indice - Catalogo di Ateneo

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INDICE
INDICE
Introduzione
pag. 1
Premessa metodologica
Schema della ricerca
1. Individuazione dell’ambito della ricerca: inquadramento del
problema
2. Definizione degli obiettivi
3.4 Individuazione della metodologia e sviluppo delle fasi di ricerca
5.6 Risultati della ricerca ed ulteriori linee di sviluppo
Schema della metodologia di ricerca
pag. 4
pag. 5
Capitolo primo
Linee-guida procedurali e progettuali per la riqualificazione dei
quartieri pubblici degradati
1.1
1.1.1
1.1.2
1.2
1.3
1.3.1
1.4
1.4.1
1.4.2
1.4.3
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1.6
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1.11
1.11.1
1.11.2
1.11.3
1.11.4
1.11.5
1.12
1.12.1
1.12.2
1.12.3
1.12.4
1.13
1.13.1
Linee-guida procedurali
Premessa
La diagnosi del contesto
Gli “scenari” della riqualificazione
L’équipe di progetto
La definizione del progetto di riqualificazione
Pre-progetto e progetto
La partecipazione
Metodi di comunicazione con gli abitanti
Il metodo del Community Planning
Le fasi di lavoro di Avventura Urbana
La gestione dei rapporti tra Amministrazione Pubblica e utenti
La sperimentazione su di un edificio/alloggio pilota
La valutazione delle operazioni nei programmi di
riqualificazione
Il sistema di gestione
I finanziamenti
Linee-guida progettuali
Premessa
Il disagio abitativo nei quartieri monofunzionali
Le categorie dello spazio: i nuovi requisiti
I sistema urbano ed edilizio
L’alloggio
Strategie per la riqualificazione dei luoghi dell’abitare
L’alloggio e le sue funzioni
Flessibilità: maglia modulare e pareti trasformabili
Il modello abitativo per utenze “deboli”
L’anziano
I requisiti dello spazio residenziale
Gli extracomunitari: la nuova domanda aggiuntiva
La residenza per studenti
Alcuni modelli abitativi innovativi: la co-residenza e le
abitazioni multigenerazionali
Il modello della co-residenza
pag.
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6
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pag. 30
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76
76
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pag. 103
pag. 104
INDICE
Capitolo secondo
L’esperienza francese nel campo della riqualificazione: lineeguida ed analisi di casi studio
Nota introduttiva
2.1
Le principali tappe della riqualificazione in Europa: Francia,
Gran Bretagna, Italia
2.1.1 La Francia
2.1.2 La Gran Bretagna
2.1.3 L’Italia
2.2
La riqualificazione e le strategie di rivalorizzazione dei
quartieri: il caso francese
2.3
La metodologia programmata
2.3.1 Elaborazione di un piano di rivalorizzazione del patrimonio
2.3.2 Analisi dei problemi attraverso la realizzazione di una diagnosi
e la raccolta dei punti di vista dei diversi attori coinvolti
2.3.3 Elaborazione di un programma générative
2.3.4 Svolgimento del processo di riqualificazione
2.3.5 I finanziamenti e la loro gestione nei programmi di
riqualificazione
2.3.6 L’équipe operativa
2.3.7 La partecipazione degli abitanti
2.3.8 L’organizzazione dei lavori nei cantieri di riqualificazione
2.3.9 La trasformazione del sistema di gestione
2.3.10 Valutazione delle operazioni condotte nel programma di
riqualificazione
2.4
Tre casi studio francesi: i quartieri Les Minguettes,
La Courneuve e Port de Bouc
2.4.1 Les Minguettes e la riqualificazione sociale
2.4.2 Le demolizioni
2.4.3 La riqualificazione
2.4.4 Le iniziative sociali
2.4.5 Le procedure per la riqualificazione
2.4.6 La Courneuve, i 4000 e la riqualificazione “fisica” degli
edifici
2.4.7 Riqualificazione dell’edificio Robespierre alla Courneuve
2.4.8 Il caso di Port de Bouc e la partecipazione degli abitanti
2.5
Gli esiti delle politiche di riqualificazione
pag. 114
pag. 115
pag. 117
pag. 117
pag. 119
pag. 121
pag. 125
pag. 126
pag. 129
pag. 130
pag. 132
pag. 134
pag. 137
pag. 138
pag. 140
pag. 143
pag. 144
pag. 146
pag. 149
pag. 151
pag. 153
pag. 153
pag. 154
pag. 154
pag. 158
pag. 161
pag. 163
pag. 167
INDICE
Capitolo terzo
La riqualificazione dei quartieri pubblici degradati nel contesto
lombardo/milanese: procedure, soluzioni tecnico/operative,
risultati
3.1
3.2
Il processo “tradizionale” di riqualificazione dei quartieri Aler
Il quartiere Mazzini: un primo passo verso la riqualificazione
partecipata
3.3
Il processo innescato dai Contratti di Quartiere
3.3.1 Le finalità
3.3.2 Il programma sperimentale
3.3.3 I dati statistici
3.3.4 I soggetti interessati
3.3.5 Le Amministrazioni centrali
3.3.6 Le Regioni
3.3.7 I Comuni
3.3.8 Le Aler
3.3.9 Gli altri enti e aziende pubbliche
3.3.10 I privati
3.3.11 Il terzo settore
3.4
La partecipazione
3.5
I finanziamenti
3.6
Le procedure
3.7 Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo: il complesso
S. Eusebio
3.7.1 Gli interventi previsti nel Contratto di Quartiere
3.7.2 L’apporto economico e gli operatori del Contratto di Quartiere
3.7.3 Il Piano della Mobilità
3.7.4 La partecipazione degli abitanti
3.7.5 Il programma sperimentale
3.8 Il Contratto di Quartiere di Vigevano: il quartiere Pietrasana
3.8.1 Gli interventi previsti nel Contratto di Quartiere
3.8.2 L’apporto economico e gli operatori del Contrattodi Quartiere
3.8.3 La partecipazione degli abitanti
3.8.4 Il programma sperimentale
3.9
Gli aspetti significativi dei Contratti di Quartiere
3.10 Dalla teoria alla prassi: alcune ipotesi in atto a Milano per la
gestione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica
Appendice
Novembre 2000: ultime notizie sui Contratti di Quartiere
Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo
Il processo di partecipazione degli abitanti
Il Contratto di Quartiere di Vigevano
pag. 169
pag. 170
pag. 173
pag. 180
pag. 181
pag. 182
pag. 184
pag. 184
pag. 184
pag. 185
pag. 185
pag. 186
pag. 187
pag. 187
pag. 188
pag. 189
pag. 190
pag. 190
pag. 198
pag. 199
pag. 201
pag. 203
pag. 204
pag. 207
pag. 229
pag. 230
pag. 235
pag. 237
pag. 239
pag. 249
pag. 251
pag. 254
pag. 255
pag. 256
pag. 257
INDICE
Note conclusive
pag. 259
Allegato 1
I mutamenti socio-demografici
pag. 264
A1.1
A1.2
A1.3
A1.4
Modifiche strutturali e comportamentali della popolazione
I parametri strutturali della domanda: età e sesso
La famiglia: unità base d’indagine
L’emergenza abitativa a Milano e le risposte
dell’Amministrazione pubblica
pag. 265
pag. 265
pag. 266
pag. 268
Allegati statistici
pag. 269
Allegato 2
Analisi di un quartiere di edilizia residenziale pubblica:
il San Siro
pag. 280
A2.1 La domanda abitativa nel quartiere San Siro
A2.2 San Siro: il disagio abitativo
pag. 281
pag. 282
Allegati statistici
pag. 283
Allegati planimetrici e fotografici
pag. 305
Bibliografia per argomenti
pag. 317
INDICE
PREMESSA METODOLOGICA
Schema della ricerca
1. Individuazione dell’ambito della ricerca ed inquadramento del
problema
2. Definizione degli obiettivi
3. Individuazione della metodologia di ricerca
4. Sviluppo della ricerca
5. Risultati della ricerca
6. Ulteriori linee di
sviluppo
5
PREMESSA METODOLOGICA
1. Individuazione dell’ambito di ricerca: inquadramento del
problema
Proporre modelli innovativi per la riqualificazione dovrebbe
comportare una parallela innovazione delle procedure e delle
metodologie utili per la sperimentazione. E’ necessario quindi,
conoscere, analizzare e confrontare tali procedure per definire un
programma/processo di riqualificazione puntuale ed organizzato.
In Italia i Contratti di Quartiere hanno introdotto, oltre a temi
specifici di sperimentazione1 , nuove procedure e metodologie per la
riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica che
hanno portato ad una rottura con la concezione tradizionale della
riqualificazione tecnico/spaziale e hanno iniziato a spostare
l’attenzione verso strategie di approccio multidimensionale come
risposta al problema del degrado abitativo. Per la prima volta, in Italia,
viene preso in considerazione l’impatto sociale nei processi di
recupero ed il coinvolgimento degli abitanti come elemento essenziale
per la buona riuscita di un programma di riqualificazione.
Questi sono sicuramente, gli aspetti più interessanti introdotti dalla
nuova procedura dei Contratti di Quartiere. In passato si è infatti
spesso dimostrato controproducente per le Amministrazioni pubbliche
avviare sperimentazioni nell’edilizia sociale in assenza di strutture
alla base in grado di indirizzare gli operatori coinvolti ed in grado di
dare indicazioni sulle metodologie da utilizzare o sulle procedure da
seguire.
Tra i temi affrontati dai Contratti di Quartiere ho ritenuto che
richiedesse una ricerca particolarmente approfondita, in rapporto alla
situazione delineata nell’introduzione, quello della “Qualità fruitiva”
definita come: “l’insieme delle condizioni che garantiscono un uso
adeguato del complesso insediativo e dell’organismo edilizio da parte
degli utenti con particolare approfondimento delle questioni inerenti
l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche, la
sicurezza di utilizzazione e il soddisfacimento delle esigenze dei nuovi
modi di vita, con particolare riferimento alle utenze sociali deboli”. 2
1
Qualità morfologica, Qualità ecosistemica, Qualità fruitiva e Sistema qualità.
Da: Ministero dei Lavori Pubblici, “Istruzioni per la predisposizione dei Contratti
di Quartiere”, Centro fototecnico Ministero dei Lavori Pubblici, 1998.
2
6
PREMESSA METODOLOGICA
L’attenzione per la qualità fruitiva dell’edilizia residenziale pubblica
non è certo una prerogativa dei recenti Contratti di Quartiere.
L’innovazione normativa del secondo dopoguerra in Italia, in
particolare negli anni ’70, ha infatti perseguito livelli di confort
sempre più sofisticati anche per l’abitazione di tipo economico,
sancendo standard di attrezzabilità, di arredabilità, di servizi, che
riflettono il generalizzato espandersi dei consumi.
L’abitazione che ne è conseguita, in riferimento ad esigenze e requisiti
fruitivi che hanno continuato a riflettere modalità abitative
“tradizionali”, anche se sempre più attrezzata, dimostra tuttavia di non
rispondere in modo efficace alle esigenze fruitive di una quota ormai
non marginale della domanda abitativa contemporanea.
E’ anche evidente che i livelli prestazionali di fruibilità definiti per le
abitazioni di nuova costruzione sono molto problematici da
raggiungere (soprattutto se li si interpreta “alla lettera”) negli
interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.
Adeguare agli standard di confort attuali edifici ed alloggi che
risalgono anche solo a pochi decenni fa comporta, infatti, uno
stravolgimento radicale degli assetti spaziali originari e un pesante
investimento economico tanto che, in molti casi, la sostituzione del
manufatto edilizio si dimostra più vantaggiosa del suo riadeguamento.
Una terza considerazione riguarda, infine l’opportunità di applicare un
modello di qualità fruitiva che rispecchia il “confort abitativo”
definito dalle norme oggi vigenti ad un patrimonio edilizio che,
nonostante la sua parziale obsolescenza, continua ad essere la
principale risorsa abitativa per le fasce d’utenza economicamente e
socialmente più deboli. Forzare oltre certi limiti i caratteri originari di
tale patrimonio per adeguarlo ad aspettative di confort “medie” e a
schemi uniformati, da un lato sembra impraticabile sul piano
economico (come dimostrano infatti i tanti riadeguamenti di semplice
facciata operata oggi a Milano dall’Aler); dall’altro non garantirebbe
una risposta mirata alle esigenze abitative particolari di quella che,
nell’attuale fase di ridimensionamento dell’impegno pubblico per la
casa, sembra destinata ad essere l’utenza principale dell’edilizia
residenziale sociale (anziani, famiglie mono-parentali, immigrati).
E’ opportuno, quindi, riproporre la progettazione dell’alloggio non
legandola al dato quantitativo del numero degli utenti, ma piuttosto a
quello qualitativo delle esigenze specifiche e dei comportamenti dei
suoi fruitori. Parlare di qualità dell’abitare del nucleo d’utenza, nella
progettazione tipologica, significa tentare di individuare una qualità di
spazio che non corrisponde solo al numero dei componenti, ma che
tiene conto di parametri comportamentali ben più complessi.
Progettare per un utente reale 3 , ossia per una persona con esigenze
specifiche e non per un uomo dalle dimensioni fisiche standardizzate o
ancora peggio dalle esigenze psicologiche predeterminate, è quanto
3
Conoscere le reali esigenze dell’utente permette di definire i requisiti spaziali
indispensabili a soddisfare bisogni concreti.
7
PREMESSA METODOLOGICA
l’architetto deve proporsi nell’affrontare il delicato tema della
residenza. Sulla base, quindi, delle nuove domande abitative è
necessario:
1. Avviare lo studio di tipologie sperimentali che rispondono a
modalità abitative non convenzionali;
2. valutare la compatibilità (piuttosto che le contro-indicazioni) dei
modelli tipologici prevalenti nell’edilizia residenziale pubblica
rispetto a gradi di esigenze differenziati.
L’analisi dell’utente, dell’uso che fa degli spazi esterni e dell’alloggio
e la consegue individuazione della congruenza o incongruenza
dell’offerta tipologica attuale rispetto ai comportamenti reali è quanto
si dovrebbe individuare.
Quali sono, quindi, i modelli fruitivi innovativi che possono migliorare
le condizioni dell’abitare odierno? E quali sono le procedure e le
metodologie più efficaci per individuare e per predisporre assetti
abitativi ad essi congruenti?
8
PREMESSA METODOLOGICA
2. Definizione degli obiettivi
La ricerca si propone di estrapolare linee-guida procedurali e
progettuali per la riqualificazione del patrimonio di edilizia
residenziale pubblica in stato di degrado sulla base della domanda di
modelli fruitivi innovativi. Come ho già accennato i Contratti di
Quartiere hanno introdotto diverse novità nel campo delle procedure
per la riqualificazione rispetto a quelle tradizionali utilizzate
dall’Amministrazione pubblica. Mi è sembrato molto interessante
indagare questo campo, mettere a confronto l’esperienza italiana con
la ventennale esperienza francese nel recupero delle periferie e
definire successivamente una schematizzazione delle fasi procedurali
necessarie perché un programma/processo di riqualificazione si attui
in modo puntuale.
Tuttavia, se la maggiore o minore efficacia del processo di
riqualificazione dipende in larga misura dal tipo di procedure adottate,
una responsabilità non secondaria riveste il progetto “spaziale”.
La ricerca si propone quindi di mettere a punto alcune linee-guida
progettuali che assumono come riferimento le problematiche dei
quartieri di edilizia residenziale pubblica degradati (come il quartiere
San Siro a Milano, assunto come “caso studio” privilegiato), con
particolare attenzione per l’attuale modificarsi di modelli fruitivi nel
campo dell’abitare.
Come bisogna intervenire sul contesto e sugli edifici tenendo in
considerazione la nuova domanda abitativa e i nuovi modi di vita?
Come rivitalizzare i quartieri degradati ormai “ghetto” per anziani ed
immigrati?
Quali sono i modelli abitativi che possono permettere tale
rivitalizzazione?
Quali le metodologie di progetto?
Il lavoro si propone quindi di affrontare due tematiche diverse tra
loro, ma strettamente legate ed inscindibili, poiché non si può dare
inizio ad un progetto di riqualificazione edilizia e sociale senza aver
prima definito in modo puntuale le metodologie, le procedure da
utilizzare, gli operatori da coinvolgere ed i loro ruoli.
9
PREMESSA METODOLOGICA
3-4. Individuazione della metodologia
ricerca
e sviluppo delle fasi di
Il lavoro si è articolato sia attraverso ricerche bibliografiche, sia e
soprattutto, attraverso contatti con le Amministrazioni pubbliche (Aler
e Comune), proprio a causa dell’attualità del problema e quindi della
mancanza di fonti certe se non quelle fornite dagli operatori addetti ai
programmi di riqualificazione in atto.
Nella prima fase della ricerca sono state analizzate le trasformazioni
destinate ad incidere maggiormente sulla organizzazione della società
e che quindi presentano maggior interesse ai fini della valutazione
delle nuove esigenze abitative: i cambiamenti socio-demografici.
Tra le linee evolutive che caratterizzano la famiglia contemporanea
sono emersi come indicatori particolarmente significativi: il
progressivo invecchiamento della popolazione, la frammentazione del
carattere delle convivenze, il disagio abitativo dei giovani, la ridotta
permanenza media delle famiglie all’interno dello stesso alloggio, la
presenza sempre più massiccia di extracomunitari che fanno parte di
quella categoria sociale denominata “utenza sociale debole” che,
insieme agli anziani, studenti e famiglie mono-parentali, si
distinguono per l’estrema particolarità dei bisogni abitativi.
Successivamente è stato operato un confronto tra i cambiamenti sociodemografici della popolazione e l’offerta edilizia (sulla base di dati
Istat e di dati fornitomi dalla sezione Edilizia popolare-assegnazione
alloggi e dall’Aler) al fine di avere un quadro completo della
situazione Lombarda ed in particolare della città di Milano, sia dal
punto di vista della domanda che dell’offerta.
Questa analisi è servita soprattutto come base per spiegare le linee
evolutive che caratterizzano la famiglia contemporanea ed è stata
riassunta e riportata in allegato alla ricerca.
Il secondo passo è stato quello di restringere il campo d’indagine
attraverso l’analisi del degrado sociale e degli edifici di un quartiere di
edilizia economica e popolare milanese: il San Siro.
Dall’analisi sono emersi in tutta la loro concretezza i diversi fattori
che hanno contribuito a trasformare questo quartiere in luogo di
disagio abitativo: la limitata varietà della composizione sociale
(soprattutto anziani); la scarsa presenza di servizi sociali e di strutture
legate alle esigenze della collettività; l’assenza di attività culturali e di
svago; il deperimento delle strutture degli edifici e degli alloggi; la
progressiva perdita di capacità degli alloggi di rispondere alle attuali
esigenze residenziali; la forte percentuale di alloggi occupati
abusivamente da parte di frange sociali emarginate.
10
PREMESSA METODOLOGICA
Anche questa parte della ricerca viene trasmessa in allegato.
Prima di analizzare le procedure per la riqualificazione utilizzate in
Italia ed introdotte dai Contratti di Quartiere ho sentito l’esigenza di
indagare un’esperienza europea ormai consolidata per quanto riguarda
il recupero delle periferie.
La scelta è caduta sulla Francia, sia per la sua ventennale esperienza in
questo campo, sia perché da anni in questo paese l’obiettivo è
diventato quello di rompere con la concezione tradizionale della
riqualificazione tecnico spaziale, a favore di strategie globali di
rivalorizzazione dei quartieri capaci di intervenire sui diversi fattori
che determinano il loro cattivo funzionamento.
Grazie alla corrispondenza avviata con il Centre Scientifique et
Technique du Batiment (CSTB) sono venuta in possesso di
pubblicazioni interne in cui viene descritta la “metodologia” utilizzata
dalle Amministrazioni pubbliche francesi per la riqualificazione.
Ho analizzato quindi questa metodologia prendendo come riferimento
le problematiche italiane per quanto riguarda il recupero delle
periferie, ed ho completato lo studio attraverso un’indagine di casi di
riqualificazione francesi con problematiche assimilabili a quelle del
contesto italiano.
Il successivo passo è stato quello di ricostruire il processo decisionale
e attuativo della riqualificazione dei quartieri in degrado nel nostro
Paese. Questa fase ha dovuto essere condotta in modo empirico a
causa della mancanza di procedure consolidate.
Sono state prese in esame le prassi e le procedure seguite dall’Aler
attraverso incontri con gli operatori dell’Ente ed attraverso la
partecipazione diretta a momenti operativi, promossi dall’Aler stesso,
nelle principali esperienze in corso a Milano.
Contemporaneamente è stata avviata un’indagine sulle modalità con
cui viene attualmente condotto il processo di riqualificazione
all’interno dei recentissimi programmi innescati dai Contratti di
Quartiere.
In particolare, attraverso incontri con i progettisti ed i responsabili dei
Contratti ed attraverso l’esame della documentazione prodotta, sono
state prese in considerazione due esperienze lombarde: Cinisello
Balsamo e Vigevano.
L’obiettivo era individuare:
1. gli elementi di innovazione introdotti dai Contratti di Quartiere
rispetto ai metodi tradizionali di riqualificazione;
2. le differenze e le analogie rispetto alle metodologie francesi.
11
PREMESSA METODOLOGICA
5-6. Risultati della ricerca ed ulteriori linee di sviluppo
Le analisi attuate sulle procedure per la riqualificazione introdotte dai
Contratti di Quartiere ed il loro confronto con le metodologie francesi
hanno permesso di giungere:
1. alla schematizzazione delle fasi procedurali necessarie perché un
programma/processo di riqualificazione si attui in modo puntuale;
2. alla individuazione degli operatori da coinvolgere e dei loro
compiti;
3. alla definizione del ruolo degli abitanti dei quartieri oggetto di
riqualificazione ed ai metodi di comunicazione utili per il loro
coinvolgimento;
4. alla spiegazione dei metodi di gestione e di valutazione utili alle
Amministrazioni pubbliche, sia durante il programma/processo di
riqualificazione, sia ad operazione conclusa per il mantenimento
dei risultati raggiunti con la riqualificazione.
Ogni singola fase del programma/processo di riqualificazione descritta
potrebbe essere campo di ulteriore approfondimento.
La ricerca si è applicata, infine, alla messa a punto di linee-guida
progettuali che assumono come riferimento le problematiche dei
quartieri di edilizia residenziale pubblica degradati (come il San Siro),
con particolare attenzione per l’attuale modificarsi di modelli fruitivi
nel campo dell’abitare.
Le indicazioni che ne sono derivate si basano sull’analisi di un’ampia
casistica di progetti europei innovativi - per la maggior parte recenti o
recentissimi, ma anche tratti dalla storia dell’architettura
contemporanea – accomunati dall’importanza che mostrano di
dedicare alla qualità d’uso degli spazi abitativi.
E’ necessario sottolineare che gli esempi di nuova costruzione presi in
considerazione non sono stati assunti e non devono essere assunti
come modelli meccanicisticamente riproponibili, ma come come
suggestioni utili per delineare alcuni criteri progettuali.
Il metodo seguito per definire linee-guida progettuali con particolare
attenzione all’attuale modificarsi di modelli fruitivi nel campo
dell'abitare potrebbe essere utilizzato in modo intensivo anche in
riferimento ad alle altre tematiche di sperimentazione enunciate dai
Contratti di Quartiere (Qualità ecosistemica, Qualità morfologica).
12
PREMESSA METODOLOGICA
Schema della metodologia di ricerca
Obiettivo: estrapolazione di linee-guida procedurali e progettuali sulla base dei modelli fruitivi
innovativi
Quali sono i modelli fruitivi innovativi che possono migliorare le condizioni dell’abitare odierno e quali le
procedure e le metodologie da utilizzare per applicare i modelli fruitivi innovativi?
Fasi di ricerca
Strumenti
Prima fase: analisi socio-demografica
Analisi delle trasformazioni che incidono
sull’organizzazione della società per la
valutazione delle nuove esigenze abitative.
-
-
Dati Istat
Dati forniti dalla sezione Edilizia
popolare/ assegnazione alloggi del
Comune di Milano
Dati forniti dall’Aler
Restringimento del campo d’indagine
Seconda fase: analisi caso studio
Analisi della situazione di degrado sociale e
degli edifici del quartiere San Siro.
-
-
Terza fase: analisi di un’esperienza
europea nel campo della riqualificazione
Analisi delle procedure consolidate nel
campo della riqualificazione in Francia.
Pubblicazioni, progetti e tesi di
laurea
Colloqui con gli abitanti, con le
associazioni sociali in loco e con il
comitato inquilini
Dati forniti dall’Aler
-
Pubblicazioni del Centre Scientifique
et Technique du Batiment (CSTB)
sulle procedure e metodologie per il
recupero delle periferie
-
Pubblicazioni
Incontri con gli operatori dell’Aler
Partecipazione diretta a momenti
operativi promossi dall’Aler
Colloqui con progettisti e responsabili
dei Contratti di Quartiere di Cinisello
Balsamo e Vigevano ed esame della
documentazione prodotta
Confronto
Quarta fase: analisi della situazione
italiana
Analisi delle procedure per la
riqualificazione dei quartieri degradati: i
Contratti di Quartiere
-
Quinta fase: Ricostruzione di linee-guida
procedurali e progettuali per interventi di
riqualificazione
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PREMESSA METODOLOGICA
14
PREMESSA METODOLOGICA
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PREMESSA METODOLOGICA
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PREMESSA METODOLOGICA
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PREMESSA METODOLOGICA
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CAPITOLO PRIMO
1.1 Linee-guida procedurali
Premessa
I quartieri di edilizia residenziale pubblica evolvono in modo
differente in funzione del loro inserimento urbano, dei modi di
vita degli abitanti, della qualità dei servizi ed, infine, dei modi di
gestione e di manutenzione.
L’obiettivo è di superare la concezione tradizionale della
riqualificazione tecnico/spaziale a favore di una strategia globale
di rivalorizzazione dei quartieri tesa ad intervenire sui diversi
fattori che determinano il loro cattivo funzionamento. Infatti, il
divenire di un quartiere dipende soprattutto dalla qualità
dell’ambiente, dallo sviluppo della vita sociale e dalla
soddisfazione degli abitanti.
L’ipotesi di base è dunque che, per quanto la modificazione
tecnica, funzionale ed estetica dello spazio e degli edifici sia
essenziale per il miglioramento delle condizioni di vita degli
abitanti e rappresenti la manifestazione tangibile del
cambiamento della loro situazione, non è dato di ottenere un
concreto miglioramento delle condizioni se le modifiche
apportate non corrispondono alle attese degli abitanti e se,
soprattutto, non migliorano i rapporti degli abitanti stessi con il
proprio spazio, i loro modi di vita, le relazioni sociali e le
relazioni con gli Enti Gestori.
Si è pertanto riconosciuta la necessità di agire sul costruito
associando diversi interessati (Enti Gestori, abitanti,
associazioni) per sviluppare dei progetti che integrino la
riqualificazione tecnica con una strategia di rivalorizzazione
complessiva dei quartieri, per sfruttarne le potenzialità e per
sviluppare una nuova dinamica.
Se non si tiene conto dei punti di vista e delle domande dei
diversi attori (in particolare gli abitanti), se non li si associa
all’operazione di riqualificazione si rischia infatti di trascurare i
problemi essenziali, di mal interpretare alcuni fenomeni e di
conseguenza di provocare l'ostilità ed il malcontento, ottenendo
il risultato contrario rispetto a quello ricercato.
15
Obiettivo
riqualificazione
della
In
che
modo
è
necessario
agire
perché un programma
di riqualificazione sia
efficace
CAPITOLO PRIMO
Il modo di condurre e di attuare un’operazione di
riqualificazione influenza il suo svolgimento e la sua efficacia
ed è tanto importante quanto la natura delle azioni che si
vogliono intraprendere.
In ogni operazione di riqualificazione è necessario mettere in
atto dei metodi specifici in rapporto al contesto preso in esame
ma, allo stesso tempo, è possibile definire delle linee – guida che
possono valere per qualsiasi situazione e per qualsiasi scopo.
E’ in ogni caso molto importante che la definizione di uno
strumento operativo e di una procedura non sia rigida, ma
sempre adattabile al contesto ed alla situazione. Ritengo infatti
che determinate situazioni richiedano un certo pragmatismo ed
una certa elasticità, per cui in taluni casi appare più opportuno
definire gli interventi via via che si rendono necessari, se non
addirittura procedere alla loro completa definizione soltanto nel
momento in cui si è concluso il relativo iter procedurale.
A fronte di questa premessa è necessario definire quali sono, a
mio avviso, le linee – guida che stanno alla base di una corretta
procedura di riqualificazione.
Prima di tutto bisogna dire che un programma di riqualificazione
deve:
1. Coinvolgere tecnici con competenze diverse in modo da
stabilire un approccio pluridisciplinare alle diverse
problematiche (economiche, sociali tecniche..) che si
sviluppano in un quartiere degradato;
2. Attirare canali finanziari diversi (privati, pubblici,
associazioni..) per favorire un convogliamento di fondi in
grado di contribuire alla riduzione del disagio sociale che
convive con il degrado edilizio;
3. Considerare la partecipazione degli abitanti come essenziale
per sviluppare un progetto concertato.
Di seguito vengono indicati quali potrebbero essere i passaggi
operativi coerenti con questi indirizzi.
Un programma di
riqualificazione deve:
-coinvolgere
tecnici
multidisciplinari;
-attirare
canali
finanziari diversi;
- considerare
essenziale la
partecipazione degli
abitanti.
1.1.1 La diagnosi del contesto
La diagnosi del contesto è fondamentale per la buona riuscita di
un programma di riqualificazione poiché non consiste solamente
nel fare un’analisi dei problemi, ma implica lo studio delle
possibili trasformazioni del contesto sulla base delle sue
potenzialità e dei punti di vista dei diversi attori coinvolti
(architetti, tecnici, enti locali, abitanti, associazioni sociali).
Questa prima fase permette infatti di costruire degli “scenari” su
cui impostare un programma di riqualificazione.
La multidisciplinarietà del programma di riqualificazione deve
emergere già in questa fase del processo.
16
Diagnosi = analisi dei
problemi
e
delle
potenzialità
del
contesto
La
diagnosi
deve
essere
redatta
da
un’équipe
multidisciplinare
CAPITOLO PRIMO
Si deve evitare, infatti, che la diagnosi venga attuata da un’unica
categoria di specialisti, che necessariamente rivelerebbero solo i
problemi che corrispondono alle sue competenze, ma devono
essere garantite competenze molteplici, in particolare:
urbanistiche, tecniche, economiche, sociologiche.
Ogni categoria di specialisti dovrebbe definire dei metodi di
diagnosi da poter interloquire con gli altri attori in modo da
costruire una visione comune dei problemi e degli orientamenti
possibili.
In questo tipo di analisi non può mancare l’apporto degli abitanti
con le loro domande, i loro problemi e le loro esigenze.
Le domande raccolte devono essere sottoposte ad un lavoro di
elaborazione e di interpretazione per permettere da un lato agli
abitanti di esprimersi liberamente e dall’altro di gerarchizzare i
problemi che sorgono e provvedere al loro trattamento.
Ciò presuppone la messa a punto di : metodi, tecniche e
procedure per la riqualificazione.
1.1.2 Gli “scenari” della riqualificazione
La diagnosi non deve focalizzare l’attenzione solo sui problemi,
ma deve identificare le potenzialità del sito preso in esame in
modo da agire in modo coerente e puntuale.
In Francia è stata elaborata una metodologia di programmazione
per gli interventi di riqualificazione in cui viene dato grande
spazio alla fase di diagnosi ed alla spiegazione delle diverse
analisi che devono essere attuate prima di elaborare un
progetto 1 .
In Italia la fase di analisi in realtà non è articolata come nel caso
francese anche se, con l’introduzione dei “Contratti di
Quartiere” e, quindi, con l’introduzione della partecipazione
degli abitanti al programma di riqualificazione, dovrebbero
venire finalmente prese in considerazione le loro domande e le
loro necessità fin dall’inizio del processo.
Un tipo di analisi che in Italia non viene assolutamente
contemplata e che, al contrario, è di fondamentale importanza è
quella che i francesi chiamano: analisi dei modi di gestione e
manutenzione.
1
Si differenzia la diagnosi in diverse categorie che affrontano problematiche
diverse:
diagnosi socio- tecnica;
analisi della domanda;
analisi delle dinamiche sociali;
analisi dei modi di gestione e di manutenzione; analisi delle potenzialità
del quartiere.
17
La
diagnosi
deve
essere molto articolata
e deve affrontare tutti i
possibili problemi
CAPITOLO PRIMO
Spesso infatti la cattiva gestione e la carente manutenzione
amplificano i processi di degrado soprattutto quando non
vengono soddisfatte le richieste degli abitanti.
E’ inutile riqualificare un edificio se non si migliora il modo di
gestione e di manutenzione dello stesso.
1.2 L’équipe di progetto
La riqualificazione necessita di operatori con competenze e
capacità diverse:
• Conoscenze tecnico giuridiche;
• padronanza nella gestione dei finanziamenti;
• comprensione dei modi di vita degli abitanti e dei problemi
sociali;
• capacità di negoziazione e di comunicazione con gli abitanti,
le associazioni, la collettività locale, gli organismi sociali e
le imprese;
• attitudine a collaborare coi diversi partners;
• facilità a lavorare con i membri dell’organismo di gestione.
Nei programmi di riqualificazione bisogna quindi dotarsi di un
gruppo progettuale formato da tecnici con competenze diverse.
Le responsabilità dei vari operatori devono essere definite
precisamente, così come i mezzi di cui dispongono, e devono
essere coordinate da un responsabile che sia a stretto contatto
con l’organismo di gestione e il committente.
Il responsabile deve chiarire e precisare le richieste del
committente assicurando la coerenza tra le decisioni che si
devono prendere in corso di realizzazione (problemi tecnici,
problemi finanziari, timing delle operazioni…), gli obiettivi del
programma di riqualificazione e gli interessi degli utenti.
18
La multidisciplinarità
CAPITOLO PRIMO
1.3 La definizione del progetto di riqualificazione
Un processo di riqualificazione può avere origini diverse, può
essere avviato dalle Amministrazioni locali (Comuni) o dagli
organi di gestione (Aler), ma l’importante e che questi enti
lavorino in stretta collaborazione.
Con l’avvio dei Contratti di Quartiere per la prima volta in
Italia si è cercato di impostare una collaborazione non solo dal
punto di vista locale, ma anche a livello centrale fra i diversi
Ministeri.
Questo sicuramente è un aspetto di grande rilievo, ma i risultati
fino ad ora raggiunti nei Contratti di Quartiere avviati hanno
dimostrato come ogni intervento di riqualificazione costituisce
un “caso a sé”, non solo ovviamente, per i contenuti del
progetto, ma anche per i metodi e le procedure seguite.
Ciò forse è da imputarsi non solo ad un’assenza di tradizione
consolidata in questo campo nel nostro paese, ma alla mancanza
di un efficace coordinamento2 .
Un progetto di riqualificazione deve trasformarsi in un processo
la cui elaborazione è supportata dalla collaborazione tra i diversi
attori implicati nella vita e nell’organizzazione del quartiere e i
tecnici incaricati della sua stesura ed il cui risultato, che deve
evolvere con la sua messa in atto e con lo svolgimento
dell’operazione, è l’espressione di questa collaborazione.
2
In Francia ad esempio è stato istituito il Groupe Administrativ
Departemental per instaurare una reale politica di concertazione a livello
locale e per evitare una eccessiva dispersione delle azioni portate avanti dai
diversi Ministeri che intervengono nelle operazioni di riqualificazione. Del
GAD fanno parte i rappresentanti locali delle principali amministrazioni. In
Francia lo studio preliminare del progetto di riqualificazione, il pre-progetto,
i costi, le modalità di attuazione dell’operazione e la definizione dei compiti,
la partecipazione economica ed i tempi di intervento devono passare tutti al
vaglio del GAD che deve approvare le varie fasi del processo prima di
elargire il finanziamento. Il pre-progetto ed il progetto devono essere
approvati dalla Municipalità e dagli organismi di gestione prima di passare
all’approvazione del GAD.
19
CAPITOLO PRIMO
1.3.1 Pre-progetto e progetto
La stesura di un pre-progetto e la sua consultazione da parte
degli abitanti e degli altri attori interessati è fondamentale per la
buona riuscita di un processo di riqualificazione poiché sulla
base delle critiche raccolte e grazie ai dati analizzati nella fase di
diagnosi i progettisti elaborano il progetto definitivo il quale
verrà di nuovo spiegato alle parti coinvolte di modo che queste
si rendano conto delle modifiche apportate. I progettisti, inoltre,
devono spiegare le ragioni per cui alcune richieste non sono
state prese in considerazione.
Questo tipo di procedura, che è stata introdotta in Italia dai
Contratti di Quartiere (ma a mio avviso non è stata utilizzata
allo stesso modo nelle situazioni analizzate3 ), è uno degli aspetti
più qualificanti per la buona riuscita di un programma di
riqualificazione.
3
Il Contratto di Quartiere di Vigevano ha seguito appieno questa procedura
realizzando un progetto concertato con gli abitanti, quello di Cinisello
Balsamo, durante la stesura, si è accontentato del consenso degli abitanti.
20
CAPITOLO PRIMO
1.4 La partecipazione
Uno degli aspetti più importanti per la buona riuscita di un
programma di riqualificazione è la partecipazione degli
abitanti.
Ciò risulta del tutto evidente se si considera il ruolo essenziale
che in tale processo deve svolgere il cambiamento dei
comportamenti individuali e collettivi, cambiamento che può
avvenire solo se i singoli cittadini e le organizzazioni sociali ed
economiche si convincono della giustezza e della praticabilità
degli obiettivi proposti e se in qualche misura se ne sentono
responsabili.
Il confronto e la discussione, sin dalle prime fasi di definizione
delle strategie e dei progetti, può evitare errori ed “effetti
collaterali” non previsti e può favorire l’elaborazione e
l’attivazione di progetti paralleli, ovvero di sinergie in settori
diversi della Pubblica Amministrazione e dell’imprenditoria
privata.
A questo fine devono essere attentamente previsti e
programmati i tempi e le modalità dell’informazione, della
consultazione e della partecipazione.
Frequentemente gli amministratori si lamentano del fatto che i
tentativi effettuati in questa direzione conseguono risultati del
tutto deludenti: pochi i partecipanti e quasi sempre interventi
fuori tema.
Ma qual è la ragione di questi ripetuti fallimenti? Probabilmente
va ricercata nell’utilizzo di tecniche di comunicazione
inadeguate ed in un troppo limitato e confuso decentramento
delle decisioni e delle competenze.
La comunicazione è una tecnica che risponde ad alcune regole di
fondo. Il contenuto informativo della comunicazione deve essere
chiaramente esplicitato e al cittadino devono essere forniti tutti i
termini della questione in discussione: distinguendo tra i dati di
fatto e le scelte da operare, evidenziando le alternative possibili
e le ragioni che suggeriscono di seguire determinati indirizzi
piuttosto che altri.
Sicuramente non è facile organizzare un piano
di
comunicazione/partecipazione, tuttavia anche in Italia operano
delle “unità metodologiche di progetto”, come ad esempio la
SOFTECH e lo studio “Avventura Urbana” entrambe di Torino 4 ,
che hanno molta esperienza nel campo della partecipazione e
che utilizzano tecniche (Action planning, workshop….) ormai
consolidate ed utili per promuovere una partecipazione attiva.
4
La SOFTECH è l’unità che ha lavorato nel Contratto di Quartiere di
Vigevano, “ Avventura Urbana” è lo studio che ha lavorato nel Contratto di
Quartiere di Via Arquata a Torino.
21
Le
tecniche
partecipazione
della
CAPITOLO PRIMO
Il coinvolgimento degli abitanti nel processo di riqualificazione
di un quartiere degradato è funzionale a diversi obiettivi.
Dal punto di vista delle risorse umane, economiche, fisiche e
sociali, favorisce la conoscenza della realtà locale e la
valorizzazione delle potenzialità esistenti; sul piano
dell’efficacia delle politiche,
risulta essere condizione
necessaria per il pieno utilizzo delle risorse locali per una
maggior adesione degli interventi ai bisogni espressi dalla
popolazione; sul piano dell’efficienza, un progetto condiviso ha
maggiori possibilità di essere realizzato, avendo mirato alla
costruzione del consenso a partire dal momento in cui sono state
formulate le azioni, sciogliendo gli eventuali conflitti o
anticipandoli; il coinvolgimento nell’elaborazione degli
interventi induce a una maggior responsabilizzazione anche
nelle fasi successive di gestione delle realizzazioni, favorendo il
senso di appropriazione (esattamente l’opposto di un progetto
preconfezionato e consegnato “chiavi in mano”).
La partecipazione degli abitanti non è un fine ma un mezzo
operativo e, soprattutto, un mezzo di informazione per il
committente riguardo a:
- le differenti domande degli abitanti, le loro rivendicazioni e
le loro reazioni verso il progetto di riqualificazione;
- le relazioni di vicinato, i conflitti, i problemi economici e
sociali, la dinamica sociale;
- le possibilità finanziarie e la solvibilità delle famiglie;
- le relazioni e gli eventuali contenziosi tra gli abitanti e gli
organismi di gestione.
Queste informazioni permettono al committente di definire un
programma, gli orientamenti per la conduzione dell’operazione
adattandola ai comportamenti e alle richieste degli abitanti e di
anticipare i conflitti che l’operazione potrebbe generare, inoltre,
è un supporto per la creazione di una nuova dinamica sociale nel
quartiere stesso e per sperimentare nuove forme di
collaborazione tra gli abitanti ed il personale incaricato
dell’operazione di riqualificazione.
Esistono in ogni caso degli ostacoli che possono impedire la
partecipazione:
- l’isolamento sociale degli abitanti (debolezza delle
associazioni, esistenza di gruppi eterogenei, modi di vita
conflittuali);
- forte mobilità della popolazione;
- problemi di comunicazione da parte degli abitanti;
22
Perché è necessario
coinvolgere
gli
abitanti?
La partecipazione non
è un fine ma un mezzo
operativo.
I possibili ostacoli alla
partecipazione
CAPITOLO PRIMO
- assenza di dispositivi di informazione, conflitti tra le
organizzazioni di quartiere.
Proprio per questi motivi la partecipazione è tanto più
importante quanto più gli ostacoli alla sua messa in opera sono
evidenti.
Prima di iniziare qualsiasi forma di partecipazione il
committente e l’équipe operativa devono:
1. fare un’analisi della dinamica sociale ed identificare gli
interlocutori potenziali per ogni categoria di popolazione
(anziani, giovani, donne, uomini, immigrati);
2. identificare le organizzazioni sociali, culturali che esistono
ed associarle al processo di riqualificazione;
3. aiutare gli abitanti ad organizzarsi e a strutturasi;
4. trasformare le rivendicazioni degli abitanti in proposte;
5. rassicurare gli abitanti sugli obiettivi del committente;
6. gerarchizzare i problemi e scegliere i campi su cui incentrare
la concertazione determinando:
- le decisioni che il committente deve prendere da solo, ma di
cui devono essere informati gli abitanti;
- le azioni da condurre con le altre parti ( collettività locali,
associazioni, commercianti..);
7. favorire l’espressione dei gruppi emarginati o esclusi,
conducendo uno studio specifico presso di loro e
mobilitando le associazioni sociali;
8. pianificare il processo di concertazione.
La scelta dei metodi di comunicazione e di concertazione
dipende dalla natura dei problemi, dal rapporto con gli abitanti,
dalle loro capacità d’espressione e dagli attori coinvolti.
Prima di tutto il committente deve informare i partners
istituzionali delle sue intenzioni e raccogliere i loro punti di
vista per iniziare una prima negoziazione.
I partners istituzionali potrebbero essere:
- i responsabili della gestione del progetto, perché tramite loro
è possibile organizzare il programma di partecipazione degli
abitanti attraverso metodi di comunicazione efficienti;
- i rappresentanti delle associazioni, perché possono aiutare
gli abitanti a strutturarsi e ad organizzarsi;
- gli operatori sociali e gli insegnanti, perché sono a contatto
con gli abitanti dei quartieri, conoscono le loro
problematiche e quindi possono aiutare il committente e
l’équipe di progetto ad identificare le principali esigenze
degli abitanti stessi ;
- i commercianti, perché possono essere incentivati ad inserire
all’interno dei quartieri monofunzionali delle attività
commerciali utili alla rivitalizzazione del quartiere stesso.
23
I possibili partners
istituzionali per la
riqualificazione
partecipata
CAPITOLO PRIMO
1.4.1
Alcuni
possibili metodi di comunicazione con gli
abitanti
La comunicazione con gli abitanti e quindi la loro partecipazione al
programma di riqualificazione può essere organizzata in modi e con
strumenti diversi.
I metodi di lavoro utilizzati dalla SOFTECH e da “Avventura Urbana”,
rispettivamente nei Contratti di Quartiere di Vigevano e di Torino ne sono
un esempio.
Questi studi di progettazione partecipata utilizzano metodi e strumenti
diversi, ma sono legati da un concetto fondamentale: un progetto di
riqualificazione non può essere pre-definito da tecnici incaricati e poi
discusso con gli abitanti, perché susciterebbe la loro ostilità e la loro
delusione minando la buona riuscita del processo; un progetto di
riqualificazione deve essere “progettato” con abitanti o meglio deve essere
progettato dagli abitanti stessi attraverso l’aiuto dei tecnici e dei progettisti
incaricati.
Un altro aspetto molto importante per entrambe le metodologie è quello del
sopraluogo nel contesto di progetto con gli abitanti; solo in questo modo,
infatti, è possibile acquistare la loro fiducia e soprattutto capire le loro
esigenze e le loro necessità.
1.4.2 Il Community Planning
Lo strumento utilizzato dall’Unità Metodologica di Progetto SOFTECH nel
Contratto di Quartiere di Vigevano è quello del Community Planning, che
rappresenta il momento a più alta visibilità e maggior partecipazione fra
quelli previsti dalla loro metodologia.
Lo strumento del Community Planning viene utilizzato a partire dagli anni
’705 come un mezzo per dare “voce” alla gente e fornire ai professionisti
un’idea chiara di quello di cui la comunità locale ha bisogno. E’ uno
strumento molto flessibile e può essere utilizzato per trattare molti temi:
traffico, sicurezza, condizioni del patrimonio residenziale e miglioramento
dell’ambiente. Lo scopo principale resta il coinvolgimento della comunità
locale sul tema del miglioramento del proprio ambiente dai vari punti di
vista.
Lo scopo specifico è quello di attivare la progettualità e la consapevolezza
locali (superando le barriere psicologiche che spesso lo impediscono)
consentendo una maggior chiarezza nell’individuazione dei problemi del
quartiere e delle relative soluzioni da parte dei suoi abitanti ed una migliore
comunicazione tra questi ultimi, i tecnici e i professionisti esterni.
Durante le sessioni si formano gruppi di lavoro su specifici problemi, che si
avvalgono dell’esperienza dei professionisti chiamati a svolgere un ruolo
consultivo. Una volta stabilito cosa si deve fare e quando si deve farlo, la
comunità locale attiva le proprie risorse per la fase di realizzazione,
procedendo contemporaneamente nel processo partecipativo.
Il processo partecipativo si sviluppa nell’arco di cinque giornate.
Nella prima si procede con il sopralluogo dell’area oggetto di studio e, nella
stessa serata, viene organizzato un piccolo ricevimento che prevede la
presentazione del programma di lavoro dei giorni successivi.
La seconda giornata è dedicata a una serie di workshops tematici relativi ai
diversi aspetti individuati come cruciali per il caso studio (edilizia, ambiente,
economia, problemi sociali, ecc.).
5
Le prime esperienze vengono condotte in area anglosassone fin dagli anni
‘60
24
Il Community Planning è un
mezzo per dar “voce” alla
gente.
Come si struttura
Community Planning.
un
CAPITOLO PRIMO
Le persone sono libere di muoversi tra differenti workshops, gestiti da
facilitatori che hanno il compito di registrare, attraverso la raccolta di “postit” distribuiti ai partecipanti, le impressioni le opinioni emerse nel corso della
discussione, che verranno presentate in Sessione Plenaria, onde garantire a
tutti l’informazione su tutti i workshops.
Tutti i workshops tematici sono strutturati sulla base dello schema seguente:
• Breve individuazione del tema
• Identificazione dei problemi
• Identificazione degli elementi positivi
Nel corso del workshop ciascun partecipante viene incoraggiato ad esprimere
su “post-it” il suo punto di vista relativo alle suddette richieste.
Nella terza giornata si sviluppa una particolare sessione denominata “Hands
on Planning” (le mani sul progetto) dove un certo numero di gruppi di lavoro
guidati dalla squadra di visualizzatori tratteggiano alcune ipotesi di intervento
dal punto di vista progettuale.
Una Sessione Plenaria alla fine del pomeriggio chiude la parte pubblica del
piano di lavoro.
Durante le ultime due giornata lo staff di progetto analizza e sintetizza in testi
le istanze principali e le traduce in una visione tridimensionale (schizzi,
prospettive, lay out…) e in progetto preliminare.
I materiali vengono presentati alla cittadinanza nel corso di un evento
pubblico programmato nella serata della quinta giornata in modo che gli
abitanti vedano al più presto il risultato del loro lavoro.
Il “Rapporto” completo dei lavori viene messo a punto da un gruppo di
persone incaricate dell’attività di editing nel corso dei mesi successivi. Il
Rapporto deve essere prodotto in un numero significativo di copie ed
essere inviato ai partecipanti e a tutti quei referenti che gli attori locali
ritengono opportuno informare dell’iniziativa.
Va peraltro sottolineato che il processo innescato da un Community Planning
non termina con la chiusura dell’evento. Quello che accade successivamente
è di importanza vitale per garantire che le soluzioni evidenziate siano
effettivamente elaborate e attentamente valutate e non costituiscano materiale
puramente demagogico.
Che cos’è il Work shop?
Il Community planning non
termina con la chiusura
dell’evento.
1.4.3 Le fasi di lavoro di Avventura Urbana
I progetti proposti da Avventura Urbana definiscono gli interventi di
trasformazione da attuare e le linee d’azione da perseguire.
Il lavoro si articola principalmente in quattro fasi.
1. Definizione del quadro di riferimento. Il lavoro viene svolto tramite
analisi del contesto, valutazioni economiche preventive, indagini-ascolto,
questionari, interviste e “storie di vita” con l’obbiettivo di delineare una
rassegna esaustiva delle questioni irrisolte, dei problemi aperti e delle
risorse potenziali sul campo. Si selezionano quindi i temi e si progettano
gli strumenti appropriati di consultazione. Oltre alla conoscenza dell’area
e dei suoi problemi, questa fase produce una rete di relazioni stabili e
cooperative, necessaria per assicurare l’efficacia delle successive fasi di
consultazione ed attuazione.
2. Gli incontri pubblici di consultazione. Le giornate di consultazione
pubblica completano la fase di ricognizione delle esigenze con la messa
a punto di proposte e soluzioni progettuali elaborate e verificate dai
cittadini, attraverso strumenti interattivi di comunicazione e simulazione.
Nel caso del Contratto di Quartiere di Via Arquata a Torino è stato
allestito un pullman dell’Atm, nel quale gli abitanti del quartiere
potevano esprimere i loro desideri sul futuro di via Arquata, attraverso
25
1.
Definizione del quadro
di riferimento.
2.
Gli incontri pubblici di
consultazione.
CAPITOLO PRIMO
schizzi e scritte sui disegni e le piante del quartiere, precedentemente
preparate.
3. La “negoziazione creativa”. Negoziare significa trattare i conflitti emersi
attraverso il confronto di soggetti e gruppi portatori di interessi
contrastanti, per arrivare alla definizione di soluzioni consensuali che
soddisfino le parti. La negoziazione è “creativa” perché rifiuta un
atteggiamento “posizionale”, incentrato sulla determinazione a priori
delle posizioni dei partecipanti. Si focalizza l’attenzione sugli interessi
reali anziché sulle posizioni di partenza: si cerca di creare
un
accordo costruttivo sugli interessi che è sicuramente meglio di un
compromesso fra posizioni diverse.
4. La progettazione dello sviluppo locale. Il lavoro si conclude con la
definizione delle forme decisionali, organizzative, procedurali ed
economiche che consentono di avviare l’attuazione degli interventi.
Questa parte del lavoro comprende generalmente la ricerca di ulteriori
risorse, rispetto a quelle già esistenti, per assicurare una maggior
efficienza attuativa al programma di trasformazione urbana e territoriale.
L’approccio metodologico proposto da Avventura Urbana6 si fonda sulla
necessità di garantire spazi di comunicazione, cooperazione ed eventuale
negoziazione fra i soggetti interessati. La costruzione di uno spazio
progettuale d’interazione facilita il dialogo tra le parti: istituzioni pubbliche,
progettisti, operatori privati e comunità locale individuando soluzioni
consensuali e attuabili.
Le metodologie di lavoro di Avventura Urbana e SOFTECH, seppur diverse
tra loro, si allontanano dai tradizionali modelli di consulenza basati su due
successive fasi di attività, una conoscitiva ed una progettuale, promuovendo
invece vere e proprie strutture e reti organizzative intersettoriali per seguire
con continuità ed efficacia il processo di trasformazione fino alla sua
realizzazione.
Nelle sessioni di lavoro con gli abitanti vengono discussi anche i problemi
economici e di solvibilità degli abitanti e ciò porta, in alcuni casi,
all’abbandono di alcune intenzioni progettuali7 . Proprio per questo motivo è
sempre necessario, nei programmi di riqualificazione, che queste
metodologie di lavoro coinvolgano anche partners economici per permettere
di portare a termine il progetto/processo di riqualificazione nel suo
complesso.
Infine è importante aggiungere che questi tipi di lavori vengono strutturati
per obiettivi e per progetti anziché per competenze e settori, secondo principi
organizzativi e metodologici adatti di volta in volta alle condizioni del
contesto.
6
E’ un gruppo di esperti che si occupa di partecipazione e che sta lavorando
attivamente per il Contratto di Quartiere di via Arquata a Torino e per altri
progetti di recupero a Torino tra cui il PRU di Corso Grosseto. Questo Piano
riguarda il recupero edilizio, urbanistico, ambientale e sociale di un’area dove
si trovano 1.500 alloggi pubblici su 10 mila totali. Il recupero di Corso
Grosseto conta anche sul “Piano di accompagnamento sociale”, primo
esperimento torinese ed italiano in genere. Infatti una “équipe di
accompagnatori sociali” (formata da Grm di Milano, Avventura Urbana e da
Mariella Scavi, esperta in mediazione di conflitti) ha il compito di tenere
informati gli abitanti con newsletters, sito internet, video documento
sull’andamento dei lavori. Inoltre sono stati aperti due uffici chiamati “Punti”
per fornire informazioni sugli interventi del PRU e sull’accompagnamento.
7
Nel Caso del Contratto di Quartiere di Via Arquata, infatti, l’intenzione di
introdurre gli ascensori in alcuni edifici, è stata abbandonata proprio perché
gli abitanti non erano disposti a versare una parte della somma richiesta.
26
3.
La
creativa”.
“negoziazione
4. La progettazione dello
sviluppo locale.
La progettazione partecipata
permette il dialogo tra i
diversi attori coinvolti.
CAPITOLO PRIMO
1.5 La gestione dei rapporti tra Amministrazione pubblica e
utenti8
In un cantiere di riqualificazione oltre a vincoli di ordine
tecnico, che si potrebbero dare quasi per scontati, esiste una
serie di impedimenti e limitazioni rappresentati in primo luogo
dai residenti e, più esattamente, molti degli impedimenti
dipendono dal fatto che non si opera su un sito disabitato e privo
di vita, ma in un contesto che, al contrario, risulta carico di
storia, ricco di energia e di tensioni e soprattutto regolato da
meccanismi diversi. Perché un programma di riqualificazione
abbia risultati positivi è necessario instaurare un buon rapporto
tra gli abitanti e l’impresa fornitrice di servizi.
L’elemento fondamentale di questa strategia consiste nel
conoscere gli abitanti interessati all’intervento, identificarli
socialmente, comprendere i loro ritmi di vita, conoscere nei
dettagli le condizioni dell’edificio e degli alloggi.
E’ importante che il committente pubblico operi con la massima
trasparenza illustrando nei minimi dettagli il tipo di intervento
che intende sviluppare, spiegandone termini e modalità,
sottolineando gli aspetti di interesse generale e sociale distinti
dagli aspetti più personali e soggettivi, fino ad arrivare ai lavori
di finitura e di personalizzazione.
Il committente deve inoltre garantire assistenza per quanto
riguarda il trasloco e il trasferimento, le operazioni di pulitura in
modo da operare tempestivamente senza recare disturbo ai
residenti garantendo uno strandard di qualità elevato.
Perché tutto ciò avvenga è necessaria la costante presenza in sito
di due diverse squadre: la Squadra dei lavori con il compito di
eseguire i lavori nel rispetto delle indicazioni fornite; la Squadra
delle relazioni che ha il compito di instaurare relazioni con gli
inquilini, provvedendo ad informarli su qualsiasi aspetto
inerente all’intervento che interessa il loro edificio ed il loro
alloggio: queste due squadre devono essere sempre a stretto
contatto e soprattutto devono essere in rapporto costante con la
committenza.
Mentre in Francia queste due Squadre sono sempre presenti nei
cantieri di riqualificazione in Italia non esiste una Squadra delle
relazioni e ciò provoca spesso incomprensioni e tensioni tra il
committente pubblico e gli inquilini; sarebbe necessario, invece,
che questo tipo di Squadra fosse ben reperibile e visibile da tutti
gli abitanti.
8
Per quanto riguarda la situazione italiana, ed in particolare Milanese, vedasi
Cap.3, prf. 3.10: Dalla teoria alla prassi alcune ipotesi in atto a Milano per
la gestione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica.
27
Un programma di
riqualificazione
può
avere risultati positivi
solo se si instaura un
buon rapporto tra
abitanti e impresa
fornitrice di servizi.
In che modo è possibile
creare
questo
rapporto?
Attraverso due tipi di
squadre: Squadra dei
lavori e Squadra delle
relazioni
CAPITOLO PRIMO
1.6 La sperimentazione su di un edificio/alloggio pilota
Un altro strumento efficace di comunicazione con gli utenti è la
sperimentazione dei lavori da svolgere su di un edificio/alloggio
pilota.
E’ una fase molto importante poiché gli abitanti verificano per la
prima volta direttamente e concretamente la qualità e la
consistenza dell’intervento progettato e la committenza mette in
gioco la tutta la credibilità professionale.
Questa fase è sicuramente utile sia per verificare la fattibilità
delle opere da attuare sia come strumento di comunicazione
verso gli utenti.
Con i Contratti di Quartiere non si parla ancora di
sperimentazione su di un edificio test, ma di metodologie di
controllo della qualità del progetto e della possibilità di
realizzare simulazioni degli spazi abitativi in scala reale tramite
l’utilizzo delle strumentazioni del Laboratorio tipologico del
Cer. Queste verifiche sono infatti necessarie per controllare e
verificare alcuni aspetti dell’intervento di riqualificazione sia in
fase preventiva, sia in corso d’opera che ad intervento ultimato.
