Rischio biologico e vaccinazioni

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Rischio biologico e vaccinazioni
G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl, 295-313
http://gimle.fsm.it
RISCHIO BIOLOGICO E VACCINAZIONI
© PI-ME, Pavia 2010
G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl, 296-297
http://gimle.fsm.it
© PI-ME, Pavia 2010
F. Grimaldi, A. Sancini, R. Giubilati
Malattie infettive: prevenzione e infezioni emergenti
“Sapienza” Università di Roma, Unità Operativa di Medicina del Lavoro, Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico-Legali e
dell’Apparato Locomotore, Roma
RIASSUNTO. Attualmente si stima che circa 15 milioni
(>25%) dei 57 milioni di decessi per anno globali siano
direttamente correlati con le malattie infettive, in questa stima
tuttavia non vengono incluse le conseguenze tardive della
malattia streptococcica o la cirrosi o l’epatocarcinoma
correlate con l’infezione cronica da virus HCV/HBV/HDV. Le
malattie emergenti o riemergenti sono parte integrante della
patologia infettiva generale. Le epidemie sono sicuramente
conseguenze di dinamiche biologico-evolutive causate
dall’uomo stesso. Un insieme di circostanze quali la crescita
della popolazione mondiale, la maggior mobilità umana, lo
sviluppo di nuove tecnologie in campo bio-medico, l’elevata
incidenza d’immuno-depressione, il cambiamento delle
pratiche agro-alimentari, della zootecnia, della catena di
produzione alimentare intensiva, dello sviluppo di nuove
sorgenti energetiche (biomasse), contribuiscono probabilmente
alla diffusione di agenti infettivi. L’elemento comune di molti
agenti infettivi emergenti o riemergenti è quello di essere virus
ad RNA a singola elica. Gli spazi lasciati vuoti dalle malattie
infettive classiche tendono ad essere colmati da nuove
“infezioni emergenti” potenzialmente ad elevato rischio. Si
deve considerare che il 60% della biomassa del pianeta è
costituita da microrganismi e solo circa l’1% delle specie
microbiche presumibilmente esistenti è oggi conosciuto; esiste
un immenso serbatoio di materiale genetico microbico ancora
sconosciuto e che inoltre è continuamente soggetto a
mutazioni, ricombinazioni, riassorbimento con acquisizione di
nuove potenzialità biologiche.
L’uomo nel XIX secolo (definito secolo veloce) ha cambiato lo
stile di vita, i comportamenti, le condizioni strutturali in cui
vive la società umana, tutto ciò non poteva non modificare i
rapporti dell’essere umano con il mondo dei microarganismi.
L’emergere di nuove infezioni non è un evento nuovo, nuova è
invece l’accelerazione di nuove segnalazioni legate al rapido e
continuo modificarsi del contesto epidemiologico.
Microrganismi ”nuovi” possono indurre quadri clinici
particolarmente gravi in quanto operano su una popolazione
scoperta da ogni forma di immunità.
È inoltre da segnalare, per il suo progressivo sviluppo nei
paesi più industrializzati (Stati Uniti, Giappone, Europa), un
vasto settore per il quale è ipotizzabile l’esistenza di
un’esposizione a microrganismi potenzialmente pericolosi e
che comprende i processi tecnologici a base biologica. Questo
ambito viene fatto rientrare nel più generale termine di
biotecnologia, definita dalla Organization of Economic
Cooperation and Development (OECD, 1986) come
“l’applicazione dei principi della scienza e dell’ingegneria al
trattamento di materiali mediante agenti biologici nella
produzione di beni e servizi”.
Negli ultimi 50 anni sono stati isolati due nuovi microrganismi
patogeni per l’uomo, entrambi rappresentati da virus
RNA:HIV 1 e 2 ed il Coronavirus SARS-associato.
ABSTRACT. INFECTIOUS DISEASES: PROPHYLAXIS AND EMERGING
Nowadays, environ 15 milions (>25%) in 57 milions
of global deaths per year are considered to be related with
infectious diseases; however this estimate doesn’t include the
late consequences of streptococcal disease, or cirrhosis or HCC
related with cronical infection by HCV/HBV/HDV. Emerging or
re-emerging diseases are a part of infectious pathology. Surely,
epidemics are consequences of biological-evolutionary
dynamics, provoked by man himself. Various circumstances
could concur to the spread of infectious agents, as the growth of
world population, the increased human mobility, the
development of new technologies in biomedical field, the high
incidence of immunosuppression, the changing of food
practices, of zootechny, of intensive food production chain, of
development of new energy sources (biomass).
Lots of emerging or re-emerging infectious agents are singlestranded RNA viruses. New “emerging infections”, potentially at
high risk, tend to “fill in the blanks” that have been left empty
by classical infectious diseases. Environ 60% of the biomass of
Earth is composed by microorganisms and only 1% of maybe
existent microbial species is nowadays known; it exists a vast
reservoir of microbial genetic material that is still unknown and
that always undergoes mutations, recombinations, resorption
with acquisitions of new biological capabilities.
Man in XIX century (defined as “fast century”) changed his
lifestyle, behaviors, structural conditions where human society
lives; all that changed the relations between human being and
microorganisms. The emerging of new infections isn’t a new
event, while is a new event the acceleration of new reports
linked to the fast and continuous modification of
epidemiological context. “New” microorganisms could induce
very severe clinical conditions, because they work on a
population that is uncovered by any form of immunity.
A broad field for which the existence of an exposition to
potentially dangerous microorganisms is conceivable, and that
includes technological processes based on biological, has to be
reported because of its progressive development in the most
industrialized countries (USA, Japan, Europe).
This field is inlcuded in the wider term “biotechnology”, defined
by the Organization of Economic Cooperation and Development
(OECD, 1986) as “the application of the principles of science
and engineering to the treatment of materials through biological
agents in the production of goods and services”.
In the last 50 years two new microorganisms, pathogen for
humans, have been isolated, both RNA virus: HIV 1 and 2 and
the Coronavirus SARS-associated. The Coronavirus SARSassociated is a completely new RNA virus because, of all the
known Coronavirus, genetically it represents a group to itself
(group IV) otherwise it comes from a very early divergence in
group II.
The main variants of the influenza virus and the human
infection by the bird flu virus represent the most important
INFECTIONS.
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Il Coronarovirus associato alla SARS è un virus ad RNA del
tutto nuovo in quanto geneticamente di tutti i Coronarovirus
noti, costituisce un gruppo a sé (gruppo IV) oppure è frutto di
una precocissima divergenza del gruppo II. Le varianti
maggiori del virus dell’influenza e l’infezione nell’uomo del
virus dell’influenza aviaria rappresentano gli esempi più
significativi di infezioni emergenti sostenute da trasformazioni
geniche di virus noti. Sono note nell’ultimo secolo la Spagnola
1918 (HINI), l’Asiatica 1957 (H2N2), la HongKong 1968
(H3N2), la loro periodicità potrebbe far supporre in tempi
prossimi l’emergenza di una nuova variante maggiore.
Fenomeno noto è il passaggio diretto di un virus aviario
all’uomo, l’anno 2004 ha visto la più estesa pandemia da virus
dell’influenza aviaria sostenuta da vari ceppi: H5N1, H7N1,
H9N1, H5N2.
Particolare attenzione merita il virus dell’encefalite West Nile,
attualmente endemicamente presente in 46 stati americani,
anche se non ancora chiara è la storia della migrazione negli
USA. Da rilevare inoltre la pericolosità del virus Ebola, contro
il quale non esiste ancora alcuna cura. La sua prima
apparizione risale negli anni ’70 in Africa, periodicamente,
insieme ad altre febbri emorragiche come quella di Marburg,
il virus si manifesta in quanto non è stato ancora individuato
l’agente animale o vegetale portatore sano della malattia.
Alla luce delle infezioni emergenti o riemergenti sopradette,
bisogna rilevare che l’incremento della vita media della
popolazione è sicuramente in parte legato a tutte le misure di
profilassi collettive ed individuali che nel corso dei secoli sono
state individuate e messe a punto grazie alla moderna
microbiologia che ha permesso la produzione di vaccini
sempre più sicuri e immunogeni e di farmaci antimicrobici
sempre più specifici che hanno fortemente mitigato la prima
causa di morte per millenni rappresentata dalle infezioni. I
vaccini rappresentano una valida arma di prevenzione, infatti
la loro somministrazione comporta nell’organismo che lo
riceve una risposta immunitaria tale da determinare la
protezione nel soggetto vaccinato dall’antigene specifico. I
vaccini, inoltre, hanno un valore protettivo non solo sul
“vaccinato” ma su tutta la popolazione generale, in quanto
riducono la circolazione dell’agente eziologico. È comunque
nota la possibilità di “effetti collaterali indesiderati” legati alle
caratteristiche proprie del vaccino, tanto che la comunità
scientifica ha sempre cercato di potenziare la ricerca di vaccini
più sicuri e tollerabili non a scapito dell’immunogenicità.
Prima dell’introduzione delle vaccinazioni, intorno agli anni
50, la poliomielite era una patologia endemica presente nella
maggior parte della popolazione in forma asintomatica (95%
dei casi) e che si manifestava nella sua forma più grave, con
paralisi, in circa l’1-2% dei casi. Diffusa in tutto il mondo, la
poliomielite dava origine ad epidemie periodiche soprattutto
nelle popolazioni industrializzate.
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examples of emerging infections caused by genetic
transformations in known virus. In the last century, the
Hispanic 1918 (H1N1), the Asiatic 1957 (H2N2), the Hong
Kong 1968 (H3N2) are well known; their periodicity could make
suppose the emergency of a new greater variation in a short
time. The direct passage of an avian virus to human is well
known; in 2004, the widest pandemia by avian influenza virus,
supported by various strains (H5N1, H7N1, H9N1, H5N2) took
place.
Encephalitis virus West Nile should be especially considered; it’s
now endemic in 46 american States, even if the history of
migration in USA isn’t yet clear. Also the dangerousness of
Ebola virus, against which there is no cure, has to be
underlined. Its first apparition took place in 70es in Africa; the
virus still occurs periodically, together with other haemorrhagic
fevers as Marburg, because the animal or vegetable healthy
carrier hasn’t been identified still.
Considering emerging or re-emerging infections, it has to been
considered that the increase in the average life of population is
certainly related, in part, with the various collective and
individual preventive measures that have been discovered and
developed in centuries; this has been possible thanks to modern
microbiology, that allowed the production of increasingly safe
and immunogenic
vaccines and of antimicrobial drugs that strongly reduced the
infections, first cause of death along millennia. Vaccines are
effective preventive weapon; in fact their administration
provokes an immune response that defends from the specific
antigen. In addiction, vaccines protect not only the vaccinated
subject, but also the entire population, because they reduce the
circulation of the etiologic agent. However, it is well known the
hazard of “adverse effects”, related with the features of the
vaccine, so the scientific community always tried to increase the
research of safer and more tolerable vaccines, not reducing their
immunogenicity. Before the introduction of vaccines, in 50es,
polio was an endemic illness, asymptomatic in most of the
population (95% of cases), and manifested in its most severe
form (paralysis) in 1-2% of cases. Spread throughout the world,
polio provoked periodical epidemics, especially in industrialized
populations.
