ad
usare la palestra dell’Ipsia
che non è a norma.
Il quadro emerso è che la città di Guspini dispone di eccellenze sportive con atleti di
primo livello, con donne e
uomini che si occupano di
mandare avanti atleti e società, ma che vive molteplici
difficoltà per via di una situazione in cui i fondi non
ci sono. Costretti quindi anche a mettere di tasca e a
autofinanziarsi per poter an-
dare avanti usufruendo di
infrastrutture insufficienti,
inadeguate o inesistenti. A
dimostrazione che, ancora
una volta, gli sprechi della
politica si ripercuotono a
svantaggio della collettività.
Gli attestati sono stati consegnati alla società “Atletica
Guspini” e ai suoi atleti: Sofia Agus; Alessia Caria; Virginia Contis; Chiara Fadda;
Martina Fanari; Erica Liscia;
Sara Murgia; Giulia Tiddia;
Elena Vargiu; Giada Zeami;
Sophia Johanna Scanu.
Alla società “Accademia
Boxe” e ai boxeur Luca Melis e Giacomo Spano. Alla
società “Arti Marziali Guspini” e al suo atleta Marcello
Ruggeri. Alla società “Unione Ciclistica Guspini” e ai
suoi atleti: Gabriele Porta;
Lorenzo Montis; Danilo Pibi;
Francesco Serra; Manuel Atzeni; Alessio Leo; Elena Vargiu; Nicola Leo; Matteo Tiddia. La società calcio “Fortitudo” e i suoi calciatori. La
società calcio a 5 “Azzurra
2001” e i suoi giocatori. La
società di pallavolo “Guspini Volley” e i suoi atleti. E la
società “Tennis Guspini” coi
tennisti Rebecca Ortu, Enrico Mancosu e Davide Casadio.
Saimen Piroddi
CANI RANDAGI
A Guspini l’adozione di un cane randagio
diventa un’azione educativa
Mittente: Comune di Guspini, Settore Polizia locale.
Destinatari: Famiglie “consapevoli e responsabili” in possesso dei requisiti di cui all’art.2. Oggetto: Regolamento per
l’adozione dei cani randagi catturati sul territorio comunale e
ricoverati in struttura convenzionata.
Sembrerebbe, detto così, un “regolamento” comunale come
tanti. Con articoli, moduli e disciplinari. Ma l’originalità sta
nell’art.4, sugli incentivi per l’adottante:
“Allo scopo di incentivare da parte di soggetti in possesso
dei requisiti l’adozione dei cani randagi di cui all’art.1, riconoscendone la funzione sociale, da parte dell’Ente saranno
previste delle riduzioni fino alla concorrenza di 400 euro
annui, per la durata di tre anni, sulla tassa dovuta per il trattamento dei rifiuti solidi urbani. Le suddette riduzioni si applicheranno nei confronti degli utenti che risulteranno in regola
nei pagamenti della tassa in oggetto. Le riduzioni di cui al
presente articolo non sono cumulabili con altre agevolazioni
effettuate dall’utente ad altro titolo sulla stessa tassa. In caso
di decesso o smarrimento gli eventuali incentivi saranno riconosciuti in forma parziale in relazione dei giorni di affido,
in alternativa all’adozione di un altro cane”. I cittadini e le
cittadine guspinesi interessati saranno così «chiamati ad assolvere ad un servizio - il mantenimento dei cani randagi,
appunto - che è a capo del Comune e che a sua volta sceglie
di erogare al richiedente l’adozione un contributo sottoforma
di servizio: la riduzione fino a 400 euro della tassa comunale
Tari», spiega l’assessore all’Ambiente Bruno Serpi. Il fine è
di ridurre il sovraffollamento nel canile convenzionato col
duplice beneficio di limitare i costi del randagismo a carico
del Comune e di migliorare le condizioni di vita dei cani ricoverati.
Accolto con il consenso della maggioranza dei consiglieri
presenti in aula il 16 dicembre scorso, del regolamento per
l’adozione di cani randagi si è più volte sottolineata la necessità di esercitare controlli improvvisi per verificarne le condizioni di salute e di un’eventuale revoca dell’adozione e restituzione dei contributi erogati qualora ci fossero delle inadempienze da parte dell’affidatario del cane (artt.5-6).
«Il Regolamento ha avuto la necessità del parere contabile aggiunge la segretaria comunale -,
per questo la durata del beneficio
previsto è di tre anni, pari alla valenza
del bilancio comunale». Gli amici a
4 zampe ricoverati – le femminucce
sono tutte sterilizzate, principale soluzione al randagismo promossa dalla legge quadro 281/1991 – riceveranno il via libera del servizio veterinario dell’Asl prima dell’adozione.
Oggi il costo giornaliero per il mantenimento di un cane randagio è di 3
euro, cifra fin troppo onerosa per le
magre casse comunali. I cani randagi domiciliati a Guspini e in attesa di una residenza sono in
totale 28. Uno di questi si chiama Leone e ha sette anni: per
info sull’adozione e sul profilo canino suo e dei colleghi, si
consulti il sito www.comune.guspini.vs.it.
Astenersi perditempo.
E
cco uno dei modi, virtuosi, di rispondere concretamente
a quella che è invece la prassi specie al Sud dove i canili
sono sovraffollati, di trasferire nelle città del Nord gli animali attraverso “staffettisti” di professione - denunciano le
associazioni -, in condizioni di
grande sofferenza per gli animali.
Così molti Comuni del Sud spendono da 100 a 400 euro per ogni
animale, perché le strade siano liberate dai randagi e i canili svuotati e, d’accordo con privati e associazioni, adottano la strategia se di strategia si può parlare - di
spostare altrove il problema. E
mentre al Nord la popolazione canina è stata stabilizzata e i canili
sono pieni di cani anziani, dal Sud
partono camion di cuccioli.
A dimostrazione che la “politica” della sterilizzazione delle
femmine, se correttamente applicata, dà risultati. Se disattesa,
invece, può procurare un’esplosione dei costi per i Comuni e
il pericolo dell’interessamento delle mafie – ahinoi! – anche
a questo business. (f. t.)
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Attualità
GUSPINI. INIZIATIVA
DEL
COMITATO NO TARES
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BARUMINI
Natale: consegnati cinquecento doni
ai bambini
Il 21 dicembre il Comitato
No Tares ha organizzato una
manifestazione dedicata al
Natale. Dodici Babbo Natale hanno consegnato circa
500 doni a tutti i bambini che
si sono presentati al gazebo
allestito in piazza XX Settembre. In paese non ci sono
luminarie o alberi addobbati
che ci facciano ricordare il
Natale, specialmente per i
bambini. «Abbiamo rovistato nelle nostre cantine e abbiamo recuperato materiale
per addobbi che ci hanno permesso di allestire un albero
in piazza XX Settembre», afferma Franco Carta, presidente del Comitato No Tares.
E aggiunge: «Se l’amministrazione comunale avesse
coivolto la popolazione si
sarebbe potuto allestire anche a Guspini un albero di
Natale degno di questo
nome. (r.m.c.)
GUSPINI. ORDINE
DEL GIORNO DEL
A
CONSIGLIO
COMUNALE
Donazione di organi: ora si può dichiarare
la propria disponibilità all’ufficio anagrafe
È stato approvato all’unanimità dal Consiglio Comunale di Guspini l’ordine del giorno sull’istituzione di un “Programma che
preveda la possibilità che i cittadini esprimano la loro volontà, presso gli uffici anagrafe, in merito alla donazione di organi e
tessuti”.
La proposta della capogruppo del Pd Stefania Atzei è stata presentata nel corso della seduta del 16 dicembre scorso alla presenza del Presidente provinciale dell’Aido
(Associazione Italiana Donatori di Organi
e Tessuti) Pinuccio Collu che, numeri alla
mano, ha sottolineato quanto la Sardegna
si dimostri generosa nella “cultura del
dono”.
8.500. Sono le persone in lista d’attesa, in
Italia.
Stefania Atzei
3.000. Sono i trapianti che si eseguono mediamente ogni anno.
6.500. Sono le persone costrette a rinviare do invece la responsabilità della decisione ai
ulteriormente al futuro l’attesa di una tele- singoli cittadini maggiorenni “che sono tenuti
fonata e di una corsa all’ospedale, la spe- a dichiarare la propria libera volontà in ordiranza del “respiro di altre vite”.
ne alla donazione degli organi e tessuti del
“Considerato che il trapianto di organi e tes- corpo successivamente alla morte” (art. 4
suti rappresenta un’attività sanitaria ad alta della Legge quadro n.91/1999) – recita il tevalenza sociale, così da essere considerato sto del documento presentato al Consiglio Coin molti casi l’unico rimedio salvavita per munale –, si ritiene che occorra necessariapazienti colpiti da gravi patologie, che è im- mente potenziare l’attività istituzionale per far
portante quindi il suo potenziamento, in ter- incrementare sempre più il numero dei tramini numerici e di qualità di risultati, il che pianti realizzati annualmente anche in consinecessita di una sensibilizzazione collettiva derazione del fatto che, ai sensi della normae generale che al momento è l’unico stru- tiva vigente, tutti noi siamo potenziali donamento atto a garantire a un sempre più ele- tori d’organi e tessuti”.
vato numero di persone affette da gravi in- Per diventare donatori, oltre ad esprimere la
sufficienze d’organo ed alle loro famiglie propria volontà attraverso i soliti canali (comuna migliore qualità di vita; che in Sarde- pilazione di un modulo disponibile nella progna l’attività di donazione e trapianto d’or- pria ASL, iscrizione all’A.I.D.O. o ad altre
gano è iniziata nel lontano 1988 e a tutt’og- associazioni, etc.), ora ogni cittadino
gi la nostra Isola si colloca tra le prime 10 guspinese potrà dichiarare, presso gli uffici
Regioni d’Italia per numero di donatori uti- anagrafe, la propria volontà esprimendo in
lizzati; che la volontà del Legislatore su que- modo libero e chiaro le sue intenzioni in mesto punto era anche quella di sollevare le rito all’eventualità di donare o meno gli orfamiglie dalla decisione di dare l’assenso o gani dopo la morte, volontà che potrà comunmeno in un momento particolarmente grave que essere modificata in qualsiasi momento.
e lacerante della propria esistenza, lascianFrancesca Tuveri
lla figura di Giovanni
Lilliu, famoso archeologo e Accademico dei Lincei, che quest’anno avrebbe
compiuto 100 anni, è stato
intitolato il Museo archeologico ospitato in Casa Zapata. La cerimonia è avvenuta
in concomitanza del 1° Expo
Turismo Culturale in Sardegna, alla presenza delle figlie
Caterina e Cecilia, di autorità della cultura e politiche regionali. Suggestivi i locali
del Palazzo seicentesco sede
dei Marchesi Zapata di Barumini, che ha custodito per
secoli tra le sue fondamenta
un altro tesoro denominato
Nuraxi ‘e Cresia, una nuova
reggia nuragica di 3500 anni
fa, venuta alla luce grazie all’intuizione di Giovanni Lilliu. Commossa Cecilia, la figlia del professor Lilliu: «Un
giorno importante per la cultura, lo sviluppo della comunità locale e regionale». Lo
Cecilia e Caterina Lilliu scoprono la targa
Inaugurato
il museo archeologico
Giovanni Lilliu
rimarca con passione anche
una sua allieva, l’archeologa
Emina Usai della Soprintendenza archeologica: «Barumini è conosciuto ormai in
tutto il mondo grazie a Giovanni Lilliu, e a lui è collegato il riconoscimento dell’Unesco nel 1997 del nuraghe Su Nuraxi, con la successiva nascita nel 2006 della
Fondazione Barumini Sistema Cultura che gestisce i
monumenti storici, culturali
e archeologici locali, e nel
2008 la nascita del Centro
Culturale che ospita mostre
permanenti e itineranti». Nel
museo archeologico sono
esposti, tra l’altro, tantissimi
reperti rinvenuti negli anni
50 durante gli scavi dell’area
archeologica de Su Nuraxi.