Questo è sicuramente un aspetto molto interessante poiché tali
sperimentazioni si dovrebbero tradurre in criteri-guida per la
progettazione, in aggiornamenti della normativa tecnica in
materia di edilizia residenziale pubblica e in metodi di controllo
e verifica della progettazione.
1.7 La valutazione delle operazioni nei programmi di
riqualificazione
La valutazione delle operazioni condotte in un programma di
riqualificazione è uno strumento di controllo degli operatori sui
risultati raggiunti ma, soprattutto deve essere uno strumento di
pilotaggio per le operazioni future.
Tutto ciò permette agli operatori, durante l’operazione di
riqualificazione di anticipare i problemi e di modificare, se
necessario, il modo di condurre l’operazione e, alla fine
dell’operazione, di trarre insegnamenti e di capitalizzare le
esperienze per migliorare il metodo di azione.
La valutazione non deve essere associata solo all’operazione di
riqualificazione e alla sua conclusione ma deve essere attuata
anche dopo alcuni anni dalla conclusione del processo di
riqualificazione per capire quali sono i cambiamenti avvenuti e
se gli abitanti hanno apprezzato positivamente o negativamente i
mutamenti apportati dalla riqualificazione.
28
La valutazione
In quali fasi deve
essere applicata?
CAPITOLO PRIMO
1.8 Il sistema di gestione
Come più volte accennato, il degrado degli edifici non dipende
solo dalla qualità della loro costruzione, ma anche dal modo di
gestione del patrimonio e del rapporto tra organismo di gestione
e gli abitanti.
In Italia non esiste un vero programma di gestione, anche se i
Contratti di Quartiere contemplano la necessità di organizzare
gruppi di abitanti da inserire in programmi di lavoro per la
manutenzione del quartiere. Ciò permette di rendere partecipi
gli abitanti alla gestione del quartiere, di responsabilizzarli e di
farli sentire parte integrante del loro habitat.
L’organo di gestione deve, da parte sua, istituire un sistema di
raccolta e di trattamento dei reclami degli abitanti in modo da
impedire l’evoluzione dei problemi, da risolverli rapidamente e
da dimostrare agli abitanti stessi che gli organi di gestione si
preoccupano delle loro difficoltà e delle loro problematiche.
La raccolta e l’analisi dei reclami degli abitanti permette di
creare un programma di gestione e manutenzione.
Questa raccolta potrebbe avvenire, come accade in Francia,
attraverso la creazione di veri e propri sportelli situati nei
quartieri a cui gli abitanti possono rivolgersi per spiegare le loro
problematiche.
Spesso gli organi di gestione si confrontano con un ambiente in
cui le difficoltà economiche e sociali degli abitanti sono molto
accentuate. Proprio per questo motivo devono sviluppare la
collaborazione molto stretta con organismi sociali contribuendo
al sostenimento delle loro iniziative per favorire la nascita di
dinamiche sociali.
29
Perché un sistema di
gestione sia efficiente è
necessario istituire in
sistema di raccolta e
trattamento
dei
reclami degli abitanti.
CAPITOLO PRIMO
1.9 I finanziamenti
E’ indispensabile che il responsabile dei finanziamenti partecipi
alla programmazione del processo di riqualificazione in modo
che siano esaminate simultaneamente le azioni da intraprendere
e le modalità di finanziamento. In questo modo si possono
indicare quali sono le azioni che non possono essere realizzate,
affinché si ricerchino soluzioni diverse.
La collaborazione tra i programmatori del processo di
riqualificazione e il responsabile dei finanziamenti permette di
stabilire i finanziamenti necessari per il piano di recupero. Ciò
dà la possibilità di negoziare con altri possibili finanziatori
dell’operazione (promotori commerciali e sociali, associazioni,
imprese private..).
Un altro aspetto da non sottovalutare è il probabile l’aumento
del canone di affitto come conseguenza del processo di
riqualificazione, fatto che provoca spesso ribellione da parte
degli abitanti.
E’ necessario, quindi, organizzare degli incontri con gli utenti in
modo da conoscere il loro grado di solvibilità e programmare il
tipo di sovvenzione o finanziamento che è possibile concedere.
Nel caso in cui le sovvenzioni non fossero adeguate alle
necessità di alcuni utenti
(disoccupati, immigrati senza
un’occupazione fissa, giovani madri...) si potrebbero inserire gli
stessi abitanti in servizi ed attività utili alla collettività in modo
da creare delle opportunità di lavoro.
Questa problematica è stata affrontata in tutti i Contratti di
Quartiere analizzati.
Infatti, uno dei punti fondamentali da affrontare, secondo il
Bando di Concorso, era proprio quello dell’occupazione
attraverso l’avviamento di percorsi formativi e professionali da
ritagliare sulle caratteristiche dei disoccupati del quartiere di
riferimento.
Si sono così sviluppati, programmi di formazione per l’automanutenzione del quartiere e per il servizio della persona
(attraverso l’accompagnamento e cura delle persone bisognose).
30
Il responsabile dei
finanziamenti
deve
partecipare
alla
programmazione del
processo
di
riqualificazione.
CAPITOLO PRIMO
Quadro di sintesi delle linee- guida procedurali
Deve
-
IL PROGRAMMA DI
RIQUALIFICAZIONE
-
Deve
1. LA DIAGNOSI
2. IL PRE-PROGETTO
3. IL PROGETTO
-
Deve
Deve
Essere sempre redatto
Contemplare la partecipazione
degli abitanti e degli attori
coinvolti
-
Essere redatto sulla base delle
osservazioni fatte sul pre-progetto
Essere spigato agli abitanti ed agli
attori coinvolti
Essere pubblicizzato
-
-
Garantire la presenza costante di
squadre di lavoro e di relazione tra
committente e abitanti
-
Fungere da controllo dei risultati
raggiunti
Essere strumento di pilotaggio per
operazioni future
Permettere
di
capire
i
cambiamenti avvenuti
Deve
Deve
5. LA VALUTAZIONE
-
6. IL SISTEMA DI
GESTIONE
Focalizzare
l’attenzione
su
problematiche diverse
Identificare le problematiche del
sito e le sue potenzialità
-
-
4. LA REALIZZAZIONE
DEL PROGETTO
Coinvolgere
operatori
con
competenze diverse
Attrarre finanziamenti da più fonti
Coinvolgere gli abitanti
Deve
Raccogliere ed analizzare i
reclami degli abitanti per creare un
programma di gestione.
31
CAPITOLO PRIMO
1.10
Linee - guida progettuali
Premessa
Se la maggiore o minore efficacia del processo di
riqualificazione dipende in larga misura dal tipo di procedure
adottate, una responsabilità non secondaria riveste tuttavia anche
il progetto “spaziale”.
In questa seconda parte si cercherà quindi di mettere a punto
alcune linee-guida progettuali che assumono come riferimento le
problematiche dei quartieri di edilizia residenziale pubblica
degradati (come il San Siro) con particolare attenzione per
l’attuale modificarsi di modelli fruitivi nel campo dell’abitare.
Come bisogna intervenire sul contesto e sugli edifici tenendo in
considerazione la nuova domanda abitativa e i nuovi modi di
vita?
Come rivitalizzare i quartieri degradati, come il quartiere San
Siro, ormai “ghetto” per anziani ed immigrati?
Quali sono i modelli abitativi che possono permettere la
rivitalizzazione?
Quali le metodologie di progetto?
Attraverso schemi progettuali ed esempi di progetti di
riqualificazione e di nuova costruzione destinati in prevalenza
ad utenze “deboli” ho cercato di trovare alcune risposte a queste
domande.
32
CAPITOLO PRIMO
1.10.1 Il disagio abitativo nei quartieri monofunzionali9
I quartieri di edilizia pubblica, spesso identificati da una
condizione di marginalità, sono per lo stato patologico in cui
riversano l’oggetto privilegiato di azioni di recupero integrate.10
All’adeguatezza delle dotazioni di servizio, tipiche per gli
alloggi ultrapopolari costruiti nel dopoguerra, si sommano
problemi ben più complessi innescati principalmente dal divario
tra le esigenze della domanda e le prestazioni dell’offerta.
La condizione abitativa delle persone anziane, in molti casi
segregate all’interno di alloggi
diventati troppo grandi,
fenomeni come la prolungata permanenza dei giovani
nell’abitazione famigliare, le convivenze forzate, il problema
della casa di gruppi sociali nuovi come immigrati rivelano
l’incapacità delle tipologie esistenti a rispondere a
comportamenti così complessi.11
Il disagio abitativo a livello urbano e tipologico indotto
strutturalmente dall’obsolescenza dei modelli proposti
dall’edilizia residenziale di massa viene ad aggravarsi per una
serie di fenomeni a catena: degrado fisico e degrado sociale.
In particolare la scarsa manutenzione degli spazi aperti, la totale
assenza di interventi per renderli gradevoli e vivi, la mancanza
di luoghi di aggregazione per l’assenza delle più elementari
dotazioni di servizi, la presenza diffusa di barriere
architettoniche 12 e lo stato di abbandono di cantine e solai,
connotano un’immagine dei quartieri dove agli aspetti di
degrado fisico si sommano quelli di desocializzazione e
segregazione degli abitanti. La mancata attuazione nel tempo di
interventi di recupero ed adeguamenti impiantistici ha provocato
una duplice conseguenza: un insoddisfacente utilizzo degli
alloggi e l’impossibilità di realizzare un ricambio generazionale
della popolazione dei quartieri, che tendono da un lato a
diventare ghetto per anziani e dall’altro a essere interessati da
9
L’unica funzione prevista è la residenza
Si fa riferimento ai programmi di recupero attivati dai Contratti di
Quartiere analizzati nel capitolo 3, La riqualificazione dei quartieri pubblici
degradati nel contesto lombardo/milanese: procedure, soluzioni
tecnico/operative, risultati.
11
Ved. Allegato 1, I mutamenti socio demografici ed Allegato 2, Analisi di
un quartiere di edilizia economica e popolare: il San Siro.
12
Non solo per la mancanza di ascensori, ma anche per barriere ai piani
terra, considerando che spesso la quota d’ingresso è a 70 cm.
10
33
Il disagio abitativo nei
quartieri
monofunzionali
è
determinato sia dal
degrado fisico che dal
degrado sociale.
Che cosa ha provocato
la mancata attuazione
nel tempo di interventi
di recupero?
CAPITOLO PRIMO
fenomeni di abusivismo13 . Il deperimento progressivo delle
strutture fisiche degli edifici e la progressiva perdita di capacità
degli alloggi per la mancata risposta alle esigenze attuali
spingono i cittadini a medio reddito verso zone migliori,
rafforzando per contro il flusso in senso inverso di una crescente
domanda di alloggi senza pretese alimentata dai numerosi
immigrati che vivono in condizioni di difficoltà economica e che
trovano nei quartieri degradati la risposta al bisogno di casa che
il Comune non ha ancora saputo offrire.
L’onda d’urto delle assegnazioni di emergenza adottata dal
bando generale, che attinge secondo la logica della graduatoria
immettendo nuclei familiari appartenenti alle fasce più disagiate
economicamente, non migliora la situazione già di per sé
precaria. Sarebbe forse opportuno almeno in queste situazioni
esporre un quadro di selezione che consenta l’immissione e la
compresenza di tutte quelle pluralità di soggetti14 necessari a
consolidare l’efficacia di un intervento di recupero integrato e a
contrastare il processo di “polarizzazione” in atto ormai in molti
quartieri di edilizia residenziale pubblica.
La realtà di molti quartieri popolari è infatti quella di un tessuto
sociale spesso troppo omogeneo, situazione che potrebbe
definire come soluzione di progetto l’integrazione tra
componenti diversi per fasce di età e per tipologia. Nuove
coppie di giovani e di bambini rappresentano uno spaccato
significativo delle speranze di risanamento dell’ambiente e di
animazione del territorio.
L’arrivo di famiglie di nuova formazione potrebbe favorire il
ritorno dei giochi dei ragazzi nei cortili, attualmente definiti
come terra di nessuno. Una animazione che avrebbe bisogno di
spazi e di strutture adeguate, attualmente quasi sempre assenti.
Abitare significa incontrare altre persone oltre al proprio nucleo
familiare spesso costituito da un solo individuo, parlarsi
comunicare, vivere per svolgere attività in comune. Abitare
anche le aree all’aperto e gli spazi comuni è il presupposto per
attivare i primi interventi di recupero, spazi che dovrebbero
diventare la naturale prosecuzione dei singoli alloggi abitativi a
livello individuale per diventare relazioni di vicinato.
E’ necessario, a questo punto, avviare alcune considerazioni sui
requisiti e le prestazioni che le nuove abitazioni dovrebbero
avere e sulle esigenze dell’utenza da insediare.
13
Ved. allegato 2, “Analisi di un quartiere di edilizia economica e popolare:
il San Siro”.
14
Assegnazioni multigenerazionali, tali da attenuare il fenomeno
dell’invecchiamento che interessa i quartieri.
34
CAPITOLO PRIMO
1.11Le categorie dello spazio residenziale
Nella progettazione della residenza, per la definizione delle
differenti caratteristiche prestazionali, è necessario riferirsi alle
riflessioni sui comportamenti dell’utenza e sulle modificazioni
dell’assetto familiare. Variazioni sul significato sociale ed
individuale che hanno inciso sul modo d’uso della casa15 .
Il considerare aspetti comportamentali definiti in modo diverso
per ogni individuo implica un capovolgimento della concezione
della residenza, non più intesa come un insieme di spazi
caratterizzati ognuno dalla propria funzione, ma come sistema
dinamico suddivisibile in aree funzionali capaci di differenti
modalità di integrazione reciproca.
L’organismo edilizio che ne risulta è l’insieme di spazi abitativi
privati fruibili da singoli nuclei d’utenza uniti tra loro da altri
spazi, definiti di transizione, di fruizione collettiva o
semiprivata, infrastrutture ed attrezzature presenti a livello del
sistema urbano o all’interno dell’edificio stesso.
L’alloggio è invece quell’insieme di spazi privati all’interno
dei quali si svolge la vita di nucleo, a sua volta costituito da più
ambiti spaziali intesi quali porzioni di spazio destinati a un
utente specifico.
All’interno di un generico alloggio si individuano tre specifiche
unità spaziali: collettiva, individuale e di servizio che
racchiudono nella loro definizione di spazio aspetti quantitativi e
qualitativi, la dimensione e il tipo di funzione.16
Compito del progettista è organizzare le diverse componenti
dell’abitazione all’interno di un progetto che tenga conto delle
aspettative particolari dei diversi segmenti d’utenza.
15
M. Losasso, La casa che cambia, Clean Edizioni, Napoli, 1997.
Ambito collettivo: usufruibile da tutto il nucleo, sede di funzioni diverse
Ambito individuale: luogo delle attività personali
Ambito di servizio: fruibile da tutto il nucleo familiare
16
35
La nuova concezione
della residenza
L’organismo edilizio
L’alloggio
CAPITOLO PRIMO
1.11.1 Il sistema urbano ed edilizio
La qualità abitativa a livello urbano è definita spazialmente dal
contatto tra casa e terreno e presuppone un tessuto connettivo
capace di vitalizzare, oltre che di disimpegnare, spazi pubblici e
spazi privati e di promuovere un sistema di relazioni umane
socializzanti17 .
L’impossibilità di stabilire in molti contesti degradati un
rapporto equilibrato tra le esigenze della vita privata e della vita
pubblica riduce il significato della casa a quello di luogo/rifugio,
in cui la famiglia è protetta ed isolata.
Si sta delineando, nella città contemporanea, un nuovo senso
dell’abitare largamente proiettato verso l’esterno dell’abitazione
ed integrato alla vita sociale. Di qui nasce l’esigenza di ripensare
agli ambiti collettivi dell’abitare e le loro relazioni con gli
ambiti privati (l’alloggio). Ambienti esterni quali luoghi sociali
polifunzionali, servizi sociali all’interno dell’organismo edilizio
come luoghi comuni della residenza con destinazioni d’uso
specifiche, sono soluzioni facilmente realizzabili con il disegno
di uno spazio apposito all’aperto o al chiuso variamente
articolato e flessibile, aperto a molti usi. Bisogna considerare le
condizioni e la frequenza dei contatti interpersonali che si
verificano nei percorsi comuni nelle aree di sosta degli spazi
esterni e tutte le caratteristiche dell’edificio, creando soluzioni
che evitino in un unico fabbricato alloggi dello stesso taglio o
contatti fra utenze con caratteristiche poco compatibili che
potrebbero entrare in conflitto tra di loro.
Il desiderio è quello di creare nello spazio costruito, non solo
attrezzature comuni ed un uso degli alloggi differenziato, ma un
tessuto di relazioni organiche tra sistema urbano pubblico e
sistema tipologico privato. Rispetto all’alloggio una soluzione
potrebbe essere quella di personalizzare gli accessi agli alloggi
privilegiando collegamenti più diretti possibile al suolo
introducendo spazi filtro tra ambito pubblico e privato. Sarebbe
17
La progettazione di percorsi obbligati, spazi di diversa fruizione alla scala
urbana e servizi collettivi di quartiere permettono di delineare un’abitare più
complesso di relazioni dove le diverse funzioni si mischiano.
36
Si sta delineando un
nuovo
senso
dell’abitare proiettato
verso
l’esterno
dell’abitazione
integrato
alla
vita
sociale
CAPITOLO PRIMO
molto valido poter dotare le aree circostanti e gli edifici di quelle
attrezzature che servono a un buon numero di famiglie18 , che
diano la possibilità di incontrarsi, di parlare insieme, di
confondere le fasce generazionali. Gli spazi verdi fronteggianti
le zone giorno degli appartamenti19 , opportunamente attrezzate,
danno la possibilità ai bambini di muoversi liberamente pur
sotto il controllo dei genitori.
1.11.2 L’alloggio
Nel rapporto tra l’abitante e la propria casa si registrano nuove
tendenze nelle modalità di organizzazione e funzione degli
spazi.
Non esiste più una concezione dell’alloggio come distinzione tra
zona giorno e zona notte ed emerge invece una concezione più
integrata degli spazi. Oggi la tendenza è un ambiente domestico
senza una chiara distinzione funzionale degli ambienti, una
configurazione mista che integri in uno stesso luogo più
funzioni.
Purtroppo le indicazioni normative - nel nostro Paese in
particolare - continuano in molti casi ad ostacolare questo
processo di innovazione.
Attività un tempo svolte in altro luogo e modo trovano spazio
nel nuovo modello abitativo, che è chiamato per l’emergere di
nuovi stili di vita a rispondere a requisiti più complessi, come
l’introduzione del lavoro a casa, l’intromissione di nuove
tecnologie elettroniche ed informatiche, l’introduzione di nuovi
vani per il tempo libero, etc. Nella programmazione e
progettazione degli alloggi non devono essere ignorate le fasi
evolutive che accompagnano la vita temporale della famiglia.
Alcune scelte progettuali, come la suddivisione meno rigorosa
degli ambienti e la loro polifunzionalità, l’eliminazione degli
spazi non fruibili come l’ingresso, l’anticucina, l’antibagno,
corridoi a vantaggio invece della creazione bagni
supplementari20 , hanno come risultato una casa in cui il valore
non è più quello di contenitore, ma di spazio espressivo di uno
specifico fruitore.
18
I servizi al piano diventano soluzioni interessanti non solo perché danno la
possibilità di avere spazi privati più ampi, ma anche perché permettono agli
utenti di uno stesso edificio di intrecciare rapporti di vicinato.
19
Dotare gli alloggi al piano terra di pertinenze esterne è proposta
interessante sia per connotare lo spazio abitativo di un requisito qualitativo
nuovo, che per risolvere il problema degli spazi aperti pubblici spesso
abbandonati e soggetti a poca manutenzione.
20
Non solo doppi servizi igienici, ma anche la possibilità di utilizzare l’unico
servizio da più persone contemporaneamente per esempio dividendo il
servizio in due parti indipendenti.
37
La despecializzazione
degli spazi
CAPITOLO PRIMO
Le indicazioni sotto riportate riflettono, a carattere generale, le
trasformazioni che hanno subito i tradizionali spazi dell’alloggio
a seguito delle nuove esigenze; sono il risultato di alcuni
studi21 condotti sul comportamento dell’utenza e possono
costituire validi suggerimenti prestazionali da considerare in
sede di progetto.
1. Ambito collettivo
Corrispondendo generalmente al locale più ampio dell’alloggio,
viene codificato come spazio polifunzionale e utilizzato per uno
svariato numero di funzioni anche molto diverse tra loro. Si
connota inoltre come ambiente di sussidio per lo svolgimento
delle attività, che per la mancanza di spazio e vani, non riescono
a trovare collocazione negli ambienti ad esse destinati.
2. Ambito individuale
• Camera dei genitori: per tipo di fruitore stabile negli anni è il
locale dell’alloggio meno soggetto a trasformazioni. E’ uno
spazio preposto oltre ad assolvere le funzioni primarie, a
contenere attività personali.
• Camera dei figli: lo spazio di questo locale viene utilizzato
per una moltitudine di attività diverse tra loro: lo studio, il
gioco, il dormire, il vestirsi. E’ opportuno quindi prevedere
attrezzature per la notte e per il giorno con precise
connotazioni, distribuendole in modo da creare zone
relativamente distinte. Le possibilità progettuali di risolvere
questo spazio sono strettamente legate ad alcuni parametri
relativi ai suoi fruitori, il numero, l’età, il sesso. Lo stato di
convivenza produce evasioni in altri locali dell’alloggio e
all’opposto gli
utenti che dispongono di
uno spazio
personale concentrano in esso tutte le attività. I figli più
grandi fanno richiesta di spazi autonomi dai genitori, i
piccoli necessitano di un controllo costante. Ad esempio, sia
nel caso di due utenti che condividono una stanza che nel
caso di un singolo utente, è giusto prevedere una parete
21
R. Scaioli, Recupero funzionale nell’edilizia recente. Prime annotazioni
sulle tipologie abitative contemporanee, in Recuperare edilizia e design
impianti, n.6, 1983. Pag.197.
Regione Emilia Romagna, Gente, famiglie, case, trasformazioni sociali e
demografiche e nuove esigenze abitative, Franco Angeli, Milano 1982.
38
1. Ambito collettivo
2. Ambito individuale
CAPITOLO PRIMO
di divisione mobile22 al fine di dividere il locale, soprattutto se i
ragazzi sono già grandi o di sesso opposto. Articolare in zone lo
spazio dei figli così da consentire lo svolgimento corretto, a
volte privato, a volte semipubblico di funzioni diurne appare la
scelta ideale poiché il risultato è un ambito polifunzionale
articolato in notte e giorno flessibile all’uso con la possibilità
che i letti possano essere separati tra loro e dove l’area giorno
sia in qualche modo aggregabile al connettivo familiare.
3. Ambito dei servizi
• Cucina: l’eliminazione dal soggiorno del tavolo da pranzo per
ragioni di migliore utilizzazione connota lo spazio cucina
della nuova funzione. La modalità di consumo dei pasti
rispecchiano le differenze dei fruitori (condizioni
professionali
e
struttura
familiare)
imponendo
all’organizzazione dello spazio cucina diverse connotazioni:
spazio strettamente necessario alla funzione primaria,
integrabile all’ambiente soggiorno o luogo di interrelazione
della vita domestica.
• Servizi igienici: l’utilizzo di pareti attrezzate prefabbricate23 o
la possibilità di suddividere un unico spazio in due, sono
accorgimenti che se tenuti in considerazione in sede di
progetto possono qualificare il tipo di fruizione.
• Ingressi: emerge il rifiuto per uno spazio di ingresso definito
come locale indipendente e delimitato da divisori fissi. Si
comincia a riconoscere l’inutilità di uno spazio funzionale
poco definibile e comunque non vivibile, considerazioni che
portano ad unificare in un unico spazio i due momenti del
ricevere e dell’intrattenere.
• Percorsi di distribuzione: è uno spazio minimo che ogni
individuo deve percorrere nella propria abitazione nello
svolgimento delle attività abituali. Potrebbe essere
riconsiderato al fine di limitare i movimenti al necessario e
ridefinito come spazio estremamente flessibile nel suo aspetto
costruttivo proprio in relazione al fatto che definisce i
collegamenti tra i diversi spazi dell’alloggio e tra gli alloggi
di uno stesso edificio.
• Servizi collettivi: si intravedono nuove concezioni
dell’abitare che valorizzano i servizi di vicinato prossimi alla
residenza. Servizi di stabile con funzioni specifiche
22
Si privilegiano soluzioni temporanee e non tradizionali proprio perché
l’utente è in evoluzione.
23
Le soluzioni di pareti prefabbricate permettono una flessibilità a lungo
termine. Risulta utile per gli alloggi di dimensioni elevate dove la
predisposizione in fase di progetto di pareti contenenti impianti tecnici
garantisce la possibilità di definire una zona indipendente per soddisfare le
esigenze di autonomia di un componente della famiglia.
39
3. Ambito dei servizi
CAPITOLO PRIMO
residenziali, con vani preposti a determinate attività collettive
per utenti o famiglie con caratteristiche ed esigenze comuni.
Alle considerazioni di ordine generale sugli spazi interni
all’alloggio devono essere aggiunte ulteriori
riflessioni
prestazionali per particolari gruppi di utenza in grado di definire
alcuni requisiti specifici.
• Giovani coppie con figli: agevolare i lavori domestici
all’interno dell’alloggio è una prestazione indispensabile che
consente alle giovani madri di conciliare la necessità di una
presenza costante accanto al bambino con la conduzione
giornaliera della casa.
• Coppie di anziani: piccoli appartamenti con dotazione più o
meno completa, ma con la distinzione tra soggiorno e camera.
• Famiglia di vecchia formazione: i figli ormai grandi
richiedono maggiore autonomia e può rivelarsi utile
prevedere una camera separata vicino all’ingresso.
• Coabitanti: fondamentale è nello sviluppo di queste
particolari tipologie, consentire la massima privacy ai
rispettivi nuclei, prevedere per esempio più accessi
dall’esterno e spazi di servizio autonomi.
40
CAPITOLO PRIMO
1.11.3 Criteri prestazionali per la riqualificazione dei luoghi
dell’abitare
Le considerazioni sin qui svolte suggeriscono alcuni spunti
progettuali per la riqualificazione, tra i quali:
• La necessità di creare un equilibrio tra spazi pubblici, semi
pubblici e l’ambito privato, sia all’interno dell’alloggio che
nel contesto su cui insistono gli edifici..
• La creazione di un rapporto più diretto con il verde, in modo
che l’abitazione possa usufruire di zone esterne e di giardini
anche collettivi sui quali affacciare;
• la dotazione di spazi condominiali comuni per il gioco dei
bambini, per le attività sociali, o ricreative;
• la possibilità di personalizzare e rendere riconoscibile il
proprio alloggio per individuarlo e percepirlo come “unico”.
Per quanto riguarda più in particolare l’alloggio è auspicabile la
revisione di alcune zone dell’abitazione in modo da:
• salvaguardare le esigenze del singolo all’interno del nucleo
familiare e quindi di individuare ambienti di fruizione
individuale, secondo il desiderio di disporre di uno spazio
“tutto per sé” variabile nell’arco della giornata;
• ridurre le superfici destinate a disimpegno ed ingresso;
• garantire la privacy di alcuni vani quali ad esempio quello
letto della coppia;
• consentire la pluralità d’uso ad ogni singolo vano, pur
garantendo una differente gerarchizzazione degli spazi;
• migliorare la qualità e vivibilità degli spazi mediante
maggiore luminosità, isolamento acustico, variabilità
distributiva.
Il tema della flessibilità, deve essere rivisto rispetto alla
concezione storica della “pianta libera”, che proponeva modelli
abitativi per i quali qualsiasi soluzione e variazione distributiva
doveva poter venire attuata, ma deve essere visto in relazione
alle reali richieste di variabilità.
Per tanto le risposte devono tenere conto dei seguenti concetti:
• uso flessibile solamente di alcuni spazi, che non devono
venire rigidamente predestinati;
• dinamicità dell’alloggio, che deve seguire ed adeguarsi
all’evoluzione del nuclei familiari e ai differenti ritmi della
vita familiare.
41
Il rapporto tra spazi
privati e collettivi
L’alloggio
Flessibilità
CAPITOLO PRIMO
Si possono pertanto individuare alcuni livelli sui quali è
possibile intervenire con nuovi criteri prestazionali in fase di
progetto:
1. ambiente esterno pubblico, in particolare in relazione a:
- strada;
spazi pubblici.
2. Spazi verdi ad uso condominiale.
3. Destinazione d’uso degli spazi esterni collettivi
4. Rapporto tra edificio e ambiente esterno:
- atrio;
- gli spazi collettivi.
5. Edificio: caratteristiche tipologiche, morfologiche e
funzionali:
- destinazioni d’uso miste;
- rapporto tra ambienti interni ed esterno;
- chiusure esterne: riconoscibilità e personalizzazione;
- distribuzione interna delle unità abitative.
42
N.B. Gli schemi sono
stati
tratti
da:
Dipartimento dei sistemi
edilizi
territoriali,
Residenze
flessibili,
Società
Edicitre
Esculapio,
Milano,
1995.
CAPITOLO PRIMO
1. Ambiente esterno pubblico
- strada
- spazi verdi
Le soluzioni ottimali per eliminare
disturbi , sia di carattere acustico che
visivo, implicano interventi sul contesto.
Le principali fonti di disturbo sono
generalmente legate al traffico, pertanto
un’attenta riprogettazione dei percorsi
viari, in rapporto ai fronti abitati,
consente di rispondere correttamente
alle richieste di privacy e di tranquillità.
E’ possibile intervenire sia sul tipo di
strada in rapporto al flusso di traffico
previsto, progettando per esempio
differenti corsie separate, sia sulle
distanze rispetto agli edifici, sia sugli
schermi, preferibilmente costituiti da
barriere verdi.
E’ fondamentale la gerarchizzazione dei
percorsi sia viari che ciclabili che
pedonali: è sempre così possibile
individuare zone “filtro” che medino e
rendano chiaramente percepibili le
differenti condizioni, consentendo una
graduazione degli spazi pubblici a quelli
collettivi e privati
Le soluzioni qui a fianco riportate
consentono di migliorare le condizioni
di isolamento visivo ed inoltre permetto
di creare aree a verde che possono
essere usufruite dagli abitanti.
Queste soluzioni potrebbero essere
applicate nel caso del quartiere San
Siro ed in particolare sui Viali
Aretusa e Mar Ionio (assi che tagliano
in due il quartiere) che hanno una
sezione piuttosto elevata rispetto al
traffico veicolare. Esse infatti sono
diventate
soprattutto
aree
di
parcheggio di automezzi abbandonati.
La possibilità di creare spazi a verde
al centro o ai lati della strada creando
una gerarchizzazione dei percorsi
permetterebbe di rivitalizzare queste
aree ormai abbandonate.
43
CAPITOLO PRIMO
2. Spazi verdi
condominiale
ad
uso
Nel caso in cui vi sia uno spazio tra due
edifici
paralleli
è
necessario
riqualificare questo spazio in modo da
creare una zona a verde gradevole sul
quale
affacciare
gli
ambienti
dell’edificio per i quali è prioritaria la
condizione di privacy.
La riqualificazione del quartiere EtatsUnis a Lione (Edificio progettato da
Tony Garnier negli anni ’30) mostra il
recupero degli spazi verdi tra edifici
paralleli.
Lo spazio, infatti pur essendo stretto
(come nel caso degli edifici del
quartiere San Siro) è stato recuperato
in modo da creare un’area semipubblica e protetta dalla strade di
percorrenza non definita nelle funzioni
ma utilizzabile dagli abitanti per
qualsiasi necessità (gioco dei bambini,
passeggio…) ed inoltre ben allestito e di
piacevole vista dalle abitazioni.
Fonte, Le Moniteur Architecture, n°71,
1996.
44
CAPITOLO PRIMO
In rapporto alle caratteristiche del piano
terreno è possibile individuare degli
spazi verdi privati che si collegano
direttamente con quelli collettivi.
Anche nel caso del San Siro dove la
dotazione di verde lo permette si
potrebbero creare delle piccole stanze
verdi private. Spesso infatti gli stessi
abitanti (del piano rialzato) hanno
creato delle piccole scale per mettersi
in diretto contatto con lo spazio verde
esterno.
Nel progetto di Box 25 Arkitekter a
Vesterbro
(1990),
oltre
alla
riqualificazione interna degli edifici
sono stati creati dei giardini privati al
piano terra, con accesso diretto,
soprattutto per utenti anziani.
Fonti:
Arkitektur Denmark, n°7, 1994, pp.
444.
Housing, Etas Libri, Milano, 1997,
p.136.
45
CAPITOLO PRIMO
3. Destinazione d’uso degli spazi
collettivi esterni
Le destinazioni d’uso degli spazi esterni
collettivi possono variare sia in rapporto
alle dimensioni che alle condizioni
climatiche e quindi ai periodi di
utilizzazione possibili.
In rapporto alla destinazione e al tipo di
utenza è necessario creare attrezzature
adeguate, per il gioco dei bambini o per
il relax, oltre che un rapporto reciproco
tra le differenti parti.
Anche in questo caso è preferibile
individuare dei gradi di flessibilità per
adeguare di volta in volta gli spazi alle
funzioni richieste.
Nel caso del quartiere San Siro gli
spazi verdi non hanno nessuna
destinazione d’uso e spesso sono
diventati luoghi di nessuno (retro
degli edifici). Andrebbero quindi
ristudiati e trasformati in luoghi
sociali polifunzionali.
L’intervento qui riportato è un esempio
di riqualificazione a Berlino-Neukoln
del gruppo Stadtwerkstat Berlin (1995),
in cui sono stati creati alloggi per
anziani e giovani collegati tra di loro
attraverso una passerella collettiva. La
piccola corte centrale è diventata così
zona di socializzazione tra generazioni
diverse. Essa infatti può essere utilizzata
per le esigenze differenti: di relax per gli
anziani e di divertimento per i giovani.
Fonte: Baumeister, n°7, 1996 p.38.
46
CAPITOLO PRIMO
Non necessariamente lo spazio verde
deve essere posto al piano terreno
dell’edificio.
In rapporto alle condizioni contestuali e
climatiche ed alle funzioni che gli
vengono attribuite, può venire collocato
anche su terrazze o spazi chiusi a serra
oppure i copertura (vedasi tesi arch.
Mara Beretta) o in adiacenza a spazi
condominiali comuni.
4. Rapporto tra edificio e
ambiente esterno
- L’atrio
E’ necessario creare un atrio d’ingresso
controllato come spazio semi-pubblico,
ossia come elemento di raccordo tra il
pubblico (la strada) ed il privato
(l’abitazione) che può assumere anche
funzioni integrate diventando una sorta
di piazza interna distribuendo oltre gli
alloggi, locali comuni al piano terra.
Nel quartiere San Siro non esistono
atri e non esiste più, soprattutto,
l’elemento portineria. Questo provoca
tra gli abitanti un diffuso senso di
insicurezza.
La creazione di atri controllati
permetterebbe di risolvere questo
problema.
L’atrio potrebbe diventare anche il
punto di raccordo tra gli spazi pubblici e
gli spazi a verde condominiale.
47
CAPITOLO PRIMO
- Gli spazi collettivi
Gli spazi collettivi, in rapporto all’uso
per i quali sono destinati o alla
flessibilità che viene ad essi attribuita,
possono essere collocati in differenti
porzioni dell'edificio.
Possono essere in rapporto diretto con il
verde e la città e quindi al piano terra,
ma possono essere posti ai piani
intermedi, in copertura o occupare
porzioni di connettivo. In quest’ultimo
caso è bene che comunque risultino
illuminati naturalmente.
Sulla base della necessità di attuare
una
riqualificazione
multigenerazionale in un quartiere
come il San Siro (ormai per la
maggior parte popolato da anziani) la
creazione di servizi (sia collettivi che
dedicati a particolari utenze) diventa
una soluzione interessante perché può
dare la possibilità di
intrecciare
rapporti di vicinato tra generazioni
diverse.
Essenziale è la flessibilità che deve
consentire variazioni sia in rapporto
all’uso che alla geometria e alla
dimensione dello spazio.
Posizionare ambienti comuni ai piani
intermedi in rapporto diretto con gli
alloggi ed il connettivo ne garantisce un
uso più frequente in alternativa anche
privato; anche se per contro può
complicare gli aspetti di gestione e
controllo.
La flessibilità richiede sia tipi di
chiusure mobili o schermi, che
delimitano lo spazio in modi differenti,
sia contenitori o ripostigli per riporre
strumenti e arredi quando questi non
siano in uso.
(Di spazi collettivi
parlerò più
approfonditamente
nei
prossimi
paragrafi destinati ad esempi di
residenze per utenze “deboli”).
48
CAPITOLO PRIMO
5. Edificio: caratteristiche
tipologiche, morfologiche e
funzionali
- Destinazioni d’uso miste
dell’edificio
La monofunzionalità dei quartieri di
edilizia residenziale pubblica trasmette
la necessità di inserire nuove funzioni
all’interno degli edifici (quali ad
esempio
commerciale,
uffici,
associazioni).
Una sovrapposizione delle residenza ad
altre funzioni per le quali è richiesto un
minor grado di privacy consente di
allontanarla dalle fonti di disturbo.
Vedremo nel Cap. 2 come, in alcuni casi
francesi
di
riqualificazione,
(Le
Minguette ad esempio) l’introduzione
di nuove attività ha reso possibile una
rivitalizzazione dei quartieri.
- Rapporto tra ambiente
esterno e spazi interni
Il rapporto tra spazio esterno e ambienti
interni è fondamentale per la definizione
delle attività che possono essere svolte.
Queste sono legate soprattutto al relax,
alla conversazione e al pranzo nella
bella stagione. Le logge o i balconi
quasi sempre presenti negli edifici di
edilizia residenziale pubblica, possono
diventare veri e propri vani prevedendo
delle chiusure mobili o delle serre.
Nel quartiere San Siro gli stessi
utenti, spesso, hanno provveduto a
chiudere le logge attraverso vetri e
tende per aumentare il loro spazio
soggiorno.
Perché
allora
non
considerare la possibilità di attuare
una riqualificazione di questi ambiti
per migliorare la vivibilità degli spazi
interni.
Ciò permetterebbe (se le logge sono
esposte in modo idoneo) anche di
migliorare le condizioni climatiche
degli alloggi. Serramenti temporanei
(impachettabili, sorrevoli o asportabili)
consentono di definire degli ambienti
utilizzabili in condizioni invernali, quali
ampliamenti dei vani interni oppure
serre; schermi fissi opportunamente
orientabili possono consentire l’uso
49
CAPITOLO PRIMO
della loggia in condizioni espositive
particolari (irraggiamento solare, venti,
fenomeni di introspezione).
Spesso se vi è la distanza necessaria tra
gli edifici, le verande possono essere
create come nei casi sotto descritti.
L’intervento di Boje Ludgaard e Lene
Tranberg a Vesterbro – Danimarca
(1990), ha seguito un approccio teso al
miglioramento tra interno-esterno delle
singole unità abitative in relazione
all’orientamento.
E’ stata creata una facciata in vetro sudovest che crea una veranda come
proseguimento della zona soggiorno e
che permette di captare calore durante la
giornata e di fornire un’integrazione di
energia termica solare.
Fonti:
Arkitektur Denmark, n°7, 1994, pp.
440-441.
Baumeister, n°10, 1996, pp.38-41
Housing, Etas Libri, Milano, 1997,
p.136.
50
CAPITOLO PRIMO
Nel progetto di Tegnestuen DOMUS
ApS, a Oldermandsgarden (1990)
vengono create delle verande attraverso
la creazione di volumi aggiunti.
Fonti:
Arkitektur Denmark, n°7, 1994, pp.
442-443.
Housing, Etas Libri, Milano, 1997,
p.136.
51
CAPITOLO PRIMO
La chiusura di logge può essere utile
anche per la riduzione dell’incidenza dei
disturbi acustici e visivi adottando
schermi fissi o mobili oppure vetri non
trasparenti.
L’intervento principale, dell’esempio
qui riportato (Edificio Le Grand Borde a
Losanna progettato da Atelier Cube1989/’92), è stata infatti la chiusura dei
balconi (che prospettavano su di una
strada piuttosto trafficata) che vengono
trasformati
in
verande
spaziose
migliorando l’isolamento acustico. Con
questo intervento è stata aumentata
anche la superficie dell’alloggio ed in
particolare degli spazi soggiorno.
La chiusura dei balconi è stata realizzata
in pannelli prefabbricati in alluminio
ondulato e fibra di cemento. Le verande
sono in alluminio e vetro.
Fonte, Baumeister, novembre 1993,
pp.20-24.
52
CAPITOLO PRIMO
-Chiusure
riconoscibilità e
personalizzazione
esterne:
Nel momento in cui si intende
intervenire
con
delle
variabili
sull’involucro dell’edificio è necessario
individuare quali elementi è possibile
applicare e quali la gamma di soluzioni
compatibili.
Le logge o comunque gli spazi esterni
privati possono venire schermati in
modo differenti Le chiusure esterne
verticali possono venire ripensate con
sporti diversi, estensioni del soggiorno,
serre, logge. Per ognuno di questi
elementi possono essere individuate
gamme di variabili che combinate anche
in base alle variazioni tipologiche
interne, contribuiscono a definire
condizioni di riconoscibilità ricercate
dagli utenti.
Gli stessi ingressi possono essere resi
riconoscibili con la creazione di bussole
con l’uso di materiali di rivestimento
diversi o con i colori.
Nel progetto di Druenne a Le MansFrancia (1980) è stata creata una doppia
facciata per ampliare la superficie degli
alloggi e sono stati creati dei nuovi
ingressi con forme e colori differenti per
dare maggior riconoscibilità ad edifici
tutti uguali e monotoni.
Fonte: Techniques & Architecture,
n°348, 1983, p.96.
53
CAPITOLO PRIMO
Questo edificio residenziale progettato
da due giovani architetti austriaci,
Dieter Henke e Marta Schreieck (1994),
in un distretto suburbano di Vienna,
mostra la possibilità di variare la
facciata attraverso l’utilizzo di alte
imposte mobili in acciaio.
L’aspetto della facciata muta in
continuazione in relazione all’uso
flessibile delle imposte scorrevoli, filtro
tra spazio pubblico della strada e quello
privato dell’alloggio, come tenda o
come schermo frangi-sole, permettendo
agli utenti di adattare la struttura esterna
alle loro esigenze personali.
Quando le imposte scorrevoli sono
chiuse la facciata assume un aspetto
lineare, quando sono aperte, rivelano la
presenza della loggia a doppia altezza e
dei balconi trasparenti che la occupano
alternativamente.
Fonte: L.E. Malighetti, Progettare la
flessibilità. Tipologie e tecnologie per la
residenza, Clup, Milano, 2000.
54
CAPITOLO PRIMO
- Distribuzione interna delle
unità tipologiche e abitative
Uno dei grossi problemi dei quartieri di
edilizia residenziale pubblica è infatti la
monotonia degli edifici dettata anche
dalla poca varietà tipologica.
L’abbinamento di gamme di alloggi
differenti,
oltre
a
soddisfare
maggiormente le scelte degli utenti,
consente di rendere riconoscibili anche
dall’esterno le diverse tipologie di
cellule.
Lo schizzo qua a lato non può essere in
realtà il risultato di un progetto di
riqualificazione poiché forse un po’
troppo distruttivo ma serve per far
capire quali sono le possibili varianti
che potrebbero rendere riconoscibili gli
edifici agli abitanti.
55
CAPITOLO PRIMO
1.11.4 L’alloggio e le sue funzioni
In relazione ai differenti modi di vita e all’evoluzione dei nuclei
familiari variano sia la distribuzione dell’alloggio che l’uso del
singolo vano:
• Il privilegio del singolo all’interno del nucleo familiare
comporta individuazione di molteplici spazi individuali,
personalizzabili, che devono poter essere aggregati o
disaggregati in rapporto alle differenti necessità;
• La necessità di individuare configurazioni variabili nel
tempo che seguano il divenire della famiglia comporta la
formulazione di un alloggio “dinamico”, secondo differenti
gradi di flessibilità;
• L’analisi dei rapporti tra pubblico e privato, singolo e
collettivo comporta delle riflessioni sui differenti usi che un
medesimo ambiente deve garantire, sia in rapporto a
specifiche richieste di privacy, sia in relazione ai differenti
ritmi della vita familiare, sia all’opportunità di
riconcettualizzare l’alloggio in rapporto all’individuazione di
“fasce” alle quali far corrispondere richieste di prestazioni
specifiche.
• La richiesta di maggior autonomia da parte di singoli, in
rapporto a coabitazioni tra individui adulti, comporta
l’individuazione di localizzazioni precise di alcuni vani
all’interno dell’alloggio: il rapporto con l’ingresso o la
previsione di più porte di collegamento con il connettivo
comune garantisce, ad esempio, l’autonomia richiesta.
• L’introduzione di alcune forme di lavoro in ambito
domestico, le nuove attività, gli hobbies, richiedono spazi
variabili.
In questa sezione vengono affrontati alcuni temi per la
definizione degli spazi all’interno delle abitazioni:
1. l’alloggio come sequenza di fasce;
2. la richiesta di autonomia;
3. la variazione degli ambiti collettivi;
4. gli ambiti collettivi:
- il soggiorno;
- la cucina.
56
CAPITOLO PRIMO
1. L’alloggio come sequenza di
“fasce”
L’interpretazione dell’alloggio come
sequenza di fasce definite rispetto al
grado di “intimità” e/o “collettività”
consente di meglio salvaguardare le
esigenze dei singoli nell’ambito del
gruppo.
Le soluzioni tecnologiche da adottare
per la definizione degli involucri che
delimitano e contengono tali spazi
devono tenere conto sia delle esigenze
di privacy e quindi garantire adeguati
livelli di isolamento acustico, sia di
variabilità in rapporto agli usi differenti
per le zone collettive, così come si
approfondirà nella sezione dedicata alla
flessibilità.
Nel momento in cui si prevedono delle
cellule il cui uso non è ipotizzabile in
sede di progetto, ma per le quali si
determina una destinazione singola, è
necessario definire attentamente le
caratteristiche delle frontiere che
dividono i differenti spazi, per garantire
comunque lo svolgimento di attività tra
loro incompatibili, senza che avvengano
interferenze o fenomeni di disturbo
reciproco.
2.Variazione
collettivi
degli
ambiti
All’interno dello spazio collettivo è
possibile ritagliare degli ambiti singoli,
variabili in rapporto a differenti
richieste d’uso, definiti e delimitati
mediante
schermi
(ante
mobili,
paraventi).
Questa
richiesta
di
variabilità introduce il concetto della
flessibilità d’uso.
Viene in questo caso evidenziata la
reciproca permeabilità degli spazi che
variano dimensionalmente in rapporto
alle differenti attività che vi vengono
svolte, ossia in rapporto all’uso,
possono diventare delle cellule singole,
piuttosto che confluire negli spazi
collettivi o assumere un ruolo
intermedio.
57
CAPITOLO PRIMO
3. La richiesta di autonomia
La richiesta di autonomia del singolo
all’interno del gruppo determina la
necessità di isolare alcuni ambienti
dell’alloggio, opportunamente collocati,
che comunque devono mantenere un
collegamento diretto con gli altri spazi.
In questo esempio il concetto sviluppato
è quello di abbinare due alloggi minimi
indipendenti, che condividono alcuni
spazi (quelli di servizio e il soggiorno).
La destinazione è prevista per utenti
particolari, che non costituiscono una
famiglia, ma che, per esigenze
particolari, si trovano a dover abitare
insieme.
Fonte: in AA.VV., Residenze flessibili,
Diset, Milano 1995, p.141.
5. Ambiti collettivi
- Il soggiorno
Sono qui schematizzate tre ipotesi di
soluzioni differenti per la collocazione e
le caratteristiche del soggiorno.
Nel primo caso si tratta di una soluzione
più “tradizionale” nella quale l’ambiente
collettivo assume la configurazione di
un vano che può contenere al proprio
interno lo spazio ingresso oppure
esserne separato. Tale soluzione, che è
vincolata alla dimensione dell’alloggio,
può essere più o meno compatibile con
richieste di usi contemporanei per
diverse attività.
Nella seconda il soggiorno definito
“passante”, ossia con affaccio su fronti
contrapposti, consente a livello di
percezione un ambiente sicuramente più
gradevole. I gradi di adattabilità alle
differenti funzioni potranno essere
definiti solamente mediante opportune
predisposizioni per il frazionamento
eventuale e temporaneo della superficie.
La disponibilità di due fonti luminose
contrapposte consente maggiori gradi di
libertà.
Il terzo caso è quello del soggiorno
centrale, che deve venire risolto in
relazione a verifiche dei rapporti di
aeroilluminazione.
58
CAPITOLO PRIMO
E’ questo un esempio di soggiorno
centrale che consente di distribuire tutti
gli altri vani dell’alloggio. Le
suddivisioni tra i differenti spazi
possono anche venire concepite come
ante mobili che determinano una
separazione piuttosto che la possibilità
di far confluire direttamente gli altri
ambienti in quello centrale.
E’ prevista anche una porzione
autonoma, con ingresso diretto al
connettivo che può diventare anche uno
spazio di lavoro / studio o un vano letto.
Fonte: L’industria delle costruzioni,
n°272, 1992, p.69.
- La cucina
Il ruolo della cucina varia come si è
detto in rapporto alle differenti abitudini
nella consumazione del pranzo.
Le soluzioni possibili risultano spasso
contrapposte, ma è necessario valutare
di volta in volta le differenti esigenze
prima di operare una scelta progettuale.
E’ chiaro che in rapporto ad alloggi con
dimensioni
superficiali
standard
l’attribuzione di un ampio spazio alla
cucina penalizza altri ambienti e lo
svolgimento di altre attività. In tal caso
è necessario che il vano inglobi al
proprio interno anche il pranzo.
Nel secondo schema è ipotizzata la
soluzione di una cucina passante, che
consente di collegare differenti spazi del
soggiorno o addirittura dell’alloggio.
Si tratta in questo caso di un vano a
nicchia,
direttamente
aperto
sul
soggiorno.
Questa è la soluzione migliore da
utilizzare nel caso di utenze singole o in
coppia (studenti, anziani, singoli
lavoratori, madri sole con bambini…)
come vedremo nella sezione dedicata
alle nuove utenze.
59
CAPITOLO PRIMO
Gli alloggi realizzati tra gli anni ’50 e
’60 che si rifanno alle normative INACASA non sono stati costruiti secondo
le concezioni appena descritte. Oltre al
fatto che la superficie minima
ammissibile considerata era di 50mq. e
quella massima di 110mq. e che la
dotazione di servizi igienici e cucine è
attualmente insufficiente; gli schemi
degli alloggi sono molto rigidi e
predefiniti e non è stata considerata
alcuna possibilità di variazione e
flessibilità sia interna che tra alloggi
confinanti.
Gli alloggi realizzati tra gli anni ’60 e
’70 costruiti in base alle normative
Gescal, pur essendo migliorati dal punto
di vista delle dotazioni di servizi,
mancano
tipologie
di
piccole
dimensioni, mono e bilocali, che sono
alla base della domanda crescente.
Anche in questo caso gli alloggi sono
rigidamente predefiniti sulla base delle
esigenze della famiglia “classica” ed
esiste una netta separazione tra zona
giorno e zona notte.
Fonte: Golinelli C., La casa normata.
Regole e modelli per l’abitazione
popolare in Italia, Politecnico di
Milano, anno accademico 1987/88.
Questi alloggi non corrispondono più
alle esigenze fruitive della domanda
attuale e quindi alla nuova concezione
di alloggio come “ambiente domestico
senza una chiara distinzione degli
spazi”. E’ necessario quindi mutare le
tipologie edilizie ormai superate e
rovesciare
il
rapporto
servizi
individuali/servizi
collettivi
ristrutturando secondo le esigenze e
trasformando un patrimonio di alloggi
troppo grandi in alloggi piccoli e medi,
per
creare
una
diversificazione
tipologica e per tradurre i piani terreni
in servizi collettivi.
60
CAPITOLO PRIMO
1.11.5 Flessibilità: maglia modulare e pareti trasformabili
I sistemi modulari opportunamente usati possono individuare
direttrici lungo le quali definire le diverse unità abitative. La
modularità è una scelta efficace sia per motivi di tecnologia di
realizzazione sia per la possibilità di predisporre diverse
destinazioni d’uso sia in tempi brevi24 , sia in tempi lunghi con
tagli di alloggi facilmente modificabili per far fronte a esigenze
variabili nel tempo, per esempio legate ai quei componenti il cui
nucleo è ancora in crescita25 .
Superato il concetto di stanza come ambiente separato da
strutture fisse o modificabili con una notevole spesa e notevoli
problemi, un alloggio dotato di un grado di soddisfacente
flessibilità, polifunzionalità e interdipendenza tra gli ambienti
potrebbe essere realizzato anche oggi con soluzioni costruttive
edilizie e di arredo attualmente in produzione. La disposizione
fluida dello spazio abitativo che ne risulta lascia aperte
possibilità organizzative diverse. Ciò è reso possibile grazie ad
alcune scelte progettuali di fondo quali: non vincolare le
partizioni interne alla struttura e prevedere la possibilità di
posizionare i servizi predisponendo alcune asole per il passaggio
degli impianti.
Spesso nella definizione degli spazi non si pensa alla loro
arredabilità il che potrebbe essere giustificabile se si considera
l'ipotesi di spazi indeterminati a causa di un’utenza sconosciuta.
Ma in alcuni casi l’arredo non deve essere considerato come
elemento secondario, ma come parte integrante dell’abitazione.
L’arredo, se predisposto all’interno della casa, può infatti
acquistare un ruolo determinante: se considerato come servizio
ed attrezzatura permette infatti economie di produzione 26 . Anche
la definizione di elementi di arredo integrati all’alloggio porta
all’elaborazione di alcune possibili ipotesi di flessibilità e
adattabilità attraverso parti di arredo da realizzare come strutture
fisse o mobili all’interno dell’alloggio. Nel primo caso si
intendono quelle parti di arredo fornite insieme all’alloggio,
cabine armadio per le camere e piano di lavoro e relativi
contenitori modulari per la cucina e, nel secondo caso, pareti
attrezzate.
Componenti propri di una progettazione integrata,
alloggio/arredo, che concorrono non solo alla definizione di
varie soluzioni spaziali ma possono ridurre i costi rendendo
24
Per esigenze occasionali, anche all’interno dell’arco della giornata.
Le famiglie di nuova formazione con figli piccoli sono per definizione le
più soggette ai cambiamenti
26
Per arredo si considerano le soluzioni modulari facilmente utilizzabili al
variare delle dimensioni degli ambiti specifici.
25
61
L’arredo deve essere
considerato
come
parte
integrante
dell’abitazione
CAPITOLO PRIMO
possibile agli abitanti stessi il rinnovo di parti della casa senza
dispendiosi interventi tecnici esterni.
In questa sezione vengono affrontati i seguenti temi della
flessibilità d’uso e nel tempo in particolare:
1. i servizi;
2. il soggiorno;
3. lo spazio cucina;
4. lo spazio dei figli;
5. il rapporto soggiorno spazio aperto;
6. la gamma di soluzioni possibili;
7. i collegamenti tra spazi contigui;
8. la separazione tra spazi contigui;
9. la variazione all’interno di una superficie costante.
62
CAPITOLO PRIMO
Flessibilità
La possibilità di realizzare alloggi
flessibili dipende dalla struttura portante
degli edifici.
Nel primo caso è schematizzata l’ipotesi
di una struttura di tipo puntiforme, con
pilastri posti in relazione ad una griglia
creata per motivi strutturali e per
distribuzione tipologica. In questo caso
il grado di libertà negli interventi di
variazione è elevato.
Nel secondo caso è rappresentato un
sistema misto, rigido che prevede una
soluzione a setti in una parte
dell’alloggio
che
rimarrà
inevitabilmente invariabile nel tempo,
puntiforme
in
un’altra
zona
dell’alloggio che potrà subire delle
variazioni.
Nella terza soluzione si individua una
struttura che coincide con la dimensione
dell’abitazione che può permettere la
flessibilità interna dell’alloggio ma non
favorisce l’espansione come nel caso
della
struttura
puntiforme;
può
comunque permettere la divisione.
La quarta soluzione rappresentata è
quella della “parete spessa” portante,
costituita da una sequenza di setti
trasversali di dimensioni limitate e
distanziate
secondo
esigenze
distributive. Tali strutture possono
divenire elementi di supporto per arredi
o pareti divisorie.
Il quartiere Koyenburg realizzato a
Rotterdam dal gruppo Kokon nel 1982
utilizza la metodologia SAR (Stichting
Architect Reasearch, Fondazione per la
Ricerca
in
Architettura)
ormai
sperimentata in Olanda da vari anni.
L’organismo abitativo, secondo il SAR
è caratterizzato da una serie di
componenti edilizi fissi, costituiti dal
sistema delle strutture portanti e delle
infrastrutture tecniche e da elementi di
completamento (Unità Mobili o “infill”)
scelti dall’utente, che possono essere
rinnovati nel tempo.
Come prima guida per la distribuzione
interna degli spazi, un codice
convenzionale individua diverse fasce di
solaio parallele alle facciate come
“zone”, “margini” e “settori”. Nelle
“zone” vengono posizionati i veri e
63
CAPITOLO PRIMO
propri ambienti, mentre gli spazi di
“margine” fra le zone servono per
dividerle o interconnetterle, favorendo
una certa variabilità dimensionale. Le
zone e i margini delimitano la
profondità degli spazi che in essi
vengono inseriti, mentre il settore ne
delimita la larghezza.
Per verificare le relazioni che
intercorrono tra uno spazio e la relativa
funzione viene fornito all’utenza un
abaco dell’arredo che mette in evidenza
le sue possibili disposizioni e le
conseguenti forme e dimensioni degli
ambienti. La metodologia SAR di
coordinamento tra supporto ed elementi
aggiuntivi, oltre che dello studio delle
funzioni, degli arredi e degli spazi, si
avvale di una griglia dimensionale che
partendo dal modulo base di 30 cm
(3M), si è via via complicata e raffinata
per rispondere alle varietà delle misure
degli spazi e soprattutto dei componenti
edilizi di dettaglio. Il progetto si articola
così su tre livelli: la progettazione dello
spazio, la progettazione dell’elemento
materiale, la progettazione esecutiva.
Il complesso di Keyenburg , comprende
edifici di 3 e 5 piani con sistema
distributivo a ballatoio. Il livello di
coinvolgimento dell’utenza prevedeva
la possibilità di schizzare la pianta su
una griglia base, delimitata da un
supporto strutturale murario e dalla
posizione del vano canalizzazioni
verticali. L’intervento comprende 152
alloggi di piccolo taglio (115 per due
persone, 32 per una persona, 5 per
handicappati).
La flessibilità della disposizione interna
degli alloggi è notevolissima, come
risulta dall’assetto finale dell’intervento,
grazie al pavimento rialzato del servizio
igienico che consente una notevole
varietà di posizionamento dei sanitari
rispetto alla colonna di scarico e alla
realizzazione di canaline per la rete
elettrica lasciate a vista sui muri esterni.
