cannes - Cinematografo

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cannes - Cinematografo
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MENSILE n.5 Maggio 2016 € 3,50
s p e c i a l e
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cannes
n. 5 maggio 2016
autori, scoperte,
rising star. Tutto
sulla 69a edizione
fuoco e
fiamme alla
maRVel
al via la fase 3
con captain
america: civil
War e sorprese
per gli X-Men
Il regista spagnolo
torna sulla
Croisette e punta
alla Palma
LA MIA
JULIETA
PEDRO ALMODÓVAR RITROVA
PASSO E INCANTO CON DUE
MAGNIFICHE PROTAGONISTE
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Punti di vista
nuova serie - anno 86 n. 5 maggio 2016
In copertina pedro almodóvar, regista di Julieta
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Monteleone, Franco Montini, luca pellegrini,
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Mattarella ai
David di
Donatello
In occasione del ricevimento in cui il presidente della repubblica
festeggia i candidati ai David di Donatello, il Capo dello Stato Sergio
Mattarella ha invitato ad “intensificare il confronto, già in corso, tra le
istituzioni e i protagonisti del settore per giungere presto a un esito
positivo e concreto. Il riferimento è al disegno di legge di riforma del
settore cinematografico approvato dal governo ad inizio anno che
inizia il proprio iter parlamentare in questi giorni. Significativo che un
tale monito arrivi dalla più alta carica dello Stato: un ottimo viatico. la
legge vigente è sostanzialmente quella in vigore dal 1949 (salvo lievi
correzioni). nella stessa occasione il ministro della cultura Dario
Franceschini ha presentato gli aspetti salienti del ddl: “norme che
aumentano e stabilizzano le risorse per il sostegno alla nostra
cinematografia” ispirate “al modello francese, per cui chi utilizza i
contenuti cinematografici contribuirà al loro finanziamento”. Il testo
prevede un Fondo di 400 milioni di euro all’anno finanziato dagli
introiti erariali già derivanti dalle
attività di programmazione e
trasmissione televisiva del cinema.
Gli incentivi fiscali e i contributi per il
settore saranno automatici (niente
più commissioni ministeriali) calcolati
secondo parametri oggettivi (risultati
economici, artistici e di diffusione). Il
15% del fondo sarà per opere prime e
seconde, incentivi per autori giovani,
start up e per riattivare sale chiuse o
aprire nuove sale. Sarà varato un
piano nazionale per la
digitalizzazione del patrimonio cinematografico, si rinnova il
riconoscimento del ruolo delle film commission. Migliora il credito di
imposta a favore dell’intero sistema, dalla produzione alle sale. Il
provvedimento è il primo e decisivo passo verso la legge di sistema
da tempo attesa. E’ apprezzabile perché riconosce valore e
potenzialità dell’industria audiovisiva italiana. ora non resta che
seguire l’iter parlamentare e la fase di decretazione perché il ddl non
venga stravolto ma se possibile ottimizzato. Che al parlamento il
coraggio non manchi: auguri a tutti noi.
David punto e a capo
a sorpresa Perfetti sconosciuti di paolo Genovese ha vinto il miglior
film ai David 2016, in un’edizione che verrà ricordata per la rivincita
dei generi. Sette i premi per Lo chiamavano Jeeg Robot di Mainetti,
sei quelli ottenuti dal fantasy di Garrone Il racconto dei racconti.
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maggio 2016
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sommario
Maggio 2016
8 In vetrina
News e tendenze: Ang Lee
sperimenta
12 brividi di genere
Viaggio nel mondo di Armando
Crispino
14 capolavori di carta
Le grandi sceneggiature: Se7en di
Andrew Kevin Walker
16 Puglia mon amour
Lecce e Bari in Festival: bilanci e
previsioni
18
18 coVeR SToRY
Quel genio di Pedro
Almodóvar ci racconta la sua Julieta.
Un dramma sulla maternità: “Un
soggetto che mi appassiona
moltissimo”
julieta
44
24 cannes69
Si apre il sipario sulla Croisette: a
caccia di sorprese. 28 Italiani?
Nessuno in gara, molti comunque
30 Gli esordienti 32 I ventuno per la
Palma 38 Elle Fanning, rising star
40 Kore-eda, un certo sguardo
42 A lezione da Friedkin
marvel,
apocalypse
now
44 Doppietta Marvel
52
Captain America e X-Men: la
primavera del cinefumetto
48 Spiare John le carré
24
glenn
ford
il top sulla
croisette
Il romanziere riletto dalle donne.
Ci provano Susanne Bier (The Night
Manager) e Susanna White
(Il traditore tipo)
52 Ritratti
Giù il cappello: Glenn Ford
55 I film del mese
48
Recensioni, anteprime, colpi di
fulmine
elizabeth
debicki in
the night
manager
72 Dvd, blu-ray & Serie Tv
Steve Jobs e The Hateful Eight. Su
Netflix c’è Marseille
76
depardieu
seriale
78 borsa del cinema
80 libri
82 colonne sonore
maggio 2016
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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a cura di gianluca arnone
Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze
full immersion
Il nuovo film di ang lee offre un’esperienza di visione
mai sperimentata prima
8
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2016
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N
on sappiamo ancora se il nuovo film di
Ang Lee cambierà la storia del cinema,
ma ha tutta l’aria di volerci provare.
Meriterebbe un plauso solo per questo
Billy Lynn’s Long Halftime Walk, war-movie su
un gruppo di eroi della guerra irachena
richiamati in patria per un tour celebrativo.
Dovrebbe uscire negli States l’11 novembre, per
il Veterans Day ma il condizionale è d’obbligo:
pure se dovesse arrivare nei cinema, come verrà
proiettato? Il regista taiwanese, ormai di casa a
Hollywood, si è spinto là dove non sono arrivati
neppure pionieri digitali come James Cameron
e Robert Zemeckis. Il film è stato realizzato
donando alle immagini un nitore e un realismo
mai visto finora. Lee ha combinato il 3D di
ultima generazione al 4k, che quadruplica i pixel
sullo schermo migliorandone la definizione. E
già qui sorgono i problemi, perché la maggior
parte dei proiettori 3D in dotazione nelle sale
non supporta il 4K, già raro per i proiettori 2D.
Ma per Billy Lynn non ci si è fermati a questo:
Ang Lee ha girato a 120 fotogrammi al secondo,
cinque volte il normale standard
cinematografico di 24 f/sec. Se il 3D con il 4K è
raro, la loro combinazione con una frequenza di
fotogrammi più alta è al momento inesistente.
Non ci sono sale attrezzate. Non ancora. Una è
stata approntata per il footage di 11 minuti
proiettato durante il NAB di Las Vegas lo scorso
aprile e il risultato ha lasciato tutti di sasso:
l’effetto combinato delle tre tecniche
“immersive” sembra avere risolto una volta per
tutti i problemi legati alla distorsione delle
immagini in 3D quando c’è troppo movimento e
quelli relativi alla percezione del film come se
fosse un TV show HD (il difetto de Lo Hobbit di
Jackson). La fluidità e il nitore garantiti da
questo formato avvicinano l’esperienza di
visione alla realtà virtuale, tanto che agli
spettatori del NAB pareva di essere finiti dentro
la battaglia. Il pioniere di questa rivoluzione è
l’artista visuale Douglas Trumbull, che ha speso
anni alla ricerca di qualcosa di nuovo: “Non
posso descrivere - ha detto - fino a che punto si
è stimolati, quale eccitazione e vividezza visiva!
Non sembra tv. Sembra un nuovo medium con
tutti i problemi risolti”. Bisogna capire quanto ci
crederà il mercato e chi pagherà per attrezzare
(nuovamente) le sale. Anche i sogni, prima o
poi, devono fare i conti con la realtà.
J
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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inVetrinaNews
Che succede in città? Eventi speciali, digitali,
on stage e live: tutto quello che non puoi e non devi perdere
il cartellone
Where to Invade Next
Michael Moore fa
visita ad una serie di
nazioni per prenderne
spunto e migliorare le
prospettive degli USA.
9-11 maggio
distribuito da Nexo
Digital e Good Films.
La diva fragile
In sala 4 capolavori restaurati con Gene Tierney
The Boy and the Beast
Dopo Wolf Children, il
nuovo film di
animazione di Mamoru
Hosoda, incentrato su
un bambino e una
strana creatura. Il 10 e
11 maggio in sala con
Lucky Red.
La fanciulla del West
Scritto da Puccini, è
considerato il primo
“spaghetti western”
della storia dell’opera.
Col soprano olandese
Eva-Maria Westbroek.
Il 10 maggio in sala
con 01.
Queen a Night in Bohemia
La strepitosa
performance del gruppo
all’Hammersmith
Odeon di Londra, del
24 dicembre 1975 (la
prima con Bohemian
Rhapsody). 16-18
maggio in sala.
Da Monet a Matisse
La mostra della Royal
Academy of Arts: dalle
ninfee di Monet al
Murnau Garden di
Kandinskij, i giardini
per i pittori moderni.
24 e 25 Maggio, Nexo
Digital.
10
rivista del cinematografo
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maggio 2016
Arriva nelle sale,
giovedì 26 maggio,
la rassegna La diva
fragile: quattro film
restaurati dedicati a
Gene Tierney,
bellissima
indimenticabile
attrice americana
degli anni ’40 e ’50.
Distribuiti nella
versione restaurata
in digitale da lab
80, Il cielo può
attendere di Ernst
lubitsch, un film
realizzato nel 1943
che ancora oggi sa
trascinare gli
spettatori tra
accadimenti
inaspettati e
momenti di grande
ilarità; Il fantasma e
la signora Muir di
Joseph l.
Mankiewicz del
1947; Vertigine di
otto preminger del
1944; e Femmina
folle di John M.
Stahl del 1945. una
raccolta di titoli che
usciranno nelle sale
italiane sia in forma
di rassegna che
proiettati
singolarmente.
“Con la riedizione
in digitale di
quattro film
interpretati da
Gene Tierney –
spiega angelo
Signorelli di lab 80
film – riprende un
progetto che fino a
una decina di anni
fa costituiva l’asse
portante della
nostra attività di
distribuzione.
per il “rientro in
società” abbiamo
scelto quattro film
interpretati da una
grande attrice,
quattro film che
portano la firma di
registi importanti,
che hanno riservato
a Gene Tierney ruoli
tra loro differenti e
distanti, ma tutti di
rara intensità e di
innegabile fascino.
una gioia per gli
occhi e un
doveroso omaggio
a un’attrice da
riscoprire.
assolutamente”.
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brividi di genere
I feSTIVal
a cura di Massimo Monteleone
agenda del mese:
gli appuntamenti da
non perdere
fIlM feSTIVal –
1 fUTURe
feSTIVal
InTeRnaZIonale DI
cIneMa, anIMaZIone e
nUoVe TecnoloGIe
località bologna, Italia
Periodo 3-8 maggio
Tel. (051) 2960672
Web futurefilmfestival.org
Mail
[email protected]
Resp. Giulietta Fara, oscar
Cosulich
Del cIneMa
2 feSTIVal
SPaGnolo
località roma-Milano-Trieste,
Italia
Periodo 5-10 , 27-29, 30-31
maggio
Tel. (06) 6864395
Web cinemaspagna.org
Mail [email protected]
Resp. Iris Martìn-peralta,
Federico Sartori
3
MaSTeR of HoRRoR
cIneVaSIonI
località bologna, Italia
Periodo 9-14 maggio
Tel. (051) 6269021
Web cinevasioni.it
Mail [email protected]
Resp. Filippo Vendemmiati
De canneS
4 feSTIVal
località Cannes, Francia
Crispino: regista di culto con il pallino per la suspense
di Giuseppe Gariazzo
ARMANDO CRISPINO è stato un viaggiatore nei generi
del cinema italiano. In una
filmografia che comprende
otto titoli e che si concentra
in dieci anni scarsi, tra il
1966 e il 1975, la suspense e
il brivido occupano un posto
di rilievo, pur se limitati a
due opere, però quelle per le
quali il regista (1924-2003) è
ancora oggi ricordato, divenute nel corso degli anni oggetto di culto e di edizioni in
dvd prima all’estero che in
Italia (dove sono in uscita
all’interno di una collana dedicata ai maestri dell’horror
italiano). Si tratta de L’etrusco uccide ancora (1972) e
di Macchie solari (1975).
Tra quello che abitualmente
si vede e ciò che è negato
allo sguardo, nascosto sotto
la superficie della terra o
dietro le quinte di un palcoscenico, si avventura l’occhio
curioso e geometrico di Crispino nella creazione de L’etrusco uccide ancora, giallothriller con punte horror ambientato a Spoleto durante
lo svolgimento del Festival
dei Due Mondi dove si succedono omicidi ispirati al dio
etrusco della morte. un film
ad alta tensione che fu campione d’incassi nel 1972/’73
con oltre un miliardo di lire
nelle sole città capozona.
È invece in una roma di ferragosto deserta colpita da
morti violente che il cinema
di Crispino, con Macchie solari, disegna inquietanti allucinazioni, marcando una vicinanza più stretta con l’horror. un obitorio, cadaveri e
autopsie, influssi meteorologici, visioni in cui il confine
tra realtà e immaginazione
sfuma sono gli elementi di
un film davvero sorprendente.
Gli imperdibili
L’ETRUSCO UCCIDE ANCORA (1972) MACCHIE SOLARI (1975)
Brividi a
Spoleto fra
musica e tombe
antiche.
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rivista del cinematografo
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maggio 2016
Tensione horror
in un film
adorato da
Tarantino.
FRANKENSTEIN ALL’ITALIANA (1975)
Erotismo e
parodia
nell’ultimo film
di Crispino.
Periodo 11-22 maggio
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(riferimento a parigi)
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Resp. Thierry Fremaux
Del cIneMa
5 feSTa
bUlGaRo
località roma, Italia
Periodo 19-22 maggio
Tel. (06) 3312704
Web festacinemabulgaro.com
Mail [email protected]
Resp. Yana Jakovleva
6
bellaRIa fIlM
feSTIVal
località bellaria Igea Marina
(rn), Italia
Periodo 27-29 maggio
Tel. (0541) 343891
Web bellariafilmfestival.org
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Resp. Simone bruscia
7 TellURIDe
MoUnTaInfIlM
feSTIVal
località Telluride (Colorado),
uSa
Periodo 27-30 maggio
Tel. (001-970) 7284123
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Resp. David Holbrooke
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capolavoridicarta
Tff 33
Dietro ogni grande film c’è una magnifica sceneggiatura
lo script
perfetto in 5
atti. lo
racconta
andrew
kevin walker,
autore del
thriller
diventato
cult
se7en
di Guido Rovatti
14
rivista del cinematografo
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ANDREW KEVIN Walker
(ideatore e sceneggiatore di
Seven) si era da poco trasferito
da una piccola cittadina a new
York: per lui quello fu uno vero
shock culturale.
rimase a new York dall‘86 al ‘91
(all’epoca new York era al
culmine di svariati fenomeni
sociali, tra cui il dilagare del
traffico della cocaina). Seven
nasce - come lui stesso ha
affermato - dalla sua reazione
al vivere nella Grande Mela:
aveva settato la sua mente su
quella di John Doe (il serial
killer). a new York si poteva
camminare a lungo e vedere un
peccato capitale dietro ogni
angolo: Walker si domandò
come avrebbe potuto reagire
una mente eccessivamente
sovra-sensibile a tutta quella
illegalità.
prima dell’idea sul movente
(legato ai 7 peccati capitali)
Walker stesso ha ammesso che
non sapeva neanche nominarli
a memoria tutti e 7, e che
credeva (erroneamente)
fossero scritti nella bibbia.
Il detective Somerset (Morgan
Freeman) nel corso della storia
effettua numerose ricerche in
libreria: queste sono le stesse
che fece Walker per scrivere la
storia.
Somerset ed il suo pessimismo
riflettono quello che era lo stato
d’animo di Walker quando
viveva a new York, non sapeva
se restare o andarsene, e a
volte pensava avrebbe potuto
trovarsi un lavoro in un negozio
di VHS ed essere più felice.
Quando la new line acquistò la
sceneggiatura, Walker temeva
che il finale sarebbe stato
modificato, la produzione infatti
chiese inizialmente la scrittura
di un finale alternativo: venne
fuori un finale alla Batman, dove
il buono e il cattivo si scontrano
in una chiesa.
David Fincher (il regista)
insieme a pitt, Freeman e
Spacey, lottò per salvare il
finale originale. Fortunatamente
il finale rimase inalterato.
1. incidente scatenante:
In una città piovosa, decadente
e non meglio identificata, il
detective (a 7 giorni dalla
pensione) William Somerset
(Freeman) viene affiancato dal
giovane e ambizioso David Mills
(pitt). Dopo aver investigato la
morte di un obeso, scoprono
che questa è avvenuta
costringendo la vittima ad
ingurgitare cibo fino a
scoppiare.
Gwyneth Paltrow e
Brad Pitt (anche
nella pagina
accanto) in Seven
di David Fincher
2. lock-in (snodo critico)
Mills investiga ad un caso dove
di fianco al corpo della vittima
viene rinvenuta la scritta:
“avidità”. Contemporaneamente
Somerset scopre la scritta
“gola” dietro al frigo nella
cucina (teatro del precedente
omicidio): si tratta di un omicida
seriale legato ai sette peccati
capitali.
