cosa vuol dire amare? - Parrocchia di Moggio

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cosa vuol dire amare? - Parrocchia di Moggio
COSA VUOL DIRE AMARE?
Amare è: "Io credo in te".
Se avesse guardato alla loro storia avrebbe potuto concludere: "Sono sempre i
soliti; ci ho provato tante volte; non c'è speranza con gente così; con chi non vuol
capire non c'è niente da fare; "scemo" sì, ma non così tanto da riprovarci
ancora!". Ma Gesù non guarda a ciò che sono stati. Gesù non guarda a ciò che
hanno combinato. Gesù non guarda se sono stati puri o impuri (perché se avesse
guardato a questo sarebbe rimasto solo!); Gesù non guarda a tutti i casini che
hanno e che gli hanno combinato. Gesù li ama.
Gesù li ama: "Io credo in te. Io so che tu puoi cambiare ed essere diverso… Io
so che tu puoi essere un uomo migliore e non mi stancherò di dirtelo che lo puoi
diventare… io so che tu puoi guarire dalle tue malattie… io so quanta bellezza c'è
dentro di te… io vedo cosa puoi essere… io voglio che tu sia ciò che puoi essere
anche se tu non credi di poter essere".
Vi faccio un esempio. Ci sono due genitori e i loro rispettivi figli. Il primo figlio
dice alla mamma: "Mamma, posso venire anch'io alla messa del giovedì santo?".
La mamma risponde: "Ma sì caro mio, certo, vieni. Ricordati però che dura più
del solito… quindi non meno di un'ora e mezzo, forse due… che c'è la lavanda dei
piedi… che ci sono tanti canti… e che dobbiamo mangiare in fretta perché alle
nove stasera don Marco comincia e non si può arrivare in ritardo…". "Vieni?".
"No, no, ci ho ripensato mamma". Per forza!
Il secondo figlio dice alla mamma: "Mamma, posso venire anch'io alla messa del
giovedì santo?". La mamma risponde: "Ma sì caro mio, certo… Pensa che bello:
intanto il giorno dopo non si va a scuola e così domani mattina dormi… e c'è la
lavanda dei piedi: noi mettiamo il bigliettino e forse magari anche noi saremo
pescati e siederemo a tavola e tutti canteranno il nostro nome… e canteremo
insieme a tanta gente… e invece della solita comunione mangeremo proprio un po'
di pane, pane…"."Vieni?". "Ma certo mamma".
Dov'è la differenza? E' la stessa cosa, ma cos'hanno visto i tuoi occhi? Dove si
sono posati? La prima mamma ha detto: "Non credo che tu sia capace… in grado…
di stare lì". E il bambino ha risposto di conseguenza: crede che non ce la farà.
La seconda mamma crede che invece ce la farà, che si divertirà, che sarà bello:
e il bambino infatti è rimasto lì.
Amare è credere. Se non credo in mio figlio, gli trasmetto che lui non vale, che
non è capace e che non ce la farà. Tu dici: "È perché voglio proteggerlo… perché
gli voglio bene…", ma in realtà è perché hai paura. Avere un genitore
iperprotettivo è una vera disgrazia. Lui dice: "È perché lo amo troppo". In realtà
però questo suo amore è distruttivo. Perché se il genitore ti dice sempre:
"Attento a questo… attento a quello… questo sì… questo no… lascia stare che
faccio io… ti sistemo io la camera che così facciamo prima… ti do una mano io nei
compiti che così impari meglio…", che messaggio passa? Passa che tu non ce la fai
Il Sentiero – Rassegna religiosa della Parrocchia in Moggio – Dicembre 2011
e lui sì. Così penserai di essere un incapace (deficiente). Amare è credere
nell'altro: "Sì, ce la farai!".
Facciamo un altro esempio: "Descrivi tua moglie". Il primo uomo dice: "Pensa
sempre ai fornelli e alle faccende di casa. I figli vengono sempre prima di me. Se
una sera sono in ritardo mi chiama per controllarmi. Una volta ci facevamo più
coccole". Il secondo: "Quando torno a casa la cena è sempre pronta. Sono molto
fortunato ad avere una donna così perché lei si prende cura dei miei figli e
proprio ci riesce. So che mi vuol bene perché si preoccupa molto se sono in
ritardo. Capisco che ha tanti problemi perché una volta ci facevamo più coccole".
Tu vedi secondo i tuoi occhi, ma mettiti nei suoi panni. Mettersi nei panni
dell'altro è credere alle sue intenzioni buone, positive, è vedere il bene che c'è
in lui.
Tuo figlio prende un brutto voto a scuola. Puoi dire: "Lo sapevo! Non vedi che
devi studiare di più!". Ma puoi anche dirgli: "Ah sì, succede a tutti. Sbagliare è
utile perché così si capisce cosa non si è imparato".