La flessibilità tra alloggi è invece meno
vantaggiosa a causa dell’utilizzo per la
struttura portante del sistema a tunnel
perpendicolare alla facciata.
I pannelli divisori sono costituiti da una
intelaiatura in legno a doppio pannello
di cartongesso con interposto materiale
isolante; viti di aggiustaggio in testata
64
CAPITOLO PRIMO
consento il fissaggio a pavimento e a
soffitto.
Questo metodo quindi permette una
notevole flessibilità interna degli alloggi
ma una scarsa flessibilità tra gli alloggi .
Fonte: G. Ottolini, V. De Prizio, La
casa attrezzata. Qualità dell’abitare e
rapporti
di
integrazione
fra
arredamento ed architettura, Liguori
Editore, Napoli 1993.
1. I servizi
La soluzione dei servizi igienici e della
cucina all’ingresso può permettere di
avere uno spazio più libero verso
l’affaccio migliore dell’edificio, come
nell’esempio qui riportato di alloggi per
studenti a Dornbirn - Austria
(progettista arch. Carlo Baums, 1997),
in cui gli spazi cucina e bagno sono
posizionati a diretto contatto con il
connettivo permettendo allo spazio
retrostante di essere suddiviso o lasciato
libero.
L’aspetto negativo di questo edificio è
che gli alloggi non hanno il doppio
affaccio.
Questo tipo di soluzione è utilizzato
soprattutto nel caso di abitazioni
temporanee come appunto nelle
residenze per studenti.
Fonte: L’Architecture D’Aujourd’Hui,
n°323, 1999, pp.38-39.
La moltiplicazione dei servizi, che
divengono dei piccoli locali di
pertinenza dei differenti vani letto,
consente di articolare la zona notte in
modo più flessibile.
Una soluzione alternativa è quella che
prevede un frazionamento dei servizi
igienici, in modo da consentire un uso
contemporaneo degli apparecchi.
Il frazionamento del servizio igienico in
piccole cellule consente agli utenti uno
svolgimento
contemporaneo
delle
differenti funzioni.
Vista l’entità molto ridotta delle
superfici è opportuno utilizzare porte
che non costituiscono ingombro nelle
65
CAPITOLO PRIMO
zone di passaggio (porte scorrevoli o
apribili a 180°)
In questa soluzione Klaus Kada, in una
residenza per studenti a Graz
(1989/’93),
adotta
entrambe
le
alternative descritte in modo da creare
più moduli di aggregazione (per due
persone, per quattro, in duplex) ed in
modo da permettere l’utilizzo dei servizi
da due persone contemporaneamente.
Fonte: Tehniques & Architecture,
n°410, 1993, pag.81-83.
66
CAPITOLO PRIMO
2. Il soggiorno
Il soggiorno: è lo spazio che richiede
maggiori gradi di flessibilità perché può
venire destinato a molteplici usi,
variabili anche nell’arco della giornata.
E’ necessario progettarlo in rapporto:
1. alle esigenze del singolo rispetto al
nucleo familiare;
2. alle possibili attività.
L’esempio qui a fianco è un alloggio del
complesso Ried W2 a Berna, progettato
dal gruppo Atelier 5 (1992), in cui il
soggiorno può essere ampliato grazie
all’apertura di una parete scorrevole che
delimita una stanza.
Fonte: Edilizia Popolare, n°228, 1993
pag.119.
3. Lo spazio cucina/soggiorno
Spazio cucina/soggiorno: il rapporto
varia in relazione ai differenti tipi di
utenti e al numero di utenti presenti
contemporaneamente, alle tradizioni,
alla distanza dal luogo di lavoro.
4. Lo spazio dei figli
Spazio figli: le attività che vengono
svolte in questo spazio sono molteplici
perché riguardano i differenti momenti
della giornata, di fatto è sia un vano per
dormire, ma anche associato a tutte le
attività legate al soggiorno. Implica
anche delle valutazioni in rapporto alle
richieste di flessibilità nel tempo in
rapporto alle differenti età degli utenti.
5. Il rapporto tra spazio aperto
e soggiorno
Spazio aperto: così come è già stato
esaminato può consentire usi differenti
in rapporto alle stagioni. E’ possibile
variare il rapporto d’uso che si instaura
tra interno ed esterno realizzando
chiusure mobili.
67
CAPITOLO PRIMO
6. Gamma di soluzioni possibili
L’individuazione di gamme differenti di
alloggi consente di meglio soddisfare la
richiesta di mercato e le esigenze
espresse dai differenti utenti.
Come ho già accennato la possibilità di
creare alloggi flessibili e tipologie di
alloggi differenti dipende dalla struttura
portante dell’edificio.
Il progettista deve in ogni caso definire
il maggior numero di soluzioni possibili.
La possibilità che gli utenti, quando
sono conosciuti, vengano coinvolti nelle
scelte progettuali consente di definire
soluzioni personalizzate perfettamente
rispondenti alle esigenze di ogni nucleo
familiare.
Le scelte degli utenti devono comunque
essere “filtrate” dal progettista che
sottoporrà alcune alternative distributive
già verificate come compatibili con la
gamma di alloggi tipo.
Al contrario è possibile offrire ipotesi
progettuali nelle quali non vengano
definite alcune parti che verranno poi
“autocostruite” dagli stessi utenti.
In questo caso le predisposizioni devono
essere tali da garantire una semplicità e
celerità di costruzione, oltre al poter
scegliere tra una gamma di soluzioni già
collaudate.
Il progetto a fianco riportato (alloggi
dell’edificio residenziale nel quartiere
Dapperbuurt, Amsterdam, progettato da
M. Duinker e M.van der Torre, 1989) è
un esempio di impianto che permette di
modificare, con estrema facilità e
rapidità la configurazione generale
dell’alloggio. Esso può infatti essere
totalmente libero oppure può assumere
connotazioni diverse grazie a pareti
scorrevoli. Le diverse configurazioni
dell’appartamento
sono
consentite
dalla collocazione del vano servizi in
posizione centrale. L’ingresso ha due
punti d’accesso all’alloggio. Quando
tutte le pareti scorrevoli sono chiuse è
possibile definire un locale cucina
abitabile separato dal vano soggiorno e
con ingresso autonomo.
Gli spazi individuali possono essere
variamente relazionati a quelli collettivi
e risultare separati da questi ultimi, in
68
CAPITOLO PRIMO
diretta continuità, o assumere una
condizione intermedia, in modo da
creare
ambienti
che
variano
dimensionalmente in rapporto alle
diverse attività che vi si svolgono.
Gli utenti, in questo modo, possono
scegliere la soluzione più consona alle
loro necessità quotidiane.
Fonte: L.E. Malighetti, Progettare la
flessibilità. Tipologie e tecnologie per la
residenza, Clup, Milano, 2000.
69
CAPITOLO PRIMO
7. Collegamenti
contigui
tra
spazi
Nella richiesta di passaggio tra due
spazi è possibile instaurare differenti
tipi di collegamento in relazione alla
soluzione che viene adottata. Per
esempio anche la scelta di una porta a
seconda delle dimensioni del vano e del
tipo di apertura può variare le
condizioni di rapporto tra due spazi
limitrofi. Essenziale è che comunque
non costituisca mai ostacolo o ingombro
quando rimanga aperta.
Un vano apertura a tutta altezza di fatto
non varia le condizioni d’uso degli spazi
rispetto a soluzioni con apertura ad
altezza standard, ma consente di
percepire come unico due spazi che
vengono messi in rapporto.
Nella scelta di una soluzione di questo
tipo, ovviamente, subentrano altre
condizioni che riguardano aspetti tecnici
in rapporto a costi sicuramente più
elevati
rispetto
alle
soluzioni
tradizionali.
L’apertura totale e l’eliminazione di una
parete che divide due ambienti differenti
deve venire concepita come una
soluzione estremamente semplice da
utilizzare, quindi non pareti mobili dai
meccanismi complessi, ma delle ante
che si impacchettano e si spostano
molto agevolmente. E’ chiaro che
questa soluzione dovrà tenere conto
anche di tutti gli svantaggi: riduzione
della
privacy,
immagine
di
delimitazione no definitiva come una
parete tradizionale.
Una soluzione più complessa, ma che se
ben risolta può consentire degli effetti
architettonici più gradevoli è quella
delle ante a ribalta. Nel progetto tali
soluzioni devono essere supportate da
studio di meccanismi che consentano
aperture totali senza interferire con gli
spazi limitrofi.
70
CAPITOLO PRIMO
La flessibilità degli spazi tramite pareti
scorrevoli risultano molto presenti
nell’edilizia economica degli anni fra le
due guerre quando i progettisti hanno
cercato di conciliare problemi di costo,
spazio e numero di posti letto anche
collocando nella zona giorno divani
letto e letti estraibili e ribaltabili,
isolabili di notte. Attualmente non
abbiamo bisogno di incrementare il
numero dei posti letto negli alloggi, ma
gli studi di architetti importanti come Le
Corbusier, Rietveld, Brenner ed altri,
sono sicuramente un importante
esempio per la realizzazioni di cellule
abitative variabili e flessibili nelle
funzioni.
Questa celebre casa progettata da Gerrit
Thomas Rietveld, realizzata nel 1924 e
diventata manifesto architettonico del
movimento
olandese
De
Stjil,
comprende un’abitazione e uno studio
professionale, distribuiti su due piani di
circa 60mq. Al piano terra gli ambienti
di ingresso, cucina con montacarichi,
atelier e letto di servizio sono
stabilmente definiti da suddivisioni
murarie, mentre il piano superiore a
pianta libera è caratterizzato dalla
flessibilità d’uso di un unico grande
spazio variamente articolabile attorno al
fulcro centrale del complesso scala
camino. Totalmente aperto o solo
parzialmente suddiviso durante il
giorno, di notte questo spazio può essere
frazionato tramite divisori scorrevoli a
tutta altezza che danno luogo a tre spazi
notte, in parte igienicamente autonomi
per la presenza di vani lavabi, a un
soggiorno pranzo e a un disimpegno
verso la scala per le camere e per il
servizio igienico.
Fonte: G. Ottolini, V. De Prizio, La
casa attrezzata. Qualità dell’abitare e
rapporti
di
integrazione
fra
arredamento ed architettura, Liguori
Editore, Napoli 1993.
71
CAPITOLO PRIMO
8.Separazione
contigui
tra
spazi
La separazione tra spazi può avvenire in
diversi modi:
1. mediante arredi a tutta altezza, che
consentono dei passaggi e l’uso di
differenti contenitori. La soluzione
può venire adottata in tutti quei casi
in cui è richiesto un buon
isolamento acustico.
2.
Mediante schermi mobili, per i
quali non è richiesta nessuna
predisposizione. In questo secondo
caso potrebbero essere necessari
interventi sulle murature.
3.
Mediante “spalle”, ossia pareti di
dimensioni ridotte, attrezzate con
impianti o predisposizioni per
consentire l’inserimento di arredi o
di chiusure. L’interasse tra le spalle
deve essere modulare e garantire il
facile inserimento di componenti
reperibili sul mercato. Prevedere
anche zone ripostiglio, arredabili
molto semplicemente con delle ante
collocate i corrispondenza di
nicchie in muratura, consente di
attrezzare gli spazi di servizio con
costi contenuti.
Questa casa per appartamenti in affitto,
realizzata nel 1924 e progettata da
Anton Brenner mostra come l’utilizzo di
arredi come separazione tra stanze
permetta di razionalizzare gli spazi.
L’ingresso disimpegna il piccolo
servizio igienico (che attualmente non a
norma) e il soggiorno pranzo in cui sono
presenti due letti ribaltabili a nicchia (in
quegli anni necessari). Dallo spazio
comune si accede alla cucina e alla
stanza da letto matrimoniale, separata da
una parete-armadio passante.
Con questo progetto Brenner ha
ottenuto il massimo sfruttamento della
superficie
mediante
la
razionale
installazione di arredi fissi, la riduzione
ala
minimo
della
cucina,
l’accorpamento dei vani-canalizzazione.
Contenitori letti ribaltabili e attrezzature
cucina erano stati dati in dotazione con
l’alloggio e con questo sistema si
72
CAPITOLO PRIMO
intendeva
facilitare
la
mobilità
residenziale.
La realizzazione di piccoli alloggi con
arredi fissi (armadi, cucina) potrebbe
essere considerata un’ipotesi attuabile
anche ai nostri giorni soprattutto per
quel tipo di utenza che facilmente si
sposta: studenti, lavoratori, immigrati.
Fonte: G. Ottolini, V. De Prizio, La
casa attrezzata. Qualità dell’abitare e
rapporti
di
integrazione
fra
arredamento ed architettura, Liguori
Editore, Napoli 1993.
Le cellule abitative tipo realizzate da Le
Corbusier nell’edificio di Marsiglia tra
il 1947 e 1952, riassume alcuni aspetti
che abbiamo affrontato in questa
sezione dedicata all’alloggio.
Gli alloggi duplex sono completamente
sovrapposti a cavallo del corridoio
longitudinale. In essi l’ingresso, con
piccolo spogliatoio, avviene sempre in
adiacenza all’area cucina pranzo e lo
spazio soggiorno, sempre a doppia
altezza, è nella cellula inferiore unito al
pranzo,
mentre
nella
cellula
complementare è annesso alla camera
dei genitori.
I servizi igienici sono disaggregati in tre
piccoli locali, per consentire l’uso
simultaneo da parte dei vari membri del
nucleo.
Le due camere dei figli hanno ingressi
separati ma possono essere unificate
verso il fronte vetrato tramite lo
scorrimento di un ampio tratto di parete
in questo modo la necessità di privacy
cosi come la necessità di vita collettiva
possono essere soddisfatte.
Un notevole livello d’integrazione fra
architettura e arredamento è ottenuto da
Le
Corbusier
con
attrezzature
standardizzate fisse e vari vani a
giorno nei muri divisori fra gli
alloggi.
Fonte: G. Ottolini, V. De Prizio, La
casa attrezzata. Qualità dell’abitare e
rapporti
di
integrazione
fra
arredamento ed architettura, Liguori
Editore, Napoli 1993.
73
CAPITOLO PRIMO
9. Variazioni all’interno di una
superficie costante
Le variazioni che si possono verificare
nel nucleo familiare possono richiedere
differenti
soluzioni
distributive
dell’alloggio originario. Per esempio la
presenza di una persona anziana o un
figlio che diviene adulto può
comportare la necessità di individuare
all’interno dell’abitazione uno spazio
completamente autonomo, anche se in
rapporto con la cellula originaria.
In tali eventualità è necessario
analizzare in sede di progetto quali
predisposizioni consentono di variare e
moltiplicare il numero di unità senza
che si debba intervenire pesantemente
sulle murature e sugli impianti
dell’abitazione.
Dal punto di vista distributivo la
maggior difficoltà è legata alla
previsione di nuovi blocchi servizio o di
asole che consentano di incrementare il
numero di fasi successive. Tali
predisposizioni possono di per sé
costituire un costo aggiuntivo in fase
iniziale, ma consentono di adeguare
l’alloggio a nuove esigenze.
Le richieste di variabilità possono essere
molteplici, qui di fianco ne sono
schematizzate alcune che prevedono il
frazionamento della cellula in più unità
ma anche l’aggregazione di più alloggi
in origine distinti. Nel progetto di
soluzioni flessibili può essere necessario
intervenire anche sulle caratteristiche
del connettivo, sicuramente il sistema di
distribuzione che permette maggior
flessibilità è il ballatoio.
Il progetto mette a confronto due
soluzioni dello stesso alloggio in due
tempi successivi.
Dal raffronto si può evidenziare come
l’opportuna collocazione dei servizi
igienici
consente
di
frazionare
l’abitazione in due unità, con interventi
contenuti sia dal punto di vista
costruttivo che dei costi.
Fonte: Consorzio Regionale per gli
IACP,
dell’Emilia
Romagna,
in
AA.VV., “Gente, famiglie, case.
Trasformazioni sociali e demografiche e
nuove esigenze abitative”, F.Angeli,
Milano 1982.
74
CAPITOLO PRIMO
In questo progetto Europan di Jean
Msseau e Thierry Peltrault (1989)
vengono proposte cellule abitative
singole di circa 45 mq. che, grazie ad
una distribuzione a ballatoio, possono
essere addizionate in modo da creare
appartamenti per più persone in cui la
parte collettiva può essere efficacemente
messa in comune con le altre, senza
intaccare l’autonomia degli ambiti
privati.
E’ da sottolineare che l’incremento dei
servizi igienici, permette di frazionare
l’abitazione in più cellule autonome.
Fonte: AA.VV., Europan 1989, progetti
premiati, CER, Roma 1989.
75
CAPITOLO PRIMO
1.12 Il modello abitativo per utenze “deboli”
Le categorie che maggiormente risentono dell’inadeguatezza del
patrimonio esistente sono le persone anziane e quelle la cui
cultura e quindi le abitudini risultano molto diverse rispetto alla
società in cui vivono.27 Per queste fasce più deboli, dove il
disagio abitativo è più sentito, è necessaria una maggior
attenzione soprattutto a livello di sensibilizzazione politica
locale e nazionale in grado di attuare proposte progettuali più
mirate e rispettose.
1.12.1 L’anziano
E’ il gruppo sociale maggiormente danneggiato dall’attuale
rigidità d’uso del patrimonio residenziale. Spesso i livelli di
autonomia di questa categoria sociale diminuiscono per
l’inadeguatezza funzionale e dimensionale degli alloggi, dovuti
alla rigidità strutturale e alla presenza di barriere
architettoniche 28 sia interne che esterne all’alloggio. L’età
provoca una riduzione delle facoltà fisiche e psichiche, per
questo è indispensabile evitare attrezzature complesse nelle
abitazioni per anziani. Spesso a questi problemi tecnici va
aggiunto che molte abitazioni occupate da nuclei familiari
formati da una sola persona hanno a disposizione un numero di
stanze elevato rispetto ai bisogni abitativi. Quello che richiede
l’anziano non è però solo identificabile con l’accessibilità
dimensionale o l’inserimento di ausili specializzati, ma un
insieme di condizioni ambientali in grado di coniugare il
massimo livello di sicurezza e di fruibilità con la normalità di
immagine e la confortevolezza funzionale e psicologica delle
soluzioni architettoniche.
L’intervento immediato in un progetto di recupero per gli utenti
ancora autosufficienti è il trasferimento in alloggi più piccoli
collocati preferibilmente nei piani bassi con possibilità di
agevolare l’accesso e dare la possibilità di avere un minimo di
rapporto con il prossimo attraverso l’affaccio su luoghi vivi e
movimentati.
Strategie differenziate per aggredire il problema della residenza
della terza età sono già state sperimentate in Europa calibrando,
in base alle esigenze specifiche delle categorie di utenti ai quali
27
Gli stranieri provenienti da paesi con cultura e abitudini estremamente
differente da quella europea.
28
Se per i progetti ex novo non esistono problemi, grazie all’attuazione della
legge sull’eliminazione delle barriere architettoniche, molti sono gli ostacoli
per adeguare gli alloggi esistenti.
76
E’ il gruppo sociale
maggiormente
danneggiato
dall’attuale
rigidità
d’uso del patrimonio
residenziale
CAPITOLO PRIMO
è rivolto l’intervento, quantità e qualità dei servizi comuni. Da
ciò sono scaturiti innumerevoli tipi edilizi per autosufficienti e
non.
Complessi residenziali con camere comuni a due o quattro
persone, un soggiorno comune, l’alloggio e l’ufficio di un
assistente, una lavanderia centralizzata e una camera per ospitare
parenti di passaggio. Piccoli nuclei a sviluppo orizzontale per
anziani autosufficienti di 30-40 alloggi collegati a servizi
residenziali che contribuiscono a risolvere i due principali
problemi che assillano una persona anziana: la paura di sentirsi
male senza poter essere soccorso e l’angoscia della solitudine.
Tutte le abitazioni sono infatti collegate tramite un sistema di
allarme all’abitazione dell’assistente il quale si occupa di
avvertire il sistema sanitario pubblico.
Per quanto riguarda invece l’integrazione sociale viene
promosso il modello di residenza casa amichevole che permette
di trasformare gli abitanti da percettori di assistenza a
contribuenti, partecipando alle attività sociali ed economiche
della comunità29 .
Le case amichevoli adottano esperienze già in atto in Gran
Bretagna e Francia. Si tratta di individuare edifici che possono
essere suddivisi in piccoli appartamenti da dotare di parti
comuni. E’ un modello di residenza fortemente inserito in un
normale contesto residenziale, identificabile con la realizzazione
di gruppi di mini-alloggi autonomi per una o due persone di
piccole dimensioni (con diversi tagli tra i 45 e i 60 mq.) integrati
a strutture di assistenza sanitaria interne ed esterne e di un
servizio di pronto intervento che definiscono la completa
autonomia abitativa. Per garantire la massima integrazione con il
normale tessuto residenziale la migliore localizzazione dovrebbe
rivelarsi in un contesto dove siano presenti tutte le fasce d’età. I
criteri di progetto si basano su alcuni requisiti: contesto abitativo
sicuro, sistema di tutela sanitaria, sistema di servizi pubblici al
suo interno, uno sportello aperto e gestito dagli stessi residenti
(banca del tempo30 , servizio informativo), favorendo così
processi di autonomizzazione, ma soprattutto coinvolgendo
l’utente nella vita di comunità per vederlo passare da fruitore ad
agente. Da utenti gli abitanti dovrebbero trasformarsi in coprotagonisti attraverso semplici gesti di partecipazione.
Obiettivo primario della comunità è quello dell’apertura al
territorio intesa come la possibilità di creare agganci con la
realtà sociale che la circonda, nel tentativo di trasformare la
29
R.Broggi, L’innovazione nella abitazione della terza età, Milano, 18
Novembre 1998.
30
E’ una forma di volontariato nata recentemente basata sullo scambio non di
denaro ma di tempo. Questa proposta è stata messa a punto nel Contratto di
Quartiere di Vigevano. Ved. Cap.4, Il Contratto di Quartiere di Vigevano.
77
La casa amichevole
CAPITOLO PRIMO
comunità in una particolare unità abitativa inserita nelle strutture
e nei servizi della città. La casa amichevole è infatti gestita da
una persona, governante, che tiene l’amministrazione, coordina i
servizi, chiama il medico se è necessario e compie assistenza
individuale. Nella scelta del personale viene individuata la
possibilità di offrire un impiego a studenti o categorie deboli31
che, presenti a turni, consentono all’anziano una vita sociale
completamente autonoma, ma comunque assistita.
1.12.2 I requisiti dello spazio residenziale
L’articolazione tipologica degli alloggi autonomi così come
quella delle strutture residenziali per la terza età si riflette sia
sulla composizione ed organizzazione degli spazi privati e
collettivi, che sul modello di vita che vi si svolge.
Per quanto riguarda gli aspetti compositivi la completa
indipendenza abitativa che caratterizza gli alloggi autonomi si
traduce in criteri di progettazione dello spazio residenziale in
gran parte simili a quelli delle normali abitazioni.
Ad un’articolazione degli spazi interni riferibile ai tradizionali
schemi distributivi, si deve aggiungere una particolare
attenzione progettuale rivolta al corretto dimensionamento degli
spazi di manovra e dei percorsi interni secondo le esigenze di
movimento dei portatori di handicap. Altrettanto importanti
sono poi la quantità e la qualità di prestazioni offerte, oltre che
dal dimensionamento e dall’articolazione delle singole parti
dell’alloggio, dalla dotazione di elementi di arredo e di
attrezzature e tecnologie di supporto ed assistenza.
Più complessa è ovviamente la realizzazione di strutture
residenziali collettive, nelle quali la sfera individuale e privata
degli alloggi si inserisce in un sistema di relazioni spaziali a
scala più ampia.
Servizi di vita collettiva, spazi di relazione, servizi di assistenza
infermieristica e sanitaria si articolano su schemi distributivi e
sequenze spaziali che consentono, o dovrebbero consentire, un
progressivo passaggio dalla dimensione privata del proprio
alloggio a quella semi-collettiva del nucleo residenziale, sino
alla sfera più strettamente pubblica degli spazi di vita collettiva
ad uso dell’intera struttura residenziale.
31
E’ una soluzione interessante che attiva quello che si definisce rapporto
residenza/lavoro. Si pensi ad esempio alla possibilità di lavoro offerte a tutte
quelle utenze senza una condizione professionale escluse dal mercato
occupazionale. L’assistenza domiciliare da parte degli extracomunitari è già
un fenomeno corrente che potrebbe trovare in questa tipologia edilizia
risposte più soddisfacenti anche per quanto riguarda le esigenze abitative e di
socializzazione degli immigrati.
78
Le
strutture
residenziali collettive
CAPITOLO PRIMO
Seguono alcune indicazioni progettuali che riguardano:
1. L’articolazione funzionale degli spazi privati;
2. L’immagine complessiva dell’edificio;
3. Il rapporto tra spazi pubblici, semi-pubblici e privati;
4. La salvaguardia della privacy ed il rapporto con l’ambiente
circostante;
5. La personalizzazione dello spazio privato
79
CAPITOLO PRIMO
1. L’articolazione funzionale
degli spazi privati
Per quanto riguarda l’articolazione
funzionale degli spazi privati inseriti in
strutture residenziali rivolte ad ospiti
anziani, una particolare attenzione
progettuale
dovrà
riguardare
la
possibilità di aggregazione ed i margini
di flessibilità interna degli alloggi.
Dal punto di vista compositivo
l’articolazione e disposizione delle
singole parti dello spazio privato dovrà
consentire la loro aggregabilità e quindi
la possibilità di modificare o ampliare la
distribuzione interna della struttura
residenziale.
Allo stesso tempo, buoni livelli di
flessibilità distributiva e di adattabilità
delle dotazioni tecnologiche possono
permettere di adeguare le prestazioni
offerte dall’alloggio, dai suoi spazi
interni e dalle sue attrezzature, alle
variabili
e
diverse
esigenze
dell’anziano.
L’esempio riportato (Residenza per
anziani a Almere-Haven, progettista
arch. H. Herzberger, 1980/’84) mostra
come la progettazione di alloggi
modulari permetta di realizzare due
diverse tipologie di alloggi: il
monolocale ed il bilocale.
Fonte: A. Cornoldi, F. Viola (a cura di),
“Nuove forme dell’abitare”, CLEAN
edizioni, Napoli 1999.
Nella
progettazione
dell’alloggio
autonomo o della cellula abitativa si
devono tenere presenti una serie di
requisiti essenziali all’effettiva vivibilità
dello spazio da parte dell’anziano in
rapporto alla variabilità del suo livello
di autonomia fisica.
Riferimento
essenziale
della
progettazione è quindi l’analisi della
condizione anziana e dei diversi
significati che questa può assumere
secondo le diverse fasce d’età, le
diverse
situazioni
personali,
la
valutazione delle esigenze abitative
dell’anziano e della loro variabilità
secondo i diversi livelli di autonomia e
80
CAPITOLO PRIMO
la possibile evoluzione nel corso del
tempo.
L’esempio qui riportato mostra come gli
alloggi per anziani devono essere
studiati in modo tale da, con piccole
varianti dell’arredamento, poter essere
adattati
a
qualsiasi
condizione
dell’utente anziano: senza problemi
motori e psichici, con problemi motori e
con problemi motori e psichici, proprio
a causa della possibile evoluzione nel
tempo delle loro condizioni.
Fonte: Edilizia Popolare, n° 228, 1993,
pag.98
81
CAPITOLO PRIMO
L’obiettivo che ci si deve proporre è la
realizzazione di uno spazio residenziale
che rispondano alle modalità di
fruizione dello spazio proprie dell’età
anziana, ed offra un livello di qualità
ambientale specificatamente rivolto alle
esigenze abitative dell’anziano.
Ecco riassunti in questo schema le
principali esigenze dell’utente anziano:
1. La possibilità di appropriarsi di uno
spazio esterno all’alloggio dove
poter sostare a leggere o a
chiacchierare con i vicini;
2. La necessità di poter guardare,
anche sdraiato a letto, fuori dalla
finestra e di poter controllare lo
spazio di distribuzione alle cellule
abitative da diverse posizioni nel
proprio alloggio;
3. La possibilità di avere un assistenze
notturno a cui fare riferimento in
caso di necessità.
Fonte: Techniques & Architecture,
n°424, Marzo 1996, pp.58-61.
82
CAPITOLO PRIMO
1. Immagine
dell’edificio
complessiva
Nella progettazione dell’immagine
complessiva dell’edificio, si dovrà
tenere conto di criteri di progettazione
rivolti alla realizzazione di un ambiente
di vita facilmente leggibile, le cui
connotazioni architettoniche richiamino
un insieme di significati riconoscibili e
familiari.
La dimensione di vita e la scala
dimensionale del quartiere o del piccolo
centro urbano rappresentano un
riferimento di vita e consuetudini
quotidiane che favoriscono lo stabilirsi
di relazioni ed incontri personali.
La tradizionale struttura del quartiere
nella quale le abitazioni e i centri di vita
sociale sono disposti lungo strade o
attorno ad una piazza, che costituiscono
il riferimento delle attività e dei ritmi
della vita quotidiana, può avvicinarsi
concettualmente
all’articolazione
spaziale di una struttura residenziale
nella quale la sfera privata delle
abitazioni e la sfera sociale degli spazi
di vita collettiva si strutturano secondo
sequenze di progressiva privatizzazione
dello spazio (i centri di vita collettiva, il
nucleo residenziale, l’alloggio) ed
attorno a zone di sosta e riferimenti
spaziali che ritmano la successione dei
percorsi e degli spazi interni.
Si instaura in questo modo un rapporto a
scala semi-urbana tra le diverse parti
della struttura residenziale, in cui la
zona residenziale degli alloggi si
articola lungo percorsi e zone di sosta
identificabili come strade e piazze
interne, ed in cui le zone di vita
collettiva, ossia soggiorni, il ristorante,
le zone per le attività comuni, siano
collocate secondo riferimenti e nodi
riconducibili alla dimensione del
quartiere.
Questo tema “dell’analogia con il
villaggio” può essere letto in alcuni
interventi e sperimentazioni europee.
In tutti gli esempi qui a fianco riportati,
anche se con tipologie diverse (a corte, a
stecche contrapposte ed a stecche in
posizione triangolare), i percorsi a
ballatoio, da cui si accede agli alloggi,
affacciano su un grande spazio-piazza
centrale, più o meno strutturato, di uso
83
CAPITOLO PRIMO
collettivo. Gli stessi ballatoi fungono da
strade interne, non solo per la
distribuzione alle cellule abitative, ma
come luoghi di incontro e di sosta.
Fig.1: Casa protetta a New York, 1988
progetto: arch. W. Breger ass.
Fonte: F. Tosi, Una dimensione per il
futuro. Habitat e tecnologie integrate
per la terza età, Alinea, Firenze 1992.
Fig.2: Residenza protetta per anziani
Thorignè-Fouillard,
Francia
1995,
progetto: arch. Yves-Marie Maurer,
Lionel Orsi.
Fonte: Techniques & Architecture,
n°424, 1996, p.p.51-53.
Fig.3: Edilizia sociale per anziani,
Tilburg, 1995, progetto: arch. Wiel
Arets.
Fonte: Casabella, n°628, 1995, p.p.5463.
84
CAPITOLO PRIMO
3. La
salvaguardia
privacy
della
La salvaguardia della privacy alla scala
dell’alloggio e la previsione di spazi
privati destinati ad una relazione
protetta con l’esterno e con le parti
collettive dell’edificio è un aspetto
molto importante in una residenza per
anziani.
Un buon rapporto con l’esterno può
essere garantito da una collocazione ed
un dimensionamento delle finestre in
modo da poter guardare fuori anche
rimanendo distesi o seduti nel letto.
In questa residenza per anziani a
Thorignè-Fouillard-Francia, è stata
infatti posta molta attenzione alla
valorizzazione degli affacci e delle
vedute all’esterno.
Le stanze al piano terra si affacciano
con porte finestre completamente
vetrate sul giardino, mentre quelle al
piano primo si affacciano su una
balconata continua collegata al giardino
da scale che fuori escono dalle testate.
86
CAPITOLO PRIMO
La previsione di terrazze o logge
coperte per i singoli alloggi, nelle quali
curare piante e fiori e nelle quali poter
stare all’aperto in una situazione di
privacy e di protezione, rappresentano
requisiti essenziali per la qualità della
vita privata.
Nella residenza per anziani a Leibniz di
Klaus Kada, gli alloggi al piano terra
usufruiscono di un piccolo giardino
privato mentre quelli al piano primo si
protendono verso l’esterno con un
terrazzo a cui si accede a mezzo di una
grande vetrata.
Fonte: A.A.VV., Housing 9. Organicoinorganico, Etas Libri, Milano 1998.
Una particolare attenzione deve essere
riservata all’ingresso degli alloggi ed
alle zone di percorso immediatamente
adiacenti. L’ingresso della propria casa
è il confine tra la sfera privata delle
mura domestiche e la sfera delle
relazioni sociali, è il luogo in cui le
persone si salutano, in cui ci si ferma a
parlare con i vicini e può quindi
divenire un importante punto di
riferimento spaziale.
Accorgimenti progettuali come numeri
civici o segnali con i quali identificare i
singoli alloggi, porte apribili anche nella
sola parte superiore che permettano
l’affaccio sull’esterno senza “uscire di
casa”, zone di sosta per la conversazione
previste nei percorsi interni
in
corrispondenza degli ingressi e dei punti
di incontro tra le diverse direzioni,
possono diventare elementi di stimolo
alla vita di relazione.
87
CAPITOLO PRIMO
Nell’esempio qui riportato (casa per
anziani a Parigi, 1995, progetto:
Architecture Studio) i ballatoi
si
trasformano
in
strade
interne
sovrapposte e chiuse da una parete
vetrata verso la corte centrale.
Gli ingressi agli alloggi vengono
evidenziati attraverso bussole di diverso
colore
che
racchiudono
piccole
panchine in cui gli abitanti possono
sulla “soglia di casa” sedersi a
chiacchierare guardando la corte interna
verde.
Le bussole colorate concorrono in
questo modo a dare riconoscibilità
all’ingresso degli alloggi ed a definire la
zona dei ballatoi.
Fonte: Anziani nuove forme di vita
sociale, in Edilizia popolare n°255,
1998, p.p.46-53.
88
CAPITOLO PRIMO
5. La personalizzazione dello
spazio privato
Per quanto riguarda l’alloggio la qualità
della vita privata può essere favorita
curando gli aspetti di familiarità dello
spazio privato e la possibilità di
rapporto con l’esterno.
All’interno dell’alloggio si deve
prevedere
la
possibilità
di
personalizzare l’arredo, sia attraverso
l’inserimento di oggetti o mobili di
proprietà dell’utente, sia consentendo un
certo margine di scelta per le finiture e
gli accessori (ad esempio sistemi di
arredo, diverse soluzioni di colore,
disegno o materiale per tappezzerie,
pannelli di finitura….).
Nella prima tipologia di alloggio per
anziani, qui a fianco riportata, vengono
definite solo le aree di servizio (bagno e
cucina) per permettere agli utenti di
utilizzare i propri arredi.
Nella seconda
si mostra come
l’alloggio, a discrezione dell’utente,
possa essere suddiviso in più ambiti
privati oppure possa essere considerato
come un unico locale.
Fig.1: Cellula abitativa della residenza
protetta per anziani a ThorignéFouillard, Francia 1995, progetto: arch.
Yves-Marie Maurer, Lionel Orsi.
Fonte: Techniques & Architecture,
n°424, 1996, p.p.51-53.
Fig.2: Cellula abitativa della residenza
per la terza età a Nanterre, 1981,
progetto: arch. C. Lukasiewicz.
Fonte: F. Tosi, Una dimensione per il
futuro. Habitat e tecnologie integrate
per la terza età, Alinea, Firenze 1992.
89
CAPITOLO PRIMO
1.12.3 Gli extracomunitari: la nuova domanda aggiuntiva
Gli extracomunitari emigrano nelle società avanzate come
individui, o come gruppi familiari32 e, per molto tempo, sono
assorbiti dallo sforzo per sopravvivere, per ambientarsi.
In Italia si trovano ancora all’esterno o ai margini del sistema,
ma il loro numero aumenta sia per l’elevato indice di natalità
che per i richiami parentali. Portano i loro valori, i loro costumi,
i loro gusti, la loro cucina, la loro religione 33 , fino a far nascere
una nuova coscienza collettiva in grado di enfatizzare i punti in
cui le due culture convergono o si dividono.
La prima caratteristica della famiglia immigrata, generalmente
composta soltanto da genitori, dai figli è la dimensione ridotta
rispetto alla tradizionale del paese d’origine.
Un elemento che tende a relegare l’immigrato in un ruolo
passivo e ricettivo è il mancato rispetto delle identità etniche
tradizionali e culturali nella progettazione degli spazi di
accoglienza34 , che tendono ad annientare queste identità etniche
e personali.
L’incontro per questi gruppi emergenti è una necessità, lo
dimostra il continuo ritrovarsi per strada, il senso di ospitalità è
molto radicato e non sussiste il concetto di spazio privato,
lasciato un po’ in disparte in favore di un sentimento di
comunità molto ampio, aspetti che ben inquadrano le esigenze di
questa nuova categoria e soprattutto l’inadeguatezza degli spazi
che vengono occupati anche illegalmente, spesso troppo piccoli
e inadatti ai rapporti sociali.
In direzione del rispetto delle diversità etnico culturali sembra
essersi mosso l’interesse nella definizione delle strutture
residenziali che partono dal presupposto che le singole unità
abitative devono consentire un uso flessibile e polifunzionale
dello spazio, ma soprattutto basarsi su specifici modelli
culturali35 .
Con riferimento al tipo di utenza viene scartata sia l’ipotesi di
residences tradizionali, sia quella di semplice alloggio. Una
risposta insoddisfacente, anche dettata dall’emergenza abitativa
è
anche
quella
della sistemazione in albergo,
32
S. Farian Sabahi, I tre gradi dello spostamento, in Il Sole 24 ore, 7 Gennaio
1996, p.32
33
F. Alberoni, Immigrati in Italia nasceranno comunità nuove e potenti, in
Corriere della Sera 23 Novembre 1998, p.1.
34
In realtà non si può definirli spazi di accoglienza, sono spazi ai margini
della città, spesso luoghi abbandonati e degradati che impongono ancora una
volta i soggetti immigrati come attori passivi.
35
A.Tosi, Immigrati e senza casa, i problemi i progetti le politiche, Franco
Angeli, Milano, 1993.
90
La
creazione
di
comunità e l’incontro
sono una necessità per
gli extracomunitari
CAPITOLO PRIMO
soluzione piuttosto dispendiosa considerando poi che non si
possono ricevere ospiti, ne cucinare e tutto ciò non consente
all’immigrato di regolare in modo autonomo la propria vita. La
casa-albergo potrebbe costituire la risposta alle esigenze di un
tipo di immigrazione stagionale con caratteristica di
transitorietà, che implica un periodo determinato di permanenza
e non porta con sé problemi legati al ricongiungimento
familiare. La risposta abitativa rivolta al gruppo comunità deve
garantire condizioni di vita familiari tra connazionali. La
proposta progettuale dovrà basarsi su una cellula residenziale
aggregata ad altre unità dello stesso tipo o di tipo più complesso
destinate per esempio ad altre categorie d’utenza: lavoratori,
studenti, giovani coppie, anziani36 .
36
La tendenza è quella di garantire una progettazione per composizioni
sociali diversificati per innescare rapporti multigenerazionali.
91
Una risposta alle loro
esigenze
potrebbe
essere la casa-albergo
CAPITOLO PRIMO
L’esempio qui a fianco riportato
(Residenza per immigrati a Bordeaux,
1994, progetto: arch. F. Marzelle, I.
Manescau, E. Steeg.) mostra la tipologia
forse più adatta ad una residenza per
immigrati.
E’ formata da due corpi paralleli ed uno
in testata, che definiscono una lunga
corte
rettangolare,
luogo
di
distribuzione degli alloggi e degli spazi
collettivi (locale riunioni, caffetteria e
lavanderia) posti al piano terra e luogo
di ritrovo degli abitanti.
Le abitazioni (102 camere totali) sono
tutte singole di circa 13 mq. e sono
organizzate in 21 unità: cinque stanze
con bagno privato che condividono un
soggiorno /cucina all’interno di un
appartamento duplex.
92
CAPITOLO PRIMO
La necessità di privacy
viene
soddisfatta attraverso la realizzazione di
logge con affaccio verso la corte, che
concludono lo spazio individuale
(camera) e che possono essere
completamente chiuse da serramenti a
persiana in legno.
Fonte: Techniques & Architecture,
n°410. 1993, pag.68-69.
AA.VV., Housing 7-8, Etas Libri,
Milano 1997, pp.124-127
93
CAPITOLO PRIMO
1.12.4 La residenza per studenti
Il tema della residenza universitaria, degli alloggi per studenti è
stato un tema “dimenticato” dagli studi di settore e dagli studi
sociali per oltre trenta anni. Solo all’inizio degli anni novanta si
sono viste alcune novità nel settore.
Negli altri paesi europei la situazione è notevolmente diversa per
la varietà e la ricchezza delle iniziative.
La difficoltà maggiore nell’affrontare il problema della
residenza per studenti è dovuta soprattutto al fatto che non esiste
una vera conoscenza della composizione della popolazione
studentesca, non si sono avviati studi per l’analisi dei trend
evolutivi sia per la consistenza che per le caratteristiche della
mobilità.
Tutto ciò porta ad una sottovalutazione del problema ma, in
realtà, le residenze per studenti sono una interessante
opportunità sotto il profilo formativo e occupazionale.
Sotto il profilo formativo svolgono importanti azioni che gli
studenti stessi riconoscono e apprezzano: favoriscono
l’integrazione tra studenti diversi per provenienza geografica,
culturale e sociale; garantiscono spazi individuali idonei alla
privacy e autonomia e nello stesso tempo contengono strutture
capaci di stimolare gli incontri e scambi tra persone e superare,
così, la specializzazione e allargare i propri orizzonti culturali;
aiutano a sviluppare la socialità mediante la localizzazione delle
residenze in contesti urbani atti a favorire le fruizione di spazi e
opportunità culturali, formative, sportive di tempo libero e
aiutano anche a rigenerare aree ormai morte dal punto di vista
sociale.
Sotto il profilo occupazionale oggi, nelle residenze, è impegnato
personale solo per funzioni amministrative e manutentive. Si
possono creare interessanti opportunità per quanto riguarda le
attività culturali, il tempo libero negli spazi della residenza sia
per gli ospiti che per persone esterne, permettendo così agli
studenti di occupare una parte della loro giornata in attività
“socialmente utili” ed integrare l’assegno della borsa per il
mantenimento agli studi. Il coinvolgimento degli studenti nella
vita della residenza, negli altri paesi europei, è un’attività
naturale.
La residenza per studenti deve essere composta da spazio
pubblico e spazio privato e la corretta ripartizione tra questi due
ambiti deve garantire sia il necessario livello di privacy, per lo
svolgimento delle attività di studio e personali, sia la possibilità
di socializzare.
94
Le
residenze
per
studenti
svolgono
importanti azioni sotto
il profilo formativo e
occupazionale
Le
residenze
per
studenti devono essere
composte da spazi
collettivi e spazi privati
CAPITOLO PRIMO
Un altro importante elemento che aggiunge sicurezza allo
studente è la possibilità di riconoscere luoghi e spazi
significativi, cioè la possibilità di identificarsi in alcuni spazi in
cui si sente a proprio agio attraverso il rapporto con gli altri, lo
studio, le attività sociali.
In base ai bisogni (oggettivi e soggettivi), lo studente che vive
all’interno di una residenza universitaria si aspetta che possa
compiere, o gli sia data la possibilità, di compiere una serie di
attività legate alle proprie richieste.
Sulla base delle considerazioni fatte le residenze per studenti
non dovrebbero più avere la fruizione di mera ospitalità ma
dovrebbero essere un luogo di integrazione tra l’attività
didattica, lo studio e l’attività di socializzazione e formazione
personale.
I principali punti su cui la progettazione di residenze
universitarie si dovrebbe basare sono:
1. La distribuzione di residenze nell’ambito urbano per favorire
l’integrazione degli studenti nella città;
2. L’aumento della disponibilità di posti letto non solo
attraverso la costruzione di nuove strutture ma anche
attraverso il recupero di immobili esistenti (rivitalizzazione
dei quartieri monofunzionali);
3. Il superamento della casa dello studente intesa come
struttura dormitorio senza dotazioni di servizi o con la
presenza di ampi ambienti comuni in luogo di una residenza
che privilegi gli spazi privati e che nella progettazione degli
spazi comuni tenga conto delle vere modalità con cui si
intrattengono relazioni;
4. Favorire l’espletamento delle attività di base attraverso
ambienti piccoli e diffusi nella struttura anziché un unico
ambiente di grande dimensioni accentrato (ad esempio
piccole cucine al piano progettate per piccoli gruppi dove
poter socializzare);
5. Prevedere spazi singoli per lo studio e il riposo e spazi
comuni ma ristretti a piccoli gruppi;
6. Promuovere la socialità esterna consentendo rapporti con il
contesto urbano e culturale della città attraverso la
possibilità di usufruire dei servizi presenti;
7. Gli organismi residenziali di scala minore in cui la bassa
densità è in grado di garantire la vivibilità che consente alla
comunità di identificare la propria struttura e
contemporaneamente costituire una convenienza nella
gestione.
Per quanto riguarda, invece, l’organizzazione tipologica delle
residenze, è necessario identificare e progettare con attenzione i
vari spazi che la compongono:
1. Ambito privato
95
Lo studente si deve
poter identificare con
gli spazi abitativi
CAPITOLO PRIMO
2.
3.
4.
5.
Ambito semi-privato
Ambito semi-collettivo
Ambito collettivo
Ambito pubblico37
37
Riva D., Le residenze universitarie in Italia: evoluzione storica, caratteri
tipologica architettonica ed edilizia, Politecnico di Totino- Dip. Scienze e
tecniche per processi di insediamento, Torino, 1989.
A. Cornoldi, F. Viola (A cura di ), Nuove forme dell’abitare, CLEAN,
Napoli, 1999.
96
CAPITOLO PRIMO
1. Ambito privato
E’ destinato all’alloggiamento e
all’espressione
individuale
degli
studenti e costituito da spazi individuali
o familiari o interfamiliari38 . E’
l’elemento che costituisce il principio
organizzativo, dal punto di vista
tipologico, delle residenze.
Possiamo ricondurci a due modelli
principali: unità elementari costituite da
camere con o senza servizi secondo uno
schema tipicamente alberghiero; oppure
alloggi autosuffcienti composti da
cucina integrata o separata dal
soggiorno e camere a uno o due letti con
bagni in comune, secondo uno schema
tipicamente di edilizia residenziale.
Gli esempi qui riportati mostrano le
tipologie sopra descritte.
Il modello abitativo suggerito dal primo
esempio (casa per studenti a Cambridge,
1994, progetto: arch. J. Dixon, E. Jones)
è quello del normale appartamento in
cui un gruppo di quattro o cinque
studenti condivide un soggiorno/cucina
e due locali servizio.
Come si può vedere le cellule sono
essenzialmente composte da un letto,
una scrivania posti vicino alla finestra,
uno spazio a muro per l’armadio ed
un lavabo nella zona più sfavorita della
camera.
38
I luoghi privati individuali sono riferiti strettamente alla persona singola e riferiti alla sfera strettamente
personale; essi sono la stanza da letto, lo studio il bagno; i luoghi per il privato familiare familiari sono
allargati ad una ristretta cerchia di persone intimamente legate allo studente, identificabile come una sorta di
famiglia; essi sono i locali come il soggiorno, la cucina da pranzo; i luoghi per il privato interfamiliare sono
riferiti a spazi condivisi da ambiti familiari diversi e sono spazi come il soggiorno comune, locali lavatrici,
stanze da gioco ecc.
97
CAPITOLO PRIMO
Nel secondo esempio ( residenza per
studenti a Talence - Gironde, 1990,
progetto: arch. Jean de Giacinto, Alain
Loisier) viene invece rappresentata una
cellula abitativa singola autosufficiente
completa di servizio igienico e piccolo
angolo cottura. E’ da notare che, in
questa cellula abitativa, la funzione del
dormire occupa uno spazio sacrificato
rispetto all’intera unità, infatti è
decisamente più privilegiata la funzione
dello studio. Ad essa è dedicata la parte
più protetta che si affaccia all’esterno,
lontana dal passaggio degli utenti lungo
il ballatoio. La divisione fra l’ambiente
funzionale al dormire e quella
prettamente della vita giornaliera viene
attuata tramite il blocco dei servizi fisso
e l’armadio per i vestiti.
Nell’ultimo esempio (Residenza per
studenti a Graz, 1989, progetto: arch.
Klaus Kada), invece, quattro camere su
un unico livello o cinque in duplex,
condividono lo spazio cucina/soggiorno
e due bagni sdoppiati che pur essendo in
comune, non obbligano a percorsi in
spazi comuni ma solamente in piccoli
disimpegni che collegano le camere in
zone-appartamento,
soluzione
che
risulta come una sorta di mediazione tra
il rispetto della privacy ed impegni
tecnologici ed economici per dotare
ogni stanza di un proprio bagno.
A differenza del primo esempio, in
questo caso, lo spazio soggiorno è anche
lo spazio per la distribuzione delle
camere.
La seconda e l’ultima soluzione
comportano una maggior facilità
organizzativa gestionale e permettono di
responsabilizzazione il singolo utente in
rapporto ad un piccolo gruppo di
persone.
La prima soluzione, invece, garantisce
una maggior privacy.
Fonte: Fig.1 Abitare, n°356, 1996, pp.
186-188
Fig. 2: Le Moniteur, n°35, 1992, pag.20.
Fig.3:
Techniques
&Architecture,
n°410, 1993, p.p.81-83.
98
CAPITOLO PRIMO
L’esempio qui a fianco riportato
(abitazione per un giovane, Milano,
1978, progetto: arch. Cini Boeri) mostra
come piccoli spazi possono essere
ricavati per la realizzazione di alloggi
per studenti.
L’intervento riguarda la ristrutturazione
ad uso abitativo di un ambiente di 17
mq., con altezza utile di 350 cm,
presente in un vecchio edificio.
La notevole altezza e la destinazione di
una persona giovane, ha suggerito
l’installazione di un soppalco a 210 cm
di altezza, che copre un nucleo di
servizio igienico e lo spazio per il letto
che viene così a trovarsi in una nicchia.
Il basso soppalco, cui si accede tramite
una scalaetta ancorata al muro esterno
del bagno, aggiunge qualche metro
quadrato fruibile al monolocale ed
adibito a spazio letto supplementare o a
soggiorno informale.
Il
ridottissimo
spazio
residuo
comprende l’ingresso, una piccola
cucina ad L, al cui termine un piano
apribile può essere usato come scrittoio
o come tavolo da pranzo, e una parete
attrezzata a tutta altezza.
Fonte: G. Ottolini, V. De Prizio, La
casa attrezzata. Qualità dell’abitare e
rapporti
di
integrazione
fra
arredamento ed architettura, Liguori
Editore, Napoli 1993.
2.Ambito semi-privato
E’ destinato ad un gruppo ristretto di
utenti e, di solito, è lo spazio che media
l’ambito privato e l’ambito collettivo.
Ambienti tipici che possono rientrare in
questa categoria sono gli spazi attrezzati
(cucina/soggiorno) in comune per un
ristretto numero di camere, distribuite
autonomamente in un piano o in un
vano scala.
Residenza per studenti a Salzbourg,
1998, progetto: arch. Ebner et
Eckerstorfer.
Fonte: L’Architecture D’Aujour D’Hui,
n°322, Maggio 1999, pp.16-17
99
CAPITOLO PRIMO
3. Ambito-semicollettivo
In generale gli ambiti semi-collettivi
possono identificarsi con gli spazi di
distribuzione agli alloggi e che spesso
diventano veri e propri luoghi di
incontro.
L’uso del ballatoio, in particolare, come
abbiamo visto anche nelle residenze per
anziani, è sicuramente il mezzo migliore
per trasformare un semplice elemento di
distribuzione in un luogo vivo e
vivibile.
Ne è un esempio la casa dello studente
di Graz in Austria di Klaus Kada, dove
(come si può vedere nella foto
rappresentata) l’elemento connettivo del
ballatoio diventa luogo di sosta, come
terrazza per prendere il sole (grazie alla
buona esposizione sud-ovest) e talvolta
come deposito biciclette e la sua
animazione fa si che le corti vengano
percepite
come
spazi
urbani
intensamente abitati.
Il ballatoio, come elemento di
distribuzione nelle residenze speciali, è
sicuramente il modo migliore sia per
servire un numero di alloggi consistente
sia per
permettere l’incontro e la
comunicazione tra gli abitanti.
100
CAPITOLO PRIMO
4. Ambito collettivo
E’ destinato alle attività di tutta la
comunità degli studenti ospiti: mensa,
portineria,
lavanderia,
sale
polifunzionali, sale conferenze, palestre,
sale studio, ecc. A seconda della
dimensione della residenza molti di
questi servizi possono essere allargati
all’ambito pubblico, aperte cioè al
mondo esterno e favorendo così i
rapporti con il resto della cittadinanza.
E’ preferibile alloggiare gli spazi
comuni ai piani terra degli edifici in
modo che siano accessibili a tutti gli
studenti ed in modo che possano
usufruire
(quando
le
condizioni
meteorologiche lo consentano) di spazi
all’aperto.
La residenza per studenti di TalenceGironde (come si può vedere dalla
planimetria e dalla foto) definisce,
attraverso la posizione parallela dei due
edifici uno spazio collettivo all’aperto,
movimentato dalla creazione di un corso
d’acqua e dalla creazione di aiuole
verdi, che è a diretto contatto con i
locali comuni posti al piano terra.
Un altro aspetto interessante da
sottolineare è il fatto che anche alcuni
alloggi si affacciano sulla corte centrale
e quindi possono espandersi in uno
spazio esterno coperto dai ballatoi
sovrastanti.
Fonte: Le Moniteur, n°35, 1992, pag.20
101
CAPITOLO PRIMO
5. Ambito pubblico
E’ destinato all’incontro e scambio con
utenze esterne. Si tratta di quegli
ambienti prima descritti, che possono
ospitare sia l’incontro tra gli studenti
che incontri allargati alla cittadinanza e
quindi legati ad attività culturali e
sociali.
Questi spazi permetterebbero
di
favorire lo scambio con la città o con il
quartiere in cui la residenza per studenti
è situata, favorendo, dove è necessario,
la rigenerazione di aree ormai morte dal
punto di vista sociale.
L’inserimento, ad esempio, della casa
dello studente di Klaus Kada a Graz, in
un quartiere semicentrale degradato, ha
permesso di rivitalizzare l’area anche
grazie alla realizzazione di una grande
sala spettacoli e conferenze, con
annesso caffè, situata al piano terra
dell’edificio centrale e accessibile a tutti
i cittadini.
Fonte: Techniques & Architecture,
n° 410, 1993, pp.81-83.
102
CAPITOLO PRIMO
1.13 Alcuni modelli abitativi innovativi: la co-residenza e le
abitazioni multigenerazionali
La questione abitativa, da problema dominato dalla ricerca di
uniformità produttiva e uguaglianza sociale, si presenta oggi
articolato in molteplici aspetti per l’intrecciarsi di più discipline
che entrano in campo per definire un prodotto che deve
caratterizzarsi per le innumerevoli e diversificate scelte che i
consumatori possono esprimere39 . Allo stato attuale le esigenze
diversificate sono già una realtà esplicita, destinate a non
incrociarsi con una realtà abitativa in grado di soddisfare bisogni
così specifici. Alla definizione dei modi di fruire lo spazio
abitativo partecipano infatti fenomeni complessi: la costante
evoluzione della famiglia in termini di composizione e
dimensione, i nuovi rapporti al suo interno e le trasformazioni di
costume.
La necessità è quella di disporre di alloggi capaci di adattarsi e
trasformarsi nell’arco temporale di sviluppo del nucleo
familiare, oltre che al mutare delle esigenze e quindi della
domanda, nella logica che il bene casa deve durare il più
possibile nel tempo. L’esigenza di far convivere modi di essere
tanto
diversi
impone
all’interno
dell’abitazione
la
determinazione di aree articolate, ma estremamente indipendenti
tra di loro. Inoltre con il passare del tempo mutano le condizioni
delle famiglie stesse40 che rendono l’uso della casa inadeguato a
meno di una progettazione che tenga conto di questo con uno
studio approfondito sulla possibile flessibilità dell’alloggio.
39
Assumendo come dati i molteplici aspetti che concorrono a definire gli
utenti attuali delineati al capitolo primo.
40
Figli piccoli, poi adolescenti, quindi adulti che abbandonano il nucleo
familiare per formarne uno proprio.
103
CAPITOLO PRIMO
1.13.1 Il modello di co-residenza 41
L’emergere di una nuova domanda sociale e il desiderio di un
abitare più ricco di relazioni interpersonali, anche per utenti
senza aggettivazioni particolari42 , colloca il rapporto tra i servizi
e l’alloggio all’interno di una ricerca verso una nuova qualità
dell’abitare.
In passato gli sforzi per realizzare abitazioni più corrispondenti
al tipo di utenza hanno prodotto residenze speciali per ogni
gruppo sociale al quale veniva riconosciuto diritto d’identità. Le
strategie di accentuata differenziazione e specializzazione delle
tipologie abitative speciali per particolari utenze presentano
tuttavia due possibili rischi: potrebbero finire per costituire un
fattore di ulteriore emarginazione e potrebbero dimostrarsi
eccessivamente rigide e poco flessibili rispetto a una domanda
abitativa in evoluzione.
La tipologia qui descritta assume come riferimento alcuni
caratteri delle residenze speciali43 , la definizione di standard
abitativi differenziati e l’incremento degli spazi abitativi ad uso
collettivo, ma superato il concetto di residenza per tipo di utenza
si
propongono
interventi
multigenerazionali44 .
La
multigenerazionalità può essere la chiave per evitare i fenomeni
di reclusione e ghettizzazione sociale. Il programma di coresidenza è il modello abitativo che si potrebbe assumere come
esempio. E’ l’aspirazione a un nuovo modo di vita che non
riguarda solo i settori più deboli della popolazione che possono
essere oggetto di interventi particolari, ma che coinvolge tutti
coloro che possono sentire il bisogno di equilibrio più bilanciato
tra privato e collettivo.
Desiderare contatti con generazioni diverse dalla propria
significa rendersi conto di quanta importanza rivesto la socialità
e l’incontro a fronte ad esempio della parcellizzazione e
dell’isolamento dei tradizionali soggiorni. Gli interventi di coresidenza non sono interventi per persone speciali, ma interventi
di tipo innovativo dove la comunità residenziale è l’estensione
del privato e luogo per attività di socializzazione.
41
A. Saggio, Co-residenza. Nuove famiglie e progettazione della casa, in
Edilizia Popolare n°228, 1993, p.4.
42
La nuova strategia di intervento propone di considerare come categorie
speciali, interessate cioè da un progetto specifico, anche gli utenti che la
normativa ha invece relegato dietro interventi omogenei.