A New York si
poteva
camminare a
lungo e vedere
un peccato
capitale dietro
ogni angolo
3. primo punto culminante
Somerset usa un contatto FbI
per avere la lista di persone che
hanno preso a noleggio libri
collegati al tema dei sette
peccati capitali. la lista conduce
i detective ad un tale di nome
John Doe. Giunti presso
l’abitazione di Doe, questi spara
a Mills, per poi graziarlo.
4. punto culminante principale
rinvenute le vittime “lussuria” e
“Superbia”, Somerset decide di
rimanere in servizio per aiutare
Mills. Doe - sorprendentemente si costituisce. propone di non
invocare l’infermità mentale e di
confessare la piena
colpevolezza, a patto che i due
detective lo accompagnino
dove troveranno i cadaveri di
“Invidia” e “Ira”. I detective
accettano.
5. svolta dell’ultimo atto:
Quando i 3 arrivano sul posto
un fattorino consegna una
scatola. Somerset apre la
scatola per poi richiuderla
subito per l’orrore, Doe informa
Mills di essere stato colpevole di
“Invidia” e di aver provato a fare
il marito con sua moglie
(incinta) e di aver preso un
souvenir come ricordo: “la sua
bella testa”. ora spetta solo a
Mills decidere se trasformarsi o
no in “Ira” (e uccidere Doe)
completando il disegno del
serial killer. Mills spara alla testa
di Doe: il disegno è compiuto.
Curiosità: la produzione tenne
nascosta la partecipazione di
Kevin Spacey, e per aumentare
ulteriormente il mistero attorno
alla figura del serial killer,
Spacey non è nemmeno
menzionato nei titoli di testa.
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in tour
CONTROCAMPO
PUGLIESE
La regione si
conferma terra di
cinema mentre
cala il sipario sulle
sue due principali
kermesse, il Bif&st
e il Festival di
Lecce: ecco che
cosa ci hanno
lasciato
bif&st, la
svolta
mancata?
di emanuele rauco
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P
iù che a una svolta, il 7° Bif&st si è trovato a un impasse. Non solo perché ha
dovuto affrontare a pochi mesi dall’avvio la morte del presidente Ettore Scola, ma perché è incappato in scelte editoriali
che ne hanno impoverito l’identità. Quasi interamente consacrato a Marcello Mastroianni e alle retrospettive, il festival 2016 si è trovato incapace di muoversi tra il peso del nostro passato e la ricerca di espressive vie presenti.
Il motto delle prime edizioni - Per il cinema italiano - sembra diventato ode al cinema italiano
che fu. Non condivisibile l’eliminazione di Panorama Internazionale, sostituta da Nuove Proposte, sezione dedicata a opere italiane inedite
che si affianca alla rassegna dei film migliori
della stagione e a quella delle opere prime e
seconde. Tre sezioni per il cinema italiano.
Ma la qualità? Dalla selezione, solo un film
emerge, quello di Gianclaudio Cappai, regista
di Senza lasciare traccia. Gli altri nel migliore
dei casi piacevoli (La notte è piccola per noi di
Lazotti; My Father Jack di Zangardi; L’Universale di Micali). Metà della sezione al limite del
presentabile.
Se scovare presente e futuro è impresa difficile
nella marea di proposte, che almeno il Bif&st
diventi appuntamento importante di studio e
riflessione sul passato, sulla storia e sulla grandezza del cinema nostrano: perché non farne
un luogo come Il cinema ritrovato di Bologna
ma concentrato sulla nostra storia?
J
lecce, bella
retrospettiva
di luca pellegrini
I
l 17° Festival del Cinema Europeo di
Lecce ha reso omaggio a due autori
polacchi diversissimi tra loro, uniti però
da una comune matrice: l’insondabile presenza dell’anima umana. Krzystozf Zanussi, la
cui formazione cattolica si presenta all’apice
della modernità con un sentimento sempre
colto nel dubbio e nella dinamica della ricerca; Andrzej Zuławski - scomparso nel febbraio
scorso - il cui cinema, “tessuto di lirismo e
dramma, coinvolge la capacità vertiginosa di
attraversamento dei territori bui dell’animo e
della sessualità in ogni sua forma, come lineamento profondo e rivelatore della natura
umana” (Cristina Soldano, co-direttrice del
Festival insieme a Alberto La Monica). Dei due
è stata organizzata una bella ed esauriente
retrospettiva e sono stati presentati i loro due
ultimi lavori: Corpo estraneo di Zanussi - a
maggio nei cinema - e Cosmos di Zuławski,
accorata denuncia il primo, contro il cinismo
che segna oggi lavoro e amore nella Polonia
economicamente rampante e politicamente
attraversata da fobie, sciarada di parole e
visioni come un assurdo mosaico naturale e
spirituale il secondo.
Due attori, poi, a rappresentare la varietà del
cinema italiano: Elio Germano e Christian De
Sica. Il primo ha appena finito di girare con
Gianni Amelio La tentazione di essere felici, il
secondo dice “Basta film con Neri Parenti, il
prossimo vorrei fosse diretto da Fausto Brizzi”.
Il Premio Mario Verdone è stato assegnato a
Short skin di Duccio Chiarini. Commovente la
mostra fotografica dedicata a “Monica Vitti,
l’avventura di una grande attrice”.
J
maggio 2016
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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cover story
un dramma venato di
suspense. la prima volta per
pedro almodóvar, che
abbandona il melò e torna in
concorso a cannes con due
magnifiche attrici
QUEL TRENO DEL
di Marina Sanna
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DESIDERIO
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rivista del cinematografo
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cover story le origini
edro almodóvar è un grande regista di
melodrammi. Forse il più grande. I suoi
film (oltre 20) sono vasi di pandora
che sprigionano forze primordiali, stordiscono lo spettatore, lo risucchiano in
un’altra dimensione: quella del suo cinema, in cui la sospensione dell’incredulità va a braccetto con la fatalità. Che ti fa perdere le persone amate e ritrovare qualcun altro: ti fa
sognare che un uomo incontrato in treno possa
cambiare il tuo destino. Chi lo ama, sa che i suoi
personaggi vibrano di vita propria, ti accompagnano per strada ed entrano in casa con te. Ti ritrovi a
pensare a loro, quando meno te lo aspetti. Sono
unici come la Jasmine di Woody allen o rossella di
Via col vento. le sue protagoniste sono abbaglianti,
forti, fragili, bellissime: adriana ugarte prima ed
Emma Suarez dopo, due donne diverse per interpretare la stessa Julieta, in uscita nelle sale il 26
maggio e in concorso al festival di Cannes, in cui almodóvar ritrova quell’universo femminile che ha
tanto indagato nel corso della sua carriera (Tutto su
mia madre, Parla con lei, Volver), con nuova sensibilità e pudore. Forse perché c’è il dramma, senza il
melò, quello di una madre prima di tutto. la sua casa di produzione, a Madrid, ha una grande cucina in
cui ogni tanto compare qualcuno, saluta, si prende
un caffè o cucina qualcosa. Dall’olio di oliva all’orologio tondo, messo un po’ di sghembo, la scritta “El
Deseo” campeggia ovunque. lo studio di pedro è
pieno di immagini delle sue attrici, una magnifica
penelope Cruz bionda, poster, oggetti diligentemente ordinati. Sprizza vitalità: non facciamo in
tempo a sederci che le parole sgorgano come un
ruscello in piena. Impossibile resistere al suo sguardo, occhi scuri profondi come pozzi artesiani. Si capisce che lavorare con lui dev’essere un atto di completa sottomissione. Emma Suarez ha detto che è
valsa la pena di vivere quell’inferno dopo aver visto
il film. “per Julieta – racconta almodóvar - non volevo attrici con cui avevo già lavorato. abbiamo fatto
molti provini. la Suarez l’ho presa al primo colpo. E
adriana ugarte era la più convincente per la parte
della giovane protagonista”.
Qual è il metodo almodóvar?
la voce. per me è fondamentale. Suggerisco il tono per ogni frase. ai miei attori racconto i personaggi ma correggo sempre la pronuncia anche in
spagnolo. Sono convinto che il modo di dire le
cose determini una precisa espressione del viso.
proviamo moltissimo e all’inizio può sembrare
una specie di dittatura. Devo ammettere che forse lo è (ride).
Il mistero che aleggia su Julieta è un omaggio alla scrittrice canadese alice Munroe, In fuga, o
P
20
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“LA VOCE PER ME è
FONDAMENTALE. SUGGERISCO
IL TONO PER OGNI FRASE.
AI MIEI ATTORI RACCONTO
I PERSONAGGI MA CORREGGO
SEMPRE LA PRONUNCIA,
ANCHE IN SPAGNOLO”
un’idea di Pedro almodóvar?
appartiene a me, qualcosa della Munroe incomincia a fare capolino dopo 20 minuti con la scena del
treno. Il cuore che palpita e si intravede all’inizio è
al centro di tutta la storia. In alcuni momenti può
sembrare un thriller, quando vediamo Julieta investigare, cercare. Credo però sia un film drammatico, quasi austero.
è un film, ancora, sulla difficoltà di essere madre.
lo accosterebbe idealmente a qualcuno dei suoi
precedenti?
È un soggetto drammatico che mi appassiona moltissimo. In questo caso però racconto una maternità ferita, il dolore della perdita e le relazioni all’interno della famiglia. non è parente di Volver o di
Tutto su mia madre, o ancora di Il fiore del mio se-
greto. È più vicino a Parla con lei, perché nelle opere che ho citato le donne sono forti, combattono
con coraggio le difficoltà che si trovano davanti.
Julieta è più debole, continua a vivere, ma alla fine
fa qualcosa che è una sorta di suicidio. È un personaggio che mi commuove tanto, quasi religioso:
dedica la sua esistenza al culto dell’immagine della
figlia. la sua assenza le riempie la vita e la distrugge allo stesso tempo. la mancanza di umorismo è
un’esperienza nuova per me.
Juliet a a vent’anni e dopo cinquantenne. Scegliere due attrici diverse e scambiarle con un’ellissi è geniale e rischioso. che somiglianza cercava?
Mi sono giocato tutto con quella carta. Ma finché
non ho visto il film non potevo sapere se era la
maggio 2016
Adriana Ugarte,
nella pagina accanto
dall'alto Pedro
Almodóvar, Daniel
Grao, Emma Suarez
e la Ugarte
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cover story
mossa vincente. È una questione di stile. Ci sono
autori che hanno preso decisioni molto più radicali
di me. buñuel per esempio in L’oggetto oscuro del
desiderio, ha usato due donne molto differenti per
la protagonista: angela Molina furiosa, appassionata, e Carol bouquet fredda e raggelata. Certo
buñuel è un regista surrealista quindi aveva grandissima libertà narrativa. Volevo soprattutto evitare il trucco dell’invecchiamento, un compromesso
che posso accettare a teatro e non al cinema.
Secondo lei è possibile cancellare una persona
dalla propria vita per senso di colpa o disperazione?
Sì, ed è una tragedia per la persona abbandonata.
per Julieta è il lutto più grande. Credo che un distacco così brutale sia più facile in una famiglia anglosassone o canadese, come nel racconto di alice Munroe. nella nostra cultura mediterranea è
una perdita inaccettabile.
la musica. Sono più di vent’anni che lavora con
alberto Iglesias, eppure qui c’è qualcosa di diverso.
Sì, ed è stato un processo faticosissimo. Quando
alberto ha visto Julieta la prima volta ha pensato
che non avesse bisogno di nessun commento musicale. Mentre io lo volevo, anche per unire i salti
temporali. abbiamo incominciato ad agosto, non
sono un compositore, però sono sempre presente.
nei primi tre mesi tutti gli schemi che mi proponeva non funzionavano. ogni giorno gli dicevo no e
lui si rimetteva al lavoro. a ottobre, per casualità,
gli ho portato una colonna sonora di un giapponese che mi piace molto, Toru Takemitsu. È stato
l’autore di Ran di akira Kurosawa, alberto lo conosceva bene e ha scoperto che il riferimento era
Mahler e da qui la scintilla. C’è un momento in Julieta che ricorda Morte a Venezia. alberto non è
solo generoso, è una persona preziosa: un artista
senza ego.
ogni dettaglio, dai colori agli oggetti agli interni
delle case, è studiato per farci capire lo stato
d’animo dei personaggi. la felicità prima, l’attesa e l’assenza dopo… è una scelta narrativa o è
così anche per almodóvar?
Entrambe le cose. penso di essere rigoroso per
quanto attiene alla storia, c’è sempre un riferimento narrativo, però so anche di avere un carattere
capriccioso. ad esempio il verde: era importante
che
fosse
“sporco” per
indicare lo
stato d’anima
di Julieta. alla
scenografia
lavoro direttamente portando sedie,
mobili, oggetti vari. a
volte ancor
prima che l’equipe si installi, per ogni singola scena. Sono come un pittore, a tre dimensioni. Faccio
molte prove per il fondo, perché la parete è sempre inquadrata. poi aggiungo le attrici con i vestiti
e i mobili. Sono un incubo per i miei collaboratori.
Cambio tutto continuamente.
I suoi personaggi, proprio dai primi film agli ultimi, sembrano avere due facce, tanto che non si
riesce a districarne le due parti…
la duplicità è un argomento che mi affascina. nella scena del treno Julieta non solo conosce l’amore fisico, concepisce la vita. E allo stesso tempo
entra in contatto con il lutto, e Xoan prima di incontrarla è seduto sulla poltrona che prima aveva
occupato un morto. È una specie di presagio, di
predestinazione. D’altronde, il piacere e il dolore,
la vita e la morte, i grandi temi della nostra vita si
mescolano sempre: l’amore e la disperazione vanno di pari passo e sono inseparabili.
Julieta scrive, una lunga confessione, ad antia.
Tutto ciò che non le ha detto: a incominciare
dall’incontro con il padre. non è un caso che avvenga proprio su un treno…
per me significa casualità, rischio, avventura. Da
bambino c’era solo un treno che passava nel mio
paese, molto lento. E per me rappresentava la libertà di andarmene, sapevo fin dall’inizio che se
c’era un futuro era fuori da quel posto.
e quando ha preso finalmente il treno?
Quando me ne sono andato avevo 17 anni. Ero minorenne. allora era necessario rendersi indipendente.
non esiste un altro cineasta con la sua capacità
parodistica di combinare amore & morte. non gli
piacerebbe fare un melò sull’immortalità? Un Nosferatu by almodóvar come sarebbe? coppola ci
ha provato....
l’idea mi attrae molto. Sto aspettando che passi la
moda, oltre a Nosferatu di Murnau penso anche a
Solo gli amanti sopravvivono di Jim Jarmusch, un
bellissimo adattamento. per me il vampiro è una
figura più cinematografica che letteraria. Ho già
qualche idea in proposito.
J
Emma Suarez con
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Cannes 69
A CACCIA DI
SORPRESE
Thierry Fremaux confeziona un classico
Festival “degli Autori”: sontuoso,
glamour, a monopolio francese. Per la
Palma i soliti noti, opere prime tutte in
Un Certain Regard
di Gianluca Arnone
ei 1869 film visionati, hanno passato la selezione una cinquantina.
Quello portato avanti dal direttore
Thierry Fremaux e dalle sue tre
commissioni – 17 cinefili divisi tra
un comitato per i film francesi,
uno per i film stranieri e uno misto
– è un lavoro sporco ed estremamente faticoso.
Immaginarne il criterio però è diventato talmente semplice ormai, che la lineup di Cannes
2016 era stata da più parti rivelata un mese prima della conferenza stampa ufficiale.
Sorprenderci non è mai stato il mestiere di Fremaux, direttore quanto mai abitudinario nella
scelta degli autori: può cambiare la sezione, i
nomi che girano invece sempre quelli sono.
D
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Cannes 69
In quest’ottica va letta la promozione dell’affezionatissimo filippino Brillante Mendoza (Ma’
Rosa) in concorso, lui che lo scorso anno era
stato “relegato” in Un Certain Regard, e di contro la retrocessione (parola ingrata e fuorviante, ma tant’è) del giapponese Kore-eda dalla
competizione dello scorso anno all’Un Certain
Regard di questa edizione (con After the
Storm). Qualcuno accetta di buon grado, qualcun altro no. L’assenza dell’aficionado Bellocchio – poi preso alla Quinzaine - si spiega forse
così? Vai a saperlo.
Tolto lui, il classico gran mix à la Fremaux c’è
tutto, scontato come il sole in pieno agosto. A
contendersi la Palma, la solita corazzata degli
Autori, formata secondo Manuale Cencelli dei
festival: ai vecchi e immancabili maestri Al-
modóvar, Dardenne, Loach e Assayas rispondono i nuovi, gli enfant prodige e terrible Xavier
Dolan e Nicolas Winding Refn, nomi di culto ormai tra i giovani cinefili. Tra i fedelissimi non
poteva mancare Sean Penn, che torna in concorso come regista quindici anni dopo La promessa con The Last Face, interpretato al fianco
dall’ex Charlize Theron, a garanzia di un red
carpet salivare. Confermando la linea degli ultimi anni Fremaux ha puntato molto sui film
americani (e sulle loro star): solo in competizione tre titoli, anche se Jim Jarmusch (Paterson),
altro habituè della kermesse, è il più europeo
tra gli yankee, e Jeff Nichols (Loving) un indipendente di talento.
Non inganni il titolo invece nell’American Honey di Andrea Arnold, l’altra inglese in concor-
Il direttore Thierry Fremaux.
