Rischio biologico e vaccinazioni
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Rischio biologico e vaccinazioni
G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl, 295-313 http://gimle.fsm.it RISCHIO BIOLOGICO E VACCINAZIONI © PI-ME, Pavia 2010 G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl, 296-297 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2010 F. Grimaldi, A. Sancini, R. Giubilati Malattie infettive: prevenzione e infezioni emergenti “Sapienza” Università di Roma, Unità Operativa di Medicina del Lavoro, Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico-Legali e dell’Apparato Locomotore, Roma RIASSUNTO. Attualmente si stima che circa 15 milioni (>25%) dei 57 milioni di decessi per anno globali siano direttamente correlati con le malattie infettive, in questa stima tuttavia non vengono incluse le conseguenze tardive della malattia streptococcica o la cirrosi o l’epatocarcinoma correlate con l’infezione cronica da virus HCV/HBV/HDV. Le malattie emergenti o riemergenti sono parte integrante della patologia infettiva generale. Le epidemie sono sicuramente conseguenze di dinamiche biologico-evolutive causate dall’uomo stesso. Un insieme di circostanze quali la crescita della popolazione mondiale, la maggior mobilità umana, lo sviluppo di nuove tecnologie in campo bio-medico, l’elevata incidenza d’immuno-depressione, il cambiamento delle pratiche agro-alimentari, della zootecnia, della catena di produzione alimentare intensiva, dello sviluppo di nuove sorgenti energetiche (biomasse), contribuiscono probabilmente alla diffusione di agenti infettivi. L’elemento comune di molti agenti infettivi emergenti o riemergenti è quello di essere virus ad RNA a singola elica. Gli spazi lasciati vuoti dalle malattie infettive classiche tendono ad essere colmati da nuove “infezioni emergenti” potenzialmente ad elevato rischio. Si deve considerare che il 60% della biomassa del pianeta è costituita da microrganismi e solo circa l’1% delle specie microbiche presumibilmente esistenti è oggi conosciuto; esiste un immenso serbatoio di materiale genetico microbico ancora sconosciuto e che inoltre è continuamente soggetto a mutazioni, ricombinazioni, riassorbimento con acquisizione di nuove potenzialità biologiche. L’uomo nel XIX secolo (definito secolo veloce) ha cambiato lo stile di vita, i comportamenti, le condizioni strutturali in cui vive la società umana, tutto ciò non poteva non modificare i rapporti dell’essere umano con il mondo dei microarganismi. L’emergere di nuove infezioni non è un evento nuovo, nuova è invece l’accelerazione di nuove segnalazioni legate al rapido e continuo modificarsi del contesto epidemiologico. Microrganismi ”nuovi” possono indurre quadri clinici particolarmente gravi in quanto operano su una popolazione scoperta da ogni forma di immunità. È inoltre da segnalare, per il suo progressivo sviluppo nei paesi più industrializzati (Stati Uniti, Giappone, Europa), un vasto settore per il quale è ipotizzabile l’esistenza di un’esposizione a microrganismi potenzialmente pericolosi e che comprende i processi tecnologici a base biologica. Questo ambito viene fatto rientrare nel più generale termine di biotecnologia, definita dalla Organization of Economic Cooperation and Development (OECD, 1986) come “l’applicazione dei principi della scienza e dell’ingegneria al trattamento di materiali mediante agenti biologici nella produzione di beni e servizi”. Negli ultimi 50 anni sono stati isolati due nuovi microrganismi patogeni per l’uomo, entrambi rappresentati da virus RNA:HIV 1 e 2 ed il Coronavirus SARS-associato. ABSTRACT. INFECTIOUS DISEASES: PROPHYLAXIS AND EMERGING Nowadays, environ 15 milions (>25%) in 57 milions of global deaths per year are considered to be related with infectious diseases; however this estimate doesn’t include the late consequences of streptococcal disease, or cirrhosis or HCC related with cronical infection by HCV/HBV/HDV. Emerging or re-emerging diseases are a part of infectious pathology. Surely, epidemics are consequences of biological-evolutionary dynamics, provoked by man himself. Various circumstances could concur to the spread of infectious agents, as the growth of world population, the increased human mobility, the development of new technologies in biomedical field, the high incidence of immunosuppression, the changing of food practices, of zootechny, of intensive food production chain, of development of new energy sources (biomass). Lots of emerging or re-emerging infectious agents are singlestranded RNA viruses. New “emerging infections”, potentially at high risk, tend to “fill in the blanks” that have been left empty by classical infectious diseases. Environ 60% of the biomass of Earth is composed by microorganisms and only 1% of maybe existent microbial species is nowadays known; it exists a vast reservoir of microbial genetic material that is still unknown and that always undergoes mutations, recombinations, resorption with acquisitions of new biological capabilities. Man in XIX century (defined as “fast century”) changed his lifestyle, behaviors, structural conditions where human society lives; all that changed the relations between human being and microorganisms. The emerging of new infections isn’t a new event, while is a new event the acceleration of new reports linked to the fast and continuous modification of epidemiological context. “New” microorganisms could induce very severe clinical conditions, because they work on a population that is uncovered by any form of immunity. A broad field for which the existence of an exposition to potentially dangerous microorganisms is conceivable, and that includes technological processes based on biological, has to be reported because of its progressive development in the most industrialized countries (USA, Japan, Europe). This field is inlcuded in the wider term “biotechnology”, defined by the Organization of Economic Cooperation and Development (OECD, 1986) as “the application of the principles of science and engineering to the treatment of materials through biological agents in the production of goods and services”. In the last 50 years two new microorganisms, pathogen for humans, have been isolated, both RNA virus: HIV 1 and 2 and the Coronavirus SARS-associated. The Coronavirus SARSassociated is a completely new RNA virus because, of all the known Coronavirus, genetically it represents a group to itself (group IV) otherwise it comes from a very early divergence in group II. The main variants of the influenza virus and the human infection by the bird flu virus represent the most important INFECTIONS. G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it Il Coronarovirus associato alla SARS è un virus ad RNA del tutto nuovo in quanto geneticamente di tutti i Coronarovirus noti, costituisce un gruppo a sé (gruppo IV) oppure è frutto di una precocissima divergenza del gruppo II. Le varianti maggiori del virus dell’influenza e l’infezione nell’uomo del virus dell’influenza aviaria rappresentano gli esempi più significativi di infezioni emergenti sostenute da trasformazioni geniche di virus noti. Sono note nell’ultimo secolo la Spagnola 1918 (HINI), l’Asiatica 1957 (H2N2), la HongKong 1968 (H3N2), la loro periodicità potrebbe far supporre in tempi prossimi l’emergenza di una nuova variante maggiore. Fenomeno noto è il passaggio diretto di un virus aviario all’uomo, l’anno 2004 ha visto la più estesa pandemia da virus dell’influenza aviaria sostenuta da vari ceppi: H5N1, H7N1, H9N1, H5N2. Particolare attenzione merita il virus dell’encefalite West Nile, attualmente endemicamente presente in 46 stati americani, anche se non ancora chiara è la storia della migrazione negli USA. Da rilevare inoltre la pericolosità del virus Ebola, contro il quale non esiste ancora alcuna cura. La sua prima apparizione risale negli anni ’70 in Africa, periodicamente, insieme ad altre febbri emorragiche come quella di Marburg, il virus si manifesta in quanto non è stato ancora individuato l’agente animale o vegetale portatore sano della malattia. Alla luce delle infezioni emergenti o riemergenti sopradette, bisogna rilevare che l’incremento della vita media della popolazione è sicuramente in parte legato a tutte le misure di profilassi collettive ed individuali che nel corso dei secoli sono state individuate e messe a punto grazie alla moderna microbiologia che ha permesso la produzione di vaccini sempre più sicuri e immunogeni e di farmaci antimicrobici sempre più specifici che hanno fortemente mitigato la prima causa di morte per millenni rappresentata dalle infezioni. I vaccini rappresentano una valida arma di prevenzione, infatti la loro somministrazione comporta nell’organismo che lo riceve una risposta immunitaria tale da determinare la protezione nel soggetto vaccinato dall’antigene specifico. I vaccini, inoltre, hanno un valore protettivo non solo sul “vaccinato” ma su tutta la popolazione generale, in quanto riducono la circolazione dell’agente eziologico. È comunque nota la possibilità di “effetti collaterali indesiderati” legati alle caratteristiche proprie del vaccino, tanto che la comunità scientifica ha sempre cercato di potenziare la ricerca di vaccini più sicuri e tollerabili non a scapito dell’immunogenicità. Prima dell’introduzione delle vaccinazioni, intorno agli anni 50, la poliomielite era una patologia endemica presente nella maggior parte della popolazione in forma asintomatica (95% dei casi) e che si manifestava nella sua forma più grave, con paralisi, in circa l’1-2% dei casi. Diffusa in tutto il mondo, la poliomielite dava origine ad epidemie periodiche soprattutto nelle popolazioni industrializzate. 