43
Si sfruttano gli studi tipologici sulle residenze speciali effettuati negli anni
passati per estrapolare alcuni caratteri prestazionali da utilizzare nel progetto
di recupero.
44
Riequilibrio sociale attraverso utenti di fasce d’età differenti è requisito
indispensabile per combattere il degrado di molti quartieri dove la
concentrazione di alcune fasce d’età comporta fenomeni di ghettizzazione.
104
La
multigenerazionalità
può essere la chiave
per evitare fenomeni di
reclusione
e
ghettizzazione sociale
Che cos’è
residenza?
la
co-
CAPITOLO PRIMO
In Danimarca il modello abitativo della co-residenza ha oggi un
impatto crescente e diventa un’occasione di applicazione per
architetti capaci interagire in una dinamica che vede i futuri
residenti che si organizzano in gruppi e associazioni, scrivono il
programma, assumono l’architetto, trovano il finanziamento,
partecipano al processo progettuale e a volte a parte della
costruzione.
In Svezia, invece, il modello di abitazioni collettive, si è andato
caratterizzando come intervento “multigenerazionale” e
“plurifamiliare” con annessi servizi di supporto: questo modello
prevede la permanenza dello spazio privato degli alloggi
(compreso quello del soggiornare e cucinare) ma pianifica
strettamente la connessione tra spazio privato e spazi di uso
collettivo dei quali il più importante consiste negli ambiti per
preparare i pasti e mangiare in comune.
I vantaggi di questo modello abitativo comporta un aumento di
qualità sociale delle relazioni nell’intervento. La presenza di
anziani che rappresenta una componente essenziale della
multigenerazionalità, garantisce una presenza di attività e di
persone durante i giorni feriali e utilizzo efficiente dei servizi
residenziali. La multigenerazionalità dell’utenza modifica infine
il concetto tradizionale di casa di riposo trasformando l’anziano
in soggetto attivo accanto ad altre categorie di cittadini.
Nell’esperienza svedese assumono notevole importanza sia le
cooperative che l’Amministrazione pubblica: gli alloggi sono
dati in affitto o sono di proprietà dell’ente mentre i servizi
collettivi sono o previsti da organizzazioni e agenzie esterne o
gestiti dagli affittuari stessi. Questa differenziazione di gestione
caratterizza i due modelli basilari di intervento: il service
management e il tenant management, Nel primo gli utenti preacquistano buoni che consentono l'utilizzo dei servizi che sono
gestiti attraverso mano pubblica, nel secondo la comunità
residenziale li gestisce in proprio con sistemi volontaristici o
cooperativi.
Il service management, di conseguenza, è più propriamente
applicato ad interventi pubblici su larga scala e risponde
all’obiettivo di rendere i servizi sociali disponibili anche al resto
del quartiere, mentre i progetti più piccoli usufruiscono
generalmente del tenant management e portano avanti le
tematiche più proprie dell’abitare con servizi collettivi.
Il problema più discusso, anche dopo anni di sperimentazione,
resta quello della scala di intervento, tema strettamente legato
alla gestione dei servizi. Se il progetto è di dimensioni limitate
infatti si ha il vantaggio di una maggior familiarità dei residenti,
ma anche lo svantaggio di un troppo limitato numero di persone
per rendere economicamente fattibile la gestione. Se dall’altra
105
I
vantaggi
delle
abitazioni
multigenerazionali
Esistono due tipologie
di gestione: Service
management e tenat
management
Il Service management
Il tenat management
CAPITOLO PRIMO
parte, il progetto è su larga scala i residenti possono usufruire di
numerose iniziative, ma allo stesso tempo può insorgere la
sensazione di appartenere più ad un istituto più che a una casa.
Il modello di integrazione generazionale reca comunque
vantaggi sociali indiscussi a tutte le categorie: per la persona
sola facilita opportunità di scambio e l’organizzazione
domestica; alle famiglie con bambini piccole o alle madri sole
con bambini risolve i problemi giornalieri legati alla loro
custodia in un contesto ricco di scambi e di conoscenze; agli
anziani e ai disabili offre la concreta possibilità di diventare
membri attivi di una comunità allargata.
Sulla base di esperienze straniere è possibile definire alcuni
criteri per la progettazione di co-residenze:
1. Composizione per fasce d’età;
2. Composizione per unità domestiche;
3. Adattabilità dell’alloggio;
4. Partecipazione 45 .
Un complesso do co-residenza deve rispondere ad esigenze,
funzionalità e configurazioni diverse.
Il successo dell’intervento dipende, in buona misura, dalla
comprensione delle domande che convergono nei diversi spazi e
dalla pertinenza delle risposte progettuali che vi vengono
trovate.
Per fornire una struttura di riferimento a questa problematica è
utile distinguere sette tipi di spazio residenziale che vanno da
quello di contiguità tra complesso residenziale e città sino a
quello dell’igiene individuale (spazi pubblici, collettivi, semicollettivi, semi-privati, privati di nucleo, privati di servizio,
privati individuali). Come criterio fondamentale per distinguere
uno spazio da quello successivo è utile ricorrere al parametro del
“controllo”, in altre parole, i vari spazi residenziali si
distinguono per il numero di persone che esercitano una
funzione di controllo sullo spazio.
E’ necessario quindi porre molta attenzione nella progettazione
di:
1. Integrazione tra sfera privata e collettiva;
45
L’esperienza degli altri paesi dimostra che il coinvolgimento degli abitanti
è essenziale. In Svezia e Danimarca, ad esempio, i futuri utenti vengono
selezionati da speciali liste comunali e vengono scelti in base alle loro
potenzialità di arricchire il quadro generazionale e sociale dell’intervento. La
co-residenza richiede una coesione volontaristica e presuppone il formarsi di
gruppi di gestione che si occupano dei diversi aspetti dell’operatività del
complesso. E’ comunque da tutti segnata l’importanza dell’attivo
coinvolgimento degli utenti alla progettazione e alla corresponsabilizzazione
delle decisioni fondamentali.
106
CAPITOLO PRIMO
1. Spazi collettivi;
3. Spazi semi-collettivi;
4. Spazi semi-privati.
107
CAPITOLO PRIMO
1.Composizione per fasce d’età.
Una singola fascia d’età non deve
superare il 40% per non precostruire
una situazione di dominanza troppo
marcata. A scopo esemplificativo si
possono fornire due casi di riferimento:
co-residenza prevalentemente rivolta
alla terza età (40% persone sopra i 65
anni, 25% persone tra i 25 e i 45 anni,
20% persone tra i 45 e i 65 anni, 15%
persone al di sotto dei 25 anni); coresidenza prevalentemente rivolta alla
seconda età (30% abitanti tra i 25 e i 45
anni, 15% abitanti tra i 45 e i 65 anni,
35 % sotto i 25 anni, 20% sopra i 65
anni).
2.Composizione
domestiche 46 .
per
unità
Una suddivisione indicativa tra i vari
tipi di unità domestiche può essere la
seguente: 35% unità domestiche
biparentali47 con figli, 10% unità
domestiche allargate48 , 20% unità
domestiche aggregate49 , 15% unità
domestiche monoparentali50 , 20% unità
domestiche individuali51 . A queste
possibili suddivisioni possono far capo
tagli di alloggi congruenti, ad esempio:
35% di alloggi a tre camere da letto,
10% di alloggi di quattro o cinque
camere da letto, 35% alloggi di due
camere da letto, 20% di alloggi di una
camera da letto.
46
A. Saggio, Co-residenza. Nuove famiglie e progettazione della casa, in Edilizia Popolare n°228, 1993, p.4.
Si intende una famiglia classica con figli o senza figli.
48
Si intende un nucleo dove diverse persone legate da parentela convivono anche con i rami collaterali: zii,
cognati o con figli sposati seguendo il modello della famiglia allargata
49
Si intende persone che convivono insieme senza legami di parentela.
50
E’ un nucleo composto da un solo genitore con figli.
51
E’ un nucleo composto da una sola persona.
47
108
CAPITOLO PRIMO
3.Adattabilità dell’alloggio .
La progettazione dell’alloggio ha quale
criterio fondamentale la ricerca verso la
sua adattabilità che si deve esplicare in
due caratteristiche fondamentali:
la flessibilità ( due distinte
possibilità di arredo per ciascun
ambiente e la possibilità di usi
alternativi di alcune stanze);
-
la trasformabilità ( la possibilità
dell’alloggio
di
crescere
o
diminuire al variare delle esigenze).
Fonte: Studi di cellule trasformabili e
flessibili in A. Cornoldi, F. Viola (a cura
di), “Nuove forme dell’abitare”,
CLEAN edizioni, Napoli 1999.
109
CAPITOLO PRIMO
1.Integrazione tra sfera privata
e collettiva.
Un intervento di co-residenza si
prefigge di avere un passaggio graduale
tra spazi di diversa pertinenza allo scopo
di integrare la sfera privata da quella
collettiva. Per quanto riguarda i sistemi
insediativi e distributivi si privilegiano
sistemi insediativi basati sulla continuità
tra edificato e spazi e sistemi distributivi
a percorso pensile.
Nel modello abitativo della co-residenza
di Jystrup, Danimarca, 1984, (progetto:
arch. Tegnestuen Vandkunsten) la
distribuzione agli alloggi avviene
tramite una strada interna coperta da
lucernari di vetro, che funge da
estensione esterna delle attività della
casa. Il percorso
è attrezzato con
panchine ed aree gioco dei bambini, e la
cucina essendo adiacente al percorso di
distribuzione permettendo il continuo
controllo dei bambini.
La strada ha quindi una funzione di
integrazione tra la sfera privata
(alloggio) e gli spazi collettivi che si
trovano sia all’incrocio dei due percorsi
coperti (sala comune) che in alcuni
punti lungo il percorso (lavanderia,
laboratori…)
Fonte: Edilizia popolare, n°228, 1993,
pag. 6.
2.Gli spazi collettivi.
Sono servizi, luoghi e percorsi realizzati
nel complesso residenziale a cui
possono accedere, senza nessun
controllo, tutti gli abitanti del
complesso. Il rapporto percentuale tra
spazi collettivi e spazi privati può
variare dai 10 mq. di spazi comuni per
ogni alloggio ai 30 mq. a seconda dei
casi e delle esigenze.
I servizi collettivi, mantenuti e gestiti
dalla collettività residenziale, sono
indispensabili per lo sviluppo della vita
di molti utenti, e possono essere
parzialmente finanziati da fondi ad essi
110
CAPITOLO PRIMO
destinati, ma riguardano l’intera
comunità residenziale.
Devono essere in genere posizionati in
zone baricentriche in modo che siano
accessibili a tutti gli abitanti (vedi caso
esempio precedente).
Indicazioni gestionali. Per questo
tipo di servizi si presuppone
l’utilizzo almeno saltuario di tutti
gli abitanti del complesso. Ciò
presuppone la creazione di un
comitato di gestione che determini
mansioni, responsabilità e turni
precisi. Per alcuni servizi che
corrispondono a numero di abitanti
elevato si può ricorrere alla
gestione di terzi di alcune attività
speciali (lezioni di musica, babysitting…).
3.Spazi semi-collettivi .
Si tratta di servizi, dei luoghi aperti, dei
percorsi e dei disimpegni definiti da un
sotto-gruppo di abitazioni cui possono
accedere senza alcun controllo gli
abitanti di quel gruppo di alloggi.
Fondamentale tema di progettazione a
questa scala è la caratterizzazione dei
raccordi tra i servizi e gli alloggi.
Alloggio,
disimpegno,
verde
di
immediata pertinenza e servizio semicollettivo devono dividere un tutto
organicamente pensato e la relazione tra
il primo e l’ultimo non dovrà essere
interrotta da elementi che possano
costituire barriera psicologica o spazi di
nessuno. La progettazione di questi
ambiti deve mirare a un arricchimento
funzionale dei luoghi in origine
concepiti
come
disimpegni
esclusivamente distributivi.
Il carattere informale degli spazi semicollettivi ha il vantaggio di permettere
un utilizzo senza mediazioni esterne al
gruppo di abitanti che vi gravita, ma può
essere contemporaneamente, fonte di
inconvenienti.
Primo fra tutti la possibile conflittualità
tra famiglie per la privatizzazione del
servizio o il degrado dello spazio
considerato come terra di nessuno. La
comprensione in sede progettuale di
questi
potenziali
problemi
deve
risolversi nella capacità di definire gli
111
CAPITOLO PRIMO
spazi sia come punto d’incontro tra
diversi nuclei sia come “privata
estensione” dell’alloggio. Nel primo
caso si tratterà di localizzare attrezzature
e spazi che non possono esistere nella
casa, ma che è logico ed economico
dividere, nell’altro caso si tratterà di
fornire elementi di arredo che devono
essere
personalizzati
e
gestiti
singolarmente.
Nell’immagine
casa
Collettiva
Tubberupuaenge II, 1989, Copenaghen
Fonte: Edilizia popolare, n°228, 1993.
4.Spazi semi-privati.
Si tratta degli elementi filtro tra alloggio
ed esterno gestiti privatamente ma
percepiti dallo spazio semi-collettivo.
Sono luoghi a cui possono accedere,
senza alcun controllo, solo gli abitanti
del singolo nucleo abitativo. Gli spazi
semi-privati
possono
dare
genericamente all’esterno oppure essere
collocati lungo un percorso in quota. La
presenza di questi spazi è essenziale in
un progetto di co-residenza perché
permettono quel flusso graduale che
porta dal privato al collettivo sia dal
punto di vista sociale che da quello
architettonico.
La gestione è completamente a cura dei
singoli utenti, ma, nel caso della coresidenza, è utile che alcune regole
comuni siano decise dall’insieme degli
abitanti.
In questo esempio di co-residenza a
Goteborg - Svezia sono stati creati
alcuni spazi a doppia altezza ad uso
limitato dei nuclei familiari che hanno
gli alloggi e gli ingressi in adiacenza a
questo locale.
Questo è un esempio di ambito semiprivato poiché funge da filtro rispetto
all’abitazione e, allo stesso tempo può
essere utilizzato da un numero ristretto
di famiglie.
Nell’immagine
Casa
Collettiva
Rulltartan,
1989,
Goteborg-Svezia,
progettista B. end B. Lindstrom.
Fonte: Edilizia popolare, n°228, 1993,
pag. 14.
112
CAPITOLO PRIMO
Gli alloggi delle co-residenze e più in generale lo spazio privato
in dotazione ad ogni nucleo familiare, non corrisponde al
ridottissimo “minimum habiter” funzionalista bensì pur se al di
sotto dello standard di riferimento, è comunque in grado di dare
efficace risposta alle esigenze dell’abitare.
Il nucleo familiare non è in questo modo obbligato o indotto
forzatamente ad usufruire degli spazi comunitari a causa
dell’eccessiva esiguità dello spazio privato e delle attrezzature
poste all’interno dell’alloggio.
Il nucleo familiare è libero di scegliere, di volta in volta, a
seconda delle esigenze l’utilizzo o meno degli spazi comunitari
che in ogni caso vengono vissuti come una vera e propria
espansione dell’alloggio.
Gli spazi comunitari così definiti si caratterizzano sia per le
dimensioni contenute, che ne consentono una più semplice
gestione ed arredabilità, sia per la risposta ad esigenze ed attività
diverse richieste dai nuclei familiari da insediare.
Non solo quindi il consueto spazio cucina-soggiorno-pranzo, ma
anche la camera per il gioco dei bambini (che, qualora siano
presenti anziani o studenti disposti a prendersi cura dei bambini
può trasformarsi in un vero piccolo asilo), la lavanderia, la
camera per lo studio e l’hobbistica sino alla camera per
eventuali ospiti.
La socializzazione di talune attività dell’abitare ed in particolare
quelle emergenti dai nuovi modi di vita (lavoro in casa,
hobbistica..) può sicuramente costituire una possibile risposta
alle sempre più varie esigenze dell’abitare.
In Italia la ritrosia degli operatori a percorrere strade diverse
dalla norma, ad investire progettualmente nella ricerca di nuove
risposte volte ad individuare forme di abitare più socializzanti è
in genere motivata dalla difficile gestione degli spazi
comunitari.
E’ evidente che sperimentazioni in tal senso sono
imprescindibilmente legate alla preventiva individuazione di
nuclei familiari interessati a questa diversa filosofia dell’abitare.
Sperimentazioni edilizie mirate potrebbero costituire un efficace
obiettivo strategico utile non solo per calibrare il tema della
realtà sociale italiana, ma anche per sensibilizzare maggiormente
l’utenza sulle potenzialità degli spazi comunitari come risposta
alle esigenze legate al lavoro, studio e svago che emergono dai
nuovi modi di vita e abitare.
113
CAPITOLO SECONDO
CAPITOLO SECONDO
L’esperienza francese nel campo della riqualificazione:
linee-guida ed analisi di casi studio
114
CAPITOLO SECONDO
Nota introduttiva
I quartieri di edilizia economica e popolare in crisi, quartieri in cui il
degrado fisico degli edifici e dell’ambiente è affiancato da fenomeni di
disagio, di povertà e di esclusione sociale, sono ormai in tutti i paesi
industrializzati, un tema fondamentale del dibattito sulle città e sulle
politiche urbane.
Negli anni ’90 in Europa si sono sviluppate nuove politiche pubbliche
che si allontanano dalle tradizionali politiche di riqualificazione basate
semplicemente sul recupero edilizio e il miglioramento urbanistico, ma
che riconoscono il degrado di questi quartieri come l’esito di processi
sociali di esclusione ed affidano la loro riqualificazione soprattutto a
progetti di “sviluppo sociale”.
Alle politiche viene assegnato il compito di rompere il circolo vizioso
dell’esclusione sociale, di contrastare i processi di stigmatizzazione che
colpiscono questi quartieri.
Un modello comune alle diverse esperienze europee è quello dell’azione
locale integrata (collaborazione tra diversi attori, partecipazione degli
abitanti e delle istituzioni in loco), che ha rappresentato in Europa, in
questi ultimi anni, una componente fondamentale della lotta contro la
povertà e l’esclusione sociale.
In Italia la cultura della riqualificazione, che si muove sotto un’ottica
totalmente urbanistica/edilizia, ha fino ad ora emarginato dal dibattito
l’ipotesi di una riqualificazione intesa anche come “progetto sociale”, con
conseguenze preoccupanti quando la riqualificazione si applica a
situazioni più gravi dove la concentrazione dei fenomeni problematici è
particolarmente forte.
Oggi il tema della riqualificazione come progetto / sviluppo sociale locale
sta emergendo anche in Italia nel dibattito sui quartieri degradati, grazie
all’istituzione dei Contratti di Quartiere che hanno introdotto
un’apertura verso la prospettiva sociale e che potrebbero essere
un’opportunità per dare una svolta al concetto di riqualificazione.
Il dibattito sulla riqualificazione dei quartieri degradati apre quindi una
nuova riflessione sulle modalità e metodologie d’intervento attraverso cui
conferire qualità alla vita e qualità all’abitare di questi quartieri.
In quest’ottica, la ventennale esperienza francese nel recupero delle
periferie mi ha permesso di:
1. analizzare le metodologie attuate dall’Amministrazione pubblica nei
quartieri di edilizia economica e popolare;
2. attuare un confronto con quelle italiane;
3. definire delle linee – guida procedurali per la riqualificazione.
115
CAPITOLO SECONDO
In particolare il confronto ha riguardato:
• le metodologie di programmazione degli interventi di
riqualificazione;
• gli attori coinvolti;
• il ruolo degli abitanti;
• i programmi gestionali;
• l’organizzazione degli interventi da parte degli operatori e delle
imprese;
• il progetto architettonico (alloggi, spazi esterni);
• la valutazione del risultato in termini architettonici, urbanistici,
gestionali e sociali
L’ipotesi è stata che l’ormai consolidata esperienza francese con i
riaggiustamenti progressivi che l’hanno contrassegnata, poteva fornire
indicazioni metodologiche ed operative di grande utilità per la
riqualificazione dei quartieri degradati nel contesto delle città italiane.
116
CAPITOLO SECONDO
2.1 Le principali tappe della riqualificazione in Europa: Francia,
Inghilterra e Italia
Visto le premesse, prima di analizzare più approfonditamente il caso
francese, può essere opportuno fare un breve excursus cronologico
delle principali leggi e programmi per la riqualificazione avviati in alcuni
paesi europei negli ultimi vent’anni, così da avere un quadro di
riferimento con cui confrontare l’esperienza italiana.
In Francia e nel Regno Unito, così come nella maggior parte dei paesi
Europei nell’ultimo ventennio, le periferie sono state assunte come tema
centrale dalle amministrazioni pubbliche, dai sociologi, dai politici e dai
mass-media: quartieri a rischio, ghetti urbani, quartieri degradati sono
alcuni delle definizioni che riflettono questo panico morale che si diffonde
nella società.
A partire da ciò le politiche di riqualificazione abitativa hanno assunto un
ruolo specifico e determinante per la risoluzione dei problemi sociali, ed
hanno sviluppato un approccio integrato che privilegia il livello locale e la
partecipazione degli abitanti al processo decisionale, per raggiungere una
riqualificazione “fisico - sociale”.
2.1.1 La Francia
La riqualificazione del patrimonio di edilizia sociale si colloca in Francia
in un programma di “réhabilitation” dell’habitat iniziato circa vent’anni fa.
Gli interventi sulle abitazioni costruite nell’ambito dei programmi di
edilizia sociale sono iniziati negli anni ’70.
1971-76- Il Governo inizia a considerare seriamente il degrado fisico e
sociale dei quartieri con la conseguente messa in discussione dei principi
informatori del modello di urbanizzazione delle ZUP.1
1977 - Viene istituito un programma di intervento che prende il nome di
Habitat et Vie Sociale (HVS) per effettuare la riabilitazione dei grands
ensembles urbani periferici particolarmente degradati, con gli obiettivi di:
- elevare il confort individuale e collettivo tramite interventi tesi a
migliorare la qualità degli alloggi, delle parti comuni, degli spazi pubblici
e dell’ambiente;
- favorire lo sviluppo della vita sociale dell’insediamento;
1
Zones à urbaniser en priorité, istituite nel 1958.
117
CAPITOLO SECONDO
- favorire e sviluppare una migliore integrazione dell’insediamento nel
contesto urbano;
- favorire la partecipazione degli abitanti.
1981 - Viene istituita la Commission National pour le
Développement Social des Quartieres2.
La commissione DSQ amplia il campo di intervento della HVS e parte
dall’idea di attuare una politica più efficace che consiste nell’agire sulle
cause del degrado oltre che sul degrado stesso, intervenendo
contemporaneamente nel campo dell’occupazione, dell’educazione, del
reinserimento sociale e professionale, così come in quello delle attività
culturali e sportive.
1982 - La commissione avvia delle operazioni pilota in sedici quartieri,
alcuni dei quali già interessati da operazioni HVS.3
1984 - Nasce il Comité interministeriel à la ville che ha il compito di
coordinare le azioni dello Stato nelle aree periferiche.
1985 - La CNDSQ sviluppa dei contratti con le regioni, i comuni, le
HLM e i prefetti per riqualificare i quartieri nell’arco di cinque anni. I
progetti vengono sviluppati attraverso i comuni ed introducono iniziative
sociali e la partecipazione degli abitanti ottenendo buoni risultati.
1989 - Nasce la Délégation Interministérielle à la Ville (DIV), con il
compito di collegare il programma DSQ ad altre istituzioni, tra cui una
commissione speciale per combattere la delinquenza ed organizzare
programmi di educazione, con lo scopo di riunire tutti i Ministeri
interessati ai quartieri ed ai loro problemi sociali, fisici ed economici.
La Délégation Interministérielle à la Ville è supportata da una
divisione interparlamentare con una politica fortemente centralizzata.
1990 - Viene approvata la Loi du Droit au Logement . L’Unione
Nazionale degli HLM, con il supporto della Caisse des Dépots dà il via
ad un programma sperimentale, per 43 quartieri, di inserimento sociale
ed economico.
Questa iniziativa propone di inserire i giovani nel mondo del lavoro
attraverso iniziative che vengono avviate nei grands ensembles. In due
anni circa 5000 residenti trovano lavoro negli stessi quartieri.
1991 - Il consiglio dei Ministri approva la Loi d’Orientation pour la
Ville.
Gli obiettivi della legge sono molteplici:
2
Commissione nazionale per lo sviluppo sociale dei quartieri. E’ presieduta dal
1981 al 1983 da Hubert Dubedout, già sindaco di Grenoble e da sempre interessato
allo sviluppo dei quartieri problematici. Nel 1983 gli succede Rodolphe Pesce.
3
Si tratta di nove quartieri: Les Minguettes a Vénissieux, Le-Haut-du-Lièvre a
Nancy, i grands ensembles di Orly Choisy, Montchovet a Sant-Etienne, Le
Neuhoff a Strasburgo, il Mistral a Grenoble, il Plateau Rouher a Creil, la Monnaie a
Romans, Dreux.
118
CAPITOLO SECONDO
- garantire ad ogni cittadino il diritto alla casa in un quartiere che offra i
servizi necessari per la vita quotidiana;
- evitare che le famiglie a basso reddito vengano escluse dai centri delle
città e contemporaneamente evitare che i grands ensembles si
trasformino in ghetti.
Le linee guida della legge sono quattro:
- riequilibrio dell’offerta di alloggi sociali tra i comuni;
- mantenimento di un habitat a vocazione sociale all’interno dei quartieri
storici;
- reintegrazione dei grands ensembles nella vita della città;
- rafforzamento degli strumenti per la gestione dei suoli.
Viene istituito il Ministère de la Ville e a livello amministrativo viene
istituita la carica di vice - prefetto, con il compito di provvedere
all’attuazione pratica delle politiche decise dal Ministero, a riprova del
fatto che gli strumenti istituzionali vengono via via affinati sulla base delle
nuove esigenze emerse.
1993 - Compare una nuova procedura, il Contrat de ville, nell’ambito
del nuovo dispositivo Developpement Social Urbain (DSU) che
rappresenta un cambiamento di scala rispetto alla riqualificazione, poiché
si rivolge all’agglomerazione urbana anziché ai singoli quartieri.
L’intento è quello di arrivare ad interventi che tengano maggiormente
conto della complessità della città, della sua articolazione e dei suoi
equilibri e che applichino strategie efficaci di lotta contro i processi di
esclusione.
Recentemente è stato avviato un processo di valutazione dell’efficacia
degli interventi effettuati, promosso sia dalle HLM, sia dalle collettività
locali, sia dalle Regioni4.
2.1.2 Gran Bretagna
Sebbene in Gran Bretagna il problema della riqualificazione sia stato
oggetto di legislazione da più di un secolo, fino alla seconda metà degli
anni ’60 non era stata promulgata alcuna legge riguardante
espressamente il recupero delle abitazioni o quartieri degradati. Erano
infatti molto più diffuse le operazioni di rinnovo e sostituzione.
1966 - Viene istituito il Local Government Act che comprende alcuni
programmi riguardanti il miglioramento del servizio scolastico e dei
trasporti, nei quartieri investiti da ingenti fenomeni di immigrazione e
spesso teatro di gravi tensioni sociali e razziali.
4
Come il caso della Regione PACA (Provences, Alpes Maritimes, Cote d’Azur)
119
CAPITOLO SECONDO
1968 - Il Ministry of Housing and Local Government 5 pubblica il
White paper Old Houses into New Homes, nel quale si ipotizza
l’abbandono degli interventi di demolizione - ricostruzione a favore del
riuso, in seguito alle critiche formulate dagli Enti Locali.
1969 - Approvazione dell’Housing Act, nel quale viene adottata la
prassi di suddividere il territorio nazionale in aree di intervento
privilegiato delimitate dagli enti locali, sulle quali concentrare i maggiori
sforzi di riqualificazione urbana: le General Improvement Area6 (GIA).
1970 - Viene creato il Department of Environment (DoE), con
delega sui trasporti, la casa, il governo locale, l’ambiente, l’uso del suolo
e la pianificazione regionale, destinato a diventare la massima autorità
inglese in materia di pianificazione economica e territoriale, di recupero e
riqualificazione urbana.
1972 - Attraverso un’azione di monitoraggio iniziata già nel 1969
vengono promossi gli Inner area studies, con lo scopo di analizzare i
problemi delle inner cities, seguendo il metodo dell’ “approccio
globale”. Queste indagini prendono in esame aree piuttosto estese, nella
convinzione che emergessero con maggior chiarezza le interrelazioni fra
diverse problematiche connesse al degrado fisico e sociale delle inner
cities.
1974 - Viene promulgato l’Housing Act con cui vengono aumentati e
potenziati i programmi di finanziamento, accessibili alle categorie più
disagiate, finalizzati alla ristrutturazione degli alloggi e ad istituire nuove
aree di intervento privilegiato.
1978 - Grazie all’Inner Urban Area Act il problema del degrado
urbano inizia ad essere affrontato partendo dalla rivitalizzazione
economica e non soltanto dalla risoluzione dei problemi sociali. Anche
l’Urban Programme dello stesso anno è volto ad incentivare gli
investimenti ridefinendo il ruolo dell’amministrazione pubblica e a
garantire le condizioni ideali per gli investitori privati, nel campo
residenziale.
1980 - L’Housing Act avvia un processo di alienazione del patrimonio
residenziale pubblico con l’introduzione del Right to Buy7 a favore degli
inquilini di alloggi sociali, a condizioni molto vantaggiose per i possibili
acquirenti.
1979-84 - Priority Estates Project: istituito dal governo in
collaborazione con gli enti locali è un programma che cerca di
riqualificare i quartieri degradati attraverso investimenti pubblici.
5
Ministero della casa e degli Enti Locali.
Letteralmente “area di riqualificazione generale”.
7
Letteralmente significa “diritto di acquistare”. Tale iniziativa, che fu potenziata
negli anni successivi, riscosse molto successo.
6
120
CAPITOLO SECONDO
1985 - Viene avviato un altro programma, Estate Action, che punta
ad aiutare le amministrazioni locali nella trasformazione dei quartieri
d’habitat sociale, fornendo loro le risorse per affrontare il miglioramento
fisico, la gestione degli alloggi e per creare opportunità per la
formazione/scuola o le imprese.
1988 - L’Housing Act istiuisce le Housing Action Trust (HATs) che
prendono a modello le UDCs8 per quanto riguarda caratteristiche e
modus operandi, ma si occupano della rivitalizzazione dei quartieri
residenziali degradati, per lo più ubicati nelle inner cities.
1991 - Il Governo lancia un’iniziativa denominata City Challenge, per
invogliare gli enti locali a creare piani innovativi per la risoluzione dei
problemi più gravi della città.
E’ una competizione fra progetti presentati dalle città per ottenere i
finanziamenti necessari. Il fondo che viene messo a disposizione
dovrebbe permettere di avviare un programma quinquennale di
riqualificazione economica e sociale che includa tanto i settori degli
investitori privati, che il volontariato delle comunità e delle autorità locali.
1993 - Il Governo crea il Single Regeneration Budget per unire i
differenti programmi sociali, economici e per la casa in sostituzione
dell’Estate Action.
1993-95 - La maggior parte degli enti locali urbani cerca di vendere o
di demolire i propri beni immobili per attuare un reinvestimento.
1994-95 - Viene avviata la proposta di trasferire la gestione dei
quartieri ad enti autonomi per la casa su base locale.
1997 - Il 1 maggio ritornano al potere i Laburisti.
- La Local Auhtority (Finance) Bill stabilisce che i 5 miliardi di sterline
ricavati dalla vendita degli alloggi di proprietà pubblica siano
gradualmente reinvestiti in nuove costruzioni e nel recupero del
patrimonio residenziale degradato9. Contemporaneamente si stabilisce di
tagliare di 1,3 bilioni di sterline gli investimenti per l’housing per il
periodo 1997-1999.
2.1.3 L’Italia
Soltanto da qualche anno in Italia si è iniziato a concentrare l’attenzione
sul tema della riqualificazione urbana ed edilizia.
Per questo motivo il dibattito sulla questione delle zone urbane sfavorite
e la definizione delle politiche di riqualificazione è ancora in fase
8
Urban Development Corporation, Enti per lo sviluppo urbano che si occupano
in realtà della riqualificazione di aree dismesse di origine industriale o
commerciale.
9
Il patrimonio edilizio rimasto invenduto - e perciò ancora di proprietà pubblica - è
quello in condizioni peggiori.
121
CAPITOLO SECONDO
embrionale.
Un indicatore di questo stato è costituito dal fatto che in Italia, a
differenza degli altri paesi europei, non è stata fino ad ora sperimentata
una qualche politica pubblica organica di riqualificazione urbana ed
edilizia.
Negli ultimi vent’anni i principali atti legislativi che hanno affrontato il
tema della riqualificazione sono comunque i seguenti:
1978 - Approvazione della legge 457, Piano decennale per l’edilizia,
che introduce, con il Piano di Recupero, un nuovo strumento per la
riqualificazione fisica e funzionale del patrimonio abitativo degradato
nella città.
1992 - La legge 179 introduce e definisce lo strumento del programma
integrato di intervento.
I programmi integrati sono caratterizzati dall’integrazione di distinte
funzioni, di tipologie di intervento, di finanziamenti pubblici e privati e da
una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana. Sono
promossi ed adottati dai Comuni e sono proposti ai Comuni da soggetti
pubblici e privati, in forma singola o associata. Sono finanziati con i
contributi dell’edilizia agevolata.
1993 - Approvazione della legge 493 che introduce i Programmi di
recupero urbano.
Si tratta di programmi connotati da un insieme sistematico di interventi di
urbanizzazione primaria e secondaria, di arredo urbano, di recupero di
edifici, di completamento ed integrazione di complessi urbanistici; un
insieme di opere al servizio prevalente, ma non esclusivo, del patrimonio
di edilizia residenziale pubblica.
Gli interventi previsti vanno quindi dalla semplice manutenzione edilizia
ed adeguamento degli impianti alle norme di sicurezza (L.46/90), fino al
recupero edilizio e urbano di interi quartieri storici e periferici dell’E.R.P.
Sono proposti da soggetti pubblici e privati ai Comuni, che ne valutano
la priorità e sono approvati mediante ricorso all’accordo di programma.
Sono finanziati con i fondi per l’edilizia sovvenzionata in misura non
inferiore al 15% della totalità delle risorse disponibili per il settore.
- La legge 560 istituisce i piani di vendita generalizzati del patrimonio
pubblico.
1994 - La delibera CIPE approva il programma nazionale complessivo
di edilizia residenziale pubblica e la ripartizione alle Regioni dei relativi
finanziamenti.
Due sono i connotati principali della delibera:
- privilegiare le aree ad alta tensione abitativa e con accentuato degrado
abitativo e sociale;
- privilegiare le proposte che, a parità di finanziamenti pubblici,
122
CAPITOLO SECONDO
dimostrino di realizzare i più alti benefici sociali, prevedano un maggior
apporto di finanziamenti privati e consentano una effettiva riqualificazione
urbanistica ed ambientale.
Successivamente è stata approvata, la delibera del 1° dicembre 1994
per i programmi di recupero urbano, con cui venivano stabiliti modalità e
criteri per la concessione di finanziamenti, per l’individuazione delle zone
di intervento e per la determinazione delle tipologie di intervento.
Una direttiva CER, varata lo stesso giorno e pubblicata il giorno dopo
sulla Gazzetta Ufficiale, integra e specifica il precedente
provvedimento: determina le quote di finanziamento destinate ai
programmi e la ripartizione territoriale dei fondi fatte dalle delibere
regionali di programmazione e prevede la formazione dei programmi di
recupero urbano da parte dei Comuni in termini di promozione,
attraverso l’individuazione di aree di intervento e delle relative priorità,
nonché l’attivazione di un confronto pubblico concorrenziale per
scegliere le ipotesi che, su quelle stesse aree individuate dai Comuni,
possono formulare i privati.
Con questa direttiva si è cercato di operare uno sforzo particolare per
riorganizzare e definire le procedure attuative offrendo agli operatori sia
pubblici che privati un sistema di regole che definiscono l’ambito
operativo.
1995-96 - In seguito a queste delibere sono stati assegnati alla Regione
Lombardia 1.400 miliardi per l’edilizia sovvenzionata10.
1996
- Viene approvata la legge 15 del 15 luglio: Recupero ai fini
abitativi dei sottotetti esistenti. Questa legge permette di realizzare
nuove abitazioni in spazi fino ad ora inutilizzati.
- Approvazione della legge 662 del 23 dicembre con la quale viene
stabilito che una quota delle maggiori entrate per gli anni 1993 e 1994
provenienti dai fondi Gescal sia destinato alla sperimentazione.
Si è dato così il via ai Contratti di quartiere, programmi che
permettono di promuovere esperienze di recupero urbano ed edilizio in
“quelle aree in cui i processi di crescita urbana hanno prodotto
insediamenti residenziali carenti di qualità ambientale e per
dotazione di servizi e tali da caratterizzarli negativamente, per
l’assenza di luoghi riconoscibili e per lo scarso significato urbano
degli aggregati edilizi”.
Con i Contratti di quartiere viene soprattutto incentivata la
sperimentazione edilizio - urbana ed ecosistemica ( bioarchitettura,
ecologia urbana, risparmio delle risorse..) finalizzata a:
- rinnovare i caratteri edilizi ed incrementare la funzionalità del contesto
10
Nella provincia di Milano, i finanziamenti statali hanno riguardato impegni di
spesa per circa 600 miliardi.
123
CAPITOLO SECONDO
urbano assicurando, nel contempo, il risparmio nell’uso delle risorse
naturali disponibili ed in particolare il contenimento delle risorse
energetiche;
- accrescere la dotazione di servizi di quartiere, del verde pubblico e
delle opere infrastrutturali occorrenti;
- migliorare la qualità abitativa e fruitiva con particolare riferimento alle
esigenze dei nuovi modi di vita ed alle utenze sociali deboli.
Un ultimo aspetto molto importante riguarda il fatto che nei Contratti di
quartiere il coinvolgimento della popolazione fin dalla fase delle scelte
iniziali è basilare e normato.
- Con la legge 13 del 10 giugno si sono trasformati gli Istituti Autonomi
Case Popolari in Aziende per l’Edilizia Residenziale.
In particolare nell’art. 4 si dice: “le Aler sono enti pubblici di natura
economica dotati di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale
ed organizzativa, patrimoniale e contabile e di proprio statuto approvato
dal consiglio regionale.”
All’art. 5: “le Aler hanno il compito di soddisfare il fabbisogni di Edilizia
Residenziale Pubblica, nel quadro della programmazione regionale,
provinciale e comunale, anche mediante la realizzazione di attività
imprenditoriali, purché finalizzate alla funzione sociale.”
1997
- Con la legge 449 del 27 dicembre viene stabilito che i
Contratti di quartiere possono beneficiare di 100 miliardi oltre ad
eventuali finanziamenti che possono pervenire dalle Regioni, dagli Enti
locali e da risorse private.
In questi ultimi anni alcuni Contratti di Quartiere sembrano partiti, ma
è importante capire in che modo e secondo quali procedure.
Il mio intento sarà quello di scoprire ed analizzare tali procedure
attraverso lo studio di due Contratti di Quartiere lombardi Cinisello
Balsamo e Vigevano che approfondirò nel prossimo capitolo.
124
CAPITOLO SECONDO
2.2 La riqualificazione e le strategie di rivalorizzazione dei
quartieri: il caso francese
L’esperienza maturata nel settore della riqualificazione dei grandi
complessi di edilizia residenziale dall’Amministrazione francese è di
notevole interesse, in quanto, considerate le dimensioni del fenomeno,
propone alcune indicazioni metodologiche esportabili anche in Italia.
Proprio per questo motivo cercherò di ricostruire, inizialmente in
“astratto” e poi attraverso l’illustrazione di casi concreti, i processi e le
soluzioni tecnico - operative per la riqualificazione applicate in Francia.
A partire dagli anni ’80 l’Amministrazione pubblica e gli Enti Gestori
francesi hanno constatato, sulla base delle esperienze precedenti, che
non basta riqualificare gli edifici e gli alloggi per frenare il processo di
degrado del patrimonio abitativo e l’incuria degli abitanti, cogliendo con
ciò i limiti delle operazioni di ristrutturazione fondate su una visione
puramente tecnica. I quartieri di edilizia sociale, anche se hanno origini
identiche, evolvono infatti in modo differente in funzione del loro
inserimento urbano, dei modi di vita degli abitanti, della qualità dei servizi
ed, infine, dei modi di gestione e di manutenzione.
In Francia il CSTB11 ha quindi messo a punto alcuni criteri per la
riqualificazione attraverso una metodologia programmata che deve
essere générative ed évolutive 12poiché deve adattarsi alle domande
degli attori coinvolti ed evolvere con l’emergere di nuove problematiche
durante
l’operazione
di
riqualificazione.13
11
Centre Scientifique et Technique du Batiment
Alla lettera “generativa ed evolutiva”.
13
Fonti:
12
- Bonetti Michel, La gestion urbaine des quartiers d’habita social et la construction des
relations sociales, CSTB, Parigi 1994.
- Bonetti Michel, L’assistance methodologique a la mise en oeuvre d’un projet de
developpement social d’un quartier degrade, CSTB, Parigi 1995.
- Bonetti Michel, Bordet j., Guigou B., Pre - evaluation de la realisation de travaux de
rehabilitation de la cite des provinces de Drance a Laxou, CSTB, Parigi 1993.
- Bonetti Michel, Allen B., Strategie de requalification d’un site de France habitation
fondee sur un investissement progressif, CSTB, Parigi 1998.
- Bonetti Michel, Le conseil a la conduite des projets de rehabilitation et de developpement
125
CAPITOLO SECONDO
urbain, CSTB, Parigi 1995.
- Bonetti Michel, Marghieri I., Humblot P., Methode de conduite des operatios de
rehabilitation, Ministère de l’Equipement et du Logement, Direction de la Construction,
Parigi 1998.
- Bonetti Michel, Allen B., Diversite des modes d’habiter et appreciation de la gestion
dans neuf quartiers d’habiat social, CSTB, Parigi 1998.
- Bouron Francis, Un cadre de travail commun pour des cooperations de projet multiples,
CSTB, Parigi 1995.
126
CAPITOLO SECONDO
2.3 La metodologia di programmazione
In ogni operazione di riqualificazione è necessario mettere in atto
dei metodi specifici in rapporto al contesto preso in esame ma,
allo stesso tempo, è possibile definire delle linee - guida che
possono valere per qualsiasi situazione e per qualsiasi scopo.
Come già accennato, un programma di riqualificazione non può
limitarsi alla riqualificazione degli edifici ed alla risoluzione dei loro
problemi tecnici ma deve tenere conto della dinamica urbana,
della qualità degli spazi esterni e dei servizi, dei modi di gestione e
di manutenzione e soprattutto della domanda degli abitanti.
Bisogna, quindi, elaborare un programma che consideri tutte
queste variabili e che ne tenga conto durante la sua messa in
opera.
Per fare ciò è necessario definire una strategia fondata sull’analisi
della dinamica urbana, dell’evoluzione del mercato degli alloggi e
della domanda degli abitanti.
Questa strategia implica l’integrazione degli obiettivi dei diversi
attori che ruotano all’interno del quartiere (collettività locali, servizi
pubblici, associazioni...) e, soprattutto, il loro coinvolgimento
nell’elaborazione del programma.
Tutto ciò permette di aumentare la fattibilità al programma stesso
e di stabilire una coerenza tra i diversi obiettivi e le diverse
iniziative.
Prima di spiegare dettagliatamente le fasi principali del programma
di riqualificazione, secondo il modello francese, vorrei anticipare i
“punti-chiave” di questo processo, degni di essere sottolineati
proprio perché fino ad ora non sono presenti nel contesto
italiano.
1) L’elaborazione, da parte dei progettisti incaricati, del preprogetto che viene sottoposto alla consultazione di tutti gli
attori interessati (abitanti, imprese, associazioni..) in modo da
raccogliere le loro impressioni, le loro domande ed i loro
suggerimenti e quindi realizzare un progetto “concertato”.
2) La sperimentazione su di un edificio campione, non solo come
verifica di fattibilità delle opere da attuare ma, soprattutto
come strumento di comunicazione verso gli utenti.
3) La post-valutazione del progetto-processo di riqualificazione
come strumento di controllo dei risultati raggiunti e di pilotaggio
per operazioni future.
L’analisi
urbana
della
Il pre-progetto
La sperimentazione su di un
edificio campione
La post -valutazione
126
dinamica
CAPITOLO SECONDO
4) La gestione-manutenzione localizzata.
Il processo, che ora andrò a riassumere, può sembrare
eccessivamente complesso e articolato, ma a mio avviso, offre
buone garanzie di efficacia.
1) Il committente deve:
- dotarsi di un piano di rivalorizzazione del patrimonio abitativo;
- definire i propri obiettivi;
- definire una strategia di riqualificazione del proprio patrimonio;
- tenere in considerazione gli obiettivi di tutte le parti che
intervengono nella vita del quartiere.
2) Fare una diagnosi dei problemi, identificando i fattori che si
collocano all’origine del processo di degrado del quartiere e, allo
stesso tempo, identificare le possibilità di trasformazione e le
potenzialità del quartiere.
3) Adottare un metodo di programmazione générative che
consiste nell’integrare i risultati della diagnosi con le domande
degli abitanti e i punti di vista dei diversi attori coinvolti.
4) Sviluppare un progetto architettonico che si adatti alle
caratteristiche degli edifici sfruttando le loro potenzialità e che
presti particolare attenzione agli spazi di transizione tra spazio
pubblico e privato, all’intorno urbano ed a problemi
apparentemente minori (trattamento dei rifiuti, raccolta degli
oggetti...).
5) Associare i finanziamenti all’elaborazione del programma in
modo da ottenere una certa elasticità dei crediti ed da avere la
possibilità di modificare il progetto durante la realizzazione.
6) Condurre la programmazione e l’operazione di riqualificazione
dotandosi di una equipe tecnica competente e coordinata da un
responsabile.
7) Associare gli abitanti all’elaborazione ed alla realizzazione del
progetto.
8) Utilizzare dei dispositivi di informazione e di
La gestione e manutenzione
localizzata
Le mansioni del committente
La diagnosi
La programmazione générative
Il progetto architettonico
I finanziamenti
L’equipe tecnica
La partecipazione
127
CAPITOLO SECONDO
comunicazione per creare una rete di scambio tra i diversi attori
coinvolti.
9) Organizzare i lavori in modo da limitare i disturbi che questi
comportano per la vita degli abitanti ed assicurando il
funzionamento dei servizi e delle reti di distribuzione.
10) Sviluppare un programma di gestione e di manutenzione
anche dopo la riqualificazione poiché, spesso, il degrado del
patrimonio è il risultato di una gestione inadatta.
11) Creare di un dispositivo di valutazione durante e dopo
l’operazione di riqualificazione che da un lato, permetta di
analizzare i problemi incontrati e, dall’altro, di stimare i risultati
raggiunti.
128
L’organizzazione dei lavori
Il programma di gestione
Il dispositivo di valutazione
CAPITOLO SECONDO
2.3.1 Elaborazione di un piano di rivalorizzazione del
patrimonio
Raramente le operazioni di riqualificazione si inscrivono in una
strategia globale di rivalorizzazione del patrimonio da parte degli
organismi proprietari.
Spesso le operazioni si realizzano in modo puntuale in risposta alla
pressione esercitata dalle collettività locali o si realizzano perché
hanno la possibilità di beneficiare di finanziamenti da parte
dell’Amministrazione pubblica.
Bisognerebbe, al contrario, definire una politica di rivalorizzazione del
patrimonio prima di intraprendere qualsiasi operazione.
Definire una politica di rivalorizzazione del patrimonio significa avere,
per ogni quartiere, un quadro della sua situazione riguardante in
particolare:
- i suoi problemi e le sue potenzialità;
- l’evoluzione che può comportare un programma di trasformazione,
tenendo conto dei limiti del contesto e delle difficoltà che l’organismo
di gestione deve affrontare;
- la natura delle azioni da intraprendere per frenare il degrado sul
piano tecnico, organizzativo, sociale e commerciale.
E’ indispensabile quindi definire:
• i quartieri più problematici che richiedono un programma ad
ampio respiro ed il coordinamento delle diverse forme di
intervento per una durata piuttosto lunga;
• i quartieri in cui la situazione non è ancora problematica, ma in cui
compaiono i primi segni di degrado che rischiano col tempo di
aggravarsi ed in cui, di conseguenza, bisogna intervenire
rapidamente;
• i gruppi di alloggi che non presentano difficoltà evidenti ma che
sono inseriti in un ambiente economicamente - socialmente fragile
e mutabile ed in cui bisogna prestare molta attenzione alle
evoluzioni in atto14;
• i quartieri in cui il costruito è globalmente in buono stato ma
presenta alcuni problemi tecnici o difficoltà di gestione e quindi
richiede interventi di manutenzione straordinaria e un
miglioramento del sistema di gestione;
14
Richieste di nuove tipologie di alloggi, cambiamenti socio- demografici....
129
• i quartieri in cui la
rivalorizzazione si può
attuare solo attraverso la
demolizione
e
la
ricostruzione.
Il piano di rivalorizzazione
del patrimonio deve essere
sempre aggiornato per
poter seguire l’evoluzione
dei quartieri, per anticipare
la comparsa di nuove
problematiche ed, infine,
per
La politica di rivalorizzazione
del patrimonio edilizio
CAPITOLO SECONDO
analizzare gli insegnamenti tratti dalle operazioni di riqualificazione
intraprese.
Questo strumento permette di orientare le decisioni, di programmare
le operazioni di riqualificazione in modo coerente con le
problematiche, diversificando i metodi di programmazione e di azione
a seconda dei problemi da affrontare.
2.3.2
Analisi dei problemi attraverso la realizzazione di una
diagnosi e la raccolta dei punti di vista dei diversi attori
coinvolti
La diagnosi non consiste solamente nel fare un’analisi dei problemi,
ma implica lo studio delle possibili trasformazioni del contesto sulla
base delle sue potenzialità e dei punti di vista dei diversi attori
coinvolti (architetti, tecnici, enti locali, abitanti, associazioni sociali..).
Si tratta, quindi, di:
- analizzare le cause del degrado;
- comprendere le evoluzioni in corso e definire le prospettive future;
- integrare questo tipo di riflessione in una strategia di rivalorizzazione
del patrimonio e di sviluppo urbano.
Non basta realizzare una diagnosi di tipo tecnica per definire un
programma di riqualificazione ma è necessario realizzare differenti
analisi.
130
• Una diagnosi socio tecnica che permette di
comprendere
se
il
degrado degli edifici è
dovuto
alla
cattiva
costruzione dell’edificio
ed all’inadeguatezza dei
sistemi tecnici o ai modi
di vita e d’uso degli
abitanti.
• Un’analisi della domanda
degli abitanti in modo da
favorire
la
loro
appropriazione
dello
spazio e migliorare
l’habitat per permettere
lo sviluppo della loro
identità.
Bisogna, quindi, osservare
le abitudini degli abitanti,
il loro modo d’uso degli
spazi comuni e degli
alloggi
e
quindi
interrogarsi sulle loro
domande,
sui
loro
problemi e sulle loro
proposte.
Le domande raccolte
devono
essere
sottoposte a un lavoro di
elaborazione
e
di
interpretazione
per
permettere da un lato
agli abitanti di esprimersi
liberamente e dall’altro al
proprietario
di
gerarchizzare i problemi
che
sorgono
e
provvedere al loro
trattamento.
• Una
analisi
delle
dinamiche sociali (
CAPITOLO SECONDO
conflitti, rapporti di vicinato, problemi di inserimento sociale...),
poiché questi fattori condizionano la soddisfazione degli abitanti
Analisi delle dinamiche sociali
Un’operazione
di
riqualificazione
costituisce un supporto
efficace per agire sui
processi
sociali
problematici
e
per
sviluppare
nuove
relazioni tra gli abitanti.
• Una analisi dei modi di
gestione
e
di
manutenzione,
poiché
spesso
una
cattiva
gestione ed una carente
manutenzione
amplificano i processi di
degrado
soprattutto
quando non vengono
soddisfatte le richieste
degli abitanti. E’, infatti,
inutile riqualificare un
edificio se non si migliora
il modo di gestione e di
manutenzione
dello
stesso.
• Un’analisi delle risorse e
delle potenzialità del
quartiere e delle sue
possibilità
di
trasformazione per agire
in modo coerente e
puntuale. Ciò significa
fare un’analisi delle
potenzialità dello spazio
urbano, della possibilità
di sviluppo di servizi
sociali e commerciali,
degli elementi degli
edifici che possono
essere valorizzati.
Diagnosi socio-tecnica
Analisi della domanda
131
CAPITOLO SECONDO
Queste diagnosi devono essere condotte in modo dinamico,
associando diversi operatori in modo da generare un processo di
cooperazione tra le parti coordinato da un responsabile
dell’operazione che dipende direttamente dal committente.
La diagnosi è un supporto molto importante per l’elaborazione di un
programma di riqualificazione e per la conduzione dell’operazione.
2.3.3 Elaborazione di un
programma générative
Analisi dei modi di gestione e manutenzione
I
programmi
di
riqualificazione
sono
generalmente definiti dalle
amministrazioni locali e dagli
organismi di gestione sulla
base
di
una
analisi
tecnologica degli edifici ed
in funzione delle possibilità
di finanziamento poiché, in
Analisi delle potenzialità del quartiere
132
CAPITOLO SECONDO
genere, le scelte tecniche sono subordinate alle opportunità
finanziarie.
Una volta stabilito il programma di riqualificazione di un quartiere, a
volte lo si sottopone alla visione degli abitanti e ciò dovrebbe
comportare delle varianti in base alle critiche enunciate da parte degli
abitanti stessi. In realtà questo tipo di processo non si basa sulla
negoziazione tra i diversi attori implicati nella vita del quartiere,
perché la discussione viene attuata su di un progetto già stabilito da
parte del committente e dall’insieme di tecnici incaricati.
In questo modo il programma di riqualificazione è uno strumento
relativamente fisso, elaborato da una serie di tecnici competenti, ma
che non si preoccupano delle richieste degli abitanti e di tutte le altre
parti interessate e che quindi creano un programma limitato.
Questo metodo, infatti, si fonda su di un approccio settoriale che non
evolve durante l’operazione in funzione delle difficoltà che si possono
incontrare, non incidendo sulla dinamica del quartiere e riducendo
tutti i problemi a problemi tipo - tecnologici.
Un programma di riabilitazione dovrebbe, prima di tutto, trasformarsi
in un processo:
- la cui elaborazione è supportata dalla collaborazione tra i diversi
attori implicati nella vita e nella organizzazione del quartiere e i tecnici
incaricati della sua stesura;
- il cui risultato, che può evolvere, è l’espressione di questa
collaborazione.
Si tratta di un processo generativo nel senso che la scelta delle azioni
da mettere in atto è generata dall’insieme dei diversi punti di vista
degli attori, dalle loro domande e dalle loro suggestioni e si fonda su
di una dinamica di comunicazione e di negoziazione. Questo
processo deve essere:
• interattivo: perché è il risultato di uno scambio di idee tra gli
attori e, la sua qualità, dipende dalla qualità delle relazioni che si
stabiliscono tra di loro e dai modi di comunicazione utilizzati;
• evolutivo: perché evolve con l’evolvere della sua messa in atto e
con lo svolgimento dell’operazione;
• integratore: perché integra i diversi punti di vista degli attori
cercando di arrivare ad un accordo;
Programma
riqualificazione=processo
•
133
di
regolatore :
perché
regola le relazioni tra gli
attori,
attenua
le
CAPITOLO SECONDO
tensioni, crea delle sinergie e ripartisce i ruoli e le responsabilità.
La programmazione generativa elimina la separazione tra le fasi,
propriamente dette, di programmazione, di progettazione e di
realizzazione: separazione che comporta distorsioni, problemi di
comunicazione, errori di interpretazione e rigidità nella conduzione
dell’operazione.
134
CAPITOLO SECONDO
2.3.4
Svolgimento del processo
L’iniziativa può avere origini diverse, l’essenziale è che vi sia
l’impegno concreto dell’amministrazione locale. Il programma deve
essere attuato in stretta collaborazione con gli organismi proprietari
degli alloggi.
Il GAD15 ha l’incarico di coordinare i differenti attori ed interlocutori
per garantire l’efficacia e la riuscita del programma.
Un’équipe incaricata dal comune mette a punto il programma.
Questa équipe non è stabile, ma può cambiare nel tempo a seconda
delle necessità e dell’evolvere della procedura.
Per ottenere il finanziamento dello studio preliminare l’ente locale
deve presentare al GAD una domanda di sovvenzione insieme al
documento programmatico sull’analisi preliminare, al preventivo della
stessa analisi ed a una bozza di contratto.
L’accettazione del pre-progetto da parte del GAD consente di
passare alla fase dell’elaborazione del progetto.
Il pre-progetto deve passare al vaglio dell’amministrazione cittadina e
degli organismi di
gestione prima dell’approvazione del GAD.
Nel progetto vengono definiti nei dettagli:
- il programma di intervento e i costi;
- le modalità di attuazione dell’operazione, la definizione e
distribuzione dei compiti, la partecipazione economica;
- i tempi degli interventi.
Come nel caso del pre-progetto, il progetto deve essere approvato
dalla Municipalità e dagli organismi di gestione prima di passare al
vaglio del GAD.
I costi dell’elaborazione del pre-progetto e del progetto vengono
suddivisi in parti uguali tra Stato, Enti locali ed Organismo di
gestione.
Ottenute l’approvazione ed il finanziamento si passa quindi alla fase
di attuazione del programma che vede impegnati l’équipe operativa e
l’ente di gestione.
15
Groupe Administratif Départemental: è stato istituito per instaurare una reale
politica di concertazione a livello locale e per evitare una eccessiva
dispersione delle azioni portate avanti dai diversi ministeri che intervengono
nelle operazioni di riqualificazione. Del GAD quindi fanno parte i
rappresentanti locali delle principali amministrazioni.
135
Ma ora vediamo più
precisamente le fasi del
processo sopra descritto.
1) Creazione di un quadro
di programmazione
I risultati delle diagnosi
precedentemente fatte e la
collaborazione
delle
diverse
parti
interessate
deve
permettere di definire gli
CAPITOLO SECONDO
Le fasi del processo di riqualificazione
1. Creazione di un quadro di programmazione
orientamenti del programma di riqualificazione e fissare le principali
esigenze.
2) Schizzo di pre - progetto
Sulla base degli orientamenti stabiliti i progettisti devono studiare
differenti possibilità di trasformazione e fare delle proposte che mirino
a completare e a precisare il quadro della programmazione che è
stato loro fornito, il quale è suscettibile di variazioni.
3) Verifica della fattibilità del programma
Una pre-consultazione da parte delle imprese costruttrici può stabilire
la fattibilità del pre - progetto e può permette di migliorarlo.
Verificare la capacità della messa in opera da parte delle imprese
evita di mettere a punto un progetto difficile da realizzare, sia dal
punto di vista economico che tecnico.
4) Informazione e consultazione degli attori
I quadro della programmazione ed il pre-progetto devono essere
illustrati agli abitanti del quartiere in esame ed agli altri attori
interessati, in modo da raccogliere le loro impressioni, le loro
domande e i loro suggerimenti.
Si tratta, infatti, di proposte che possono essere modificate e che in
genere offrono più varianti.