Sopra a sinistra George
Clooney e Julia Roberts in
Money Monster e il regista
Nicolas Winding Refn. Nella
pagina precedente
Il Grande Gigante Gentile
di Spielberg
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Resta una monotonia di
fondo, di geneRe e
Razziale: l’85% dei Registi
sono maschi e bianchi
so con il redivivo Ken Loach (I, Daniel Blake).
La voce grossa la fanno al solito i cugini d’Oltralpe: dei 20 titoli in competizione, 10 sono produzioni o co-produzioni francesi. Ma Thierry Fremaux, memore forse di alcune “sviste” dello
scorso anno, quando si fece scippare ad esempio
Desplechin dalla Quinzaine, si è concesso anche
qualche divagazione coraggiosa. Riporta in gara
la radicalità di Bruno Dumont (Ma Loute). Oltre
al solito Assayas, punta su un nome nuovo del cinema francese, Alain Guiraudie (Rester Vertical),
di fatto promuovendolo dopo avergli fatto fare
tre anni fa Un Certain Regard con lo sconvolgente Lo sconosciuto del lago (che vinse). L’attrice e
regista Nicole Garcia invece, in gara con Mal de
pierres, rientra nel novero delle fedelissime del
direttore, visto che lei in concorso c’era già stata
con L’avversario (2002) e Quello che gli uomini
non dicono (2006). Il fatto poi che abbia messo
due film rumeni in competizione, Sieranevada di
Cristian Puiu e Bacalaureat di Cristian Mungiu, ci
rincuora sull’alibi meritocratico. Rafforzato dalla
prima volta in gara della giovane tedesca Marin
Ade (Toni Erdmann) e di Kleber Mendonça Filho
(Aquarius), veterano del cinema brasiliano praticamente sconosciuto da noi. Con più coraggio
avrebbe potuto riservare lo slot del concorso ad
almeno una delle sette opere prime in cartellone
quest’anno. Ha preferito invece destinarle tutte a
Un Certain Regard, sezione che si preannuncia interessante vetrina di nuovi talenti. Resta una monotonia di fondo, di genere e razziale: l’85% dei
registi sono maschi e bianchi. Per Thierry Fremaux però conta non chi i film li fa, ma quello che
esprimono. Almeno in questo frangente.
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fondazione ente dello spettacolo
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Cannes 69 Eppur ci siamo
Mastandrea e
Bejo in Fai bei
sogni
ITALIA IN FIORE
Paolo Virzì sul
set de La pazza
gioia
Riccardo
Scamarcio è
Pericle il nero
ll’annuncio della selezione ufficiale di cannes 2016 c’è stato
più di qualche timido mugugno: “nessun italiano in gara
per la Palma!”. come se il fatto che l’anno scorso ce ne fossero stati tre dovesse per forza di cose essere un “modello” da replicare ogni volta. È andata così, pazienza. Vedremo buoni (se non ottimi) film di altri paesi. Per quanto riguarda i film nostrani, nessuna paura,
basterà cercarli al di fuori del concorso.
e, addirittura, la truppa italiana è più
numerosa del solito.
in un certain Regard c’è Pericle il nero
di stefano mordini, progetto che inizialmente avrebbe dovuto realizzare abel
ferrara, poi francesco Patierno. tratto
dal romanzo di giuseppe ferrandino e
incentrato su Pericle scalzone (scamarcio), che di mestiere fa “il culo alla gente” per conto di don luigi, boss della
camorra emigrato in belgio. sempre
A
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2016
Nessuno per la Palma, ma ben cinque azzurri
tra Un Certain Regard (Mordini), Semaine (Comodin)
e Quinzaine (Bellocchio, Virzì e Giovannesi)
di Valerio Sammarco
nella selezione ufficiale, come special
screening, troviamo L’ultima spiaggia
del greco thanos anastopoulos e dell’italiano davide del degan: un anno trascorso su una spiaggia di trieste, dove
un muro separa ancora oggi gli uomini
dalle donne. Riflessione tra il serio e il
divertito su separazione e confini, identità e generazioni.
alla semaine de la critique incuriosisce
il nuovo lavoro del classe ‘82 alessandro comodin (L’estate di Giacomo), I
tempi felici verranno presto, girato in
Piemonte e ambientato in una foresta
che custodisce una storia di tempi andati. lupi affamati, ragazzi scomparsi,
leggende tramandate e dimenticate.
misteri.
la scorpacciata azzurra, infine, sarà alla
Quinzaine des Réalisateurs: l’apertura è
affidata a marco bellocchio (che torna
alla Quinzaine 30 anni dopo Diavolo in
corpo) con Fai bei sogni, tratto dal romanzo di massimo gramellini e interpretato da Valerio mastandrea, bérénice bejo e fabrizio gifuni: un segreto celato in una busta per quarant’anni, il dover affrontare un grande dolore, il timore di vivere, la difficoltà di accettare la
realtà. Realtà difficile da affrontare anche per i protagonisti di Fiore, nuovo
film di claudio giovannesi, ambientato
in un carcere minorile, dove daphne
(scoccia) e Josh (algeri) si innamorano
l’una dell’altro. ma maschi e femmine
non si possono incontrare: la loro è una
relazione fatta di sguardi, da una cella
all’altra, lettere clandestine e brevi conversazioni attraverso le sbarre. nel cast,
anche qui, Valerio mastandrea, nei panni del padre della ragazza. e poi c’è
Paolo Virzì, con La pazza gioia, storia al
femminile con Valeria bruni tedeschi e
micaela Ramazzotti: “È un grande piacere, specie la collocazione nella sezione più scapigliata e meno pomposa.
siamo emozionati di mostrare la nostra
storia di follia, di ribellione alle regole, di
amicizia curativa tra due donne dalla vita complicata. Quel poco che conosco
del festival di cannes, avendolo frequentato finora solo da spettatore, o
per incontri di lavoro, è che sembra una
messinscena perfetta per dare ad un cineasta la sensazione strepitosa di essere, almeno per qualche giorno, al centro
del mondo”. a prescindere da quale sia
la sezione che ospita il film: conta esserci, con la giusta gioia.
J
Thanos Anastopoulos e Davide Del Degan,
registi de L'ultima spiaggia. In alto Fiore di
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Cannes 69 Saranno famosi
i ritiene siano i grandi nomi a
portare prestigio ai festival garantendo sulla loro vitalità. ci si
dimentica che per diventare
grandi quei nomi son dovuti passare
dalla vetrina dei festival. l’appeal di
cannes dipende certo dalla fama dei
suoi ospiti, ma se la manifestazione fosse solo un ritrovo di vecchi e osannati
filmaker sarebbe senza futuro. ecco
perché nel cercare un delicato equilibro
tra arte e mercato, cannes non può sottovalutare l’attività di scouting, decisiva
per misurare lo stato di salute nel lungo
periodo. in quest’ottica un riconoscimento come la camera d’or ha un significato più alto del valore che gli può
essere riconosciuto all’interno del tradizionale palmarès. sono 18 le opere prime che quest’anno si sfideranno, in calo
S
rispetto alle 26 della scorsa edizione,
ma con una presenza più forte nella selezione ufficiale: 7 solo in un certain regard contro le 3 del 2015, quando in
concorso c’era però un certo lászló nemes e il suo Figlio di Saul. Quanti esordienti di quest’anno diventeranno autori
domani? difficile dirlo. dall’anno della
sua istituzione, 1981, la camera d’or ha
lanciato nel panorama internazionale
appena una decina di registi, tra cui Jarmusch, Panahi, Kawase e Porumboiu,
ma è dal 2008, con la vittoria di Hunger
di mcQueen, che non riesce a scovare
un fuoriclasse. ci riprova puntando su
europa, medio ed estremo oriente. tra i
nomi caldeggiati la francese stéphanie
di giusto che con La danseuse (ucR)
porta sul grande schermo la vita di loïe
fuller, stella dei cabaret parigini della
belle Époque. La tortue rouge (ucR) di
michael dudok de Wit è invece la prima
animazione realizzata dallo studio ghibli fuori dal giappone. Quasi interamente muto, è la storia di un naufrago e del
suo incredibile incontro con una tartaruga rossa. nel segno dell’animazione
anche l’esordio di claude barras con Ma
vie de courgette (Quinzaine), scritto da
céline sciamma (Tomboy, Diamante
nero). diversa la cifra di The Transfiguration di michael o’shea (ucR) vampire-movie newyorkese. È una forma di
vampirismo anche speculare sul passato, come fanno molte delle opere proposte, dall’argentino La larga noche de
Francisco Sanctis al finlandese Juho
Kuosmanen passando dal rumeno Caini
(tutti in ucR) curioso, per chi dovrebbe
guardare al futuro.
J
BUONA LA PRIMA?
di Federico Pontiggia
Al prestigio di un festival non bastano nomi altisonanti, serve anche la classe
dei perfetti sconosciuti. Tutti gli esordienti da tenere d’occhio quest’anno
di Gianluca Arnone
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2016
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Cannes 69 verso la Palma
n outsider
a cura di Gianluca Arnone, Marina Sanna, Valerio Sammarco
Xavier Dolan non si può più
nascondere. Dopo Mommy,
Premio della giuria nel 2014 (exaequo con “papa” Godard),
l’asticella si alza e la Palma non è
più solo un miraggio. Anche
perché il giovane talento
canadese (27 anni, uno in più di
Steven Soderbergh quando qui
trionfò nel 1989 con Sesso, bugie
e videotape) può contare
stavolta su un cast che schiera
Marion Cotillard, Lea Seydoux e
Vincent Cassel, ovvero la
massima potenza di fuoco di cui
è capace oggi lo star system
d’Oltralpe. Tratto dall’omonima
pièce di Jean-Luc Lagarce, Juste
la fin du monde è incentrato su
uno scrittore che torna a casa
per annunciare ai parenti più
stretti la sua imminente morte.
JUSTE LA FIN
DU MONDE
AMERICAN
HONEY
AQUARIUS
THE HANDMAIDEN
Dopo Stoker, deludente parentesi USA, Park
Chan-wook è voluto tornare in patria per
girare il suo nuovo film, tratto sì da un
romanzo inglese di successo, Ladra di Sarah
Waters, ma trasposto nella Corea degli anni
’30, durante la dominazione giapponese. La
protagonista è una giovane donna convinta da
un truffatore a frodare una ricca ereditiera, una
collezionista di libri erotici. La ragazza però si
innamorerà della sua vittima. Nel cast Ha Jungwoo, Kim Min-Hee e Jo Jin-woong. Amazon
detiene i diritti dell’opera per il Nord-America.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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andrea arnold deve tutto a
cannes. la filmaker britannica,
che è stata in giuria sulla
croisette nel 2012, ha conquistato
fama internazionale grazie al
doppio Premio della giuria qui
ottenuto con Red Road (2006) e
Fish Tank (2009). il suo ultimo
lavoro, che è anche il primo
realizzato negli states, è un road
movie in cui un gruppo di giovani
attraversa il paese per vendere
sottoscrizioni per un magazine e
combinando pasticci di ogni tipo.
con sasha lane, Riley Keough e
l’imprevedibile shia labeouf.
Classe ’68, ex critico passato
alla regia, Kleber Mendonça
Filho è un nome noto in
Sudamerica dove tra corti e
doc, ha collezionato qualcosa
come 120 premi. Aquarius è il
suo secondo lungometraggio
di finzione dopo l’acclamato
Neighboring Sounds,
presentato nel 2012 alla
Quinzaine e divenuto uno dei
film brasiliani più acclamati
degli ultimi anni. Il suo nuovo
lavoro viene descritto come un
dramma pieno di suspense,
con Sonia Braga che interpreta
Clara, giornalista musicale,
vedova e in pensione, che vive
in un vecchio palazzo di Recife
a rischio demolizione. E
possiede il dono di viaggiare
nel tempo.
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n passioni d’autore
JULIETA
RESTER VERTICAL
Balzato agli onori della cronaca grazie a Lo
sconosciuto del lago, scabroso thriller omo
ambientato in una spiaggia per scambisti,
premio per la regia Un Certain regard nel
2013, il francese Alain Guiraudie viene
“promosso” in concorso con un lavoro
dalla cifra più intimista, incentrato su un
regista che deve accudire da solo il figlio
nato da poco.
Julieta sta per lasciare definitivamente Madrid per il Portogallo con
il suo compagno, Lorenzo. Fanno un brindisi al futuro che li aspetta,
due persone mature consapevoli che invecchieranno insieme. Poi, il
colpo di scena: incontra una ragazza, Bea, l’ex migliore amica della
figlia Antia, che non vede da molti anni. Impazzita per una ferita
che credeva rimarginata, Julieta torna nell’appartamento e decide
di non partire più, senza dire nulla a Lorenzo. Pedro Almodóvar
lascia il melò per un dramma palpitante con sfumature di thriller. E
due attrici che puntano alla Palma.
THE LAST FACE
non deve essere stato un periodo facile per sean Penn, finito
sotto i riflettori per un incontro avvenuto con il narcotrafficante
messicano el chapo che doveva restare segreto. Prima ancora
c’era stata la rottura con charlize theron, brusco epilogo di una
relazione troppo bella e paparazzata per durare. ed è proprio lei
la protagonista dell'ultimo lavoro dietro la mdp di Penn, qui di
nuovo in gara per la regia dopo La promessa e il corale 11
settembre 2001. lei, attivista di stanza in liberia, incontra un
medico sul campo (Javier bardem) che ne metterà in crisi le
convinzioni. anche adèle exarchopoulos, Jean Reno e Jared
harris nel cast.
I, DANIEL BLAKE
Vedovo a 59 anni, un falegname che si è
appena ripreso da un attacco di cuore vive
ormai grazie all’aiuto economico
dell’assicurazione sanitaria. Con la crisi però le
regole cambiano, e chi vuole usufruire oggi dei
sussidi sociali deve sottoporsi ai nuovi test di
non idoneità al lavoro. Per Daniel Blake,
questo il nome dell’invalido, sarà solo l’inizio
di un calvario. Il solito arrabbiatissimo Ken
Loach torna in gara a Cannes con una
commedia molto amara sull’odierno Stato
sociale inglese. O su quello che ne rimane.
Fremaux lo ha definito il Loach “più toccante”
da molti anni a questa parte.
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Cannes 69
n questioni di stile
TONI ERDMANN
PATERSON
l’eclettico e spesso indiscutibile Jim
Jarmusch torna in gara a cannes
(dove è presente anche nei midnight
screenings con Gimme Danger) tre
anni dopo il bellissimo Only Lovers
Left Alive: stavolta niente vampiri
(almeno crediamo…), il regista di
Broken Flowers e Dead Man ci porta
a Paterson, nel new Jersey, per
Per la prima volta a Cannes, la
tedesca Maren Ade è al terzo
film dopo The Forest for the
Trees (2003) ed Everyone Else
(2009, in concorso a Berlino
dove ottenne il Gran Premio
della Giuria e l’Orso d’Argento
per la migliore attrice). Sandra
Hüller è Ines, e lavora a Bucarest. Un giorno arriva il padre sotto
mentite spoglie. L’uomo, convinto che la figlia abbia perso la gioia
di vivere, si trasforma in Toni Erdmann: cambia aspetto e inizia a
tormentarla con scherzi e battute.
THE NEON DEMON
seguire le traiettorie urbane e di
senso di un autista di autobus
nonché poeta, interpretato da adam
driver, nomen omen… nel cast anche
l’attrice iraniana golshifteh farahani
(About Elly).
MA’ ROSA
solamente un anno più tardi rispetto
al commovente Taklub, il filippino
brillante mendoza abbandona un
certain Regard e torna in concorso,
dal quale mancava dal 2009, quando
con Kinatay vinse il Premio alla
Regia. il nuovo film racconta ancora
di una donna, Rosa (Jaclyn Jose):
madre di tre figli, ha un piccolo
negozio nella baraccopoli di manila.
Per sbarcare il lunario, però, insieme
al marito, Rosa vende anche
sostanze stupefacenti. fino a
quando non saranno arrestati dalla
polizia.
La bellissima Elle Fanning arriva a
Los Angeles con il sogno (e la
certezza) di diventare una top
model. Consapevole del suo dono,
manda in visibilio fotografi, stilisti,
registi, seduce uomini e donne
senza fare troppi compromessi. Il
futuro è ai suoi piedi ma siamo in un
horror-drama, nell’aria c’è odore di
sangue. Se qualcuno s’innamora
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rivista del cinematografo
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maggio 2016
tanto da volerla morta, c’è chi
sarebbe ben felice di sbranarla per
farla sparire per sempre. Dopo Only
God Forgives Nicolas Winding Refn
fa un salto supersonico, la strada è
la stessa ma qui siamo oltre il
migliore dei Lynch. Torbido e
sensuale, ipnotico ed esaltante
come la sua acerba e fatalmente
ingenua protagonista.
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n eccentrici umorali
PERSONAL
SHOPPER
MAL DE PIERRES
ELLE
Paul Verhoeven torna in concorso 23 anni dopo
Basic Instinct. E lo fa con un altro film
“scandalo”: protagonista è Isabelle Huppert,
che interpreta Michelle, ad di una società di
videogame. Aggredita da uno sconosciuto
dentro casa, la donna si impegna a far sì che
questo evento non modifichi la sua vita di tutti
i giorni. Il rapporto glaciale con la madre, il
padre in carcere per omicidio, un figlio viziato
e immaturo. Senza contare che il violentatore
tornerà per continuare il “lavoro”. E Michelle
comincia a seguirlo a sua volta, dando inizio a
un “gioco” a dir poco pericoloso.