Key words: emerging infections, vaccines, prophylaxis.
Parole chiave: infezioni emergenti, vaccini, prevenzione.
Richiesta estratti: Prof.ssa Franca Grimaldi - E-mail: [email protected]
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S. Porru, M. Campagna, C. Arici, J. Fostinelli, B. Tonozzi, D. Placidi
Il Medico Competente e le vaccinazioni nel settore della sanità.
Evidenze scientifiche e buone prassi
Dipartimento di Medicina Sperimentale ed Applicata, Sezione di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale, Università di Brescia
Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro, Università di Brescia
RIASSUNTO. La tematica del Rischio biologico (RB) negli
ambienti di lavoro sanitari è sempre di interesse, per i
potenziali gravi effetti sulla salute cui possono essere esposti
gli operatori sanitari (OS) e per la non totale efficacia della
prevenzione primaria. Per alcuni Agenti biologici risultano
oggi disponibili vaccini, che rappresentano uno degli
strumenti più efficaci nel prevenire e controllare il rischio di
infezioni e la diffusione in ambito nosocomiale (rischio verso
pazienti, colleghi). Tuttavia la gestione delle pratiche vaccinali
negli ambienti sanitari può presentare diverse criticità.
Lo studio valuta le evidenze scientifiche e dei risultati di uno
studio multicentrico (9 ospedali con circa 32000 OS esposti a
RB) e propone “buone” prassi per la gestione delle
vaccinazioni, con evidenziazione del ruolo del Medico
Competente in un contesto multidisciplinare.
Parole chiave: vaccinazione, operatori sanitari, buone prassi,
medico competente.
ABSTRACT. VACCINATIONS FOR HEALTH CARE WORKERS EXPOSED
Evidences and good medical practices. Biohazard
in healthcare settings is an issue for Occupational Physician
(OP), owing to the potential relevant adverse effects for health
care workers (HCW) and for the non complete effectiveness of
primary prevention. Vaccination represents an effective tool to
minimize risk of occupational and nosocomial transmission for
many relevant communicable diseases. Implementation of
vaccination campaigns may however present some critical
aspects. The present study evaluates available scientific
evidences and reports an Italian multicenter study (9 Hospitals,
3200 HCW), suggesting good medical practices in vaccination,
while highlighting the role of the OP in a multidisciplinary
context.
TO BIOHAZARD.
Key words: vaccination, health care workers, good medical
practice, occupational physician.
Introduzione
La tematica del Rischio biologico (RB) negli ambienti
di lavoro sanitari è oggetto di interesse, per varie ragioni,
tra cui: il miglioramento tumultuoso delle conoscenze
scientifiche, le novità introdotte da direttive Europee e normativa italiana, la percezione e gestione del rischio da parte
di lavoratori, datori di lavoro, Medici Competenti (MC),
l’elevato numero di lavoratori potenzialmente esposti, i potenziali gravi effetti sulla salute e i relativi costi, diretti e indiretti, sanitari e non sanitari, le responsabilità individuali,
le problematiche attinenti a metodologie e significato di
valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria.
Sono numerosi gli agenti biologici (AB) cui possono
essere esposti gli operatori sanitari (OS); l’elenco dei casi
di infezioni occupazionali negli OS riportati in letteratura
comprende la maggior parte dei patogeni conosciuti ed
emergenti. Una recente revisione della letteratura ha evidenziato pubblicazioni relative a 60 diversi patogeni. La
letteratura descrive inoltre negli OS elevato rischio attribuibile e significativo incremento dei tassi di mortalità per
alcune patologie emotrasmesse quali epatite B (HBV), epatite C (HCV) e HIV. Sono numerose inoltre le segnalazioni
di infezioni occupazionali negli OS di patologie da virus
aerotrasmessi come parotite (P), rosolia (R), varicella (V) e
morbillo (M) o tubercolosi (TB) che in taluni casi si sono
rivelati anche fonte di malattia per colleghi e pazienti.
È noto come – oggi anche per disposizioni di legge –
l’attività del MC debba essere svolta seguendo gli indirizzi scientifici più avanzati, secondo i principi della Medicina del lavoro e del Codice Etico dell’ICOH.
La normativa italiana (DLgs 106/09) pone in capo al
Datore di Lavoro l’obbligo di adottare, su conforme parere
del MC, misure protettive particolari per quei lavoratori,
per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, tra cui: messa a disposizione di vaccini efficaci per lavoratori che non sono già
immuni all’AB presente nella lavorazione da somministrare a cura del MC. Inoltre, il MC fornisce ai lavoratori
adeguate informazioni su vantaggi ed inconvenienti della
vaccinazione e non vaccinazione.
Secondo la norma, “buone prassi” sono soluzioni organizzative e procedurali coerenti con la normativa vigente,finalizzate a promuovere la salute e la sicurezza sui
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luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi ed il miglioramento delle condizioni di lavoro.
La vaccinazione dei lavoratori suscettibili in ambiente
sanitario rappresenta una misura tra le più efficaci nel contenere il RB e può pertanto essere considerata, oltre che un
obbligo normativo, una buona prassi per il MC in quanto,
pur rappresentando una misura ulteriore e non alternativa
ad interventi di ordine tecnico, organizzativo, procedurale,
di igiene e di sorveglianza sanitaria, può contribuire significativamente alla riduzione del RB per gli OS. Una corretta strategia vaccinale può infatti portare numerosi vantaggi, sia in termini di protezione del singolo lavoratore,
sia della collettività (immunità di gregge), sia di protezione del servizio sanitario (contenimento rischio infezioni nosocomiali e limitazione assenze).
Tuttavia, la programmazione e l’applicazione di efficaci strategie vaccinali in ambiente sanitario possono
comportare diverse criticità, anche per il MC.
In Italia non esiste obbligo normativo di vaccinazione
degli OS (eccetto, in casi selezionati, per TB) e le vaccinazioni sono quindi raccomandate (Piano Nazionale Vaccini 2005-2007, indicazioni Regionali). La raccomandazione comporta l’adesione consapevole del lavoratore, il
consenso, che sia realmente informato, l’assunzione di
una co-responsabilità da parte di datore di lavoro, MC e
dell’OS (rischio verso terzi). In questo contesto, il MC può
e deve giocare un ruolo chiave nell’organizzazione della
proposta vaccinale anche al fine di superare l’asimmetria
che porta il MC all’obbligo di proporre/prescrivere la vaccinazione ma senza uno specifico obbligo da parte del lavoratore di aderire alla proposta. Il MC ha, come propria
specifica responsabilità, il compito di programmare strategie preventive che tengano in considerazione la vaccinazione ai fini della tutela della salute e sicurezza sia del singolo OS che della collettività.
L’obiettivo del presente studio è proporre buone prassi
per la gestione delle vaccinazioni degli OS esposti a RB,
basate su evidenze scientifiche e sui risultati di uno studio
multicentrico, con particolare riferimento al ruolo del MC.
Soggetti e metodi
Sono state valutate le evidenze scientifiche attualmente disponibili in letteratura riguardo alle strategie vaccinali per la protezione degli OS attraverso una ricerca sistematica condotta sui principali database scientifici disponibili (Pub-med, Cochrane, Em-base) e attraverso l’esame delle indicazioni di autorevoli organizzazioni scientifiche nazionali e internazionali (SIMLII, CDC Atlanta,
Health Canada, UK Department of Health, UK-NHS,
WHO). I risultati sono stati confrontati alla luce delle evidenze emerse nell’ambito di uno studio multicentrico
(SM) condotto su 9 grandi ospedali del centro e nord Italia
che è stato promosso dalla Sezione Tematica di Medicina
Preventiva dei Lavoratori della Sanità (Sezione afferente
alla SIMLII), nel 2009, al fine di aggiornare le indicazioni
contenute nelle Linee Guida per la sorveglianza sanitaria
dei lavoratori della sanità esposti a rischio biologico, pubblicate dalla SIMLII nel 2005.
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Risultati
Attualmente risultano disponibili per gli OS esposti a
RB vaccini per AB sia trasmissibili per via ematogena
(epatite B-HBV) che per via aerogena e droplets (tubercolosi, influenza, morbillo, rosolia, parotite e varicella) e
oro-fecale (Epatite A). Questi sono generalmente caratterizzati da elevata efficacia e bassa incidenza di effetti avversi per la salute e risultano pertanto utili per il MC nell’ambito delle strategie per il contenimento del RB in ambiente sanitario.
Nella gestione della pratica vaccinale sono emersi tuttavia alcuni aspetti critici per il MC sia conseguenti alle
caratteristiche proprie dei singoli vaccini (efficacia, frequenza effetti avversi, controindicazioni alla vaccinazione) che alle modalità di organizzazione e gestione dei
servizi di vaccinazione e applicazione dei giudizi di idoneità.
Per quanto riguarda l’HBV la vaccinazione viene raccomandata per tutti gli OS esposti sia da autorevoli organismi scientifici nazionali e internazionali che dalla normativa vigente in Italia, nonostante questo l’esame della
letteratura ha evidenziato come l’adesione alla vaccinazione anti HBV da parte degli OS non sia sufficientemente
diffusa. La letteratura descrive inoltre la presenza di una
rilevante proporzione di soggetti non o ipo responders alla
vaccinazione (5-10%); in questi casi, la letteratura è concorde nel raccomandare l’effettuazione di ulteriori dosi
addizionali di vaccino (booster, fino a 3 dosi). L’adesione
a tale indicazione dovrebbe consentire il raggiungimento
di una quota di OS immunizzati vicina al 100% contribuendo pertanto ad un efficace contenimento del rischio. I
risultati dello SM hanno confermato un copertura anticorpale complessiva bassa (69.7%, range 31.1-84%) negli OS
dei 9 ospedali e una quota variabile di OS non responders
(0.7-8.3%, n. 463), sostanzialmente in linea con le segnalazioni di letteratura. Per i non responders, in 4 centri
viene effettuata una dose di richiamo mentre in 3 vengono
eventualmente somministrate ulteriori dosi. In nessun
ospedale è stata effettuata una sistematica verifica di efficacia della gestione dei non responders.
Per quanto riguarda V, M, P e R, anche in questo caso
la vaccinazione degli OS suscettibili viene diffusamente
raccomandata in letteratura e dalla normativa vigente.
Questa si è infatti dimostrata sicura (effetti avversi infrequenti), di facile applicazione (vaccini bi-tri-tetravalenti) e
complessivamente costo-efficace nel ridurre i rischi di infezione nosocomiale sia negli OS che nei pazienti. Tale
misura è considerata ancor più cogente nei casi di OS a
maggior rischio in quanto ipersuscettibili (immunocompromessi, donne in età fertile) o negli OS che lavorano in
aree a maggior rischio di acquisizione dell’infezione (Pediatrie, Malattie Infettive, Pronto Soccorso) o in aree a
maggior rischio verso terzi, dove sono ricoverati pazienti
portatori di condizioni con maggior rischio di gravi complicazioni (immunocompromessi, trapiantati, insufficienza renale cronica, gravidanza, neonati). I risultati dello
SM hanno evidenziato complessivamente una rilevante
proporzione di OS non immuni (R 10%, M 7%, V 7.2%, P
300
21.7%). Da un’analisi effettuata su un sottogruppo di 4
ospedali (~4800 OS) è emerso inoltre un rilevante numero
di OS non immuni tra le donne in età fertile (n. 1129) e tra
OS che lavorano in aree a maggior rischio di infezione (n.
