Regia Massimiliano Dau - Liceo Scientifico "LB Alberti"

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Regia Massimiliano Dau - Liceo Scientifico "LB Alberti"
ILIADE
Regia
Massimiliano Dau
Perché l’Iliade è così avvincente? Perché è la storia, è mille battaglie, mille storie d’amore, mille litigi tra
gli dei. Perché finisce bene o male a seconda per chi parteggiate, mentre Achille ed Ettore restano per
sempre nel cuore di chi legge. E’ il primo libro dell’umanità, è una raccolta ricca e splendente dei miti
dell’uomo, ha una narrazione che non è storica ma già costruzione letteraria (comprende infatti solo 51
giorni dei dieci anni della guerra di Troia), ci illumina su comportamenti e strutture sociali degli anni
precedenti (ancora con influssi micenei).E’ un racconto appassionante, ha creato il mistero eterno della
figura di Omero e della sua esistenza, rivelando invece i modi di trasmissione orale dei canti e della loro
collezione in un libro solo. Ma soprattutto ha già disegnato in maniera viva il conflitto dei popoli, in questo
caso Achei
e Troiani, definendo caratteri umani indimenticabili come appunto Achille ed Ettore, scolpendo con forza
sentimenti quali l’eroismo, l’arroganza, l’amore inconsolabile, la pietà dei padri. Tutto questo immerso
nella corrente del destino e del capriccio degli dei. La messa in scena racconta gli avvenimenti del
decimo e ultimo anno della lunghissima guerra tra Greci e Troiani. La guerra di Troia è stata una guerra
combattuta tra gli Achei e la potente città di Troia per il controllo dell’Ellesponto. L’Iliade non tratta, come
indicato dal titolo, dell’intera guerra di Ilio (Troia), ma di un episodio di questa guerra, l’ira di Achille, che
si svolge in un periodo di soli 51 giorni.
TRAMA
Il rapimento di Elena - Paride, principe di Troia ( figlio del re di Troia Priamo) rapisce Elena moglie del
Re Menelao (re di Sparta). Quando Paride sottrae Elena al marito Menelao, il re chiede vendetta al
fratello Agamennone, potente sovrano di Micene. Questi chiama a raccolta gli eserciti delle città greche
e, spinto dalla sete di conquista, parte alla volta di Troia insieme alle truppe di Achille,Ulisse, Nestore,
Aiace e degli altri signori achei. La città di Troia, circondata da possenti mura, è governata dal re Priamo
e difesa dal valoroso principe Ettore (fratello di Paride). Si mobilita così tutta la Grecia achea per
vendicare l’offesa compiuta da Paride.
L’ira di Achille - Dopo nove anni di assedio Agamennone capo dell’armata achea e fratello di Menelao
si rifiuta di restituire a Crise, sacerdote di Apollo, la figlia Criseide, che egli ha ottenuto come preda di
guerra. Il Dio colpisce con una pestilenza il campo dei Greci e Agamennone è costretto a restituire
Criseide. Per compensarsi della perdita sottrae ad Achille la sua schiava Briseide. Achille sdegnato,
ritenendo d’avere ricevuto un affronto, decide di non combattere più a fianco dei Greci; senza Achille i
Troiani ottengono molte vittorie. I ritratti di Achille e Ettore - Patroclo (guerriero acheo) decide allora di
scendere in campo con le armi di Achille, per far credere che lui fosse tornato al campo di battaglia, ma
viene ucciso da Ettore (principe di Troia). Achille torna a combattere per vendicare la morte dell’amico;
trova lo scontro con Ettore (figlio del re di Troia) che uccide in duello, infierendo sul suo corpo e
confiscando il cadavere. Il re dei Troiani Priamo giunge nel campo dei Greci a chiedere la restituzione
del corpo di suo figlio Ettore; Achille fa dunque una pace personale con Priamo, permettendogli di
riscattare la salma del figlio. Il destino della città di Troia privo del suo eroe più forte è ormai senza
speranza. La città viene infine conquistata e distrutta; ma l’Iliade finisce in verità con la cerimonia
funebre per Ettore figlio di Priamo e con la cremazione del corpo e la raccolta delle ossa in un’urna d’oro.