«Un doveroso riconoscimento di tutta la comunità baruminese, alla straordinaria figura del nostro compaesano
più illustre», ha affermato il
sindaco Emanuele Lilliu.
Carlo Fadda
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Attualità
SAN GAVINO
I
l 25 dicembre eravamo
nella sala d’attesa del
l’ospedale di San Gavino, da mezzanotte e un minuto alle 6 del mattino.
L’intento era quello di poter documentare una serata, la vigilia di Natale, notoriamente caratterizzata
da grandi festini e, quindi,
probabili grandi esagerazioni nel bere alcolici con
conseguenze tali da aver
bisogno del pronto soccorso.
Dato che sulla sanità se ne
sentono di cotte e di crude,
abbiamo pensato di approfittarne e vedere come funziona, sotto stress, il personale del pronto soccorso.
Fortunatamente, però, nel
Medio Campidano si è festeggiato, ma in modo virtuoso. Nessuno è arrivato
all’ospedale, né per il troppo bere né per incidenti.
Una sola ambulanza, quella dei “Volontari Soccorso
Sanluri”, ma per un pazien-
Ospedale: una notte al pronto soccorso
te con sospetto dolore al
petto.
Stare ad aspettare una notte intera, cercando tra l’altro di non far capire che si
è li per la stampa al fine di
non farsi buttare fuori, è
scomodo e noioso. Così,
per passare il tempo abbiamo iniziato a guardarci intorno.
Il tempo non è mancato.
Guarda qui e guarda là,
abbiamo iniziato a notare
delle cose che non vanno
bene. La sala d’attesa è in
condizioni igienico-sanitarie pessime. Viene da chie-
dersi se i dirigenti Asl ne
siano a conoscenza. Si tratta di una stanzetta piccola
e quindi anche facile da
gestire sia in termini pratici sia in termini di danaro.
Pavimento in linoleum
pieno di buchi, consumato
e sporco, soprattutto negli
angoli. Probabilmente per
via della scopa e dello
straccio non adatti. I muri
scrostati, rovinati, sporchi
al punto che le impronte
delle teste delle persone
che si siedono sulle poltroncine, alcune rotte e pericolose, sono ben visibili
sotto forma di lerci aloni
dalla tonalità più scura. Sistema “pulsante di sicurezza antincendio” fuori uso.
I bagni erano puliti ma, sia
in quello da donna che in
quello da uomo, nessuna
traccia di salviette e carta
igienica. In caso di bisogno
chi lo deve utilizzare è a
rischio se non ha provveduto a portarsi dietro almeno dei fazzolettini. La polvere è di casa.
Insomma, il quadro registrato nelle sei ore di permanenza è il seguente. Insufficiente movimento in
termini di urgenze mediche per poter
determinare
un quadro generale
dal
punto di vista
dell’utenza,
sulla professionalità, l’umanità e la
gentilezza del personale.
Ma, nel frattempo, un colpo d’occhio è stato sufficiente per capire e vedere
che le condizioni in cui
versa quella stanzetta sono
vergognose per un ospedale che appartiene ad uno
Stato, sulla carta, moderno,
civile, rispettoso della dignità altrui.
Si auspica che il nuovo
ospedale, di cui si parla,
oltre alla nuova struttura
porti con sé anche una nuova gestione.
Saimen Piroddi
SARDARA. PROLOCO
Sa festa de
su binu nou
Oltre ogni aspettativa, le avverse condizioni meteorologiche
dello scorso 8 dicembre non hanno fermato i visitatori per la
nona edizione di Sa festa de su binu nou, uno degli eventi di
Sardara più sentiti dagli appassionati del vino novello, dalla
comunità e dai paesi dell’isola. Una mostra-mercato di prodotti vinicoli, artistici e artigianali, che abbellisce e rende le
vie del centro storico gremite di cittadini di ogni età. Non solo
grazie alle produzioni locali, come il miele di Eligio Ibba, le
pizze e focacce di Marzia Corona, le fritture miste e verdure
in pastelle di Anastasia e Matteo, i vini e ceci distribuiti dalla
Dinamo di Sardara, le castagne del comitato San Gregorio, la
libreria La Mia Tata, il comitato Antichi mestieri e biodiversità,
il trio delle caprette Pappa, Buffa e Podda di Aldo, Gianni e
Andrea, la lavorazione delle “bugie” di Fausto Pusceddu e del
ferro di Marco Onnis, e l’apertura dei negozi nel centro storico e del Mercato civico.
Tanti altri artigiani e articoli di hobbistica dei paesi limitrofi
hanno arricchito l’evento, come Is cannus di Fabrizio Floris
di Mogoro, le borse in orbace rifinite in broccato e velluto con
bottoni in olivastro lavorati con s’arresoja della collinese
Brunella Pau e le lavorazioni in vetro di Eleonora Matta di
Collinas. Serafino Cabras di Segariu con la lavorazione in diretta delle tegole in ceramica, la cosmesi di olio di lentisco
prodotto a San Giovanni Suergiu, i salumi di Samassi, le auto
d’epoca e Vespe della comunità e i dipinti di Francesco
Cubeddu esposti a Casa Pilloni. E, per il protagonista indiscusso della festa, non poteva mancare la cantina di Mogoro,
che quest’anno ha esposto dove è nato il vino Semidano. A far
da cornice ai colori degli stand, gli intrattenimenti ludici e
musicali in strada per piccoli e adulti. I giogus antigus, tra cui
Birillias illustrato da Agostino Piano in collaborazione con la
Consulta di Cultura e Lingua sarda, la lotteria di beneficenza
dell’associazione La Sorgente 2000, i balli sardi e i trallallera
del gruppo folk Sant’Anastasia e, lungo il percorso
enogastronomico, le note musicali sarde delle tre suonatrici di
Gavoi e del fisarmonicista Walter Atzori. Due stand però si
son contraddistinti dagli altri. Non passava infatti inosservata
la scritta “Tutto gratis” nel banchetto del passamano allestito
dal gruppo MDF di Terralba: uno spazio destinato al dono,
recupero e riutilizzo di guardaroba, libri, cd e oggetti donati
senza voler nulla in cambio. E non sfuggiva all’attenzione
neppure la calorosa accoglienza del gruppo folk Sant’Anastasia
che, all’ingresso del percorso circolare, faceva sentire di casa
turisti e concittadini con musica e spettacoli continuativi. «Benvenuta signora; da dove arriva? Pensate, - annunciava dall’amplificatore Mario Pusceddu, presidente dell’associazione
folkloristica - addirittura da Cosenza per partecipare a Sa festa de su binu nou». E, tra un saluto e l’altro, ringraziava tutti
per la riuscita della festa, soprattutto le associazioni partecipanti, la Pro loco e l’amministrazione comunale. Ringraziamenti a cui si associa Valentina Viaggiu, presidente della Pro
loco di Sardara, che dice: «Considerato il tempo, è andata bene.
Quest’anno c’è stata più partecipazione da parte dei sardaresi,
soprattutto per il pranzo. Di mattina molti visitatori della provincia di Cagliari, guidati da Samanta Vinci, Sebastiano
Mandis e Nicola Casti. Ringrazio davvero tutti coloro che hanno contribuito a titolo gratuito anche cedendo le proprie abitazioni e aiutando nell’allestimento del giorno prima e il riordino alla fine. Ringrazio i volontari, le associazioni, tra cui “Noi
per gli altri” e la “Protezione civile”. E anche quelli non apparentemente partecipanti, come la Pallavolo Sardara, la
Bocciofila e il Tennis Club. Tutta l’amministrazione comunale, in particolare il vicesindaco Ercole Melis». (m. p.)
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Attualità
Solidarietà, spettacoli e musica: successo del Natale sangavinese
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R
iportare la gente al centro del paese con mostre, concerti
ed eventi e presentare le attività delle tante associazioni
sangavinesi. È questa la finalità della seconda edizione del
Natale sangavinese (nelle foto di Antonio Perra) che ha proposto un ricco calendario di manifestazioni che si concluderanno il 6 gennaio.
Sabato 3 alle 18 nella chiesa di Santa Chiara ci sarà il concerto
del Coro Polifonico Sangavinese. Lunedì 5 dalle 16 alle 20.30
al Civis in via Roma la manifestazione “Aspettando la Befana
“Pasca de is Tre Reis”, merenda e animazione curata dalla commissione delle Pari Opportunità. Martedì 6 gennaio alle 18 le
premiazioni del concorso Vetrina di Natale, una serata a tema
aperta a tutta la cittadinanza con rinfresco con prodotti tipici.
La manifestazione è curata dall’Associazione Commercianti
del Centro Commerciale Naturale di San Gavino Monreale. In
piazza della Resistenza e in piazza Marconi sono presenti le
classiche casette dei mercatini di Natale con animazione e la
presenza degli hobbisti e degli artigiani. Al Civis si possono
visitare due mostre: l’esposizione degli Antichi Mestieri del
Gruppo Amatori e quella dei Dipinti del Gruppo Artistico
Sangavinese. La casa museo “Dona Maxima” in via Amsicora
sarà visitabile alcuni giorni grazie all’associazione “Sa moba
sarda”. Nelle casette in terra cruda di Piazza della Resistenza
c’è una mostra sulla Resistenza curata dall’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, mentre i commercianti della zona
hanno allestito un presepe. È presente anche un presidio dell’associazione Euro 2001 per promuovere la propria attività
mentre i volontari dell’associazione Delfino occupano una casetta per esporre i propri lavori artistici.