181) o a rischio verso terzi (n. 285). In nessuno dei 9 ospedali è risultato attivo un servizio dedicato per la vaccinazione contro questi virus è non sono risultati disponibili
dati relativi all’adesione a tale pratica.
Per quanto riguarda la vaccinazione antitubercolare
questa viene diffusamente considerata come una estrema
misura di contenimento della malattia, non alternativa a
misure di protezione strutturale, amministrativo e personale, sia a causa della non completa efficacia del BCG (080%) che a causa delle possibili interferenze nell’identificazione delle infezioni latenti e della scarsa efficacia nel
prevenire le forme polmonari negli adulti. La normativa
italiana prevede l’obbligo di vaccinazione degli OS negativi al test tubercolinico che lavorano in aree ad alto rischio. Tale indicazione è confermata da autorevoli organismi scientifici internazionali (NHS-UK, CDC-USA) che
ne raccomandano l’effettuazione, peraltro più come misura di protezione individuale che collettiva. I risultati
dello SM hanno evidenziato da un lato una rilevante proporzione di OS ad alto rischio di esposizione
(23339/32057-73%) dall’altra una scarsa efficacia delle
campagne vaccinali intraprese (3928/23339-17%; percentuali tra 21-71% in tre ospedali, dato non disponibile in
6/9 ospedali).
Per quanto attiene alla vaccinazione antinfluenzale per
gli OS questa viene considerata una misura efficace per il
contenimento della diffusione del virus, tuttavia, recenti
revisioni di letteratura indicano come l’efficacia dell’applicazione di tale pratica negli OS non sia realmente dimostrabile e condivisa sulla base della sua non completa
efficacia nel ridurre la quota di ILI (influenza like syndrome) e la mortalità nei pazienti anziani delle strutture
sanitarie. Inoltre, in tempi recenti, anche a causa di problemi legati ad una scorretta comunicazione del rischio in
seguito alla diffusione del virus H1N1, sono emerse ulteriori criticità relativamente alla compliance alla pratica
vaccinale antinfluenzale stagionale. La vaccinazione antinfluenzale viene comunque raccomandata negli OS, specialmente quando mirata sulla base di condizioni di ipersuscettibilità per il singolo OS o in caso di lavoro in aree
a rischio verso terzi. Nonostante tali evidenze, i risultati
dello SM hanno evidenziato una scarsa adesione da parte
degli OS alla proposta di vaccinazione nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009 (media 6-17%) con percentuali
più elevate per i medici rispetto alle altre mansioni e negli
ospedali dove è stata effettuata una proposta attiva da
parte del MC (educazione sanitaria e promozione in aree
specifiche).
Discussione
Secondo la normativa vigente in materia di tutela della
salute e sicurezza dei lavoratori (DLgs 106/09), tra le misure speciali di protezione per il RB, a carico del Datore di
Lavoro vi è la messa a disposizione di vaccini efficaci per
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i lavoratori non immuni, con somministrazione a cura del
MC. Per poter svolgere tale attività, in scienza e coscienza, il MC ha a disposizione numerosi ed aggiornati
studi scientifici e rapporti di organizzazioni nazionali ed
internazionali che, sulla base di diversi livelli di evidenza,
hanno formulato raccomandazioni che guidano il MC
nella scelta delle più efficaci strategie vaccinali. La necessità di un puntuale intervento su questo argomento da
parte dei MC delle strutture sanitarie è confermata oltre
che dalle evidenze di letteratura anche dai risultati dello
SM che hanno evidenziato un rilevante numero di OS suscettibili esposti ad AB causa di infezioni prevenibili attraverso la vaccinazione e una non efficiente organizzazione dei servizi di vaccinazione all’interno delle strutture
sanitarie testate.
Dalle evidenze descritte emerge la necessità che il MC
proceda, attraverso buone prassi tecnico-scientifiche, che
comportano l’adozione di aggiornate metodiche cliniche,
strumentali, di laboratorio, opportune collaborazioni specialistiche ed acquisizione di idonea documentazione sanitaria individuale:
– a verificare la disponibilità e contribuire alla scelta dei
migliori vaccini sul mercato, valutando rapporto
costo/efficacia, tipologia e frequenza degli effetti collaterali;
– all’identificazione degli OS suscettibili di vaccinazione e valutare la necessità di prescrivere la vaccinazione sulla base della caratterizzazione del RB individuale, anche attraverso una precisa anamnesi pre-vaccinale ed una SS ad hoc;
– alla puntuale informazione/formazione specifica sui
vantaggi e svantaggi di vaccinazione e non vaccinazione, con illustrazione di indicazioni e controindicazioni, al counselling su aspetti etici (rischio verso
terzi) con conseguente raccolta di un consenso (esplicito, specifico, sottoscritto) che sia veramente informato o del rifiuto alla vaccinazione;
– ad una corretta comunicazione nel gruppo di lavoratori, al fine di incrementare l’adesione dei lavoratori
alle pratiche vaccinali efficaci ed al fine di contribuire
alla riduzione del rischio del singolo individuo e, in alcuni casi specifici, di terzi;
– a produrre le necessarie certificazioni (ad es. eventi avversi, rifiuti, avvenuta vaccinazione, consenso informato); a verificare l’efficacia della vaccinazione (ad
es. valutazione titolo anticorpale);
– a valutare l’idoneità lavorativa e la necessità di prescrizione della vaccinazione, nonché alla ricollocazione degli OS con controindicazioni alla vaccinazione
e dei rifiuti.
La vaccinazione dovrà essere preceduta da una dettagliata anamnesi prevaccinale (terapie, allergie, precedenti
reazioni avverse, ecc.), dall’accertamento dello stato immunitario (sierologico) e dalla verifica delle indicazioni e
controindicazioni alla vaccinazione. La somministrazione
del vaccino dovrà avvenire in locali dedicati, con attrezzature adeguate e personale specificamente formato e attraverso l’applicazione di procedure ad hoc. La somministrazione, effettuata da personale qualificato, dovrà prevedere
la successiva verifica della risposta anticorpale e l’even-
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tuale programmazione di ulteriori dosi di richiamo. Il MC
dovrà rivestire un ruolo chiave nell’organizzazione del
servizio, nella stesura delle politiche vaccinali e nell’identificazione delle priorità nonché nel far si che tali politiche
siano largamente condivise a livello aziendale sia da chi
ha l’onere di garantire il servizio (Datore di Lavoro) che
da parte degli utenti del servizio stesso (lavoratori). Tale
condivisione sarà maggiormente diffusa qualora il MC
sarà in grado di dimostrare l’efficacia del servizio attraverso adeguati indicatori di processo, struttura ed esito
quali ad esempio la produzione di specifiche procedure, le
risorse impiegate, il monitoraggio dei livelli di copertura
anticorpale, nonché ulteriori indicatori di performance del
servizio (accesso al servizio, tassi di vaccinazione, rinvii,
rifiuti, reazioni avverse, soddisfazione, ecc.).
La pianificazione e l’applicazione delle pratiche vaccinali, infine, dovranno prevedere un approccio multidisciplinare, che scaturisca dalla collaborazione tra il MC, lo
specialista infettivologo e la Gestione del Rischio Clinico.
In particolare, il ruolo dell’infettivologo può risultare
utile sia nella scelta dei vaccini che nella valutazione del
singolo caso (ad esempio gestione controindicazioni e
complicanze), mentre lo scambio di informazioni con la
Gestione del Rischio Clinico può contribuire ad una più
accurata caratterizzazione dei rischi sia per gli OS che per
i terzi con conseguente incremento dei livelli di efficienza
del servizio.
In un momento di proliferazione di comunicazioni sul
RB attraverso i più vari mezzi di comunicazione, deve essere sottolineato infine il ruolo del MC come garante di attività che, qualora svolte in scienza e coscienza, secondo i
principi delle buone prassi tecnico-scientifiche, propongono la vaccinazione come misura di protezione ulteriore e
non alternativa ad altre misure di tutela nei luoghi di lavoro, evitano distorsioni della percezione del rischio e contribuiscono senz’altro alla corretta gestione del tema, dalla
valutazione del rischio all’idoneità alla mansione specifica.
Il MC può e deve assumere un ruolo chiave, con assunzione di responsabilità in prima persona, sia nell’organizzazione e gestione delle pratiche vaccinali in sanità, che
nella gestione delle criticità relative al GI di OS suscettibili, potendo così contribuire ad una significativa riduzione
del rischio di infezioni occupazionali e nosocomiali.
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Bibliografia
Advisory Committee on Immunization Practice (ACIP). Recommended
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14651858.C
Richiesta estratti: Prof. Stefano Porru - Sezione di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale, Università degli Studi di Brescia,
Piazzale Spedali Civili 1, 25123 Brescia, Italy - Fax 030394902, E-mail: [email protected]
G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl, 302-305
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C. Colosio1, C. Somaruga1, F. Vellere1, L. Neri1, G. Rabozzi1, L. Romanò3, R. Tabibi1, G. Brambilla1,
R. Baccalini2, G.V. Melzi d’Eril2, A. Zanetti3, A. Colombi1
Strategie vaccinali per la prevenzione del rischio biologico
in agricoltura e zootecnia
1
2
3
Dipartimento di Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Milano, sezione Ospedale San Paolo e Centro Internazionale per la Salute Rurale
dell’Azienda Ospedaliera San Paolo, Polo Universitario, Milano
Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria e Unità operativa complessa di Medicina di Laboratorio, Azienda
Ospedaliera San Paolo, Polo Universitario, Milano
Dipartimento di Sanità Pubblica, Microbiologia e Virologia dell’Università degli Studi di Milano
RIASSUNTO. Le patologie prevenibili con vaccino sono
tuttora un obiettivo dei programmi di salute pubblica in Italia
e nel mondo. Malattie per cui i programmi vaccinali sono
ampiamente consolidati continuano a costituire un problema
di salute pubblica, basti pensare ai casi di difterite notificati
nel 2009 in alcuni Paesi UE o ai 64 casi di Tetano notificati in
Italia nel 2006. L’agricoltura e l’allevamento sono settori a
forte rischio biologico, in parte per le caratteristiche
dell’ambiente di lavoro e in parte per la tipologia di infortuni
in cui incorrono i lavoratori. Inoltre, nel comparto sono
presenti due sottogruppi maggiormente esposti a rischio: gli
ultrasessantaquattrenni e i migranti, generalmente non
coperti, ad esempio, nei confronti del tetano. Tra le patologie
infettive più tipiche del comparto, solo il tetano è
efficacemente controllabile con la vaccinazione degli addetti.
