12-22 - La Gazzetta del Medio Campidano
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PDF Compressor Pro 12 Attualità 15 febbraio 2015 UNIONE DEI COMUNI “TERRE DEL CAMPIDANO” Garau: “Non abbiamo i mezzi, saranno i cittadini a pagarne le spese” L a situazione dei comuni è critica e, da quanto si apprende da una nota del ministero dell’Interno, il loro futuro è incerto. Per ridurre gli sprechi degli enti amministrativi Roma obbliga infatti al loro accorpamento in tempi molto brevi, attraverso il già esistente sistema dell’Unione dei Comuni, pena, qualora questo non sia attuato, la diffida degli enti municipali. I comuni non esisteranno più nei termini fin qui conosciuti. Rimarranno in essere solo i servizi essenziali, come ad esempio l’ufficio anagrafe. Il resto sarà compito dall’Unione dei Comuni che, alla stregua di una mini-provincia, si occuperà della loro gestione e dei loro territori. L’Unione dei Comuni Terre del Campidano, di cui è presidente il sindaco di Sardara Giuseppe Garau, conta nel complesso circa 35mila abitanti ed è composta da sei comuni: San Gavino, Serrenti, Serramanna, Sardara, Pabillonis e Samassi. L’altra Unione, denominata Marmilla, di cui è presidente il sindaco di Villamar Pier Sandro Scanu (presidente anche dell’Anci Sardegna), comprende 18 paesi. Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Gesturi, Las Plassas, Lunamatrona, Pauli Arbarei, Sanluri, Segariu, Setzu, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villamar, Villanovaforru e Villanovafranca. Le due situazioni sono completamente diverse tra loro. Una ha meno sedi e molti abitanti e l’altra meno abitanti ma tante sedi. Uno scenario, quello futuro, nel quale non saranno abolite solo e definitiva- mente le province ma in parte anche i municipi. L’Unione, dunque, oltre ad accorpare e gestire il territorio di vari comuni come fosse un unico grande municipio, sarà anche un contenitore nel quale i dipendenti provinciali e comunali saranno reintegrati. «Il risparmio - spiega Giuseppe Garau - si vedrà nel tempo quando a mano a mano l’organico andrà in pensione e diminuirà il surplus di personale». Il presidente però, durante un’intervista rilasciata alla Gazzetta del Medio Campidano, si dice anche critico e indignato nei riguardi dello Stato che obbliga l’attuazione del progetto, ma non mette a disposizione sede operativa, organico e materiale, per poter procedere all’attivazione e gestione del territorio, così come chiesto dal ministero degli Interni. «Stiamo utilizzando l’ufficio del sindaco di San Gavino. Manca tutto. Dallo stabile alla carta, ai computer, all’informatizzazione e centralizzazione delle informazioni dei vari uffici e via dicendo». Garau spiega inoltre che, per l’attuazione di un tale sconvolgimento, non sono sufficienti i tempi previsti e imposti. «Sono favorevole - dice - alla gestione congiunta dei rifiuti perché questo abbasserebbe i costi. E vedrei positivo un unico sportello di riscossione tributi legato ad esso. E un Suap insieme all’ufficio che gestisca le autorizzazioni in ambito paesaggistico per evitare che ogni area comunale faccia scelte diverse pur essendo confinanti. E la gestione unica della protezione civile e PABILLONIS BARUMINI Turismo crocieristico in Marmilla Far vivere l’esperienza diretta della scoperta del territorio, per impararne ogni suo aspetto, provare vere emozioni ed avere il desiderio di trasmetterle agli altri. È questo il programma del Fam Trip sul turismo crocieristico organizzato da Cagliari Cruise Port, in collaborazione con il Comune di Barumini e l’omonima Fondazione Sistema Cultura, in cui è stato presentato il calendario delle crociere 2015. L’evento è stato organizzato allo scopo di far conoscere e quindi promuovere il sud Sardegna come destinazione del turismo crocieristico, che tra l’altro coinvolge i Comuni di Cagliari e Pula. I partecipanti hanno effettuato una visita al sito Unesco dell’area archeologica de Su Nuraxi, Polo museale di Casa Zapata, e al Centro culturale Turisti a Casa Zapata Giovanni Lilliu con le mostre temporanee e permanenti, in cui sono state illustrate le offerte storico, culturali, archeologiche, naturalistiche ed enogastronomiche del territorio, agli shore-excursion manager, figure chiave di tutte le principali compagnie armatrici di navi da crociera. Gli SAN GAVINO. PER stessi, si sono dimostrati colpiti e affascinati dall’esperienza della visita, e interessati a promuovere e proporre le escursioni ai crocieristi seppur per poche ore, un prodotto turistico di qualità che il centro della Sardegna riesce a soddisfare. Carlo Fadda LA RASSEGNA GIOVANI A Una canzone racchiude sentimenti, emozioni e sogni. In questo caso una canzone è un sogno che diventa realtà, un sogno intriso di passione e musica. A metà degli anni 80 cinque amici di Pabillonis diedero vita al gruppo musicale Lalba, che a differenza dalle solite cover-band sperimentava già da subito canzoni e musiche proprie. Il gruppo era così composto: Marcello Baltolu, voce e basso, Franco Melis e Dario Lisci alle chitarre, Giuseppe Atzori alla tastiera, Corrado Collu alla batteria. Cominciarono a suonare nei locali della zona, organizzando e suonando in manifestazioni musicali per ragazzi. Alla fine degli anni ‘80 il gruppo partecipò a diversi festival e selezioni regionali di ogni genere, nel ‘90 parteciparono e vinsero con merito “Sanremo giovani Sardegna”, e continuarono a suonare in tantissime piazze isolane. Nel ’92 fecero il grande salto verso la TEATRO Messa in scena la commedia “Il Dono” di Gianfranco Serra Per il terzo appuntamento della rassegna “Giovani a Teatro” organizzato dalla Pro Loco, la compagnia teatrale Piccolo Teatro Umoristico nel salone teatro Santa Lucia ha messo in scena la commedia “Il Dono”, scritta e diretta da Gianfranco Serra. La storia è ambientata nel paese immaginario di Tombina, e di preciso nel suo cimitero, dove Maria, la brava Lorenza Cavatorta, viene assunta come custode; seppur sottopagata, è felice di aver trovato un lavoro, ma ben presto scoprirà il dono che ogni guardiano del camposanto riceve in dote, ossia quello di vedere e sentire le anime che ancora ci vivono. Conosce così Carla (Ivana Irde) e Felice (Alberto Serra), l’una assillata dalle continue visite della lugubre Dolores, una della polizia municipale. E vedrei bene anche quella dell’appalto delle mense scolastiche. Rimango invece scettico su altre mansioni. Ad esempio, non è pensabi- Giuseppe Garau le per il momento e coi mezzi a disposizione la centralizzazione degli uffici affari generali, bilancio e ufficio tecnico. Non ora. Non abbiamo neanche una sede. Siamo quindi totalmente impreparati. Si creerebbe solo una gran confusione e a pagarne le spese sarebbero come sempre i cittadini. I segretari e noi dell’Unione dei Comuni non percepiamo un euro per occuparci del progetto. Ma non è questo il punto. Lo facciamo per il bene delle comunità. Siamo però senza personale e, oltre a questo, ricordo che ancora ci devono il saldo del 2012. Non sono contrario al risultato finale e al progetto in generale, ma le cose si fanno passo dopo