indice - Catalogo di Ateneo
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INDICE INDICE Introduzione pag. 1 Premessa metodologica Schema della ricerca 1. Individuazione dell’ambito della ricerca: inquadramento del problema 2. Definizione degli obiettivi 3.4 Individuazione della metodologia e sviluppo delle fasi di ricerca 5.6 Risultati della ricerca ed ulteriori linee di sviluppo Schema della metodologia di ricerca pag. 4 pag. 5 Capitolo primo Linee-guida procedurali e progettuali per la riqualificazione dei quartieri pubblici degradati 1.1 1.1.1 1.1.2 1.2 1.3 1.3.1 1.4 1.4.1 1.4.2 1.4.3 1.5 1.6 1.7 1.8 1.9 1.10 1.10.1 1.11 1.11.1 1.11.2 1.11.3 1.11.4 1.11.5 1.12 1.12.1 1.12.2 1.12.3 1.12.4 1.13 1.13.1 Linee-guida procedurali Premessa La diagnosi del contesto Gli “scenari” della riqualificazione L’équipe di progetto La definizione del progetto di riqualificazione Pre-progetto e progetto La partecipazione Metodi di comunicazione con gli abitanti Il metodo del Community Planning Le fasi di lavoro di Avventura Urbana La gestione dei rapporti tra Amministrazione Pubblica e utenti La sperimentazione su di un edificio/alloggio pilota La valutazione delle operazioni nei programmi di riqualificazione Il sistema di gestione I finanziamenti Linee-guida progettuali Premessa Il disagio abitativo nei quartieri monofunzionali Le categorie dello spazio: i nuovi requisiti I sistema urbano ed edilizio L’alloggio Strategie per la riqualificazione dei luoghi dell’abitare L’alloggio e le sue funzioni Flessibilità: maglia modulare e pareti trasformabili Il modello abitativo per utenze “deboli” L’anziano I requisiti dello spazio residenziale Gli extracomunitari: la nuova domanda aggiuntiva La residenza per studenti Alcuni modelli abitativi innovativi: la co-residenza e le abitazioni multigenerazionali Il modello della co-residenza pag. pag. pag. pag. pag. 6 9 10 12 13 pag. 14 pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 15 16 17 18 19 20 21 24 24 25 27 28 pag. 28 pag. 29 pag. 30 pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 32 33 35 36 37 41 56 61 76 76 78 90 98 pag. 103 pag. 104 INDICE Capitolo secondo L’esperienza francese nel campo della riqualificazione: lineeguida ed analisi di casi studio Nota introduttiva 2.1 Le principali tappe della riqualificazione in Europa: Francia, Gran Bretagna, Italia 2.1.1 La Francia 2.1.2 La Gran Bretagna 2.1.3 L’Italia 2.2 La riqualificazione e le strategie di rivalorizzazione dei quartieri: il caso francese 2.3 La metodologia programmata 2.3.1 Elaborazione di un piano di rivalorizzazione del patrimonio 2.3.2 Analisi dei problemi attraverso la realizzazione di una diagnosi e la raccolta dei punti di vista dei diversi attori coinvolti 2.3.3 Elaborazione di un programma générative 2.3.4 Svolgimento del processo di riqualificazione 2.3.5 I finanziamenti e la loro gestione nei programmi di riqualificazione 2.3.6 L’équipe operativa 2.3.7 La partecipazione degli abitanti 2.3.8 L’organizzazione dei lavori nei cantieri di riqualificazione 2.3.9 La trasformazione del sistema di gestione 2.3.10 Valutazione delle operazioni condotte nel programma di riqualificazione 2.4 Tre casi studio francesi: i quartieri Les Minguettes, La Courneuve e Port de Bouc 2.4.1 Les Minguettes e la riqualificazione sociale 2.4.2 Le demolizioni 2.4.3 La riqualificazione 2.4.4 Le iniziative sociali 2.4.5 Le procedure per la riqualificazione 2.4.6 La Courneuve, i 4000 e la riqualificazione “fisica” degli edifici 2.4.7 Riqualificazione dell’edificio Robespierre alla Courneuve 2.4.8 Il caso di Port de Bouc e la partecipazione degli abitanti 2.5 Gli esiti delle politiche di riqualificazione pag. 114 pag. 115 pag. 117 pag. 117 pag. 119 pag. 121 pag. 125 pag. 126 pag. 129 pag. 130 pag. 132 pag. 134 pag. 137 pag. 138 pag. 140 pag. 143 pag. 144 pag. 146 pag. 149 pag. 151 pag. 153 pag. 153 pag. 154 pag. 154 pag. 158 pag. 161 pag. 163 pag. 167 INDICE Capitolo terzo La riqualificazione dei quartieri pubblici degradati nel contesto lombardo/milanese: procedure, soluzioni tecnico/operative, risultati 3.1 3.2 Il processo “tradizionale” di riqualificazione dei quartieri Aler Il quartiere Mazzini: un primo passo verso la riqualificazione partecipata 3.3 Il processo innescato dai Contratti di Quartiere 3.3.1 Le finalità 3.3.2 Il programma sperimentale 3.3.3 I dati statistici 3.3.4 I soggetti interessati 3.3.5 Le Amministrazioni centrali 3.3.6 Le Regioni 3.3.7 I Comuni 3.3.8 Le Aler 3.3.9 Gli altri enti e aziende pubbliche 3.3.10 I privati 3.3.11 Il terzo settore 3.4 La partecipazione 3.5 I finanziamenti 3.6 Le procedure 3.7 Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo: il complesso S. Eusebio 3.7.1 Gli interventi previsti nel Contratto di Quartiere 3.7.2 L’apporto economico e gli operatori del Contratto di Quartiere 3.7.3 Il Piano della Mobilità 3.7.4 La partecipazione degli abitanti 3.7.5 Il programma sperimentale 3.8 Il Contratto di Quartiere di Vigevano: il quartiere Pietrasana 3.8.1 Gli interventi previsti nel Contratto di Quartiere 3.8.2 L’apporto economico e gli operatori del Contrattodi Quartiere 3.8.3 La partecipazione degli abitanti 3.8.4 Il programma sperimentale 3.9 Gli aspetti significativi dei Contratti di Quartiere 3.10 Dalla teoria alla prassi: alcune ipotesi in atto a Milano per la gestione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica Appendice Novembre 2000: ultime notizie sui Contratti di Quartiere Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo Il processo di partecipazione degli abitanti Il Contratto di Quartiere di Vigevano pag. 169 pag. 170 pag. 173 pag. 180 pag. 181 pag. 182 pag. 184 pag. 184 pag. 184 pag. 185 pag. 185 pag. 186 pag. 187 pag. 187 pag. 188 pag. 189 pag. 190 pag. 190 pag. 198 pag. 199 pag. 201 pag. 203 pag. 204 pag. 207 pag. 229 pag. 230 pag. 235 pag. 237 pag. 239 pag. 249 pag. 251 pag. 254 pag. 255 pag. 256 pag. 257 INDICE Note conclusive pag. 259 Allegato 1 I mutamenti socio-demografici pag. 264 A1.1 A1.2 A1.3 A1.4 Modifiche strutturali e comportamentali della popolazione I parametri strutturali della domanda: età e sesso La famiglia: unità base d’indagine L’emergenza abitativa a Milano e le risposte dell’Amministrazione pubblica pag. 265 pag. 265 pag. 266 pag. 268 Allegati statistici pag. 269 Allegato 2 Analisi di un quartiere di edilizia residenziale pubblica: il San Siro pag. 280 A2.1 La domanda abitativa nel quartiere San Siro A2.2 San Siro: il disagio abitativo pag. 281 pag. 282 Allegati statistici pag. 283 Allegati planimetrici e fotografici pag. 305 Bibliografia per argomenti pag. 317 INDICE PREMESSA METODOLOGICA Schema della ricerca 1. Individuazione dell’ambito della ricerca ed inquadramento del problema 2. Definizione degli obiettivi 3. Individuazione della metodologia di ricerca 4. Sviluppo della ricerca 5. Risultati della ricerca 6. Ulteriori linee di sviluppo 5 PREMESSA METODOLOGICA 1. Individuazione dell’ambito di ricerca: inquadramento del problema Proporre modelli innovativi per la riqualificazione dovrebbe comportare una parallela innovazione delle procedure e delle metodologie utili per la sperimentazione. E’ necessario quindi, conoscere, analizzare e confrontare tali procedure per definire un programma/processo di riqualificazione puntuale ed organizzato. In Italia i Contratti di Quartiere hanno introdotto, oltre a temi specifici di sperimentazione1 , nuove procedure e metodologie per la riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica che hanno portato ad una rottura con la concezione tradizionale della riqualificazione tecnico/spaziale e hanno iniziato a spostare l’attenzione verso strategie di approccio multidimensionale come risposta al problema del degrado abitativo. Per la prima volta, in Italia, viene preso in considerazione l’impatto sociale nei processi di recupero ed il coinvolgimento degli abitanti come elemento essenziale per la buona riuscita di un programma di riqualificazione. Questi sono sicuramente, gli aspetti più interessanti introdotti dalla nuova procedura dei Contratti di Quartiere. In passato si è infatti spesso dimostrato controproducente per le Amministrazioni pubbliche avviare sperimentazioni nell’edilizia sociale in assenza di strutture alla base in grado di indirizzare gli operatori coinvolti ed in grado di dare indicazioni sulle metodologie da utilizzare o sulle procedure da seguire. Tra i temi affrontati dai Contratti di Quartiere ho ritenuto che richiedesse una ricerca particolarmente approfondita, in rapporto alla situazione delineata nell’introduzione, quello della “Qualità fruitiva” definita come: “l’insieme delle condizioni che garantiscono un uso adeguato del complesso insediativo e dell’organismo edilizio da parte degli utenti con particolare approfondimento delle questioni inerenti l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche, la sicurezza di utilizzazione e il soddisfacimento delle esigenze dei nuovi modi di vita, con particolare riferimento alle utenze sociali deboli”. 2 1 Qualità morfologica, Qualità ecosistemica, Qualità fruitiva e Sistema qualità. Da: Ministero dei Lavori Pubblici, “Istruzioni per la predisposizione dei Contratti di Quartiere”, Centro fototecnico Ministero dei Lavori Pubblici, 1998. 2 6 PREMESSA METODOLOGICA L’attenzione per la qualità fruitiva dell’edilizia residenziale pubblica non è certo una prerogativa dei recenti Contratti di Quartiere. L’innovazione normativa del secondo dopoguerra in Italia, in particolare negli anni ’70, ha infatti perseguito livelli di confort sempre più sofisticati anche per l’abitazione di tipo economico, sancendo standard di attrezzabilità, di arredabilità, di servizi, che riflettono il generalizzato espandersi dei consumi. L’abitazione che ne è conseguita, in riferimento ad esigenze e requisiti fruitivi che hanno continuato a riflettere modalità abitative “tradizionali”, anche se sempre più attrezzata, dimostra tuttavia di non rispondere in modo efficace alle esigenze fruitive di una quota ormai non marginale della domanda abitativa contemporanea. E’ anche evidente che i livelli prestazionali di fruibilità definiti per le abitazioni di nuova costruzione sono molto problematici da raggiungere (soprattutto se li si interpreta “alla lettera”) negli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. Adeguare agli standard di confort attuali edifici ed alloggi che risalgono anche solo a pochi decenni fa comporta, infatti, uno stravolgimento radicale degli assetti spaziali originari e un pesante investimento economico tanto che, in molti casi, la sostituzione del manufatto edilizio si dimostra più vantaggiosa del suo riadeguamento. Una terza considerazione riguarda, infine l’opportunità di applicare un modello di qualità fruitiva che rispecchia il “confort abitativo” definito dalle norme oggi vigenti ad un patrimonio edilizio che, nonostante la sua parziale obsolescenza, continua ad essere la principale risorsa abitativa per le fasce d’utenza economicamente e socialmente più deboli. Forzare oltre certi limiti i caratteri originari di tale patrimonio per adeguarlo ad aspettative di confort “medie” e a schemi uniformati, da un lato sembra impraticabile sul piano economico (come dimostrano infatti i tanti riadeguamenti di semplice facciata operata oggi a Milano dall’Aler); dall’altro non garantirebbe una risposta mirata alle esigenze abitative particolari di quella che, nell’attuale fase di ridimensionamento dell’impegno pubblico per la casa, sembra destinata ad essere l’utenza principale dell’edilizia residenziale sociale (anziani, famiglie mono-parentali, immigrati). E’ opportuno, quindi, riproporre la progettazione dell’alloggio non legandola al dato quantitativo del numero degli utenti, ma piuttosto a quello qualitativo delle esigenze specifiche e dei comportamenti dei suoi fruitori. Parlare di qualità dell’abitare del nucleo d’utenza, nella progettazione tipologica, significa tentare di individuare una qualità di spazio che non corrisponde solo al numero dei componenti, ma che tiene conto di parametri comportamentali ben più complessi. Progettare per un utente reale 3 , ossia per una persona con esigenze specifiche e non per un uomo dalle dimensioni fisiche standardizzate o ancora peggio dalle esigenze psicologiche predeterminate, è quanto 3 Conoscere le reali esigenze dell’utente permette di definire i requisiti spaziali indispensabili a soddisfare bisogni concreti. 7 PREMESSA METODOLOGICA l’architetto deve proporsi nell’affrontare il delicato tema della residenza. Sulla base, quindi, delle nuove domande abitative è necessario: 1. Avviare lo studio di tipologie sperimentali che rispondono a modalità abitative non convenzionali; 2. valutare la compatibilità (piuttosto che le contro-indicazioni) dei modelli tipologici prevalenti nell’edilizia residenziale pubblica rispetto a gradi di esigenze differenziati. L’analisi dell’utente, dell’uso che fa degli spazi esterni e dell’alloggio e la consegue individuazione della congruenza o incongruenza dell’offerta tipologica attuale rispetto ai comportamenti reali è quanto si dovrebbe individuare. Quali sono, quindi, i modelli fruitivi innovativi che possono migliorare le condizioni dell’abitare odierno? E quali sono le procedure e le metodologie più efficaci per individuare e per predisporre assetti abitativi ad essi congruenti? 8 PREMESSA METODOLOGICA 2. Definizione degli obiettivi La ricerca si propone di estrapolare linee-guida procedurali e progettuali per la riqualificazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica in stato di degrado sulla base della domanda di modelli fruitivi innovativi. Come ho già accennato i Contratti di Quartiere hanno introdotto diverse novità nel campo delle procedure per la riqualificazione rispetto a quelle tradizionali utilizzate dall’Amministrazione pubblica. Mi è sembrato molto interessante indagare questo campo, mettere a confronto l’esperienza italiana con la ventennale esperienza francese nel recupero delle periferie e definire successivamente una schematizzazione delle fasi procedurali necessarie perché un programma/processo di riqualificazione si attui in modo puntuale. Tuttavia, se la maggiore o minore efficacia del processo di riqualificazione dipende in larga misura dal tipo di procedure adottate, una responsabilità non secondaria riveste il progetto “spaziale”. La ricerca si propone quindi di mettere a punto alcune linee-guida progettuali che assumono come riferimento le problematiche dei quartieri di edilizia residenziale pubblica degradati (come il quartiere San Siro a Milano, assunto come “caso studio” privilegiato), con particolare attenzione per l’attuale modificarsi di modelli fruitivi nel campo dell’abitare. Come bisogna intervenire sul contesto e sugli edifici tenendo in considerazione la nuova domanda abitativa e i nuovi modi di vita? Come rivitalizzare i quartieri degradati ormai “ghetto” per anziani ed immigrati? Quali sono i modelli abitativi che possono permettere tale rivitalizzazione? Quali le metodologie di progetto? Il lavoro si propone quindi di affrontare due tematiche diverse tra loro, ma strettamente legate ed inscindibili, poiché non si può dare inizio ad un progetto di riqualificazione edilizia e sociale senza aver prima definito in modo puntuale le metodologie, le procedure da utilizzare, gli operatori da coinvolgere ed i loro ruoli. 9 PREMESSA METODOLOGICA 3-4. Individuazione della metodologia ricerca e sviluppo delle fasi di Il lavoro si è articolato sia attraverso ricerche bibliografiche, sia e soprattutto, attraverso contatti con le Amministrazioni pubbliche (Aler e Comune), proprio a causa dell’attualità del problema e quindi della mancanza di fonti certe se non quelle fornite dagli operatori addetti ai programmi di riqualificazione in atto. Nella prima fase della ricerca sono state analizzate le trasformazioni destinate ad incidere maggiormente sulla organizzazione della società e che quindi presentano maggior interesse ai fini della valutazione delle nuove esigenze abitative: i cambiamenti socio-demografici. Tra le linee evolutive che caratterizzano la famiglia contemporanea sono emersi come indicatori particolarmente significativi: il progressivo invecchiamento della popolazione, la frammentazione del carattere delle convivenze, il disagio abitativo dei giovani, la ridotta permanenza media delle famiglie all’interno dello stesso alloggio, la presenza sempre più massiccia di extracomunitari che fanno parte di quella categoria sociale denominata “utenza sociale debole” che, insieme agli anziani, studenti e famiglie mono-parentali, si distinguono per l’estrema particolarità dei bisogni abitativi. Successivamente è stato operato un confronto tra i cambiamenti sociodemografici della popolazione e l’offerta edilizia (sulla base di dati Istat e di dati fornitomi dalla sezione Edilizia popolare-assegnazione alloggi e dall’Aler) al fine di avere un quadro completo della situazione Lombarda ed in particolare della città di Milano, sia dal punto di vista della domanda che dell’offerta. Questa analisi è servita soprattutto come base per spiegare le linee evolutive che caratterizzano la famiglia contemporanea ed è stata riassunta e riportata in allegato alla ricerca. Il secondo passo è stato quello di restringere il campo d’indagine attraverso l’analisi del degrado sociale e degli edifici di un quartiere di edilizia economica e popolare milanese: il San Siro. Dall’analisi sono emersi in tutta la loro concretezza i diversi fattori che hanno contribuito a trasformare questo quartiere in luogo di disagio abitativo: la limitata varietà della composizione sociale (soprattutto anziani); la scarsa presenza di servizi sociali e di strutture legate alle esigenze della collettività; l’assenza di attività culturali e di svago; il deperimento delle strutture degli edifici e degli alloggi; la progressiva perdita di capacità degli alloggi di rispondere alle attuali esigenze residenziali; la forte percentuale di alloggi occupati abusivamente da parte di frange sociali emarginate. 10 PREMESSA METODOLOGICA Anche questa parte della ricerca viene trasmessa in allegato. Prima di analizzare le procedure per la riqualificazione utilizzate in Italia ed introdotte dai Contratti di Quartiere ho sentito l’esigenza di indagare un’esperienza europea ormai consolidata per quanto riguarda il recupero delle periferie. La scelta è caduta sulla Francia, sia per la sua ventennale esperienza in questo campo, sia perché da anni in questo paese l’obiettivo è diventato quello di rompere con la concezione tradizionale della riqualificazione tecnico spaziale, a favore di strategie globali di rivalorizzazione dei quartieri capaci di intervenire sui diversi fattori che determinano il loro cattivo funzionamento. Grazie alla corrispondenza avviata con il Centre Scientifique et Technique du Batiment (CSTB) sono venuta in possesso di pubblicazioni interne in cui viene descritta la “metodologia” utilizzata dalle Amministrazioni pubbliche francesi per la riqualificazione. Ho analizzato quindi questa metodologia prendendo come riferimento le problematiche italiane per quanto riguarda il recupero delle periferie, ed ho completato lo studio attraverso un’indagine di casi di riqualificazione francesi con problematiche assimilabili a quelle del contesto italiano. Il successivo passo è stato quello di ricostruire il processo decisionale e attuativo della riqualificazione dei quartieri in degrado nel nostro Paese. Questa fase ha dovuto essere condotta in modo empirico a causa della mancanza di procedure consolidate. Sono state prese in esame le prassi e le procedure seguite dall’Aler attraverso incontri con gli operatori dell’Ente ed attraverso la partecipazione diretta a momenti operativi, promossi dall’Aler stesso, nelle principali esperienze in corso a Milano. Contemporaneamente è stata avviata un’indagine sulle modalità con cui viene attualmente condotto il processo di riqualificazione all’interno dei recentissimi programmi innescati dai Contratti di Quartiere. In particolare, attraverso incontri con i progettisti ed i responsabili dei Contratti ed attraverso l’esame della documentazione prodotta, sono state prese in considerazione due esperienze lombarde: Cinisello Balsamo e Vigevano. L’obiettivo era individuare: 1. gli elementi di innovazione introdotti dai Contratti di Quartiere rispetto ai metodi tradizionali di riqualificazione; 2. le differenze e le analogie rispetto alle metodologie francesi. 11 PREMESSA METODOLOGICA 5-6. Risultati della ricerca ed ulteriori linee di sviluppo Le analisi attuate sulle procedure per la riqualificazione introdotte dai Contratti di Quartiere ed il loro confronto con le metodologie francesi hanno permesso di giungere: 1. alla schematizzazione delle fasi procedurali necessarie perché un programma/processo di riqualificazione si attui in modo puntuale; 2. alla individuazione degli operatori da coinvolgere e dei loro compiti; 3. alla definizione del ruolo degli abitanti dei quartieri oggetto di riqualificazione ed ai metodi di comunicazione utili per il loro coinvolgimento; 4. alla spiegazione dei metodi di gestione e di valutazione utili alle Amministrazioni pubbliche, sia durante il programma/processo di riqualificazione, sia ad operazione conclusa per il mantenimento dei risultati raggiunti con la riqualificazione. Ogni singola fase del programma/processo di riqualificazione descritta potrebbe essere campo di ulteriore approfondimento. La ricerca si è applicata, infine, alla messa a punto di linee-guida progettuali che assumono come riferimento le problematiche dei quartieri di edilizia residenziale pubblica degradati (come il San Siro), con particolare attenzione per l’attuale modificarsi di modelli fruitivi nel campo dell’abitare. Le indicazioni che ne sono derivate si basano sull’analisi di un’ampia casistica di progetti europei innovativi - per la maggior parte recenti o recentissimi, ma anche tratti dalla storia dell’architettura contemporanea – accomunati dall’importanza che mostrano di dedicare alla qualità d’uso degli spazi abitativi. E’ necessario sottolineare che gli esempi di nuova costruzione presi in considerazione non sono stati assunti e non devono essere assunti come modelli meccanicisticamente riproponibili, ma come come suggestioni utili per delineare alcuni criteri progettuali. Il metodo seguito per definire linee-guida progettuali con particolare attenzione all’attuale modificarsi di modelli fruitivi nel campo dell'abitare potrebbe essere utilizzato in modo intensivo anche in riferimento ad alle altre tematiche di sperimentazione enunciate dai Contratti di Quartiere (Qualità ecosistemica, Qualità morfologica). 12 PREMESSA METODOLOGICA Schema della metodologia di ricerca Obiettivo: estrapolazione di linee-guida procedurali e progettuali sulla base dei modelli fruitivi innovativi Quali sono i modelli fruitivi innovativi che possono migliorare le condizioni dell’abitare odierno e quali le procedure e le metodologie da utilizzare per applicare i modelli fruitivi innovativi? Fasi di ricerca Strumenti Prima fase: analisi socio-demografica Analisi delle trasformazioni che incidono sull’organizzazione della società per la valutazione delle nuove esigenze abitative. - - Dati Istat Dati forniti dalla sezione Edilizia popolare/ assegnazione alloggi del Comune di Milano Dati forniti dall’Aler Restringimento del campo d’indagine Seconda fase: analisi caso studio Analisi della situazione di degrado sociale e degli edifici del quartiere San Siro. - - Terza fase: analisi di un’esperienza europea nel campo della riqualificazione Analisi delle procedure consolidate nel campo della riqualificazione in Francia. Pubblicazioni, progetti e tesi di laurea Colloqui con gli abitanti, con le associazioni sociali in loco e con il comitato inquilini Dati forniti dall’Aler - Pubblicazioni del Centre Scientifique et Technique du Batiment (CSTB) sulle procedure e metodologie per il recupero delle periferie - Pubblicazioni Incontri con gli operatori dell’Aler Partecipazione diretta a momenti operativi promossi dall’Aler Colloqui con progettisti e responsabili dei Contratti di Quartiere di Cinisello Balsamo e Vigevano ed esame della documentazione prodotta Confronto Quarta fase: analisi della situazione italiana Analisi delle procedure per la riqualificazione dei quartieri degradati: i Contratti di Quartiere - Quinta fase: Ricostruzione di linee-guida procedurali e progettuali per interventi di riqualificazione 13 PREMESSA METODOLOGICA 14 PREMESSA METODOLOGICA 15 PREMESSA METODOLOGICA 16 PREMESSA METODOLOGICA 17 PREMESSA METODOLOGICA 18 CAPITOLO PRIMO 1.1 Linee-guida procedurali Premessa I quartieri di edilizia residenziale pubblica evolvono in modo differente in funzione del loro inserimento urbano, dei modi di vita degli abitanti, della qualità dei servizi ed, infine, dei modi di gestione e di manutenzione. L’obiettivo è di superare la concezione tradizionale della riqualificazione tecnico/spaziale a favore di una strategia globale di rivalorizzazione dei quartieri tesa ad intervenire sui diversi fattori che determinano il loro cattivo funzionamento. Infatti, il divenire di un quartiere dipende soprattutto dalla qualità dell’ambiente, dallo sviluppo della vita sociale e dalla soddisfazione degli abitanti. L’ipotesi di base è dunque che, per quanto la modificazione tecnica, funzionale ed estetica dello spazio e degli edifici sia essenziale per il miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti e rappresenti la manifestazione tangibile del cambiamento della loro situazione, non è dato di ottenere un concreto miglioramento delle condizioni se le modifiche apportate non corrispondono alle attese degli abitanti e se, soprattutto, non migliorano i rapporti degli abitanti stessi con il proprio spazio, i loro modi di vita, le relazioni sociali e le relazioni con gli Enti Gestori. Si è pertanto riconosciuta la necessità di agire sul costruito associando diversi interessati (Enti Gestori, abitanti, associazioni) per sviluppare dei progetti che integrino la riqualificazione tecnica con una strategia di rivalorizzazione complessiva dei quartieri, per sfruttarne le potenzialità e per sviluppare una nuova dinamica. Se non si tiene conto dei punti di vista e delle domande dei diversi attori (in particolare gli abitanti), se non li si associa all’operazione di riqualificazione si rischia infatti di trascurare i problemi essenziali, di mal interpretare alcuni fenomeni e di conseguenza di provocare l'ostilità ed il malcontento, ottenendo il risultato contrario rispetto a quello ricercato. 15 Obiettivo riqualificazione della In che modo è necessario agire perché un programma di riqualificazione sia efficace CAPITOLO PRIMO Il modo di condurre e di attuare un’operazione di riqualificazione influenza il suo svolgimento e la sua efficacia ed è tanto importante quanto la natura delle azioni che si vogliono intraprendere. In ogni operazione di riqualificazione è necessario mettere in atto dei metodi specifici in rapporto al contesto preso in esame ma, allo stesso tempo, è possibile definire delle linee – guida che possono valere per qualsiasi situazione e per qualsiasi scopo. E’ in ogni caso molto importante che la definizione di uno strumento operativo e di una procedura non sia rigida, ma sempre adattabile al contesto ed alla situazione. Ritengo infatti che determinate situazioni richiedano un certo pragmatismo ed una certa elasticità, per cui in taluni casi appare più opportuno definire gli interventi via via che si rendono necessari, se non addirittura procedere alla loro completa definizione soltanto nel momento in cui si è concluso il relativo iter procedurale. A fronte di questa premessa è necessario definire quali sono, a mio avviso, le linee – guida che stanno alla base di una corretta procedura di riqualificazione. Prima di tutto bisogna dire che un programma di riqualificazione deve: 1. Coinvolgere tecnici con competenze diverse in modo da stabilire un approccio pluridisciplinare alle diverse problematiche (economiche, sociali tecniche..) che si sviluppano in un quartiere degradato; 2. Attirare canali finanziari diversi (privati, pubblici, associazioni..) per favorire un convogliamento di fondi in grado di contribuire alla riduzione del disagio sociale che convive con il degrado edilizio; 3. Considerare la partecipazione degli abitanti come essenziale per sviluppare un progetto concertato. Di seguito vengono indicati quali potrebbero essere i passaggi operativi coerenti con questi indirizzi. Un programma di riqualificazione deve: -coinvolgere tecnici multidisciplinari; -attirare canali finanziari diversi; - considerare essenziale la partecipazione degli abitanti. 1.1.1 La diagnosi del contesto La diagnosi del contesto è fondamentale per la buona riuscita di un programma di riqualificazione poiché non consiste solamente nel fare un’analisi dei problemi, ma implica lo studio delle possibili trasformazioni del contesto sulla base delle sue potenzialità e dei punti di vista dei diversi attori coinvolti (architetti, tecnici, enti locali, abitanti, associazioni sociali). Questa prima fase permette infatti di costruire degli “scenari” su cui impostare un programma di riqualificazione. La multidisciplinarietà del programma di riqualificazione deve emergere già in questa fase del processo. 16 Diagnosi = analisi dei problemi e delle potenzialità del contesto La diagnosi deve essere redatta da un’équipe multidisciplinare CAPITOLO PRIMO Si deve evitare, infatti, che la diagnosi venga attuata da un’unica categoria di specialisti, che necessariamente rivelerebbero solo i problemi che corrispondono alle sue competenze, ma devono essere garantite competenze molteplici, in particolare: urbanistiche, tecniche, economiche, sociologiche. Ogni categoria di specialisti dovrebbe definire dei metodi di diagnosi da poter interloquire con gli altri attori in modo da costruire una visione comune dei problemi e degli orientamenti possibili. In questo tipo di analisi non può mancare l’apporto degli abitanti con le loro domande, i loro problemi e le loro esigenze. Le domande raccolte devono essere sottoposte ad un lavoro di elaborazione e di interpretazione per permettere da un lato agli abitanti di esprimersi liberamente e dall’altro di gerarchizzare i problemi che sorgono e provvedere al loro trattamento. Ciò presuppone la messa a punto di : metodi, tecniche e procedure per la riqualificazione. 1.1.2 Gli “scenari” della riqualificazione La diagnosi non deve focalizzare l’attenzione solo sui problemi, ma deve identificare le potenzialità del sito preso in esame in modo da agire in modo coerente e puntuale. In Francia è stata elaborata una metodologia di programmazione per gli interventi di riqualificazione in cui viene dato grande spazio alla fase di diagnosi ed alla spiegazione delle diverse analisi che devono essere attuate prima di elaborare un progetto 1 . In Italia la fase di analisi in realtà non è articolata come nel caso francese anche se, con l’introduzione dei “Contratti di Quartiere” e, quindi, con l’introduzione della partecipazione degli abitanti al programma di riqualificazione, dovrebbero venire finalmente prese in considerazione le loro domande e le loro necessità fin dall’inizio del processo. Un tipo di analisi che in Italia non viene assolutamente contemplata e che, al contrario, è di fondamentale importanza è quella che i francesi chiamano: analisi dei modi di gestione e manutenzione. 1 Si differenzia la diagnosi in diverse categorie che affrontano problematiche diverse: diagnosi socio- tecnica; analisi della domanda; analisi delle dinamiche sociali; analisi dei modi di gestione e di manutenzione; analisi delle potenzialità del quartiere. 17 La diagnosi deve essere molto articolata e deve affrontare tutti i possibili problemi CAPITOLO PRIMO Spesso infatti la cattiva gestione e la carente manutenzione amplificano i processi di degrado soprattutto quando non vengono soddisfatte le richieste degli abitanti. E’ inutile riqualificare un edificio se non si migliora il modo di gestione e di manutenzione dello stesso. 1.2 L’équipe di progetto La riqualificazione necessita di operatori con competenze e capacità diverse: • Conoscenze tecnico giuridiche; • padronanza nella gestione dei finanziamenti; • comprensione dei modi di vita degli abitanti e dei problemi sociali; • capacità di negoziazione e di comunicazione con gli abitanti, le associazioni, la collettività locale, gli organismi sociali e le imprese; • attitudine a collaborare coi diversi partners; • facilità a lavorare con i membri dell’organismo di gestione. Nei programmi di riqualificazione bisogna quindi dotarsi di un gruppo progettuale formato da tecnici con competenze diverse. Le responsabilità dei vari operatori devono essere definite precisamente, così come i mezzi di cui dispongono, e devono essere coordinate da un responsabile che sia a stretto contatto con l’organismo di gestione e il committente. Il responsabile deve chiarire e precisare le richieste del committente assicurando la coerenza tra le decisioni che si devono prendere in corso di realizzazione (problemi tecnici, problemi finanziari, timing delle operazioni…), gli obiettivi del programma di riqualificazione e gli interessi degli utenti. 18 La multidisciplinarità CAPITOLO PRIMO 1.3 La definizione del progetto di riqualificazione Un processo di riqualificazione può avere origini diverse, può essere avviato dalle Amministrazioni locali (Comuni) o dagli organi di gestione (Aler), ma l’importante e che questi enti lavorino in stretta collaborazione. Con l’avvio dei Contratti di Quartiere per la prima volta in Italia si è cercato di impostare una collaborazione non solo dal punto di vista locale, ma anche a livello centrale fra i diversi Ministeri. Questo sicuramente è un aspetto di grande rilievo, ma i risultati fino ad ora raggiunti nei Contratti di Quartiere avviati hanno dimostrato come ogni intervento di riqualificazione costituisce un “caso a sé”, non solo ovviamente, per i contenuti del progetto, ma anche per i metodi e le procedure seguite. Ciò forse è da imputarsi non solo ad un’assenza di tradizione consolidata in questo campo nel nostro paese, ma alla mancanza di un efficace coordinamento2 . Un progetto di riqualificazione deve trasformarsi in un processo la cui elaborazione è supportata dalla collaborazione tra i diversi attori implicati nella vita e nell’organizzazione del quartiere e i tecnici incaricati della sua stesura ed il cui risultato, che deve evolvere con la sua messa in atto e con lo svolgimento dell’operazione, è l’espressione di questa collaborazione. 2 In Francia ad esempio è stato istituito il Groupe Administrativ Departemental per instaurare una reale politica di concertazione a livello locale e per evitare una eccessiva dispersione delle azioni portate avanti dai diversi Ministeri che intervengono nelle operazioni di riqualificazione. Del GAD fanno parte i rappresentanti locali delle principali amministrazioni. In Francia lo studio preliminare del progetto di riqualificazione, il pre-progetto, i costi, le modalità di attuazione dell’operazione e la definizione dei compiti, la partecipazione economica ed i tempi di intervento devono passare tutti al vaglio del GAD che deve approvare le varie fasi del processo prima di elargire il finanziamento. Il pre-progetto ed il progetto devono essere approvati dalla Municipalità e dagli organismi di gestione prima di passare all’approvazione del GAD. 19 CAPITOLO PRIMO 1.3.1 Pre-progetto e progetto La stesura di un pre-progetto e la sua consultazione da parte degli abitanti e degli altri attori interessati è fondamentale per la buona riuscita di un processo di riqualificazione poiché sulla base delle critiche raccolte e grazie ai dati analizzati nella fase di diagnosi i progettisti elaborano il progetto definitivo il quale verrà di nuovo spiegato alle parti coinvolte di modo che queste si rendano conto delle modifiche apportate. I progettisti, inoltre, devono spiegare le ragioni per cui alcune richieste non sono state prese in considerazione. Questo tipo di procedura, che è stata introdotta in Italia dai Contratti di Quartiere (ma a mio avviso non è stata utilizzata allo stesso modo nelle situazioni analizzate3 ), è uno degli aspetti più qualificanti per la buona riuscita di un programma di riqualificazione. 3 Il Contratto di Quartiere di Vigevano ha seguito appieno questa procedura realizzando un progetto concertato con gli abitanti, quello di Cinisello Balsamo, durante la stesura, si è accontentato del consenso degli abitanti. 20 CAPITOLO PRIMO 1.4 La partecipazione Uno degli aspetti più importanti per la buona riuscita di un programma di riqualificazione è la partecipazione degli abitanti. Ciò risulta del tutto evidente se si considera il ruolo essenziale che in tale processo deve svolgere il cambiamento dei comportamenti individuali e collettivi, cambiamento che può avvenire solo se i singoli cittadini e le organizzazioni sociali ed economiche si convincono della giustezza e della praticabilità degli obiettivi proposti e se in qualche misura se ne sentono responsabili. Il confronto e la discussione, sin dalle prime fasi di definizione delle strategie e dei progetti, può evitare errori ed “effetti collaterali” non previsti e può favorire l’elaborazione e l’attivazione di progetti paralleli, ovvero di sinergie in settori diversi della Pubblica Amministrazione e dell’imprenditoria privata. A questo fine devono essere attentamente previsti e programmati i tempi e le modalità dell’informazione, della consultazione e della partecipazione. Frequentemente gli amministratori si lamentano del fatto che i tentativi effettuati in questa direzione conseguono risultati del tutto deludenti: pochi i partecipanti e quasi sempre interventi fuori tema. Ma qual è la ragione di questi ripetuti fallimenti? Probabilmente va ricercata nell’utilizzo di tecniche di comunicazione inadeguate ed in un troppo limitato e confuso decentramento delle decisioni e delle competenze. La comunicazione è una tecnica che risponde ad alcune regole di fondo. Il contenuto informativo della comunicazione deve essere chiaramente esplicitato e al cittadino devono essere forniti tutti i termini della questione in discussione: distinguendo tra i dati di fatto e le scelte da operare, evidenziando le alternative possibili e le ragioni che suggeriscono di seguire determinati indirizzi piuttosto che altri. Sicuramente non è facile organizzare un piano di comunicazione/partecipazione, tuttavia anche in Italia operano delle “unità metodologiche di progetto”, come ad esempio la SOFTECH e lo studio “Avventura Urbana” entrambe di Torino 4 , che hanno molta esperienza nel campo della partecipazione e che utilizzano tecniche (Action planning, workshop….) ormai consolidate ed utili per promuovere una partecipazione attiva. 4 La SOFTECH è l’unità che ha lavorato nel Contratto di Quartiere di Vigevano, “ Avventura Urbana” è lo studio che ha lavorato nel Contratto di Quartiere di Via Arquata a Torino. 21 Le tecniche partecipazione della CAPITOLO PRIMO Il coinvolgimento degli abitanti nel processo di riqualificazione di un quartiere degradato è funzionale a diversi obiettivi. Dal punto di vista delle risorse umane, economiche, fisiche e sociali, favorisce la conoscenza della realtà locale e la valorizzazione delle potenzialità esistenti; sul piano dell’efficacia delle politiche, risulta essere condizione necessaria per il pieno utilizzo delle risorse locali per una maggior adesione degli interventi ai bisogni espressi dalla popolazione; sul piano dell’efficienza, un progetto condiviso ha maggiori possibilità di essere realizzato, avendo mirato alla costruzione del consenso a partire dal momento in cui sono state formulate le azioni, sciogliendo gli eventuali conflitti o anticipandoli; il coinvolgimento nell’elaborazione degli interventi induce a una maggior responsabilizzazione anche nelle fasi successive di gestione delle realizzazioni, favorendo il senso di appropriazione (esattamente l’opposto di un progetto preconfezionato e consegnato “chiavi in mano”). La partecipazione degli abitanti non è un fine ma un mezzo operativo e, soprattutto, un mezzo di informazione per il committente riguardo a: - le differenti domande degli abitanti, le loro rivendicazioni e le loro reazioni verso il progetto di riqualificazione; - le relazioni di vicinato, i conflitti, i problemi economici e sociali, la dinamica sociale; - le possibilità finanziarie e la solvibilità delle famiglie; - le relazioni e gli eventuali contenziosi tra gli abitanti e gli organismi di gestione. Queste informazioni permettono al committente di definire un programma, gli orientamenti per la conduzione dell’operazione adattandola ai comportamenti e alle richieste degli abitanti e di anticipare i conflitti che l’operazione potrebbe generare, inoltre, è un supporto per la creazione di una nuova dinamica sociale nel quartiere stesso e per sperimentare nuove forme di collaborazione tra gli abitanti ed il personale incaricato dell’operazione di riqualificazione. Esistono in ogni caso degli ostacoli che possono impedire la partecipazione: - l’isolamento sociale degli abitanti (debolezza delle associazioni, esistenza di gruppi eterogenei, modi di vita conflittuali); - forte mobilità della popolazione; - problemi di comunicazione da parte degli abitanti; 22 Perché è necessario coinvolgere gli abitanti? La partecipazione non è un fine ma un mezzo operativo. I possibili ostacoli alla partecipazione CAPITOLO PRIMO - assenza di dispositivi di informazione, conflitti tra le organizzazioni di quartiere. Proprio per questi motivi la partecipazione è tanto più importante quanto più gli ostacoli alla sua messa in opera sono evidenti. Prima di iniziare qualsiasi forma di partecipazione il committente e l’équipe operativa devono: 1. fare un’analisi della dinamica sociale ed identificare gli interlocutori potenziali per ogni categoria di popolazione (anziani, giovani, donne, uomini, immigrati); 2. identificare le organizzazioni sociali, culturali che esistono ed associarle al processo di riqualificazione; 3. aiutare gli abitanti ad organizzarsi e a strutturasi; 4. trasformare le rivendicazioni degli abitanti in proposte; 5. rassicurare gli abitanti sugli obiettivi del committente; 6. gerarchizzare i problemi e scegliere i campi su cui incentrare la concertazione determinando: - le decisioni che il committente deve prendere da solo, ma di cui devono essere informati gli abitanti; - le azioni da condurre con le altre parti ( collettività locali, associazioni, commercianti..); 7. favorire l’espressione dei gruppi emarginati o esclusi, conducendo uno studio specifico presso di loro e mobilitando le associazioni sociali; 8. pianificare il processo di concertazione. La scelta dei metodi di comunicazione e di concertazione dipende dalla natura dei problemi, dal rapporto con gli abitanti, dalle loro capacità d’espressione e dagli attori coinvolti. Prima di tutto il committente deve informare i partners istituzionali delle sue intenzioni e raccogliere i loro punti di vista per iniziare una prima negoziazione. I partners istituzionali potrebbero essere: - i responsabili della gestione del progetto, perché tramite loro è possibile organizzare il programma di partecipazione degli abitanti attraverso metodi di comunicazione efficienti; - i rappresentanti delle associazioni, perché possono aiutare gli abitanti a strutturarsi e ad organizzarsi; - gli operatori sociali e gli insegnanti, perché sono a contatto con gli abitanti dei quartieri, conoscono le loro problematiche e quindi possono aiutare il committente e l’équipe di progetto ad identificare le principali esigenze degli abitanti stessi ; - i commercianti, perché possono essere incentivati ad inserire all’interno dei quartieri monofunzionali delle attività commerciali utili alla rivitalizzazione del quartiere stesso. 23 I possibili partners istituzionali per la riqualificazione partecipata CAPITOLO PRIMO 1.4.1 Alcuni possibili metodi di comunicazione con gli abitanti La comunicazione con gli abitanti e quindi la loro partecipazione al programma di riqualificazione può essere organizzata in modi e con strumenti diversi. I metodi di lavoro utilizzati dalla SOFTECH e da “Avventura Urbana”, rispettivamente nei Contratti di Quartiere di Vigevano e di Torino ne sono un esempio. Questi studi di progettazione partecipata utilizzano metodi e strumenti diversi, ma sono legati da un concetto fondamentale: un progetto di riqualificazione non può essere pre-definito da tecnici incaricati e poi discusso con gli abitanti, perché susciterebbe la loro ostilità e la loro delusione minando la buona riuscita del processo; un progetto di riqualificazione deve essere “progettato” con abitanti o meglio deve essere progettato dagli abitanti stessi attraverso l’aiuto dei tecnici e dei progettisti incaricati. Un altro aspetto molto importante per entrambe le metodologie è quello del sopraluogo nel contesto di progetto con gli abitanti; solo in questo modo, infatti, è possibile acquistare la loro fiducia e soprattutto capire le loro esigenze e le loro necessità. 1.4.2 Il Community Planning Lo strumento utilizzato dall’Unità Metodologica di Progetto SOFTECH nel Contratto di Quartiere di Vigevano è quello del Community Planning, che rappresenta il momento a più alta visibilità e maggior partecipazione fra quelli previsti dalla loro metodologia. Lo strumento del Community Planning viene utilizzato a partire dagli anni ’705 come un mezzo per dare “voce” alla gente e fornire ai professionisti un’idea chiara di quello di cui la comunità locale ha bisogno. E’ uno strumento molto flessibile e può essere utilizzato per trattare molti temi: traffico, sicurezza, condizioni del patrimonio residenziale e miglioramento dell’ambiente. Lo scopo principale resta il coinvolgimento della comunità locale sul tema del miglioramento del proprio ambiente dai vari punti di vista. Lo scopo specifico è quello di attivare la progettualità e la consapevolezza locali (superando le barriere psicologiche che spesso lo impediscono) consentendo una maggior chiarezza nell’individuazione dei problemi del quartiere e delle relative soluzioni da parte dei suoi abitanti ed una migliore comunicazione tra questi ultimi, i tecnici e i professionisti esterni. Durante le sessioni si formano gruppi di lavoro su specifici problemi, che si avvalgono dell’esperienza dei professionisti chiamati a svolgere un ruolo consultivo. Una volta stabilito cosa si deve fare e quando si deve farlo, la comunità locale attiva le proprie risorse per la fase di realizzazione, procedendo contemporaneamente nel processo partecipativo. Il processo partecipativo si sviluppa nell’arco di cinque giornate. Nella prima si procede con il sopralluogo dell’area oggetto di studio e, nella stessa serata, viene organizzato un piccolo ricevimento che prevede la presentazione del programma di lavoro dei giorni successivi. La seconda giornata è dedicata a una serie di workshops tematici relativi ai diversi aspetti individuati come cruciali per il caso studio (edilizia, ambiente, economia, problemi sociali, ecc.). 5 Le prime esperienze vengono condotte in area anglosassone fin dagli anni ‘60 24 Il Community Planning è un mezzo per dar “voce” alla gente. Come si struttura Community Planning. un CAPITOLO PRIMO Le persone sono libere di muoversi tra differenti workshops, gestiti da facilitatori che hanno il compito di registrare, attraverso la raccolta di “postit” distribuiti ai partecipanti, le impressioni le opinioni emerse nel corso della discussione, che verranno presentate in Sessione Plenaria, onde garantire a tutti l’informazione su tutti i workshops. Tutti i workshops tematici sono strutturati sulla base dello schema seguente: • Breve individuazione del tema • Identificazione dei problemi • Identificazione degli elementi positivi Nel corso del workshop ciascun partecipante viene incoraggiato ad esprimere su “post-it” il suo punto di vista relativo alle suddette richieste. Nella terza giornata si sviluppa una particolare sessione denominata “Hands on Planning” (le mani sul progetto) dove un certo numero di gruppi di lavoro guidati dalla squadra di visualizzatori tratteggiano alcune ipotesi di intervento dal punto di vista progettuale. Una Sessione Plenaria alla fine del pomeriggio chiude la parte pubblica del piano di lavoro. Durante le ultime due giornata lo staff di progetto analizza e sintetizza in testi le istanze principali e le traduce in una visione tridimensionale (schizzi, prospettive, lay out…) e in progetto preliminare. I materiali vengono presentati alla cittadinanza nel corso di un evento pubblico programmato nella serata della quinta giornata in modo che gli abitanti vedano al più presto il risultato del loro lavoro. Il “Rapporto” completo dei lavori viene messo a punto da un gruppo di persone incaricate dell’attività di editing nel corso dei mesi successivi. Il Rapporto deve essere prodotto in un numero significativo di copie ed essere inviato ai partecipanti e a tutti quei referenti che gli attori locali ritengono opportuno informare dell’iniziativa. Va peraltro sottolineato che il processo innescato da un Community Planning non termina con la chiusura dell’evento. Quello che accade successivamente è di importanza vitale per garantire che le soluzioni evidenziate siano effettivamente elaborate e attentamente valutate e non costituiscano materiale puramente demagogico. Che cos’è il Work shop? Il Community planning non termina con la chiusura dell’evento. 1.4.3 Le fasi di lavoro di Avventura Urbana I progetti proposti da Avventura Urbana definiscono gli interventi di trasformazione da attuare e le linee d’azione da perseguire. Il lavoro si articola principalmente in quattro fasi. 1. Definizione del quadro di riferimento. Il lavoro viene svolto tramite analisi del contesto, valutazioni economiche preventive, indagini-ascolto, questionari, interviste e “storie di vita” con l’obbiettivo di delineare una rassegna esaustiva delle questioni irrisolte, dei problemi aperti e delle risorse potenziali sul campo. Si selezionano quindi i temi e si progettano gli strumenti appropriati di consultazione. Oltre alla conoscenza dell’area e dei suoi problemi, questa fase produce una rete di relazioni stabili e cooperative, necessaria per assicurare l’efficacia delle successive fasi di consultazione ed attuazione. 2. Gli incontri pubblici di consultazione. Le giornate di consultazione pubblica completano la fase di ricognizione delle esigenze con la messa a punto di proposte e soluzioni progettuali elaborate e verificate dai cittadini, attraverso strumenti interattivi di comunicazione e simulazione. Nel caso del Contratto di Quartiere di Via Arquata a Torino è stato allestito un pullman dell’Atm, nel quale gli abitanti del quartiere potevano esprimere i loro desideri sul futuro di via Arquata, attraverso 25 1. Definizione del quadro di riferimento. 2. Gli incontri pubblici di consultazione. CAPITOLO PRIMO schizzi e scritte sui disegni e le piante del quartiere, precedentemente preparate. 3. La “negoziazione creativa”. Negoziare significa trattare i conflitti emersi attraverso il confronto di soggetti e gruppi portatori di interessi contrastanti, per arrivare alla definizione di soluzioni consensuali che soddisfino le parti. La negoziazione è “creativa” perché rifiuta un atteggiamento “posizionale”, incentrato sulla determinazione a priori delle posizioni dei partecipanti. Si focalizza l’attenzione sugli interessi reali anziché sulle posizioni di partenza: si cerca di creare un accordo costruttivo sugli interessi che è sicuramente meglio di un compromesso fra posizioni diverse. 4. La progettazione dello sviluppo locale. Il lavoro si conclude con la definizione delle forme decisionali, organizzative, procedurali ed economiche che consentono di avviare l’attuazione degli interventi. Questa parte del lavoro comprende generalmente la ricerca di ulteriori risorse, rispetto a quelle già esistenti, per assicurare una maggior efficienza attuativa al programma di trasformazione urbana e territoriale. L’approccio metodologico proposto da Avventura Urbana6 si fonda sulla necessità di garantire spazi di comunicazione, cooperazione ed eventuale negoziazione fra i soggetti interessati. La costruzione di uno spazio progettuale d’interazione facilita il dialogo tra le parti: istituzioni pubbliche, progettisti, operatori privati e comunità locale individuando soluzioni consensuali e attuabili. Le metodologie di lavoro di Avventura Urbana e SOFTECH, seppur diverse tra loro, si allontanano dai tradizionali modelli di consulenza basati su due successive fasi di attività, una conoscitiva ed una progettuale, promuovendo invece vere e proprie strutture e reti organizzative intersettoriali per seguire con continuità ed efficacia il processo di trasformazione fino alla sua realizzazione. Nelle sessioni di lavoro con gli abitanti vengono discussi anche i problemi economici e di solvibilità degli abitanti e ciò porta, in alcuni casi, all’abbandono di alcune intenzioni progettuali7 . Proprio per questo motivo è sempre necessario, nei programmi di riqualificazione, che queste metodologie di lavoro coinvolgano anche partners economici per permettere di portare a termine il progetto/processo di riqualificazione nel suo complesso. Infine è importante aggiungere che questi tipi di lavori vengono strutturati per obiettivi e per progetti anziché per competenze e settori, secondo principi organizzativi e metodologici adatti di volta in volta alle condizioni del contesto. 6 E’ un gruppo di esperti che si occupa di partecipazione e che sta lavorando attivamente per il Contratto di Quartiere di via Arquata a Torino e per altri progetti di recupero a Torino tra cui il PRU di Corso Grosseto. Questo Piano riguarda il recupero edilizio, urbanistico, ambientale e sociale di un’area dove si trovano 1.500 alloggi pubblici su 10 mila totali. Il recupero di Corso Grosseto conta anche sul “Piano di accompagnamento sociale”, primo esperimento torinese ed italiano in genere. Infatti una “équipe di accompagnatori sociali” (formata da Grm di Milano, Avventura Urbana e da Mariella Scavi, esperta in mediazione di conflitti) ha il compito di tenere informati gli abitanti con newsletters, sito internet, video documento sull’andamento dei lavori. Inoltre sono stati aperti due uffici chiamati “Punti” per fornire informazioni sugli interventi del PRU e sull’accompagnamento. 7 Nel Caso del Contratto di Quartiere di Via Arquata, infatti, l’intenzione di introdurre gli ascensori in alcuni edifici, è stata abbandonata proprio perché gli abitanti non erano disposti a versare una parte della somma richiesta. 26 3. La creativa”. “negoziazione 4. La progettazione dello sviluppo locale. La progettazione partecipata permette il dialogo tra i diversi attori coinvolti. CAPITOLO PRIMO 1.5 La gestione dei rapporti tra Amministrazione pubblica e utenti8 In un cantiere di riqualificazione oltre a vincoli di ordine tecnico, che si potrebbero dare quasi per scontati, esiste una serie di impedimenti e limitazioni rappresentati in primo luogo dai residenti e, più esattamente, molti degli impedimenti dipendono dal fatto che non si opera su un sito disabitato e privo di vita, ma in un contesto che, al contrario, risulta carico di storia, ricco di energia e di tensioni e soprattutto regolato da meccanismi diversi. Perché un programma di riqualificazione abbia risultati positivi è necessario instaurare un buon rapporto tra gli abitanti e l’impresa fornitrice di servizi. L’elemento fondamentale di questa strategia consiste nel conoscere gli abitanti interessati all’intervento, identificarli socialmente, comprendere i loro ritmi di vita, conoscere nei dettagli le condizioni dell’edificio e degli alloggi. E’ importante che il committente pubblico operi con la massima trasparenza illustrando nei minimi dettagli il tipo di intervento che intende sviluppare, spiegandone termini e modalità, sottolineando gli aspetti di interesse generale e sociale distinti dagli aspetti più personali e soggettivi, fino ad arrivare ai lavori di finitura e di personalizzazione. Il committente deve inoltre garantire assistenza per quanto riguarda il trasloco e il trasferimento, le operazioni di pulitura in modo da operare tempestivamente senza recare disturbo ai residenti garantendo uno strandard di qualità elevato. Perché tutto ciò avvenga è necessaria la costante presenza in sito di due diverse squadre: la Squadra dei lavori con il compito di eseguire i lavori nel rispetto delle indicazioni fornite; la Squadra delle relazioni che ha il compito di instaurare relazioni con gli inquilini, provvedendo ad informarli su qualsiasi aspetto inerente all’intervento che interessa il loro edificio ed il loro alloggio: queste due squadre devono essere sempre a stretto contatto e soprattutto devono essere in rapporto costante con la committenza. Mentre in Francia queste due Squadre sono sempre presenti nei cantieri di riqualificazione in Italia non esiste una Squadra delle relazioni e ciò provoca spesso incomprensioni e tensioni tra il committente pubblico e gli inquilini; sarebbe necessario, invece, che questo tipo di Squadra fosse ben reperibile e visibile da tutti gli abitanti. 8 Per quanto riguarda la situazione italiana, ed in particolare Milanese, vedasi Cap.3, prf. 3.10: Dalla teoria alla prassi alcune ipotesi in atto a Milano per la gestione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica. 27 Un programma di riqualificazione può avere risultati positivi solo se si instaura un buon rapporto tra abitanti e impresa fornitrice di servizi. In che modo è possibile creare questo rapporto? Attraverso due tipi di squadre: Squadra dei lavori e Squadra delle relazioni CAPITOLO PRIMO 1.6 La sperimentazione su di un edificio/alloggio pilota Un altro strumento efficace di comunicazione con gli utenti è la sperimentazione dei lavori da svolgere su di un edificio/alloggio pilota. E’ una fase molto importante poiché gli abitanti verificano per la prima volta direttamente e concretamente la qualità e la consistenza dell’intervento progettato e la committenza mette in gioco la tutta la credibilità professionale. Questa fase è sicuramente utile sia per verificare la fattibilità delle opere da attuare sia come strumento di comunicazione verso gli utenti. Con i Contratti di Quartiere non si parla ancora di sperimentazione su di un edificio test, ma di metodologie di controllo della qualità del progetto e della possibilità di realizzare simulazioni degli spazi abitativi in scala reale tramite l’utilizzo delle strumentazioni del Laboratorio tipologico del Cer. Queste verifiche sono infatti necessarie per controllare e verificare alcuni aspetti dell’intervento di riqualificazione sia in fase preventiva, sia in corso d’opera che ad intervento ultimato. Questo è sicuramente un aspetto molto interessante poiché tali sperimentazioni si dovrebbero tradurre in criteri-guida per la progettazione, in aggiornamenti della normativa tecnica in materia di edilizia residenziale pubblica e in metodi di controllo e verifica della progettazione. 