Datazione
È ancora oggetto di studi e controversie la questione sulla veridicità storica degli avvenimenti della
guerra di Troia. Alcuni studiosi pensano che vi sia un fondo di verità dietro gli scritti di Omero, altri
pensano che l’antico poeta abbia voluto raggruppare diversi avvenimenti accaduti durante guerre e
assedi, nel periodo miceneo, in un unico conflitto, quello fra Greci e Troiani appunto. Quelli che ritengono
che la guerra di Troia sia stata un fatto realmente accaduto,collocano cronologicamente i fatti verso la
fine dell’età del Bronzo, intorno 1300-1200 a.C., in
parte accettando la datazione di Eratostene.
N. Interpreti 6
Durata dello spettacolo
85 minuti (atto unico)
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ILIADE
Adattamento teatrale di Massimiliano Dau
Sinossi e piano sequenziario
Paride rapisce Elena moglie del Re Menelao. Si mobilita così tutta la Grecia Achea per
vendicare l’offesa compiuta da Paride. Dopo nove anni di assedio Agamennone capo
dell’armata achea e fratello di Menelao si rifiuta di restituire a Crise, sacerdote di Apollo, la
figlia Criseide, che egli ha ottenuto come preda di guerra. Il Dio colpisce con una pestilenza
il campo dei Greci e Agamennone è costretto a restituire Criseide. Per compensarsi della
perdita sottrae ad Achille la sua schiava Briseide. Achille sdegnato, ritenendo d'avere
ricevuto un affronto, decide di non combattere più a fianco dei Greci; senza Achille i Troiani
ottengono molte vittorie. Patroclo decide allora di scendere in campo con le armi di Achille,
per far credere che lui fosse tornato al campo di battaglia, ma viene ucciso da Ettore, che
lo spoglia delle armi sacre. Achille, torna a combattere per vendicare la morte dell'amico;
trova lo scontro con Ettore che uccide in duello, infierendo sul suo corpo e confiscando il
cadavere. Il re dei troiani Priamo giunge nel campo dei Greci a chiedere la restituzione del
corpo di suo figlio Ettore; Achille fa dunque una pace personale con Priamo, permettendogli
di riscattare la salma del figlio. Il destino della città di Troia privo del suo eroe più forte è
ormai senza speranza.
Lo spettatore di oggi, come l'ascoltatore dei tempi antichi, è introdotto nel bel mezzo di una
vicenda che vedrà scontri tra eroi, interventi divini, pianti di padri e di vedove per i caduti.
Gli antichi conoscevano l'antefatto di questi scontri fin dall'infanzia. Per conoscere la storia,
bisogna fare un salto all'indietro nel tempo e salire in vetta all'Olimpo, il monte considerato
la dimora degli dèi. Qui un giorno, durante un banchetto di nozze, Eris, la dea della discordia,
lancia una mela d'oro, su cui sta scritto «Alla più bella», in mezzo a tre dee: Afrodite, dea
della bellezza e dell'amore, Atena, dea della sapienza e della guerra, ed Era, la bella moglie di
Zeus e regina degli dèi. Poiché le dee non riescono a stabilire a chi spetti la mela, decidono di
farsi giudicare da un mortale e scelgono Paride, figlio del re di Troia Priamo. Ogni dea, per
assicurarsi la vittoria, gli promette di nascosto un premio: Era offre il potere, Atena la sapienza
e la gloria in guerra, Afrodite l'amore della donna più bella del mondo. La scelta di Paride cade
sull'ultima dea. Così, quando il giovane è ospitato a Sparta dal re Menelao, si innamora,
corrisposto, della regina Elena, considerata da tutti la donna più bella del mondo.