passo. E coi mezzi giusti». Saimen Piroddi spassosa Martina Cruccu, l’altro intristito dall’aver lasciato prematuramente la moglie Alice, una particolarmente apprezzata Tiziana Caboni. Ma un giorno Alice conosce per caso il facoltoso avvocato Struzzo, ormai vedovo, interpretato da un ottimo Gianfranco Serra, e da questo fugace amore dai toni un po’ macabri nascono una serie di divertenti equivoci e vicende al limite dell’inverosimile. Non poteva mancare la figura del becchino, Gino Marras, così come la pignola ragioniera comunale, Eleonora Lotta, e le molteplici mogli dell’avvocato: Roberta Irde e Francesca Atzeni. Un lavoro piacevole che ha riscontrato sicuramente l’applauso del pubblico. Lorenzo Argiolas Trent’anni fa nasceva il gruppo musicale “Lalba” musica “che conta”, con la produzione della musicassetta “Terra mia” prodotta dalla casa discografica “Tekno Record”, registrata negli studi dei Salis & Salis. Videro la luce dieci brani musicati e scritti dalla band, tra cui l’Ave Maria riarrangiata e cantata in sardo, il brano fu poi inserito in una compilation con i migliori gruppi musicali di quel periodo, come i Bertas, i Barritas, la banda della Brigata Sassarese con il brano “Dimonius”, i Salis & Salis e i Tazenda. Le loro canzoni “passarono” anche in diverse radio locali, e fu grande la soddisfazione dei 5 ragazzi. Nel 1998 parteciparono alla manifestazione canora il “Festival di Castrocaro Terme” a Forlì, ottenendo consensi e apprezzamenti da parte della critica, ripeterono l’esperienza l’anno successivo e infine nel 2002. Il sogno di creare e suonare i propri brani si era avverato, un sogno cercato fortemente voluto, con tenacia e tanta passione. Suonarono assieme ancora qualche anno, poi per una serie di motivi e circostanze, il gruppo, dopo quasi un ventennio si sciolse, qualche componente “emigrò” nella cover-band “Gli Aironi Neri”, che riproponevano al pubblico le canzoni dei Nomadi. Oggi a trent’anni dalla sua nascita il gruppo musicale Lalba purtroppo non esiste più, ma ha lasciato a Pabillonis e non solo, un bellissimo ricordo musicale che il tempo non potrà mai cancellare. Il filo che lega i cinque musicisti alla musica è ancora forte, e nessuno ha ancora appeso al chiodo il proprio strumento. Risalire su un palco e regalare qualche pezzo sarebbe un bell’augurio per festeggiare i 30 anni dalla nascita della band … Lalba potrebbe tornare! Stefano Cruccas PDF Compressor Pro 15 febbraio 2015 Redazione Angeli nel cuore associazione di volontariato onlus Via Repubblica 108 Arbus Tel. 349-5069299 e.mail: [email protected] Sito: www.angelinelcuorearbus.it 13 Questo giornalino è stato realizzato dai ragazzi dell’associazione. Hanno collaborato: Alessio Anardu, Desirè Tendas, Aurora Congia, Michela Silanus, Marco Arriu, Elisabetta Silanus, Martino Scanu, Michela Silanus, Giulia Begliutti, Kewin Casu, Nicole Scanu, Matteo Anardu, Giulia Concas, Carol Sabeddu, Chiara Desideri, Martina Idili, Samuele Aroni e Andrea Cirina. Nasce il direttivo dei ragazzi degli “Angeli nel Cuore” Un premio nazionale per la scuola media È stato costituito il direttivo dei ragazzi dell’Associazione Angeli nel Cuore che ha cinque membri. Tra le figure oltre a quelle classiche di presidente, vice, cassiere e segretario, vi è anche un responsabile che coordina le attività di tutti i laboratori e si occupa di acquistare il materiale occorrente mentre il responsabile delle gite sarà il vicepresidente che organizzerà le visite dei ragazzi. Il Direttivo dei ragazzi resterà in carica un anno e .risulta così composto: presidente Daniel Putzolu 16 anni, vicepresidente e responsabile gite Alessio Anardu 14 anni, cassiere Samuele Aroni 16 anni. Segretaria Giulia Concas 13 anni, re- sponsabile laboratori Martina Idili 14 anni. Nei laboratori ci saranno poi dei coordinatori che faranno riferimento al responsabile dei Laboratori del direttivo: coordinatore del giornalino è Michela Silanus con Mimo Carol Sabeddu mentre Aurora Congia è coordinatrice di pittura, disegno e ceramica. C’è da ripulire una pineta La pineta di Arbus è situata a nord del paese ed è una grande distesa di alberi di circa 4 ettari. Sarebbe un luogo magnifico per organizzare pranzi, picnic e per far giocare i bambini. Ma da tempo è in uno stato di abbandono e di sporcizia con cartacce e spazzatura buttati qua e là. Un paio di anni fa l’amministrazione comunale aveva organizzato una giornata ecologica per ripulire, coinvolgendo anche i bambini della scuola elementare per far capire loro l’importanza del rispetto dell’ambiente. Di recente io e i miei amici ci siamo stati e lì abbiamo incontrato una signora che raccoglieva la spazzatura. La cosa che ci ha colpito è che ha raccontato che questo lo fa spesso per amore dell’ambiente, della pineta e del suo paese. Questa donna è stato un esempio per noi e speriamo che lo diventi per tutti. In fondo è davvero bello godersi la bellezza di un luogo incontaminato! Giulia Begliutti Il basket regala emozioni Gioco nel C.S. Basket da quando avevo 4 anni e mi piace davvero tanto. Penso che il basket sia uno sport di gruppo, dove ognuno deve fare la sua parte. In una partita non è importante solo essere veloci e agili, ma dare il meglio di sé, fare un grande gioco di squadra e concentrarsi il più possibile per riuscire soprattutto a capire in poco tempo a chi passare la palla. Gli allenamenti ti permettono di prepararti al meglio per le partite, a capire e correggere i tuoi errori, ad essere coordinato e a riflettere su come muoverti e agire. Infatti la pallacanestro non è uno sport dove conta solo la fisicità, ma anche il cervello e l’intuito. Il mio giocatore preferito è Michael Jordan che è davvero un grande campione, un mito, un’atleta eterno. Infatti la National Basketball Association lo definisce “il miglior giocatore di pallacanestro di tutti i tempi. Ciò che colpiva di più non era solo la sua bra- vura, ma anche il suo stile unico e deciso che stupiva ed entusiasmava perché era davvero spettacolare. Nel 1986 Larry Bird, un altro grande del basket, disse di Jordan, dopo che ebbe segnato 63 punti ai Celtics in una gara di playoff, che era “Dio travestito da Michael Jordan”. Insomma il basket è uno sport entusiasmante che tra salti, corse per il campo, balzi e tiri a canestro, ti regala tante emozioni. Alessio Anardu Alcuni ragazzi di terza media di Arbus lo scorso anno hanno partecipato e vinto un concorso nazionale proposto dalla guarda di finanza per la categoria gruppi delle scuole superiori di primo grado. La premiazione si è svolta ad Arbus presso la scuola media, con la presenza del sindaco Francesco Atzori, del vescovo Mons. Giovanni Dettori, di don Angelo Pittau, dei genitori, degli alunni e dei professori. A consegnare il premio un rappresentante della guardia di finanza. Abbiamo intervistato Alessia Saderi, una delle vincitrici. Per quale motivo avete fatto questo video e questa canzone? La canzone è nata dalla passione per la musica che avevo sia io che i miei tre amici, Alessandro Steri, Erika Atzeni e Giorgia Raccis e man mano che scrivevamo e provavamo a cantarla ci piaceva