REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il
N. 01301/2016 REG.PROV.COLL.
N. 16059/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 16059 del 2014, proposto da:
Roberto Cirulli, Società Sweet Food Inernational (International)Srl, Merulla Vincenzo, Società Hilary Srl, Società
Desirèe 2012 Srl, Società Mistery Srl, Società Mixage '93 Snc di Molinaro Domenico e C, Griguoli Gina, Das Marimal
Chandra, Chowdhury Dulal, Stefanoni Antonella, Baris Claudio, Pinzari Umberto, Falasca Fabrizio, Falasca Pierino,
Rosato Luigi, Rosato Patrizio, Tredicine Dino, Franceschelli Pierina Maria, Tredicine Stefano, Tredicine Dario, Uddin
Dulal, Islam Saiful, Società Nur Islam & Md Kamrul Snc, Samad Abdus, Quici Giancarlo, Società Amin & Jamal Snc,
Islam Akm Towhidul, Scarano Nicolino, Molinaro Roberto, Molinaro Fabio Felice, Cirulli Anna Maria, Tredicine Tania
Donatella, Cirulli Rina Irene, Uzzaman Md Akhter, Syed Mobasher Ahmed, Ullah Rafique, Alam Manjurul, Manik
Shajahan, Absar Mohammed Nurul, Dhali Nasir Uddin, rappresentati e difesi dagli avv. Gianfranco Di Meglio,
Alessandro Castellana, Antonio Fabbricatore, con domicilio eletto presso l’avv. Gianfranco Di Meglio in Roma, Via
Innocenzo XI, 8;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Rosalda Rocchi, con
domicilio eletto presso l’avv. Rosalda Rocchi in Roma, Avvocatura Comune di Roma;
per l'annullamento
della deliberazione n. 39 del 23.07.14 avente ad oggetto: modifica delle tariffe e dei coefficienti moltiplicatori indicati
nella tabella di cui all'allegato c) del regolamento in materia di occupazione di suolo pubblico (osp) e del canone
(cosap) comprensivo delle norme attuative del PGTU approvato con deliberazione n. 75 del 30/31.07.10 e ss.mm.ii. e
modifica al regolamento medesimo con ripubblicazione integrale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti – tutti commercianti operatori su suolo pubblico, con posto assegnato a turno ovvero con posteggio fisso
fuori mercato –impugnano, con il ricorso in epigrafe, la deliberazione dell’Assemblea capitolina n. 39, datata 23 luglio
2014, con la quale l’intimata Amministrazione ha provveduto alla “Modifica delle tariffe e dei coefficienti
moltiplicatori indicati nella Tabella di cui all’allegato C) del Regolamento in materia di occupazione suolo pubblico
(OSP) e del canone (Cosap).
Espongono i ricorrenti che con l’impugnata delibera il Comune ha introdotto maggiorazioni delle vecchie tariffe in
considerazione della maggiore redditività delle occupazioni ricadenti nelle strade di particolare pregio e importanza.
Inoltre, sono state introdotte rimodulazioni dei coefficienti moltiplicatori per una serie di specifiche attività, chioschi,
tavoli, sedie e simili, in quanto da esse discenderebbe un maggiore sfruttamento dell’area pubblica e un sacrificio
elevato per la collettività.
Invece, nessuna modifica veniva attuata per le tariffe relative alle occupazioni permanenti già approvate con la
deliberazione n. 75/2010.
Tanto premesso, i ricorrenti deducono i seguenti motivi di doglianza:
1) eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, difetto di istruttoria, carenza di motivazione, difetto del
presupposto, disparità di trattamento e sviamento.
La delibera impugnata, nelle sue premesse, afferma che occorre un intervento di revisione complessiva della attuale
classificazione in categorie delle aree di circolazione di Roma Capitale; tuttavia, poi, la delibera si è limitata a
modificare la tabelle delle attività soggette a coefficienti moltiplicatori, senza peraltro esporre le ragioni della
disposta inclusione, non incidendo sulla modifica degli elementi costituitivi delle tariffe né sulla classificazione delle
categorie stradali o sulla individuazione e riperimetrazione della zona speciale.