297 examples of emerging infections caused by genetic transformations in known virus. In the last century, the Hispanic 1918 (H1N1), the Asiatic 1957 (H2N2), the Hong Kong 1968 (H3N2) are well known; their periodicity could make suppose the emergency of a new greater variation in a short time. The direct passage of an avian virus to human is well known; in 2004, the widest pandemia by avian influenza virus, supported by various strains (H5N1, H7N1, H9N1, H5N2) took place. Encephalitis virus West Nile should be especially considered; it’s now endemic in 46 american States, even if the history of migration in USA isn’t yet clear. Also the dangerousness of Ebola virus, against which there is no cure, has to be underlined. Its first apparition took place in 70es in Africa; the virus still occurs periodically, together with other haemorrhagic fevers as Marburg, because the animal or vegetable healthy carrier hasn’t been identified still. Considering emerging or re-emerging infections, it has to been considered that the increase in the average life of population is certainly related, in part, with the various collective and individual preventive measures that have been discovered and developed in centuries; this has been possible thanks to modern microbiology, that allowed the production of increasingly safe and immunogenic vaccines and of antimicrobial drugs that strongly reduced the infections, first cause of death along millennia. Vaccines are effective preventive weapon; in fact their administration provokes an immune response that defends from the specific antigen. In addiction, vaccines protect not only the vaccinated subject, but also the entire population, because they reduce the circulation of the etiologic agent. However, it is well known the hazard of “adverse effects”, related with the features of the vaccine, so the scientific community always tried to increase the research of safer and more tolerable vaccines, not reducing their immunogenicity. Before the introduction of vaccines, in 50es, polio was an endemic illness, asymptomatic in most of the population (95% of cases), and manifested in its most severe form (paralysis) in 1-2% of cases. Spread throughout the world, polio provoked periodical epidemics, especially in industrialized populations. Key words: emerging infections, vaccines, prophylaxis. Parole chiave: infezioni emergenti, vaccini, prevenzione. Richiesta estratti: Prof.ssa Franca Grimaldi - E-mail: [email protected] G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl, 298-301 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2010 S. Porru, M. Campagna, C. Arici, J. Fostinelli, B. Tonozzi, D. Placidi Il Medico Competente e le vaccinazioni nel settore della sanità. Evidenze scientifiche e buone prassi Dipartimento di Medicina Sperimentale ed Applicata, Sezione di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale, Università di Brescia Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro, Università di Brescia RIASSUNTO. La tematica del Rischio biologico (RB) negli ambienti di lavoro sanitari è sempre di interesse, per i potenziali gravi effetti sulla salute cui possono essere esposti gli operatori sanitari (OS) e per la non totale efficacia della prevenzione primaria. Per alcuni Agenti biologici risultano oggi disponibili vaccini, che rappresentano uno degli strumenti più efficaci nel prevenire e controllare il rischio di infezioni e la diffusione in ambito nosocomiale (rischio verso pazienti, colleghi). Tuttavia la gestione delle pratiche vaccinali negli ambienti sanitari può presentare diverse criticità. Lo studio valuta le evidenze scientifiche e dei risultati di uno studio multicentrico (9 ospedali con circa 32000 OS esposti a RB) e propone “buone” prassi per la gestione delle vaccinazioni, con evidenziazione del ruolo del Medico Competente in un contesto multidisciplinare. Parole chiave: vaccinazione, operatori sanitari, buone prassi, medico competente. ABSTRACT. VACCINATIONS FOR HEALTH CARE WORKERS EXPOSED Evidences and good medical practices. Biohazard in healthcare settings is an issue for Occupational Physician (OP), owing to the potential relevant adverse effects for health care workers (HCW) and for the non complete effectiveness of primary prevention. Vaccination represents an effective tool to minimize risk of occupational and nosocomial transmission for many relevant communicable diseases. Implementation of vaccination campaigns may however present some critical aspects. The present study evaluates available scientific evidences and reports an Italian multicenter study (9 Hospitals, 3200 HCW), suggesting good medical practices in vaccination, while highlighting the role of the OP in a multidisciplinary context. TO BIOHAZARD. Key words: vaccination, health care workers, good medical practice, occupational physician. Introduzione La tematica del Rischio biologico (RB) negli ambienti di lavoro sanitari è oggetto di interesse, per varie ragioni, tra cui: il miglioramento tumultuoso delle conoscenze scientifiche, le novità introdotte da direttive Europee e normativa italiana, la percezione e gestione del rischio da parte di lavoratori, datori di lavoro, Medici Competenti (MC), l’elevato numero di lavoratori potenzialmente esposti, i potenziali gravi effetti sulla salute e i relativi costi, diretti e indiretti, sanitari e non sanitari, le responsabilità individuali, le problematiche attinenti a metodologie e significato di valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria. Sono numerosi gli agenti biologici (AB) cui possono essere esposti gli operatori sanitari (OS); l’elenco dei casi di infezioni occupazionali negli OS riportati in letteratura comprende la maggior parte dei patogeni conosciuti ed emergenti. Una recente revisione della letteratura ha evidenziato pubblicazioni relative a 60 diversi patogeni. La letteratura descrive inoltre negli OS elevato rischio attribuibile e significativo incremento dei tassi di mortalità per alcune patologie emotrasmesse quali epatite B (HBV), epatite C (HCV) e HIV. Sono numerose inoltre le segnalazioni di infezioni occupazionali negli OS di patologie da virus aerotrasmessi come parotite (P), rosolia (R), varicella (V) e morbillo (M) o tubercolosi (TB) che in taluni casi si sono rivelati anche fonte di malattia per colleghi e pazienti. È noto come – oggi anche per disposizioni di legge – l’attività del MC debba essere svolta seguendo gli indirizzi scientifici più avanzati, secondo i principi della Medicina del lavoro e del Codice Etico dell’ICOH. La normativa italiana (DLgs 106/09) pone in capo al Datore di Lavoro l’obbligo di adottare, su conforme parere del MC, misure protettive particolari per quei lavoratori, per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, tra cui: messa a disposizione di vaccini efficaci per lavoratori che non sono già immuni all’AB presente nella lavorazione da somministrare a cura del MC. Inoltre, il MC fornisce ai lavoratori adeguate informazioni su vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e non vaccinazione. Secondo la norma, “buone prassi” sono soluzioni organizzative e procedurali coerenti con la normativa vigente,finalizzate a promuovere la salute e la sicurezza sui G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi ed il miglioramento delle condizioni di lavoro. La vaccinazione dei lavoratori suscettibili in ambiente sanitario rappresenta una misura tra le più efficaci nel contenere il RB e può pertanto essere considerata, oltre che un obbligo normativo, una buona prassi per il MC in quanto, pur rappresentando una misura ulteriore e non alternativa ad interventi di ordine tecnico, organizzativo, procedurale, di igiene e di sorveglianza sanitaria, può contribuire significativamente alla riduzione del RB per gli OS. Una corretta strategia vaccinale può infatti portare numerosi vantaggi, sia in termini di protezione del singolo lavoratore, sia della collettività (immunità di gregge), sia di protezione del servizio sanitario (contenimento rischio infezioni nosocomiali e limitazione assenze). Tuttavia, la programmazione e l’applicazione di efficaci strategie vaccinali in ambiente sanitario possono comportare diverse criticità, anche per il MC. In Italia non esiste obbligo normativo di vaccinazione degli OS (eccetto, in casi selezionati, per TB) e le vaccinazioni sono quindi raccomandate (Piano Nazionale Vaccini 2005-2007, indicazioni Regionali). La raccomandazione comporta l’adesione consapevole del lavoratore, il consenso, che sia realmente informato, l’assunzione di una co-responsabilità da parte di datore di lavoro, MC e dell’OS (rischio verso terzi). In questo contesto, il MC può e deve giocare un ruolo chiave nell’organizzazione della proposta vaccinale anche al fine di superare l’asimmetria che porta il MC all’obbligo di proporre/prescrivere la vaccinazione ma senza uno specifico obbligo da parte del lavoratore di aderire alla proposta. Il MC ha, come propria specifica responsabilità, il compito di programmare strategie preventive che tengano in considerazione la vaccinazione ai fini della tutela della salute e sicurezza sia del singolo OS che della collettività. L’obiettivo del presente studio è proporre buone prassi per la gestione delle vaccinazioni degli OS esposti a RB, basate su evidenze scientifiche e sui risultati di uno studio multicentrico, con particolare riferimento al ruolo del MC. Soggetti e metodi Sono state valutate le evidenze scientifiche attualmente disponibili in letteratura riguardo alle strategie vaccinali per la protezione degli OS attraverso una ricerca sistematica condotta sui principali database scientifici disponibili (Pub-med, Cochrane, Em-base) e attraverso l’esame delle indicazioni di autorevoli organizzazioni scientifiche nazionali e internazionali (SIMLII, CDC Atlanta, Health Canada, UK Department of Health, UK-NHS, WHO). I risultati sono stati confrontati alla luce delle evidenze emerse nell’ambito di uno studio multicentrico (SM) condotto su 9 grandi ospedali del centro e nord Italia che è stato promosso dalla Sezione Tematica di Medicina Preventiva dei Lavoratori della Sanità (Sezione afferente alla SIMLII), nel 2009, al fine di aggiornare le indicazioni contenute nelle Linee Guida per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori della sanità esposti a rischio biologico, pubblicate dalla SIMLII nel 2005. 299 Risultati Attualmente risultano disponibili per gli OS esposti a RB vaccini per AB sia trasmissibili per via ematogena (epatite B-HBV) che per via aerogena e droplets (tubercolosi, influenza, morbillo, rosolia, parotite e varicella) e oro-fecale (Epatite A). Questi sono generalmente caratterizzati da elevata efficacia e bassa incidenza di effetti avversi per la salute e risultano pertanto utili per il MC nell’ambito delle strategie per il contenimento del RB in ambiente sanitario. Nella gestione della pratica vaccinale sono emersi tuttavia alcuni aspetti critici per il MC sia conseguenti alle caratteristiche proprie dei singoli vaccini (efficacia, frequenza effetti avversi, controindicazioni alla vaccinazione) che alle modalità di organizzazione e gestione dei servizi di vaccinazione e applicazione dei giudizi di idoneità. Per quanto riguarda l’HBV la vaccinazione viene raccomandata per tutti gli OS esposti sia da autorevoli organismi scientifici nazionali e internazionali che dalla normativa vigente in Italia, nonostante questo l’esame della letteratura ha evidenziato come l’adesione alla vaccinazione anti HBV da parte degli OS non sia sufficientemente diffusa. La letteratura descrive inoltre la presenza di una rilevante proporzione di soggetti non o ipo responders alla vaccinazione (5-10%); in questi casi, la letteratura è concorde nel raccomandare l’effettuazione di ulteriori dosi addizionali di vaccino (booster, fino a 3 dosi). L’adesione a tale indicazione dovrebbe consentire il raggiungimento di una quota di OS immunizzati vicina al 100% contribuendo pertanto ad un efficace contenimento del rischio. I risultati dello SM hanno confermato un copertura anticorpale complessiva bassa (69.7%, range 31.1-84%) negli OS dei 9 ospedali e una quota variabile di OS non responders (0.7-8.3%, n. 463), sostanzialmente in linea con le segnalazioni di letteratura. Per i non responders, in 4 centri