sempre di più. Il titolo della canzone è “Stop illegalità”, le parole sono scritte da voi o vi ha aiutato qualcuno? Abbiamo fatto tutto noi col supporto e l’incoraggiamento anche dei nostri genitori. Che emozione hai provato quando hai saputo di aver vinto? Ho urlato dalla gioia, ero felicissima. Sono rimasta elettrizzata per un paio di giorni. Chi vi ha ispirato per la realizzazione della canzone? Le lezioni degli psicologi e la guida di professor Pierpaolo Saba. Come premio cosa avete ricevuto? Abbiamo ricevuto una scheda con cui potevamo acquistare di tutto.. Io non ho ancora le idee chiare, ma sicuramente prenderò dei libri. Ci tenevi a vincere? Certo è stata una gioia, ma la cosa più bella è stata partecipare e aver lanciato un bel messaggio. Nicole Scanu, Matteo Anardu Il lavoro è un diritto di tutti Un tempo la povertà era un problema che riguardava solo i paesi sottosviluppati, ma ora è diventata una piaga in tutto il mondo ed anche in Italia. La mancanza di lavoro è sempre più grave e vasta. Tante sono le persone licenziate a causa di fabbriche chiuse o per riduzione del personale. Prima gli imprenditori erano più ricchi e riuscivano tranquillamente a pagare le tasse e a creare posti di lavoro. Ora invece si sente parlare di loro come persone piene di debiti, che non riescono a pagare le tasse e spesso nemmeno gli stipendi agli operai. La disperazione, legata alla crisi, ora non è più solo degli operai. Certe persone non solo non sanno come arrivare a fine mese ma a volte non hanno nemmeno di che sfamarsi. Alcuni non rie- scono a pagare gli affitti o il mutuo e finiscono in mezzo alla strada. In tanti sono costretti a rivolgersi alla Caritas o altre associazioni di volontariato per poter andare avanti, ma c’è talmente tanta richiesta che a volte non si riesce ad aiutare tutti. Nelle famiglie i genitori a volte si sentono umiliati e oltre al pensiero di come riuscire a superare la crisi, si sentono in colpa verso i figli, perché magari non riescono a dare loro ciò che vorrebbero. Insomma una situazione che si potrebbe forse risolvere se si creassero davvero posti di lavoro per poter ridare dignità e fargli guadagnare ciò che serve per vivere. D’altronde il lavoro è un dovere, ma anche un diritto. Un diritto di tutti! Giulia Concas, Carol Sabeddu Video game: dipendenza o passatempo? I Video game sono sempre più diffusi, in particolare tra i ragazzi. Per qualcuno sono diventati una vera e propria dipendenza tanto che spesso trascurano le amicizie e le uscite con gli amici e corrono subito nei negozi a comprare un modello o un gioco appena uscito. Per chi ne fa un uso prolungato, essi possono diventare pericolosi per la vista, per la schiena e per le dita, in particolare per il pollice, ma soprattutto per la mente. Infatti si perde il senso della differenza tra realtà e finzione e, nel caso di giochi violenti, si diventa meno sensibili alla sofferenza e forse un po’ violenti a propria volta. Ma, al contrario, se si gioca con moderazione essi sviluppano una capacità più alta di concentrazione e di attenzione. Se poi si usano giochi tranquilli, essi trasmettono anche positività, senso di “buon umore” e di soddisfazione nel caso sia un gioco in cui si deve aiutare o salvare un personaggio in difficoltà. Insomma è piacevole passare del tempo a giocare con i Videogame, ma solo quando ci si annoia o quando non si deve uscire con gli amici. Samuele Aroni, Marco Arriu, Andrea Cirina PDF Compressor Pro 14 15 febbraio 2015 LA GAZZETTA GUSPINI I giovani tra crisi e disoccupazione Un percorso di studi che rispecchia il futuro Posto fisso, contratto indeterminato e un bello stipendio, queste sono le cose che i giovani appena conclusi gli studi vorrebbero ottenere. Purtroppo non è così, l’occupazione si trova al di sotto del 60%, e la fascia più colpita dalla disoccupazione sono proprio i giovani. Alcune ricerche e sondaggi hanno dimostrato che i titoli che rendono di più sono quelli nel campo dell’ Ingegneria e dell’Economia, ciò dovrebbe favorire la scelta di intraprendere un percorso di studi in un Istituto Tecnico. Un Istituto tecnico economico, con discipline inerenti all’amministrazione e all’economia, offre una specializzazione finale in vari ambiti: economico-amministrativo, informatico, finanze e marketing; il fatto che questi campi rendano di più è dato dalle competenze che questi offrono: la conoscenza e l’utilizzo dei pacchetti software per la gestione aziendale e degli strumenti di programmazione tradizionale e di produzione di siti WEB, organizzare, programmare, gestire, controllare in modo autonomo tutte le attività aziendali, occuparsi della comunicazione e del marketing aziendale utilizzando anche le lingue straniere e strumenti tecnologici appropriati. Un diploma che da tali competenze offre vari sbocchi lavorativi in diversi settori: uffici amministrativi, commerciali, del personale e di marketing di tutte le aziende operanti in ogni settore dell’economia, enti pubblici, imprese bancarie e assicurative ecc.. . Inoltre tali professioni permettono di effettuare due scelte: o un lavoro da dipendente, oppure mettersi in proprio e creare un proprio studio, un’impresa o un’azienda. Riccardo Incani La crisi economica che da anni ha investito l’Europa ha colpito, in diversa misura, tutti gli stati del vecchio continente. Uno degli stati più colpiti è quello Italiano, dove si registrano alti livelli di disoccupazione e una pressione fiscale che mette a dura prova anche chi ha un’impiego fisso. Ma è la disoccupazione il fenomeno che preoccupa di più, in particolare quella che colpisce i giovani lavoratori di età compresa tra i 15 e i 34 anni. Siamo noi giovani, infatti, che più di tutti in Italia stiamo risentendo di questa crisi economica, e siamo tra i più colpiti anche in Europa. Il 45o rapporto Censis ci fornisce alcuni dati che ci fanno capire quanto sia grave e non da sottovalutare la situazione nel paese Italiano. Sembra infatti che il sistema non stia funzionando al meglio, per il semplice fatto che, se i giovani non trovano lavoro, vuol dire che i posti di lavoro sono occupati da lavoratori che hanno da 40 a più di 60 anni di età. A questo punto potremmo farci questa domanda: non sarebbe meglio anti- Scarsa comunicazione tra scuole e impresa Secondo alcuni studi il nostro paese fornisce un grande sostegno per la formazione durante gli studi in Italia e all’estero, ma la scarsa comunicazione tra mondo dell’istruzione e le imprese non fornisce mai un lavoro sicuro, mentre all’estero troviamo opportunità di lavoro. Quindi la percentuale di disoccupazione in Italia e aumentata notevolmente. Infatti la maggior parte dei ragazzi che partono all’estero non tornano. Insomma si arriva alla conclusione che se anche l’Italia incoraggia i proprio studenti a studiare e avere una buona formazione in quasi tutti i campi, non riusciamo a trattenerli, perché gli imprenditori dichiarano di non trovare le professionalità di cui hanno bisogno. Poi c’è un altro punto importante che non possiamo sottovalutare: in Italia mancano competenze e non ci sono giova- ni che abbiano un buon