Capitolo RM mammaria

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Capitolo RM mammaria
Manuale
di RM per TSRM
a cura di
Angelo Vanzulli
Pietro Torricelli
capitolo
Risonanza magnetica mammaria
Sara Viganò, Laura Milani, Tamara Canu,
Giovanna Trecate, Pietro Panizza
AUTORI - ACRONIMI
Autori
Tamara Canu
Giovanna Trecate
Centro di Imaging Sperimentale
Ospedale San Raffaele – Milano
Fondazione IRCCS
Radiologia Diagnostica 1
Istituto Nazionale dei Tumori – Milano
Laura Milani
Unità Operativa di Radiologia
Ospedale San Raffaele – Milano
Pietro Panizza
Fondazione IRCCS
Radiologia Diagnostica 1
Istituto Nazionale dei Tumori – Milano
Sara Viganò
Fondazione IRCCS
Radiologia Diagnostica 1
Istituto Nazionale dei Tumori – Milano
Acronimi
1
H-MRS
2D FFE DYN
2D FFE SAG
3D FFE T1-W
BI-RADS
BPE
CAD
CDI
CDIS
CLI
CUP
FH
NAC
NML
NMLE
PBI
RL
RMM
SNR
STIR TSE
TSE T2-W
Hydrogen-Magnetic Resonance Spectroscopy (spettroscopia RM dell’idrogeno)
Two-Dimentional Fast Field Echo dinamica
Two-Dimentional Fast Field Echo sagittale
Three-Dimentional Fast Field Echo T1-Weighted
Breast Imaging-Reporting And Data System
Background Parenchymal Enhancement (impregnazione parenchimale di fondo)
Computer-Aided Detection (identificazione computer-assistita)
carcinoma duttale invasivo
carcinoma duttale in situ
carcinoma lobulare invasivo
Carcinoma Unknown Primary (tumore primitivo occulto)
Feet-Head (piedi-testa)
NeoAdjuvant Chemotherapy (chemioterapia neoadiuvante)
Non-Mass-Like (privo di effetto massa)
Non-Mass-Like Enhancement (enhancement privo di effetto massa)
Partial Breast Irradiation (radioterapia mammaria parziale)
Right-Left (destra-sinistra)
risonanza magnetica mammaria
Signal-to-Noise Ratio (rapporto segnale/rumore)
Short Time Inversion Recovery Turbo Spin Echo
Turbo Spin Echo T2-Weighted
Risonanza magnetica mammaria
Sara Viganò, Laura Milani, Tamara Canu, Giovanna Trecate, Pietro Panizza
Introduzione
Posizionamento del paziente e scelta delle bobine
Apparecchiatura RM
Preparazione e posizionamento del paziente
Scelta delle sequenze di impulsi
e dei piani di scansione
Protocollo di studio per valutazione della mammella
Studio morfologico
Studio dinamico
Sequenze pesate in diffusione
Spettroscopia
Protocollo di studio per valutazione delle protesi
Anatomia
Vascolarizzazione
Indicazioni
Applicazioni cliniche
INTRODUZIONE
Da quando la risonanza magnetica mammaria (RMM) è entrata nella pratica clinica, si è assistito a una sua
progressiva diffusione, associata all’ampliarsi delle indicazioni cliniche: RMM è, infatti, una tecnica altamente
sensibile, che consente accurate diagnosi, valutazione e caratterizzazione delle lesioni mammarie, nonché l’individuazione di quelle occulte alle tecniche tradizionali (mammografia ed ecografia). Essendo una tecnica multiplanare e multiparametrica, la RMM permette di acquisire immagini su diversi piani (coronali, assiali, sagittali e obliqui) e di ricorrere a più parametri di riferimento, come densità protonica, sequenze di diffusione
(DWI, Diffusion Weighted Image) e tempi di rilassamento T1 e T2. Queste proprietà conferiscono alla RM elevata risoluzione di contrasto, che consente di cogliere formazioni anatomiche strutturalmente diverse e di rilevarne le anomalie, mantenendo una notevole risoluzione spaziale. Oltre alle informazioni morfologiche, essa consente anche la caratterizzazione funzionale delle strutture in esame: per esempio, mediante la valutazione della diffusività delle molecole di acqua nei tessuti (DWI) e di alcune molecole organiche (spettroscopia). La RMM per molti anni è stata considerata una metodica “altamente sensibile, ma poco specifica”; tuttavia, recenti studi e metanalisi hanno dimostrato una performance diagnostica complessivamente superiore a
mammografia o ecografia, migliorata dall’uso di mezzi di contrasto (mdc) ad alta relassività e con eccellenti
performance diagnostiche in casi selezionati di pazienti, quali donne ad alto rischio di ammalarsi di carcinoma mammario.
POSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE
E SCELTA DELLE BOBINE
Apparecchiatura RM
La RM deve avvalersi di apparecchiature dotate di
hardware e software adeguati, di bobine dedicate e di
un iniettore automatico magneto-compatibile a doppia
via, una per iniettare il mezzo di contrasto e una per la
soluzione fisiologica.
La RMM richiede l’utilizzo di magneti superconduttivi
- con intensità di campo medio-alto, preferibilmente
≥ 1,5 Tesla - associati a un sistema di gradienti altamente
performanti - con intensità ≥ 20 mT/m - che siano in
grado di garantire ottimi livelli di stabilità, d’intensità e
di omogeneità del segnale, così da ottenere immagini
con un rapporto segnale/rumore (SNR, Signal-to-Noise
Ratio) elevato.
La performance dei gradienti con tempi di risalita e slew
rate rapidi permette di utilizzare tempi di ripetizione
(TR, tempo di ripetizione) e di echo (TE, tempo di eco)
minimi e, quindi, di acquisire in tempi brevi sia sequenze contrasto-dinamiche multifasiche, sia sequenze
pesate in diffusione.
Per ottenere immagini di ottima qualità, con SNR elevato e omogeneità del segnale per tutta l’estensione
della mammella (dal capezzolo al muscolo pettorale),
è consigliabile utilizzare bobine bilaterali, preferibilmente del tipo phased-array multicanale dedicate (figura 1), che consentono di studiare simultaneamente
entrambe le mammelle; questo tipo di bobine ha, inoltre, il vantaggio di acquisire, in fase prescansione, i
campi di sensibilità o le mappe della bobina stessa e,
quindi, di poter migliorare e omogenizzare il segnale
dell’intera immagine, di ottimizzare la risoluzione temporale durante lo studio dinamico e la risoluzione spaziale in studi di tipo morfologico. Le bobine in questione sono inoltre fornite del corredo che consente di
eseguire biopsie e centrature preoperatorie, in caso di
lesioni non visibili in ecografia o mammografia.
1
PARTE SPECIALE
• La terapia ormonale sostitutiva andrebbe sospesa almeno un mese prima della RMM; non sono stati segnalati invece problemi per donne in terapia contraccettiva ormonale, nelle quali viene rispettato il timing
consueto.
• In caso di flogosi in atto, sarebbe importante posticipare l’esame dopo la terapia o la risoluzione dello stato acuto.
• In caso di chemioterapia neoadiuvante (NAC, NeoAdjuvant Chemotherapy), si raccomanda l’esecuzione dell’esame prima del trattamento, così da avere una baseline di riferimento.