1.7 La valutazione delle operazioni nei programmi di riqualificazione La valutazione delle operazioni condotte in un programma di riqualificazione è uno strumento di controllo degli operatori sui risultati raggiunti ma, soprattutto deve essere uno strumento di pilotaggio per le operazioni future. Tutto ciò permette agli operatori, durante l’operazione di riqualificazione di anticipare i problemi e di modificare, se necessario, il modo di condurre l’operazione e, alla fine dell’operazione, di trarre insegnamenti e di capitalizzare le esperienze per migliorare il metodo di azione. La valutazione non deve essere associata solo all’operazione di riqualificazione e alla sua conclusione ma deve essere attuata anche dopo alcuni anni dalla conclusione del processo di riqualificazione per capire quali sono i cambiamenti avvenuti e se gli abitanti hanno apprezzato positivamente o negativamente i mutamenti apportati dalla riqualificazione. 28 La valutazione In quali fasi deve essere applicata? CAPITOLO PRIMO 1.8 Il sistema di gestione Come più volte accennato, il degrado degli edifici non dipende solo dalla qualità della loro costruzione, ma anche dal modo di gestione del patrimonio e del rapporto tra organismo di gestione e gli abitanti. In Italia non esiste un vero programma di gestione, anche se i Contratti di Quartiere contemplano la necessità di organizzare gruppi di abitanti da inserire in programmi di lavoro per la manutenzione del quartiere. Ciò permette di rendere partecipi gli abitanti alla gestione del quartiere, di responsabilizzarli e di farli sentire parte integrante del loro habitat. L’organo di gestione deve, da parte sua, istituire un sistema di raccolta e di trattamento dei reclami degli abitanti in modo da impedire l’evoluzione dei problemi, da risolverli rapidamente e da dimostrare agli abitanti stessi che gli organi di gestione si preoccupano delle loro difficoltà e delle loro problematiche. La raccolta e l’analisi dei reclami degli abitanti permette di creare un programma di gestione e manutenzione. Questa raccolta potrebbe avvenire, come accade in Francia, attraverso la creazione di veri e propri sportelli situati nei quartieri a cui gli abitanti possono rivolgersi per spiegare le loro problematiche. Spesso gli organi di gestione si confrontano con un ambiente in cui le difficoltà economiche e sociali degli abitanti sono molto accentuate. Proprio per questo motivo devono sviluppare la collaborazione molto stretta con organismi sociali contribuendo al sostenimento delle loro iniziative per favorire la nascita di dinamiche sociali. 29 Perché un sistema di gestione sia efficiente è necessario istituire in sistema di raccolta e trattamento dei reclami degli abitanti. CAPITOLO PRIMO 1.9 I finanziamenti E’ indispensabile che il responsabile dei finanziamenti partecipi alla programmazione del processo di riqualificazione in modo che siano esaminate simultaneamente le azioni da intraprendere e le modalità di finanziamento. In questo modo si possono indicare quali sono le azioni che non possono essere realizzate, affinché si ricerchino soluzioni diverse. La collaborazione tra i programmatori del processo di riqualificazione e il responsabile dei finanziamenti permette di stabilire i finanziamenti necessari per il piano di recupero. Ciò dà la possibilità di negoziare con altri possibili finanziatori dell’operazione (promotori commerciali e sociali, associazioni, imprese private..). Un altro aspetto da non sottovalutare è il probabile l’aumento del canone di affitto come conseguenza del processo di riqualificazione, fatto che provoca spesso ribellione da parte degli abitanti. E’ necessario, quindi, organizzare degli incontri con gli utenti in modo da conoscere il loro grado di solvibilità e programmare il tipo di sovvenzione o finanziamento che è possibile concedere. Nel caso in cui le sovvenzioni non fossero adeguate alle necessità di alcuni utenti (disoccupati, immigrati senza un’occupazione fissa, giovani madri...) si potrebbero inserire gli stessi abitanti in servizi ed attività utili alla collettività in modo da creare delle opportunità di lavoro. Questa problematica è stata affrontata in tutti i Contratti di Quartiere analizzati. Infatti, uno dei punti fondamentali da affrontare, secondo il Bando di Concorso, era proprio quello dell’occupazione attraverso l’avviamento di percorsi formativi e professionali da ritagliare sulle caratteristiche dei disoccupati del quartiere di riferimento. Si sono così sviluppati, programmi di formazione per l’automanutenzione del quartiere e per il servizio della persona (attraverso l’accompagnamento e cura delle persone bisognose). 30 Il responsabile dei finanziamenti deve partecipare alla programmazione del processo di riqualificazione. CAPITOLO PRIMO Quadro di sintesi delle linee- guida procedurali Deve - IL PROGRAMMA DI RIQUALIFICAZIONE - Deve 1. LA DIAGNOSI 2. IL PRE-PROGETTO 3. IL PROGETTO - Deve Deve Essere sempre redatto Contemplare la partecipazione degli abitanti e degli attori coinvolti - Essere redatto sulla base delle osservazioni fatte sul pre-progetto Essere spigato agli abitanti ed agli attori coinvolti Essere pubblicizzato - - Garantire la presenza costante di squadre di lavoro e di relazione tra committente e abitanti - Fungere da controllo dei risultati raggiunti Essere strumento di pilotaggio per operazioni future Permettere di capire i cambiamenti avvenuti Deve Deve 5. LA VALUTAZIONE - 6. IL SISTEMA DI GESTIONE Focalizzare l’attenzione su problematiche diverse Identificare le problematiche del sito e le sue potenzialità - - 4. LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO Coinvolgere operatori con competenze diverse Attrarre finanziamenti da più fonti Coinvolgere gli abitanti Deve Raccogliere ed analizzare i reclami degli abitanti per creare un programma di gestione. 31 CAPITOLO PRIMO 1.10 Linee - guida progettuali Premessa Se la maggiore o minore efficacia del processo di riqualificazione dipende in larga misura dal tipo di procedure adottate, una responsabilità non secondaria riveste tuttavia anche il progetto “spaziale”. In questa seconda parte si cercherà quindi di mettere a punto alcune linee-guida progettuali che assumono come riferimento le problematiche dei quartieri di edilizia residenziale pubblica degradati (come il San Siro) con particolare attenzione per l’attuale modificarsi di modelli fruitivi nel campo dell’abitare. Come bisogna intervenire sul contesto e sugli edifici tenendo in considerazione la nuova domanda abitativa e i nuovi modi di vita? Come rivitalizzare i quartieri degradati, come il quartiere San Siro, ormai “ghetto” per anziani ed immigrati? Quali sono i modelli abitativi che possono permettere la rivitalizzazione? Quali le metodologie di progetto? Attraverso schemi progettuali ed esempi di progetti di riqualificazione e di nuova costruzione destinati in prevalenza ad utenze “deboli” ho cercato di trovare alcune risposte a queste domande. 32 CAPITOLO PRIMO 1.10.1 Il disagio abitativo nei quartieri monofunzionali9 I quartieri di edilizia pubblica, spesso identificati da una condizione di marginalità, sono per lo stato patologico in cui riversano l’oggetto privilegiato di azioni di recupero integrate.10 All’adeguatezza delle dotazioni di servizio, tipiche per gli alloggi ultrapopolari costruiti nel dopoguerra, si sommano problemi ben più complessi innescati principalmente dal divario tra le esigenze della domanda e le prestazioni dell’offerta. La condizione abitativa delle persone anziane, in molti casi segregate all’interno di alloggi diventati troppo grandi, fenomeni come la prolungata permanenza dei giovani nell’abitazione famigliare, le convivenze forzate, il problema della casa di gruppi sociali nuovi come immigrati rivelano l’incapacità delle tipologie esistenti a rispondere a comportamenti così complessi.11 Il disagio abitativo a livello urbano e tipologico indotto strutturalmente dall’obsolescenza dei modelli proposti dall’edilizia residenziale di massa viene ad aggravarsi per una serie di fenomeni a catena: degrado fisico e degrado sociale. In particolare la scarsa manutenzione degli spazi aperti, la totale assenza di interventi per renderli gradevoli e vivi, la mancanza di luoghi di aggregazione per l’assenza delle più elementari dotazioni di servizi, la presenza diffusa di barriere architettoniche 12 e lo stato di abbandono di cantine e solai, connotano un’immagine dei quartieri dove agli aspetti di degrado fisico si sommano quelli di desocializzazione e segregazione degli abitanti. La mancata attuazione nel tempo di interventi di recupero ed adeguamenti impiantistici ha provocato una duplice conseguenza: un insoddisfacente utilizzo degli alloggi e l’impossibilità di realizzare un ricambio generazionale della popolazione dei quartieri, che tendono da un lato a diventare ghetto per anziani e dall’altro a essere interessati da 9 L’unica funzione prevista è la residenza Si fa riferimento ai programmi di recupero attivati dai Contratti di Quartiere analizzati nel capitolo 3, La riqualificazione dei quartieri pubblici degradati nel contesto lombardo/milanese: procedure, soluzioni tecnico/operative, risultati. 11 Ved. Allegato 1, I mutamenti socio demografici ed Allegato 2, Analisi di un quartiere di edilizia economica e popolare: il San Siro. 12 Non solo per la mancanza di ascensori, ma anche per barriere ai piani terra, considerando che spesso la quota d’ingresso è a 70 cm. 10 33 Il disagio abitativo nei quartieri monofunzionali è determinato sia dal degrado fisico che dal degrado sociale. Che cosa ha provocato la mancata attuazione nel tempo di interventi di recupero? CAPITOLO PRIMO fenomeni di abusivismo13 . Il deperimento progressivo delle strutture fisiche degli edifici e la progressiva perdita di capacità degli alloggi per la mancata risposta alle esigenze attuali spingono i cittadini a medio reddito verso zone migliori, rafforzando per contro il flusso in senso inverso di una crescente domanda di alloggi senza pretese alimentata dai numerosi immigrati che vivono in condizioni di difficoltà economica e che trovano nei quartieri degradati la risposta al bisogno di casa che il Comune non ha ancora saputo offrire. L’onda d’urto delle assegnazioni di emergenza adottata dal bando generale, che attinge secondo la logica della graduatoria immettendo nuclei familiari appartenenti alle fasce più disagiate economicamente, non migliora la situazione già di per sé precaria. Sarebbe forse opportuno almeno in queste situazioni esporre un quadro di selezione che consenta l’immissione e la compresenza di tutte quelle pluralità di soggetti14 necessari a consolidare l’efficacia di un intervento di recupero integrato e a contrastare il processo di “polarizzazione” in atto ormai in molti quartieri di edilizia residenziale pubblica. La realtà di molti quartieri popolari è infatti quella di un tessuto sociale spesso troppo omogeneo, situazione che potrebbe definire come soluzione di progetto l’integrazione tra componenti diversi per fasce di età e per tipologia. Nuove coppie di giovani e di bambini rappresentano uno spaccato significativo delle speranze di risanamento dell’ambiente e di animazione del territorio. L’arrivo di famiglie di nuova formazione potrebbe favorire il ritorno dei giochi dei ragazzi nei cortili, attualmente definiti come terra di nessuno. Una animazione che avrebbe bisogno di spazi e di strutture adeguate, attualmente quasi sempre assenti. Abitare significa incontrare altre persone oltre al proprio nucleo familiare spesso costituito da un solo individuo, parlarsi comunicare, vivere per svolgere attività in comune. Abitare anche le aree all’aperto e gli spazi comuni è il presupposto per attivare i primi interventi di recupero, spazi che dovrebbero diventare la naturale prosecuzione dei singoli alloggi abitativi a livello individuale per diventare relazioni di vicinato. E’ necessario, a questo punto, avviare alcune considerazioni sui requisiti e le prestazioni che le nuove abitazioni dovrebbero avere e sulle esigenze dell’utenza da insediare. 13 Ved. allegato 2, “Analisi di un quartiere di edilizia economica e popolare: il San Siro”. 14 Assegnazioni multigenerazionali, tali da attenuare il fenomeno dell’invecchiamento che interessa i quartieri. 34 CAPITOLO PRIMO 1.11Le categorie dello spazio residenziale Nella progettazione della residenza, per la definizione delle differenti caratteristiche prestazionali, è necessario riferirsi alle riflessioni sui comportamenti dell’utenza e sulle modificazioni dell’assetto familiare. Variazioni sul significato sociale ed individuale che hanno inciso sul modo d’uso della casa15 . Il considerare aspetti comportamentali definiti in modo diverso per ogni individuo implica un capovolgimento della concezione della residenza, non più intesa come un insieme di spazi caratterizzati ognuno dalla propria funzione, ma come sistema dinamico suddivisibile in aree funzionali capaci di differenti modalità di integrazione reciproca. L’organismo edilizio che ne risulta è l’insieme di spazi abitativi privati fruibili da singoli nuclei d’utenza uniti tra loro da altri spazi, definiti di transizione, di fruizione collettiva o semiprivata, infrastrutture ed attrezzature presenti a livello del sistema urbano o all’interno dell’edificio stesso. L’alloggio è invece quell’insieme di spazi privati all’interno dei quali si svolge la vita di nucleo, a sua volta costituito da più ambiti spaziali intesi quali porzioni di spazio destinati a un utente specifico. All’interno di un generico alloggio si individuano tre specifiche unità spaziali: collettiva, individuale e di servizio che racchiudono nella loro definizione di spazio aspetti quantitativi e qualitativi, la dimensione e il tipo di funzione.16 Compito del progettista è organizzare le diverse componenti dell’abitazione all’interno di un progetto che tenga conto delle aspettative particolari dei diversi segmenti d’utenza. 15 M. Losasso, La casa che cambia, Clean Edizioni, Napoli, 1997. Ambito collettivo: usufruibile da tutto il nucleo, sede di funzioni diverse Ambito individuale: luogo delle attività personali Ambito di servizio: fruibile da tutto il nucleo familiare 16 35 La nuova concezione della residenza L’organismo edilizio L’alloggio CAPITOLO PRIMO 1.11.1 Il sistema urbano ed edilizio La qualità abitativa a livello urbano è definita spazialmente dal contatto tra casa e terreno e presuppone un tessuto connettivo capace di vitalizzare, oltre che di disimpegnare, spazi pubblici e spazi privati e di promuovere un sistema di relazioni umane socializzanti17 . L’impossibilità di stabilire in molti contesti degradati un rapporto equilibrato tra le esigenze della vita privata e della vita pubblica riduce il significato della casa a quello di luogo/rifugio, in cui la famiglia è protetta ed isolata. Si sta delineando, nella città contemporanea, un nuovo senso dell’abitare largamente proiettato verso l’esterno dell’abitazione ed integrato alla vita sociale. Di qui nasce l’esigenza di ripensare agli ambiti collettivi dell’abitare e le loro relazioni con gli ambiti privati (l’alloggio). Ambienti esterni quali luoghi sociali polifunzionali, servizi sociali all’interno dell’organismo edilizio come luoghi comuni della residenza con destinazioni d’uso specifiche, sono soluzioni facilmente realizzabili con il disegno di uno spazio apposito all’aperto o al chiuso variamente articolato e flessibile, aperto a molti usi. Bisogna considerare le condizioni e la frequenza dei contatti interpersonali che si verificano nei percorsi comuni nelle aree di sosta degli spazi esterni e tutte le caratteristiche dell’edificio, creando soluzioni che evitino in un unico fabbricato alloggi dello stesso taglio o contatti fra utenze con caratteristiche poco compatibili che potrebbero entrare in conflitto tra di loro. Il desiderio è quello di creare nello spazio costruito, non solo attrezzature comuni ed un uso degli alloggi differenziato, ma un tessuto di relazioni organiche tra sistema urbano pubblico e sistema tipologico privato. Rispetto all’alloggio una soluzione potrebbe essere quella di personalizzare gli accessi agli alloggi privilegiando collegamenti più diretti possibile al suolo introducendo spazi filtro tra ambito pubblico e privato. Sarebbe 17 La progettazione di percorsi obbligati, spazi di diversa fruizione alla scala urbana e servizi collettivi di quartiere permettono di delineare un’abitare più complesso di relazioni dove le diverse funzioni si mischiano. 36 Si sta delineando un nuovo senso dell’abitare proiettato verso l’esterno dell’abitazione integrato alla vita sociale CAPITOLO PRIMO molto valido poter dotare le aree circostanti e gli edifici di quelle attrezzature che servono a un buon numero di famiglie18 , che diano la possibilità di incontrarsi, di parlare insieme, di confondere le fasce generazionali. Gli spazi verdi fronteggianti le zone giorno degli appartamenti19 , opportunamente attrezzate, danno la possibilità ai bambini di muoversi liberamente pur sotto il controllo dei genitori. 1.11.2 L’alloggio Nel rapporto tra l’abitante e la propria casa si registrano nuove tendenze nelle modalità di organizzazione e funzione degli spazi. Non esiste più una concezione dell’alloggio come distinzione tra zona giorno e zona notte ed emerge invece una concezione più integrata degli spazi. Oggi la tendenza è un ambiente domestico senza una chiara distinzione funzionale degli ambienti, una configurazione mista che integri in uno stesso luogo più funzioni. Purtroppo le indicazioni normative - nel nostro Paese in particolare - continuano in molti casi ad ostacolare questo processo di innovazione. Attività un tempo svolte in altro luogo e modo trovano spazio nel nuovo modello abitativo, che è chiamato per l’emergere di nuovi stili di vita a rispondere a requisiti più complessi, come l’introduzione del lavoro a casa, l’intromissione di nuove tecnologie elettroniche ed informatiche, l’introduzione di nuovi vani per il tempo libero, etc. Nella programmazione e progettazione degli alloggi non devono essere ignorate le fasi evolutive che accompagnano la vita temporale della famiglia. Alcune scelte progettuali, come la suddivisione meno rigorosa degli ambienti e la loro polifunzionalità, l’eliminazione degli spazi non fruibili come l’ingresso, l’anticucina, l’antibagno, corridoi a vantaggio invece della creazione bagni supplementari20 , hanno come risultato una casa in cui il valore non è più quello di contenitore, ma di spazio espressivo di uno specifico fruitore. 18 I servizi al piano diventano soluzioni interessanti non solo perché danno la possibilità di avere spazi privati più ampi, ma anche perché permettono agli utenti di uno stesso edificio di intrecciare rapporti di vicinato. 19 Dotare gli alloggi al piano terra di pertinenze esterne è proposta interessante sia per connotare lo spazio abitativo di un requisito qualitativo nuovo, che per risolvere il problema degli spazi aperti pubblici spesso abbandonati e soggetti a poca manutenzione. 20 Non solo doppi servizi igienici, ma anche la possibilità di utilizzare l’unico servizio da più persone contemporaneamente per esempio dividendo il servizio in due parti indipendenti. 37 La despecializzazione degli spazi CAPITOLO PRIMO Le indicazioni sotto riportate riflettono, a carattere generale, le trasformazioni che hanno subito i tradizionali spazi dell’alloggio a seguito delle nuove esigenze; sono il risultato di alcuni studi21 condotti sul comportamento dell’utenza e possono costituire validi suggerimenti prestazionali da considerare in sede di progetto. 1. Ambito collettivo Corrispondendo generalmente al locale più ampio dell’alloggio, viene codificato come spazio polifunzionale e utilizzato per uno svariato numero di funzioni anche molto diverse tra loro. Si connota inoltre come ambiente di sussidio per lo svolgimento delle attività, che per la mancanza di spazio e vani, non riescono a trovare collocazione negli ambienti ad esse destinati. 2. Ambito individuale • Camera dei genitori: per tipo di fruitore stabile negli anni è il locale dell’alloggio meno soggetto a trasformazioni. E’ uno spazio preposto oltre ad assolvere le funzioni primarie, a contenere attività personali. • Camera dei figli: lo spazio di questo locale viene utilizzato per una moltitudine di attività diverse tra loro: lo studio, il gioco, il dormire, il vestirsi. E’ opportuno quindi prevedere attrezzature per la notte e per il giorno con precise connotazioni, distribuendole in modo da creare zone relativamente distinte. Le possibilità progettuali di risolvere questo spazio sono strettamente legate ad alcuni parametri relativi ai suoi fruitori, il numero, l’età, il sesso. Lo stato di convivenza produce evasioni in altri locali dell’alloggio e all’opposto gli utenti che dispongono di uno spazio personale concentrano in esso tutte le attività. I figli più grandi fanno richiesta di spazi autonomi dai genitori, i piccoli necessitano di un controllo costante. Ad esempio, sia nel caso di due utenti che condividono una stanza che nel caso di un singolo utente, è giusto prevedere una parete 21 R. Scaioli, Recupero funzionale nell’edilizia recente. Prime annotazioni sulle tipologie abitative contemporanee, in Recuperare edilizia e design impianti, n.6, 1983. Pag.197. Regione Emilia Romagna, Gente, famiglie, case, trasformazioni sociali e demografiche e nuove esigenze abitative, Franco Angeli, Milano 1982. 38 1. Ambito collettivo 2. Ambito individuale CAPITOLO PRIMO di divisione mobile22 al fine di dividere il locale, soprattutto se i ragazzi sono già grandi o di sesso opposto. Articolare in zone lo spazio dei figli così da consentire lo svolgimento corretto, a volte privato, a volte semipubblico di funzioni diurne appare la scelta ideale poiché il risultato è un ambito polifunzionale articolato in notte e giorno flessibile all’uso con la possibilità che i letti possano essere separati tra loro e dove l’area giorno sia in qualche modo aggregabile al connettivo familiare. 3. Ambito dei servizi • Cucina: l’eliminazione dal soggiorno del tavolo da pranzo per ragioni di migliore utilizzazione connota lo spazio cucina della nuova funzione. La modalità di consumo dei pasti rispecchiano le differenze dei fruitori (condizioni professionali e struttura familiare) imponendo all’organizzazione dello spazio cucina diverse connotazioni: spazio strettamente necessario alla funzione primaria, integrabile all’ambiente soggiorno o luogo di interrelazione della vita domestica. • Servizi igienici: l’utilizzo di pareti attrezzate prefabbricate23 o la possibilità di suddividere un unico spazio in due, sono accorgimenti che se tenuti in considerazione in sede di progetto possono qualificare il tipo di fruizione. • Ingressi: emerge il rifiuto per uno spazio di ingresso definito come locale indipendente e delimitato da divisori fissi. Si comincia a riconoscere l’inutilità di uno spazio funzionale poco definibile e comunque non vivibile, considerazioni che portano ad unificare in un unico spazio i due momenti del ricevere e dell’intrattenere. • Percorsi di distribuzione: è uno spazio minimo che ogni individuo deve percorrere nella propria abitazione nello svolgimento delle attività abituali. Potrebbe essere riconsiderato al fine di limitare i movimenti al necessario e ridefinito come spazio estremamente flessibile nel suo aspetto costruttivo proprio in relazione al fatto che definisce i collegamenti tra i diversi spazi dell’alloggio e tra gli alloggi di uno stesso edificio. • Servizi collettivi: si intravedono nuove concezioni dell’abitare che valorizzano i servizi di vicinato prossimi alla residenza. Servizi di stabile con funzioni specifiche 22 Si privilegiano soluzioni temporanee e non tradizionali proprio perché l’utente è in evoluzione. 23 Le soluzioni di pareti prefabbricate permettono una flessibilità a lungo termine. Risulta utile per gli alloggi di dimensioni elevate dove la predisposizione in fase di progetto di pareti contenenti impianti tecnici garantisce la possibilità di definire una zona indipendente per soddisfare le esigenze di autonomia di un componente della famiglia. 39 3. Ambito dei servizi CAPITOLO PRIMO residenziali, con vani preposti a determinate attività collettive per utenti o famiglie con caratteristiche ed esigenze comuni. Alle considerazioni di ordine generale sugli spazi interni all’alloggio devono essere aggiunte ulteriori riflessioni prestazionali per particolari gruppi di utenza in grado di definire alcuni requisiti specifici. • Giovani coppie con figli: agevolare i lavori domestici all’interno dell’alloggio è una prestazione indispensabile che consente alle giovani madri di conciliare la necessità di una presenza costante accanto al bambino con la conduzione giornaliera della casa. • Coppie di anziani: piccoli appartamenti con dotazione più o meno completa, ma con la distinzione tra soggiorno e camera. • Famiglia di vecchia formazione: i figli ormai grandi richiedono maggiore autonomia e può rivelarsi utile prevedere una camera separata vicino all’ingresso. • Coabitanti: fondamentale è nello sviluppo di queste particolari tipologie, consentire la massima privacy ai rispettivi nuclei, prevedere per esempio più accessi dall’esterno e spazi di servizio autonomi. 40 CAPITOLO PRIMO 1.11.3 Criteri prestazionali per la riqualificazione dei luoghi dell’abitare Le considerazioni sin qui svolte suggeriscono alcuni spunti progettuali per la riqualificazione, tra i quali: • La necessità di creare un equilibrio tra spazi pubblici, semi pubblici e l’ambito privato, sia all’interno dell’alloggio che nel contesto su cui insistono gli edifici.. • La creazione di un rapporto più diretto con il verde, in modo che l’abitazione possa usufruire di zone esterne e di giardini anche collettivi sui quali affacciare; • la dotazione di spazi condominiali comuni per il gioco dei bambini, per le attività sociali, o ricreative; • la possibilità di personalizzare e rendere riconoscibile il proprio alloggio per individuarlo e percepirlo come “unico”. Per quanto riguarda più in particolare l’alloggio è auspicabile la revisione di alcune zone dell’abitazione in modo da: • salvaguardare le esigenze del singolo all’interno del nucleo familiare e quindi di individuare ambienti di fruizione individuale, secondo il desiderio di disporre di uno spazio “tutto per sé” variabile nell’arco della giornata; • ridurre le superfici destinate a disimpegno ed ingresso; • garantire la privacy di alcuni vani quali ad esempio quello letto della coppia; • consentire la pluralità d’uso ad ogni singolo vano, pur garantendo una differente gerarchizzazione degli spazi; • migliorare la qualità e vivibilità degli spazi mediante maggiore luminosità, isolamento acustico, variabilità distributiva. Il tema della flessibilità, deve essere rivisto rispetto alla concezione storica della “pianta libera”, che proponeva modelli abitativi per i quali qualsiasi soluzione e variazione distributiva doveva poter venire attuata, ma deve essere visto in relazione alle reali richieste di variabilità. Per tanto le risposte devono tenere conto dei seguenti concetti: • uso flessibile solamente di alcuni spazi, che non devono venire rigidamente predestinati; • dinamicità dell’alloggio, che deve seguire ed adeguarsi all’evoluzione del nuclei familiari e ai differenti ritmi della vita familiare. 41 Il rapporto tra spazi privati e collettivi L’alloggio Flessibilità CAPITOLO PRIMO Si possono pertanto individuare alcuni livelli sui quali è possibile intervenire con nuovi criteri prestazionali in fase di progetto: 1. ambiente esterno pubblico, in particolare in relazione a: - strada; spazi pubblici. 2. Spazi verdi ad uso condominiale. 3. Destinazione d’uso degli spazi esterni collettivi 4. Rapporto tra edificio e ambiente esterno: - atrio; - gli spazi collettivi. 5. Edificio: caratteristiche tipologiche, morfologiche e funzionali: - destinazioni d’uso miste; - rapporto tra ambienti interni ed esterno; - chiusure esterne: riconoscibilità e personalizzazione; - distribuzione interna delle unità abitative. 42 N.B. Gli schemi sono stati tratti da: Dipartimento dei sistemi edilizi territoriali, Residenze flessibili, Società Edicitre Esculapio, Milano, 1995. CAPITOLO PRIMO 1. Ambiente esterno pubblico - strada - spazi verdi Le soluzioni ottimali per eliminare disturbi , sia di carattere acustico che visivo, implicano interventi sul contesto. Le principali fonti di disturbo sono generalmente legate al traffico, pertanto un’attenta riprogettazione dei percorsi viari, in rapporto ai fronti abitati, consente di rispondere correttamente alle richieste di privacy e di tranquillità. E’ possibile intervenire sia sul tipo di strada in rapporto al flusso di traffico previsto, progettando per esempio differenti corsie separate, sia sulle distanze rispetto agli edifici, sia sugli schermi, preferibilmente costituiti da barriere verdi. E’ fondamentale la gerarchizzazione dei percorsi sia viari che ciclabili che pedonali: è sempre così possibile individuare zone “filtro” che medino e rendano chiaramente percepibili le differenti condizioni, consentendo una graduazione degli spazi pubblici a quelli collettivi e privati Le soluzioni qui a fianco riportate consentono di migliorare le condizioni di isolamento visivo ed inoltre permetto di creare aree a verde che possono essere usufruite dagli abitanti. Queste soluzioni potrebbero essere applicate nel caso del quartiere San Siro ed in particolare sui Viali Aretusa e Mar Ionio (assi che tagliano in due il quartiere) che hanno una sezione piuttosto elevata rispetto al traffico veicolare. Esse infatti sono diventate soprattutto aree di parcheggio di automezzi abbandonati. La possibilità di creare spazi a verde al centro o ai lati della strada creando una gerarchizzazione dei percorsi permetterebbe di rivitalizzare queste aree ormai abbandonate. 43 CAPITOLO PRIMO 2. Spazi verdi condominiale ad uso Nel caso in cui vi sia uno spazio tra due edifici paralleli è necessario riqualificare questo spazio in modo da creare una zona a verde gradevole sul quale affacciare gli ambienti dell’edificio per i quali è prioritaria la condizione di privacy. La riqualificazione del quartiere EtatsUnis a Lione (Edificio progettato da Tony Garnier negli anni ’30) mostra il recupero degli spazi verdi tra edifici paralleli. Lo spazio, infatti pur essendo stretto (come nel caso degli edifici del quartiere San Siro) è stato recuperato in modo da creare un’area semipubblica e protetta dalla strade di percorrenza non definita nelle funzioni ma utilizzabile dagli abitanti per qualsiasi necessità (gioco dei bambini, passeggio…) ed inoltre ben allestito e di piacevole vista dalle abitazioni. Fonte, Le Moniteur Architecture, n°71, 1996. 44 CAPITOLO PRIMO In rapporto alle caratteristiche del piano terreno è possibile individuare degli spazi verdi privati che si collegano direttamente con quelli collettivi. Anche nel caso del San Siro dove la dotazione di verde lo permette si potrebbero creare delle piccole stanze verdi private. Spesso infatti gli stessi abitanti (del piano rialzato) hanno creato delle piccole scale per mettersi in diretto contatto con lo spazio verde esterno. Nel progetto di Box 25 Arkitekter a Vesterbro (1990), oltre alla riqualificazione interna degli edifici sono stati creati dei giardini privati al piano terra, con accesso diretto, soprattutto per utenti anziani. Fonti: Arkitektur Denmark, n°7, 1994, pp. 444. Housing, Etas Libri, Milano, 1997, p.136. 45 CAPITOLO PRIMO 3. Destinazione d’uso degli spazi collettivi esterni Le destinazioni d’uso degli spazi esterni collettivi possono variare sia in rapporto alle dimensioni che alle condizioni climatiche e quindi ai periodi di utilizzazione possibili. In rapporto alla destinazione e al tipo di utenza è necessario creare attrezzature adeguate, per il gioco dei bambini o per il relax, oltre che un rapporto reciproco tra le differenti parti. Anche in questo caso è preferibile individuare dei gradi di flessibilità per adeguare di volta in volta gli spazi alle funzioni richieste. Nel caso del quartiere San Siro gli spazi verdi non hanno nessuna destinazione d’uso e spesso sono diventati luoghi di nessuno (retro degli edifici). Andrebbero quindi ristudiati e trasformati in luoghi sociali polifunzionali. L’intervento qui riportato è un esempio di riqualificazione a Berlino-Neukoln del gruppo Stadtwerkstat Berlin (1995), in cui sono stati creati alloggi per anziani e giovani collegati tra di loro attraverso una passerella collettiva. La piccola corte centrale è diventata così zona di socializzazione tra generazioni diverse. Essa infatti può essere utilizzata per le esigenze differenti: di relax per gli anziani e di divertimento per i giovani. Fonte: Baumeister, n°7, 1996 p.38. 46 CAPITOLO PRIMO Non necessariamente lo spazio verde deve essere posto al piano terreno dell’edificio. In rapporto alle condizioni contestuali e climatiche ed alle funzioni che gli vengono attribuite, può venire collocato anche su terrazze o spazi chiusi a serra oppure i copertura (vedasi tesi arch. Mara Beretta) o in adiacenza a spazi condominiali comuni. 4. Rapporto tra edificio e ambiente esterno - L’atrio E’ necessario creare un atrio d’ingresso controllato come spazio semi-pubblico, ossia come elemento di raccordo tra il pubblico (la strada) ed il privato (l’abitazione) che può assumere anche funzioni integrate diventando una sorta di piazza interna distribuendo oltre gli alloggi, locali comuni al piano terra. Nel quartiere San Siro non esistono atri e non esiste più, soprattutto, l’elemento portineria. Questo provoca tra gli abitanti un diffuso senso di insicurezza. La creazione di atri controllati permetterebbe di risolvere questo problema. L’atrio potrebbe diventare anche il punto di raccordo tra gli spazi pubblici e gli spazi a verde condominiale. 47 CAPITOLO PRIMO - Gli spazi collettivi Gli spazi collettivi, in rapporto all’uso per i quali sono destinati o alla flessibilità che viene ad essi attribuita, possono essere collocati in differenti porzioni dell'edificio. Possono essere in rapporto diretto con il verde e la città e quindi al piano terra, ma possono essere posti ai piani intermedi, in copertura o occupare porzioni di connettivo. In quest’ultimo caso è bene che comunque risultino illuminati naturalmente. Sulla base della necessità di attuare una riqualificazione multigenerazionale in un quartiere come il San Siro (ormai per la maggior parte popolato da anziani) la creazione di servizi (sia collettivi che dedicati a particolari utenze) diventa una soluzione interessante perché può dare la possibilità di intrecciare rapporti di vicinato tra generazioni diverse. Essenziale è la flessibilità che deve consentire variazioni sia in rapporto all’uso che alla geometria e alla dimensione dello spazio. Posizionare ambienti comuni ai piani intermedi in rapporto diretto con gli alloggi ed il connettivo ne garantisce un uso più frequente in alternativa anche privato; anche se per contro può complicare gli aspetti di gestione e controllo. La flessibilità richiede sia tipi di chiusure mobili o schermi, che delimitano lo spazio in modi differenti, sia contenitori o ripostigli per riporre strumenti e arredi quando questi non siano in uso. (Di spazi collettivi parlerò più approfonditamente nei prossimi paragrafi destinati ad esempi di residenze per utenze “deboli”). 48 CAPITOLO PRIMO 5. Edificio: caratteristiche tipologiche, morfologiche e funzionali - Destinazioni d’uso miste dell’edificio La monofunzionalità dei quartieri di edilizia residenziale pubblica trasmette la necessità di inserire nuove funzioni all’interno degli edifici (quali ad esempio commerciale, uffici, associazioni). Una sovrapposizione delle residenza ad altre funzioni per le quali è richiesto un minor grado di privacy consente di allontanarla dalle fonti di disturbo. Vedremo nel Cap. 2 come, in alcuni casi francesi di riqualificazione, (Le Minguette ad esempio) l’introduzione di nuove attività ha reso possibile una rivitalizzazione dei quartieri. - Rapporto tra ambiente esterno e spazi interni Il rapporto tra spazio esterno e ambienti interni è fondamentale per la definizione delle attività che possono essere svolte. Queste sono legate soprattutto al relax, alla conversazione e al pranzo nella bella stagione. Le logge o i balconi quasi sempre presenti negli edifici di edilizia residenziale pubblica, possono diventare veri e propri vani prevedendo delle chiusure mobili o delle serre. Nel quartiere San Siro gli stessi utenti, spesso, hanno provveduto a chiudere le logge attraverso vetri e tende per aumentare il loro spazio soggiorno. Perché allora non considerare la possibilità di attuare una riqualificazione di questi ambiti per migliorare la vivibilità degli spazi interni. Ciò permetterebbe (se le logge sono esposte in modo idoneo) anche di migliorare le condizioni climatiche degli alloggi. Serramenti temporanei (impachettabili, sorrevoli o asportabili) consentono di definire degli ambienti utilizzabili in condizioni invernali, quali ampliamenti dei vani interni oppure serre; schermi fissi opportunamente orientabili possono consentire l’uso 49 CAPITOLO PRIMO della loggia in condizioni espositive particolari (irraggiamento solare, venti, fenomeni di introspezione). Spesso se vi è la distanza necessaria tra gli edifici, le verande possono essere create come nei casi sotto descritti. L’intervento di Boje Ludgaard e Lene Tranberg a Vesterbro – Danimarca (1990), ha seguito un approccio teso al miglioramento tra interno-esterno delle singole unità abitative in relazione all’orientamento. E’ stata creata una facciata in vetro sudovest che crea una veranda come proseguimento della zona soggiorno e che permette di captare calore durante la giornata e di fornire un’integrazione di energia termica solare. Fonti: Arkitektur Denmark, n°7, 1994, pp. 440-441. Baumeister, n°10, 1996, pp.38-41 Housing, Etas Libri, Milano, 1997, p.136. 50 CAPITOLO PRIMO Nel progetto di Tegnestuen DOMUS ApS, a Oldermandsgarden (1990) vengono create delle verande attraverso la creazione di volumi aggiunti. Fonti: Arkitektur Denmark, n°7, 1994, pp. 442-443. Housing, Etas Libri, Milano, 1997, p.136. 51 CAPITOLO PRIMO La chiusura di logge può essere utile anche per la riduzione dell’incidenza dei disturbi acustici e visivi adottando schermi fissi o mobili oppure vetri non trasparenti. L’intervento principale, dell’esempio qui riportato (Edificio Le Grand Borde a Losanna progettato da Atelier Cube1989/’92), è stata infatti la chiusura dei balconi (che prospettavano su di una strada piuttosto trafficata) che vengono trasformati in verande spaziose migliorando l’isolamento acustico. Con questo intervento è stata aumentata anche la superficie dell’alloggio ed in particolare degli spazi soggiorno. La chiusura dei balconi è stata realizzata in pannelli prefabbricati in alluminio ondulato e fibra di cemento. Le verande sono in alluminio e vetro. Fonte, Baumeister, novembre 1993, pp.20-24. 52 CAPITOLO PRIMO -Chiusure riconoscibilità e personalizzazione esterne: Nel momento in cui si intende intervenire con delle variabili sull’involucro dell’edificio è necessario individuare quali elementi è possibile applicare e quali la gamma di soluzioni compatibili. Le logge o comunque gli spazi esterni privati possono venire schermati in modo differenti Le chiusure esterne verticali possono venire ripensate con sporti diversi, estensioni del soggiorno, serre, logge. Per ognuno di questi elementi possono essere individuate gamme di variabili che combinate anche in base alle variazioni tipologiche interne, contribuiscono a definire condizioni di riconoscibilità ricercate dagli utenti. Gli stessi ingressi possono essere resi riconoscibili con la creazione di bussole con l’uso di materiali di rivestimento diversi o con i colori. Nel progetto di Druenne a Le MansFrancia (1980) è stata creata una doppia facciata per ampliare la superficie degli alloggi e sono stati creati dei nuovi ingressi con forme e colori differenti per dare maggior riconoscibilità ad edifici tutti uguali e monotoni. Fonte: Techniques & Architecture, n°348, 1983, p.96. 53 CAPITOLO PRIMO Questo edificio residenziale progettato da due giovani architetti austriaci, Dieter Henke e Marta Schreieck (1994), in un distretto suburbano di Vienna, mostra la possibilità di variare la facciata attraverso l’utilizzo di alte imposte mobili in acciaio. L’aspetto della facciata muta in continuazione in relazione all’uso flessibile delle imposte scorrevoli, filtro tra spazio pubblico della strada e quello privato dell’alloggio, come tenda o come schermo frangi-sole, permettendo agli utenti di adattare la struttura esterna alle loro esigenze personali. Quando le imposte scorrevoli sono chiuse la facciata assume un aspetto lineare, quando sono aperte, rivelano la presenza della loggia a doppia altezza e dei balconi trasparenti che la occupano alternativamente. Fonte: L.E. Malighetti, Progettare la flessibilità. Tipologie e tecnologie per la residenza, Clup, Milano, 2000. 54 CAPITOLO PRIMO - Distribuzione interna delle unità tipologiche e abitative Uno dei grossi problemi dei quartieri di edilizia residenziale pubblica è infatti la monotonia degli edifici dettata anche dalla poca varietà tipologica. L’abbinamento di gamme di alloggi differenti, oltre a soddisfare maggiormente le scelte degli utenti, consente di rendere riconoscibili anche dall’esterno le diverse tipologie di cellule. Lo schizzo qua a lato non può essere in realtà il risultato di un progetto di riqualificazione poiché forse un po’ troppo distruttivo ma serve per far capire quali sono le possibili varianti che potrebbero rendere riconoscibili gli edifici agli abitanti. 55 CAPITOLO PRIMO 1.11.4 L’alloggio e le sue funzioni In relazione ai differenti modi di vita e all’evoluzione dei nuclei familiari variano sia la distribuzione dell’alloggio che l’uso del singolo vano: • Il privilegio del singolo all’interno del nucleo familiare comporta individuazione di molteplici spazi individuali, personalizzabili, che devono poter essere aggregati o disaggregati in rapporto alle differenti necessità; • La necessità di individuare configurazioni variabili nel tempo che seguano il divenire della famiglia comporta la formulazione di un alloggio “dinamico”, secondo differenti gradi di flessibilità; • L’analisi dei rapporti tra pubblico e privato, singolo e collettivo comporta delle riflessioni sui differenti usi che un medesimo ambiente deve garantire, sia in rapporto a specifiche richieste di privacy, sia in relazione ai differenti ritmi della vita familiare, sia all’opportunità di riconcettualizzare l’alloggio in rapporto all’individuazione di “fasce” alle quali far corrispondere richieste di prestazioni specifiche. • La richiesta di maggior autonomia da parte di singoli, in rapporto a coabitazioni tra individui adulti, comporta l’individuazione di localizzazioni precise di alcuni vani all’interno dell’alloggio: il rapporto con l’ingresso o la previsione di più porte di collegamento con il connettivo comune garantisce, ad esempio, l’autonomia richiesta. • L’introduzione di alcune forme di lavoro in ambito domestico, le nuove attività, gli hobbies, richiedono spazi variabili. In questa sezione vengono affrontati alcuni temi per la definizione degli spazi all’interno delle abitazioni: 1. l’alloggio come sequenza di fasce; 2. la richiesta di autonomia; 3. la variazione degli ambiti collettivi; 4. gli ambiti collettivi: - il soggiorno; - la cucina. 56 CAPITOLO PRIMO 1. L’alloggio come sequenza di “fasce” L’interpretazione dell’alloggio come sequenza di fasce definite rispetto al grado di “intimità” e/o “collettività” consente di meglio salvaguardare le esigenze dei singoli nell’ambito del gruppo. Le soluzioni tecnologiche da adottare per la definizione degli involucri che delimitano e contengono tali spazi devono tenere conto sia delle esigenze di privacy e quindi garantire adeguati livelli di isolamento acustico, sia di variabilità in rapporto agli usi differenti per le zone collettive, così come si approfondirà nella sezione dedicata alla flessibilità. Nel momento in cui si prevedono delle cellule il cui uso non è ipotizzabile in sede di progetto, ma per le quali si determina una destinazione singola, è necessario definire attentamente le caratteristiche delle frontiere che dividono i differenti spazi, per garantire comunque lo svolgimento di attività tra loro incompatibili, senza che avvengano interferenze o fenomeni di disturbo reciproco. 2.Variazione collettivi degli ambiti All’interno dello spazio collettivo è possibile ritagliare degli ambiti singoli, variabili in rapporto a differenti richieste d’uso, definiti e delimitati mediante schermi (ante mobili, paraventi). Questa richiesta di variabilità introduce il concetto della flessibilità d’uso. Viene in questo caso evidenziata la reciproca permeabilità degli spazi che variano dimensionalmente in rapporto alle differenti attività che vi vengono svolte, ossia in rapporto all’uso, possono diventare delle cellule singole, piuttosto che confluire negli spazi collettivi o assumere un ruolo intermedio. 57 CAPITOLO PRIMO 3. La richiesta di autonomia La richiesta di autonomia del singolo all’interno del gruppo determina la necessità di isolare alcuni ambienti dell’alloggio, opportunamente collocati, che comunque devono mantenere un collegamento diretto con gli altri spazi. In questo esempio il concetto sviluppato è quello di abbinare due alloggi minimi indipendenti, che condividono alcuni spazi (quelli di servizio e il soggiorno). La destinazione è prevista per utenti particolari, che non costituiscono una famiglia, ma che, per esigenze particolari, si trovano a dover abitare insieme. Fonte: in AA.VV., Residenze flessibili, Diset, Milano 1995, p.141. 5. Ambiti collettivi - Il soggiorno Sono qui schematizzate tre ipotesi di soluzioni differenti per la collocazione e le caratteristiche del soggiorno. Nel primo caso si tratta di una soluzione più “tradizionale” nella quale l’ambiente collettivo assume la configurazione di un vano che può contenere al proprio interno lo spazio ingresso oppure esserne separato. Tale soluzione, che è vincolata alla dimensione dell’alloggio, può essere più o meno compatibile con richieste di usi contemporanei per diverse attività. Nella seconda il soggiorno definito “passante”, ossia con affaccio su fronti contrapposti, consente a livello di percezione un ambiente sicuramente più gradevole. I gradi di adattabilità alle differenti funzioni potranno essere definiti solamente mediante opportune predisposizioni per il frazionamento eventuale e temporaneo della superficie. La disponibilità di due fonti luminose contrapposte consente maggiori gradi di libertà. Il terzo caso è quello del soggiorno centrale, che deve venire risolto in relazione a verifiche dei rapporti di aeroilluminazione. 58 CAPITOLO PRIMO E’ questo un esempio di soggiorno centrale che consente di distribuire tutti gli altri vani dell’alloggio. Le suddivisioni tra i differenti spazi possono anche venire concepite come ante mobili che determinano una separazione piuttosto che la possibilità di far confluire direttamente gli altri ambienti in quello centrale. E’ prevista anche una porzione autonoma, con ingresso diretto al connettivo che può diventare anche uno spazio di lavoro / studio o un vano letto. Fonte: L’industria delle costruzioni, n°272, 1992, p.69. - La cucina Il ruolo della cucina varia come si è detto in rapporto alle differenti abitudini nella consumazione del pranzo. Le soluzioni possibili risultano spasso contrapposte, ma è necessario valutare di volta in volta le differenti esigenze prima di operare una scelta progettuale. E’ chiaro che in rapporto ad alloggi con dimensioni superficiali standard l’attribuzione di un ampio spazio alla cucina penalizza altri ambienti e lo svolgimento di altre attività. In tal caso è necessario che il vano inglobi al proprio interno anche il pranzo. Nel secondo schema è ipotizzata la soluzione di una cucina passante, che consente di collegare differenti spazi del soggiorno o addirittura dell’alloggio. Si tratta in questo caso di un vano a nicchia, direttamente aperto sul soggiorno. Questa è la soluzione migliore da utilizzare nel caso di utenze singole o in coppia (studenti, anziani, singoli lavoratori, madri sole con bambini…) come vedremo nella sezione dedicata alle nuove utenze. 59 CAPITOLO PRIMO Gli alloggi realizzati tra gli anni ’50 e ’60 che si rifanno alle normative INACASA non sono stati costruiti secondo le concezioni appena descritte. Oltre al fatto che la superficie minima ammissibile considerata era di 50mq. e quella massima di 110mq. e che la dotazione di servizi igienici e cucine è attualmente insufficiente; gli schemi degli alloggi sono molto rigidi e predefiniti e non è stata considerata alcuna possibilità di variazione e flessibilità sia interna che tra alloggi confinanti. Gli alloggi realizzati tra gli anni ’60 e ’70 costruiti in base alle normative Gescal, pur essendo migliorati dal punto di vista delle dotazioni di servizi, mancano tipologie di piccole dimensioni, mono e bilocali, che sono alla base della domanda crescente. Anche in questo caso gli alloggi sono rigidamente predefiniti sulla base delle esigenze della famiglia “classica” ed esiste una netta separazione tra zona giorno e zona notte. Fonte: Golinelli C., La casa normata. Regole e modelli per l’abitazione popolare in Italia, Politecnico di Milano, anno accademico 1987/88. Questi alloggi non corrispondono più alle esigenze fruitive della domanda attuale e quindi alla nuova concezione di alloggio come “ambiente domestico senza una chiara distinzione degli spazi”. E’ necessario quindi mutare le tipologie edilizie ormai superate e rovesciare il rapporto servizi individuali/servizi collettivi ristrutturando secondo le esigenze e trasformando un patrimonio di alloggi troppo grandi in alloggi piccoli e medi, per creare una diversificazione tipologica e per tradurre i piani terreni in servizi collettivi. 60 CAPITOLO PRIMO 1.11.5 Flessibilità: maglia modulare e pareti trasformabili I sistemi modulari opportunamente usati possono individuare direttrici lungo le quali definire le diverse unità abitative. La modularità è una scelta efficace sia per motivi di tecnologia di realizzazione sia per la possibilità di predisporre diverse destinazioni d’uso sia in tempi brevi24 , sia in tempi lunghi con tagli di alloggi facilmente modificabili per far fronte a esigenze variabili nel tempo, per esempio legate ai quei componenti il cui nucleo è ancora in crescita25 . Superato il concetto di stanza come ambiente separato da strutture fisse o modificabili con una notevole spesa e notevoli problemi, un alloggio dotato di un grado di soddisfacente flessibilità, polifunzionalità e interdipendenza tra gli ambienti potrebbe essere realizzato anche oggi con soluzioni costruttive edilizie e di arredo attualmente in produzione. La disposizione fluida dello spazio abitativo che ne risulta lascia aperte possibilità organizzative diverse. Ciò è reso possibile grazie ad alcune scelte progettuali di fondo quali: non vincolare le partizioni interne alla struttura e prevedere la possibilità di posizionare i servizi predisponendo alcune asole per il passaggio degli impianti. Spesso nella definizione degli spazi non si pensa alla loro arredabilità il che potrebbe essere giustificabile se si considera l'ipotesi di spazi indeterminati a causa di un’utenza sconosciuta. Ma in alcuni casi l’arredo non deve essere considerato come elemento secondario, ma come parte integrante dell’abitazione. L’arredo, se predisposto all’interno della casa, può infatti acquistare un ruolo determinante: se considerato come servizio ed attrezzatura permette infatti economie di produzione 26 . Anche la definizione di elementi di arredo integrati all’alloggio porta all’elaborazione di alcune possibili ipotesi di flessibilità e adattabilità attraverso parti di arredo da realizzare come strutture fisse o mobili all’interno dell’alloggio. Nel primo caso si intendono quelle parti di arredo fornite insieme all’alloggio, cabine armadio per le camere e piano di lavoro e relativi contenitori modulari per la cucina e, nel secondo caso, pareti attrezzate. Componenti propri di una progettazione integrata, alloggio/arredo, che concorrono non solo alla definizione di varie soluzioni spaziali ma possono ridurre i costi rendendo 24 Per esigenze occasionali, anche all’interno dell’arco della giornata. Le famiglie di nuova formazione con figli piccoli sono per definizione le più soggette ai cambiamenti 26 Per arredo si considerano le soluzioni modulari facilmente utilizzabili al variare delle dimensioni degli ambiti specifici. 25 61 L’arredo deve essere considerato come parte integrante dell’abitazione CAPITOLO PRIMO possibile agli abitanti stessi il rinnovo di parti della casa senza dispendiosi interventi tecnici esterni. In questa sezione vengono affrontati i seguenti temi della flessibilità d’uso e nel tempo in particolare: 1. i servizi; 2. il soggiorno; 3. lo spazio cucina; 4. lo spazio dei figli; 5. il rapporto soggiorno spazio aperto; 6. la gamma di soluzioni possibili; 7. i collegamenti tra spazi contigui; 8. la separazione tra spazi contigui; 9. la variazione all’interno di una superficie costante. 62 CAPITOLO PRIMO Flessibilità La possibilità di realizzare alloggi flessibili dipende dalla struttura portante degli edifici. Nel primo caso è schematizzata l’ipotesi di una struttura di tipo puntiforme, con pilastri posti in relazione ad una griglia creata per motivi strutturali e per distribuzione tipologica. In questo caso il grado di libertà negli interventi di variazione è elevato. Nel secondo caso è rappresentato un sistema misto, rigido che prevede una soluzione a setti in una parte dell’alloggio che rimarrà inevitabilmente invariabile nel tempo, puntiforme in un’altra zona dell’alloggio che potrà subire delle variazioni. Nella terza soluzione si individua una struttura che coincide con la dimensione dell’abitazione che può permettere la flessibilità interna dell’alloggio ma non favorisce l’espansione come nel caso della struttura puntiforme; può comunque permettere la divisione. La quarta soluzione rappresentata è quella della “parete spessa” portante, costituita da una sequenza di setti trasversali di dimensioni limitate e distanziate secondo esigenze distributive. Tali strutture possono divenire elementi di supporto per arredi o pareti divisorie. Il quartiere Koyenburg realizzato a Rotterdam dal gruppo Kokon nel 1982 utilizza la metodologia SAR (Stichting Architect Reasearch, Fondazione per la Ricerca in Architettura) ormai sperimentata in Olanda da vari anni. L’organismo abitativo, secondo il SAR è caratterizzato da una serie di componenti edilizi fissi, costituiti dal sistema delle strutture portanti e delle infrastrutture tecniche e da elementi di completamento (Unità Mobili o “infill”) scelti dall’utente, che possono essere rinnovati nel tempo. Come prima guida per la distribuzione interna degli spazi, un codice convenzionale individua diverse fasce di solaio parallele alle facciate come “zone”, “margini” e “settori”. Nelle “zone” vengono posizionati i veri e 63 CAPITOLO PRIMO propri ambienti, mentre gli spazi di “margine” fra le zone servono per dividerle o interconnetterle, favorendo una certa variabilità dimensionale. Le zone e i margini delimitano la profondità degli spazi che in essi vengono inseriti, mentre il settore ne delimita la larghezza. Per verificare le relazioni che intercorrono tra uno spazio e la relativa funzione viene fornito all’utenza un abaco dell’arredo che mette in evidenza le sue possibili disposizioni e le conseguenti forme e dimensioni degli ambienti. La metodologia SAR di coordinamento tra supporto ed elementi aggiuntivi, oltre che dello studio delle funzioni, degli arredi e degli spazi, si avvale di una griglia dimensionale che partendo dal modulo base di 30 cm (3M), si è via via complicata e raffinata per rispondere alle varietà delle misure degli spazi e soprattutto dei componenti edilizi di dettaglio. Il progetto si articola così su tre livelli: la progettazione dello spazio, la progettazione dell’elemento materiale, la progettazione esecutiva. Il complesso di Keyenburg , comprende edifici di 3 e 5 piani con sistema distributivo a ballatoio. Il livello di coinvolgimento dell’utenza prevedeva la possibilità di schizzare la pianta su una griglia base, delimitata da un supporto strutturale murario e dalla posizione del vano canalizzazioni verticali. L’intervento comprende 152 alloggi di piccolo taglio (115 per due persone, 32 per una persona, 5 per handicappati). La flessibilità della disposizione interna degli alloggi è notevolissima, come risulta dall’assetto finale dell’intervento, grazie al pavimento rialzato del servizio igienico che consente una notevole varietà di posizionamento dei sanitari rispetto alla colonna di scarico e alla realizzazione di canaline per la rete elettrica lasciate a vista sui muri esterni. La flessibilità tra alloggi è invece meno vantaggiosa a causa dell’utilizzo per la struttura portante del sistema a tunnel perpendicolare alla facciata. I pannelli divisori sono costituiti da una intelaiatura in legno a doppio pannello di cartongesso con interposto materiale isolante; viti di aggiustaggio in testata 64 CAPITOLO PRIMO consento il fissaggio a pavimento e a soffitto. Questo metodo quindi permette una notevole flessibilità interna degli alloggi ma una scarsa flessibilità tra gli alloggi . Fonte: G. Ottolini, V. De Prizio, La casa attrezzata. Qualità dell’abitare e rapporti di integrazione fra arredamento ed architettura, Liguori Editore, Napoli 1993. 