Nonostante sia ospite del re, rapisce la bella Elena e la porta con sé a Troia: da questa scintilla,
secondo la leggenda, ha avuto origine la guerra tra Greci e Troiani.
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Piano sequenziario
Antefatto
Scena Prima
Paride ha un confronto con Ettore che lo rimprovera di aver rapito Elena.
Scena seconda
Agamennone e Nestore parlano delle intenzioni di attaccare Troia e della necessità di coinvolgere Achille
Scena terza
Achille e Patroclo incontrano Ulisse. Quest’ultimo cerca di coinvolgere Achille nella spedizione
Scena quarta
Achille incontra sua madre Teti che gli svela il suo destino
Teti
Se resterai a Larissa…troverai la pace.
Troverai una donna meravigliosa.
Avrai figli e figlie che ne avranno a loro volta.
E tutti ti ameranno.
E quando sarai morto, loro ti ricorderanno.
Ma quando anche loro se ne andranno,
i tuoi figli e i figli dei loro figli…
il tuo nome sarà disperso.
Se invece vai a Troia…sarai coperto di gloria.
Si scriveranno poemi sulle tue vittorie nei secoli a venire.
Il mondo intero ricorderà il tuo nome.
Ma se tu vai a Troia non tornerai più.
Perché la tua gloria è fatalmente legata alla tua distruzione.
E io non ti rivedrò più.
Scena quinta
Priamo ed Ettore parlano degli avvenimenti causati dal rapimento di Elena
Scena sesta
Elena e Paride parlano preoccupati dei prossimi accadimenti.
Scena settima
Primo incontro tra Ettore ed Achille presso il tempio di Apollo
Dialogo tra Achille e Briseide
Scena ottava
Libro primo
Richiesta di riscatto di Criseide da parte di suo padre
Crise
O Atridi, o coturnati Achei,
gl'immortali del cielo abitatori
concedanvi espugnar la Prïameia
cittade, e salvi al patrio suol tornarvi.
Deh mi sciogliete la diletta figlia,
ricevetene il prezzo, e il saettante
figlio di Giove rispettate.
Off
Canta, Musa divina, l’ira di Achille figlio di Peleo,
l’ira rovinosa che portò ai Greci infiniti dolori,
e mandò sottoterra all’Ade molte anime forti d’eroi,
e li lasciò in preda ai cani ed a tutti gli uccelli:
Così si compiva il volere di Zeus –
Da quando si divisero, in lite l’uno con l’altro,
il figlio di Atreo, capo d’eserciti, e il nobile Achille.
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Agamennone
Bada che non ti colga più, vecchio, presso le navi,
a indugiarvi adesso o a tornarvi un’altra volta;
non ti salverebbe lo scettro, e neanche la benda del dio.
Non la libererò, tua figlia; la raggiungerà la vecchiaia
Nella nostra casa in Argo, lontana dalla sua patria,
lavorando al telaio e frequentando il mio letto.
Ora vattene e non irritarmi, se vuoi tornartene salvo.
Crise si rivolge ad Apollo
Crise
Ascoltami, dio dell’arco d’argento,
tu che proteggi Crisa e la sacra Cilla,
e sei il signore di Tenedo, se mai t’ho eretto
un tempio gradito, se mai ho bruciato in tuo onore
cosce grasse di tori e di capre, tu compi questo mio desiderio:
I Greci paghino con le tue frecce il mio pianto.
Scena nona
Incontro scontro tra Achille e Agamennone dopo che Calcate svela al guerriero le cause della
pestilenza.
Achille
Figlio di Atreo, credo che presto noi
Torneremo indietro respinti, se pure
Riusciamo a sfuggire alla morte, giacchè
Insieme la guerra e la peste tormentano
I Greci. Interroghiamo un profeta,
o un sacerdote, o un esperto di sogni –
che ci dica perché è tanto irato con noi Febo Apollo,
se si lagna per qualche preghiera o qualche ecatombe,
e se, accettando il fumo d’agnelli e di capre senza difetto,
vorrà allontanare dal nostro campo la peste.