LOVING
Non una semplice storia d’amore,
come suggerirebbe il titolo ma
quella vera di Mildred Loving,
donna nera, e Richard Loving,
uomo bianco, che nella Virginia
del 1958 furono condannati e
imprigionati per un anno per
essersi sposati. Il matrimonio
infatti violava The Racial Integrity
del 1924, che proibiva l’unione tra
razze diverse. La Corte Suprema
dichiarò poi che la decisione era
incostituzionale e mise fine alle
limitazioni per i matrimoni misti.
Il regista Jeff Nichols ritrova
l’attore feticcio Michael Shannon e
torna in Concorso a Cannes. Nel
cast anche Joel Edgerton.
due anni dopo Sils Maria olivier
assayas gareggia nuovamente
per la Palma. e dirige ancora una
volta Kristen stewart. È maureen,
giovane americana che a Parigi
lavora come personal shopper di
Kyra, una celebrità. ma il vero
talento di maureen non è questo…
la ragazza, infatti, proprio come il
fratello gemello lewis, morto da
poco, riesce a comunicare con gli
spiriti. e le sue giornate
cambieranno quando comincerà
a ricevere messaggi ambigui da
una fonte sconosciuta. nel cast
sigrid bouaziz, lars eidinger,
nora Von Waldstätten e anders
danielsen lie.
Ottavo lungometraggio di
Nicole Garcia, che adatta il
romanzo dell’italiana Milena
Agus, ambientato dopo la
Seconda Guerra Mondiale e
incentrato su una donna
prigioniera di un matrimonio
senza amore (e dell’amore per
un altro uomo). Protagonisti
Marion Cotillard (in gara anche
con Juste la fin du monde), lo
spagnolo Alex Brendemühl e
Louis Garrel. Per Nicola Garcia,
che ha scritto la sceneggiatura
insieme al sodale Jacques
Fieschi, è la terza volta in
concorso a Cannes dopo
L’avversario (2002) e Quello che
gli uomini non dicono (2006).
THE SALESMAN
Dopo la parentesi francese
(Le passé), Asghar Farhadi
torna a girare un film nella sua
terra, l’Iran. E si concentra di
nuovo su una coppia, Emad e
Rana, costretti a lasciare la
propria casa a causa dei lavori
in corso nell’edificio accanto al
loro. Decidono di trasferirsi in
un nuovo appartamento nel
centro di Teheran, ma un
incidente legato al precedente
inquilino cambierà la loro vita.
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Cannes 69
n legami di sangue
MA LOUTE
Bruno Dumont, uno che da
sempre ci ha abituati a film
estremi, sembra aver preso altre
direzioni, cosa già chiara con la
sorprendente miniserie P’tit
Quinquin. Torna in gara 10 anni
dopo Flandres (Gran Premio
della Giuria) con una commedia
in costume: estate 1910, sulla
Channel Coast avvengono
misteriose sparizioni. E
un’insolita storia d’amore, tra un
giovane raccoglitore di ostriche
e la figlia dei borghesi Van
Peterhem, creerà ulteriore
confusione. Con Fabrice Luchini,
Juliette Binoche e Valeria Bruni
Tedeschi.
LA FILLE
INCONNUE
BACALAUREAT
SIERANEVADA
Dopo il Premio Un Certain Regard per The
Death of Mr Lazarescu, Cristi Puiu tenta la
fortuna in competizione con Sieranevada,
opera di circa tre ore il cui personaggio
principale, Larry (Mimi Branescu), è un
neurologo che assiste con sua moglie alla
veglia funebre di suo padre, ma vede il triste
evento turbato dall’arrivo di un visitatore
inaspettato che interesserà tutti i presenti.
Sceneggiato da Puiu e filmato da Barbu
Balasoiu, è coprodotto da Mandragora
(Romania) con Alcatraz Film (Francia). Al
contrario del precedente lavoro del regista,
Aurora, si tratta di un film molto dialogato.
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Jenny, che lavora a medicina
generale, si sente in colpa per non
aver accettato il caso di una
giovane che è stata trovata morta
poco dopo. non solo, l’identità
della ragazza è sconosciuta anche
alla polizia, così Jenny decide di
iniziare a indagare per conto suo.
e scoprirà ben altre verità. i fratelli
dardenne, ormai presenze fisse
sulla croisette, proseguono il loro
cammino di ricerca sul malessere
della società contemporanea. tra
gli attori il fedele fabrizio
Rongione e adèle haenel (nella
foto).
Cristian Mungiu da Cannes
non torna mai a mani vuote:
Palma d’oro nel 2007 per 4
mesi, 3 settimane, 2 giorni e
premio della miglior
sceneggiatura nel 2012 per
Oltre le colline. C’è molta
attesa dunque attorno al suo
nuovo film, titolo
internazionale Graduation,
che racconta la storia di un
padre, Romeo (Adrian
Titieni), e del rapporto con
sua figlia Eliza (Maria
Dragus): il primo sta
invecchiando, la seconda sta
crescendo. Presentato dal
suo distributore estero, Wild
Bunch, come “uno studio di
portata universale
sull’indefinitezza del ruolo di
genitore, la relatività della
verità e l’ambiguità dei
compromessi”.
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Cannes 69 è nata una star
ELLE FANNING
Regina delle
passerelle in The
Neon Demon,
darà filo da torcere
a tutte le sue rivali
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rivista del cinematografo
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A tre anni faceva la controfigura
della sorella Dakota in I Am Sam
con Sean Penn. Quindici anni e
venti film dopo è l’irresistibile
protagonista di The Neon Demon
di Nicolas Winding Refn. La trasformazione della diciottenne Elle
Fanning è stupefacente: dall’incedere alla mimica, lo sguardo perversamente innocente e l’assoluta
naturalezza con cui abbatte ogni
ostacolo di quel mondo diabolico
e vampirizzante, fanno presagire
che farà mangiare la polvere non
solo alle sue coetanee. Certo
Winding Refn l’ha presa e plasmata a suo modo ma dietro c’era
un grande potenziale. Anzi, un talento enorme che è già stato scoperto: 8 film in produzione tra il
2016 e il ‘17. Tra cui A Storm in the
Stars di Haifa Al-Mansour (la regista della Bicicletta verde) in cui
sarà Mary Shelley.
M.S.
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Cannes 69 Il maestro giapponese
IL CERCHIO
DI KORE-EDA
Con After the Storm, in Un Certain
Regard, conferma temi e cifra
stilistica: indagine sulla famiglia ed
eleganza minimalista
di Bruno Fornara
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I FIlM PIù RECENTI dI KoRE-EdA
(cognome) hirokazu sono arrivati in italia con
felice riscontro di quel pubblico che sa cercare e
trovare i buoni film. classe 1962, nato a tokyo,
Kore-eda è l’erede della tradizione classica del
cinema giapponese, con un lavoro di preziosa
attualizzazione all’oggi. Parliamo della tradizione che deriva da uno degli autori più amati, ozu
Yasujiro. di ozu, Kore-eda rielabora e aggiorna
la linea del cinema del quotidiano, del familiare,
degli interni di piccole case. degli interni di anime e corpi. e di ozu adotta la silenziosa lezione
di un lavoro di messinscena fondato su un umile
disegno d’inquadrature e sguardi nobilmente
misurati e trattenuti. Father and Son, premiato a
cannes nel 2013 con il premio della giuria, è già
il sedicesimo titolo nella filmografia di Kore-eda,
compresi i primi documentari. una famiglia, padre madre figlio. una perturbazione. la telefonata dall’ospedale dove è nato Keita: c’è stato
uno scambio di neonati. un’altra coppia, in condizioni economiche di molto inferiori, sta crescendo il loro figlio ‘giusto’. che fare?
il cinema di Kore-eda introduce dilemmi decisivi
dentro il cerchio familiare consolidato, si nutre
di commozione, semplicità, profondità e dubbi,
cresce in parallelo alla consapevolezza dei personaggi.
come per ozu, così in Kore-eda, temi e racconti
ritornano: già in Still Walking (2006) era stato
affrontato il tema di una riunificazione familiare
e, come in Father and Son, erano un bagno generale di famiglia e il rito del cibo in comune a
sancire la ricomposizione. Kore-eda: “nel corso
della giornata, apparentemente tranquilla come
un mare piatto, la marea sale e scende, e piccole
onde increspano costantemente la superficie.
contemplo quelle piccole onde che riemergono
nel corso di una vita. non ci sono tempeste. mi
concentro sulle premonizioni e sui riverberi dell’esistenza, perché sono convinto che sia lì che si
nasconde l’essenza della vita”. ecco il nocciolo
della visione che Kore-eda ha del mondo familiare e del mondo di fuori. il tempo passa, passano
tanti treni come in ozu, la natura muore e rivive,
l’immutabilità si conserva dentro i cambiamenti e
le rinascite. tutto mostrato con un’eleganza minimalista: la cifra di Kore-eda.
in Little Sister (2014) è la morte del padre, altro
tema che viene da ozu, a ricomporre la famiglia.
il padre si era rifatto altrove un’altra famiglia. le
sue figlie vanno al funerale, conoscono la bambina sorellastra e se la portano con loro. “la sincerità è quello che conta”, dice una delle protagoniste, frase che può essere considerata come
il nocciolo evidente di tutto Kore-eda. le tre sorelle diventano quattro sotto il segno di quel
sentire che i giapponesi chiamano “mono no
aware” e che indica l’essere coscienti della precarietà e della impermanenza delle cose, il godere di un momento e il sapere che se ne andrà.
l’ultimo film di Kore-eda, presentato a cannes,
è After the Storm.
ci vuole una tempesta per riportare tutto sui binari. Protagonista è Ryota, fallito come scrittore,
come marito e come padre. sta quasi fallendo
anche nel suo nuovo mestiere di detective privato e butta via i soldi nel gioco d’azzardo. Poi,
in una notte buia e tempestosa, trova il modo di
riprendere i contatti con la ex moglie e il figlio.
la sua vecchia e saggia madre tiene sul balcone
una pianta che non fa fiori né frutti. la sua ex
moglie conserva in una scatoletta il cordone
ombelicale del figlio. Ryota è come quella pianta: deve riattaccare il cordone ombelicale con i
suoi.
J
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Father and Son,
accanto una scena di
Little Sister. A sinistra
dall'alto: After the
Storm e Father and
Son
È l’erede della
tradizione classica,
con un lavoro di
preziosa
attualizzazione
all’oggi
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Cannes 69 masterclass
IERI, OGGI
E FRIEDKIN
“Sul cinema si è abbattuto uno tsunami”: da Lucca alla Croisette, parla il maestro
del genere. Che guarda al futuro: The Winter of Frankie Machine e la serie
di Vivere e morire a Los Angeles
di Federico Pontiggia
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Protagonista al Lucca Film Festival, a breve il
raddoppio a Cannes: dopo Martin Scorsese,
Nanni Moretti, Wong Kar-wai, Quentin Tarantino, Marco Bellocchio, Philip Kaufman e Jacques Audiard, anche William Friedkin avrà la
sua Masterclass sulla Croisette. L’autore de
L’esorcista, Il braccio violento della legge e
Vivere e morire a Los Angeles sarà protagonista il 18 maggio: “Ci sono enormi cambiamenti in arrivo per la produzione, più di
quanti abbia mai potuto sperimentare in oltre cinquanta anni di carriera”.
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“Non vedo molti film contemporanei, mi
piacciono i Coen, i vostri Sorrentino e
Garrone. Ma questo è un periodo pericoloso
per il cinema mondiale: mai visto cambiamenti
così epocali, uno tsunami vero e proprio. I film
oggi si vedono sull’iPhone: ma come puoi
vedere Lawrence d’Arabia su un telefonino?”.
“Che farò? Non lo so, davvero.
Troppo spesso si parla di ciò che
non si realizzerà, e –
fortunatamente - viceversa. Ma
posso dirvi che Don Winslow sta
scrivendo per me la sceneggiatura
da un suo romanzo, The Winter of
Frankie Machine. Non dico altro,
ma ci spero, così com’è stato per
Killer Joe”.
“L’America è ossessionata
dal “next”, la prossima cosa.
Ora c’è Donald Trump, un
imbonitore, un venditore di
se stesso e nient’altro. Se
dovesse diventare
presidente? Mi sparo. Il
fenomeno Trump non lo
capisco, anzi, non lo voglio
nemmeno capire: del resto,
perché dovrei?”.
“Ma gli inseguimenti di Buster Keaton li
avevate visti? Quelli de Il braccio
violento della legge e Vivere e morire a
Los Angeles, di cui ora potrei girare una
serie tv, non sono nulla in confronto. Del
resto, nemmeno il cinema europeo ha
saputo rimpiazzare Scola, Bertolucci,
Fellini o Rosi: quegli autori, quei film non
ci sono più”.
“Non ho mai inteso L’esorcista come
un film horror. Mi sono basato su un
caso vero del 1949: ci fecero un
articolo in prima pagina sul
Washington Post, mica carta straccia;
è ancora oggi interessante, cercatelo.
Il cinema di paura è basato su quella
che chiamo sicura oscurità: proviamo
terrore, ma siamo al sicuro”.
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resa dei conti
TUTTI CONTRO
Che succede ai supereori? Dopo Batman v Superman,
alla Marvel. Senza dimenticare il sorprendente finale
di Angela Bosetto
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TUTTI
(DC Comics), ecco la guerra fratricida interna
di X-Men: Apocalisse
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resa dei conti
LA PRIMA PARTE DEL 2016 scorre nel segno
della lotta (potenzialmente) fratricida. concluso
il turno della dc comics (Batman v Superman),
adesso tocca alla rivale marvel, che scatena ben
due guerre civili: Captain America: Civil War di
anthony e Joe Russo e X-Men: Apocalisse di
bryan singer. È curioso però come un tale spiegamento di forze sia a sua volta un conflitto interno fra i marvel studios e la 20th century fox,
detentrice dei diritti dei mutanti e per nulla intenzionata a cederli, al contrario della columbia,
che ha appena restituito quelli di spider-man alla
“casa delle idee”, permettendo così il sospirato
ingresso dell’uomo Ragno (il quale, dopo tobey
maguire e andrew garfield, ha ora il volto di tom
holland) nell’universo cinematografico degli
avengers.
il film dei fratelli Russo debutterà in italia il 4
maggio (il 6 negli usa), mentre quello di singer
il 18 maggio (il 27 in patria). non occorre essere
esperti di marketing per capire che si tratta di
uscite un po’ troppo vicine per due blockbuster
che devono garantire stabile egemonia d’incasso
per almeno un mese. nel 2014 Captain America:
The Winter Soldier arrivò in tutto il mondo a fine
marzo (negli stati uniti a inizio aprile), racco-
Due blockbuster fatti uscire a
distanza (troppo?) ravvicinata.
Effetto boomerang?
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maggio 2016
gliendo 714 milioni di dollari e lasciando campo
libero a X-Men – Giorni di un futuro passato (che
sarebbe invece giunto a quota 748) da metà
maggio in poi. non è chiaro perché stavolta le
due major non abbiano stabilito un simile accordo, nel reciproco interesse di entrambe le pellicole, ma è probabile che la fox sia divenuta più
agguerrita dopo il flop di Fantastic 4 (2015), un
disastro che l’ha praticamente obbligata a rendere i diritti dei Fantastici Quattro alla marvel. trattandosi di un universo fumettistico condiviso, è
però normale che si debba scendere a compromessi. un caso emblematico è quello dei gemelli
mutanti scarlet Witch e Quicksilver: lei, interpretata da elizabeth olsen, è stata concessa ai Vendicatori, mentre lui è rimasto esclusiva degli Xmen con il volto di evan Peters (l’altro Quicksilver, aaron taylor-Johnson, è uscito dai giochi in
Avengers: Age of Ultron, 2015).
Quindi scarlet si schiererà a fianco di captain
america/chris evans (insieme a bucky/sebastian stan, occhio di falco/Jeremy Renner, falcon/anthony mackie e ant-man/Paul Rudd) contro la fazione di iron man/Robert downey Jr.
(che comprende Vedova nera/scarlett Johansson, War machine/don cheadle, Pantera
nera/chadwick boseman e Visione/Paul bettany), mentre Quicksilver scenderà in campo con
gli allievi del Professor X/James mcavoy (tra cui
spiccano mystica/Jennifer lawrence, bestia/nicholas hoult, nightcrawler/Kodi smit-mcPhee,
Jean grey/sophie turner e ciclope/tye sheridan) per fronteggiare la minaccia di apocalisse/oscar isaac e dei suoi quattro cavalieri (magneto/michael fassbender, Psylocke/olivia
munn, tempesta/alexandra shipp e angelo/ben
hardy). in fondo l’unica guerra che i produttori di
cinecomic non devono mai rischiare è un’altra:
quella con i fan.
J
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Spider-Man in
Captain America.