Per leptospirosi, salmonellosi ed epatite E, hanno invece
maggiore rilevanza programmi di informazione e formazione
sui rischi per la salute e sui comportamenti da seguire per
evitarne il contatto. Tali programmi devono tener conto delle
barriere linguistiche e culturali.
Introduzione
Le malattie prevenibili con vaccino sono ancora una
priorità per le strategie di salute pubblica non solo nei paesi
in via di sviluppo. Si considerino i casi di difterite notificati
nel 2009 in alcuni Paesi dell’Europa a 27: 1 caso in Svezia,
6 in Lettonia, 4 in Germania (WHO 2010). L’Organizzazione Mondiale della Sanità riporta inoltre dati relativi all’incidenza di un’altra patologia controllabile con un vaccino sicuro, il tetano. Nel 2005 sono stati notificati 15,516
casi nel mondo e tra 2000 e il 2003 sono stati 290 i morti
per questa patologia. In Italia nel 2006 ci sono stati 64 casi,
con un’incidenza del tetano circa 10 volte superiore alla
media degli altri paesi europei (1). L’andamento della diffusione delle malattie infettive prevenibili con vaccino ha
inoltre recentemente assunto nuove caratteristiche, in relazione al fenomeno migratorio (2).
Parole chiave: zoonosi occupazionali, rischio biologico,
vaccinazione.
Le patologie prevenibili con vaccino in agricoltura
ABSTRACT. BIOLOGICAL RISK PREVENTION IN AGRICULTURE AND
Vaccine
preventable diseases are, so far, a main focus of Public Health
programmes all over the world since people still die in
consequence of Dyphteria or Tetanus. Biological risk is widely
represented in agriculture and animal breeding, due to
environmental characteristics and to injury typology. Moreover,
aged people and migrants represent a significant part of the
workforce. These two groups are, for instance, more exposed to
Clostridium tetani infection because not fully immunized.
Among infectious diseases that can affect agricultural workers,
just tetanus can be well controlled by immunization
programmes. Teaching and training activities are the most
important tools to get protection against Leptospira interrogans,
Salmonella spp and hepatitis E Virus infection. As for every
training activity, linguistic and cultural barriers have to be taken
into account.
L’agricoltura e l’allevamento sono comparti ad importante rischio biologico, sia per il frequente contatto con
materiale potenzialmente contaminato, sia per l’alto indice
infortunistico che rende, per esempio, il rischio tetano particolarmente significativo.
Di seguito si intendono presentare le patologie infettive prevenibili con vaccino più rilevanti per il comparto
agro-zootecnico e discutere l’applicabilità e il valore preventivo dei programmi di immunizzazione. Verrà analizzato in dettaglio il caso del tetano e verranno quindi discusse brevemente le seguenti patologie potenzialmente
rilevanti nel comparto: salmonellosi, leptospirosi ed epatite E.
Key words: occupational zoonoses, biological risk, vaccination.
Tetano
ANIMAL BREEDING: IMMUNIZATION STRATEGIES.
Il tetano è una patologia infettiva acuta sostenuta da
una esotossina prodotta nell’organismo umano durante la
proliferazione del clostridium tetani, batterio sporigeno
anaerobio, gram positivo, ampiamente distribuito nel terreno, in cui le spore possono rimanere vitali per anni, nella
polvere e nelle feci degli erbivori. Il tetano può insorgere
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da ferite, anche lievi, contaminate da spore tetaniche, in
condizioni di scarso contenuto di ossigeno nei tessuti. Le
ferite lacero contuse, a margini non lineari, sono pertanto
terreno di germinazione ideale per le spore tetaniche e
sono tipica conseguenza, per esempio, dei morsi di animali e degli infortuni da impigliamento in ingranaggio
meccanico. Inoltre, la diffusa contaminazione delle superfici e degli strumenti di lavoro con detriti terrosi rende
ancor più significativo il rischio tetano in ambito agricolo.
La sintomatologia, caratterizzata da contrazioni muscolari
dolorose, è provocata dall’azione dell’esotossina tetanica
a livello della giunzione neuromuscolare. Il periodo di incubazione varia da 5 a 50 giorni. La gravità del quadro è
proporzionale alla dose di inoculo: sono possibili forme
localizzate, con interessamento di singoli gruppi muscolari, o generalizzate. Il tetano, soggetto a notifica obbligatoria entro 12 ore, può condurre a exitus per insufficienza
respiratoria dovuta a paralisi spastica.
La prevenzione consiste nell’immunizzazione attiva
con anatossina. La vaccinazione è obbligatoria dal 1938
per i militari e dal 1963 per i bambini nel 1° anno di vita
e per alcune categorie professionali più a rischio di contrarre infezione tra cui agricoltori e allevatori. L’incidenza
del tetano in Italia si è drasticamente ridotta dagli anni ’60
(1,4 casi notificati/100.000 abitanti) per poi conoscere un
plateau dal 1992 al 2000 con circa 0,2 casi/100.000 abitanti, in modo pressoché uniforme sul territorio nazionale
e in tutte le età. Gli ultrasessantaquattrenni presentano il
maggior tasso di incidenza, che è sovrapponibile tra maschi e femmine fino a 64 anni, mentre tra gli anziani sono
più colpite le donne (1).
Nell’ambito della sorveglianza sanitaria degli agricoltori lombardi effettuata dal Centro Internazionale per la
Salute Rurale dell’azienda Ospedaliera San Paolo, Polo
Universitario, di Milano (ICRH) si è deciso di procedere
ad un’indagine conoscitiva sullo stato di immunizzazione
verso clostridium tetanii. Si è deciso di utilizzare quale variabile indipendente lo stato di lavoratore migrante per
evidenziare eventuali differenze nel tasso di immunizzazione tra la popolazione autoctona e quella straniera. Infatti, mentre è certo che gli italiani vengono vaccinati da
giovani e che la maggior parte esegue i richiami in età lavorativa, l’entrata nel mondo lavorativo italiano di una
grossa componente di migranti impone di stabilire se essi
siano esposti allo stesso rischio o se invece costituiscano
una sottopopolazione ipersuscettibile. Per valutare le differenze tra gli italiani ed i migranti è stato condotto uno
studio esplorativo selezionando 117 lavoratori stranieri
(agricoltori ed allevatori, 113 maschi e 4 femmine), e un
pari numero di lavoratori italiani, addetto ad attività analoghe, tutti seguiti dall’ICRH. Per ciascuno di essi è stato
indagato lo stato vaccinale, suddividendo i lavoratori, in
base ai dati raccolti, nei seguenti 3 gruppi:
• 1: regolarmente vaccinato con adeguata informazione
sulla data di scadenza della copertura
• 2: non coperti da vaccinazione
• 3: non consapevoli del loro stato.
L’appartenenza a una delle suddette categorie è stata
confrontata per paese d’origine (italiani e migranti) e per
età (minori o maggiori di 50 anni). A questo proposito, è
303
noto infatti che il tasso di immunizzazione verso clostridium tetani conosce un drastico calo nella popolazione più
anziana (3).
I risultati dell’indagine anamnestica hanno mostrato
una probabilità di appartenere al gruppo 1 significativamente più elevata per gli italiani rispetto ai migranti (p
.038). Il rischio di non essere vaccinati è 5.8 volte maggiore nei migranti dell’est-Europa e di 4.6 volte in quelli
da altri paesi rispetto agli italiani (p. 002). Inoltre per ogni
anno di età aumenta del 5%, in tutti i gruppi, la probabilità
di non essere vaccinati (p .014). A seguito di tale osservazione, si è proceduto alla determinazione sierologica del
titolo anticorpale IgG verso clostridium tetani in un altro
campione di 100 lavoratori agricoli. I risultati, sintetizzati
nella figura 1, mostrano un quadro complessivamente
confortante: solamente il 4% dei soggetti è risultato privo
di protezione nei confronti di clostridium tetani, con un titolo anticorpale < 0,01 UI/ml. Il 6% ha una protezione immunologica dubbia (titolo anticorpale compreso tra 0,01 e
0,1UI/ml). La restante parte del campione è risultato invece coperto nei confronti di una possibile infezione tetanica, a diversi livelli di titolo anticorpale. Il dato indica
che molto spesso anche chi non è consapevole di avere
una copertura di fatto ne è invece provvisto.
Andando poi a confrontare i risultati ottenuti nella popolazione di lavoratori migranti con quelli ottenuti nella
Figura 1
Figura 2
304
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Salmonellosi. La salmonellosi è una possibile zoonosi
professionale prevenibile con adeguata immunizzazione attiva. In particolare, l’allevamento suinicolo e la macellazione possono essere ambienti ad alto rischio. Si distinguono forme tifoidee, sostenute da S. typhi e S. paratyphi
(febbre tifoide e febbri enteriche) e forme non tifoidee, sostenute S. typhimurium, S. enteritidis che danno luogo a
forme cliniche a prevalente manifestazione gastroenterica.
Animali domestici (polli, maiali, bovini, roditori, cani, gatti,
pulcini) e selvatici, compresi i rettili domestici (iguane, tartarughe d’acqua e piccoli volatili) ne sono i principali reservoirs e derivati animali quali carne, uova, latte crudi o non
pastorizzati e acque non potabili possono essere fonte di infezione. L’immunizzazione attiva è possibile solo per salmonella thyphii. Il vaccino orale è preparato con germi vivi
attenuati, mentre il vaccino iniettabile è costituito da polisaccaride capsulare purificato (Antigene Vi), agente di virulenza della salmonella typhi. Data la grande varietà di salmonelle non-tifoidee esistenti, però, non è stato ancora possibile mettere a punto un vaccino efficace ed applicabile su
larga scala per la prevenzione dell’infezione da salmonella
enteritidis e salmonella thyphimurium.
Leptospirosi. Il lavoro è un fattore di rischio significativo per l’uomo: maggior numero di infezioni sono documentate negli allevatori – soprattutto di suini – nei veterinari e negli addetti ai macelli (5). Nell’ambito della sorveglianza sanitaria dei lavoratori agricoli abbiamo effettuato
un’indagine sierologica per valutare la diffusione del contatto con leptospira interrogans. Sono stati analizzati i sieri
di 100 lavoratori del comparto agricolo. Il dosaggio delle
IgG ha dato i risultati illustrati in figura 3. Il dato più interessante è certamente l’osservazione che il 57% dei lavoratori appartenenti alla nostra casistica ha avuto in passato un
contatto con leptospira, indicando come il rischio leptospirosi sia ancora rilevante anche alle nostre latitudini e quindi
meritevole di attenzioni dal punto di vista preventivo. Andando poi a valutare i risultati per categorie lavorative, si
nota che tra i lavoratori non addetti alla cura degli animali
(giardinieri, trattoristi, viticultori) la percentuale di soggetti
che non hanno tracce sierologiche di avvenuto contatto con
leptospira interrogans sono più della metà, cioè il 57%,
contro il 33% rilevato tra gli allevatori di bovini e il 42%
degli allevatori di suini. Questo dato, preliminare, indicherebbe un maggior rischio di entrare in contatto con leptospira per gli addetti all’allevamento bovino rispetto a quelli
impiegati in suinicoltura, mentre i dati di letteratura suggerirebbero il contrario. Considerando poi le categorie di titolo anticorpale, si rileva che tra i soggetti risultati positivi
le diluizioni maggiori (1:16 e 1:32) sono di più frequente
riscontro negli allevatori di suini (figura 4).