1. I servizi La soluzione dei servizi igienici e della cucina all’ingresso può permettere di avere uno spazio più libero verso l’affaccio migliore dell’edificio, come nell’esempio qui riportato di alloggi per studenti a Dornbirn - Austria (progettista arch. Carlo Baums, 1997), in cui gli spazi cucina e bagno sono posizionati a diretto contatto con il connettivo permettendo allo spazio retrostante di essere suddiviso o lasciato libero. L’aspetto negativo di questo edificio è che gli alloggi non hanno il doppio affaccio. Questo tipo di soluzione è utilizzato soprattutto nel caso di abitazioni temporanee come appunto nelle residenze per studenti. Fonte: L’Architecture D’Aujourd’Hui, n°323, 1999, pp.38-39. La moltiplicazione dei servizi, che divengono dei piccoli locali di pertinenza dei differenti vani letto, consente di articolare la zona notte in modo più flessibile. Una soluzione alternativa è quella che prevede un frazionamento dei servizi igienici, in modo da consentire un uso contemporaneo degli apparecchi. Il frazionamento del servizio igienico in piccole cellule consente agli utenti uno svolgimento contemporaneo delle differenti funzioni. Vista l’entità molto ridotta delle superfici è opportuno utilizzare porte che non costituiscono ingombro nelle 65 CAPITOLO PRIMO zone di passaggio (porte scorrevoli o apribili a 180°) In questa soluzione Klaus Kada, in una residenza per studenti a Graz (1989/’93), adotta entrambe le alternative descritte in modo da creare più moduli di aggregazione (per due persone, per quattro, in duplex) ed in modo da permettere l’utilizzo dei servizi da due persone contemporaneamente. Fonte: Tehniques & Architecture, n°410, 1993, pag.81-83. 66 CAPITOLO PRIMO 2. Il soggiorno Il soggiorno: è lo spazio che richiede maggiori gradi di flessibilità perché può venire destinato a molteplici usi, variabili anche nell’arco della giornata. E’ necessario progettarlo in rapporto: 1. alle esigenze del singolo rispetto al nucleo familiare; 2. alle possibili attività. L’esempio qui a fianco è un alloggio del complesso Ried W2 a Berna, progettato dal gruppo Atelier 5 (1992), in cui il soggiorno può essere ampliato grazie all’apertura di una parete scorrevole che delimita una stanza. Fonte: Edilizia Popolare, n°228, 1993 pag.119. 3. Lo spazio cucina/soggiorno Spazio cucina/soggiorno: il rapporto varia in relazione ai differenti tipi di utenti e al numero di utenti presenti contemporaneamente, alle tradizioni, alla distanza dal luogo di lavoro. 4. Lo spazio dei figli Spazio figli: le attività che vengono svolte in questo spazio sono molteplici perché riguardano i differenti momenti della giornata, di fatto è sia un vano per dormire, ma anche associato a tutte le attività legate al soggiorno. Implica anche delle valutazioni in rapporto alle richieste di flessibilità nel tempo in rapporto alle differenti età degli utenti. 5. Il rapporto tra spazio aperto e soggiorno Spazio aperto: così come è già stato esaminato può consentire usi differenti in rapporto alle stagioni. E’ possibile variare il rapporto d’uso che si instaura tra interno ed esterno realizzando chiusure mobili. 67 CAPITOLO PRIMO 6. Gamma di soluzioni possibili L’individuazione di gamme differenti di alloggi consente di meglio soddisfare la richiesta di mercato e le esigenze espresse dai differenti utenti. Come ho già accennato la possibilità di creare alloggi flessibili e tipologie di alloggi differenti dipende dalla struttura portante dell’edificio. Il progettista deve in ogni caso definire il maggior numero di soluzioni possibili. La possibilità che gli utenti, quando sono conosciuti, vengano coinvolti nelle scelte progettuali consente di definire soluzioni personalizzate perfettamente rispondenti alle esigenze di ogni nucleo familiare. Le scelte degli utenti devono comunque essere “filtrate” dal progettista che sottoporrà alcune alternative distributive già verificate come compatibili con la gamma di alloggi tipo. Al contrario è possibile offrire ipotesi progettuali nelle quali non vengano definite alcune parti che verranno poi “autocostruite” dagli stessi utenti. In questo caso le predisposizioni devono essere tali da garantire una semplicità e celerità di costruzione, oltre al poter scegliere tra una gamma di soluzioni già collaudate. Il progetto a fianco riportato (alloggi dell’edificio residenziale nel quartiere Dapperbuurt, Amsterdam, progettato da M. Duinker e M.van der Torre, 1989) è un esempio di impianto che permette di modificare, con estrema facilità e rapidità la configurazione generale dell’alloggio. Esso può infatti essere totalmente libero oppure può assumere connotazioni diverse grazie a pareti scorrevoli. Le diverse configurazioni dell’appartamento sono consentite dalla collocazione del vano servizi in posizione centrale. L’ingresso ha due punti d’accesso all’alloggio. Quando tutte le pareti scorrevoli sono chiuse è possibile definire un locale cucina abitabile separato dal vano soggiorno e con ingresso autonomo. Gli spazi individuali possono essere variamente relazionati a quelli collettivi e risultare separati da questi ultimi, in 68 CAPITOLO PRIMO diretta continuità, o assumere una condizione intermedia, in modo da creare ambienti che variano dimensionalmente in rapporto alle diverse attività che vi si svolgono. Gli utenti, in questo modo, possono scegliere la soluzione più consona alle loro necessità quotidiane. Fonte: L.E. Malighetti, Progettare la flessibilità. Tipologie e tecnologie per la residenza, Clup, Milano, 2000. 69 CAPITOLO PRIMO 7. Collegamenti contigui tra spazi Nella richiesta di passaggio tra due spazi è possibile instaurare differenti tipi di collegamento in relazione alla soluzione che viene adottata. Per esempio anche la scelta di una porta a seconda delle dimensioni del vano e del tipo di apertura può variare le condizioni di rapporto tra due spazi limitrofi. Essenziale è che comunque non costituisca mai ostacolo o ingombro quando rimanga aperta. Un vano apertura a tutta altezza di fatto non varia le condizioni d’uso degli spazi rispetto a soluzioni con apertura ad altezza standard, ma consente di percepire come unico due spazi che vengono messi in rapporto. Nella scelta di una soluzione di questo tipo, ovviamente, subentrano altre condizioni che riguardano aspetti tecnici in rapporto a costi sicuramente più elevati rispetto alle soluzioni tradizionali. L’apertura totale e l’eliminazione di una parete che divide due ambienti differenti deve venire concepita come una soluzione estremamente semplice da utilizzare, quindi non pareti mobili dai meccanismi complessi, ma delle ante che si impacchettano e si spostano molto agevolmente. E’ chiaro che questa soluzione dovrà tenere conto anche di tutti gli svantaggi: riduzione della privacy, immagine di delimitazione no definitiva come una parete tradizionale. Una soluzione più complessa, ma che se ben risolta può consentire degli effetti architettonici più gradevoli è quella delle ante a ribalta. Nel progetto tali soluzioni devono essere supportate da studio di meccanismi che consentano aperture totali senza interferire con gli spazi limitrofi. 70 CAPITOLO PRIMO La flessibilità degli spazi tramite pareti scorrevoli risultano molto presenti nell’edilizia economica degli anni fra le due guerre quando i progettisti hanno cercato di conciliare problemi di costo, spazio e numero di posti letto anche collocando nella zona giorno divani letto e letti estraibili e ribaltabili, isolabili di notte. Attualmente non abbiamo bisogno di incrementare il numero dei posti letto negli alloggi, ma gli studi di architetti importanti come Le Corbusier, Rietveld, Brenner ed altri, sono sicuramente un importante esempio per la realizzazioni di cellule abitative variabili e flessibili nelle funzioni. Questa celebre casa progettata da Gerrit Thomas Rietveld, realizzata nel 1924 e diventata manifesto architettonico del movimento olandese De Stjil, comprende un’abitazione e uno studio professionale, distribuiti su due piani di circa 60mq. Al piano terra gli ambienti di ingresso, cucina con montacarichi, atelier e letto di servizio sono stabilmente definiti da suddivisioni murarie, mentre il piano superiore a pianta libera è caratterizzato dalla flessibilità d’uso di un unico grande spazio variamente articolabile attorno al fulcro centrale del complesso scala camino. Totalmente aperto o solo parzialmente suddiviso durante il giorno, di notte questo spazio può essere frazionato tramite divisori scorrevoli a tutta altezza che danno luogo a tre spazi notte, in parte igienicamente autonomi per la presenza di vani lavabi, a un soggiorno pranzo e a un disimpegno verso la scala per le camere e per il servizio igienico. Fonte: G. Ottolini, V. De Prizio, La casa attrezzata. Qualità dell’abitare e rapporti di integrazione fra arredamento ed architettura, Liguori Editore, Napoli 1993. 71 CAPITOLO PRIMO 8.Separazione contigui tra spazi La separazione tra spazi può avvenire in diversi modi: 1. mediante arredi a tutta altezza, che consentono dei passaggi e l’uso di differenti contenitori. La soluzione può venire adottata in tutti quei casi in cui è richiesto un buon isolamento acustico. 2. Mediante schermi mobili, per i quali non è richiesta nessuna predisposizione. In questo secondo caso potrebbero essere necessari interventi sulle murature. 3. Mediante “spalle”, ossia pareti di dimensioni ridotte, attrezzate con impianti o predisposizioni per consentire l’inserimento di arredi o di chiusure. L’interasse tra le spalle deve essere modulare e garantire il facile inserimento di componenti reperibili sul mercato. Prevedere anche zone ripostiglio, arredabili molto semplicemente con delle ante collocate i corrispondenza di nicchie in muratura, consente di attrezzare gli spazi di servizio con costi contenuti. Questa casa per appartamenti in affitto, realizzata nel 1924 e progettata da Anton Brenner mostra come l’utilizzo di arredi come separazione tra stanze permetta di razionalizzare gli spazi. L’ingresso disimpegna il piccolo servizio igienico (che attualmente non a norma) e il soggiorno pranzo in cui sono presenti due letti ribaltabili a nicchia (in quegli anni necessari). Dallo spazio comune si accede alla cucina e alla stanza da letto matrimoniale, separata da una parete-armadio passante. Con questo progetto Brenner ha ottenuto il massimo sfruttamento della superficie mediante la razionale installazione di arredi fissi, la riduzione ala minimo della cucina, l’accorpamento dei vani-canalizzazione. Contenitori letti ribaltabili e attrezzature cucina erano stati dati in dotazione con l’alloggio e con questo sistema si 72 CAPITOLO PRIMO intendeva facilitare la mobilità residenziale. La realizzazione di piccoli alloggi con arredi fissi (armadi, cucina) potrebbe essere considerata un’ipotesi attuabile anche ai nostri giorni soprattutto per quel tipo di utenza che facilmente si sposta: studenti, lavoratori, immigrati. Fonte: G. Ottolini, V. De Prizio, La casa attrezzata. Qualità dell’abitare e rapporti di integrazione fra arredamento ed architettura, Liguori Editore, Napoli 1993. Le cellule abitative tipo realizzate da Le Corbusier nell’edificio di Marsiglia tra il 1947 e 1952, riassume alcuni aspetti che abbiamo affrontato in questa sezione dedicata all’alloggio. Gli alloggi duplex sono completamente sovrapposti a cavallo del corridoio longitudinale. In essi l’ingresso, con piccolo spogliatoio, avviene sempre in adiacenza all’area cucina pranzo e lo spazio soggiorno, sempre a doppia altezza, è nella cellula inferiore unito al pranzo, mentre nella cellula complementare è annesso alla camera dei genitori. I servizi igienici sono disaggregati in tre piccoli locali, per consentire l’uso simultaneo da parte dei vari membri del nucleo. Le due camere dei figli hanno ingressi separati ma possono essere unificate verso il fronte vetrato tramite lo scorrimento di un ampio tratto di parete in questo modo la necessità di privacy cosi come la necessità di vita collettiva possono essere soddisfatte. Un notevole livello d’integrazione fra architettura e arredamento è ottenuto da Le Corbusier con attrezzature standardizzate fisse e vari vani a giorno nei muri divisori fra gli alloggi. Fonte: G. Ottolini, V. De Prizio, La casa attrezzata. Qualità dell’abitare e rapporti di integrazione fra arredamento ed architettura, Liguori Editore, Napoli 1993. 73 CAPITOLO PRIMO 9. Variazioni all’interno di una superficie costante Le variazioni che si possono verificare nel nucleo familiare possono richiedere differenti soluzioni distributive dell’alloggio originario. Per esempio la presenza di una persona anziana o un figlio che diviene adulto può comportare la necessità di individuare all’interno dell’abitazione uno spazio completamente autonomo, anche se in rapporto con la cellula originaria. In tali eventualità è necessario analizzare in sede di progetto quali predisposizioni consentono di variare e moltiplicare il numero di unità senza che si debba intervenire pesantemente sulle murature e sugli impianti dell’abitazione. Dal punto di vista distributivo la maggior difficoltà è legata alla previsione di nuovi blocchi servizio o di asole che consentano di incrementare il numero di fasi successive. Tali predisposizioni possono di per sé costituire un costo aggiuntivo in fase iniziale, ma consentono di adeguare l’alloggio a nuove esigenze. Le richieste di variabilità possono essere molteplici, qui di fianco ne sono schematizzate alcune che prevedono il frazionamento della cellula in più unità ma anche l’aggregazione di più alloggi in origine distinti. Nel progetto di soluzioni flessibili può essere necessario intervenire anche sulle caratteristiche del connettivo, sicuramente il sistema di distribuzione che permette maggior flessibilità è il ballatoio. Il progetto mette a confronto due soluzioni dello stesso alloggio in due tempi successivi. Dal raffronto si può evidenziare come l’opportuna collocazione dei servizi igienici consente di frazionare l’abitazione in due unità, con interventi contenuti sia dal punto di vista costruttivo che dei costi. Fonte: Consorzio Regionale per gli IACP, dell’Emilia Romagna, in AA.VV., “Gente, famiglie, case. Trasformazioni sociali e demografiche e nuove esigenze abitative”, F.Angeli, Milano 1982. 74 CAPITOLO PRIMO In questo progetto Europan di Jean Msseau e Thierry Peltrault (1989) vengono proposte cellule abitative singole di circa 45 mq. che, grazie ad una distribuzione a ballatoio, possono essere addizionate in modo da creare appartamenti per più persone in cui la parte collettiva può essere efficacemente messa in comune con le altre, senza intaccare l’autonomia degli ambiti privati. E’ da sottolineare che l’incremento dei servizi igienici, permette di frazionare l’abitazione in più cellule autonome. Fonte: AA.VV., Europan 1989, progetti premiati, CER, Roma 1989. 75 CAPITOLO PRIMO 1.12 Il modello abitativo per utenze “deboli” Le categorie che maggiormente risentono dell’inadeguatezza del patrimonio esistente sono le persone anziane e quelle la cui cultura e quindi le abitudini risultano molto diverse rispetto alla società in cui vivono.27 Per queste fasce più deboli, dove il disagio abitativo è più sentito, è necessaria una maggior attenzione soprattutto a livello di sensibilizzazione politica locale e nazionale in grado di attuare proposte progettuali più mirate e rispettose. 1.12.1 L’anziano E’ il gruppo sociale maggiormente danneggiato dall’attuale rigidità d’uso del patrimonio residenziale. Spesso i livelli di autonomia di questa categoria sociale diminuiscono per l’inadeguatezza funzionale e dimensionale degli alloggi, dovuti alla rigidità strutturale e alla presenza di barriere architettoniche 28 sia interne che esterne all’alloggio. L’età provoca una riduzione delle facoltà fisiche e psichiche, per questo è indispensabile evitare attrezzature complesse nelle abitazioni per anziani. Spesso a questi problemi tecnici va aggiunto che molte abitazioni occupate da nuclei familiari formati da una sola persona hanno a disposizione un numero di stanze elevato rispetto ai bisogni abitativi. Quello che richiede l’anziano non è però solo identificabile con l’accessibilità dimensionale o l’inserimento di ausili specializzati, ma un insieme di condizioni ambientali in grado di coniugare il massimo livello di sicurezza e di fruibilità con la normalità di immagine e la confortevolezza funzionale e psicologica delle soluzioni architettoniche. L’intervento immediato in un progetto di recupero per gli utenti ancora autosufficienti è il trasferimento in alloggi più piccoli collocati preferibilmente nei piani bassi con possibilità di agevolare l’accesso e dare la possibilità di avere un minimo di rapporto con il prossimo attraverso l’affaccio su luoghi vivi e movimentati. Strategie differenziate per aggredire il problema della residenza della terza età sono già state sperimentate in Europa calibrando, in base alle esigenze specifiche delle categorie di utenti ai quali 27 Gli stranieri provenienti da paesi con cultura e abitudini estremamente differente da quella europea. 28 Se per i progetti ex novo non esistono problemi, grazie all’attuazione della legge sull’eliminazione delle barriere architettoniche, molti sono gli ostacoli per adeguare gli alloggi esistenti. 76 E’ il gruppo sociale maggiormente danneggiato dall’attuale rigidità d’uso del patrimonio residenziale CAPITOLO PRIMO è rivolto l’intervento, quantità e qualità dei servizi comuni. Da ciò sono scaturiti innumerevoli tipi edilizi per autosufficienti e non. Complessi residenziali con camere comuni a due o quattro persone, un soggiorno comune, l’alloggio e l’ufficio di un assistente, una lavanderia centralizzata e una camera per ospitare parenti di passaggio. Piccoli nuclei a sviluppo orizzontale per anziani autosufficienti di 30-40 alloggi collegati a servizi residenziali che contribuiscono a risolvere i due principali problemi che assillano una persona anziana: la paura di sentirsi male senza poter essere soccorso e l’angoscia della solitudine. Tutte le abitazioni sono infatti collegate tramite un sistema di allarme all’abitazione dell’assistente il quale si occupa di avvertire il sistema sanitario pubblico. Per quanto riguarda invece l’integrazione sociale viene promosso il modello di residenza casa amichevole che permette di trasformare gli abitanti da percettori di assistenza a contribuenti, partecipando alle attività sociali ed economiche della comunità29 . Le case amichevoli adottano esperienze già in atto in Gran Bretagna e Francia. Si tratta di individuare edifici che possono essere suddivisi in piccoli appartamenti da dotare di parti comuni. E’ un modello di residenza fortemente inserito in un normale contesto residenziale, identificabile con la realizzazione di gruppi di mini-alloggi autonomi per una o due persone di piccole dimensioni (con diversi tagli tra i 45 e i 60 mq.) integrati a strutture di assistenza sanitaria interne ed esterne e di un servizio di pronto intervento che definiscono la completa autonomia abitativa. Per garantire la massima integrazione con il normale tessuto residenziale la migliore localizzazione dovrebbe rivelarsi in un contesto dove siano presenti tutte le fasce d’età. I criteri di progetto si basano su alcuni requisiti: contesto abitativo sicuro, sistema di tutela sanitaria, sistema di servizi pubblici al suo interno, uno sportello aperto e gestito dagli stessi residenti (banca del tempo30 , servizio informativo), favorendo così processi di autonomizzazione, ma soprattutto coinvolgendo l’utente nella vita di comunità per vederlo passare da fruitore ad agente. Da utenti gli abitanti dovrebbero trasformarsi in coprotagonisti attraverso semplici gesti di partecipazione. Obiettivo primario della comunità è quello dell’apertura al territorio intesa come la possibilità di creare agganci con la realtà sociale che la circonda, nel tentativo di trasformare la 29 R.Broggi, L’innovazione nella abitazione della terza età, Milano, 18 Novembre 1998. 30 E’ una forma di volontariato nata recentemente basata sullo scambio non di denaro ma di tempo. Questa proposta è stata messa a punto nel Contratto di Quartiere di Vigevano. Ved. Cap.4, Il Contratto di Quartiere di Vigevano. 77 La casa amichevole CAPITOLO PRIMO comunità in una particolare unità abitativa inserita nelle strutture e nei servizi della città. La casa amichevole è infatti gestita da una persona, governante, che tiene l’amministrazione, coordina i servizi, chiama il medico se è necessario e compie assistenza individuale. Nella scelta del personale viene individuata la possibilità di offrire un impiego a studenti o categorie deboli31 che, presenti a turni, consentono all’anziano una vita sociale completamente autonoma, ma comunque assistita. 1.12.2 I requisiti dello spazio residenziale L’articolazione tipologica degli alloggi autonomi così come quella delle strutture residenziali per la terza età si riflette sia sulla composizione ed organizzazione degli spazi privati e collettivi, che sul modello di vita che vi si svolge. Per quanto riguarda gli aspetti compositivi la completa indipendenza abitativa che caratterizza gli alloggi autonomi si traduce in criteri di progettazione dello spazio residenziale in gran parte simili a quelli delle normali abitazioni. Ad un’articolazione degli spazi interni riferibile ai tradizionali schemi distributivi, si deve aggiungere una particolare attenzione progettuale rivolta al corretto dimensionamento degli spazi di manovra e dei percorsi interni secondo le esigenze di movimento dei portatori di handicap. Altrettanto importanti sono poi la quantità e la qualità di prestazioni offerte, oltre che dal dimensionamento e dall’articolazione delle singole parti dell’alloggio, dalla dotazione di elementi di arredo e di attrezzature e tecnologie di supporto ed assistenza. Più complessa è ovviamente la realizzazione di strutture residenziali collettive, nelle quali la sfera individuale e privata degli alloggi si inserisce in un sistema di relazioni spaziali a scala più ampia. Servizi di vita collettiva, spazi di relazione, servizi di assistenza infermieristica e sanitaria si articolano su schemi distributivi e sequenze spaziali che consentono, o dovrebbero consentire, un progressivo passaggio dalla dimensione privata del proprio alloggio a quella semi-collettiva del nucleo residenziale, sino alla sfera più strettamente pubblica degli spazi di vita collettiva ad uso dell’intera struttura residenziale. 31 E’ una soluzione interessante che attiva quello che si definisce rapporto residenza/lavoro. Si pensi ad esempio alla possibilità di lavoro offerte a tutte quelle utenze senza una condizione professionale escluse dal mercato occupazionale. L’assistenza domiciliare da parte degli extracomunitari è già un fenomeno corrente che potrebbe trovare in questa tipologia edilizia risposte più soddisfacenti anche per quanto riguarda le esigenze abitative e di socializzazione degli immigrati. 78 Le strutture residenziali collettive CAPITOLO PRIMO Seguono alcune indicazioni progettuali che riguardano: 1. L’articolazione funzionale degli spazi privati; 2. L’immagine complessiva dell’edificio; 3. Il rapporto tra spazi pubblici, semi-pubblici e privati; 4. La salvaguardia della privacy ed il rapporto con l’ambiente circostante; 5. La personalizzazione dello spazio privato 79 CAPITOLO PRIMO 1. L’articolazione funzionale degli spazi privati Per quanto riguarda l’articolazione funzionale degli spazi privati inseriti in strutture residenziali rivolte ad ospiti anziani, una particolare attenzione progettuale dovrà riguardare la possibilità di aggregazione ed i margini di flessibilità interna degli alloggi. Dal punto di vista compositivo l’articolazione e disposizione delle singole parti dello spazio privato dovrà consentire la loro aggregabilità e quindi la possibilità di modificare o ampliare la distribuzione interna della struttura residenziale. Allo stesso tempo, buoni livelli di flessibilità distributiva e di adattabilità delle dotazioni tecnologiche possono permettere di adeguare le prestazioni offerte dall’alloggio, dai suoi spazi interni e dalle sue attrezzature, alle variabili e diverse esigenze dell’anziano. L’esempio riportato (Residenza per anziani a Almere-Haven, progettista arch. H. Herzberger, 1980/’84) mostra come la progettazione di alloggi modulari permetta di realizzare due diverse tipologie di alloggi: il monolocale ed il bilocale. Fonte: A. Cornoldi, F. Viola (a cura di), “Nuove forme dell’abitare”, CLEAN edizioni, Napoli 1999. Nella progettazione dell’alloggio autonomo o della cellula abitativa si devono tenere presenti una serie di requisiti essenziali all’effettiva vivibilità dello spazio da parte dell’anziano in rapporto alla variabilità del suo livello di autonomia fisica. Riferimento essenziale della progettazione è quindi l’analisi della condizione anziana e dei diversi significati che questa può assumere secondo le diverse fasce d’età, le diverse situazioni personali, la valutazione delle esigenze abitative dell’anziano e della loro variabilità secondo i diversi livelli di autonomia e 80 CAPITOLO PRIMO la possibile evoluzione nel corso del tempo. L’esempio qui riportato mostra come gli alloggi per anziani devono essere studiati in modo tale da, con piccole varianti dell’arredamento, poter essere adattati a qualsiasi condizione dell’utente anziano: senza problemi motori e psichici, con problemi motori e con problemi motori e psichici, proprio a causa della possibile evoluzione nel tempo delle loro condizioni. Fonte: Edilizia Popolare, n° 228, 1993, pag.98 81 CAPITOLO PRIMO L’obiettivo che ci si deve proporre è la realizzazione di uno spazio residenziale che rispondano alle modalità di fruizione dello spazio proprie dell’età anziana, ed offra un livello di qualità ambientale specificatamente rivolto alle esigenze abitative dell’anziano. Ecco riassunti in questo schema le principali esigenze dell’utente anziano: 1. La possibilità di appropriarsi di uno spazio esterno all’alloggio dove poter sostare a leggere o a chiacchierare con i vicini; 2. La necessità di poter guardare, anche sdraiato a letto, fuori dalla finestra e di poter controllare lo spazio di distribuzione alle cellule abitative da diverse posizioni nel proprio alloggio; 3. La possibilità di avere un assistenze notturno a cui fare riferimento in caso di necessità. Fonte: Techniques & Architecture, n°424, Marzo 1996, pp.58-61. 82 CAPITOLO PRIMO 1. Immagine dell’edificio complessiva Nella progettazione dell’immagine complessiva dell’edificio, si dovrà tenere conto di criteri di progettazione rivolti alla realizzazione di un ambiente di vita facilmente leggibile, le cui connotazioni architettoniche richiamino un insieme di significati riconoscibili e familiari. La dimensione di vita e la scala dimensionale del quartiere o del piccolo centro urbano rappresentano un riferimento di vita e consuetudini quotidiane che favoriscono lo stabilirsi di relazioni ed incontri personali. La tradizionale struttura del quartiere nella quale le abitazioni e i centri di vita sociale sono disposti lungo strade o attorno ad una piazza, che costituiscono il riferimento delle attività e dei ritmi della vita quotidiana, può avvicinarsi concettualmente all’articolazione spaziale di una struttura residenziale nella quale la sfera privata delle abitazioni e la sfera sociale degli spazi di vita collettiva si strutturano secondo sequenze di progressiva privatizzazione dello spazio (i centri di vita collettiva, il nucleo residenziale, l’alloggio) ed attorno a zone di sosta e riferimenti spaziali che ritmano la successione dei percorsi e degli spazi interni. Si instaura in questo modo un rapporto a scala semi-urbana tra le diverse parti della struttura residenziale, in cui la zona residenziale degli alloggi si articola lungo percorsi e zone di sosta identificabili come strade e piazze interne, ed in cui le zone di vita collettiva, ossia soggiorni, il ristorante, le zone per le attività comuni, siano collocate secondo riferimenti e nodi riconducibili alla dimensione del quartiere. Questo tema “dell’analogia con il villaggio” può essere letto in alcuni interventi e sperimentazioni europee. In tutti gli esempi qui a fianco riportati, anche se con tipologie diverse (a corte, a stecche contrapposte ed a stecche in posizione triangolare), i percorsi a ballatoio, da cui si accede agli alloggi, affacciano su un grande spazio-piazza centrale, più o meno strutturato, di uso 83 CAPITOLO PRIMO collettivo. Gli stessi ballatoi fungono da strade interne, non solo per la distribuzione alle cellule abitative, ma come luoghi di incontro e di sosta. Fig.1: Casa protetta a New York, 1988 progetto: arch. W. Breger ass. Fonte: F. Tosi, Una dimensione per il futuro. Habitat e tecnologie integrate per la terza età, Alinea, Firenze 1992. Fig.2: Residenza protetta per anziani Thorignè-Fouillard, Francia 1995, progetto: arch. Yves-Marie Maurer, Lionel Orsi. Fonte: Techniques & Architecture, n°424, 1996, p.p.51-53. Fig.3: Edilizia sociale per anziani, Tilburg, 1995, progetto: arch. Wiel Arets. Fonte: Casabella, n°628, 1995, p.p.5463. 84 CAPITOLO PRIMO 3. La salvaguardia privacy della La salvaguardia della privacy alla scala dell’alloggio e la previsione di spazi privati destinati ad una relazione protetta con l’esterno e con le parti collettive dell’edificio è un aspetto molto importante in una residenza per anziani. Un buon rapporto con l’esterno può essere garantito da una collocazione ed un dimensionamento delle finestre in modo da poter guardare fuori anche rimanendo distesi o seduti nel letto. In questa residenza per anziani a Thorignè-Fouillard-Francia, è stata infatti posta molta attenzione alla valorizzazione degli affacci e delle vedute all’esterno. Le stanze al piano terra si affacciano con porte finestre completamente vetrate sul giardino, mentre quelle al piano primo si affacciano su una balconata continua collegata al giardino da scale che fuori escono dalle testate. 86 CAPITOLO PRIMO La previsione di terrazze o logge coperte per i singoli alloggi, nelle quali curare piante e fiori e nelle quali poter stare all’aperto in una situazione di privacy e di protezione, rappresentano requisiti essenziali per la qualità della vita privata. Nella residenza per anziani a Leibniz di Klaus Kada, gli alloggi al piano terra usufruiscono di un piccolo giardino privato mentre quelli al piano primo si protendono verso l’esterno con un terrazzo a cui si accede a mezzo di una grande vetrata. Fonte: A.A.VV., Housing 9. Organicoinorganico, Etas Libri, Milano 1998. Una particolare attenzione deve essere riservata all’ingresso degli alloggi ed alle zone di percorso immediatamente adiacenti. L’ingresso della propria casa è il confine tra la sfera privata delle mura domestiche e la sfera delle relazioni sociali, è il luogo in cui le persone si salutano, in cui ci si ferma a parlare con i vicini e può quindi divenire un importante punto di riferimento spaziale. Accorgimenti progettuali come numeri civici o segnali con i quali identificare i singoli alloggi, porte apribili anche nella sola parte superiore che permettano l’affaccio sull’esterno senza “uscire di casa”, zone di sosta per la conversazione previste nei percorsi interni in corrispondenza degli ingressi e dei punti di incontro tra le diverse direzioni, possono diventare elementi di stimolo alla vita di relazione. 87 CAPITOLO PRIMO Nell’esempio qui riportato (casa per anziani a Parigi, 1995, progetto: Architecture Studio) i ballatoi si trasformano in strade interne sovrapposte e chiuse da una parete vetrata verso la corte centrale. Gli ingressi agli alloggi vengono evidenziati attraverso bussole di diverso colore che racchiudono piccole panchine in cui gli abitanti possono sulla “soglia di casa” sedersi a chiacchierare guardando la corte interna verde. Le bussole colorate concorrono in questo modo a dare riconoscibilità all’ingresso degli alloggi ed a definire la zona dei ballatoi. Fonte: Anziani nuove forme di vita sociale, in Edilizia popolare n°255, 1998, p.p.46-53. 88 CAPITOLO PRIMO 5. La personalizzazione dello spazio privato Per quanto riguarda l’alloggio la qualità della vita privata può essere favorita curando gli aspetti di familiarità dello spazio privato e la possibilità di rapporto con l’esterno. All’interno dell’alloggio si deve prevedere la possibilità di personalizzare l’arredo, sia attraverso l’inserimento di oggetti o mobili di proprietà dell’utente, sia consentendo un certo margine di scelta per le finiture e gli accessori (ad esempio sistemi di arredo, diverse soluzioni di colore, disegno o materiale per tappezzerie, pannelli di finitura….). Nella prima tipologia di alloggio per anziani, qui a fianco riportata, vengono definite solo le aree di servizio (bagno e cucina) per permettere agli utenti di utilizzare i propri arredi. Nella seconda si mostra come l’alloggio, a discrezione dell’utente, possa essere suddiviso in più ambiti privati oppure possa essere considerato come un unico locale. Fig.1: Cellula abitativa della residenza protetta per anziani a ThorignéFouillard, Francia 1995, progetto: arch. Yves-Marie Maurer, Lionel Orsi. Fonte: Techniques & Architecture, n°424, 1996, p.p.51-53. Fig.2: Cellula abitativa della residenza per la terza età a Nanterre, 1981, progetto: arch. C. Lukasiewicz. Fonte: F. Tosi, Una dimensione per il futuro. Habitat e tecnologie integrate per la terza età, Alinea, Firenze 1992. 89 CAPITOLO PRIMO 1.12.3 Gli extracomunitari: la nuova domanda aggiuntiva Gli extracomunitari emigrano nelle società avanzate come individui, o come gruppi familiari32 e, per molto tempo, sono assorbiti dallo sforzo per sopravvivere, per ambientarsi. In Italia si trovano ancora all’esterno o ai margini del sistema, ma il loro numero aumenta sia per l’elevato indice di natalità che per i richiami parentali. Portano i loro valori, i loro costumi, i loro gusti, la loro cucina, la loro religione 33 , fino a far nascere una nuova coscienza collettiva in grado di enfatizzare i punti in cui le due culture convergono o si dividono. La prima caratteristica della famiglia immigrata, generalmente composta soltanto da genitori, dai figli è la dimensione ridotta rispetto alla tradizionale del paese d’origine. Un elemento che tende a relegare l’immigrato in un ruolo passivo e ricettivo è il mancato rispetto delle identità etniche tradizionali e culturali nella progettazione degli spazi di accoglienza34 , che tendono ad annientare queste identità etniche e personali. L’incontro per questi gruppi emergenti è una necessità, lo dimostra il continuo ritrovarsi per strada, il senso di ospitalità è molto radicato e non sussiste il concetto di spazio privato, lasciato un po’ in disparte in favore di un sentimento di comunità molto ampio, aspetti che ben inquadrano le esigenze di questa nuova categoria e soprattutto l’inadeguatezza degli spazi che vengono occupati anche illegalmente, spesso troppo piccoli e inadatti ai rapporti sociali. In direzione del rispetto delle diversità etnico culturali sembra essersi mosso l’interesse nella definizione delle strutture residenziali che partono dal presupposto che le singole unità abitative devono consentire un uso flessibile e polifunzionale dello spazio, ma soprattutto basarsi su specifici modelli culturali35 . Con riferimento al tipo di utenza viene scartata sia l’ipotesi di residences tradizionali, sia quella di semplice alloggio. Una risposta insoddisfacente, anche dettata dall’emergenza abitativa è anche quella della sistemazione in albergo, 32 S. Farian Sabahi, I tre gradi dello spostamento, in Il Sole 24 ore, 7 Gennaio 1996, p.32 33 F. Alberoni, Immigrati in Italia nasceranno comunità nuove e potenti, in Corriere della Sera 23 Novembre 1998, p.1. 34 In realtà non si può definirli spazi di accoglienza, sono spazi ai margini della città, spesso luoghi abbandonati e degradati che impongono ancora una volta i soggetti immigrati come attori passivi. 35 A.Tosi, Immigrati e senza casa, i problemi i progetti le politiche, Franco Angeli, Milano, 1993. 90 La creazione di comunità e l’incontro sono una necessità per gli extracomunitari CAPITOLO PRIMO soluzione piuttosto dispendiosa considerando poi che non si possono ricevere ospiti, ne cucinare e tutto ciò non consente all’immigrato di regolare in modo autonomo la propria vita. La casa-albergo potrebbe costituire la risposta alle esigenze di un tipo di immigrazione stagionale con caratteristica di transitorietà, che implica un periodo determinato di permanenza e non porta con sé problemi legati al ricongiungimento familiare. La risposta abitativa rivolta al gruppo comunità deve garantire condizioni di vita familiari tra connazionali. La proposta progettuale dovrà basarsi su una cellula residenziale aggregata ad altre unità dello stesso tipo o di tipo più complesso destinate per esempio ad altre categorie d’utenza: lavoratori, studenti, giovani coppie, anziani36 . 36 La tendenza è quella di garantire una progettazione per composizioni sociali diversificati per innescare rapporti multigenerazionali. 91 Una risposta alle loro esigenze potrebbe essere la casa-albergo CAPITOLO PRIMO L’esempio qui a fianco riportato (Residenza per immigrati a Bordeaux, 1994, progetto: arch. F. Marzelle, I. Manescau, E. Steeg.) mostra la tipologia forse più adatta ad una residenza per immigrati. E’ formata da due corpi paralleli ed uno in testata, che definiscono una lunga corte rettangolare, luogo di distribuzione degli alloggi e degli spazi collettivi (locale riunioni, caffetteria e lavanderia) posti al piano terra e luogo di ritrovo degli abitanti. Le abitazioni (102 camere totali) sono tutte singole di circa 13 mq. e sono organizzate in 21 unità: cinque stanze con bagno privato che condividono un soggiorno /cucina all’interno di un appartamento duplex. 92 CAPITOLO PRIMO La necessità di privacy viene soddisfatta attraverso la realizzazione di logge con affaccio verso la corte, che concludono lo spazio individuale (camera) e che possono essere completamente chiuse da serramenti a persiana in legno. Fonte: Techniques & Architecture, n°410. 1993, pag.68-69. AA.VV., Housing 7-8, Etas Libri, Milano 1997, pp.124-127 93 CAPITOLO PRIMO 1.12.4 La residenza per studenti Il tema della residenza universitaria, degli alloggi per studenti è stato un tema “dimenticato” dagli studi di settore e dagli studi sociali per oltre trenta anni. Solo all’inizio degli anni novanta si sono viste alcune novità nel settore. Negli altri paesi europei la situazione è notevolmente diversa per la varietà e la ricchezza delle iniziative. La difficoltà maggiore nell’affrontare il problema della residenza per studenti è dovuta soprattutto al fatto che non esiste una vera conoscenza della composizione della popolazione studentesca, non si sono avviati studi per l’analisi dei trend evolutivi sia per la consistenza che per le caratteristiche della mobilità. Tutto ciò porta ad una sottovalutazione del problema ma, in realtà, le residenze per studenti sono una interessante opportunità sotto il profilo formativo e occupazionale. Sotto il profilo formativo svolgono importanti azioni che gli studenti stessi riconoscono e apprezzano: favoriscono l’integrazione tra studenti diversi per provenienza geografica, culturale e sociale; garantiscono spazi individuali idonei alla privacy e autonomia e nello stesso tempo contengono strutture capaci di stimolare gli incontri e scambi tra persone e superare, così, la specializzazione e allargare i propri orizzonti culturali; aiutano a sviluppare la socialità mediante la localizzazione delle residenze in contesti urbani atti a favorire le fruizione di spazi e opportunità culturali, formative, sportive di tempo libero e aiutano anche a rigenerare aree ormai morte dal punto di vista sociale. Sotto il profilo occupazionale oggi, nelle residenze, è impegnato personale solo per funzioni amministrative e manutentive. Si possono creare interessanti opportunità per quanto riguarda le attività culturali, il tempo libero negli spazi della residenza sia per gli ospiti che per persone esterne, permettendo così agli studenti di occupare una parte della loro giornata in attività “socialmente utili” ed integrare l’assegno della borsa per il mantenimento agli studi. Il coinvolgimento degli studenti nella vita della residenza, negli altri paesi europei, è un’attività naturale. La residenza per studenti deve essere composta da spazio pubblico e spazio privato e la corretta ripartizione tra questi due ambiti deve garantire sia il necessario livello di privacy, per lo svolgimento delle attività di studio e personali, sia la possibilità di socializzare. 94 Le residenze per studenti svolgono importanti azioni sotto il profilo formativo e occupazionale Le residenze per studenti devono essere composte da spazi collettivi e spazi privati CAPITOLO PRIMO Un altro importante elemento che aggiunge sicurezza allo studente è la possibilità di riconoscere luoghi e spazi significativi, cioè la possibilità di identificarsi in alcuni spazi in cui si sente a proprio agio attraverso il rapporto con gli altri, lo studio, le attività sociali. In base ai bisogni (oggettivi e soggettivi), lo studente che vive all’interno di una residenza universitaria si aspetta che possa compiere, o gli sia data la possibilità, di compiere una serie di attività legate alle proprie richieste. Sulla base delle considerazioni fatte le residenze per studenti non dovrebbero più avere la fruizione di mera ospitalità ma dovrebbero essere un luogo di integrazione tra l’attività didattica, lo studio e l’attività di socializzazione e formazione personale. I principali punti su cui la progettazione di residenze universitarie si dovrebbe basare sono: 1. La distribuzione di residenze nell’ambito urbano per favorire l’integrazione degli studenti nella città; 2. L’aumento della disponibilità di posti letto non solo attraverso la costruzione di nuove strutture ma anche attraverso il recupero di immobili esistenti (rivitalizzazione dei quartieri monofunzionali); 3. Il superamento della casa dello studente intesa come struttura dormitorio senza dotazioni di servizi o con la presenza di ampi ambienti comuni in luogo di una residenza che privilegi gli spazi privati e che nella progettazione degli spazi comuni tenga conto delle vere modalità con cui si intrattengono relazioni; 4. Favorire l’espletamento delle attività di base attraverso ambienti piccoli e diffusi nella struttura anziché un unico ambiente di grande dimensioni accentrato (ad esempio piccole cucine al piano progettate per piccoli gruppi dove poter socializzare); 5. Prevedere spazi singoli per lo studio e il riposo e spazi comuni ma ristretti a piccoli gruppi; 6. Promuovere la socialità esterna consentendo rapporti con il contesto urbano e culturale della città attraverso la possibilità di usufruire dei servizi presenti; 7. Gli organismi residenziali di scala minore in cui la bassa densità è in grado di garantire la vivibilità che consente alla comunità di identificare la propria struttura e contemporaneamente costituire una convenienza nella gestione. Per quanto riguarda, invece, l’organizzazione tipologica delle residenze, è necessario identificare e progettare con attenzione i vari spazi che la compongono: 1. Ambito privato 95 Lo studente si deve poter identificare con gli spazi abitativi CAPITOLO PRIMO 2. 3. 4. 5. Ambito semi-privato Ambito semi-collettivo Ambito collettivo Ambito pubblico37 37 Riva D., Le residenze universitarie in Italia: evoluzione storica, caratteri tipologica architettonica ed edilizia, Politecnico di Totino- Dip. Scienze e tecniche per processi di insediamento, Torino, 1989. A. Cornoldi, F. Viola (A cura di ), Nuove forme dell’abitare, CLEAN, Napoli, 1999. 96 CAPITOLO PRIMO 1. Ambito privato E’ destinato all’alloggiamento e all’espressione individuale degli studenti e costituito da spazi individuali o familiari o interfamiliari38 . E’ l’elemento che costituisce il principio organizzativo, dal punto di vista tipologico, delle residenze. Possiamo ricondurci a due modelli principali: unità elementari costituite da camere con o senza servizi secondo uno schema tipicamente alberghiero; oppure alloggi autosuffcienti composti da cucina integrata o separata dal soggiorno e camere a uno o due letti con bagni in comune, secondo uno schema tipicamente di edilizia residenziale. Gli esempi qui riportati mostrano le tipologie sopra descritte. Il modello abitativo suggerito dal primo esempio (casa per studenti a Cambridge, 1994, progetto: arch. J. Dixon, E. Jones) è quello del normale appartamento in cui un gruppo di quattro o cinque studenti condivide un soggiorno/cucina e due locali servizio. Come si può vedere le cellule sono essenzialmente composte da un letto, una scrivania posti vicino alla finestra, uno spazio a muro per l’armadio ed un lavabo nella zona più sfavorita della camera. 38 I luoghi privati individuali sono riferiti strettamente alla persona singola e riferiti alla sfera strettamente personale; essi sono la stanza da letto, lo studio il bagno; i luoghi per il privato familiare familiari sono allargati ad una ristretta cerchia di persone intimamente legate allo studente, identificabile come una sorta di famiglia; essi sono i locali come il soggiorno, la cucina da pranzo; i luoghi per il privato interfamiliare sono riferiti a spazi condivisi da ambiti familiari diversi e sono spazi come il soggiorno comune, locali lavatrici, stanze da gioco ecc. 97 CAPITOLO PRIMO Nel secondo esempio ( residenza per studenti a Talence - Gironde, 1990, progetto: arch. Jean de Giacinto, Alain Loisier) viene invece rappresentata una cellula abitativa singola autosufficiente completa di servizio igienico e piccolo angolo cottura. E’ da notare che, in questa cellula abitativa, la funzione del dormire occupa uno spazio sacrificato rispetto all’intera unità, infatti è decisamente più privilegiata la funzione dello studio. Ad essa è dedicata la parte più protetta che si affaccia all’esterno, lontana dal passaggio degli utenti lungo il ballatoio. La divisione fra l’ambiente funzionale al dormire e quella prettamente della vita giornaliera viene attuata tramite il blocco dei servizi fisso e l’armadio per i vestiti. Nell’ultimo esempio (Residenza per studenti a Graz, 1989, progetto: arch. Klaus Kada), invece, quattro camere su un unico livello o cinque in duplex, condividono lo spazio cucina/soggiorno e due bagni sdoppiati che pur essendo in comune, non obbligano a percorsi in spazi comuni ma solamente in piccoli disimpegni che collegano le camere in zone-appartamento, soluzione che risulta come una sorta di mediazione tra il rispetto della privacy ed impegni tecnologici ed economici per dotare ogni stanza di un proprio bagno. A differenza del primo esempio, in questo caso, lo spazio soggiorno è anche lo spazio per la distribuzione delle camere. La seconda e l’ultima soluzione comportano una maggior facilità organizzativa gestionale e permettono di responsabilizzazione il singolo utente in rapporto ad un piccolo gruppo di persone. La prima soluzione, invece, garantisce una maggior privacy. Fonte: Fig.1 Abitare, n°356, 1996, pp. 186-188 Fig. 2: Le Moniteur, n°35, 1992, pag.20. Fig.3: Techniques &Architecture, n°410, 1993, p.p.81-83. 98 CAPITOLO PRIMO L’esempio qui a fianco riportato (abitazione per un giovane, Milano, 1978, progetto: arch. Cini Boeri) mostra come piccoli spazi possono essere ricavati per la realizzazione di alloggi per studenti. L’intervento riguarda la ristrutturazione ad uso abitativo di un ambiente di 17 mq., con altezza utile di 350 cm, presente in un vecchio edificio. La notevole altezza e la destinazione di una persona giovane, ha suggerito l’installazione di un soppalco a 210 cm di altezza, che copre un nucleo di servizio igienico e lo spazio per il letto che viene così a trovarsi in una nicchia. Il basso soppalco, cui si accede tramite una scalaetta ancorata al muro esterno del bagno, aggiunge qualche metro quadrato fruibile al monolocale ed adibito a spazio letto supplementare o a soggiorno informale. Il ridottissimo spazio residuo comprende l’ingresso, una piccola cucina ad L, al cui termine un piano apribile può essere usato come scrittoio o come tavolo da pranzo, e una parete attrezzata a tutta altezza. Fonte: G. Ottolini, V. De Prizio, La casa attrezzata. Qualità dell’abitare e rapporti di integrazione fra arredamento ed architettura, Liguori Editore, Napoli 1993. 2.Ambito semi-privato E’ destinato ad un gruppo ristretto di utenti e, di solito, è lo spazio che media l’ambito privato e l’ambito collettivo. Ambienti tipici che possono rientrare in questa categoria sono gli spazi attrezzati (cucina/soggiorno) in comune per un ristretto numero di camere, distribuite autonomamente in un piano o in un vano scala. Residenza per studenti a Salzbourg, 1998, progetto: arch. Ebner et Eckerstorfer. Fonte: L’Architecture D’Aujour D’Hui, n°322, Maggio 1999, pp.16-17 99 CAPITOLO PRIMO 3. Ambito-semicollettivo In generale gli ambiti semi-collettivi possono identificarsi con gli spazi di distribuzione agli alloggi e che spesso diventano veri e propri luoghi di incontro. L’uso del ballatoio, in particolare, come abbiamo visto anche nelle residenze per anziani, è sicuramente il mezzo migliore per trasformare un semplice elemento di distribuzione in un luogo vivo e vivibile. Ne è un esempio la casa dello studente di Graz in Austria di Klaus Kada, dove (come si può vedere nella foto rappresentata) l’elemento connettivo del ballatoio diventa luogo di sosta, come terrazza per prendere il sole (grazie alla buona esposizione sud-ovest) e talvolta come deposito biciclette e la sua animazione fa si che le corti vengano percepite come spazi urbani intensamente abitati. Il ballatoio, come elemento di distribuzione nelle residenze speciali, è sicuramente il modo migliore sia per servire un numero di alloggi consistente sia per permettere l’incontro e la comunicazione tra gli abitanti. 100 CAPITOLO PRIMO 4. Ambito collettivo E’ destinato alle attività di tutta la comunità degli studenti ospiti: mensa, portineria, lavanderia, sale polifunzionali, sale conferenze, palestre, sale studio, ecc. A seconda della dimensione della residenza molti di questi servizi possono essere allargati all’ambito pubblico, aperte cioè al mondo esterno e favorendo così i rapporti con il resto della cittadinanza. E’ preferibile alloggiare gli spazi comuni ai piani terra degli edifici in modo che siano accessibili a tutti gli studenti ed in modo che possano usufruire (quando le condizioni meteorologiche lo consentano) di spazi all’aperto. La residenza per studenti di TalenceGironde (come si può vedere dalla planimetria e dalla foto) definisce, attraverso la posizione parallela dei due edifici uno spazio collettivo all’aperto, movimentato dalla creazione di un corso d’acqua e dalla creazione di aiuole verdi, che è a diretto contatto con i locali comuni posti al piano terra. Un altro aspetto interessante da sottolineare è il fatto che anche alcuni alloggi si affacciano sulla corte centrale e quindi possono espandersi in uno spazio esterno coperto dai ballatoi sovrastanti. Fonte: Le Moniteur, n°35, 1992, pag.20 101 CAPITOLO PRIMO 5. Ambito pubblico E’ destinato all’incontro e scambio con utenze esterne. Si tratta di quegli ambienti prima descritti, che possono ospitare sia l’incontro tra gli studenti che incontri allargati alla cittadinanza e quindi legati ad attività culturali e sociali. Questi spazi permetterebbero di favorire lo scambio con la città o con il quartiere in cui la residenza per studenti è situata, favorendo, dove è necessario, la rigenerazione di aree ormai morte dal punto di vista sociale. L’inserimento, ad esempio, della casa dello studente di Klaus Kada a Graz, in un quartiere semicentrale degradato, ha permesso di rivitalizzare l’area anche grazie alla realizzazione di una grande sala spettacoli e conferenze, con annesso caffè, situata al piano terra dell’edificio centrale e accessibile a tutti i cittadini. Fonte: Techniques & Architecture, n° 410, 1993, pp.81-83. 102 CAPITOLO PRIMO 1.13 Alcuni modelli abitativi innovativi: la co-residenza e le abitazioni multigenerazionali La questione abitativa, da problema dominato dalla ricerca di uniformità produttiva e uguaglianza sociale, si presenta oggi articolato in molteplici aspetti per l’intrecciarsi di più discipline che entrano in campo per definire un prodotto che deve caratterizzarsi per le innumerevoli e diversificate scelte che i consumatori possono esprimere39 . Allo stato attuale le esigenze diversificate sono già una realtà esplicita, destinate a non incrociarsi con una realtà abitativa in grado di soddisfare bisogni così specifici. Alla definizione dei modi di fruire lo spazio abitativo partecipano infatti fenomeni complessi: la costante evoluzione della famiglia in termini di composizione e dimensione, i nuovi rapporti al suo interno e le trasformazioni di costume. La necessità è quella di disporre di alloggi capaci di adattarsi e trasformarsi nell’arco temporale di sviluppo del nucleo familiare, oltre che al mutare delle esigenze e quindi della domanda, nella logica che il bene casa deve durare il più possibile nel tempo. L’esigenza di far convivere modi di essere tanto diversi impone all’interno dell’abitazione la determinazione di aree articolate, ma estremamente indipendenti tra di loro. Inoltre con il passare del tempo mutano le condizioni delle famiglie stesse40 che rendono l’uso della casa inadeguato a meno di una progettazione che tenga conto di questo con uno studio approfondito sulla possibile flessibilità dell’alloggio. 39 Assumendo come dati i molteplici aspetti che concorrono a definire gli utenti attuali delineati al capitolo primo. 40 Figli piccoli, poi adolescenti, quindi adulti che abbandonano il nucleo familiare per formarne uno proprio. 103 CAPITOLO PRIMO 1.13.1 Il modello di co-residenza 41 L’emergere di una nuova domanda sociale e il desiderio di un abitare più ricco di relazioni interpersonali, anche per utenti senza aggettivazioni particolari42 , colloca il rapporto tra i servizi e l’alloggio all’interno di una ricerca verso una nuova qualità dell’abitare. In passato gli sforzi per realizzare abitazioni più corrispondenti al tipo di utenza hanno prodotto residenze speciali per ogni gruppo sociale al quale veniva riconosciuto diritto d’identità. Le strategie di accentuata differenziazione e specializzazione delle tipologie abitative speciali per particolari utenze presentano tuttavia due possibili rischi: potrebbero finire per costituire un fattore di ulteriore emarginazione e potrebbero dimostrarsi eccessivamente rigide e poco flessibili rispetto a una domanda abitativa in evoluzione. La tipologia qui descritta assume come riferimento alcuni caratteri delle residenze speciali43 , la definizione di standard abitativi differenziati e l’incremento degli spazi abitativi ad uso collettivo, ma superato il concetto di residenza per tipo di utenza si propongono interventi multigenerazionali44 . La multigenerazionalità può essere la chiave per evitare i fenomeni di reclusione e ghettizzazione sociale. Il programma di coresidenza è il modello abitativo che si potrebbe assumere come esempio. E’ l’aspirazione a un nuovo modo di vita che non riguarda solo i settori più deboli della popolazione che possono essere oggetto di interventi particolari, ma che coinvolge tutti coloro che possono sentire il bisogno di equilibrio più bilanciato tra privato e collettivo. Desiderare contatti con generazioni diverse dalla propria significa rendersi conto di quanta importanza rivesto la socialità e l’incontro a fronte ad esempio della parcellizzazione e dell’isolamento dei tradizionali soggiorni. Gli interventi di coresidenza non sono interventi per persone speciali, ma interventi di tipo innovativo dove la comunità residenziale è l’estensione del privato e luogo per attività di socializzazione. 41 A. Saggio, Co-residenza. Nuove famiglie e progettazione della casa, in Edilizia Popolare n°228, 1993, p.4. 42 La nuova strategia di intervento propone di considerare come categorie speciali, interessate cioè da un progetto specifico, anche gli utenti che la normativa ha invece relegato dietro interventi omogenei. 43 Si sfruttano gli studi tipologici sulle residenze speciali effettuati negli anni passati per estrapolare alcuni caratteri prestazionali da utilizzare nel progetto di recupero. 44 Riequilibrio sociale attraverso utenti di fasce d’età differenti è requisito indispensabile per combattere il degrado di molti quartieri dove la concentrazione di alcune fasce d’età comporta fenomeni di ghettizzazione. 