Calcante
Achille caro a Zeus, tu mi ordini di rivelare l’ira di Apollo,
il divino signore dell’arco, ed io parlerò; ma tu dammi ascolto
e giurami che mi difenderai con le parole e col braccio:
penso che irriterò un uomo che ha grande potere su tutti i Greci,
e a lui i Greci obbediscono. E’ troppo più forte un re,
quando si adira con un uomo qualunque
se anche per un giorno inghiotte la collera,
poi conserva il rancore dentro il suo animo finché può sfogarlo:
tu pensa se mi salverai.
Achille
Coraggio, parla e di’ quel che sai del volere divino:
in nome di apollo caro a Zeus, che tu preghi, Calcante,
per rivelare ai Greci il volere divino, finché io vivo e vedo
sopra la terra, nessuno presso le nostre navi ti metterà
addosso le mani, nessuno fra tutti i Greci,
se anche nominassi Agamennone, che ora si vanta di essere
il primo tra i Greci.
Calcante
Non si lagna per nessuna preghiera o ecatombe,
ma per il suo sacerdote, che Agamennone ha offeso,
non ha liberato la figlia, non ha accettato il riscatto.
Perciò il dio Arciere ci ha dato pene e ce ne darà altre ancora:
non stornerà dai Greci la terribile peste, prima che sia ridata al padre
la giovane dagli occhi vivi, senza prezzo, senza riscatto,
e si mandi una sacra ecatombe a Crisa. Allora soltanto potremo placarlo
e convincerlo.
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Agamennone
Profeta di mali, mai dici niente che mi sia gradito,
sempre piace al tuo cuore profetizzare sciagure,
e anche ora, vaticinando tra i Greci,
racconti che il Dio arciere dà loro pena perché
ho rifiutato di accettare il ricco riscatto per la figlia di Crise;
Ma tuttavia acconsento a ridarla, se questo è il meglio;
voglio che si salvi il mio popolo e non sia perduto:
ma preparate presto per me un altro premio, che non sia il solo
tra i Greci a restarne privo, non sarebbe giusto.
Lo vedete tutti che il mio premio se ne va altrove.
Achille
Gloriosissimo figlio di Atreo, fra tutti il più avido,
come faranno a darti un premio i magnanimi Achei?
Non abbiamo da parte molti beni comuni:
la preda delle città devastate è già stata spartita,
e non può essere che i soldati tornino a metterla insieme.
Ma tu questa donna rendila al dio, e noi Greci
Te la ripagheremo tre o quattro volte,
se Zeus ci concede di saccheggiare Troia dalle belle mura.
Agamennone
Non cercare così, per quanto grande tu sia, Achille pari agli dei,
di nascondermi il tuo pensiero: non puoi ingannarmi,
e neppure convincermi. Tu vuoi, mentre ti tieni il tuo premio,
che io in questo modo ne resti senza, e mi esorti a restituire la donna?
Ma se mi daranno un premio i magnanimi Achei,
scegliendolo adatto al mio desiderio, e che valga quanto quest’altro…
se non me lo danno, allora verrò a prendermi io stesso
il tuo premio, o quello di Aiace, o quello di Odisseo,
lo prenderò e lo porterò via, e si adirerà quello che scelgo!
Achille
Sfrontato profittatore, Non sono venuto qui
a causa dei guerrieri troiani, non mi hanno fatto niente di male,
Te abbiamo seguito, spudorato, per il tuo piacere,
perché tu e Menelao riceviate onore da Troia, faccia di cane!
Minacci di portarmi via il premio per cui tanto soffersi.
quando i Greci devastano qualche
Popolosa città dei Troiani: la più parte della dura battaglia la compiono
Le mie mani; però quando si arriva a spartire,
il tuo premio è molto più grande.
Molto meglio tornare a casa con le mie navi;
no, non voglio restare qui senza onore, ad accrescere le tue ricchezze.