Il provvedimento sarebbe dunque illogico e contraddittorio con le sue stesse premesse.
Vi sarebbe inoltre un chiaro difetto di istruttoria nonché disparità di trattamento sia tra le medesime categorie
commerciali, sia tra i commercianti su aree pubbliche e quelli che operano in sede di vicinato. In particolare, per
quanto riguarda la categoria delle rotazioni, l’amministrazione individua ben quattro sottocategorie prevedendo per
ciascuna di esse un diverso coefficiente moltiplicatore, nonostante tra esse vi siano rotazioni omogenee ( ad esempio
la rotazione ex delibera n. 3184/88 e n. 4828/89).
Infine, vi sarebbe il vizio di difetto di istruttoria, carenza di motivazione, illogicità e difetto del presupposto con
riferimento alle rotazioni ex delibera n. 3184/88 e n. 4828/89, per le quali, in attuazione della delibera di Giunta
regionale n. 233/2014, è stata prevista la delocalizzazione dal Tridente, Colosseo e Fori imperiali. Dunque si sarebbe
dovuta prevedere una minore tariffazione per dette categorie le cui soste sono state delocalizzate.
2) violazione di legge (art. 52 e 63 del d.lgs. n. 446 del 1997) eccesso di potere per illogicità, difetto di motivazione,
violazione del principio di legittimo affidamento.
L’aumento del canone concessorio è stato imposto retroattivamente dal 1 gennaio 2014.
Sostengono invece i ricorrenti che ai sensi dell’art. 53 del D.lgs. 446/1997, i regolamenti sulle occupazioni
permanenti o temporanee di suolo pubblico debbano essere adottati entro il termine di approvazione del bilancio di
previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell’anno successivo.
Tale retroattività contrasterebbe inoltre con il principio del legittimo affidamento, incidendo sulla programmazione
economica già effettuata dalle imprese ad inizio anno.
Roma Capitale si è costituta per resistere al presente ricorso eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del
ricorso per genericità e indeterminatezza circa la posizione legittimante di tutti i ricorrenti e per carenza di interesse.
Nel merito, l’amministrazione comunale ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato.
All’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.
Occorre premettere, per una migliore comprensione della vicenda, una breve ricognizione della normativa rilevante.
In primo luogo, occorre menzionare l’art. 27 del D.lgs. 285 del 1992 (c.d. Nuovo Codice della Strada) che prevede il
pagamento di una somma di denaro a titolo di riconoscimento del diritto di proprietà del Comune (o del diverso Ente
pubblico) sul bene oggetto di concessione, con di “corrispettivo” come controprestazione per l’uso particolare del
suolo pubblico.
Più in particolare, l’art. 63 del D.Lgs n. 446 del 1997 stabilisce che i Comuni possono prevedere, con regolamento, che
l’occupazione, sia permanente sia temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti o sottostanti appartenenti al
proprio demanio o patrimonio indisponibile venga assoggettata al pagamento di un canone da parte del titolare della
concessione, quantificato in base ad analitica tariffa determinata in ragione dell’importanza delle strade, delle aree e
degli spazi pubblici, secondo la loro articolata classificazione, tenuto conto dell’entità dell’occupazione, del valore
economico della disponibilità dell’area e del sacrificio imposto alla collettività. Il criterio indicato dalla norma è quello
del moltiplicatore o per specifiche attività esercitate dai titolari delle concessioni anche in relazione alle modalità
del’occupazione.