livello di istruzione digitale. Infatti da tempo quando si analizzano i dati tra domanda e offerta occupazionale non ci sono risposte. Infatti c’è una carente educazione informatica e tecnologica con conseguenze drammatiche. Quindi ci poniamo una domanda, perché non abbiamo risorse per sopperire a questo vuoto? Le responsabilità vanno cercate proprio sui banchi dove per troppo tempo l’educazione digitale è stata considerata meno importante di altre materie. Quindi perché non creare più studenti con capacità informatiche e tecnologiche in modo da sopperire a questa grave mancanza e a aumentare le ore di lezione di informatica per avere poi la possibilità di trovare lavoro per il quale hai studiato. Alice Manca cipare l’età pensionabile per far sì che gli anziani lascino spazio ai giovani nel mondo del lavoro, in modo da risolvere, o almeno provare a risolvere, il grande problema della disoccupazione che oggi è arrivato a colpire gran parte degli italiani? Il governo centrale, evidentemente, non la pensa così, infatti negli ultimi anni ha fatto esattamente il contrario, aumentando la soglia dell’età pensionabile e, in questo modo, ha sì ridotto le spese statali, ma ha contribuito all’aumento della disoccupazione, e soprattutto di quella giovanile. Credo, comunque, che que- sto problema non possa essere risolto solo da uno dei responsabili, ma tutti (imprenditori e lavoratori compresi) dovranno mettersi in gioco per cercare di risolverlo. Anche i giovani infatti devono capire cosa vogliono fare nella vita, perché pare che una parte di loro non abbia voglia nè di studiare nè di lavorare. È un problema grave, perché è infatti vero che il periodo che si sta attraversando rende i giovani insicuri per quanto riguarda il loro futuro, ma è anche vero che, nonostante questa situazione di crisi, bisogna provare a costruire il proprio futuro, e se non si prova nemmeno a fare questo ci si può lamentare poco rispetto all’essere disoccupati e al non sapere che cosa fare del proprio futuro. Al giorno d’oggi , poi, è possibile trovare nuovi sbocchi lavorativi sopratutto grazie all’avvento dell’era digitale, e quindi della diffusione del mondo web. Le aziende che operano in quel campo, infatti, sono sempre più diffuse e, talvolta, hanno anche un ingente profitto. In conclusione posso dire che penso che l’opinione pubblica si ritroverà a discutere della tematica della disoccupazione giovanile ancora per diversi anni, finché lo Stato non si ritroverà in una situazione più o meno stabile, dove i livelli di disoccupazione saranno più bassi, e il tenore di vita dei cittadini più alto; ma per arrivare a rendere concreto questo dovremo impegnarci tutti, ed essere quel popolo unito che fino ad ora non si è ancora visto, pensando anche ai problemi degli altri e senza aspettare che gli altri risolvano il problema al posto nostro. Simone Cabriolu Il lavoro è un diritto? La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Questo è ciò che recita la Costituzione Italiana nell’art. 4 comma I. Teoricamente questo dovrebbe far pensare che ogni cittadino italiano abbia un lavoro garantito. Ma è così? Ognuno ha diritto al lavoro, ma questo non vuol dire che, chi lo cerca, non debba fare nulla per trovarlo. Si deve impegnare nella ricerca, e dev’essere disposto a lavorare anche lontano da casa. Questo discorso si potrebbe fare se ci fossero possibilità di lavoro concrete, ma ormai in Italia non se ne vedono più da tempo. La maggior parte dei ragazzi abbandona gli studi perché non crede più nell’importanza di una buona istruzione, per poter poi aspirare a un lavoro, che gli possa permettere di mantenere una futura famiglia, o semplicemente di lasciare la casa dei genitori per potersene stare per conto proprio. La domanda di lavoro è sempre più bassa, mentre l’offerta continua ad aumentare smisuratamente, e questa è una delle ragioni per le quali i ragazzi, dopo essersi diplomati e/o laureati, cercano di andare all’estero a trovare un lavoro. Un’altra ragione che li porta a cambiare Paese sono i salari, che, per il tenore di vita di un italiano medio, sono molto bassi, soprattutto se si tiene conto del continuo aumento dei prezzi, non solo dei beni secondari, ma anche di quelli di prima necessità. Si dice che i ragazzi siano il futuro del nostro Paese, ma, se si continua a costringerli a fuggire per la mancanza di posti di lavoro, chi sarà il futuro dell’Italia? Mara Casu PDF Compressor Pro 15 febbraio 2015 DEL BUONARROTI 15 SERRAMANNA Scegliere la scuola giusta Gennaio: tempo di scelte importanti. In terza media scegliere la scuola giusta è difficile anche perché si viene bombardati dalle offerte formative di tante scuole che, talvolta, appaiono simili. Una delle proposte è data dall’ istituto tecnico industriale Buonarroti con sede a Guspini e a Serramanna che permette, subito dopo il diploma, di entrare nel mondo del lavoro con competenze in un settore lavorativo in costante crescita. Il diploma conseguito offre possibilità di lavoro sia come dipendente sia come autonomo e tra queste anche la possibilità di poter fare il programmatore trasformando una passione in lavoro. Durante questo percorso scolastico impari a realizzare programmi e giochi in c++ e java per il computer, a smontare e ad assemblare i computer con conoscenze e competenze adeguate, a far funzionare un computer e anche creare pagine internet. Questa è una piccola parte delle competenze che acquisisci frequentando l’istituto tecnico industriale Buonarroti a indirizzo informatico anche perché nell’ orario scolastico sono numerose le ore di laboratorio durante le quali si applicano le conoscenze teoriche acquisite a cui si aggiunge, per i migliori, la possibilità dello stage in azienda. Martino Tiddia Le scelte che impattono con il futuro Rapporto scuola - lavoro Il rapporto scuola-lavoro è determinante per la formazione di un alunno e per la trasformazione delle conoscenze in competenze. Noi alunni siamo abituati a sentire le persone che hanno già conseguito il diploma affermare che non hanno mai trovato un lavoro e queste affermazioni tendono a demoralizzarci. Il diploma è un titolo di studio che, se conseguito con un voto degno e spendibile sul mercato, ti permette di affermarti in campo lavorativo. Infatti chi ha conseguito il diploma con voti alti e ha costruito competenze di livello si presenta con le giuste credenziali nella realtà lavorativa severa, selettiva e fortemente meritocratica. Ma le reali competenze nascono anche dalla pratica di ciò che è stato studiato ed è per questo che sono imprescindibili sia l’ alternanza scuola-lavoro sia le ore di laboratorio. Anche l’Istituto tecnico industriale Buonarroti con le sue due sedi di Guspini e Serramanna offre agli studenti meritevoli, con particolare attenzione ai voti conseguiti nelle materie di indirizzo, la possibilità di vivere attraverso lo stage un’esperienza diretta nella realtà lavorativa e indirizza gli studenti alle professioni di web designer, programmatore, tecnico di rete e altri lavori di cui il mercato attuale continua ad avere bisogno. Nicola Barbato, Enrico