viene effettuata una dose di richiamo mentre in 3 vengono eventualmente somministrate ulteriori dosi. In nessun ospedale è stata effettuata una sistematica verifica di efficacia della gestione dei non responders. Per quanto riguarda V, M, P e R, anche in questo caso la vaccinazione degli OS suscettibili viene diffusamente raccomandata in letteratura e dalla normativa vigente. Questa si è infatti dimostrata sicura (effetti avversi infrequenti), di facile applicazione (vaccini bi-tri-tetravalenti) e complessivamente costo-efficace nel ridurre i rischi di infezione nosocomiale sia negli OS che nei pazienti. Tale misura è considerata ancor più cogente nei casi di OS a maggior rischio in quanto ipersuscettibili (immunocompromessi, donne in età fertile) o negli OS che lavorano in aree a maggior rischio di acquisizione dell’infezione (Pediatrie, Malattie Infettive, Pronto Soccorso) o in aree a maggior rischio verso terzi, dove sono ricoverati pazienti portatori di condizioni con maggior rischio di gravi complicazioni (immunocompromessi, trapiantati, insufficienza renale cronica, gravidanza, neonati). I risultati dello SM hanno evidenziato complessivamente una rilevante proporzione di OS non immuni (R 10%, M 7%, V 7.2%, P 300 21.7%). Da un’analisi effettuata su un sottogruppo di 4 ospedali (~4800 OS) è emerso inoltre un rilevante numero di OS non immuni tra le donne in età fertile (n. 1129) e tra OS che lavorano in aree a maggior rischio di infezione (n. 181) o a rischio verso terzi (n. 285). In nessuno dei 9 ospedali è risultato attivo un servizio dedicato per la vaccinazione contro questi virus è non sono risultati disponibili dati relativi all’adesione a tale pratica. Per quanto riguarda la vaccinazione antitubercolare questa viene diffusamente considerata come una estrema misura di contenimento della malattia, non alternativa a misure di protezione strutturale, amministrativo e personale, sia a causa della non completa efficacia del BCG (080%) che a causa delle possibili interferenze nell’identificazione delle infezioni latenti e della scarsa efficacia nel prevenire le forme polmonari negli adulti. La normativa italiana prevede l’obbligo di vaccinazione degli OS negativi al test tubercolinico che lavorano in aree ad alto rischio. Tale indicazione è confermata da autorevoli organismi scientifici internazionali (NHS-UK, CDC-USA) che ne raccomandano l’effettuazione, peraltro più come misura di protezione individuale che collettiva. I risultati dello SM hanno evidenziato da un lato una rilevante proporzione di OS ad alto rischio di esposizione (23339/32057-73%) dall’altra una scarsa efficacia delle campagne vaccinali intraprese (3928/23339-17%; percentuali tra 21-71% in tre ospedali, dato non disponibile in 6/9 ospedali). Per quanto attiene alla vaccinazione antinfluenzale per gli OS questa viene considerata una misura efficace per il contenimento della diffusione del virus, tuttavia, recenti revisioni di letteratura indicano come l’efficacia dell’applicazione di tale pratica negli OS non sia realmente dimostrabile e condivisa sulla base della sua non completa efficacia nel ridurre la quota di ILI (influenza like syndrome) e la mortalità nei pazienti anziani delle strutture sanitarie. Inoltre, in tempi recenti, anche a causa di problemi legati ad una scorretta comunicazione del rischio in seguito alla diffusione del virus H1N1, sono emerse ulteriori criticità relativamente alla compliance alla pratica vaccinale antinfluenzale stagionale. La vaccinazione antinfluenzale viene comunque raccomandata negli OS, specialmente quando mirata sulla base di condizioni di ipersuscettibilità per il singolo OS o in caso di lavoro in aree a rischio verso terzi. Nonostante tali evidenze, i risultati dello SM hanno evidenziato una scarsa adesione da parte degli OS alla proposta di vaccinazione nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009 (media 6-17%) con percentuali più elevate per i medici rispetto alle altre mansioni e negli ospedali dove è stata effettuata una proposta attiva da parte del MC (educazione sanitaria e promozione in aree specifiche). Discussione Secondo la normativa vigente in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori (DLgs 106/09), tra le misure speciali di protezione per il RB, a carico del Datore di Lavoro vi è la messa a disposizione di vaccini efficaci per G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it i lavoratori non immuni, con somministrazione a cura del MC. Per poter svolgere tale attività, in scienza e coscienza, il MC ha a disposizione numerosi ed aggiornati studi scientifici e rapporti di organizzazioni nazionali ed internazionali che, sulla base di diversi livelli di evidenza, hanno formulato raccomandazioni che guidano il MC nella scelta delle più efficaci strategie vaccinali. La necessità di un puntuale intervento su questo argomento da parte dei MC delle strutture sanitarie è confermata oltre che dalle evidenze di letteratura anche dai risultati dello SM che hanno evidenziato un rilevante numero di OS suscettibili esposti ad AB causa di infezioni prevenibili attraverso la vaccinazione e una non efficiente organizzazione dei servizi di vaccinazione all’interno delle strutture sanitarie testate. Dalle evidenze descritte emerge la necessità che il MC proceda, attraverso buone prassi tecnico-scientifiche, che comportano l’adozione di aggiornate metodiche cliniche, strumentali, di laboratorio, opportune collaborazioni specialistiche ed acquisizione di idonea documentazione sanitaria individuale: – a verificare la disponibilità e contribuire alla scelta dei migliori vaccini sul mercato, valutando rapporto costo/efficacia, tipologia e frequenza degli effetti collaterali; – all’identificazione degli OS suscettibili di vaccinazione e valutare la necessità di prescrivere la vaccinazione sulla base della caratterizzazione del RB individuale, anche attraverso una precisa anamnesi pre-vaccinale ed una SS ad hoc; – alla puntuale informazione/formazione specifica sui vantaggi e svantaggi di vaccinazione e non vaccinazione, con illustrazione di indicazioni e controindicazioni, al counselling su aspetti etici (rischio verso terzi) con conseguente raccolta di un consenso (esplicito, specifico, sottoscritto) che sia veramente informato o del rifiuto alla vaccinazione; – ad una corretta comunicazione nel gruppo di lavoratori, al fine di incrementare l’adesione dei lavoratori alle pratiche vaccinali efficaci ed al fine di contribuire alla riduzione del rischio del singolo individuo e, in alcuni casi specifici, di terzi; – a produrre le necessarie certificazioni (ad es. eventi avversi, rifiuti, avvenuta vaccinazione, consenso informato); a verificare l’efficacia della vaccinazione (ad es. valutazione titolo anticorpale); – a valutare l’idoneità lavorativa e la necessità di prescrizione della vaccinazione, nonché alla ricollocazione degli OS con controindicazioni alla vaccinazione e dei rifiuti. La vaccinazione dovrà essere preceduta da una dettagliata anamnesi prevaccinale (terapie, allergie, precedenti reazioni avverse, ecc.), dall’accertamento dello stato immunitario (sierologico) e dalla verifica delle indicazioni e controindicazioni alla vaccinazione. La somministrazione del vaccino dovrà avvenire in locali dedicati, con attrezzature adeguate e personale specificamente formato e attraverso l’applicazione di procedure ad hoc. La somministrazione, effettuata da personale qualificato, dovrà prevedere la successiva verifica della risposta anticorpale e l’even- G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it tuale programmazione di ulteriori dosi di richiamo. Il MC dovrà rivestire un ruolo chiave nell’organizzazione del servizio, nella stesura delle politiche vaccinali e nell’identificazione delle priorità nonché nel far si che tali politiche siano largamente condivise a livello aziendale sia da chi ha l’onere di garantire il servizio (Datore di Lavoro) che da parte degli utenti del servizio stesso (lavoratori). Tale condivisione sarà maggiormente diffusa qualora il MC sarà in grado di dimostrare l’efficacia del servizio attraverso adeguati indicatori di processo, struttura ed esito quali ad esempio la produzione di specifiche procedure, le risorse impiegate, il monitoraggio dei livelli di copertura anticorpale, nonché ulteriori indicatori di performance del servizio (accesso al servizio, tassi di vaccinazione, rinvii, rifiuti, reazioni avverse, soddisfazione, ecc.). La pianificazione e l’applicazione delle pratiche vaccinali, infine, dovranno prevedere un approccio multidisciplinare, che scaturisca dalla collaborazione tra il MC, lo specialista infettivologo e la Gestione del Rischio Clinico. In particolare, il ruolo dell’infettivologo può risultare utile sia nella scelta dei vaccini che nella valutazione del singolo caso (ad esempio gestione controindicazioni e complicanze), mentre lo scambio di informazioni con la Gestione del Rischio Clinico può contribuire ad una più accurata caratterizzazione dei rischi sia per gli OS che per i terzi con conseguente incremento dei livelli di efficienza del servizio. In un momento di proliferazione di comunicazioni sul RB attraverso i più vari mezzi di comunicazione, deve essere sottolineato infine il ruolo del MC come garante di attività che, qualora svolte in scienza e coscienza, secondo i principi delle buone prassi tecnico-scientifiche, propongono la vaccinazione come misura di protezione ulteriore e non alternativa ad altre misure di tutela nei luoghi di lavoro, evitano distorsioni della percezione del rischio e contribuiscono senz’altro alla corretta gestione del tema, dalla valutazione del rischio all’idoneità alla mansione specifica. Il MC può e deve assumere un ruolo chiave, con assunzione di responsabilità in prima persona, sia nell’organizzazione e gestione delle pratiche vaccinali in sanità, che nella gestione delle criticità relative al GI di OS suscettibili, potendo così contribuire ad una significativa riduzione del rischio di infezioni occupazionali e nosocomiali. 301 Bibliografia Advisory Committee on Immunization Practice (ACIP). 