• Dopo radioterapia, se possibile, attendere circa dodici mesi dalla fine del trattamento.
Figura 1 - Breast coil phase array.
Preparazione e posizionamento
del paziente
2
Accertata la corretta indicazione all’esame, è necessario
verificare che non sussistano controindicazioni assolute
all’esame (pacemaker non magneto-compatibile, corpi
metallici ferromagnetici in sede oculare e viscerale, peso corporeo > 130 kg) e/o eventuali controindicazioni
relative (quali stent coronarici sui vasi del collo o stent
urinari posizionati nelle sei settimane precedenti l’esame, eccetera), con particolare attenzione alla claustrofobia.
Come per le altre tecniche, nella RMM è fondamentale
la valutazione degli elementi anamnestici di interesse senologico, quali:
• storia familiare o personale di tumore mammario od
ovarico;
• precedenti biopsie o interventi mammari e loro esiti
(per esempio, artefatti da presenza di clip);
• presenza di noduli, cicatrici o reperti palpabili, nonché di aree sospette individuate con altre metodiche;
• precedenti indagini (ecografie, mammografie, RMM) e
relativi esiti;
• stato ormonale, pre- o postmenopausale, periodo del
ciclo mestruale ed eventuali terapie ormonali (per
esempio, terapia ormonale sostitutiva, tamoxifene), situazioni che potrebbero essere associate alla presenza di anomala impregnazione diffusa del tessuto ghiandolare dopo mdc (background enhancement).
Di fondamentale importanza è il corretto timing dell’esame.
• In donne in premenopausa, qualora possibile, il timing ideale è la seconda settimana del ciclo mestruale (VII-XIV giorno) in fase follicolare tardiva, così da
ridurre al minimo l’enhancement del parenchima
mammario normale e di lesioni benigne che potrebbe creare problemi d’interpretazione dell’esame.
Verificate tutte le condizioni precedentemente descritte,
si acquisisce il consenso informato, previa spiegazione
della procedura d’esame e dei possibili rischi associati.
Sia la scheda di anamnesi sia quella relativa al consenso devono essere controfirmate dal medico responsabile e conservate.
La paziente viene fatta accomodare in uno spogliatoio
per spogliarsi; deve rimuovere tutti gli oggetti metallici
e indossare un camice con apertura anteriore. Nel caso
l’esame richiedesse la somministrazione di mdc per via
endovenosa, la paziente dev’essere a digiuno da circa
2-3 ore. Il medico o il personale infermieristico provvede quindi al posizionamento di un’agocannula in una
vena periferica dell’avambraccio. Accompagnata nella
sala del magnete, la paziente viene fatta accomodare sul
lettino della RM in decubito prono dove è stata collocata la bobina.
Il posizionamento della paziente, compito del TSRM, è
operatore-dipendente e, sebbene non sia così agevole
come potrebbe sembrare, è di fondamentale importanza poiché, qualora non adeguato, potrebbe determinare la mancata visualizzazione di alcune lesioni. Obbiettivi del corretto posizionamento comprendono ottimizzazione della visualizzazione delle mammelle, che devono essere incluse in toto, riduzione delle pieghe cutanee, prevenzione di eventuali deformazioni del seno
o altri artefatti. Uno scorretto posizionamento può determinare incorretta localizzazione delle lesioni o inadeguata distribuzione del contrasto, come avviene in caso di compressione della mammella contro la bobina,
che può ridurre il flusso sanguigno con conseguente
mancato o ritardato enhancement. La corretta posizione andrebbe verificata sia in senso lateromediale che
“testa-piedi” (top-down) e il capezzolo dovrebbe sempre essere sul profilo della mammella. Gli arti superiori vengono preferibilmente portati in avanti, la fronte
adagiata sull’apposito sostegno, le mammelle devono
essere ben inserite all’interno della bobina, il muscolo
pettorale deve cadere il più possibile all’interno della
stessa, con i capezzoli posizionati simmetricamente sulla stessa linea al centro della bobina (figura 2): infatti,
la centratura tramite raggi laser utilizza come punti di
repere proprio i capezzoli. Alcuni centri preferiscono
RISONANZA MAGNETICA MAMMARIA
posizionare le braccia lungo i fianchi per rilassare i muscoli pettorali, lasciando così cascare meglio le mammelle nella bobina; tuttavia, in questa posizione la paziente è più scomoda e rischia di muoversi.
Al paziente è fornito un campanello d’allarme - da schiacciare in caso di necessità per avvisare il personale - e
appositi tappi o cuffie per le orecchie per proteggersi
dal rumore.
È compito del TSRM informare il paziente su modalità,
durata dell’esame e, soprattutto, sulla necessità di rimanere perfettamente immobili. A tale scopo, il TSRM si
deve accertare che la paziente abbia assunto una posizione comoda e la deve istruire a mantenere un respiro regolare e a evitare colpi di tosse per tutta la durata
dell’esame. Questo è un requisito fondamentale e necessario per ottenere immagini di buona qualità nello
studio morfologico e dinamico, in particolare per la sottrazione di immagini che si esegue a posteriori sulle immagini acquisite: gli artefatti da movimento, infatti, sono uno dei principali problemi legati all’acquisizione delle immagini, rappresentando la causa più importante di
degradazione dell’immagine, con possibile compromissione dell’esame. Questi artefatti possono essere dovuti a movimenti volontari (per esempio, la paziente si
muove durante l’esame) oppure involontari (come i movimenti cardiaci e respiratori). Per eliminare gli artefatti
da movimento, si possono attuare diverse strategie:
• uso delle bande di saturazione;
• appropriata scelta della direzione della codifica di fase;
gli artefatti da movimento si propagano nella direzione
della codifica di fase e, per evitare che si sovrappongano al tessuto mammario, è raccomandata una codifica
di fase destra-sinistra (RL, Right-Left) nei piani assiali,
craniocaudale (FH, Feet-Head ) coronali e sagittali.
Alcune apparecchiature sono dotate, inoltre, di software
che permettono il riallineamento delle immagini ottenute con le sequenze dinamiche, così da ridurre gli ar-
Figura 3 - Artefatti da movimento: la
qualità delle immagini può essere notevolmente alterata dalla presenza di
artefatti da movimento (immagini a sinistra), come ben si nota dalla differenza nella stessa immagine prima (a
sinistra) e dopo il riallineamento (immagini a destra) ottenuto con opportuni software durante il postprocessing.
Figura 2 - Posizione della paziente: nella centratura, i capezzoli sono posti simmetricamente sulla stessa linea al centro della bobina.
tefatti da movimento nella fase di sottrazione (figura 3).
In ogni caso, è consigliabile dedicare tempo per istruire adeguatamente la paziente a restare immobile e a
mantenere una respirazione regolare per tutta la durata dell’esame, mentre l’uso di sedativi dovrebbe essere limitato a pazienti claustrofobiche.
Altri artefatti di frequente riscontro sono i seguenti.
• Artefatti da chemical shift e da inadeguata saturazione del grasso: dovuti a incompleta o inadeguata saturazione del grasso (per esempio, per parziale soppressione dell’acqua anziché del grasso). L’utilizzo di
un FOV piccolo o l’ottimizzazione dell’omogeneità del
campo (per esempio, applicando uno shimming volumetrico) può aiutare a ridurre questi artefatti. In alternativa, per ottenere una buona saturazione del grasso, si può utilizzare una sequenza Short Time Inver-
3
PARTE SPECIALE
sion Recovery (STIR) prima della somministrazione del
mezzo di contrasto. Particolari difficoltà con problemi
di disomogeneità della saturazione si possono avere
nelle mammelle con alta percentuale di grasso o con
impianti protesici.