Sculco, Luca Manca Il problema dell’occupazione In Italia e nel mondo intero la disoccupazione è diventata un’emergenza. In Europa ci sono venti milioni di disoccupati, e in particolare l’Italia è lo stato tra quelli del G7 con il maggiore tasso di disoccupazione e questo deve far riflettere. Il problema del lavoro in Italia è concentrato soprattutto al sud dove il livello di disoccupazione raggiunge quasi il 50%. Al sud il già precario sistema produttivo si è aggravato portando alla chiusura di alcune fabbriche o alla riduzione della produzione. Da questi vari fattori risulta che oggi c’è meno lavoro per tutti. Il problema è maggiormente diffuso in Sardegna e in particolare nel Medio Campidano, dove la disoccupazione raggiunge livelli record. Infatti introducendo varie tecnologie e manodopera extracomunitaria è cambiato il modo di produrre. I vari tentativi di frenare questa emergenza, come lavoro part-time oppure eliminare gli straordinari sono inutili. Il futuro del lavoro, dicono gli esperti, si giocherà quindi attorno alle tecnologie informatiche, alle ricerche scientifiche, e alla cultura. Infine riguardo alla disoccupazione dei giovani vengono dati diversi consigli, come quello d’imparare più lingue, di non cercare un posto fisso e sotto casa, ma di continuare a studiare, anche andando all’estero. Un altro problema del lavoro è “il lavoro nero”, che in Italia è molto presente in maniera particolare al sud e, secondo alcuni, all’elevato numero di disoccupati andrebbe sottratto l’altro grande numero di lavoratori in nero. Michela Matta Il percorso scolastico intrapreso da ogni studente è caratterizzato da scelte che andranno ad impattare con il suo futuro. A conclusione della scuola secondaria di primo grado ci si trova a dover scegliere l’ istituto superiore da frequentare che,ovviamente, dovrà soddisfare i nostri interessi,le nostre passioni ma che, in primo luogo, dovrà darci una preparazione adeguata per il percorso professionale che ognuno di noi dovrà sceliere. La provincia del Medio Campidano offre ai ragazzi la possibilità di iscriversi all’ Istituto Tecnico Industriale Michelangelo Buonarroti (indirizzo telecomunicazioni-informatica) che ha due sedi: Guspini e Serramanna. L’ istituto tecnico industriale, che ha come materie caratterizzanti di indirizzo informatica, sistemi e reti , tecn.progettazione, fornisce anche basi nell ambito elettronico. I programmi dei cinque anni di indirizzo forniscono agli studenti una panoramica completa sulla composizione, sull’utilizzo e sui metodi di comunicazione del computer. La scuola è fornita di adeguati laboratori di informatica per lo studio dei linguaggi di programazzione tra cui c++,java e html. Alla domanda sul perchè si debba scegliere questo percorso di studio rispondo che l’ informaticea oggi sta alla base di tutto e viene considerata la strada verso il futuro. È risaputo che oggi la crisi europea offre minime possibilità di lavoro ai neodiplomati, ma è anche vero che il settore informatico è uno dei pochi ancora in creascita nel mondo. Luigi Ortu Diario di bordo di uno Stage Stage a Pavia Suola- Lavoro. Un rapporto che dovrebbe essere il cardine di un istituto tecnico: la teoria che incontra la pratica. La società che ci ha ospitato, Energeya, nata nel 2008, si occupa di produrre del sofware destinato a grandi multinazionali che operano nel settore delle energie rinnovabili, gas, combustibili e CO2. Il software di punta della casa è Xdm, una suite dedicata al trading che è il risultato della collaborazione dei tecnici di 4 uffici situati a Cagliari, Monza, Londra e Groningen. Durante la nostra esperienza nell’ufficio in via Cimarosa, a Cagliari, abbiamo lavorato sulla Suite XDM con il compito di identificare dei bug all’interno della stessa, per poi catalogarli in modo che i tecnici programmatori progettassero una correzione. Il rapporto tra tecnici e studenti è stato buono, anche grazie al lavoro svolto da Nicola C., Development Product Lead presso la sede di Cagliari, che ci ha fornito degli utili consigli per eseguire al meglio i nostri compiti. Alessio Orrù La Camera di Commercio di Cagliari ha proposto ad alcune scuole, tra cui l’ I.T.I.S. M. Buonarroti di Guspini, un progetto di alternanza scuola-lavoro che ha permesso a me e ad altri due ragazzi, accompagnati dal Professor Stefano C., di affrontare uno stage a Pavia . L’esperienza prevedeva 80 ore di collaborazione con la Sata Consulting Srl. Abbiamo lavorato a stretto contatto col Managing Director Andrea T. e l’Ingegnere Giuseppe M. (esperto informatico ed R&S) i quali ci hanno incaricato di tradurre una libreria dell’add-on MEPOne di SAP Business One, che l’azienda produce e vende, affiancandoci durante il nostro percorso come staggisti. Questa esperienza è stata davvero positiva, grazie alla cordialità e disponibilità dei tutor che ci hanno aiutato a superare tutti gli ostacoli dovuti all’utilizzo di strumenti software che non si studiano nelle scuole, ed istruttiva perchè mi ha permesso di acquisire maggiore esperienza nel campo lavorativo informatico. Riccardo Boassa I giovani e il mondo del lavoro Mentre nel resto del globo i giovani entrano nel mondo lavoro molto presto, i coetanei italiani iniziano le loro esperienze lavorative in età avanzata e con poche conoscenze pratiche, a causa dell’assenza di un contatto tra il lavoro e lo studio. Questi tempi eccessivamente lunghi alimentano gravi fenomeni di disoccupazione, soprattutto intellettuale. Infatti la maggior parte dei lavoratori diplomati o laureati sono costretti a svolgere una professione incoerente al proprio o ai propri titoli di studio. La ricerca del lavoro poi in molti casi avviene tramite conoscenze, in modi informali e spesso illegali. Mancano inoltre, rispetto a tutti gli altri Paesi, profili tecnici e professionali intermedi più alti. A questo proposito dovrebbe essere favorita l’istruzione tecnica, che non solo è una grande opportunità per ragazzi e aziende, ma costituisce un’occasione di forte crescita. Queste scuole inoltre dovrebbero essere collocate in posti strategici, vicino ad aziende, in modo da poter consentire l’apprendistato e altri corsi di formazione come stage direttamente sul luogo di lavoro. In questo modo si ridurrà l’astrattezza dell’impostazione scolastica, basata solamente sull’insegnamento teorico, aumenterà l’occupazione giovanile e ci sarà un inserimento immediato nel mercato lavorativo che necessita di nuova manodopera. Alex Bardinu PDF Compressor Pro 16 15 febbraio 2015 MONTEVECCHIO Un patrimonio minerari L a miniera di Montecchio è ormai abbandonata a sé stessa, alla mercé del tempo, di ladri e di vandali. Chiunque può entrare, nonostante ci siano i cartelli di divieto, non c’è alcun addetto alla sorveglianza. Non c’è cantiere che non sia stato saccheggiato per rubare i cavi di rame e qualsiasi altro materiale “spendibile” al mercato nero. Uno dei cantieri più colpiti è il Pozzo Sartori, il cui castello, alto 32 metri, è visibile dalla strada provinciale che da Guspini porta a Montevecchio, ed è posto tra le miniere di S. Antonio e Piccalinna. Venne scavato