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Agamennone
Fuggi, se il tuo cuore ti spinge a questo; io non ti supplico
Di rimanere per me. Tra i re di stirpe divina tu mi sei il più odioso,
perché sempreTi sono cari i litigi, le battaglie, le guerre: se sei fortissimo,
questo un dio te l’ha dato. Vattene a casa con le tue navi,
regna sui Mirmidoni; io di te non mi curo, non temo la tua collera.
Anzi ti dico: poiché Febo Apollo mi toglie la figlia di Crise,
io la rimanderò su una delle mie navi e coi miei compagni;
ma Briseide dal bel viso verrò io stesso alla tua tenda a portartela via,
il tuo premio, così che tu impari quanto sono più potente di te.
Agamennone e Calcante escono, achille sguaina la spada per seguirlo, interviene Atena
Atena off
Frena lo sdegno,
io qui dal ciel discesi ad acchetarti,
se obbedirmi vorrai. Giuno spedimmi,
Giuno ch'entrambi vi difende ed ama.
Or via, ti calma, né trar brando, e solo
di parole contendi. Io tel predìco,
e andrà pieno il mio detto: verrà tempo
che tre volte maggior, per doni eletti,
avrai riparo dell'ingiusta offesa.
Tu reprimi la furia, ed obbedisci.
Urla verso Agamennone
Achille
Tu non hai mai avuto il coraggio di armarti per la guerra
Assieme ai tuoi uomini, né di andare in agguato
Coi migliori dei Greci. Molto meglio restare nel vasto campo dei Greci
E portar via i premi di chi ti parla apertamente.
Ma io ti dico e ti faccio un giuramento solenne:
un giorno la nostalgia di Achille invaderà i Greci tutti;
e tu non potrai in nessun modo soccorrerli,
quando cadranno per mano di Ettore sterminatore.
E ti roderai dentro il cuore per la rabbia di non aver onorato
Il migliore dei Greci
Scena decima
Intercessione di Teti presso Zeus
Teti
Giove padre, se d'opre e di parole
giovevole fra' numi unqua ti fui,
un mio voto adempisci. Il figlio mio,
cui volge il fato la più corta vita,
deh, m'onora il mio figlio a torto offeso
dal re supremo Agamennón, che a forza
gli rapì la sua donna, e la si tiene.
Onoralo, ti prego, olimpio Giove,
sapientissimo Iddio; fa che vittrici
sien le spade troiane, infin che tutto
e doppio ancora dagli Achei pentiti
al mio figlio si renda il tolto onore.
Disse; e nessuna le facea risposta
il procelloso Iddio; ma lunga pezza
muto stette, e sedea. Teti il ginocchio
teneagli stretto tuttavolta, e i preghi
iterando venìa: Deh, parla alfine;
dimmi aperto se nieghi, o se concedi;
nulla hai tu che temer; fa ch'io mi sappia
se fra le Dee son io la più spregiata.
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Zeus ( Giove ) off
Opra chiedi odiosa che nemico
farammi a Giuno, e degli ontosi suoi
motti bersaglio. Ardita ella mai sempre
pur dinanzi agli Dei vien meco a lite,
e de' Troiani aiutator m'accusa.
Ma tu sgombra di qua, ché non ti vegga
la sospettosa. Mio pensier fia poscia
che il desir tuo si cómpia, e a tuo conforto
abbine il cenno del mio capo in pegno.
Questo fra' numi è il massimo mio giuro,
né revocarsi, né fallir, né vana
esser può cosa che il mio capo accenna.
Scena undicesima
Libro terzo
Elena dall’alto delle mura indica a Priamo alcuni tra i re Achei
Agamennone prega Zeus a nome di tutti
Agamennone ( off )
Padre Zeus, sommo e glorioso, e tu, Sole,
che tutto vedi e tutto ascolti: Fiumi, Terra e voi,
che sottoterra punite i traditori, siateci testimoni
e custodite i nostri patti: se Paride ucciderà Menelao,
si terrà Elena e tutti i suoi beni e noi
ce ne andremo per sempre sulle navi che solcano il mare;
e se invece Menelao ucciderà Paride,
i Troiani ci renderanno Elena con tutti i suoi beni,
e pagheranno agli Argivi un prezzo così alto
che sarà ricordato per generazioni e generazioni.