Fino dagli anni ’20 sono stati utilizzati diversi vaccini
(a microrganismo ucciso, a batterio vivo attenuato o inattivato) sia per la protezione dell’uomo che per gli animali.
Le frequenti reazioni immunologiche avverse ne hanno
impedito però l’utilizzo su vasta scala e hanno dato inizio
ad una lunga fase di studi e sperimentazioni. Negli ultimi
anni sono stati studiati diversi vaccini [recombinant outer
membrane protein (OMP)] vaccine, vaccini vivi inattivati,
vaccini vivi attenuati. Sono state anche utilizzate frazioni
subcellulari quali il lipopolisaccaride di membrana (6).
Tuttavia, ad oggi, l’utilizzo di programmi di immunizzazione attiva contro leptospira spp non è diffusa in quanto
non è disponibile un vaccino che copra contro tutte le varianti sierologiche. Inoltre, in Italia, non è attualmente un
vaccino validato (7).
Epatite E. Il virus dell’Epatite E è un virus epatotropo
in grado di dare quadri di epatite acuta e subacuta con una
certa frequenza di forme cliniche fulminanti (1-12%).
Quadri di particolare severità sono possibili nelle donne
gravide, con mortalità fino al 40%. In letteratura sono diverse le segnalazioni di diffusione dell’epatite E tra i lavoratori del comparto suinicolo (8, 9). Un vaccino non è
Figura 3
Figura 4
popolazione “autoctona”, si nota come la popolazione italiana sia generalmente più protetta nei confronti dell’infezione tetanica, con il 97% dei soggetti dotati di una copertura anticorpale efficace sul medio-lungo termine, contro
l’87,5% dei migranti. Inoltre, tra gli italiani sono molto più
numerosi i lavoratori con una protezione valida sul lungo
periodo: quelli con titolo anticopale > 5 UI/ml sono il 39%
contro il 5% degli stranieri, come illustrato in figura 2.
Altre patologie prevenibili con vaccino
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305
Tabella I. Titoli di IgG antitetano sierici e approccio vaccinale consigliato
Titolo IgG antitetano (UI/ml)
Protezione
Approccio consigliato
<0,01
nessuna protezione
ciclo completo
0,01 - 0,1
dubbia
richiamo della vaccinazione e controllo sierologico dopo 4-8 settimane
0,1 - 0,5
a breve termine
richiamo
0,5 - 1
presente
controllo sierologico entro 3 anni
1-5
a lungo-termine
controllo sierologico entro 5 anni
>5
a lungo-termine
controllo sierologico entro 8 anni
attualmente disponibile ed è stata proposta la somministrazione di immunoglobuline alle donne gravide la cui efficacia rimane comunque dubbia. Nell’esperienza dell’ICRH, tuttavia, non sembra poter costituire un rischio rilevante per i lavoratori.
dei lavoratori sulle norme igieniche di base. Il corretto utilizzo di guanti, l’igiene delle mani, il divieto di fumo insieme al divieto di consumo di pasti o bevande durante il
lavoro in stalla da un lato, dall’altro la corretta manutenzione dei dispositivi di protezione individuale rivestono
un ruolo fondamentale nella prevenzione (4).
Discussione
Conclusioni
Alla luce di quanto sopra esposto, sembra che l’immunizzazione attiva possa essere un’efficace arma preventiva
solamente nei confronti dell’infezione da clostridium tetani. Per questo motivo, la puntuale verifica della regolarità dei richiami nella popolazione lavorativa agricola da
parte del medico competente è un momento fondamentale
nel corso della sorveglianza sanitaria dei lavoratori del
comparto agro-zootecnico. Nei casi in cui questo non sia
possibile perché, ad esempio, il lavoratore non possiede il
tesserino vaccinale, la determinazione del titolo anticorpale richiesta dal medico competente può definire la necessità di vaccinazione completa o di richiamo. In tabella
I seguente vengono sintetizzate le azioni da intraprendere
a seconda dei titoli anticorpali rilevati a livello sierologico. Certamente, essendo il rischio di iperimmunizzazione tutto sommato limitato, la strategia vaccinale più
adeguata (effettuare un singolo richiamo o richiedere un
intero, nuovo ciclo vaccinale) può essere decisa anche
solo su basa anamnestica, consapevoli che, in base ai nostri dati, nella maggioranza dei casi un semplice richiamo
sembra sufficiente.
Tuttavia, l’approccio preventivo più corretto deve prevedere una fase di informazione e formazione dei lavoratori in merito ai rischi correlati all’infezione tetanica. Tale
attività, che deve tenere conto delle differenze linguistiche
e culturali, deve essere completata anche da indicazioni
precise sul corretto trattamento delle ferite in modo da ridurre al minimo il rischio tetano in agricoltura.
Non pare invece motivata la somministrazione del vaccino contro leptospira (non disponibile in Italia) e salmonella (coprirebbe solo una minima parte delle infezioni,
ovvero quelle tifoidee). Nessun vaccino è disponibile per
l’epatite E (non disponibile). Si rende pertanto indicata
l’organizzazione di attività di formazione ed informazione
In conclusione, la sorveglianza sanitaria sul luogo di
lavoro effettuata dal Medico Competente costituisce
un’importante occasione per una corretta comunicazione
del rischio e la proposta di efficaci programmi di prevenzione basati non solo sulla vaccinazione ma anche e soprattutto sulla informazione e formazione degli addetti.
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Richiesta estratti: Claudio Colosio - Dipartimento di Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Milano, sezione Ospedale San
Paolo e Centro Internazionale per la Salute Rurale dell’Azienda Ospedaliera San Paolo, Polo Universitario, Via San Vigilio 43, 20142
Milano, Italy - Tel. 0281843465, E-mail: [email protected]
G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl, 306-309
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N. Biggi
Le vaccinazioni nel comparto dei servizi ambientali urbani
Medico Competente
RIASSUNTO. Introduzione. In Italia dal 1963 gli operatori
ecologici sono indicati fra i lavoratori da sottoporre
obbligatoriamente a vaccinazione antitetanica.
Materiali e Metodi. Nel corso degli anni sono numerosi altri
vaccini si sono aggiunti alla “strumentazione” della medicina
del lavoro per contrastare il rischio da agenti biologici.
Una approfondita valutazione del rischio, degli ambienti di
lavoro, delle modalità e degli strumenti di lavoro, può guidare
il Medico competente nella scelta del vaccino utile.
L’osservazione dell’andamento infortunistico rappresenta un
ulteriore strumento di controllo e di valutazione del rischio.
Risultati. Nessun caso di sieroconversione si è verificato
durante un decennio di osservazione e controllo in una grande
azienda del settore in Lombardia; il numero di vaccinazioni è
aumentato in ragione dell’accuratezza della sorveglianza
sanitaria.
Conclusioni. L’attenzione deve comunque restare alta
soprattutto per i lavoratori immigrati e per lavoratori anziani,
o malati affetti da patologie quali il diabete o stati di ridotta
immunocompetenza naturale o indotta da trattamenti
farmacologici.
Introduzione
Conosciamo le abitudini alimentari degli uomini primitivi attraverso i resti di cibo bruciato, le ossa spolpate e
tutto quanto rappresentava la loro pattumiera.
Nei secoli successivi, il formarsi di grandi centri urbani, prima in Grecia, poi a Roma e nell’impero, fece sì
che il problema si facesse rilevante e se ne interessassero
grandi personaggi storici come Aristotele e Giulio Cesare.
Nel medioevo le condizioni igieniche erano disastrose
in tutta l’Europa, con una coabitazione tra animali ed
umani assolutamente deleteria. Col rinascimento rinacque
anche una struttura urbana di pulizia e smaltimento dei rifiuti che si mantenne nei secoli successivi. Ma solo nella
seconda metà dell’ottocento, i comuni assunsero in proprio l’onere del servizio di pulizia stradale e sgombero e
smaltimento rifiuti e della tutela della salute dei propri dipendenti (5).
Parole chiave: rifiuti, rischio biologico, vaccini.
ABSTRACT. VACCINATIONS IN SERVICES OF RUBBISH COLLECTION.
Introduction. Till 1963 vaccinations against biological agents
are mandatory for street cleaners and workers employed in the
service of rubbish collection in Italy.
Materials and methods. The principal ways to choose the
specific and useful vaccine against the potential biological risk
are: 1) To make a careful risk assessment - having the
knowledge of fixtures and fittings and 2) To analize the injuries
story along the time.
Results. No cases of seroconversion showed (1999-2008) in ten
years of control in a big public company located in North of
Italy where the choice of vaccine for every kind of task is made
in reason of the really risk.
Conclusions. We have to play attention on a new kind of
problems that’s growing in West Countries managing active
immunisation: a) workers coming from every side of the world
with or without vaccinal protection and b) workers old, ill, with
natural or illnes caused immunodeficiency.
Key words: rubbish, biological risk, vaccines.
Materiali e metodi
Legislazione vigente - Misure preventive nei confronti
degli operatori dell’igiene ambientale da effettuarsi tramite
vaccinazioni risalgono al 1963 con la legge 5 marzo 1963
n. 292 in materia di obbligo di vaccinazione antitetanica
(già obbligatoria dal 1938 per i militari) (13) ed estesa a
tutta la popolazione dal 2° anno di età (nel 1968 la somministrazione è stata anticipata al primo anno di vita (14)).
Lo stesso per il vaccino contro l’epatite B introdotto
nel 1991 con la Legge 165 del 27 maggio 1991 (15) la cui
applicazione è stata chiarita dalla Circolare 4 ottobre
1991, N. 20 (pubbl. sulla G.U. n. 251 del 25 ottobre 1991)
(3) che prevedeva l’obbligatorietà per 2 categorie – neonati e adolescenti nel corso del 12° anno di vita – e all’art.
3 affermava il diritto ad ottenere la vaccinazione gratuita a
tutte quelle categorie di cittadini che, per motivi sociali, di
lavoro, di abitudini di vita, erano riconosciute a rischio per
epatite virale B, così come indicato all’art. 1 del D.M. 4
ottobre 1991: “c) alle vittime di punture accidentali con
aghi potenzialmente infetti” e“p) addetti ai servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti” (8).
Con il D.Lgs. 626/94 (6) e successivamente il D.Lgs.
81/2008 (7) si prescrivono le misure per la tutela della sa-
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307
lute e per la sicurezza dei lavoratori durante l’attività lavorativa in settori pubblici e privati. Il titolo X – Agenti
Biologici – definisce il campo di applicazione e indica le
attività lavorative nelle quali si può delineare rischio di
esposizione ad agenti biologici, nell’allegato XLIV sono
indicati gli addetti che prestano la loro “attività in impianti
di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti”.