La Corte costituzionale con sentenza 14 marzo 2008 n. 64 ha affermato la natura non tributaria del canone per
l'occupazione di spazi e aree pubbliche (c.o.s.a.p.), dichiarando conseguentemente l'incostituzionalità dell'art. 2,
comma 2 secondo periodo, del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 nella parte in cui stabiliva che appartengono alla
giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone previsto dall'art. 63 D.L.vo 15
dicembre 1997 n. 446. La Corte costituzionale ha precisato, infatti, che tale canone deve essere considerato quale
corrispettivo per l’uso di un bene pubblico, la cui corresponsione presuppone la stipula di una concessione tra
l’impresa e l’Amministrazione, spettando alla cognizione del giudice ordinario soltanto le vertenze meramente
patrimoniali in relazione alle quali l’Amministrazione non esercita un potere amministrativo.
La controversia de qua rientra dunque nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle concessioni di
beni pubblici.
Come è già stato rilevato da questa stessa sezione nella sentenza n. 11036/2015, la prima considerazione che si trae
dall’esame della citata normativa e dalla giurisprudenza costituzionale sopra menzionata è che il pagamento del
canone Cosap non costituisce un tributo o prestazione patrimoniale imposta, bensì un onere che va a
controbilanciare il vantaggio economico che traggono le aziende che utilizzano il suolo pubblico pertinente alle
strade di proprietà dell’Ente per scopi commerciali con fini di lucro.
Si tratta di un corrispettivo sinallagmatico alla misura dell’area concessa, rapportato ai tempi ed ai luoghi
dell’occupazione, determinato secondo la classificazione delle strade, l’importanza dei siti, il valore economico
dell’area, il beneficio reddituale potenziale che l’operatore ritrae, il sacrificio che la collettività sopporta per essere
privato del godimento del bene.
E’ del tutto logico e giuridicamente fondato, pertanto, che maggiore è il pregio dell’area e maggiore sarà il beneficio
che l’operatore ne trae, come maggiore il sacrificio che la collettività sopporterà; con l’ulteriore conseguenza che
maggiore sarà, etiologicamente, il coefficiente moltiplicatore di cui fare applicazione nel caso specifico. Di tali
coordinate interpretative occorrerà tenere conto in prosieguo.
Venendo al caso in esame, rileva in punto di fatto che:
- il Regolamento Cosap di Roma Capitale, attualmente in vigore, è stato approvato con deliberazione di C.C. n. 75 del
2010;
- i coefficienti moltiplicatori per la determinazione delle tariffe o.s.p. sono indicati nella tabella di cui all’allegato C)
del Regolamento medesimo;
- detti coefficienti sono stati, per l’appunto, modificati dal 1 gennaio 2014 con la deliberazione n. 39 del 2014 oggetto
dell’odierna impugnativa e contestati come sopra indicato;
- con deliberazione di C.C. n. 2726, del 20 luglio 1977, il territorio di Roma Capitale è stato classificato in quattro
categorie;
- con deliberazione di C.C. n. 94 del 7 giugno 1994 è stata prevista una tariffa speciale per tipologie specifiche di
occupazione, ove realizzate nelle zone e/o strade di particolare pregio individuate nella menzionata delibera;
- con deliberazione di G.C. n. 91 del 26 febbraio 2002, è stata individuata una nuova “zona speciale”.
Sulla scorta di tali premesse, Roma Capitale ha provveduto ad effettuare un adeguamento delle tariffe per le
occupazioni temporanee di spazi ed aree pubbliche ed una revisione dei coefficienti moltiplicatori.
L’esigenza di dette modifiche è stata ravvisata “nelle more della definizione del procedimento di revisione delle
tariffe Cosap”.
L’amministrazione ha avvertito la necessità di sottoporre ad una complessiva revisione gli elementi costitutivi della
tariffa o.s.p. poiché sia la classificazione in categorie stradali che l’individuazione della “zona speciale” attualmente
vigenti non rispecchiavano più la reale situazione del territorio di Roma Capitale; anche i valori dei coefficienti
moltiplicatori fissati nell’allegato C) del Regolamento sono stati ritenuti di datata quantificazione e qualificazione,
così come l’individuazione delle tipologie di attività economiche con cui è attualmente articolata la tariffa.