– Artefatti da ribaltamento: linea fantasma più evidente
nelle ultime sezioni del volume, dovuta a inadeguata
scelta del FOV (attenzione nelle sequenze 3D, dove
l’aliasing può verificarsi nella seconda direzione della codifica di fase).
– Artefatti da posizionamento: alterata intensità di segnale in zone troppo vicine alla bobina o eccessivamente compresse contro la parete toracica.
glio il decorso, mentre sequenze su altri piani possono
ancora essere indicate, per esempio, per studiare la parete toracica (sagittali) o a completamento per la valutazione delle adenopatie e dei cavi ascellari (coronali).
Nel sospetto di patologia oncologica, l’esame deve comunque essere di buona qualità e confrontabile anche
a distanza di tempo; per questo motivo, è fondamentale che il piano di studio e lo spessore di strato non siano modificati.
L’acquisizione dell’esame si divide in due parti: studio
morfologico e studio dinamico.
In conclusione, per evitare gli artefatti o almeno per ridurli sono di fondamentale importanza il corretto posizionamento e la preparazione del paziente (necessità di
evitare il più possibile i movimenti durante l’esame), la
scelta di FOV adeguato, di opportune bobine e della codifica di fase.
Lo studio morfologico della mammella ha lo scopo di
rendere evidente l’anatomia di tutta la ghiandola mammaria, dell’ascella e dei muscoli. Sono acquisite sequenze
TSE T2-W (Turbo Spin Echo T2-Weighted ) e sequenze
pesate in diffusione.
Sequenze TSE T2-W - Queste sequenze, acquisite a
strato sottile, ad alta risoluzione spaziale, con elevato
tempo di ripetizione (TR), per annullare le differenze
T1, ed elevato tempo di eco (TE), per aumentare le differenze in T2 (tabella I), danno le informazioni di contrasto necessarie a differenziare le possibili alterazioni
di tessuto che risulteranno, come, per esempio, nelle
cisti liquide (figura 5) e nei fibroadenomi, rispettivamente, più o meno iperintense rispetto al tessuto ghiandolare. Spesso, per esaltare tali differenze di contrasto,
la sequenza TSE T2-W è acquisita con la soppressione
del tessuto adiposo mediante tecnica SPIR (Spectral
Presaturation with Inversion Recovery), tecnica che si
avvale della differenza fra le frequenze di risonanza
dell’acqua e del grasso. I limiti della tecnica SPIR sono
legati prevalentemente alle disomogeneità del campo
magnetico locale, dovute, a loro volta, agli effetti di suscettibilità nei punti d’interfaccia aria-tessuto. Tuttavia,
è possibile ottenere immagini con soppressione del tessuto adiposo di ottima qualità (figura 6), utilizzando un
campo di vista di dimensione non > 300 mm ed eseguendo lo shimming per migliorare l’omogeneità di
SCELTA DELLE SEQUENZE DI IMPULSI
E DEI PIANI DI SCANSIONE
4
La RMM inizia con l’acquisizione sui tre piani (assiale,
sagittale e coronale) di una veloce sequenza di riferimento, T1 pesata, di breve durata (survey) (figura 4),
che permetta la visualizzazione della regione anatomica da studiare e consenta il corretto orientamento dei
piani delle sequenze. Il protocollo di studio si differenzia a seconda che il quesito diagnostico riguardi la valutazione delle mammelle o degli impianti protesici.
PROTOCOLLO DI STUDIO
PER VALUTAZIONE DELLA MAMMELLA
Le scansioni assiali, attualmente, sono quelle più utilizzate, perché meno soggette a problemi di artefatti e in
quanto maggiormente confrontabili con il piano craniocaudale utilizzato nella mammografia; esse permettono, inoltre, di valutare i vasi, potendone seguire me-
Studio morfologico
Figura 4 - Acquisizione di una veloce sequenza di riferimento (survey).
RISONANZA MAGNETICA MAMMARIA
Tabella I - Sequenze per lo studio della mammella.
sequenza
FOV
– RL (mm)
– AP (mm)
– FH (mm)
dimensione voxel
– RL (mm)
– AP (mm)
– FH (mm)
voxel di ricostruzione
– RL (mm)
– AP (mm)
– FH (mm)
spessore di strato (mm)
matrice di ricostruzione
SENSE
– P reduction (mm)
– S reduction (mm)
TFE factor
TSE factor
TR (ms)
TE (ms)
numero di b -value (s/mm2)
max b -value (s/mm2)
flip angle (°)
numero di medie
numero di dinamiche
piano di acquisizione
tempo di acquisizione
di una singola dinamica
tempo di acquisizione
totale dello studio dinamico
TSE T2-W
DWI
3D FFE T1-W
300
300
145
338
300
145
300
320
145
1,01
0,76
2,2
2,5
2,5
3
0,81
0,81
2,2
0,59
0,59
2,2
2,2
512
sì
1,8
1,33
1,34
3
3
256
sì
4
0,62
0,62
2,2
2,2
512
sì
2,6
9
4,6
90
2
4.600
66
2
700-1.000
90
6
assiale
assiale
30
6.500
120
A
15
1
6
assiale
1' 24"
2' 37"
Figura 5 - Sequenza TSE T2-W: immagine di cisti tipicamente
iperintensa rispetto al parenchima ghiandolare nella mammella sinistra.
2'
B
8' 26"
AP = (posizione) anteroposteriore; FH = Feet-Head (piedi-testa);
RL = Right-Left (destra-sinistra).
campo. Un altro approccio per esaltare le differenze di
contrasto consiste nell’acquisizione di una sequenza
STIR TSE (Short Time Inversion Recovery Turbo Spin
Echo), che consente di ottenere immagini pesate in T2,
in cui l’efficacia dell’annullamento del segnale grasso
è indipendente dall’omogeneità del campo magnetico.
Tuttavia, secondo alcuni autori, è preferibile non eseguire la soppressione del grasso, poiché le alterazioni
del tessuto adiposo possono aiutare a identificare la
presenza di eventuali lesioni.
Studio dinamico
La caratterizzazione delle lesioni mammarie è basata soprattutto sulla dinamica dell’enhancement dopo somministrazione di mdc paramagnetico.
Le sequenze più appropriate per eseguire studi dinamici devono essere sensibili al mezzo di contrasto e ave-
Figura 6 - Sequenza TSE T2-W con (A) e senza (B) soppressione del grasso.
re elevata risoluzione temporale e spaziale. Le sequenze che meglio rispondono a tali requisiti sono le ThreeDimentional Fast Field Echo T1-W (3D FFE T1-W) (figura 7): queste consentono, infatti, di analizzare l’intero volume della mammella con spessori di strato adeguatamente sottili (1-2 mm), in tempi brevi (60 sezioni in un tempo di circa 80 s) e con risoluzione spaziale
tale da evidenziare la morfologia di alterazioni tissutali molto piccole. La sequenza è acquisita prima dell’infusione del contrasto (acquisizione basale) e ripetuta per cinque volte dopo infusione endovenosa rapida del mezzo di contrasto paramagnetico. Il mezzo
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PARTE SPECIALE
Figura 7 - Studio dinamico nel piano coronale Three-Dimentional Fast Field Echo T1-W: prima acquisizione (in alto, a sinistra) senza mezzo di contrasto (mdc) e, a seguire, le cinque acquisizioni dopo somministrazione di mdc. Si osserva rapido enhancement
della lesione già nella prima sequenza dopo contrasto.