In questo modo si anticipano le reazioni spesso negative degli abitanti
di fronte ad un progetto definitivo e non suscettibile di variazioni.
Questa fase implica, quindi, la spiegazione da parte del committente e
dei progettisti degli orientamenti progettuali e delle scelte prese dagli
attori interessati.
5) Rielaborazione del programma provvisorio
Questa fase permette di retro - agire sul programma provvisorio, di
rimaneggiarlo, di affinarlo, di arricchirlo ed integrarlo con le proposte
che si sono generate nella fase precedente.
136
6) Elaborazione
del
progetto
Sulla base delle critiche
raccolte da parte degli
abitanti e degli altri attori
coinvolti, delle imprese e del
committente e grazie ai dati
analizzati nella fase di
diagnosi
i
progettisti
elaborano un progetto.
In questo modo si evita di
affrontare
nelle
fasi
successive le ostilità delle
parti coinvolte.
7) Presentazione
del
progetto
agli
attori
coinvolti
Il progetto definitivo deve
essere mostrato, spiegato
alle parti coinvolte di modo
che queste si rendano conto
delle modifiche apportate. I
progettisti, inoltre, devono
spiegare le ragioni per cui
alcune richieste non sono
state
prese
in
considerazione.
8) Sperimentazione su di un
edificio campione
La sperimentazione su di un
edificio
campione
corrisponde alla
2. Schizzo di pre-progetto
3. Verifica della fattibilità del
programma
CAPITOLO SECONDO
4. Informazione e consultazione degli attori
5. Rielaborazione del programma provvisorio
6. Elaborazione del progetto
7. Presentazione del progetto agli attori coinvolti
8. Sperimentazione su di un edificio campione
messa in opera di un prototipo che permette di identificare le
difficoltà di realizzazione, di trovare nuove soluzioni, di raccogliere ed
analizzare le reazioni degli utenti. Questo è un processo di
apprendimento e di collaborazione tra il committente, i progettisti e le
imprese, di rodaggio dei metodi e delle tecniche che permettono di
migliorare l’efficacia delle azioni degli attori prima della realizzazione
dell’intero progetto.
In questo modo si riesce ad attenuare i timori degli abitanti che, alla
vista di una prima realizzazione, generalmente si rassicurano.
9) Elaborazione del progetto definitivo ed inizio dell’operazione
Gli insegnamenti tratti dall’operazione su di un edificio campione
137
portano a modificare di
nuovo alcuni elementi del
programma, del progetto e
del modo di condurre
l’operazione
di
riqualificazione.
A
questo
punto,
il
committente è in grado di
dare inizio all’operazione
che deve avvenire per
tranche di 100 o 200
alloggi.
L’esperienza tratta dalla
messa in opera di ciascuna
di queste tranches può
ancora migliorare il progetto
e la sua messa in opera.
Il programma infatti deve
avere la possibilità di essere
modificato in corso di
realizzazione.
10) Rettifica al momento del
collaudo dei lavori
Alla fine dei lavori è
necessario
fare
una
valutazione dell’operazione
e raccogliere le opinioni
degli utenti di modo da
procedere con modifiche
per evitare l’insoddisfazione
dei
locatari
e,
di
conseguenza, il degrado
dell’edificio.
11) Programma di post riqualificazione
La
conclusione
del
programma
di
riqualificazione non si deve
tradurre in un abbandono
totale del quartiere da parte
dei promotori. Questi infatti
devono seguire l’evoluzione
CAPITOLO SECONDO
del quartiere per reagire rapidamente alla nascita di nuovi segni di
degrado.
A un anno dalla fine del cantiere di riqualificazione è necessario fare il
punto della situazione e raccogliere i suggerimenti degli abitanti per
apportare le modifiche necessarie.
2.3.5 I finanziamenti e la
loro
gestione
nei
programmi
di
riqualificazione
9. Elaborazione del progetto definitivo ed inizio dell’operazione
10. Rettifica al momento del collaudo dei lavori
11. Programma di post riqualificazione
138
Come viene sottolineato più
volte, la sola riqualificazione
degli edifici non è efficace,
in un programma di
riqualificazione, se non si
considera la rivalorizzazione
dell’intero quartiere.
Proprio per questo motivo
anche l’elaborazione di un
piano di finanziamenti deve
essere
globale
e
comprendere le azioni
progettate da tutti gli attori (
progetti di tipo sociale,
commerciale...)
che
partecipano al piano di
riqualificazione.
Per ottenere ciò bisogna
riunire i differenti partners
ed elaborare un piano di
finanziamenti esaminando
precisamente:
- i differenti progetti;
- i bisogni e le possibilità di
CAPITOLO SECONDO
finanziamento di ognuno di essi;
- i contributi di ogni partner alla messa in atto dei progetti;
- le responsabilità di ogni partner nella conduzione e gestione dei
progetti.
E’ indispensabile, inoltre, che il responsabile dei finanziamenti
partecipi alla programmazione in modo che siano esaminate,
simultaneamente, le azioni da intraprendere e le modalità di
finanziamento. In questo modo, il responsabile dei finanziamenti può
indicare ai diversi attori coinvolti quali sono le azioni che non possono
essere realizzate, affinché si ricerchino altre soluzioni.
La collaborazione tra i programmatori ed il responsabile dei
finanziamenti permette di stabilire una prima bozza dei finanziamenti
necessari per la realizzazione del programma provvisorio. Questo
passaggio dà la possibilità di iniziare la negoziazione con altri possibili
finanziatori dell’operazione (promotori commerciali e sociali,
industrie, banche che possono avere interesse a partecipare alla
riqualificazione del quartiere).
2.3.5
L’équipe
operativa
La riqualificazione necessita
di
operatori
con
competenze e capacità
diverse:
conoscenze
tecnico
giuridiche;
- padronanza nella gestione
L’elaborazione del Piano dei finanziamenti
139
CAPITOLO SECONDO
dei finanziamenti;
- comprensione dei modi di vita degli abitanti e dei problemi sociali;
- capacità di negoziazione e di comunicazione con gli abitanti, le
associazioni, le collettività locali, gli organismi sociali, le imprese;
- capacità di prendere decisioni rapide in situazioni difficili;
- capacità di affrontare i conflitti e gestirli;
- attitudine a collaborare con differenti partners;
- facilità a lavorare con i membri dell’organismo di gestione.
Nei programmi di riqualificazione bisogna quindi dotarsi di una
équipe tecnica formata da tecnici con queste competenze.
Le responsabilità dei vari operatori devono essere definite
precisamente, così come i mezzi di cui dispongono e si deve delegare
ad un responsabile il loro coordinamento.
Questa équipe deve beneficiare di una forte autonomia, ma nello
stesso tempo deve essere fortemente sostenuta da chi dirige
l’operazione poiché, spesso, si confronta con situazioni molto difficili.
Il responsabile dell’équipe deve, come ho già accennato, coordinare i
vari operatori e deve stabilire i contatti tra:
- la direzione e i servizi dell’organismo di gestione;
- i collaboratori esterni ( architetti, imprese)
- gli abitanti;
- la collettività locale e gli organismi sociali del quartiere.
Egli deve:
- reclutare professionisti competenti e dare loro compiti precisi;
- organizzare i lavori dei vari servizi;
- fare il punto sull’avanzamento dei lavori e sui risultati;
- far circolare le informazioni tra le parti interessate;
- regolare le tensioni tra i vari attori;
- rendere conto alla direzione dell’avanzamento dell’operazione e
delle difficoltà incontrate, per poter intervenire rapidamente.
La conduzione dell’operazione di riqualificazione può essere affidata
anche ad una équipe di coordinamento, integrata con il committente,
che ha il compito di stabilire una relazione tra gli abitanti ed il
committente non solo per far emergere le domande riguardanti i
lavori ma per occuparsi anche dei problemi di
L’équipe
tecnica
deve
beneficiare di forte autonomia
Il responsabile dell’équipe
gestione quotidiana16.
Le competenze dell’équipe tecnica
16
A Marsiglia è stato istituito il
Groupe d’Animation et de
Programmation GAP, una
équipe incaricata dall’HLM per
140
CAPITOLO SECONDO
Quando la situazione dei quartieri da riqualificare è particolarmente
degradata e quando le relazioni tra la committenza e gli abitanti sono
molto conflittuali viene istituita la maitrise d’ouvrage sociale che ha
il compito di:
- fare una diagnosi sui processi di degrado, i modi di vita degli
abitanti, i problemi sociali, l’organizzazione della gestione e della
manutenzione;
- sviluppare programmi di inserimento economico, sociale e culturale;
- organizzare la partecipazione degli abitanti;
- regolare i conflitti sociali e organizzare i dispositivi di negoziazione
tra le parti;
- ripristinare le reti di comunicazione tra gli abitanti e gli organismi di
gestione.
Queste équipe giocano, quindi, un ruolo di mediatori tra gli abitanti,
gli organismi di gestione, e le altre parti che intervengono durante
l’operazione di riabilitazione e la loro capacità di creare questa
comunicazione condiziona, notevolmente, l’efficacia dell’operazione
stessa.
vegliare sulla messa in atto della politica di riqualificazione del patrimonio in
relazione ai servizi interessati.
141
I compiti della
d’ouvrage sociale
maitrise
CAPITOLO SECONDO
2.3.7 La partecipazione degli abitanti
L’implicazione degli abitanti è determinante per l’efficacia di una
operazione di riqualificazione, perché permette di adattare le azioni
da intraprendere ai problemi degli utenti.
La partecipazione degli abitanti non è un fine, ma un mezzo operativo
e, soprattutto, un mezzo di informazione per il committente riguardo
a:
- le differenti domande degli abitanti, le loro rivendicazioni e le loro
reazioni verso il progetto di riqualificazione;
- le relazioni di vicinato, i conflitti, i problemi economici e sociali, la
dinamica sociale;
- le possibilità finanziarie e la solvibilità delle famiglie;
- le relazioni e gli eventuali contenziosi tra gli abitanti e gli organismi di
gestione.
Queste informazioni permettono al committente di definire un
programma, gli orientamenti per la conduzione dell’operazione
adattandola ai comportamenti e alle richieste degli abitanti e di
anticipare i conflitti che l’operazione potrebbe generare.
E’ un supporto per la creazione di una nuova dinamica sociale nel
quartiere e per sperimentare nuove forme di collaborazione tra gli
abitanti ed il personale incaricato dell’operazione di riqualificazione.
Esistono in ogni caso degli ostacoli che possono impedire la
partecipazione:
- l’isolamento sociale degli abitanti (debolezza delle associazioni,
esistenza di gruppi eterogenei, modi di vita conflittuali);
- la forte mobilità della popolazione;
- i problemi di comunicazione da parte degli abitanti;
- l’assenza di dispositivi di informazione, conflitti tra le organizzazioni
di quartiere.
La partecipazione è tanto più importante quanto più gli ostacoli alla
sua messa in opera sono evidenti.
Prima di iniziare qualsiasi forma di partecipazione il committente e
l’équipe operativa devono:
1. fare un’analisi della dinamica sociale ed identificare gli
interlocutori potenziali per ogni categoria di popolazione
( anziani, giovani, donne, uomini, immigrati);
2. identificare le organizzazioni sociali, culturali che esistono ed
associarle al processo di riqualificazione;
3. aiutare gli abitanti ad organizzarsi e a strutturasi;
142
4.
trasformare
le
rivendicazioni degli abitanti
in proposte;
5. rassicurare gli abitanti
sugli
obiettivi
del
committente;
6. gerarchizzare i problemi e
scegliere i campi su cui
incentrare
La partecipazione degli abitanti
al programma/processo di
riqualificazione non è un fine
ma un mezzo operativo
Gli ostacoli
impedire la
degli abitanti
che possono
partecipazione
Che cosa è necessario fare
CAPITOLO SECONDO
prima di iniziare qualsiasi forma di partecipazione?
la concertazione determinando:
- le decisioni che il committente deve prendere da solo, ma di cui
devono essere informati gli abitanti;
- le azioni da condurre con le altre parti ( collettività locali,
associazioni, commercianti..);
7. favorire l’espressione dei gruppi emarginati o esclusi, conducendo
uno studio specifico presso di loro e mobilitando le associazioni
sociali;
8. pianificare il processo di concertazione.
La scelta dei metodi di comunicazione e di concertazione dipende
dalla natura dei problemi, dal rapporto con gli abitanti, dalle loro
capacità d’espressione e dagli attori coinvolti.
Prima di tutto il committente deve informare i partners istituzionali
delle sue intenzioni e raccogliere i loro punti di vista per iniziare una
prima negoziazione.
I partners istituzionali possono essere:
- i responsabili della gestione del progetto;
- i rappresentanti delle associazioni;
- gli operatori sociali e gli insegnanti;
- i commercianti;
- la polizia;
- gli impiegati municipali.
L’informazione degli abitanti dovrebbe avvenire in tre fasi.
1. Spiegazione agli abitanti dei lavori previsti, presentazione delle
persone che realizzano il progetto e degli interlocutori a cui possono
rivolgersi, illustrazione dei modi di finanziamento dell’operazione e
dell’incidenza che il progetto di riqualificazione avrà sugli affitti.
2. Presentazione dei risultati della diagnosi e del pre – progetto che
implica: l’informazione sui problemi tecnici e sociali del quartiere, le
modifiche da apportare agli alloggi, agli edifici e agli spazi esterni; la
presentazione dei nuovi servizi che saranno creati e l’illustrazione del
pre – progetto.
143
3.
Presentazione
del
progetto definitivo e del
regolamento di cantiere
spiegando le motivazioni
che hanno portato alla
modifica del progetto ed
informando gli abitanti dei
lavori da attuare negli
alloggi.
La comunicazione con i
locatari
può
essere
organizzata in modi diversi:
- creazione di gruppi di
lavoro
su
problemi
particolari;
- riunioni sul posto con gli
utenti;
- creazione di filmati;
- esposizione dei progetti;
- creazione di un “bureau”
d’accoglienza: un centro di
quartiere che permetta agli
abitanti di informarsi sui
lavori e di esporre i
I partners istituzionali
CAPITOLO SECONDO
riqualificazione
può
permette di migliorare
questa
immagine,
di
reintegrare il quartiere
stesso nella città e di
facilitare l’affitto o la vendita
degli alloggi sfitti.
Fare pubblicità al processo
di riabilitazione significa
organizzare
visite
in
cantiere,
manifestazioni
pubbliche e creare nuovi
servizi che possono essere
accessibili anche dagli
abitanti della città.
Le fasi per l’informazione degli abitanti
propri problemi. Questo “bureau” deve poi trasmettere le domande
degli abitanti al responsabile dell’operazione di riabilitazione;
- realizzazione di un giornale di quartiere in cui viene spiegato il
progetto ed in cui gli abitanti e le associazioni possono esprimere i
loro punti di vista;
organizzazione di riunioni regolari in cui fare il punto della
situazione, informare gli abitanti delle azioni intraprese, esaminare i
problemi emergenti, prendere delle decisioni e definire i programmi di
lavoro e assegnare i compiti;
- stabilire un “giornale di bordo” in cui descrivere le evoluzioni
dell’operazione e le decisioni prese, anche per far capire a nuovi
attori che possono venire coinvolti le fasi del progetto di
riqualificazione.
Un altro aspetto molto importante per la riuscita di un’operazione di
riqualificazione è quella di cercare di pubblicizzare la stessa
operazione migliorando l’immagine del quartiere .
I grandi quartieri, infatti, hanno sempre avuto un’immagine negativa
presso gli abitanti della città in cui sono situati; una buona
144
CAPITOLO SECONDO
La publicizzazione dell’operazione di riqualificazione
2.3.8 L’organizzazione dei lavori nei cantieri di riqualificazione
Un cantiere di riqualificazione è molto diverso rispetto ad un cantiere
ex–novo, poiché si deve operare:
- su di un edificio esistente con una sua struttura, con le sue
caratteristiche tecniche, in assenza di un piano di esecuzione e con
problematiche di diverso genere che si possono evidenziarsi durante
145
l’operazione
di
riqualificazione;
- con gli abitanti, con il loro
modo di vita, con i loro usi.
Prima di tutto bisogna fare
un’analisi tecnica degli
edifici e verificare la
compatibilità
delle
trasformazioni proposte con
le caratteristiche della
struttura e con le tecnologie
utilizzate per la sua
costruzione
e,
come
abbiamo già visto, fare un
programma
degli
investimenti in relazione ai
finanziamenti disponibili.
Bisogna fare in modo che la
vita degli abitanti continui
normalmente,
che
siano assicurati
i
servizi principali
(distribuzione della posta,
acqua, gas, elettricità,
raccolta dei rifiuti ecc..) e
che le aree a verde o di
sosta siano preservate,
quindi, bisogna fare in modo
che gli interventi tecnici
siano pianificati in funzione
alla vita degli abitanti.
Per
ottenere
ciò
è
necessario:
nominare
un
rappresentante
della
committenza
con
competenze
tecniche,
conoscenza del progetto e
capacità di relazione e
negoziazione,
facilmente
identificabile dagli abitanti, a
cui gli stessi abitanti
CAPITOLO SECONDO
possono fare riferimento per qualsiasi necessità;
- creare un “bureau” dei lavori accessibile da tutti gli abitanti, con
personale stabile, dove gli stessi abitanti possono spiegare i loro
problemi ed avere informazioni;
- appoggiarsi ai custodi che possono essere d’aiuto sia agli abitanti
che alle imprese di costruzione.
Per far in modo che l’operazione di riqualificazione abbia successo è
necessario:
- considerare la cultura degli abitanti e le loro usanze in modo da
rispettarle;
- tenere in considerazione situazioni particolari come la presenza di
anziani;
- mantenere gli abitanti informati sull’avanzamento dei lavori e
spiegare loro la natura dei disturbi che dovranno subire;
- spiegare agli abitanti le caratteristiche delle nuove installazioni
messe in opera, tramite visite a domicilio o
riunioni per fare in modo
che possano utilizzarle
correttamente;
- associare gli abitanti ai
lavori, in particolare, le
opere di riqualificazione
possono
essere
un’occasione per inserire i
giovani disoccupati nel
mondo del lavoro;
- associare gli abitanti alle
riunioni di cantiere in modo
da
prevenire
qualsiasi
impedimento
alla
conduzione dei lavori.
Infine, la scelta dell’impresa
costruttrice
è
molto
importante poiché deve
avere competenze tecniche,
ma deve anche avere la
L’analisi tecnica degli edifici
146
CAPITOLO SECONDO
capacità di adattarsi alle esigenze di questo tipo di cantiere.
Deve essere in grado di collaborare con i diversi attori coinvolti e,
soprattutto, aperta al dialogo con gli abitanti.
2.3.9 La trasformazione del sistema di gestione
Il degrado degli edifici non dipende solo dalla qualità della loro
costruzione ma anche dal modo di gestione del patrimonio e dal
rapporto tra organismo di gestione e gli abitanti.
In alcuni casi gli organismi di gestione si disinteressano dei reclami e
delle richieste degli utenti degli immobili e lasciano che gli edifici si
degradino senza apportare alcuna modifica, in altri casi intervengono
in modo autoritario, senza consultare i locatari e questo
comportamento produce una reazione negativa da parte degli abitanti
che si traduce in aggressività verso gli edifici.
Il modo di gestire un quartiere può contribuire ad accelerare il suo
degrado.
Per fare in modo che ciò non accada bisogna creare un supporto di
mediazione tra gli abitanti e gli organismi che intervengono nella
gestione del quartiere.
Anche in questo caso, come nel programma di riqualificazione, è
necessario nominare un responsabile di gestione che coordini gli
interventi delle diverse categorie di personale addetto alla gestione (
custodi, portinai, amministratori..) in modo da:
- reperire i problemi emergenti;
- reperire i reclami degli abitanti;
- mobilitare gli interventi dei diversi servizi che agiscono nel quartiere;
- trattare i conflitti di vicinato;
- negoziare con le associazioni presenti nel quartiere;
- sviluppare relazioni con gli organismi sociali e culturali;
- informare i nuovi locatari;
- favorire il miglioramento delle relazioni tra i diversi servizi e le
associazioni presenti nel quartiere.
Bisogna quindi istituire un sistema di raccolta e di trattamento dei
reclami in modo da impedire l’evoluzione dei problemi e
Il modo di gestire un quartiere
può contribuire ad accelerare
il suo degrado
Per un buon programma di
gestione è necessario creare
un supporto di mediazione tra
abitanti ed organismi di
gestione
La creazione di un sistema di
raccolta e di trattamento dei
reclami
risolverli rapidamente ed in
modo da dimostrare agli
abitanti che gli organi di
gestione si preoccupano
147
CAPITOLO SECONDO
delle loro difficoltà e delle loro problematiche.
La raccolta e l’analisi dei reclami degli abitanti permette, inoltre, di
creare un programma di gestione e manutenzione.
Spesso gli organi di gestione si confrontano con un ambiente in cui le
difficoltà economiche e sociali degli abitanti sono molto accentuate.
Proprio per questo motivo devono sviluppare la collaborazione molto
stretta con gli organismi sociali contribuendo al sostenimento delle
loro iniziative per favorire la nascita di una nuova dinamica sociale.
La partecipazione alla nascita di queste iniziative può avvenire in
diversi modi:
- mettendo a disposizione dei locali per gli incontri o per attività
culturali;
- attraverso la partecipazione del personale di gestione;
- mettendo a disposizione del materiale.
La messa in opera di iniziative da parte delle organizzazioni sociali e
culturali può anche permettere di inserire gli stessi abitanti in servizi
ed attività utili alla collettività.
Inoltre, il personale delle organizzazioni sociali entra in contatto con
gli abitanti quindi, è un potenziale interlocutore tra gli organismi di
gestione e gli utenti.
Un altro aspetto importante a cui l’organismo di gestione deve
prestare attenzione è l’arrivo di nuovi locatari nel quartiere. E’
necessario quindi, mettere in contatto i nuovi abitanti con gli
organismi sociali per facilitare il loro inserimento nel quartiere.
E’ necessario spiegare loro quali sono i servizi di quartiere di cui
possono usufruire, a chi devono rivolgersi per risolvere i loro
problemi. In genere le persone che si trasferiscono in un nuovo
quartiere sono fragili e si sentono sperdute; questo tipo di accoglienza
può permettere loro di inserirsi più facilmente.
148
CAPITOLO SECONDO
2.3.10 Valutazione delle operazioni condotte nel programma di
riqualificazione
La valutazione delle operazioni condotte in un programma di
riqualificazione è uno strumento di controllo degli operatori sui
risultati raggiunti e, può essere anche uno strumento di pilotaggio per
le operazioni future.
Il metodo di valutazione consiste nel creare un processo continuo con
il fine di analizzare:
• la natura dei problemi incontrati durante l’operazione di
riqualificazione;
• le soluzioni adottate;
• i modi di messa in opera di queste soluzioni;
• gli effetti scaturiti da queste soluzioni;
• i modi di condurre l’operazione;
• le relazioni tra gli operatori e gli abitanti;
• gli ostacoli, le difficoltà e i conflitti emergenti.
Non si tratta solamente di raccogliere delle informazioni, ma è
necessario associare i differenti attori a queste analisi al fine di:
• confrontare i loro punti di vista;
• interrogarsi sui modi operativi che sono stati utilizzati;
• modificare, se è necessario, il loro modo di trattare i problemi.
Tutto ciò permette agli operatori, durante l’operazione di
riqualificazione, di anticipare i problemi prima che sia troppo tardi e
di modificare, se è necessario, il modo di condurre l’operazione e,
alla fine dell’operazione, di trarre degli insegnamenti e di capitalizzare
le esperienze per migliorare il metodo di azione.
Quindi, il metodo di valutazione permette di comprendere lo
svolgimento di un processo di riabilitazione, di apprezzare i metodi
utilizzati, l’organizzazione adottata, le forme di collaborazione tra gli
attori e di analizzare le difficoltà incontrate, gli errori commessi e di
interrogarsi sul modo in cui sono stati trattati questi problemi.
Il processo di valutazione consta di cinque fasi.
1. Valutazione alla conclusione della fase di programmazione ci si
deve interrogare su:
- l’attinenza delle azioni progettate;
- la fattibilità del programma;
- l’efficacia dei metodi operativi da adottare;
- l’adeguatezza dei mezzi da utilizzare.
149
2. Valutazione
dell’operazione test su di
un edificio.
Gli insegnamenti tratti dalla
messa in opera di ciò che è
stato
Le fasi del
valutazione
processo
di
CAPITOLO SECONDO
1. Valutazione alla conclusione della fase di programmazione
2. Valutazione dell’operazione test su di un edificio
programmato su di un edificio test può ridefinire il modo di condurre
l’operazione precedentemente programmato.
In questa fase è strettamente necessario consultare gli utenti ed
analizzare le loro reazioni.
3. Valutazione dell’operazione durante il cantiere.
Questa valutazione deve volgere principalmente sull’analisi dei
problemi incontrati e sulle eventuali lamentele degli abitanti.
4. Valutazione alla fine del cantiere.
In questa fase si devono interrogare gli abitanti per conoscere quali
sono le migliorie più significative per loro e quali, al contrario, gli
errori ed i problemi ancora da risolvere.
5. Valutazione dopo due o tre anni dalla fine del processo di
riqualificazione.
In questa fase bisogna valutare la situazione del quartiere per capire
quali sono i cambiamenti avvenuti dopo la riqualificazione e, quindi,
se gli abitanti hanno apprezzato positivamente o negativamente i
mutamenti apportati dalla riqualificazione.
Questa valutazione deve analizzare:
- il processo di riqualificazione nel suo complesso;
- le modifiche apportate ai metodi di gestione e manutenzione;
- le azioni dei servizi sviluppati dagli organismi sociali e di gestione
per il funzionamento del quartiere.
Si devono analizzare questi differenti fattori e la loro interazione con
l’evoluzione dell’ambiente ( mercato degli alloggi, contesto
economico e sociale etc.).
Sono diversi gli indicatori che possono essere utilizzati per valutare gli
effetti di una riqualificazione:
• diminuzione o aumento della rotazione dei locatari;
• evoluzione degli alloggi vuoti e della morosità;
• condizione degli edifici;
• diminuzione o aumento delle lamentele degli abitanti;
• situazione dei conflitti di vicinato;
• diminuzione o aumento della delinquenza.
Infine è necessario interrogare gli abitanti riguardo al loro habitat, alle
relazioni sociali, alla situazione dei giovani, degli anziani e delle
persone in difficoltà e all’immagine del quartiere.
150
3. Valutazione dell’operazione
durante il cantiere
4. Valutazione a fine cantiere
5. Valutazione dopo due/tre
anni
dalla
fine
del
programma/processo
di
riqualificazione
CAPITOLO SECONDO
LE FASI DEL PROGRAMMA DI RIABILITAZIONE
AZIONI
ATTORI
FASE 1 Definizione del quadro di programmazione
•
•
Diagnosi
Consultazione con gli attori
•
•
•
Richiesta di sovvenzione
•
•
•
Approvazione
Nomina équipe operativa
•
•
Sociologi, tecnici, architetti, ingegneri
Architetti, tecnici, sociologi, associazioni sociali, enti
locali
GAD (Groupe Administratif Départemental) Stato,
Regione
GAD
Organismo proprietario (HLM, Comune)
FASE 2 Elaborazione del pre-progetto
•
Elaborazione del pre-progetto
•
•
•
Verifica di fattibilità
Consultazione delle parti interessate
•
•
•
•
Invio del pre- progetto
Approvazione
•
•
Equipe operativa ( Architetti, ingegneri, sociologi,
tecnici, responsabile dei finanziamenti)
Imprese costruttrici
abitanti, associazioni sociali, Comune, Organismo di
gestione.
GAD
GAD
FASE 3 Elaborazione del progetto
•
•
Elaborazione del progetto
Presentazione alle parti interessate
•
•
•
•
•
Invio del progetto
Approvazione
Finanziamento
•
•
•
Equipe operativa
Abitanti, associazioni sociali, Comune, Organismo di
gestione.
GAD
GAD
Stato, Regione
•
•
Imprese costruttrici
Abitanti, équipe operativa
FASE 4 Sperimentazione su di un edificio-test
•
•
Sperimentazione su di un edificio test
Valutazione dell’esperienza
FASE 5 Messa a punto del programma di inizio lavori
•
•
Realizzazione per trance
Modifiche in corso d’opera
•
•
Imprese costruttrici
Imprese costruttrici
•
Utenti, équipe operativa
FASE 6 Verifica alla fine dei lavori
•
Valutazione dell’operazione
151
CAPITOLO SECONDO
•
Modifiche necessarie
•
Imprese costruttrici
Abitanti, équipe operativa, associazioni sociali,
organismi di gestione, Comune
Imprese costruttrici, Organismi di gestione
FASE 7 Programma di post-riqualificazione
•
Analisi della situazione dopo la riqualificazione
•
•
Modifiche necessarie
•
2.4 Tre casi studio francesi: i quartieri Les Minguette, La
Courneuve e Port de Bouc
Nell’immediato dopoguerra la Francia si trova a dover affrontare un
grave deficit abitativo. Per poter rispondere ai fabbisogni reali
occorre aumentare in maniera considerevole la produzione di alloggi;
vengono elaborati alcuni principi qualitativi, in realtà estremamente
semplificatori e generici (spazi verdi, igiene) e istituiti gli strumenti
legislativi intesi a facilitare gli interventi delle pubbliche
amministrazioni, quali le Zones à Urbaniser Priorité (ZUP), strumento
urbanistico ideato per favorire la produzione industriale di alloggi
sociali.
Nel periodo compreso tra gli anni cinquanta e sessanta vengono
quindi costruiti milioni di alloggi sociali, situati prevalentemente
all’interno di grandi insediamenti residenziali che si volevano
autosufficienti, presto divenuti quartieri dormitorio. Nel corso di
pochi anni la politica dei grands ensembles viene abbandonata in
quanto, pur avendo risposto sul piano della quantità al fabbisogno
abitativo, è risultata fonte di numerosi problemi: il principale è quello
della segregazione fisica e sociale, che trova le sue cause sia nella
lontananza fisica dei nuovi quartieri dai centri urbani e nella mancanza
di collegamenti con la città, sia nel precoce invecchiamento del
costruito, dovuto in parte alla mancanza quasi totale di metodi di
controllo qualitativi all’epoca delle realizzazioni, sia, soprattutto,
all’alto grado di omogeneità della popolazione, dato che in questi
quartieri sono stati concentrati abitanti a basso reddito, con un alto
tasso di disoccupazione e basso livello di istruzione.
La situazione di degrado in cui versano i grandi quartieri periferici
francesi si riscontra in molte città europee, in maniera relativamente
simile.
Anche in Italia si sta assistendo, in questi ultimi anni, come ho già
accennato, ad un aggravarsi dei problemi, soprattutto di ordine
sociale, in alcuni quartieri periferici, con modalità naturalmente
diverse, sia per la dimensione del fenomeno ( i quartieri francesi
hanno estensioni di gran lunga maggiori rispetto ai nostri e sono in
numero maggiore), sia per la diversa struttura sociale della
popolazione.
In ogni caso indagare l’esperienza francese, non solo in “astratto”,
152
ma attraverso casi di
riqualificazione significativi
come Les Minguettes, La
Courneuve e il caso di Port
de Bouc, può essere utile
per analizzare come le
strategie di intervento,
precedentemente descritte,
siano state applicate e come
possano essere applicate
anche in Italia.
La riqualificazione di Les
Minguettes è interessante
perché esplica il programma
di riqualificazione nella sua
interezza
CAPITOLO SECONDO
La Courneue
Port de Bouc
Le Minguettes
grazie anche allo sviluppo di diverse operazioni di tipo sociale; il caso
dell’edificio Robespierre alla Courneuve è stato preso ad esempio
poiché mostra come la riqualificazione di un edificio può avvenire
senza il trasferimento in altro loco degli abitanti; infine il caso di Port
de Bouc chiarisce attraverso quali mezzi si può avviare la
partecipazione degli abitanti.
153
CAPITOLO SECONDO
2.4.1 Les Minguettes e la riqualificazione
sociale
Les Minguettes fu costruito per rispondere al forte
bisogno abitativo dovuto all’ondata di immigrazione che
investì Lione negli anni sessanta a causa dello sviluppo
delle industrie chimiche ed automobilistiche. Il quartiere
è situato alla periferia di Lione e, più precisamente, nel
Comune di Vénissieux ed è formato da 14 distretti in di
tre torri ciascuno, per un totale di 9500 alloggi, 63 torri di
17 piani ed edifici in linea di otto piani.
Con la costruzione di Les Minguettes la popolazione di
Vénissieux passò da 35000 a 65000 abitanti.
La maggior parte degli alloggi sono stati costruiti per
famiglie numerose, composti da 3-5 stanze.
Nel 1977 Les Minguettes iniziò a mostrare i maggiori
problemi: il quartiere generava un senso di insicurezza,
proprio mentre la diminuzione del costo degli affitti a
Lione portava la maggior parte delle famiglie francesi ad
abbandonarlo per cercare alloggi migliori. Questo
abbandono e, di conseguenza, l’aumento degli alloggi
sfitti creò instabilità. Negli stessi anni gli HLM (organi
proprietari) iniziarono a offrire gli alloggi vuoti ai nuovi
immigrati provenienti dal Nord Africa, con la
conseguenza di un ulteriore abbandono da parte delle
poche famiglie francesi rimaste nel quartiere.
Nel 1977 c’erano 700 alloggi vuoti e nessuna domanda di
trasferimento nel quartiere di Les Minguettes.
La reazione dei residenti francesi alla concentrazione di
popolazione nord-africana portò il Comune ad introdurre
restrizioni all’accesso degli alloggi da parte di immigrati,
nel tentativo di stabilizzare la situazione, ma il sempre
crescente livello di alloggi vuoti e la situazione di
degrado provocarono maggiore insicurezza e
diminuzione dei servizi.
Nel 1979 gli alloggi vuoti diventarono 2400 (quasi un
terzo del totale) e la popolazione passò da 35000 a 20000
abitanti, di cui il 13 % erano nord africani.
La situazione era molto critica (più della metà dei giovani
Nord africani erano senza lavoro, esistevano grossi
problemi di coabitazione tra le diverse etnie) tanto che,
nell’estate del 1981, scoppiò un violentissimo scontro tra
i giovani nord africani e la polizia.
154
CAPITOLO SECONDO
Questo evento costrinse il Governo, le autorità locali, il
Comune di Vénissieux, la Città di Lione e gli HLM ad
entrare in azione.
Les Minguettes era, in realtà, solo la punta dell’iceberg,
infatti, il forte boom economico di Lione degli anni
settanta aveva portato alla realizzazione di altri quartieri
come Les Minguettes con le stesse problematiche:
cattiva qualità delle costruzioni, isolamento rispetto alla
città, mancanza di servizi sociali e scolastici, tensioni tra
gli abitanti di nazionalità francese e le altre etnie.
Nel 1981 il sindaco di Grenoble, M.Dubedout, fu
incaricato dal Primo Ministro di stilare un rapporto sulle
problematiche di quartieri come Les Minguettes.
Uno dei più interessanti argomenti trattati da Dubedout
nel suo rapporto era la necessità di integrare i giovani
nord africani nella vita dei quartieri; infatti l’ostilità
dell’ambiente in cui erano inseriti, l’isolamento dalla vita
urbana e sociale, la mancanza di lavoro avevano causato
il collasso.
“Inserimento” diventò la parola chiave nella battaglia per
incorporare i quartieri come Les Minguettes nella città.
La Commission Nationale pour le Dèveloppement
Social des Quartiers istituita nel 1981, il cui scopo è
quello di intraprendere una politica globale di lunga
durata per le zone urbane in difficoltà, teatro di gravi
problemi sociali, degrado dell’habitat, disoccupazione,
criminalità inserì Les Minguettes, insieme ad altri 24
quartieri, in uno speciale programma di riqualificazione.
Nello stesso anno gli HLM responsabili di Les
Minguettes istituirono un’associazione chiamata
AGELM per coordinare il nuovo approccio verso il
quartiere: era necessario stabilire un dialogo con gli
abitanti per capire ciò che non andava e creare una
immagine positiva del quartiere e, per fare questo, era
inevitabile demolire alcuni edifici del quartiere, in quanto
troppo denso, troppo oppressivo, troppo grande.
Venne creata anche un’agenzia per gestire i nuovi gruppi
di persone che arrivavano nel quartiere.
Il programma di riqualificazione di Les Minguettes
coinvolse lo Stato, la Commission Nationale pour le
Dèveloppement Social des Quartiers, la Regione, la città
di Lione, il governo locale ed altri pubblici servizi come la
Cassa dei Fondi Famigliari, gli organi proprietari.
Gli scopi principali della riqualificazione erano:
- salvare Les Minguettes;
- ristabilire la popolazione;
- integrare il quartiere alla città di Lione;
- integrare le diverse etnie presenti nel quartiere ed
incoraggiare i francesi a tornare nel quartiere;
- dimostrare che anche i quartieri di edilizia sociale
possono diventare attraenti.
155
CAPITOLO SECONDO
2.4.2
Le demolizioni
La riqualificazione del quartiere iniziò con la demolizione
di alcune torri particolarmente degradate.
Quattro torri nell’area di Monmousseau in pessimo stato
e quasi disabitate furono demolite e, al loro posto,
vennero creati dei giardini e piantati degli alberi grazie
alla collaborazione dei giovani residenti del quartiere.
Una seconda area di Les Minguettes, Démocratie,
composta da dieci torri per un totale di 600 unità, era in
cattivo stato. Gli abitanti, infatti, si erano spostati
gradualmente in aree migliori del quartiere lasciando il
distretto in situazione di abbandono.
Nel 1985 Démocratie era completamente abbandonato e,
per anni, fu oggetto di una disputa tra la Citta di Lione e
l’HLM: demolizione o recupero?
Nel 1989 venne creata un’équipe di architetti-urbanisti17
per studiare un progetto di recupero per Démocratie. Gli
architetti incaricati dichiararono che era necessario
demolire cinque torri per poter avviare il processo di
riabilitazione del quartiere.
Dopo questo progetto gli edifici rimasero vuoti e in
cattivo stato per altri cinque anni fino al 1994 quando
tutti i partners concordarono che l’unica soluzione per
iniziare il processo di riqualificazione di Démocratie era
la demolizione delle cinque torri.
2.4.3
La riqualificazione
La riqualificazione di Les Minguettes iniziò nel 1983 e le
diverse parti del quartiere hanno ricevuto trattamenti
differenti.
Un blocco venne riqualificato e trasformato in piccoli
alloggi per gli studenti dell’Università di Lione e,
nell’edificio venne inserito anche un bar usufruibile da
tutti gli abitanti del quartiere.
Un altro edificio fu dato ad un college di Lione, Bioforce,
e venne quindi trasformato in un centro residenziale e di
addestramento al lavoro che ebbe molto successo.
Altri edifici vennero riqualificati per le giovani coppie
francesi, per creare il mix sociale che era andato
scomparendo.
Un importante cambiamento, apportato a quasi tutte le
torri, fu la riqualificazione dei piani terra e dei primi piani,
trasformati in locali comuni per gli abitanti o in attività di
17
Tra i progettisti: Jean Patrick Fortin e Pierre Rapin
156
CAPITOLO SECONDO
commercio; in questo modo, il livello strada divenne più
vivibile.
Venne realizzata una piscina, una chiesa cattolica, una
moschea, un centro mussulmano, un centro sportivo,
aree gioco per bambini ed un mercato due volte la
settimana che vende prodotti di trentadue nazionalità
diverse.
Il nuovo programma incoraggiò le iniziative dei giovani,
le organizzazioni etniche e tutto ciò che poteva rendere
vivo e vivibile Les Minguettes.
2.4.4 Le iniziative sociali
Uno speciale progetto venne attuato, in uno dei tanti
edifici di Les Minguettes.
Questo progetto impiegò le giovani donne africane a
lavorare con la prima generazione di famiglie che erano
immigrate dall’Algeria. Queste famiglie avevano grossi
problemi di inserimento nel quartiere e di adattamento e
questo programma, permise di cambiare la loro
situazione, tanto che divenne famoso e venne
riconosciuto dalla società francese.
Molti progetti vennero istituiti per i giovani e per i
bambini, soprattutto sotto il profilo educativo.
Fu realizzata una scuola che ebbe ottimi risultati e, dal
1982, i giovani residenti vennero inseriti in programmi di
vacanze estive ( campeggi al mare o in montagna ).
In quegli anni circa 2000 giovani tra i 16 e i 25 anni non
avevano un lavoro.
Il programma di riabilitazione offrì lavoro ai residenti nei
servizi di manutenzione e pulizia, inoltre Les Minguettes
faceva parte di un progetto pilota nazionale,
sponsorizzato dall’Unione Nazionale delle HLM, per lo
sviluppo del lavoro con il fine di:
- creare il massimo accesso al lavoro;
- facilitare il cambio di destinazione d’uso degli edifici per
creare diverse attività;
- supportare la creazione di servizi locali.
Questo progetto permise di inserire nel mondo del lavoro
molti giovani del quartiere.
2.4.5 Le procedure per la riqualificazione
Gli importanti cambiamenti raggiunti a Les Minguettes si
devono al modo con cui le HLM hanno condotto il
processo di riqualificazione ed ai metodi utilizzati.
Vennero apportati, infatti, diversi cambiamenti ed
innovazioni per quanto riguarda la gestione del
programma di riqualificazione, attraverso:
- l’istituzione nel quartiere di uno staff con competenze
sociali per occuparsi dei problemi di gestione del
quartiere stesso;
- la maggior responsabilità ai custodi - gardiens ouvriers
- degli edifici;
157
CAPITOLO SECONDO
- la consultazione con gli abitanti prima di qualsiasi
operazione;
- la creazione di un centro sociale per incoraggiare le
iniziative locali;
- finanziamenti ai residenti per incentivare l’apertura di
nuove attività,
- la creazione di una agenzia immobiliare per l’affitto degli
alloggi nel quartiere.
Ogni HLM aprì un ufficio nel distretto di sua proprietà
con competenze diverse (sociali, commerciali..). I loro
compiti erano quelli di: occupare gli alloggi, stabilizzare la
comunità esistente, incentivare i servizi ed incrementare
il livello sociale degli abitanti e la diversità razziale del
quartiere.
I richiedenti di alloggi vennero incoraggiati a scegliere le
loro future abitazioni tra quelle sfitte e i residenti,
potevano muoversi all’interno del quartiere scegliendo
tra gli alloggi vuoti ristrutturati.
In questo modo il sistema dell’affitto divenne più
flessibile, più personale e più corretto e permise di ridurre
drasticamente il numero degli alloggi vuoti.
L’equivalente di cento alloggi fu riconvertita in attività
commerciali o servizi per la collettività ed altri 100 in
piccoli alloggi per studenti o per giovani famiglie.
Ogni edificio aveva un interlocutore sociale a cui i
residenti potevano rivolgersi ed esporre i loro problemi.
Giorno dopo giorno la gestione del quartiere venne
migliorata, così come gli edifici e l’ambiente vennero
riqualificati e gli alloggi sfitti passarono da 2000 nel 1982
a 200 nel 1994.
Les Minguettes fu riqualificata attraverso diverse
procedure che implicarono più partners, con competenze
diverse, per affrontare i problemi da più angolazioni
possibili.
I due terzi degli edifici furono riqualificati, sorsero
associazioni di abitanti, bar e negozi vennero aperti ed i
responsabili di gestione locale riuscirono ad avere il
controllo del quartiere.
L’elenco che segue mostra i cambiamenti che sono stati
apportati negli anni al quartiere Les Minguettes, mentre
la figura nella pagina successiva riassume il nuovo
approccio utilizzato per la riqualificazione.
Politica di assegnazione degli alloggi
-
nuovo sistema di affitto
nuova strategia di vendita
Gestione locale
Riqualificazione
-
-
riqualificazione con
la partecipazione
degli utenti
riqualificazione
urbana del quartiere
-
Nuovo modello
-
azioni concordate con i partners
riabilitazione a lungo termine
obiettivi concordati con gli abitanti
-
-
-
158
Decentramento del
potere di gestione
Formazione di un
nuovo staff di
gestione in loco
Ridefinizione del
compito
del
custode-gardiens
ouvriers
Programmazione
dei provvedimenti
di gestione giorno
CAPITOLO SECONDO
Sviluppo sociale
-
sviluppo di contributi sociali e di impiego per i
giovani
creazione di luoghi dove gli abitanti possono
confrontarsi e creare comunità
RIASSUNTO DELLE OPERAZIONI ATTUATE
Riqualificazione fisica:
•
•
•
•
•
•
•
limitate demolizioni
isolamento degli edifici
riduzione degli alloggi grandi e creazione di alloggi più piccoli
miglioramenti nelle piccole abitazioni
conversione dei piani terra in negozi o locali comuni
miglioramento dell’ambiente con aree a verde
ascensore e riscaldamento funzionanti
Gestione:
•
•
•
•
•
•
responsabili di gestione posti in uffici nel quartiere
gestione coordinata tra le agenzie
agenzia immobiliare nel quartiere
contatto con i residenti
consulenza finanziaria e sociale
favorita mobilità dei residenti all’interno del quartiere
Iniziative sociali:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
creazione di aree gioco
attività con i bambini
inserimento dei giovani nel lavoro
incentivi per le iniziative dei residenti
contatti con i giovani nord africani
iniziative scolastiche
contatti con la polizia
campeggi estivi per i giovani
iniziative delle donne africane per integrare le famiglie non integrate
Iniziative economiche:
159
CAPITOLO SECONDO
•
•
•
•
ricerche sulla solvibilità degli inquilini
affitti controllati e ridotti
incentivi per il cambiamento d’uso degli edifici
incentivi per la creazione di posti di lavoro.
Nota: l’impressione che io ho avuto durante la nostra visita a Les
Minguettes, durante il viaggio di Dottorato a Lione, è stata in realtà di
desolazione: torri alte con applicati pannelli prefabbricati credo per
chiudere gli alloggi ancora sfitti, edifici con dipinti colorati, in grandi
aree a verde che sembravano inutilizzate.
Forse non conoscendo come fosse il quartiere prima della
riqualificazione non sono stata in grado di coglierne i miglioramenti
fisici, o forse il vero problema di questo tipo di quartieri è alla base: è
difficile migliorare degli edifici e dei contesti urbani progettati male in
partenza, su vaste aree e di dimensioni spropositate e, soprattutto,
costruiti velocemente per soddisfare il prima possibile le richieste di
alloggi.
In realtà credo che i maggiori successi a Les Minguettes siano stati
ottenuti nella sfera della vita sociale, nel rapporto degli organi di
gestione con gli abitanti, nella creazione di organizzazioni di supporto
degli abitanti, nell’incentivazione delle loro iniziative e soprattutto nel
considerare i loro problemi e le loro necessità.
Questo ha permesso di migliorare la vita del quartiere e di risolvere i
gravi problemi che stanno alla base del degrado del quartiere stesso (
insoddisfazione degli abitanti, conflitti tra etnie diverse, delinquenza
ecc..) e, che noi, con una frettolosa visita sul posto, non siamo stati
in grado di cogliere.
160
CAPITOLO SECONDO
2.4.6
La Courneuve, i 4000 e la riqualificazione “fisica” degli edifici
161
CAPITOLO SECONDO
13.Verlaine
14. Cité des Cosmonautes
15. Barbusse
16. Balzac
17. L’Orme seul
Nel 1964 l’Ophlm18 di Parigi aveva urgente necessità di
costruire alloggi per la popolazione rimasta senza casa in
seguito ad alcune operazioni di “risanamento” di
Belleville, durante le quali interi isolati furono demoliti
perché insalubri.
L’Office possedeva un terreno di circa trenta ettari nel
comune di La Courneuve, nella banlieue nord - est della
città e, in accordo con il comune, iniziò la costruzione di
4.000 alloggi.
Per l’occasione, vista l’immediata necessità di alloggi,
venne messo a punto un nuovo sistema di
prefabbricazione, il procedimento Estiot, che consentì di
produrre 120 alloggi al mese.
Ad una velocità sorprendente venne così realizzato un
gruppo di stecche alte da quattro a sedici piani, nelle
quali trovarono posto 120.000 abitanti.
I “4000”, come venne battezzato, mostrò subito grossi
problemi: i pannelli di facciata, fissati unicamente ai
tramezzi divisori, si muovevano esageratamente per
effetto degli sbalzi termici; i giunti scricchiolavano; i
serramenti lasciavano passare aria e acqua.
Inoltre gli assegnatari degli alloggi non pagavano
l’affitto e subito il quartiere si trasformò in un quartiere
dormitorio.
Il quartiere diventò sito DSQ19 e un’équipe operativa
interdisciplinare dal 1981 lavorò per integrarlo alla città.
Nel 1982 venne indetto un concorso per la
trasformazione di una parte della città che comprendeva i
4000.
Tra i progetti presentati venne scelto quello del gruppo
Aprah20 che si avvicinava maggiormente alle intenzioni
del programma.
Il progetto si articolava intorno alla creazione di un
sistema di collegamenti tra diversi poli, esistenti e futuri,
al fine di inserire il quartiere dei 4000 nel tessuto urbano;
inoltre intendeva promuovere una “urbanità” specifica di
questa periferia, creando dei quartieri con tipologie
18
Office public d’Habitations à Loyer Modéré
Développement social de quartiers
20
Formato dagli architetti Douaire, Laisney e Gulgonen
19
162
CAPITOLO SECONDO
abitative differenziate, tenendo conto del tessuto e degli
edifici preesistenti.
La trasformazione dei 4000 consisteva prevalentemente
nell’ampliamento degli alloggi e nell’aggiunta di logge e
balconi.
Vennero pensate delle doppie facciate continue che
collegavano gli edifici più bassi dando luogo a dei
percorsi porticati lungo i piani terra, dove è previsto
l’inserimento di attività commerciali.
Il progetto vincitore non venne approvato dalla
municipalità, ma vennero comunque realizzate alcune
operazioni frammentarie, cercando di mantenere costanti
le linee guida generali.
Dopo lunghe trattative la gestione dei 4000 passò da
l’Office di Parigi a quello della Courneuve e
l’immediata conseguenza di questo passaggio furono
una serie di interventi di ordinaria manutenzione
all’interno del quartiere.
Nel luglio 1983 venne stanziato un finanziamento di
cinquanta milioni di franchi per i 4000, accompagnato
dall’ingiunzione di iniziare i lavori di recupero entro la
metà di agosto.
Il 18 febbraio del 1986 venne demolito l’edificio Debussy,
una stecca di 16 piani e, questa demolizione rappresentò
un momento importante per la riabilitazione del quartiere.
In principio l’intenzione della municipalità era di demolire
completamente una serie di stecche, in particolare quelle
orientate est - ovest, ma le reazioni negative seguite alla
demolizione di Debussy ed alcune riflessioni sull’elevato
costo economico e sociale delle demolizioni, portarono
ad un cambiamento di rotta.
Venne rivalutato il progetto di Paurd, Germe e Laurent
Israel, che considerava le stecche come elementi
integranti del quartiere e della città contemporanea.
Il primo gruppo di edifici ad essere rinnovato fu Villon,
quattro piccole stecche di quattro piani, nella zona sud
dei 4.000. L’operazione venne affidata all’Aprah.
Gli interventi architettonici riguardavano: ampliamento
delle superfici degli alloggi, ottenuto con l’aggiunta di
elementi esterni alla facciata e conseguente
trasformazione dei volumi, operazioni di arredo urbano
nello spiazzo quadrato antistante gli edifici.
L’intervento
sull’edificio
Verlaine,
parallelo
all’autostrada, venne affidato a Bernard Paurd, che
considerava la ristrutturazione di questo edificio alla
stregua del restauro di un monumento storico.
Verlaine tornò ad assumere il suo aspetto e i suoi colori
originari, vennero rifatti i giunti, i serramenti nuovi ed un
sistema di collegamento dei pannelli di facciata ad
apposite piastre, la trasformazione interna degli alloggi e
degli ingressi degli edifici ed infine vennero aggiunti
piccoli giardini agli appartamenti al piano terra.
Sempre di Paurd è il progetto per l’edificio Robespierre
(che spiegherò nel prossimo paragrafo) , più radicale del
precedente; si tratta di una delle stecche più alte dei
163
CAPITOLO SECONDO
4000, quindici piani, orientata nord - sud. Con
l’eliminazione di alcuni pannelli di facciata e sui lati corti
dell’edificio e l’abbassamento di alcune parti di esso
sono state create delle logge. In altri punti l’aggiunta di
una struttura a torre ha permesso di ingrandire gli
appartamenti e di dotarli di logge.
Laurent Israel ha progettato il rinnovamento dell’edificio
Balzac, il cui orientamento est - ovest faceva sì che un
lato degli appartamenti rimanesse sempre in ombra.
L’idea fu quindi quella di aprire delle finestre
monumentali, eliminando completamente alcune parti
dell’edificio, operazione relativamente facile data la
struttura dei pannelli e modificandone completamente i
volumi.
2.4.7
Riqualificazione
Robespierre alla Courneuve
dell’edificio
L’edificio Robespierre, riqualificato da Bernard Paurd e
situato nel quartiere dei 4000 alla Courneuve, è lungo
130 metri, largo 10 per 15 piani di altezza e comprende
307 alloggi.
Bernard Paurd ha cercato attraverso l’aggiunta di logge
di diverse forme di eliminare l’esagerata linearità
dell’edificio e di creare al di là dello spazio abitabile, che
ha un unico orientamento, un prolungamento che
permette agli abitanti di avere una visuale più ampia
dell’intorno e di creare anche un rapporto con i vicini.
L’impresa costruttrice Bateg, che ha collaborato con gli
architetti nella progettazione, ha messo a punto un
sistema senza utilizzo di ponteggio. Le logge sono state
messe in opera attraverso una piattaforma autoelevatrice
di geometria variabile, che si elevava nel momento della
messa in opera e si adattava ai contorni della loggia.
164
CAPITOLO SECONDO
-Smontaggio dell’albero
della passerella autoelevatrice
- Messa in opera della
piattaforma al P.6
- Preparazione del
bloccaggioper il balcone
- Messa in opera del
- Dopo l’ancoraggio
balcone prefabbricato
spostamento della
- chiusura delle briglia
piattaforma e
dell’albero
anti-sollevamento
passerella.
- Messa in opera del
parapetto metallico
Questo metodo ha permesso di montare un balcone con
parapetto e porta finestra nuova al giorno senza
disturbare eccessivamente gli abitanti.
Questi balconi sono stati installati sia negli appartamenti
di cinque stanze che in quelli di due stanze ed offrono un
prolungamento esterno del soggiorno di buona
dimensione, a seconda del taglio degli alloggi ( 10mq.,
4mq.).
Dall’undicesimo al quattordicesimo piano le logge sono
state chiuse da vetrate, a causa dell’altezza, diventando
dei giardini d’inverno.
In corrispondenza degli ingressi è stato applicato un
corpo in cemento armato che, al piano terra, crea un atrio
coperto più ampio, mentre agli altri piani crea un loggiato
in corrispondenza del il soggiorno e della cucina degli
alloggi.
I pannelli di facciata esistenti sono stati ricoperti di
polistirene e da un rivestimento in fibra di vetro con una
finitura in resina di diversi colori.
All’interno, negli alloggi, sono stati rifatti gli impianti di
riscaldamento, quelli idraulici, i bagni ed i rivestimenti.
Tutte le operazioni di riqualificazione sono state
effettuate con gli abitanti sul posto.
E’ stato creato un “bureau”, per tutta la durata del
cantiere, in cui gli abitanti potevano esprimere loro
domande e le loro perplessità sui lavori ed un giornale di
informazioni che spiegava l’avanzamento dei lavori ed in
che modo gli abitanti si dovevano preparare alla
riqualificazione dei loro alloggi.
165
della
CAPITOLO SECONDO
L’intervento di riqualificazione si basava sulla
valorizzazione delle risorse, sul contenimento della
densità, sull’umanizzazione degli spazi, e sulla gestione
obbligatoria e necessaria dei vari problemi che
quotidianamente si pongono ovunque.
Questo progetto venne presentato agli abitanti del
quartiere, in modo da coinvolgerli ed ottenere la loro
adesione all’iniziativa.
La partecipazione degli abitanti era necessaria per la
buona riuscita dell’operazione, per cui vennero previste
una serie di iniziative, di presentazioni, di incontri e di
dibattiti con gli abitanti, affinché fosse molto chiaro che
cosa il progetto implicava.
Il progetto è stato inoltre caratterizzato dalla
contrattualizzazione di tutte le relazioni instaurate in
riferimento all’operazione: nel rapporto stabilitosi con gli
organismi statali, regionali e locali; negli accordi
sottoscritti con le associazioni locali degli inquilini circa
la natura dei lavori da effettuarsi, i loro costi ed i relativi
aumenti del canone d’affitto; nel rapporto con i singoli
residenti, poiché la realizzazione richiedeva il
trasferimento di circa duecento famiglie. Per ogni famiglia
è stato quindi stipulato un contratto di rilocazione che
prevedeva particolari condizioni di alloggio, oltre che le
varie modalità relative al trasloco ed al trasferimento.
Fu formalizzato un accordo con lo Stato, con la Regione
e con l’Amministrazione Civica, la quale aveva un grande
interesse nella realizzazione del progetto ed ha svolto un
ruolo molto importante, soprattutto a livello di
coinvolgimento degli abitanti, invitando questi ultimi ad
una presentazione tenutasi presso il Municipio.
L’intervento urbanistico prevedeva la creazione di una
spiaggia in seguito alla sistemazione della zona litorale.
Era necessario che il quartiere si aprisse verso l’esterno e
questo obiettivo è stato raggiunto mediante la
costruzione e la valorizzazione di strade e piazze. Nel
quadro dell’accordo tra i soggetti committenti del
progetto, l’Amministrazione Civica è intervenuta sulla
rete viaria e stradale creando un boulevard diretto verso
il centro della città.
Il progetto prevedeva, inoltre, la complessiva
valorizzazione degli spazi pubblici del quartiere, la cui
gestione è passata all’Amministrazione pubblica in modo
da poter rendere più regolare ed efficace il relativo
servizio di manutenzione.
Un altro punto molto importante del programma
riguardava, come ho già accennato, l’integrazione della
popolazione nel quartiere, quindi questa operazione
necessitava un gran lavoro di comunicazione e di
relazioni con i residenti.
Per questo motivo è stato creato un Atelier de
réhabilitation, una sorta di sportello aperto tutti i giorni
nella piazza principale, presso il quale i residenti
potevano recarsi per esprimere i loro problemi e le loro
osservazioni.
167
CAPITOLO SECONDO
L’Atelier si proponeva come punto di incontro e di
scambio, presso il quale una volta al mese avevano
luogo anche gli incontri con le varie associazioni degli
inquilini, presso il quale venivano definite le azioni da
mettere in atto in collaborazione con il centro sociale
vicino, con le associazioni giovanili, con le
rappresentanze delle varie realtà locali e presso il quale si
incontravano le scuole. Si è tentato, inoltre, con una
certa difficoltà, di sviluppare in collaborazione con
alcune realtà imprenditoriali una politica di sviluppo
economico.