104 La multigenerazionalità può essere la chiave per evitare fenomeni di reclusione e ghettizzazione sociale Che cos’è residenza? la co- CAPITOLO PRIMO In Danimarca il modello abitativo della co-residenza ha oggi un impatto crescente e diventa un’occasione di applicazione per architetti capaci interagire in una dinamica che vede i futuri residenti che si organizzano in gruppi e associazioni, scrivono il programma, assumono l’architetto, trovano il finanziamento, partecipano al processo progettuale e a volte a parte della costruzione. In Svezia, invece, il modello di abitazioni collettive, si è andato caratterizzando come intervento “multigenerazionale” e “plurifamiliare” con annessi servizi di supporto: questo modello prevede la permanenza dello spazio privato degli alloggi (compreso quello del soggiornare e cucinare) ma pianifica strettamente la connessione tra spazio privato e spazi di uso collettivo dei quali il più importante consiste negli ambiti per preparare i pasti e mangiare in comune. I vantaggi di questo modello abitativo comporta un aumento di qualità sociale delle relazioni nell’intervento. La presenza di anziani che rappresenta una componente essenziale della multigenerazionalità, garantisce una presenza di attività e di persone durante i giorni feriali e utilizzo efficiente dei servizi residenziali. La multigenerazionalità dell’utenza modifica infine il concetto tradizionale di casa di riposo trasformando l’anziano in soggetto attivo accanto ad altre categorie di cittadini. Nell’esperienza svedese assumono notevole importanza sia le cooperative che l’Amministrazione pubblica: gli alloggi sono dati in affitto o sono di proprietà dell’ente mentre i servizi collettivi sono o previsti da organizzazioni e agenzie esterne o gestiti dagli affittuari stessi. Questa differenziazione di gestione caratterizza i due modelli basilari di intervento: il service management e il tenant management, Nel primo gli utenti preacquistano buoni che consentono l'utilizzo dei servizi che sono gestiti attraverso mano pubblica, nel secondo la comunità residenziale li gestisce in proprio con sistemi volontaristici o cooperativi. Il service management, di conseguenza, è più propriamente applicato ad interventi pubblici su larga scala e risponde all’obiettivo di rendere i servizi sociali disponibili anche al resto del quartiere, mentre i progetti più piccoli usufruiscono generalmente del tenant management e portano avanti le tematiche più proprie dell’abitare con servizi collettivi. Il problema più discusso, anche dopo anni di sperimentazione, resta quello della scala di intervento, tema strettamente legato alla gestione dei servizi. Se il progetto è di dimensioni limitate infatti si ha il vantaggio di una maggior familiarità dei residenti, ma anche lo svantaggio di un troppo limitato numero di persone per rendere economicamente fattibile la gestione. Se dall’altra 105 I vantaggi delle abitazioni multigenerazionali Esistono due tipologie di gestione: Service management e tenat management Il Service management Il tenat management CAPITOLO PRIMO parte, il progetto è su larga scala i residenti possono usufruire di numerose iniziative, ma allo stesso tempo può insorgere la sensazione di appartenere più ad un istituto più che a una casa. Il modello di integrazione generazionale reca comunque vantaggi sociali indiscussi a tutte le categorie: per la persona sola facilita opportunità di scambio e l’organizzazione domestica; alle famiglie con bambini piccole o alle madri sole con bambini risolve i problemi giornalieri legati alla loro custodia in un contesto ricco di scambi e di conoscenze; agli anziani e ai disabili offre la concreta possibilità di diventare membri attivi di una comunità allargata. Sulla base di esperienze straniere è possibile definire alcuni criteri per la progettazione di co-residenze: 1. Composizione per fasce d’età; 2. Composizione per unità domestiche; 3. Adattabilità dell’alloggio; 4. Partecipazione 45 . Un complesso do co-residenza deve rispondere ad esigenze, funzionalità e configurazioni diverse. Il successo dell’intervento dipende, in buona misura, dalla comprensione delle domande che convergono nei diversi spazi e dalla pertinenza delle risposte progettuali che vi vengono trovate. Per fornire una struttura di riferimento a questa problematica è utile distinguere sette tipi di spazio residenziale che vanno da quello di contiguità tra complesso residenziale e città sino a quello dell’igiene individuale (spazi pubblici, collettivi, semicollettivi, semi-privati, privati di nucleo, privati di servizio, privati individuali). Come criterio fondamentale per distinguere uno spazio da quello successivo è utile ricorrere al parametro del “controllo”, in altre parole, i vari spazi residenziali si distinguono per il numero di persone che esercitano una funzione di controllo sullo spazio. E’ necessario quindi porre molta attenzione nella progettazione di: 1. Integrazione tra sfera privata e collettiva; 45 L’esperienza degli altri paesi dimostra che il coinvolgimento degli abitanti è essenziale. In Svezia e Danimarca, ad esempio, i futuri utenti vengono selezionati da speciali liste comunali e vengono scelti in base alle loro potenzialità di arricchire il quadro generazionale e sociale dell’intervento. La co-residenza richiede una coesione volontaristica e presuppone il formarsi di gruppi di gestione che si occupano dei diversi aspetti dell’operatività del complesso. E’ comunque da tutti segnata l’importanza dell’attivo coinvolgimento degli utenti alla progettazione e alla corresponsabilizzazione delle decisioni fondamentali. 106 CAPITOLO PRIMO 1. Spazi collettivi; 3. Spazi semi-collettivi; 4. Spazi semi-privati. 107 CAPITOLO PRIMO 1.Composizione per fasce d’età. Una singola fascia d’età non deve superare il 40% per non precostruire una situazione di dominanza troppo marcata. A scopo esemplificativo si possono fornire due casi di riferimento: co-residenza prevalentemente rivolta alla terza età (40% persone sopra i 65 anni, 25% persone tra i 25 e i 45 anni, 20% persone tra i 45 e i 65 anni, 15% persone al di sotto dei 25 anni); coresidenza prevalentemente rivolta alla seconda età (30% abitanti tra i 25 e i 45 anni, 15% abitanti tra i 45 e i 65 anni, 35 % sotto i 25 anni, 20% sopra i 65 anni). 2.Composizione domestiche 46 . per unità Una suddivisione indicativa tra i vari tipi di unità domestiche può essere la seguente: 35% unità domestiche biparentali47 con figli, 10% unità domestiche allargate48 , 20% unità domestiche aggregate49 , 15% unità domestiche monoparentali50 , 20% unità domestiche individuali51 . A queste possibili suddivisioni possono far capo tagli di alloggi congruenti, ad esempio: 35% di alloggi a tre camere da letto, 10% di alloggi di quattro o cinque camere da letto, 35% alloggi di due camere da letto, 20% di alloggi di una camera da letto. 46 A. Saggio, Co-residenza. Nuove famiglie e progettazione della casa, in Edilizia Popolare n°228, 1993, p.4. Si intende una famiglia classica con figli o senza figli. 48 Si intende un nucleo dove diverse persone legate da parentela convivono anche con i rami collaterali: zii, cognati o con figli sposati seguendo il modello della famiglia allargata 49 Si intende persone che convivono insieme senza legami di parentela. 50 E’ un nucleo composto da un solo genitore con figli. 51 E’ un nucleo composto da una sola persona. 47 108 CAPITOLO PRIMO 3.Adattabilità dell’alloggio . La progettazione dell’alloggio ha quale criterio fondamentale la ricerca verso la sua adattabilità che si deve esplicare in due caratteristiche fondamentali: la flessibilità ( due distinte possibilità di arredo per ciascun ambiente e la possibilità di usi alternativi di alcune stanze); - la trasformabilità ( la possibilità dell’alloggio di crescere o diminuire al variare delle esigenze). Fonte: Studi di cellule trasformabili e flessibili in A. Cornoldi, F. Viola (a cura di), “Nuove forme dell’abitare”, CLEAN edizioni, Napoli 1999. 109 CAPITOLO PRIMO 1.Integrazione tra sfera privata e collettiva. Un intervento di co-residenza si prefigge di avere un passaggio graduale tra spazi di diversa pertinenza allo scopo di integrare la sfera privata da quella collettiva. Per quanto riguarda i sistemi insediativi e distributivi si privilegiano sistemi insediativi basati sulla continuità tra edificato e spazi e sistemi distributivi a percorso pensile. Nel modello abitativo della co-residenza di Jystrup, Danimarca, 1984, (progetto: arch. Tegnestuen Vandkunsten) la distribuzione agli alloggi avviene tramite una strada interna coperta da lucernari di vetro, che funge da estensione esterna delle attività della casa. Il percorso è attrezzato con panchine ed aree gioco dei bambini, e la cucina essendo adiacente al percorso di distribuzione permettendo il continuo controllo dei bambini. La strada ha quindi una funzione di integrazione tra la sfera privata (alloggio) e gli spazi collettivi che si trovano sia all’incrocio dei due percorsi coperti (sala comune) che in alcuni punti lungo il percorso (lavanderia, laboratori…) Fonte: Edilizia popolare, n°228, 1993, pag. 6. 2.Gli spazi collettivi. Sono servizi, luoghi e percorsi realizzati nel complesso residenziale a cui possono accedere, senza nessun controllo, tutti gli abitanti del complesso. Il rapporto percentuale tra spazi collettivi e spazi privati può variare dai 10 mq. di spazi comuni per ogni alloggio ai 30 mq. a seconda dei casi e delle esigenze. I servizi collettivi, mantenuti e gestiti dalla collettività residenziale, sono indispensabili per lo sviluppo della vita di molti utenti, e possono essere parzialmente finanziati da fondi ad essi 110 CAPITOLO PRIMO destinati, ma riguardano l’intera comunità residenziale. Devono essere in genere posizionati in zone baricentriche in modo che siano accessibili a tutti gli abitanti (vedi caso esempio precedente). Indicazioni gestionali. Per questo tipo di servizi si presuppone l’utilizzo almeno saltuario di tutti gli abitanti del complesso. Ciò presuppone la creazione di un comitato di gestione che determini mansioni, responsabilità e turni precisi. Per alcuni servizi che corrispondono a numero di abitanti elevato si può ricorrere alla gestione di terzi di alcune attività speciali (lezioni di musica, babysitting…). 3.Spazi semi-collettivi . Si tratta di servizi, dei luoghi aperti, dei percorsi e dei disimpegni definiti da un sotto-gruppo di abitazioni cui possono accedere senza alcun controllo gli abitanti di quel gruppo di alloggi. Fondamentale tema di progettazione a questa scala è la caratterizzazione dei raccordi tra i servizi e gli alloggi. Alloggio, disimpegno, verde di immediata pertinenza e servizio semicollettivo devono dividere un tutto organicamente pensato e la relazione tra il primo e l’ultimo non dovrà essere interrotta da elementi che possano costituire barriera psicologica o spazi di nessuno. La progettazione di questi ambiti deve mirare a un arricchimento funzionale dei luoghi in origine concepiti come disimpegni esclusivamente distributivi. Il carattere informale degli spazi semicollettivi ha il vantaggio di permettere un utilizzo senza mediazioni esterne al gruppo di abitanti che vi gravita, ma può essere contemporaneamente, fonte di inconvenienti. Primo fra tutti la possibile conflittualità tra famiglie per la privatizzazione del servizio o il degrado dello spazio considerato come terra di nessuno. La comprensione in sede progettuale di questi potenziali problemi deve risolversi nella capacità di definire gli 111 CAPITOLO PRIMO spazi sia come punto d’incontro tra diversi nuclei sia come “privata estensione” dell’alloggio. Nel primo caso si tratterà di localizzare attrezzature e spazi che non possono esistere nella casa, ma che è logico ed economico dividere, nell’altro caso si tratterà di fornire elementi di arredo che devono essere personalizzati e gestiti singolarmente. Nell’immagine casa Collettiva Tubberupuaenge II, 1989, Copenaghen Fonte: Edilizia popolare, n°228, 1993. 4.Spazi semi-privati. Si tratta degli elementi filtro tra alloggio ed esterno gestiti privatamente ma percepiti dallo spazio semi-collettivo. Sono luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, solo gli abitanti del singolo nucleo abitativo. Gli spazi semi-privati possono dare genericamente all’esterno oppure essere collocati lungo un percorso in quota. La presenza di questi spazi è essenziale in un progetto di co-residenza perché permettono quel flusso graduale che porta dal privato al collettivo sia dal punto di vista sociale che da quello architettonico. La gestione è completamente a cura dei singoli utenti, ma, nel caso della coresidenza, è utile che alcune regole comuni siano decise dall’insieme degli abitanti. In questo esempio di co-residenza a Goteborg - Svezia sono stati creati alcuni spazi a doppia altezza ad uso limitato dei nuclei familiari che hanno gli alloggi e gli ingressi in adiacenza a questo locale. Questo è un esempio di ambito semiprivato poiché funge da filtro rispetto all’abitazione e, allo stesso tempo può essere utilizzato da un numero ristretto di famiglie. Nell’immagine Casa Collettiva Rulltartan, 1989, Goteborg-Svezia, progettista B. end B. Lindstrom. Fonte: Edilizia popolare, n°228, 1993, pag. 14. 112 CAPITOLO PRIMO Gli alloggi delle co-residenze e più in generale lo spazio privato in dotazione ad ogni nucleo familiare, non corrisponde al ridottissimo “minimum habiter” funzionalista bensì pur se al di sotto dello standard di riferimento, è comunque in grado di dare efficace risposta alle esigenze dell’abitare. Il nucleo familiare non è in questo modo obbligato o indotto forzatamente ad usufruire degli spazi comunitari a causa dell’eccessiva esiguità dello spazio privato e delle attrezzature poste all’interno dell’alloggio. Il nucleo familiare è libero di scegliere, di volta in volta, a seconda delle esigenze l’utilizzo o meno degli spazi comunitari che in ogni caso vengono vissuti come una vera e propria espansione dell’alloggio. Gli spazi comunitari così definiti si caratterizzano sia per le dimensioni contenute, che ne consentono una più semplice gestione ed arredabilità, sia per la risposta ad esigenze ed attività diverse richieste dai nuclei familiari da insediare. Non solo quindi il consueto spazio cucina-soggiorno-pranzo, ma anche la camera per il gioco dei bambini (che, qualora siano presenti anziani o studenti disposti a prendersi cura dei bambini può trasformarsi in un vero piccolo asilo), la lavanderia, la camera per lo studio e l’hobbistica sino alla camera per eventuali ospiti. La socializzazione di talune attività dell’abitare ed in particolare quelle emergenti dai nuovi modi di vita (lavoro in casa, hobbistica..) può sicuramente costituire una possibile risposta alle sempre più varie esigenze dell’abitare. In Italia la ritrosia degli operatori a percorrere strade diverse dalla norma, ad investire progettualmente nella ricerca di nuove risposte volte ad individuare forme di abitare più socializzanti è in genere motivata dalla difficile gestione degli spazi comunitari. E’ evidente che sperimentazioni in tal senso sono imprescindibilmente legate alla preventiva individuazione di nuclei familiari interessati a questa diversa filosofia dell’abitare. Sperimentazioni edilizie mirate potrebbero costituire un efficace obiettivo strategico utile non solo per calibrare il tema della realtà sociale italiana, ma anche per sensibilizzare maggiormente l’utenza sulle potenzialità degli spazi comunitari come risposta alle esigenze legate al lavoro, studio e svago che emergono dai nuovi modi di vita e abitare. 113 CAPITOLO SECONDO CAPITOLO SECONDO L’esperienza francese nel campo della riqualificazione: linee-guida ed analisi di casi studio 114 CAPITOLO SECONDO Nota introduttiva I quartieri di edilizia economica e popolare in crisi, quartieri in cui il degrado fisico degli edifici e dell’ambiente è affiancato da fenomeni di disagio, di povertà e di esclusione sociale, sono ormai in tutti i paesi industrializzati, un tema fondamentale del dibattito sulle città e sulle politiche urbane. Negli anni ’90 in Europa si sono sviluppate nuove politiche pubbliche che si allontanano dalle tradizionali politiche di riqualificazione basate semplicemente sul recupero edilizio e il miglioramento urbanistico, ma che riconoscono il degrado di questi quartieri come l’esito di processi sociali di esclusione ed affidano la loro riqualificazione soprattutto a progetti di “sviluppo sociale”. Alle politiche viene assegnato il compito di rompere il circolo vizioso dell’esclusione sociale, di contrastare i processi di stigmatizzazione che colpiscono questi quartieri. Un modello comune alle diverse esperienze europee è quello dell’azione locale integrata (collaborazione tra diversi attori, partecipazione degli abitanti e delle istituzioni in loco), che ha rappresentato in Europa, in questi ultimi anni, una componente fondamentale della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. In Italia la cultura della riqualificazione, che si muove sotto un’ottica totalmente urbanistica/edilizia, ha fino ad ora emarginato dal dibattito l’ipotesi di una riqualificazione intesa anche come “progetto sociale”, con conseguenze preoccupanti quando la riqualificazione si applica a situazioni più gravi dove la concentrazione dei fenomeni problematici è particolarmente forte. Oggi il tema della riqualificazione come progetto / sviluppo sociale locale sta emergendo anche in Italia nel dibattito sui quartieri degradati, grazie all’istituzione dei Contratti di Quartiere che hanno introdotto un’apertura verso la prospettiva sociale e che potrebbero essere un’opportunità per dare una svolta al concetto di riqualificazione. Il dibattito sulla riqualificazione dei quartieri degradati apre quindi una nuova riflessione sulle modalità e metodologie d’intervento attraverso cui conferire qualità alla vita e qualità all’abitare di questi quartieri. In quest’ottica, la ventennale esperienza francese nel recupero delle periferie mi ha permesso di: 1. analizzare le metodologie attuate dall’Amministrazione pubblica nei quartieri di edilizia economica e popolare; 2. attuare un confronto con quelle italiane; 3. definire delle linee – guida procedurali per la riqualificazione. 115 CAPITOLO SECONDO In particolare il confronto ha riguardato: • le metodologie di programmazione degli interventi di riqualificazione; • gli attori coinvolti; • il ruolo degli abitanti; • i programmi gestionali; • l’organizzazione degli interventi da parte degli operatori e delle imprese; • il progetto architettonico (alloggi, spazi esterni); • la valutazione del risultato in termini architettonici, urbanistici, gestionali e sociali L’ipotesi è stata che l’ormai consolidata esperienza francese con i riaggiustamenti progressivi che l’hanno contrassegnata, poteva fornire indicazioni metodologiche ed operative di grande utilità per la riqualificazione dei quartieri degradati nel contesto delle città italiane. 116 CAPITOLO SECONDO 2.1 Le principali tappe della riqualificazione in Europa: Francia, Inghilterra e Italia Visto le premesse, prima di analizzare più approfonditamente il caso francese, può essere opportuno fare un breve excursus cronologico delle principali leggi e programmi per la riqualificazione avviati in alcuni paesi europei negli ultimi vent’anni, così da avere un quadro di riferimento con cui confrontare l’esperienza italiana. In Francia e nel Regno Unito, così come nella maggior parte dei paesi Europei nell’ultimo ventennio, le periferie sono state assunte come tema centrale dalle amministrazioni pubbliche, dai sociologi, dai politici e dai mass-media: quartieri a rischio, ghetti urbani, quartieri degradati sono alcuni delle definizioni che riflettono questo panico morale che si diffonde nella società. A partire da ciò le politiche di riqualificazione abitativa hanno assunto un ruolo specifico e determinante per la risoluzione dei problemi sociali, ed hanno sviluppato un approccio integrato che privilegia il livello locale e la partecipazione degli abitanti al processo decisionale, per raggiungere una riqualificazione “fisico - sociale”. 2.1.1 La Francia La riqualificazione del patrimonio di edilizia sociale si colloca in Francia in un programma di “réhabilitation” dell’habitat iniziato circa vent’anni fa. Gli interventi sulle abitazioni costruite nell’ambito dei programmi di edilizia sociale sono iniziati negli anni ’70. 1971-76- Il Governo inizia a considerare seriamente il degrado fisico e sociale dei quartieri con la conseguente messa in discussione dei principi informatori del modello di urbanizzazione delle ZUP.1 1977 - Viene istituito un programma di intervento che prende il nome di Habitat et Vie Sociale (HVS) per effettuare la riabilitazione dei grands ensembles urbani periferici particolarmente degradati, con gli obiettivi di: - elevare il confort individuale e collettivo tramite interventi tesi a migliorare la qualità degli alloggi, delle parti comuni, degli spazi pubblici e dell’ambiente; - favorire lo sviluppo della vita sociale dell’insediamento; 1 Zones à urbaniser en priorité, istituite nel 1958. 117 CAPITOLO SECONDO - favorire e sviluppare una migliore integrazione dell’insediamento nel contesto urbano; - favorire la partecipazione degli abitanti. 1981 - Viene istituita la Commission National pour le Développement Social des Quartieres2. La commissione DSQ amplia il campo di intervento della HVS e parte dall’idea di attuare una politica più efficace che consiste nell’agire sulle cause del degrado oltre che sul degrado stesso, intervenendo contemporaneamente nel campo dell’occupazione, dell’educazione, del reinserimento sociale e professionale, così come in quello delle attività culturali e sportive. 1982 - La commissione avvia delle operazioni pilota in sedici quartieri, alcuni dei quali già interessati da operazioni HVS.3 1984 - Nasce il Comité interministeriel à la ville che ha il compito di coordinare le azioni dello Stato nelle aree periferiche. 1985 - La CNDSQ sviluppa dei contratti con le regioni, i comuni, le HLM e i prefetti per riqualificare i quartieri nell’arco di cinque anni. I progetti vengono sviluppati attraverso i comuni ed introducono iniziative sociali e la partecipazione degli abitanti ottenendo buoni risultati. 1989 - Nasce la Délégation Interministérielle à la Ville (DIV), con il compito di collegare il programma DSQ ad altre istituzioni, tra cui una commissione speciale per combattere la delinquenza ed organizzare programmi di educazione, con lo scopo di riunire tutti i Ministeri interessati ai quartieri ed ai loro problemi sociali, fisici ed economici. La Délégation Interministérielle à la Ville è supportata da una divisione interparlamentare con una politica fortemente centralizzata. 1990 - Viene approvata la Loi du Droit au Logement . L’Unione Nazionale degli HLM, con il supporto della Caisse des Dépots dà il via ad un programma sperimentale, per 43 quartieri, di inserimento sociale ed economico. Questa iniziativa propone di inserire i giovani nel mondo del lavoro attraverso iniziative che vengono avviate nei grands ensembles. In due anni circa 5000 residenti trovano lavoro negli stessi quartieri. 1991 - Il consiglio dei Ministri approva la Loi d’Orientation pour la Ville. Gli obiettivi della legge sono molteplici: 2 Commissione nazionale per lo sviluppo sociale dei quartieri. E’ presieduta dal 1981 al 1983 da Hubert Dubedout, già sindaco di Grenoble e da sempre interessato allo sviluppo dei quartieri problematici. Nel 1983 gli succede Rodolphe Pesce. 3 Si tratta di nove quartieri: Les Minguettes a Vénissieux, Le-Haut-du-Lièvre a Nancy, i grands ensembles di Orly Choisy, Montchovet a Sant-Etienne, Le Neuhoff a Strasburgo, il Mistral a Grenoble, il Plateau Rouher a Creil, la Monnaie a Romans, Dreux. 118 CAPITOLO SECONDO - garantire ad ogni cittadino il diritto alla casa in un quartiere che offra i servizi necessari per la vita quotidiana; - evitare che le famiglie a basso reddito vengano escluse dai centri delle città e contemporaneamente evitare che i grands ensembles si trasformino in ghetti. Le linee guida della legge sono quattro: - riequilibrio dell’offerta di alloggi sociali tra i comuni; - mantenimento di un habitat a vocazione sociale all’interno dei quartieri storici; - reintegrazione dei grands ensembles nella vita della città; - rafforzamento degli strumenti per la gestione dei suoli. Viene istituito il Ministère de la Ville e a livello amministrativo viene istituita la carica di vice - prefetto, con il compito di provvedere all’attuazione pratica delle politiche decise dal Ministero, a riprova del fatto che gli strumenti istituzionali vengono via via affinati sulla base delle nuove esigenze emerse. 1993 - Compare una nuova procedura, il Contrat de ville, nell’ambito del nuovo dispositivo Developpement Social Urbain (DSU) che rappresenta un cambiamento di scala rispetto alla riqualificazione, poiché si rivolge all’agglomerazione urbana anziché ai singoli quartieri. L’intento è quello di arrivare ad interventi che tengano maggiormente conto della complessità della città, della sua articolazione e dei suoi equilibri e che applichino strategie efficaci di lotta contro i processi di esclusione. Recentemente è stato avviato un processo di valutazione dell’efficacia degli interventi effettuati, promosso sia dalle HLM, sia dalle collettività locali, sia dalle Regioni4. 2.1.2 Gran Bretagna Sebbene in Gran Bretagna il problema della riqualificazione sia stato oggetto di legislazione da più di un secolo, fino alla seconda metà degli anni ’60 non era stata promulgata alcuna legge riguardante espressamente il recupero delle abitazioni o quartieri degradati. Erano infatti molto più diffuse le operazioni di rinnovo e sostituzione. 1966 - Viene istituito il Local Government Act che comprende alcuni programmi riguardanti il miglioramento del servizio scolastico e dei trasporti, nei quartieri investiti da ingenti fenomeni di immigrazione e spesso teatro di gravi tensioni sociali e razziali. 4 Come il caso della Regione PACA (Provences, Alpes Maritimes, Cote d’Azur) 119 CAPITOLO SECONDO 1968 - Il Ministry of Housing and Local Government 5 pubblica il White paper Old Houses into New Homes, nel quale si ipotizza l’abbandono degli interventi di demolizione - ricostruzione a favore del riuso, in seguito alle critiche formulate dagli Enti Locali. 1969 - Approvazione dell’Housing Act, nel quale viene adottata la prassi di suddividere il territorio nazionale in aree di intervento privilegiato delimitate dagli enti locali, sulle quali concentrare i maggiori sforzi di riqualificazione urbana: le General Improvement Area6 (GIA). 1970 - Viene creato il Department of Environment (DoE), con delega sui trasporti, la casa, il governo locale, l’ambiente, l’uso del suolo e la pianificazione regionale, destinato a diventare la massima autorità inglese in materia di pianificazione economica e territoriale, di recupero e riqualificazione urbana. 1972 - Attraverso un’azione di monitoraggio iniziata già nel 1969 vengono promossi gli Inner area studies, con lo scopo di analizzare i problemi delle inner cities, seguendo il metodo dell’ “approccio globale”. Queste indagini prendono in esame aree piuttosto estese, nella convinzione che emergessero con maggior chiarezza le interrelazioni fra diverse problematiche connesse al degrado fisico e sociale delle inner cities. 1974 - Viene promulgato l’Housing Act con cui vengono aumentati e potenziati i programmi di finanziamento, accessibili alle categorie più disagiate, finalizzati alla ristrutturazione degli alloggi e ad istituire nuove aree di intervento privilegiato. 1978 - Grazie all’Inner Urban Area Act il problema del degrado urbano inizia ad essere affrontato partendo dalla rivitalizzazione economica e non soltanto dalla risoluzione dei problemi sociali. Anche l’Urban Programme dello stesso anno è volto ad incentivare gli investimenti ridefinendo il ruolo dell’amministrazione pubblica e a garantire le condizioni ideali per gli investitori privati, nel campo residenziale. 1980 - L’Housing Act avvia un processo di alienazione del patrimonio residenziale pubblico con l’introduzione del Right to Buy7 a favore degli inquilini di alloggi sociali, a condizioni molto vantaggiose per i possibili acquirenti. 1979-84 - Priority Estates Project: istituito dal governo in collaborazione con gli enti locali è un programma che cerca di riqualificare i quartieri degradati attraverso investimenti pubblici. 5 Ministero della casa e degli Enti Locali. Letteralmente “area di riqualificazione generale”. 7 Letteralmente significa “diritto di acquistare”. Tale iniziativa, che fu potenziata negli anni successivi, riscosse molto successo. 6 120 CAPITOLO SECONDO 1985 - Viene avviato un altro programma, Estate Action, che punta ad aiutare le amministrazioni locali nella trasformazione dei quartieri d’habitat sociale, fornendo loro le risorse per affrontare il miglioramento fisico, la gestione degli alloggi e per creare opportunità per la formazione/scuola o le imprese. 1988 - L’Housing Act istiuisce le Housing Action Trust (HATs) che prendono a modello le UDCs8 per quanto riguarda caratteristiche e modus operandi, ma si occupano della rivitalizzazione dei quartieri residenziali degradati, per lo più ubicati nelle inner cities. 1991 - Il Governo lancia un’iniziativa denominata City Challenge, per invogliare gli enti locali a creare piani innovativi per la risoluzione dei problemi più gravi della città. E’ una competizione fra progetti presentati dalle città per ottenere i finanziamenti necessari. Il fondo che viene messo a disposizione dovrebbe permettere di avviare un programma quinquennale di riqualificazione economica e sociale che includa tanto i settori degli investitori privati, che il volontariato delle comunità e delle autorità locali. 1993 - Il Governo crea il Single Regeneration Budget per unire i differenti programmi sociali, economici e per la casa in sostituzione dell’Estate Action. 1993-95 - La maggior parte degli enti locali urbani cerca di vendere o di demolire i propri beni immobili per attuare un reinvestimento. 1994-95 - Viene avviata la proposta di trasferire la gestione dei quartieri ad enti autonomi per la casa su base locale. 1997 - Il 1 maggio ritornano al potere i Laburisti. - La Local Auhtority (Finance) Bill stabilisce che i 5 miliardi di sterline ricavati dalla vendita degli alloggi di proprietà pubblica siano gradualmente reinvestiti in nuove costruzioni e nel recupero del patrimonio residenziale degradato9. Contemporaneamente si stabilisce di tagliare di 1,3 bilioni di sterline gli investimenti per l’housing per il periodo 1997-1999. 2.1.3 L’Italia Soltanto da qualche anno in Italia si è iniziato a concentrare l’attenzione sul tema della riqualificazione urbana ed edilizia. Per questo motivo il dibattito sulla questione delle zone urbane sfavorite e la definizione delle politiche di riqualificazione è ancora in fase 8 Urban Development Corporation, Enti per lo sviluppo urbano che si occupano in realtà della riqualificazione di aree dismesse di origine industriale o commerciale. 9 Il patrimonio edilizio rimasto invenduto - e perciò ancora di proprietà pubblica - è quello in condizioni peggiori. 121 CAPITOLO SECONDO embrionale. Un indicatore di questo stato è costituito dal fatto che in Italia, a differenza degli altri paesi europei, non è stata fino ad ora sperimentata una qualche politica pubblica organica di riqualificazione urbana ed edilizia. Negli ultimi vent’anni i principali atti legislativi che hanno affrontato il tema della riqualificazione sono comunque i seguenti: 1978 - Approvazione della legge 457, Piano decennale per l’edilizia, che introduce, con il Piano di Recupero, un nuovo strumento per la riqualificazione fisica e funzionale del patrimonio abitativo degradato nella città. 1992 - La legge 179 introduce e definisce lo strumento del programma integrato di intervento. I programmi integrati sono caratterizzati dall’integrazione di distinte funzioni, di tipologie di intervento, di finanziamenti pubblici e privati e da una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana. Sono promossi ed adottati dai Comuni e sono proposti ai Comuni da soggetti pubblici e privati, in forma singola o associata. Sono finanziati con i contributi dell’edilizia agevolata. 1993 - Approvazione della legge 493 che introduce i Programmi di recupero urbano. Si tratta di programmi connotati da un insieme sistematico di interventi di urbanizzazione primaria e secondaria, di arredo urbano, di recupero di edifici, di completamento ed integrazione di complessi urbanistici; un insieme di opere al servizio prevalente, ma non esclusivo, del patrimonio di edilizia residenziale pubblica. Gli interventi previsti vanno quindi dalla semplice manutenzione edilizia ed adeguamento degli impianti alle norme di sicurezza (L.46/90), fino al recupero edilizio e urbano di interi quartieri storici e periferici dell’E.R.P. Sono proposti da soggetti pubblici e privati ai Comuni, che ne valutano la priorità e sono approvati mediante ricorso all’accordo di programma. Sono finanziati con i fondi per l’edilizia sovvenzionata in misura non inferiore al 15% della totalità delle risorse disponibili per il settore. - La legge 560 istituisce i piani di vendita generalizzati del patrimonio pubblico. 1994 - La delibera CIPE approva il programma nazionale complessivo di edilizia residenziale pubblica e la ripartizione alle Regioni dei relativi finanziamenti. Due sono i connotati principali della delibera: - privilegiare le aree ad alta tensione abitativa e con accentuato degrado abitativo e sociale; - privilegiare le proposte che, a parità di finanziamenti pubblici, 122 CAPITOLO SECONDO dimostrino di realizzare i più alti benefici sociali, prevedano un maggior apporto di finanziamenti privati e consentano una effettiva riqualificazione urbanistica ed ambientale. Successivamente è stata approvata, la delibera del 1° dicembre 1994 per i programmi di recupero urbano, con cui venivano stabiliti modalità e criteri per la concessione di finanziamenti, per l’individuazione delle zone di intervento e per la determinazione delle tipologie di intervento. Una direttiva CER, varata lo stesso giorno e pubblicata il giorno dopo sulla Gazzetta Ufficiale, integra e specifica il precedente provvedimento: determina le quote di finanziamento destinate ai programmi e la ripartizione territoriale dei fondi fatte dalle delibere regionali di programmazione e prevede la formazione dei programmi di recupero urbano da parte dei Comuni in termini di promozione, attraverso l’individuazione di aree di intervento e delle relative priorità, nonché l’attivazione di un confronto pubblico concorrenziale per scegliere le ipotesi che, su quelle stesse aree individuate dai Comuni, possono formulare i privati. Con questa direttiva si è cercato di operare uno sforzo particolare per riorganizzare e definire le procedure attuative offrendo agli operatori sia pubblici che privati un sistema di regole che definiscono l’ambito operativo. 1995-96 - In seguito a queste delibere sono stati assegnati alla Regione Lombardia 1.400 miliardi per l’edilizia sovvenzionata10. 1996 - Viene approvata la legge 15 del 15 luglio: Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti. Questa legge permette di realizzare nuove abitazioni in spazi fino ad ora inutilizzati. - Approvazione della legge 662 del 23 dicembre con la quale viene stabilito che una quota delle maggiori entrate per gli anni 1993 e 1994 provenienti dai fondi Gescal sia destinato alla sperimentazione. Si è dato così il via ai Contratti di quartiere, programmi che permettono di promuovere esperienze di recupero urbano ed edilizio in “quelle aree in cui i processi di crescita urbana hanno prodotto insediamenti residenziali carenti di qualità ambientale e per dotazione di servizi e tali da caratterizzarli negativamente, per l’assenza di luoghi riconoscibili e per lo scarso significato urbano degli aggregati edilizi”. Con i Contratti di quartiere viene soprattutto incentivata la sperimentazione edilizio - urbana ed ecosistemica ( bioarchitettura, ecologia urbana, risparmio delle risorse..) finalizzata a: - rinnovare i caratteri edilizi ed incrementare la funzionalità del contesto 10 Nella provincia di Milano, i finanziamenti statali hanno riguardato impegni di spesa per circa 600 miliardi. 123 CAPITOLO SECONDO urbano assicurando, nel contempo, il risparmio nell’uso delle risorse naturali disponibili ed in particolare il contenimento delle risorse energetiche; - accrescere la dotazione di servizi di quartiere, del verde pubblico e delle opere infrastrutturali occorrenti; - migliorare la qualità abitativa e fruitiva con particolare riferimento alle esigenze dei nuovi modi di vita ed alle utenze sociali deboli. Un ultimo aspetto molto importante riguarda il fatto che nei Contratti di quartiere il coinvolgimento della popolazione fin dalla fase delle scelte iniziali è basilare e normato. - Con la legge 13 del 10 giugno si sono trasformati gli Istituti Autonomi Case Popolari in Aziende per l’Edilizia Residenziale. In particolare nell’art. 4 si dice: “le Aler sono enti pubblici di natura economica dotati di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale ed organizzativa, patrimoniale e contabile e di proprio statuto approvato dal consiglio regionale.” All’art. 5: “le Aler hanno il compito di soddisfare il fabbisogni di Edilizia Residenziale Pubblica, nel quadro della programmazione regionale, provinciale e comunale, anche mediante la realizzazione di attività imprenditoriali, purché finalizzate alla funzione sociale.” 1997 - Con la legge 449 del 27 dicembre viene stabilito che i Contratti di quartiere possono beneficiare di 100 miliardi oltre ad eventuali finanziamenti che possono pervenire dalle Regioni, dagli Enti locali e da risorse private. In questi ultimi anni alcuni Contratti di Quartiere sembrano partiti, ma è importante capire in che modo e secondo quali procedure. Il mio intento sarà quello di scoprire ed analizzare tali procedure attraverso lo studio di due Contratti di Quartiere lombardi Cinisello Balsamo e Vigevano che approfondirò nel prossimo capitolo. 124 CAPITOLO SECONDO 2.2 La riqualificazione e le strategie di rivalorizzazione dei quartieri: il caso francese L’esperienza maturata nel settore della riqualificazione dei grandi complessi di edilizia residenziale dall’Amministrazione francese è di notevole interesse, in quanto, considerate le dimensioni del fenomeno, propone alcune indicazioni metodologiche esportabili anche in Italia. Proprio per questo motivo cercherò di ricostruire, inizialmente in “astratto” e poi attraverso l’illustrazione di casi concreti, i processi e le soluzioni tecnico - operative per la riqualificazione applicate in Francia. A partire dagli anni ’80 l’Amministrazione pubblica e gli Enti Gestori francesi hanno constatato, sulla base delle esperienze precedenti, che non basta riqualificare gli edifici e gli alloggi per frenare il processo di degrado del patrimonio abitativo e l’incuria degli abitanti, cogliendo con ciò i limiti delle operazioni di ristrutturazione fondate su una visione puramente tecnica. I quartieri di edilizia sociale, anche se hanno origini identiche, evolvono infatti in modo differente in funzione del loro inserimento urbano, dei modi di vita degli abitanti, della qualità dei servizi ed, infine, dei modi di gestione e di manutenzione. In Francia il CSTB11 ha quindi messo a punto alcuni criteri per la riqualificazione attraverso una metodologia programmata che deve essere générative ed évolutive 12poiché deve adattarsi alle domande degli attori coinvolti ed evolvere con l’emergere di nuove problematiche durante l’operazione di riqualificazione.13 11 Centre Scientifique et Technique du Batiment Alla lettera “generativa ed evolutiva”. 13 Fonti: 12 - Bonetti Michel, La gestion urbaine des quartiers d’habita social et la construction des relations sociales, CSTB, Parigi 1994. - Bonetti Michel, L’assistance methodologique a la mise en oeuvre d’un projet de developpement social d’un quartier degrade, CSTB, Parigi 1995. - Bonetti Michel, Bordet j., Guigou B., Pre - evaluation de la realisation de travaux de rehabilitation de la cite des provinces de Drance a Laxou, CSTB, Parigi 1993. - Bonetti Michel, Allen B., Strategie de requalification d’un site de France habitation fondee sur un investissement progressif, CSTB, Parigi 1998. - Bonetti Michel, Le conseil a la conduite des projets de rehabilitation et de developpement 125 CAPITOLO SECONDO urbain, CSTB, Parigi 1995. - Bonetti Michel, Marghieri I., Humblot P., Methode de conduite des operatios de rehabilitation, Ministère de l’Equipement et du Logement, Direction de la Construction, Parigi 1998. - Bonetti Michel, Allen B., Diversite des modes d’habiter et appreciation de la gestion dans neuf quartiers d’habiat social, CSTB, Parigi 1998. - Bouron Francis, Un cadre de travail commun pour des cooperations de projet multiples, CSTB, Parigi 1995. 126 CAPITOLO SECONDO 2.3 La metodologia di programmazione In ogni operazione di riqualificazione è necessario mettere in atto dei metodi specifici in rapporto al contesto preso in esame ma, allo stesso tempo, è possibile definire delle linee - guida che possono valere per qualsiasi situazione e per qualsiasi scopo. Come già accennato, un programma di riqualificazione non può limitarsi alla riqualificazione degli edifici ed alla risoluzione dei loro problemi tecnici ma deve tenere conto della dinamica urbana, della qualità degli spazi esterni e dei servizi, dei modi di gestione e di manutenzione e soprattutto della domanda degli abitanti. Bisogna, quindi, elaborare un programma che consideri tutte queste variabili e che ne tenga conto durante la sua messa in opera. Per fare ciò è necessario definire una strategia fondata sull’analisi della dinamica urbana, dell’evoluzione del mercato degli alloggi e della domanda degli abitanti. Questa strategia implica l’integrazione degli obiettivi dei diversi attori che ruotano all’interno del quartiere (collettività locali, servizi pubblici, associazioni...) e, soprattutto, il loro coinvolgimento nell’elaborazione del programma. Tutto ciò permette di aumentare la fattibilità al programma stesso e di stabilire una coerenza tra i diversi obiettivi e le diverse iniziative. Prima di spiegare dettagliatamente le fasi principali del programma di riqualificazione, secondo il modello francese, vorrei anticipare i “punti-chiave” di questo processo, degni di essere sottolineati proprio perché fino ad ora non sono presenti nel contesto italiano. 1) L’elaborazione, da parte dei progettisti incaricati, del preprogetto che viene sottoposto alla consultazione di tutti gli attori interessati (abitanti, imprese, associazioni..) in modo da raccogliere le loro impressioni, le loro domande ed i loro suggerimenti e quindi realizzare un progetto “concertato”. 2) La sperimentazione su di un edificio campione, non solo come verifica di fattibilità delle opere da attuare ma, soprattutto come strumento di comunicazione verso gli utenti. 3) La post-valutazione del progetto-processo di riqualificazione come strumento di controllo dei risultati raggiunti e di pilotaggio per operazioni future. L’analisi urbana della Il pre-progetto La sperimentazione su di un edificio campione La post -valutazione 126 dinamica CAPITOLO SECONDO 4) La gestione-manutenzione localizzata. Il processo, che ora andrò a riassumere, può sembrare eccessivamente complesso e articolato, ma a mio avviso, offre buone garanzie di efficacia. 1) Il committente deve: - dotarsi di un piano di rivalorizzazione del patrimonio abitativo; - definire i propri obiettivi; - definire una strategia di riqualificazione del proprio patrimonio; - tenere in considerazione gli obiettivi di tutte le parti che intervengono nella vita del quartiere. 2) Fare una diagnosi dei problemi, identificando i fattori che si collocano all’origine del processo di degrado del quartiere e, allo stesso tempo, identificare le possibilità di trasformazione e le potenzialità del quartiere. 3) Adottare un metodo di programmazione générative che consiste nell’integrare i risultati della diagnosi con le domande degli abitanti e i punti di vista dei diversi attori coinvolti. 4) Sviluppare un progetto architettonico che si adatti alle caratteristiche degli edifici sfruttando le loro potenzialità e che presti particolare attenzione agli spazi di transizione tra spazio pubblico e privato, all’intorno urbano ed a problemi apparentemente minori (trattamento dei rifiuti, raccolta degli oggetti...). 5) Associare i finanziamenti all’elaborazione del programma in modo da ottenere una certa elasticità dei crediti ed da avere la possibilità di modificare il progetto durante la realizzazione. 6) Condurre la programmazione e l’operazione di riqualificazione dotandosi di una equipe tecnica competente e coordinata da un responsabile. 7) Associare gli abitanti all’elaborazione ed alla realizzazione del progetto. 8) Utilizzare dei dispositivi di informazione e di La gestione e manutenzione localizzata Le mansioni del committente La diagnosi La programmazione générative Il progetto architettonico I finanziamenti L’equipe tecnica La partecipazione 127 CAPITOLO SECONDO comunicazione per creare una rete di scambio tra i diversi attori coinvolti. 9) Organizzare i lavori in modo da limitare i disturbi che questi comportano per la vita degli abitanti ed assicurando il funzionamento dei servizi e delle reti di distribuzione. 10) Sviluppare un programma di gestione e di manutenzione anche dopo la riqualificazione poiché, spesso, il degrado del patrimonio è il risultato di una gestione inadatta. 11) Creare di un dispositivo di valutazione durante e dopo l’operazione di riqualificazione che da un lato, permetta di analizzare i problemi incontrati e, dall’altro, di stimare i risultati raggiunti. 128 L’organizzazione dei lavori Il programma di gestione Il dispositivo di valutazione CAPITOLO SECONDO 2.3.1 Elaborazione di un piano di rivalorizzazione del patrimonio Raramente le operazioni di riqualificazione si inscrivono in una strategia globale di rivalorizzazione del patrimonio da parte degli organismi proprietari. Spesso le operazioni si realizzano in modo puntuale in risposta alla pressione esercitata dalle collettività locali o si realizzano perché hanno la possibilità di beneficiare di finanziamenti da parte dell’Amministrazione pubblica. Bisognerebbe, al contrario, definire una politica di rivalorizzazione del patrimonio prima di intraprendere qualsiasi operazione. Definire una politica di rivalorizzazione del patrimonio significa avere, per ogni quartiere, un quadro della sua situazione riguardante in particolare: - i suoi problemi e le sue potenzialità; - l’evoluzione che può comportare un programma di trasformazione, tenendo conto dei limiti del contesto e delle difficoltà che l’organismo di gestione deve affrontare; - la natura delle azioni da intraprendere per frenare il degrado sul piano tecnico, organizzativo, sociale e commerciale. E’ indispensabile quindi definire: • i quartieri più problematici che richiedono un programma ad ampio respiro ed il coordinamento delle diverse forme di intervento per una durata piuttosto lunga; • i quartieri in cui la situazione non è ancora problematica, ma in cui compaiono i primi segni di degrado che rischiano col tempo di aggravarsi ed in cui, di conseguenza, bisogna intervenire rapidamente; • i gruppi di alloggi che non presentano difficoltà evidenti ma che sono inseriti in un ambiente economicamente - socialmente fragile e mutabile ed in cui bisogna prestare molta attenzione alle evoluzioni in atto14; • i quartieri in cui il costruito è globalmente in buono stato ma presenta alcuni problemi tecnici o difficoltà di gestione e quindi richiede interventi di manutenzione straordinaria e un miglioramento del sistema di gestione; 14 Richieste di nuove tipologie di alloggi, cambiamenti socio- demografici.... 129 • i quartieri in cui la rivalorizzazione si può attuare solo attraverso la demolizione e la ricostruzione. Il piano di rivalorizzazione del patrimonio deve essere sempre aggiornato per poter seguire l’evoluzione dei quartieri, per anticipare la comparsa di nuove problematiche ed, infine, per La politica di rivalorizzazione del patrimonio edilizio CAPITOLO SECONDO analizzare gli insegnamenti tratti dalle operazioni di riqualificazione intraprese. Questo strumento permette di orientare le decisioni, di programmare le operazioni di riqualificazione in modo coerente con le problematiche, diversificando i metodi di programmazione e di azione a seconda dei problemi da affrontare. 2.3.2 Analisi dei problemi attraverso la realizzazione di una diagnosi e la raccolta dei punti di vista dei diversi attori coinvolti La diagnosi non consiste solamente nel fare un’analisi dei problemi, ma implica lo studio delle possibili trasformazioni del contesto sulla base delle sue potenzialità e dei punti di vista dei diversi attori coinvolti (architetti, tecnici, enti locali, abitanti, associazioni sociali..). Si tratta, quindi, di: - analizzare le cause del degrado; - comprendere le evoluzioni in corso e definire le prospettive future; - integrare questo tipo di riflessione in una strategia di rivalorizzazione del patrimonio e di sviluppo urbano. Non basta realizzare una diagnosi di tipo tecnica per definire un programma di riqualificazione ma è necessario realizzare differenti analisi. 130 • Una diagnosi socio tecnica che permette di comprendere se il degrado degli edifici è dovuto alla cattiva costruzione dell’edificio ed all’inadeguatezza dei sistemi tecnici o ai modi di vita e d’uso degli abitanti. • Un’analisi della domanda degli abitanti in modo da favorire la loro appropriazione dello spazio e migliorare l’habitat per permettere lo sviluppo della loro identità. Bisogna, quindi, osservare le abitudini degli abitanti, il loro modo d’uso degli spazi comuni e degli alloggi e quindi interrogarsi sulle loro domande, sui loro problemi e sulle loro proposte. Le domande raccolte devono essere sottoposte a un lavoro di elaborazione e di interpretazione per permettere da un lato agli abitanti di esprimersi liberamente e dall’altro al proprietario di gerarchizzare i problemi che sorgono e provvedere al loro trattamento. • Una analisi delle dinamiche sociali ( CAPITOLO SECONDO conflitti, rapporti di vicinato, problemi di inserimento sociale...), poiché questi fattori condizionano la soddisfazione degli abitanti Analisi delle dinamiche sociali Un’operazione di riqualificazione costituisce un supporto efficace per agire sui processi sociali problematici e per sviluppare nuove relazioni tra gli abitanti. • Una analisi dei modi di gestione e di manutenzione, poiché spesso una cattiva gestione ed una carente manutenzione amplificano i processi di degrado soprattutto quando non vengono soddisfatte le richieste degli abitanti. E’, infatti, inutile riqualificare un edificio se non si migliora il modo di gestione e di manutenzione dello stesso. • Un’analisi delle risorse e delle potenzialità del quartiere e delle sue possibilità di trasformazione per agire in modo coerente e puntuale. Ciò significa fare un’analisi delle potenzialità dello spazio urbano, della possibilità di sviluppo di servizi sociali e commerciali, degli elementi degli edifici che possono essere valorizzati. Diagnosi socio-tecnica Analisi della domanda 131 CAPITOLO SECONDO Queste diagnosi devono essere condotte in modo dinamico, associando diversi operatori in modo da generare un processo di cooperazione tra le parti coordinato da un responsabile dell’operazione che dipende direttamente dal committente. La diagnosi è un supporto molto importante per l’elaborazione di un programma di riqualificazione e per la conduzione dell’operazione. 2.3.3 Elaborazione di un programma générative Analisi dei modi di gestione e manutenzione I programmi di riqualificazione sono generalmente definiti dalle amministrazioni locali e dagli organismi di gestione sulla base di una analisi tecnologica degli edifici ed in funzione delle possibilità di finanziamento poiché, in Analisi delle potenzialità del quartiere 132 CAPITOLO SECONDO genere, le scelte tecniche sono subordinate alle opportunità finanziarie. Una volta stabilito il programma di riqualificazione di un quartiere, a volte lo si sottopone alla visione degli abitanti e ciò dovrebbe comportare delle varianti in base alle critiche enunciate da parte degli abitanti stessi. In realtà questo tipo di processo non si basa sulla negoziazione tra i diversi attori implicati nella vita del quartiere, perché la discussione viene attuata su di un progetto già stabilito da parte del committente e dall’insieme di tecnici incaricati. In questo modo il programma di riqualificazione è uno strumento relativamente fisso, elaborato da una serie di tecnici competenti, ma che non si preoccupano delle richieste degli abitanti e di tutte le altre parti interessate e che quindi creano un programma limitato. Questo metodo, infatti, si fonda su di un approccio settoriale che non evolve durante l’operazione in funzione delle difficoltà che si possono incontrare, non incidendo sulla dinamica del quartiere e riducendo tutti i problemi a problemi tipo - tecnologici. Un programma di riabilitazione dovrebbe, prima di tutto, trasformarsi in un processo: - la cui elaborazione è supportata dalla collaborazione tra i diversi attori implicati nella vita e nella organizzazione del quartiere e i tecnici incaricati della sua stesura; - il cui risultato, che può evolvere, è l’espressione di questa collaborazione. Si tratta di un processo generativo nel senso che la scelta delle azioni da mettere in atto è generata dall’insieme dei diversi punti di vista degli attori, dalle loro domande e dalle loro suggestioni e si fonda su di una dinamica di comunicazione e di negoziazione. Questo processo deve essere: • interattivo: perché è il risultato di uno scambio di idee tra gli attori e, la sua qualità, dipende dalla qualità delle relazioni che si stabiliscono tra di loro e dai modi di comunicazione utilizzati; • evolutivo: perché evolve con l’evolvere della sua messa in atto e con lo svolgimento dell’operazione; • integratore: perché integra i diversi punti di vista degli attori cercando di arrivare ad un accordo; Programma riqualificazione=processo • 133 di regolatore : perché regola le relazioni tra gli attori, attenua le CAPITOLO SECONDO tensioni, crea delle sinergie e ripartisce i ruoli e le responsabilità. La programmazione generativa elimina la separazione tra le fasi, propriamente dette, di programmazione, di progettazione e di realizzazione: separazione che comporta distorsioni, problemi di comunicazione, errori di interpretazione e rigidità nella conduzione dell’operazione. 134 CAPITOLO SECONDO 2.3.4 Svolgimento del processo L’iniziativa può avere origini diverse, l’essenziale è che vi sia l’impegno concreto dell’amministrazione locale. Il programma deve essere attuato in stretta collaborazione con gli organismi proprietari degli alloggi. Il GAD15 ha l’incarico di coordinare i differenti attori ed interlocutori per garantire l’efficacia e la riuscita del programma. Un’équipe incaricata dal comune mette a punto il programma. Questa équipe non è stabile, ma può cambiare nel tempo a seconda delle necessità e dell’evolvere della procedura. Per ottenere il finanziamento dello studio preliminare l’ente locale deve presentare al GAD una domanda di sovvenzione insieme al documento programmatico sull’analisi preliminare, al preventivo della stessa analisi ed a una bozza di contratto. L’accettazione del pre-progetto da parte del GAD consente di passare alla fase dell’elaborazione del progetto. Il pre-progetto deve passare al vaglio dell’amministrazione cittadina e degli organismi di gestione prima dell’approvazione del GAD. Nel progetto vengono definiti nei dettagli: - il programma di intervento e i costi; - le modalità di attuazione dell’operazione, la definizione e distribuzione dei compiti, la partecipazione economica; - i tempi degli interventi. Come nel caso del pre-progetto, il progetto deve essere approvato dalla Municipalità e dagli organismi di gestione prima di passare al vaglio del GAD. I costi dell’elaborazione del pre-progetto e del progetto vengono suddivisi in parti uguali tra Stato, Enti locali ed Organismo di gestione. Ottenute l’approvazione ed il finanziamento si passa quindi alla fase di attuazione del programma che vede impegnati l’équipe operativa e l’ente di gestione. 15 Groupe Administratif Départemental: è stato istituito per instaurare una reale politica di concertazione a livello locale e per evitare una eccessiva dispersione delle azioni portate avanti dai diversi ministeri che intervengono nelle operazioni di riqualificazione. Del GAD quindi fanno parte i rappresentanti locali delle principali amministrazioni. 135 Ma ora vediamo più precisamente le fasi del processo sopra descritto. 1) Creazione di un quadro di programmazione I risultati delle diagnosi precedentemente fatte e la collaborazione delle diverse parti interessate deve permettere di definire gli CAPITOLO SECONDO Le fasi del processo di riqualificazione 1. Creazione di un quadro di programmazione orientamenti del programma di riqualificazione e fissare le principali esigenze. 2) Schizzo di pre - progetto Sulla base degli orientamenti stabiliti i progettisti devono studiare differenti possibilità di trasformazione e fare delle proposte che mirino a completare e a precisare il quadro della programmazione che è stato loro fornito, il quale è suscettibile di variazioni. 3) Verifica della fattibilità del programma Una pre-consultazione da parte delle imprese costruttrici può stabilire la fattibilità del pre - progetto e può permette di migliorarlo. Verificare la capacità della messa in opera da parte delle imprese evita di mettere a punto un progetto difficile da realizzare, sia dal punto di vista economico che tecnico. 4) Informazione e consultazione degli attori I quadro della programmazione ed il pre-progetto devono essere illustrati agli abitanti del quartiere in esame ed agli altri attori interessati, in modo da raccogliere le loro impressioni, le loro domande e i loro suggerimenti. Si tratta, infatti, di proposte che possono essere modificate e che in genere offrono più varianti. In questo modo si anticipano le reazioni spesso negative degli abitanti di fronte ad un progetto definitivo e non suscettibile di variazioni. Questa fase implica, quindi, la spiegazione da parte del committente e dei progettisti degli orientamenti progettuali e delle scelte prese dagli attori interessati. 5) Rielaborazione del programma provvisorio Questa fase permette di retro - agire sul programma provvisorio, di rimaneggiarlo, di affinarlo, di arricchirlo ed integrarlo con le proposte che si sono generate nella fase precedente. 136 6) Elaborazione del progetto Sulla base delle critiche raccolte da parte degli abitanti e degli altri attori coinvolti, delle imprese e del committente e grazie ai dati analizzati nella fase di diagnosi i progettisti elaborano un progetto. In questo modo si evita di affrontare nelle fasi successive le ostilità delle parti coinvolte. 