6
di contrasto dovrebbe essere iniettato, possibilmente
con iniettore automatico, sia per ridurre gli artefatti da
movimento, sia per uniformare i tempi d’infusione.
La sequenza 3D FFE T1-W può essere acquisita anche
con soppressione del tessuto adiposo. In questo modo la riduzione del segnale del grasso, normalmente
iperintenso, favorisce la visualizzazione delle aree di
enhancement.
La sequenza dinamica è acquisita con una prima sequenza precontrasto e ripetuta 5 volte dopo contrasto. Dopo l’acquisizione, lo studio dinamico prevede una fase di elaborazione delle immagini acquisite
Figura 8 - Ricostruzioni 3D con MIP.
(postprocessing), per favorire l’identificazione e la caratterizzazione di eventuali lesioni: sottrazione di immagini, ricostruzioni 3D con MIP (figura 8) e MPR ed
elaborazione delle curve intensità segnale/tempo. La
sottrazione di immagini consiste nel sottrarre la sequenza precontrasto dalle singole sequenze ottenute
dopo somministrazione endovena di mdc; questo permette di far risaltare quelle aree (lesioni o parenchima) impregnate di mdc, che risultano bianche rispetto al resto che, essendo sottratto, è nero. A seconda
delle macchine, la sottrazione può essere praticata automaticamente quasi in tempo reale, oppure può richiedere l’elaborazione da parte dell’operatore una
volta trasferite le sequenze alla workstation. Le elaborazioni MIP e MPR permettono rispettivamente rapida visualizzazione delle immagini in 3D e ricostruzione secondo piani diversi da quello di acquisizione,
facilitando la visualizzazione e la localizzazione delle
lesioni. Queste elaborazioni possono essere ottenute
in automatico da software dedicati (CAD, ComputerAided Detection).
L’acquisizione dinamica è fondamentale per lo studio
della cinetica dell’enhancement delle lesioni, che viene misurata attraverso le modificazioni dell’intensità di
segnale della lesione tramite il posizionamento di una
regione di interesse (ROI, Region Of Interest) nell’area
della lesione, così da ottenere la curva intensità segnale/tempo (figura 9). Si valutano:
• wash-in, ossia l’entità dell’enhancement nella fase precoce ovvero nei primi 2 minuti dall’iniezione, che può
essere lento, medio o rapido;
RISONANZA MAGNETICA MAMMARIA
Figura 9 - Curva intensità segnale/tempo: carcinoma duttale invasivo che presenta wash-in rapido e curva di tipo III
con wash-out, caratteristiche tipiche delle lesioni maligne.
• andamento dell’intensità di segnale nel tempo, che
può essere caratterizzato da graduale continuo
enhancement progressivo (tipo I), fase di rapido e
intenso enhancement, seguita da fase di plateau
(tipo II) o da rapida discesa o wash-out (tipo III);
la curva di tipo I di solito è tipica di lesioni benigne, mentre lesioni francamente maligne tendono
a mostrare un rapido wash-in e una curva di tipo
II o III.
Sequenze pesate in diffusione
Nei protocolli clinici di RMM, oltre alle sequenze standard, sono sempre più frequentemente inserite anche le sequenze pesate in diffusione (DWI). L’applicazione di queste sequenze, ormai affermata in ambito neuroradiologico, si sta diffondendo anche in
ambito senologico, dimostrandosi, per esempio, un
utile strumento nella cancer detection, nella caratterizzazione delle lesioni mammarie e, dunque, aumentando la specificità della RMM e nella valutazione di risposta a trattamenti chemioterapici.
In un tessuto biologico le molecole d’acqua non sono
libere di muoversi a causa della presenza delle membrane biologiche, delle strutture cellulari e intracellulari: si parla, infatti, di diffusione isotropica, cioè molecole d’acqua non si muovono in una direzione particolare, ma lo fanno in ugual misura in tutte e tre le direzioni. Il moto, dovuto all’agitazione termica, è casuale (movimento browniano) e le distanze percorse sono
dello stesso ordine di grandezza delle dimensioni cellulari (micron).
Pertanto, misure riguardanti la mobilità delle molecole
d’acqua possono fornire informazioni sulla struttura dei
tessuti, sull’integrità e sulla funzionalità cellulare sia in
condizioni normali sia in presenza di eventuali alterazioni patologiche.
DWI produce immagini che dipendono dai movimenti microscopici delle molecole dell’acqua negli interstizi tra le cellule, nei capillari tissutali, attraverso le
membrane cellulari e tra i diversi comparti tissutali. Il
grado di diffusione dell’acqua nei tessuti biologici è
inversamente proporzionale alla cellularità tissutale e
all’integrità delle membrane. DWI è in grado di fornire informazioni qualitative e quantitative che riflettono la cellularità e l’integrità delle membrane e completa, quindi, le informazioni morfologiche ottenute
alla RM convenzionale.
Nelle tecniche RM per studi di diffusione si utilizza la
sequenza spin echo sensibile alla diffusione combinata con una di acquisizione veloce dell’immagine con
sequenze ecoplanari (Single-Shot EPI).
Nella tecnica EPI, grazie alla rapida commutazione
dei gradienti, tutti gli echi utilizzati alla formazione
di un’immagine sono ottenuti dopo un singolo impulso di eccitazione. Gli echi possono essere realizzati in una sequenza spin echo cui si aggiunge una
coppia di gradienti bipolari (sequenza di StejskalTunner), detti gradienti di diffusione, di notevole
intensità e aventi periodi di applicazione sufficienti a realizzare un opportuno sfasamento degli spin.
I due gradienti uguali ma di segno opposto sono
applicati prima e dopo l’impulso a radiofrequenza
di 180°.
Il grado di sensibilizzazione alla diffusione dipende
dall’ampiezza e dalla durata del gradiente applicato e
dall’intervallo tra i due gradienti, che nella pratica clinica può essere variato modificando un parametro,
proporzionale a questi tre fattori, noto come b -value.
All’aumentare del valore di b aumenta anche la pesatura in diffusione dell’immagine, con conseguente abbassamento del rapporto segnale/rumore.
Per lo studio della mammella, le immagini DWI sono acquisite con valori di b = 0 e di b nel range di
700-1.000 s/mm2 (tabella I); da queste sono realizzate le mappe del coefficiente apparente di diffusione
(ADC, Apparent Diffusion Coefficient), che permettono di ottenere informazioni quantitative sui processi
di diffusione molecolare (figura 10).
L’analisi delle immagini DWI è sia qualitativa sia quantitativa attraverso le mappe ADC. Alcune possibili applicazioni cliniche riguardano:
• caratterizzazione della lesione con valori di ADC generalmente più bassi nelle lesioni maligne rispetto a
quelle benigne;
• valutazione e predizione della risposta alla chemioterapia neoadiuvante per tumori localmente avanzati
(possibile aumento dei valori di ADC nei pazienti
che rispondono alla terapia).