Intanto il centro del paese si è rianimato con i balli con gli
“Anziani sempre giovan”, cioccolata e biscotti con
l’Oktoberfest, la vendita di cesti a scopo benefico con Thalassa
Azione, mentre l’Avis si è occupata della sensibilizzazione alle
donazioni. Molto suggestivo il lancio delle lanterne natalizie
curato dai Lions Club e l’esibizione di tiro con l’arco con la
sezione locale degli arcieri. In piazza della Resistenza gli antichi giochi di strada con l’associazione Sorrisi, la castagnata
con la Stazione culturale e poi il brindisi con Kenemeri, la sottoscrizione a premi con la consulta giovanile e il calendario
proposto dalle Chine Vaganti. Grande successo anche per il
classico concerto di Natale della banda musicale del paese e
dei balli sardi itineranti con l’associazione S’araxi, il flash mob
di Progetto Danza e la discesa di Babbo Natale VertiClaus in
piazza Marconi curata dal Soccorso Alpino. Bambini in festa
con lo spettacolo del Piccolo Teatro Umoristico.
Gian Luigi Pittau
SARDARA
Appuntamento tradizionale col mercatino e l’albero
Lo scorso 23 dicembre Sardara ha visto le strade del centro e la piazza del
municipio gremite di adulti e bambini,
sia per il primo appuntamento con il
tradizionale mercatino settimanale allestito nel cuore del centro storico sia
per addobbare l’albero natalizio davanti
al municipio. Intorno al caseggiato dell’ex scuola elementare e davanti al
Mercato civico del paese, numerosi
sardaresi, tra cui il primo cittadino Giuseppe Garau, hanno
espresso curiosità avvicinandosi per osservare e fare acquisti
nelle bancarelle degli ambulanti che ogni martedì mattina
hanno riservato lo spazio in centro.
Per il momenrto l’iniziativa è in via
sperimentale. «Come inizio non c’è
male», afferma entusiasta il sindaco
Giuseppe Garau. Tuttavia non son
mancate le lamentele di chi non poteva transitare con l’auto e di chi chiede che le strade vicine al mercato vengano pulite. «Provvederemo senz’altro», promette il sindaco, mentre si
sposta verso la piazza dove i bambini artisti sono impegnati a
preparare addobbi natalizi, in collaborazione con le operatrici della Ludoteca e l’assessore dei servizi sociali Simona Ibba.
Babbo Natale a Sardara
Babbo Natale è approdato
due volte a Sardara. Il 25
dicembre nella piazza del
municipio per consegnare
doni ai bambini. E il giorno di Santo Stefano, con
slitta, renne ed elfi al seguito, per animare il centro
storico del paese con musica, intrattenimenti ludici,
dolci e convivialità tra cittadini di ogni età.
Tutti insieme per esprimere desideri con ritagli di carta da
scrivere e da decorare per poi appendere nell’albero davanti
al municipio, sulle note di brani di Natale scelti e amplificati
dall’impianto gestito dal sedicenne Mattia Pisano.
Marisa Putzolu
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Attualità
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Fra Lorenzo
Guspini
Gonnosfanadiga
Nel Medio Campidano è sempre viva
la tradizione del presepio
I
l presepio, una tradizione popolare che attrae bambini e adulti, rappresenta la natività di Gesù e
quasi tutte le famiglie si dilettano a realizzarlo nei luoghi, nelle forme e nei modi più svariati,
immaginando quella grotta di “Betlemme” e adattandola a usi e costumi della società attuale. L’impegno e la fantasia non mancano ed è facile nei nostri ambienti vedere la Sacra Famiglia rappresentata in vari scenari. Non vi è dubbio che il presepio più rappresentativo sia quello realizzato da fra
Lorenzo, che gli ha dedicato 66 dei suoi 95 anni. Il frate cappuccino cura e aggiorna puntualmente
il presepio del Santuario di Fra Ignazio nella sede dei Frati in viale Fra Ignazio a Cagliari. Negli
scenari riprodotti è facile individuare spaccati di vita locale, quindi anche del Medio Campidano,
con raffigurazioni prese dalla realtà. Questa meravigliosa creazione è aperta al pubblico dal giorno
di Natale sino al 18 gennaio. Per quanto riguarda alcuni presepi allestiti in Arbus, Guspini, Gonnos
e Villacidro vengono qui riprodotte delle foto, lasciando ai lettori la valutazione.
Francesco Zurru
ARBUS
Nella Parrocchia Beata Vergine Maria Regina in Arbus il
parroco, don
Nicola Demelas, e Alessio
Anardu, Francesco Floris e
Angelo Bruno
Esu, ragazzi
che hanno già
fatto la Cresima, hanno realizzato il presepe in chiesa. A rendere questo presepe ancora
più caratteristico, oltre al bellissimo effetto creato dal gioco di luci, anche
tanti particolari, tra cui la casa del pastore in sughero, la macina della farina
in movimento, la cascata nella roccia, accanto alla capanna della natività, le
fascine fatte a mano e il recinto delle galline.
Adele Frau
COLLINAS
Ancora una volata a Collinas ad animare il Natale sono i presepi, che
sono stati realizzati nei diversi rioni
del paese e nella chiesa parrocchiale
di San Michele Arcangelo. Natale a
Collinas si presenta con un fitto calendario di eventi che si concluderanno il 6 gennaio con la rappresentazione del Presepio vivente. La rappresentazione sarà accompagnata
dalla zampogne. «È un programma afferma il sindaco Franco Cannas modesto, semplice, dignitoso, che
coinvolge tutto il territorio dalla vigilia della nascita di Gesù Bambino
sino all’Epifania, e che siamo riusciti
ad allestire grazie alla collaborazione della Pro loco, delle associazioni,
e di tutta la comunità». (r. m. c.)
LUNAMATRONA
Mostra storica di abiti, corredi e usanze nuziali
Q
uesto natale gli abitanti di Lunamatrona, alla terza
edizione della “Mostra del corredo e della sposa
nel tempo”, hanno potuto ammirarsi in un filmino realizzato apposta per avere un ricordo dell’evento. Evento
che, negli anni, ha visto sempre più persone impegnarsi
a cercare informazioni, cenni storici e materiale vario
allo scopo di riportare alla luce le usanze cerimoniali di
un tempo per poter tenere così viva una tradizione che
prima era usanza comune. Tanti abiti e gioielli riprodotti fedelmente, o originali, per ripercorrere, attraverso una
sfilata, le usanze matrimoniali di allora. A partire dal
1800 fino ai giorni nostri. Addirittura abiti risalenti al
1928 in perfetto stato di conservazione.
L’evento ha coinvolto un centinaio di persone di tutte le
età. Chi ha fatto le ricerche, chi ha prestato il proprio
abito, chi ha fatto il “gattò”, chi il pane degli sposi, i
ragazzi che hanno sfilato, i fiorai che hanno collaborato
alla preparazione dei mazzolini, i parrucchieri e l’estetista che hanno truccato e curato le acconciature seguendo ovviamente la moda del tempo. Singolare è stato vedere due signore che
hanno esposto un corredo usato da loro oltre
50 anni fa. L’evento è
stato ideato dall’assessore alla cultura Anna
Malloci.
Saimen Piroddi
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Attualità
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Statale 196: la strada della morte
L
a statale 196, che collega Guspini a Decimomannu,
è una strada a sicurezza zero con una lunga scia di
sangue. I giornali, in questi ultimi decenni, pubblicando
articoli e foto delle numerose tragedie stradali, hanno
denunciato anche la pericolosità dell’arteria, ma finora
niente è stato fatto per metterla in sicurezza o quanto
meno adeguarla alle esigenze del traffico d’oggi. C’erano dei progetti, ma sono rimasti nel cassetto, intanto gli
incidenti continuano ad accadere. Sul momento si piange
la vittima, si implora la sicurezza, poi ci dimentichiamo
di tutto e di tutti fino al nuovo incidente mortale.
Il numero dei morti sulle strade si sta sempre più ampliando. E la causa per le istituzioni non è la strada pericolosa, ma l’alta velocità, l’alcool, la droga, la disattenzione e a volte anche l’approssimazione nella guida. La
statale 196 deve essere almeno adeguata all’intensità del
traffico attuale con una manutenzione regolare con un
guardrail continuo nei punti più pericolosi. Se prendiamo in considerazione il tratto dove è accaduto l’incidente mortale di domenica 14 dicembre se ci fosse stato
un’adeguata protezione laterale forse oggi
Gonnosfanadiga non piangerebbe la scomparsa di Nunzia
Sibiriu.
Francesco Zurru
Progetto Cult:
scambi culturali
con le imprese
europee
Foto di gruppo del viaggio fatto ad Atene
I
l progetto Cult consiste in una serie di azioni riguardanti
soprattutto il campo dell’imprenditoria e del turismo, la creatività e l’innovazione, per lo sviluppo personale dei giovani e la crescita sociale ed economica della società.
Il progetto ha avuto come promotori la provincia del Medio
Campidano (capofila) e la provincia di Oristano, l’associazione culturale Orientare di Cagliari e la cooperativa Studio e
Progetto 2 di Abbasanta; in qualità di associati, ha visto coinvolti tutti gli Istituti Superiori di II grado presenti nella provincia del Medio Campidano e nella provincia di Oristano e
ha avuto come beneficiari gli studenti degli ultimi due anni.
Hanno partecipato in maniera attiva alle diverse fasi del progetto 12 alunni dell’Istituto I.I.S. Michelangelo Buonarotti di
Guspini, 17 alunni dell’IIS “Marconi-Lussu” di San Gavino,
3 alunni dell’I.T. Colli Vignarelli di Sanluri, 5 alunni dell’IPSA
Volta di Guspini, 5 alunni del Psico pedagogico di San Gavino,
ragazzi degli istituti Mossa e De Castro di Oristano e del
Pischedda di Bosa.
Il progetto ha impegnato i ragazzi in diverse fasi di lavoro a
Da maggio decine di studenti sono
impegnati in varie fasi di lavoro che hanno
previsto anche un viaggio ad Atene
partire dal mese di maggio. La prima prevedeva la promozione e la valorizzazione del territorio attraverso la ricognizione
e il censimento dei beni culturali e delle attrattive
archeologiche del Medio Campidano e della provincia di
Oristano. Tutti i dati reperiti sono confluiti nel sito internet
Cult!, consultabile da enti locali, operatori del settore o semplici turisti.
La seconda fase ha visto i ragazzi impegnati in un corso di 20
ore volto all’orientamento sulla creazione d’impresa, per incentivarli a valorizzare le proprie conoscenze personali e soprattutto a sviluppare le proprie capacità imprenditoriali attraverso l’elaborazione di un progetto e lo studio della sua
fattibilità.