All’art. 271. (Valutazione del rischio) al comma 1 si afferma che “Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio
… tiene conto… delle modalità lavorative”, al comma 2 “
… adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive … adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative” e all’art. 279, relativo alla sorveglianza
sanitaria, al comma 2 si esplicita che si individuano “le misure speciali di protezione … fra le quali: la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non
sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente”.
Valutazione del rischio
Le aziende di igiene urbana del suolo sono caratterizzate da un molteplice numero di servizi, ordinari e speciali, cui possono essere sottesi rischi diversi agli operatori, anche rispetto al solo rischio biologico e possono essere così raggruppati (1):
Servizi al territorio urbano - Raccolta rifiuti indifferenziati e differenziati presso utenze condominiali o cosiddette grandi utenze (ospedali, comunità, ristoranti).
Raccolta e pulizia mercati scoperti, pulizia stradale manuale e/o meccanizzata, pulizia tombini, caditoi e pozzetti
stradali, pulizia giardini: vialetti d’accesso e piazzole di
sosta, pulizia fontane con estirpazione alghe e diserbo
aiuole, pulizia utilities, quali: toilettes, aree cani con rimozione delle feci canine e sanificazione area, interventi
diurni e notturni sulle larve di zanzara e le zanzare adulte
presso i tombini fognari, pulizia ripe e fossi con rimozione
di discariche abusive e sgombero campi nomadi.
Servizi ai macchinari di raccolta e ai lavoratori - Lavaggio automatizzato e con lance manuali dei mezzi di
raccolta e delle camere di compattazione e sanificazione
cabine. Officine manutenzione:riparazioni meccaniche
motori, riparazioni componenti idrauliche e camere di
compattazione, riparazione impianti aspirazione, elettrauto, carrozzeria. Pulizia delle officine e degli spogliatoi.
Grandi impianti - Impianto di selezione e compattazione. Termovalorizzatore: vasca di contenimento, cernita,
carica del forno (gruisti), operazioni di manutenzione. Impianto di depurazione acque per depurare le acque reflue
civili e industriali. Impianto di compostaggio. Impianto lavaggio rifiuti provenienti dalla pulizia delle strade. Impianto di cernita e selezione del vetro.
Agenti biologici e comportamenti a rischio
Gli agenti biologici interessati sono numerosi, difficilmente qualificabili e quantificabili, ma inevitabilmente
presenti nei rifiuti, quali: batteri (enterococchi, clostridi, s.
aureus, ecc), virus (HBV, HAV, virus influenzali, virus enterici), funghi (aspergilli), parassiti.
Vie principali di esposizione: contatto muco cutaneo,
ferita da taglio o da punta, inalazione attraverso l’aerosol
che si può generare durante le principali operazioni manuali o meccanizzate di raccolta, trasporto, scarico, selezione o compattazione o comunque attività che comportano un disturbo del substrato sul quale i microrganismi si
trovano.
Le condizioni di lavoro: lavoro all’aperto, condizioni
climatiche estreme e l’esecuzione di azioni critiche, come:
raccolta manuale con i sacchi portati in prossimità del
corpo (cosce), raccolta rifiuti da piccoli contenitori, raccolta di rifiuti custoditi in ambienti umidi e chiusi (miceti,
aspergilli), spazzamento manuale e meccanizzato, facilitano l’esposizione. Così come comportamenti quali, mangiare, bere, fumare durante il lavoro e il mancato rispetto
dell’igiene personale e degli indumenti di lavoro sono rischi per la salute con possibile insorgenza di: infezioni virali, batteriche, micosi, allergie (10).
La valutazione del rischio può essere condotta con l’analisi della tipologia di infortuni accaduti durante l’anno,
così come prevede il programma della Riunione periodica
prevista all’art. 35, D.Lgs 81/2008 (7), con la conoscenza
di tutti i processi, gli strumenti e gli impianti utilizzati e
con rilievi ambientali sul campo.
Si riporta in tabella I, l’andamento del numero degli
infortuni per taglio e puntura d’ago avvenuti in una grande
azienda comunale di igiene ambientale (Amsa SpA) nel
decennio 1999-2008.È probabile il fenomeno della sottonotifica degli infortuni effettivamente accaduti, malgrado
la continua informazione degli operatori sulle procedure
da seguire in caso di infortunio e la promozione della pratica vaccinale.
La maggior parte degli infortuni da taglio e puntura
d’ago avviene nelle fasi di raccolta indifferenziata e pulizia mercati; la parte del corpo maggiormente interessata
è la parte inferiore del corpo, quando un sacco contenente
taglienti non visibili viene involontariamente a contatto
con gli arti inferiori durante le azioni di sollevamento e
traslazione. Risulta comunque impossibile individuare il
potenziale agente biologico con il quale sia venuto in contatto l’operatore.
Rilievi ambientali
Con un’indagine effettuata presso Amsa SpA (Milano)
si è cercato di caratterizzare il tipo di inquinamento attraverso l’uso di 5 indicatori di contaminazione microbica
Tabella I. Andamento infortunistico 1999-2008 per taglio e puntura d’ago - Amsa SpA
Anni
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Tot. Inf. 724 Tot. Inf. 722 Tot. Inf. 719 Tot. Inf. 536 Tot. Inf. 413 Tot. Inf. 376 Tot. Inf. 466 Tot. Inf. 460 Tot. Inf. 534 Tot. Inf. 569
Punture d’ago
26
10
14
14
10
15
19
32
31
9
Tagli
23
28
25
23
9
11
13
8
19
19
308
dell’aria in ambienti aperti e confinati: carica batterica totale, concentrazione di Stafilococchi, di Gram negativi totali e Gram negativi coliformi, e concentrazione di miceti
(lieviti e funghi). Tale analisi presenta il limite di fornire
un dato istantaneo e non ripetibile dell’esposizione solo su
ampie classi microbiche e diffusibili per via aerea. Riesce
a caratterizzare le attività, le postazioni, gli strumenti che
determinano una maggiore esposizione a particolato e aerosol.
Risultati
Dall’analisi degli infortuni, dalla conoscenza degli impianti, degli strumenti e delle modalità di lavoro emerge la
presenza di un rischio biologico non deliberato, ma di tipo
accidentale verso numerosi agenti biologici non specificamente individuabili se non per grandi classi e per i quali
valgono norme generali di igiene individuale sostenute da
azioni di prevenzione primaria, quali la corretta dotazione
dei presidi di protezione individuale (guanti, tute, maschere, ecc.) ed opportuni interventi tecnici a livello degli
impianti. Per altri agenti, notoriamente o potenzialmente
presenti negli specifici contesti operativi quali tetano,
HAV, HBV, Tifo e paratifo, Virus influenzale si può procedere alla protezione dei lavoratori anche con vaccini efficaci e altamente protettivi. Solo per HIV tale opportunità
non esiste a tutt’oggi.
Presso Amsa SpA nel corso del decennio 1999-2008
una attenta valutazione del rischio, la sorveglianza sanitaria puntuale a tutti gli operatori e mirata alle specifiche
attività alle quali i singoli venivano adibiti, ha fatto aumentare notevolmente il carico vaccinale del Servizio Sanitario. Non esistono altri dati oltre a quelli ovvi relativi
agli incrementi degli acquisti di dosi vaccinali e alla differenziazione dei tipi di vaccino, in quanto non esisteva un
sistema informatizzato per una analisi qualitativa delle
azioni svolte.
È certo che in 10 anni di sorveglianza sanitaria e di
monitoraggio del fenomeno infortunistico non vi è stato
nessun caso di siero conversione per HBV e HCV fra coloro che si sono sottoposti a follow-up post infortunio.
Tetano
Il minimo storico di casi di tetano in Italia si ha nel
2005 con 49 casi (11).
La legge 20 marzo 1968 (14) ha introdotto in Italia
l’obbligatorietà per i bambini al 3° - 5° - 11° mese con un
richiamo al 6° e 12° anno di vita (vaccino combinato difterite e pertosse). La prima dose di richiamo a distanza di
4-5 anni. Le successive dosi di richiamo a distanza di 10
anni.
Stessa schedulazione è prevista dal CDC Atlanta per
gli USA (2); lievemente diversa la schedulazione del
Green Book UK (12) Una particolare attenzione va prestata agli adulti non precedentemente immunizzati per il
tetano, come i lavoratori immigrati, o che non abbiano
provveduto ai richiami ogni 10 anni, come spesso accade
nelle donne, cui è sempre opportuno praticare un tetan test
per decidere la schedulazione da applicare.
G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl
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Epatite Virale B
Epidemiologia: l’OMS stima che 350 mln di persone
nel mondo siano affette da epatite cronica (16). Le aree del
mondo sono state classificate in base alla prevalenza di
HBsAg con endemicità: alta > del 8% (aree Sub-Sahariane, l’Asia e le isole del Pacifico), media fra il 2 e 8%
(l’area amazzonica, le parti meridionali dell’Europa centrale e dell’est, il medio oriente e il subcontinente Indiano), bassa < 2% (Europa occidentale e il Nord-America).
Schedulazione della vaccinazione anti Epatite B in Italia - USA UK (3) (2) (9).
Nei tre paesi la schedulazione segue lo stesso schema,
che non prevede richiami.
Problematici i soggetti non responder (10-15%) e gli
adulti non precedentemente immunizzati. Una bassa risposta si è rilevata nei soggetti di età superiore ai 40 anni,
è obesa e fuma, negli alcoolisti epatopatici, nei soggetti
immunocompromessi o in dialisi per i quali servono più
dosi di rinforzo. Negli adulti non precedentemente immunizzati è opportuno verificare il titolo anticorpale prima di
procedere al ciclo vaccinale (4).
Epatite Virale A
Epidemiologia: l’Epatite A è presente in modo sporadico o epidemico nel mondo intero con tendenza a ripresentarsi ciclicamente e causa circa 1,5 ml di epatiti/anno,
l’infezione è autolimitantesi e viene trasmessa per via orofecale o tramite cibo ed acqua contaminati o per contatto
e assistenza a soggetti infetti; la diffusione dell’epatite a si
è molto ridotta con il miglioramento delle condizioni igienico sanitarie;con la riduzione della copertura anticorpale
naturale molti adulti sono ora suscettibili (16) (12).
L’Epatite A in Italia: l’Italia è considerata un’area a
bassa (nord) e intermedia endemicità per l’epatite A (sud).
Schedulazione della vaccinazione anti Epatite A in
Italia - USA - UK (2) (9).
Nei tre paesi la schedulazione segue lo stesso schema,
di due dosi a distanza di 6 mesi l’una dall’altra e che non
prevede richiami.
Tifo e paratifo
È una malattia febbrile acuta sostenuta da salmonella
typhi. Endemica in Messico, Perù, Cile, India, Egitto, Indonesia, Pakistan (16). In Italia è endemica in Puglia, Sardegna, Campania e si contano alcune centinaia di casi
anno. Colpisce tutte le età ma soprattutto i giovani adulti.
La sorgente di infezione è il malato portatore o asintomatico e la trasmissione è fecale-orale.
Schedulazione della vaccinazione antitifica in Italia USA - UK (2) (9).