7) Presentazione del progetto agli attori coinvolti Il progetto definitivo deve essere mostrato, spiegato alle parti coinvolte di modo che queste si rendano conto delle modifiche apportate. I progettisti, inoltre, devono spiegare le ragioni per cui alcune richieste non sono state prese in considerazione. 8) Sperimentazione su di un edificio campione La sperimentazione su di un edificio campione corrisponde alla 2. Schizzo di pre-progetto 3. Verifica della fattibilità del programma CAPITOLO SECONDO 4. Informazione e consultazione degli attori 5. Rielaborazione del programma provvisorio 6. Elaborazione del progetto 7. Presentazione del progetto agli attori coinvolti 8. Sperimentazione su di un edificio campione messa in opera di un prototipo che permette di identificare le difficoltà di realizzazione, di trovare nuove soluzioni, di raccogliere ed analizzare le reazioni degli utenti. Questo è un processo di apprendimento e di collaborazione tra il committente, i progettisti e le imprese, di rodaggio dei metodi e delle tecniche che permettono di migliorare l’efficacia delle azioni degli attori prima della realizzazione dell’intero progetto. In questo modo si riesce ad attenuare i timori degli abitanti che, alla vista di una prima realizzazione, generalmente si rassicurano. 9) Elaborazione del progetto definitivo ed inizio dell’operazione Gli insegnamenti tratti dall’operazione su di un edificio campione 137 portano a modificare di nuovo alcuni elementi del programma, del progetto e del modo di condurre l’operazione di riqualificazione. A questo punto, il committente è in grado di dare inizio all’operazione che deve avvenire per tranche di 100 o 200 alloggi. L’esperienza tratta dalla messa in opera di ciascuna di queste tranches può ancora migliorare il progetto e la sua messa in opera. Il programma infatti deve avere la possibilità di essere modificato in corso di realizzazione. 10) Rettifica al momento del collaudo dei lavori Alla fine dei lavori è necessario fare una valutazione dell’operazione e raccogliere le opinioni degli utenti di modo da procedere con modifiche per evitare l’insoddisfazione dei locatari e, di conseguenza, il degrado dell’edificio. 11) Programma di post riqualificazione La conclusione del programma di riqualificazione non si deve tradurre in un abbandono totale del quartiere da parte dei promotori. Questi infatti devono seguire l’evoluzione CAPITOLO SECONDO del quartiere per reagire rapidamente alla nascita di nuovi segni di degrado. A un anno dalla fine del cantiere di riqualificazione è necessario fare il punto della situazione e raccogliere i suggerimenti degli abitanti per apportare le modifiche necessarie. 2.3.5 I finanziamenti e la loro gestione nei programmi di riqualificazione 9. Elaborazione del progetto definitivo ed inizio dell’operazione 10. Rettifica al momento del collaudo dei lavori 11. Programma di post riqualificazione 138 Come viene sottolineato più volte, la sola riqualificazione degli edifici non è efficace, in un programma di riqualificazione, se non si considera la rivalorizzazione dell’intero quartiere. Proprio per questo motivo anche l’elaborazione di un piano di finanziamenti deve essere globale e comprendere le azioni progettate da tutti gli attori ( progetti di tipo sociale, commerciale...) che partecipano al piano di riqualificazione. Per ottenere ciò bisogna riunire i differenti partners ed elaborare un piano di finanziamenti esaminando precisamente: - i differenti progetti; - i bisogni e le possibilità di CAPITOLO SECONDO finanziamento di ognuno di essi; - i contributi di ogni partner alla messa in atto dei progetti; - le responsabilità di ogni partner nella conduzione e gestione dei progetti. E’ indispensabile, inoltre, che il responsabile dei finanziamenti partecipi alla programmazione in modo che siano esaminate, simultaneamente, le azioni da intraprendere e le modalità di finanziamento. In questo modo, il responsabile dei finanziamenti può indicare ai diversi attori coinvolti quali sono le azioni che non possono essere realizzate, affinché si ricerchino altre soluzioni. La collaborazione tra i programmatori ed il responsabile dei finanziamenti permette di stabilire una prima bozza dei finanziamenti necessari per la realizzazione del programma provvisorio. Questo passaggio dà la possibilità di iniziare la negoziazione con altri possibili finanziatori dell’operazione (promotori commerciali e sociali, industrie, banche che possono avere interesse a partecipare alla riqualificazione del quartiere). 2.3.5 L’équipe operativa La riqualificazione necessita di operatori con competenze e capacità diverse: conoscenze tecnico giuridiche; - padronanza nella gestione L’elaborazione del Piano dei finanziamenti 139 CAPITOLO SECONDO dei finanziamenti; - comprensione dei modi di vita degli abitanti e dei problemi sociali; - capacità di negoziazione e di comunicazione con gli abitanti, le associazioni, le collettività locali, gli organismi sociali, le imprese; - capacità di prendere decisioni rapide in situazioni difficili; - capacità di affrontare i conflitti e gestirli; - attitudine a collaborare con differenti partners; - facilità a lavorare con i membri dell’organismo di gestione. Nei programmi di riqualificazione bisogna quindi dotarsi di una équipe tecnica formata da tecnici con queste competenze. Le responsabilità dei vari operatori devono essere definite precisamente, così come i mezzi di cui dispongono e si deve delegare ad un responsabile il loro coordinamento. Questa équipe deve beneficiare di una forte autonomia, ma nello stesso tempo deve essere fortemente sostenuta da chi dirige l’operazione poiché, spesso, si confronta con situazioni molto difficili. Il responsabile dell’équipe deve, come ho già accennato, coordinare i vari operatori e deve stabilire i contatti tra: - la direzione e i servizi dell’organismo di gestione; - i collaboratori esterni ( architetti, imprese) - gli abitanti; - la collettività locale e gli organismi sociali del quartiere. Egli deve: - reclutare professionisti competenti e dare loro compiti precisi; - organizzare i lavori dei vari servizi; - fare il punto sull’avanzamento dei lavori e sui risultati; - far circolare le informazioni tra le parti interessate; - regolare le tensioni tra i vari attori; - rendere conto alla direzione dell’avanzamento dell’operazione e delle difficoltà incontrate, per poter intervenire rapidamente. La conduzione dell’operazione di riqualificazione può essere affidata anche ad una équipe di coordinamento, integrata con il committente, che ha il compito di stabilire una relazione tra gli abitanti ed il committente non solo per far emergere le domande riguardanti i lavori ma per occuparsi anche dei problemi di L’équipe tecnica deve beneficiare di forte autonomia Il responsabile dell’équipe gestione quotidiana16. Le competenze dell’équipe tecnica 16 A Marsiglia è stato istituito il Groupe d’Animation et de Programmation GAP, una équipe incaricata dall’HLM per 140 CAPITOLO SECONDO Quando la situazione dei quartieri da riqualificare è particolarmente degradata e quando le relazioni tra la committenza e gli abitanti sono molto conflittuali viene istituita la maitrise d’ouvrage sociale che ha il compito di: - fare una diagnosi sui processi di degrado, i modi di vita degli abitanti, i problemi sociali, l’organizzazione della gestione e della manutenzione; - sviluppare programmi di inserimento economico, sociale e culturale; - organizzare la partecipazione degli abitanti; - regolare i conflitti sociali e organizzare i dispositivi di negoziazione tra le parti; - ripristinare le reti di comunicazione tra gli abitanti e gli organismi di gestione. Queste équipe giocano, quindi, un ruolo di mediatori tra gli abitanti, gli organismi di gestione, e le altre parti che intervengono durante l’operazione di riabilitazione e la loro capacità di creare questa comunicazione condiziona, notevolmente, l’efficacia dell’operazione stessa. vegliare sulla messa in atto della politica di riqualificazione del patrimonio in relazione ai servizi interessati. 141 I compiti della d’ouvrage sociale maitrise CAPITOLO SECONDO 2.3.7 La partecipazione degli abitanti L’implicazione degli abitanti è determinante per l’efficacia di una operazione di riqualificazione, perché permette di adattare le azioni da intraprendere ai problemi degli utenti. La partecipazione degli abitanti non è un fine, ma un mezzo operativo e, soprattutto, un mezzo di informazione per il committente riguardo a: - le differenti domande degli abitanti, le loro rivendicazioni e le loro reazioni verso il progetto di riqualificazione; - le relazioni di vicinato, i conflitti, i problemi economici e sociali, la dinamica sociale; - le possibilità finanziarie e la solvibilità delle famiglie; - le relazioni e gli eventuali contenziosi tra gli abitanti e gli organismi di gestione. Queste informazioni permettono al committente di definire un programma, gli orientamenti per la conduzione dell’operazione adattandola ai comportamenti e alle richieste degli abitanti e di anticipare i conflitti che l’operazione potrebbe generare. E’ un supporto per la creazione di una nuova dinamica sociale nel quartiere e per sperimentare nuove forme di collaborazione tra gli abitanti ed il personale incaricato dell’operazione di riqualificazione. Esistono in ogni caso degli ostacoli che possono impedire la partecipazione: - l’isolamento sociale degli abitanti (debolezza delle associazioni, esistenza di gruppi eterogenei, modi di vita conflittuali); - la forte mobilità della popolazione; - i problemi di comunicazione da parte degli abitanti; - l’assenza di dispositivi di informazione, conflitti tra le organizzazioni di quartiere. La partecipazione è tanto più importante quanto più gli ostacoli alla sua messa in opera sono evidenti. Prima di iniziare qualsiasi forma di partecipazione il committente e l’équipe operativa devono: 1. fare un’analisi della dinamica sociale ed identificare gli interlocutori potenziali per ogni categoria di popolazione ( anziani, giovani, donne, uomini, immigrati); 2. identificare le organizzazioni sociali, culturali che esistono ed associarle al processo di riqualificazione; 3. aiutare gli abitanti ad organizzarsi e a strutturasi; 142 4. trasformare le rivendicazioni degli abitanti in proposte; 5. rassicurare gli abitanti sugli obiettivi del committente; 6. gerarchizzare i problemi e scegliere i campi su cui incentrare La partecipazione degli abitanti al programma/processo di riqualificazione non è un fine ma un mezzo operativo Gli ostacoli impedire la degli abitanti che possono partecipazione Che cosa è necessario fare CAPITOLO SECONDO prima di iniziare qualsiasi forma di partecipazione? la concertazione determinando: - le decisioni che il committente deve prendere da solo, ma di cui devono essere informati gli abitanti; - le azioni da condurre con le altre parti ( collettività locali, associazioni, commercianti..); 7. favorire l’espressione dei gruppi emarginati o esclusi, conducendo uno studio specifico presso di loro e mobilitando le associazioni sociali; 8. pianificare il processo di concertazione. La scelta dei metodi di comunicazione e di concertazione dipende dalla natura dei problemi, dal rapporto con gli abitanti, dalle loro capacità d’espressione e dagli attori coinvolti. Prima di tutto il committente deve informare i partners istituzionali delle sue intenzioni e raccogliere i loro punti di vista per iniziare una prima negoziazione. I partners istituzionali possono essere: - i responsabili della gestione del progetto; - i rappresentanti delle associazioni; - gli operatori sociali e gli insegnanti; - i commercianti; - la polizia; - gli impiegati municipali. L’informazione degli abitanti dovrebbe avvenire in tre fasi. 1. Spiegazione agli abitanti dei lavori previsti, presentazione delle persone che realizzano il progetto e degli interlocutori a cui possono rivolgersi, illustrazione dei modi di finanziamento dell’operazione e dell’incidenza che il progetto di riqualificazione avrà sugli affitti. 2. Presentazione dei risultati della diagnosi e del pre – progetto che implica: l’informazione sui problemi tecnici e sociali del quartiere, le modifiche da apportare agli alloggi, agli edifici e agli spazi esterni; la presentazione dei nuovi servizi che saranno creati e l’illustrazione del pre – progetto. 143 3. Presentazione del progetto definitivo e del regolamento di cantiere spiegando le motivazioni che hanno portato alla modifica del progetto ed informando gli abitanti dei lavori da attuare negli alloggi. La comunicazione con i locatari può essere organizzata in modi diversi: - creazione di gruppi di lavoro su problemi particolari; - riunioni sul posto con gli utenti; - creazione di filmati; - esposizione dei progetti; - creazione di un “bureau” d’accoglienza: un centro di quartiere che permetta agli abitanti di informarsi sui lavori e di esporre i I partners istituzionali CAPITOLO SECONDO riqualificazione può permette di migliorare questa immagine, di reintegrare il quartiere stesso nella città e di facilitare l’affitto o la vendita degli alloggi sfitti. Fare pubblicità al processo di riabilitazione significa organizzare visite in cantiere, manifestazioni pubbliche e creare nuovi servizi che possono essere accessibili anche dagli abitanti della città. Le fasi per l’informazione degli abitanti propri problemi. Questo “bureau” deve poi trasmettere le domande degli abitanti al responsabile dell’operazione di riabilitazione; - realizzazione di un giornale di quartiere in cui viene spiegato il progetto ed in cui gli abitanti e le associazioni possono esprimere i loro punti di vista; organizzazione di riunioni regolari in cui fare il punto della situazione, informare gli abitanti delle azioni intraprese, esaminare i problemi emergenti, prendere delle decisioni e definire i programmi di lavoro e assegnare i compiti; - stabilire un “giornale di bordo” in cui descrivere le evoluzioni dell’operazione e le decisioni prese, anche per far capire a nuovi attori che possono venire coinvolti le fasi del progetto di riqualificazione. Un altro aspetto molto importante per la riuscita di un’operazione di riqualificazione è quella di cercare di pubblicizzare la stessa operazione migliorando l’immagine del quartiere . I grandi quartieri, infatti, hanno sempre avuto un’immagine negativa presso gli abitanti della città in cui sono situati; una buona 144 CAPITOLO SECONDO La publicizzazione dell’operazione di riqualificazione 2.3.8 L’organizzazione dei lavori nei cantieri di riqualificazione Un cantiere di riqualificazione è molto diverso rispetto ad un cantiere ex–novo, poiché si deve operare: - su di un edificio esistente con una sua struttura, con le sue caratteristiche tecniche, in assenza di un piano di esecuzione e con problematiche di diverso genere che si possono evidenziarsi durante 145 l’operazione di riqualificazione; - con gli abitanti, con il loro modo di vita, con i loro usi. Prima di tutto bisogna fare un’analisi tecnica degli edifici e verificare la compatibilità delle trasformazioni proposte con le caratteristiche della struttura e con le tecnologie utilizzate per la sua costruzione e, come abbiamo già visto, fare un programma degli investimenti in relazione ai finanziamenti disponibili. Bisogna fare in modo che la vita degli abitanti continui normalmente, che siano assicurati i servizi principali (distribuzione della posta, acqua, gas, elettricità, raccolta dei rifiuti ecc..) e che le aree a verde o di sosta siano preservate, quindi, bisogna fare in modo che gli interventi tecnici siano pianificati in funzione alla vita degli abitanti. Per ottenere ciò è necessario: nominare un rappresentante della committenza con competenze tecniche, conoscenza del progetto e capacità di relazione e negoziazione, facilmente identificabile dagli abitanti, a cui gli stessi abitanti CAPITOLO SECONDO possono fare riferimento per qualsiasi necessità; - creare un “bureau” dei lavori accessibile da tutti gli abitanti, con personale stabile, dove gli stessi abitanti possono spiegare i loro problemi ed avere informazioni; - appoggiarsi ai custodi che possono essere d’aiuto sia agli abitanti che alle imprese di costruzione. Per far in modo che l’operazione di riqualificazione abbia successo è necessario: - considerare la cultura degli abitanti e le loro usanze in modo da rispettarle; - tenere in considerazione situazioni particolari come la presenza di anziani; - mantenere gli abitanti informati sull’avanzamento dei lavori e spiegare loro la natura dei disturbi che dovranno subire; - spiegare agli abitanti le caratteristiche delle nuove installazioni messe in opera, tramite visite a domicilio o riunioni per fare in modo che possano utilizzarle correttamente; - associare gli abitanti ai lavori, in particolare, le opere di riqualificazione possono essere un’occasione per inserire i giovani disoccupati nel mondo del lavoro; - associare gli abitanti alle riunioni di cantiere in modo da prevenire qualsiasi impedimento alla conduzione dei lavori. Infine, la scelta dell’impresa costruttrice è molto importante poiché deve avere competenze tecniche, ma deve anche avere la L’analisi tecnica degli edifici 146 CAPITOLO SECONDO capacità di adattarsi alle esigenze di questo tipo di cantiere. Deve essere in grado di collaborare con i diversi attori coinvolti e, soprattutto, aperta al dialogo con gli abitanti. 2.3.9 La trasformazione del sistema di gestione Il degrado degli edifici non dipende solo dalla qualità della loro costruzione ma anche dal modo di gestione del patrimonio e dal rapporto tra organismo di gestione e gli abitanti. In alcuni casi gli organismi di gestione si disinteressano dei reclami e delle richieste degli utenti degli immobili e lasciano che gli edifici si degradino senza apportare alcuna modifica, in altri casi intervengono in modo autoritario, senza consultare i locatari e questo comportamento produce una reazione negativa da parte degli abitanti che si traduce in aggressività verso gli edifici. Il modo di gestire un quartiere può contribuire ad accelerare il suo degrado. Per fare in modo che ciò non accada bisogna creare un supporto di mediazione tra gli abitanti e gli organismi che intervengono nella gestione del quartiere. Anche in questo caso, come nel programma di riqualificazione, è necessario nominare un responsabile di gestione che coordini gli interventi delle diverse categorie di personale addetto alla gestione ( custodi, portinai, amministratori..) in modo da: - reperire i problemi emergenti; - reperire i reclami degli abitanti; - mobilitare gli interventi dei diversi servizi che agiscono nel quartiere; - trattare i conflitti di vicinato; - negoziare con le associazioni presenti nel quartiere; - sviluppare relazioni con gli organismi sociali e culturali; - informare i nuovi locatari; - favorire il miglioramento delle relazioni tra i diversi servizi e le associazioni presenti nel quartiere. Bisogna quindi istituire un sistema di raccolta e di trattamento dei reclami in modo da impedire l’evoluzione dei problemi e Il modo di gestire un quartiere può contribuire ad accelerare il suo degrado Per un buon programma di gestione è necessario creare un supporto di mediazione tra abitanti ed organismi di gestione La creazione di un sistema di raccolta e di trattamento dei reclami risolverli rapidamente ed in modo da dimostrare agli abitanti che gli organi di gestione si preoccupano 147 CAPITOLO SECONDO delle loro difficoltà e delle loro problematiche. La raccolta e l’analisi dei reclami degli abitanti permette, inoltre, di creare un programma di gestione e manutenzione. Spesso gli organi di gestione si confrontano con un ambiente in cui le difficoltà economiche e sociali degli abitanti sono molto accentuate. Proprio per questo motivo devono sviluppare la collaborazione molto stretta con gli organismi sociali contribuendo al sostenimento delle loro iniziative per favorire la nascita di una nuova dinamica sociale. La partecipazione alla nascita di queste iniziative può avvenire in diversi modi: - mettendo a disposizione dei locali per gli incontri o per attività culturali; - attraverso la partecipazione del personale di gestione; - mettendo a disposizione del materiale. La messa in opera di iniziative da parte delle organizzazioni sociali e culturali può anche permettere di inserire gli stessi abitanti in servizi ed attività utili alla collettività. Inoltre, il personale delle organizzazioni sociali entra in contatto con gli abitanti quindi, è un potenziale interlocutore tra gli organismi di gestione e gli utenti. Un altro aspetto importante a cui l’organismo di gestione deve prestare attenzione è l’arrivo di nuovi locatari nel quartiere. E’ necessario quindi, mettere in contatto i nuovi abitanti con gli organismi sociali per facilitare il loro inserimento nel quartiere. E’ necessario spiegare loro quali sono i servizi di quartiere di cui possono usufruire, a chi devono rivolgersi per risolvere i loro problemi. In genere le persone che si trasferiscono in un nuovo quartiere sono fragili e si sentono sperdute; questo tipo di accoglienza può permettere loro di inserirsi più facilmente. 148 CAPITOLO SECONDO 2.3.10 Valutazione delle operazioni condotte nel programma di riqualificazione La valutazione delle operazioni condotte in un programma di riqualificazione è uno strumento di controllo degli operatori sui risultati raggiunti e, può essere anche uno strumento di pilotaggio per le operazioni future. Il metodo di valutazione consiste nel creare un processo continuo con il fine di analizzare: • la natura dei problemi incontrati durante l’operazione di riqualificazione; • le soluzioni adottate; • i modi di messa in opera di queste soluzioni; • gli effetti scaturiti da queste soluzioni; • i modi di condurre l’operazione; • le relazioni tra gli operatori e gli abitanti; • gli ostacoli, le difficoltà e i conflitti emergenti. Non si tratta solamente di raccogliere delle informazioni, ma è necessario associare i differenti attori a queste analisi al fine di: • confrontare i loro punti di vista; • interrogarsi sui modi operativi che sono stati utilizzati; • modificare, se è necessario, il loro modo di trattare i problemi. Tutto ciò permette agli operatori, durante l’operazione di riqualificazione, di anticipare i problemi prima che sia troppo tardi e di modificare, se è necessario, il modo di condurre l’operazione e, alla fine dell’operazione, di trarre degli insegnamenti e di capitalizzare le esperienze per migliorare il metodo di azione. Quindi, il metodo di valutazione permette di comprendere lo svolgimento di un processo di riabilitazione, di apprezzare i metodi utilizzati, l’organizzazione adottata, le forme di collaborazione tra gli attori e di analizzare le difficoltà incontrate, gli errori commessi e di interrogarsi sul modo in cui sono stati trattati questi problemi. Il processo di valutazione consta di cinque fasi. 1. Valutazione alla conclusione della fase di programmazione ci si deve interrogare su: - l’attinenza delle azioni progettate; - la fattibilità del programma; - l’efficacia dei metodi operativi da adottare; - l’adeguatezza dei mezzi da utilizzare. 149 2. Valutazione dell’operazione test su di un edificio. Gli insegnamenti tratti dalla messa in opera di ciò che è stato Le fasi del valutazione processo di CAPITOLO SECONDO 1. Valutazione alla conclusione della fase di programmazione 2. Valutazione dell’operazione test su di un edificio programmato su di un edificio test può ridefinire il modo di condurre l’operazione precedentemente programmato. In questa fase è strettamente necessario consultare gli utenti ed analizzare le loro reazioni. 3. Valutazione dell’operazione durante il cantiere. Questa valutazione deve volgere principalmente sull’analisi dei problemi incontrati e sulle eventuali lamentele degli abitanti. 4. Valutazione alla fine del cantiere. In questa fase si devono interrogare gli abitanti per conoscere quali sono le migliorie più significative per loro e quali, al contrario, gli errori ed i problemi ancora da risolvere. 5. Valutazione dopo due o tre anni dalla fine del processo di riqualificazione. In questa fase bisogna valutare la situazione del quartiere per capire quali sono i cambiamenti avvenuti dopo la riqualificazione e, quindi, se gli abitanti hanno apprezzato positivamente o negativamente i mutamenti apportati dalla riqualificazione. Questa valutazione deve analizzare: - il processo di riqualificazione nel suo complesso; - le modifiche apportate ai metodi di gestione e manutenzione; - le azioni dei servizi sviluppati dagli organismi sociali e di gestione per il funzionamento del quartiere. Si devono analizzare questi differenti fattori e la loro interazione con l’evoluzione dell’ambiente ( mercato degli alloggi, contesto economico e sociale etc.). Sono diversi gli indicatori che possono essere utilizzati per valutare gli effetti di una riqualificazione: • diminuzione o aumento della rotazione dei locatari; • evoluzione degli alloggi vuoti e della morosità; • condizione degli edifici; • diminuzione o aumento delle lamentele degli abitanti; • situazione dei conflitti di vicinato; • diminuzione o aumento della delinquenza. Infine è necessario interrogare gli abitanti riguardo al loro habitat, alle relazioni sociali, alla situazione dei giovani, degli anziani e delle persone in difficoltà e all’immagine del quartiere. 150 3. Valutazione dell’operazione durante il cantiere 4. Valutazione a fine cantiere 5. Valutazione dopo due/tre anni dalla fine del programma/processo di riqualificazione CAPITOLO SECONDO LE FASI DEL PROGRAMMA DI RIABILITAZIONE AZIONI ATTORI FASE 1 Definizione del quadro di programmazione • • Diagnosi Consultazione con gli attori • • • Richiesta di sovvenzione • • • Approvazione Nomina équipe operativa • • Sociologi, tecnici, architetti, ingegneri Architetti, tecnici, sociologi, associazioni sociali, enti locali GAD (Groupe Administratif Départemental) Stato, Regione GAD Organismo proprietario (HLM, Comune) FASE 2 Elaborazione del pre-progetto • Elaborazione del pre-progetto • • • Verifica di fattibilità Consultazione delle parti interessate • • • • Invio del pre- progetto Approvazione • • Equipe operativa ( Architetti, ingegneri, sociologi, tecnici, responsabile dei finanziamenti) Imprese costruttrici abitanti, associazioni sociali, Comune, Organismo di gestione. GAD GAD FASE 3 Elaborazione del progetto • • Elaborazione del progetto Presentazione alle parti interessate • • • • • Invio del progetto Approvazione Finanziamento • • • Equipe operativa Abitanti, associazioni sociali, Comune, Organismo di gestione. GAD GAD Stato, Regione • • Imprese costruttrici Abitanti, équipe operativa FASE 4 Sperimentazione su di un edificio-test • • Sperimentazione su di un edificio test Valutazione dell’esperienza FASE 5 Messa a punto del programma di inizio lavori • • Realizzazione per trance Modifiche in corso d’opera • • Imprese costruttrici Imprese costruttrici • Utenti, équipe operativa FASE 6 Verifica alla fine dei lavori • Valutazione dell’operazione 151 CAPITOLO SECONDO • Modifiche necessarie • Imprese costruttrici Abitanti, équipe operativa, associazioni sociali, organismi di gestione, Comune Imprese costruttrici, Organismi di gestione FASE 7 Programma di post-riqualificazione • Analisi della situazione dopo la riqualificazione • • Modifiche necessarie • 2.4 Tre casi studio francesi: i quartieri Les Minguette, La Courneuve e Port de Bouc Nell’immediato dopoguerra la Francia si trova a dover affrontare un grave deficit abitativo. Per poter rispondere ai fabbisogni reali occorre aumentare in maniera considerevole la produzione di alloggi; vengono elaborati alcuni principi qualitativi, in realtà estremamente semplificatori e generici (spazi verdi, igiene) e istituiti gli strumenti legislativi intesi a facilitare gli interventi delle pubbliche amministrazioni, quali le Zones à Urbaniser Priorité (ZUP), strumento urbanistico ideato per favorire la produzione industriale di alloggi sociali. Nel periodo compreso tra gli anni cinquanta e sessanta vengono quindi costruiti milioni di alloggi sociali, situati prevalentemente all’interno di grandi insediamenti residenziali che si volevano autosufficienti, presto divenuti quartieri dormitorio. Nel corso di pochi anni la politica dei grands ensembles viene abbandonata in quanto, pur avendo risposto sul piano della quantità al fabbisogno abitativo, è risultata fonte di numerosi problemi: il principale è quello della segregazione fisica e sociale, che trova le sue cause sia nella lontananza fisica dei nuovi quartieri dai centri urbani e nella mancanza di collegamenti con la città, sia nel precoce invecchiamento del costruito, dovuto in parte alla mancanza quasi totale di metodi di controllo qualitativi all’epoca delle realizzazioni, sia, soprattutto, all’alto grado di omogeneità della popolazione, dato che in questi quartieri sono stati concentrati abitanti a basso reddito, con un alto tasso di disoccupazione e basso livello di istruzione. La situazione di degrado in cui versano i grandi quartieri periferici francesi si riscontra in molte città europee, in maniera relativamente simile. Anche in Italia si sta assistendo, in questi ultimi anni, come ho già accennato, ad un aggravarsi dei problemi, soprattutto di ordine sociale, in alcuni quartieri periferici, con modalità naturalmente diverse, sia per la dimensione del fenomeno ( i quartieri francesi hanno estensioni di gran lunga maggiori rispetto ai nostri e sono in numero maggiore), sia per la diversa struttura sociale della popolazione. In ogni caso indagare l’esperienza francese, non solo in “astratto”, 152 ma attraverso casi di riqualificazione significativi come Les Minguettes, La Courneuve e il caso di Port de Bouc, può essere utile per analizzare come le strategie di intervento, precedentemente descritte, siano state applicate e come possano essere applicate anche in Italia. La riqualificazione di Les Minguettes è interessante perché esplica il programma di riqualificazione nella sua interezza CAPITOLO SECONDO La Courneue Port de Bouc Le Minguettes grazie anche allo sviluppo di diverse operazioni di tipo sociale; il caso dell’edificio Robespierre alla Courneuve è stato preso ad esempio poiché mostra come la riqualificazione di un edificio può avvenire senza il trasferimento in altro loco degli abitanti; infine il caso di Port de Bouc chiarisce attraverso quali mezzi si può avviare la partecipazione degli abitanti. 153 CAPITOLO SECONDO 2.4.1 Les Minguettes e la riqualificazione sociale Les Minguettes fu costruito per rispondere al forte bisogno abitativo dovuto all’ondata di immigrazione che investì Lione negli anni sessanta a causa dello sviluppo delle industrie chimiche ed automobilistiche. Il quartiere è situato alla periferia di Lione e, più precisamente, nel Comune di Vénissieux ed è formato da 14 distretti in di tre torri ciascuno, per un totale di 9500 alloggi, 63 torri di 17 piani ed edifici in linea di otto piani. Con la costruzione di Les Minguettes la popolazione di Vénissieux passò da 35000 a 65000 abitanti. La maggior parte degli alloggi sono stati costruiti per famiglie numerose, composti da 3-5 stanze. Nel 1977 Les Minguettes iniziò a mostrare i maggiori problemi: il quartiere generava un senso di insicurezza, proprio mentre la diminuzione del costo degli affitti a Lione portava la maggior parte delle famiglie francesi ad abbandonarlo per cercare alloggi migliori. Questo abbandono e, di conseguenza, l’aumento degli alloggi sfitti creò instabilità. Negli stessi anni gli HLM (organi proprietari) iniziarono a offrire gli alloggi vuoti ai nuovi immigrati provenienti dal Nord Africa, con la conseguenza di un ulteriore abbandono da parte delle poche famiglie francesi rimaste nel quartiere. Nel 1977 c’erano 700 alloggi vuoti e nessuna domanda di trasferimento nel quartiere di Les Minguettes. La reazione dei residenti francesi alla concentrazione di popolazione nord-africana portò il Comune ad introdurre restrizioni all’accesso degli alloggi da parte di immigrati, nel tentativo di stabilizzare la situazione, ma il sempre crescente livello di alloggi vuoti e la situazione di degrado provocarono maggiore insicurezza e diminuzione dei servizi. Nel 1979 gli alloggi vuoti diventarono 2400 (quasi un terzo del totale) e la popolazione passò da 35000 a 20000 abitanti, di cui il 13 % erano nord africani. La situazione era molto critica (più della metà dei giovani Nord africani erano senza lavoro, esistevano grossi problemi di coabitazione tra le diverse etnie) tanto che, nell’estate del 1981, scoppiò un violentissimo scontro tra i giovani nord africani e la polizia. 154 CAPITOLO SECONDO Questo evento costrinse il Governo, le autorità locali, il Comune di Vénissieux, la Città di Lione e gli HLM ad entrare in azione. Les Minguettes era, in realtà, solo la punta dell’iceberg, infatti, il forte boom economico di Lione degli anni settanta aveva portato alla realizzazione di altri quartieri come Les Minguettes con le stesse problematiche: cattiva qualità delle costruzioni, isolamento rispetto alla città, mancanza di servizi sociali e scolastici, tensioni tra gli abitanti di nazionalità francese e le altre etnie. Nel 1981 il sindaco di Grenoble, M.Dubedout, fu incaricato dal Primo Ministro di stilare un rapporto sulle problematiche di quartieri come Les Minguettes. Uno dei più interessanti argomenti trattati da Dubedout nel suo rapporto era la necessità di integrare i giovani nord africani nella vita dei quartieri; infatti l’ostilità dell’ambiente in cui erano inseriti, l’isolamento dalla vita urbana e sociale, la mancanza di lavoro avevano causato il collasso. “Inserimento” diventò la parola chiave nella battaglia per incorporare i quartieri come Les Minguettes nella città. La Commission Nationale pour le Dèveloppement Social des Quartiers istituita nel 1981, il cui scopo è quello di intraprendere una politica globale di lunga durata per le zone urbane in difficoltà, teatro di gravi problemi sociali, degrado dell’habitat, disoccupazione, criminalità inserì Les Minguettes, insieme ad altri 24 quartieri, in uno speciale programma di riqualificazione. Nello stesso anno gli HLM responsabili di Les Minguettes istituirono un’associazione chiamata AGELM per coordinare il nuovo approccio verso il quartiere: era necessario stabilire un dialogo con gli abitanti per capire ciò che non andava e creare una immagine positiva del quartiere e, per fare questo, era inevitabile demolire alcuni edifici del quartiere, in quanto troppo denso, troppo oppressivo, troppo grande. Venne creata anche un’agenzia per gestire i nuovi gruppi di persone che arrivavano nel quartiere. Il programma di riqualificazione di Les Minguettes coinvolse lo Stato, la Commission Nationale pour le Dèveloppement Social des Quartiers, la Regione, la città di Lione, il governo locale ed altri pubblici servizi come la Cassa dei Fondi Famigliari, gli organi proprietari. Gli scopi principali della riqualificazione erano: - salvare Les Minguettes; - ristabilire la popolazione; - integrare il quartiere alla città di Lione; - integrare le diverse etnie presenti nel quartiere ed incoraggiare i francesi a tornare nel quartiere; - dimostrare che anche i quartieri di edilizia sociale possono diventare attraenti. 155 CAPITOLO SECONDO 2.4.2 Le demolizioni La riqualificazione del quartiere iniziò con la demolizione di alcune torri particolarmente degradate. Quattro torri nell’area di Monmousseau in pessimo stato e quasi disabitate furono demolite e, al loro posto, vennero creati dei giardini e piantati degli alberi grazie alla collaborazione dei giovani residenti del quartiere. Una seconda area di Les Minguettes, Démocratie, composta da dieci torri per un totale di 600 unità, era in cattivo stato. Gli abitanti, infatti, si erano spostati gradualmente in aree migliori del quartiere lasciando il distretto in situazione di abbandono. Nel 1985 Démocratie era completamente abbandonato e, per anni, fu oggetto di una disputa tra la Citta di Lione e l’HLM: demolizione o recupero? Nel 1989 venne creata un’équipe di architetti-urbanisti17 per studiare un progetto di recupero per Démocratie. Gli architetti incaricati dichiararono che era necessario demolire cinque torri per poter avviare il processo di riabilitazione del quartiere. Dopo questo progetto gli edifici rimasero vuoti e in cattivo stato per altri cinque anni fino al 1994 quando tutti i partners concordarono che l’unica soluzione per iniziare il processo di riqualificazione di Démocratie era la demolizione delle cinque torri. 2.4.3 La riqualificazione La riqualificazione di Les Minguettes iniziò nel 1983 e le diverse parti del quartiere hanno ricevuto trattamenti differenti. Un blocco venne riqualificato e trasformato in piccoli alloggi per gli studenti dell’Università di Lione e, nell’edificio venne inserito anche un bar usufruibile da tutti gli abitanti del quartiere. Un altro edificio fu dato ad un college di Lione, Bioforce, e venne quindi trasformato in un centro residenziale e di addestramento al lavoro che ebbe molto successo. Altri edifici vennero riqualificati per le giovani coppie francesi, per creare il mix sociale che era andato scomparendo. Un importante cambiamento, apportato a quasi tutte le torri, fu la riqualificazione dei piani terra e dei primi piani, trasformati in locali comuni per gli abitanti o in attività di 17 Tra i progettisti: Jean Patrick Fortin e Pierre Rapin 156 CAPITOLO SECONDO commercio; in questo modo, il livello strada divenne più vivibile. Venne realizzata una piscina, una chiesa cattolica, una moschea, un centro mussulmano, un centro sportivo, aree gioco per bambini ed un mercato due volte la settimana che vende prodotti di trentadue nazionalità diverse. Il nuovo programma incoraggiò le iniziative dei giovani, le organizzazioni etniche e tutto ciò che poteva rendere vivo e vivibile Les Minguettes. 2.4.4 Le iniziative sociali Uno speciale progetto venne attuato, in uno dei tanti edifici di Les Minguettes. Questo progetto impiegò le giovani donne africane a lavorare con la prima generazione di famiglie che erano immigrate dall’Algeria. Queste famiglie avevano grossi problemi di inserimento nel quartiere e di adattamento e questo programma, permise di cambiare la loro situazione, tanto che divenne famoso e venne riconosciuto dalla società francese. Molti progetti vennero istituiti per i giovani e per i bambini, soprattutto sotto il profilo educativo. Fu realizzata una scuola che ebbe ottimi risultati e, dal 1982, i giovani residenti vennero inseriti in programmi di vacanze estive ( campeggi al mare o in montagna ). In quegli anni circa 2000 giovani tra i 16 e i 25 anni non avevano un lavoro. Il programma di riabilitazione offrì lavoro ai residenti nei servizi di manutenzione e pulizia, inoltre Les Minguettes faceva parte di un progetto pilota nazionale, sponsorizzato dall’Unione Nazionale delle HLM, per lo sviluppo del lavoro con il fine di: - creare il massimo accesso al lavoro; - facilitare il cambio di destinazione d’uso degli edifici per creare diverse attività; - supportare la creazione di servizi locali. Questo progetto permise di inserire nel mondo del lavoro molti giovani del quartiere. 2.4.5 Le procedure per la riqualificazione Gli importanti cambiamenti raggiunti a Les Minguettes si devono al modo con cui le HLM hanno condotto il processo di riqualificazione ed ai metodi utilizzati. Vennero apportati, infatti, diversi cambiamenti ed innovazioni per quanto riguarda la gestione del programma di riqualificazione, attraverso: - l’istituzione nel quartiere di uno staff con competenze sociali per occuparsi dei problemi di gestione del quartiere stesso; - la maggior responsabilità ai custodi - gardiens ouvriers - degli edifici; 157 CAPITOLO SECONDO - la consultazione con gli abitanti prima di qualsiasi operazione; - la creazione di un centro sociale per incoraggiare le iniziative locali; - finanziamenti ai residenti per incentivare l’apertura di nuove attività, - la creazione di una agenzia immobiliare per l’affitto degli alloggi nel quartiere. Ogni HLM aprì un ufficio nel distretto di sua proprietà con competenze diverse (sociali, commerciali..). I loro compiti erano quelli di: occupare gli alloggi, stabilizzare la comunità esistente, incentivare i servizi ed incrementare il livello sociale degli abitanti e la diversità razziale del quartiere. I richiedenti di alloggi vennero incoraggiati a scegliere le loro future abitazioni tra quelle sfitte e i residenti, potevano muoversi all’interno del quartiere scegliendo tra gli alloggi vuoti ristrutturati. In questo modo il sistema dell’affitto divenne più flessibile, più personale e più corretto e permise di ridurre drasticamente il numero degli alloggi vuoti. L’equivalente di cento alloggi fu riconvertita in attività commerciali o servizi per la collettività ed altri 100 in piccoli alloggi per studenti o per giovani famiglie. Ogni edificio aveva un interlocutore sociale a cui i residenti potevano rivolgersi ed esporre i loro problemi. Giorno dopo giorno la gestione del quartiere venne migliorata, così come gli edifici e l’ambiente vennero riqualificati e gli alloggi sfitti passarono da 2000 nel 1982 a 200 nel 1994. Les Minguettes fu riqualificata attraverso diverse procedure che implicarono più partners, con competenze diverse, per affrontare i problemi da più angolazioni possibili. I due terzi degli edifici furono riqualificati, sorsero associazioni di abitanti, bar e negozi vennero aperti ed i responsabili di gestione locale riuscirono ad avere il controllo del quartiere. L’elenco che segue mostra i cambiamenti che sono stati apportati negli anni al quartiere Les Minguettes, mentre la figura nella pagina successiva riassume il nuovo approccio utilizzato per la riqualificazione. Politica di assegnazione degli alloggi - nuovo sistema di affitto nuova strategia di vendita Gestione locale Riqualificazione - - riqualificazione con la partecipazione degli utenti riqualificazione urbana del quartiere - Nuovo modello - azioni concordate con i partners riabilitazione a lungo termine obiettivi concordati con gli abitanti - - - 158 Decentramento del potere di gestione Formazione di un nuovo staff di gestione in loco Ridefinizione del compito del custode-gardiens ouvriers Programmazione dei provvedimenti di gestione giorno CAPITOLO SECONDO Sviluppo sociale - sviluppo di contributi sociali e di impiego per i giovani creazione di luoghi dove gli abitanti possono confrontarsi e creare comunità RIASSUNTO DELLE OPERAZIONI ATTUATE Riqualificazione fisica: • • • • • • • limitate demolizioni isolamento degli edifici riduzione degli alloggi grandi e creazione di alloggi più piccoli miglioramenti nelle piccole abitazioni conversione dei piani terra in negozi o locali comuni miglioramento dell’ambiente con aree a verde ascensore e riscaldamento funzionanti Gestione: • • • • • • responsabili di gestione posti in uffici nel quartiere gestione coordinata tra le agenzie agenzia immobiliare nel quartiere contatto con i residenti consulenza finanziaria e sociale favorita mobilità dei residenti all’interno del quartiere Iniziative sociali: • • • • • • • • • creazione di aree gioco attività con i bambini inserimento dei giovani nel lavoro incentivi per le iniziative dei residenti contatti con i giovani nord africani iniziative scolastiche contatti con la polizia campeggi estivi per i giovani iniziative delle donne africane per integrare le famiglie non integrate Iniziative economiche: 159 CAPITOLO SECONDO • • • • ricerche sulla solvibilità degli inquilini affitti controllati e ridotti incentivi per il cambiamento d’uso degli edifici incentivi per la creazione di posti di lavoro. Nota: l’impressione che io ho avuto durante la nostra visita a Les Minguettes, durante il viaggio di Dottorato a Lione, è stata in realtà di desolazione: torri alte con applicati pannelli prefabbricati credo per chiudere gli alloggi ancora sfitti, edifici con dipinti colorati, in grandi aree a verde che sembravano inutilizzate. Forse non conoscendo come fosse il quartiere prima della riqualificazione non sono stata in grado di coglierne i miglioramenti fisici, o forse il vero problema di questo tipo di quartieri è alla base: è difficile migliorare degli edifici e dei contesti urbani progettati male in partenza, su vaste aree e di dimensioni spropositate e, soprattutto, costruiti velocemente per soddisfare il prima possibile le richieste di alloggi. In realtà credo che i maggiori successi a Les Minguettes siano stati ottenuti nella sfera della vita sociale, nel rapporto degli organi di gestione con gli abitanti, nella creazione di organizzazioni di supporto degli abitanti, nell’incentivazione delle loro iniziative e soprattutto nel considerare i loro problemi e le loro necessità. Questo ha permesso di migliorare la vita del quartiere e di risolvere i gravi problemi che stanno alla base del degrado del quartiere stesso ( insoddisfazione degli abitanti, conflitti tra etnie diverse, delinquenza ecc..) e, che noi, con una frettolosa visita sul posto, non siamo stati in grado di cogliere. 160 CAPITOLO SECONDO 2.4.6 La Courneuve, i 4000 e la riqualificazione “fisica” degli edifici 161 CAPITOLO SECONDO 13.Verlaine 14. Cité des Cosmonautes 15. Barbusse 16. Balzac 17. L’Orme seul Nel 1964 l’Ophlm18 di Parigi aveva urgente necessità di costruire alloggi per la popolazione rimasta senza casa in seguito ad alcune operazioni di “risanamento” di Belleville, durante le quali interi isolati furono demoliti perché insalubri. L’Office possedeva un terreno di circa trenta ettari nel comune di La Courneuve, nella banlieue nord - est della città e, in accordo con il comune, iniziò la costruzione di 4.000 alloggi. Per l’occasione, vista l’immediata necessità di alloggi, venne messo a punto un nuovo sistema di prefabbricazione, il procedimento Estiot, che consentì di produrre 120 alloggi al mese. Ad una velocità sorprendente venne così realizzato un gruppo di stecche alte da quattro a sedici piani, nelle quali trovarono posto 120.000 abitanti. I “4000”, come venne battezzato, mostrò subito grossi problemi: i pannelli di facciata, fissati unicamente ai tramezzi divisori, si muovevano esageratamente per effetto degli sbalzi termici; i giunti scricchiolavano; i serramenti lasciavano passare aria e acqua. Inoltre gli assegnatari degli alloggi non pagavano l’affitto e subito il quartiere si trasformò in un quartiere dormitorio. Il quartiere diventò sito DSQ19 e un’équipe operativa interdisciplinare dal 1981 lavorò per integrarlo alla città. Nel 1982 venne indetto un concorso per la trasformazione di una parte della città che comprendeva i 4000. Tra i progetti presentati venne scelto quello del gruppo Aprah20 che si avvicinava maggiormente alle intenzioni del programma. Il progetto si articolava intorno alla creazione di un sistema di collegamenti tra diversi poli, esistenti e futuri, al fine di inserire il quartiere dei 4000 nel tessuto urbano; inoltre intendeva promuovere una “urbanità” specifica di questa periferia, creando dei quartieri con tipologie 18 Office public d’Habitations à Loyer Modéré Développement social de quartiers 20 Formato dagli architetti Douaire, Laisney e Gulgonen 19 162 CAPITOLO SECONDO abitative differenziate, tenendo conto del tessuto e degli edifici preesistenti. La trasformazione dei 4000 consisteva prevalentemente nell’ampliamento degli alloggi e nell’aggiunta di logge e balconi. Vennero pensate delle doppie facciate continue che collegavano gli edifici più bassi dando luogo a dei percorsi porticati lungo i piani terra, dove è previsto l’inserimento di attività commerciali. Il progetto vincitore non venne approvato dalla municipalità, ma vennero comunque realizzate alcune operazioni frammentarie, cercando di mantenere costanti le linee guida generali. Dopo lunghe trattative la gestione dei 4000 passò da l’Office di Parigi a quello della Courneuve e l’immediata conseguenza di questo passaggio furono una serie di interventi di ordinaria manutenzione all’interno del quartiere. Nel luglio 1983 venne stanziato un finanziamento di cinquanta milioni di franchi per i 4000, accompagnato dall’ingiunzione di iniziare i lavori di recupero entro la metà di agosto. Il 18 febbraio del 1986 venne demolito l’edificio Debussy, una stecca di 16 piani e, questa demolizione rappresentò un momento importante per la riabilitazione del quartiere. In principio l’intenzione della municipalità era di demolire completamente una serie di stecche, in particolare quelle orientate est - ovest, ma le reazioni negative seguite alla demolizione di Debussy ed alcune riflessioni sull’elevato costo economico e sociale delle demolizioni, portarono ad un cambiamento di rotta. Venne rivalutato il progetto di Paurd, Germe e Laurent Israel, che considerava le stecche come elementi integranti del quartiere e della città contemporanea. Il primo gruppo di edifici ad essere rinnovato fu Villon, quattro piccole stecche di quattro piani, nella zona sud dei 4.000. L’operazione venne affidata all’Aprah. Gli interventi architettonici riguardavano: ampliamento delle superfici degli alloggi, ottenuto con l’aggiunta di elementi esterni alla facciata e conseguente trasformazione dei volumi, operazioni di arredo urbano nello spiazzo quadrato antistante gli edifici. L’intervento sull’edificio Verlaine, parallelo all’autostrada, venne affidato a Bernard Paurd, che considerava la ristrutturazione di questo edificio alla stregua del restauro di un monumento storico. Verlaine tornò ad assumere il suo aspetto e i suoi colori originari, vennero rifatti i giunti, i serramenti nuovi ed un sistema di collegamento dei pannelli di facciata ad apposite piastre, la trasformazione interna degli alloggi e degli ingressi degli edifici ed infine vennero aggiunti piccoli giardini agli appartamenti al piano terra. Sempre di Paurd è il progetto per l’edificio Robespierre (che spiegherò nel prossimo paragrafo) , più radicale del precedente; si tratta di una delle stecche più alte dei 163 CAPITOLO SECONDO 4000, quindici piani, orientata nord - sud. Con l’eliminazione di alcuni pannelli di facciata e sui lati corti dell’edificio e l’abbassamento di alcune parti di esso sono state create delle logge. In altri punti l’aggiunta di una struttura a torre ha permesso di ingrandire gli appartamenti e di dotarli di logge. Laurent Israel ha progettato il rinnovamento dell’edificio Balzac, il cui orientamento est - ovest faceva sì che un lato degli appartamenti rimanesse sempre in ombra. L’idea fu quindi quella di aprire delle finestre monumentali, eliminando completamente alcune parti dell’edificio, operazione relativamente facile data la struttura dei pannelli e modificandone completamente i volumi. 2.4.7 Riqualificazione Robespierre alla Courneuve dell’edificio L’edificio Robespierre, riqualificato da Bernard Paurd e situato nel quartiere dei 4000 alla Courneuve, è lungo 130 metri, largo 10 per 15 piani di altezza e comprende 307 alloggi. Bernard Paurd ha cercato attraverso l’aggiunta di logge di diverse forme di eliminare l’esagerata linearità dell’edificio e di creare al di là dello spazio abitabile, che ha un unico orientamento, un prolungamento che permette agli abitanti di avere una visuale più ampia dell’intorno e di creare anche un rapporto con i vicini. L’impresa costruttrice Bateg, che ha collaborato con gli architetti nella progettazione, ha messo a punto un sistema senza utilizzo di ponteggio. Le logge sono state messe in opera attraverso una piattaforma autoelevatrice di geometria variabile, che si elevava nel momento della messa in opera e si adattava ai contorni della loggia. 164 CAPITOLO SECONDO -Smontaggio dell’albero della passerella autoelevatrice - Messa in opera della piattaforma al P.6 - Preparazione del bloccaggioper il balcone - Messa in opera del - Dopo l’ancoraggio balcone prefabbricato spostamento della - chiusura delle briglia piattaforma e dell’albero anti-sollevamento passerella. - Messa in opera del parapetto metallico Questo metodo ha permesso di montare un balcone con parapetto e porta finestra nuova al giorno senza disturbare eccessivamente gli abitanti. Questi balconi sono stati installati sia negli appartamenti di cinque stanze che in quelli di due stanze ed offrono un prolungamento esterno del soggiorno di buona dimensione, a seconda del taglio degli alloggi ( 10mq., 4mq.). Dall’undicesimo al quattordicesimo piano le logge sono state chiuse da vetrate, a causa dell’altezza, diventando dei giardini d’inverno. In corrispondenza degli ingressi è stato applicato un corpo in cemento armato che, al piano terra, crea un atrio coperto più ampio, mentre agli altri piani crea un loggiato in corrispondenza del il soggiorno e della cucina degli alloggi. I pannelli di facciata esistenti sono stati ricoperti di polistirene e da un rivestimento in fibra di vetro con una finitura in resina di diversi colori. All’interno, negli alloggi, sono stati rifatti gli impianti di riscaldamento, quelli idraulici, i bagni ed i rivestimenti. Tutte le operazioni di riqualificazione sono state effettuate con gli abitanti sul posto. E’ stato creato un “bureau”, per tutta la durata del cantiere, in cui gli abitanti potevano esprimere loro domande e le loro perplessità sui lavori ed un giornale di informazioni che spiegava l’avanzamento dei lavori ed in che modo gli abitanti si dovevano preparare alla riqualificazione dei loro alloggi. 165 della CAPITOLO SECONDO L’intervento di riqualificazione si basava sulla valorizzazione delle risorse, sul contenimento della densità, sull’umanizzazione degli spazi, e sulla gestione obbligatoria e necessaria dei vari problemi che quotidianamente si pongono ovunque. Questo progetto venne presentato agli abitanti del quartiere, in modo da coinvolgerli ed ottenere la loro adesione all’iniziativa. La partecipazione degli abitanti era necessaria per la buona riuscita dell’operazione, per cui vennero previste una serie di iniziative, di presentazioni, di incontri e di dibattiti con gli abitanti, affinché fosse molto chiaro che cosa il progetto implicava. Il progetto è stato inoltre caratterizzato dalla contrattualizzazione di tutte le relazioni instaurate in riferimento all’operazione: nel rapporto stabilitosi con gli organismi statali, regionali e locali; negli accordi sottoscritti con le associazioni locali degli inquilini circa la natura dei lavori da effettuarsi, i loro costi ed i relativi aumenti del canone d’affitto; nel rapporto con i singoli residenti, poiché la realizzazione richiedeva il trasferimento di circa duecento famiglie. Per ogni famiglia è stato quindi stipulato un contratto di rilocazione che prevedeva particolari condizioni di alloggio, oltre che le varie modalità relative al trasloco ed al trasferimento. Fu formalizzato un accordo con lo Stato, con la Regione e con l’Amministrazione Civica, la quale aveva un grande interesse nella realizzazione del progetto ed ha svolto un ruolo molto importante, soprattutto a livello di coinvolgimento degli abitanti, invitando questi ultimi ad una presentazione tenutasi presso il Municipio. L’intervento urbanistico prevedeva la creazione di una spiaggia in seguito alla sistemazione della zona litorale. Era necessario che il quartiere si aprisse verso l’esterno e questo obiettivo è stato raggiunto mediante la costruzione e la valorizzazione di strade e piazze. Nel quadro dell’accordo tra i soggetti committenti del progetto, l’Amministrazione Civica è intervenuta sulla rete viaria e stradale creando un boulevard diretto verso il centro della città. Il progetto prevedeva, inoltre, la complessiva valorizzazione degli spazi pubblici del quartiere, la cui gestione è passata all’Amministrazione pubblica in modo da poter rendere più regolare ed efficace il relativo servizio di manutenzione. Un altro punto molto importante del programma riguardava, come ho già accennato, l’integrazione della popolazione nel quartiere, quindi questa operazione necessitava un gran lavoro di comunicazione e di relazioni con i residenti. Per questo motivo è stato creato un Atelier de réhabilitation, una sorta di sportello aperto tutti i giorni nella piazza principale, presso il quale i residenti potevano recarsi per esprimere i loro problemi e le loro osservazioni. 167 CAPITOLO SECONDO L’Atelier si proponeva come punto di incontro e di scambio, presso il quale una volta al mese avevano luogo anche gli incontri con le varie associazioni degli inquilini, presso il quale venivano definite le azioni da mettere in atto in collaborazione con il centro sociale vicino, con le associazioni giovanili, con le rappresentanze delle varie realtà locali e presso il quale si incontravano le scuole. Si è tentato, inoltre, con una certa difficoltà, di sviluppare in collaborazione con alcune realtà imprenditoriali una politica di sviluppo economico. Per rendere operativo il progetto sono stati reclutati una trentina di giovani residenti nel quartiere e l’Amministrazione Locale, analogamente, ha reclutato alcuni giovani affidando loro la gestione del bar sulla spiaggia. Nell’Atelier si svolgevano anche gli incontri con i residenti per le questioni degli affitti non versati, tentando di coinvolgere i vari soggetti istituzionali per alleviare le difficoltà economiche dei singoli nuclei familiari. Il progetto necessitava, inoltre, la riduzione degli alloggi (200 per la precisione), per renderli più “umani”, e questo obiettivo è stato raggiunto privando gli edifici degli ultimi piani. Uno studio climatico condotto da un’agenzia inglese stabilì che gli effetti del Mistral potevano essere smorzati praticando una serie di fori negli edifici, così da compensare la violenza delle raffiche creando delle depressioni. Sono stati quindi praticati questi fori che, oltre ad avere un’importante incidenza a livello climatico, alleggeriscono la struttura degli edifici e rendono più luminoso l’interno dei condomini. Sono state sacrificate alcune abitazioni in facciata per costruire scale e pianerottoli ben esposti. Un altro obiettivo del programma è stato di istruire ed educare i residenti ad alcune fondamentali regole di vita e civiltà, affinché gli edifici non si ritrovassero presto in condizioni di degrado simili alle precedenti. Il progetto di riqualificazione si sta ancora sviluppando e prevede ancora delle operazioni di nuove costruzioni, di recupero e di demolizioni per la creazione di spazi da destinare ad uffici. “In ogni caso sussistono ancora grossi problemi per la riqualificazione di questo quartiere che sono essenzialmente riconducibili: - alle dinamiche economiche; - al mantenimento della sicurezza nel quartiere; - alla logica delle politiche commerciali che, privilegiando la grande dimensione finisce col soffocare la piccola realtà, mentre per creare dei quartieri, per creare delle città, il loro ruolo sarebbe molto importante.”22 22 Cit.Patrick Cassoudesalle in “Riqualificazione delle periferie urbane: confronto tra esperienze francesi ed 168 CAPITOLO SECONDO Bisogna dire però che questo intervento ha offerto lo spunto per coinvolgere la gente, le associazioni e le Amministrazioni Pubbliche e che L’Atelier ha svolto, quindi, un autentico ruolo di scambio e di incontro e ha costituito un elemento fondamentale nel processo di riqualificazione. RIQUALIFICAZIONE SPAZIALE SPAZIO PUBBLICO • Verde • • Aree gioco/sosta Aree adiacenti agli edifici EDIFICIO • Ridistribuzione degli alloggi e differenziazione delle tipologie ALLOGGIO • Aumento superfici minime studenti, giovani coppie, anziani • Percorsi pedonali • Ridimensionamento strade • Creazione di vani ingressi e scala più grandi • Raddoppio delle facciate • Creazione di logge e balconi • Rifacimento impianti elettrico, idraulico, riscaldamento • Rifacimento facciata • Inserimento nuove attività • Inserimento centri sociali, uffici amministrativi, locali comuni per gli abitanti • Isolamento termico esterno • Isolamento termico interno • Isolamento acustico • Rifacimento rivestimenti interni • Riutilizzo piani terra per inserimento attività commerciali/artigianali/ sociali • Collegamento al centro urbano italiane”, Ega Edizioni 1997. 