7
PARTE SPECIALE
A
B
C
Figura 10 - Immagini DWI e mappa ADC. Le aree con alta cellularità, come in caso di lesioni tumorali maligne, hanno diffusività
ristretta con segnale iperintenso nelle sequenze DWI con b-value = 0 s/mm2 (A), b-value = 900 s/mm2 (B) e bassi valori (in questo caso 950 10-6 mm2/s nella mappa ADC - C), calcolati delimitando la regione di interesse (ROI).
Spettroscopia
La spettroscopia RM dell’idrogeno (1H-MRS) permette
l’individuazione dell’eventuale presenza di diversi metaboliti e una loro stima quantitativa o semiquantitativa,
confrontando il picco del metabolita con quello di un
metabolita di riferimento (intrinseco o esterno). Contrariamente ad altri distretti, nello studio della mammella,
1H-MRS non è ancora entrata nell’uso clinico, anche a
causa di alcune difficoltà, in parte tecniche. Alcune problematiche sono le seguenti:
8
• difficoltà a ottenere adeguata omogeneità del campo
magnetico, che va ottimizzato il più possibile (per
esempio, mediante shimming);
• elevato contenuto di acqua e lipidi il cui segnale “intenso” rende di difficile individuazione il picco di altri metaboliti presenti in concentrazioni molto inferiori, quali i composti della colina;
• la somministrazione di mdc, talvolta necessaria per individuare la lesione, può interferire con la rilevazione
del picco d’interesse;
• possibilità di errori per il movimento della paziente o,
anche, solo dovuti al respiro;
• possibili falsi negativi, in caso di lesioni di dimensioni ridotte (di solito < 1 cm), o falsi positivi, per lesioni benigne floride.
Alcuni accorgimenti tecnici includono il posizionamento di bande di saturazione (accanto al voxel di interesse, per esempio, nella tecnica single -voxel), soppressione del segnale dell’acqua e dei lipidi e opportuna
scelta del tempo di eco (TE) con un adeguato bilanciamento degli effetti di TE lunghi (minor segnale dei lipidi a favore della colina) e corti (miglior SNR).
Nello studio della mammella in MRS le due sequenze
più utilizzate sono:
• PRESS (Point REsolved-SpectroScopy) con impulsi a
90°-180°-180°;
• STEAM (STimulated Echo Acquisition Mode) con impulsi a 90°-90°-90°.
Viene usato di solito un approccio single -voxel: posizionamento di un singolo volume di interesse (VOI,
Voxel Of Interest) nell’area da esaminare. È importante che il posizionamento di VOI consideri la lesione
nei tre piani dello spazio e che includa il minor quantitativo possibile del restante tessuto circostante la lesione, ricco in acqua e lipidi. La valutazione può avvenire per una singola lesione per volta: dunque, in
caso di lesioni multiple, è necessario ripetere più volte l’acquisizione; inoltre, possono esserci difficoltà di
posizionamento in caso di lesioni con morfologia cosiddetta non-mass. In questi casi - tumori multicentrici o con morfologia disomogenea - potrebbe essere utile la tecnica multivoxel.
L’individuazione dei picchi di interesse e la loro quantificazione avviene in un secondo tempo nella fase di
postprocessing, mediante software dedicati.
Nello studio della mammella, 1H-MRS valuta principalmente la presenza dei picchi dei composti della colina.
Possibili applicazioni cliniche, seppur attualmente non
diffuse, riguardano:
• caratterizzazione di lesioni, differenziando tra lesioni benigne e maligne (colina rilevabile nelle lesioni
maligne);
• monitoraggio in corso di NAC (possibile precoce riduzione della colina nei pazienti responsivi);
• possibili correlazioni con gli indicatori prognostici (ancora oggetto di studio).
PROTOCOLLO DI STUDIO
PER VALUTAZIONE DELLE PROTESI
La RM è sicuramente la tecnica più efficace per valutare lo stato delle protesi mammarie. I modelli di protesi mammaria più comunemente utilizzati sia nella chirurgia della mammella (mastoplastica ricostruttiva) sia
RISONANZA MAGNETICA MAMMARIA
nelle procedure chirurgiche atte ad aumentare il volume e a variare la forma delle mammelle (mastoplastica additiva) sono di forma (protesi tradizionali emisferiche e protesi “anatomiche”, che riproducono la forma del profilo naturale delle mammelle), dimensione
e materiale variabili.
Indipendentemente dalle dimensioni e dalla forma, le
protesi mammarie possono essere a singola o a doppia camera. L’involucro, o capsula protesica, può avere superficie liscia o texturizzata, cioè formata di microscopici villi, che riducono il rischio di contrattura
della capsula. Le protesi possono essere riempite con
diversi materiali, in genere si usa il gel di silicone o la
soluzione fisiologica, nella variante monocamera, ed
entrambi in quelle a doppia camera.
Le protesi mammarie possono essere impiantate in una
tasca tra la ghiandola mammaria e il muscolo grande
pettorale (impianto retroghiandolare), dietro al muscolo grande pettorale (impianto sottomuscolare) oppure in parte sotto il muscolo pettorale e in parte retroghiandolare.
La capsula protesica in elastomero di silicone e la capsula fibrosa - che si forma sulla superficie esterna della protesi come reazione immunitaria dell’organismo al
corpo estraneo, creando una contrattura delle protesi presentano basso segnale nelle immagini di risonanza
e appaiono ipointense nelle sequenze T1-W e T2-W.
In caso di rottura intracapsulare, a causa del collasso
dell’involucro protesico, è possibile osservare nella sequenza T2-W linee ipointense nel gel di silicone, generalmente indicate come linguini sign (figura 11).
L’esame RM per la valutazione delle protesi mammarie non richiede l’uso del mezzo di contrasto, ma sequenze che esaltano le differenti intensità del segnale
tra tessuto adiposo, acqua e gel di silicone. Tale differenza è dovuta al fatto che i protoni nell’acqua, nel
grasso e nel silicone hanno spostamenti chimici diver-
A
Figura 11 - Sequenza T2-W: involucro protesico collassato, linee ipointense nel silicone (linguini sign).
si: il protone del silicone ha, infatti, frequenza di risonanza più bassa di circa 100 Hz rispetto al protone del
grasso e di circa 320 Hz rispetto al protone dell’acqua.
Questa caratteristica conferisce al silicone un segnale
molto simile a quello del tessuto adiposo, medio-alto
in T1 e alto in T2. Pertanto, durante l’acquisizione delle sequenze, se si esegue la soppressione del grasso,
si può esaltare il segnale del silicone. Tale approccio
è particolarmente utile in caso di rottura della capsula
con la fuoriuscita del silicone nel tessuto ghiandolare,
come mostrato in figura 12, o come nel caso di filtrazione di silicone attraverso la capsula che porta alla
formazione dei cosiddetti siliconomi.
B
Figura 12 - A) Diffusa infiltrazione di silicone libero, nel contesto dei muscoli pettorali, del tessuto adiposo e della ghiandola mammaria. B) Protrusione della protesi, a sinistra, fuoriuscita di silicone che s’infiltra nei tessuti molli, a destra, ben visibile con la sottrazione del tessuto adiposo.