Tua suocera vuole che tutte le domeniche andiate da lei. Tu dici: "Ma non
capisce? Ma non sa che una famiglia ha bisogno di stare insieme? Non c'è mica
solo lei?". Credi in lei. Per lei magari vuol dire: "Li sgravio da una fatica almeno
la domenica e credo che saranno felici di stare con me e di trovare tutto pronto.
So che hanno paura di disturbare per questo devo un po' "spingere"". Se poi vedi
che per la tua famiglia è importante non andarci, tocca a te con dolcezza
dirglielo. Riconosci la sua intenzione buona, positiva, il suo amore, e fai la tua
scelta.
Fai un colloquio di lavoro e non va. Credi in te. Quello che non crede in sé dice:
"Lo sapevo, chi vuoi che mi prenda. Non ce la farò mai. E se rimango senza
lavoro?".
Il secondo, quello che crede in sé: "Si vede che non era per me. Si cade tante
volte per imparare a pattinare. Forse sto cercando un lavoro che non è per me".
La madre di Michelle Noel, famosa insegnante, era sfiduciata. Studiava
osteopatia, aveva 65 e diceva: "Come farò a ricordarmi tutti gli ossicini, i
legamenti, i nervi, l'anatomia". Sua figlia, Michelle, le disse: "Ce la farai e io ti
insegnerò anche come". Si è diplomata a 72 anni e poi ha iniziato a studiare
astrologia. Adesso ha 87 anni e si ricorda tutto, con una memoria eccezionale.
Il Sentiero – Rassegna religiosa della Parrocchia in Moggio – Dicembre 2011
Amare è credere nell'altro, non in ciò che è ma in ciò che può essere. E se tu
credi in lui questo passa.
Amare è credere in chi si ama. E' valorizzare. E' mostrargli le sue risorse, le
sue capacità. E' stargli vicino quando non ce la fa e dargli fiducia che ce la farà.
Amare è sapere che nessuno agisce con cattiva intenzione: è che non sapeva
certe cose; è che nessuno gliel'ha insegnate certe cose; è che ha una paura
folle, fottuta, di sbagliare o del giudizio; è perché non sa; è perché dentro ha un
vulcano; è così perché lui stesso non si ama; giudica perché nel suo cuore si sente
piccolo e non sa fare altro, ecc. Nessuno a questo mondo è cattivo: siamo solo
impauriti o senza luce.
Gesù, quando guardava quei poveracci di discepoli avrebbe ben potuto dire: "A
posto! Siamo proprio messi bene qui! Guarda che allievi che ho! Ma dove vuoi che
andiamo con questi qui!". E invece no! Lui credette in loro e ci volle in effetti una
grande fiducia! Ma ebbe ragione.
Quando uno viene e mi dice: "Io non ce la faccio", io gli dico: "Tu ce la farai e io
lo so. Adesso dobbiamo solo trovare insieme il modo per arrivarci". Se ci
credete, gli fate il regalo più grande della vita, perché gli state dicendo: "Io
vedo il tuo valore, io vedo la tua forza; tu sei buono, tu sei positivo, tu puoi
riuscire nella tua vita". Fatelo con vostro figlio, con vostra moglie, con voi stessi:
"Io credo in te". Quando stasera andate a casa dite a vostra moglie/marito: "Io
credo in te. Io ti amo e voglio che tu sia felice, che tu sia pienamente te stessa,
che tu possa fiorire ed essere la creatura che Dio ha pensato il giorno in cui ti
ha creato. E poiché io ti amo, mi metterò a tuo servizio perché tu possa essere
tu, perché io credo in te". E poi dite ai vostri figli: "Io credo in te. Poiché, caro
figlio, ti amo, voglio che tu possa fare la tua strada, la tua casa e la tua vita,
perché io credo in te".
E poi dite a voi stessi: "Io credo in me. E smetterò di buttarmi giù, di dirmi che
non ce la faccio, che non so come gli altri, che io non posso, di accusare gli altri.
E poiché credo in me diventerò la cosa più bella che posso! E lo sarò!".
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L'amore è questo: "Credo in te, aldilà dei tuoi sbagli, aldilà di ciò che fai, aldilà
di ciò che si vede. Credo nella luce che c'è in te anche se vivi nella notte; credo
nella vita che so che hai, se vivi nella morte. E farò di tutto per mostrarti chi
sei e cosa puoi essere. Perché io voglio che tu viva".
Ogni tanto prendete chi amate, guardatelo fisso negli occhi e ditegli: "Io credo
in te".
GUARDATE A GESÙ NELL’ULTIMA CENA CON LA LAVANDA DEI PIEDI
Lui in quest'attimo diventa "discepolo, servo" degli apostoli. E gli apostoli, servi
di Gesù, diventano il suo "maestro". Cioè: non ci sono più servi e maestri, alti e
bassi, ma tutti siamo sullo stesso piano. Gesù dice: "Voi siete come me e io come
voi".