Vaccino VI polisaccaride: iniettabile: la risposta anticorpale è massima dopo un mese e persiste per tre anni
dopo i quali è necessario un richiamo.
Vaccino orale Ty21a: richiede una somministrazione in
tre giorni alternati ed è efficace nel 50-60%.
Influenza stagionale
A causa della loro natura mutevole i virus influenzali
sono monitorati dalla WHO in tutto il mondo. Ogni anno
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vengono fornite le informazioni relative ai ceppi che vanno
inseriti nei vaccini per l’inverno successivo. Per garantire
una continua protezione la somministrazione del vaccino
contenente il ceppo corrente deve essere annuale (16).
Conclusioni
È ampiamente dimostrato come migliori condizioni
igieniche generali associate alla somministrazione di vaccini efficaci abbiano fortemente ridotto nei paesi industrializzati del primo mondo morbilità e mortalità per patologie come tetano, HBV, HAV, Tifo e paratifo. Focolai
endemici sono ancora presenti anche in Italia ma in gruppi
di popolazione circoscritti e ben caratterizzati, e le casistiche fanno ormai riferimento a poche decine di
casi/anno. Poiché non è corretto sottoporre tutti i lavoratori a profilassi indiscriminate con vaccini seppur sicuri e
sperimentati, è solo attraverso una puntuale valutazione
del rischio che si riescono ad individuare rischi generali,
anche di tipo biologico – tetano, HBV –, comuni a tutte le
mansioni, e rischi specifici – HAV, tifo e paratifo – per i
quali sono necessarie profilassi vaccinali ad hoc. Un
nuovo cimento ci viene dai lavoratori immigrati che giungono a lavorare nel nostro paese senza aver sempre goduto
nei paesi di origine di un intervento sistematico da parte
delle strutture di igiene pubblica locali. Le stime WHO
sulle coperture vaccinali per le malattie sopraelencate
sono spesso ottimistiche e sottostimano lo stato reale del
problema. Così è richiesta al Medico competente “globale” la capacità di garantire per tutti i lavoratori la disponibilità di presidi che la legge prevede e che spesso sono
stati utilizzati nei paesi di origine in modo incompleto o
del tutto trascurati.
Infine, la presenza nei luoghi di lavoro di soggetti trattati per periodi definiti o in modo cronico con farmaci che
determinano immunodeficienza, deve far affinare la capacità di utilizzo di tutti gli strumenti di protezione nei confronti degli agenti biologici come sono i vaccini.
Ringraziamenti
Si ringrazia Amsa SpA Milano per la disponibilità mostrata nel
fornire i dati riportati in questo articolo.
309
Bibliografia
1) AAVV. Amsa 100 anni, Storia illustrata dell’igiene urbana a Milano,
Il libro dei 100 anni, http://www.amsa.it/gruppo/cms/amsa/progetti/amsa_100_anni.html
2) CDC, Centers for Disease Control and Prevention, Healthy living,
Vaccines and Immunization, Vaccine and Preventable diseases, Tetanus Vaccination, Hepatitis A Vaccination, Hepatitis B Vaccination,
Typhoid Fever Vaccination, http://cdc.gov
3) Circolare 4 ottobre 1991, N. 2. Disposizioni relative all’applicazione della legge 27 maggio 1991, n. 165 G.U. n. 251 del 25 ottobre
1991.
4) Circolare 10 dicembre 2000, Ministero della Sanità. Vaccinazione
per epatite B: precisazioni al DM 20/11/2000 (Aggiornamento del
protocollo per l’esecuzione della vaccinazione contro l’epatite virale B) e alla Circolare n. 19 del 30/11/2000 (Protocollo per l’esecuzione della vaccinazione contro l’epatite virale B).
5) Colussi P, Tolfo MG. Storia di Milano, La città, Milano tecnica, La
rete di raccolta dei rifiuti a Milano, 2006, RCM, Rete Civica di Milano.
6) Decreto Legislativo n. 626 del 19 settembre 1994. Supplemento ordinario n. 141 della G.U. n. 265 del. 12/11/1994.
7) Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Attuazione dell’articolo 1
della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e
della sicurezza nei luoghi di Lavoro, Supplemento Ordinario n.
108/L alla G.U. n. 101 30 aprile 2008.
8) Decreto Ministeriale 4 ottobre 1991. Offerta gratuita della vaccinazione contro l’epatite virale B alle categorie a rischio, G.U. n. 251
del 25 ottobre 1991.
9) Department of Health, Public Health, Green Book, Immunisation
against infectious disease, Chapter 17, Hepatitis A, updated 08/01/2009,
pag. 147, Chapter 18, Hepatitis B, updated 12/02/2009, pag. 167,
Chapter 19, Influenza, updated 29/10/2009, pag. 187, Chapter 30,
Tetanus, updated 10/08/2009, pag. 370, Chapter 33, Typhoid, updated 09/02/2009, pag. 412 http://dh.gov.uk
10) INAIL. La sicurezza per gli operatori della raccolta dei rifiuti e dell’igiene urbana, 2009, 66.
11) Istituto Superiore di Sanità, Centro Nazionale di Epidemiologia,
Sorveglianza e Promozione della salute, Tetano, TetanoEpicentroISS.htm, 22/12/2008.
12) Istituto Superiore di Sanità. Epidemiology of acute viral hepatitis:
twenty years of surveillance through SEIEVA in Italy and a review
of the literature, Rapporti ISTISAN 06/12.
13) Legge 5 marzo 1963, n. 292. Vaccinazione antitetanica obbligatoria,
G.U. n. 83 del 27 marzo 1963.
14) L. 20 marzo 1968, n. 419. Modificazioni alla legge 5 marzo 1963, n.
292, recante provvedimenti per la vaccinazione antitetanica obbligatoria, G.U. 19 aprile 1968, n. 100.
15) Legge 27 maggio 1991, n. 165. Obbligatorietà della vaccinazione
contro l’epatite virale B, G.U. n. 127 del 01/06/1991.
16) WHO. Health topics, Tetanus, Epatitis B, Epatitis A, Typhoid fever,
Influenza, http://who.int/topics
Richiesta estratti: N. Biggi, Medico Competente - Via Zanella 10, 20133 Milano, Italy - E-mail: [email protected]
G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl, 310-313
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© PI-ME, Pavia 2010
P. Bianco1, V. Anzelmo2
Lavoro all’estero: valutazione del rischio e prevenzione vaccinale
1
2
Servizio Sanitario RAI Radiotelevisione Italiana, Roma
Istituto di Medicina del Lavoro Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
RIASSUNTO. Il lavoratore che svolge attività lavorativa
all’estero si sposta dal paese di origine per svolgere la sua
attività professionale esponendosi a rischi non presenti nel
paese di origine, che si sovrappongono a quelli correlati alla
mansione. Questi rischi sono legati al viaggio, all’area
geografica di destinazione, al clima, alla presenza di vettori di
infezione, alle variabili socioeconomiche, alle condizioni
igieniche del paese ospitante. La valutazione del rischio per
questa tipologia di lavoratori risulta complessa e richiede
apporti multidisciplinari. Correttamente impostata permette
di individuare i parametri necessari a predisporre strategie
preventive adeguate. In particolare, la valutazione del rischio
biologico in rapporto alle aree di destinazione permette di
stabilire programmi vaccinali che prevengono malattie
infettive gravi. Il medico del lavoro deve stabilire programmi
di sorveglianza sanitaria nei quali i protocolli vaccinali devono
essere rapportati alle aeree geografiche. Importanti risultano i
percorsi aziendali di formazione/informazione per completare
la tutela attraverso misure comportamentali.
ABSTRACT. WORKING ABROAD: RISK ASSESSMENT AND
IMMUNIZATION. The workers travelling abroad by country of
origin to carry on the job puts at risk not present in the country
of origin, which overlap those related to the job profile. These
risks are related to the trip, the geographic area of destination,
the climate, the presence of vector, the socio-economic variables,
the hygienic conditions of the host country. The risk assessment
for workers abroad is complex and requires multidisciplinary
inputs. Correctly performed, the risk assessment identifies the
parameters needed to develop appropriate preventive strategies.
The assessment of biological risk related to the geographic areas
identifies immunization programs that prevent serious infectious
diseases. The occupational physician must establish health
surveillance programs in which the vaccination schemes should
be related to geographical areas. Training and information
company programs to complete protection through hygienic
measures.
Key words: risk assessment, working abroad, immunization.
Introduzione
Ogni anno 18 milioni di italiani si recano all’estero. Lo
scopo del viaggio nel 70,9% è il turismo, nel 25,4% le
viste a parenti e amici, nel 9,5% il lavoro, nel 2,8% la ricerca e lo studio, nel 2,3% i motivi religiosi. Nel mondo
ogni anno viaggiano 763 milioni di persone, cifra destinata a raddoppiare nel 2020. L’attuale sistema economico
mondiale è basato sul trasferimento di materie prime, di
tecnologie, di conoscenze, ma anche su un incremento del
flusso di risorse umane. Questo flusso di persone costituisce una notevole migrazione internazionale per motivi
di lavoro, con spostamenti di varia durata, in aree geografiche diverse dal paese di origine, per lo svolgimento di attività lavorative di produzione, di servizi, di manutenzione, di commercializzazione. Numerosi viaggiatori-lavoratori si spostano da aree industrializzate in aree a basso
sviluppo socio-economico, raggiungendo destinazioni
anche remote. Risulta aumentato non solo il volume dei
viaggiatori-lavoratori, ma soprattutto la capacità di penetrazione dei trasporti con conseguente possibilità di immediata contaminazione e/o esposizione a condizioni e
fattori di rischio infettivo prima localizzati e caratterizzati
da minore diffusibilità. Il lavoratore-viaggiatore che si
sposta dal paese di origine in altre aree geografiche per
svolgere la sua attività professionale va incontro a disadattamenti fisiologici e psicologici e a rischi per la salute;
infatti viaggia per necessità e non per turismo, per svolgere un’attività su richiesta di un’azienda, non sceglie il
luogo, l’itinerario e la durata del soggiorno; ha obblighi di
risultati ed efficienza durante il lavoro; il viaggio e gli altri
costi sono a carico dell’azienda. La medicina del lavoro si
confronta in questo particolare settore, che coinvolge un
numero sempre più elevato di lavoratori, con problematiche articolate per la tutela della salute, che si sovrappongono a quelle codificate dal comparto specifico lavorativo,
rappresentate dal viaggio, dai fattori climatici, dai vettori
di infezioni, dalle variabili culturali e socioeconomiche
dei paesi di destinazione. La gestione della tutela preventiva di questo settore ha configurato un’area multidisciplinare definita “international occupational medicine” e/o
“occupational and travel medicine”. Infatti l’attività lavorativa all’estero, la tipologia dei rischi e la durata dell’impegno in area geografica differente dall’insediamento pro-
G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl
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duttivo sul territorio nazionale, ha fatto emergere nella disciplina di medicina del lavoro complesse tematiche, in
termini di riferimenti normativi e di metodologie adeguate, per attuare interventi preventivi per lo svolgimento
dell’attività del lavoratore nel paese ospitante, nelle migliori condizioni di sicurezza e di tutela della salute e nel
rispetto della normativa vigente. Le attività preventive devono mirare in analogia a quanto accade in altri comparti,
a tutelare la salute del lavoratore-viaggiatore e ad ottimizzare la capacità del medesimo di svolgere in sicurezza la
propria mansione.