169 CAPITOLO SECONDO . 2.5 Gli esiti delle politiche di riqualificazione Gli esempi che ho illustrato dimostrano che il degrado degli edifici è spesso la conseguenza e non la causa dell’emarginazione degli abitanti e del quartiere stesso. Le cause sono da ricercarsi nel mal funzionamento dei servizi, nella carenza di attività commerciali, nella disoccupazione, nei carenti collegamenti tra i quartieri e la città. Il recupero degli edifici resta comunque il punto di partenza di ogni operazione, e questo momento è il principio di una collaborazione tra gli abitanti, gli organismi di gestione e l’amministrazione locale per comprendere le reali necessità e proporre delle soluzioni idonee. La riabilitazione degli alloggi costituisce contemporaneamente un elemento centrale per il miglioramento della vita degli abitanti, ma è assolutamente indispensabile un maggior coinvolgimento degli abitanti nell’elaborazione dei progetti, in modo da non incontrare resistenza di fronte a dei cambiamenti. Gli interventi che riguardano unicamente la manutenzione, sia essa ordinaria o straordinaria, senza intaccare la destinazione d’uso degli edifici non sono sufficienti. La necessità è quella di diversificare l’offerta, trasformando alcuni appartamenti in uffici, negozi, locali di lavoro e sedi associative. Quindi, se da un punto di vista dei problemi tecnici, i risultati di recupero in genere sono positivi, non si può dire lo stesso in quei casi in cui i problemi sociali sono gravi. In questo caso i risultati sono fragili ed in alcuni quartieri si rendono così necessari ulteriori interventi tecnici dopo pochi anni, come ad esempio nel caso di alcuni edifici della Courneuve. E’ importantissimo, quindi, che le operazioni di riqualificazione fisica degli edifici e del contesto urbano vengano accompagnate da una riabilitazione sociale attraverso la collaborazione di associazioni sociali e di supporto per gli abitanti. In Francia nel corso degli ultimi due decenni, i dispositivi di intervento 170 CAPITOLO SECONDO hanno subito un’evoluzione, inglobando le problematiche sociali come abbiamo visto nel caso di Les Minguettes. Un altro grosso problema che sorge durante la riqualificazione è quello della presenza degli abitanti: è difficile operare su di un edificio se gli utenti non vogliono abbandonare i loro appartamenti. L’esempio che ho descritto mostra come è possibile intervenire su di un alloggio senza fare in modo che l’utente debba abbandonarlo. E’ necessaria una forte collaborazione tra il progettista e il costruttore e lo stesso inquilino che, informato sul modo di prepararsi per l’operazione, permette di rendere più veloci i lavori. La partecipazione, l’informazione e, soprattutto, il consenso degli abitanti stanno alla base del successo di un’operazione di riqualificazione e questo aspetto è il punto forte delle operazioni di riabilitazione francesi; infatti, da almeno una decina d’anni, tutti gli interventi non vengono solo discussi preventivamente ed in corso d’opera con i destinatari, ma vengono anche pubblicizzati, cioè diventano oggetto di comunicazione di massa, cosa che contribuisce a chiarire preventivamente gli eventuali conflitti e promuove partecipazione. In sintesi l’aspetto più importante del processo di riqualificazione francese è la multi-dimensionalità dell’approccio come risposta al problema del degrado dei quartieri: perché la riabilitazione di un quartiere di edilizia sociale abbia successo, è necessario affrontare tutti i problemi che stanno alla base del processo di degrado (sociali, economici, tecnici, gestionali..) attraverso la collaborazione di diversi partners , con competenze specifiche, attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni in loco, che sono interessate al successo dell’operazione di riqualificazione ed infine, come ho già accennato più volte, attraverso il coinvolgimento degli abitanti. 171 CAPITOLO SECONDO 172 CAPITOLO TERZO CAPITOLO TERZO La riqualificazione dei quartieri pubblici degradati nel contesto lombardo/milanese: procedure, soluzioni tecnico/operative, risultati 169 CAPITOLO TERZO 3.1 Il processo “tradizionale” di riqualificazione dei quartieri Aler Fino ad ora gli interventi eseguiti nei quartieri di edilizia economica e popolare si sono per lo più limitati alla esecuzione di opere indifferibili per ovviare a stati di pericolo (spesso a seguito di ingiunzioni comunali), o ad operazioni di manutenzione straordinaria (rifacimento facciate, sostituzione gronde e pluviali..) piuttosto che di adeguamento degli impianti elettrici, degli impianti idrico-sanitari, di rifacimento delle canne fumarie e di adeguamento al D.M. 236/89 attraverso l’introduzione di ascensori che, in alcuni casi, non sono nemmeno funzionanti.1 Tale situazione di interventi a pioggia ha comportato una parcellizzazione delle risorse stanziate, tra l’altro esigue, a fronte delle necessità e delle dimensioni del patrimonio d’edilizia residenziale pubblica in degrado. La mancata attuazione nel tempo di risolutivi interventi di recupero che considerassero anche l’aspetto sociale ha provocato quale duplice conseguenza un utilizzo improprio ed insoddisfacente di un consistente numero di alloggi e l’impossibilità di realizzare un ricambio generazionale della popolazione dei quartieri che tendono a diventare un ghetto per anziani.2 Ma quali sono le cause fondamentali che hanno impedito di riqualificare in modo più sostanziale i quartieri di edilizia economica e popolare? Forse le cause principali sono da imputarsi ai seguenti fattori: 1. Un approccio dello Iacpm negli interventi di recupero molto astratto e scarsamente attento alla complessità delle fasi, poco disponibile al confronto con l’utenza interessata per quanto riguarda l’informazione, e quindi l’acquisizione di consenso, sugli obiettivi del progetto; 2. una struttura organizzativa di gestione degli interventi che, essendosi formata nei periodi in cui l’Ente era sostanzialmente costruttore, non ha maturato sufficienti attitudini e competenze per interventi di “accompagnamento sociale” di queste realtà, dove la 1 Nel quartiere San Siro, per esempio, vi sono ascensori installati da circa quattro anni non ancora funzionanti. 2 In alcuni quartieri le condizioni degli alloggi sono così problematiche che vengono rifiutati dagli aventi titolo e anche dagli sfrattati determinando condizioni che favoriscono un sempre più consistente insediamento di occupanti senza titolo. 170 CAPITOLO TERZO presenza dell’inquilinato rende molto laboriosa l’intervento di recupero; 3. finanziamenti pubblici in cui non compare mai la voce “partecipazione sociale” e che condizionano pesantemente i tempi di attuazione dei progetti di riqualificazione, non permettendo in ogni caso un progetto di partecipazione degli utenti (che come sappiamo abbisogna di grandi risorse finanziarie e tempi piuttosto estesi); 4. mancato collegamento tra l’attività dell’Istituto e le altre agenzie sociali del territorio. Ciò produce effetti a volte drammatici. Inoltre a Milano si sono distribuiti numerosi alloggi per pubblica emergenza e si è dismessa una quota significativa del patrimonio attraverso le vendite, il che rende sempre più critica l’offerta di abitazioni a basso costo. Nel 1992 il Consiglio d’Amministrazione dello Iacpm ha avviato un processo di studio sui quartieri storici dello Iacpm3, i cui risultati e idee progettuali sono sintetizzati nel Libro bianco4 e successivamente nel Libro verde5 che formula le proposte operative per i singoli quartieri. In questi libri viene fatta un’analisi accurata della situazione demografica, del degrado edilizio, della mobilità ed accessibilità urbana, degli aspetti manutentivi dei quartieri storici di Milano6 ma manca il coinvolgimento degli abitanti, non vengono indagati i loro bisogni e loro esigenze e ciò si è riflesso anche durante la stesura del piano di riqualificazione di questi quartieri che, se da un lato ha avuto il pregio in termini quantitativi di vedersi confermati dalla Regione Lombardia tutti i finanziamenti statali, dall’altro ha avuto il grosso limite di essere stato concepito “a tavolino”, senza misurarsi preventivamente con il contesto sociale . Una delle eccezioni che merita di essere citata, perché ha dimostrato come si potrebbe intervenire nelle azioni di recupero del tessuto edilizio esistente, è rappresentata dal lavoro partecipato che si è sviluppato e che continua a svilupparsi nella riqualificazione del quartiere Mazzini. Oggi il tema della riqualificazione come progetto / sviluppo sociale locale sta emergendo anche in Italia nel dibattito sui quartieri 3 Viene costituito un Comitato Tecnico Scientifico che lavora in forma seminariale da fine gennaio a luglio del 1992. 4 Aa. Vv., Recupero dei quartieri storici di Milano, Libro Bianco, analisi e proposte, Società editrice Edilizia Popolare, Milano 1993. 5 Aa. Vv., Programma di investimenti quadriennali 1992-1995 di edilizia residenziale pubblica: proposte e progetti Iacpm, Milano 1995. 6 I quartieri sono: Mazzini, Stadera, Calvairate, Alzaia Naviglio Pavese, Barona, Molise, S.Siro. 171 CAPITOLO TERZO degradati, grazie all’istituzione dei Contratti di Quartiere che hanno introdotto un’apertura verso la prospettiva sociale e che potrebbero essere un’opportunità per dare una svolta al concetto di riqualificazione fino ad ora perseguito. 172 CAPITOLO TERZO 3.2 Il Quartiere Mazzini: un primo passo verso la riqualificazione partecipata Il quartiere Mazzini è un insediamento residenziale storico costruito negli anni 1926-1929 nell’ambito di un esteso programma di nuovi quartieri popolari e “ultrapopolari” per la città di Milano (come appunto il Mazzini ex Regina Elena) sviluppato e realizzato dallo Iacp senza contributi pubblici. A partire dal 1991 lo Iacp, ora Aler, ha convogliato sul quartiere Mazzini una sequenza di finanziamenti di varia origine per attuare una progressiva riqualificazione dell’intero complesso ( vedi quadro sinottico degli interventi attuati) attraverso l’adeguamento degli impianti elettrici, l’introduzione di ascensori e opere di manutenzione straordinaria. Il più importante degli interventi riguarda il risanamento conservativo di un intero comparto (A), costituito da 412 alloggi di piccolo taglio distribuiti in otto fabbricati residenziali di 4 e 5 piani, e da un edificio di 2 piani aggiunto al comparto dopo l’ultima guerra e destinato ai servizi. Questi fabbricati erano stati progettati e costruiti sin dall’origine per soddisfare l’esigenza dell’utenza più disagiata; più di un quarto degli alloggi di questo comparto presenta una superficie di 23/25 mq., inferiore agli attuali minimi di legge. L’arrivo del finanziamento per la ristrutturazione scatenò molta ansia tra gli inquilini, generata dal timore di venire espulsi repentinamente dagli alloggi e di ritrovarsi senza la possibilità di esprimere pareri e quindi di essere gestiti, anche nella vita privata, dalle scelte dello Iacp. Dai momenti di lotta iniziale (assemblee infuocate, blocchi stradali, occupazioni degli uffici Iacp), che esprimevano sostanzialmente un rifiuto all’iniziativa dell’Ente, nasce il Comitato degli Inquilini che elaborò, grazie anche all’aiuto del Sicet7, una piattaforma articolata per affermare innanzi tutto un diritto personale (sentirsi sicuri e protetti nella casa in cui si vive ed essere trattati con rispetto e considerazione), ma anche per farsi paladini dei diritti collettivi. Il sindacato inquilini nominò un tecnico, l’arch. Emilia Costa, per occuparsi del progetto di riqualificazione che tenesse conto delle richieste di: • non stravolgere l’impianto progettuale del quartiere, così come definito dal progetto originario dell’ing. 7 Sindacato inquilini casa e territorio 173 CAPITOLO TERZO Broglio,8 ma partire dall’analisi dello stato di fatto per dare una soluzione ai problemi esistenti, come la presenza di molti appartamenti troppo piccoli, la mancanza di sole in alcuni alloggi e l’eccessivo calore estivo negli appartamenti con solo affaccio a ovest, la carenza di servizi igienici e l’impianto idrico obsoleto, la vetustà del tetto; • effettuare una ristrutturazione incentrata sulla qualità e cioè: risparmio energetico, buona qualità ecologica dei materiali edili, abbattimento delle barriere architettoniche, con tecnologie non invasive, impianti sicuri a risparmio energetico ed idrico. Nel settembre del 1996 ebbe inizio, per la prima volta nella storia Iacp/Aler, una indagine presso l’inquilinato, per verificarne la propensione al trasferimento (indispensabile dato il tipo di risanamento). L’Aler ritenne necessario liberare almeno un edificio quale lotto minimo utile per iniziare i lavori e venne scelto l’edificio che conteneva il maggior numero di alloggi già vuoti (in quanto per dimensioni e degrado, erano da anni rifiutati dai potenziali assegnatari). L’operazione allarmò fortemente gli abitanti del quartiere e si svolsero numerosi incontri ed accese assemblee pubbliche, allo scopo di precisare meglio i contenuti ed i vincoli del programma d’intervento. Nel novembre del 1996, sulla base di una proposta avanzata dalle rappresentanze dell’utenza, si costituì un “tavolo tecnico” con la partecipazione dei tecnici dell’Istituto incaricati di sviluppare il progetto, dei tecnici appositamente chiamati a tutelare le esigenze dell’inquilinato e della componente amministrativagestionale dell’Aler. I lavori si conclusero nell’Aprile 1997 con la presentazione di un libro bianco che esponeva le proposte degli abitanti e chiedeva la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra Aler e inquilinato in cui si dichiarava che: 1. gli inquilini erano disponibili alla rotazione all’interno del lotto d’intervento e quindi al trasferimento temporaneo in un altro edificio con termine massimo di sei mesi e con trasloco a carico dell’Aler ; 2. l’assegnazione definitiva degli alloggi integralmente recuperati doveva avvenire nel rispetto delle preferenze segnalate dall’utenza; 3. l’avvio e l’andamento dei lavori doveva essere subordinato alla massima informazione da parte dell’Ente nei confronti dell’utenza; 4. per non creare inutili situazioni di tensione sociale era necessario programmare un incontro con le parti interessate al fine di verificare caso per caso 8 Direttore Tecnico dell’Istituto all’epoca della costruzione del quartiere e autore del progetto originario. 174 CAPITOLO TERZO l’effettiva condizione socio - economica per la definitiva soluzione abitativa. Il libro bianco conteneva anche le proposte progettuali per la distribuzione interna degli alloggi, proposte successivamente riviste dall’ufficio tecnico dell’Aler (ved. Tav. 2). Attualmente il cantiere è ancora aperto ed ogni mese vi è un incontro tra i comitato degli inquilini, il Sicet, e l’Aler (in particolare la Sezione Gestione alloggi, i responsabili della manutenzione alloggi, l’Amministrazione, ed il responsabile del procedimento). Avendo partecipato ad una riunione per il quartiere Mazzini mi sono subito resa conto che mancava una competenza sociale all’interno dell’équipe ed un operatore che facesse da tramite tra gli inquilini, il cantiere e l’Aler (entrambe queste figure nei programmi di riqualificazione francesi sono considerati basilari per la buona riuscita di un progetto di riqualificazione). E’ ovvio, che questo è un primo tentativo di partecipazione cittadina ad un processo di riqualificazione e quindi è ancora in “rodaggio” ma, nonostante tutto è un’esperienza significativa poiché è un primo passo verso un processo di riqualificazione “concertato”. Il progetto prevede il totale rifacimento della attuale distribuzione di piano: verranno realizzati 286 nuovi alloggi; circa la metà di queste unità immobiliari è prevista di taglio piccolo e destinata a nuclei familiari di 1-2 persone, in accordo alle esigenze e alle richieste espresse dall’utenza insediata. Il progetto prevede: 1. la conservazione ed il consolidamento dell’involucro, delle strutture portanti, delle scale ed il ripristino dei caratteri stilistici e dei decori di facciata degli otto fabbricati residenziali; 2. la completa ristrutturazione della distribuzione interna, degli impianti, degli spazi comuni e dei servizi della residenza; 3. l’utilizzo di materiali eco-compatibili e di tecnologie innovative, quali il sistema di ventilazione permanente dei locali destinati a residenza; 4. la realizzazione di due nuove costruzioni interrate per box e depositi, con copertura trattata a giardino; 5. la riqualificazione degli spazi aperti, con aumento della presenza del verde e della sua accessibilità; 6. la manutenzione straordinaria dell’edificio di due piani costruito nel dopoguerra, che viene migliorato nelle sue funzioni di centro servizi alla residenza 9; 7. la manutenzione ordinaria e straordinaria di una serie di alloggi destinati al programma di trasferimento e rotazione dell’utenza. 9 Attualmente è parzialmente occupato da un centro di dialisi. 175 CAPITOLO TERZO 176 CAPITOLO TERZO 177 CAPITOLO TERZO 178 CAPITOLO TERZO 179 CAPITOLO TERZO 3.3 Il processo innescato dai Contratti di Quartiere Il Decreto 22 0ttobre 1997 di approvazione del bando di gara relativo al finanziamento di interventi sperimentali nel settore dell’edilizia residenziale sovvenzionata, da realizzare nell’ambito di programmi di recupero urbano denominati Contratti di Quartiere, ha lanciato una nuova generazione di programmi di riqualificazione urbana. Si tratta di una iniziativa di grande rilievo per tre ragioni: 1. La prima riguarda il fatto di aver preso in considerazione per la prima volta l’impatto sociale in operazioni effettuate sul tessuto urbano esistente, infatti la principale critica che si può rivolgere agli interventi di recupero e riqualificazione urbana passati riguarda il non aver affatto preso in considerazione tale aspetto. Appare invece evidente10 che il raggiungimento di più elevati standard di vivibilità comporta una pluralità di azioni in settori diversi, non potendosi affidare alla componente edilizia, seppure importante, il ruolo risolutivo. In questo senso, anche nel tentativo di superare la rigidità dei canali finanziari che ancora caratterizza la spesa, sono previste intese ed accordi con altre Amministrazioni per favorire il convogliamento di altri fondi provenienti da soggetti diversi, in grado di contribuire alla riduzione del disagio sociale che convive con il degrado edilizio. 2. La seconda riguarda il fatto che per la prima volta si tenta di impostare una collaborazione tra Amministrazioni sia a livello centrale, fra Ministeri, che a livello locale, fra i diversi attori che operano sul territorio. 3. La terza riguarda la gestione efficace delle relazioni fra un campo diversificato di attori direttamente coinvolti nel progetto, nei confronti dei quali vanno attuate strategie in grado di favorire la cooperazione. Ma ora analizziamo con precisione i contenuti dei Contratti di Quartiere. 10 Come ci ha insegnato il caso Francese analizzato nel precedente capitolo. 180 Con i Contratti di Quartiere per la prima volta nei programmi di riqualificazione si: 1. prende in considerazione l’impatto sociale 2. tenta di impostare una collaborazione tra CAPITOLO TERZO Amministrazioni a livello centrale e locale 3. tenta di attuare strategie di cooperazione tra i diversi attori coinvolti. 3.3.1 Le finalità L’avvio dei Contratti di Quartiere è reso possibile da una disposizione contenuta nel comma 63 dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n°662 nella quale veniva stabilito che una quota pari a 200 miliardi - delle maggiori entrate per gli anni 1993 e 1994 provenienti dai fondi Gescal fosse destinata per la sperimentazione. Ciò ha permesso di far confluire le risorse finanziarie in direzione di un programma con strutture e finalità ben individuate, invece di frazionarle in episodi difficilmente significativi ed organizzabili in una strategia unitaria, da cui possano derivare indicazioni importanti non solo per quanto riguarda gli aspetti legati alla sperimentazione in edilizia ma, anche per verificare nuove modalità di intervento nel comparto del recupero urbano. Proprio per questo motivo sono stati fissati dei limiti massimi e minimi di finanziamento11dei singoli interventi sperimentali, allo scopo di evitare da un lato la dispersione in interventi di scarso significato urbanistico-edilizio e, dall’altro, la concentrazione in poche situazioni che non avrebbero consentito di valutare compiutamente i risultati attesi, in quanto i casi interessanti non sarebbero risultati adeguatamente rappresentativi. I “Contratti di quartiere possono quindi rappresentare un’occasione per promuovere utili esperienze in quelle aree in cui i processi di crescita urbana hanno prodotto insediamenti residenziali carenti per qualità ambientale e per dotazione di servizi e tali da caratterizzarli negativamente, per l’assenza di luoghi riconoscibili e per lo scarso significato urbano degli aggregati edilizi, rispetto alle altre zone più consolidate.12 11 Tra i tre e i venti miliardi. Da: Ministero dei Lavori Pubblici-Segretariato Generale CER, I Contratti di quartiere-Istruzioni per la predisposizione delle proposte, Febbraio 1998. 12 181 I Contratti di Quartiere devono quindi essere localizzati in aree che necessitano azione di recupero ma, se opportuno, sono possibili anche interventi di sostituzione o nuova costruzione. E’ previsto, inoltre, che i contributi siano indirizzati oltre che ad interventi di tipo edilizio/urbanistico anche ad interventi rivolti a stabilire condizioni di maggiore coesione sociale ed a ridurre la precarietà del lavoro attraverso una maggior qualificazione professionale e al miglioramento dei servizi sociali esistenti ed iniziative similari. CAPITOLO TERZO 3.3.2 Il programma sperimentale Uno degli aspetti più interessanti introdotto dai Contratti di Quartiere è lo sviluppo di temi sperimentali. Il programma di sperimentazione comprende infatti quattro obiettivi principali suddivisi successivamente in diversi temi di sperimentazione: 1. Qualità morfologica 1.1.Modificazione e qualificazione dei tessuti consolidati e/o degradati. 1.2 Conservazione e valorizzazione dei tessuti storici. 1.3 Modificazione con integrazione funzionale. 1.4 Qualificazione dello spazio urbano 2. Qualità ecosistemica 2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana: risparmio delle risorse ( acqua ed Energia) 2.2 Bioarchitettura ed ecologia urbana: miglioramento della qualità ambientale (acustica, aria, rifiuti). 3. Qualità fruitiva 3.1 Accessibilità, visitabilità e adattabilità DM 236/89 3.2 Flessibilità 3.3 Nuovi modi di vita e uso dell’alloggio 3.4 Utenze sociali deboli 4. Sistema qualità 4.1 Qualità nel processo edilizio: definizione di procedure per la garanzia di qualità 4.2 Qualità del sistema edilizio: gestione della qualità e controllo della qualità Gli interventi sperimentali devono fornire indicazioni utili alla formazione e all’aggiornamento della normativa tecnica relativa all’edilizia residenziale pubblica ed in particolare, sono di particolare rilievo, lo studio e la definizione di strumenti utili per innalzare i livelli di qualità dell’attività di progettazione e realizzazione quali: i criteri di progettazione, le liste di requisiti, le specifiche di prestazione, i metodi di controllo, i codici di pratica e le soluzioni tecniche conformi. Nel programma di sperimentazione deve essere posta particolare attenzione alle problematiche dell’innalzamento della qualità architettonica e distributiva del progetto di residenza e della 182 CAPITOLO TERZO compatibilità di tale progetto con il contesto urbano ed ambientale. Tutto ciò dovrebbe portare alla definizione di criteri di analisi e di intervento nel contesto, di modalità di progettazione alla scala urbana ed edilizia, di soluzioni innovative dal punto di vista tipo-morfologico, distributivo e tecnologico, con la possibilità di approfondire anche le problematiche connesse alla salubrità degli spazi abitativi e al risparmio delle risorse naturali disponibili. A tal fine, il programma di sperimentazione deve essere supportato dall’espletamento delle metodologie di controllo della qualità del progetto. Queste a seconda dei diversi temi, si identificano nella effettuazione di uno studio di compatibilità progetto/contesto urbano e nella eventuale realizzazione di simulazione degli spazi abitativi in scala reale, anche tramite l’utilizzo delle strumentazioni del Laboratorio tipologico nazionale del Segretariato del Cer. Queste verifiche sono necessarie per controllare e verificare alcuni aspetti dell’intervento di riqualificazione sia in fase preventiva ( indagine diagnostiche e di compatibilità sui manufatti e sul rapporto progetto/contesto urbano), sia in corso d’opera (es. controlli sul benessere ambientale) che ad intervento ultimato con l’auspicabile coinvolgimento dell’utenza insediata. Il programma di sperimentazione deve essere accompagnato da un rapporto sia nella fase intermedia che nella fase finale per permettere la divulgazione delle conoscenze acquisite nell’ambito del programma di sperimentazione. 183 CAPITOLO TERZO 3.3.3 I dati statistici Ogni proposta di Contratto di Quartiere deve essere accompagnata da dati statistici finalizzati alla conoscenza delle caratteristiche socio economiche e della condizione abitativa dei residenti del contesto preso in considerazione. Questi dati devono essere desunti attraverso il 13° Censimento generale ma soprattutto attraverso approfondimenti conoscitivi operati dalle strutture comunali. E’ infatti solo attraverso un’analisi approfondita della situazione sociale dei quartieri, oggetto di riqualificazione, che si può redigere un programma mirato di riqualificazione. 3.3.4 strettamente connesse agli interventi di recupero dei quartieri degradati. 14 Anche il contributo del Dipartimento degli affari sociali è stato introdotto nel processo innescato dai Contratti di Quartiere grazie alla legge 28 agosto 1997, n°285 recante “Disposizioni I soggetti interessati Le finalità individuate dai Contratti di Quartiere possono essere completamente raggiunte solo qualora, in aggiunta agli interventi di recupero attinenti il settore dell’edilizia residenziale pubblica di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, siano presenti ulteriori iniziative da parte delle amministrazioni pubbliche (Ministeri, Regioni, Enti locali, Enti pubblici), nonché da parte di associazioni senza fini di lucro, organizzazioni di volontariato ed operatori privati orientate a promuovere l’occupazione e lo sviluppo economico e sociale degli ambiti urbani degradati da riqualificare. E’ infatti solo attraverso azioni provenienti da più settori che è possibile ridare significato a tessuti edilizi destrutturati e soprattutto è necessario che, i Contratti di Quartiere, sviluppino più iniziative attraverso finanziamenti provenienti sia dal settore pubblico che privato. 3.3.5 Le Amministrazioni centrali 14 Nell’ambito dei Contratti di Quartiere è stato redatto un accordo13 tra il Ministero dei Lavori Pubblici e il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale mediante il quale quest’ultimo si impegna a proporre iniziative di lavori socialmente utili attraverso attività 13 Sottoscritto il 28 gennaio 1998 184 L’iniziativa dovrebbe coinvolgere, a livello nazionale, circa un migliaio di giovani e si prevede che possano essere utilizzate risorse pari a 10 miliardi di lire a valere sulle disponibilità attribuite al Fondo per l’Occupazione. CAPITOLO TERZO L’accordo tra Ministero dei Lavori Pubblici e il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale favorire l’occupazione nonché azioni rivolte a creare migliori opportunità sociali.16 Le Regioni hanno poi il compito di verificare la congruità degli importi finanziari dei piani di intervento trasmessi dagli enti locali e a provvedere, previo accertamento degli obiettivi con quelli contenuti nei piani socioassistenziali, sociosanitari e socioeducativi, al definitivo finanziamento. 3.3.7 per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adoloscenza” , che permette agli Enti Locali di accedere ai finanziamenti previsti. Infine la legge 7 agosto 1997, n°266 recante “Interventi urgenti per l’economia”, prevede il finanziamento da parte del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato per lo sviluppo, in aree di degrado urbano, di iniziative economiche che favoriscano l’imprenditorialità.15 3.3.6 Le Regioni Le Regioni oltre alla scelta delle domande ( al massimo cinque) da trasmettere al Segretariato del CER, per l’eventuale apporto di risorse finanziarie aggiuntive che qualifichino ed incrementino il valore della singola proposta di “Contratto”, possono attuare misure per 15 Per tali iniziative è reso disponibile un impegno finanziario di lire 46 miliardi per l’anno 1997. 185 I Comuni Il Comune in quanto titolare delle trasformazioni urbane ricadenti nel proprio territorio, è il soggetto legittimato a presentare le singole proposte di Contratto di Quartiere. L’Amministrazione comunale deve quindi scegliere la porzione di 16 La legge 28 agosto 1997, n°285 recante “Disposizioni per la promozione di diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”, prevede infatti 117 miliardi di lire per 1997 e 312 miliardi di lire per gli anni 1998-1999. Le regioni devono solo procedere alla individuazione di ambiti territoriali sui quali far confluire le previste risorse. CAPITOLO TERZO territorio su cui far ricadere la proposta maggiormente rispondente ai caratteri indicati dal bando. Il Comune ha inoltre il compito di coordinare le diverse fasi che il Contratto di Quartiere richiede. Attraverso il piano di recupero che si deve attuare, l’Amministrazione comunale può avviare iniziative per la rifunzionalizzazione di ambiti urbani da riqualificare a livello edilizio ed urbanistico. Il Comune può adoperarsi per far confluire, all’interno del progetto di Contratto di Quartiere, fondi provenienti da differenti canali finanziari. Infatti può promuovere la costituzione di società miste attraverso il coinvolgimento di soggetti privati con lo scopo di progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. I Comuni possono inoltre incidere significativamente sulle possibili iniziative da intraprendere sul fronte economico sociale. L’Amministrazione comunale può incentivare la formazione e il trasferimento di attività commerciali, artigianali ed industriali in prossimità o all’interno del quartiere oggetto di 186 CAPITOLO TERZO riqualificazione. Il Comune può favorire questo processo attraverso l’offerta di servizi alle imprese o di immobili a prezzi agevolati. E’ importante quindi, la capacità dell’Amministrazione comunale di stipulare convenzioni con operatori privati, associazioni di imprenditori, enti o aziende fornitrici di servizi. 3.3.8 Le Aler Essendo i Contratti di Quartiere indirizzati essenzialmente al recupero di zone periferiche con presenza di edilizia residenziale pubblica di cui le Aler sono i proprietari, è evidente l’importanza del ruolo che tali enti assumono all’interno dei Contratti di Quartiere. In particolare l’attività delle Aler può essere indirizzata alla: • realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica e di urbanizzazione di competenza del comune attraverso una convenzione da stipulare con le Amministrazioni comunali stesse; • promozione e attuazione di programmi integrati di recupero finanziati dalla Regione; • partecipazione, qualora lo statuto dell’Ente lo preveda, a società miste per la trasformazione urbana; • promozione di programmi di investimento delle risorse resisi disponibili dalla dismissione del patrimonio edilizio in base alla legge n°560/1993. Inoltre al fine di incrementare l’occupazione e favorire l’integrazione sociale possono: • promuovere l’occupazione giovanile attraverso la presentazione di progetti di lavori socialmente utili; • costruire nuovi alloggi o integrare delle abitazioni esistenti con servizi telematici che migliorino le condizioni abitative e di sicurezza degli anziani nelle loro abitazioni; • realizzare strutture per l’accoglienza mediante: Le attività delle Aler all’interno dei Contratti di Quartiere. progettazione/costruzion e o recupero di strutture d’accoglienza per lavoratori extracomunitari che ne consentano una migliore integrazione nei quartieri evitando le situazioni di disagio create dal 187 CAPITOLO TERZO degrado abitativo e sociale; - inserimento nei quartieri di funzioni anche per l’accoglienza di attività culturali, sociali, associative ed educative. 3.3.9 Gli altri enti e aziende pubbliche I Contratti di Quartiere presuppongono l’attivazione di accordi intersettoriali tra varie Amministrazioni finalizzati a creare condizioni di migliore vivibilità nei quartieri. Per garantire questi obiettivi è necessario coinvolgere da parte del comune aziende erogatrici di servizi. Questi accordi possono essere utili per: • razionalizzare le reti di trasporto pubblico urbano in coerenza con il progetto di riorganizzazione del quartiere; • migliorare il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti; • razionalizzare le reti d’acqua, gas, telecomunicazioni, attraverso la creazione di sistemi che consentano l’accessibilità ai fini degli interventi manutentivi. Altri soggetti pubblici che possono rendere disponibili risorse e progetti per avviare iniziative finalizzate all’occupazione ed all’innalzamento della qualità della vita nei quartieri sono le Camere di commercio e le Aziende sanitarie locali. Inoltre l’ENEA stessa è disponibile a fornire il supporto necessario alle amministrazioni comunali per l’elaborazione degli aspetti progettuali connessi con le attività nel settore dell’energia, ambiente e sviluppo sostenibile. 3.3.10 I privati I privati possono trovare opportunità, all’interno dei Contratti di Quartiere, connesse ad attività imprenditoriali nella realizzazione di strutture in grado di innalzare la dotazione di servizi presenti nei quartieri, quali ad esempio edifici da destinare ad attività commerciali, terziarie, artigianali, industriali e ricettive inoltre, le imprese di costruzione possono trovare nuove possibilità nella riqualificazione dei quartieri degradati. 188 CAPITOLO TERZO 3.3.11 Il terzo settore Per terzo settore si intendono tutte le organizzazioni senza scopo di lucro con fini sociali. I campi di intervento nei quali possono essere coinvolti possono essere: • programmi di sostegno e assistenza alle persone deboli ( anziani, bambini, portatori di handicap, giovani a disagio...); • attività sportive. Anche gli abitanti del quartiere possono essere coinvolti nel finanziamento di queste attività, quando usufruiscono dei servizi stessi, seppure attraverso contributi limitati. 189 CAPITOLO TERZO 3.4 La partecipazione Il bando indica all’art.2 che la proposta di Contratto di Quartiere deve descrivere, oltre agli elementi costitutivi, alle finalità ed alle modalità di attuazione e finanziamento, anche “le forme di partecipazione tese a garantire la più diffusa conoscenza”. In tutti i programmi di intervento sui futuri assetti della città la partecipazione degli abitanti e la capacità dell’Amministrazione di comunicare efficacemente il proprio obiettivo costituiscono uno dei principali fattori di consenso e di successo delle iniziative. Nei Contratti di Quartiere è quindi necessario ed essenziale il coinvolgimento della popolazione fin dalla fase delle scelte iniziali, per selezionare in modo approfondito le priorità e per far emergere e convogliare tutte le risorse locali che possono contribuire alla definizione e alla realizzazione del programma. La partecipazione, soprattutto in aree in cui convivono il degrado sociale e abitativo, dovrebbe servire per costruire “un senso di appartenenza” e di “identità collettiva” degli abitanti nei confronti dei programmi e dei progetti che si intendono realizzare, tale da attivare processi di collaborazione degli stessi abitanti anche nella fase di gestione. Attraverso l’utilizzo di forme di comunicazione capaci di rendere le scelte progettuali immediatamente comprensibili a tutti i cittadini, gli abitanti potranno esprimere le proprie esigenze compatibilmente alle finalità degli interventi e alle caratteristiche dei luoghi, per la rielaborazione da condurre unitamente ai progettisti ed agli amministratori. C’è una netta differenza tra una consultazione su progetti elaborati in forma definitiva che, limitandosi alla sola informazione, non può beneficiare dei suggerimenti e delle proposte formulate dagli abitanti e la partecipazione alla definizione dei progetti, la quale deve avvenire nelle fasi iniziali delle ipotesi progettuali, ossia quando la partecipazione esprime il massimo dei contributi per l’individuazione di soluzioni efficaci e per la costruzione positiva del consenso. Questo tipo di partecipazione dovrebbe iniziare nelle fasi propedeutiche alla progettazione definitiva ed esecutiva, nonché nelle fasi attuative e di gestione, anche attraverso l’individuazione di sedi permanenti opportunamente attrezzate, quali laboratori di quartiere in grado di dare continuità alla partecipazione e comunicazione tra amministratori, progettisti e abitanti. 190 CAPITOLO TERZO Un buon livello di coinvolgimento degli abitanti nella definizione e nella gestione del Contratto di Quartiere è spesso condizione per il successo dell’iniziativa e per i nuovi livelli e modelli di partecipazione anche nella gestione, conservazione, manutenzione del quartiere dopo la conclusione della riqualificazione. 3.5 I finanziamenti La legge 23 dicembre 1997, n°62, all’art.2 comma 63 lettera b) destina 200 miliardi di maggiori entrate ex-Gescal accertate per gli anni 1993-1994 a interventi sperimentali ai sensi dell’articolo2, lettera f), della legge 457/1978. A tale importo si aggiungono 100 miliardi di cui alla lettera c), medesimo comma e articolo della citata legge, inizialmente destinati a particolari categorie sociali che la legge di accompagnamento alla finanziaria 1998 ha reso disponibili per lo stesso impiego per un ammontare complessivo di 300 miliardi. Infine l’articolo 12, comma 5, della legge 30 aprile 1999, n°136 destina contributi, per il finanziamento dei Contratti di Quartiere, per quanto riguarda esigenze occupazionali e socio-economiche. Ne consegue che l’utilizzo dei finanziamenti nell’ambito dei Contratti di Quartiere va limitato ad interventi di edilizia residenziale sovvenzionata a carattere sperimentale, cioè per interventi di recupero o nuova costruzione di alloggi di proprietà pubblica ed annesse urbanizzazioni. Per la realizzazione di altre opere ed interventi costruttivi all’interno dei Contratti di Quartiere si deve ricorrere alle risorse regionali, comunali, comunitarie e private. 3.6 Le procedure Ogni comune ha dovuto inviare la proposta di Contratto di Quartiere sia al Segretariato Generale del Cer, che alla Regione, fornendo gli estremi per ciascuna domanda, in modo che il Cer fosse in grado, in caso di inadempienza della Regione, di mettersi in contatto direttamente con i Comuni proponenti, sollecitando l’invio di copia delle domande presentate alla Regione. Le domande dovevano essere consegnate alla Regione competente entro 120 giorni dalla data del 30 gennaio 1998, data di pubblicazione del bando sulla Gazzetta Ufficiale. La regione ha avuto 30 giorni per esaminare le domande, selezionarle e trasmetterle al CER. Ricevute le domande, il Segretariato Generale del CER le ha trasmesse alla Commissione Esaminatrice. 191 CAPITOLO TERZO Le proposte così selezionate sono state sottoposte al Comitato Esecutivo del CER per procedere alla scelta definitiva di quelle meritevoli di finanziamento. Il Decreto Ministeriale n°191 in data 25 febbraio 1999 ha reso esecutivi i risultati della procedura di selezione effettuata dal Comitato Esecutivo del CER, a seguito della quale è stata approvata una graduatoria delle proposte di Contratto di Quartiere. Inizialmente sono stati finanziati 46 Contratti (uno per regione) ma, grazie ai contributi di cui all’art. 128 del testo unico approvato con DPR 9/10/1990 n.309 e con le somme derivanti dai ribassi d’asta conseguenti le gare d’appalto dei lavori dei Contratti di Quartiere già finanziati, se ne sono poi aggiunti altri 31 che subentreranno in sostituzione ai Comuni in graduatoria che saranno inadempienti ai termini fissati. I Comuni collocati nei primi 46 posti della graduatoria, erano tenuti a sottoscrivere il protocollo d’intesa entro il 30 novembre 1999 (termine, posticipato poi al 30 Aprile 2000). I Comuni hanno poi disposto di 180 giorni, dalla stipula del Protocollo d’Intesa, per redigere ed approvare il progetto esecutivo pena la decadenza del finanziamento. 192 CAPITOLO TERZO SCHEMA PROCEDURA CONTRATTI DI QUARTIERE Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato invio CER Approvazione Invio REGIONE Finanziamenti Distribuzione fondi Finanziamenti Invio Finanziamenti CONTRATTO DI QUARTIERE - Aziende erogatrici di servizi Privati Terzo settore Promozione COMUNE Collaborazione Partecipazione - Abitanti Associazioni sociali Privati Terzo settore 193 ALER CAPITOLO TERZO Come si può vedere da questi due schemi le varianti principali che trasformano i Contratti di Quartiere in un procedimento innovativo sono: 1. un coinvolgimento più attivo di diversi attori (pubblici e privati) alla partecipazione del progetto; 2. la partecipazione necessaria degli abitanti; 3. un insieme di finanziamenti derivanti da più fonti (pubblici e privati); 4. una stretta collaborazione tra Comune ed Aler. SCHEMA PROCEDURA PROCESSO “TRADIZIONALE”* MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI invio CER Approvazione Invio REGIONE Distribuzione finanziamenti Invio PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE Promozione COMUNE e/o ALER 194 CAPITOLO TERZO *Questo processo può avvenire anche in modo inverso: il Ministero dei Lavori Pubblici o la Regione mettono a disposizione del Comune o dell’Aler alcuni fondi per l’edilizia residenziale pubblica, a questo punto le Amministrazioni pubbliche possono decide come utilizzarli. Tabelle di confronto tra il modello francese, il processo “tradizionale” di riqualificazione, il processo innescato dai “Contratti di Quartiere”17 FASI DI ANALISI Elaborazione di un piano di rivalorizzazione del patrimonio Analisi tecnica degli edifici Analisi socio- tecnica Analisi delle dinamiche sociali e demografiche MODELLO FRANCESE PROCESSO TRADIZIONALE Fondamentale per avere un Inesistente: la quadro completo della riqualificazione viene situazione di ogni quartiere e programmata secondo le quindi orientare le decisioni, necessità (problemi di programmare le operazioni manutenzione, problemi di riqualificazione in modo sociali molto accentuati) coerente, diversificando i metodi di programmazione e di azione a seconda dei problemi da affrontare. Fondamentale per il Viene sempre attuata. recupero degli edifici ma L’Aler in realtà sta mettendo non è l’unico tipo di analisi a punto un date-base dei da attuare. propri edifici secondo l’epoca di costruzione, le tecnologie costruttive e le tipologie edilizie. Fondamentale poiché Inesistente permette di capire se il degrado degli edifici è dovuto alla cattiva costruzione dell’edificio ed all’inadeguatezza dei sistemi tecnici o ai modi d’uso e di vita degli abitanti. Necessaria: poiché L’analisi demografica viene un’operazione di sempre fatta, quella riqualificazione costituisce sociologica solo in casi di un supporto efficace per problemi sociali molto gravi. agire sui processi sociali problematici e per sviluppare nuove relazioni tra gli abitanti. 17 E’ il risultato di interviste fatte a tecnici dell’Aler e dello studio precedentemente fatto sul processo francese. Le fasi descritte fanno riferimento al modello francese. 195 CONTRATTI DI QUARTIERE Inesistente poiché si tratta di casi specifici. Fondamentale per il recupero degli edifici. Non menzionata Necessaria per la buona riuscita del progetto. CAPITOLO TERZO Analisi dei modi di gestione e manutenzione Necessaria: poiché spesso una cattiva gestione ed una carente manutenzione amplificano i processi di degrado soprattutto quando non vengono soddisfatte le richieste degli abitanti. Analisi delle potenzialità Fondamentale per agire in dei quartieri modo coerente e puntuale E’ una conseguenza dei risultati che la riqualificazione produce dopo alcuni anni. Inesistente Dipende dal tipo di riqualificazione e dalla gravità della situazione. Necessaria per dare vita ad una riqualificazione tempestiva. FASI DI PROGETTO MODELLO FRANCESE Elaborazione di un pre-progetto da sottoporre all’organo competente per l’erogazione dei finanziamenti e poi, se accettata, agli abitanti Necessaria per avere i finanziamenti. PROCESSO TRADIZIONALE Raramente contemplata Consultazione con gli attori interessati - abitanti Fondamentale: in Francia la partecipazione degli abitanti fin dalle prime fasi del progetto di riqualificazione è sinonimo di buon risultato. Necessaria: sulla base delle critiche raccolte da parte degli abitanti e degli attori coinvolti i progettisti rielaborano il progetto Raramente contemplata CONTRATTI DI QUARTIERE Necessaria: I comuni hanno infatti dovuto inviare la proposta di Contratto di Quartiere alle Regioni ed al CER per l’approvazione e successivamente per l’erogazione dei finanziamenti Fondamentale: è una delle novità introdotta dai Contratti di Quartiere Necessaria. Raramente contemplata Necessaria: come verifica di fattibilità delle opere da attuare ma, soprattutto, come strumento di comunicazione verso gli utenti. Non è considerata una vera e propria fase, ma la “sperimentazione” avviene nel momento in cui si agisce sugli edifici da riqualificare. Elaborazione del progetto con partecipazione Presentazione del progetto agli attori coinvolti Sperimentazione su di un edificio test 196 Raramente contemplata Necessaria. Anche nel caso dei Contratti di Quartiere la formulazione del progetto dovrebbe basarsi sulle critiche degli abitanti e degli altri attori coinvolti come nel caso francese. Necessaria. Nei Contratti di Quartiere non si parla di sperimentazione su di un edificio test, ma di metodologie di controllo qualità del progetto e della possibilità di realizzare simulazioni degli spazi abitativi in scala reale tramite l’utilizzo delle strumentazioni del Laboratorio tipologico del CER. Queste verifiche sono necessarie per controllare e verificare CAPITOLO TERZO alcuni aspetti dell’intervento di riqualificazione sia in fase preventiva, sia in corso d’opera che ad intervento ultimato. Valutazione dell’operazione Necessaria: è uno strumento di controllo degli operatori sui risultati raggiunti e uno strumento di pilotaggio per le operazioni future. Programma di post-riqualificazione Necessaria: la conclusione Non contemplato del programma di riqualificazione non si deve tradurre in un abbandono totale del quartiere da parte dei promotori . Questi infatti devono seguire l’evoluzione del quartiere per reagire rapidamente alla nascita dei nuovi segni di degrado e raccogliere i suggerimenti degli abitanti. Necessario poiché spesso il Inesistente degrado degli edifici dipende dal metodo di gestione del patrimonio e dal rapporto tra organismi di gestione e abitanti. E’ necessario istituire un sistema di raccolta e di trattamento dei reclami in modo da risolverli rapidamente e in modo da Programma di gestione 197 La valutazione dal punto di vista tecnologico e finanziario viene sempre attuata. E’ previsto che gli interventi sperimentali forniscano indicazioni utili alla formazione e all’aggiornamento della normativa tecnica relativa all’edilizia residenziale ed in particolare allo studio e alla definizione di strumenti utili per innalzare i livelli di qualità dell’attività di progettazione e realizzazione. Inoltre le verifiche del punto precedente devono essere attuate anche ad intervento ultimato. Non contemplato Non è contemplato ma non è detto che i laboratori di quartiere utilizzati per la partecipazione degli abitanti al progetto si trasformino in uffici di gestione. CAPITOLO TERZO Equipe operativa Finanziamenti creare un programma di gestione e manutenzione. Una possibilità è quella di realizzare un ufficio sul luogo con operatori disposti ad ascoltare gli abitanti. Pluridisciplinare Tecnico-Amministrativa Pubblici - privati - Erogatori di Pubblici servizi - Associazioni sociali Partecipazione Fondamentale Non sempre contemplata Come si può vedere dalle tabelle sopra riportate il processo di riqualificazione innescato dai Contratti di Quartiere ha fatto sicuramente un grosso passo in avanti rispetto a quello tradizionale ed è molto simile al processo francese anche se in alcuni punti è ancora carente, in particolare: 1. le diagnosi che vengono fatte in Francia durante la fase di analisi del contesto preso in esame sono molto più articolate; 2. la sperimentazione nel processo dei Contratti di Quartiere viene utilizzata più come verifica di fattibilità delle opere da realizzare e non come strumento di comunicazione verso i futuri utenti come nel caso francese; 3. il programma di post-riqualificazione ed i metodi di gestione e manutenzione non vengono nemmeno citati nei Contratti di Quartiere ma, forse, nello stato di attuazione in cui sono i programmi (ancora in fase preliminare) è difficile pensare alla post-riqualificazione. In realtà per testare come i Contratti di Quartiere stanno evolvendo è necessario analizzare alcuni casi significativi. Per questo motivo ho scelto due esempi con procedure ed obiettivi diversi: il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo e quello di Vigevano. 198 Pluridisciplinare Pubblici - privati - Erogatori di servizi - Associazioni sociali Essenziale CAPITOLO TERZO 3.7 Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo: il complesso S. Eusebio Il complesso S.Eusebio denominato il “Palazzone”, edificato nel 1974, ha carattere monofunzionale di residenza ed è composto da 288 alloggi distribuiti in linea da 15 corpi scala. La sua forma a “C” chiusa è caratterizzata da una grande corte interna verde di 142m.x56m. Gli alloggi, sono di taglio medio/grande (da 80/100 mq.) e si ripetono, con la stessa collocazione e aggregazione, per gli otto piani residenziali dell’edificio. Gli alloggi attuali, riflettono le caratteristiche dei nuclei familiari degli anni ’70. La loro dimensione media è oggi raramente richiesta dall’utenza visto il calo della natalità, il progressivo invecchiamento della popolazione e la situazione socio-economica degli attuali utenti (anziani e giovani disoccupati). La zona residenziale è rialzata su piano pilotis di altezza 2.20m. che conferisce un carattere particolarmente opprimente all’attacco a terra. I parcheggi risultano interrati da un corsello-fossato che si estende per tre lati della corte. L’edificio è collocato in adiacenza al parco di Grugno Torto godendo di una grande apertura verso il paesaggio. Secondo il Comune di Cinisello Balsamo per tipologia, dimensione e posizione ne derivano valide potenzialità finalizzate a un intervento di modificazione che possa reintegrare l’edificio all’intorno ed avviarne gli indispensabili adeguamenti. 199 CAPITOLO TERZO 3.7.1 Gli interventi previsti nel Contratto di Quartiere Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo prevede interventi urbanistici ed edilizi. Gli interventi urbanistici sono: • la sistemazione urbanistica verso la chiesetta di S. Eusebio con la previsione di uno spazio aperto di riconnessione tra il complesso di edilizia residenziale pubblica denominato il “Palazzone”, il supermercato attuale e l’area interessata dal Piano Integrato di Recupero (P.I.R di S.Eusebio); • la riqualificazione di una parte del parco sovracomunale “ Grugnotorto-Villoresi”, con bonifica delle ex vasche di ravvenamento. Gli interventi edilizi prevedono nuove tipologie abitative che rispondenti alla nuova articolazione dei nuclei familiari. Gli alloggi coinvolti nella ristrutturazione sono 158 sui 288 attuali. A completamento del progetto si otterranno 342 alloggi, con un incremento di 52 unità; dei 130 rimanenti se ne prevede il riammodernamento interno. L’aspetto principale del progetto riguarda il sistema della “flessibilità”. L’intervento sugli alloggi avviene per “moduli di ristrutturazione” progettati seguendo due principi generali che ne determinano i requisiti: la flessibilità nella composizione degli alloggi e l’articolazione temporale degli interventi sugli alloggi; il sistema per moduli di ristrutturazione consente un intervento organizzato sia per piani sia per colonne, una flessibilità necessaria dato il limitato numero di alloggi liberi disponibili per l’avvio del piano di ristrutturazione. 200 CAPITOLO TERZO E’ inoltre prevista una struttura tecnologica, sovrapposta alla struttura edilizia esistente, tale da contenere elementi di dotazione aggiuntiva o di trasformazione degli impianti a cui è inevitabilmente collegata sia la ristrutturazione interna degli alloggi, che l’adeguamento complessivo degli elementi connettivi del complesso edilizio. La flessibilità operativa del programma (in edifici di queste dimensioni quasi completamente abitati) è anche condizione di fattibilità stessa dell’intervento, poiché, a meno di costi e tempi insostenibili, non sarà possibile liberare completamente l’edificio prima di intervenire. Il progetto propone, inoltre, la modificazione funzionale del complesso con integrazione di spazi extra-residenziali come laboratori artigianali e la creazione di un centro sociale. Il progetto affronta anche le trasformazioni del modo di abitare, attraverso la costruzione di 12 alloggi duplex sperimentali, con particolari caratteristiche sia distributive che tecnologiche, adatte a rispondere alla eterogeneità dei bisogni abitativi, ed in prospettiva, all’allargamento della funzione abitativa a quella del lavoro. Queste nuove unità sono caratterizzate da un fronte vetrato e da serre a doppia altezza che creano ambienti in cui sono localizzate funzioni oggi considerate innovative: casa-lavoro o spazi-ufficio per lavori a distanza o telelavoro. C’è da chiedersi, in ogni caso, se ambienti di questo genere siano veramente richiesti in un quartiere come S.Eusebio a Cinisello Balsamo. Questo è un dubbio che pervade anche il Responsabile del Contratto di Quartiere per il Comune di Cinisello Balsamo arch. Lides Canaia e che dichiara essere ancora un aspetto da verificare. Oltre ad interventi di tipo sperimentale ed urbanistico è previsto un programma di formazione professionale ed il Laboratorio di Quartiere che in realtà è partito a progetto preliminare già definito. Ecco qui sotto uno schema degli interventi da attuare all’interno del Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo. Modificazione funzionale del complesso edilizio Il “Palazzone” Lavori di manutenzione Straordinaria del complesso Denominato “5 torri” 201 CAPITOLO TERZO CONTRATTO DI Piano integrato di recupero S. Eusebio QUARTIERE Riqualificazione di una parte del parco GrugnotortoVilloresi 3.7.2 L’apporto economico e gli operatori del Contratto di Quartiere Uno degli aspetti interessanti dei Contratti di Quartiere riguarda la necessità di far confluire all’interno del programma di riqualificazione diversi attori (privati, pubblici..) in modo da attuare strategie in grado di favorire la cooperazione a favore della buona riuscita dei processi di riqualificazione. Nel caso di Cinisello Balsamo prima di tutto è stata formulata una convenzione tra Aler di Milano e Comune in cui è stato conferito all’Aler l’incarico di Ente attuatore dell’intervento di recupero dell’immobile il “Palazzone”18 e della parte di fondi stanziati dal CER relativa alle spese di realizzazione tecnica dell’immobile, mentre al Comune spetta la parte relativa alle attività connesse alla sperimentazione e a quelle, espletate dal Responsabile del Contratto di Quartiere, relative alla verifica e coordinamento durante la fase di progettazione e attuazione dell’intervento. L’Aler ed il Comune lavoreranno sinergicamente nella predisposizione e attuazione del Piano di Mobilità e del Piano di comunicazione e partecipazione degli abitanti. Compiti Aler: Piano mobilità Progetto ed esecuzione lavori Partecipazione al laboratorio di quartiere Attribuzione del finanziamento CER 18 Di cui è proprietario. 