A sinistra una
scena di X-Men:
Apocalisse. Nella
pagina accanto,
dall'alto: Michael
Fassbender in X-Men,
Captain America e
Hugh Jackman
in X-Men
Il mago
Benedict
Cumberbatch darà vita al
prossimo superhero Marvel:
Dottor Strange
Arriverà solo a novembre,
ma l’attesa per il prossimo
membro degli Avengers è
già alla stelle. A trasformare
Doctor Strange da progetto
ad alto rischio (lo Stregone
Supremo Stephen Strange,
che si muove in un
multiverso sovrannaturale,
fatto di magia mistica e
poteri psichici, è tanto
complesso da gestire sul
grande schermo senza
cadere nel ridicolo, quanto
poco noto a chi non legge
fumetti) a cinecomic
imperdibile è stata la scelta
del protagonista Benedict
Cumberbatch, lo Sherlock
Holmes televisivo, la cui
combinazione fra carisma
recitativo e aderenza fisica
al personaggio (è quasi
identico) ha convinto anche i
più scettici a dare al film una
chance. Ma Cumberbatch
non è il solo passato da
Sherlock alla Marvel. In
Captain America: Civil War
viene introdotto anche
l’alleato di Pantera Nera
Everett Ross, a cui dà il volto
Martin Freeman, alias John
Watson. E la possibilità che
in futuro i due si incontrino
all’interno dell’Universo
Marvel è tutt’altro che vaga.
A.B.
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CUORE DI
SPIA
di angela bosetto
Prima era solo appannaggio
degli uomini, oggi la nuova
spy story profuma di donna:
come cambia John le carré
riletto da susanne bier e
susanna White…
onostante la penna di John le carré, maestro dello
spy thriller, abbia dato vita a personaggi femminili
complessi e sfuggenti, sinora erano stati sempre uomini a curare le trasposizioni dei suoi romanzi. l’unica eccezione era avvenuta a livello di sceneggiatura nel bellissimo La talpa (2011, regia di tomas alfredson), il cui copione
(candidato all’oscar) portava la firma di Peter straughan e
della moglie bridget o’connor. oggi le cose cambiano: all’elenco composto, fra gli altri, da martin Ritt (La spia che
venne dal freddo, 1965), sidney lumet (Chiamata per il
morto, 1966), frank Pierson (Lo specchio delle spie, 1969),
george Roy hill (La tamburina, 1984), fred schepisi (La casa Russia, 1990), John boorman (Il sarto di Panama, 2001),
fernando meirelles (The Constant Gardener, 2005) e anton corbijn (La spia, 2014), si sono aggiunte due registe.
la prima è la danese susanne bier (oscar 2011 per In un
mondo migliore), autrice della miniserie The Night Manager
(liberamente basata su Il direttore di notte e in onda su sky
atlantic), mentre la seconda è la britannica susanna White,
nel cui curriculum spiccano sia due splendidi adattamenti
letterari targati bbc (Jane Eyre, 2006 e Parade’s End,
2012) sia l’intransigente racconto di guerra Generation Kill
(2008). ora firma Il traditore tipo (in italia il 5 maggio),
N
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quote rosa
Damien Lewis, Ewan Mc Gregor e Naomie Harris in Il traditore tipo di Susanna White (accanto nella foto). Sotto a sinistra la regista Susanne
Bier ed Elizabeth Debicki con Tom Hiddleston in The Night Manager
tratto dell’omonimo romanzo sceneggiato da hossein amini, nel quale una
coppia (ewan mcgregor e naomie
harris) precipita nel pericoloso mondo
dello spionaggio internazionale dopo
aver incrociato la propria strada con
quella di un riciclatore di denaro sporco (stellan skarsgård) in cerca di asilo
politico. tuttavia, per quanto riguarda
l’approccio registico a una
materia considerata “maschile”, le due
hanno posizioni opposte.
la White segue la scuola Kathryn bigelow: si definisce “a director”, ama le sequenze
d’azione e sostiene che chi dirige debba votarsi alla fedeltà della storia,
preoccupandosi di garantire ritmo, riprese, direzione attoriale e messa in
scena impeccabili, non di rielaborarla
in base alla propria identità di genere.
al contrario, la bier ritiene che raccontare attraverso un’ottica e una sensibilità femminili non sia solo dovere di
ogni donna dietro la macchina da presa, ma l’unico modo per rendere certe
trame più moderne e appetibili. Per
avere un esempio basta leggere Il direttore di notte e confrontarlo con la
serie. lo sceneggiatore david farr si è
occupato dell’attualizzazione temporale (il post guerra fredda diventa la
Primavera araba), ma susanne ha contribuito a cambiare diverse carte in tavola, dall’impostare come un duello
psicologico fra fascinosi maschi alfa lo
scontro d’ideali fra l’ex soldato Jonathan Pine (tom hiddleston) e il mercante d’armi Richard Roper (hugh
50
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fondazione ente dello spettacolo
maggio 2016
laurie) al privare di cinismo la relazione clandestina fra il primo e la donna
del secondo (Jed/elizabeth debicki),
rendendola invece un amore impossibile, sino alla trasformazione dell’agente dei servizi segreti leonard burr in
una donna per di più incinta (olivia
colman). “avevo paura che le carré si
sarebbe arrabbiato” spiega la bier. “invece mi ha detto: “se scrivessi e am-
bientassi il libro al giorno d’oggi, farei
la stessa cosa perché in tal modo il
personaggio di burr avrebbe più senso”. ci sono così tanti protagonisti maschili in attesa di un cambio di sesso:
mi chiedo chi potrebbe essere il prossimo…”. considerato che susanne ha
affermato di essere disponibile per un
eventuale film di 007, che sia arrivato il
momento di Jamie bond?
J
L’una segue la scuola Bigelow e mette al
primo posto il film, l’altra crede
all’eccezionalità del femminile
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RITRATTI
di Orio Caldiron
Il volto imbronciato,
la virilità discreta, il tratto
sornione: “La cosa più
ridicola che potrei fare
sarebbe recitare
Shakespeare”
GLENN
FORD
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G
Glenn Ford con Rita
Hayworth in Gli amori
di Carmen. In
apertura nel ritratto
di Marco Letizia
glenn ford non si considera un attore in grado di interpretare personaggi sempre diversi
ma si limita a essere se stesso. “la cosa più ridicola che potrei fare sarebbe recitare shakespeare”, diceva. era nato a sainte-christine,
canada, il 1° maggio 1916, morirà a beverly hills il 30 agosto 2006. soltanto a trent’anni, dopo una decina di titoli qualsiasi, la grande occasione gliela offre Rita hayworth che lo vuole accanto a sé in Gilda (1946) di charles Vidor. l’abbagliante sex appeal dell’attrice lascia
il segno nell’immaginario del nostro tempo,
mentre assicura la notorietà al suo partner.
Peccato che la magia non si ripeta in Gli amori
di Carmen (1948) ancora di Vidor, né in Trinidad (1952) di Vincent sherman, due dei film in
cui all’epoca fanno coppia.
il volto imbronciato, la virilità discreta, il tratto
sornione – un occhio da gatto e l’altro da volpe – lo rendono perfetto per l’universo più
ombre che luci del noir. l’ingegnere minerario
di Il cerchio si chiude (1947) di Richard Wallace sta per cadere nella trappola della dark
lady di turno quando scende la notte nel cielo
dei bar, ma una sterzata del destino gli evita il
peggio. la tenacia è il distintivo dell’agente
del fisco di Mani lorde (1949) di Joseph h.
lewis che indaga sul re delle scommesse immergendosi, tra inganni e ricatti, nel cupo
mondo della malavita, raccontato con scorci
documentaristici e onirici. il sergente di Il
grande caldo (1953) di fritz lang è il classico
poliziotto onesto nella città corrotta. Quando
gli ammazzano la moglie sembra cercare la
vendetta privata, lasciando affiorare per un
momento il suo lato oscuro, segnato dalle pulsioni di morte.
sono innumerevoli i western che attraversa al
galoppo, inseguito dalla sua fama di pistolero.
il bottegaio di La pistola sepolta (1956) di Russell Rouse è costretto a misurarsi con l’aggressivo broderick crawford, riuscendo a vincere il
duello e a seppellire il killer che è in lui. Quel
treno per Yuma (1957) di delmer daves scandisce con singolare verità psicologica il rapporto tra lo spavaldo bandito e il colono che
gli ha salvato la vita e lo scorta verso la prigione. l’esperto mercante di bestiame di Cowboy
(1958), ancora di daves, si scontra con l’imbranato Jack lemmon nel lungo viaggio verso il
messico. finale all’insegna dell’amicizia virile
con i due che si divertono a sparare agli scarafaggi sulla tappezzeria dell’albergo.
si destreggia anche nei ruoli brillanti, grazie
alla sua ironia. Angeli con la pistola (1961) di
frank capra è la bonaria parodia del gangster-movie in cui incarna un memorabile dave
lo sciccoso. Una fidanzata per papà (1963) di
Vincente minnelli è una piacevole commedia
per famiglie dove il piccolo Ron howard gli ruba la scena. si congeda dal cinema con Superman (1978) di Richard donner nel ruolo del
padre adottivo del supereroe. sposatosi quattro volte, il figlio Peter gli dedica una bella biografia rievocando la passione dell’attore per il
cinema americano di una volta.
J
SONO INNUMEREVOLI I WESTERN CHE
ATTRAVERSA AL GALOPPO, INSEGUITO
DALLA SUA FAMA DI PISTOLERO
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I Top 5
56
al Cinema
HHHHH OTTIMO HHHH BUONO HHH SUFFICIENTE HH MEDIOCRE H SCARSO
AL DI LÀ DELLE MONTAGNE
60
58 IL TRADITORE TIPO
WILDE SALOME
62
63 VIAGGIO DA PAURA
69 NOW YOU SEE ME 2
TUTTI VOGLIONO QUALCOSA
63
SAINT AMOUR
66
61 ROBINSON CRUSOE
56 Al di là delle montagne
58 Captain America: Civil War
58 Il traditore tipo
60 Wilde Salome
61 La sposa bambina
61 Robinson Crusoe
62 Tutti vogliono qualcosa
63 Viaggio da paura
65 Saint Amour
66 Florida
69 Preview
n El Clan
n Now You See Me 2
n Io prima di te
n The Conjuring 2 –
L’evocazione
n Angry Birds – Il film
n Warcraft – L’inizio
FLORIDA
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i film del mese
Un triangolo
attraverso il quale
raccontare un paese:
ricordi, presente e
futuro in tre “aspect
ratio” differenti
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AL dI Là dELLE
MoNTAGNE
Il “C’era una volta in Cina” di Jia Zhangke. Magniloquente
epopea, riflessione su tempo e immagine: imperdibile
In sala
Regia Jia Zhangke
Con Zhao Tao, Zhang Yi
Genere Drammatico (131’)
F
enyang, 1999. Un ballo
di gruppo per salutare il
nuovo millennio. Un
triangolo emotivo per
separarsi dalla giovinezza.
Tao è corteggiata dagli amici
d’infanzia Zhang e Liangzi:
uno, destinato a un avvenire
di ricchezza, è il classico
yuppie; l’altro, taciturno,
lavora in miniera. La scelta
della ragazza determinerà il
futuro di tutti, compreso
quello del figlio venturo,
Dollar. È un’epopea, un “C’era
una volta in Cina” di rara
“
potenza emotiva, un mélo
pop irresistibile, il film di Jia
Zhangke: la partenza è da
brividi, con il formato dello
schermo a 1.33 in cui,
“stringendosi” come in un
quadro, il “terzetto” balla
sulle note di Go West. Ma la
portata dell’opera si svela più
tardi: quando i tre si dividono
e una dissolvenza introduce
(di nuovo) il film. Lo schermo
si allarga a 1.85, Mountains
May Depart: è il 20 14, Tao e
Zhang li abbiamo lasciati
sposati e genitori, Liangzi
partito. ora è padre, ma un
tumore lo spinge a tornare
sui suoi passi. Questa è la
fase più dolente
dell’operazione voluta dal
regista, che ci riporta a
quando Tao si lasciò sedurre
dalla scelta più “semplice”,
che invece l’ha portata a
essere sola. L’ormai ex marito
vive a Shanghai. E Dollar è
con lui: i soldi possono tutto.
La morte del padre di Tao le
regala qualche giorno di
maternità perduta: per
comprendere, ancora di più,
che quel bambino non è stato
(e mai sarà) “suo”. Di nuovo
dettagli (l’invito al
matrimonio rimasto a casa di
Liangzi) e ancore sonore
(Take Care della popstar Sally
Yeh) il puntello con cui Jia ci
aiuta a percorrere una storia
che riflette (come da titolo
internazionale) su solidità e
caducità delle nostre
certezze. Delle nostre rad ici.
Melbourne, Australia, 2025.
Dollar è cresciuto. L’orizzonte
visivo si estende (aspect ratio
2.39, un panoramico di rara
bellezza, con passaggio al
digitale), quasi a dirci che
l’inadeguatezza del ragazzo è
la stessa del cineasta nel
dover “ingabbiare” un
periodo ancora ignoto, non
“incorniciabile”. Una
riflessione su passato,
presente e futuro (delle
immagini), ma anche sulla
libertà. In nome della quale
Zhang ha preferito enormi
vetrate vista oceano, con
intorno il nulla. Vuoto che
agita l’inquietudine di Dollar,
gradasso nel dire a tutti di
non avere una madre, poi
bisognoso di un appiglio,
quello della professoressa
che tenta di ridestare la
memoria dei figli della Cina.
“Nome”, “cognome”: da
questi provare a risalire a un
ricordo. Un sapore, un
profumo, una melodia: Take
Care. Un mazzo di chiavi al
collo, per riaprire serrature
del passato. Raggiungere ora
le montagne perdute
sarebbe una forzatura,
difficile riassaporarne
l’atmosfera, rievocarne il
nome un dovere. perché lì c’è
ancora Tao, la neve, il fiume
Giallo. E un ballo che
prometteva grandi cose.
Capolavoro,
inspiegabilmente ignorato
dal palmarès di Cannes 2015.
VALERIo SAMMARCo
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J
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i film del mese
IL TRAdIToRE TIPo
Un Le Carré minore: nostalgia di Hitchcock
Hossein Amini, regia di Susanna White,
inquadra una coppia inglese, lui
professore (Ewan McGregor) e lei
avvocato (Naomie Harris), in vacanza a
Marrakech: non è un idillio, il loro, ma
l’imprevisto – un intrigo internazionale
con mafia russa e servizi segreti
britannici – cambierà le carte. Se
Damian Lewis, agente dell’MI6, non fa
male, il padre padrone della scena è il
mammasantissima del riciclaggio
Stellan Skarsgård: al suo cospetto
l’inerte e mal pettinato McGregor
addirittura sparisce. Ma ad affossare Il
traditore tipo è un riferimento
interfilmico: vi chiederete, una coppia
di turisti, Marrakech, spionaggio
internazionale, dove l’avevamo già
visto? L’uomo che sapeva troppo, regia
di Alfred Hitchcock, anno di grazia
1956 (e 1934). Bei tempi andati.
FEdERICo PoNTIGGIA
NON TUTTI I lE CARRé vengono col
buco. ovvero, per una Talpa (Tomas
Alfredson, 2011) straordinariamente
riuscita, tocca ciucciarsi potature
cinematografiche mediocri, The
Costant Gardener (Fernando Meirelles,
2005), o adattamenti irrisolti, A Most
Wanted Man (Anton Corbjin, 2014): Il
traditore tipo ingrossa e vieppiù
debilita le fila di quest’ultimi, complice
un materiale di partenza, il libro del
2010, già non eccelso. Sceneggiatura di
J
In sala
Regia Susanna White
Con Ewan McGregor, Stellan Skarsgård
Genere Thriller (107’)
CAPTAIN
AMERICA: A
CIVILWAR
Gli Avengers battagliano
tra loro: vince la noia
In sala
Regia Anthony e Joe Russo
Con Chris Evans, Robert Downey Jr.
Genere Commedia (146’)
ARRIvATO 10 ANNI DOpO il primo Civil
War a fumetti, il film che doveva
sbertucciare la Justice League Dc è una
mezza sòla. per carità, sempre meno
pasticciato di BatmanvSuperman, ma da
casa Marvel era lecito aspettarsi di più.
Invece il terzo Captain America è solo
logico e soporifero. L’impressione è che
tutte queste primedonne mascherate
finiscano per pestarsi i piedi a vicenda,
oscurandosi l’un l’altra invece che
esaltarsi. In assenza di un nemico vero il villain è solo un misero preteso (Daniel
58
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2016
Bruhl) - i nostri battagliano tra loro, con
il risultato che 1) non si sa per chi tifare e
2) si sa già che nessuno si farà male
davvero. L’estensione del dominio della
lotta a tarallucci e vino. Troppo serioso
per essere comico ma non abbastanza
per essere tragico, al di sotto degli
standard coreografici Marvel, A Civil War
è in linea purtroppo con il refrain politico
di casa post 11/9: personaggi alle prese
con rovelli morali e problemi di
responsabilità. Iron-Man si è intristito, la
Romanoff ha messo la testa a posto. Tra i
nuovi, Spider-Man versione
bamboccione (Tom Holland) perde la
sfida con pantera Nera (Chadwick
Boseman), un solitario elegante ed
elusivo. Speriamo non ne facciano un
altro Steve Rogers.
