Fineco punta sul segmento "private"

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Fineco punta sul segmento "private"
Fineco punta sul segmento "private"
L'obiettivo è crescere nel segmento dedicato ai più ricchi continuando a
reclutare professionisti
Sibilla Di Palma
Alessandro Foti, amministratore delegato di FinecoBank
Crescere nel segmento private, sulla scia della forte richiesta di consulenza da parte della clientela più
facoltosa, continuando di pari passo a investire sull’innovazione digitale. E' il piano tracciato da
Alessandro Foti, amministratore delegato di FinecoBank, la banca multicanale del gruppo UniCredit,
che ha chiuso il 2015 con una raccolta netta di 5,5 miliardi di euro, in aumento del 37% rispetto al 2014.
Su quali settori puntate per crescere ancora?
“Guardiamo ai due grandi trend che stanno da tempo ridisegnando la società italiana: la crescente
richiesta di una consulenza professionale per i propri risparmi e la sempre maggiore digitalizzazione. Si
è capito che la pianificazione dei propri investimenti è una materia complessa e questo ha fatto
esplodere la richiesta di consulenza, con le famiglie sempre più inclini ad affidare la gestione dei propri
risparmi a professionisti. Il secondo trend in atto sta rivoluzionando le modalità in cui sono erogati i
servizi sia di banking che di advisory, perché la digitalizzazione della società sta investendo tutti i
segmenti della popolazione, anche i più anziani. Un focus fondamentale nella nostra strategia è rivolto
verso la clientela private: da questi clienti continuiamo a riscontrare un forte interesse soprattutto verso
i servizi di wealth management, come il passaggio generazionale, l’asset-protection e la pianificazione
fiscale”.
Il rafforzamento della consulenza sarà limitato alla fascia dei clienti più facoltosi?
“In questo momento stiamo assistendo a una richiesta sostenuta di advisory, sia tra i risparmiatori in
fascia private, che tra quelli meno affluent. La fine del rendimento sicuro, i recenti eventi sul fronte del
risparmio, le difficoltà dei mercati spingono i risparmiatori, sempre più disorientati, a diversificare i propri
investimenti e di conseguenza a richiedere il supporto di un consulente specializzato per un'attenta
pianificazione e soprattutto per un controllo del rischio”.
Quali sono i programmi della società per il 2016 in termini di masse, reclutamenti, eventuali
accordi con altri operatori?
“La priorità va alla crescita innanzitutto per linee interne. Questo significa mettere i nostri professionisti
nella condizione di fare sempre più business. All'incirca l’80-85% della nostra raccolta netta è legato a
promotori già in rete. Detto questo, il reclutamento fa parte della nostra strategia di crescita e di
sviluppo della rete. Nel 2015 abbiamo inserito circa 150 personal financial advisor, prevalentemente di
alto profilo. Cerchiamo figure professionali con esperienza consolidata, con un buon portafoglio, ma
che abbiano la voglia di crescere ancora e le competenze per gestire i clienti di fascia alta. Quanto agli
accordi, ampliamo sempre la gamma di società di investimento per rendere ancora più completa la
nostra piattaforma ad architettura aperta”.
Rumors di mercato ipotizzano una discesa di Unicredit nel capitale di Fineco, in modo da
scendere sotto la maggioranza. Conferma queste voci?
“Al momento non c’è alcuna ipotesi su questo fronte. Non c’è ragione per cui Unicredit debba rinunciare
anche solo a una parte di una società che fa dei risultati così importanti. Diciamo che la quotazione di
Fineco è stata utile perché il gruppo ha rinunciato a una parte della società per far aumentare il valore
complessivo, rendendola più visibile e in grado di accelerare il processo di sviluppo”.