202 CAPITOLO TERZO SCHEMA DI CONVENZIONE Gruppo di lavoro integrato Aler-Comune Verifica attuazione progetto nella sua globalità Compiti Comune: coordinamento, collaborazione e verifica Piano Mobilità; partecipazione al laboratorio di quartiere; collaborazione al progetto ed all’esecuzione dei lavori Per quanto riguarda la realizzazione dei laboratori artigianali la progettazione sarà a carico l’A.S.N.M., Agenzia Sviluppo Nord Milano, a cui l’Aler cederà gli spazi necessari per un tempo pari a 18 anni. Anche la formazione professionale sarà a carico dell’A.S.N.M., mentre i finanziamenti per queste due iniziative saranno a carico, oltre che dell’A.S.N.M, dell’APA, Confartigianato e CNA. La riqualificazione del parco Grugnotorto-Villoresi e il Piano Integrato di Recupero S.Eusebio saranno a carico di società private, ma, mentre il finanziamento per la riqualificazione del parco è stato erogato dalla Provincia di Milano, quello per il PIR. è a carico della società attuatrice. Ecco di seguito una tabella riassuntiva degli operatori coinvolti nel programma di riqualificazione del complesso S.Eusebio e dei finanziamenti disponibili. Contratto di Quartiere Q.re S.Eusebio Operatore ALER-Comune Cinisello Balsamo ALER Il “Palazzone” A.S.N.M A.S.N.M Descrizione degli interventi N° alloggi Sperimentazione e quota a parte Centro Polifunzionale Quota a parte Centro 342 Polifunzionale Realizzazione laboratori artigianali Formazione professionale Cinque torri Via Carroccio ,4,6 ALER Manutenzione straordinaria Parco Grugnotorto-Villoresi Privati Riqualificazione di parte del parco 203 140 Finanziamenti CER Enti Locali, Comune, Provincia APA, CNA,ASNM Confartigianato, APA, CNA,ASNM Confartigianato, ALER Provincia di Milano CAPITOLO TERZO P.I.R. S.Eusebio Privati Piano Integrato di Recupero 3.7.3 Il Piano della Mobilità Il Piano della Mobilità rientra negli obiettivi primari del Contratto di Quartiere sia nella fase di sperimentazione che nella fase operativa di progetto e realizzazione. Per attuare un Piano di Mobilità è necessario verificare la disponibilità al trasferimento dei soggetti interessati dal piano, coinvolgere gli abitanti del quartiere portando all’interno del progetto le istanze sociali, le esigenze concrete e le problematiche abitative. Il Piano della Mobilità rappresenta la convergenza degli aspetti sociali, abitativi e di convivenza comunitaria con gli aspetti tecnici di programmazione dei lavori e di impiego delle risorse economiche disponibili. Per quanto riguarda il programma di riqualificazione del “Palazzone”, il problema tecnico della mobilità riguarda la costituzione dei “moduli di ristrutturazione”, ovvero nuovi nuclei di alloggi ottenuti dal frazionamento delle unità immobiliari di partenza. L’elemento fondamentale per permettere questo intervento è la realizzazione di “torri tecnologiche” contenenti le nuove canalizzazioni degli impianti e l’adeguamento a norma degli ascensori. La possibilità di operare per “trance” nella ristrutturazione degli alloggi, partendo dagli otto alloggi vuoti utilizzabili, dovrebbe permettere di spostare gli abitanti senza necessariamente trasferirli al di fuori del complesso di S. Eusebio in altri alloggi di proprietà del Comune o dell’Aler. Questo tipo di organizzazione sembra molto interessante ma, in realtà, questo programma di mobilità dovrebbe essere preceduto 204 Privati CAPITOLO TERZO dall’attivazione e sviluppo del processo di partecipazione degli abitanti per capire i loro bisogni, le loro esigenze e la loro disponibilità a ruotare all’interno del complesso edilizio o a trasferirsi in altri luoghi. 3.7.4 La partecipazione degli abitanti Il bando dei “Contratti di Quartiere” dichiara che: “è essenziale il coinvolgimento della popolazione fin dalla fase delle scelte iniziali, al fine di una più approfondita selezione delle priorità e per far emergere e convogliare tutte le risorse locali che possono contribuire alla definizione e realizzazione del programma”. Specifica, inoltre che, tenute presenti le scadenze previste dal bando, questo tipo di partecipazione ha maggiori possibilità di esplicitarsi nel corso delle fasi propedeutiche alla progettazione definitiva ed esecutiva, nonché nelle fasi attuative e di gestione. Nel caso di Cinisello Balsamo la partecipazione è iniziata nel mese di ottobre 1999 quindi nella fase di progettazione esecutiva. Il Comune e l’Aler hanno quindi preferito dedicarsi maggiormente ai temi della sperimentazione e alla definizione del progetto edilizio e poi definire il programma di partecipazione degli abitanti. Questo programma in realtà è molto ben articolato e l’intento è quello di promuovere l’allargamento del processo decisionale dai soggetti tradizionalmente forti (Amministrazioni, Istituzioni, professionisti) agli attori locali (terzo settore, comitati) e ai cittadini interessati direttamente o indirettamente alle trasformazioni sociourbanistiche in gioco. Il laboratorio di quartiere dovrebbe produrre sottogruppi di lavoro tematici, interdisciplinari e intersettoriali, che avranno il compito di progettare le azioni adeguate a rimuovere gli ostacoli e a rendere possibile il progetto nelle sue articolazioni. 205 CAPITOLO TERZO Lo strumentò che verrà utilizzato per la partecipazione è il piano di comunicazione che dovrebbe: • promuovere il protagonismo dei vari soggetti, con particolare attenzione alla dimensione locale; • sviluppare il senso di proprietà del progetto; • permettere la partecipazione effettiva al processo di decisione; • informare sullo stato di avanzamento dei lavori; • promuovere e sostenere una ricerca costante partecipata sui bisogni, esigenze e scenari; • fornire elementi per la collaborazione e la presa di decisioni; • fornire gli elementi necessari per il controllo del processo di sviluppo da parte dei soggetti implicati; • attrarre nuove risorse. Le forme che l’Amministrazione ha intenzione di promuovere per permettere la partecipazione e la comunicazione sono: • creazione di un laboratorio di quartiere per la stesura del progetto esecutivo dell’edificio il “Palazzone” e per l’organizzazione del piano di mobilità; • attività di informazione mirate a target specifici (utenti coinvolti direttamente dai lavori di ristrutturazione, cittadini coinvolti dalle trasformazioni urbanistiche); • mostra permanente sul working-in-progress; • momenti di animazione in quartiere attraverso disegni e sviluppo di scenari futuri (work-shop, ricerche di intervento, analisi partecipate). Accanto agli obiettivi specifici del progetto di riqualificazione il Responsabile del Contratto di Quartiere ha introdotto degli obiettivi di lungo periodo che potrebbero essere attuati attraverso la continua collaborazione tra abitanti, organi di gestione ed organizzazioni sociali ed in particolare: • sostegno alle realtà operanti nel territorio e alle forme di organizzazione, per promuovere e consolidare esperienze di progettazione e gestione partecipata di servizi e attività; • ridefinizione delle procedure di risposta dei servizi istituzionali; • ridefinizione delle prassi di pianificazione pubbliche nell’ambito degli interventi socio-ambientali; • promozione e sostegno di forme di co-e auto-gestione da parte degli inquilini dell’edilizia residenziale pubblica, di servizi e di piccoli interventi di manutenzione di bassa tecnologia in accordo con l’Aler. Come si può capire dalla descrizione del programma di partecipazione gli obiettivi ed i mezzi sembrano molto efficaci e ben articolati, ricordano molto i programmi francesi descritti nel capitolo 206 CAPITOLO TERZO precedente. L’unico dubbio sta nel fatto che questo programma, come ho già specificato, è partito a progetto preliminare definito e a poco tempo dalla stesura del progetto definitivo in contrasto con le indicazioni del bando di concorso. 207 CAPITOLO TERZO 3.7.5 Il programma sperimentale Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo ha affrontato diversi temi di sperimentazione ponendo un’attenzione particolare al tema della flessibilità. Gli obiettivi e i temi della sperimentazione affrontati, rispetto ai complessivi proposti, sono riportati nella seguente matrice: OBIETTIVO GENERALE DELLA SPERIMENTAZIONE 1.QUALITA’ MORFOLOGICA 2.QUALITA’ ECOSISTEMICA 3.QUALITA’ FRUITIVA 4.SISTEMA QUALITA’ 208 TEMA DELLA SPERIMENTAZIONE 1.1 Modificazione e qualificazione di tessuti consolidati e degradati 1.2 Conservazione e valorizzazione dei tessuti storici 1.3 Modificazione con integrazione funzionale 1.4 Qualificazione dello spazio urbano 2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana-risparmio delle risorse (A) 2.2 Bioarchitettura ed ecologia urbana-miglioramento della qualità urbana (B) 3.1 Accessibilità, visitabilità e adattabilità DM 236/89 3.2 Flessibilità 3.3 Nuovi modi di vita e uso dell’alloggio 3.4 Utenze sociali deboli 4.1 Qualità nel processo edilizio: definizione di procedure di garanzia della qualità 4.2 Qualità del sistema edilizio: gestione della qualità e controllo di qualità CAPITOLO TERZO Come risulta dalla tabella sono stati affrontati sei temi di sperimentazione coprendo tre obiettivi generali su quattro, con un accento particolare alla Qualità fruitiva. Nelle tabelle che seguono illustrerò i programmi sperimentali affrontati divisi per temi, inserendo nella colonna di sinistra gli interventi e i loro requisiti, mentre in quella di destra la descrizione. 1.QUALITA’ MORFOLOGICA Intervento di progetto a) Spazi per laboratori ed attività artigianali Requisiti • Accessibilità integrata con il quartiere • Compatibilità con la residenza • dotazione di spazi dedicati alla formazione 1.3 Modificazione con integrazione funzionale Spazi per laboratori ed attività artigianali Collocazione. I laboratori artigianali saranno collocati sul lato ovest in adiacenza ad un centro commerciale esistente, e in corrispondenza dell’attuale strada interna di distribuzione ai box e nei due corpi posti simmetricamente all’ingresso della corte (ved. Tav. collocazione degli interventi). Tecnicamente gli spazi saranno ricavati: - per i due corpi prospicienti la corte, attraverso l’uso del piano pilotis (h.2.20) e la demolizione degli otto alloggi soprastanti al fine di ottenere l’altezza utile allo svolgimento delle attività previste; - per la parte di edificio verso il supermercato, attraverso l’uso di parte degli spazi del piano pilotis (che costituiranno zone soppalcate) e la demolizione dei box sottostanti. Per ottenere un allargamento dello spazio di relazione e per una maggiore integrazione con l’edificio commerciale, verranno demoliti anche parte dei box prospicienti realizzando un percorso pedonale coperto da una pensilina metallica che collegherà tutto il lato sud ovest. I box demoliti verranno ricostruiti ed inseriti negli attuali spazi interrati inutilizzati. In totale verranno creati 13 laboratori. 209 CAPITOLO TERZO 210 CAPITOLO TERZO C C 211 CAPITOLO TERZO 212 CAPITOLO TERZO 1.QUALITA’ MORFOLOGICA Intervento di progetto a) Gentro polifunzionale per attività sociali Requisiti • Accessibilità integrata con il quartiere • Compatibilità con la residenza • dotazione di spazi dedicati alla formazione • dotazione di spazi dedicati alle associazioni di base • alloggi di prima accoglienza • integrazione strutture sociali comunali 1.3 Modificazione con integrazione funzionale Centro polifunzionale Collocazione. Il centro polifunzionale si troverà collocato nella parte centrale dell’isolato, inglobando funzionalmente l’attuale sala comune denominata “centro comunitario”. (ved. Tav. collocazione degli interventi). Tecnicamente gli spazi saranno ricavati: - attraverso l’utilizzo del piano pilotis, la demolizione dei quattro alloggi soprastanti per creare spazi a doppia altezza; - attraverso la realizzazione di un nuovo volume collegato all’edificio verso la corte interna. Il centro polifunzionale si articolerà su tre livelli: - piano interrato destinato a servizi (spazio oggi inutilizzato). 213 CAPITOLO TERZO - piano terra dotato di spazi a doppia altezza; - piano primo con spazi per associazioni e un piccolo teatro che si protende al di fuori della sagoma dell’edificio e che si collega all’ampio volume di nuova realizzazione in cui si collocheranno spazi ad uso collettivo ( biblioteca informatizzata, spazi destinati ad attività artigianali, spazi destinati all’assistenza e sanità). A questo piano verranno creati due alloggi destinati alla prima accoglienza. Il centro polifunzionale potrà essere collegato direttamente agli alloggi dei piani superiori in quanto il corpo scala è in parte in comune, favorendo l’accessibilità diretta degli anziani. 214 CAPITOLO TERZO 2.QUALITA’ ECOSISTEMICA Intervento di progetto a) Frazionamento impianto di riscaldamento Requisiti • Impianto centralizzato per scala • Contabilizzazione per singolo alloggio • Allaccio progressivo delle utenze • Benessere igrotermico • Aumento della resistenza termica pareti nord 215 2.1 Risparmio delle risorse Frazionamento impianto di riscaldamento L’impianto esistente è centralizzato e alimentato a gasolio. Tecnicamente è realizzato da un anello sotterraneo che alimenta gli impianti singoli attraverso colonne montanti risalenti per ogni singola scala. L’intervento sull’impianto prevede: • il frazionamento della centrale termica in unità di scala; • la collocazione della centrale termica in copertura utilizzando in parte le torri tecnologiche e risparmiando sulla canna fumaria; CAPITOLO TERZO • inserimento di contabilizzatori per singole unità abitative sia per il riscaldamento che per l’acqua calda. Ogni scala sarà dotata di propria centrale che servirà circa 20 alloggi. Ciò consentirà: • riduzione delle dispersioni termiche; • aumento della sicurezza intrinseca dell’impianto; • flessibilità dell’esercizio e di gestione; • contenimento e razionalizzazione dei consumi. La sostituzione dell’impianto avverrà in modo graduale. La collocazione della centrale in copertura presenta i seguenti vantaggi: • sensibile risparmio sulla realizzazione delle canne fumarie; • risparmio sulla realizzazione dei tubi di sicurezza; • riduzione della pressione di esercizio; • possibilità di adottare per i generatori caldaie acciaiorame con bruciatore atmosferico (più sicure, economiche e silenziose). Interventi di miglioramento dell’impianto: • introduzione della parete ventilata sulle testate dei corpi di fabbrica; • introduzione di tecnologie passive di risparmio energetico in alcuni alloggi duplex posti nel sottotetto. 3.QUALITA’ FRUITIVA Intervento di progetto a) Adeguamento impianti ascensore 3.1 Accessibilità, visitabilità, e adattabilità DM 236/89 Realizzazione di impianti ascensore a norma Requisiti • Realizzazione impianti ascensore a norma 216 Dalle indicazioni emerse dai dati sulla popolazione anziana nel complesso edilizio S. Eusebio è stato rilevato che : • attualmente le persone di età compresa tra i 66 anni e i 75 anni rappresentano l’8,84%; • i cosidetti anziani prossimi, ossia le persone di cui età è compresa tra i 56 anni e i 65 anni sono circa il 71,18%. Il problema dell’accessibilità potrà interessare nel prossimo futuro, un crescente numero di utenti attuali. Di conseguenza gli interventi di adeguamento si presentano opportuni essendo la costruzione del complesso edilizio S.Eusebio antecedente il DM 236/89. CAPITOLO TERZO Essendo le cabine degli ascensori fuori norma, dovranno essere sostituite. Ciò avverrà attraverso la creazione di ascensori esterni a causa dell’impossibilità di adeguamento dei vani esistenti. Solo in due casi non sarà possibile effettuare l’adeguamento per mancanza dello spazio necessario. 3.QUALITA’ FRUITIVA Intervento di progetto a) Realizzazione di torri tecnologiche b) Creazione di logge Requisiti • Integrazione funzionale dell’alloggio • modularità dell’intervento • ristrutturazione per piani e per colonne • manutenibilità e ispezionabilità nuovi impianti 217 3.2 Flessibilità Creazione di torri tecnologiche Il progetto si basa sulla realizzazione di ascensori esterni, collocati in torri metalliche sovrapposte al vano scala. L’idea di torre consiste nell’uso di una struttura integrata, composta da spazi aggiuntivi per l’alloggio: veranda/loggia e canalizzazione dei nuovi impianti. Il nuovo nucleo costituisce il supporto impiantistico condizione base per la realizzazione del programma di ristrutturazione dei piani d’alloggio. Sotto il profilo della metodologia di intervento le “torri tecnologiche” possono svolgere un ruolo importante anche per quanto riguarda la manutenzione, possono essere CAPITOLO TERZO dotate di un ponte di ispezione per il canale di gronda ed il tetto e costituire l’aggancio permanente per un ponte mobile per interventi manutentivi. Il progetto prevede la realizzazione di otto torri tecnologiche principali e cinque torri secondarie di semplice adeguamento impianto ascensore. Le torri hanno una superficie di circa mq.11 per una altezza di circa 32 m., verranno realizzate in struttura metallica, tamponate con pannelli metallici prefabbricati e con pannelli vetrati. Alle torri sono collegati dei ponti metallici laterali agganciati sia alla torre che alla struttura in c.a. Su questi ponti di volta in volta, potranno essere realizzate logge aggiuntive o verande di ampliamento dell’alloggio. Le torri dal punto di vista impiantistico comprendono al loro interno: • le canalizzazioni del nuovo impianto di riscaldamento; • il serbatoio di accumulo distribuzione acqua calda; • la canna fumaria della nuova centrale termica relativa alla scala. 3.QUALITA’ FRUITIVA Intervento di progetto a) Realizzazione di torri tecnologiche b) Moduli di ristrutturazione e frazionamento alloggi c) Creazione di logge Requisiti • Integrazione funzionale dell’alloggio • modularità dell’intervento • ristrutturazione per piani e per colonne • manutenibilità e ispezionabilità nuovi impianti 218 3.2 Flessibilità Moduli di ristrutturazione e frazionamento degli alloggi I criteri di frazionamento degli alloggi si basano sui dati statistici relativo alla composizione delle famiglie: • il 50% dei nuclei familiari sono composti da 3-4 persone; • il 20% dei nuclei familiari sono composti da 1-2 persone: giovani coppie, anziani, singles. Il piano di ristrutturazione prevede unità abitative comprese tra i 40mq. per gli alloggi più piccoli, ai 70mq. per quelli medi, ai 90mq. per i duplex nei quali prevale la componente sperimentale e quindi indirizzati ad una utenza per la quali dovranno essere messi a punto nuovi criteri di CAPITOLO TERZO assegnazione. Gli alloggi coinvolti nella ristrutturazione sono 158 con incremento della consistenza a completamento del progetto di 52 alloggi, passando dagli attuali 288 alloggi a 340. Il sistema per “moduli di ristrutturazione” consente un intervento organizzato per piani e per colonne. Questa flessibilità è necessaria dato il limitato numero degli alloggi vuoti al momento ( soltanto 8) disponibili per il trasferimento dei primi nuclei familiari e per l’avvio del piano di ristrutturazione. Vi sono diverse tipologie di moduli di ristrutturazione di partenza (mod.A, mod.B, mod.D) che danno origine a tipologie diverse sia per composizione interna che per superficie utile. Caratteristiche modulo “A”. I moduli “A” sono collocati nelle zone d’angolo dell’edificio e il modulo di partenza è costituito da un solo alloggio di circa 100mq. Il modulo di ristrutturazione prevede la realizzazione di due unità immobiliari rispettivamente di 36mq. e 71 mq. La diversa dimensione degli alloggi è destinata evidentemente a nuclei familiari diversi favorendo l’integrazione sociale tra fasce d’età diverse: famiglie e singles ad esempio, oppure permettere agli anziani o a giovani adulti di appoggiarsi alla famiglia pur mantenendo la necessaria autonomia. Caratteristiche modulo “B”. I moduli “B” sono moduli collocati fra due torri tecnologiche formati in partenza da quattro alloggi: 2 di 81,6mq. e 2 di 67mq. La superficie utile viene frazionata in sei nuovi alloggi con un incremento di 2 unità e più precisamente: 2 alloggi di 41.0 mq., 2 di 64,0 mq., 2 di 71.0 mq. I due alloggi più piccoli sono monoaffaciati, esposti verso sud, i restanti alloggi sono controaffacciati. Le soluzioni tecnologiche Tecnologicamente l’intervento di ristrutturazione è centrato sulla risoluzione dei problemi impiantistici: bagni, cucine, riscaldamento. Gli attuali cavedi di passaggio vengono mantenuti per non precluderne l’utilizzo da parte degli alloggi ai piani superiori ed inferiori. I nuovi scarichi dei bagni ( quelli adiacenti al vano scala) vengono convogliati nelle colonne alloggiate nelle torri tecnologiche, mentre negli altri alloggi i sanitari utilizzati saranno del tipo a parete montati su struttura ispezionabile e prefabbricata. Analogamente per l’impianto di riscaldamento potrà essere allacciato sia intercettando la vecchia colonna montante sia sulla nuova colonna. 219 CAPITOLO TERZO 220 CAPITOLO TERZO 221 CAPITOLO TERZO 222 CAPITOLO TERZO 3.QUALITA’ FRUITIVA Intervento di progetto a) Realizzazione di alloggi duplex con spazi attrezzati per il 223 3.3 Nuovi modi di vita e d’uso degli alloggi Realizzazione di alloggi duplex con spazi attrezzati per il lavoro CAPITOLO TERZO lavoro Requisiti • Integrazione della funzione abitativa • Dotazione di spazi per usi diversi • Spazi attrezzati per il lavoro Il progetto affronta questo tema attraverso la ristrutturazione degli alloggi degli ultimi due livelli del complesso residenziale al piano 7° e 8°, situati nella zona centrale del corpo lungo e analogamente sui due tratti laterali. Si prevede la realizzazione di alloggi duplex di circa 90mq. con particolari caratteristiche sia distributive che tecnologiche per rispondere alla eterogeneità dei bisogni abitativi, ed in prospettiva, all’allargamento della funzione abitativa a quella del lavoro. Criteri di progettazione Complessivamente il progetto prevede il coinvolgimento nella ristrutturazione di 24 alloggi attuali realizzando 12 alloggi duplex sperimentali. Queste unità abitative si caratterizzano per il fronte vetrato e i volumi delle serre a doppia altezza che articolano la parte superiore della facciata verso la corte interna. In questi spazi sono localizzate quelle funzioni oggi considerate innovative quali: casa-lavoro o spazi ufficio per il lavoro a distanza o il telelavoro. Vi sono anche spazi di superficie non residenziali destinati al collegamento e all’integrazione funzionale dei diversi alloggi. Dal punto di vista distributivo la parte residenziale dell’alloggio è organizzata sui tradizionali due livelli del duplex comunicanti mediante una scala metallica sul fronte e raccordati da una facciata vetrata a doppia altezza che si propone come sfondamento dello spazio abitativo verso l’esterno. Gli spazi dedicati alle nuove funzioni sono posizionati in modo da poter essere isolati, sia dagli spazi dell’alloggio tradizionale sia dal volume complessivo a doppia altezza della serra. Infatti nella parte superiore della serra sono stati collocati gli elementi tecnologici del sistema: a camino solare passivo, il muro di accumulo e le saracinesche di controllo del passaggio d’aria calda nella canalizzazione che distribuisce nelle camere da letto. L’ambiente di lavoro sottostante può essere separato mediante lo scorrimento di un pannello isolato che mantiene in efficienza il sistema solare nella metà superiore, eliminando però gli effetti negativi della serra nella metà inferiore. Un sistema di oscuramento e modulazione della luce esterno montato sulla struttura metallica primaria consente una regolazione della luminosità e dell’irraggiamento interno. Tecniche costruttive Tecnicamente la doppia altezza è stata ricavata mediante la rimozione di metà del solaio del piano 8° e delle strutture che lo sorreggevano. Le serre saranno realizzate con 224 CAPITOLO TERZO struttura metallica principale ancorata ai pilastri in c.a dell’edificio. Tale struttura costituisce l’appoggio sia degli elementi propri della serra, sia dei sistemi di oscuramento. 225 CAPITOLO TERZO 226 CAPITOLO TERZO 227 CAPITOLO TERZO 3.QUALITA’ FRUITIVA Intervento di progetto a) Realizzazione di alloggi per anziani parzialmente abili Requisiti • Riduzione degli effetti di segregazione • Collegamento degli alloggi al presidio sanitario 228 3.4 Utenze sociali deboli Realizzazione di alloggi per anziani Il progetto si propone di studiare forme abitative tali da ridurre gli effetti di segregazione, incentivando il rapporto con utenti diversi e dotate di un sistema di collegamento permanente con il presidio sanitario in grado di tenere sotto controllo la situazione di ogni utente collegato. Nel piano primo del centro polifunzionale saranno attivati due alloggi denominati di “prima assistenza”. In tali alloggi potranno essere accolti temporaneamente, da appartenenti ad associazioni facenti capo al volontariato, persone in difficoltà o in attesa di sistemazione in strutture adeguate. CAPITOLO TERZO 229 CAPITOLO TERZO Come si può vedere dalle tabelle di analisi dei temi sperimentali affrontati nel Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo, l’aspetto tecnologico innovativo è il punto di forza del programma. La creazione di torri tecnologiche, il centro polifunzionale con biblioteca informatizzata, gli alloggi duplex per il telelavoro sono tutti temi molto interessanti. E’ stato dato, infatti, grande peso alla flessibilità intesa soprattutto come introduzione di tecnologie nuove e in alcuni casi ( alloggi in duplex) quasi avveniristiche. Ma saranno utili tutte queste tecnologie per la riqualificazione sociale del quartiere? Non era forse meglio chiedere prima di iniziare il progetto preliminare la consultazione degli abitanti? 230 CAPITOLO TERZO 3.8 Il Contratto di Quartiere di Vigevano: il quartiere Pietrasana La scelta localizzativa è derivata da un processo già in corso, fin dal marzo 1997, per il recupero dei minori a rischio, attivato dal comune di Vigevano che ha messo a disposizione due educatori e dall’Aler di Pavia che ha reso disponibili i locali necessari all’attuazione del progetto. Questo intervento ha stimolato altre iniziative che rientrano nelle problematiche del “Contratto di Quartiere” al punto che l’Aler ha proposto al Comune di Vigevano di partecipare al bando essendo le finalità dei “Contratti” perfettamente pertinenti al programma di recupero sul quartiere Pietrasana. Si tratta di un quartiere storico della realtà vigevanese e questo processo di recupero deve coniugare le esigenze edilizie con quelle sociali. Il quartiere consta di 10 fabbricati e di 220 alloggi così ubicati: - 120 alloggi in quattro fabbricati edificati nel 1938, di taglio medio, suddivisi in due scale per ogni fabbricato con dotazioni all’interno di wc, lavabo e cucina a legna; - 48 alloggi in edifici del 1940 con le stesse caratteristiche dei precedenti; - 32 alloggi in due palazzine edificate nel 1959 di taglio più grande con cucine e servizi completi. Le abitazioni sono totalmente occupate, in parte dalle famiglie assegnatarie all’origine, oggi ridotte nel numero dei componenti ed in parte da nuovi nuclei. La scelta è caduta su Vigevano non solo per la dimensione del quartiere e per la sua importanza nell’ambito dell’edilizia sociale cittadina ma perché sussiste a Vigevano un fabbisogno di abitazioni economiche non ancora soddisfatto. La popolazione nel quartiere Pietrasana è soprattutto anziana ed è costretta a vivere in edifici di cinque piani senza ascensore con le conseguenti difficoltà. 231 CAPITOLO TERZO 3.8.1 Gli interventi previsti nel Contratto di Quartiere Il “Contratto di Quartiere” di Vigevano si occupa della riqualificazione degli spazi collettivi e quindi del contesto urbano del quartiere, del riadeguamento edilizio degli edifici ormai obsoleti e soprattutto dei problemi sociali che accompagnano i degrado fisico del quartiere. Uno dei temi principali affrontati dal Contratto di Quartiere è la qualificazione dello spazio urbano. Il progetto prevede: • la riqualificazione dello spazio centrale (prima utilizzato come parcheggio) attraverso la realizzazione di un campo sportivo(calcetto e pallacanestro), di un giardino con fontana e di percorsi a pergola intorno alla stessa corte. Quest’area centrale potrà consentire lo svolgimento di altre attività, non necessariamente sportive, previo utilizzo di un “Kit espansivo” progettato ad hoc per mostre, spettacoli, vendita, feste; • la chiusura dell’accesso veicolare nella corte centrale e il miglioramento della fruibilità pedonale; • la creazione di nuovi parcheggi sul perimetro del quartiere e sul retro di alcuni edifici con la possibilità di essere coperti con piante rampicanti attraverso la realizzazione di una struttura in ferro in modo da completare la sistemazione a verde dell’area anche a vantaggio dei veicoli (ombra); • la creazione di giardini di pertinenza dei singoli edifici, di spazi per il gioco dei bambini, di uno spazio recintato destinato agli animali domestici, di un campo da bocce e di spazi di seduta per anziani ed adulti; • lo studio di un piano per l’illuminazione degli spazi esterni in modo da prevederne un utilizzo intenso anche durante le ore serali. 232 CAPITOLO TERZO Era prevista la realizzazione di un parcheggio interrato nella corte centrale ma gli abitanti del quartiere si sono opposti e quindi l’Amministrazione ha dovuto rinunciare a questo progetto. Verranno costruiti, all’ingresso pedonale del quartiere, un portale attrezzato per l’informazione sulla trasformazione del quartiere e, nella corte centrale, il Circo-Lab un edificio progettato per diverse funzioni: assemblee, riunioni di condominio, dibattiti feste. Nel Circo-Lab verranno predisposti anche spazi ed attrezzature di base idonee per lo svolgimento di lavori di bricolage. Questo centro si configura come la sede ideale per ospitare associazioni diverse anche promosse dagli abitanti stessi. Per quanto riguarda la riqualificazione degli edifici gli interventi previsti sono: • adeguamento igienico sanitario dei bagni perché insufficienti come dotazioni e non adatti agli anziani ed ai disabili; • adeguamento tipologico per ridurre dimensionalmente gli alloggi più grandi secondo le esigenze attuali; • realizzazione di appartamenti per famiglie numerose al piano terreno di alcuni edifici; • installazione di ascensori e di impianto di riscaldamento; • riconversione di due edifici in case per anziani con dotazioni specializzate come lavanderia, infermeria, palestra e spazi polifunzionali; • inserimento di serre a comportamento passivo sulle esposizioni privilegiate progettate ed integrate in maniera appropriata e l’applicazione di sistemi captanti ad aria per la ventilazione igienico-sanitaria degli ambienti; • rifacimento delle facciate, dei tetti, dei serramenti degli edifici ed utilizzo di materiali ecologici per la riqualificazione; • utilizzo delle acque meteoriche raccolte dalle coperture per l’irrigazione e la pulizia; • riduzione del consumo acqua potabile, attraverso l’adozione di dispositivi per la regolazione del flusso dell’acqua delle cassette di scarico dei gabinetti; • progettazione di spazi all’interno o all’esterno delle singole unità abitative per la raccolta differenziata. Era prevista la demolizione di due edifici per la creazione di una residenza per anziani progettata secondo criteri avanzati ma, anche in questo caso, gli abitanti si sono opposti e quindi il progetto è stato abbandonato. Per quanto riguarda gli aspetti sociali sono state previste: - la creazione all’interno del quartiere di una Banca de Tempo orientata a servizi per la persona e per il tempo libero. 233 CAPITOLO TERZO In un quartiere in cui gli abitanti si collocano sulle fasce inferiori di reddito, la possibilità di realizzare adeguati servizi alla persona senza costi economici per i beneficiari è un’opportunità di indubbio interesse, specialmente quando l’attività proposta contribuisce a rafforzare o creare legami di comunità. I principali obiettivi di questa azione sono quelli di garantire adeguati servizi alla persona effettuati in maniera gratuita, di trasformare la fornitura di questi servizi da attività di volontariato ad attività di scambio; favorire il consolidamento dei legami di comunità; favorire il travaso di conoscenze tra gli abitanti, con particolare riferimento a quello che può avvenire tra le generazioni. La Banca del Tempo non produce occupazione ma contribuisce a migliorare la qualità della vita degli associati, inoltre in caso di eccedenza di offerte di alcune competenze rispetto alla domanda si prevede di estendere la Banca del Tempo all’esterno del quartiere ampliando così la base di scambio. - Creazione di una cooperativa, con la partecipazione degli abitanti per la gestione dei servizi di quartiere. La gestione e la manutenzione corrente dei servizi e delle parti comuni del quartiere costituiscono un’offerta di lavoro sufficiente all’avviamento di una cooperativa che potrebbe permettere uno sbocco occupazionale qualificato ai residenti disoccupati o sottooccupati; contenere i costi del servizio entro parametri richiesti dalle possibilità di spesa degli abitanti; realizzare un servizio soddisfacente per qualità e tempestività dell’intervento. - Creazione di piccole imprese formate da donne per la manutenzione degli stabili. Questo programma prevede il coinvolgimento di circa 15 donne, disoccupate o in cerca di prima occupazione, possibilmente residenti nel quartiere, per istruirle, attraverso un opportuno percorso formativo, alla creazione di piccole imprese autonome o cooperative. La formazione lavorativa sarà orientata verso i lavori di finitura interna, esterna e decorazione degli edifici con l’utilizzo di tecniche e materiali a basso impatto sia verso l’uomo che verso l’ambiente. Come cantiere per l’apprendimento remunerato prima e per l’avviamento delle imprese poi verranno utilizzati gli edifici del quartiere Pietrasana che, essendo soggetti a interventi di ristrutturazione degli spazi interni, offriranno un bacino di circa 220 alloggi. - Intervento di risanamento a carattere sociale, finalizzato all’accompagnamento del processo di auto-organizzazione delle persone per la gestione dell’area. 234 CAPITOLO TERZO Con questa iniziativa si intende: favorire l’integrazione fra Amministrazione comunale e altri enti pubblici e privati nella realizzazione di interventi a favore della comunità; favorire la partecipazione attiva della comunità di abitanti; creare gruppi spontanei di adolescenti residenti nel quartiere attraverso la condivisione di spazi e di interessi. Si tratta di un’azione in corso dal 1997 finanziata dal Comune di Vigevano. Modificazione funzionale degli edifici del quartiere Pietrasana Riqualificazione degli spazi aperti del quartiere Pietrasana CONTRATTO DI QUARTIERE Riqualificazione sociale e progetto occupazione 235 CAPITOLO TERZO 236 CAPITOLO TERZO 3.8.2 L’apporto economico e gli operatori del Contratto di Quartiere Come nel caso di Cinisello Balsamo anche nel Contratto di Quartiere di Pietrasana si è sviluppato un gruppo integrato di lavoro tra il Comune di Vigevano e l’Aler di Pavia. Nel caso di Vigevano non sono riuscita a reperire precisamente le fonti dei finanziamenti ma sono in grado di elencare i promotori ed i partecipanti alla proposta di riqualificazione. I soggetti pubblici e privati che vi hanno partecipano sono numerosi e ciò è stato reso possibile dall’intenso programma di partecipazione attuato dall’Amministrazione pubblica fin dall’inizio del processo. Questo programma ha permesso infatti di coinvolgere alcune società private e associazioni sociali della stessa città di Vigevano. La tabella che segue esemplifica i promotori delle proposte contenute nel Contratto di quartiere ed i partecipanti alle iniziative. CONTRATTO DI QUARTIERE RIQUALIFICAZIONE URBANA DEL QUARTIERE Promotori Descrizione degli interventi - Comune di Creazione di funzioni sociali Vigevano: ed ecologiche dell’area Assessorato allo centrale sport, partecipazione politiche giovanili e settore demografico - ALER Partecipanti Privati RECORD Vigevano - Comune di Privati: 237 Creazione di micro-spazi CAPITOLO TERZO RIQUALIFICAZIONE DEGLI EDIFICI RIQUALIFICAZIONE SOCIALE Vigevano: Assessorato servizi sociali ed edilizia residenziale pubblica - ALER - Comune di Vigevano: Assessorato assetto del territorio ed ambiente - ALER - Comune di Vigevano: Assessorato servizi sociali ed edilizia residenziale pubblica - Assessorato allo sport, partecipazione politiche giovanili e settore demografico - Comune di Vigevano: Assessorato servizi sociali ed edilizia residenziale pubblica - ALER - Comune di Vigevano: Assessorato servizi sociali ed edilizia residenziale pubblica qualificanti di vicinato Vivai de Martini- Vigevano Programma luci sul quartiere Privati: Disano illuminazione Realizzazione del Circo-Lab Associazione sociale: AUSER Vigevano - ALER Energia nel quartiere - ALER Operazione manutenzione - Associazione sociale: CITTA’ SOLIDALE Milano Banca del tempo - Associazione sociale: CITTA’ SOLIDALE Milano - Federcasa - CRASFORM associazione per lo sviluppo della cultura e della formazione Cooperativa di manutenzione e gestione 238 Riqualificazione funzionale e Privati: tecnologica delle abitazioni OTIS Pavia Realizzazione di case per ALER Pavia anziani AUSER Vigevano Impresa donna ASM Vigevano PETROL TEAM Pavia RAAB KARCHER Saronno PARCO DEL TICINO Magenta ASM Vigevano FEDERCASA ANIACAP Impresa Boccellini Vigevano Comune di Vigevano: Assessorato servizi sociali Associazione sociale: KRONOS Vigevano Comune di Vigevano: Assessorato servizi sociali Associazione sociale ALER CAPITOLO TERZO - Assessorato allo Animazione di quartiere sport, partecipazione politiche giovanili e settore demografico 3.8.3 La partecipazione degli abitanti Il programma di partecipazione degli abitanti è sicuramente l’aspetto più qualificante del Contratto di quartiere di Vigevano. Questo programma è iniziato ad esplicitarsi, come lo richiede il bando di concorso dei Contratti di Quartiere, prima della progettazione definitiva anzi è lo stesso programma che ha portato alla definizione delle azioni da pianificare all’interno del processo di riqualificazione. Lo strumento utilizzato è stato quello dell’action plannig, una metodologia rivolta essenzialmente alla creazione di una struttura che metta in relazione tra loro le persone e che le aiuti a prendere delle decisioni insieme. L’applicazione del metodo su scale e dimensioni di problemi diversi prevede quattro fasi principali di lavoro: 1. identificazione dei problemi, 2. ordine delle priorità, 3. progettazione di strategie di intervento, 4. realizzazione delle azioni. Il programma è iniziato proprio con l’identificazione dei problemi attraverso sopralluoghi, da parte dell’Amministrazione pubblica, nel quartiere e con la creazione di liste di questioni critiche e del loro livello di priorità. Il comune di Vigevano e l’Aler hanno poi organizzato degli incontri con gli abitanti del quartiere, con gli amministratori, con i tecnici/progettisti e con gli operatori economici per individuare strategie d’intervento possibili per la risoluzione dei problemi e per stabilire uno schema di priorità di applicazione. 239 Associazione sociale: AMICI DELLE CASE POPOLARI CAPITOLO TERZO Ogni gruppo ha individuato le strategie che riteneva da intraprendere con urgenza e quelle che potevano aspettare; successivamente i diversi gruppi si sono accordati sulla lista di azioni prioritarie. Per ogni strategia si sono formulate diverse soluzioni operative e si sono selezionate le più appropriate tenendo conto della loro fattibilità grazie ai tecnici presenti e della loro onerosità grazie agli enti di finanziamento che vi hanno partecipato. La programmazione si è conclusa attraverso la creazione di uno scenario workshop in più giornate19 in cui, attraverso la rappresentazione grafica, si è costruito lo scenario del quartiere riqualificato. Complessivamente la partecipazione degli abitanti in queste giornate è stata buona anche se con una netta prevalenza della popolazione anziana. L’Aler per l’attivazione di questo programma si è appoggiato all’unità metodologica di progetto SOFTECH di Torino ed agli architetti John Thompson & Partners per la resa grafica durante le giornate di workshop. Il risultato di questo programma di partecipazione, che non è concluso ma proseguirà anche durante la realizzazione, è un progetto che riflette le richieste degli abitanti, le loro esigenze e i loro bisogni, è un progetto legato al luogo e all’identità di chi lo vive. 19 Il primo e il cinque luglio 1999 240 CAPITOLO TERZO 3..8.4 Il programma sperimentale A differenza di Cinisello Balsamo il Contratto di Quartiere di Vigevano ha posto particolare attenzione all’obiettivo della Qualità Ecosistemica. Gli obiettivi generali e i temi della sperimentazione affrontati sono riportati nella seguente matrice: OBIETTIVO GENERALE DELLA SPERIMENTAZIONE 1.QUALITA’ MORFOLOGICA 2.QUALITA’ ECOSISTEMICA 3.QUALITA’ FRUITIVA 4.SISTEMA QUALITA’ 241 TEMA DELLA SPERIMENTAZIONE 1.1 Modificazione e qualificazione di tessuti consolidati e degradati 1.2 Conservazione e valorizzazione dei tessuti storici 1.3 Modificazione con integrazione funzionale 1.4 Qualificazione dello spazio urbano 2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana-risparmio delle risorse (A) 2.2 Bioarchitettura ed ecologia urbanamiglioramento della qualità urbana (B) 3.1 Accessibilità, visitabilità e adattabilità DM 236/89 3.2 Flessibilità 3.3 Nuovi modi di vita e uso dell’alloggio 3.4 Utenze sociali deboli 4.1 Qualità nel processo edilizio: definizione di procedure di garanzia della qualità 4.2 Qualità del sistema edilizio: gestione della qualità e controllo di qualità CAPITOLO TERZO 1.QUALITA’ MORFOLOGICA 1.4 Qualificazione dello spazio urbano Intervento di progetto Funzioni ecologiche e sociali dell’area centrale e delle a) Funzioni ecologiche e sociali dell’area centrale e delle aree di vicinato aree di vicinato Le trasformazioni sono orientate ad alcuni criteri guida: • disegnare e ridistribuire lo spazio esistente tra le diverse attività e i diversi utenti in modo da permettere una fruizione non conflittuale e rispettosa delle esigenze di Requisiti tutte le fasce d’età; • Restituire all’area centrale una funzione sociale ed • migliorare la qualità e la funzionalità dell’area ecologica; introducendo massicciamente il verde, dotandola di • Migliorare la qualità dell’abitare; attrezzature gioco e di arredo, caratterizzandola • Offrire ai residenti spazi soggiorno, vita, gioco e attraverso superfici e percorsi differenziati. incontro; • Creare una rete diversificata di micro funzioni per la Il progetto prevede: rivitalizzazione del quartiere. • riqualificazione dello spazio centrale con la realizzazione di un campo sportivo, di un giardino con fontana e di percorsi a pergola intorno alla corte centrale; • la chiusura dell’accesso veicolare nella corte centrale e il miglioramento della fruibilità pedonale; • la creazione di nuovi parcheggi sul perimetro del quartiere e sul retro di alcuni edifici ma con la possibilità di essere coperti con piante rampicanti attraverso la realizzazione di una struttura in ferro in modo da completare una sistemazione a verde dell’area anche a vantaggio dei veicoli (ombra); • la creazione di giardini di pertinenza dei singoli edifici, di spazi per il gioco dei bambini, di uno spazio recintato destinato agli animali domestici, di un campo da bocce e di spazi di seduta per anziani ed adulti; • lo studio di un piano per l’illuminazione degli spazi esterni in modo da prevederne un utilizzo intenso anche durante le ore serali; 242 CAPITOLO TERZO • • l’uso del verde come elemento per l’assorbimento del rumore proveniente dall’esterno del quartiere e per il controllo del microclima, specialmente durante i mesi estivi; l’uso di varietà vegetali adatte ad assorbire gli inquinanti atmosferici come elemento per migliorare la qualità dell’aria a livello locale. Innovazione tecnologica L’oggetto della sperimentazione consiste nel progettare e realizzare un kit espansivo progettato ad hoc che consenta lo svolgimento, sull’area centrale del quartiere di: 1. spettacolo 2. mostre 3. vendita 4. gioco-spettacolo 5. feste. Le prestazioni delle attrezzature del kit espansivo così come espresse dagli abitanti sono: robustezza, facilità di smontaggio, flessibilità, minimo ingombro, facilità di manutenzione, pulibilità. Queste caratteristiche permetteranno l’auto gestione del kit da parte degli abitanti. 243 CAPITOLO TERZO 1.QUALITA’ MORFOLOGICA 1.4 Qualificazione dello spazio urbano Intervento di progetto Il Circo-Lab a) Realizzazione di una struttura da destinarsi a punto di aggregazione polifunzionale-il Circo-Lab. La sperimentazione riguarda la possibilità di ottenere l’autogestione completa del Circo-Lab da parte degli abitanti del quartiere, in particolare la capacità di: • organizzare le richieste degli utenti in base allo spazio disponibile, minimizzando i conflitti; Requisiti • gestire il funzionamento del Circo-Lab garantendo la • Orientare l’impiego del tempo libero verso attività con massima fruibilità; elevato plusvalore in termini di apprendimento e • coprire i costi di gestione, manutenzione attraverso soddisfazione personale; quote associative e altri meccanismi di • favorire il consolidamento dei legami di comunità, autofinanziamento. attraverso attività di socializzazione; • favorire il travaso delle conoscenze tra gli abitanti. Innovazione tecnologica Gli spazi interni ed esterni dovranno essere estremamente flessibili, in grado di rispondere a una molteplicità di funzioni di aggregazione durante l’arco della giornata attraverso operazioni semplici alla portata degli utenti. La struttura dovrà essere realizzata con materiali e tecnologie in grado di resistere adeguatamente all’usura e garantire costi di manutenzione ed eventuale modificazione funzionale alla portata degli abitanti del quartiere. L’architettura della struttura dovrà costituire un segno visibile del rinnovamento del quartiere. 244 CAPITOLO TERZO 245 CAPITOLO TERZO 2.QUALITA’ ECOSISTEMICA Intervento di progetto a) Risanamento energetico del quartiere 2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana-risparmio delle risorse Risanamento energetico del quartiere • • Requisiti • riduzione perdite di calore • • controllo ventilazione naturale • dispositivi per la limitazione dei consumi elettrici e di riscaldamento • • sistemi di captazione attivi e passivi dell’energia solare • sistemi di riscaldamento non convenzionali • • • • Riduzione delle dispersioni termiche degli edifici, attraverso coibentazione delle chiusure opache ed eliminazione dei ponti termici; sostituzione dei serramenti esistenti con nuovi serramenti (doppio vetro controllo delle infiltrazioni); ventilazione meccanica delle abitazioni assistita da sistemi ad energia solare ad aria, predisposti sulle facciate laterali, esposte a sud; tecnologie per la riduzione dei consumi d’acqua calda sanitaria; contabilizzazione energetica individuale; controllo periodico delle emissioni e delle prestazioni energetiche degli edifici; adozione di serre a comportamento passivo, nella riqualificazione delle logge e dei balconi in grado di ridurre fino al 30% i consumi delle abitazioni, migliorando nel contempo la qualità edilizia e l’impatto visivo delle facciate; realizzazione di una rete impiantistica centralizzata in cavedio a livello del quartiere, per la distribuzione del calore, dell’acqua calda sanitaria, dell’energia elettrica e del metano con derivazioni per singoli fabbricati e terminali nei singoli alloggi completi di contabilizzazione individuale. L’alimentazione della centrale di teleriscaldamento sarà effettuata con biomassa legnosa ottenuta attraverso: • il Comune di Vigevano, manutentore dei viali alberati della città, che metterà a disposizione della nascente cooperativa di quartiere i prodotti della potatura degli alberi, trasformabile in cippato per l’alimentazione dell’impianto; 246 CAPITOLO TERZO • • 2.QUALITA’ ECOSISTEMICA il Parco del Ticino, produttore di legna combustibile in quantità considerevole, che metterà a disposizione parte della propria produzione a prezzi favorevoli di mercato; i produttori di riso, che potranno mettere a disposizione la lolla di riso, utilizzabile in un impianto policombustibile. 2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana-risparmio dellerisorse Acqua Intervento di progetto a) Utilizzo acque meteoriche Nel corso del rifacimento dei servizi igienico-sanitari si attuerà una riduzione de consumo d’acqua potabile. Saranno installate cassette di scarico dotate di un dispositivo comandabile manualmente che consentirà la Requisiti regolazione, prima dello scarico, di almeno due diversi • Dispositivi per la limitazione del volume d’acqua ad usi volumi d’acqua: il primo compreso tra i 7 e i 12 litri e il domestici secondo compreso tra 7 e i 5 litri. • Recupero e gestione delle acque meteoriche Verranno inoltre inseriti dispositivi aeratori sui soffioni • Ottimizzazione della rete di distribuzione idrica doccia e sugli ugelli dei rubinetti. Le coperture dei tetti verranno munite, tanto verso la strada quanto verso il cortile di canali di gronda impermeabili, adatti a convogliare le acque meteoriche nei pluviali e quindi nelle cisterne di raccolta dell’acqua piovana. A tale scopo si sfrutteranno le cisterne originali, realizzate nel 1938 e destinate ad accumulare l’acqua per i lavatoi degli scantinati. Le cisterne saranno dotate di un sistema di filtratura per l’acqua in entrata, di uno sfioratore sifonato collegato alla fognatura per gli scarichi su strada per smaltire l’eventuale acqua in eccesso e di un adeguato sistema di pompaggio per fornire l’acqua alla pressione necessaria agli usi. L’impianto idrico così formato non verrà collegato alla normale rete idrica e le sue bocchette saranno dotate di dicitura “acqua non potabile”, secondo la normativa vigente. L’acqua verrà utilizzata per l’irrigazione del verde pertinenziale e per la pulizia. 247 CAPITOLO TERZO 2.QUALITA’ ECOSISTEMICA Intervento di progetto a) Predisposizione per la raccolta differenziata b) Progetto manutenzione Requisiti • Miglioramento della qualità abitativa 2.1 Bioarchitettura ed ecologia urbana-risparmio delle risorse Rifiuti Per favorire la raccolta differenziata dei rifiuti organici e inorganici a scala di quartiere ad opera del Comune, ogni singola unità abitativa sarà dotata di uno spazio progettato - interno o esterno - idoneo ad ospitare i contenitori per la raccolta differenziata degli imputrescibili. Anche nel quartiere verrà realizzata un’area attrezzata contenente: • raccoglitori per la raccolta differenziata a scala di quartiere (carta, vetro, plastica, alluminio); • lo spazio per la raccolta dei rifiuti ingombranti; • la compostiera per la raccolta dei rifiuti organici putrescibili, la cui produzione verrà utilizzata per la concimazione delle parti comuni. L’area verrà opportunamente mascherata da una struttura coperta in legno circondata da arbusti. Progetto manutenzione Consiste nella verifica che i materiali utilizzati nelle opere di manutenzione (intonaci, rivestimenti, pareti perimetrali, pareti mobili, pavimenti, controsoffitti...) e gli impianti di fornitura servizi, in particolare l’impianto idrico-sanitario, non emettano gas, sostanze aeriformi, polveri o particelle dannose o moleste per gli utenti sia in condizioni normali che in condizioni critiche. 248 CAPITOLO TERZO 3.QUALITA’ FRUITIVA Intervento di progetto a) Inserimento ascensori b) Adeguamento servizi igienici 3.1 Accessibilità, visitabilità, adattabilità DM 236/89 Inserimento degli ascensori ed adeguamento dei servizi igienici Requisiti • Miglioramento dell’accessibilità dell’edificio La presenza degli ascensori è una delle dotazioni prioritarie per i residenti, in particolare per i residenti anziani che non hanno avuto modo negli ultimi anni, di ricollocarsi ai piani bassi degli immobili. Alcuni nuclei familiari di anziani vivono in una situazione di quasi reclusione, cercando di rendere minime le necessità di uscita dalle abitazioni per evitare faticose risalite al piano. L’azione prevede una dotazione di ascensori esterni ai corpi di fabbrica, realizzati in strutture leggere e trasparenti, accostati in corrispondenza dei vani scala. La distribuzione orizzontale al piano di arrivo verrà realizzata traendo vantaggio dai balconi aggettanti riducendo, in questo modo, le interferenze costruttive con le abitazioni. Nel corso della riqualificazione funzionale le abitazioni dovranno essere dotate di nuovi servizi bagni/cucina, ampiamente fuori standard. In molte abitazioni è avvenuta una graduale sostituzione, da parte degli stessi inquilini. Compito di questa azione è l’adeguamento tecnologico e l’uniformazione di tutte le abitazioni a standard qualitativi e funzionali idonei. 249 CAPITOLO TERZO 3.QUALITA’ FRUITIVA Intervento di progetto a) Alloggi per anziani con servizi ad uso collettivo Requisiti • Trasformare un edificio del quartiere in residenze per anziani • Assicurare una serie di servizi comuni alle unità residenziali • Garantire un servizio di assistenza alla persona per i residenti anziani 250 3.4 Utenze sociali deboli Residenza per anziani Verranno esaminate le tipologie di casa/alloggio per anziani e adattate alla conformazione dell’edificio candidato alla trasformazione. L’introduzione dell’ascensore terrà conto delle particolari esigenze degli abitanti, dando preferenza ad inserimenti interni, anziché esterni come negli altri fabbricati. I moduli di alloggio verranno dotati di servizi comuni in misura adeguata e appropriati di affacci verso l’esterno. Un piano dell’edificio verrà destinato a servizi centralizzati: mensa, lavanderia, lettura e ricreazione. La trasformazione richiederà un insieme di misure, la cui attuazione dovrà essere accuratamente pianificata da parte dell’Amministrazione e dell’Aler. La fase cantieristica dovrà prevedere il trasferimento degli attuali inquilini in altre residenze della città, fino all’insediamento dei nuovi inquilini. La città di Vigevano sopporterà i costi del trasferimento. Al fine di contenere il disagio delle persone anziane si provvederà allo spostamento delle famiglie giovani, mantenendo nel quartiere i nuclei anziani. Il servizio di assistenza alla persona verrà organizzato dalla Città Solidale a partire dall’avvio del Contratto di Quartiere e con la realizzazione della casa-anziani, acquisterà un ruolo specifico nei servizi di assistenza alla comunità di anziani in essa ospitati. Verrà realizzato, in collaborazione di aziende del settore, un progetto di tele-sanità e assistenza geriatrica su linea telefonica. CAPITOLO TERZO Il Contratto di Quartiere di Vigevano ha incentrato i suoi obiettivi sull’organizzazione di attività sociali e sulla possibilità di creare un quartiere autogestito, prediligendo il miglioramento del benessere ambientale e il risparmio delle risorse. Questi obiettivi sembrano, forse, meno sperimentali e tecnologici rispetto a quelli affrontati dal Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo, ma le premesse portano a pensare che il quartiere Pietrasana diventerà un quartiere ad alto livello abitativo. Questa impressione deriva dal modo in cui è stato condotto il programma ed in particolare dall’intensa attività di partecipazione degli abitanti che è stata sviluppata e, di conseguenza, dalla nascita di un progetto veramente “concertato”. 3.9 Gli aspetti significativi dei Contratti di Quartiere Con l’introduzione dei Contratti di Quartiere, anche in Italia, si è riconosciuta la necessità di trasformare i progetti di riqualificazione in programmi/processi complessi che affrontano le problematiche dei quartieri degradati, non solo dal punto di vista tecnico/spaziale ma anche da quello sociale. Si è pertanto cercato di agire sul costruito associando i diversi interessati (Enti Gestori, abitanti, associazioni..) per sviluppare dei progetti che integrino la riqualificazione tecnica con strategie di rivalorizzazione complessiva dei quartieri per sfruttarne le potenzialità e per sviluppare una nuova dinamica. Il Contratto di Quartiere di Vigevano sembra proprio andare in questa direzione, infatti, l’intensa attività di partecipazione promossa 251 CAPITOLO TERZO dall’Amministrazione ha portato, fino ad ora, alla stesura di un programma di riqualificazione concertato con gli abitanti. Un altro tema molto interessante introdotto dai Contratti di Quartiere è quello della sperimentazione. La possibilità, infatti, di poter sperimentare nuovi metodi di riqualificazione per il miglioramento della qualità ambientale, per l’adeguamento degli edifici alle nuove richieste e per il risparmio delle risorse e, la necessità che queste sperimentazioni si traducano in criteri-guida per la progettazione in aggiornamenti della normativa tecnica in materia di edilizia residenziale pubblica e in metodi di controllo e verifica della progettazione, è sicuramente un aspetto importante. Entrambi i Contratti analizzati introducono temi interessanti per quanto riguarda la sperimentazione, ma, in particolare quello di Cinisello Balsamo, sembra affrontare due temi molto problematici ed attuali: la flessibilità e la mobilità. La possibilità di poter riqualificare un edificio non spostando completamente gli abitanti fuori dal quartiere ma utilizzando la rotazione all’interno del complesso stesso attraverso i “moduli di ristrutturazione” è molto interessante proprio perché uno dei più grossi problemi in un programma di riqualificazione è il trasferimento degli abitanti al di fuori del quartiere. Infine il cercare da parte dei Contratti di Quartiere, per la prima volta, di impostare una collaborazione tra Amministrazioni sia a livello centrale, fra Ministeri, che a livello locale, fra i diversi attori che operano sul territorio, compresi gli operatori privati, è un’iniziativa di grande rilievo. Purtroppo non si possono ancora trarre delle conclusioni sui risultati (essendo i Contratti in fase preliminare) ma, fino ad ora, le premesse sembrano buone sebbene non si sia ancora costruita una vera e propria metodologia programmata per la riqualificazione come nel caso francese. Infatti si è potuto constatare, anche attraverso l’analisi dei due Contratti di Quartiere presi in considerazione, come ogni intervento di riqualificazione costituisce un “caso a sé”, non solo per i contenuti del progetto, ma anche per i metodi e le procedure seguite. Ciò è probabilmente inevitabile, data l’assenza di una tradizione consolidata in questo campo nel nostro Paese. 