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No.: CD005187.DOI:10.1002/ 14651858.C Richiesta estratti: Prof. Stefano Porru - Sezione di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale, Università degli Studi di Brescia, Piazzale Spedali Civili 1, 25123 Brescia, Italy - Fax 030394902, E-mail: [email protected] G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl, 302-305 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2010 C. Colosio1, C. Somaruga1, F. Vellere1, L. Neri1, G. Rabozzi1, L. Romanò3, R. Tabibi1, G. Brambilla1, R. Baccalini2, G.V. Melzi d’Eril2, A. Zanetti3, A. Colombi1 Strategie vaccinali per la prevenzione del rischio biologico in agricoltura e zootecnia 1 2 3 Dipartimento di Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Milano, sezione Ospedale San Paolo e Centro Internazionale per la Salute Rurale dell’Azienda Ospedaliera San Paolo, Polo Universitario, Milano Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria e Unità operativa complessa di Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedaliera San Paolo, Polo Universitario, Milano Dipartimento di Sanità Pubblica, Microbiologia e Virologia dell’Università degli Studi di Milano RIASSUNTO. Le patologie prevenibili con vaccino sono tuttora un obiettivo dei programmi di salute pubblica in Italia e nel mondo. Malattie per cui i programmi vaccinali sono ampiamente consolidati continuano a costituire un problema di salute pubblica, basti pensare ai casi di difterite notificati nel 2009 in alcuni Paesi UE o ai 64 casi di Tetano notificati in Italia nel 2006. L’agricoltura e l’allevamento sono settori a forte rischio biologico, in parte per le caratteristiche dell’ambiente di lavoro e in parte per la tipologia di infortuni in cui incorrono i lavoratori. Inoltre, nel comparto sono presenti due sottogruppi maggiormente esposti a rischio: gli ultrasessantaquattrenni e i migranti, generalmente non coperti, ad esempio, nei confronti del tetano. Tra le patologie infettive più tipiche del comparto, solo il tetano è efficacemente controllabile con la vaccinazione degli addetti. Per leptospirosi, salmonellosi ed epatite E, hanno invece maggiore rilevanza programmi di informazione e formazione sui rischi per la salute e sui comportamenti da seguire per evitarne il contatto. Tali programmi devono tener conto delle barriere linguistiche e culturali. Introduzione Le malattie prevenibili con vaccino sono ancora una priorità per le strategie di salute pubblica non solo nei paesi in via di sviluppo. Si considerino i casi di difterite notificati nel 2009 in alcuni Paesi dell’Europa a 27: 1 caso in Svezia, 6 in Lettonia, 4 in Germania (WHO 2010). L’Organizzazione Mondiale della Sanità riporta inoltre dati relativi all’incidenza di un’altra patologia controllabile con un vaccino sicuro, il tetano. Nel 2005 sono stati notificati 15,516 casi nel mondo e tra 2000 e il 2003 sono stati 290 i morti per questa patologia. In Italia nel 2006 ci sono stati 64 casi, con un’incidenza del tetano circa 10 volte superiore alla media degli altri paesi europei (1). L’andamento della diffusione delle malattie infettive prevenibili con vaccino ha inoltre recentemente assunto nuove caratteristiche, in relazione al fenomeno migratorio (2). Parole chiave: zoonosi occupazionali, rischio biologico, vaccinazione. Le patologie prevenibili con vaccino in agricoltura ABSTRACT. BIOLOGICAL RISK PREVENTION IN AGRICULTURE AND Vaccine preventable diseases are, so far, a main focus of Public Health programmes all over the world since people still die in consequence of Dyphteria or Tetanus. Biological risk is widely represented in agriculture and animal breeding, due to environmental characteristics and to injury typology. Moreover, aged people and migrants represent a significant part of the workforce. These two groups are, for instance, more exposed to Clostridium tetani infection because not fully immunized. Among infectious diseases that can affect agricultural workers, just tetanus can be well controlled by immunization programmes. Teaching and training activities are the most important tools to get protection against Leptospira interrogans, Salmonella spp and hepatitis E Virus infection. As for every training activity, linguistic and cultural barriers have to be taken into account. L’agricoltura e l’allevamento sono comparti ad importante rischio biologico, sia per il frequente contatto con materiale potenzialmente contaminato, sia per l’alto indice infortunistico che rende, per esempio, il rischio tetano particolarmente significativo. Di seguito si intendono presentare le patologie infettive prevenibili con vaccino più rilevanti per il comparto agro-zootecnico e discutere l’applicabilità e il valore preventivo dei programmi di immunizzazione. Verrà analizzato in dettaglio il caso del tetano e verranno quindi discusse brevemente le seguenti patologie potenzialmente rilevanti nel comparto: salmonellosi, leptospirosi ed epatite E. Key words: occupational zoonoses, biological risk, vaccination. Tetano ANIMAL BREEDING: IMMUNIZATION STRATEGIES. Il tetano è una patologia infettiva acuta sostenuta da una esotossina prodotta nell’organismo umano durante la proliferazione del clostridium tetani, batterio sporigeno anaerobio, gram positivo, ampiamente distribuito nel terreno, in cui le spore possono rimanere vitali per anni, nella polvere e nelle feci degli erbivori. Il tetano può insorgere G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it da ferite, anche lievi, contaminate da spore tetaniche, in condizioni di scarso contenuto di ossigeno nei tessuti. Le ferite lacero contuse, a margini non lineari, sono pertanto terreno di germinazione ideale per le spore tetaniche e sono tipica conseguenza, per esempio, dei morsi di animali e degli infortuni da impigliamento in ingranaggio meccanico. Inoltre, la diffusa contaminazione delle superfici e degli strumenti di lavoro con detriti terrosi rende ancor più significativo il rischio tetano in ambito agricolo. La sintomatologia, caratterizzata da contrazioni muscolari dolorose, è provocata dall’azione dell’esotossina tetanica a livello della giunzione neuromuscolare. Il periodo di incubazione varia da 5 a 50 giorni. La gravità del quadro è proporzionale alla dose di inoculo: sono possibili forme localizzate, con interessamento di singoli gruppi muscolari, o generalizzate. Il tetano, soggetto a notifica obbligatoria entro 12 ore, può condurre a exitus per insufficienza respiratoria dovuta a paralisi spastica. La prevenzione consiste nell’immunizzazione attiva con anatossina. La vaccinazione è obbligatoria dal 1938 per i militari e dal 1963 per i bambini nel 1° anno di vita e per alcune categorie professionali più a rischio di contrarre infezione tra cui agricoltori e allevatori. L’incidenza del tetano in Italia si è drasticamente ridotta dagli anni ’60 (1,4 casi notificati/100.000 abitanti) per poi conoscere un plateau dal 1992 al 2000 con circa 0,2 casi/100.000 abitanti, in modo pressoché uniforme sul territorio nazionale e in tutte le età. Gli ultrasessantaquattrenni presentano il maggior tasso di incidenza, che è sovrapponibile tra maschi e femmine fino a 64 anni, mentre tra gli anziani sono più colpite le donne (1). Nell’ambito della sorveglianza sanitaria degli agricoltori lombardi effettuata dal Centro Internazionale per la Salute Rurale dell’azienda Ospedaliera San Paolo, Polo Universitario, di Milano (ICRH) si è deciso di procedere ad un’indagine conoscitiva sullo stato di immunizzazione verso clostridium tetanii. Si è deciso di utilizzare quale variabile indipendente lo stato di lavoratore migrante per evidenziare eventuali differenze nel tasso di immunizzazione tra la popolazione autoctona e quella straniera. Infatti, mentre è certo che gli italiani vengono vaccinati da giovani e che la maggior parte esegue i richiami in età lavorativa, l’entrata nel mondo lavorativo italiano di una grossa componente di migranti impone di stabilire se essi siano esposti allo stesso rischio o se invece costituiscano una sottopopolazione ipersuscettibile. Per valutare le differenze tra gli italiani ed i migranti è stato condotto uno studio esplorativo selezionando 117 lavoratori stranieri (agricoltori ed allevatori, 113 maschi e 4 femmine), e un pari numero di lavoratori italiani, addetto ad attività analoghe, tutti seguiti dall’ICRH. Per ciascuno di essi è stato indagato lo stato vaccinale, suddividendo i lavoratori, in base ai dati raccolti, nei seguenti 3 gruppi: • 1: regolarmente vaccinato con adeguata informazione sulla data di scadenza della copertura • 2: non coperti da vaccinazione • 3: non consapevoli del loro stato. L’appartenenza a una delle suddette categorie è stata confrontata per paese d’origine (italiani e migranti) e per età (minori o maggiori di 50 anni). A questo proposito, è 303 noto infatti che il tasso di immunizzazione verso clostridium tetani conosce un drastico calo nella popolazione più anziana (3). I risultati dell’indagine anamnestica hanno mostrato una probabilità di appartenere al gruppo 1 significativamente più elevata per gli italiani rispetto ai migranti (p .038). Il rischio di non essere vaccinati è 5.8 volte maggiore nei migranti dell’est-Europa e di 4.6 volte in quelli da altri paesi rispetto agli italiani (p. 002). Inoltre per ogni anno di età aumenta del 5%, in tutti i gruppi, la probabilità di non essere vaccinati (p .014). A seguito di tale osservazione, si è proceduto alla determinazione sierologica del titolo anticorpale IgG verso clostridium tetani in un altro campione di 100 lavoratori agricoli. I risultati, sintetizzati nella figura 1, mostrano un quadro complessivamente confortante: solamente il 4% dei soggetti è risultato privo di protezione nei confronti di clostridium tetani, con un titolo anticorpale < 0,01 UI/ml. Il 6% ha una protezione immunologica dubbia (titolo anticorpale compreso tra 0,01 e 0,1UI/ml). La restante parte del campione è risultato invece coperto nei confronti di una possibile infezione tetanica, a diversi livelli di titolo anticorpale. Il dato indica che molto spesso anche chi non è consapevole di avere una copertura di fatto ne è invece provvisto. Andando poi a confrontare i risultati ottenuti nella popolazione di lavoratori migranti con quelli ottenuti nella Figura 1 Figura 2 304 G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it Salmonellosi. La salmonellosi è una possibile zoonosi professionale prevenibile con adeguata immunizzazione attiva. In particolare, l’allevamento suinicolo e la macellazione possono essere ambienti ad alto rischio. Si distinguono forme tifoidee, sostenute da S. typhi e S. paratyphi (febbre tifoide e febbri enteriche) e forme non tifoidee, sostenute S. typhimurium, S. enteritidis che danno luogo a forme cliniche a prevalente manifestazione gastroenterica. Animali domestici (polli, maiali, bovini, roditori, cani, gatti, pulcini) e selvatici, compresi i rettili domestici (iguane, tartarughe d’acqua e piccoli volatili) ne sono i principali reservoirs e derivati animali quali carne, uova, latte crudi o non pastorizzati e acque non potabili possono essere fonte di infezione. L’immunizzazione attiva è possibile solo per salmonella thyphii. Il vaccino orale è preparato con germi vivi attenuati, mentre il vaccino iniettabile è costituito da polisaccaride capsulare purificato (Antigene Vi), agente di virulenza della salmonella typhi. Data la grande varietà di salmonelle non-tifoidee esistenti, però, non è stato ancora possibile mettere a punto un vaccino efficace ed applicabile su larga scala per la prevenzione dell’infezione da salmonella enteritidis e salmonella thyphimurium. Leptospirosi. Il lavoro è un fattore di rischio significativo per l’uomo: maggior numero di infezioni sono documentate negli allevatori – soprattutto di suini – nei veterinari e negli addetti ai macelli (5). Nell’ambito della sorveglianza