9
PARTE SPECIALE
10
A
B
C
D
Figura 13 - Rottura intracapsulare in protesi a doppia camera con commistione di soluzione fisiologica e silicone. La soluzione fisiologica si presenta ipointensa rispetto al silicone nella sequenza T2 pesata con soppressione dell’acqua (A) nel piano assiale,
iperintensa nelle sequenze T2 pesate senza soppressione dell’acqua nel piano sagittale (B) e STIR assiale (C) e ipointensa nella
sequenza T1 pesata sul piano sagittale (D).
Silicone e acqua hanno invece segnale iperintenso molto simile nelle sequenze T2-W: in questo caso, la soppressione dell’acqua può essere utilizzata al fine di differenziare le diverse componenti della protesi e diagnosticare un’eventuale rottura intracapsulare nelle
protesi a doppia camera, dove, infatti, si verifica una
commistione di soluzione fisiologica e gel silicone (figura 13).
Il protocollo RM idoneo per la valutazione delle protesi, sfruttando la multiplanarietà della risonanza permette di studiare le protesi sui diversi piani assiale, coronale e sagittale (tabella II). Le sequenze più comunemente utilizzate sono:
zione nel caso degli espansori mammari, cioè di quei
dispositivi che, aumentando progressivamente di volume, per effetto del riempimento con soluzione fisiologica, creano lo spazio necessario all’inserimento delle
protesi mammarie definitive: in questo caso, infatti, non
si può eseguire la risonanza, perché questa potrebbe
causarne la dislocazione.
ANATOMIA
• TSE T1-W;
• TSE T2-W;
• IR-TSE (silicon only);
• 3D FFE T1 (silicon sup).
La ghiandola mammaria è una ghiandola cutanea modificata sviluppata all’interno di una fascia fibrosa, separata posteriormente dal muscolo pettorale dallo spazio retromammario e dalla fascia prepettorale; tuttavia,
nonostante l’interposizione dei foglietti della fascia, le
due strutture non sono completamente separate, per la
presenza di vasi penetranti linfatici e vascolari. La mammella è principalmente composta da:
Si ricorda che le controindicazioni per questo tipo di
esame sono identiche a quelle di un qualsiasi esame di
risonanza magnetica. Occorre avere particolare atten-
• tessuto mammario propriamente detto, che comprende il parenchima ghiandolare e lo stroma, ovvero la
componente fibrosa di sostegno;
RISONANZA MAGNETICA MAMMARIA
Tabella II - Sequenze per lo studio delle protesi.
sequenza
TSE T2-W silicon only
FOV
– RL (mm)
– AP (mm)
– FH (mm)
dimensione voxel
– RL (mm)
– AP (mm)
– FH (mm)
voxel di ricostruzione
– RL (mm)
– AP (mm)
– FH (mm)
spessore di strato (mm)
matrice di ricostruzione
SENSE
– P reduction (mm)
– S reduction (mm)
TFE factor
TSE factor
TR (ms)
TE (ms)
flip angle (°)
numero di medie
piano di acquisizione
tempo di acquisizione
silicon sup
enhancement, mentre possono presentare enhancement le ghiandole ivi contenute, soprattutto se infiammate.
Vascolarizzazione
300
300
145
340
340
120
350
350
120
1,01
0,76
2,2
1,66
1,25
3
1,01
1,01
1
0,59
0,59
2,2
2,2
512
sì
1,8
0,66
0,66
3
3
512
sì
1,5
0,68
0,68
1
1
512
no
30
6.500
120
90
2
assiale
2' 37"
21
6.250
165
80
2
assiale
2' 55"
7,6
3,7
10
1
assiale
2' 25"
AP = (posizione) anteroposteriore; FH = Feet-Head (piedi-testa);
RL = Right-Left (destra-sinistra).
• tessuto adiposo, che avvolge le strutture ghiandolari;
• cute, tessuto sottocutaneo.
Il parenchima mammario si compone di 15-20 lobi o
segmenti disposti radialmente, che convergono verso il
capezzolo. Ogni lobo di tessuto ghiandolare è sostenuto dal tessuto stromale o connettivale ed è drenato
da un sistema di dotti, con un dotto principale, che converge verso il capezzolo. Immediatamente dietro il capezzolo, i dotti maggiori presentano una dilatazione,
detta seno galattoforo o porzione ampollare. Da qui i
dotti si dividono posteriormente in rami duttali e alveolari, terminando nella cosiddetta unità funzionale secernente o unità lobulare terminale, costituita da duttuli e relativi acini ghiandolari. Ogni lobo è costituito
da 20-40 lobuli e, a loro volta, ogni lobulo contiene da
10 a 100 alveoli o acini.
Tessuto ghiandolare e dotti sono circondati da grasso e
coadiuvati dai legamenti di Cooper, elementi connettivali originanti da tessuto stromale e attaccati alla fascia
prepettorale e al derma.
Nello stroma e nel tessuto connettivale della mammella
sono compresi grasso, tessuto connettivale, legamenti,
vasi vascolari e linfatici, linfonodi e nervi.
La cute contiene follicoli piliferi, ghiandole sebacee e
ghiandole apocrine sudoripare. La cute normale di solito ha spessore compreso tra 0,5-2 mm e non ha
La vascolarizzazione della ghiandola mammaria, che
inizia dalla periferia e si sposta verso il centro, comprende vasi per la cute e per la ghiandola stessa. La
mammella riceve il supporto vascolare da multipli vasi: 60 per cento è sostenuto dall’arteria mammaria interna (o arteria toracica interna) e dai suoi vasi perforanti, che vascolarizzano le porzioni centrali e mediali. I quadranti esterni e, in particolare, i superoesterni
sono vascolarizzati prevalentemente da rami dell’arteria toracica laterale, ramo dell’arteria ascellare, coprendo
circa 30 per cento della vascolarizzazione. Il restante
supporto è fornito prevalentemente dai rami laterali
delle arterie intercostali. La vascolarizzazione venosa
forma una rete sottocutanea, che si porta dall’areola a
vena giugulare esterna, vena cefalica, vena epigastrica
superficiale e vena sternale laterale; inferiormente i vasi drenano attraverso le vene superficiali dell’addome.
Altri rami profondi drenano nelle vene intercostali.
Il drenaggio linfatico avviene prevalentemente verso i
linfonodi ascellari (97 per cento) e in misura minore verso la catena mammaria interna nei linfonodi parasternali (3 per cento). Alcuni vasi linfatici, infine, drenano
direttamente nei linfonodi sottoclaveari. I linfonodi ascellari si distinguono in 3 livelli:
• livello I, lateralmente al bordo laterale del muscolo
piccolo pettorale;
• livello II, dietro i muscoli pettorali;
• livello III, medialmente al bordo mediale del piccolo
pettorale.
Ci sono, inoltre, linfonodi intramammari, prevalentemente nei quadranti esterni (facilmente diagnosticabili,
se è presente ilo adiposo; quando sono in sedi atipiche
o con morfologie non classiche, possono rappresentare un problema di diagnosi differenziale).
In RMM il segnale della ghiandola normale varia.
• Nelle sequenze T1 pesate precontrasto, cute, tessuto
fibroghiandolare, linfonodi e muscoli presentano un
segnale relativamente ipointenso rispetto all’elevata
iperintensità del grasso; la ghiandola mammaria presenta quindi nel complesso un segnale misto: bassa
intensità del tessuto fibroghiandolare circondato da
tessuto adiposo iperintenso (se senza soppressione del
segnale adiposo).