E se Priamo e i suoi figli non vorranno pagare,
io mi batterò per avere quel compenso, e rimarrò qui, fino a quando questa guerra non avrà fine."
Scena dodicesima
Scontro tra Paride e Menelao, intervento divino, racconto di Pandaro
Pandaro ( off )
Due possenti Dive
aiutatrici ha Menelao, l'Argiva
Giuno e Minerva Alalcomènia. E pure
neghittose in disparte ambo si stanno
sol del vederlo dilettate. Intanto
fida al fianco di Paride l'amica
del riso Citerea lungi respinge
dal suo caro la Parca; e dianzi, in quella
ch'ei morto si tenea, servollo in vita.
Rimasta è al forte Menelao la palma;
ma l'alto affar non è compiuto, e a noi
tocca il condurlo, e statuir se guerra
fra le due genti rinnovar si debba,
od in pace comporle. Ove la pace
tutti appaghi gli Dei, stia Troia, e in Argo
con la consorte Menelao ritorni.
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Pandaro
Se n'era appena scomparso nel nulla, Paride, e gli eserciti si guardavano muti per capire che fare. Il duello era finito? Menelao
aveva vinto o Paride sarebbe tornato a combattere?
Ehi, Pandaro. perché non prendi una delle tue frecce e non colpisci Menelao, a tradimento, adesso? E là in mezzo, indifeso. Tu
potresti ucciderlo, tu ne sei capace. Diventeresti l'eroe di tutti i Troiani, e Paride, credo, ti coprirebbe d'oro. Ci pensi?". Io ci pensai.
Immaginai la mia freccia volare e colpire. E vidi quella guerra finire. Questa è una domanda a cui potresti pensare mille anni e mai
troveresti una risposta: è lecito fare una cosa infame se così si può fermare una guerra? E perdonabile il tradimento se si tradisce
per una causa giusta? Là, in mezzo alla mia gente armata, non ebbi nemmeno tempo di pensarci. Mi attirava la gloria. E l'idea di
cambiare la storia con un semplice gesto esatto. così afferrai il mio arco.
Lo appoggiai a terra e lo piegai per agganciare la corda, fatta di nervo di bue, all'anello d'oro che era fissato a un'estremità. I miei
compagni, intorno a me, dovettero capire cosa avevo in mente, perché sollevarono gli scudi, per nascondermi e per proteggermi. Io
aprii la faretra e ne tolsi una freccia nuova, e veloce. Per un attimo rivolsi una preghiera ad Apollo, il dio che protegge noi arcieri.
Poi pizzicai insieme la freccia e la corda di nervo e le tirai finché la mano destra mi arrivò al petto e la punta della freccia si fermò
sull'arco. Con forza curvai il corno dello stambecco e tesi il nervo di bue fino a farli diventare un cerchio.
Poi, scoccai.La corda sibilò e la freccia dalla punta acuta volò alta, sopra i guerrieri, veloce. colpì Menelao proprio dove i fermagli
d'oro saldano la corazza alla cintura. La punta penetrò attraverso i fregi, tagliò la fascia di cuoio che protegge l'addome, e infine
arrivò alla carne di Menelao. iniziò a colargli sangue dalle cosce, lungo le gambe, fino alle belle caviglie. Menelao rabbrividì a vedere
il sangue nero. Ma la punta della freccia non entrò tutta nella carne.
La corazza, prima, e poi la cintura l'avevano frenata. Era solo una ferita...".
Quando i due eserciti si scontrarono, allora fu grande frastuono di scudi e di lance e furore di armati nelle loro corazze di bronzo.