GIANLUCA ARNoNE
J
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i film del mese
WILdE SALoME
Al Pacino insegue un’ossessione e, con Jessica Chastain, ci va molto vicino. Applausi
In uscita
Regia Al pacino
Con Al pacino, Jessica Chastain
Genere Docufiction (88’)
pROBABIlMENTE Al pacino non
poteva scegliere storia più esemplare
della Salome – quella di o. Wilde – per
raccontare un’ossessione. La tensione
dell’artista verso la bellezza non è un
rovello diverso da quello che dovette
consumare la figlia di Erode, schiantata
dal rifiuto di Giovanni Battista. Wilde
Salome è un’opera narcisista. L’artista
vacilla, forse cade, nel tentativo di
afferrare la propria illusione. Ma
siccome la perfezione non è di questo
mondo e pacino fortunatamente lo sa,
il docu-film non ha nulla di pretenzioso.
operazione stranamente leggera su
questioni importanti. Merito di un
approccio che si barcamena tra la
60
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2016
passione e il distacco. Al pacino vuole
fare un film. però non vuole fare
veramente un film. Vuol fare un film sul
suo mettere in scena la Salomè di
Wilde trasformandolo in un reading,
ovvero eliminando l’artificio scenico a
favore della “parola”. Ma non desidera
(solo) realizzare una rappresentazione
teatrale quanto filmare questo
desiderio. Il work in progress (che non
si esaurisce nemmeno nel finale) è
figura di uno scarto continuo tra
l’azione e l’intenzione del regista, che
arriva a confondere gli stessi attori (su
cui spicca una bravissima, sensuale,
Jessica Chastain). Cos’è un desiderio,
un’ossessione, se non la misura della
distanza tra l’intenzione e l’azione? Ciò
che accomuna pacino e Wilde, Salomè
ed Erode è il tarlo che vivifica e
corrode. Insieme, indissolubilmente.
Non diversamente da Riccardo III,
anche questo terzo lavoro di pacino è
insieme teorico e intimo, spocchioso e
umile, furioso e controllato. profondo,
perché tocca i nodi dell’arte e della
politica, dell’amore e della violenza. E
leggero, condotto sul filo di
un’inconsapevole follia. Ed è in
definitiva un ritratto sincero dell’uomo
e dell’artista pacino: un monumento
alla loro confusione, uno scherzo
semiserio, il tentativo di un’agiografia al
contrario: all’artista che fallì due volte,
come regista cinematografico e come
regista teatrale. Riuscendo, non si sa
come, a farci innamorare di entrambi.
GIANLUCA ARNoNE
J
Ritratto sincero dell’uomo e dell’artista,
sorta di agiografia al contrario
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RoBINSoN CRUSoE
dal romanzo di dafoe una versione “solo” per bambini
TRA lE CINE-vERSIONI di Robinson
Crusoe, quella animata dei belgi Ben
Stassen e Vincent Kesteloot (già
artefici di Sammy 2) è rigorosamente
per bambini, tanto è spensierata e
volutamente infedele. Dal libro di
pennuto parlante Martedì. Suo è il
punto di vista sulla vicenda, lui il
perno dell’alleanza con Robinson, lui
ancora il baricentro morale, un
concentrato di fedeltà, spirito di
solidarietà e sete di conoscenza, che
lo spinge a proiettarsi oltre un’oasi
incontaminata in mezzo al mare. E se i
gatti prendono il posto dei cannibali
del romanzo, l’operazione ne mette tra
parentesi gli incisi più diff icili (la
questione della Fede, l’esaltazione
della cultura borghese, la fiducia nella
missione civilizzatrice degli inglesi)
per lasciarsi andare a una baraonda
coloratissima di corse, fughe e
capitomboli. Nel tentativo di cavalcare
l’onda zoofila dell’animazione
americana (da Madagascar a
Zootropolis) senza averne però il
tratto (piacevole ma sostanzialmente
anonimo) o la sensibilità.
Dafoe, capostipite del romanzo di
avventura, sopravvivono i nomi, i
pirati, il pappagallo e poco altro.
Robinson è l’ospite inatteso tanto
dell’isola quanto del film, mentre le
star sono gli animali, a partire dal
GIANLUCA ARNoNE
film di denuncia sociale; l’andamento
semidocumentaristico di determinate
sequenze, peraltro, è bilanciato da un
buon comparto tecnico in cui spicca la
bellissima fotografia che regala scorci
dell’affascinante paesaggio yemenita,
diviso fra i quadri urbani della capitale
Sana’a (amata, a suo tempo, anche da
pasolini) e quelli agricoli delle sue
colline con vista sul deserto.
Schematica ma coerente, e nonostante
qualche ingenuità registica e recitativa,
l’accusa lanciata da Al-Salami contro la
pratica delle spose bambine e
dell’infanzia violata, riesce a superare la
giustificazione del film “necessario” per
divenire opera filmica, magari acerba e
irrisolta, ma degna di rispetto sotto il
profilo cinematografico.
J
In sala
Regia Ben Stassen, Vincent Kesteloot
Genere Animazione (90’)
LA SPoSA
BAMBINA
Un film di denuncia dalla
prima regista yemenita
della storia
In uscita
Regia Khadija Al-Salami
Con Reham Mohammed
Genere Drammatico (96’)
NEllO yEMEN dei nostri giorni,
Nojoom è una bambina di dieci anni
che il padre, a causa delle ristrettezze
economiche in cui versa l’intera
famiglia, dona in sposa a un uomo
maturo. La volontà della bambina,
tuttavia, e l’urgenza di riaffermare i
propri diritti come persona,
riusciranno a farle ottenere il divorzio
nonostante la giovanissima età. Scritto
e diretto da Khadija Al-Salami, prima
donna yemenita a stare dietro la mdp,
La sposa bambina ha tutte le
caratteristiche, tra pregi e difetti, del
GIANFRANCESCo IACoNo
maggio 2016
J
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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i film del mese
CoLPo dI
FULMINE
TUTTI VoGLIoNo
qUALCoSA
HHHHH
Come Richard Linklater nessuno
mai: ritorno al college, benvenuto
alla vita
Anteprima
Regia Richard Linklater
Con Blake Jenner, Tyler
Hoechlin
Genere Commedia (116’)
ON è commerciale,
bensì spirituale: un
“sequel spirituale” a
Dazed and Confused, la teencomedy di Richard Linklater,
anno di grazia e high-school
N
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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1993. 23 anni dopo, le
lancette hanno fatto il giro,
anzi, il decennio: non più i
‘70s, ma gli ‘80s, con un
pezzo dei Van Halen,
Everybody Wants Some, a far
da titolo. Tutti vogliono
qualcosa, Linklater,
innanzitutto, vuole la buona
musica, dai Blondie ai Dire
Straits. E un mucchio,
moderatamente, selvaggio:
agosto 1980, vacanze agli
sgoccioli, il semestre
incombente, un piccolo
college del Texas, un
lanciatore, Jack (Blake Jenner,
pulitino), che bussa alla porta,
e trova la sua squadra.
Baseball. ovvero, bevute,
feste e ragazze, ragazze,
ancora ragazze: da Jenner a
Tyler Hoechlin, che fa il gallo
del pollaio McReynolds, fino
al più bravo di tutti, l’ironico
Glen powell nei panni del
kerouac-style Finnegan, gli
attori sono assai in parte, lo
Zeitgeist pervade lo schermo,
la nostalgia si fa canaglissima,
gli echi di American Graffiti e
Animal House prendono gli
occhi e, sì, i cuori. Troppo
maschio, il film? Forse, anzi,
sì: e allora? Linklater, divertito
e divertente, scuote la noia di
dosso al genere, e realizza un
instant-cult o instant-classic
fate voi: Tutti vogliono
qualcosa, ma in pochi sanno
che cosa. Lui lo sa:
operazione cinefila e meta-
RdC_maggio_2016_RdC_ 29/04/16 11:07 Pagina 63
In uscita
VIAGGIo dA
PAURA
Tre giovani sulla strada da Abu dhabi
a Beirut: commedia acuta
cinematografica, ti riporta
negli anni ’80 come sulla
luna, nel senso che lo fa
realmente e, insieme,
immaginificamente.
Insomma, un’impresa, che
nulla lascia inesplorato:
competizione e maschi
alpha, sport, (senso del)
gruppo e “del doman non
v’è certezza”,
corteggiamento e cotta, e di
tutto di più, dalla disco al
club punk, dal bar Urban
Cowboy al materasso ad
acqua a rischio esplosione.
per capire quanto sia difficile
un film così, pensate alle
porcherie infilate nel
serbatoio teen stelle &
strisce e scongelate il
pomeriggio televisivo,
ritornate con la memoria ai
Che ne sarà di noi del
cinemino nostro e, sì, ditelo:
Come Richard Linklater
nessuno mai.
FEdERICo PoNTIGGIA
J
OMAR, RAMI E jAy, tre
giovani e un lungo viaggio
in auto da Abu Dhabi sino
a Beirut per rendere
omaggio alla tomba di un
amico comune. Questa la
premessa, di per sé esile e
non troppo originale, su cui
poggia un frizzante roadmovie arabo incentrato
sulle peripezie affrontate
dal gruppo di amici lungo il
percorso. Tra fermi di
polizia, avventure
sentimentali e persino un
coinvolgimento diretto
nella guerra civile siriana, i
tre protagonisti
raggiungeranno la loro
meta agognata e, si spera,
anche l’età adulta. Diretto
dal giovane Alì Mostafa,
Viaggio da Paura (in
originale From A to B), e
nonostante l’orribile titolo
italiano, vanta due
innegabili pregi: una regia
accorta e padrona del
mezzo (notevoli, per una
commedia di questo tipo,
determinate scene risolte
tutte in piano-sequenza), e
un approccio morbido, ma
non privo di ironico
criticismo, alla
fondamentale unità del
mondo arabo e, allo stesso
tempo, alle peculiarità di
ogni singola nazione che
rendono la realtà, dinanzi
allo sguardo spesso
superficiale di noi
“occidentali”, molto più
sfaccettata di quanto
possa sembrare in
apparenza; che sia infine
una commedia spensierata
a battere su questo punto,
è di per sé un elemento su
cui sarebbe bene riflettere.
GIANFRANCESCo IACoNo
J
Regia Alì Mostafa
Con Fahad Albutairi, Shadi
Alfons
Genere Commedia (108’)
maggio 2016
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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LEONE F ILM GR OUP
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i film del mese
SAINT AMoUR
Road movie e umorismo garbato, ancora una volta nel segno di delépine e Kervern
Anteprima
Regia Benoît Delépine e Gustave Kervern
Con Gérard Depardieu, Benoît poelvoorde
Genere Commedia (101’)
GERARD DEpARDIEU è Jean, un ruvido
ma cordiale allevatore alle prese con il
già maturo figlio Bruno (Benoît
poelvoorde), pasticcione inconcludente
con una certa propensione all’alcol e
allo spleen esistenziale. Nel tentativo di
scuotere Bruno e di rinsaldare i legami
familiari, Jean decide di portare con sé
il figlio in un viaggio on the road
attraverso la Francia, lungo un’ideale
route des vins che congiunge il più
vitale Midi con il grigio e serioso nord
del paese.
Scarrozzati ai quattro angoli della
Francia da Mike, giovane tassista
parigino con la puzza sotto il naso,
padre e figlio affrontano una serie di
episodi grotteschi scanditi dagli
incontri, sempre diversi, con il gentil
sesso: tra cameriere ossessionate dal
deficit nazionale e insospettabili
ninfomani, sino all’incontro con una
misteriosa ragazza dai capelli rossi che
li sorprenderà con una richiesta molto
particolare, Jean, Bruno e Mike avranno
modo di ripensare la propria vita e di
accettare ciò che ogni nuovo giorno
porta con sé. Meditazione stralunata
sull’imprevedibilità del quotidiano, sul
vagabondaggio come occasione di
apertura verso l’altro, in perenne bilico
tra il dolce e l’amaro, la commedia
firmata e diretta dal duo Benoît
Delépine e Gustave Kervern può
contare su un cast in gran forma,
specialmente su di un Depardieu
misurato, nonostante la mole fisica
ormai debordante, e su di una
sceneggiatura atipica che riesce, proprio
e nonostante l’evidente disorganicità
degli episodi, a trovare un assetto
stabile che permette di seguire con
coerenza il percorso individuale dei
singoli personaggi e il loro progressivo
affiatamento man mano che i chilometri,
e i litri di vino, vengono macinati. Saint
Amour, in sostanza, è un film dotato di
un umorismo garbato, mai invadente,
forse a volte leggermente sottotono, e
tuttavia in grado di insinuare, scena
dopo scena, il sospetto che a volte siano
sufficienti anche tocchi delicati e poco
clamore per riflettere sui piccoli e grandi
casi della vita.
GIANFRANCESCo IACoNo
J
Cast in gran forma, Depardieu misurato
nonostante la mole debordante
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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i film del mese
FLoRIdA
I ricordi che svaniscono e quello che ci ostiniamo a non lasciar andare via. Toccante
In sala
Regia philippe Le Guay
Con Jean Rochefort, Sandrine Kiberlain
Genere Drammatico (110’)
ClAUDE lhERMINIER ha poco più di
80 anni. Ma non ha ancora perso
charme e presenza. Elegante nel suo
completo di lino, lo incontriamo a
bordo di un aereo diretto in Florida. A
Miami, per la precisione: l’uomo ha
deciso di andare a trovare la figlia più
giovane, Alice, sposata con un
americano e ormai trasferitasi lì. Ma
torniamo un attimo indietro, alle
settimane precedenti il viaggio: Claude
è nella sua casa immersa nel verde,
sullo specchio del bagno appunta brevi
promemoria per non dimenticare le
cose, in più ogni giorno rende la vita
impossibile alla signora che si occupa di
lui. Sì, perché Claude ormai ha difficoltà
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a ricordare, ma non ha dimenticato
come si fa a stare sempre al centro
dell’attenzione. Lo sa bene Carole, la
figlia più grande, madre single di un
ragazzo di 20 anni che, oltre a doversi
preoccupare del lavoro e della sua vita
sentimentale, è l’unica rimasta a
prendersi cura del padre. E Claude fa di
tutto per non passare inosservato
(finge cadute, nasconde l’orologio e poi
sostiene gli si sia stato rubato),
soprattutto si impegna a non ricordare
ciò che potrebbe farlo smettere di
andare avanti. Dopo Molière in
bicicletta philippe Le Guay si concentra
sull’incapacità di razionalizzare il dolore
(o sulla volontà di opporsi ad esso con
tutte le forze): Claude – che Rochefort
interpreta con la solita, incredibile
maestria – è un uomo che deve fare i
conti con continui vuoti di memoria, che
ogni giorno si sveglia e come prima cosa
vorrebbe sentire la figlia ormai lontana,
dicendo a tutti che Alice tornerà presto
a trovarlo, perché tra poco è il suo
compleanno. È un incessante andirivieni
tra i ricordi (quelli veri) e il presente
(quello spesso immaginato) di Claude,
che la figlia Carole cerca di accudire
come meglio può. Ma è nell’assenza di
Alice, nell’ostinazione a voler bere solo il
succo con le arance della Florida, nel
non voler ricordare che cosa accadde
realmente alla figlia che comprendiamo
fino in fondo quest’uomo. Un film su
quello che resta. E sull’impossibilità di
dimenticare chi non c’è più.
VALERIo SAMMARCo
Incredibile Rochefort, altra grande
interpretazione per l’attore 86enne
J
IL CINEMA DI TV2000
Per scoprire
scoprirelalaprogrammazione
programmazione
www.tv2000.it/docfilm
www.tv2000.it/docfilm
Canale28 Sky140 TivùSat18
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Se ci
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vedi.
Canale28 Sky140 TivùSat18/tv2000docfilm
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i film del mese preview
a cura di Manuela Pinetti
EL CLAN
Io PRIMA dI TE
NoW YoU SEE ME 2
lA NORMAlITà della violenza
nell’Argentina degli anni ottanta
attraverso la ricostruzione della storia
della famiglia puccio, benestante e
borghese, che normale lo era soltanto
in apparenza. omicidi, rapimenti e
ricatti erano azioni che compivano
abitualmente, proprio come l’andare a
messa ogni domenica. Grande
successo di pubblico in patria, Leone
d’Argento per la miglior regia a
Venezia 72.
J
wIll (Sam Claflin, Finnick odair di
Hunger Games) è giovane, ricco,
attraente, intelligente. Entro sei mesi
praticherà l’eutanasia: tetraplegico
dopo un incidente, non vuole più
vivere. La sua quotidianità è travolta
dalla briosa Louise (Emilia Clarke,
Daenerys Targaryen di Game of
Thrones), la nuova badante.
Romanticismo ad alto tasso
drammatico dall’omonimo romanzo di
Jojo Moyes, anche sceneggiatrice. J
I qUATTRO CAvAlIERI (Jesse
Eisenberg, Woody Harrelson, Dave
Franco, Lizzy Caplan) sono costretti a
inventare un nuovo spettacolo di magia,
ovvero una truffa, ma più spettacolare e
pericolosa delle precedenti. Un anno
dopo aver incantato il pubblico
distribuendo denaro rubato ai ricchi, la
vera sfida arriverà da un giovane genio
del computer assetato di vendetta.
Sequel di Now You See Me - I maghi del
crimine ( 2013).