252 CAPITOLO TERZO 3.10 Dalla teoria alla prassi : alcune ipotesi in atto a Milano per la gestione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica A Milano si darà vita a otto laboratori di quartiere, una per ogni zona (esclusa la zona 1 che riguarda il centro) che diventeranno sedi decentrate dell’Assessorato al Decentramento del Comune di Milano, con il compito di dare spunti per alla definizione di progetti di riqualificazione20. I laboratori di quartiere sono un’iniziativa molto interessante poiché sono finalizzati all’informazione e alla promozione della partecipazione dei cittadini ai processi di riqualificazione urbana e sociale e alla creazione di un’intesa tra le forze della produzione, della cultura, della scuola e delle organizzazioni di base per rafforzare i processi di identificazione degli abitanti con il quartiere, di valorizzare la comunità locale, di sviluppo sostenibile. Verranno infatti elaborati dei programmi congiunti per: - monitorare e migliorare la conoscenza del cittadino del proprio quartiere e sollecitare le proposte; - effettuare mappature delle urgenze e delle risorse relative a zone omogenee ed a loro componenti edilizi; - collaborare all’indirizzo e alla promozione dell’imprenditoria aggregando risorse, disponibilità e capacità nonché divulgando la informazioni relative alle opportunità europee, gli accessi ai crediti 20 I Laboratori di Quartiere sono stati istituiti tramite la Delibera Comunale del 1° Maggio 2000. 253 CAPITOLO TERZO e a tutto quanto riguarda incentivi economici e normativi, per una gestione diretta del quartiere; - recuperare spazi urbani pubblici per attività ludico-sportive per i cittadini; - effettuare una mappatura degli orari dei servizi e delle caratteristiche temporali circoscrizionali e predisporne l’armonizzazione; - rafforzare i processi di partecipazione degli abitanti del quartiere ad operazioni di microurbanistica e di proposizione e discussione di Piani Urbani; - rafforzare la sicurezza dell’ambiente; - incentivare workshop ecologici per migliorare il rapporto cittadini-ambiente. Per gestire questi laboratori sta nascendo una nuova figura di operatore: il manager delle periferie. Questo progetto nasce sotto gli auspici dell’Assessorato alla Sicurezza e al Decentramento del Comune di Milano che, in occasione della riorganizzazione delle strutture amministrative periferiche è interessato ad utilizzare questa nuova figura professionale per avviare una vasta azione di risanamento e di contenimento del degrado presente nelle grandi periferie urbane. Gli obiettivi fondamentali del progetto formativo per i manager delle periferie sono quelli di consentire a laureati in sociologia o architettura di acquisire gli elementi basilari (di tipo sociale, culturale, economico produttivo, giuridico amministrativo, urbanistico ambientale) che concorrono a determinare la complessità delle situazioni periferiche metropolitane. Ciò che vorrebbero offrire è la strumentazione adeguata al raggiungimento di una capacità di gestione manageriale della complessità delle iniziative progettuali tese a contenere e/o superare il degrado periferico. Mentre nei programmi dei Laboratori di Quartiere vi è l’intenzione di rafforzare i processi di partecipazione degli abitanti, in quelli di formazione del manager delle periferie non esiste alcuna indicazione che faccia pensare ad un processo formativo in tale direzione. Ciò è, sicuramente, un’enorme limitazione visto che questa nuova figura dovrebbe gestire i così detti Laboratori di Quartiere ed essere quindi a stretto contatto con gli abitanti. Il percorso formativo per i futuri manager delle periferie è composto da esercitazioni pratiche e da lezioni in diversi campi: • Area sociale e socio-culturale: formazione sulle caratteristiche e comportamenti degli strati sociali a dimensione prevalente nelle periferie urbane (giovani, adolescenti, anziani, immigrati, donne..), problematiche della famiglia e dell’infanzia, emarginazione 254 CAPITOLO TERZO giovanile, tossicodipendenza, prostituzione ed integrazione degli immigrati. • Area urbanistico ambientale: formazione ed evoluzione delle periferie urbane in epoca contemporanea, l’edilizia abitativa nelle periferie, le infrastrutture, i servizi sociali, sanitari scolastici ed amministrativi, gli spazi per il tempo libero ed il verde urbano, l’igiene urbana, la raccolta dei rifiuti e l’educazione ambientale. • Area giuridico-amministativa e finanziaria: formazione sul decentramento amministrativo e sulla normativa e prassi consolidate. Il rapporto con gli organi decentrati e l’amministrazione comunale centrale, il rapporto tra organi decentrati e le istituzioni statali, regionali e provinciali, le istituzioni scolastiche, le strutture di servizio sociale e l’associazionismo periferico, la gestione finanziaria delle risorse pubbliche, la capacità e modalità di spesa degli organi decentrati, l’utilizzo delle risorse comunitarie e l’acquisizione di sponsorizzazioni private, l’accreditamento delle strutture private e le convenzioni. • Area economica-sociale: l’evoluzione economica produttiva nelle grandi periferie urbane, occupazione e inoccupazione delle popolazione periferica, il lavoro minorile, femminile, degli immigrati, l’inserimento lavorativo dei portatori di handicap, i lavori “socialmente utili”, formazione professionale e nascita di nuove professionalità. Gli incentivi alla costituzione di nuove imprese con riferimento particolare a quelle femminili, giovanili e di immigrati. • Metodologia della ricerca sociale, comunicazione istituzionale e gestione del personale: studio di metodologie e tecniche di ricerca alla rilevazione dei bisogni e delle problematiche sociali nelle periferie sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, potenzialità e limiti dei sondaggi di opinione, la comunicazione istituzionale e i rapporti con l’utenza, la gestione del personale pubblico con riferimento particolare agli operatori periferici, le relazioni sindacali nel settore pubblico.21 A seguito del corso ogni allievo dovrà sostenere uno stage di 240 ore sia nella sede centrale dell’Assessorato alla Sicurezza e al Decentramento che nelle strutture comunali decentrate di zona. Obiettivo dello stage sarà quello di consentire ai corsisti di conoscere sul campo il funzionamento della macchina comunale, con riferimento particolare alle strutture periferiche e di impadronirsi dei meccanismi di formazione delle decisioni pubbliche in materia. 21 Le informazioni sono il risultato di un colloquio con l’arch. Massimo Cella dell’Assessorato al Decentramento del Comune di Milano. 255 CAPITOLO TERZO 256 APPENDICE CAPITOLO QUARTO Novembre 2000: ultime notizie sui Contratti di Quartiere 254 APPENDICE Il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo In questi mesi cominciano ad essere visibili i primi interventi ed opere del Piano di Riqualificazione previsto nel Contratto di Quartiere. Sono stati avviati i lavori di manutenzione straordinaria sulle 5 Torri in via del Carroccio 4-6. Con l’avvio del cantiere l’ALER ha provveduto alla costituzione dell’Ufficio di Direzione Lavori, nell’ambito del quale, si è istituito - per la prima volta nel quartiere S. Eusebio - uno “sportello di ascolto” allo scopo di accogliere e valutare le diverse richieste degli inquilini per l’intera durata dei lavori. Questo “sportello” è stato costituito per risolvere le problematiche di cantiere ma anche per ricostruire un rapporto di reciproca fiducia tra assegnatari ed ALER. Con l’esecuzione delle opere si è avviata anche una nuova iniziativa di “Scuola Cantiere” destinata alla formazione professionale e finalizzata all’inserimento nel mondo del lavoro artigianale di un gruppo di giovani disoccupati. Ad oggi i lavori eseguiti raggiungono complessivamente il 20% di quelli previsti e le opere realizzate riguardano essenzialmente l’impianto di riscaldamento 1 . Per quanto riguarda le opere edili stanno per iniziare gli interventi di manutenzione su una delle cinque torri per consentire la messa a punto di lavorazioni “Pilota” e per verificare la necessità di introdurre migliorie (a volte richieste dagli stessi residenti) in modo da proseguire con maggior efficacia sulle altre torri simili. Per quanto riguarda l’edificio chiamato il “Palazzone ”, l’avvio delle opere di ristrutturazione complessiva è preventivato per la primavera prossima. Il Comune ha però ritenuto opportuno anticipare i lavori di ristrutturazione di due alloggi vuoti disponibili per alcuni motivi importanti: 1. Dar modo agli inquilini di rendersi conto di come saranno alcuni dei nuovi appartamenti proprio mentre parallelamente si svolgono gli incontri con le famiglie disposte al cambio alloggio; 2. Soddisfare le esigenze di chi ha la necessità di anticipare lo spostamento dal proprio attuale appartamento; 1 Le opere consistono in: sostituzione in ciascuno degli edifici delle reti orizzontali; sostituzione delle colonne montanti con modifica dell’alimentazione dei circuiti interni ai singoli alloggi in quattro fabbricati; • lavaggio degli impianti interni agli alloggi e dei corpi radianti di due delle cinque torri. • • 255 Le cinque torri La “Scuola Cantiere” Il Palazzone APPENDICE 3. Sperimentare soluzioni tecniche valide che possano essere ripetute in futuro, derivanti anche dall’ascolto delle esigenze espresse dalle famiglie incontrate. Questo ha permesso di apportare alcune modifiche, direttamente in cantiere, che consentono una più adeguata rispondenza del nuovo alloggio ai destinatari. I primi moduli in corso di ultimazione, sono costituiti da minialloggi (su misura per persone anziane sole) e da alloggi con tre locali (due camere da letto ed un’ampia zona giorno). A breve si procederà alla ristrutturazione di altri quattro appartamenti vuoti in modo da consentire - entro breve tempo - l’avvio della prima fase del Piano della Mobilità per i residenti che hanno accettato di spostarsi. La ristrutturazione degli alloggi vuoti è stata resa possibile per il fatto che l’ALER si è impegnata direttamente con le proprie strutture, attraverso il Centro di Manutenzione interno. Oltre ai lavori di manutenzione l’ALER è intervenuta contro il fenomeno dell’abusivismo e ripristinando un minimo di legalità all’interno del quartiere. Recentemente infatti le strutture dell’Azienda - con la collaborazione del Comune e delle Forze dell’Ordine - hanno avviato le prime operazioni di sgombero degli occupanti abusivi, liberando altri cinque alloggi, indispensabili per completare la prima fase del Piano di Mobilità che prevede la definitiva sistemazione dei primi quattordici nuclei familiari disposti a cambiare alloggio. Il processo di partecipazione degli abitanti Il processo di partecipazione del Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo, pur essendo iniziato in ritardo rispetto a ciò che era stato richiesto dal Bando di Concorso 2 sembra stia dando buoni risultati. Il Laboratorio di Quartiere che è stato creato, attraverso gli incontri tra gli abitanti, le associazioni, il Comune, i servizi sociali ed i progettisti oltre a cercare di risolvere i problemi legati alla mobilità, sta attualmente definendo con maggior concretezza la struttura del nuovo centro polifunzionale, che conterrà spazi per gli incontri degli inquilini, per feste o riunioni, cioè tutte quelle funzioni che hanno un carattere più “interno”, che riguardano in modo particolare gli abitanti del Palazzone e servizi quali la posta, la farmacia o un micro nido che potrebbero essere utilizzati anche da chi vive a S.Eusebio o in altri quartieri di Cinisello. Il centro polifunzionale si strutturerà quindi in due parti distinte: 2 Il Bando di Concorso infatti riteneva indispensabile la partecipazione degli abitanti fin dalle prime fasi del programma di riqualificazione. 256 Il polifunzionale centro APPENDICE 1. Una parte su via Giolitti, che andrà ad interessare gli spazi ora occupati dal centro civico. Sarà uno dei luoghi centrali per attività comuni degli abitanti del Palazzone e ospiterà funzioni che potremmo definire “servizi di vicinato” come: - uno spazio per incontri; - lo sportello Aler - una portineria; - spazi comuni di servizio (deposito carrozzine, passeggini, bici…) Si sta verificando la possibilità di formare un progetto sperimentale, con la collaborazione dei servizi sociali, per la costruzione di alcuni mini alloggi per anziani autosufficienti. 2. Un secondo volume andrà invece a collocarsi sul fronte opposto dell’edificio – non più a ridosso dell’edificio come nel progetto originario – e si svilupperà attorno ad una piazza attrezzata. Queste di seguito sono le idee sulle funzioni che il Laboratorio di Quartiere intende insediare: - uno spazio per laboratori artigianali; - la posta e la farmacia 3 ; - un servizio di prima infanzia; - uno spazio per ragazzi (laboratori creativi, sala lettura o piccola fumetteria). I cambiamenti nella definizione del centro polifunzionale rispetto al progetto originario, sia per quanto riguarda la collocazione che per le funzioni da insediare, dimostrano ancora una volta quanto sia importante ascoltare la voce degli abitanti prima di affrontare qualsiasi programma di riqualificazione. Il Contratto di Quartiere di Vigevano Il Contratto di Quartiere di Vigevano ed il suo programma di partecipazione hanno subito una battuta d’arresto in quanto il Comune e l’ALER hanno ricevuto l’approvazione del progetto esecutivo soltanto il 31 ottobre 2000 pur avendo consegnato il progetto Esecutivo al Ministero dei Lavori Pubblici entro i termini previsti dal Bando (30 maggio 2000) 4 . Il Contratto di Vigevano è stato definito, fin dall’inizio, in modo partecipato quindi non dovrebbe in fase di realizzazione subire varianti sostanziali. L’unico edificio che era ancora da definire è il Circo-Lab per il quale è stato indetto un concorso di progettazione che si è 3 Questi servizi sono stati segnalati come carenti da gran parte dei questionari compilati dagli abitanti e sono richiesti ormai da anni da diverse associazioni di S. Eusebio. 4 L’Amministrazione ha preferito non fomentare ulteriori aspettative da parte della popolazione senza avere ancora i fondi per fare operazioni concrete. 257 APPENDICE concluso nel mese di ottobre con la presentazione di venti progetti. 258 NOTE CONCLUSIVE NOTE CONCLUSIVE 259 NOTE CONCLUSIVE Note conclusive Il settore del recupero, che comprende tutti gli interventi sul patrimonio fisico e sociale e quindi sulla città esistente alle varie scale, è ormai in larga espansione. Per comprenderne la portata basta pensare che circa la metà del parco abitativo ha bisogno di interventi di recupero per poter offrire soddisfacenti livelli qualitativi. L’edilizia degli anni ’50 e ’60, raggiunta la vita di esercizio di circa quarant’anni, richiede infatti consistenti interventi di manutenzione. Il patrimonio esistente costituisce in ogni caso una preziosa risorsa inseribile in un circuito capace di generare benefici, sviluppo e qualità dell’abitare. Per il settore pubblico rappresentato dai quartieri popolari si prospettano interventi di recupero capaci di assemblare e riordinare gli insediamenti ormai obsoleti in un ridisegno generale integrato a processi di sviluppo e innovazione della città. I quartieri “storici”1 di molte città soffrono, infatti, di uniformità spaziale, funzionale e sociale. Molti hanno perso la loro identità e per recuperarla hanno bisogno di strutture che li adeguino ai modi di vita in evoluzione, ai nuovi ritmi del lavoro e dello svago e in generale alle legittime aspirazioni degli abitanti a condurre una vita urbana attiva e ricca di stimoli. Rendere possibili attività sociali e culturali e dare la possibilità, attraverso la mescolanza residenza/lavoro di creare impieghi connessi al contesto urbano e sociale è l’obiettivo verso cui il dibattito culturale si deve indirizzare. Definire cioè progetti tesi a rompere la monofunzionalità dei quartieri per creare la qualità dell’abitare attraverso un modello di intervento adattabile alle circostanze, in grado cioè di sfruttare le potenzialità del contesto. La definizione di linee-guida procedurali, capaci di trasformare i programmi di riqualificazione in processi che integrino le fasi di programmazione, progettazione e realizzazione 2 , e di linee-guida progettuali che fungano da “suggestioni” per l’innovazione tipologica degli spazi abitativi è il contributo che questa ricerca si è proposta di fornire alle strategie di riqualificazione. Le linee-guida procedurali descritte in questa ricerca cercano di far fuoco sulle fasi che dovrebbero definire un programma/processo di riqualificazione, sull’importanza di queste fasi, sugli attori/operatori coinvolti ed in, alcuni casi, sulle metodologie da utilizzare perché il processo si attui in modo puntuale (per esempio la partecipazione degli abitanti). 1 2 Ne è un esempio il quartiere San Siro Ved. Paragrafo 2.3.3 “Elaborazione di un programma générative”. 260 Il patrimonio edilizio esistente è una preziosa risorsa Le linee-guida procedurali NOTE CONCLUSIVE Sono cinque, a mio avviso, i “punti chiave” del processo descritto che solo parzialmente sono stati introdotti dai Contratti di Quartiere e che in alcuni casi sono stati mal interpretati dalle Amministrazioni pubbliche responsabili dei Contratti stessi. 1. La diagnosi completa del quartiere oggetto dell’intervento di riqualificazione; 2. l’elaborazione del pre-progetto, che deve essere sempre sottoposto alla consultazione di tutti gli attori interessati (soprattutto gli abitanti) in modo da raccogliere le loro impressioni, le loro domande ed i loro suggerimenti e quindi realizzare un progetto concertato; 3. la sperimentazione su di un edificio campione, non solo come verifica di fattibilità, delle opere attuate, ma soprattutto come strumento di comunicazione verso gli utenti; 4. la post-valutazione del progetto-processo di riqualificazione, come strumento di controllo dei risultati raggiunti e di pilotaggio per operazioni future; 5. la gestione-manutenzione localizzata, che consiste nella possibilità da parte degli abitanti di avere un referente, nel quartiere, a cui rivolgersi in caso di necessità. La partecipazione degli abitanti è, comunque, il “principio fondatore” del programma/processo di riqualificazione e di tutte le sue fasi, dallo studio iniziale alla realizzazione. La partecipazione è una pratica che colma la separazione tra la sfera della competenza tecnica e la vita quotidiana e permette di far entrare in gioco ogni genere di capacità e sapere, di cui spesso sono portatrici persone escluse dai processi decisionali, come i bambini e gli anziani. I progetti partecipati devono spostare l’attenzione dal risultato al processo; dalla costruzione di un luogo da “consumare” al coinvolgimento degli attori sociali nella sua ideazione. E’ fondamentale, quindi, utilizzare metodologie di partecipazione che prevedano il coinvolgimento attivo degli operatori e degli abitanti interessati ai mutamenti qualitativi del quartiere preso in esame e che costituiscano il programma mano a mano che si procede in modo che la redazione del progetto rispecchi le volontà degli attori sociali coinvolti. L’ “azione del coinvolgimento” deve essere supportata da un approccio ampiamente guidato dalle problematiche e nell’ambito del quale ogni azione, a sua volta, identifica azioni successive, costruendo un programma a mano a mano che si procede, piuttosto che preconfezionarlo dall’inizio. Spesso ciò non avviene per quattro motivi principali: 1. le difficoltà di soluzione dei problemi derivano non dalla mancanza di capacità da parte delle persone della comunità locale ma dalla mancanza di uno schema operativo; 261 I “punti chiave” del processo di riqualificazione NOTE CONCLUSIVE 2. non c’è abbastanza capacità di concentrazione di risorse tra le forze in campo (organizzazioni pubbliche e private, finanziatori e realizzazioni, politiche e progetti); 3. c’è carenza di formazione culturale in questi ambiti, quella che si fa richiede troppo tempo ed ha scarse possibilità di essere utilizzata e diffusa; 4. la produzione locale viene poco incentivata a vantaggio di soluzioni standard. E’ necessario quindi superare questi ostacoli dotandoci di strumenti e di operatori capaci di trasformare le diverse fasi che compongono un programma di riqualificazione in un processo integrato che sia: • Interattivo: perché è il risultato di uno scambio di idee tra gli attori e, la sua qualità, dipende dalla qualità delle relazioni che si stabiliscono tra di loro e dai modi di comunicazione utilizzati; • Evolutivo: perché evolve con l’evolvere della sua messa in opera e con lo svolgimento dell’operazione; • Integratore : perché integra i diversi punti di vista degli attori cercando di arrivare ad un accordo; • Regolatore : perché regola le relazioni tra gli attori, attenua le tensioni, crea sinergie e ripartisce i ruoli e le responsabilità. In analogia a quanto emerso dalla ricerca di linee-guida procedurali, l’indagine sugli attuali modelli fruitivi e la ricerca di nuovi criteri progettuali per organizzare in modi ad essi conformi gli spazi dell’abitare ha fatto emergere la necessità di alcune “attenzioni” particolarmente strategiche ai fini della riqualificazione. Queste “attenzioni” fanno riferimento ad esigenze fruitive “chiave”, comuni alla pur variegata domanda abitativa attuale. Tra queste: • la possibilità di avere un rapporto qualificato tra abitazione e spazi verdi; • la possibilità di avere dotazioni condominiali comuni per il gioco dei bambini, per attività sociali o ricreative; • la possibilità di salvaguardare le esigenze del singolo all’interno del nucleo familiare o di convivenza e quindi di prevedere ambienti “singoli”, che consentano di disporre di uno spazio tutto per sé variabile nella giornata; • la possibilità di garantire la privacy di alcuni vani; 262 Le linee-guida progettuali NOTE CONCLUSIVE • la possibilità di consentire la pluralità d’uso dei singoli vani, pur garantendo una differente gerarchizzazione degli spazi; • la possibilità di personalizzare e rendere riconoscibile il proprio alloggio, per individuarlo e percepirlo come “unico”; • la possibilità che l’abitazione si adatti ai modi d’uso mutevoli nel tempo, ovvero che sia dotata di flessibilità. Dall’analisi svolta su un ampio repertorio di progetti innovativi le strategie progettuali per favorire la flessibilità sembrano presupporre: - l’adeguata progettazione dell’impianto strutturale dell’edificio ; - la neutralità dimensionale degli ambienti, affinché possano essere destinati a molteplici usi; - l’adozione di dispositivi di partizione (quali porte o pannelli scorrevoli) che permettono di relazionare in modo variabile i diversi ambienti con operazioni semplici e veloci; - l’adeguata progettazione del connettivo di distribuzione degli alloggi, per poter realizzare eventuali accessi supplementari e dividere ed accorpare unità abitative contigue; - l’adeguata progettazione del nucleo impianti e della collocazione della zona di servizio; - la predisposizione di spazi supplementari ad uso flessibile che consentano di aumentare la superficie dell’alloggio; - l’estensione del criterio di adattabilità e flessibilità alle parti esterne dell’alloggio, attraverso un’adeguata progettazione dei componenti di facciata per favorire la personalizzazione dell’abitazione. La tendenza che emerge per l’ottenimento della flessibilità è quella di assegnare all’edificio una trasformabilità nel tempo equilibrata alla funzione residenziale, evitando di ridurre la flessibilità ad unico principio regolatore del progetto e di cadere negli errori compiuti nelle sperimentazioni degli anni settanta sul tema della flessibilità. Le scelte progettuali devono quindi limitare il numero delle possibili variazioni dello spazio abitativo all’interno del quale l’utente è libero di poter scegliere in relazione alle sue esigenze. 263 NOTE CONCLUSIVE 264 ALLEGATO 1 ALLEGATO 1 I mutamenti socio demografici 264 ALLEGATO 1 A1.1 Modifiche strutturali comportamentali della popolazione e stretta maggioranza rispetto agli uomini (Tab.2). Il parametro dell’età è poi quello più significativo per comprendere alcuni comportamenti. Il passare degli anni modifica infatti il modo secondo il quale ogni persona configura l’esigenza di autonomia. La divisione della popolazione per particolari classi di età suggerisce l’analisi di alcuni comportamenti in relazione al livello di autosufficienza dell’individuo e del legame di maggiore o minore dipendenza. Se analizziamo questo aspetto appare evidente come il grado di dipendenza di ogni uomo, qualsiasi sia la sua estrazione sociale e culturale, sia rappresentabile dal medesimo percorso. I primi anni di vita di ogni individuo sono caratterizzati da una forte dipendenza dai genitori. Con il trascorrere degli anni la vita di relazione del giovane individuo si arricchisce di nuovi riferimenti, pensiamo al ruolo esercitato dalla scuola ai rapporti con i coetanei. L’esigenza di autonomia si manifesta successivamente in molti giovani come esigenza di distaccarsi dal nucleo di partenza per crearne uno nuovo o semplicemente per cercare maggiore libertà. Il modo di vivere dell’individuo è dunque, per ragioni del tutto naturali, dinamico nella sua espressione e ciclico nella sua manifestazione se inserito nella logica della società. Il divario tra giovani e anziani lascia aperto il campo a considerazioni di ordine istituzionale, quali la crisi del welfare e di ordine economico, quale i costi elevati che la società dovrà sostenere per l’assistenza di un sempre maggiore numero di anziani bisognosi, problemi che dovranno sempre più coinvolgere le istituzioni competenti a formulare politiche indirizzate 5 . Le indagini statistiche 1 e sociologiche 2 hanno il compito di evidenziare come le condizioni all’interno della società variano nel tempo influenzando le modalità di occupazione e utilizzazione dell’alloggio. I parametri di stratificazione sociale, i nuovi rapporti all’interno del nucleo familiare, le modificazioni degli stili di vita e dei modelli di comportamento devono essere un suggerimento per la struttura della nuova abitazione 3 . L’analisi incrociata della dimensione e struttura della popolazione articolata per età, per sesso, per attività all’interno della società, per tipologia familiare permette di comprendere relazioni e comportamenti apparentemente nascosti che definiranno i nuovi bisogni da soddisfare. A1.2 I parametri strutturali domanda: età e sesso della Una delle componenti strutturali più facilmente collegabili nel campo del calcolo dei fabbisogni è l’età. L’analisi della piramide per età strutturata per particolari classi4 dimostra che in una città come Milano l’attuale invecchiamento della popolazione si presenti come una delle grandi questioni del nostro tempo (Tab.1). Se si considera nell’analisi anche il parametro della divisione della popolazione per sesso il dato è sconcertante, le donne sono in 1 Indagini condotte utilizzando dati ISTAT. La complessità del problema rende necessario un intervento integrato con discipline non strettamente legate all’architettura. 3 Il termine nuovo vuole identificare un modello in grado di contrapporsi al modello rigido fino ad oggi prodotto. 4 La divisione della popolazione per particolari classi d’età permette di individuare piuttosto velocemente una società prevalentemente giovane o anziana. 2 5 Recentemente la Regione Lombardia ha promosso un intervento che prevede un assegno di un milione per le famiglie che ospiteranno a casa una persona anziana non autosufficiente. Si tratta 265 ALLEGATO 1 Cresce invece il numero di extracomunitari che cercano fortuna in Italia sia legalmente che illegalmente e anche se quantificare gli immigrati resta ancora molto difficile, una cosa è certa: almeno la metà si concentrano in più di dieci province e Milano è una di queste 6 . L’immigrazione, come domanda aggiuntiva rispetto al quadro sociale a cui spesso ci riferiamo, va inclusa specificatamente tra le nuove forme di povertà in quanto si inserisce in quell’area di marginalità esemplificata dalle problematiche del disagio abitativo. L’immigrazione, nei Paesi dove si registra una costante diminuzione di natalità, potrebbe quindi diventare una necessità e rappresentare la possibilità di riequilibrare le società destinate altrimenti ad invecchiare sensibilmente. Convinzione questa che rende ancora più indispensabile politiche di intervento, che vadano al di là del problema di come regolare le ondate d'ingresso, per spostarsi su linee che intravedano le scelte più efficaci per favorirne l'integrazione nelle società attuali 7 . individui imparentati o legati fra loro da una parentela acquisita che vivono sotto lo stesso tetto. La struttura familiare, che nell’immaginario collettivo tende a porsi come luogo della permanenza dei rapporti interni fino a proporsi come tendenzialmente stabile nel tempo, si presenta anch’essa come ambito delle trasformazioni. Molti gruppi definiti famiglie nelle società avanzate non corrispondono più alla definizione dominante. Analizzare i bisogni della famiglia comporta uno studio differenziato dei bisogni specifici dei suoi membri, delle relazioni e dei ruoli al suo interno. La divisione elementare dei compiti, cioè la definizione dei ruoli di padre, madre e figlio è solo uno degli aspetti. In senso inverso al calo demografico della popolazione residente si sta sviluppando una nuova dinamica di formazione e trasformazione della famiglia. Il maggior incremento percentuale del numero dei nuclei familiari rispetto all’incremento della popolazione, registrato dalle rilevazioni statistiche, è accompagnato da un sensibile decremento della tipologia familiare tradizionale (Tab.3). Si segnala che la città si sta popolando di famiglie nuovo modello 8 non sanzionate da vincoli coniugali e parentali, famiglie senza figli, famiglie con un unico genitore. In riferimento alla composizione delle famiglie oggi ci si ritrova a dover fronteggiare una dinamica che vede la riduzione della dimensione media a favore della così detta famiglia minima 9 (Tab.4). Le funzioni svolte da questa nuova famiglia sono diverse e più ridotte rispetto a quelle della famiglia tradizionale. Dalla famiglia di tipo verticale, dove il A1.3 La famiglia: unità base d’indagine La categoria famiglia, unità base di consumo del bene abitazione si presta più di ogni altra a collegamenti con l’ambiente fisico delle abitazioni fornendo un modello di riferimento e di comportamento. L’istituzione famiglia in quanto microgruppo è l’insieme di comunque di interventi ancora sperimentali e comunque rivolti alle famiglie più disagiate. 6 A. Canevari, Lontano da casa, senza una casa, in DST Territorio, n.17, 1994, p.75. 7 L’Italia si presenta in ritardo rispetto a molti paesi europei che da tempo portano avanti soluzioni di integrazione sociale. 8 Con il termine nuovo si vuole identificare un termine in grado di contrapporsi al carattere statico della famiglia tradizionale per proporre un concetto invece più dinamico. 9 Famiglia definita da un solo componente. 266 ALLEGATO 1 capofamiglia una fonte di reddito aveva il diritto di ritagliarsi degli spazi privati all’interno dell’alloggio, si è passati ad un tipo di famiglia orizzontale dovuta al riconoscimento da parte di tutti i componenti della famiglia di valori differenti. La famiglia nucleare che tendeva ad incarnare la famiglia tipo è ormai dimensione minoritaria rispetto alla quantità crescente di coppie che convivono al di fuori del matrimonio, alle famiglie monoparentali, ai coniugi che vivono separati. Si intravede così una varietà di tipologie familiari dietro le quali si scorgono ulteriori complessità (Tab. 5). Le nuove generazioni hanno la tendenza a staccarsi dal nucleo di origine per vivere soli o in convivenza. Per questa autonomia dei giovani e per la legalizzazione di certe leggi come la possibilità di separazione del matrimonio la tendenza è che aumentino i nuovi nuclei costituiti da persone sole (Tab.6). In contraddizione con la tendenza della famiglia minima va assumendo rilievo il fenomeno delle coabitazioni. In questo caso esistono diverse cause. Fattori economici come la disoccupazione in aumento (Tab.7), la difficoltà ad accedere al mercato degli alloggi, la carente offerta del mercato edilizio e la scarsa mobilità delle famiglie stesse e fattori culturali quali il calo di nuzialità e la presa di coscienza di maggior autonomia. Per le categorie articolate in base all’età, giovani, anziani, individui appartenenti alle classi medie si riscontrano nuove forme di vita al di fuori della famiglia tradizionale; pensiamo per esempio alle forme collettive di abitazioni per giovani, alle abitazioni protette per anziani bisognosi di assistenza e al fenomeno di integrazione del lavoro e delle abitazioni10 . 10 Gli sviluppi dell’informatica e della tecnologia hanno contribuito a definire un nuovo modo di lavorare. La possibilità di svolgere il lavoro senza doversi spostare da casa risulta indicato per utenti che per ragioni disparate hanno difficoltà nella mobilità. 267 ALLEGATO 1 A1.4 L’emergenza abitativa a Milano e le risposte dell’Amministrazione pubblica difficoltosa la sistemazione dei nuclei familiari composti da più di due persone (Tab.11). E’ evidente che queste cifre subiscono un cambiamento giornaliero dal momento che quotidianamente da una parte vengono assegnati alloggi, dall’altra pervengono al Comune nuove disdette. Vi sono, inoltre circa 700 alloggi (mono e bilocali), dislocati dislocati per lo più nei quartieri storici di Edilizia Residenziale Pubblica di proprietà dell’Aler, per i quali non si riesce a procedere all’assegnazione. Si tratta prevalentemente di alloggi privi di servizi igienici completi, di pezzatura ridottissima, siti ai piani alti in stabili privi di ascensore, per lo più in pessimo stato di manutenzione, sia per quanto riguarda l’alloggio che l’edificio. E’ evidente come, anche di fronte ad una vasta richiesta alloggiativa, si ottengono spesso rifiuti da parte dei cittadini. Inoltre le persone sole o in coppia sono prevalentemente anziane e non desiderano piani rialzati o terzi/quarti piani senza ascensore. E’ quindi necessario avviare interventi di recupero dei quartieri più disagiati per soddisfare le attuali domande. Le richieste di abitazioni presso il Comune di Milano Settore edilizia popolare/assegnazione alloggi rispecchiano le tendenze precedentemente descritte. Il risultato dei bandi di concorso indetti da Comune tra il 1992 ed il 1998 dimostrano che circa il 41% delle domande sono state presentate da persone sole; il 26% da nuclei di due persone; il 18% circa da nuclei di tre persone e solo il 14% da nuclei composti da quattro o più persone (Tab.8); inoltre le persone anziane sono circa il 14% degli idonei, gli invalidi circa l’8% e le persone sole con minori circa il 9% (tab. 9). La nazionalità dei richiedenti è per il 76% italiana, per il 23% extracomunitaria e per lo 0,3% di cittadinanza U.E. L’aspetto più significativo è che il numero di domande degli extracomunitari è aumentato nel corso dell’ultimo bando del 300% rispetto alla media dei primi due (Tab.10). Gli alloggi disponibili per l’assegnazione ammontano mediamente a circa 1.400/1.500 l’anno, per lo più provenienti da disdette (cosidetti alloggi di risulta) e in scarso numero per nuove costruzioni. Gli alloggi disponibili sono per lo più costituiti da mono e bilocali, rendendo 268 ALLEGATO 1 Elenco allegati statistici Tab. 1. Milano 1991: distribuzione popolazione residente secondo classi d’età. Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995. Tab.2. Milano 1991: distribuzione popolazione residente secondo classi d’età e sesso. Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995. Tab.3. Milano 1991: evoluzione 1951-1991 numero famiglie. Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995. Tab.4. Milano: evoluzione 1071-1991 del numero dei componenti per nucleo familiare Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995. Tab.5. Milano: evoluzione 1981-1991 famiglie residenti e componenti secondo tipologia della famiglia. Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995. Tab.6. Milano: evoluzione 1951-1991 popolazione residente per sesso e stato civile. Fonte: Comune di Milano, Settore servizi statistici, 1991 XIII censimento generale della popolazione e delle abitazioni, Comune di Milano, 1995. Tab.7. Milano: evoluzione 1961-1981 popolazione residente >14 anni non attiva per condizione non professionale. Fonte: ISTAT, Indagine sulle strutture ed i comportamenti familiari, Istituto centrale di statistica, Roma 1985. Tab.8. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi: composizione nuclei familiari. Fonte: Comune di Milano, Settore Edilizia Popolare /Assegnazione alloggi, L’attività di assegnazione alloggi del Comune di Milano 1998. Tab.9. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi: categorie speciali. Fonte: Comune di Milano, Settore Edilizia Popolare /Assegnazione alloggi, L’attività di assegnazione alloggi del Comune di Milano 1998. Tab.10. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi: domande presentate da extracomunitari. Fonte: Comune di Milano, Settore Edilizia Popolare /Assegnazione alloggi, L’attività di assegnazione alloggi del Comune di Milano 1998. 269 ALLEGATO 1 Tab.11. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi: disponibilità alloggi. Fonte: Comune di Milano, Settore Edilizia Popolare /Assegnazione alloggi, L’attività di assegnazione alloggi del Comune di Milano 1998. 270 ALLEGATO 1 Tab. 1 Milano 1991: distribuzione popolazione residente secondo classi d’età 271 ALLEGATO 1 272 ALLEGATO 1 Tab. 3 Milano 1991: evoluzione 1951-1991 numero famiglie 273 ALLEGATO 1 Tab. 4 Milano: evoluzione 1971-1991 del numero dei componenti per nucleo familiare 274 ALLEGATO 1 275 ALLEGATO 1 Tab. 6 Milano: evoluzione 1951-1991 popolazione residente per sesso e stato civile 276 ALLEGATO 1 Tab. 7 Milano: evoluzione 1961-1981 popolazione residente>14 anni non attiva per condizione non professionale 277 ALLEGATO 1 Tab. 8. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi: composizione nuclei familiari Tab. 9. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi: categorie speciali 278 ALLEGATO 1 Tab. 10. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi: domande presentate da extracomunitari Tab. 11. Comune di Milano 1992-1998, Bandi di concorso per assegnazione alloggi: disponibilità alloggi. 279 ALLEGATO 1 ALLEGATO 2 Analisi di un quartiere di edilizia economica e popolare: il San Siro 280 ALLEGATO 2 A2.1 La domanda quartiere San. Siro abitativa nel categoria omogenea, dimenticando che con questo termine si indica un periodo della vita che va dai 65 ai 90 anni e un eterogeneo insieme di persone che hanno esigenze, atteggiamenti, educazione e capacità economiche estremamente differenti (Tab.2-3). Nella popolazione giovane, la bassa presenza di studenti suggerisce come un habitat marginalizzato e degradato possa influire pesantemente sulle scelte di vita e sulla psicologia dei soggetti, evidenziando ancora una volta il legame tra abitanti e abitazione. Il ruolo che gioca la struttura della famiglia e la sua evoluzione è di primaria importanza all’interno del problema della definizione degli spazi. Preponderante il numero delle famiglie di piccole dimensioni. Elevato il peso delle famiglie unipersonali, che insieme alle famiglie composte al massimo da due persone costituisce la maggioranza (Tab.3-4). I nuclei composti da un solo componente tendono ad essere costituiti da donne anziane per la maggior parte vedove (Tab.5). Non bisogna poi sottovalutare le famiglie di grande ampiezza dove si verifica il fenomeno della popolazione polarizzata, dove capofamiglia giovani e anziani risultano concentrati nel medesimo alloggio (Tab.6). Sotto il profilo delle condizioni economiche, la disponibilità economica sembra crescere con l’aumentare dell’ampiezza del nucleo, mentre le famiglie composte da membri in età avanzata percepiscono in misura maggiore i redditi più bassi (Tab.7). Emerge dunque il problema delle disponibilità economiche delle famiglie monocellulari composte prevalentemente da anziani soli, che determina la vulnerabilità di questa categoria (Tab.8). Ridotto il peso di individui in condizioni professionali, che identificano il carattere precario dell’attività lavorativa, che è poi la causa Il quartiere San Siro, di dimensioni piuttosto consistenti1 rispetto a molti quartieri storici della città, include nuclei familiari e abitanti che spesso si considerano stabili e omogenei, ma che si rivelano, dopo un esame sociologico approfondito, in rapidissima trasformazione e con caratteristiche ben definibili nei loro aspetti. L’approfondimento di alcuni parametri sociali, quali la distribuzione per classi d’età, le condizioni economiche, il livello culturale, l’attività degli utenti rivela la complessità del vivere in questo quartiere. Studiare le caratteristiche dell’utenza vuol dire conoscere le esigenze per dare rilievo nel processo progettuale a soluzioni specifiche. La complessità del problema impone la necessità di affinare le tecniche di osservazione relazionandole alle situazioni. In alcune situazioni basterà la semplice osservazione statistica del fenomeno, mentre in altre il contatto diretto con gli abitanti e gli operatori sociali permetterà di denunciare situazioni più specifiche in grado di fornire successivamente le linee d'intervento del progetto di recupero. La forte presenza di residenti di età superiore ai 65 anni, in percentuale maggiore rispetto a Milano, sottolinea la specificità, per questo quartiere, del problema invecchiamento (Tab.1). La caratteristica di fondo degli abitanti è quella di essere una popolazione anziana e quindi bisognosa più di altre categorie di particolare assistenza, soprattutto se consideriamo che gli alloggi ultrapopolari hanno subito un forte degrado edilizio e funzionale. Errore è però quello di considerare con il termine anziano una 1 Si contano nel quartiere San Siro un totale di 4.917 alloggi. 281 ALLEGATO 2 di situazioni di insolvenza nei confronti dell’Aler (Tab.9). L’analisi della struttura della famiglia comporta anche lo studio delle relazioni tra i vari membri del nucleo familiare e dei ruoli sociali svolti da ciascuno di essi. I parametri della stratificazione sociale che attengono alle caratteristiche delle diverse famiglie definite secondo tipologie sono la base per studiare i diversi comportamenti (Tab.10). La composizione della famiglia per età, sesso per quanto riguarda i figli, stato civile dei membri, sono aspetti che rivestono particolare importanza al fine di determinare i nuclei familiari giovani o anziani nonché nella determinazione di particolari standards abitativi e delle relazioni tra i membri che di fatto condizionano le modalità d’uso degli spazi (Tab. 11-12-13). Particolarmente consistente è poi la presenza di extracomunitari. Fenomeni complessi, come l’abusivismo (Tab.1415) e la desocializzazione, innescati da questa nuova utenza rendono necessario una trattazione più ampia sull’aspetto strutturale e comportamentale 2 . assolutamente inadeguati dal punto di vista igienico-sanitario. L’analisi del numero medio di stanze per alloggio indica che la dimensione degli appartamenti nel quartiere San Siro è di 2.07. Tutto ciò rivela l’incapacità delle tipologie esistenti a rispondere a comportamenti così complessi (Tab.17). La mancata attuazione nel tempo di interventi di recupero ed adeguamenti impiantistici ha provocato una duplice conseguenza: un insoddisfacente utilizzo di alloggi e l’impossibilità di realizzare un ricambio generazionale della popolazione del quartiere, che tende da un lato a diventare “ghetto per anziani” e dall’altro a essere interessato da fenomeni di abusivismo(Tab.18). Il deperimento progressivo delle strutture fisiche degli edifici e la progressiva perdita di capacità dell’alloggio per la mancata risposta alle moderne esigenze hanno infatti spinto i cittadini a medio reddito verso zone migliori (Tab.19-20), rafforzando per contro un flusso in senso inverso di una crescente domanda di alloggi senza pretese dai numerosi immigrati che vivono in condizioni di difficoltà economica e che trovano nel quartiere la risposta al bisogno casa che il Comune non ha ancora saputo offrire. L’onda d’urto delle assegnazioni di emergenza adottata dal bando generale che attinge secondo la logica della graduatoria immettendo nuclei familiari appartenenti alle fasce più disagiate economicamente non migliora la situazione di per sé precaria. Da ciò deriva la necessità da un lato di adeguare gli alloggi in senso tipologicofunzionale sia sulla base dei risultati delle analisi demografiche, sia cercando di trovare soluzioni di flessibilità dimensionale delle cellule abitative in grado di rispondere ad una domanda che nel tempo potrà essere diversa rispetto A2.2 San Siro: il disagio abitativo Le condizioni abitative nel quartiere San Siro sono piuttosto precarie. Spesso le persone anziane sono segregate all’interno di alloggi diventati troppo grandi (Tab.16), i giovani sono obbligati alla permanenza nell’abitazione familiare e i gruppi sociali nuovi come gli immigrati non trovano tipologie di abitazioni adatte ai loro modi di vita. Gli alloggi in cui questa popolazione vive sono alloggi definiti ultrapopolari all’epoca della loro costruzione e composti per lo più da 2-3 locali spesso dotati di servizi igienici e cucine 2 Vedasi: Capitolo primo, paragrafo 1.12.3, Gli extracomunitari: la nuova domanda aggiuntiva. 282 ALLEGATO 2 all’attuale; dall’altro provvedere ad assegnazioni di tipo multigenerazionale tali da attenuare il fenomeno dell’invecchiamento che interessa il quartiere. 283 ALLEGATO 2 Elenco allegati statistici Tab.1. Milano-San Siro: 1991 distribuzione della popolazione per classi d’età. Fonte: Dati dell’Istituto autonomo case popolari di Milano, 1991. Tab.2. Milano-San Siro: 1997 distribuzione abitanti secondo classi d’età. Fonte: Dati ALER, 1997. Tab.3. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie per numero di componenti. Fonte: Dati ALER, 1997. Tab.4. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie per numero di componenti. Fonte: Dati ALER, 1997. Tab.5. Milano-San Siro: 1997 distribuzione secondo classi d’età e sesso. Fonte: Dati ALER, 1997. Tab.6. Milano-San Siro: 1991 distribuzione nuclei d’utenza per componenti su taglio d’alloggio occupato regolarmente.. Fonte: Dati IACPM, 1991. Tab.7. Milano-San Siro: 1991 distribuzione delle famiglie secondo le classi d’età del capofamiglia e la fascia di reddito. Fonte: Elaborazione dati IACPM, 1991. Tab.8. Milano-San Siro: 1991 distribuzione nuclei familiari monopersonali secondo la fascia di reddito Fonte: Elaborazione dati IACPM, 1991. Tab.9. Milano-San Siro: 1991 distribuzione degli abitanti secondo la condizione professionale Fonte: Elaborazione dati IACPM, 1991. Tab.10. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie secondo la loro composizione. Fonte: Dati ALER, 1997. Tab.11. Milano-San Siro: 1997 distribuzione abitanti per ruolo all’interno della famiglia. Fonte: Dati ALER, 1997. Tab.12. Milano-San Siro: 1997 distribuzione per classi d’età secondo il ruolo all’interno della famiglia. Fonte: Dati ALER, 1997. Tab.13. Milano-San Siro: 1991 distribuzione delle famiglie secondo le classi d’età del capofamiglia e l’ampiezza del nucleo. Fonte: Elaborazione dati IACPM, 1991. 284 ALLEGATO 2 Tab.14. Milano-San Siro: evoluzione 1991-1997 numero famiglie. Fonte: Dati ALER, 1997. Tab.15. Milano-San Siro: 1997 distribuzione degli abusivi per nazionalità. Fonte: Dati rilevati dall’ ALER, luglio/settembre 1998. Tab.16. Milano-San Siro: 1991 tagli di alloggi esistenti. Fonte: Dati IACPM, 1991. Tab.17. Milano-San Siro: 1991 indice di affollamento, distribuzione nuclei d’utenza per componenti su tagli d’alloggio occupato regolarmente. Fonte: Dati IACPM, 1991. Tab.18. Milano-San Siro: 1991 utenza regolare e abusiva. Fonte: Elaborazione dati IACPM, 1991. Tab.19. Milano-San Siro: evoluzione 1991-1997 popolazione residente. Fonte: Dati ALER, 1997. 285 ALLEGATO 2 Tab. 1. Milano-San Siro: 1991 distribuzione della popolazione per classi d’età 286 ALLEGATO 2 Tab. 2. Milano-San Siro: 1997 distribuzione abitanti secondo classi d’età 287 ALLEGATO 2 Tab. 3. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie per numero di componenti 288 ALLEGATO 2 Tab. 4. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie per numero di componenti 289 ALLEGATO 2 Tab. 5. Milano-San Siro: 1997 distribuzione secondo classi d’età e sesso 290 ALLEGATO 2 291 ALLEGATO 2 292 ALLEGATO 2 Tab. 8. Milano-San Siro: 1991 distribuzione dei nuclei familiari monopersonali secondo la fascia di reddito 293 ALLEGATO 2 Tab. 9. Milano-San Siro: 1991 distribuzione degli abitanti secondo la condizione professionale 294 ALLEGATO 2 Tab. 10. Milano-San Siro: 1997 distribuzione delle famiglie secondo la loro composizione 295 ALLEGATO 2 Tab. 11. Milano-San Siro: 1997 distribuzione abitanti per ruolo all’interno della famiglia 296 ALLEGATO 2 297 ALLEGATO 2 298 ALLEGATO 2 Tab. 14. Milano-San Siro: evoluzione 1991-1997 numero famiglie 299 ALLEGATO 2 Tab. 15. Milano-San Siro: 1997 distribuzione degli abusivi per nazionalità 300 ALLEGATO 2 Tab. 16. Milano-San Siro: 1991 tagli di alloggi esistenti 301 ALLEGATO 2 302 ALLEGATO 2 Tab. 18. Milano-San Siro: 1991 utenza regolare e abusiva 303 ALLEGATO 2 Tab. 19. Milano-San Siro: evoluzione 1991-1997 popolazione residente 304 ALLEGATO 2 Allegati fotografici e planimetrici del quartiere San Siro 1. Planimetria generale 2. Pianta piano tipo- Fabbricati n.5-6, via Ricciarelli 3. Fabbricato n. 5, via Ricciarelli: particolare passerella 4. Fabbricato n.5, via Ricciarelli: facciata ovest 5. Pianta piano tipo- fabbricati n. 3-5 via Maratta 6. Fabbricato n.5, via Maratta: corte interna 7. Fabbricato n.5, via Maratta: facciata nord - ovest 8. Pianta piano tipo- fabbricato n.5, via Preneste 9. Fabbricato n.5, via Preneste: facciate est ed ovest 10. Piante piano terra e terzo- fabbricato n.3, viale Mar Ionio 11. Fabbricato n.3, viale Mar Ionio: corte interna e facciata est 12. Fabbricato n.3, viale Mar Ionio: corte interna e particolare balconi 305 ALLEGATO 2 1. Planimetria generale quartiere San Siro 306 ALLEGATO 2 307 ALLEGATO 2 3. Fabbricato n.5 via Ricciarelli: particolare passerella 308 ALLEGATO 2 4. Fabbricato n.5, via Ricciarelli: facciata ovest 309 ALLEGATO 2 310 ALLEGATO 2 6. Fabbricato n.5, via Maratta: corte interna 7. Fabbricato n.5, via Maratta : facciata nord-ovest 311 ALLEGATO 2 312 ALLEGATO 2 9. Fabbricato n.5, via Preneste: facciate est ed ovest 313 ALLEGATO 2 314 ALLEGATO 2 11. Fabbricato n.3, viale Mar Jonio: corte interna e facciata est 315 ALLEGATO 2 12. Fabbricato n.3, viale Mar Jonio: corte interna e particolare balconi 316 BIBLIOGRAFIA PER ARGOMENTI BIBLIOGRAFIA PER ARGOMENTI 317 BIBLIOGRAFIA PER ARGOMENTI Capitolo primo - Linee-guida procedurali e progettuali per la riqualificazione dei dei quartieri pubblici degradati Libri - AA.VV., Housing 6: Flessibilità ed ecologia nelle nuove macchine per abitare, Etaslibri, Milano, 1994. - AA.VV., Housing 7/8: Abitare la città, Etaslibri, Milano, 1997. - AA.VV., Housing 9: Organico-inorganico, Etaslibri, Milano, 1998. - AA.VV. , Consorzio Regionale per gli IACP dell’Emilia Romagna, Gente, famiglie, case. Trasformazioni sociali e demografiche e nuove esigenze abitative, Franco Angeli, Milano 1982. - AA.VV., Dipartimento dei Sistemi Edilizi, Residenze Flessibili, Società Editrice Esculapio, Milano, 1995. - L. Bazzanella, A. De Rossi, C. Giammarco (a cura di), Progettare il programma: i contributi della ricerca progettuale nella trasformazione dei paesaggi urbani, Celid, 1998. - W. 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(a cura di), La riqualificazione delle periferie urbane: confronto tra esperienze francesi e italiane, EGA edizioni, Genova 1997, pp.135-144. - Robert Jean-Paul, Album de la Courneuve, in L’Architecture d’Aujourd’hui, n.259, ottobre 1988, pag.44. Capitolo terzo - La riqualificazione dei quartieri pubblici degradati nel contesto lombardo/milanese: procedure, soluzioni tecnico/operative, risultati. Questa parte della mia ricerca è stata condotta soprattutto attraverso interviste ad operatori dell’Aler o dei Comuni. - Per quanto riguarda il processo “tradizionale” di riqualificazione dei quartieri Aler e la riqualificazione del quartiere Mazzini di Milano: Arch. Mariangela Manzoni, progettista capogruppo e responsabile del procedimento per il quartiere Mazzini. Per quanto riguarda il processo di partecipazione degli abitanti del quartiere Mazzini: Arch. Ermanno Ronda, funzionario del Sicet. - Per quanto riguarda il Contratto di Quartiere di Cinisello Balsamo: Arch. Lides Canaia responsabile per il Comune del Contratto di Quartiere; Dott. Salvador responsabile per l’Aler del Contratto di Quartiere; Ing. Di Clemente tecnico/progettista dell’Aler. - Per quanto riguarda il Contratto di Quartiere di Vigevano: Arch. Virginia Giandelli responsabile per l’Aler del Contratto di Quartiere. - Per quanto riguarda i Laboratori di quartiere e i manager delle periferie: Arch.Massimo Cella dell’Assessorato al Decentramento del Comune di Milano e la Dott.ssa Paola Meardi organizzatrice del corso di formazione per i manager delle periferie. Libri - A.A.VV., Recupero dei quartieri storici di Milano-Libro Bianco, Società editrice Edilizia Popolare, Milano 1993. - A.A.VV., Programma di investimenti quadriennali 1992-1995 di edilizia residenziale pubblica: proposte e progetti Iacpm, Società editrice Edilizia Popolare, Milano 1995. 323 BIBLIOGRAFIA PER ARGOMENTI - Aler di Milano, Progetto per il risanamento conservativo al quartiere Mazzini, ottobre 1997. - Aler di Pavia, Qui si sana. Contratto di Quartiere di Vigevano, SOFTECH Energia, tecnologia ed ambiente, Torino, 1999. - Comune di Cinisello Balsamo, Aler di Milano, Contratto di Quartiere: complesso residenziale S. Eusebio-Laboratorio di trasformazione, Milano gennaio 1998. - Comune di Vigevano, Aler di Pavia, Contratto di Quartiere di Vigevano: quartiere Pietrasana, Vigevano giugno 1998. - Guiducci R., Periferie tra degrado e riqualificazione, Franco Angeli editore, Milano 1991. - Istituto Ecopolis, Milano, Stadera: abitare i luoghi delle differenze, Franco Angeli edizioni, Milano 1988. - Mariani G., Bordogna M., Politiche sociali tra mutamenti normativi e scenari futuri, Franco Angeli edizioni, Milano 1996. - Ministero dei Lavori Pubblici, Segretariato Generale CER, I Contratti di QuartiereIstruzioni per la predisposizione delle proposte, Febbraio 1998. Articoli - E. Soglio, Ponte Lambro rinasce con lavoro e internet, in Corriere della Sera, 23 gennaio 2000. Riviste - AA.VV., I programmi di riqualificazione urbana: lo stato dell’arte e le potenzialità innovative, in Urbanistica Informazione, n.159, 1998. - AA.VV., I Contratti di Quartiere, in Urbanistica e Territorio, n.619, 1999. - Fianchini M., I Contratti di Quartiere: Vigevano, in Ambiente e Costruito, n°4, 1999, pp.22-23. - Fianchini M., I Contratti di Quartiere: Cinisello Balsamo, in Ambiente e Costruito, n°4, 1999, pp.10-11. - Giandelli V., Vigevano: l’identità ritrovata, in Edilizia Popolare, n.261-262, 1999, pp.68-79. - Pozzo A., Cinisello Balsamo. Un modello di intervento flessibile, in Edilizia Popolare, n. 261-262, 1999, 30-39. - Storto G., I Contratti di Quartiere, in Edilizia Popolare, n°251, 1995. Riferimenti bibliografici dei progetti - Aler di Milano, Progetto per il risanamento conservativo al quartiere Mazzini, ottobre 1997. - Aler di Pavia, Qui si sana. Contratto di Quartiere di Vigevano, SOFTECH Energia, tecnologia ed ambiente, Torino, 1999. - Comune di Cinisello Balsamo, Aler di Milano, Contratto di Quartiere: complesso residenziale S. Eusebio-Laboratorio di trasformazione, Milano, gennaio 1998. 324 BIBLIOGRAFIA PER ARGOMENTI - Comune di Vigevano, Aler di Pavia, Contratto di Quartiere di Vigevano: quartiere Pietrasana, Vigevano, giugno 1998. - Fianchini M., I Contratti di Quartiere: Vigevano, in Ambiente e Costruito, n°4, 1999, pp.22-23. - Fianchini M., I Contratti di Quartiere: Cinisello Balsamo, in Ambiente e Costruito, n°4, 1999, pp.10-11. - Giandelli V., Vigevano: l’identità ritrovata, in Edilizia Popolare, n.261-262, 1999, pp.68-79. - Pozzo A., Cinisello Balsamo. Un modello di intervento flessibile, in Edilizia Popolare, n. 261-262, 1999, 30-39. Allegato 1 - I mutamenti socio demografici Libri - AA.VV, Housing 3. Abitare Milano, edizioni Clup Milano, 1989 - ANIACAP , La casa nel censimento ’91, conferenza politiche abitative e qualità urbana, Roma, aprile 1995. - Censis, 28° Rapporto sulla situazione sociale del paese 1994, Angeli. Milano, 1994. - Censis, 30° Rapporto sulla situazione sociale del paese 1996, Angeli. Milano, 1996. - Centredil – Scenari Immobiliari, Le nuove esigenze immobiliari delle famiglie e delle imprese lombarde, Gennaio 1998. - Cocchi G., Stranieri in Italia, Il Mulino, Bologna 1990. - Comune di Milano, settore Edilizia popolare/assegnazione alloggi, L’attività di assegnazione alloggi del Comune di Milano, Milano, 1998. - Comune di Milano Settore Servizi Statistici, Milano statistica 1996 , Milano : Comune di Milano,1996. - Comune di Milano Settore Servizi Statistici, 1991 – XIII censimento generale della popolazione e delle abitazioni , Comune di Milano, 1995. - De La Pierre, Le etnie di Milano, la parola agli immigrati extracomunitari, Ecapolis, Milano1990. - Di Sivo M., Normativa e tipologia dell’abitazione popolare, Alinea Editrice, Firenze 1981. - IRER, L’immigrazione extracomunitaria, Milano, 1992. - ISTAT, Indagine sulle strutture ed i comportamenti familiari, Roma Istituto centrale di statistica, 1985. - Livi Bacci M., La trasformazione demografica delle società europee, Loescher, Torino, 1977. - Regione Emilia Romagna, Gente, famiglie, case. 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