sanitaria dei lavoratori agricoli abbiamo effettuato un’indagine sierologica per valutare la diffusione del contatto con leptospira interrogans. Sono stati analizzati i sieri di 100 lavoratori del comparto agricolo. Il dosaggio delle IgG ha dato i risultati illustrati in figura 3. Il dato più interessante è certamente l’osservazione che il 57% dei lavoratori appartenenti alla nostra casistica ha avuto in passato un contatto con leptospira, indicando come il rischio leptospirosi sia ancora rilevante anche alle nostre latitudini e quindi meritevole di attenzioni dal punto di vista preventivo. Andando poi a valutare i risultati per categorie lavorative, si nota che tra i lavoratori non addetti alla cura degli animali (giardinieri, trattoristi, viticultori) la percentuale di soggetti che non hanno tracce sierologiche di avvenuto contatto con leptospira interrogans sono più della metà, cioè il 57%, contro il 33% rilevato tra gli allevatori di bovini e il 42% degli allevatori di suini. Questo dato, preliminare, indicherebbe un maggior rischio di entrare in contatto con leptospira per gli addetti all’allevamento bovino rispetto a quelli impiegati in suinicoltura, mentre i dati di letteratura suggerirebbero il contrario. Considerando poi le categorie di titolo anticorpale, si rileva che tra i soggetti risultati positivi le diluizioni maggiori (1:16 e 1:32) sono di più frequente riscontro negli allevatori di suini (figura 4). Fino dagli anni ’20 sono stati utilizzati diversi vaccini (a microrganismo ucciso, a batterio vivo attenuato o inattivato) sia per la protezione dell’uomo che per gli animali. Le frequenti reazioni immunologiche avverse ne hanno impedito però l’utilizzo su vasta scala e hanno dato inizio ad una lunga fase di studi e sperimentazioni. Negli ultimi anni sono stati studiati diversi vaccini [recombinant outer membrane protein (OMP)] vaccine, vaccini vivi inattivati, vaccini vivi attenuati. Sono state anche utilizzate frazioni subcellulari quali il lipopolisaccaride di membrana (6). Tuttavia, ad oggi, l’utilizzo di programmi di immunizzazione attiva contro leptospira spp non è diffusa in quanto non è disponibile un vaccino che copra contro tutte le varianti sierologiche. Inoltre, in Italia, non è attualmente un vaccino validato (7). Epatite E. Il virus dell’Epatite E è un virus epatotropo in grado di dare quadri di epatite acuta e subacuta con una certa frequenza di forme cliniche fulminanti (1-12%). Quadri di particolare severità sono possibili nelle donne gravide, con mortalità fino al 40%. In letteratura sono diverse le segnalazioni di diffusione dell’epatite E tra i lavoratori del comparto suinicolo (8, 9). Un vaccino non è Figura 3 Figura 4 popolazione “autoctona”, si nota come la popolazione italiana sia generalmente più protetta nei confronti dell’infezione tetanica, con il 97% dei soggetti dotati di una copertura anticorpale efficace sul medio-lungo termine, contro l’87,5% dei migranti. Inoltre, tra gli italiani sono molto più numerosi i lavoratori con una protezione valida sul lungo periodo: quelli con titolo anticopale > 5 UI/ml sono il 39% contro il 5% degli stranieri, come illustrato in figura 2. Altre patologie prevenibili con vaccino G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it 305 Tabella I. Titoli di IgG antitetano sierici e approccio vaccinale consigliato Titolo IgG antitetano (UI/ml) Protezione Approccio consigliato <0,01 nessuna protezione ciclo completo 0,01 - 0,1 dubbia richiamo della vaccinazione e controllo sierologico dopo 4-8 settimane 0,1 - 0,5 a breve termine richiamo 0,5 - 1 presente controllo sierologico entro 3 anni 1-5 a lungo-termine controllo sierologico entro 5 anni >5 a lungo-termine controllo sierologico entro 8 anni attualmente disponibile ed è stata proposta la somministrazione di immunoglobuline alle donne gravide la cui efficacia rimane comunque dubbia. Nell’esperienza dell’ICRH, tuttavia, non sembra poter costituire un rischio rilevante per i lavoratori. dei lavoratori sulle norme igieniche di base. Il corretto utilizzo di guanti, l’igiene delle mani, il divieto di fumo insieme al divieto di consumo di pasti o bevande durante il lavoro in stalla da un lato, dall’altro la corretta manutenzione dei dispositivi di protezione individuale rivestono un ruolo fondamentale nella prevenzione (4). Discussione Conclusioni Alla luce di quanto sopra esposto, sembra che l’immunizzazione attiva possa essere un’efficace arma preventiva solamente nei confronti dell’infezione da clostridium tetani. Per questo motivo, la puntuale verifica della regolarità dei richiami nella popolazione lavorativa agricola da parte del medico competente è un momento fondamentale nel corso della sorveglianza sanitaria dei lavoratori del comparto agro-zootecnico. Nei casi in cui questo non sia possibile perché, ad esempio, il lavoratore non possiede il tesserino vaccinale, la determinazione del titolo anticorpale richiesta dal medico competente può definire la necessità di vaccinazione completa o di richiamo. In tabella I seguente vengono sintetizzate le azioni da intraprendere a seconda dei titoli anticorpali rilevati a livello sierologico. Certamente, essendo il rischio di iperimmunizzazione tutto sommato limitato, la strategia vaccinale più adeguata (effettuare un singolo richiamo o richiedere un intero, nuovo ciclo vaccinale) può essere decisa anche solo su basa anamnestica, consapevoli che, in base ai nostri dati, nella maggioranza dei casi un semplice richiamo sembra sufficiente. Tuttavia, l’approccio preventivo più corretto deve prevedere una fase di informazione e formazione dei lavoratori in merito ai rischi correlati all’infezione tetanica. Tale attività, che deve tenere conto delle differenze linguistiche e culturali, deve essere completata anche da indicazioni precise sul corretto trattamento delle ferite in modo da ridurre al minimo il rischio tetano in agricoltura. Non pare invece motivata la somministrazione del vaccino contro leptospira (non disponibile in Italia) e salmonella (coprirebbe solo una minima parte delle infezioni, ovvero quelle tifoidee). Nessun vaccino è disponibile per l’epatite E (non disponibile). Si rende pertanto indicata l’organizzazione di attività di formazione ed informazione In conclusione, la sorveglianza sanitaria sul luogo di lavoro effettuata dal Medico Competente costituisce un’importante occasione per una corretta comunicazione del rischio e la proposta di efficaci programmi di prevenzione basati non solo sulla vaccinazione ma anche e soprattutto sulla informazione e formazione degli addetti. Bibliografia 1) Mandolini D, Ciofi degli Atti M, Pedalino B, Bella A, De Mei B, Parrocini S, Salmaso S. Epidemiologia del tetano in Italia in Notiziario ISS (15), Roma 2002. 2) Alagappan K, McGowan J, DeClaro D, Ng D, Silverman RA. 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In Italia dal 1963 gli operatori ecologici sono indicati fra i lavoratori da sottoporre obbligatoriamente a vaccinazione antitetanica. Materiali e Metodi. Nel corso degli anni sono numerosi altri vaccini si sono aggiunti alla “strumentazione” della medicina del lavoro per contrastare il rischio da agenti biologici. Una approfondita valutazione del rischio, degli ambienti di lavoro, delle modalità e degli strumenti di lavoro, può guidare il Medico competente nella scelta del vaccino utile. L’osservazione dell’andamento infortunistico rappresenta un ulteriore strumento di controllo e di valutazione del rischio. Risultati. Nessun caso di sieroconversione si è verificato durante un decennio di osservazione e controllo in una grande azienda del settore in Lombardia; il numero di vaccinazioni è aumentato in ragione dell’accuratezza della sorveglianza sanitaria. Conclusioni. L’attenzione deve comunque restare alta soprattutto per i lavoratori immigrati e per lavoratori anziani, o malati affetti da patologie quali il diabete o stati di ridotta immunocompetenza naturale o indotta da trattamenti farmacologici. Introduzione Conosciamo le abitudini alimentari degli uomini primitivi attraverso i resti di cibo bruciato, le ossa spolpate e tutto quanto rappresentava la loro pattumiera. Nei secoli successivi, il formarsi di grandi centri urbani, prima in Grecia, poi a Roma e nell’impero, fece sì che il problema si facesse rilevante e se ne interessassero grandi personaggi storici come Aristotele e Giulio Cesare. Nel medioevo le condizioni igieniche erano disastrose in tutta l’Europa, con una coabitazione tra animali ed umani assolutamente deleteria. Col rinascimento rinacque anche una struttura urbana di pulizia e smaltimento dei rifiuti che si mantenne nei secoli successivi. Ma solo nella seconda metà dell’ottocento, i comuni assunsero in proprio l’onere del servizio di pulizia stradale e sgombero e smaltimento rifiuti e della tutela della salute dei propri dipendenti (5). Parole chiave: rifiuti, rischio biologico, vaccini. ABSTRACT. VACCINATIONS IN SERVICES OF RUBBISH COLLECTION. Introduction. Till 1963 vaccinations against biological agents are mandatory for street cleaners and workers employed in the service of rubbish collection in Italy. Materials and methods. The principal ways to choose the specific and useful vaccine against the potential biological risk are: 1) To make a careful risk assessment - having the knowledge of fixtures and fittings and 2) To analize the injuries story along the time. Results. No cases of seroconversion showed (1999-2008) in ten years of control in a big public company located in North of Italy where the choice of vaccine for every kind of task is made in reason of the really risk. Conclusions. We have to play attention on a new kind of problems that’s growing in West Countries managing active immunisation: a) workers coming from every side of the world with or without vaccinal protection and b) workers old, ill, with natural or illnes caused immunodeficiency. Key words: rubbish, biological risk, vaccines. Materiali e metodi Legislazione vigente - Misure preventive nei confronti degli operatori dell’igiene ambientale da effettuarsi tramite vaccinazioni risalgono al 1963 con la legge 5 marzo 1963 n. 292 in materia di obbligo di vaccinazione antitetanica (già obbligatoria dal 1938 per i militari) (13) ed estesa a tutta la popolazione dal 2° anno di età (nel 1968 la somministrazione è stata anticipata al primo anno di vita (14)). Lo stesso per il vaccino contro l’epatite B introdotto nel 1991 con la Legge 165 del 27 maggio 1991 (15) la cui applicazione è stata chiarita dalla Circolare 4 ottobre 1991, N. 20 (pubbl. sulla G.U. n. 251 del 25 ottobre 1991) (3) che prevedeva l’obbligatorietà per 2 categorie – neonati e adolescenti nel corso del 12° anno di vita – e all’art. 3 affermava il diritto ad ottenere la vaccinazione gratuita a tutte quelle categorie di cittadini che, per motivi sociali, di lavoro, di abitudini di vita, erano riconosciute a rischio per epatite virale B, così come indicato all’art. 1 del D.M. 4 ottobre 1991: “c) alle vittime di punture