Per rendere operativo il progetto sono stati reclutati una
trentina di giovani residenti nel quartiere e
l’Amministrazione Locale, analogamente, ha reclutato
alcuni giovani affidando loro la gestione del bar sulla
spiaggia.
Nell’Atelier si svolgevano anche gli incontri con i
residenti per le questioni degli affitti non versati,
tentando di coinvolgere i vari soggetti istituzionali per
alleviare le difficoltà economiche dei singoli nuclei
familiari.
Il progetto necessitava, inoltre, la riduzione degli alloggi
(200 per la precisione), per renderli più “umani”, e questo
obiettivo è stato raggiunto privando gli edifici degli
ultimi piani.
Uno studio climatico condotto da un’agenzia inglese
stabilì che gli effetti del Mistral potevano essere smorzati
praticando una serie di fori negli edifici, così da
compensare la violenza delle raffiche creando delle
depressioni. Sono stati quindi praticati questi fori che,
oltre ad avere un’importante incidenza a livello climatico,
alleggeriscono la struttura degli edifici e rendono più
luminoso l’interno dei condomini.
Sono state sacrificate alcune abitazioni in facciata per
costruire scale e pianerottoli ben esposti.
Un altro obiettivo del programma è stato di istruire ed
educare i residenti ad alcune fondamentali regole di vita
e civiltà, affinché gli edifici non si ritrovassero presto in
condizioni di degrado simili alle precedenti.
Il progetto di riqualificazione si sta ancora sviluppando e
prevede ancora delle operazioni di nuove costruzioni, di
recupero e di demolizioni per la creazione di spazi da
destinare ad uffici.
“In ogni caso sussistono ancora grossi problemi per la
riqualificazione di questo quartiere che sono
essenzialmente riconducibili:
- alle dinamiche economiche;
- al mantenimento della sicurezza nel quartiere;
- alla logica delle politiche commerciali che, privilegiando
la grande dimensione finisce col soffocare la piccola
realtà, mentre per creare dei quartieri, per creare delle
città, il loro ruolo sarebbe molto importante.”22
22
Cit.Patrick Cassoudesalle in “Riqualificazione delle
periferie urbane: confronto tra esperienze francesi ed
168
CAPITOLO SECONDO
Bisogna dire però che questo intervento ha offerto lo
spunto per coinvolgere la gente, le associazioni e le
Amministrazioni Pubbliche e che L’Atelier ha svolto,
quindi, un autentico ruolo di scambio e di incontro e ha
costituito un elemento fondamentale nel processo di
riqualificazione.
RIQUALIFICAZIONE SPAZIALE
SPAZIO PUBBLICO
• Verde
•
•
Aree gioco/sosta
Aree adiacenti agli edifici
EDIFICIO
• Ridistribuzione degli
alloggi e differenziazione
delle tipologie
ALLOGGIO
• Aumento superfici minime
studenti, giovani coppie, anziani
• Percorsi pedonali
• Ridimensionamento strade
• Creazione di vani ingressi e
scala più grandi
• Raddoppio delle facciate
• Creazione di logge e
balconi
• Rifacimento impianti
elettrico, idraulico, riscaldamento
• Rifacimento facciata
• Inserimento nuove attività
• Inserimento centri sociali,
uffici amministrativi, locali
comuni per gli abitanti
• Isolamento termico esterno • Isolamento termico interno
• Isolamento acustico
• Rifacimento rivestimenti interni
• Riutilizzo piani terra per
inserimento attività
commerciali/artigianali/
sociali
• Collegamento al centro
urbano
italiane”, Ega Edizioni 1997.
169
CAPITOLO SECONDO
.
2.5 Gli esiti delle politiche di riqualificazione
Gli esempi che ho illustrato dimostrano che il degrado degli edifici è
spesso la conseguenza e non la causa dell’emarginazione degli
abitanti e del quartiere stesso. Le cause sono da ricercarsi nel mal
funzionamento dei servizi, nella carenza di attività commerciali, nella
disoccupazione, nei carenti collegamenti tra i quartieri e la città.
Il recupero degli edifici resta comunque il punto di partenza di ogni
operazione, e questo momento è il principio di una collaborazione tra
gli abitanti, gli organismi di gestione e l’amministrazione locale per
comprendere le reali necessità e proporre delle soluzioni idonee.
La riabilitazione degli alloggi costituisce contemporaneamente un
elemento centrale per il miglioramento della vita degli abitanti, ma è
assolutamente indispensabile un maggior coinvolgimento degli abitanti
nell’elaborazione dei progetti, in modo da non incontrare resistenza di
fronte a dei cambiamenti.
Gli interventi che riguardano unicamente la manutenzione, sia essa
ordinaria o straordinaria, senza intaccare la destinazione d’uso degli
edifici non sono sufficienti. La necessità è quella di diversificare
l’offerta, trasformando alcuni appartamenti in uffici, negozi, locali di
lavoro e sedi associative.
Quindi, se da un punto di vista dei problemi tecnici, i risultati di
recupero in genere sono positivi, non si può dire lo stesso in quei casi
in cui i problemi sociali sono gravi. In questo caso i risultati sono
fragili ed in alcuni quartieri si rendono così necessari ulteriori
interventi tecnici dopo pochi anni, come ad esempio nel caso di
alcuni edifici della Courneuve.
E’ importantissimo, quindi, che le operazioni di riqualificazione fisica
degli edifici e del contesto urbano vengano accompagnate da una
riabilitazione sociale attraverso la collaborazione di associazioni
sociali e di supporto per gli abitanti.
In Francia nel corso degli ultimi due decenni, i dispositivi di intervento
170
CAPITOLO SECONDO
hanno subito un’evoluzione, inglobando le problematiche sociali
come abbiamo visto nel caso di Les Minguettes.
Un altro grosso problema che sorge durante la riqualificazione è
quello della presenza degli abitanti: è difficile operare su di un edificio
se gli utenti non vogliono abbandonare i loro appartamenti.
L’esempio che ho descritto mostra come è possibile intervenire su di
un alloggio senza fare in modo che l’utente debba abbandonarlo. E’
necessaria una forte collaborazione tra il progettista e il costruttore e
lo stesso inquilino che, informato sul modo di prepararsi per
l’operazione, permette di rendere più veloci i lavori.
La partecipazione, l’informazione e, soprattutto, il consenso degli
abitanti stanno alla base del successo di un’operazione di
riqualificazione e questo aspetto è il punto forte delle operazioni di
riabilitazione francesi; infatti, da almeno una decina d’anni, tutti gli
interventi non vengono solo discussi preventivamente ed in corso
d’opera con i destinatari, ma vengono anche pubblicizzati, cioè
diventano oggetto di comunicazione di massa, cosa che contribuisce
a chiarire preventivamente gli eventuali conflitti e promuove
partecipazione.
In sintesi l’aspetto più importante del processo di riqualificazione
francese è la multi-dimensionalità dell’approccio come risposta al
problema del degrado dei quartieri: perché la riabilitazione di un
quartiere di edilizia sociale abbia successo, è necessario affrontare
tutti i problemi che stanno alla base del processo di degrado (sociali,
economici, tecnici, gestionali..) attraverso la collaborazione di diversi
partners , con competenze specifiche, attraverso il coinvolgimento
delle organizzazioni in loco, che sono interessate al successo
dell’operazione di riqualificazione ed infine, come ho già accennato
più volte, attraverso il coinvolgimento degli abitanti.
171
CAPITOLO SECONDO
172
CAPITOLO TERZO
CAPITOLO TERZO
La riqualificazione dei quartieri pubblici degradati nel contesto
lombardo/milanese:
procedure, soluzioni tecnico/operative, risultati
169
CAPITOLO TERZO
3.1 Il processo “tradizionale” di riqualificazione dei quartieri
Aler
Fino ad ora gli interventi eseguiti nei quartieri di edilizia economica e
popolare si sono per lo più limitati alla esecuzione di opere indifferibili
per ovviare a stati di pericolo (spesso a seguito di ingiunzioni
comunali), o ad operazioni di manutenzione straordinaria (rifacimento
facciate, sostituzione gronde e pluviali..) piuttosto che di
adeguamento degli impianti elettrici, degli impianti idrico-sanitari, di
rifacimento delle canne fumarie e di adeguamento al D.M. 236/89
attraverso l’introduzione di ascensori che, in alcuni casi, non sono
nemmeno funzionanti.1
Tale situazione di interventi a pioggia ha comportato una
parcellizzazione delle risorse stanziate, tra l’altro esigue, a fronte delle
necessità e delle dimensioni del patrimonio d’edilizia residenziale
pubblica in degrado.
La mancata attuazione nel tempo di risolutivi interventi di recupero
che considerassero anche l’aspetto sociale ha provocato quale
duplice conseguenza un utilizzo improprio ed insoddisfacente di un
consistente numero di alloggi e l’impossibilità di realizzare un
ricambio generazionale della popolazione dei quartieri che tendono a
diventare un ghetto per anziani.2
Ma quali sono le cause fondamentali che hanno impedito di
riqualificare in modo più sostanziale i quartieri di edilizia economica e
popolare?
Forse le cause principali sono da imputarsi ai seguenti fattori:
1. Un approccio dello Iacpm negli interventi di recupero molto
astratto e scarsamente attento alla complessità delle fasi, poco
disponibile al confronto con l’utenza interessata per quanto
riguarda l’informazione, e quindi l’acquisizione di consenso, sugli
obiettivi del progetto;
2. una struttura organizzativa di gestione degli interventi che,
essendosi formata nei periodi in cui l’Ente era sostanzialmente
costruttore, non ha maturato sufficienti attitudini e competenze per
interventi di “accompagnamento sociale” di queste realtà, dove la
1
Nel quartiere San Siro, per esempio, vi sono ascensori installati da circa
quattro anni non ancora funzionanti.
2
In alcuni quartieri le condizioni degli alloggi sono così problematiche che
vengono rifiutati dagli aventi titolo e anche dagli sfrattati determinando
condizioni che favoriscono un sempre più consistente insediamento di
occupanti senza titolo.
170
CAPITOLO TERZO
presenza dell’inquilinato rende molto laboriosa l’intervento di
recupero;
3. finanziamenti pubblici in cui non compare mai la voce
“partecipazione sociale” e che condizionano pesantemente i tempi
di attuazione dei progetti di riqualificazione, non permettendo in
ogni caso un progetto di partecipazione degli utenti (che come
sappiamo abbisogna di grandi risorse finanziarie e tempi piuttosto
estesi);
4. mancato collegamento tra l’attività dell’Istituto e le altre agenzie
sociali del territorio. Ciò produce effetti a volte drammatici. Inoltre
a Milano si sono distribuiti numerosi alloggi per pubblica
emergenza e si è dismessa una quota significativa del patrimonio
attraverso le vendite, il che rende sempre più critica l’offerta di
abitazioni a basso costo.
Nel 1992 il Consiglio d’Amministrazione dello Iacpm ha avviato un
processo di studio sui quartieri storici dello Iacpm3, i cui risultati e
idee progettuali sono sintetizzati nel Libro bianco4 e successivamente
nel Libro verde5 che formula le proposte operative per i singoli
quartieri.
In questi libri viene fatta un’analisi accurata della situazione
demografica, del degrado edilizio, della mobilità ed accessibilità
urbana, degli aspetti manutentivi dei quartieri storici di Milano6 ma
manca il coinvolgimento degli abitanti, non vengono indagati i loro
bisogni e loro esigenze e ciò si è riflesso anche durante la stesura del
piano di riqualificazione di questi quartieri che, se da un lato ha avuto
il pregio in termini quantitativi di vedersi confermati dalla Regione
Lombardia tutti i finanziamenti statali, dall’altro ha avuto il grosso
limite di essere stato concepito “a tavolino”, senza misurarsi
preventivamente con il contesto sociale .
Una delle eccezioni che merita di essere citata, perché ha dimostrato
come si potrebbe intervenire nelle azioni di recupero del tessuto
edilizio esistente, è rappresentata dal lavoro partecipato che si è
sviluppato e che continua a svilupparsi nella riqualificazione del
quartiere Mazzini.
Oggi il tema della riqualificazione come progetto / sviluppo sociale
locale sta emergendo anche in Italia nel dibattito sui quartieri
3
Viene costituito un Comitato Tecnico Scientifico che lavora in forma
seminariale da fine gennaio a luglio del 1992.
4
Aa. Vv., Recupero dei quartieri storici di Milano, Libro Bianco, analisi e
proposte, Società editrice Edilizia Popolare, Milano 1993.
5
Aa. Vv., Programma di investimenti quadriennali 1992-1995 di edilizia
residenziale pubblica: proposte e progetti Iacpm, Milano 1995.
6
I quartieri sono: Mazzini, Stadera, Calvairate, Alzaia Naviglio Pavese, Barona,
Molise, S.Siro.
171
CAPITOLO TERZO
degradati, grazie all’istituzione dei Contratti di Quartiere che hanno
introdotto un’apertura verso la prospettiva sociale e che potrebbero
essere un’opportunità per dare una svolta al concetto di
riqualificazione fino ad ora perseguito.
172
CAPITOLO TERZO
3.2 Il Quartiere Mazzini: un primo passo
verso la riqualificazione partecipata
Il quartiere Mazzini è un insediamento residenziale
storico costruito negli anni 1926-1929 nell’ambito di un
esteso programma di nuovi quartieri popolari e “ultrapopolari” per la città di Milano (come appunto il Mazzini
ex Regina Elena) sviluppato e realizzato dallo Iacp senza
contributi pubblici.
A partire dal 1991 lo Iacp, ora Aler, ha convogliato sul
quartiere Mazzini una sequenza di finanziamenti di varia
origine per attuare una progressiva riqualificazione
dell’intero complesso
( vedi quadro sinottico degli interventi attuati) attraverso
l’adeguamento degli impianti elettrici, l’introduzione di
ascensori e opere di manutenzione straordinaria.
Il più importante degli interventi riguarda il risanamento
conservativo di un intero comparto (A), costituito da 412
alloggi di piccolo taglio distribuiti in otto fabbricati
residenziali di 4 e 5 piani, e da un edificio di 2 piani
aggiunto al comparto dopo l’ultima guerra e destinato ai
servizi.
Questi fabbricati erano stati progettati e costruiti sin
dall’origine per soddisfare l’esigenza dell’utenza più
disagiata; più di un quarto degli alloggi di questo
comparto presenta una superficie di 23/25 mq., inferiore
agli attuali minimi di legge.
L’arrivo del finanziamento per la ristrutturazione scatenò
molta ansia tra gli inquilini, generata dal timore di venire
espulsi repentinamente dagli alloggi e di ritrovarsi senza
la possibilità di esprimere pareri e quindi di essere gestiti,
anche nella vita privata, dalle scelte dello Iacp.
Dai momenti di lotta iniziale (assemblee infuocate,
blocchi stradali, occupazioni degli uffici Iacp), che
esprimevano sostanzialmente un rifiuto all’iniziativa
dell’Ente, nasce il Comitato degli Inquilini che elaborò,
grazie anche all’aiuto del Sicet7, una piattaforma
articolata per affermare innanzi tutto un diritto personale
(sentirsi sicuri e protetti nella casa in cui si vive ed
essere trattati con rispetto e considerazione), ma anche
per farsi paladini dei diritti collettivi.
Il sindacato inquilini nominò un tecnico, l’arch. Emilia
Costa, per occuparsi del progetto di riqualificazione che
tenesse conto delle richieste di:
• non stravolgere l’impianto progettuale del quartiere,
così come definito dal progetto originario dell’ing.
7
Sindacato inquilini casa e territorio
173
CAPITOLO TERZO
Broglio,8 ma partire dall’analisi dello stato di fatto per
dare una soluzione ai problemi esistenti, come la
presenza di molti appartamenti troppo piccoli, la
mancanza di sole in alcuni alloggi e l’eccessivo calore
estivo negli appartamenti con solo affaccio a ovest,
la carenza di servizi igienici e l’impianto idrico
obsoleto, la vetustà del tetto;
• effettuare una ristrutturazione incentrata sulla qualità
e cioè: risparmio energetico, buona qualità ecologica
dei materiali edili, abbattimento delle barriere
architettoniche, con tecnologie non invasive,
impianti sicuri a risparmio energetico ed idrico.
Nel settembre del 1996 ebbe inizio, per la prima volta
nella storia Iacp/Aler, una indagine presso l’inquilinato,
per verificarne la propensione al trasferimento
(indispensabile dato il tipo di risanamento).
L’Aler ritenne necessario liberare almeno un edificio
quale lotto minimo utile per iniziare i lavori e venne scelto
l’edificio che conteneva il maggior numero di alloggi già
vuoti (in quanto per dimensioni e degrado, erano da anni
rifiutati dai potenziali assegnatari).
L’operazione allarmò fortemente gli abitanti del quartiere
e si svolsero numerosi incontri ed accese assemblee
pubbliche, allo scopo di precisare meglio i contenuti ed i
vincoli del programma d’intervento.
Nel novembre del 1996, sulla base di una proposta
avanzata dalle rappresentanze dell’utenza, si costituì un
“tavolo tecnico” con la partecipazione dei tecnici
dell’Istituto incaricati di sviluppare il progetto, dei tecnici
appositamente chiamati a tutelare le esigenze
dell’inquilinato e della componente amministrativagestionale dell’Aler.
I lavori si conclusero nell’Aprile 1997 con la
presentazione di un libro bianco che esponeva le
proposte degli abitanti e chiedeva la sottoscrizione di un
protocollo d’intesa tra Aler e inquilinato in cui si
dichiarava che:
1. gli inquilini erano disponibili alla rotazione all’interno
del lotto d’intervento e quindi al trasferimento
temporaneo in un altro edificio con termine massimo
di sei mesi e con trasloco a carico dell’Aler ;
2. l’assegnazione definitiva degli alloggi integralmente
recuperati doveva avvenire nel rispetto delle
preferenze segnalate dall’utenza;
3. l’avvio e l’andamento dei lavori doveva essere
subordinato alla massima informazione da parte
dell’Ente nei confronti dell’utenza;
4. per non creare inutili situazioni di tensione sociale era
necessario programmare un incontro con le parti
interessate al fine di verificare caso per caso
8
Direttore Tecnico dell’Istituto all’epoca della
costruzione del quartiere e autore del progetto originario.
174
CAPITOLO TERZO
l’effettiva condizione socio - economica per la
definitiva soluzione abitativa.
Il libro bianco conteneva anche le proposte progettuali
per la distribuzione interna degli alloggi, proposte
successivamente riviste dall’ufficio tecnico dell’Aler
(ved. Tav. 2).
Attualmente il cantiere è ancora aperto ed ogni mese vi è
un incontro tra i comitato degli inquilini, il Sicet, e l’Aler
(in particolare la Sezione Gestione alloggi, i responsabili
della manutenzione alloggi, l’Amministrazione, ed il
responsabile del procedimento).
Avendo partecipato ad una riunione per il quartiere
Mazzini mi sono subito resa conto che mancava una
competenza sociale all’interno dell’équipe
ed un
operatore che facesse da tramite tra gli inquilini, il
cantiere e l’Aler (entrambe queste figure nei programmi
di riqualificazione francesi sono considerati basilari per la
buona riuscita di un progetto di riqualificazione).
E’ ovvio, che questo è un primo tentativo di
partecipazione cittadina ad un
processo di
riqualificazione e quindi è ancora in “rodaggio” ma,
nonostante tutto è un’esperienza significativa poiché è
un primo passo verso un processo di riqualificazione
“concertato”.
Il progetto prevede il totale rifacimento della attuale
distribuzione di piano: verranno realizzati 286 nuovi
alloggi; circa la metà di queste unità immobiliari è
prevista di taglio piccolo e destinata a nuclei familiari di
1-2 persone, in accordo alle esigenze e alle richieste
espresse dall’utenza insediata.
Il progetto prevede:
1. la conservazione ed il consolidamento dell’involucro,
delle strutture portanti, delle scale ed il ripristino dei
caratteri stilistici e dei decori di facciata degli otto
fabbricati residenziali;
2. la completa ristrutturazione della distribuzione
interna, degli impianti, degli spazi comuni e dei servizi
della residenza;
3. l’utilizzo di materiali eco-compatibili e di tecnologie
innovative, quali il sistema di ventilazione
permanente dei locali destinati a residenza;
4. la realizzazione di due nuove costruzioni interrate per
box e depositi, con copertura trattata a giardino;
5. la riqualificazione degli spazi aperti, con aumento
della presenza del verde e della sua accessibilità;
6. la manutenzione straordinaria dell’edificio di due
piani costruito nel dopoguerra, che viene migliorato
nelle sue funzioni di centro servizi alla residenza 9;
7. la manutenzione ordinaria e straordinaria di una serie
di alloggi destinati al programma di trasferimento e
rotazione dell’utenza.
9
Attualmente è parzialmente occupato da un centro di dialisi.
175
CAPITOLO TERZO
176
CAPITOLO TERZO
177
CAPITOLO TERZO
178
CAPITOLO TERZO
179
CAPITOLO TERZO
3.3 Il processo innescato dai Contratti di Quartiere
Il Decreto 22 0ttobre 1997 di approvazione del bando di gara
relativo al finanziamento di interventi sperimentali nel settore
dell’edilizia residenziale sovvenzionata, da realizzare nell’ambito di
programmi di recupero urbano denominati Contratti di Quartiere,
ha lanciato una nuova generazione di programmi di riqualificazione
urbana.
Si tratta di una iniziativa di grande rilievo per tre ragioni:
1. La prima riguarda il fatto di aver preso in considerazione per la
prima volta l’impatto sociale in operazioni effettuate sul tessuto
urbano esistente, infatti la principale critica che si può rivolgere
agli interventi di recupero e riqualificazione urbana passati riguarda
il non aver affatto preso in considerazione tale aspetto. Appare
invece evidente10 che il raggiungimento di più elevati standard di
vivibilità comporta una pluralità di azioni in settori diversi, non
potendosi affidare alla componente edilizia, seppure importante, il
ruolo risolutivo. In questo senso, anche nel tentativo di superare la
rigidità dei canali finanziari che ancora caratterizza la spesa, sono
previste intese ed accordi con altre Amministrazioni per favorire il
convogliamento di altri fondi provenienti da soggetti diversi, in
grado di contribuire alla riduzione del disagio sociale che convive
con il degrado edilizio.
2. La seconda riguarda il fatto che per la prima volta si tenta di
impostare una collaborazione tra Amministrazioni sia a livello
centrale, fra Ministeri, che a livello locale, fra i diversi attori che
operano sul territorio.
3. La terza riguarda la gestione efficace delle relazioni fra un campo
diversificato di attori direttamente coinvolti nel progetto, nei
confronti dei quali vanno attuate strategie in grado di favorire la
cooperazione.
Ma ora analizziamo con precisione i contenuti dei Contratti di
Quartiere.
10
Come ci ha insegnato il caso Francese analizzato nel precedente capitolo.
180
Con
i
Contratti
di
Quartiere per la prima
volta nei programmi di
riqualificazione si:
1. prende in considerazione
l’impatto sociale
2. tenta di impostare una
collaborazione
tra
CAPITOLO TERZO
Amministrazioni a livello centrale e locale
3. tenta di attuare strategie di cooperazione tra i diversi attori coinvolti.
3.3.1 Le finalità
L’avvio dei Contratti di Quartiere è reso possibile da una
disposizione contenuta nel comma 63 dell’articolo 2 della legge 23
dicembre 1996, n°662 nella quale veniva stabilito che una quota pari a 200 miliardi - delle maggiori entrate per gli anni 1993 e 1994
provenienti dai fondi Gescal fosse destinata per la sperimentazione.
Ciò ha permesso di far confluire le risorse finanziarie in direzione di
un programma con strutture e finalità ben individuate, invece di
frazionarle in episodi difficilmente significativi ed organizzabili in una
strategia unitaria, da cui possano derivare indicazioni importanti non
solo per quanto riguarda gli aspetti legati alla sperimentazione in
edilizia ma, anche per verificare nuove modalità di intervento nel
comparto del recupero urbano.
Proprio per questo motivo sono stati fissati dei limiti massimi e minimi
di finanziamento11dei singoli interventi sperimentali, allo scopo di
evitare da un lato la dispersione in interventi di scarso significato
urbanistico-edilizio e, dall’altro, la concentrazione in poche situazioni
che non avrebbero consentito di valutare compiutamente i risultati
attesi, in quanto i casi interessanti non sarebbero risultati
adeguatamente rappresentativi.
I “Contratti di quartiere possono quindi rappresentare
un’occasione per promuovere utili esperienze in quelle aree in
cui i processi di crescita urbana hanno prodotto insediamenti
residenziali carenti per qualità ambientale e per dotazione di
servizi e tali da caratterizzarli negativamente, per l’assenza di
luoghi riconoscibili e per lo scarso significato urbano degli
aggregati edilizi, rispetto alle altre zone più consolidate.12
11
Tra i tre e i venti miliardi.
Da: Ministero dei Lavori Pubblici-Segretariato Generale CER, I Contratti di
quartiere-Istruzioni per la predisposizione delle proposte, Febbraio 1998.
12
181
I Contratti di Quartiere
devono quindi essere
localizzati in aree che
necessitano azione di
recupero
ma,
se
opportuno,
sono
possibili anche interventi
di sostituzione o nuova
costruzione.
E’ previsto, inoltre, che i
contributi siano indirizzati
oltre che ad interventi di
tipo edilizio/urbanistico
anche ad interventi rivolti
a stabilire condizioni di
maggiore
coesione
sociale ed a ridurre la
precarietà del lavoro
attraverso una maggior
qualificazione
professionale
e
al
miglioramento dei servizi
sociali
esistenti
ed
iniziative similari.
CAPITOLO TERZO
3.3.2 Il programma sperimentale
Uno degli aspetti più interessanti introdotto dai Contratti di
Quartiere è lo sviluppo di temi sperimentali.
Il programma di sperimentazione comprende infatti quattro obiettivi
principali suddivisi successivamente in diversi temi di sperimentazione:
1. Qualità morfologica
1.1.Modificazione e qualificazione dei tessuti consolidati e/o
degradati.
1.2 Conservazione e valorizzazione dei tessuti storici.
1.3 Modificazione con integrazione funzionale.
1.4 Qualificazione dello spazio urbano
2. Qualità ecosistemica
2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana: risparmio delle risorse
( acqua ed Energia)
2.2 Bioarchitettura ed ecologia urbana: miglioramento della qualità
ambientale (acustica, aria, rifiuti).
3. Qualità fruitiva
3.1 Accessibilità, visitabilità e adattabilità DM 236/89
3.2 Flessibilità
3.3 Nuovi modi di vita e uso dell’alloggio
3.4 Utenze sociali deboli
4. Sistema qualità
4.1 Qualità nel processo edilizio: definizione di procedure per la
garanzia di qualità
4.2 Qualità del sistema edilizio: gestione della qualità e controllo della
qualità
Gli interventi sperimentali devono fornire indicazioni utili alla
formazione e all’aggiornamento della normativa tecnica relativa
all’edilizia residenziale pubblica ed in particolare, sono di particolare
rilievo, lo studio e la definizione di strumenti utili per innalzare i livelli
di qualità dell’attività di progettazione e realizzazione quali: i criteri di
progettazione, le liste di requisiti, le specifiche di prestazione, i metodi
di controllo, i codici di pratica e le soluzioni tecniche conformi.
Nel programma di sperimentazione deve essere posta particolare
attenzione alle problematiche dell’innalzamento della qualità
architettonica e distributiva del progetto di residenza e della
182
CAPITOLO TERZO
compatibilità di tale progetto con il contesto urbano ed ambientale.
Tutto ciò dovrebbe portare alla definizione di criteri di analisi e di
intervento nel contesto, di modalità di progettazione alla scala urbana
ed edilizia, di soluzioni innovative dal punto di vista tipo-morfologico,
distributivo e tecnologico, con la possibilità di approfondire anche le
problematiche connesse alla salubrità degli spazi abitativi e al
risparmio delle risorse naturali disponibili.
A tal fine, il programma di sperimentazione deve essere supportato
dall’espletamento delle metodologie di controllo della qualità del
progetto. Queste a seconda dei diversi temi, si identificano nella
effettuazione di uno studio di compatibilità progetto/contesto urbano
e nella eventuale realizzazione di simulazione degli spazi abitativi in
scala reale, anche tramite l’utilizzo delle strumentazioni del
Laboratorio tipologico nazionale del Segretariato del Cer.
Queste verifiche sono necessarie per controllare e verificare alcuni
aspetti dell’intervento di riqualificazione sia in fase preventiva (
indagine diagnostiche e di compatibilità sui manufatti e sul rapporto
progetto/contesto urbano), sia in corso d’opera (es. controlli sul
benessere ambientale) che ad intervento ultimato con l’auspicabile
coinvolgimento dell’utenza insediata.
Il programma di sperimentazione deve essere accompagnato da un
rapporto sia nella fase intermedia che nella fase finale per permettere
la divulgazione delle conoscenze acquisite nell’ambito del programma
di sperimentazione.
183
CAPITOLO TERZO
3.3.3 I dati statistici
Ogni
proposta di Contratto di Quartiere deve essere
accompagnata da dati statistici finalizzati alla conoscenza delle
caratteristiche socio economiche e della condizione abitativa dei
residenti del contesto preso in considerazione.
Questi dati devono essere desunti attraverso il 13° Censimento
generale ma soprattutto attraverso approfondimenti conoscitivi
operati dalle strutture comunali.
E’ infatti solo attraverso un’analisi approfondita della situazione
sociale dei quartieri, oggetto di riqualificazione, che si può redigere un
programma mirato di riqualificazione.
3.3.4
strettamente connesse
agli interventi di recupero
dei quartieri degradati. 14
Anche il contributo del
Dipartimento degli affari
sociali è stato introdotto
nel processo innescato
dai
Contratti
di
Quartiere grazie alla
legge 28 agosto 1997,
n°285
recante
“Disposizioni
I soggetti interessati
Le finalità individuate dai Contratti di Quartiere possono essere
completamente raggiunte solo qualora, in aggiunta agli interventi di
recupero attinenti il settore dell’edilizia residenziale pubblica di
competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, siano presenti ulteriori
iniziative da parte delle amministrazioni pubbliche (Ministeri, Regioni,
Enti locali, Enti pubblici), nonché da parte di associazioni senza fini di
lucro, organizzazioni di volontariato ed operatori privati orientate a
promuovere l’occupazione e lo sviluppo economico e sociale degli
ambiti urbani degradati da riqualificare.
E’ infatti solo attraverso azioni provenienti da più settori che è
possibile ridare significato a tessuti edilizi destrutturati e soprattutto è
necessario che, i Contratti di Quartiere, sviluppino più iniziative
attraverso finanziamenti provenienti sia dal settore pubblico che
privato.
3.3.5
Le Amministrazioni centrali
14
Nell’ambito dei Contratti di Quartiere è stato redatto un accordo13
tra il Ministero dei Lavori Pubblici e il Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale mediante il quale quest’ultimo si impegna a
proporre iniziative di lavori socialmente utili attraverso attività
13
Sottoscritto il 28 gennaio 1998
184
L’iniziativa dovrebbe
coinvolgere,
a
livello
nazionale, circa un migliaio
di giovani e si prevede che
possano essere utilizzate
risorse pari a 10 miliardi di
lire
a
valere
sulle
disponibilità attribuite al
Fondo per l’Occupazione.
CAPITOLO TERZO
L’accordo tra Ministero dei Lavori Pubblici e il Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale
favorire l’occupazione
nonché azioni rivolte a
creare
migliori
opportunità sociali.16
Le Regioni hanno poi il
compito di verificare la
congruità degli importi
finanziari dei piani di
intervento trasmessi dagli
enti
locali
e
a
provvedere,
previo
accertamento
degli
obiettivi
con
quelli
contenuti nei piani socioassistenziali,
sociosanitari
e
socioeducativi, al definitivo
finanziamento.
3.3.7
per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e
l’adoloscenza” , che permette agli Enti Locali di accedere ai
finanziamenti previsti.
Infine la legge 7 agosto 1997, n°266 recante “Interventi urgenti per
l’economia”, prevede il finanziamento da parte del Ministero
dell’industria, del commercio e dell’artigianato per lo sviluppo, in
aree di degrado urbano, di iniziative economiche che favoriscano
l’imprenditorialità.15
3.3.6
Le Regioni
Le Regioni oltre alla scelta delle domande ( al massimo cinque) da
trasmettere al Segretariato del CER, per l’eventuale apporto di
risorse finanziarie aggiuntive che qualifichino ed incrementino il valore
della singola proposta di “Contratto”, possono attuare misure per
15
Per tali iniziative è reso disponibile un impegno finanziario di lire 46 miliardi
per l’anno 1997.
185
I Comuni
Il Comune in quanto
titolare
delle
trasformazioni
urbane
ricadenti nel proprio
territorio, è il soggetto
legittimato a presentare
le singole proposte di
Contratto di Quartiere.
L’Amministrazione
comunale deve quindi
scegliere la porzione di
16
La legge 28 agosto 1997,
n°285 recante “Disposizioni
per la promozione di diritti e
opportunità per l’infanzia e
l’adolescenza”,
prevede
infatti 117 miliardi di lire per
1997 e 312 miliardi di lire per
gli anni 1998-1999. Le
regioni
devono
solo
procedere
alla
individuazione di ambiti
territoriali sui quali far
confluire le previste risorse.
CAPITOLO TERZO
territorio su cui far ricadere la proposta maggiormente rispondente ai
caratteri indicati dal bando.
Il Comune ha inoltre il compito di coordinare le diverse fasi che il
Contratto di Quartiere richiede.
Attraverso il piano di recupero che si deve attuare, l’Amministrazione
comunale può avviare iniziative per la rifunzionalizzazione di ambiti
urbani da riqualificare a livello edilizio ed urbanistico.
Il
Comune
può
adoperarsi
per
far
confluire, all’interno del
progetto di Contratto di
Quartiere,
fondi
provenienti da differenti
canali finanziari.
Infatti può promuovere
la costituzione di società
miste
attraverso
il
coinvolgimento
di
soggetti privati con lo
scopo di progettare e
realizzare interventi di
trasformazione urbana in
attuazione degli strumenti
urbanistici vigenti.
I Comuni possono
inoltre
incidere
significativamente sulle
possibili iniziative da
intraprendere sul fronte
economico sociale.
L’Amministrazione
comunale
può
incentivare la formazione
e il trasferimento di
attività
commerciali,
artigianali ed industriali in
prossimità o all’interno
del quartiere oggetto di
186
CAPITOLO TERZO
riqualificazione. Il Comune può favorire questo processo attraverso
l’offerta di servizi alle imprese o di immobili a prezzi agevolati. E’
importante quindi, la capacità dell’Amministrazione comunale di
stipulare convenzioni con operatori privati, associazioni di
imprenditori, enti o aziende fornitrici di servizi.
3.3.8
Le Aler
Essendo i Contratti di Quartiere indirizzati essenzialmente al
recupero di zone periferiche con presenza di edilizia residenziale
pubblica di cui le Aler sono i proprietari, è evidente l’importanza del
ruolo che tali enti assumono all’interno dei Contratti di Quartiere.
In particolare l’attività delle Aler può essere indirizzata alla:
• realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica e di
urbanizzazione di competenza del comune attraverso una
convenzione da stipulare con le Amministrazioni comunali stesse;
• promozione e attuazione di programmi integrati di recupero
finanziati dalla Regione;
• partecipazione, qualora lo statuto dell’Ente lo preveda, a società
miste per la trasformazione urbana;
• promozione di programmi di investimento delle risorse resisi
disponibili dalla dismissione del patrimonio edilizio in base alla
legge n°560/1993.
Inoltre al fine di incrementare l’occupazione e favorire l’integrazione
sociale possono:
• promuovere l’occupazione giovanile attraverso la presentazione di
progetti di lavori socialmente utili;
• costruire nuovi alloggi o integrare delle abitazioni esistenti con
servizi telematici che migliorino le condizioni abitative e di
sicurezza degli anziani nelle loro abitazioni;
• realizzare strutture per l’accoglienza mediante:
Le attività delle Aler
all’interno dei Contratti di
Quartiere.
progettazione/costruzion
e o recupero di strutture
d’accoglienza
per
lavoratori
extracomunitari che ne
consentano una migliore
integrazione nei quartieri
evitando le situazioni di
disagio
create
dal
187
CAPITOLO TERZO
degrado abitativo e sociale;
- inserimento nei quartieri di funzioni anche per l’accoglienza di
attività culturali, sociali, associative ed educative.
3.3.9
Gli altri enti e aziende pubbliche
I Contratti di Quartiere presuppongono l’attivazione di accordi
intersettoriali tra varie Amministrazioni finalizzati a creare condizioni
di migliore vivibilità nei quartieri.
Per garantire questi obiettivi è necessario coinvolgere da parte del
comune aziende erogatrici di servizi.
Questi accordi possono essere utili per:
• razionalizzare le reti di trasporto pubblico urbano in coerenza con
il progetto di riorganizzazione del quartiere;
• migliorare il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti;
• razionalizzare le reti d’acqua, gas, telecomunicazioni, attraverso la
creazione di sistemi che consentano l’accessibilità ai fini degli
interventi manutentivi.
Altri soggetti pubblici che possono rendere disponibili risorse e
progetti per avviare iniziative finalizzate all’occupazione ed
all’innalzamento della qualità della vita nei quartieri sono le Camere
di commercio e le Aziende sanitarie locali.
Inoltre l’ENEA stessa è disponibile a fornire il supporto necessario
alle amministrazioni comunali per l’elaborazione degli aspetti
progettuali connessi con le attività nel settore dell’energia, ambiente e
sviluppo sostenibile.
3.3.10 I privati
I privati possono trovare opportunità, all’interno dei Contratti di
Quartiere, connesse ad attività imprenditoriali nella realizzazione di
strutture in grado di innalzare la dotazione di servizi presenti nei
quartieri, quali ad esempio edifici da destinare ad attività commerciali,
terziarie, artigianali, industriali e ricettive inoltre, le imprese di
costruzione possono trovare nuove possibilità nella riqualificazione
dei quartieri degradati.
188
CAPITOLO TERZO
3.3.11 Il terzo settore
Per terzo settore si intendono tutte le organizzazioni senza scopo di
lucro con fini sociali.
I campi di intervento nei quali possono essere coinvolti possono
essere:
• programmi di sostegno e assistenza alle persone deboli
( anziani, bambini, portatori di handicap, giovani a disagio...);
• attività sportive.
Anche gli abitanti del quartiere possono essere coinvolti nel
finanziamento di queste attività, quando usufruiscono dei servizi
stessi, seppure attraverso contributi limitati.
189
CAPITOLO TERZO
3.4 La partecipazione
Il bando indica all’art.2 che la proposta di Contratto di Quartiere
deve descrivere, oltre agli elementi costitutivi, alle finalità ed alle
modalità di attuazione e finanziamento, anche “le forme di
partecipazione tese a garantire la più diffusa conoscenza”.
In tutti i programmi di intervento sui futuri assetti della città la
partecipazione degli abitanti e la capacità dell’Amministrazione di
comunicare efficacemente il proprio obiettivo costituiscono uno dei
principali fattori di consenso e di successo delle iniziative.
Nei Contratti di Quartiere è quindi necessario ed essenziale il
coinvolgimento della popolazione fin dalla fase delle scelte iniziali, per
selezionare in modo approfondito le priorità e per far emergere e
convogliare tutte le risorse locali che possono contribuire alla
definizione e alla realizzazione del programma.
La partecipazione, soprattutto in aree in cui convivono il degrado
sociale e abitativo, dovrebbe servire per costruire “un senso di
appartenenza” e di “identità collettiva” degli abitanti nei confronti dei
programmi e dei progetti che si intendono realizzare, tale da attivare
processi di collaborazione degli stessi abitanti anche nella fase di
gestione.
Attraverso l’utilizzo di forme di comunicazione capaci di rendere le
scelte progettuali immediatamente comprensibili a tutti i cittadini, gli
abitanti potranno esprimere le proprie esigenze compatibilmente alle
finalità degli interventi e alle caratteristiche dei luoghi, per la
rielaborazione da condurre unitamente ai progettisti ed agli
amministratori.
C’è una netta differenza tra una consultazione su progetti elaborati in
forma definitiva che, limitandosi alla sola informazione, non può
beneficiare dei suggerimenti e delle proposte formulate dagli abitanti e
la partecipazione alla definizione dei progetti, la quale deve avvenire
nelle fasi iniziali delle ipotesi progettuali, ossia quando la
partecipazione esprime il massimo dei contributi per l’individuazione
di soluzioni efficaci e per la costruzione positiva del consenso.
Questo tipo di partecipazione dovrebbe iniziare nelle fasi
propedeutiche alla progettazione definitiva ed esecutiva, nonché nelle
fasi attuative e di gestione, anche attraverso l’individuazione di sedi
permanenti opportunamente attrezzate, quali laboratori di quartiere in
grado di dare continuità alla partecipazione e comunicazione tra
amministratori, progettisti e abitanti.
190
CAPITOLO TERZO
Un buon livello di coinvolgimento degli abitanti nella definizione e
nella gestione del Contratto di Quartiere è spesso condizione
per il successo dell’iniziativa e per i nuovi livelli e modelli di
partecipazione anche nella gestione, conservazione, manutenzione del
quartiere dopo la conclusione della riqualificazione.
3.5 I finanziamenti
La legge 23 dicembre 1997, n°62, all’art.2 comma 63 lettera b)
destina 200 miliardi di maggiori entrate ex-Gescal accertate per gli
anni 1993-1994 a interventi sperimentali ai sensi dell’articolo2,
lettera f), della legge 457/1978.
A tale importo si aggiungono 100 miliardi di cui alla lettera c),
medesimo comma e articolo della citata legge, inizialmente destinati a
particolari categorie sociali che la legge di accompagnamento alla
finanziaria 1998 ha reso disponibili per lo stesso impiego per un
ammontare complessivo di 300 miliardi.
Infine l’articolo 12, comma 5, della legge 30 aprile 1999, n°136
destina contributi, per il finanziamento dei Contratti di Quartiere,
per quanto riguarda esigenze occupazionali e socio-economiche.
Ne consegue che l’utilizzo dei finanziamenti nell’ambito dei Contratti
di Quartiere va limitato ad interventi di edilizia residenziale
sovvenzionata a carattere sperimentale, cioè per interventi di
recupero o nuova costruzione di alloggi di proprietà pubblica ed
annesse urbanizzazioni.
Per la realizzazione di altre opere ed interventi costruttivi all’interno
dei Contratti di Quartiere si deve ricorrere alle risorse regionali,
comunali, comunitarie e private.
3.6 Le procedure
Ogni comune ha dovuto inviare la proposta di Contratto di
Quartiere sia al Segretariato Generale del Cer, che alla Regione,
fornendo gli estremi per ciascuna domanda, in modo che il Cer fosse
in grado, in caso di inadempienza della Regione, di mettersi in
contatto direttamente con i Comuni proponenti, sollecitando l’invio di
copia delle domande presentate alla Regione.
Le domande dovevano essere consegnate alla Regione competente
entro 120 giorni dalla data del 30 gennaio 1998, data di
pubblicazione del bando sulla Gazzetta Ufficiale.
La regione ha avuto 30 giorni per esaminare le domande, selezionarle
e trasmetterle al CER. Ricevute le domande, il Segretariato Generale
del CER le ha trasmesse alla Commissione Esaminatrice.
191
CAPITOLO TERZO
Le proposte così selezionate sono state sottoposte al Comitato
Esecutivo del CER per procedere alla scelta definitiva di quelle
meritevoli di finanziamento.
Il Decreto Ministeriale n°191 in data 25 febbraio 1999 ha reso
esecutivi i risultati della procedura di selezione effettuata dal Comitato
Esecutivo
del
CER,
a
seguito
della
quale è stata approvata una graduatoria delle proposte di Contratto
di Quartiere.
Inizialmente sono stati finanziati 46 Contratti (uno per regione) ma,
grazie ai contributi di cui all’art. 128 del testo unico approvato con
DPR 9/10/1990 n.309 e con le somme derivanti dai ribassi d’asta
conseguenti le gare d’appalto dei lavori dei Contratti di Quartiere
già finanziati, se ne sono poi aggiunti altri 31 che subentreranno in
sostituzione ai Comuni in graduatoria che saranno inadempienti ai
termini fissati.
I Comuni collocati nei primi 46 posti della graduatoria, erano tenuti a
sottoscrivere il protocollo d’intesa entro il 30 novembre 1999
(termine,
posticipato
poi
al
30
Aprile
2000).
I Comuni hanno poi disposto di 180 giorni, dalla stipula del
Protocollo d’Intesa, per redigere ed approvare il progetto esecutivo
pena la decadenza del finanziamento.
192
CAPITOLO TERZO
SCHEMA PROCEDURA CONTRATTI DI QUARTIERE
Ministero del Lavoro e
della Previdenza
Sociale
MINISTERO DEI LAVORI
PUBBLICI
Ministero dell’Industria
del Commercio e
dell’Artigianato
invio
CER
Approvazione
Invio
REGIONE
Finanziamenti
Distribuzione fondi
Finanziamenti
Invio
Finanziamenti
CONTRATTO DI QUARTIERE
-
Aziende erogatrici di
servizi
Privati
Terzo settore
Promozione
COMUNE
Collaborazione
Partecipazione
-
Abitanti
Associazioni sociali
Privati
Terzo settore
193
ALER
CAPITOLO TERZO
Come si può vedere da questi due schemi le varianti principali che trasformano i Contratti
di Quartiere in un procedimento innovativo sono:
1. un coinvolgimento più attivo di diversi attori (pubblici e privati) alla partecipazione del
progetto;
2. la partecipazione necessaria degli abitanti;
3. un insieme di finanziamenti derivanti da più fonti (pubblici e privati);
4. una stretta collaborazione tra Comune ed Aler.
SCHEMA PROCEDURA PROCESSO “TRADIZIONALE”*
MINISTERO DEI
LAVORI PUBBLICI
invio
CER
Approvazione
Invio
REGIONE
Distribuzione finanziamenti
Invio
PROGETTO DI
RIQUALIFICAZIONE
Promozione
COMUNE e/o
ALER
194
CAPITOLO TERZO
*Questo processo può avvenire anche in modo inverso: il Ministero dei Lavori
Pubblici o la Regione mettono a disposizione del Comune o dell’Aler alcuni
fondi per l’edilizia residenziale pubblica, a questo punto le Amministrazioni
pubbliche possono decide come utilizzarli.
Tabelle di confronto tra il modello francese, il processo “tradizionale” di riqualificazione,
il processo innescato dai “Contratti di Quartiere”17
FASI DI ANALISI
Elaborazione di un piano
di rivalorizzazione
del patrimonio
Analisi tecnica degli edifici
Analisi socio- tecnica
Analisi delle dinamiche
sociali e demografiche
MODELLO FRANCESE
PROCESSO
TRADIZIONALE
Fondamentale per avere un Inesistente: la
quadro completo della
riqualificazione viene
situazione di ogni quartiere e programmata secondo le
quindi orientare le decisioni, necessità (problemi di
programmare le operazioni
manutenzione, problemi
di riqualificazione in modo
sociali molto accentuati)
coerente, diversificando i
metodi di programmazione
e di azione a seconda dei
problemi da affrontare.
Fondamentale per il
Viene sempre attuata.
recupero degli edifici ma
L’Aler in realtà sta mettendo
non è l’unico tipo di analisi a punto un date-base dei
da attuare.
propri edifici secondo
l’epoca di costruzione, le
tecnologie costruttive e le
tipologie edilizie.
Fondamentale poiché
Inesistente
permette di capire se il
degrado degli edifici è
dovuto alla cattiva
costruzione dell’edificio ed
all’inadeguatezza dei sistemi
tecnici o ai modi d’uso e di
vita degli abitanti.
Necessaria: poiché
L’analisi demografica viene
un’operazione di
sempre fatta, quella
riqualificazione costituisce
sociologica solo in casi di
un supporto efficace per
problemi sociali molto gravi.
agire sui processi sociali
problematici e per sviluppare
nuove relazioni tra gli
abitanti.
17
E’ il risultato di interviste fatte a tecnici dell’Aler e dello studio
precedentemente fatto sul processo francese.
Le fasi descritte fanno riferimento al modello francese.
195
CONTRATTI DI
QUARTIERE
Inesistente poiché si tratta
di casi specifici.
Fondamentale per il
recupero degli edifici.
Non menzionata
Necessaria per la buona
riuscita del progetto.
CAPITOLO TERZO
Analisi dei modi di gestione e manutenzione
Necessaria: poiché spesso
una cattiva gestione ed una
carente manutenzione
amplificano i processi di
degrado soprattutto quando
non vengono soddisfatte le
richieste degli abitanti.
Analisi delle potenzialità
Fondamentale per agire in
dei quartieri
modo coerente e puntuale
E’ una conseguenza dei
risultati che la
riqualificazione produce
dopo alcuni anni.
Inesistente
Dipende dal tipo di
riqualificazione e dalla
gravità della situazione.
Necessaria per dare vita
ad una riqualificazione
tempestiva.
FASI DI PROGETTO
MODELLO FRANCESE
Elaborazione di un
pre-progetto da sottoporre
all’organo competente per
l’erogazione dei
finanziamenti e poi, se
accettata, agli abitanti
Necessaria per avere i
finanziamenti.
PROCESSO
TRADIZIONALE
Raramente contemplata
Consultazione con gli
attori interessati - abitanti
Fondamentale: in Francia
la partecipazione degli
abitanti fin dalle prime
fasi del progetto di
riqualificazione è sinonimo
di buon risultato.
Necessaria: sulla base
delle critiche raccolte
da parte degli abitanti e
degli attori coinvolti i
progettisti rielaborano
il progetto
Raramente contemplata
CONTRATTI DI
QUARTIERE
Necessaria: I comuni hanno
infatti dovuto inviare la
proposta di Contratto di
Quartiere alle Regioni ed
al CER per l’approvazione
e successivamente per
l’erogazione dei
finanziamenti
Fondamentale: è una delle
novità introdotta
dai Contratti di Quartiere
Necessaria.
Raramente contemplata
Necessaria: come verifica
di fattibilità delle opere
da attuare ma, soprattutto,
come strumento di
comunicazione verso
gli utenti.
Non è considerata una vera
e propria fase, ma la
“sperimentazione” avviene
nel momento in cui si
agisce sugli edifici da
riqualificare.
Elaborazione del progetto
con partecipazione
Presentazione del progetto
agli attori coinvolti
Sperimentazione su
di un edificio test
196
Raramente contemplata
Necessaria.
Anche nel caso dei Contratti
di Quartiere la formulazione
del progetto dovrebbe
basarsi sulle critiche
degli abitanti e degli
altri attori coinvolti come
nel caso francese.
Necessaria.
Nei Contratti di Quartiere
non si parla di
sperimentazione su di un
edificio test, ma di
metodologie di controllo
qualità del progetto e
della possibilità di
realizzare simulazioni
degli spazi abitativi in
scala reale tramite
l’utilizzo delle
strumentazioni del
Laboratorio tipologico
del CER. Queste verifiche
sono necessarie per
controllare e verificare
CAPITOLO TERZO
alcuni aspetti dell’intervento
di riqualificazione sia in
fase preventiva, sia in
corso d’opera che ad
intervento ultimato.
Valutazione
dell’operazione
Necessaria: è uno strumento
di controllo degli operatori
sui risultati raggiunti e
uno strumento di pilotaggio
per le operazioni future.
Programma di
post-riqualificazione
Necessaria: la conclusione
Non contemplato
del programma di
riqualificazione non si deve
tradurre in un abbandono
totale del quartiere da parte
dei promotori . Questi infatti
devono seguire l’evoluzione
del quartiere per reagire
rapidamente alla nascita
dei nuovi segni di degrado
e raccogliere i suggerimenti
degli abitanti.
Necessario poiché spesso il Inesistente
degrado degli edifici dipende
dal metodo di gestione del
patrimonio e dal rapporto tra
organismi di gestione e
abitanti. E’ necessario
istituire un sistema di
raccolta e di trattamento dei
reclami in modo da risolverli
rapidamente e in modo da
Programma di gestione
197
La valutazione dal punto
di vista tecnologico e
finanziario viene sempre
attuata.
E’ previsto che gli interventi
sperimentali forniscano
indicazioni utili alla
formazione e
all’aggiornamento
della normativa tecnica
relativa all’edilizia
residenziale ed in
particolare allo studio e
alla definizione di strumenti
utili per innalzare i livelli
di qualità dell’attività di
progettazione e realizzazione.
Inoltre le verifiche del
punto precedente
devono essere attuate
anche ad intervento ultimato.
Non contemplato
Non è contemplato ma non
è detto che i laboratori di
quartiere utilizzati per la
partecipazione degli abitanti
al progetto si trasformino
in uffici di gestione.
CAPITOLO TERZO
Equipe operativa
Finanziamenti
creare un programma di
gestione e manutenzione.
Una possibilità è quella di
realizzare un ufficio sul
luogo con operatori disposti
ad ascoltare gli abitanti.
Pluridisciplinare
Tecnico-Amministrativa
Pubblici - privati - Erogatori di Pubblici
servizi - Associazioni sociali
Partecipazione
Fondamentale
Non sempre contemplata
Come si può vedere dalle tabelle sopra riportate il processo di
riqualificazione innescato dai Contratti di Quartiere ha fatto
sicuramente un grosso passo in avanti rispetto a quello
tradizionale ed è molto simile
al processo francese anche
se in alcuni
punti è ancora
carente, in particolare:
1. le diagnosi che vengono fatte in Francia durante la fase
di analisi del contesto preso in esame sono
molto
più
articolate;
2. la sperimentazione nel processo dei Contratti di Quartiere
viene utilizzata più come
verifica di fattibilità delle opere
da realizzare e non come strumento di comunicazione verso i
futuri utenti come nel caso francese;
3. il programma di post-riqualificazione
ed i metodi di
gestione e manutenzione non vengono nemmeno citati nei
Contratti di Quartiere ma, forse, nello stato di attuazione
in cui sono i programmi (ancora in fase preliminare) è
difficile pensare alla post-riqualificazione.
In realtà per testare
come i
Contratti di Quartiere
stanno evolvendo è necessario analizzare
alcuni
casi
significativi.
Per questo motivo ho scelto due
esempi con procedure
ed obiettivi diversi: il Contratto di Quartiere di Cinisello
Balsamo e quello di Vigevano.
198
Pluridisciplinare
Pubblici - privati - Erogatori
di servizi - Associazioni
sociali
Essenziale
CAPITOLO TERZO
3.7 Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo:
il complesso S. Eusebio
Il complesso S.Eusebio denominato il “Palazzone”, edificato
nel 1974, ha carattere monofunzionale di residenza
ed è
composto da 288 alloggi distribuiti in linea da 15 corpi scala.
La sua forma a “C” chiusa è caratterizzata da una grande corte
interna verde di 142m.x56m.
Gli alloggi, sono di taglio medio/grande
(da 80/100 mq.) e
si ripetono, con la stessa collocazione e aggregazione, per gli otto
piani residenziali dell’edificio.
Gli alloggi attuali, riflettono le caratteristiche dei nuclei familiari
degli anni ’70.
La loro dimensione media è oggi raramente richiesta dall’utenza visto
il calo della natalità, il progressivo invecchiamento della popolazione
e la situazione socio-economica degli attuali utenti (anziani e giovani
disoccupati).
La zona residenziale è rialzata su piano pilotis di altezza 2.20m. che
conferisce un carattere particolarmente opprimente all’attacco a
terra.
I parcheggi risultano interrati da un corsello-fossato che si estende
per tre lati della corte.
L’edificio è collocato in adiacenza al parco di Grugno Torto godendo
di una grande apertura verso il paesaggio.
Secondo il Comune di Cinisello Balsamo per tipologia, dimensione e
posizione ne derivano valide potenzialità finalizzate a un intervento di
modificazione che possa reintegrare l’edificio all’intorno ed avviarne
gli indispensabili adeguamenti.
199
CAPITOLO TERZO
3.7.1 Gli interventi previsti nel Contratto di Quartiere
Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo prevede interventi
urbanistici ed edilizi.
Gli interventi urbanistici sono:
• la sistemazione urbanistica verso la chiesetta di S. Eusebio con la
previsione di uno spazio aperto di riconnessione tra il complesso
di edilizia residenziale pubblica denominato il “Palazzone”, il
supermercato attuale e l’area interessata dal Piano Integrato di
Recupero (P.I.R di S.Eusebio);
• la riqualificazione di una parte del parco sovracomunale “
Grugnotorto-Villoresi”, con bonifica delle ex vasche di
ravvenamento.
Gli interventi edilizi prevedono nuove tipologie abitative che
rispondenti alla nuova articolazione dei nuclei familiari.
Gli alloggi coinvolti nella ristrutturazione sono 158 sui 288 attuali.
A completamento del progetto si otterranno 342 alloggi, con un
incremento di 52 unità; dei 130 rimanenti se ne prevede il
riammodernamento interno.
L’aspetto principale del progetto riguarda il sistema della
“flessibilità”.
L’intervento sugli alloggi avviene per “moduli di ristrutturazione”
progettati seguendo due principi generali che ne determinano i
requisiti: la flessibilità nella composizione degli alloggi e l’articolazione
temporale degli interventi sugli alloggi; il sistema per moduli di
ristrutturazione consente un intervento organizzato sia per piani sia
per colonne, una flessibilità necessaria dato il limitato numero di
alloggi liberi disponibili per l’avvio del piano di ristrutturazione.
200
CAPITOLO TERZO
E’ inoltre prevista una struttura tecnologica, sovrapposta alla struttura
edilizia esistente, tale da contenere elementi di dotazione aggiuntiva o
di trasformazione degli impianti a cui è inevitabilmente collegata sia la
ristrutturazione interna degli alloggi, che l’adeguamento complessivo
degli elementi connettivi del complesso edilizio.
La flessibilità operativa del programma (in edifici di queste dimensioni
quasi completamente abitati) è anche condizione di fattibilità stessa
dell’intervento, poiché, a meno di costi e tempi insostenibili, non sarà
possibile liberare completamente l’edificio prima di intervenire.
Il progetto propone, inoltre, la modificazione funzionale del
complesso con integrazione di spazi extra-residenziali come
laboratori artigianali e la creazione di un centro sociale.
Il progetto affronta anche le trasformazioni del modo di abitare,
attraverso la costruzione di 12 alloggi duplex sperimentali, con
particolari caratteristiche sia distributive che tecnologiche, adatte a
rispondere alla eterogeneità dei bisogni abitativi, ed in prospettiva,
all’allargamento della funzione abitativa a quella del lavoro.
Queste nuove unità sono caratterizzate da un fronte vetrato e da
serre a doppia altezza che creano ambienti in cui sono localizzate
funzioni oggi considerate innovative: casa-lavoro o spazi-ufficio per
lavori a distanza o telelavoro.
C’è da chiedersi, in ogni caso, se ambienti di questo genere siano
veramente richiesti in un quartiere come S.Eusebio a Cinisello
Balsamo. Questo è un dubbio che pervade anche il Responsabile del
Contratto di Quartiere per il Comune di Cinisello Balsamo arch.
Lides Canaia e che dichiara essere ancora un aspetto da verificare.
Oltre ad interventi di tipo sperimentale ed urbanistico è previsto un
programma di formazione professionale ed il Laboratorio di
Quartiere che in realtà è partito a progetto preliminare già definito.