per 281 metri già nel 1938 ed entrò in funzione nel giugno del 1941 col nome di Pozzo Impero. Caduto il fascismo, venne rinominato Pozzo Sartori in onore di uno dei più esperti dirigenti della Montevecchio, Francesco Sartori, morto il 13 agosto 1941. La canna del pozzo raggiunse una profondità di 510 m suddivisi in 19 livelli PDF Compressor Pro 15 febbraio 2015 POZZO SARTORI io in stato di abbandono che successivamente diventarono 21 con l’approfondimento dei lavori nel cantiere Mezzena. Dopo la chiusura della miniera, nel 1991, il castello del pozzo sarebbe dovuto diventare il simbolo della “rinascita turistica” di Montevecchio, invece è diventato l’emblema di un fallimento annunciato. E dove i ladri e i vandali la fanno da padroni. La sala manovra dell’argano (le foto lo dimostrano) è stata forzata e sventrata per rubare ogni centimetro dei cavi di rame, che erano nei quadri di comando. I ladri hanno potuto agire indisturbati, hanno saccheggiato anche i tombini, portando via ogni tipo di materiale, lasciando sul pavimento spezzoni di ferro arrugginiti e cumuli di vetro. Di chi la colpa di questo scempio? Di sicuro non solamente dei ladri. (r. m. c.) Servizio fotografico di Rinaldo Ruggeri 17 PDF Compressor Pro 18 Cultura 15 febbraio 2015 SAN GAVINO. UN PROGETTO PER L’USO RESPONSABILE DEL DENARO Quattrocento studenti suddivisi in due turni hanno affollato i posti del teatro comunale di San Gavino. tutti in silenzio per assistere a “Gap rovinarsi è un gioco” che ha messo in scena la dipendenza da gioco d’azzardo con lo spettacolo del Teatro del Segno scritto, diretto e interpretato da Stefano Ledda. La pièce, che si ispira a un fatto di cronaca, e a testimonianze e interviste, relazioni scientifiche e statistiche ufficiali, ha ricostruito la storia emblematica di un uomo tradito dalla passione per il videopoker. LO SPETTACOLO Il racconto di una vita rovinata dal demone del gioco, quel sottile brivido del rischio che si accompagna ad ogni lancio di dadi, ogni giro della roulette, ogni mano di carte, ogni acquisto di gratta e vinci, ogni estrazione dell’Enalotto s’intreccia ai numeri preoccupanti di un fenomeno in continua crescita, specie tra i più giovani. Il protagonista ripercorre, quasi con stupore, e sconforto, la sua privata tragedia, dalla prima volta in cui si era lasciato attrarre da quel semplice passatempo, fino al momento in cui quell’ossessione, il vizio nascosto di tentar la fortuna con l’illusione di “rifarsi” delle perdite, ha cominciato a distruggere la sua esistenza. Questo spettacolo (nelle foto di Renato Sechi) è il fulcro del progetto per la Sensibilizzazione sull’Uso Responsabile del Denaro promosso dalla Camera di Commercio di Cagliari/Sportello Legalità e Anti Usura e dalla Caritas Diocesana di Cagliari e intitolato appunto “Rovinarsi è un gioco”. Studenti a teatro per lo spettacolo “Gap/rovinarsi è un gioco” STUDENTI PROTAGONISTI L’iniziativa ha coinvolto così gli studenti di diverse scuole del Medio Campidano (in particolare gli istituti tecnici di Guspini e Sanluri, il liceo scientifico, il liceo delle scienze umane e linguistico di San Gavino) e a fine spettacolo è stata accompagnata da un dibattito con interventi di psicologi, medici ed esperti del SerD della Asl Sanluri (gli operatori dell’ambulatorio “gioco d’azzardo patologico”), sindaco Carlo Tomasi e Nicola Ennas, assessore alla cultura del Comune di San Gavino e della Camera di Commercio di Cagliari. GIOCO D’AZZARDO Lo spettacolo ha puntato sulla forza espressiva del linguaggio teatrale e di una vicenda reale che accade sul palco per sollecitare una riflessione sull’utilizzo del denaro, fornendo ai ragazzi gli strumenti per comprenderne il valore, insieme all’importanza di una attenta gestione, a fronte delle lusinghe e delle fallaci promesse del gioco d’azzardo. In tempi di crisi la tentazione di una facile ricchezza si fa più forte e pericolosa, ed è utile saper analizzare e conoscere le proprie capacità di spesa, come avere la consapevolezza che il gioco d’azzardo rappresenta un tipo di “investimento ad alto rischio”, con potenziali, gravi effetti collaterali, primo fra i quali quello d’imbattersi nell’usura. Die de sa Sardigna e Salvatore Cadeddu, congiura de Palabanda De totu is elementus chi permitint a una comunidadi de s’arreconnosci pòpulu, stòria e lìngua funt is prus fortis e ddus agataus ambaduus in is progetus de “sa Die in su Teatru” e “sa furriada de Palabanda”. Mancai sa Die siat festa natzionali de su pòpulu sardu po lei, ancora pagus sardus scint ita est: is casteddajus su 28/04/1794 arròscius de su malu guvernu de is Savoja nci ddus iant bogaus. Sa congiura invècias est unu de is prus pagu acontèssius connotus de sa giai pagu connota stòria nosta: una furriada malassortada contras a sa prepotèntzia de is piemontesus. S’annu 1812 de sa congiura, fut stau malu meda po carestia e maladias e at marcau a fogu sa memòria de is sardus: in dii de oi, apustis de 200 annus est portau a dìciu “s’annu doxi, s’annu de su fàmini”. Is fatus contaus de Piero Marcialis si faint impriutziri (youtube), is congiuraus ant donau sa vida po nci furriai unu poderi reatzionàriu pagu interessau a sa sorti de is sardus chi s’annu fiant morrendi de fàmini, po un’idea, sciendi ca chi no nci fessint arrennèscius iant a ai pèrdiu totu: sienda e vida. Sceti in su 1799, su gurrei si fut dinniau a ponni pei in s’ìsula e ddu iat dèpiu fai po mori de Napoleoni. Vitòriu Emanueli Iu cun su fradi, visurrei Carlo Felice (Feroce de nomìngiu) po sustenni sa corti mancai fessint annus de caristia iat crèsciu is pagamentas. Sa furriada fut faddida po nexi de unu bugoni. A is congiuraus ddus iant cundennaus a presoni e morti, calincunu si fut fuiu. Cadeddu impicau, degolliau e abruxau. Duncas is sardus no ant sèmpiri baliau is prepotèntzias allenas chen’e si furriai. Custus fatus s’arregordant povintzas ca s’ìsula mancu in su tempus passau est abarrada arrimada a una banda de sa stòria manna europea ca candu su bentu de sa furriada frantzesa fut lòmpiu in Sardìnnia iat ocasionau is fatus de sa Die e is tres annus rivolutzionàrius chi po partetzipatzioni populari no tenit cunfrontu in nisciuna àtera parti de s’Itàlia avedali... Agataus in scola calincunu acinnu a custus fatus? Creeus chi custus progetus siant de importu mannu po fai a cumprendi totus custas chistionis. Sa scola est su logu innoi agataus su chi sa sotziedadi cunsiderat de importu, su fatu chi inguni aintru no agataus sa lìngua e sa stòria nosta, bolit nai ca sa sotziedadi no cunsiderat is “cosas nostas” de importu, est a nai ca is sardus in sa scola de domu insoru contant pagu cosa: at’a essi ca su programa de scola ddu lassaus detzidi a is àterus? Una classi polìtiga cumenti si spetat depit fai balli is arrexonis de is sardus. Speraus chi custa isperièntzia potzat fai intzeurrai in sa cuscièntzia nosta un’àtera idea de scola. Tra tutti gli elementi che permettono ad una comunità di riconoscersi popolo, la storia e la lingua sono sicuramente i più importanti e li troviamo entrambi nei progetti di sa Die de sa Sardìnnia” e “sa congiura de