Normativa
Il lavoro all’estero è stato classificato, nell’ambito
delle linee guida della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (2004), come attività atipica che
presenta flessibilità di impiego ed è caratterizzata, oltre
che dai rischi della mansione, da fattori correlati alle condizioni di soggiorno del paese ospitante. Per molti anni il
riferimento legislativo è stato il Regolamento Sanitario Internazionale (R.S.I.) del 1969 (pur con le modifiche del
1973 e del 1981) e recepito in Italia con la legge n. 106 del
1982, nonostante la presenza di un numero cospicuo di
aziende che già svolgevano parte della loro attività all’estero. Successivamente il DLgs 626/94 introduceva la valutazione dei rischi negli ambienti di lavoro e dedicava il
titolo VIII alla protezione da agenti biologici, prevedendo
tra le misure preventive, la messa a disposizione da parte
del datore di lavoro di vaccini. Questo decreto ha configurato per circa quindici anni il perimetro normativo nel
quale si inseriva la peculiarità della tutela del lavoro all’estero. Il lavoro all’estero è attualmente normato dal DLgs
81/08, integrato dal recente DLgs 106/09, sia nell’ambito
delle misure generali di tutela (Titolo I) sia con un titolo
specifico (Titolo X “Esposizione ad agenti biologici”). Il
nuovo RSI, entrato in vigore il 15 giugno 2007, rappresenta l’altro riferimento legislativo di rilievo per la tutela
del lavoratore-viaggiatore, in particolare per le numerose
indicazioni sul rischio infettivo.
311
Metodologia della valutazione del rischio
La metodologia della valutazione del rischio per il lavoro all’estero si basa su parametri codificati che devono
considerare: 1) rischi legati al comparto produttivo dell’azienda; 2) rischi legati alla mansione specifica (esposizione a fattori di rischio “tradizionali”: movimentazione
manuale di carichi, lavoro in quota, lavoro a turno, sostanze chimiche, rumore); 3) rischi legati all’ambiente
confinato di lavoro in cui la mansione viene svolta nel
paese di destinazione (standard di sicurezza adottati e tecnologie a disposizione); 4) rischi legati all’area geografica
e al paese di destinazione; 5) frequenza dei viaggi e tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati (tabella. I). Ulteriori
elementi sono rappresentati dalla classificazione dei lavoratori in rapporto alla durata del soggiorno: soggiorni di
lunga durata (anni); rotazioni regolari in aree geografiche
diverse; soggiorni ripetuti e di breve durata nella stessa
area geografica o in aree geografiche diverse. Il rischio di
contrarre malattie infettive durante il soggiorno all’estero
è costantemente presente per i lavoratori-viaggiatori. La
valutazione del rischio biologico deve considerare tutti i
parametri che ne configurano l’entità: la frequenza e l’incidenza della malattia; il grado di contagiosità dell’agente
infettante, la severità della malattia, la gravità delle complicanze; il costo individuale e sociale. Inoltre deve essere
completata dalla valutazione delle misure di prevenzione.
La sintesi anglosassone del risk assessment è rappresentata dalla sequenza, soprattutto per i cosiddetti itinerari variabili, “where, when, why, what and how”. La valutazione dei rischi rappresenta lo strumento metodologico
per attuare il cosiddetto “risk management”. Questo prevede innanzitutto un’adeguata organizzazione aziendale
che coinvolga le varie componenti interessate ai programmi preventivi: il medico del lavoro e/o un servizio sanitario aziendale, i settori aziendali interessati al viaggio e
all’attività lavorativa all’estero, la “travel clinic” di riferimento e altre istituzioni. Il Bureau International du Travail
già nel 1998 ha fornito indicazioni organizzative di questo
tipo per la gestione delle attività lavorative all’estero.
Tabella I. Metodologia di valutazione del rischio per attività lavorativa all’estero
312
G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl
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collaterali locali e generali. Non esistono controindicazioni
alla somministrazione contemporanea di più vaccini; l’impiego di vaccini combinati può ridurre il numero richiesto di
iniezioni. In alcuni casi è opportuno l’utilizzo di schemi accelerati di vaccinazione per proteggere soggetti in partenza
senza adeguata programmazione, con “imminente” rischio
di infezione. Questi schemi accelerati sono applicabili per
l’epatite A e B, l’encefalite giapponese, l’encefalite da
zecche. I protocolli vaccinali predisposti fanno parte dei
programmi di sorveglianza sanitaria e sono esplicitati nell’informazione trasmessa ai lavoratori e ai loro rappresentanti per la sicurezza. La vaccinazione rappresenta un atto di
prevenzione primaria di grande efficacia, senza inconvenienti se si rispettano le regole di buona pratica e con rapporto costi-benefici favorevole se si considerano gli effetti a
distanza. In ogni caso, nei confronti del rischio infettivo devono essere applicate tutte le altre misure aspecifiche di protezione personale di tipo igienico-comportamentale. Il programma di sorveglianza sanitaria per il lavoratore all’estero
è rappresentato da fasi operative attuate dal medico del lavoro competente prima della partenza e comprende tappe
codificate (figura 1): 1) conoscere in tempi brevi la destinazione del lavoratore; 2) attivare il programma sanitario comprendente la visita medica, gli accertamenti emato-chimici e
strumentali, vaccinazioni, informazione e formazione dei lavoratori; 3) completare il programma prima della partenza;
4) formulare il giudizio di idoneità. Sono previsti accertamenti di approfondimento, di secondo livello, in relazione al
tempo di permanenza all’estero, all’età del soggetto e ad
eventuali stati patologici preesistenti.
La strategia vaccinale e protocolli vaccinali per aree di destinazione
La strategia vaccinale si basa sulla individuazione e il
completamento di cicli vaccinali in rapporto ai seguenti parametri: paese di destinazione; stato di salute ed età del lavoratore; immunizzazioni preesistenti; stagione del viaggio;
aree lavorative (urbane/extraurbane); durata della permanenza all’estero; tempo disponibile prima della partenza;
eventuale presenza di epidemie nelle aree di soggiorno. Le
vaccinazioni per il lavoratore-viaggiatore sono distinte in
vaccinazioni obbligatorie per determinati paesi (febbre
gialla, meningite meningococcica); vaccinazioni di base o
immunizzazioni di routine (difterite, tetano, pertosse, epatite
B, morbillo, parotite, rosolia, poliomelite); vaccinazioni raccomandate in rapporto all’area geografica di destinazione
(epatite A, febbre tifoide, influenza, encefalite giapponese,
malattia meningococcica, encefalite da zecche, rabbia). Per i
lavoratori che viaggiano e soggiornano all’estero sono stati
individuati schemi di protocolli vaccinali per aree di destinazione, tenendo conto delle numerose variabili considerate
in fase pre-viaggio, che configurano i profili di rischio infettivo. Sono stati individuati, sulla base dell’esperienza pluriennale congiunta di travel clinic, istituti universitari e servizi sanitari aziendali, tre schemi di protocolli vaccinali, utilizzando vaccini combinati (tabella II). La schedula di vaccinazione prevede che tutti i vaccini possano essere somministrati nella stessa seduta, in diverse sedi, senza interferenze
nelle risposte anticorpali. La somministrazione simultanea
dei vaccini è agevole, sicura ed efficace, con scarsi effetti
Tabella II. Schema di vaccinazioni per area geografica
AFRICA SUB-SAHARIANA
Vaccini somministrabili simultaneamente in rapporto all’area
geografica ed ai parametri di valutazione pre-viaggio
CINA, SUBCONTINENTE INDIANO, SUD-EST ASIATICO
Vaccini somministrabili simultaneamente in rapporto all’area
geografica ed ai parametri di valutazione pre-viaggio
AMERICA MERIDIONALE, CENTRALE, AREA CARAIBICA
Vaccini somministrabili simultaneamente in rapporto all’area
geografica ed ai parametri di valutazione pre-viaggio
–
–
–
–
–
–
–
–
Combinato antiepatite A-B
Combinato anti-difto-tetano-polio
Antiamarillico
Antimeningite meningococcica
Antipneumococcico
Antitifico
Eventualmente antirabico pre-esp.
Anticolerico per os
–
–
–
–
–
–
–
Combinato antiepatite A-B
Combinato anti-difto-tetano-polio
Antimeningite meningococcica
Antipneumococcico
Antitifico
Antinfluenzale nel periodo epidemico
Antiencefalite giapponese (in base a tempo di permanenza,
stagione, visita in aree rurali, etc.)
– Eventualmente antirabico pre-esp.
– Anticolerico per os
–
–
–
–
–
–
–
–
Combinato antiepatite A-B
Combinato anti-difto-tetano-polio
Antimeningite meningococcica
Antitifico
Antipneumococcico
Antiamarillico (zone amazzoniche)
Anticolerico per os.
Eventualmente antirabico pre-esp.
G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl
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313
Figura 1. Schema di prevenzione vaccinale
Conclusioni
Bibliografia
La valutazione del rischio per il lavoro all’estero risulta particolarmente complessa e articolata per le numerose variabili sopra riportate. I criteri generali individuati necessitano di opportuni adattamenti alle diversificate realtà produttive. In questo modo è possibile realizzare i successivi interventi preventivi sia sanitari che
formativi per tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore-viaggiatore e ottimizzare lo svolgimento della mansione.
L’immunizzazione attiva rappresenta uno strumento
preventivo primario per i lavoratori-viaggiatori, e gli
schemi di vaccinazione in rapporto all’area di destinazione costituiscono una valida metodologia applicativa.
1) Bianco P, Anzelmo V, Castellino N. Linea Guida per le vaccinazioni
negli ambienti di lavoro. In: Apostoli P., Imbriani M., Soleo L.,
Abritti G., Ambrosi L. (Eds): Linee guida per la formazione continua
e l’accreditamento del medico del lavoro. Tipografia PI-ME Editrice,
Pavia, 2006, volume 19, 95-182.
2) Bianco P, Ieraci R, Comito M., Anzelmo V. Metodologia della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria per i lavoratori all’estero. Atti Convegno Società Italiana di Medicina dei Viaggi e delle
Migrazioni (SIMVIM): “Il medico competente e gli aspetti metodologici, preventivi e gestionali per la tutela del lavoro all’estero”.
Roma 13 settembre 2008, 6-10.
3) Anzelmo V, Ieraci R, Comito M, Staiti D, Bianco P. Vaccinazioni nei
lavoratori all’estero: protocolli predisposti per aree geografiche di destinazione. Atti 71° Congresso Nazionale Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale Palermo 2008. G Ital Med Lav
Erg 2008; 30:3 (2), 443-444.
Richiesta estratti: Paolo Bianco - Servizio Sanitario Aziendale, RAI Radiotelevisione Italiana, Viale Mazzini 14, 00195 Roma, Italy E-mail: [email protected]