La terza fase del progetto prevedeva la possibilità di scambi
culturali con imprese europee già affermate nel settore culturale e turistico al fine di acquisire nuove competenze sulla
gestione di piccole o medie imprese. La meta prescelta è stata
Atene e il viaggio si è svolto dal 14 al 17 novembre scorso. Il
primo giorno hanno visitato il quartiere Anafiotika, uno tra
più pittoreschi di Atene; il secondo giorno il Tempio di Zeus
Olimpo, il Museo dell’Acropoli, e in alto sull’Acropoli! La
sera un giro ai quartieri di Plaka e Monastiraki , dove si trovano anche l’Antica Agorà, l’Agorà Romana e la biblioteca di
Adriano e infine una visita al Museo delle ceramiche; il terzo
giorno visita al Museo Archeologico Nazionale, a seguire la
Plateia Syntagmatos, fulcro della città, in cui si trovano il Parlamento e dove si è potuto assistitere al Cambio delle Guardie, un tratto dell’antico cimitero e l’acquedotto a Pisistrato; e
infine la visita al Museo Benaki. L’ultimo giorno è stato dedicato ad un giro nei dintorni di Atene, nella rinomata località di
Glyfada, mecca del divertimento e dello shopping .
L’ultima fase del progetto ha impegnato gli studenti in un concorso dal titolo “Idea d’impresa” per cui sono stati chiamati a
predisporre, sulla base delle azioni precedenti, appositi progetti di valorizzazione con la ideazione di itinerari tra le realtà
culturali del territorio. I progetti sono stati presentati e a giorni si conosceranno i nomi dei vincitori.
Ilaria Scanu
Zola è il terzo allenatore sardo del Cagliari Calcio
I
l presidente del Cagliari Giulini, dopo 16 partite con due
sole vittorie, nessuna delle quali allo stadio Sant’Elia, e
con la classifica traballante, ha esonerato Zeman, l’allenatore fortemente voluto all’inizio della propria carriera alla
guida della Società Rossoblù. Il numero uno del Cagliari
Calcio ha deciso di affidare le sorti della squadra al famoso e stimato fuoriclasse Gianfranco Zola che ha vestito le
maglie della Torres, del Napoli, del Chelsea, del Cagliari e
della Nazionale.
Il campione di Oliena è il nuovo allenatore del Cagliari, il
terzo sardo a sedere sulla panchina della squadra isolana,
dopo Mario Tiddia e Gustavo Giagnoni. Zola è tornato nella
sua terra per assumere la guida della squadra che gioca nel
campionato più bello del mondo e per regalare ai sardi
nuove emozioni e nuovi successi, traghettando per l’ennesima volta i Rossoblù fuori dai guai, verso una classifica più
consona al valore attuale dei giocatori che la compongono,
ma soprattutto alla bella tradizione della principale compagine isolana. Il progetto del successore di Cellino, che con
Zeman voleva regalare ai tifosi un calcio in grado di dare
maggior spettacolo, è tramontato, anche se i sardi hanno apprezzato lo sforzo del presidente e dell’allenatore esonerato,
tributando al boemo numerosi applausi d’incoraggiamento,
poiché in tanti hanno creduto possibile applicare quel modulo a una formazione che punta principalmente a mantenere il
proprio posto in serie A. Alla fine, la ragione ha messo gli
occhi sui numeri, costringendo il presidente Giulini a cambiare rotta.
Colui che è stato beniamino dei tifosi isolani, ovunque giocasse, dovrà lavorare sodo per raddrizzare una nave che rischia di affondare, anche perché a lui l’impresa è già riuscita in altri tempi, salvando il Cagliari e nel 2003 contribuendo a riportare la squadra di Cellino in serie A. Il neo allenatore è conosciuto in tutta l’Isola. Il 21 agosto 2003 salutò il
pubblico del Medio Campidano allo stadio di Villacidro in
una partita amichevole contro la Villacidrese di Sibilia; in
quel giorno entusiasmò il pubblico presente con le sue
finezze che consentirono a Suazo di mettere a segno 2 dei 5
goal finali e a Esposito di realizzare il quinto goal: fu una
festa che il Medio Campidano non ha dimenticato e la gente oggi crede nelle capacità di Zola, dirette a salvare il Cagliari dalla retrocessione in serie B. (f. z.)
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18
Cultura
1 gennaio 2015
VILLANOVAFORRU
S
arebbe occorso più spazio per contenere tutte le persone
presenti all’inaugurazione della mostra fotografica “Gente
villanovese”, di Gianluigi Cabiddu, nella sala mostre del
museo di Villanovaforru. In centinaia sono infatti accorse per
ammirare le foto in bianco e nero raffiguranti attimi e scene
di vita degli abitanti del suo paese. Immagini dalle parvenze
vive. Osservandole, non si ha la sensazione di un qualcosa
messo in posa per lo scatto, ma è come se, da un momento
all’altro, il soggetto ripreso potesse muoversi per continuare
la propria azione.
Scorci di vita quotidiana villanovese che l’artista ha negli
anni rubato ai suoi concittadini e che oggi restituisce attraverso questa galleria, che vede i visitatori andare ad ammira-
Gianluigi Cabiddu:
il fotografo gentiluomo
re se stessi in un percorso storico che le immagini sanno raccontare meglio di mille parole. 80 le stampe fotografiche esposte e oltre mille proiezioni d’immagine. In arte Gigi Cabiddu
Brau, nato a Parigi nel ‘65, e da piccolo trasferito a
Villanovaforru, paese nel quale tuttora risiede, fotografo da
Gonnosfanadiga: disservizio continuo alle Poste
A Gonnosfanadiga, Poste e disservizio sono un binomio
inscindibile, e i cittadini sono costretti a lunghe file. Le lamentele degli utenti hanno raggiunto il massimo livello, andare all’Ufficio Postale è diventato una stressante sofferenza, che richiede una straordinaria sopportazione. Tutti gli
utenti ne sono vittime, ma in particolare gli anziani specialmente quelli che hanno seri problemi di salute, e gli imprenditori, costretti a sottrarre del tempo prezioso alla propria attività. Il disservizio è dovuto alla carenza di personale, due dipendenti per servire centinaia di utenti.
La situazione diventa insopportabile quando ad operare è
un solo impiegato, in quanto l’altro si assenta per ferie, malattie o per corsi di aggiornamento. Anche l’organizzazione
dell’ufficio è approssimativa: i fruitori al loro arrivo si dotano di un numero ordinale in dipendenza delle operazioni
che devono effettuare, scegliendo uno dei quattro settori rispondenti alle lettere A – C – P – E. Purtroppo, non tutti gli
utenti sono riusciti a entrare nel meccanismo di tale selezione. E non sono pochi i gonnesi che vanno negli altri paesi della zona per usufruire dei servizi negli uffici postali
privati.
Francesco Zurru
VILLACIDRO
Augusto Ghiani espone al museo
archeologico di Sant’Antioco
Non finiscono le soddisfazioni per l’artista Augusto Ghiani di Villacidro
che, dopo il successo alla
mostra internazionale del
Quirinale, espone ora i
suoi dipinti alla mostra
“Insulart” nel museo archeologico di Sant’Antioco. Due le opere esposte, Energia e Shardana.
La mostra è curata da
Luca Giovanni Masala,
affermato critico d’arte,
nonché l’uomo che nel
2015 curerà le bipersonali di Ghiani. L’evento
è considerato tra i più
importanti dell’isola,
sono infatti presenti artisti di fama internazionale provenienti da diverse nazioni, tra cui Giappone e Francia.
«Con questa mostra si chiude il 2014 e si apre l’anno
artistico 2015 - spiega l’artista. - Ci sono tanti progetti,
come le bipersonali e i concorsi internazionali. Tutto
questo sperando di dare un contributo alle già importanti realtà di arte e artisti in Sardegna». «Artista di talento,
sensibile e attento alle problematiche sociali e contemporanee», dice di lui la pittrice Gisella Mura.
Saimen Piroddi
VILLACIDRO. FILM
Una spigola
da record
Sotto l’albero una spigola gigante di 8,5 chilogrammi. Poco prima di Natale è arrivato un regalo
inatteso per il villacidrese Mariano Contu che ha pescato un esemplare da record nel mare di Torregrande. Sicuramente il colpo più
fortunato della sua carriera, ma
non l’unico. Da tempo appassionato di pesca, ha usato la canna
per la cattura della spigola concludendo in bellezza una giornata dedicata alla pesca. (step)
PER BAMBINI E RAGAZZI
Cineamicizia: ancora due proiezioni
A Villacidro va avanti con successo l’iniziativa Cineamicizia, rivolta a bambini e ragazzi.
L’Assessorato allo Spettacolo e alle Politiche giovanili ha organizzato per dicembre e gennaio
una serie di appuntamenti al Cinema con la trasmissione di cartoni animati nella mediateca
comunale di via Parrocchia 190. Dopo la proiezione di Up e Azur Azmar, i prossimi incontri
saranno dedicati a Lilo e Stich (il 7 gennaio, alle 16,30) e al Castello Errante di Houl (14
gennaio alle 16,30). (step)
una vita, ha vissuto il cambiamento da analogico a digitale,
adattandosi senza mai perdere il controllo dell’obiettivo, e
oggi vorrebbe farsi guidare dall’elettronica. A dimostrazione
che nessun automatismo potrà mai sostituire l’occhio, l’istinto e il tocco di un vero fotografo.
Sentita è stata la commozione nel discorso fatto davanti al
suo pubblico dove, oltre a lui, sono intervenuti l’assessore
alla cultura Ilenia Cilloco e il direttore del museo Mauro Perra.
Infine, da vero gentiluomo, si è messo di lato lasciando che
sua moglie Daniela, insieme ai suoi bambini, tagliasse il nastro rosso per dare il via alla mostra, che si può visitare fino
al 13 gennaio.
Saimen Piroddi
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1 gennaio 2015
Redazione
Angeli nel cuore associazione di volontariato onlus
Via Repubblica 108 Arbus
Tel. 349-5069299 e.mail: [email protected]
Sito: www.angelinelcuorearbus.it
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Questo giornalinno è stato realizzato
dai ragazzi dell’associazione.
Hanno collaborato: Alessio Anardu, Marco Arriu,
Elisabetta Silanus, Martino Scanu, Michela Silanus,
Giulia Begliutti, Kewin Casu, Nicole Scanu,
Matteo Anardu, Giulia Concas, Carol Sabeddu,
Chiara Desideri, Martina Idili.
I giovani e la politica?