accidentali con aghi potenzialmente infetti” e“p) addetti ai servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti” (8). Con il D.Lgs. 626/94 (6) e successivamente il D.Lgs. 81/2008 (7) si prescrivono le misure per la tutela della sa- G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it 307 lute e per la sicurezza dei lavoratori durante l’attività lavorativa in settori pubblici e privati. Il titolo X – Agenti Biologici – definisce il campo di applicazione e indica le attività lavorative nelle quali si può delineare rischio di esposizione ad agenti biologici, nell’allegato XLIV sono indicati gli addetti che prestano la loro “attività in impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti”. All’art. 271. (Valutazione del rischio) al comma 1 si afferma che “Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio … tiene conto… delle modalità lavorative”, al comma 2 “ … adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive … adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative” e all’art. 279, relativo alla sorveglianza sanitaria, al comma 2 si esplicita che si individuano “le misure speciali di protezione … fra le quali: la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente”. Valutazione del rischio Le aziende di igiene urbana del suolo sono caratterizzate da un molteplice numero di servizi, ordinari e speciali, cui possono essere sottesi rischi diversi agli operatori, anche rispetto al solo rischio biologico e possono essere così raggruppati (1): Servizi al territorio urbano - Raccolta rifiuti indifferenziati e differenziati presso utenze condominiali o cosiddette grandi utenze (ospedali, comunità, ristoranti). Raccolta e pulizia mercati scoperti, pulizia stradale manuale e/o meccanizzata, pulizia tombini, caditoi e pozzetti stradali, pulizia giardini: vialetti d’accesso e piazzole di sosta, pulizia fontane con estirpazione alghe e diserbo aiuole, pulizia utilities, quali: toilettes, aree cani con rimozione delle feci canine e sanificazione area, interventi diurni e notturni sulle larve di zanzara e le zanzare adulte presso i tombini fognari, pulizia ripe e fossi con rimozione di discariche abusive e sgombero campi nomadi. Servizi ai macchinari di raccolta e ai lavoratori - Lavaggio automatizzato e con lance manuali dei mezzi di raccolta e delle camere di compattazione e sanificazione cabine. Officine manutenzione:riparazioni meccaniche motori, riparazioni componenti idrauliche e camere di compattazione, riparazione impianti aspirazione, elettrauto, carrozzeria. Pulizia delle officine e degli spogliatoi. Grandi impianti - Impianto di selezione e compattazione. Termovalorizzatore: vasca di contenimento, cernita, carica del forno (gruisti), operazioni di manutenzione. Impianto di depurazione acque per depurare le acque reflue civili e industriali. Impianto di compostaggio. Impianto lavaggio rifiuti provenienti dalla pulizia delle strade. Impianto di cernita e selezione del vetro. Agenti biologici e comportamenti a rischio Gli agenti biologici interessati sono numerosi, difficilmente qualificabili e quantificabili, ma inevitabilmente presenti nei rifiuti, quali: batteri (enterococchi, clostridi, s. aureus, ecc), virus (HBV, HAV, virus influenzali, virus enterici), funghi (aspergilli), parassiti. Vie principali di esposizione: contatto muco cutaneo, ferita da taglio o da punta, inalazione attraverso l’aerosol che si può generare durante le principali operazioni manuali o meccanizzate di raccolta, trasporto, scarico, selezione o compattazione o comunque attività che comportano un disturbo del substrato sul quale i microrganismi si trovano. Le condizioni di lavoro: lavoro all’aperto, condizioni climatiche estreme e l’esecuzione di azioni critiche, come: raccolta manuale con i sacchi portati in prossimità del corpo (cosce), raccolta rifiuti da piccoli contenitori, raccolta di rifiuti custoditi in ambienti umidi e chiusi (miceti, aspergilli), spazzamento manuale e meccanizzato, facilitano l’esposizione. Così come comportamenti quali, mangiare, bere, fumare durante il lavoro e il mancato rispetto dell’igiene personale e degli indumenti di lavoro sono rischi per la salute con possibile insorgenza di: infezioni virali, batteriche, micosi, allergie (10). La valutazione del rischio può essere condotta con l’analisi della tipologia di infortuni accaduti durante l’anno, così come prevede il programma della Riunione periodica prevista all’art. 35, D.Lgs 81/2008 (7), con la conoscenza di tutti i processi, gli strumenti e gli impianti utilizzati e con rilievi ambientali sul campo. Si riporta in tabella I, l’andamento del numero degli infortuni per taglio e puntura d’ago avvenuti in una grande azienda comunale di igiene ambientale (Amsa SpA) nel decennio 1999-2008.È probabile il fenomeno della sottonotifica degli infortuni effettivamente accaduti, malgrado la continua informazione degli operatori sulle procedure da seguire in caso di infortunio e la promozione della pratica vaccinale. La maggior parte degli infortuni da taglio e puntura d’ago avviene nelle fasi di raccolta indifferenziata e pulizia mercati; la parte del corpo maggiormente interessata è la parte inferiore del corpo, quando un sacco contenente taglienti non visibili viene involontariamente a contatto con gli arti inferiori durante le azioni di sollevamento e traslazione. Risulta comunque impossibile individuare il potenziale agente biologico con il quale sia venuto in contatto l’operatore. Rilievi ambientali Con un’indagine effettuata presso Amsa SpA (Milano) si è cercato di caratterizzare il tipo di inquinamento attraverso l’uso di 5 indicatori di contaminazione microbica Tabella I. Andamento infortunistico 1999-2008 per taglio e puntura d’ago - Amsa SpA Anni 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Tot. Inf. 724 Tot. Inf. 722 Tot. Inf. 719 Tot. Inf. 536 Tot. Inf. 413 Tot. Inf. 376 Tot. Inf. 466 Tot. Inf. 460 Tot. Inf. 534 Tot. Inf. 569 Punture d’ago 26 10 14 14 10 15 19 32 31 9 Tagli 23 28 25 23 9 11 13 8 19 19 308 dell’aria in ambienti aperti e confinati: carica batterica totale, concentrazione di Stafilococchi, di Gram negativi totali e Gram negativi coliformi, e concentrazione di miceti (lieviti e funghi). Tale analisi presenta il limite di fornire un dato istantaneo e non ripetibile dell’esposizione solo su ampie classi microbiche e diffusibili per via aerea. Riesce a caratterizzare le attività, le postazioni, gli strumenti che determinano una maggiore esposizione a particolato e aerosol. Risultati Dall’analisi degli infortuni, dalla conoscenza degli impianti, degli strumenti e delle modalità di lavoro emerge la presenza di un rischio biologico non deliberato, ma di tipo accidentale verso numerosi agenti biologici non specificamente individuabili se non per grandi classi e per i quali valgono norme generali di igiene individuale sostenute da azioni di prevenzione primaria, quali la corretta dotazione dei presidi di protezione individuale (guanti, tute, maschere, ecc.) ed opportuni interventi tecnici a livello degli impianti. Per altri agenti, notoriamente o potenzialmente presenti negli specifici contesti operativi quali tetano, HAV, HBV, Tifo e paratifo, Virus influenzale si può procedere alla protezione dei lavoratori anche con vaccini efficaci e altamente protettivi. Solo per HIV tale opportunità non esiste a tutt’oggi. Presso Amsa SpA nel corso del decennio 1999-2008 una attenta valutazione del rischio, la sorveglianza sanitaria puntuale a tutti gli operatori e mirata alle specifiche attività alle quali i singoli venivano adibiti, ha fatto aumentare notevolmente il carico vaccinale del Servizio Sanitario. Non esistono altri dati oltre a quelli ovvi relativi agli incrementi degli acquisti di dosi vaccinali e alla differenziazione dei tipi di vaccino, in quanto non esisteva un sistema informatizzato per una analisi qualitativa delle azioni svolte. È certo che in 10 anni di sorveglianza sanitaria e di monitoraggio del fenomeno infortunistico non vi è stato nessun caso di siero conversione per HBV e HCV fra coloro che si sono sottoposti a follow-up post infortunio. Tetano Il minimo storico di casi di tetano in Italia si ha nel 2005 con 49 casi (11). La legge 20 marzo 1968 (14) ha introdotto in Italia l’obbligatorietà per i bambini al 3° - 5° - 11° mese con un richiamo al 6° e 12° anno di vita (vaccino combinato difterite e pertosse). La prima dose di richiamo a distanza di 4-5 anni. Le successive dosi di richiamo a distanza di 10 anni. Stessa schedulazione è prevista dal CDC Atlanta per gli USA (2); lievemente diversa la schedulazione del Green Book UK (12) Una particolare attenzione va prestata agli adulti non precedentemente immunizzati per il tetano, come i lavoratori immigrati, o che non abbiano provveduto ai richiami ogni 10 anni, come spesso accade nelle donne, cui è sempre opportuno praticare un tetan test per decidere la schedulazione da applicare. G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it Epatite Virale B Epidemiologia: l’OMS stima che 350 mln di persone nel mondo siano affette da epatite cronica (16). Le aree del mondo sono state classificate in base alla prevalenza di HBsAg con endemicità: alta > del 8% (aree Sub-Sahariane, l’Asia e le isole del Pacifico), media fra il 2 e 8% (l’area amazzonica, le parti meridionali dell’Europa centrale e dell’est, il medio oriente e il subcontinente Indiano), bassa < 2% (Europa occidentale e il Nord-America). Schedulazione della vaccinazione anti Epatite B in Italia - USA UK (3) (2) (9). Nei tre paesi la schedulazione segue lo stesso schema, che non prevede richiami. Problematici i soggetti non responder (10-15%) e gli adulti non precedentemente immunizzati. Una bassa risposta si è rilevata nei soggetti di età superiore ai 40 anni, è obesa e fuma, negli alcoolisti epatopatici, nei soggetti immunocompromessi o in dialisi per i quali servono più dosi di rinforzo. Negli adulti non precedentemente immunizzati è opportuno verificare il titolo anticorpale prima di procedere al ciclo vaccinale (4). Epatite Virale A Epidemiologia: l’Epatite A è presente in modo sporadico o epidemico nel mondo intero con tendenza a ripresentarsi ciclicamente e causa circa 1,5 ml di epatiti/anno, l’infezione è autolimitantesi e viene trasmessa per via orofecale o tramite cibo ed acqua contaminati o per contatto e assistenza a soggetti infetti; la diffusione dell’epatite a si è molto ridotta con il miglioramento delle condizioni igienico sanitarie;con la riduzione della copertura anticorpale naturale molti adulti sono ora suscettibili (16) (12). L’Epatite A in Italia: l’Italia è considerata un’area a bassa (nord) e intermedia endemicità per l’epatite A (sud). Schedulazione della vaccinazione anti Epatite A in Italia - USA - UK (2) (9). Nei tre paesi la schedulazione segue lo stesso schema, di due dosi a distanza di 6 mesi l’una dall’altra e che non prevede richiami. Tifo e paratifo È una malattia febbrile acuta sostenuta da salmonella typhi. Endemica in