J
Regia pablo Trapero
Con Guillermo Francella, peter Lanzani
Regia Thea Sharrock
Con Emilia Clarke, Sam Claflin
Regia Jon M. Chu
Con Jesse Eisenberg, Daniel Radcliffe
THE CoNJURING 2 L’EVoCAZIoNE
ANGRY BIRdS - IL FILM
WARCRAFT - L’INIZIo
ED E lORRAINE wARREN,
investigatori del paranormale e
demonologi, tornano sul grande
schermo. Il caso stavolta è quello noto
come poltergeist di Enfield, dal nome
della cittadina vicino Londra in cui nel
1977 una famiglia con quattro bambini
si ritrovò con la casa infestata da
presenze sovrannaturali. A dirigere e
co-scrivere c’è James Wan, regista già
del primo film e creatore della saga
horror di Saw.
J
ANChE GlI UCCEllI si arrabbiano.
Stufo di essere preso in giro, l’uccello
Red prima diventa molto irascibile,
poi viene spedito a un corso per
controllare la rabbia. Qui incontra
Chuck e Bomb, uccelli pure loro ma
con altri problemi personali da
risolvere. Insieme dovranno scoprire
cosa c’è dietro l’arrivo dei Maiali
(ovviamente verdi) a Bird Island.
Basato sulla celebre – e omonima serie di videogiochi.
J
AzEROTh è un pianeta simile alla
Terra: molta acqua, qualche
continente emerso, tante specie
viventi diverse. È un regno pacifico, e
quando dal nulla appaiono gli orchi,
in fuga dal loro pianeta ormai
invivibile, gli abitanti di Azeroth
sembrano soccombere a questa
invasione violenta. Adattamento
cinematografico di Warcraft: Orcs &
Humans, primo videogioco – datato
1994 - della saga di Warcraft.
J
Regia James Wan
Con patrick Wilson, Vera Farmiga
Regia Clay Kaytis, Fergal Reilly
Con le voci di Jason Sudeikis, Josh Gad
Regia Duncan Jones
Con Ben Foster, Toby Kebbell
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Dvd /// Blu-ray /// SerieTv /// Borsa del cinema /// Libri /// Colonne sonore
tele
in queSto numero
Dio esiste e vive a Bruxelles e
Steve Jobs in homevideo.
Romero e pietrangeli da sfogliare
Su Netflix arriva Marseille.
MacFarlane in Italia con
il dissacrante Bordertown
A CURA DI Valerio Sammarco
l’ultimo Tarantino
arriva in salotto. Da
non perdere
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TElECOMANDO
/// Dvd e Blu-ray ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
SteVe
JobS
In Blu-ray, Dvd e vOD il
grande ritratto firmato Aaron
Sorkin e Danny Boyle
iscutere Steve jobs? Si può. Senza
apologia o critica fine a se stessa,
ma concentrandosi su tre momenti
topici della sua carriera, tutti alla vigilia di
tre importanti lanci commerciali, il 1984
(prima del flop Macintosh), il 1988 (prima
del flop NeXT), il 1998 (prima dell’incredibile successo dell’iMac): nel dietro le quinte di
quei velocissimi e al tempo stesso interminabili minuti, ci avviciniamo sempre di più
alla controversa figura di jobs, maniaco del
controllo e della perfezione, costretto ad
improbabili incontri negli attimi precedenti
le presentazioni dei prodotti e incapace di
gestire il suo rapporto con la figlia lisa, nata
nel ’78 ma che riconobbe solo nel 1986. è
questa la scommessa vinta da Aaron Sorkin,
che dopo il Mark zuckerberg di The Social
Network si concentra sul guru della Apple.
Copione a prova di bomba, che Danny Boyle sapientemente riesce a trasformare in appassionante racconto filmico. Anche grazie
allo straordinario Michael Fassbender e alla
grande spalla fornitagli da Kate winslet
(Golden Globe), bravissima e al limite del riconoscibile nei panni dell’assistente, marketing executive joanna hoffman. Un film che
non ha ottenuto quello che meritava, né in
termini di pubblico né in termini di riconoscimenti. l’occasione per recuperare è data
dall’arrivo (il 25 maggio) in Blu-ray, Dvd e
vOD (on Demand): oltre al film, attenzione
ai contenuti speciali, dove è disponibile
“Dentro jobs: il making of del film”, poi il
commento del regista, dello sceneggiatore
e del montatore (Elliot Graham).
D
DiStr. UNIvERSAl pICTURES h.E.
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Laclasse
deiclassici
a cura di Bruno Fornara
Il testamento del
mostro
Perfect Day
Riuscito dramedy firmato dal regista Fernando león de Aranoa, ora
disponibile in homevideo (anche
in Blu-ray) dal 3 maggio. Ambientato nei Balcani, nel 1995: la guerra dovrebbe essere finita, ma c’è
ancora tantissimo lavoro da fare.
Mambru e B, due veterani del
soccorso umanitario, solcano le
strade della Bosnia cercando di
mettere pezze qua e là. l’arrivo
della francesina Sophie, novizia
della missione, dell’aiuto interprete Damir e l’improvvisata della
bella Katja, una vecchia fiamma di
Mambru, adesso fidanzato, infoltiscono il gruppo e complicano le
cose. Con Benicio Del Toro, Tim
Robbins, Olga Kurylenko, Melanie
Thierry, Fedja Stukan, Eldar Residovic, Sergi lópez. Making of negli extra.
dISTR. CG ENTERTAINMENT
La grande scommessa
One Chance
Sette opere di misericordia
Scene
eliminate Quotazioni: il
casting - Il
grande salto:
Adam McKay
- Eroi improbabili: i
personaggi de La grande
scommessa - Il castello di
carte: l’ascesa della caduta Realismo: ricreare un’epoca.
Questi gli interessanti extra
che arricchiscono il bel film
di McKay, vincitore
dell’oscar per la miglior
sceneggiatura non originale
e incentrato sull’unico uomo
che, nel 2005, aveva
p revisto l’imminente crollo
del mercato immobiliare
USA. Grande cast.
Atteso sugli
schermi
italiani per
anni, One
Chance
(2013) uscirà
invece Direct to Video.
Diretto da David Frankel
(Il diavolo veste Prada), il
film racconta la vera storia
di paul potts (James
Corden), timido
commesso vittima di
bullismo che aspira a
diventare un cantante
d’opera. Dopo essere
stato scelto da Simon
Cowell per “Britain’s Got
Talent”, paul diventa
immediatamente una star
di YouTube. Da recuperare.
Recentemente
in sala con i
gemelli De
Serio vengono
recuperati
anche in Dvd:
il loro precedente film,
ambientato a Torino, segue
le vicende di Lumita
(olimpia Melinte), immigrata
romena. La ragazza vive
grazie al borseggio, ma
deve dare tutti i suoi
guadagni a coloro che la
obbligano a rubare. Fino a
quando non incontra
Antonio (Herlitzka), anziano
e malato, che vive in
condizioni di precariet à. La
ragazza inizia a spiarne le
mosse.
dISTR. UNIVERSAL pICTURES H.E.
dISTR. BIM
Jean Renoir realizzò il film
per le sale e per la tv. Sul
set adottò il sistema
televisivo, con più
cineprese: “Lavoravo con
tre o quattro macchine da
presa. Gli attori erano
entusiasti, consideravano
la mia proposta come una
rivincita sul crudele ‘stop’
del regista. Jean-Louis
Barrault interpretò quel
duplice ruolo, quasi fosse
un ballerino. per operare
la trasformazione da
Jekyll a Hyde non ricorse
a nessun trucco. Si
accontentò di una
dentiera e di una parrucca
irsuta”.
“È uno dei film maledetti
di Renoir – disse François
Truffaut –. L’espressione
di cui si fa abuso, ‘dirigere
gli attori’, prende qui il
suo senso reale, quando
Barrault, irriconoscibile in
un ruolo quasi danzato,
aggredisce
freneticamente i passanti
per la via. Animare un
essere umano inventato,
chiedergli di scivolare,
anziché camminare,
dotarlo di una
gesticolazione
immaginata, caricarlo di
una brutalità astratta e
delirante, ecco un sogno
d’artista, un sogno di
cineasta”.
Regia Jean Renoir
Con J-L. Barrault, B. Margollé
Genere Noir (Francia, 1959)
distr. Sinister Film
dISTR. CG ENTERTAINMENT
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l
/// Dvd e Blu-ray ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
TElECOMANDO
i
o
di
e
Irrational Man
proprio in
concomitanza
con l’apertura del
Festival di
Cannes (11
maggio) – dove
sarà presente con il nuovo
Café Society – Woody Allen
arriva nei nostri salotti con il
precedente Irrational Man: in
Blu-ray e Dvd la dark comedy
interpretata da Joaquin
phoenix e Emma Stone, già
apprezzata dal pubblico
italiano (al box office oltre 5
milioni di euro). Negli extra “on
the Red Carpet: Los Angeles ”,
“Film premiere” e photo
Gallery.
dISTR. WARNER BRoS. H.E.
True Detective 2
n
e
n
Dalla Louisiana
alla California. La
seconda stagione
di True Detective
è disponibile
(anche in Blu-ray)
dal 25 maggio. Gli 8 episodi
della serie oltre a numerosi
contenuti speciali, tra cui “La
realizzazione del Massacro di
Vinci”: approfondimento di 20
minuti sulla realizzazione di
una delle scene chiave del
quarto episodio; “per saperne
di più su True Detective”: le
interviste al cast e al
produttore esecutivo Scott
Stephens; “La California di True
Detective”: riprese aeree degli
incredibili paesaggi, con la
colonna sonora di T Bone
Burnett; “Commenti audio”:
con gli attori (Farrell, Vaughn,
McAdams, Kitsch), il
produttore esecutivo e con il
creatore della serie, produttore
esecutivo, sceneggiatore Nic
pizzolatto.
dISTR. WARNER BRoS. H.E.
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The Hateful Eight
Anche in Blu-ray limited Edition l’ultimo Tarantino. Con molti extra
È disponibile dal 26 maggio – in
Blu-ray Standard e Limited Edition
e in Dvd – l’ultima fatica di Quentin
Tarantino. Concepito e realizzato
nel “glorioso Ultra panavision 70”,
The Hateful Eight arriva arricchito
da interessanti extra: featurette,
70mm worldwide, B-Roll e musiche
da oscar, approfondimento sulla
colonna sonora firmata dal nostro
Ennio Morricone, premiato
dall’Academy. Qualche anno dopo
la Guerra civile, una diligenza corre
attraverso il Wyoming innevato. I
passeggeri, il cacciatore di taglie
John Ruth (Kurt Russell) e la donna
che ha catturato, Daisy Domergue
(Jennifer Jason Leigh), sono diretti
verso la città di Red Rock dove
Ruth consegnerà Domergue nelle
mani della giustizia. Lungo la
strada incontrano due sconosciuti:
il maggiore Marquis Warren
(Samuel L. Jackson), spietato
cacciatore di taglie, e Chris Mannix
(Walton Goggins), un rinnegato
del Sud che sostiene di essere il
nuovo sceriffo della città.
A causa di una bufera di neve,
Ruth, Domergue, Warren e
Mannix cercano rifugio
nell’emporio di Minnie. Quando
arrivano, non trovano la
proprietaria, ma quattro facce
sconosciute. Bob (Demian Bichir)
che si occupa del rifugio mentre
Minnie è in visita alla madre;
oswaldo Mobray (Tim Roth), il
Boia di Red Rock; il mandriano
Joe Gage (Michael Madsen) e il
Generale confederato Sanford
Smithers (Bruce Dern). Mentre
infuria la tempesta, i nostri otto
viaggiatori scopriranno che forse
nessuno di loro riuscirà mai ad
arrivare a Red Rock.
dISTR. 01 DISTRIBUTIoN
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Dio esiste e vive a Bruxelles
Interviste e non solo nei contenuti speciali
Tra i casi cinematografici
della scorsa stagione, il
film del visionario Jaco
Van Dormael arriva in
Blu-ray e Dvd dal 19
maggio. Appartamento
tre camere con cucina e lavanderia,
senza una porta di entrata e di uscita.
Non è facile essere la figlia di Dio. Ea,
11 anni, lo sa bene: suo padre è odioso
e antipatico e passa le giornate a
rendere miserabile l’esistenza degli
uomini. Come risolvere questa
situazione? Dopo l’ennesimo litigio, Ea
scende tra gli uomini per scrivere un
“nuovo” Nuovo Testamento che ci
permetta di cercare la nostra felicità.
prima di andarsene, però, usa il
computer del padre per liberarci dalla
più grande delle nostre paure inviando
a ciascun essere umano un sms con la
data della propria morte. Negli extra:
interviste ai protagonisti, il doppiaggio
– Frankie hi-nrg mc e il tour
promozionale (Bologna e Roma).
dISTR. KoCH MEDIA
Creed
Il rilancio della saga
di Rocky. Con Michael
B. Jordan e Sly
“Un passo alla
volta, un pugno
alla volta, una
ripresa alla
volta”. Rocky
Balboa è
tornato. Stavolta nelle vesti
di allenatore: per provare a
trasformare il talento grezzo
di Adonis Johnson in
qualcosa di più. Ma, per il
ragazzo, convincere il
vecchio campione di
philadelphia a prendersi cura
di lui non è così semplice:
dirgli di essere il figlio
biologico di Apollo Creed,
antico rivale sul ring e
grande amico nella vita, non
basta. Servirà, invece, fargli
capire che anche lui è nato
per combattere.
A metà strada tra
operazione nostalgia e
rilancio di una tra le saghe
cinematografiche più amate,
quella di Rocky, il film di
Ryan Coogler arriva in
homevideo dall’11 maggio
(Dvd e Blu-ray), con
interessanti contenuti
speciali: oltre alle scene
eliminate, “Becoming
Adonis”, per scoprire come
Michael B. Jordan si è
preparato per le scene di
allenamento e i
combattimenti; “Know the
past, own the Future”: Il
cast e la troupe parlano
delle sfide affrontate nel
costruire la serie di Rocky.
dISTR. WARNER BRoS. H.E.
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TElECOMANDO
/// Serie Tv ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -------
Marseille
[netflix]
Dal 5 maggio l’attesa serie con Gérard Depardieu. Ispirata a House of Cards
A
pertamente ispirata al serial
cult House of Cards, arriva
finalmente su Netflix (dal 5
maggio) Marseille. Ambientata
naturalmente nell’antica città
portuale francese, la serie segna il
debutto di Netflix nella produzione
e realizzazione di un format
europeo. Otto puntate incentrate
sulla figura di Robert Taro,
interpretato da Gérard Depardieu,
piccolo schermo
76
sindaco di Marsiglia da ormai
vent’anni.
Prima delle elezioni, ormai alle
porte, Taro vuole lasciare un segno
importante della sua gloriosa
amministrazione: costruire un
casinò nel centro storico della città.
E per far sì che il progetto venga
accettato è disposto a tutto. Ma
deve guardarsi dall’ambizione di
Lucas Barrès (Benoit Magimel), suo
successore designato, giovane
leader già in odore di successo
politico. E proprio per questo,
capace anche di mettere il bastone
tra le ruote al sindaco in carica,
figura che i signorotti dell’economia
cittadina non vedono l’ora di levarsi
di torno. Ed in una città così
passionale come Marsiglia, la lotta
per il potere, crediamo, non farà
prigionieri.
a cura di Federico pontiggia
bordertown
Gary cooper
rock ‘n’ roll!
fox animation
Studio universal
Studio universal
Dal 4 maggio ogni
mercoledì alle 22.50, la
serie animata di Seth
MacFarlane: formato
bifamiliare, registro
graffiante.
A 55 anni dalla morte, il
lunedì alle 21:15: Sogno
di prigioniero,
Desiderio, Per chi suona
la campana, Maschere e
pugnali, Cordura.
Gli States ’50-’60, da
American Graffiti di
lucas ad Animal House
di landis: ogni martedì
alle 21.15, nostalgia
canaglia!
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wORlDwIDE
Tornare alle
proprie Radici
Su History Channel il remake della celebre
miniserie del 1977. Con Laurence Fishburne nei
panni di Alex Haley, autore del romanzo
a cura di Angela Bosetto
Preacher
(Première: 22 maggio)
AMC, atto I. per anni i fan dello
scandaloso fumetto di Garth
Ennis e Steve Dillon hanno
chiesto un adattamento, ma
questo lo aspettano sul piede
di guerra, delusi dal casting dei
protagonisti (il predicatore
texano jesse Custer ha la
faccia del britannico Dominic
Cooper e la bionda Tulip
O’hare quella dell’etiope Ruth
Negga) e dai primi trailer
ufficiali. Sarà riuscito Seth
Rogen a gestire
l’incandescente, violentissima
e blasfema materia di base
senza buttarla sulla blanda
comicità demenziale?
Feed the Beast
(Première: 31 maggio)
Roots
(Première: 30 maggio)
Debutterà su History Channel in occasione del Memorial Day il remake della
celebre miniserie del 1977, basata sul
romanzo Radici di Alex Haley. È Laurence Fishburne a dare volto allo scrittore, che ha impiegato dodici anni per
ricostruire la storia dei propri antenati,
a partire dall’avo Kunta Kinte (Malachi
Kirby), nato nel 1750 in Gambia e rapito adolescente per essere venduto in
America come schiavo. La vicenda pro-
segue con sua figlia, la ribelle Kizzy
(Anika Noni Rose), e il figlio di lei
George (Regé-Jean page), futuro padre di Tom (Sedale Threatt Jr.), primo
della famiglia a riottenere la libertà.
Nel cast anche Forest Whitaker, Anna
paquin, Jonathan Rhys Myers e
Matthew Goode, mentre a dirigere i
quattro episodi sono Bruce Beresford, Thomas Carter, phillip Noyce e
Mario Van peebles.