Dio non ci ama dall'alto elargendo il suo amore come un'elemosina, una
concessione, una beneficenza. L'amore di Dio non è come le nostre elemosine a
chi ci bussa la porta: siccome io ho più di te, ti do qualcosa. Ma io sarò sempre
più di te! L'amore di Dio innalza alla pari: "Tu ed io siamo sullo stesso piano, alla
pari". L'amore rende uguali: tu hai gli stessi miei diritti e gli stessi miei doveri.
Tu non sei né più né meno di me e io non sono né più né meno di te.
Orgoglio è considerarsi più degli altri; schiavitù è considerarsi meno degli altri.
Per questo Gesù dirà: "Non fatevi chiamare maestri" (Mt 23,10) e: "Tu hai un
ruolo (magari di comando, di direzione) ma non sei più di me. Rispetto il tuo ruolo
ma non accetto che non mi rispetti".
Il nonno di David Maria Turoldo gli diceva: "Ricordati sempre la tua dignità; non
permettere mai a nessuno di metterti i piedi in testa o di trattarti male e
ricorda sempre che ogni uomo è come te".
Nel suo libro "La fattoria degli animali" George Orwell dice: "Tutti gli uomini sono
uguali, solo che alcuni sono più uguali di altri".
Quando il Giovedì Santo c'è la lavanda dei piedi e lo si propone alle persone,
quante dicono: "Io no! Io mi vergogno! Non sono cose per me!". Perché non vuoi
farti amare da Dio? Dio non teme di lavarci i piedi; Dio non teme ciò che abbiamo
dentro, ciò che abbiamo compiuto, commesso, i sentimenti terribili che albergano
nel nostro cuore o i crimini contro l'amore. Dio teme la nostra chiusura.
Lasciati amare, vieni fuori, permetti di farti sentire degno d'amore, amabile,
buono, degno di vivere, di esserci, di esistere. L'amore ci fa sentire amabili,
l'odio ci fa sentire odiosi e la rabbia rabbiosi. Le persone sono terrorizzate dal
lasciarsi amare (ad esempio di aprirsi nella confessione o di raccontare ciò che
hanno dentro o di rendersi vulnerabili). E' come se dicessero: "Meglio non
scendere. Se poi scopro cose brutte…". Ma così come faranno a conoscere Dio?
Come faranno a sentire quanto forte sia l'amore di Dio? Come faranno a sentire
la potenza di Dio?
Lavanda dei piedi vuol dire: "Mi lascio amare da te". "Ti mostro le mie nudità, le
mie vergogne, le mie sozzure, le mie porcherie e lascio che tu le possa lavare.
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Fosse per me le nasconderei, neppure vorrei vederle; fosse per me non me le
perdonerei mai".
Apri la porta del tuo cuore all'amore e… lasciati amare. Dio può tutto ma non può
amarti se tu ti chiudi. Quante volte la gente dice: "Non mi chiedere di parlarti di
quello che ho dentro!". "Io le mie cose le tengo per me e non le dico a nessuno".
"Io non piango e non ho bisogno né di piangere né di commuovermi". "I miei
segreti e i miei scheletri non li dirò mai a nessuno".
Con alcune persone si sta anche bene insieme ma hai la sensazione di non
raggiungerle mai. E' come se ti dicessero sempre: "Alto là! Non ti farò entrare".
Si parla di un sacco di cose ma tutto sa di artefatto, c'è sempre una maschera,
un sorriso, qualcosa che ti lascia la sensazione di incompiuto.
Ma Dio può accettare tutto di noi e amarlo e accoglierlo. Dio non rifiuta niente di
noi.
Amare non è dare. Amare è essere aperti. Se si è aperti si riceverà amore e lo
si darà. Perché non si può amare se non si ci lascia amare. Non si può dare quello
che non si ha.
La vita ferisce. Che si fa? Ci si può chiudere per non sentire il dolore. Si può
diventare insensibili, si costruisce una corazza e un muro che non ci fa sentire il
dolore ma che ci tiene lontani da tutti. Allora le persone iniziano a dire:
"Nessuno mi ama! Nessuno mi capisce! Nessuno mi vuole!". No, amico, sei tu che
ti sei chiuso. Oppure: "La vita è dura, difficile. Non ci si può fidare di nessuno.
Non c'è nulla di bello". No, amico, sei tu che sei morto dentro perché non vuoi
lasciarti amare. Cosa rimane da fare? Un'unica cosa: apriti!
Amavamo. Poi qualcosa ci ha ferito terribilmente. Così abbiamo detto: "Mai più!".
Chiudiamo il nostro cuore e buttiamo via la chiave. Poi anche ci convinciamo: "E'
meglio così, così non soffrirò più così tanto". E così per non soffrire ci priviamo
dell'intensità della vita e ci diciamo: "Bisogna accontentarsi". No, amico, è che
tu hai paura di farti amare. E quando l'amore si avvicinerà noi lo respingeremo
perché sarà troppo pericoloso per noi. Così affamati d'amore, pieni d'amore,
moriremo senza amore. La testa e le ferite dicono: "Non aprirti", ma Gesù:
"Lasciati amare, fammi entrare".
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