Ecco qui sotto uno schema degli interventi da attuare all’interno del
Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo.
Modificazione funzionale
del complesso edilizio
Il “Palazzone”
Lavori di manutenzione
Straordinaria del complesso
Denominato “5 torri”
201
CAPITOLO TERZO
CONTRATTO DI
Piano integrato di recupero
S. Eusebio
QUARTIERE
Riqualificazione di una parte
del parco GrugnotortoVilloresi
3.7.2 L’apporto economico e gli operatori del Contratto di
Quartiere
Uno degli aspetti interessanti dei Contratti di Quartiere riguarda la
necessità di far confluire all’interno del programma di riqualificazione
diversi attori (privati, pubblici..) in modo da attuare strategie in grado
di favorire la cooperazione a favore della buona riuscita dei processi
di riqualificazione.
Nel caso di Cinisello Balsamo prima di tutto è stata formulata una
convenzione tra Aler di Milano e Comune in cui è stato conferito
all’Aler l’incarico di Ente attuatore dell’intervento di recupero
dell’immobile il “Palazzone”18 e della parte di fondi stanziati dal CER
relativa alle spese di realizzazione tecnica dell’immobile, mentre al
Comune spetta la parte relativa alle attività connesse alla
sperimentazione e a quelle, espletate dal Responsabile del Contratto
di Quartiere, relative alla verifica e coordinamento durante la fase di
progettazione e attuazione dell’intervento.
L’Aler ed il Comune lavoreranno sinergicamente nella
predisposizione e attuazione del Piano di Mobilità e del Piano di
comunicazione e partecipazione degli abitanti.
Compiti Aler:
Piano mobilità
Progetto ed esecuzione lavori
Partecipazione al laboratorio di
quartiere
Attribuzione del
finanziamento CER
18
Di cui è proprietario.
202
CAPITOLO TERZO
SCHEMA DI CONVENZIONE
Gruppo di lavoro integrato
Aler-Comune
Verifica attuazione
progetto nella sua
globalità
Compiti Comune:
coordinamento, collaborazione e verifica Piano Mobilità;
partecipazione al laboratorio di quartiere;
collaborazione al progetto ed all’esecuzione dei lavori
Per quanto riguarda la realizzazione dei laboratori artigianali la
progettazione sarà a carico l’A.S.N.M., Agenzia Sviluppo Nord
Milano, a cui l’Aler cederà gli spazi necessari per un tempo pari a
18 anni. Anche la formazione professionale sarà a carico
dell’A.S.N.M., mentre i finanziamenti per queste due iniziative
saranno a carico, oltre che dell’A.S.N.M, dell’APA, Confartigianato
e CNA.
La riqualificazione del parco Grugnotorto-Villoresi e il Piano
Integrato di Recupero S.Eusebio saranno a carico di società private,
ma, mentre il finanziamento per la riqualificazione del parco è stato
erogato dalla Provincia di Milano, quello per il PIR. è a carico della
società attuatrice.
Ecco di seguito una tabella riassuntiva degli operatori coinvolti nel
programma di riqualificazione del complesso S.Eusebio e dei
finanziamenti disponibili.
Contratto di Quartiere
Q.re S.Eusebio
Operatore
ALER-Comune
Cinisello Balsamo
ALER
Il “Palazzone”
A.S.N.M
A.S.N.M
Descrizione degli interventi
N° alloggi
Sperimentazione e quota a parte
Centro Polifunzionale
Quota a parte Centro
342
Polifunzionale
Realizzazione laboratori
artigianali
Formazione professionale
Cinque torri
Via Carroccio ,4,6
ALER
Manutenzione straordinaria
Parco
Grugnotorto-Villoresi
Privati
Riqualificazione di parte del
parco
203
140
Finanziamenti
CER
Enti Locali,
Comune, Provincia
APA, CNA,ASNM
Confartigianato,
APA, CNA,ASNM
Confartigianato,
ALER
Provincia di Milano
CAPITOLO TERZO
P.I.R. S.Eusebio
Privati
Piano Integrato di Recupero
3.7.3 Il Piano della Mobilità
Il Piano della Mobilità rientra negli obiettivi primari del Contratto di
Quartiere sia nella fase di sperimentazione che nella fase operativa di
progetto e realizzazione.
Per attuare un Piano di Mobilità è necessario verificare la
disponibilità al trasferimento dei soggetti interessati dal piano,
coinvolgere gli abitanti del quartiere portando all’interno del progetto
le istanze sociali, le esigenze concrete e le problematiche abitative.
Il Piano della Mobilità rappresenta la convergenza degli aspetti
sociali, abitativi e di convivenza comunitaria con gli aspetti tecnici di
programmazione dei lavori e di impiego delle risorse economiche
disponibili.
Per quanto riguarda il programma di riqualificazione del “Palazzone”,
il problema tecnico della mobilità riguarda la costituzione dei “moduli
di ristrutturazione”, ovvero nuovi nuclei di alloggi ottenuti dal
frazionamento delle unità immobiliari di partenza.
L’elemento fondamentale per permettere questo intervento è la
realizzazione di “torri tecnologiche” contenenti le nuove canalizzazioni
degli impianti e l’adeguamento a norma degli ascensori.
La possibilità di operare per “trance” nella ristrutturazione degli
alloggi, partendo dagli otto alloggi vuoti utilizzabili, dovrebbe
permettere di spostare gli abitanti senza necessariamente trasferirli al
di fuori del complesso di S. Eusebio in altri alloggi di proprietà del
Comune o dell’Aler.
Questo tipo di organizzazione sembra molto interessante ma, in
realtà, questo programma di mobilità dovrebbe essere preceduto
204
Privati
CAPITOLO TERZO
dall’attivazione e sviluppo del processo di partecipazione degli
abitanti per capire i loro bisogni, le loro esigenze e la loro
disponibilità a ruotare all’interno del complesso edilizio o a trasferirsi
in altri luoghi.
3.7.4 La partecipazione degli abitanti
Il bando dei “Contratti di Quartiere” dichiara che: “è essenziale il
coinvolgimento della popolazione fin dalla fase delle scelte
iniziali, al fine di una più approfondita selezione delle priorità e
per far emergere e convogliare tutte le risorse locali che possono
contribuire alla definizione e realizzazione del programma”.
Specifica, inoltre che, tenute presenti le scadenze previste dal bando,
questo tipo di partecipazione ha maggiori possibilità di esplicitarsi nel
corso delle fasi propedeutiche alla progettazione definitiva ed
esecutiva, nonché nelle fasi attuative e di gestione.
Nel caso di Cinisello Balsamo la partecipazione è iniziata nel mese di
ottobre 1999 quindi nella fase di progettazione esecutiva.
Il Comune e l’Aler hanno quindi preferito dedicarsi maggiormente ai
temi della sperimentazione e alla definizione del progetto edilizio e poi
definire il programma di partecipazione degli abitanti.
Questo programma in realtà è molto ben articolato e l’intento è
quello di promuovere l’allargamento del processo decisionale dai
soggetti tradizionalmente forti (Amministrazioni, Istituzioni,
professionisti) agli attori locali (terzo settore, comitati) e ai cittadini
interessati direttamente o indirettamente alle trasformazioni sociourbanistiche in gioco.
Il laboratorio di quartiere dovrebbe produrre sottogruppi di lavoro
tematici, interdisciplinari e intersettoriali, che avranno il compito di
progettare le azioni adeguate a rimuovere gli ostacoli e a rendere
possibile il progetto nelle sue articolazioni.
205
CAPITOLO TERZO
Lo strumentò che verrà utilizzato per la partecipazione è il piano di
comunicazione che dovrebbe:
• promuovere il protagonismo dei vari soggetti, con particolare
attenzione alla dimensione locale;
• sviluppare il senso di proprietà del progetto;
• permettere la partecipazione effettiva al processo di decisione;
• informare sullo stato di avanzamento dei lavori;
• promuovere e sostenere una ricerca costante partecipata sui
bisogni, esigenze e scenari;
• fornire elementi per la collaborazione e la presa di decisioni;
• fornire gli elementi necessari per il controllo del processo di
sviluppo da parte dei soggetti implicati;
• attrarre nuove risorse.
Le forme che l’Amministrazione ha intenzione di promuovere per
permettere la partecipazione e la comunicazione sono:
• creazione di un laboratorio di quartiere per la stesura del progetto
esecutivo dell’edificio il “Palazzone” e per l’organizzazione del
piano di mobilità;
• attività di informazione mirate a target specifici (utenti coinvolti
direttamente dai lavori di ristrutturazione, cittadini coinvolti dalle
trasformazioni urbanistiche);
• mostra permanente sul working-in-progress;
• momenti di animazione in quartiere attraverso disegni e sviluppo
di scenari futuri (work-shop, ricerche di intervento, analisi
partecipate).
Accanto agli obiettivi specifici del progetto di riqualificazione il
Responsabile del Contratto di Quartiere ha introdotto degli obiettivi
di lungo periodo che potrebbero essere attuati attraverso la continua
collaborazione tra abitanti, organi di gestione ed organizzazioni sociali
ed in particolare:
• sostegno alle realtà operanti nel territorio e alle forme di
organizzazione, per promuovere e consolidare esperienze di
progettazione e gestione partecipata di servizi e attività;
• ridefinizione delle procedure di risposta dei servizi istituzionali;
• ridefinizione delle prassi di pianificazione pubbliche nell’ambito
degli interventi socio-ambientali;
• promozione e sostegno di forme di co-e auto-gestione da parte
degli inquilini dell’edilizia residenziale pubblica, di servizi e di
piccoli interventi di manutenzione di bassa tecnologia in accordo
con l’Aler.
Come si può capire dalla descrizione del programma di
partecipazione gli obiettivi ed i mezzi sembrano molto efficaci e ben
articolati, ricordano molto i programmi francesi descritti nel capitolo
206
CAPITOLO TERZO
precedente. L’unico dubbio sta nel fatto che questo programma,
come ho già specificato, è partito a progetto preliminare definito e a
poco tempo dalla stesura del progetto definitivo in contrasto con le
indicazioni del bando di concorso.
207
CAPITOLO TERZO
3.7.5 Il programma sperimentale
Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo ha affrontato diversi
temi di sperimentazione ponendo un’attenzione particolare al tema
della flessibilità.
Gli obiettivi e i temi della sperimentazione affrontati, rispetto ai
complessivi proposti, sono riportati nella seguente matrice:
OBIETTIVO GENERALE DELLA SPERIMENTAZIONE
1.QUALITA’ MORFOLOGICA
2.QUALITA’ ECOSISTEMICA
3.QUALITA’ FRUITIVA
4.SISTEMA QUALITA’
208
TEMA DELLA SPERIMENTAZIONE
1.1 Modificazione e qualificazione di tessuti
consolidati e degradati
1.2 Conservazione e valorizzazione dei tessuti storici
1.3 Modificazione con integrazione funzionale
1.4 Qualificazione dello spazio urbano
2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana-risparmio
delle risorse (A)
2.2 Bioarchitettura ed ecologia urbana-miglioramento
della qualità urbana (B)
3.1 Accessibilità, visitabilità e adattabilità DM
236/89
3.2 Flessibilità
3.3 Nuovi modi di vita e uso dell’alloggio
3.4 Utenze sociali deboli
4.1 Qualità nel processo edilizio: definizione di
procedure di garanzia della qualità
4.2 Qualità del sistema edilizio: gestione della qualità e
controllo di qualità
CAPITOLO TERZO
Come risulta dalla tabella sono stati affrontati sei temi di
sperimentazione coprendo tre obiettivi generali su quattro, con un
accento particolare alla Qualità fruitiva.
Nelle tabelle che seguono illustrerò i programmi sperimentali
affrontati divisi per temi, inserendo nella colonna di sinistra gli
interventi e i loro requisiti, mentre in quella di destra la descrizione.
1.QUALITA’ MORFOLOGICA
Intervento di progetto
a) Spazi per laboratori ed attività artigianali
Requisiti
• Accessibilità integrata con il quartiere
• Compatibilità con la residenza
• dotazione di spazi dedicati alla formazione
1.3 Modificazione con integrazione funzionale
Spazi per laboratori ed attività artigianali
Collocazione.
I laboratori artigianali saranno collocati sul lato ovest in
adiacenza ad un centro commerciale esistente, e in
corrispondenza dell’attuale strada interna di distribuzione ai
box e nei due corpi posti simmetricamente all’ingresso della
corte (ved. Tav. collocazione degli interventi).
Tecnicamente gli spazi saranno ricavati:
- per i due corpi prospicienti la corte, attraverso l’uso del
piano pilotis (h.2.20) e la demolizione degli otto alloggi
soprastanti al fine di ottenere l’altezza utile allo svolgimento
delle attività previste;
- per la parte di edificio verso il supermercato, attraverso
l’uso di parte degli spazi del piano pilotis (che costituiranno
zone soppalcate) e la demolizione dei box sottostanti.
Per ottenere un allargamento dello spazio di relazione e per
una maggiore integrazione con l’edificio commerciale,
verranno demoliti anche parte dei box prospicienti
realizzando un percorso pedonale coperto da una pensilina
metallica che collegherà tutto il lato sud ovest.
I box demoliti verranno ricostruiti ed inseriti negli attuali
spazi interrati inutilizzati.
In totale verranno creati 13 laboratori.
209
CAPITOLO TERZO
210
CAPITOLO TERZO
C
C
211
CAPITOLO TERZO
212
CAPITOLO TERZO
1.QUALITA’ MORFOLOGICA
Intervento di progetto
a) Gentro polifunzionale per attività sociali
Requisiti
• Accessibilità integrata con il quartiere
• Compatibilità con la residenza
• dotazione di spazi dedicati alla formazione
• dotazione di spazi dedicati alle associazioni di base
• alloggi di prima accoglienza
• integrazione strutture sociali comunali
1.3 Modificazione con integrazione funzionale
Centro polifunzionale
Collocazione.
Il centro polifunzionale si troverà collocato nella parte
centrale dell’isolato, inglobando funzionalmente l’attuale
sala comune denominata “centro comunitario”. (ved. Tav.
collocazione degli interventi).
Tecnicamente gli spazi saranno ricavati:
- attraverso l’utilizzo del piano pilotis, la demolizione dei
quattro alloggi soprastanti per creare spazi a doppia altezza;
- attraverso la realizzazione di un nuovo volume collegato
all’edificio verso la corte interna.
Il centro polifunzionale si articolerà su tre livelli:
- piano interrato destinato a servizi (spazio oggi
inutilizzato).
213
CAPITOLO TERZO
- piano terra dotato di spazi a doppia altezza;
- piano primo con spazi per associazioni e un piccolo teatro
che si protende al di fuori della sagoma dell’edificio e che si
collega all’ampio volume di nuova realizzazione in cui si
collocheranno
spazi ad uso collettivo ( biblioteca
informatizzata, spazi destinati ad attività artigianali, spazi
destinati all’assistenza e sanità). A questo piano verranno
creati due alloggi destinati alla prima accoglienza.
Il centro polifunzionale potrà essere collegato direttamente
agli alloggi dei piani superiori in quanto il corpo scala è in
parte in comune, favorendo l’accessibilità diretta degli
anziani.
214
CAPITOLO TERZO
2.QUALITA’ ECOSISTEMICA
Intervento di progetto
a) Frazionamento impianto di riscaldamento
Requisiti
• Impianto centralizzato per scala
• Contabilizzazione per singolo alloggio
• Allaccio progressivo delle utenze
• Benessere igrotermico
• Aumento della resistenza termica pareti nord
215
2.1 Risparmio delle risorse
Frazionamento impianto di riscaldamento
L’impianto esistente è centralizzato e alimentato a gasolio.
Tecnicamente è realizzato da un anello sotterraneo che
alimenta gli impianti singoli attraverso colonne montanti
risalenti per ogni singola scala.
L’intervento sull’impianto prevede:
• il frazionamento della centrale termica in unità di scala;
• la collocazione della centrale termica in copertura
utilizzando in parte le torri tecnologiche e risparmiando
sulla canna fumaria;
CAPITOLO TERZO
•
inserimento di contabilizzatori per singole unità
abitative sia per il riscaldamento che per l’acqua calda.
Ogni scala sarà dotata di propria centrale che servirà circa
20 alloggi. Ciò consentirà:
• riduzione delle dispersioni termiche;
• aumento della sicurezza intrinseca dell’impianto;
• flessibilità dell’esercizio e di gestione;
• contenimento e razionalizzazione dei consumi.
La sostituzione dell’impianto avverrà in modo graduale.
La collocazione della centrale in copertura presenta i
seguenti vantaggi:
• sensibile risparmio sulla realizzazione delle canne
fumarie;
• risparmio sulla realizzazione dei tubi di sicurezza;
• riduzione della pressione di esercizio;
• possibilità di adottare per i generatori caldaie acciaiorame con bruciatore atmosferico (più sicure,
economiche e silenziose).
Interventi di miglioramento dell’impianto:
• introduzione della parete ventilata sulle testate dei corpi
di fabbrica;
• introduzione di tecnologie passive di risparmio
energetico in alcuni alloggi duplex posti nel sottotetto.
3.QUALITA’ FRUITIVA
Intervento di progetto
a) Adeguamento impianti ascensore
3.1 Accessibilità, visitabilità, e adattabilità DM 236/89
Realizzazione di impianti ascensore a norma
Requisiti
• Realizzazione impianti ascensore a norma
216
Dalle indicazioni emerse dai dati sulla popolazione anziana
nel complesso edilizio S. Eusebio è stato rilevato che :
• attualmente le persone di età compresa tra i 66 anni e i
75 anni rappresentano l’8,84%;
• i cosidetti anziani prossimi, ossia le persone di cui età è
compresa tra i 56 anni e i 65 anni sono circa il 71,18%.
Il problema dell’accessibilità potrà interessare nel prossimo
futuro, un crescente numero di utenti attuali.
Di conseguenza gli interventi di adeguamento si
presentano opportuni essendo la costruzione del
complesso edilizio S.Eusebio antecedente il DM 236/89.
CAPITOLO TERZO
Essendo le cabine degli ascensori fuori norma, dovranno
essere sostituite.
Ciò avverrà attraverso la creazione di ascensori esterni a
causa dell’impossibilità di adeguamento dei vani esistenti.
Solo in due casi non sarà possibile effettuare
l’adeguamento per mancanza dello spazio necessario.
3.QUALITA’ FRUITIVA
Intervento di progetto
a) Realizzazione di torri tecnologiche
b) Creazione di logge
Requisiti
• Integrazione funzionale dell’alloggio
• modularità dell’intervento
• ristrutturazione per piani e per colonne
• manutenibilità e ispezionabilità nuovi impianti
217
3.2 Flessibilità
Creazione di torri tecnologiche
Il progetto si basa sulla realizzazione di ascensori esterni,
collocati in torri metalliche sovrapposte al vano scala.
L’idea di torre consiste nell’uso di una struttura integrata,
composta da spazi aggiuntivi per l’alloggio: veranda/loggia
e canalizzazione dei nuovi impianti.
Il nuovo nucleo costituisce il supporto impiantistico
condizione base per la realizzazione del programma di
ristrutturazione dei piani d’alloggio.
Sotto il profilo della metodologia di intervento le “torri
tecnologiche” possono svolgere un ruolo importante anche
per quanto riguarda la manutenzione, possono essere
CAPITOLO TERZO
dotate di un ponte di ispezione per il canale di gronda ed il
tetto e costituire l’aggancio permanente per un ponte
mobile per interventi manutentivi.
Il progetto prevede la realizzazione di otto torri
tecnologiche principali e cinque torri secondarie di semplice
adeguamento impianto ascensore.
Le torri hanno una superficie di circa mq.11 per una altezza
di circa 32 m., verranno realizzate in struttura metallica,
tamponate con pannelli metallici prefabbricati e con pannelli
vetrati.
Alle torri sono collegati dei ponti metallici laterali agganciati
sia alla torre che alla struttura in c.a.
Su questi ponti di volta in volta, potranno essere realizzate
logge aggiuntive o verande di ampliamento dell’alloggio.
Le torri dal punto di vista impiantistico comprendono al
loro interno:
• le canalizzazioni del nuovo impianto di riscaldamento;
• il serbatoio di accumulo distribuzione acqua calda;
• la canna fumaria della nuova centrale termica relativa
alla scala.
3.QUALITA’ FRUITIVA
Intervento di progetto
a) Realizzazione di torri tecnologiche
b) Moduli di ristrutturazione e frazionamento alloggi
c) Creazione di logge
Requisiti
• Integrazione funzionale dell’alloggio
• modularità dell’intervento
• ristrutturazione per piani e per colonne
• manutenibilità e ispezionabilità nuovi impianti
218
3.2 Flessibilità
Moduli di ristrutturazione e frazionamento degli alloggi
I criteri di frazionamento degli alloggi si basano sui dati
statistici relativo alla composizione delle famiglie:
• il 50% dei nuclei familiari sono composti da 3-4 persone;
• il 20% dei nuclei familiari sono composti da 1-2
persone: giovani coppie, anziani, singles.
Il piano di ristrutturazione prevede unità abitative comprese
tra i 40mq. per gli alloggi più piccoli, ai 70mq. per quelli
medi, ai 90mq. per i duplex nei quali prevale la componente
sperimentale e quindi indirizzati ad una utenza per la quali
dovranno essere messi a punto nuovi criteri di
CAPITOLO TERZO
assegnazione.
Gli alloggi coinvolti nella ristrutturazione sono 158 con
incremento della consistenza a completamento del progetto
di 52 alloggi, passando dagli attuali 288 alloggi a 340.
Il sistema per “moduli di ristrutturazione” consente un
intervento organizzato per piani e per colonne. Questa
flessibilità è necessaria dato il limitato numero degli alloggi
vuoti al momento ( soltanto 8) disponibili per il
trasferimento dei primi nuclei familiari e per l’avvio del
piano di ristrutturazione.
Vi sono diverse tipologie di moduli di ristrutturazione di
partenza (mod.A, mod.B, mod.D) che danno origine a
tipologie diverse sia per composizione interna che per
superficie utile.
Caratteristiche modulo “A”.
I moduli “A” sono collocati nelle zone d’angolo
dell’edificio e il modulo di partenza è costituito da un solo
alloggio di circa 100mq.
Il modulo di ristrutturazione prevede la realizzazione di due
unità immobiliari rispettivamente di 36mq. e 71 mq.
La diversa dimensione degli alloggi è destinata
evidentemente a nuclei familiari diversi favorendo
l’integrazione sociale tra fasce d’età diverse: famiglie e
singles ad esempio, oppure permettere agli anziani o a
giovani adulti di appoggiarsi alla famiglia pur mantenendo
la necessaria autonomia.
Caratteristiche modulo “B”.
I moduli “B” sono moduli collocati fra due torri
tecnologiche formati in partenza da quattro alloggi: 2 di
81,6mq. e 2 di 67mq.
La superficie utile viene frazionata in sei nuovi alloggi con
un incremento di 2 unità e più precisamente: 2 alloggi di
41.0 mq., 2 di 64,0 mq., 2 di 71.0 mq.
I due alloggi più piccoli sono monoaffaciati, esposti verso
sud, i restanti alloggi sono controaffacciati.
Le soluzioni tecnologiche
Tecnologicamente l’intervento di ristrutturazione è centrato
sulla risoluzione dei problemi impiantistici: bagni, cucine,
riscaldamento.
Gli attuali cavedi di passaggio vengono mantenuti per non
precluderne l’utilizzo da parte degli alloggi ai piani superiori
ed inferiori.
I nuovi scarichi dei bagni ( quelli adiacenti al vano scala)
vengono convogliati nelle colonne alloggiate nelle torri
tecnologiche, mentre negli altri alloggi i sanitari utilizzati
saranno del tipo a parete montati su struttura ispezionabile
e prefabbricata. Analogamente per l’impianto di
riscaldamento potrà essere allacciato sia intercettando la
vecchia colonna montante sia sulla nuova colonna.
219
CAPITOLO TERZO
220
CAPITOLO TERZO
221
CAPITOLO TERZO
222
CAPITOLO TERZO
3.QUALITA’ FRUITIVA
Intervento di progetto
a) Realizzazione di alloggi duplex con spazi attrezzati per il
223
3.3 Nuovi modi di vita e d’uso degli alloggi
Realizzazione di alloggi duplex con spazi attrezzati per il
lavoro
CAPITOLO TERZO
lavoro
Requisiti
• Integrazione della funzione abitativa
• Dotazione di spazi per usi diversi
• Spazi attrezzati per il lavoro
Il progetto affronta questo tema attraverso la
ristrutturazione degli alloggi degli ultimi due livelli del
complesso residenziale al piano 7° e 8°, situati nella zona
centrale del corpo lungo e analogamente sui due tratti
laterali.
Si prevede la realizzazione di alloggi duplex di circa 90mq.
con particolari caratteristiche sia distributive che
tecnologiche per rispondere alla eterogeneità dei bisogni
abitativi, ed in prospettiva, all’allargamento della funzione
abitativa a quella del lavoro.
Criteri di progettazione
Complessivamente il progetto prevede il coinvolgimento
nella ristrutturazione di 24 alloggi attuali realizzando 12
alloggi duplex sperimentali.
Queste unità abitative si caratterizzano per il fronte vetrato
e i volumi delle serre a doppia altezza che articolano la parte
superiore della facciata verso la corte interna. In questi
spazi sono localizzate quelle funzioni oggi considerate
innovative quali: casa-lavoro o spazi ufficio per il lavoro a
distanza o il telelavoro.
Vi sono anche spazi di superficie non residenziali destinati
al collegamento e all’integrazione funzionale dei diversi
alloggi.
Dal punto di vista distributivo la parte residenziale
dell’alloggio è organizzata sui tradizionali due livelli del
duplex comunicanti mediante una scala metallica sul fronte
e raccordati da una facciata vetrata a doppia altezza che si
propone come sfondamento dello spazio abitativo verso
l’esterno. Gli spazi dedicati alle nuove funzioni sono
posizionati in modo da poter essere isolati, sia dagli spazi
dell’alloggio tradizionale sia dal volume complessivo a
doppia altezza della serra. Infatti nella parte superiore della
serra sono stati collocati gli elementi tecnologici del
sistema: a camino solare passivo, il muro di accumulo e le
saracinesche di controllo del passaggio d’aria calda nella
canalizzazione che distribuisce nelle camere da letto.
L’ambiente di lavoro sottostante può essere separato
mediante lo scorrimento di un pannello isolato che
mantiene in efficienza il sistema solare nella metà superiore,
eliminando però gli effetti negativi della serra nella metà
inferiore.
Un sistema di oscuramento e modulazione della luce
esterno montato sulla struttura metallica primaria consente
una regolazione della luminosità e dell’irraggiamento
interno.
Tecniche costruttive
Tecnicamente la doppia altezza è stata ricavata mediante la
rimozione di metà del solaio del piano 8° e delle strutture
che lo sorreggevano. Le serre saranno realizzate con
224
CAPITOLO TERZO
struttura metallica principale ancorata ai pilastri in c.a
dell’edificio. Tale struttura costituisce l’appoggio sia degli
elementi propri della serra, sia dei sistemi di oscuramento.
225
CAPITOLO TERZO
226
CAPITOLO TERZO
227
CAPITOLO TERZO
3.QUALITA’ FRUITIVA
Intervento di progetto
a) Realizzazione di alloggi per anziani parzialmente abili
Requisiti
• Riduzione degli effetti di segregazione
• Collegamento degli alloggi al presidio sanitario
228
3.4 Utenze sociali deboli
Realizzazione di alloggi per anziani
Il progetto si propone di studiare forme abitative tali da
ridurre gli effetti di segregazione, incentivando il rapporto
con utenti diversi e dotate di un sistema di collegamento
permanente con il presidio sanitario in grado di tenere sotto
controllo la situazione di ogni utente collegato.
Nel piano primo del centro polifunzionale saranno attivati
due alloggi denominati di “prima assistenza”. In tali alloggi
potranno essere accolti temporaneamente, da appartenenti
ad associazioni facenti capo al volontariato, persone in
difficoltà o in attesa di sistemazione in strutture adeguate.
CAPITOLO TERZO
229
CAPITOLO TERZO
Come si può vedere dalle tabelle di analisi dei temi sperimentali
affrontati nel Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo, l’aspetto
tecnologico innovativo è il punto di forza del programma.
La creazione di torri tecnologiche, il centro polifunzionale con
biblioteca informatizzata, gli alloggi duplex per il telelavoro sono tutti
temi molto interessanti.
E’ stato dato, infatti, grande peso alla flessibilità intesa soprattutto
come introduzione di tecnologie nuove e in alcuni casi ( alloggi in
duplex) quasi avveniristiche.
Ma saranno utili tutte queste tecnologie per la riqualificazione sociale
del quartiere?
Non era forse meglio chiedere prima di iniziare il progetto preliminare
la consultazione degli abitanti?
230
CAPITOLO TERZO
3.8 Il Contratto di Quartiere di Vigevano: il quartiere
Pietrasana
La scelta localizzativa è derivata da un processo già in corso, fin dal
marzo 1997, per il recupero dei minori a rischio, attivato dal comune
di Vigevano che ha messo a disposizione due educatori e dall’Aler di
Pavia che ha reso disponibili i locali necessari all’attuazione del
progetto.
Questo intervento ha stimolato altre iniziative che rientrano nelle
problematiche del “Contratto di Quartiere” al punto che l’Aler ha
proposto al Comune di Vigevano di partecipare al bando essendo le
finalità dei “Contratti” perfettamente pertinenti al programma di
recupero sul quartiere Pietrasana.
Si tratta di un quartiere storico della realtà vigevanese e questo
processo di recupero deve coniugare le esigenze edilizie con quelle
sociali.
Il quartiere consta di 10 fabbricati e di 220 alloggi così ubicati:
- 120 alloggi in quattro fabbricati edificati nel 1938, di taglio medio,
suddivisi in due scale per ogni fabbricato con dotazioni all’interno di
wc, lavabo e cucina a legna;
- 48 alloggi in edifici del 1940 con le stesse caratteristiche dei
precedenti;
- 32 alloggi in due palazzine edificate nel 1959 di taglio più grande
con cucine e servizi completi.
Le abitazioni sono totalmente occupate, in parte dalle famiglie
assegnatarie all’origine, oggi ridotte nel numero dei componenti ed in
parte da nuovi nuclei.
La scelta è caduta su Vigevano non solo per la dimensione del
quartiere e per la sua importanza nell’ambito dell’edilizia sociale
cittadina ma perché sussiste a Vigevano un fabbisogno di abitazioni
economiche non ancora soddisfatto.
La popolazione nel quartiere Pietrasana è soprattutto anziana ed è
costretta a vivere in edifici di cinque piani senza ascensore con le
conseguenti difficoltà.
231
CAPITOLO TERZO
3.8.1
Gli interventi previsti nel Contratto di Quartiere
Il “Contratto di Quartiere” di Vigevano si occupa della
riqualificazione degli spazi collettivi e quindi del contesto urbano del
quartiere, del riadeguamento edilizio degli edifici ormai obsoleti e
soprattutto dei problemi sociali che accompagnano i degrado fisico
del quartiere.
Uno dei temi principali affrontati dal Contratto di Quartiere è la
qualificazione dello spazio urbano.
Il progetto prevede:
• la riqualificazione dello spazio centrale (prima utilizzato come
parcheggio) attraverso la realizzazione di un campo
sportivo(calcetto e pallacanestro), di un giardino con fontana e di
percorsi a pergola intorno alla stessa corte. Quest’area centrale
potrà consentire lo svolgimento di altre attività, non
necessariamente sportive, previo utilizzo di un “Kit espansivo”
progettato ad hoc per mostre, spettacoli, vendita, feste;
• la chiusura dell’accesso veicolare nella corte centrale e il
miglioramento della fruibilità pedonale;
• la creazione di nuovi parcheggi sul perimetro del quartiere e sul
retro di alcuni edifici con la possibilità di essere coperti con piante
rampicanti attraverso la realizzazione di una struttura in ferro in
modo da completare la sistemazione a verde dell’area anche a
vantaggio dei veicoli (ombra);
• la creazione di giardini di pertinenza dei singoli edifici, di spazi per
il gioco dei bambini, di uno spazio recintato destinato agli animali
domestici, di un campo da bocce e di spazi di seduta per anziani
ed adulti;
• lo studio di un piano per l’illuminazione degli spazi esterni in modo
da prevederne un utilizzo intenso anche durante le ore serali.
232
CAPITOLO TERZO
Era prevista la realizzazione di un parcheggio interrato nella corte
centrale ma gli abitanti del quartiere si sono opposti e quindi
l’Amministrazione ha dovuto rinunciare a questo progetto.
Verranno costruiti, all’ingresso pedonale del quartiere, un portale
attrezzato per l’informazione sulla trasformazione del quartiere e,
nella corte centrale, il Circo-Lab un edificio progettato per diverse
funzioni: assemblee, riunioni di condominio, dibattiti feste.
Nel Circo-Lab verranno predisposti anche spazi ed attrezzature di
base idonee per lo svolgimento di lavori di bricolage.
Questo centro si configura come la sede ideale per ospitare
associazioni diverse anche promosse dagli abitanti stessi.
Per quanto riguarda la riqualificazione degli edifici gli interventi
previsti sono:
• adeguamento igienico sanitario dei bagni perché insufficienti come
dotazioni e non adatti agli anziani ed ai disabili;
• adeguamento tipologico per ridurre dimensionalmente gli alloggi
più grandi secondo le esigenze attuali;
• realizzazione di appartamenti per famiglie numerose al piano
terreno di alcuni edifici;
• installazione di ascensori e di impianto di riscaldamento;
• riconversione di due edifici in case per anziani con dotazioni
specializzate come lavanderia, infermeria, palestra e spazi
polifunzionali;
• inserimento di serre a comportamento passivo sulle esposizioni
privilegiate progettate ed integrate in maniera appropriata e
l’applicazione di sistemi captanti ad aria per la ventilazione
igienico-sanitaria degli ambienti;
• rifacimento delle facciate, dei tetti, dei serramenti degli edifici ed
utilizzo di materiali ecologici per la riqualificazione;
• utilizzo delle acque meteoriche raccolte dalle coperture per
l’irrigazione e la pulizia;
• riduzione del consumo acqua potabile, attraverso l’adozione di
dispositivi per la regolazione del flusso dell’acqua delle cassette di
scarico dei gabinetti;
• progettazione di spazi all’interno o all’esterno delle singole unità
abitative per la raccolta differenziata.
Era prevista la demolizione di due edifici per la creazione di una
residenza per anziani progettata secondo criteri avanzati ma, anche in
questo caso, gli abitanti si sono opposti e quindi il progetto è stato
abbandonato.
Per quanto riguarda gli aspetti sociali sono state previste:
- la creazione all’interno del quartiere di una Banca de Tempo
orientata a servizi per la persona e per il tempo libero.
233
CAPITOLO TERZO
In un quartiere in cui gli abitanti si collocano sulle fasce inferiori di
reddito, la possibilità di realizzare adeguati servizi alla persona senza
costi economici per i beneficiari è un’opportunità di indubbio
interesse, specialmente quando l’attività proposta contribuisce a
rafforzare o creare legami di comunità.
I principali obiettivi di questa azione sono quelli di garantire adeguati
servizi alla persona effettuati in maniera gratuita, di trasformare la
fornitura di questi servizi da attività di volontariato ad attività di
scambio; favorire il consolidamento dei legami di comunità; favorire il
travaso di conoscenze tra gli abitanti, con particolare riferimento a
quello che può avvenire tra le generazioni.
La Banca del Tempo non produce occupazione ma contribuisce a
migliorare la qualità della vita degli associati, inoltre in caso di
eccedenza di offerte di alcune competenze rispetto alla domanda si
prevede di estendere la Banca del Tempo all’esterno del quartiere
ampliando così la base di scambio.
- Creazione di una cooperativa, con la partecipazione degli abitanti
per la gestione dei servizi di quartiere.
La gestione e la manutenzione corrente dei servizi e delle parti
comuni del quartiere costituiscono un’offerta di lavoro sufficiente
all’avviamento di una cooperativa che potrebbe permettere uno
sbocco occupazionale qualificato ai residenti disoccupati o sottooccupati; contenere i costi del servizio entro parametri richiesti dalle
possibilità di spesa degli abitanti; realizzare un servizio soddisfacente
per qualità e tempestività dell’intervento.
- Creazione di piccole imprese formate da donne per la
manutenzione degli stabili.
Questo programma prevede il coinvolgimento di circa 15 donne,
disoccupate o in cerca di prima occupazione, possibilmente residenti
nel quartiere, per istruirle, attraverso un opportuno percorso
formativo, alla creazione di piccole imprese autonome o cooperative.
La formazione lavorativa sarà orientata verso i lavori di finitura
interna, esterna e decorazione degli edifici con l’utilizzo di tecniche e
materiali a basso impatto sia verso l’uomo che verso l’ambiente.
Come cantiere per l’apprendimento remunerato prima e per
l’avviamento delle imprese poi verranno utilizzati gli edifici del
quartiere Pietrasana che, essendo soggetti a interventi di
ristrutturazione degli spazi interni, offriranno un bacino di circa 220
alloggi.
- Intervento di risanamento a carattere sociale, finalizzato
all’accompagnamento del processo di auto-organizzazione delle
persone per la gestione dell’area.
234
CAPITOLO TERZO
Con questa iniziativa si intende: favorire l’integrazione fra
Amministrazione comunale e altri enti pubblici e privati nella
realizzazione di interventi a favore della comunità; favorire la
partecipazione attiva della comunità di abitanti; creare gruppi
spontanei di adolescenti residenti nel quartiere attraverso la
condivisione di spazi e di interessi.
Si tratta di un’azione in corso dal 1997 finanziata dal Comune di
Vigevano.
Modificazione funzionale degli
edifici del quartiere Pietrasana
Riqualificazione degli spazi
aperti del quartiere Pietrasana
CONTRATTO DI QUARTIERE
Riqualificazione sociale e
progetto occupazione
235
CAPITOLO TERZO
236
CAPITOLO TERZO
3.8.2 L’apporto economico e gli operatori del Contratto di
Quartiere
Come nel caso di Cinisello Balsamo anche nel Contratto di
Quartiere di Pietrasana si è sviluppato un gruppo integrato di lavoro
tra il Comune di Vigevano e l’Aler di Pavia.
Nel caso di Vigevano non sono riuscita a reperire precisamente le
fonti dei finanziamenti ma sono in grado di elencare i promotori ed i
partecipanti alla proposta di riqualificazione.
I soggetti pubblici e privati che vi hanno partecipano sono numerosi e
ciò è stato reso possibile dall’intenso programma di partecipazione
attuato dall’Amministrazione pubblica fin dall’inizio del processo.
Questo programma ha permesso infatti di coinvolgere alcune società
private e associazioni sociali della stessa città di Vigevano.
La tabella che segue esemplifica i promotori delle proposte contenute
nel Contratto di quartiere ed i partecipanti alle iniziative.
CONTRATTO DI QUARTIERE
RIQUALIFICAZIONE URBANA
DEL QUARTIERE
Promotori
Descrizione degli interventi
- Comune di
Creazione di funzioni sociali
Vigevano:
ed ecologiche dell’area
Assessorato allo
centrale
sport, partecipazione
politiche giovanili e
settore demografico
- ALER
Partecipanti
Privati
RECORD Vigevano
- Comune di
Privati:
237
Creazione di micro-spazi
CAPITOLO TERZO
RIQUALIFICAZIONE DEGLI
EDIFICI
RIQUALIFICAZIONE SOCIALE
Vigevano:
Assessorato servizi
sociali ed edilizia
residenziale pubblica
- ALER
- Comune di
Vigevano:
Assessorato assetto
del territorio ed
ambiente
- ALER
- Comune di
Vigevano:
Assessorato servizi
sociali ed edilizia
residenziale pubblica
- Assessorato allo
sport, partecipazione
politiche giovanili e
settore demografico
- Comune di
Vigevano:
Assessorato servizi
sociali ed edilizia
residenziale pubblica
- ALER
- Comune di
Vigevano:
Assessorato servizi
sociali ed edilizia
residenziale pubblica
qualificanti di vicinato
Vivai de Martini- Vigevano
Programma luci sul
quartiere
Privati:
Disano illuminazione
Realizzazione del Circo-Lab
Associazione sociale:
AUSER Vigevano
- ALER
Energia nel quartiere
- ALER
Operazione manutenzione
- Associazione
sociale: CITTA’
SOLIDALE Milano
Banca del tempo
- Associazione
sociale: CITTA’
SOLIDALE Milano
- Federcasa
- CRASFORM
associazione per lo
sviluppo della
cultura e della
formazione
Cooperativa di manutenzione
e gestione
238
Riqualificazione funzionale e Privati:
tecnologica delle abitazioni
OTIS Pavia
Realizzazione di case per ALER Pavia
anziani
AUSER Vigevano
Impresa donna
ASM Vigevano
PETROL TEAM Pavia
RAAB KARCHER Saronno
PARCO DEL TICINO
Magenta
ASM Vigevano
FEDERCASA ANIACAP
Impresa Boccellini
Vigevano
Comune di Vigevano:
Assessorato servizi sociali
Associazione sociale:
KRONOS Vigevano
Comune di Vigevano:
Assessorato servizi sociali
Associazione sociale
ALER
CAPITOLO TERZO
- Assessorato allo
Animazione di quartiere
sport, partecipazione
politiche giovanili e
settore demografico
3.8.3
La partecipazione degli abitanti
Il programma di partecipazione degli abitanti è sicuramente l’aspetto
più qualificante del Contratto di quartiere di Vigevano.
Questo programma è iniziato ad esplicitarsi, come lo richiede il
bando di concorso dei Contratti di Quartiere, prima della
progettazione definitiva anzi è lo stesso programma che ha portato
alla definizione delle azioni da pianificare all’interno del processo di
riqualificazione.
Lo strumento utilizzato è stato quello dell’action plannig, una
metodologia rivolta essenzialmente alla creazione di una struttura che
metta in relazione tra loro le persone e che le aiuti a prendere delle
decisioni insieme.
L’applicazione del metodo su scale e dimensioni di problemi diversi
prevede quattro fasi principali di lavoro:
1. identificazione dei problemi,
2. ordine delle priorità,
3. progettazione di strategie di intervento,
4. realizzazione delle azioni.
Il programma è iniziato proprio con l’identificazione dei problemi
attraverso sopralluoghi, da parte dell’Amministrazione pubblica, nel
quartiere e con la creazione di liste di questioni critiche e del loro
livello di priorità.
Il comune di Vigevano e l’Aler hanno poi organizzato degli incontri
con gli abitanti del quartiere, con gli amministratori, con i
tecnici/progettisti e con gli operatori economici per individuare
strategie d’intervento possibili per la risoluzione dei problemi e per
stabilire uno schema di priorità di applicazione.
239
Associazione sociale:
AMICI DELLE CASE
POPOLARI
CAPITOLO TERZO
Ogni gruppo ha individuato le strategie che riteneva da intraprendere
con urgenza e quelle che potevano aspettare; successivamente i
diversi gruppi si sono accordati sulla lista di azioni prioritarie.
Per ogni strategia si sono formulate diverse soluzioni operative e si
sono selezionate le più appropriate tenendo conto della loro fattibilità
grazie ai tecnici presenti e della loro onerosità grazie agli enti di
finanziamento che vi hanno partecipato.
La programmazione si è conclusa attraverso la creazione di uno
scenario workshop in più giornate19 in cui, attraverso la
rappresentazione grafica, si è costruito lo scenario del quartiere
riqualificato.
Complessivamente la partecipazione degli abitanti in queste giornate
è stata buona anche se con una netta prevalenza della popolazione
anziana.
L’Aler per l’attivazione di questo programma si è appoggiato all’unità
metodologica di progetto SOFTECH di Torino ed agli architetti John
Thompson & Partners per la resa grafica durante le giornate di
workshop.
Il risultato di questo programma di partecipazione, che non è
concluso ma proseguirà anche durante la realizzazione, è un
progetto che riflette le richieste degli abitanti, le loro esigenze e i loro
bisogni, è un progetto legato al luogo e all’identità di chi lo vive.
19
Il primo e il cinque luglio 1999
240
CAPITOLO TERZO
3..8.4 Il programma sperimentale
A differenza di Cinisello Balsamo il Contratto di Quartiere di
Vigevano ha posto particolare attenzione all’obiettivo della Qualità
Ecosistemica.
Gli obiettivi generali e i temi della sperimentazione affrontati sono
riportati nella seguente matrice:
OBIETTIVO GENERALE DELLA SPERIMENTAZIONE
1.QUALITA’ MORFOLOGICA
2.QUALITA’ ECOSISTEMICA
3.QUALITA’ FRUITIVA
4.SISTEMA QUALITA’
241
TEMA DELLA SPERIMENTAZIONE
1.1 Modificazione e qualificazione di tessuti
consolidati e degradati
1.2 Conservazione e valorizzazione dei tessuti storici
1.3 Modificazione con integrazione funzionale
1.4 Qualificazione dello spazio urbano
2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana-risparmio
delle risorse (A)
2.2 Bioarchitettura
ed
ecologia
urbanamiglioramento della qualità urbana (B)
3.1 Accessibilità, visitabilità e adattabilità DM
236/89
3.2 Flessibilità
3.3 Nuovi modi di vita e uso dell’alloggio
3.4 Utenze sociali deboli
4.1 Qualità nel processo edilizio: definizione di
procedure di garanzia della qualità
4.2 Qualità del sistema edilizio: gestione della qualità e
controllo di qualità
CAPITOLO TERZO
1.QUALITA’ MORFOLOGICA
1.4 Qualificazione dello spazio urbano
Intervento di progetto
Funzioni ecologiche e sociali dell’area centrale e delle
a) Funzioni ecologiche e sociali dell’area centrale e delle aree di vicinato
aree di vicinato
Le trasformazioni sono orientate ad alcuni criteri guida:
• disegnare e ridistribuire lo spazio esistente tra le diverse
attività e i diversi utenti in modo da permettere una
fruizione non conflittuale e rispettosa delle esigenze di
Requisiti
tutte le fasce d’età;
• Restituire all’area centrale una funzione sociale ed • migliorare la qualità e la funzionalità dell’area
ecologica;
introducendo massicciamente il verde, dotandola di
• Migliorare la qualità dell’abitare;
attrezzature gioco e di arredo, caratterizzandola
• Offrire ai residenti spazi soggiorno, vita, gioco e
attraverso superfici e percorsi differenziati.
incontro;
• Creare una rete diversificata di micro funzioni per la Il progetto prevede:
rivitalizzazione del quartiere.
• riqualificazione dello spazio centrale con la realizzazione
di un campo sportivo, di un giardino con fontana e di
percorsi a pergola intorno alla corte centrale;
• la chiusura dell’accesso veicolare nella corte centrale e
il miglioramento della fruibilità pedonale;
• la creazione di nuovi parcheggi sul perimetro del
quartiere e sul retro di alcuni edifici ma con la possibilità
di essere coperti con piante rampicanti attraverso la
realizzazione di una struttura in ferro in modo da
completare una sistemazione a verde dell’area anche a
vantaggio dei veicoli (ombra);
• la creazione di giardini di pertinenza dei singoli edifici, di
spazi per il gioco dei bambini, di uno spazio recintato
destinato agli animali domestici, di un campo da bocce e
di spazi di seduta per anziani ed adulti;
• lo studio di un piano per l’illuminazione degli spazi
esterni in modo da prevederne un utilizzo intenso anche
durante le ore serali;
242
CAPITOLO TERZO
•
•
l’uso del verde come elemento per l’assorbimento del
rumore proveniente dall’esterno del quartiere e per il
controllo del microclima, specialmente durante i mesi
estivi;
l’uso di varietà vegetali adatte ad assorbire gli
inquinanti atmosferici come elemento per migliorare la
qualità dell’aria a livello locale.
Innovazione tecnologica
L’oggetto della sperimentazione consiste nel progettare e
realizzare un kit espansivo progettato ad hoc che consenta
lo svolgimento, sull’area centrale del quartiere di:
1. spettacolo
2. mostre
3. vendita
4. gioco-spettacolo
5. feste.
Le prestazioni delle attrezzature del kit espansivo così come
espresse dagli abitanti sono: robustezza, facilità di
smontaggio, flessibilità, minimo ingombro, facilità di
manutenzione, pulibilità.
Queste caratteristiche permetteranno l’auto gestione del kit
da parte degli abitanti.
243
CAPITOLO TERZO
1.QUALITA’ MORFOLOGICA
1.4 Qualificazione dello spazio urbano
Intervento di progetto
Il Circo-Lab
a) Realizzazione di una struttura da destinarsi a punto di
aggregazione polifunzionale-il Circo-Lab.
La sperimentazione riguarda la possibilità di ottenere
l’autogestione completa del Circo-Lab da parte degli
abitanti del quartiere, in particolare la capacità di:
• organizzare le richieste degli utenti in base allo spazio
disponibile, minimizzando i conflitti;
Requisiti
• gestire il funzionamento del Circo-Lab garantendo la
• Orientare l’impiego del tempo libero verso attività con
massima fruibilità;
elevato plusvalore in termini di apprendimento e • coprire i costi di gestione, manutenzione attraverso
soddisfazione personale;
quote
associative
e
altri
meccanismi
di
• favorire il consolidamento dei legami di comunità,
autofinanziamento.
attraverso attività di socializzazione;
• favorire il travaso delle conoscenze tra gli abitanti.
Innovazione tecnologica
Gli spazi interni ed esterni dovranno essere estremamente
flessibili, in grado di rispondere a una molteplicità di
funzioni di aggregazione durante l’arco della giornata
attraverso operazioni semplici alla portata degli utenti.
La struttura dovrà essere realizzata con materiali e
tecnologie in grado di resistere adeguatamente all’usura e
garantire costi di manutenzione ed eventuale modificazione
funzionale alla portata degli abitanti del quartiere.
L’architettura della struttura dovrà costituire un segno
visibile del rinnovamento del quartiere.
244
CAPITOLO TERZO
245
CAPITOLO TERZO
2.QUALITA’ ECOSISTEMICA
Intervento di progetto
a) Risanamento energetico del quartiere
2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana-risparmio delle
risorse
Risanamento energetico del quartiere
•
•
Requisiti
• riduzione perdite di calore
•
• controllo ventilazione naturale
• dispositivi per la limitazione dei consumi elettrici e di
riscaldamento
•
• sistemi di captazione attivi e passivi dell’energia solare
• sistemi di riscaldamento non convenzionali
•
•
•
•
Riduzione delle dispersioni termiche degli edifici,
attraverso coibentazione delle chiusure opache ed
eliminazione dei ponti termici;
sostituzione dei serramenti esistenti con nuovi
serramenti (doppio vetro controllo delle infiltrazioni);
ventilazione meccanica delle abitazioni assistita da
sistemi ad energia solare ad aria, predisposti sulle
facciate laterali, esposte a sud;
tecnologie per la riduzione dei consumi d’acqua calda
sanitaria;
contabilizzazione energetica individuale;
controllo periodico delle emissioni e delle prestazioni
energetiche degli edifici;
adozione di serre a comportamento passivo, nella
riqualificazione delle logge e dei balconi in grado di
ridurre fino al 30% i consumi delle abitazioni,
migliorando nel contempo la qualità edilizia e l’impatto
visivo delle facciate;
realizzazione di una rete impiantistica centralizzata in
cavedio a livello del quartiere, per la distribuzione del
calore, dell’acqua calda sanitaria, dell’energia elettrica e
del metano con derivazioni per singoli fabbricati e
terminali nei singoli alloggi completi di contabilizzazione
individuale.
L’alimentazione della centrale di teleriscaldamento sarà
effettuata con biomassa legnosa ottenuta attraverso:
• il Comune di Vigevano, manutentore dei viali alberati
della città, che metterà a disposizione della nascente
cooperativa di quartiere i prodotti della potatura degli
alberi, trasformabile in cippato per l’alimentazione
dell’impianto;
246
CAPITOLO TERZO
•
•
2.QUALITA’ ECOSISTEMICA
il Parco del Ticino, produttore di legna combustibile in
quantità considerevole, che metterà a disposizione parte
della propria produzione a prezzi favorevoli di mercato;
i produttori di riso, che potranno mettere a disposizione
la lolla di riso, utilizzabile in un impianto policombustibile.
2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana-risparmio
dellerisorse
Acqua
Intervento di progetto
a) Utilizzo acque meteoriche
Nel corso del rifacimento dei servizi igienico-sanitari si
attuerà una riduzione de consumo d’acqua potabile.
Saranno installate cassette di scarico dotate di un
dispositivo comandabile manualmente che consentirà la
Requisiti
regolazione, prima dello scarico, di almeno due diversi
• Dispositivi per la limitazione del volume d’acqua ad usi volumi d’acqua: il primo compreso tra i 7 e i 12 litri e il
domestici
secondo compreso tra 7 e i 5 litri.
• Recupero e gestione delle acque meteoriche
Verranno inoltre inseriti dispositivi aeratori sui soffioni
• Ottimizzazione della rete di distribuzione idrica
doccia e sugli ugelli dei rubinetti.
Le coperture dei tetti verranno munite, tanto verso la strada
quanto verso il cortile di canali di gronda impermeabili,
adatti a convogliare le acque meteoriche nei pluviali e
quindi nelle cisterne di raccolta dell’acqua piovana. A tale
scopo si sfrutteranno le cisterne originali, realizzate nel 1938
e destinate ad accumulare l’acqua per i lavatoi degli
scantinati.
Le cisterne saranno dotate di un sistema di filtratura per
l’acqua in entrata, di uno sfioratore sifonato collegato alla
fognatura per gli scarichi su strada per smaltire l’eventuale
acqua in eccesso e di un adeguato sistema di pompaggio
per fornire l’acqua alla pressione necessaria agli usi.
L’impianto idrico così formato non verrà collegato alla
normale rete idrica e le sue bocchette saranno dotate di
dicitura “acqua non potabile”, secondo la normativa
vigente.
L’acqua verrà utilizzata per l’irrigazione del verde
pertinenziale e per la pulizia.
247
CAPITOLO TERZO
2.QUALITA’ ECOSISTEMICA
Intervento di progetto
a) Predisposizione per la raccolta differenziata
b) Progetto manutenzione
Requisiti
• Miglioramento della qualità abitativa
2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana-risparmio delle
risorse
Rifiuti
Per favorire la raccolta differenziata dei rifiuti organici e
inorganici a scala di quartiere ad opera del Comune, ogni
singola unità abitativa sarà dotata di uno spazio progettato
- interno o esterno - idoneo ad ospitare i contenitori per la
raccolta differenziata degli imputrescibili.
Anche nel quartiere verrà realizzata un’area attrezzata
contenente:
• raccoglitori per la raccolta differenziata a scala di
quartiere (carta, vetro, plastica, alluminio);
• lo spazio per la raccolta dei rifiuti ingombranti;
• la compostiera per la raccolta dei rifiuti organici
putrescibili, la cui produzione verrà utilizzata per la
concimazione delle parti comuni.
L’area verrà opportunamente mascherata da una struttura
coperta in legno circondata da arbusti.
Progetto manutenzione
Consiste nella verifica che i materiali utilizzati nelle opere di
manutenzione (intonaci, rivestimenti, pareti perimetrali,
pareti mobili, pavimenti, controsoffitti...) e gli impianti di
fornitura servizi, in particolare l’impianto idrico-sanitario,
non emettano gas, sostanze aeriformi, polveri o particelle
dannose o moleste per gli utenti sia in condizioni normali
che in condizioni critiche.
248
CAPITOLO TERZO
3.QUALITA’ FRUITIVA
Intervento di progetto
a) Inserimento ascensori
b) Adeguamento servizi igienici
3.1 Accessibilità, visitabilità, adattabilità DM 236/89
Inserimento degli ascensori ed adeguamento dei servizi
igienici
Requisiti
• Miglioramento dell’accessibilità dell’edificio
La presenza degli ascensori è una delle dotazioni prioritarie
per i residenti, in particolare per i residenti anziani che non
hanno avuto modo negli ultimi anni, di ricollocarsi ai piani
bassi degli immobili. Alcuni nuclei familiari di anziani
vivono in una situazione di quasi reclusione, cercando di
rendere minime le necessità di uscita dalle abitazioni per
evitare faticose risalite al piano.
L’azione prevede una dotazione di ascensori esterni ai corpi
di fabbrica, realizzati in strutture leggere e trasparenti,
accostati in corrispondenza dei vani scala.
La distribuzione orizzontale al piano di arrivo verrà
realizzata traendo vantaggio dai balconi aggettanti
riducendo, in questo modo, le interferenze costruttive con
le abitazioni.
Nel corso della riqualificazione funzionale le abitazioni
dovranno essere dotate di nuovi servizi bagni/cucina,
ampiamente fuori standard.
In molte abitazioni è avvenuta una graduale sostituzione,
da parte degli stessi inquilini.
Compito di questa azione è l’adeguamento tecnologico e
l’uniformazione di tutte le abitazioni a standard qualitativi e
funzionali idonei.
249
CAPITOLO TERZO
3.QUALITA’ FRUITIVA
Intervento di progetto
a) Alloggi per anziani con servizi ad uso collettivo
Requisiti
• Trasformare un edificio del quartiere in residenze per
anziani
• Assicurare una serie di servizi comuni alle unità
residenziali
• Garantire un servizio di assistenza alla persona per i
residenti anziani
250
3.4 Utenze sociali deboli
Residenza per anziani
Verranno esaminate le tipologie di casa/alloggio per anziani
e adattate alla conformazione dell’edificio candidato alla
trasformazione.
L’introduzione dell’ascensore terrà conto delle particolari
esigenze degli abitanti, dando preferenza ad inserimenti
interni, anziché esterni come negli altri fabbricati. I moduli di
alloggio verranno dotati di servizi comuni in misura
adeguata e appropriati di affacci verso l’esterno.
Un piano dell’edificio verrà destinato a servizi centralizzati:
mensa, lavanderia, lettura e ricreazione.
La trasformazione richiederà un insieme di misure, la cui
attuazione dovrà essere accuratamente pianificata da parte
dell’Amministrazione e dell’Aler. La fase cantieristica dovrà
prevedere il trasferimento degli attuali inquilini in altre
residenze della città, fino all’insediamento dei nuovi
inquilini. La città di Vigevano sopporterà i costi del
trasferimento. Al fine di contenere il disagio delle persone
anziane si provvederà allo spostamento delle famiglie
giovani, mantenendo nel quartiere i nuclei anziani.
Il servizio di assistenza alla persona verrà organizzato dalla
Città Solidale a partire dall’avvio del Contratto di Quartiere
e con la realizzazione della casa-anziani, acquisterà un ruolo
specifico nei servizi di assistenza alla comunità di anziani in
essa ospitati. Verrà realizzato, in collaborazione di aziende
del settore, un progetto di tele-sanità e assistenza geriatrica
su linea telefonica.
CAPITOLO TERZO
Il Contratto di Quartiere di Vigevano ha incentrato i suoi obiettivi
sull’organizzazione di attività sociali e sulla possibilità di creare un
quartiere autogestito, prediligendo il miglioramento del benessere
ambientale e il risparmio delle risorse.