Due mondi lontani
In questi ultimi anni il rapporto tra i giovani e la politica è cambiato. Infatti, mentre prima essi se ne interessavano, oggi è difficile sentire un giovane parlare di
politica. I ragazzi spesso sono totalmente disinformati
e preferiscono affrontare altri argomenti, come serie tv,
giochi elettronici, telefonini e pc nuovi usciti sul mercato.
Questo disinteresse si percepisce anche nelle elezioni a
scuola di rappresentanti di classe o di istituto che vengono spesso non prese in considerazione e a volte addirittura considerate un modo per perdersi qualche ora di
lezione. E allora c’è da chiedersi quali siano le cause
per tanto disinteresse. Forse manca la fiducia nella politica che non riesce a dare risposte e aiuto nemmeno ai
giovani. Sembra quasi manchino gli ideali di un tempo,
quelli per cui si era disposti a lottare e a credere.
Manca anche l’interesse che prima sapevano suscitare i
partiti politici che venivano considerati come veri e propri luoghi di incontro di conoscenza, discussione e formazione della politica. E allora forse basterebbe ridare
un po’ di speranza ai giovani, dando loro risposte, appoggiandoli sul loro futuro di lavoro o di studio, facendo loro conoscere e riscoprire di nuovo la politica, quella
fatta col cuore.
Chiara Desideri
Martina Idili
La pace è rispetto,
amore, condivisione
e aiuto reciproco
Sabato 20 dicembre ad Oristano si è svolta la Marcia della Pace.
È già da un paio d’anni che viene proposta prima delle vacanze
natalizie per far sì che anche gli alunni delle scuole possano
partecipare con i propri insegnanti. Certo è importante proclamare la pace, ma è altrettanto importante metterla in pratica.
La mancanza di pace porta a morte, distruzione e crisi che rimane anche nel corso degli anni. Basti pensare a certe zone del
mondo che a causa delle guerre sono ridotte in miseria. Nel
mondo ci sono ancora tante guerre a causa soprattutto della
sete di potere e del desiderio di ricchezza, ma anche per imporre
le proprie idee a tutti. A volte le guerre vengono proclamate in
nome di religioni, anche se magari tali religioni in realtà, se approfondite, si presentano pacifiche. Tra le altre cause anche l’odio
verso altre persone attraverso il razzismo e la voglia di prevalere
sugli altri. È probabile che per essere veramente in pace basterebbe rispettarsi a vicenda. Per essere in pace si dovrebbe rispettare le idee degli altri, non rinnegando le proprie, combattere
ogni forma di pregiudizio e pensare che qualsiasi ricchezza del
mondo va condivisa con tutti. Insomma la pace è rispetto, amore, condivisione e aiuto reciproco.
Desirè Tendas
Il Natale per riscoprire il vero senso del dono
Siamo a Natale e si continua a parlare di crisi economica. È
vero, spendiamo meno in regali. Ma forse è stata l’occasione
per riscoprire il vero senso del dono, che si è perso in quegli
anni di tanto consumismo. C’è differenza tra come vivono il
Natale i credenti e i non credenti. Infatti mentre i primi vivono questa festa come la ricorrenza della nascita di Gesù Bambino, gli altri la vivono invece come uno scambio di doni.
Ma per entrambi questa ricorrenza regala anche ricordi di
pranzi, cene e piccoli gesti vissuti in famiglia.
In questa ricorrenza, sembra quasi banale o obbligatorio regalare e ricevere qualcosa. Quest’anno la parola d’ordine è
austerità, risparmiando sugli “sfizi” e sui doni considerati
meno utili. Puntando sul classico pensierino che sostituisce
“Smontiamo il bullismo”
In questi ultimi anni e anche in quest’ultimo periodo si è sentito
parlare di episodi di bullismo. Ci sono tanti modi di fare bullismo
a partire da certi atteggiamenti come offendere, prendere in giro, insultare, ignorare, minacciare altri coetanei. Ma ci sono
anche atteggiamenti più gravi che possono portare a episodi di violenza fisica.
I bulli agiscono da soli o in gruppo, dove
ci possono essere ragazzi che si limitano a
guardare, magari incitando alla violenza o
riprendendo col il telefonino, o che partecipano alla violenza. Il bullismo è sempre esistito, ma prima
avveniva solo in strada o fuori da scuola.
Ora invece avviene anche in classe. Chi subisce atti di bullismo
a volte poi si chiude nel silenzio, senza parlarne con nessuno. E
questo è un errore, anche perché a volte “fare i bulli” è vissuto
come un gioco che si riesce a controllare e che può far divertire.
E poi si pensa magari che le prepotenze verbali, che sono più
numerose, non sono così gravi e invece non vanno sottovalutate, perché possono provare gravi danni psicologici.
Insomma il bullismo si può “smontare”, riconoscendone già da
subito la gravità perché per certi ragazzi le sfide più grandi non
sono le interrogazioni o i voti, ma il non subire violenza e il
sentirsi accettati e rispettati dai coetanei.
Una ragazza che è stata vittima di bullismo
il regalo vero e proprio. Il gesto del donare è uno scambio che va ben oltre il valore economico del bene regalato. Non conta quanto spendiamo per i “regali”, ma conta
davvero il saperli riconoscere e accogliere come “doni”.
Non è facile donare qualcosa perché si ha sempre la paura che non venga gradito o che non piaccia. Forse per i
credenti diventa più semplice vivere il Natale con semplicità, perché non concentrano tutti i loro pensieri sul
che regalo o dono fare, ma sulla nascita di quel Bambino
in cui credono e si affidano, festeggiando la ricorrenza
del Natale, preparandosi al meglio con la Confessione e
la Novena. Questo in fondo è il vero Natale.
Michela Silanus
No ai falsi pregiudizi
contro gli immigrati
in cerca di lavoro
Le cause principali dell’ emigrazione sono la mancanza di lavoro e la guerra, che ancora in certi luoghi è
presente. Tante persone, ma anche famiglie si spostano dai paesi più poveri a quelli più industrializzati. Gli
immigrati sono presenti in maggior numero nel continente asiatico. Le popolazioni africane sono emigrate
a causa di carestie e conflitti etnici, quelle asiatiche
hanno iniziato ad emigrare dopo la guerra del Vietnam.
Oggi in Italia arrivano tanti immigrati provenienti da
paesi dove è presente la guerra o a causa della forte
miseria.
Con la crisi economica mondiale anche in Italia però
c’è tanta disoccupazione e persone e famiglie in difficoltà. Questo crea astio e poco senso di accoglienza
verso queste persone. Anche gli italiani negli anni 20/
30 sono emigrati, soprattutto verso l’America, alla ricerca di maggior fortuna e di un posto di lavoro. Anche essi venivano spesso visti, proprio come a volte
facciamo noi verso gli immigrati che vengono in Ita-
lia, “portatori” di delinquenza, ladri, spacciatori e “ladri”
delle opportunità di lavoro.
Forse se ci fosse più benessere per tutti e più occupazione
nessuno svolgerebbe un lavoro sottopagato o sarebbe disperato perché non lo trova. Certo anche tra gli immigrati
può esserci un assassino, un ladro, ma questo può succedere anche con un italiano. Basterebbe forse organizzarsi e
impegnarsi a far sì che si raggiungesse un benessere mondiale, con l’aiuto reciproco tra i popoli, con un risveglio
delle coscienze per imparare a condividere con chi ha poco
e niente.
Aurora Congia
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20
1 gennaio 2015
Cultura
Su sadru chi seus pedrendu
Sa Befana est Aiaia
Contixeddu de Venanziu Tuveri furriau in sadru de tziu Arremundicu
P
aschixedda fut passada lassendu u airi bella de prexu e cuncu drucixeddu. Annu Nou fiat
apenas arribau “Friscu che sa nìi” Potendu acua e bentu acumpangiaus de u paghedd’e
frius e ua spruíada de nìi, mancai de cussa si ndi biessat sempiri pagu. In domu de Arrafiebi
Mossa is boxis e is su tzerrius de is nebodeddus prenìant sa domu coberrendu s’arrexonamentu
de is mannus. Fut s’espuru de sa Befana, Arrafiebi iat fatu otant’annus e iat cumbidau is
fillus, genurus, nuras e nebodis a passai sa dì impàri, ma fiat sighida sa nòti puru. Su prexu de
is pipius, mascus e femias, fut ca sa Befana ddis iat’ai potau s’arregallu in dom’e s’aiaia.
«Arregodaus si seis de arregolli
ua migia po dd’apicai in sa
ziminèra?» Iat avetiu issa,
«Cessu, ca seus innoi – iat nau
spantau Titinu- e sa Befana no
ddu scit.» «No timast – dd’iat
arrespostu sa mama- ca issa scìt
e bìt totu, e scìt ca seus innoi.»
«Aiaia poita po sa Befana tocat
a apicai ua migia in sa
ziminèra?» ia pedìu Bissenta,
«Poita ca passat me in is
crabeturas e intrat in su
fumaiou.» «E no s’abruxat cun
su fogu?» iat aciuntu Titinu.
«Prim’e andai a si crocai - dd’iat
assegurau tziu Arrafiebi- ndi
studaus sa pampa e ddu
coberreus de cinixu.» «Ddu
bieis –ia nau Suia- poit’est chi
est sempiri impoddinàda?» «Ma
chi apicaus ua migixedda nosta,
ca est pitica, ddoi capit pagu
cosa – iat fatu a notu Dieguincapas aiaia mi onat ua migia
de aiaiu, ca est peis mannus,
cussa longa chi potata su nòti.»
«Creu chi ocannu sa Befana siat pobura, ma su chi no capit in sa migia ddu lassat in terra.»
Iat assegurau s’aiaia. «Su Pipiu Gesùs puru passat in su fumaiou?» iat dimandau Benitu.
«Ma là ca ses tontu là, -fiat intrada in cristiõis Mallena- Su Pipiu Gesùs est apenas nasciu e
lassat is gioghitus acant’e su presepiu.» «E insà poita ddi scrieus litaras mancai siat apenas
nasciu? Ita scit, ligi?» Iat crarìu Titinu. «Ma nci oit mèda a ddu cumprendi - iat arrespostu
Suia - si ddas ligit sa mama.» «Sa Befana insà no scit ligi, a issa litaras no nde scrieus e sa
mama at’essi mòta de mèda.» Iat sighìu Diegu, «Ma lobai ca seis curiosus oi, gei ndi obeis
scìi de cosas - iat nau s’aiaia - tocài, cicài is migias, ca apustis cenau ddas apicaus a ua soga
chi bab’e osatrus acapiat a cussas duas puncias.» Is pipius fiant andaus a s’aposent’e crocai,
po cicai is migias. «Ascutai pagu pagu - iat propostu Benitu - chi nce dda fadeus a barrai
scidus, notesta scrocaus sa Befana candu ndi cabat de su fumaiou.» “Eia, eia” iant arrespostu
cuntentus totus.