• Nelle sequenze T2, il tessuto fibroghiandolare presenta
segnale eterogeneo più iperintenso del muscolo, ma
nettamente più basso rispetto alle strutture vascolari o
a contenuto liquido, quali cisti e dotti, che si presentano nettamente iperintensi; il grasso, se non soppresso, è iperintenso.
11
PARTE SPECIALE
Dopo iniezione di mdc il tessuto ghiandolare normale
presenta tenue enhancement, definito Background Parenchymal Enhancement (BPE); capezzolo, vasi e linfonodi hanno marcato enhancement, mentre il segnale
della cute e quello del muscolo aumentano solo minimamente. BPE può variare notevolmente da donna a
donna e anche nella stessa donna, da minimo a marcato, risentendo di fattori, quali stimolazione ormonale, quantità del tessuto fibroghiandolare e assetto vascolare. Tipicamente, BPE è bilaterale, simmetrico e
diffuso, con lieve graduale enhancement; tuttavia, può
presentarsi come enhancement focale, asimmetrico o
regionale, mimando alterazioni patologiche (falsi positivi) o, se marcato, può mascherare lesioni che si
confondono con il restante parenchima (falsi negativi).
Come accennato precedentemente, è dunque di fondamentale importanza, qualora non ci siano urgenze
particolari, eseguire le RMM nella corretta fase del ciclo mestruale. In pazienti in pregressa terapia con tamoxifene, si può osservare un effetto rebound, con incremento dell’enhancement ghiandolare a seguito della sua sospensione.
I dotti sono ben visualizzabili, se dilatati, ipointensi in
T1 e iperintensi in T2 o talvolta iperintensi anche in
T1, se a contenuto ematico o proteinaceo, ma senza
enhancement dopo mdc.
INDICAZIONI
12
Nonostante l’ampliarsi dell’utilizzo della RMM, in termini diagnostici ma anche prognostici, le indicazioni
all’esame sono in continua evoluzione. Secondo il gruppo di consenso multidisciplinare dell’EUSOMA, le indicazioni sono le seguenti.
• Sorveglianza di donne ad alto rischio di tumore mammario. È stato dimostrato che in queste pazienti la
RMM ha sensibilità superiore rispetto alle altre tecniche. Per pazienti con rischio accertato, la sorveglianza prevede l’esecuzione di RMM annuale a partire da 30 anni di età. Per pazienti più giovani, il suo
utilizzo va valutato caso per caso. La sorveglianza
dovrebbe essere condotta in centri dedicati e qualificati. Tra le donne ad alto rischio sono incluse:
– donne con mutazione genetica BRCA o altre mutazioni (Li-Fraumeni, Cowden) accertate e i loro
parenti di primo grado;
– lifetime risk, ovvero il rischio di ammalarsi di tumore mammario durante la vita, ≥ 20 per cento (valutato con opportuni modelli di calcolo del rischio);
– storia di radioterapia del torace tra 10 e 30 anni.
• Donne in trattamento con NAC. Indicazione ancora
oggetto di studio, tuttavia la RMM è indicata sia per
la valutazione della predizione precoce della risposta alla terapia sia per la valutazione della risposta a
fine trattamento; andrebbe eseguita prima dell’inizio
del trattamento, durante e a fine trattamento. Per la
predizione precoce di risposta, può essere necessa-
rio eseguire sequenze aggiuntive per la valutazione
di parametri dinamici, oltre che per la misurazione
del volume tumorale. Nella valutazione della malattia residua la RMM ha dimostrato di essere superiore a visita clinica e mammografia.
• Ricerca di tumore mammario primitivo occulto, CUP
syndrome (CUP, Carcinoma Unknown Primary). In
caso di metastasi da carcinoma mammario occulto,
la RMM si è dimostrata in grado di diagnosticare un
tumore mammario occulto in circa 50 per cento dei
casi; è indicata in caso di metastasi localizzate, tipicamente in sede ascellare, mentre non è indicata qualora sia presente una malattia metastatica diffusa o
comunque quando l’individuazione del tumore primario non cambierebbe la terapia e la prognosi.
• Valutazione di impianti protesici. La RMM si è dimostrata più accurata delle altre metodiche nel valutare l’integrità protesica, individuando > 80 per cento delle rotture; permette, inoltre, di differenziare le
rotture intracapsulari da quelle extracapsulari. Il suo
utilizzo è indicato dopo le metodiche convenzionali in caso di dubbio di rottura. In caso di espansori,
Tabella III - Sequenze per biopsia mammaria.
sequenza
FOV
– RL (mm)
– AP (mm)
– FH (mm)
dimensione voxel
– RL (mm)
– AP (mm)
– FH (mm)
voxel di ricostruzione
– RL (mm)
– AP (mm)
– FH (mm)
spessore di strato (mm)
matrice di ricostruzione
SENSE
– P reduction (mm)
– S reduction (mm)
TR (ms)
TE (ms)
flip angle (°)
numero di medie
numero di dinamiche
piano di acquisizione
tempo di acquisizione
di una singola dinamica
tempo di acquisizione
totale dello studio dinamico
2D FFE SAG
2D FFE 4DYN
120
238
270
238
270
120
1,18
1,03
2
1,18
1,03
2
0,53
0,53
2
2
512
no
0,53
0,53
2
2
512
no
481
4,6
90
1
479
4,6
90
1
4
assiale
sagittale
1' 08"
01' 10"
4' 36"
AP = (posizione) anteroposteriore; FH = Feet-Head (piedi-testa);
RL = Right-Left (destra-sinistra).
RISONANZA MAGNETICA MAMMARIA
protesi provvisorie espandibili, è fondamentale verificarne la compatibilità con la RM e considerare i
possibili artefatti (per esempio, valutare il posizionamento di bande di saturazione per valutare l’area
di dubbio).
• Reperti equivoci o discordanti tra mammografia
ed ecografia, comprese sospette recidive, qualora la
biopsia non sia eseguibile o sia risultata inconclusiva.
• Mammella secernente.
• Stadiazione preoperatoria (in studio). La stadiazione preoperatoria rappresenta un’indicazione importante, ma attualmente tra le più controverse; tuttavia, secondo le raccomandazioni EUSOMA, potrebbe essere utilizzata nei seguenti casi:
– carcinoma lobulare invasivo;
– donne ad alto rischio che non hanno eseguito RMM
recentemente;
– carcinoma con discordanza tra dimensione mammografica/ecografica > 1 cm;
– donne candidabili a radioterapia mammaria parziale (PBI, Partial Breast Irradiation).
In caso di lesioni riscontrate alla RMM e non alle metodiche convenzionali, è raccomandata l’esecuzione
di un second look con ecografia guidata dalle immagini RM, anche in caso di precedente ecografia negativa, ed eventuale caratterizzazione con biopsia.
Qualora non ci sia un corrispettivo ecografico e la lesione rimanga sospetta, è indicata l’esecuzione dell’agobiopsia con guida RM (tabella III).