Messico, Perù, Cile, India, Egitto, Indonesia, Pakistan (16). In Italia è endemica in Puglia, Sardegna, Campania e si contano alcune centinaia di casi anno. Colpisce tutte le età ma soprattutto i giovani adulti. La sorgente di infezione è il malato portatore o asintomatico e la trasmissione è fecale-orale. Schedulazione della vaccinazione antitifica in Italia USA - UK (2) (9). Vaccino VI polisaccaride: iniettabile: la risposta anticorpale è massima dopo un mese e persiste per tre anni dopo i quali è necessario un richiamo. Vaccino orale Ty21a: richiede una somministrazione in tre giorni alternati ed è efficace nel 50-60%. Influenza stagionale A causa della loro natura mutevole i virus influenzali sono monitorati dalla WHO in tutto il mondo. Ogni anno G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it vengono fornite le informazioni relative ai ceppi che vanno inseriti nei vaccini per l’inverno successivo. Per garantire una continua protezione la somministrazione del vaccino contenente il ceppo corrente deve essere annuale (16). Conclusioni È ampiamente dimostrato come migliori condizioni igieniche generali associate alla somministrazione di vaccini efficaci abbiano fortemente ridotto nei paesi industrializzati del primo mondo morbilità e mortalità per patologie come tetano, HBV, HAV, Tifo e paratifo. Focolai endemici sono ancora presenti anche in Italia ma in gruppi di popolazione circoscritti e ben caratterizzati, e le casistiche fanno ormai riferimento a poche decine di casi/anno. Poiché non è corretto sottoporre tutti i lavoratori a profilassi indiscriminate con vaccini seppur sicuri e sperimentati, è solo attraverso una puntuale valutazione del rischio che si riescono ad individuare rischi generali, anche di tipo biologico – tetano, HBV –, comuni a tutte le mansioni, e rischi specifici – HAV, tifo e paratifo – per i quali sono necessarie profilassi vaccinali ad hoc. Un nuovo cimento ci viene dai lavoratori immigrati che giungono a lavorare nel nostro paese senza aver sempre goduto nei paesi di origine di un intervento sistematico da parte delle strutture di igiene pubblica locali. Le stime WHO sulle coperture vaccinali per le malattie sopraelencate sono spesso ottimistiche e sottostimano lo stato reale del problema. Così è richiesta al Medico competente “globale” la capacità di garantire per tutti i lavoratori la disponibilità di presidi che la legge prevede e che spesso sono stati utilizzati nei paesi di origine in modo incompleto o del tutto trascurati. Infine, la presenza nei luoghi di lavoro di soggetti trattati per periodi definiti o in modo cronico con farmaci che determinano immunodeficienza, deve far affinare la capacità di utilizzo di tutti gli strumenti di protezione nei confronti degli agenti biologici come sono i vaccini. Ringraziamenti Si ringrazia Amsa SpA Milano per la disponibilità mostrata nel fornire i dati riportati in questo articolo. 309 Bibliografia 1) AAVV. Amsa 100 anni, Storia illustrata dell’igiene urbana a Milano, Il libro dei 100 anni, http://www.amsa.it/gruppo/cms/amsa/progetti/amsa_100_anni.html 2) CDC, Centers for Disease Control and Prevention, Healthy living, Vaccines and Immunization, Vaccine and Preventable diseases, Tetanus Vaccination, Hepatitis A Vaccination, Hepatitis B Vaccination, Typhoid Fever Vaccination, http://cdc.gov 3) Circolare 4 ottobre 1991, N. 2. Disposizioni relative all’applicazione della legge 27 maggio 1991, n. 165 G.U. n. 251 del 25 ottobre 1991. 4) Circolare 10 dicembre 2000, Ministero della Sanità. Vaccinazione per epatite B: precisazioni al DM 20/11/2000 (Aggiornamento del protocollo per l’esecuzione della vaccinazione contro l’epatite virale B) e alla Circolare n. 19 del 30/11/2000 (Protocollo per l’esecuzione della vaccinazione contro l’epatite virale B). 5) Colussi P, Tolfo MG. Storia di Milano, La città, Milano tecnica, La rete di raccolta dei rifiuti a Milano, 2006, RCM, Rete Civica di Milano. 6) Decreto Legislativo n. 626 del 19 settembre 1994. Supplemento ordinario n. 141 della G.U. n. 265 del. 12/11/1994. 7) Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di Lavoro, Supplemento Ordinario n. 108/L alla G.U. n. 101 30 aprile 2008. 8) Decreto Ministeriale 4 ottobre 1991. Offerta gratuita della vaccinazione contro l’epatite virale B alle categorie a rischio, G.U. n. 251 del 25 ottobre 1991. 9) Department of Health, Public Health, Green Book, Immunisation against infectious disease, Chapter 17, Hepatitis A, updated 08/01/2009, pag. 147, Chapter 18, Hepatitis B, updated 12/02/2009, pag. 167, Chapter 19, Influenza, updated 29/10/2009, pag. 187, Chapter 30, Tetanus, updated 10/08/2009, pag. 370, Chapter 33, Typhoid, updated 09/02/2009, pag. 412 http://dh.gov.uk 10) INAIL. La sicurezza per gli operatori della raccolta dei rifiuti e dell’igiene urbana, 2009, 66. 11) Istituto Superiore di Sanità, Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della salute, Tetano, TetanoEpicentroISS.htm, 22/12/2008. 12) Istituto Superiore di Sanità. Epidemiology of acute viral hepatitis: twenty years of surveillance through SEIEVA in Italy and a review of the literature, Rapporti ISTISAN 06/12. 13) Legge 5 marzo 1963, n. 292. Vaccinazione antitetanica obbligatoria, G.U. n. 83 del 27 marzo 1963. 14) L. 20 marzo 1968, n. 419. Modificazioni alla legge 5 marzo 1963, n. 292, recante provvedimenti per la vaccinazione antitetanica obbligatoria, G.U. 19 aprile 1968, n. 100. 15) Legge 27 maggio 1991, n. 165. Obbligatorietà della vaccinazione contro l’epatite virale B, G.U. n. 127 del 01/06/1991. 16) WHO. Health topics, Tetanus, Epatitis B, Epatitis A, Typhoid fever, Influenza, http://who.int/topics Richiesta estratti: N. Biggi, Medico Competente - Via Zanella 10, 20133 Milano, Italy - E-mail: [email protected] G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl, 310-313 http://gimle.fsm.it © PI-ME, Pavia 2010 P. Bianco1, V. Anzelmo2 Lavoro all’estero: valutazione del rischio e prevenzione vaccinale 1 2 Servizio Sanitario RAI Radiotelevisione Italiana, Roma Istituto di Medicina del Lavoro Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma RIASSUNTO. Il lavoratore che svolge attività lavorativa all’estero si sposta dal paese di origine per svolgere la sua attività professionale esponendosi a rischi non presenti nel paese di origine, che si sovrappongono a quelli correlati alla mansione. Questi rischi sono legati al viaggio, all’area geografica di destinazione, al clima, alla presenza di vettori di infezione, alle variabili socioeconomiche, alle condizioni igieniche del paese ospitante. La valutazione del rischio per questa tipologia di lavoratori risulta complessa e richiede apporti multidisciplinari. Correttamente impostata permette di individuare i parametri necessari a predisporre strategie preventive adeguate. In particolare, la valutazione del rischio biologico in rapporto alle aree di destinazione permette di stabilire programmi vaccinali che prevengono malattie infettive gravi. Il medico del lavoro deve stabilire programmi di sorveglianza sanitaria nei quali i protocolli vaccinali devono essere rapportati alle aeree geografiche. Importanti risultano i percorsi aziendali di formazione/informazione per completare la tutela attraverso misure comportamentali. ABSTRACT. WORKING ABROAD: RISK ASSESSMENT AND IMMUNIZATION. The workers travelling abroad by country of origin to carry on the job puts at risk not present in the country of origin, which overlap those related to the job profile. These risks are related to the trip, the geographic area of destination, the climate, the presence of vector, the socio-economic variables, the hygienic conditions of the host country. The risk assessment for workers abroad is complex and requires multidisciplinary inputs. Correctly performed, the risk assessment identifies the parameters needed to develop appropriate preventive strategies. The assessment of biological risk related to the geographic areas identifies immunization programs that prevent serious infectious diseases. The occupational physician must establish health surveillance programs in which the vaccination schemes should be related to geographical areas. Training and information company programs to complete protection through hygienic measures. Key words: risk assessment, working abroad, immunization. Introduzione Ogni anno 18 milioni di italiani si recano all’estero. Lo scopo del viaggio nel 70,9% è il turismo, nel 25,4% le viste a parenti e amici, nel 9,5% il lavoro, nel 2,8% la ricerca e lo studio, nel 2,3% i motivi religiosi. Nel mondo ogni anno viaggiano 763 milioni di persone, cifra destinata a raddoppiare nel 2020. L’attuale sistema economico mondiale è basato sul trasferimento di materie prime, di tecnologie, di conoscenze, ma anche su un incremento del flusso di risorse umane. Questo flusso di persone costituisce una notevole migrazione internazionale per motivi di lavoro, con spostamenti di varia durata, in aree geografiche diverse dal paese di origine, per lo svolgimento di attività lavorative di produzione, di servizi, di manutenzione, di commercializzazione. Numerosi viaggiatori-lavoratori si spostano da aree industrializzate in aree a basso sviluppo socio-economico, raggiungendo destinazioni anche remote. Risulta aumentato non solo il volume dei viaggiatori-lavoratori, ma soprattutto la capacità di penetrazione dei trasporti con conseguente possibilità di immediata contaminazione e/o esposizione a condizioni e fattori di rischio infettivo prima localizzati e caratterizzati da minore diffusibilità. Il lavoratore-viaggiatore che si sposta dal paese di origine in altre aree geografiche per svolgere la sua attività professionale va incontro a disadattamenti fisiologici e psicologici e a rischi per la salute; infatti viaggia per necessità e non per turismo, per svolgere un’attività su richiesta di un’azienda, non sceglie il luogo, l’itinerario e la durata del soggiorno; ha obblighi di risultati ed efficienza durante il lavoro; il viaggio e gli altri costi sono a carico dell’azienda. La medicina del lavoro si confronta in questo particolare settore, che coinvolge un numero sempre più elevato di lavoratori, con problematiche articolate per la tutela della salute, che si sovrappongono a quelle codificate dal comparto specifico lavorativo, rappresentate dal viaggio, dai fattori climatici, dai vettori di infezioni, dalle variabili culturali e socioeconomiche dei paesi di destinazione. La gestione della tutela preventiva di questo settore ha configurato un’area multidisciplinare definita “international occupational medicine” e/o “occupational and travel medicine”. Infatti l’attività lavorativa all’estero, la tipologia dei rischi e la durata dell’impegno in area geografica differente dall’insediamento pro- G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it duttivo sul territorio nazionale, ha fatto emergere nella disciplina di medicina del lavoro complesse tematiche, in termini di riferimenti normativi e di metodologie adeguate, per attuare interventi