Cun sa spera de bì sa Befana fiant torraus a coxía. Is mamas e s’aiaia iant giài apariciàu sa
mesa, e is babus cun s’aiaiu iant curregiu s’angioneddu schidonàu po sa xena. Apenas cabàu
s’uncõi, is pipius ddus iant mandaus a si crocai, totus in d’u aposentu, “candu nou no passat
sa Befana”. Sa gan’e dromì fut pagu e fueddant a boxi bascia po no ddus intendi is mannus.
«Notesta scoberreus cumenti fait sa Befana.» «Abarreus abillus.» «Ma deu tengiu sonnu…»
«Insaras tui no dda bisi…» «Tòca Titinu - iat odrinau Bissenta - bai e castia in su stamp’e sa
crai ita funt fadendu.» Titinu fiat andau e torrau in d’u patir’e fillu. «Funt ancora setzius a
mesa fueddendu.» «Cumenti totus si ndi andant a si crocai si cuaus in coxía e bieus sa Befana, cand’arribat.» Ia avetiu Mallena. Aici nc’iant passau s’ora, contendu contus e scrochendu
chi is mannus fiant andaus a si crocai. Si scutzuànt de par’a pari chi cuncunu sconchiàt.
S’ora nci fut passada e is babus puru, motus de sonnu, fiant andaus a si crocai. Fiat abarrada
scéti s’aiaia frighendu is tianus e is pingiadas cun su cinixu. Apenas bessida issa, is pipius
fiant intraus po si cuai: Bissenta e Titinu aintr’e u casciõi; Suia e Mallena aintr’e s’acaiou;
Benitu e Diegu in su cadíu, buidu, po sa linna. «Ma Diegu - iat nau Benitu a scusi - dd’ois
acabai de pistai is crapitas cun cussu ferritus, ca su tic tac ddu intendit sa Befana e no intrat.»
«No funt is ferritus, seu scrutzu, funt is dentis tzachendu po sa timorìa» iat arrespostu timarosu
Diegu. «Citeisì - iat nau a boxi prus ata Bissenta - Chi s’intendit no intrat.»
No fiat passau tempus mèda chi fiat intrada s’aiaia cun d’ua crobi pren’e cosa. Su spantu de
is pipius no si podit contai e Mallena fiat stetia lestra a tupài sa ‘uca a Suia, a riscu de
dd’allupai, prima chi essat tzerriau; sa propria cosa iat depiu fai Benitu a Diegu. S’aiaia iat
pratziu drucis me in is migias aciungendu bambuleddas me in cussas de is femieddas e
pistoleddas de canna in cussas de is maschixeddus. Poi si ndi fut andada. Is pipius ndi fiant
bessius de su cuadroxu spantaus: «Ma insà sa Befana est aiaia…» «Issa ddu scìat ca nosu
mascus obaiaus is pistoleddas ’e canna…» «E nosu bambuleddas…» Aici, spantaus ma
cuntentus de ai biu sa Befana fiant andaus a si crocai. Nciat a bolli u liburu po contai su chi
fiat passau cussa noti me in is bisus de is pipius. «Beh! piciocheddu no si ndi pesais po bì su
chi s’at potau sa Befana?» dd’us iat tzerriàu s’aiaiu. Luegus fiant cutus a coxía tzerriendu
tot’a ua boxi: “Sa Befana est Aiaia, Aiaia est sa Befana…” «Sì e deu seu su Pipiu Gesùs.» Iat
arrespostru tziu Arrafiebi. Ma si fiant citius luegus candu, apena intraus si fiant acataus ca
acant’e is migias ddoi fiant atrus gioghitus puru, imprusu de is chi iat postu s’aiaia. «E custus
giogus chi ddus’at aciuntus?» «Castiai in terra est brutu de fumadigu…» «Cumenti nd’est
cabàda de su fumaiou…» «Ma insà sa Befana…» «Nu est aiaia, est una chi no si oit fai bì nì
de is pipius e nimancu de is mannus!» Iat arrespostu tziu Arrafiebi, arriend’a asut’e is
mustatzus.
A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu.
Scracàlius
di Gigi Tatti
Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu,
custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus lègius
chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai scaresci
calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt innoi. Sciu
puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius, ma apu
circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu pagheddu de
aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus ligi imparat
prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de prus.
Geremia est fueddendi cun Elia.
Elia: Insaras mi ddu prestas centu eurus?
Geremia: No potzu. Seu in crisi.
Elia: Porca misèria, no sciu comenti fai. Ita mi consillas?
Geremia: Prova a ddu domandai a Paulu, s’amigu miu.
Elia: Ma si mancu mi conoscit.
Geremia: Est pròpiu po cussu chi fortzis ti ddu podit prestai!
.................................................................................................................................................
Sergiu est sètziu in pratz’e Cresia discutendi cun Eziu.
Eziu: No parrit berus. Seu andau a ti circai a domu tua e nanca fiasta dromiu.
Sergiu: E ita depu fai a mesudì?
Eziu: M’at nau pobidda tua ca ses sempri crocau: Ma poita ddu fais?
Sergiu: Ddu fatzu poita ca no sciu abarrai chene fai nudda!
.................................................................................................................................................
Unu Arburesu, unu Guspinesu e unu Casteddàiu si funt incontraus po organizai unu spuntinu.
S’arburesu: Insaras deu arregollu su call’e crabitu e su pani.
Su guspinesu: E inveci deu arregollu su sartitzu e su casu.
Su casteddàiu: E deu inveci, ci portu a fradi miu, ca est de bonu apetitu!
.................................................................................................................................................
Marilena est impiegada in ufìciu, ecu ca arribat su Diretori.
Marilena: Signor Diretori, ddu depu fueddai.
Su diretori: Narimì totu signorina Marilena.
Marilena: Mi depit aumentai su stipèndiu.
Su diretori: No fait, c’est sa crisi.
Marilena: Andat beni. Perou dd’avisu, ca de cras in ufìciu bengu a gonna longa, e mai prus cun
sa minigonna.
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Marieddu torrat de scola e fueddat cun sa mamma Santuccia.
Santuccia: Ita tenis arrennegau? Ita as pigau votus malus?
Marieddu: No mamma. Est ca totus mi pigant in giru ca nanca portu sa conca manna manna.
Santuccia: No est berus fillu miu. Ddu faint scèti po ti fai acherpai. Toca, imoi bai a su negotziu
de sa fruta e sa birdura e compora una sìndria a de cincu killus.
Marieddu: Ma aundi dda pongu mamma?
Santuccia: Ponidda aintru de su capeddeddu chi portas, ca ge ddoi stait!
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Licia incontrat s’amiga Mariella.
Mariella: Apu intèndiu ca ti ses lassada cun su piciocu tuu, ma est berus?
Licia: Certu ca est berus.
Mariella: Ma si no mi sbàliu s’annu passau puru dd’iasta lassau in se mesi de Austu.
Licia: No ti sbàlias, fiat pròpiu in su mesi de Austu.
Mariella: Ma poita ddu lassas sempri in custu mesi?
Licia: A su mancu seu lìbera po mi fai is ferias.
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Tziu Sarbadori at invitau a papai turistas tedescus in su medau, po ddis fai tastai su proceddu
arrustu.
Tziu Sarbadori: Eco qui, vi faccio mangiare il porceddu arrosto, profumato con folas de murta.
Is turistas: (mangiando con voracità) Molto buono, buono, buono molto.
Tziu Sarbadori: Allora piaciuto molto il porceddu?
Is turistas: Si tanto, molto. Solo, che avere trovata la verdura molto dura dura.
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Leandru est torrau de una gita e ndi fueddat cun s’amigu Lellu.
Lellu: E insaras, spassiau ti ses in sa gita?
Leandru: Tropu.
Lellu: Aundi eis papau? In ristoranti?
Leandru: Maché. Eus papau “Al sacco” in campagna.
Lellu: Al sacco? Ma comenti est andada?
Leandru: Tropu bellu. Pensa, ca po s’apetitu, si seus papaus po fintzas su sacu!
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Giobata est morrendusì e sa pobidda Tersilia est acanta de su letu.
Tersilia: Nara Giobata as disigiau calincuna cosa?
Giobata: Eja. Prima de mi morri, bollu fai una telefonada.
Tersilia: Ma a chi bolis telefonai?
Giobata: A nemus.
Tersilia: E insaras poita bolis sprecai una telefonada?
Giobata: Poita apu intèndiu in sa televisioni, ca “Una telefonata allunga la vita”.
Tersila: Mi dispraxit meda po tui caru Giobata, ma no teneus prus telèfunu fissu e su telefoninu
ddu tengu scàrrigu!
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Unu gelatàiu est chistionendi cun dd’unu imbriagoni.
Su gelatàiu: Càstia apu giai lassau scritu ca si mi morru bollu essi cremau.
S’imbriagoni: Insaras andu a domu e ddu lassu scritu deu puru.
Su gelatàiu: Ca ti fais cremai tui puru?
S’imbriagoni: No ddu creu no!
Su gelatàiu: E tui ita lassas scritu si ti morris?
S’imbriagoni: Lassu scritu, de mi fai imbutilliai!
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Cultura
LA SARDEGNA NEL CUORE
Una squadra al femminile
per il premio SetteGreen Awards
e Abitare Verde
T
ra i mille segnali che la Sardegna lascia dietro di sé a
certificare una crisi culturale che fa il paio con quella
economica, davvero drammatico è quello che indicano
i numeri dell’abbandono scolastico degli alunni delle scuole
superiori, maglia nera d’Italia, ultima delle regioni del belpaese
che abitiamo. Il numero dei maschi che non ce la fa a percorrere tutto il ciclo dei cinque anni di scuola superiore deborda
quello delle femmine. Le ragazze sarde stringono i denti e continuano a intravvedere nel successo scolastico una possibilità
in più di “farcela”, di imbroccare quell’ascensore sociale che
la Costituzione a tutti promette, senza fare distinzione di generi. Finiti i tempi, se mai sono esistiti, in cui ogni pastore di
barbagia voleva fare del figlio (maschio) un ingegnere. E, a lotta di classe oramai terminata (Matteo dixit),
un figlio di laureato ha possibilità
dieci volte più di quello di un operaio di finire una università. Persino gli
studi di Confindustria calcolano un
15% in più di Pil nel fantasmatico
caso che le percentuali di scolarità
degli italiani fossero le medesime dei
maggiori paesi europei. Una società
civile (la nostra) in cui gli analfabeti di ritorno sfiorano il trenta per cento è destinata a tenersi sul collo una classe dirigente
inamovibile, a mangiare poco “panem” per tutta la vita e a
“circenses” dei bei programmi Tv apparentemente gratuiti, i
costi della pubblicità che interrompe lo scosciare delle ballerine si riversano sui prodotti in bella mostra di sé al supermercato di zona.