L’intenzione dell’Amministrazione è stata quella (dichiarata) di porre in essere un nuovo modello di valutazione del
valore economico ritraibile dalla concessione del suolo pubblico e del connesso sacrificio imposto alla collettività a
seguito del suo uso esclusivo.
La revisione complessiva dell’attuale classificazione in categorie delle aree di circolazione in Roma Capitale dovrà
rispondere – secondo le indicazioni rassegnate dalla stessa Amministrazione - allo scopo di introdurre maggiore
equità di trattamento tra zone di antica valorizzazione e zone di più recente espansione della Città.
Tanto premesso, è possibile passare all’esame del merito delle censure proposte e, stante la loro infondatezza, il
Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità.
Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano che mentre la delibera impugnata nelle sue premesse afferma che occorre
un intervento di revisione complessiva della attuale classificazione in categorie delle aree di circolazione di Roma
Capitale, essa poi si è limitata a modificare la tabelle delle attività soggette a coefficienti moltiplicatori, senza peraltro
le ragioni della disposta inclusione, e soprattutto senza incidere sulla modifica degli elementi costituitivi delle tariffe
né sulla classificazione delle categorie stradati o sulla individuazione e riperimetrazione della zona speciale.
La censura non può essere accolta.
Come è stato già rilevato da questa sezione nella sentenza n. 11036/2015, le tariffe erano ferme all’anno 2010 per cui
un aggiornamento dei coefficienti moltiplicatori deve ritenersi ragionevole, ancorché nelle more della “complessiva
revisione” del sistema; ciò, non solo per evitare squilibri finanziari di bilancio e ben più consistenti aumenti,
inevitabilmente superiori a cagione del passare di ulteriore tempo, bensì anche per reperire (come congruamente
motivato nella deliberazione impugnata) le risorse necessarie per migliorare i servizi connessi proprio alla fruizione
delle aree e spazi pubblici dati in concessione e, quindi, in stretto regime di sinallagmaticità con le tariffe applicate.
Inoltre, come chiarito dalla difesa capitolina, per i posteggi della rotazione il canone mensile oscillava tra € 92,97 (per
i posteggi di cui alle delibere 3184/1988 – bibite e gelati - e 4828/1989 – bibite, sorbetti e dolciumi) ed € 26,56
(posteggi di cui alla delibera 9837/1988 – urtisti).
A seguito della deliberazione n. 39/2014, i canoni della rotazione sono passati ad € 325,41 al mese per i posteggi di
cui alla delibera 3184/1988, ad € 278,93 al mese per i posteggi di cui alla delibera 4828/1989 e ad € 79,69 al mese
per i posteggi di cui alla delibera 9837/1988.
Pur senza entrare nel merito delle valutazioni operate dall’Amministrazione, il Collegio non rileva nei disposti
aumenti profili di illogicità, irragionevolezza o sproporzionalità.
I canoni precedenti, infatti, erano obiettivamente piuttosto bassi mentre i nuovi canoni appaiono più in linea con il
valore economico delle aree oggetto di concessione.
Né l’aumento in parola può essere ritenuto contraddittorio rispetto alle intenzioni dell’Amministrazione, espresse
con altre determinazioni, di ridurre l’occupazione delle aree nei centri di maggiore pregio della Città da parte di
attività commerciali e di disporre la loro delocalizzazione.
Si tratta di due obiettivi ontologicamente differenti: il primo risponde al dovere di una corretta gestione economica
dei beni pubblici fintanto che dura la loro utilizzazione a fini di lucro. Il secondo, attiene al potere discrezionale
dell’Amministrazione di disciplinarne l’uso in vista del miglior godimento da parte della collettività.