Cozzavano gli scudi di cuoio, convessi, e si alzavano le urla intrecciate di gioia e dolore, dei morti e dei vivi, mescolate in un unico
immane fragore nel sangue che inondava la terra.
Adesso, se potessi tornare indietro, con le mie mani spezzerei quell'arco, e lo getterei a bruciare nel fuoco.
Scena tredicesima
Libro nono
Ulisse cerca di convincere Achille a rientrare in battaglia
Achille parla con Briseide
Scena quattordicesima
Ettore e Priamo parlano della necessità di attaccare le navi Greche
Scena quindicesima
Patroclo indossa l’armatura di Achille e viene ucciso da Ettore
Scena sedicesima
Achille si scontra con Ettore e trascina il suo cadavere fino alla sua tenda
Scena diciassettesima
Andromaca
Era così bello il tuo volto. E adesso striscia nella terra, coi bei capelli bruni che, strappati, volano nella polvere. Eravamo nati lontani,
noi due, tu a Troia io a Tebe, ma un solo destino ci aspettava. Ed è stato un destino infelice. Adesso mi lasci vedova nella tua casa,
immersa nel più tremendo dolore. Il figlio che abbiamo avuto insieme è ancora così piccolo: non potrai più aiutarlo, e lui non potrà
aiutare te. Se mai sopravviverà a questa guerra, per sempre gli saranno accanto pena e dolore, perché chi non ha un padre perde
gli amici, e con fatica difende i suoi averi. A occhi bassi, il volto rigato di lacrime, andrà a tirare il mantello di altri padri, per avere
protezione, e qualcuno magari avrà uno sguardo di pietà per lui, ma sarà come bagnare le labbra a un assetato. E sì che i Troiani lo
chiamavano "il signore della città", questo bambino, perché era figlio tuo, e tu eri colui che, quella città, da solo difendeva. Ettore...
Il destino ti ha fatto morire lontano da me, e questo sarà per sempre il mio dolore più grande: perché non ho avuto per me le tue
ultime parole: le avrei tenute strette e le avrei ricordate per tutta la vita: ogni giorno e ogni notte della mia vita. Sotto le navi nere,
adesso, sei preda dei vermi e il tuo corpo nudo, che tanto amavo, fa da pasto ai cani. Tuniche bellissime e ricche, tessute da mano
di donna, ti aspettavano qui. Andrò nella reggia, le prenderà e le getterà nel fuoco. Se questa è l'unica pira che posso fare in tuo
onore, la farà. Per la tua gloria, davanti a tutti gli uomini e le donne di Troia.
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Scena diciottesima
Achille parla con Priamo che reclama il corpo di suo figlio.
Priamo
Credeva fossi tu.
Quanti cugini hai ucciso tu, quanti figli,
padri, fratelli e mariti, quanti? Valoroso Achille?
Conoscevo tuo padre, se ne è andato prematuramente.
Ma almeno lui non ha vissuto tanto a lungo, da vedere la fine di suo figlio.
Tu mi hai privato d’ogni cosa. Del mio primogenito, l’erede al mio trono,
Il difensore del mio regno. Ciò che è accaduto io non posso cambiarlo,
è il volere degli dei. Ma tu concedimi questa piccola clemenza,.
Io ho amato quel ragazzo dal momento in cui ha aperto i suoi occhi,
fino al momento in cui tu glieli hai chiusi. Lasciami lavare il suo corpo.
Lasciami dire le preghiere per lui. E mettergli due monete sugli occhi per
Il traghettatore d’oltretomba.
Achille
Niente, per me, vale la vita: non i tesori che la città di Ilio fiorente possedeva prima, in tempo di pace, prima che giungessero i figli
dei Danai; non le ricchezze che, dietro la soglia di pietra, racchiude il tempio di Apollo signore dei dardi, a Pito rocciosa; si possono
rubare buoi, e pecore pingui, si possono acquistare tripodi e cavalli dalle fulve criniere; ma la vita dell'uomo non ritorna indietro,
non si può rapire o riprendere, quando ha passato la barriera dei denti.
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