Le ragazze nel mondo si danno una mossa come possono, Boko
Haram in Nigeria (in hausa: l’educazione occidentale è peccato) appena può le rapisce adolescenti, le “converte” e le fa
“sposare” agli accoliti della banda. A Malala i pashtun pakistani,
che le donne vogliono ignoranti come capre, hanno sparato in
testa per farla desistere dalla brutta abitudine di denunciare
questi propositi come barbarie. Ha ritirato il Nobel per la pace
pochi giorni fa, penso come lei che «un bambino, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo».
Che volete che vi dica, per una somma di ingiustizie che ci
vorrebbero cento numeri di “Gazzetta” per tutte elencarle tutte, anche io penso che valga la pena di vivere per tentare di
cambiarlo questo mondo. E in un periodo in cui l’egemonia di
un gruppo sociale (leggi liberismo) è oramai mondialmente
conclamata (parlo del concetto di egemonia nell’elaborazione del pensiero di Antonio Gramsci) vedo in questo
avanzare delle donne nei tassi di scolarità una speranza
effettiva.
In Sardegna, in tempi non lontani, se in casa c’erano pochi
soldi, caso che toccava al novanta per cento delle famiglie, si “faceva studiare” uno dei figli maschi, in genere il
primogenito, ma qualche volta persino il più intelligente
della nidiata. Che una Deledda di nome Grazia si mettesse
in mente di scrivere e pubblicare novelle era scandalo grave per la sua famiglia. “Ta bregungia!”.
Oggi 2 dicembre qui alla
Triennale di Milano sono altri
tempi, si premiava per l’ennesima volta uno dei prodotti “green”
della guspinese Edilana di Oscar
Ruggeri e Daniela Ducato, sponsor il “Corriere della Sera”, e mi
è capitato di scattare un foto
emblematica riguardante le donne sarde. Vorrei utilizzarla insieme a voi alla moda di Filippo
Ceccarelli, nella sua rubrica intitolata: “Indizi Neurovisivi”
ogni settimana sul Venerdì di “Repubblica” (il 12 dicembre: Striscioni e caschetto, la solitudine degli operai in
cerca di attenzione. Un operaio dell’Alcoa di Portovesme
fotografato da Angelo Carconi). Scrive cose di questo tipo:
«I caschetti sono il simbolo degli operai dell’Alcoa. Non
li indossano più al lavoro, ma li colorano, ci scrivono sopra date, li trasformano in maschere, li depongono su prati, navi, basiliche, aeroporti, parlamenti...».
Nella mia di foto, prima che iniziasse la cerimonia di
premiazione e Filippa Lageback, dall’alto della sua
biondità, si mettesse a distribuire premi e sorrisi con accento che più svedese proprio non si può, sono sei ragazze
in primo piano. La più conosciuta di tutte, Daniela Ducato,
l’altro ieri era in Campidoglio a ritirare il premio Minerva,
tra le motivazioni la dicono “tessitrice di futuro, ha unito
insieme tessuti sociali, economici e salvaguardia del territorio”, come dire che la giovinezza di una persona non la
quantifica l’età anagrafica. Se ne sta nel mezzo come un
buon allenatore di basket che ripassi gli schemi con il suo
1 gennaio 2015
21
di Sergio Portas
“team” prima della partita. Guardando da destra sono le
guspinesi Rossella Lupo e Simona Ortu: Rossella l’ultima volta che l’ho sentita era ancora in Siberia a perfezionare i suoi
studi di lingua russa (laureata l’anno scorso con centodieci e
lode). Simona verrà gettata nella mischia del “SetteGreen
Awards” (leggi premio) 2014, è lei che racconterà al pubblico
plaudente di come si sia sviluppata l’idea di usare la posidonia
marina, una pianta acquatica endemica del Mediterraneo che
una volta spiaggiata diventa un rifiuto ingombrante, specie se
va in decomposizione, per utilizzarla, insieme alla lana di pecora, a termoisolante per edilizia. «La posidonia spiaggiata è
indice di mare pulito, sano, noi di Edimare per ora lavoriamo
col comune di Alghero e ci occupiamo delle loro eccedenze
che causano alterazioni ambientali e igienico-sanitarie, intasando tombini e fognature. È la filosofia de “s’aggiudu torrau”,
io ti faccio un favore liberandoti le spiagge e tu mi regali il
“rifiuto”» . Anche quelli di Slow Food (giuria composta dai
soliti WWF, FAI e Italia Nostra ma anche e soprattutto dalle
associazioni dei consumatori) le hanno assegnato il premio
“Abitare Verde” per l’Expò 2015, Agricoltura e Architettura
insieme per nutrire il pianeta, nella categoria miglior prodotto
termoisolante. Libero da petrolio, finita la sua vita come isolante si può riutilizzare a concime.
Simona Ortu si è laureata a Cagliari in ingegneria edile nove
anni fa, sarà orgoglioso di lei papà Velio che da una vita milita
nei partiti della sinistra ed è stato anche sindaco di Guspini. 36
anni, sfegatata tifosa del Cagliari dove vive attualmente; dietro di lei Cecilia Murgia, di Sanluri, secondo anno all’Università Cattolica qui a Milano, cerca di convincermi che persino
l’esame di morale che la “Cattolica” richiede in più ai suoi
studenti ogni anno può risultare alla fine molto interessante.
Alla sua sinistra Jubing Zhang, dalla Cina con amore, un anno
di studio trascorso in quel di Guspini (a casa Ruggeri) parla
italiano con accento cantonese ma non sbaglia un verbo. Quando a casa le chiederanno delle bellezze d’Italia, racconterà loro
dei cervi di Montevecchio e delle dune di Piscinas. E infine
Caterina Crabolu, secondo anno al Politecnico di Torino, di
Ozieri, ci tiene a ricordarmi che il “Procura de moderare” che
ogni coro sardo che si rispetti va cantando è roba del loro Francesco Ignazio Mannu. Con questa squadra si può affrontare
qualsiasi partita la vita ti metta davanti, sicuri di potersela giocare, di essere attrezzate per farlo.
Di loro, dice Daniela: «È questa gioventù ricca di competenze
e con gli occhi pieni di mondo a continuare il percorso». Poi
magari finisci come le ragazze dell’Igea, non ti pagano lo stipendio per sette mesi, ti tocca mettere passamontagna e
caschetto e scendere giù in miniera «per catturare l’interesse
dei media, ma che fatica e che vergogna che tutto questo debba accadere» ... «Duri e testardi» dice uno striscione, «la forza
di noi sardi» (F. Ceccarelli). Valanga sarda rosa verde, lasciatemi sognare un futuro diverso per la nostra Sardegna se di
questa tempra saranno le donne che daranno forma a quel sogno, volando per rotte che toccheranno Mosca e Pechino, diplomi e master acquisiti in prestigiose università, riporteranno
a casa competenze e saperi, si conquisteranno un lavoro nell’isola. Se avranno dei figli maschi, di questo sono sicuro, faranno sì che le scuole le finiscano, a costo di ripetere con loro
ogni lezione del giorno, magari in russo o in cinese e, perché
no, in sardo.
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1 gennaio 2015
GUERRA E DOPOGUERRA A GONNOSFANADIGA
1939-1948: racconto tra fantastico e reale
Qualsiasi riferimento a luoghi, date e persone è del tutto casuale
di Augusto Tomasi
1939-1945: sono questi gli anni che ho in mente quando penso al periodo più duro, pieno di morte e di povertà, di Gonnosfanadiga. E, in effetti, fu in quegli anni
che tutto andò in pezzi. Il 17 febbraio del ’43 e il 3
agosto del ’45, tanto per indicare due date che hanno
segnato i gonnesi, ci furono i morti del bombardamento e quelli di “S’aqua durci”. Se molti gonnesi si ubriacavano nelle bettole e venivano portati di peso nelle
loro case c’era da capirli. Gonnos, come tanti altri paesi, sembrava dissolversi e, contemporaneamente, non
aveva più voglia d’esistere.
Ma quelle date, 39-45, si sa: a ben vedere sono una
convenzione. La verità è che già da molto prima il paese appariva un corpo inerte, senza più vita; mentre il
fascismo era ridotto ad un misto di farsa e tragedia:
all’esterno una crosta di rituali, linguaggi e immagini
grotteschi; e, sotto la facciata, le angustie della miseria.
Ormai la distanza col mondo dei paesi vicini, Guspini,
Arbus, San Gavino…, era incommensurabile. E, infatti, quando qualcuno giungeva a Gonnos, la prima sensazione
(il tempo di salire su una carrozza puzzolente di sterco di
cavallo, o di cattiva benzina, cattivo tabacco, cipolla e altro
ancora) era di ritrovarsi in un paese di trenta o trentacinque
anni addietro rispetto alla vivacità dei paesi minerari dei dintorni.
Giravi lo sguardo, e tutto appariva lacero, rappezzato, arrugginito, inequivocabilmente povero. Un villaggio di mendichi. Dirlo è triste, ma questo era, tra molti altri e tutti rovinosi, il risultato di due decenni di fascismo. Come nelle città
dell’Africa più disperata, quando io c’ero stato mandato dal
nostro esercito invasore, bisognava sottrarsi alle torme di
bambini che imploravano una moneta, così, nella Gonnos di
cinquant’anni fa si era, infatti, costretti a schivare le richieste
dei postulanti.
Un vecchio affittacamere con al petto nastrini e lustrini del
suo passato di combattente 1915-18, chiedeva il mozzicone
della sigaretta che il cliente aveva fra le dita. La moglie voleva l’ombrello o una saponetta, l’addetto all’autonoleggio nel
quartiere de “S’Impresa” chiedeva cioccolato. Attirando con
strani segni il visitatore in un angolo, anche un sorvegliante
barracello pretendeva qualche sigaretta. Mentre il cameriere
che portava la colazione al mattino reclamava a chi cento
pezzi di gomma americana, a chi barattoli di carne lessa, fingendo la voce di un padre afflitto per far credere che li avrebbe portati alla sua bambina malata. Quando non erano patetiche invocazioni di postulanti, o furberie, erano imbrogli. Un
gestore di bettole di Via Elena, dietro il Municipio, annacquava su filu ferru, un pastore vendeva caciotte a metà già
svuotate dai vermi. Il tassista pretendeva, sotto gli occhi dei
carabinieri, cinquanta o cento volte il prezzo della corsa. E
l’ingenuo visitatore che abboccava per strada ad una proposta di cambiare i suoi dollari, scopriva più tardi che gli avevano rifilato banconote false o già fuori corso, cosa abituale
tra i gonnesi.