Peraltro, come rilevato dalle difese di Roma Capitale, al momento dell’adozione della delibera impugnata, il
procedimento di delocalizzazione era stato solo avviato e non ancora portato ad effetto.
E’ tuttavia chiaro che nel momento in cui la delocalizzazione dovesse essere concretamente effettuata, dovrebbe
essere applicata la tariffa corrispondente alla zona – presumibilmente di minor pregio – nella quale i posteggi dei
ricorrenti venissero ad essere situati.
Sempre con il primo motivo, i ricorrenti deducono anche la censura di disparità di trattamento sia con riferimento
alle attività commerciali della stessa specie site in aree diverse sia con riferimento alle occupazioni a servizio degli
esercizi di vicinato, la quale tuttavia non può essere accolta.
La natura della OSP al servizio di un esercizio di vicinato o di somministrazione di alimenti e bevande è infatti diversa
dalla OSP per posteggio su rotazione, in quanto nel primo caso essa è accessoria all’esercizio dell’attività commerciale
mentre nel secondo caso è ad essa connaturata.
Il Regolamento comunale in materia di occupazione di suolo pubblico, modificato con delibera n. 75 del 30 luglio
2010, ha stabilito, all’art. 17, nuove tariffe di occupazione ponderate – coerentemente con le previsioni recate dal
D.Lgs. n. 466 del 1997 - sulla base del valore economico della disponibilità dell’area, del sacrificio imposto alla
collettività e degli interessi pubblici connessi all’occupazione, suddividendo il territorio comunale in quattro
categorie basate sull’importanza delle strade.
Ora, nel caso di specie, appare chiaro che il valore economico della disponibilità dell’area è maggiore nel caso di
attività commerciali che si svolgono integralmente su suolo pubblico, piuttosto che per attività che, come le
somministrazioni di alimenti e bevande o gli esercizi di vicinato, usano la OSP solo per finalità accessorie all’attività
principale.
In ogni caso, comunque, il Collegio ritiene che correttamente l’Amministrazione comunale abbia fatto riferimento al
criterio del valore economico della disponibilità dell’area mediante la classificazione del territorio comunale sulla
base di categorie stradali individuate in relazione alla loro importanza e collocazione, tale essendo peraltro la
disciplina inerente la determinazione delle tariffe stabilita a livello regolamentare.
Con il secondo motivo, i ricorrente denunciano in sostanza l’illegittimità della previsione di retroattività dell’aumento
del canone.
La cesura non è persuasiva. Come già rilevato nella sentenza di questa sezione n. 11036/2015 e nella sentenza n.
998/2012 del Tar Lecce, l’art. 27, c. 8 della L. n. 448 del 2001 (c.d. legge finanziaria per l’anno 2002) ha stabilito che il
termine per deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi e dei servizi pubblici locali, nonché per approvare o
modificare i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali, è fissato entro la data prevista per la deliberazione del
bilanci odi previsione.
La norma in commento ha anche precisato che i Regolamenti, e le relative modifiche, se approvati successivamente
all’inizio dell’esercizio, purché entro il termine di cui sopra (deliberazione del bilanci odi previsione), hanno effetto
dal 1^ gennaio dell’anno di riferimento.
Nel caso di specie, l’intimata amministrazione ha chiarito che il regolamento comunale è stato modificato in parte qua
prima dell’approvazione del bilancio di previsione relativo all’anno 2014 (avvenuta con delibera n. 51 del 1 agosto
2014).
Ne consegue, in applicazione del principio di legalità formale, che le tariffe in questione legittimamente sono state
applicate sin dal 1 gennaio 2014. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso,
come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali in favore dell’amministrazione
resistente, liquidandole in euro 3.000 (tremila/00) oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 2 luglio 2015, 8 ottobre 2015, 19 novembre 2015, con
l'intervento dei magistrati:
Renzo Conti, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Maria Laura Maddalena, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)