Palabanda”. Nonostante Sa Die sia festa del popolo sardo per legge, ancora pochi sardi sanno cos’è: i cagliaritani nel 28/04/1794, stanchi del malgoverno dei Savoja li cacciarono. La “congiura” invece è uno dei fatti storici meno conosciuti, della già poco conosciuta nostra storia: una rivoluzione sfortunata contro la prepotenza dei piemontesi. I rivoluzionari erano probabilmente intenzionati a ripetere i fatti ricordati da Sa Die. Il 1812, anno della congiura, fu terribile per carestia e malattie e ha marcato a fuoco la memoria dei sardi: dopo 200 anni è proverbiale “s’annu doxi, s’annu de su fàmini”. I fatti raccontati da Piero Marcialis ci fanno rabbrividire (youtube), i congiurati hanno dato la vita per rovesciare un potere reazionario poco interessato al bene dei sardi che in quell’anno morivano di fame, per un’ideale, ben sapendo che qualora non fossero riusciti avrebbero perso tutto: vita e patrimonio . Ricordiamo che solo nel 1799 il re si degnò di mettere piede nell’isola e lo fece a causa di Napoleone. Vittorio Emanuele I° con il fratello, vicerè Carlo Felice (detto “Feroce”) per sostenere la corte, nonostante gli anni di carestia aumentò le tasse. La rivolta fallì perché qualcuno tradì. I congiurati furono condannati alla galera e morte, qualcuno riuscì a fuggire. Cadeddu fu impiccato, decapitato e bruciato. Dunque i sardi non hanno sempre sopportato le prepotenza altrui senza ribellarsi. Questi fatti ci ricordano perfino che l’isola nemmeno in passato è rimasta ai margini della grande storia europea. Quando il vento della rivoluzione francese giunse in Sardegna provocò i fatti de Sa Die e dei tre anni rivoluzionari che per partecipazione popolare non hanno confronto con nessuna altra parte dell’Italia contemporanea… Troviamo a scuola un qualche accenno a questi fatti? Crediamo che questi progetti siano di grande importanza per fare capire queste questioni. La scuola è il luogo dove troviamo ciò che la società considera importante, il fatto di non trovarvi la nostra lingua e la nostra storia, significa che la società non considera importanti le “nostre specificità”, significa che i sardi nella scuola di casa loro contano poco: sarà perché permettiamo che siano altri a decidere i nostri programmi scolastici? Una classe politica degna di questo nome deve far valere le ragioni dei sardi. Speriamo che questa esperienza possa far “germogliare” nelle coscienze un’altra idea di scuola. Giampaolo Pisu Delegau a sa lìngua sarda Comunu de Sàrdara TRAPPOLA PERICOLOSA Un confronto aperto su un tema delicato e complesso, ovvero quella relativa (e invisibile) fragilità, un’inclinazione nascosta (presente nel due per cento della popolazione) che si svela solo alla fine, quando ormai è troppo tardi e la spirale della dipendenza è già iniziata. E l’innocente passatempo di una mezz’ora di attesa al bar, o una serata davanti al computer, si è già trasformato in una trappola pericolosa, da cui è estremamente difficile uscire. La diffusione del gioco d’azzardo patologico (GAP) colpisce trasversalmente le diverse fasce d’età (non esclusi i pensionati), e ormai sempre più precocemente in virtù dell’incremento dei giochi “tecnologici” (oltre al più tradizionale videopoker e alle slot machine, frequenti nei bar ma pure nei centri commerciali, conquistano sempre nuovi utenti i tornei di poker online – e le altre opportunità di giocare in rete). IL SINDACO Insomma una malattia che porta alla rovina di diverse famiglie. Ne è ben consapevole il sindaco Carlo Tomasi che ha lanciato un appello davanti agli studenti delle scuole superiori: «Nei bar e nei locali pubblici - spiega il primo cittadino - le macchinette sono spesso messe in bella evidenza, ecco perché chiederò ai titolari di questi esserci commerciali che vengano nascoste il più possibile». Gian Luigi Pittau VILLANOVAFORRU. MOSTRA D’ARTE Quattro passi avanti e due indietro Fino al prossimo 8 marzo la sala Mostre Temporanee del museo archeologico di Villanovaforru ospiterà la mostra d’arte “Quattro passi avanti e due indietro” di Alice Cadeddu. L’artista e communication designer, residente a Lunamatrona, ha già esposto le sue opere in città italiane ed estere, tra cui Weimar, Londra e Belgrado, dopo aver conseguito il diploma di laurea in Arti visive nell’accademia fiorentina di Belle Arti ed essersi specializzata in comunicazione e fotografia ad Isia, Florence e Bauhaus. Antonella Motzo, curatrice della mostra inaugurata lo scorso 7 febbraio, fa sapere che oggi le creazioni di Alice Cadeddu si concentrano soprattutto sulla proiezione di un futuro che rivaluti la qualità della vita e sulla concentrazione del disorientamento del presente. E aggiunge: «In occasione della mostra, l’artista presenta una serie di opere a olio e acrilico che raccontano la storia della pittura da cavalletto ancora fortemente presente nel territorio della Marmilla, con una lieve fusione con l’occhio fotografico. Racconta di danze e maschere antropologiche che ancora oggi caratterizzano la nostra meravigliosa isola». Marisa Putzolu PABILLONIS Personale di Antonio Russo Dal 21 febbraio al 21 marzo prossimo, l’ex municipio di Pabillonis ospiterà la personale d’arte contemporanea di pittura e scultura “Al di là dell’apparenza” di Antonio Russo. L’artista, operativo a Villanovaforru, sarà presentato nei locali del centro di aggregazione sociale di Pabillonis da Franco Curci, poeta libero pensatore e curatore della mostra, in presenza del vicesindaco Riccardo Sanna, l’assessore alla cultura Osvaldo Porcu, il vicesindaco e assessore alla cultura di Villanovaforru Ilenia Cilloco e la dottoressa Maria Sanna di Cagliari. «Ho scelto questo titolo - spiega Russo - perché al di là dell’artista, c’è l’uomo, con i suoi sentimenti, le sue emozioni e i suoi stati d’animo, che lo stesso trasmette attraverso le sue opere». Per il pittore e scultore, da quarant’anni residente nel cuore della Marmilla, il 2014 è stato ricco di impegni, soddisfazioni e gratificazioni tra personali e collettive d’arte. E, ringraziando tutti i visitatori e coloro che hanno collaborato, assicura che anche quest’anno si prospettano numerosi programmi, tra cui “Premio Franca Rame”, la collettiva d’arte a Roma, nella quale Dario Fo e altri illustri personaggi della letteratura e del cinema saranno presenti, nonché spettatori di opere create nel territorio del Medio Campidano. (m. p.) PDF Compressor Pro Cultura 15 febbraio 2015 19 Sul bombardamento a Gonnos del 17 febbraio 1943 I n questi ultimi decenni si sono andati precisando i quattro filoni fondamentali delle ricerche sul bombardamento a Gonnosfanadiga del 17 febbraio del 1943. Per semplificare, si possono suddividere in quattro parti: 1. Il punto di vista dei diretti interessati che subirono la strage; 2. La ricerca storica, 3. Gli interventi istituzionali; 4. E, infine, le ricerche e le considerazioni di un illustre villacidrese su quel colossale disastro. Naturalmente, questi punti nella realtà dei fatti si intrecciano continuamente e, non sempre, è possibile distinguerli e separarli. La suddivisione proposta ha il solo scopo di presentare quei