Negli ultimi anni Quaranta le scarsezze non avevano fatto
che aumentare, e ormai pesavano anche sul visitatore straniero. In una qualche trattoria o taverna di Via Porru Bonelli,
la lista era una lista di cancellature: un tratto di penna per
ogni piatto non più disponibile. Restavano l’insalata prodotta negli orticoli di casa, non lavata e piena di lumachini e
limacce e altri insetti, ma in porzioni lillipuziane; la salsiccia
alla gonnese era ogni giorno più rancida, il vino più acido:
l’unico vino in lista era un rosso delle colline di Arbus, che
dava immediatamente un gran mal di testa. Ma i disagi di chi
veniva da fuori non erano nulla rispetto alle privazioni dei
gonnesi. Nei negozi si vendevano patate già quasi marce,
salumi nerastri e pesce secco e baccalà che nessuna popolazione bianca al mondo avrebbe mai acquistato, e che la folla
gonnese si contendeva invece a gomitate e spintoni. Le donne facevano la fila o si spintonavano, in Vico della Fontana,
per prendersi i capi migliori degli aiuti americani: “est
arribàda sa roba ‘e okéy” - dicevano. Brutta, e maleodorante
di DDT disinfettanti. I negozi dove si poteva trovare qualche verdura o un po’ di frutta, le angurie famose un tempo,
per esempio, insipide o troppo mature, avevano prezzi
inabbordabili, salvo che per le famiglie dei benestanti che si
erano arricchite al mercato nero e con imbrogli feroci.
E, infatti, nessuno dei miei amici poteva consentirsi d’invitarmi a cena: «Mi dispiace”, dicevano, “ma è un momento
difficile, non si trova quasi nulla: non c’è un po’ di carne
decente, mancano i fiammiferi, i detersivi, saponi e liscivia,
e da un paio di settimane persino il latte per i bambini».
Questa era una delle scene che più stringeva il cuore, nella
Gonnos di quegli anni: la stanchezza mortale, dinanzi a tanti
travagli e carestie, degli amici e conoscenti. L’umiliazione
con cui i gonnesi spiavano vergognosi le impressioni di un
estraneo come me dinanzi al degrado del loro paese. Lo stato
abominevole delle «toilette» e delle «latrine» fuori, nei cortili, il tanfo delle mense casalinghe, il lezzo anche più acre
che stagnava nelle scale buie e sbrecciate delle loro abitazioni, le tappezzerie a brandelli, il pavimento infangato e cosparso di bucce, l’aria spettrale delle viuzze invase da galline
scheletrite, l’odore fresco di merda e piscia che saliva dal
Rio Piras, perché di buon mattino, quand’era ancora buio, il
contenuto notturno delle latrine e degli orinali vi veniva scaricato di soppiatto (non c’erano ancora le fogne) dalle donne
di casa; la cupa villania d’impiegati e commessi del municipio, degli uomini che ciondolavano e oziavano per strada.
Consapevoli dello stupore penoso, dell’imbarazzo con cui
io, da estraneo, guardavo (senza dire una parola, ovviamente) a quel colossale disastro, gli amici di Gonnos reagivano
in due modi. O con una franchezza dai toni disperati, ammettendo di condurre una vita che nessuno o quasi conduceva
più da decenni, dai tempi della grande depressione o della
guerra 15-18; oppure con ironie amarissime. Ritratti sarcastici di amici o conoscenti, racconti paradossali, il tutto impastato col fiele del risentimento, dell’invidia, della frustrazione. I grandi di Gonnos alzavano il bicchiere de su filu ferru
per brindare «a quando tutti saremmo stati meglio». Era un
brindisi in uso nei primi due anni dopo la prima guerra mondiale, con cui i soldati sopravvissuti e reduci dal fronte si
consolavano della fame e dei pidocchi pensando al momento
in cui avrebbero sconfitto l’armata degli austro-ungarici e a
quando ogni cosa sarebbe cambiata. Ma Matteotti era stato
ammazzato dai fascisti quattro o cinque anni dopo, e appunto
questo sottintendeva il beffardo brindisi di Costante C.: come
ad affermare che poco o nulla, in quei cinque o sei anni dopo
la vittoria delle armate italiane contro gli austriaci, era ancora cambiato.
Un altro amico mi raccontò la storia delle mutande. Lui e la
figlia erano stati per mesi alla ricerca di mutande nuove: ma
non ne trovavano già confezionate, né riuscivano a procurarsi la stoffa per farle confezionare da una vecchia sarta del
vicinato. Finché una conoscente non aveva proposto parecchi metri d’un discreto cotone. La stoffa era quanto di meglio
si potesse avere in tutta Gonnos, e anche a buon prezzo. Così
il mio amico l’aveva acquistata, poi, al momento dei saluti,
aveva chiesto alla donna come facesse a procurarsi una merce tanto rara. Lì era venuta fuori una storia inaudita, surreale.
La donna aveva un cugino, nella miniera di Perd’e Pibera, a
cinque o sei chilometri da Gonnos. Era ufficialmente incaricato, dal Comune e dalla Cogne, delle pompe funebri. Nel
villaggio minerario avevano lavorato sino a pochi anni prima
due o trecento minatori, poi s’era quasi del tutto spopolato.
Ogni cosa era andata in crisi, anche perché le navi che trasportavano nuove macchine per la laveria erano andate perse
in seguito ai siluramenti in mare da parte degli angloamericani.
Ma l’uomo delle pompe funebri, nel marasma che si era andato proliferando tra il ‘43 e il ‘45, continuava a ricevere
dagli uffici e dai magazzini di Cagliari della Società Cogne
D’Aosta, la stessa quantità di legno per le bare, e lo stesso
metraggio di stoffa per avvolgere i cadaveri, che aveva rice-
vuto in passato. E visto che di bare ne costruiva ormai poche, da anni vendeva sottobanco il legno e il
cotone avanzati. Aveva messo da parte un po’ di fortuna coi ricavi dei morti del bombardamento del ’43
e coi morti di S’Aqua durci dell’agosto ‘45, poi coi
morti di Tbc e malaria che spianavano i gonnesi come
mosche, pidocchi e “su pinni”, col DDT americano
dell’Erlas. Ora aveva un’amante giovane e lasciva, e
la copriva di collane d’ambra e d’oro.
I gonnesi, guardoni impenitenti, si consolavano raccontandone le storielle piccanti e i giochetti a rincorrersi che la coppia, ignuda, faceva tra le bare, che
ruzzolando dai magazzini in alto, nei pressi della palazzina della ex direzione dell’ing. Bedoni, davano
origine a un fracasso indiavolato, echeggiante giù per
la vallata.
Se la povera vita dei gonnesi aveva almeno questi
aspetti tra picareschi e gogoliani, al vertice del potere comunale il disastro era ben più impressionante.
Proprio un giorno del 1945 mi capitò di vedere da
vicino, nel cinema-teatro-salone dei Meloni di Via Roma, l’ultimo podestà e il comandante dell’VIII zona militare, il capitano Vincenzo Sogus, che abitava in Via Nazionale, nel quartiere de S’Impresa.
Il podestà entrò nel cinema circondato da alcuni fascisti dimessi che gli facevano da guardie del corpo; era infagottato
in un cappotto pesante, in testa il cappellaccio imbrattato di
grasso. Era rigonfio di medicinali, e si muoveva a scatti guidato da due ex agitatori del Fascio che, spingendolo leggermente alle spalle, gli indicavano la direzione da prendere.
Quando il gruppo giunse a un guardaroba, il podestà fu prima liberato del cappotto come si fa con i bambini. Poi (lui
sempre inerte, lo sguardo vuoto) gli tolsero il cappellaccio.
Quindi uno degli attendenti impugnò un pettinino, e, con pochi
tocchi rapidi, gli acconciò i pochi e radi capelli.
Dove s’era mai vista una simile scena, una metafora così trasparente dell’agonia d’un sistema politico? Eppure, nella
densa simbologia della catastrofe il pettinino di Gonnos non
rappresentava che un dettaglio marginale. C’era ben altro su
cui riflettere, infatti, al capezzale del sistema gonnese. Per
esempio, il fatto che al congresso del partito fascista ormai in
rotta e in difensiva il comandante dell’VIII zona militare,
quell’anno, fece discutere al segretario federale Endrich l’urgenza d’un «piano alimentare». Il primo “piano alimentare”
sarebbe stato lanciato dagli americani col famoso Piano
Marshall per la grande fame seguita alla guerra civile e alla
fine della guerra. Ma anche i fascisti, forse, non volevano
essere da meno e volevano ancora risolvere il problema di
base del Ventennio: dar da mangiare e da lavorare ai propri
abitanti.
Intanto, parecchi gonnesi appartenuti agli organi dirigenti del
Fascio s’erano arricchiti, anche con l’imbroglio dei biglietti
della Lotteria di Merano, che puntualmente Endrich imponeva, ai diversi segretari del fascio dei paesi del circondario, di
venderli “sicuri” a iscritti e fedeli dell’apparato. Ma quei
tempi degli anni Trenta e dei primi anni Quaranta erano ormai lontani come gli astri del cielo.
Dire che tutto scricchiolasse, stesse pian piano cedendo, nella Gonnos di allora, è dire poco. La verità è che il fascismo
era ormai una carcassa rantolante. La disperata fuga in avanti
dei fascisti in questo torno dei Quaranta - lo sapete - non
aveva dato risultati. E adesso anche Gonnos era sotto assedio.
Il papa Pacelli aveva acceso la miccia dell’anticomunismo; i
ribelli afgani risvegliavano le rivendicazioni islamiche in Asia
Centrale e nel Caucaso, gli americani e i russi avevano fatto
scoppiare le loro bombe atomiche e si guardavano in cagnesco: la guerra fredda era cominciata.
Anche a Gonnos, i democristiani e i social comunisti si prendevano reciprocamente le misure e pensavano di cedere l’uno
le spoglie dell’altro al tizio delle bare che li aspettava con
l’amante a Perd’e Pibera. Le grandi sfilate dei comunisti erano cominciate pure in paese. Erano capeggiate da certa Maria, soprannominata “Acquasanta”, che sfilava e berciava:
“Tutti come noi!”. Ma qualche democristiano non gradiva, e
le faceva il gancio. Perché Acquasanta, da brava proletaria,
era sempre incinta, anche se non si sapeva mai da parte di
chi, ogni volta diverso, avesse avuto sorte d’essere, ancora
una volta, l’ape fecondatore.
Così, più o meno, era il ’48 a Gonnos che si preparava alle
elezioni.