Applicazioni cliniche
L’analisi dell’esame RMM prevede la considerazione di
aspetti sia morfologici sia funzionali che consentano di
ipotizzare il grado di sospetto di una lesione. La caratterizzazione morfologica viene codificata secondo uno
schema di criteri elaborato dall’American College of Radiology e denominato BI-RADS (Breast Imaging-Reporting And Data System) che distingue le lesioni in
foci (< 5 mm), masse occupanti spazio (mass-like) e lesioni che non occupano spazio, ma infiltrano i tessuti
mammari (NML, Non-Mass-Like).
13
Patologia benigna
Le lesioni benigne tipicamente si presentano come lesioni focali, a margini regolari, tondeggianti od ovalari, con enhancement omogeneo, qualora presente, ed
eventualmente con setti ipointensi.
• Cisti e dilatazione duttale (figura 14): sono condizioni
relativamente frequenti. Cisti semplici sono ovali, tondeggianti a margini netti, iperintense nelle sequenze
T2 e senza enhancement dopo mdc, sebbene talvolta esse possano presentare un sottile cercine di enhancement. In caso di contenuto proteinaceo, esse possono presentare iperintensità anche nelle sequenze
T1 con riduzione del segnale in T2. Le dilatazioni duttali originano dalla zona del capezzolo e presentano
le stesse caratteristiche di segnale delle cisti.
• Linfonodi intramammari: tipicamente ovali, con componente centrale (ilo) adiposa e segnale omogeneo
in T2; il comportamento dinamico può essere simile a quello di lesioni maligne con rapido enhancement iniziale e plateau o wash-out. Linfonodi patologici tendono ad avere morfologia rotondeggiante,
con riduzione o perdita dell’ilo adiposo e riduzione
del segnale in T2.
Figura 14 - Cisti semplici. Dall’alto in basso: sequenze STIR,
T1 TSE senza contrasto e dopo contrasto (sottrazione). La
cisti si presenta come immagine ovalare, a margini netti,
iperintensa nelle sequenze T2 STIR, ipointensa in T1 e senza
enhancement dopo mdc.
• Fibroadenoma (figura 15): nodulo benigno, costituito
da tessuto ghiandolare e stromale. Rappresenta la più
frequente lesione solida in donne < 30 anni di età, sebbene possa essere riscontrato in donne di qualunque
età. Di solito rimane stabile, ma può talvolta regredire
o crescere. In RMM si presenta come massa ovale o macrolobulata, con margini ben definiti, singoli o multipli.
PARTE SPECIALE
Figura 15 - Fibroadenoma. Da sinistra a
destra: sequenze T1 TSE senza contrasto,
STIR e T1 pesata dopo contrasto (sottrazione). Il fibroadenoma, situato nei quadranti interni, presenta margini netti, ipointenso in T1 e iperintenso in STIR; dopo
contrasto, presenta discreto enhancement con setti interni tipicamente senza enhancement.
14
È tipicamente ipo- isointenso nelle sequenze precontrasto, con enhancement scarso e graduale, prevalentemente centrale, con possibile presenza di setti interni senza enhancement. Talvolta, il fibroadenoma può
presentare enhancement marcato e precoce, entrando
in diagnosi differenziale con il carcinoma; può presentare tipico segnale iperintenso in T2.
• Fillode: lesione mista, composta da tessuto ghiandolare e stromale, con componente connettivale più rappresentata rispetto ai fibroadenomi, a rapida crescita,
con caratteristiche alla RMM simili al fibroadenoma. Può
presentare enhancement marcato e rapido e talvolta disomogeneo. La sua caratterizzazione dev’essere effettuata con metodiche convenzionali.
• Papilloma intraduttale: formazione solida, che cresce
all’interno dei dotti; talvolta può essere associato ad aumentato rischio di tumore. Può presentarsi con ampia
varietà di caratteristiche morfologiche e ha comportamento contrastografico sovrapponibile a quello delle
lesioni maligne. Talvolta può presentarsi nelle sequenze precontrasto come vegetazione ipointensa all’interno di un dotto dilatato.
• Lipoma: iperintenso in T1 e T2 precontrasto.
• Alterazioni infiammatorie: in questi casi è preferibile
una valutazione clinica, soprattutto perché la mastite infiammatoria e la mastite carcinomatosa sono praticamente indistinguibili in RMM. Gli ascessi presentano invece iperintensità in T1 precontrasto e rim-enhancement, talvolta difficili da distinguere dai carcinomi.
• Modificazioni postoperatorie: sieroma, ematoma, cicatrice e liponecrosi. Gli ematomi presentano segnale variabile a seconda del timing e possono presentare rimenhancement; le cicatrici non dovrebbero avere enhancement dopo 2 anni circa dall’intervento; in caso di
enhancement residuo, bisogna considerare la possibilità di una recidiva. La liponecrosi si può presentare come un cercine di enhancement attorno a tessuto con caratteristiche di segnale del grasso in tutte le sequenze e
mostra enhancement in circa 50 per cento dei casi.
Patologia maligna
L’istotipo tumorale più frequente è il carcinoma duttale
invasivo (CDI); altri istotipi sono il carcinoma lobulare
invasivo (CLI) e il carcinoma mucinoso. Caratteristiche
che orientano verso la natura maligna sono (figura 16):
• margini irregolari, spiculati;
• enhancement eterogeneo o rim-enhancement;
• rapido e intenso wash-in con curva di tipo II o III;
• enhancement inizialmente intenso e prevalentemente
periferico;
• presenza di setti con impregnazione contrastografica;
• asimmetria vascolare o presenza di vasi adiacenti alla
lesione di dimensioni aumentate;
• restrizione della diffusività ad alti b-value con abbattimento del segnale in ADC.
Il segnale in T2 è tipicamente isointenso al tessuto ghiandolare, ma in alcuni casi (per esempio, carcinomi mucinosi) può essere nettamente iperintenso.
• Carcinoma lobulare invasivo: può creare problemi diagnostici, potendosi presentare con aspetti molto variabili e frequentemente come lesione NML; talvolta, può
anche avere enhancement ridotto ed essere indistinguibile dopo contrasto dal restante parenchima; anche
il pattern dinamico può talvolta mimare quello di lesioni benigne.
• Carcinoma duttale in situ (CDIS): la RMM ha dimostrato elevata sensibilità nella diagnosi e nella valutazione dell’estensione della patologia in situ; tuttavia,
i CDIS possono presentarsi con notevole varietà di
aspetti alla RMM. Più frequentemente, si presentano
come NMLE (Non-Mass-Like Enhancement), con rapido uptake del contrasto, ma possono anche mostrare comportamento contrastografico similbenigno.
La diagnosi può essere difficile e si deve tenere in
considerazione in particolare l’aspetto morfologico.
RISONANZA MAGNETICA MAMMARIA
Figura 16 - Lesione maligna, carcinoma duttale invasivo. Dall’alto in basso e da sinistra a destra: sequenze STIR e T1 TSE prima del contrasto; T1 dopo
contrasto e T1 dopo contrasto sottratta; ricostruzione MIP e mappa ADC. Dopo contrasto, la lesione
presenta enhancement rapido, intenso ed eterogeneo, caratteristiche esaltate nelle immagini sottratte, con enhancement iniziale prevalentemente periferico. Le ricostruzioni MIP evidenziano l’asimmetria
vascolare per la presenza di un vaso collegato alla
lesione (adjacent vessel sign) di dimensioni aumentate. Nella mappa ADC si osserva tipicamente un
abbattimento del segnale in ADC (850 x 10-6 mm2/s).
15
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