Questi obiettivi sembrano, forse, meno sperimentali e tecnologici
rispetto a quelli affrontati dal Contratto di Quartiere di Cinisello
Balsamo, ma le premesse portano a pensare che il quartiere
Pietrasana diventerà un quartiere ad alto livello abitativo.
Questa impressione deriva dal modo in cui è stato condotto il
programma ed in particolare dall’intensa attività di partecipazione
degli abitanti che è stata sviluppata e, di conseguenza, dalla nascita di
un progetto veramente “concertato”.
3.9 Gli aspetti significativi dei Contratti di Quartiere
Con l’introduzione dei Contratti di Quartiere, anche in Italia, si è
riconosciuta la necessità di trasformare i progetti di riqualificazione in
programmi/processi complessi che affrontano le problematiche dei
quartieri degradati, non solo dal punto di vista tecnico/spaziale ma
anche da quello sociale.
Si è pertanto cercato di agire sul costruito associando i diversi
interessati (Enti Gestori, abitanti, associazioni..) per sviluppare dei
progetti che integrino la riqualificazione tecnica con strategie di
rivalorizzazione complessiva dei quartieri per sfruttarne le potenzialità
e per sviluppare una nuova dinamica.
Il Contratto di Quartiere di Vigevano sembra proprio andare in
questa direzione, infatti, l’intensa attività di partecipazione promossa
251
CAPITOLO TERZO
dall’Amministrazione ha portato, fino ad ora, alla stesura di un
programma di riqualificazione concertato con gli abitanti.
Un altro tema molto interessante introdotto dai Contratti di
Quartiere è quello della sperimentazione.
La possibilità, infatti, di poter sperimentare nuovi metodi di
riqualificazione per il miglioramento della qualità ambientale, per
l’adeguamento degli edifici alle nuove richieste e per il risparmio delle
risorse e, la necessità che queste sperimentazioni si traducano in
criteri-guida per la progettazione in aggiornamenti della normativa
tecnica in materia di edilizia residenziale pubblica e in metodi di
controllo e verifica della progettazione, è sicuramente un aspetto
importante.
Entrambi i Contratti analizzati introducono temi interessanti per
quanto riguarda la sperimentazione, ma, in particolare quello di
Cinisello Balsamo, sembra affrontare due temi molto problematici ed
attuali: la flessibilità e la mobilità.
La possibilità di poter riqualificare un edificio non spostando
completamente gli abitanti fuori dal quartiere ma utilizzando la
rotazione all’interno del complesso stesso attraverso i “moduli di
ristrutturazione” è molto interessante proprio perché uno dei più
grossi problemi in un programma di riqualificazione è il trasferimento
degli abitanti al di fuori del quartiere.
Infine il cercare da parte dei Contratti di Quartiere, per la prima
volta, di impostare una collaborazione tra Amministrazioni sia a livello
centrale, fra Ministeri, che a livello locale, fra i diversi attori che
operano sul territorio, compresi gli operatori privati, è un’iniziativa di
grande rilievo.
Purtroppo non si possono ancora trarre delle conclusioni sui risultati
(essendo i Contratti in fase preliminare) ma, fino ad ora, le premesse
sembrano buone sebbene non si sia ancora costruita una vera e
propria metodologia programmata per la riqualificazione come nel
caso francese.
Infatti si è potuto constatare, anche attraverso l’analisi dei due
Contratti di Quartiere presi in considerazione, come ogni intervento
di riqualificazione costituisce un “caso a sé”, non solo per i contenuti
del progetto, ma anche per i metodi e le procedure seguite.
Ciò è probabilmente inevitabile, data l’assenza di una tradizione
consolidata in questo campo nel nostro Paese.
252
CAPITOLO TERZO
3.10 Dalla teoria alla prassi : alcune ipotesi in atto a Milano
per la gestione dei quartieri di edilizia residenziale
pubblica
A Milano si darà vita a otto laboratori di quartiere, una per ogni zona
(esclusa la zona 1 che riguarda il centro) che diventeranno sedi
decentrate dell’Assessorato al Decentramento del Comune di
Milano, con il compito di dare spunti per alla definizione di progetti di
riqualificazione20.
I laboratori di quartiere sono un’iniziativa molto interessante poiché
sono finalizzati all’informazione e alla promozione della
partecipazione dei cittadini ai processi di riqualificazione urbana e
sociale e alla creazione di un’intesa tra le forze della produzione, della
cultura, della scuola e delle organizzazioni di base per rafforzare i
processi di identificazione degli abitanti con il quartiere, di valorizzare
la comunità locale, di sviluppo sostenibile.
Verranno infatti elaborati dei programmi congiunti per:
- monitorare e migliorare la conoscenza del cittadino del proprio
quartiere e sollecitare le proposte;
- effettuare mappature delle urgenze e delle risorse relative a zone
omogenee ed a loro componenti edilizi;
- collaborare all’indirizzo e alla promozione dell’imprenditoria
aggregando risorse, disponibilità e capacità nonché divulgando la
informazioni relative alle opportunità europee, gli accessi ai crediti
20
I Laboratori di Quartiere sono stati istituiti tramite la Delibera Comunale del
1° Maggio 2000.
253
CAPITOLO TERZO
e a tutto quanto riguarda incentivi economici e normativi, per una
gestione diretta del quartiere;
- recuperare spazi urbani pubblici per attività ludico-sportive per i
cittadini;
- effettuare una mappatura degli orari dei servizi e delle
caratteristiche temporali circoscrizionali e predisporne
l’armonizzazione;
- rafforzare i processi di partecipazione degli abitanti del quartiere
ad operazioni di microurbanistica e di proposizione e discussione
di Piani Urbani;
- rafforzare la sicurezza dell’ambiente;
- incentivare workshop ecologici per migliorare il rapporto
cittadini-ambiente.
Per gestire questi laboratori sta nascendo una nuova figura di
operatore: il manager delle periferie.
Questo progetto nasce sotto gli auspici dell’Assessorato alla
Sicurezza e al Decentramento del Comune di Milano che, in
occasione della riorganizzazione delle strutture amministrative
periferiche è interessato ad utilizzare questa nuova figura
professionale per avviare una vasta azione di risanamento e di
contenimento del degrado presente nelle grandi periferie urbane.
Gli obiettivi fondamentali del progetto formativo per i manager delle
periferie sono quelli di consentire a laureati in sociologia o
architettura di acquisire gli elementi basilari (di tipo sociale, culturale,
economico produttivo, giuridico amministrativo, urbanistico
ambientale) che concorrono a determinare la complessità delle
situazioni periferiche metropolitane. Ciò che vorrebbero offrire è la
strumentazione adeguata al raggiungimento di una capacità di
gestione manageriale della complessità delle iniziative progettuali tese
a contenere e/o superare il degrado periferico.
Mentre nei programmi dei Laboratori di Quartiere vi è l’intenzione di
rafforzare i processi di partecipazione degli abitanti, in quelli di
formazione del manager delle periferie non esiste alcuna indicazione
che faccia pensare ad un processo formativo in tale direzione.
Ciò è, sicuramente, un’enorme limitazione visto che questa nuova
figura dovrebbe gestire i così detti Laboratori di Quartiere ed essere
quindi a stretto contatto con gli abitanti.
Il percorso formativo per i futuri manager delle periferie è composto
da esercitazioni pratiche e da lezioni in diversi campi:
• Area sociale e socio-culturale: formazione sulle caratteristiche e
comportamenti degli strati sociali a dimensione prevalente nelle
periferie urbane (giovani, adolescenti, anziani, immigrati, donne..),
problematiche della famiglia e dell’infanzia, emarginazione
254
CAPITOLO TERZO
giovanile, tossicodipendenza, prostituzione ed integrazione degli
immigrati.
• Area urbanistico ambientale: formazione ed evoluzione delle
periferie urbane in epoca contemporanea, l’edilizia abitativa nelle
periferie, le infrastrutture, i servizi sociali, sanitari scolastici ed
amministrativi, gli spazi per il tempo libero ed il verde urbano,
l’igiene urbana, la raccolta dei rifiuti e l’educazione ambientale.
• Area giuridico-amministativa e finanziaria: formazione sul
decentramento amministrativo e sulla normativa e prassi
consolidate. Il rapporto con gli organi decentrati e
l’amministrazione comunale centrale, il rapporto tra organi
decentrati e le istituzioni statali, regionali e provinciali, le istituzioni
scolastiche, le strutture di servizio sociale e l’associazionismo
periferico, la gestione finanziaria delle risorse pubbliche, la
capacità e modalità di spesa degli organi decentrati, l’utilizzo
delle risorse comunitarie e l’acquisizione di sponsorizzazioni
private, l’accreditamento delle strutture private e le convenzioni.
• Area economica-sociale: l’evoluzione economica produttiva nelle
grandi periferie urbane, occupazione e inoccupazione delle
popolazione periferica, il lavoro minorile, femminile, degli
immigrati, l’inserimento lavorativo dei portatori di handicap, i
lavori “socialmente utili”, formazione professionale e nascita di
nuove professionalità. Gli incentivi alla costituzione di nuove
imprese con riferimento particolare a quelle femminili, giovanili e
di immigrati.
• Metodologia della ricerca sociale, comunicazione istituzionale e
gestione del personale: studio di metodologie e tecniche di
ricerca alla rilevazione dei bisogni e delle problematiche sociali
nelle periferie sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo,
potenzialità e limiti dei sondaggi di opinione, la comunicazione
istituzionale e i rapporti con l’utenza, la gestione del personale
pubblico con riferimento particolare agli operatori periferici, le
relazioni sindacali nel settore pubblico.21
A seguito del corso ogni allievo dovrà sostenere uno stage di 240 ore
sia nella sede centrale dell’Assessorato alla Sicurezza e al
Decentramento che nelle strutture comunali decentrate di zona.
Obiettivo dello stage sarà quello di consentire ai corsisti di conoscere
sul campo il funzionamento della macchina comunale, con riferimento
particolare alle strutture periferiche e di impadronirsi dei meccanismi
di formazione delle decisioni pubbliche in materia.
21
Le informazioni sono il risultato di un colloquio con l’arch. Massimo Cella
dell’Assessorato al Decentramento del Comune di Milano.
255
CAPITOLO TERZO
256
APPENDICE
CAPITOLO QUARTO
Novembre 2000: ultime notizie sui Contratti di Quartiere
254
APPENDICE
Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo
In questi mesi cominciano ad essere visibili i primi interventi ed
opere del Piano di Riqualificazione previsto nel Contratto di
Quartiere.
Sono stati avviati i lavori di manutenzione straordinaria sulle 5
Torri in via del Carroccio 4-6.
Con l’avvio del cantiere l’ALER ha provveduto alla costituzione
dell’Ufficio di Direzione Lavori, nell’ambito del quale, si è
istituito - per la prima volta nel quartiere S. Eusebio - uno
“sportello di ascolto” allo scopo di accogliere e valutare le
diverse richieste degli inquilini per l’intera durata dei lavori.
Questo “sportello” è stato costituito per risolvere le
problematiche di cantiere ma anche per ricostruire un rapporto
di reciproca fiducia tra assegnatari ed ALER.
Con l’esecuzione delle opere si è avviata anche una nuova
iniziativa di “Scuola Cantiere” destinata alla formazione
professionale e finalizzata all’inserimento nel mondo del lavoro
artigianale di un gruppo di giovani disoccupati.
Ad oggi i lavori eseguiti raggiungono complessivamente il 20%
di quelli previsti e le opere realizzate riguardano essenzialmente
l’impianto di riscaldamento 1 . Per quanto riguarda le opere edili
stanno per iniziare gli interventi di manutenzione su una delle
cinque torri per consentire la messa a punto di lavorazioni
“Pilota” e per verificare la necessità di introdurre migliorie (a
volte richieste dagli stessi residenti) in modo da proseguire con
maggior efficacia sulle altre torri simili.
Per quanto riguarda l’edificio chiamato il “Palazzone ”, l’avvio
delle opere di ristrutturazione complessiva è preventivato per la
primavera prossima.
Il Comune ha però ritenuto opportuno anticipare i lavori di
ristrutturazione di due alloggi vuoti disponibili per alcuni motivi
importanti:
1. Dar modo agli inquilini di rendersi conto di come saranno
alcuni dei nuovi appartamenti proprio mentre parallelamente
si svolgono gli incontri con le famiglie disposte al cambio
alloggio;
2. Soddisfare le esigenze di chi ha la necessità di anticipare lo
spostamento dal proprio attuale appartamento;
1
Le opere consistono in:
sostituzione in ciascuno degli edifici delle reti orizzontali;
sostituzione delle colonne montanti con modifica dell’alimentazione dei
circuiti interni ai singoli alloggi in quattro fabbricati;
• lavaggio degli impianti interni agli alloggi e dei corpi radianti di due
delle cinque torri.
•
•
255
Le cinque torri
La “Scuola Cantiere”
Il Palazzone
APPENDICE
3. Sperimentare soluzioni tecniche valide che possano essere
ripetute in futuro, derivanti anche dall’ascolto delle esigenze
espresse dalle famiglie incontrate. Questo ha permesso di
apportare alcune modifiche, direttamente in cantiere, che
consentono una più adeguata rispondenza del nuovo alloggio
ai destinatari.
I primi moduli in corso di ultimazione, sono costituiti da minialloggi (su misura per persone anziane sole) e da alloggi con tre
locali (due camere da letto ed un’ampia zona giorno). A breve si
procederà alla ristrutturazione di altri quattro appartamenti vuoti
in modo da consentire - entro breve tempo - l’avvio della prima
fase del Piano della Mobilità per i residenti che hanno accettato
di spostarsi.
La ristrutturazione degli alloggi vuoti è stata resa possibile per il
fatto che l’ALER si è impegnata direttamente con le proprie
strutture, attraverso il Centro di Manutenzione interno.
Oltre ai lavori di manutenzione l’ALER è intervenuta contro il
fenomeno dell’abusivismo e ripristinando un minimo di legalità
all’interno del quartiere. Recentemente infatti le strutture
dell’Azienda - con la collaborazione del Comune e delle Forze
dell’Ordine - hanno avviato le prime operazioni di sgombero
degli occupanti abusivi, liberando altri cinque alloggi,
indispensabili per completare la prima fase del Piano di Mobilità
che prevede la definitiva sistemazione dei primi quattordici
nuclei familiari disposti a cambiare alloggio.
Il processo di partecipazione degli abitanti
Il processo di partecipazione del Contratto di Quartiere di
Cinisello Balsamo, pur essendo iniziato in ritardo rispetto a ciò
che era stato richiesto dal Bando di Concorso 2 sembra stia
dando buoni risultati.
Il Laboratorio di Quartiere che è stato creato, attraverso gli
incontri tra gli abitanti, le associazioni, il Comune, i servizi
sociali ed i progettisti oltre a cercare di risolvere i problemi
legati alla mobilità, sta attualmente definendo con maggior
concretezza la struttura del nuovo centro polifunzionale, che
conterrà spazi per gli incontri degli inquilini, per feste o
riunioni, cioè tutte quelle funzioni che hanno un carattere più
“interno”, che riguardano in modo particolare gli abitanti del
Palazzone e servizi quali la posta, la farmacia o un micro nido
che potrebbero essere utilizzati anche da chi vive a S.Eusebio o
in altri quartieri di Cinisello.
Il centro polifunzionale si strutturerà quindi in due parti distinte:
2
Il Bando di Concorso infatti riteneva indispensabile la partecipazione degli
abitanti fin dalle prime fasi del programma di riqualificazione.
256
Il
polifunzionale
centro
APPENDICE
1. Una parte su via Giolitti, che andrà ad interessare gli spazi
ora occupati dal centro civico. Sarà uno dei luoghi centrali
per attività comuni degli abitanti del Palazzone e ospiterà
funzioni che potremmo definire “servizi di vicinato” come:
- uno spazio per incontri;
- lo sportello Aler
- una portineria;
- spazi comuni di servizio (deposito carrozzine, passeggini,
bici…)
Si sta verificando la possibilità di formare un progetto
sperimentale, con la collaborazione dei servizi sociali, per la
costruzione di alcuni mini alloggi per anziani autosufficienti.
2. Un secondo volume andrà invece a collocarsi sul fronte
opposto dell’edificio – non più a ridosso dell’edificio come
nel progetto originario – e si svilupperà attorno ad una
piazza attrezzata. Queste di seguito sono le idee sulle
funzioni che il Laboratorio di Quartiere intende insediare:
- uno spazio per laboratori artigianali;
- la posta e la farmacia 3 ;
- un servizio di prima infanzia;
- uno spazio per ragazzi (laboratori creativi, sala lettura o
piccola fumetteria).
I cambiamenti nella definizione del centro polifunzionale
rispetto al progetto originario, sia per quanto riguarda la
collocazione che per le funzioni da insediare, dimostrano ancora
una volta quanto sia importante ascoltare la voce degli abitanti
prima di affrontare qualsiasi programma di riqualificazione.
Il Contratto di Quartiere di Vigevano
Il Contratto di Quartiere di Vigevano ed il suo programma di
partecipazione hanno subito una battuta d’arresto in quanto il
Comune e l’ALER hanno ricevuto l’approvazione del progetto
esecutivo soltanto il 31 ottobre 2000 pur avendo consegnato il
progetto Esecutivo al Ministero dei Lavori Pubblici entro i
termini previsti dal Bando (30 maggio 2000) 4 .
Il Contratto di Vigevano è stato definito, fin dall’inizio, in modo
partecipato quindi non dovrebbe in fase di realizzazione subire
varianti sostanziali.
L’unico edificio che era ancora da definire è il Circo-Lab per il
quale è stato indetto un concorso di progettazione che si è
3
Questi servizi sono stati segnalati come carenti da gran parte dei questionari
compilati dagli abitanti e sono richiesti ormai da anni da diverse associazioni
di S. Eusebio.
4
L’Amministrazione ha preferito non fomentare ulteriori aspettative da parte
della popolazione senza avere ancora i fondi per fare operazioni concrete.
257
APPENDICE
concluso nel mese di ottobre con la presentazione di venti
progetti.
258
NOTE CONCLUSIVE
NOTE CONCLUSIVE
259
NOTE CONCLUSIVE
Note conclusive
Il settore del recupero, che comprende tutti gli interventi sul
patrimonio fisico e sociale e quindi sulla città esistente alle varie
scale, è ormai in larga espansione. Per comprenderne la portata
basta pensare che circa la metà del parco abitativo ha bisogno di
interventi di recupero per poter offrire soddisfacenti livelli
qualitativi. L’edilizia degli anni ’50 e ’60, raggiunta la vita di
esercizio di circa quarant’anni, richiede infatti consistenti interventi
di manutenzione.
Il patrimonio esistente costituisce in ogni caso una preziosa risorsa
inseribile in un circuito capace di generare benefici, sviluppo e
qualità dell’abitare. Per il settore pubblico rappresentato dai
quartieri popolari si prospettano interventi di recupero capaci di
assemblare e riordinare gli insediamenti ormai obsoleti in un
ridisegno generale integrato a processi di sviluppo e innovazione
della città. I quartieri “storici”1 di molte città soffrono, infatti, di
uniformità spaziale, funzionale e sociale. Molti hanno perso la loro
identità e per recuperarla hanno bisogno di strutture che li adeguino
ai modi di vita in evoluzione, ai nuovi ritmi del lavoro e dello
svago e in generale alle legittime aspirazioni degli abitanti a
condurre una vita urbana attiva e ricca di stimoli. Rendere possibili
attività sociali e culturali e dare la possibilità, attraverso la
mescolanza residenza/lavoro di creare impieghi connessi al
contesto urbano e sociale è l’obiettivo verso cui il dibattito
culturale si deve indirizzare. Definire cioè progetti tesi a rompere la
monofunzionalità dei quartieri per creare la qualità dell’abitare
attraverso un modello di intervento adattabile alle circostanze, in
grado cioè di sfruttare le potenzialità del contesto.
La definizione di linee-guida procedurali, capaci di trasformare i
programmi di riqualificazione in processi che integrino le fasi di
programmazione, progettazione e realizzazione 2 , e di linee-guida
progettuali che fungano da “suggestioni” per l’innovazione
tipologica degli spazi abitativi è il contributo che questa ricerca si è
proposta di fornire alle strategie di riqualificazione.
Le linee-guida procedurali descritte in questa ricerca cercano di far
fuoco sulle fasi che dovrebbero definire un programma/processo di
riqualificazione,
sull’importanza
di
queste
fasi,
sugli
attori/operatori coinvolti ed in, alcuni casi, sulle metodologie da
utilizzare perché il processo si attui in modo puntuale (per esempio
la partecipazione degli abitanti).
1
2
Ne è un esempio il quartiere San Siro
Ved. Paragrafo 2.3.3 “Elaborazione di un programma générative”.
260
Il
patrimonio
edilizio esistente è
una
preziosa
risorsa
Le
linee-guida
procedurali
NOTE CONCLUSIVE
Sono cinque, a mio avviso, i “punti chiave” del processo descritto
che solo parzialmente sono stati introdotti dai Contratti di
Quartiere e che in alcuni casi sono stati mal interpretati dalle
Amministrazioni pubbliche responsabili dei Contratti stessi.
1. La diagnosi completa del quartiere oggetto dell’intervento di
riqualificazione;
2. l’elaborazione del pre-progetto, che deve essere sempre
sottoposto alla consultazione di tutti gli attori interessati
(soprattutto gli abitanti) in modo da raccogliere le loro
impressioni, le loro domande ed i loro suggerimenti e quindi
realizzare un progetto concertato;
3. la sperimentazione su di un edificio campione, non solo come
verifica di fattibilità, delle opere attuate, ma soprattutto come
strumento di comunicazione verso gli utenti;
4. la post-valutazione del progetto-processo di riqualificazione,
come strumento di controllo dei risultati raggiunti e di
pilotaggio per operazioni future;
5. la gestione-manutenzione localizzata, che consiste nella
possibilità da parte degli abitanti di avere un referente, nel
quartiere, a cui rivolgersi in caso di necessità.
La partecipazione degli abitanti è, comunque, il “principio
fondatore” del programma/processo di riqualificazione e di tutte le
sue fasi, dallo studio iniziale alla realizzazione.
La partecipazione è una pratica che colma la separazione tra la
sfera della competenza tecnica e la vita quotidiana e permette di far
entrare in gioco ogni genere di capacità e sapere, di cui spesso
sono portatrici persone escluse dai processi decisionali, come i
bambini e gli anziani. I progetti partecipati devono spostare
l’attenzione dal risultato al processo; dalla costruzione di un luogo
da “consumare” al coinvolgimento degli attori sociali nella sua
ideazione.
E’ fondamentale, quindi, utilizzare metodologie di partecipazione
che prevedano il coinvolgimento attivo degli operatori e degli
abitanti interessati ai mutamenti qualitativi del quartiere preso in
esame e che costituiscano il programma mano a mano che si
procede in modo che la redazione del progetto rispecchi le volontà
degli attori sociali coinvolti.
L’ “azione del coinvolgimento” deve essere supportata da un
approccio ampiamente guidato dalle problematiche e nell’ambito
del quale ogni azione, a sua volta, identifica azioni successive,
costruendo un programma a mano a mano che si procede, piuttosto
che preconfezionarlo dall’inizio.
Spesso ciò non avviene per quattro motivi principali:
1. le difficoltà di soluzione dei problemi derivano non dalla
mancanza di capacità da parte delle persone della comunità
locale ma dalla mancanza di uno schema operativo;
261
I “punti chiave” del
processo
di
riqualificazione
NOTE CONCLUSIVE
2. non c’è abbastanza capacità di concentrazione di risorse tra le
forze in campo (organizzazioni pubbliche e private, finanziatori
e realizzazioni, politiche e progetti);
3. c’è carenza di formazione culturale in questi ambiti, quella che
si fa richiede troppo tempo ed ha scarse possibilità di essere
utilizzata e diffusa;
4. la produzione locale viene poco incentivata a vantaggio di
soluzioni standard.
E’ necessario quindi superare questi ostacoli dotandoci di strumenti
e di operatori capaci di trasformare le diverse fasi che compongono
un programma di riqualificazione in un processo integrato che sia:
• Interattivo: perché è il risultato di uno scambio di idee tra gli
attori e, la sua qualità, dipende dalla qualità delle relazioni che
si stabiliscono tra di loro e dai modi di comunicazione
utilizzati;
• Evolutivo: perché evolve con l’evolvere della sua messa in
opera e con lo svolgimento dell’operazione;
• Integratore : perché integra i diversi punti di vista degli attori
cercando di arrivare ad un accordo;
• Regolatore : perché regola le relazioni tra gli attori, attenua le
tensioni, crea sinergie e ripartisce i ruoli e le responsabilità.
In analogia a quanto emerso dalla ricerca di linee-guida
procedurali, l’indagine sugli attuali modelli fruitivi e la ricerca di
nuovi criteri progettuali per organizzare in modi ad essi conformi
gli spazi dell’abitare ha fatto emergere la necessità di alcune
“attenzioni”
particolarmente
strategiche
ai
fini
della
riqualificazione.
Queste “attenzioni” fanno riferimento ad esigenze fruitive
“chiave”, comuni alla pur variegata domanda abitativa attuale.
Tra queste:
• la possibilità di avere un rapporto qualificato tra abitazione e
spazi verdi;
• la possibilità di avere dotazioni condominiali comuni per il
gioco dei bambini, per attività sociali o ricreative;
• la possibilità di salvaguardare le esigenze del singolo all’interno
del nucleo familiare o di convivenza e quindi di prevedere
ambienti “singoli”, che consentano di disporre di uno spazio
tutto per sé variabile nella giornata;
• la possibilità di garantire la privacy di alcuni vani;
262
Le
linee-guida
progettuali
NOTE CONCLUSIVE
•
la possibilità di consentire la pluralità d’uso dei singoli vani,
pur garantendo una differente gerarchizzazione degli spazi;
• la possibilità di personalizzare e rendere riconoscibile il proprio
alloggio, per individuarlo e percepirlo come “unico”;
• la possibilità che l’abitazione si adatti ai modi d’uso mutevoli
nel tempo, ovvero che sia dotata di flessibilità.
Dall’analisi svolta su un ampio repertorio di progetti innovativi le
strategie progettuali per favorire la flessibilità sembrano
presupporre:
- l’adeguata progettazione dell’impianto strutturale dell’edificio ;
- la neutralità dimensionale degli ambienti, affinché possano
essere destinati a molteplici usi;
- l’adozione di dispositivi di partizione (quali porte o pannelli
scorrevoli) che permettono di relazionare in modo variabile i
diversi ambienti con operazioni semplici e veloci;
- l’adeguata progettazione del connettivo di distribuzione degli
alloggi, per poter realizzare eventuali accessi supplementari e
dividere ed accorpare
unità
abitative contigue;
- l’adeguata progettazione del nucleo impianti e della
collocazione della zona di servizio;
- la predisposizione di spazi supplementari ad uso flessibile che
consentano di aumentare la superficie dell’alloggio;
- l’estensione del criterio di adattabilità e flessibilità alle parti
esterne dell’alloggio, attraverso un’adeguata progettazione dei
componenti di facciata per favorire la personalizzazione
dell’abitazione.
La tendenza che emerge per l’ottenimento della flessibilità è quella
di assegnare all’edificio una trasformabilità nel tempo equilibrata
alla funzione residenziale, evitando di ridurre la flessibilità ad
unico principio regolatore del progetto e di cadere negli errori
compiuti nelle sperimentazioni degli anni settanta sul tema della
flessibilità. Le scelte progettuali devono quindi limitare il numero
delle possibili variazioni dello spazio abitativo all’interno del quale
l’utente è libero di poter scegliere in relazione alle sue esigenze.
263
NOTE CONCLUSIVE
264
ALLEGATO 1
ALLEGATO 1
I mutamenti socio demografici
264
ALLEGATO 1
A1.1
Modifiche
strutturali
comportamentali della popolazione
e
stretta maggioranza rispetto agli uomini
(Tab.2).
Il parametro dell’età è poi quello più
significativo per comprendere alcuni
comportamenti. Il passare degli anni
modifica infatti il modo secondo il quale
ogni persona configura l’esigenza di
autonomia. La divisione della popolazione
per particolari classi di età suggerisce
l’analisi di alcuni comportamenti in
relazione al livello di autosufficienza
dell’individuo e del legame di maggiore o
minore dipendenza. Se analizziamo questo
aspetto appare evidente come il grado di
dipendenza di ogni uomo, qualsiasi sia la
sua estrazione sociale e culturale, sia
rappresentabile dal medesimo percorso. I
primi anni di vita di ogni individuo sono
caratterizzati da una forte dipendenza dai
genitori. Con il trascorrere degli anni la
vita di relazione del giovane individuo si
arricchisce di nuovi riferimenti, pensiamo
al ruolo esercitato dalla scuola ai rapporti
con i coetanei. L’esigenza di autonomia si
manifesta successivamente in molti
giovani come esigenza di distaccarsi dal
nucleo di partenza per crearne uno nuovo
o semplicemente per cercare maggiore
libertà. Il modo di vivere dell’individuo è
dunque, per ragioni del tutto naturali,
dinamico nella sua espressione e ciclico
nella sua manifestazione se inserito nella
logica della società.
Il divario tra giovani e anziani lascia
aperto il campo a considerazioni di ordine
istituzionale, quali la crisi del welfare e di
ordine economico, quale i costi elevati che
la società dovrà sostenere per l’assistenza
di un sempre maggiore numero di anziani
bisognosi, problemi che dovranno sempre
più coinvolgere le istituzioni competenti a
formulare politiche indirizzate 5 .
Le indagini statistiche 1 e sociologiche 2
hanno il compito di evidenziare come le
condizioni all’interno della società variano
nel tempo influenzando le modalità di
occupazione e utilizzazione dell’alloggio.
I parametri di stratificazione sociale, i
nuovi rapporti all’interno del nucleo
familiare, le modificazioni degli stili di
vita e dei modelli di comportamento
devono essere un suggerimento per la
struttura della nuova abitazione 3 .
L’analisi incrociata della dimensione e
struttura della popolazione articolata per
età, per sesso, per attività all’interno della
società, per tipologia familiare permette di
comprendere relazioni e comportamenti
apparentemente nascosti che definiranno i
nuovi bisogni da soddisfare.
A1.2 I parametri strutturali
domanda: età e sesso
della
Una delle componenti strutturali più
facilmente collegabili nel campo del
calcolo dei fabbisogni è l’età.
L’analisi della piramide per età strutturata
per particolari classi4 dimostra che in una
città
come
Milano
l’attuale
invecchiamento della popolazione si
presenti come una delle grandi questioni
del nostro tempo (Tab.1). Se si considera
nell’analisi anche il parametro della
divisione della popolazione per sesso il
dato è sconcertante, le donne sono in
1
Indagini condotte utilizzando dati ISTAT.
La complessità del problema rende necessario un
intervento
integrato
con
discipline
non
strettamente legate all’architettura.
3
Il termine nuovo vuole identificare un modello in
grado di contrapporsi al modello rigido fino ad
oggi prodotto.
4
La divisione della popolazione per particolari
classi d’età permette di individuare piuttosto
velocemente una società prevalentemente giovane
o anziana.
2
5
Recentemente la Regione Lombardia ha
promosso un intervento che prevede un assegno di
un milione per le famiglie che ospiteranno a casa
una persona anziana non autosufficiente. Si tratta
265
ALLEGATO 1
Cresce
invece
il
numero
di
extracomunitari che cercano fortuna in
Italia sia legalmente che illegalmente e
anche se quantificare gli immigrati resta
ancora molto difficile, una cosa è certa:
almeno la metà si concentrano in più di
dieci province e Milano è una di queste 6 .
L’immigrazione,
come
domanda
aggiuntiva rispetto al quadro sociale a cui
spesso
ci
riferiamo,
va
inclusa
specificatamente tra le nuove forme di
povertà in quanto si inserisce in quell’area
di
marginalità
esemplificata
dalle
problematiche del disagio abitativo.
L’immigrazione, nei Paesi dove si registra
una costante diminuzione di natalità,
potrebbe quindi diventare una necessità e
rappresentare la possibilità di riequilibrare
le società destinate altrimenti ad
invecchiare sensibilmente. Convinzione
questa che rende ancora più indispensabile
politiche di intervento, che vadano al di là
del problema di come regolare le ondate
d'ingresso, per spostarsi su linee che
intravedano le scelte più efficaci per
favorirne l'integrazione nelle società
attuali 7 .
individui imparentati o legati fra loro da
una parentela acquisita che vivono sotto lo
stesso tetto. La struttura familiare, che
nell’immaginario collettivo tende a porsi
come luogo della permanenza dei rapporti
interni
fino
a
proporsi
come
tendenzialmente stabile nel tempo, si
presenta anch’essa come ambito delle
trasformazioni. Molti gruppi definiti
famiglie nelle società avanzate non
corrispondono più alla definizione
dominante. Analizzare i bisogni della
famiglia
comporta
uno
studio
differenziato dei bisogni specifici dei suoi
membri, delle relazioni e dei ruoli al suo
interno. La divisione elementare dei
compiti, cioè la definizione dei ruoli di
padre, madre e figlio è solo uno degli
aspetti.
In senso inverso al calo demografico della
popolazione residente si sta sviluppando
una nuova dinamica di formazione e
trasformazione della famiglia. Il maggior
incremento percentuale del numero dei
nuclei familiari rispetto all’incremento
della popolazione, registrato dalle
rilevazioni statistiche, è accompagnato da
un sensibile decremento della tipologia
familiare tradizionale (Tab.3). Si segnala
che la città si sta popolando di famiglie
nuovo modello 8 non sanzionate da vincoli
coniugali e parentali, famiglie senza figli,
famiglie con un unico genitore. In
riferimento alla composizione delle
famiglie oggi ci si ritrova a dover
fronteggiare una dinamica che vede la
riduzione della dimensione media a favore
della così detta famiglia minima 9 (Tab.4).
Le funzioni svolte da questa nuova
famiglia sono diverse e più ridotte rispetto
a quelle della famiglia tradizionale. Dalla
famiglia di tipo verticale, dove il
A1.3 La famiglia:
unità
base
d’indagine
La categoria famiglia, unità base di
consumo del bene abitazione si presta più
di ogni altra a collegamenti con
l’ambiente fisico delle abitazioni fornendo
un modello di riferimento e di
comportamento. L’istituzione famiglia in
quanto microgruppo è l’insieme di
comunque di interventi ancora sperimentali e
comunque rivolti alle famiglie più disagiate.
6
A. Canevari, Lontano da casa, senza una casa, in
DST Territorio, n.17, 1994, p.75.
7
L’Italia si presenta in ritardo rispetto a molti
paesi europei che da tempo portano avanti
soluzioni di integrazione sociale.
8
Con il termine nuovo si vuole identificare un
termine in grado di contrapporsi al carattere statico
della famiglia tradizionale per proporre un
concetto invece più dinamico.
9
Famiglia definita da un solo componente.
266
ALLEGATO 1
capofamiglia una fonte di reddito aveva il
diritto di ritagliarsi degli spazi privati
all’interno dell’alloggio, si è passati ad un
tipo di famiglia orizzontale dovuta al
riconoscimento da parte di tutti i
componenti
della famiglia di valori
differenti. La famiglia nucleare che
tendeva ad incarnare la famiglia tipo è
ormai dimensione minoritaria rispetto alla
quantità crescente di coppie che
convivono al di fuori del matrimonio, alle
famiglie monoparentali, ai coniugi che
vivono separati. Si intravede così una
varietà di tipologie familiari dietro le quali
si scorgono ulteriori complessità (Tab. 5).
Le nuove generazioni hanno la tendenza a
staccarsi dal nucleo di origine per vivere
soli o in convivenza. Per questa
autonomia dei giovani e per la
legalizzazione di certe leggi come la
possibilità di separazione del matrimonio
la tendenza è che aumentino i nuovi nuclei
costituiti da persone sole (Tab.6).
In contraddizione con la tendenza della
famiglia minima va assumendo rilievo il
fenomeno delle coabitazioni. In questo
caso esistono diverse cause. Fattori
economici come la disoccupazione in
aumento (Tab.7), la difficoltà ad accedere
al mercato degli alloggi, la carente offerta
del mercato edilizio e la scarsa mobilità
delle famiglie stesse e fattori culturali
quali il calo di nuzialità e la presa di
coscienza di maggior autonomia.
Per le categorie articolate in base all’età,
giovani, anziani, individui appartenenti
alle classi medie si riscontrano nuove
forme di vita al di fuori della famiglia
tradizionale; pensiamo per esempio alle
forme collettive di abitazioni per giovani,
alle abitazioni protette per anziani
bisognosi di assistenza e al fenomeno di
integrazione
del
lavoro
e
delle
abitazioni10 .
10
Gli sviluppi dell’informatica e della tecnologia
hanno contribuito a definire un nuovo modo di
lavorare.
La possibilità di svolgere il lavoro senza doversi
spostare da casa risulta indicato per utenti che per
ragioni disparate hanno difficoltà nella mobilità.
267
ALLEGATO 1
A1.4 L’emergenza abitativa a Milano e
le
risposte
dell’Amministrazione
pubblica
difficoltosa la sistemazione dei nuclei
familiari composti da più di due persone
(Tab.11).
E’ evidente che queste cifre subiscono un
cambiamento giornaliero dal momento
che quotidianamente da una parte vengono
assegnati alloggi, dall’altra pervengono al
Comune nuove disdette.
Vi sono, inoltre circa 700 alloggi (mono e
bilocali), dislocati dislocati per lo più nei
quartieri storici di Edilizia Residenziale
Pubblica di proprietà dell’Aler, per i quali
non si riesce a procedere all’assegnazione.
Si tratta prevalentemente di alloggi privi
di servizi igienici completi, di pezzatura
ridottissima, siti ai piani alti in stabili privi
di ascensore, per lo più in pessimo stato di
manutenzione, sia per quanto riguarda
l’alloggio che l’edificio. E’ evidente
come, anche di fronte ad una vasta
richiesta alloggiativa, si ottengono spesso
rifiuti da parte dei cittadini.
Inoltre le persone sole o in coppia sono
prevalentemente anziane e non desiderano
piani rialzati o terzi/quarti piani senza
ascensore.
E’ quindi necessario avviare interventi di
recupero dei quartieri più disagiati per
soddisfare le attuali domande.
Le richieste di abitazioni presso il
Comune di Milano Settore edilizia
popolare/assegnazione
alloggi
rispecchiano le tendenze precedentemente
descritte.
Il risultato dei bandi di concorso indetti da
Comune tra il 1992 ed il 1998 dimostrano
che circa il 41% delle domande sono state
presentate da persone sole; il 26% da
nuclei di due persone; il 18% circa da
nuclei di tre persone e solo il 14% da
nuclei composti da quattro o più persone
(Tab.8); inoltre le persone anziane sono
circa il 14% degli idonei, gli invalidi circa
l’8% e le persone sole con minori circa il
9% (tab. 9).
La nazionalità dei richiedenti è per il 76%
italiana, per il 23% extracomunitaria e per
lo 0,3% di cittadinanza U.E. L’aspetto più
significativo è che il numero di domande
degli extracomunitari è aumentato nel
corso dell’ultimo bando del 300% rispetto
alla media dei primi due (Tab.10).
Gli alloggi disponibili per l’assegnazione
ammontano
mediamente
a
circa
1.400/1.500 l’anno, per lo più provenienti
da disdette (cosidetti alloggi di risulta) e
in scarso numero per nuove costruzioni.
Gli alloggi disponibili sono per lo più
costituiti da mono e bilocali, rendendo
268
ALLEGATO 1
Elenco allegati statistici
Tab. 1. Milano 1991: distribuzione popolazione residente secondo classi d’età.
Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della
popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995.
Tab.2. Milano 1991: distribuzione popolazione residente secondo classi d’età e sesso.
Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della
popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995.
Tab.3. Milano 1991: evoluzione 1951-1991 numero famiglie.
Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della
popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995.
Tab.4. Milano: evoluzione 1071-1991 del numero dei componenti per nucleo familiare
Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della
popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995.
Tab.5. Milano: evoluzione 1981-1991 famiglie residenti e componenti secondo tipologia
della famiglia.
Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della
popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995.
Tab.6. Milano: evoluzione 1951-1991 popolazione residente per sesso e stato civile.
Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della
popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995.
Tab.7. Milano: evoluzione 1961-1981 popolazione residente >14 anni non attiva per
condizione non professionale.
Fonte: ISTAT, Indagine sulle strutture ed i comportamenti familiari, Istituto centrale di
statistica, Roma 1985.
Tab.8. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi:
composizione nuclei familiari.
Fonte: Comune di Milano, Settore Edilizia Popolare /Assegnazione alloggi, L’attività di
assegnazione alloggi del Comune di Milano 1998.
Tab.9. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi:
categorie speciali.
Fonte: Comune di Milano, Settore Edilizia Popolare /Assegnazione alloggi, L’attività di
assegnazione alloggi del Comune di Milano 1998.
Tab.10. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi:
domande presentate da extracomunitari.
Fonte: Comune di Milano, Settore Edilizia Popolare /Assegnazione alloggi, L’attività di
assegnazione alloggi del Comune di Milano 1998.
269
ALLEGATO 1
Tab.11. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi:
disponibilità alloggi.
Fonte: Comune di Milano, Settore Edilizia Popolare /Assegnazione alloggi, L’attività di
assegnazione alloggi del Comune di Milano 1998.
270
ALLEGATO 1
Tab. 1 Milano 1991: distribuzione popolazione residente secondo classi d’età
271
ALLEGATO 1
272
ALLEGATO 1
Tab. 3 Milano 1991: evoluzione 1951-1991 numero famiglie
273
ALLEGATO 1
Tab. 4 Milano: evoluzione 1971-1991 del numero dei componenti per nucleo familiare
274
ALLEGATO 1
275
ALLEGATO 1
Tab. 6 Milano: evoluzione 1951-1991 popolazione residente per sesso e stato civile
276
ALLEGATO 1
Tab. 7 Milano: evoluzione 1961-1981 popolazione residente>14 anni non attiva per
condizione non professionale
277
ALLEGATO 1
Tab. 8. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi:
composizione nuclei familiari
Tab. 9. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi:
categorie speciali
278
ALLEGATO 1
Tab. 10. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi:
domande presentate da extracomunitari
Tab. 11. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi:
disponibilità alloggi.
279
ALLEGATO 1
ALLEGATO 2
Analisi di un quartiere di edilizia economica e popolare:
il San Siro
280
ALLEGATO 2
A2.1 La domanda
quartiere San. Siro
abitativa
nel
categoria omogenea, dimenticando che
con questo termine si indica un periodo
della vita che va dai 65 ai 90 anni e un
eterogeneo insieme di persone che hanno
esigenze, atteggiamenti, educazione e
capacità
economiche
estremamente
differenti (Tab.2-3).
Nella popolazione giovane, la bassa
presenza di studenti suggerisce come un
habitat marginalizzato e degradato possa
influire pesantemente sulle scelte di vita e
sulla psicologia dei soggetti, evidenziando
ancora una volta il legame tra abitanti e
abitazione.
Il ruolo che gioca la struttura della
famiglia e la sua evoluzione è di primaria
importanza all’interno del problema della
definizione degli spazi. Preponderante il
numero delle famiglie di piccole
dimensioni. Elevato il peso delle famiglie
unipersonali, che insieme alle famiglie
composte al massimo da due persone
costituisce la maggioranza (Tab.3-4). I
nuclei composti da un solo componente
tendono ad essere costituiti da donne
anziane per la maggior parte vedove
(Tab.5). Non bisogna poi sottovalutare le
famiglie di grande ampiezza dove si
verifica il fenomeno della popolazione
polarizzata, dove capofamiglia giovani e
anziani
risultano
concentrati
nel
medesimo alloggio (Tab.6).
Sotto il profilo delle condizioni
economiche, la disponibilità economica
sembra
crescere
con
l’aumentare
dell’ampiezza del nucleo, mentre le
famiglie composte da membri in età
avanzata percepiscono in misura maggiore
i redditi più bassi (Tab.7). Emerge dunque
il problema delle disponibilità economiche
delle famiglie monocellulari composte
prevalentemente da anziani soli, che
determina la vulnerabilità di questa
categoria (Tab.8). Ridotto il peso di
individui in condizioni professionali, che
identificano
il
carattere
precario
dell’attività lavorativa, che è poi la causa
Il quartiere San Siro, di dimensioni
piuttosto consistenti1 rispetto a molti
quartieri storici della città, include nuclei
familiari e abitanti che spesso si
considerano stabili e omogenei, ma che si
rivelano, dopo un esame sociologico
approfondito,
in
rapidissima
trasformazione e con caratteristiche ben
definibili
nei
loro
aspetti.
L’approfondimento di alcuni parametri
sociali, quali la distribuzione per classi
d’età, le condizioni economiche, il livello
culturale, l’attività degli utenti rivela la
complessità del vivere in questo quartiere.
Studiare le caratteristiche dell’utenza vuol
dire conoscere le esigenze per dare rilievo
nel processo progettuale a soluzioni
specifiche. La complessità del problema
impone la necessità di affinare le tecniche
di osservazione relazionandole alle
situazioni. In alcune situazioni basterà la
semplice osservazione statistica del
fenomeno, mentre in altre il contatto
diretto con gli abitanti e gli operatori
sociali permetterà di denunciare situazioni
più specifiche in grado di fornire
successivamente le linee d'intervento del
progetto di recupero.
La forte presenza di residenti di età
superiore ai 65 anni, in percentuale
maggiore rispetto a Milano, sottolinea la
specificità, per questo quartiere, del
problema invecchiamento (Tab.1). La
caratteristica di fondo degli abitanti è
quella di essere una popolazione anziana e
quindi bisognosa più di altre categorie di
particolare assistenza, soprattutto se
consideriamo che gli alloggi ultrapopolari
hanno subito un forte degrado edilizio e
funzionale. Errore è però quello di
considerare con il termine anziano una
1
Si contano nel quartiere San Siro un totale di
4.917 alloggi.
281
ALLEGATO 2
di situazioni di insolvenza nei confronti
dell’Aler (Tab.9).
L’analisi della struttura della famiglia
comporta anche lo studio delle relazioni
tra i vari membri del nucleo familiare e
dei ruoli sociali svolti da ciascuno di essi.
I parametri della stratificazione sociale
che attengono alle caratteristiche delle
diverse famiglie definite secondo tipologie
sono la base per studiare i diversi
comportamenti
(Tab.10).
La
composizione della famiglia per età, sesso
per quanto riguarda i figli, stato civile dei
membri, sono aspetti che rivestono
particolare importanza al fine di
determinare i nuclei familiari giovani o
anziani nonché nella determinazione di
particolari standards abitativi e delle
relazioni tra i membri che di fatto
condizionano le modalità d’uso degli
spazi (Tab. 11-12-13).
Particolarmente consistente è poi la
presenza di extracomunitari. Fenomeni
complessi, come l’abusivismo (Tab.1415) e la desocializzazione, innescati da
questa nuova utenza rendono necessario
una trattazione più ampia sull’aspetto
strutturale e comportamentale 2 .
assolutamente inadeguati dal punto di
vista igienico-sanitario. L’analisi del
numero medio di stanze per alloggio
indica
che
la
dimensione
degli
appartamenti nel quartiere San Siro è di
2.07.
Tutto ciò rivela l’incapacità delle tipologie
esistenti a rispondere a comportamenti
così complessi (Tab.17).
La mancata attuazione nel tempo di
interventi di recupero ed adeguamenti
impiantistici ha provocato una duplice
conseguenza: un insoddisfacente utilizzo
di alloggi e l’impossibilità di realizzare un
ricambio generazionale della popolazione
del quartiere, che tende da un lato a
diventare “ghetto per anziani” e dall’altro
a essere interessato da fenomeni di
abusivismo(Tab.18).
Il deperimento progressivo delle strutture
fisiche degli edifici e la progressiva
perdita di capacità dell’alloggio per la
mancata risposta alle moderne esigenze
hanno infatti spinto i cittadini a medio
reddito verso zone migliori (Tab.19-20),
rafforzando per contro un flusso in senso
inverso di una crescente domanda di
alloggi senza pretese dai numerosi
immigrati che vivono in condizioni di
difficoltà economica e che trovano nel
quartiere la risposta al bisogno casa che il
Comune non ha ancora saputo offrire.
L’onda d’urto delle assegnazioni di
emergenza adottata dal bando generale
che attinge secondo la logica della
graduatoria immettendo nuclei familiari
appartenenti alle fasce più disagiate
economicamente
non
migliora
la
situazione di per sé precaria.
Da ciò deriva la necessità da un lato di
adeguare gli alloggi in senso tipologicofunzionale sia sulla base dei risultati delle
analisi demografiche, sia cercando di
trovare
soluzioni
di
flessibilità
dimensionale delle cellule abitative in
grado di rispondere ad una domanda che
nel tempo potrà essere diversa rispetto
A2.2 San Siro: il disagio abitativo
Le condizioni abitative nel quartiere San
Siro sono piuttosto precarie.
Spesso le persone anziane sono segregate
all’interno di alloggi diventati troppo
grandi (Tab.16), i giovani sono obbligati
alla permanenza nell’abitazione familiare
e i gruppi sociali nuovi come gli
immigrati non trovano tipologie di
abitazioni adatte ai loro modi di vita.
Gli alloggi in cui questa popolazione vive
sono alloggi definiti ultrapopolari
all’epoca della loro costruzione e
composti per lo più da 2-3 locali spesso
dotati di servizi igienici e cucine
2
Vedasi: Capitolo primo, paragrafo 1.12.3, Gli
extracomunitari: la nuova domanda aggiuntiva.
282
ALLEGATO 2
all’attuale; dall’altro provvedere ad
assegnazioni di tipo multigenerazionale
tali
da
attenuare
il
fenomeno
dell’invecchiamento che interessa il
quartiere.
283
ALLEGATO 2
Elenco allegati statistici
Tab.1. Milano-San Siro: 1991 distribuzione della popolazione per classi d’età.
Fonte: Dati dell’Istituto autonomo case popolari di Milano, 1991.
Tab.2. Milano-San Siro: 1997 distribuzione abitanti secondo classi d’età.
Fonte: Dati ALER, 1997.
Tab.3. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie per numero di componenti.
Fonte: Dati ALER, 1997.
Tab.4. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie per numero di componenti.
Fonte: Dati ALER, 1997.
Tab.5. Milano-San Siro: 1997 distribuzione secondo classi d’età e sesso.
Fonte: Dati ALER, 1997.
Tab.6. Milano-San Siro: 1991 distribuzione nuclei d’utenza per componenti su taglio
d’alloggio occupato regolarmente..
Fonte: Dati IACPM, 1991.
Tab.7. Milano-San Siro: 1991 distribuzione delle famiglie secondo le classi d’età del
capofamiglia e la fascia di reddito.
Fonte: Elaborazione dati IACPM, 1991.
Tab.8. Milano-San Siro: 1991 distribuzione nuclei familiari monopersonali secondo la
fascia di reddito
Fonte: Elaborazione dati IACPM, 1991.
Tab.9. Milano-San Siro: 1991 distribuzione degli abitanti secondo la condizione
professionale
Fonte: Elaborazione dati IACPM, 1991.
Tab.10. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie secondo la loro composizione.
Fonte: Dati ALER, 1997.
Tab.11. Milano-San Siro: 1997 distribuzione abitanti per ruolo all’interno della famiglia.
Fonte: Dati ALER, 1997.
Tab.12. Milano-San Siro: 1997 distribuzione per classi d’età secondo il ruolo all’interno
della famiglia.
Fonte: Dati ALER, 1997.
Tab.13. Milano-San Siro: 1991 distribuzione delle famiglie secondo le classi d’età del
capofamiglia e l’ampiezza del nucleo.
Fonte: Elaborazione dati IACPM, 1991.
284
ALLEGATO 2
Tab.14. Milano-San Siro: evoluzione 1991-1997 numero famiglie.
Fonte: Dati ALER, 1997.
Tab.15. Milano-San Siro: 1997 distribuzione degli abusivi per nazionalità.
Fonte: Dati rilevati dall’ ALER, luglio/settembre 1998.
Tab.16. Milano-San Siro: 1991 tagli di alloggi esistenti.
Fonte: Dati IACPM, 1991.
Tab.17. Milano-San Siro: 1991 indice di affollamento, distribuzione nuclei d’utenza per
componenti su tagli d’alloggio occupato regolarmente.
Fonte: Dati IACPM, 1991.
Tab.18. Milano-San Siro: 1991 utenza regolare e abusiva.
Fonte: Elaborazione dati IACPM, 1991.
Tab.19. Milano-San Siro: evoluzione 1991-1997 popolazione residente.
Fonte: Dati ALER, 1997.
285
ALLEGATO 2
Tab. 1. Milano-San Siro: 1991 distribuzione della popolazione per classi d’età
286
ALLEGATO 2
Tab. 2. Milano-San Siro: 1997 distribuzione abitanti secondo classi d’età
287
ALLEGATO 2
Tab. 3. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie per numero di componenti
288
ALLEGATO 2
Tab. 4. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie per numero di componenti
289
ALLEGATO 2
Tab. 5. Milano-San Siro: 1997 distribuzione secondo classi d’età e sesso
290
ALLEGATO 2
291
ALLEGATO 2
292
ALLEGATO 2
Tab. 8. Milano-San Siro: 1991 distribuzione dei nuclei familiari monopersonali secondo la
fascia di reddito
293
ALLEGATO 2
Tab. 9. Milano-San Siro: 1991 distribuzione degli abitanti secondo la condizione
professionale
294
ALLEGATO 2
Tab. 10. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie secondo la loro composizione
295
ALLEGATO 2
Tab. 11. Milano-San Siro: 1997 distribuzione abitanti per ruolo all’interno della famiglia
296
ALLEGATO 2
297
ALLEGATO 2
298
ALLEGATO 2
Tab. 14. Milano-San Siro: evoluzione 1991-1997 numero famiglie
299
ALLEGATO 2
Tab. 15. Milano-San Siro: 1997 distribuzione degli abusivi per nazionalità
300
ALLEGATO 2
Tab. 16. Milano-San Siro: 1991 tagli di alloggi esistenti
301
ALLEGATO 2
302
ALLEGATO 2
Tab. 18. Milano-San Siro: 1991 utenza regolare e abusiva
303
ALLEGATO 2
Tab. 19. Milano-San Siro: evoluzione 1991-1997 popolazione residente
304
ALLEGATO 2
Allegati fotografici e planimetrici del quartiere San Siro
1. Planimetria generale
2. Pianta piano tipo- Fabbricati n.5-6, via Ricciarelli
3. Fabbricato n. 5, via Ricciarelli: particolare passerella
4. Fabbricato n.5, via Ricciarelli: facciata ovest
5. Pianta piano tipo- fabbricati n. 3-5 via Maratta
6. Fabbricato n.5, via Maratta: corte interna
7. Fabbricato n.5, via Maratta: facciata nord - ovest
8. Pianta piano tipo- fabbricato n.5, via Preneste
9. Fabbricato n.5, via Preneste: facciate est ed ovest
10. Piante piano terra e terzo- fabbricato n.3, viale Mar Ionio
11. Fabbricato n.3, viale Mar Ionio: corte interna e facciata est
12. Fabbricato n.3, viale Mar Ionio: corte interna e particolare balconi
305
ALLEGATO 2
1. Planimetria generale quartiere San Siro
306
ALLEGATO 2
307
ALLEGATO 2
3. Fabbricato n.5 via Ricciarelli: particolare passerella
308
ALLEGATO 2
4. Fabbricato n.5, via Ricciarelli: facciata ovest
309
ALLEGATO 2
310
ALLEGATO 2
6. Fabbricato n.5, via Maratta: corte interna
7. Fabbricato n.5, via Maratta : facciata nord-ovest
311
ALLEGATO 2
312
ALLEGATO 2
9. Fabbricato n.5, via Preneste: facciate est ed ovest
313
ALLEGATO 2
314
ALLEGATO 2
11. Fabbricato n.3, viale Mar Jonio: corte interna e facciata est
315
ALLEGATO 2
12. Fabbricato n.3, viale Mar Jonio: corte interna e particolare balconi
316
BIBLIOGRAFIA PER ARGOMENTI
BIBLIOGRAFIA PER ARGOMENTI
317
BIBLIOGRAFIA PER ARGOMENTI
Capitolo primo - Linee-guida procedurali e progettuali per la riqualificazione dei
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Libri
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con l’Arch. Matteo Robiglio dello studio Avventura Urbana di Torino.
Articoli
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- Robert Jean-Paul, Album de la Courneuve, in L’Architecture d’Aujourd’hui, n.259,
ottobre 1988, pag.44.
Capitolo terzo - La riqualificazione dei quartieri pubblici degradati nel contesto
lombardo/milanese: procedure, soluzioni tecnico/operative, risultati.
Questa parte della mia ricerca è stata condotta soprattutto attraverso interviste ad operatori
dell’Aler o dei Comuni.
- Per quanto riguarda il processo “tradizionale” di riqualificazione dei quartieri Aler e la
riqualificazione del quartiere Mazzini di Milano: Arch. Mariangela Manzoni, progettista
capogruppo e responsabile del procedimento per il quartiere Mazzini.
Per quanto riguarda il processo di partecipazione degli abitanti del quartiere Mazzini:
Arch. Ermanno Ronda, funzionario del Sicet.
- Per quanto riguarda il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo: Arch. Lides Canaia
responsabile per il Comune del Contratto di Quartiere; Dott. Salvador responsabile per
l’Aler del Contratto di Quartiere; Ing. Di Clemente tecnico/progettista dell’Aler.
- Per quanto riguarda il Contratto di Quartiere di Vigevano: Arch. Virginia Giandelli
responsabile per l’Aler del Contratto di Quartiere.
- Per quanto riguarda i Laboratori di quartiere e i manager delle periferie: Arch.Massimo
Cella dell’Assessorato al Decentramento del Comune di Milano e la Dott.ssa Paola
Meardi organizzatrice del corso di formazione per i manager delle periferie.
Libri
- A.A.VV., Recupero dei quartieri storici di Milano-Libro Bianco, Società editrice Edilizia
Popolare, Milano 1993.
- A.A.VV., Programma di investimenti quadriennali 1992-1995 di edilizia residenziale
pubblica: proposte e progetti Iacpm, Società editrice Edilizia Popolare, Milano 1995.
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residenziale S. Eusebio-Laboratorio di trasformazione, Milano gennaio 1998.
- Comune di Vigevano, Aler di Pavia, Contratto di Quartiere di Vigevano: quartiere
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- Istituto Ecopolis, Milano, Stadera: abitare i luoghi delle differenze, Franco Angeli
edizioni, Milano 1988.
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Articoli
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Riviste
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- Fianchini M., I Contratti di Quartiere: Vigevano, in Ambiente e Costruito, n°4, 1999,
pp.22-23.
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- Giandelli V., Vigevano: l’identità ritrovata, in Edilizia Popolare, n.261-262, 1999,
pp.68-79.
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Allegato 1 - I mutamenti socio demografici
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Allegato 2 - Analisi di un quartiere di edilizia economica e popolare: il San Siro
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Riviste
- ALER, Il Tetto, n°1, Giugno, Milano, 1998.
- ALER, Il Tetto, n°2, Luglio, Milano, 1998.
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