AMC, atto II. Dopo The Killing
(poi ceduta a Netflix), è giunto
il momento per la rete di rifare
un’altra serie danese. la scelta
è caduta su Bankerot di Kim
Fupz Aakeson e Malene
Blenkov, affidata negli USA a
Clyde phillips, produttore di
Dexter e Nurse Jackie. Tocca a
David Schwimmer e jim
Sturgess interpretare Tommy
Moran e Dion patras, due amici
che decidono di aprire un
ristorante insieme a New york.
Tra mafia, problemi personali e
guai con la legge il loro
rapporto sarà messo a dura
prova.
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/// Borsa del cinema ///------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
HoLLYWooD
(RE)MADE IN
CHINA
di Franco Montini
l’aumento esponenziale delle sale, il sestuplicarsi
dei biglietti venduti. Gli States guardano sempre
più a quel mercato
F
ast and Furious 7 ha incassato
370 milioni di dollari in Cina:
una ventina di milioni in più di
quanto il film ha rastrellato negli Usa.
Un’eccezione? Neppure per sogno,
anche l’incasso di Terminator: Genysis, tanto per citare un altro esempio,
è stato maggiore in Cina che negli
Stati Uniti: 110 milioni di dollari contro
89. In altri casi il confronto è nettamente a favore degli introiti americani, ma comunque per la produzione di
Hollywood la Cina è diventata il maggior mercato straniero, capace di produrre incassi che spesso superano il
totale degli introiti derivati dai merca-
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ti europei nel loro insieme. Tanto per
citare qualche caso eclatante in Cina
Avengers: Age of Ultron ha totalizzato
223 milioni di dollari; Jurassic World
216; Mission Impossibile Rogue Nation
132.
Mentre per quanto riguarda la produzione nazionale, il pubblico cinese privilegia la commedia, il campione d’incassi del 2015 è risultato Monster
Hunt di Jing Boran, che ha rastrellato
372 milioni di dollari, per ciò che riguarda il cinema Usa le preferenze
vanno ai fantasy d’azione, ricchi di effetti speciali, basati su trame piuttosto
semplici ed elementari. Invece, alme-
no per il momento, non ha ancora
sfondato l’animazione ed anche i
blockbuster molto apprezzati internazionalmente come Minions e Inside
Out hanno ottenuto nel mercato cinese un’accoglienza di pubblico inferiore
alle attese. Insomma esattamente il
contrario di quanto accade in Italia,
dove l’animazione Usa funziona alla
grande, mentre i fantasy con supereroi & Co. ottengono nel nostro paese
esiti decisamente inferiori rispetto agli
incassi degli altri mercati europei delle
stesse dimensioni. Complessivamente
i film stranieri distribuiti nel mercato
cinese nel 2015 hanno fruttato 2,6 mi-
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Surfing
liardi di dollari, contro i 4,5 miliardi
della produzione nazionale. Il risultato
dei film stranieri è clamoroso, se si
pensa che la distribuzione di film stranieri è soggetta a quote e consente di
far arrivare in sala non più di 34 titoli
ogni anno.
Il mercato cinematografico cinese è in
una fase di rapidissima e incalzante
crescita; in soli cinque anni, dal 2010
al 2015, il numero dei biglietti venduti
è aumentato di quasi sei volte: da
286 milioni a 1.260 milioni. In soli due
anni, dal 2013 al 2015, la frequenza al
cinema per abitante si è raddoppiata:
da 0,45 volte all’anno a 0,90. Solo nel
2015 sono stati realizzati 1200 nuovi
cinema per un totale di oltre 8mila
nuovi schermi. Complessivamente oggi in Cina sono attivi 31mila schermi.
Di fronte a questi numeri si capisce
benissimo perché Hollywood guardi
sempre più spesso alla Cina e la produzione degli studios si stia orientando, come in parte già accaduto, a realizzare film prevedendo anche la realizzazione di una seconda versione
corretta, destinata al mercato cinese
con l’inserimento di personaggi e attori orientali. Il rischio è che l’esplosione di questo nuovo enorme mercato
spinga le grandi case di produzione
ad investire sempre più su pochi film
di grande impatto spettacolare a danno del cinema d’autore. Se negli ultimi
tempi ad Hollywood si riciclano le
stesse idee e latitano i film di qualità,
forse non è solo responsabilità di una
crisi creativa, quanto delle politiche di
investimento determinate da inedite
opportunità di nuovi, grandi guadagni.
@Marco_Spagnoli
Viatico per la celebrità
Bello o brutto conta poco: “purché se ne parli”
A
giudicare dal
moltiplicarsi
degli account di
attori, attrici, registi e
talent su Instagram e
Twitter, ma anche su
social considerati più
‘tradizionali’ come
Facebook, il mondo
dell’entertainment si
sta trasferendo nel
reame digitale allo
scopo più o meno
dichiarato di creare
nuove sinergie e
possibilità e, al tempo
stesso, tagliare i ponti
con i vecchi sistemi di
comunicazione,
stabilendo una
differente modalità di
interagire con il
pubblico attraverso i
Social Media.
Tutto, dunque, sembra
cercare una nuova linfa
in Internet dove ogni
gesto, azione e
immagine può
determinare una
reazione immediata,
un test, una risposta
del pubblico reale e
potenziale in maniera
concreta. Se non c’è
dubbio che la ‘mala
gestione’ di un
account pubblico di
una celebrità non
possa fare altro che
danneggiarne
l’immagine e la
carriera, difficile dire
se il tam tam del web
possa o meno
compromettere l’esito
di un film: nel caso
dell’ultimo Batman v
Superman, a dispetto
di una qualità
quantomeno
discutibile, gli incassi
domestici statunitensi
hanno, comunque,
sfondato il tetto dei
300 milioni di dollari.
Il clamore, per quanto
negativo, non si
tradurrebbe, quindi,
mai in qualcosa di
realmente dannoso
per un prodotto. A
conferma del celebre
motto del press agent
italiano Enrico
lucherini “purché se
ne parli” in grado di
ribaltare la cauta
visione protezionistica
della hollywood degli
anni ‘50, raccontata
anche nel film dei
fratelli Coen, Ave
Cesare.
Ad ulteriore riprova dei
benefici derivati dallo
sparigliare le carte, il
libro Kardashian
Dynasty del giornalista
investigativo Ian
halperin racconta che i
celebri video hard di
Kim Kardashian e paris
hilton sarebbero stati
deliberatamente fatti
arrivare su Internet per
creare una scorciatoia
verso la celebrità per
due ragazze di scarso
talento. Un’ipotesi
inquietante, smentita
dalle dirette
interessate, che, però,
hanno invece goduto
di benefici concreti ed
oggi hanno due
account Twitter
rispettivamente di 32 e
13 milioni di follower in
grado di raggiungere
(da sole) un pubblico
enorme.
paris hilton
e Kim
Kardashian
NON SOLO “CRISI
CREATIVA”, MA
INVESTIMENTI
DETERMINATI
DA OPPORTUNITÀ
DI NUOVI
GUADAGNI
maggio 2016
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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TElECOMANDO
/// libri ///------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Romero
da paura
L’omaggio del Lucca
Film Festival al grande
regista horror. Poi un
secolo di cortometraggi
e Larraín
Il regista George
A. Romero
Il padre degli zombie
Claudio Bartolini
(a cura di)
George A.
Romero. Appunti
sull’autore
Nato in occasione della retrospettiva con cui il Lucca Film
Festival 2016 ha omaggiato il
padre cinematografico dei
morti viventi, questo volumetto analizza i vari aspetti
della carriera, della poetica e
dell’universo di Romero attraverso una serie di saggi tema-
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2016
tici firmati da diversi autori,
con prefazione di Mauro Gervasini e postfazione di Roy
Menarini. Si va dalla metafora
sociale rappresentata dagli
zombi (Gianluca pelleschi)
all’attacco del regista contro
le regole di Hollywood (Giona
A. Nazzaro), dal rapporto con
l’Italia (Davide pulici) a quello
con la critica (Raffaele Meale). Assumetelo quale antidoto alla sciatteria ripetitiva di
The Talking Dead (Romero
cit.) e, come ama ripetere zio
George ai suoi fan, “Stay Scared!”
(Bietti, pagg. 114, € 12,00)
ANGELA BoSETTo
Amore corto
Sergio Arecco
Il cinema breve.
da Walt disney a
david Bowie
Non di solo lungometraggio vive il cinema, con il corto come
la mettiamo? Studioso e saggista di comprovata perizia, Sergio Arecco firma il Dizionario
del cortometraggio 1928-2015.
Commenta Goffredo Fofi, “È
un dono senza pari”. oltre 200
corto e mediometraggi con-
templati, che possono essere
“concentrazione, divagazione,
episodio, appunto, colpo d’occhio”, è un volume poderoso e
insieme lieve, per come sa raccontare questi “fratelli minori”
con competenza, interesse e
appetito. Dal waltdisneyano
Steamboat Willie al Blackstar
di David Bowie, passando per
il Van Gogh di Resnais e Non
cadranno foglie stasera di
Tarkovskij, un carrellata dotta
e ghiotta: imperdibile, perché
Godzilla non ha ragione, “size
does not matter”.
(Cineteca di Bologna, pagg.
496, € 20,00)
FEdERICo PoNTIGGIA
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Hanno scoperto Pablo!
Juri Saitta
Il cinema di
Pablo Larraín
Una prima monografia. Arriva
al momento giusto, al giro di
boa della vita e della carriera.
perché sono 40 anni ad agosto. E perché Hollywood si è
accorta di lui, affidandogli il
biopic su Jacqueline Kennedy
(portman). Con una manciata
di film, da Tony Manero all’ultimo lacerante El Club, si è ritagliato uno spazio importante
nel panorama internazionale,
rinnovando, anzi trascendendo,
la tradizione latina del cinema
di impegno politico a favore di
una forma virulenta e allucinatoria di denuncia storico-sociale. L’autore ripercorre le tappe
con una ricognizione filmografica lineare, attenta ai motivi
tematici, culturali e stilistici di
un’opera destinata ancora a
sorprendere e turbare.
(Il Foglio, pagg. 141, € 12,00)
GIANLUCA ARNoNE
Nessuno come Hayao
Matteo Boscarol
I mondi di
Miyazaki.
Percorsi filosofici
negli universi
dell’artista
giapponese
Nonostante l’annuncio del suo
ritiro come regista e animatore,
risalente al 2013, Miyazaki rimane tuttora, il tramite più immediato per accedere al mondo del cinema e della cultura
giapponesi. A partire dall’ultimo lavoro, Si alza il vento, con
le critiche che ha sollevato, i
saggi di Luigi Abiusi, Alberto
Brodesco, Marco Casolino, Andrea Fontana, Marcello Ghilardi, Massimo Soumaré e Roberto Terrosi ripercorrono la carriera del maestro nipponico
creando connessioni e aprendo piste interpretative. Di certo
la sua leggerezza narrativa,
l’antimilitarismo e la dimensione sacrale della natura, la scelta di protagoniste indipendenti
e creative sono la sua cifra stilistica, il suo modo di illuminare i
sogni e donarci speranza.
(Mimesis, pagg. 122, € 12,00)
Gattopardo
lui
le conosceva
bene
le figure femminili nel cinema di
pietrangeli. Da Irene Galter alla
Sandrelli, icone tragiche
di Chiara Supplizi
CHIARA SUPPLIZI
Stefania Sandrelli
in Io la conoscevo bene
Kinski segreto
Stefano Loparco
Klaus Kinski. del
Paganini e dei
capricci
Di Klaus Kinski si conoscono gli
amori e odi viscerali, le crisi
creative, gli eccessi, le avventure rocamboleschee le superbe
performance attoriali. Lasciando ampio spazio alle testimonianze di chi – da Tatti Sanguineti e George Hilton a Debora
Caprioglio – ha intrecciato un
legame con l’attore polacco, il
libro ne segue le vicende biografiche, la carriera folgorante
e la capacità di ammaliare il
mondo del cinema. Fino ad arrivare al 1987, quando Kinski,
da sempre soggiogato dalla figura di Niccolò paganini, decide di raccontarsi nell’autobiografico film-testamento Kinski
Paganini. Un progetto ostracizzato da distributori e critica e
sconosciuto al grande pubblico su cui il libro getta una nuova luce, a volte sinistra.
(Il Foglio, pagg. 180, € 15,00)
CHIARA SUPPLIZI
piera Detassis,
Emiliano
Morreale, Mario
Sesti (a cura di)
antonio
Pietrangeli. il
regista che
amava le donne
Centro
Sperimentale di
Cinematografia/
Istituto luceCinecittà/Edizioni
Sabinae
pagg. 224
€€20,00
In un’Italia che, dopo la caduta del
fascismo, si ritrova a dover fare i conti
con i rapidi e violenti cambiamenti
imposti dal boom economico e con lo
sgretolarsi dei valori tradizionali, il
cinema di Antonio pietrangeli
mescola con leggerezza l’urgenza
morale del neorealismo e lo sguardo
ironico della commedia all’italiana. I
suoi personaggi femminili, intenti a
trovare la propria collocazione
all’interno di una società estranea e di
città in sinistra espansione, si rivelano
icone tragiche, schiacciate dalla vita,
perdenti nel confronto con la
modernità. Da Irene Galter, la timida
ragazza di provincia de Il sole negli
occhi (1953) ad Adriana, l’aspirante
attrice interpretata da Stefania
Sandrelli in Io la conoscevo bene
(1965), le sue protagoniste scontano
sulla propria pelle le illusorie
promesse del mondo contemporaneo
e i pericoli di una libertà che sono
incapaci di gestire. Mentre, smarrite e
svagate, si lasciano sedurre da
incontri, scontri e tradimenti,
rimangono intrappolate in un
universo di solitudini. I curatori, con il
supporto di studiosi italiani e
internazionali, ritraggono con
precisione uno dei maestri del cinema
italiano – penalizzato da una
prematura scomparsa, avvenuta per
un incidente sul set a soli 49 anni –, il
suo stile inconfondibile, il rapporto
con gli attori, la precisione maniacale
e la “smania” di conoscere,
progettare, raccontare.
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TElECOMANDO
/// Colonne sonore ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
‘80 VoGLIA dI SEqUEL
Tutti vogliono qualcosa. A
cominciare dalla (buona) musica:
per il “sequel spirituale” a Dazed
and Confused, Richard Linklater ha
spostato avanti le lancette, dai ’70
agli ’80, mantenendo intatto il
gusto sonoro. A partire dal pezzo
dei Van Halen che dà il titolo al
film, Everybody Wants Some!!,
passando per The Knack (My
Sharona), Cheap Trick (I Want You
To Want Me), Blondie (Heart Of
Glass) e Dire Straits (Hand In
Hand), si “cerca – dice Linklater - di
catturare la straordinaria varietà
dell’offerta musicale del periodo”.
SpOSTARE lE MONTAGNE: SI pUò
Il cammino dello score di Mountains May Depart,
affidato al musicista di osaka Yoshihiro Hanno, è
lento, dolente, procede di pari passo col film nella
mera contemplazione del tempo che passa, sugli
effetti che produce, interiormente ed
esteriormente, su cose e persone. Nel film
rimbomba in testa e in coda la Go West dei pet
Shop Boys, così allusiva fin dal titolo nelle
trasformazioni che coinvolgeranno la società cinese
di fine anni Novanta; ma nel mezzo, Hanno affonda
archi e piano come una lama nel cuore, dal main
theme in due parti passando per le intimistiche due
parti di The River, affidate unicamente a un
arpeggio di chitarra. Future dilata il tema tuffandolo
in un silenzio rimbombante, con accenni di rumori
industriali a formare una parvenza di base ritmica;
Sad Strings ne è il contraltare emotivo, giocato
tutto su archi e risacca del mare. Una dicotomia tra
cuore e testa insanabile, che torna nel dittico 24
City per poi esplodere nel lirismo dei quattro
movimenti di Platform: il primo scivola
sperimentale in mille rivoli dissonanti di piano, il
secondo strazia il cuore come il miglior Hisaishi, il
terzo riporta in scena il lirismo degli archi, che nella
fluviale Variation sono un fiume in piena, che
trascina via i dialoghi dei personaggi, dispersi nel
tempo e nel ricordo.
GIANLUIGI CECCARELLI
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2016
F.P.
neRissimo
Tre anni dopo l’ottimo Still
Smiling, Teho Teardo e
Blixa Bargeld raddoppiano:
un disco di canzoni nuove,
cantate in tedesco, inglese
e italiano. Nerissimo
certifica la bontà di un
sodalizio affascinante,
sintetico e sinestetico.
Musica per gli occhi.
F.P.
SUoNALA ANCoRA, PAoLo
La domanda s’è fatta largo, alla
60esima edizione dei David di
Donatello: ma Youth è un film o un
album discografico? Non per
togliere qualcosa al direttore
d’orchestra paolo Sorrentino né
tantomeno al suo alter ego Michael
Caine, figuriamoci, ma la pulce a
scorgere il palmares salta, ehm,
all’orecchio: Youth aveva ben 14
candidature, ne ha concretizzate
solo due. E per che cosa? per la
col onna sonora di David Lang e la
canzone originale Simple Song #3,
musica e testi di Lang, interprete
Sumi Jo. Morale? A risentirci.
F.P.