preventivi per lo svolgimento dell’attività del lavoratore nel paese ospitante, nelle migliori condizioni di sicurezza e di tutela della salute e nel rispetto della normativa vigente. Le attività preventive devono mirare in analogia a quanto accade in altri comparti, a tutelare la salute del lavoratore-viaggiatore e ad ottimizzare la capacità del medesimo di svolgere in sicurezza la propria mansione. Normativa Il lavoro all’estero è stato classificato, nell’ambito delle linee guida della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (2004), come attività atipica che presenta flessibilità di impiego ed è caratterizzata, oltre che dai rischi della mansione, da fattori correlati alle condizioni di soggiorno del paese ospitante. Per molti anni il riferimento legislativo è stato il Regolamento Sanitario Internazionale (R.S.I.) del 1969 (pur con le modifiche del 1973 e del 1981) e recepito in Italia con la legge n. 106 del 1982, nonostante la presenza di un numero cospicuo di aziende che già svolgevano parte della loro attività all’estero. Successivamente il DLgs 626/94 introduceva la valutazione dei rischi negli ambienti di lavoro e dedicava il titolo VIII alla protezione da agenti biologici, prevedendo tra le misure preventive, la messa a disposizione da parte del datore di lavoro di vaccini. Questo decreto ha configurato per circa quindici anni il perimetro normativo nel quale si inseriva la peculiarità della tutela del lavoro all’estero. Il lavoro all’estero è attualmente normato dal DLgs 81/08, integrato dal recente DLgs 106/09, sia nell’ambito delle misure generali di tutela (Titolo I) sia con un titolo specifico (Titolo X “Esposizione ad agenti biologici”). Il nuovo RSI, entrato in vigore il 15 giugno 2007, rappresenta l’altro riferimento legislativo di rilievo per la tutela del lavoratore-viaggiatore, in particolare per le numerose indicazioni sul rischio infettivo. 311 Metodologia della valutazione del rischio La metodologia della valutazione del rischio per il lavoro all’estero si basa su parametri codificati che devono considerare: 1) rischi legati al comparto produttivo dell’azienda; 2) rischi legati alla mansione specifica (esposizione a fattori di rischio “tradizionali”: movimentazione manuale di carichi, lavoro in quota, lavoro a turno, sostanze chimiche, rumore); 3) rischi legati all’ambiente confinato di lavoro in cui la mansione viene svolta nel paese di destinazione (standard di sicurezza adottati e tecnologie a disposizione); 4) rischi legati all’area geografica e al paese di destinazione; 5) frequenza dei viaggi e tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati (tabella. I). Ulteriori elementi sono rappresentati dalla classificazione dei lavoratori in rapporto alla durata del soggiorno: soggiorni di lunga durata (anni); rotazioni regolari in aree geografiche diverse; soggiorni ripetuti e di breve durata nella stessa area geografica o in aree geografiche diverse. Il rischio di contrarre malattie infettive durante il soggiorno all’estero è costantemente presente per i lavoratori-viaggiatori. La valutazione del rischio biologico deve considerare tutti i parametri che ne configurano l’entità: la frequenza e l’incidenza della malattia; il grado di contagiosità dell’agente infettante, la severità della malattia, la gravità delle complicanze; il costo individuale e sociale. Inoltre deve essere completata dalla valutazione delle misure di prevenzione. La sintesi anglosassone del risk assessment è rappresentata dalla sequenza, soprattutto per i cosiddetti itinerari variabili, “where, when, why, what and how”. La valutazione dei rischi rappresenta lo strumento metodologico per attuare il cosiddetto “risk management”. Questo prevede innanzitutto un’adeguata organizzazione aziendale che coinvolga le varie componenti interessate ai programmi preventivi: il medico del lavoro e/o un servizio sanitario aziendale, i settori aziendali interessati al viaggio e all’attività lavorativa all’estero, la “travel clinic” di riferimento e altre istituzioni. Il Bureau International du Travail già nel 1998 ha fornito indicazioni organizzative di questo tipo per la gestione delle attività lavorative all’estero. Tabella I. Metodologia di valutazione del rischio per attività lavorativa all’estero 312 G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it collaterali locali e generali. Non esistono controindicazioni alla somministrazione contemporanea di più vaccini; l’impiego di vaccini combinati può ridurre il numero richiesto di iniezioni. In alcuni casi è opportuno l’utilizzo di schemi accelerati di vaccinazione per proteggere soggetti in partenza senza adeguata programmazione, con “imminente” rischio di infezione. Questi schemi accelerati sono applicabili per l’epatite A e B, l’encefalite giapponese, l’encefalite da zecche. I protocolli vaccinali predisposti fanno parte dei programmi di sorveglianza sanitaria e sono esplicitati nell’informazione trasmessa ai lavoratori e ai loro rappresentanti per la sicurezza. La vaccinazione rappresenta un atto di prevenzione primaria di grande efficacia, senza inconvenienti se si rispettano le regole di buona pratica e con rapporto costi-benefici favorevole se si considerano gli effetti a distanza. In ogni caso, nei confronti del rischio infettivo devono essere applicate tutte le altre misure aspecifiche di protezione personale di tipo igienico-comportamentale. Il programma di sorveglianza sanitaria per il lavoratore all’estero è rappresentato da fasi operative attuate dal medico del lavoro competente prima della partenza e comprende tappe codificate (figura 1): 1) conoscere in tempi brevi la destinazione del lavoratore; 2) attivare il programma sanitario comprendente la visita medica, gli accertamenti emato-chimici e strumentali, vaccinazioni, informazione e formazione dei lavoratori; 3) completare il programma prima della partenza; 4) formulare il giudizio di idoneità. Sono previsti accertamenti di approfondimento, di secondo livello, in relazione al tempo di permanenza all’estero, all’età del soggetto e ad eventuali stati patologici preesistenti. La strategia vaccinale e protocolli vaccinali per aree di destinazione La strategia vaccinale si basa sulla individuazione e il completamento di cicli vaccinali in rapporto ai seguenti parametri: paese di destinazione; stato di salute ed età del lavoratore; immunizzazioni preesistenti; stagione del viaggio; aree lavorative (urbane/extraurbane); durata della permanenza all’estero; tempo disponibile prima della partenza; eventuale presenza di epidemie nelle aree di soggiorno. Le vaccinazioni per il lavoratore-viaggiatore sono distinte in vaccinazioni obbligatorie per determinati paesi (febbre gialla, meningite meningococcica); vaccinazioni di base o immunizzazioni di routine (difterite, tetano, pertosse, epatite B, morbillo, parotite, rosolia, poliomelite); vaccinazioni raccomandate in rapporto all’area geografica di destinazione (epatite A, febbre tifoide, influenza, encefalite giapponese, malattia meningococcica, encefalite da zecche, rabbia). Per i lavoratori che viaggiano e soggiornano all’estero sono stati individuati schemi di protocolli vaccinali per aree di destinazione, tenendo conto delle numerose variabili considerate in fase pre-viaggio, che configurano i profili di rischio infettivo. Sono stati individuati, sulla base dell’esperienza pluriennale congiunta di travel clinic, istituti universitari e servizi sanitari aziendali, tre schemi di protocolli vaccinali, utilizzando vaccini combinati (tabella II). La schedula di vaccinazione prevede che tutti i vaccini possano essere somministrati nella stessa seduta, in diverse sedi, senza interferenze nelle risposte anticorpali. La somministrazione simultanea dei vaccini è agevole, sicura ed efficace, con scarsi effetti Tabella II. Schema di vaccinazioni per area geografica AFRICA SUB-SAHARIANA Vaccini somministrabili simultaneamente in rapporto all’area geografica ed ai parametri di valutazione pre-viaggio CINA, SUBCONTINENTE INDIANO, SUD-EST ASIATICO Vaccini somministrabili simultaneamente in rapporto all’area geografica ed ai parametri di valutazione pre-viaggio AMERICA MERIDIONALE, CENTRALE, AREA CARAIBICA Vaccini somministrabili simultaneamente in rapporto all’area geografica ed ai parametri di valutazione pre-viaggio – – – – – – – – Combinato antiepatite A-B Combinato anti-difto-tetano-polio Antiamarillico Antimeningite meningococcica Antipneumococcico Antitifico Eventualmente antirabico pre-esp. Anticolerico per os – – – – – – – Combinato antiepatite A-B Combinato anti-difto-tetano-polio Antimeningite meningococcica Antipneumococcico Antitifico Antinfluenzale nel periodo epidemico Antiencefalite giapponese (in base a tempo di permanenza, stagione, visita in aree rurali, etc.) – Eventualmente antirabico pre-esp. – Anticolerico per os – – – – – – – – Combinato antiepatite A-B Combinato anti-difto-tetano-polio Antimeningite meningococcica Antitifico Antipneumococcico Antiamarillico (zone amazzoniche) Anticolerico per os. Eventualmente antirabico pre-esp. G Ital Med Lav Erg 2010; 32:4, Suppl http://gimle.fsm.it 313 Figura 1. Schema di prevenzione vaccinale Conclusioni Bibliografia La valutazione del rischio per il lavoro all’estero risulta particolarmente complessa e articolata per le numerose variabili sopra riportate. I criteri generali individuati necessitano di opportuni adattamenti alle diversificate realtà produttive. In questo modo è possibile realizzare i successivi interventi preventivi sia sanitari che formativi per tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore-viaggiatore e ottimizzare lo svolgimento della mansione. L’immunizzazione attiva rappresenta uno strumento preventivo primario per i lavoratori-viaggiatori, e gli schemi di vaccinazione in rapporto all’area di destinazione costituiscono una valida metodologia applicativa. 1) Bianco P, Anzelmo V, Castellino N. Linea Guida per le vaccinazioni negli ambienti di lavoro. In: Apostoli P., Imbriani M., Soleo L., Abritti G., Ambrosi L. (Eds): Linee guida per la formazione continua e l’accreditamento del medico del lavoro. Tipografia PI-ME Editrice, Pavia, 2006, volume 19, 95-182. 2) Bianco P, Ieraci R, Comito M., Anzelmo V. Metodologia della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria per i lavoratori all’estero. Atti Convegno Società Italiana di Medicina dei Viaggi e delle Migrazioni (SIMVIM): “Il medico competente e gli aspetti metodologici, preventivi e gestionali per la tutela del lavoro all’estero”. Roma 13 settembre 2008, 6-10. 3) Anzelmo V, Ieraci R, Comito M, Staiti D, Bianco P. Vaccinazioni nei lavoratori all’estero: protocolli predisposti per aree geografiche di destinazione. Atti 71° Congresso Nazionale Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale Palermo 2008. G Ital Med Lav Erg 2008; 30:3 (2), 443-444. Richiesta estratti: Paolo Bianco - Servizio Sanitario Aziendale, RAI Radiotelevisione Italiana, Viale Mazzini 14, 00195 Roma, Italy E-mail: [email protected]