fatti intricati come una sorta di “escamotage” per portare un po’ più di chiarezza. Per il primo punto, si può considerare monsignore Severino Tomasi, che nel 1943 era parroco a Gonnosfanadiga, suo paese natale, come l’antesignano e il rappresentante di tutti coloro che in paese vissero lo strazio e la disperazione del sangue versato delle vittime; il pianto, quindi, e la rabbia dei sopravvissuti al bombardamento. Severino Tomasi riportò in seguito, in un suo diario, gli avvenimenti di quel tragico pomeriggio. Sono parole che tutti conosciamo da tempo e che hanno messo le basi per considerare quella funesta giornata come il più forte motivo di identificazione che è andato maturando negli anni in tutti i cittadini di Gonnos. Per la ricerca storica, credo che il contributo più importante sia la tesi di laurea di Massimiliano Ortu, che ha analizzato la dislocazione delle Forze Alleate angloamericane nel Mediterraneo di fronte a quelle dell’Asse. In quel contesto, ha illustrato il ruolo che, suo malgrado, ha vissuto Gonnosfanadiga con l’eccidio del 17 febbraio. Non ha trascurato le dicerie che erano sorte, a causa delle chiacchiere e delle imprecisioni che circolarono dopo il 17 febbraio, e volte alla ricerca di un “Capro espiatorio”, dicerie che si diffusero subito in quel frangente e nei tempi che seguirono, individuando in persona ben precisa un gonnese “colpevole” di non si capisce bene quale vendetta nei confronti dei suoi stessi paesani. Per gli interventi istituzionali, si consolidano ogni anno maggiormente i come e i perché questi atti infami che colpiscono le popolazioni civili non siano molto dissimili da quelli che si celebrano con le giornate della memoria, perpetrati contro gli ebrei e altri perseguitati dal regime fascista e nazista. O, come accade anche oggi sotto i nostri occhi, da ideologie aberranti e pazzamente inumane del genere di quelle dello stato islamico o ISIS. Il particolare punto di vista dei Villacidresi è legato all’impe- VILLAMAR gno e alla passione per la storia del compianto Ignazio Fanni. Apparteneva a quella solida “borghesia illuminata” di Villacidro che, per tanti versi, assieme ai Fadda, ai Murgia, ai Cadoni, ecc., ha creato e fatto, in parte, nel bene e in momenti meno fortunati, la lunga storia di Villacidro. È morto quattro anni fa, mentre ancora reggeva, da sindaco, le sorti del suo Paese. Nel lontano 1959 aveva fatto parte del primo nucleo di studenti “fondatori” del Liceo Piga. Si era iscritto alla facoltà di Farmacia e vi si era laureato, seguendo la tradizione ormai consolidata nella famiglia fin dal 1928, ed ereditandone la storica attività dai suoi, ora in via Roma. Era particolarmente orgoglioso del piccolo museo adiacente alla sua farmacia. Aveva condotto diverse ricerche sul 17 febbraio del 1943. Questo “tema”, la passione che aveva per la storia di quei tragici momenti , sembravano coinvolgerlo più del suo stesso museo, per il quale aveva speso e spendeva una fortuna. Ha raccontato di essere riuscito a mettersi in corrispondenza, con email o altra messaggistica, e a farsi ospitare in Canada o in Inghilterra,e in un secono tempo ad ospitare, a sua volta, alcuni dei protagonisti che “diressero” su Gonnos i bombardieri della strage. Ha riportato tutte le sue conoscenze e ricerche sul bombardamento in un interessante e originale sito Internet che probabilmente molti gonnesi non conoscono: www.villacidro.net. Augusto Tomasi SUCCEDEVA CENTO ANNI FA Carloforte: l’indennità al sindaco è illegittima Bambini a teatro con il Gufo Rosmarino di Biffi Lo scorso 31 gennaio i bambini della scuola elementare di Villamar hanno trascorso una piacevole mattinata in compagnia del Gufo Rosmarino al Museo Sa Corona Arrubia. L’associazione Liberos in collaborazione con il Consorzio Turistico G.Pusceddu ha organizzato la presentazione del libro per bambini Rosmarino nel Bosco delle Ciliegie Gnam Gnam scritto dall’attore e regista teatrale Giancarlo Biffi. L’autore ha raccontato ai piccoli spettatori la storia di Rosmarino e dei suoi amici, interpretandola come un vero e proprio spettacolo teatrale, scatenando le risate e la curiosità dei presenti. Il gruppo di animaletti deve raggiungere, attraverso diverse peripezie, il Bosco delle Ciliegie Gnam Gnam cercando di sfuggire ai pericoli che questo viaggio comporta. Le avventure del gufetto hanno divertito i bambini e hanno consegnato loro un importante messaggio sull’amicizia e sull’integrazione del diverso: una visione di speranza in un mondo funestato dal razzismo, dall’omofobia e dalla xenofobia. Il Gufo Rosmarino è protagonista di altri sei libri pubblicati dalla casa editrice Segnavia: Gufo Rosmarino, Rosmarino a caccia grossa, Rosmarino ma tu mi vuoi?, Rosmarino e Corteccia il Pipistrello, Rosmarino e il frigorifero che parla, Rosmarino e il circo dei pinguini. Tutti i volumi sono illustrati da Valeria Valenza, autrice di origini sarde. Giancarlo Biffi sa bene come intrattenere i bambini e renderli partecipi concedendo loro uno spazio per fare domande e esprimere le proprie curiosità sul libro e sull’autore stesso. Lo spettacolo è stato replicato due volte per due diversi gruppi di bambini divisi per classi. Le avventure del Gufo Rosmarino sono state un buon mezzo per avvicinare la scuola al Museo e alla cultura in generale: spesso sembra infatti che apprendimento scolastico e eventi culturali siano delle realtà separate l’una dall’altra, mentre invece sarebbe bene stimolare gli studenti di tutte le età ad approfondire ciò che viene spiegato in aula e ad applicarlo a tutto ciò che ci circonda. L’istruzione e la cultura non sono infatti un mero insieme di nozioni da imparare a memoria: insegnano, semmai, a stare al mondo, a leggere e decodificare la realtà. Grazie alla presentazione di questo libro per bambini, la sala congressi del Museo era completamente occupata, fatto piuttosto insolito per gli eventi culturali che Liberos ha organizzato a partire dal marzo dello scorso anno. Il risultato, dunque, è certamente positivo anche se risulta piuttosto deludente il fatto che di tutte le scuole elementari del circondario solo quella di Villamar abbia aderito, né in occasione delle altre presentazioni si sia pensato di coinvolgere, per esempio, le classi delle scuole superiori. La collaborazione tra Liberos e Sa Corona Arrubia ha un grandissimo potenziale che, evidentemente, sta trovando difficoltà nell’esprimersi, soprattutto in termini di risposta da parte del pubblico. Probabilmente la radice del problema sta nel fatto che, in generale, siamo poco abituati a frequentare questo tipo di eventi che invece rappresentano una ricchezza inestimabile nell’ambito del nostro territorio. E per dirla con Philippe Daverio: «Sono ancora convinto che la cultura salverà il mondo». Francesca Garau Il 7 dicembre 1914 alle ore 19, il Consiglio comunale di Carloforte, riunito in seduta straordinaria, assunse, all’unanimità dei consiglieri presenti, la delibera n. 128 “Assegno al sindaco per indennità di spese alla carica”. Presiedeva la seduta il sindaco Silvio Panzalis. Alla stessa partecipavano i consiglieri Michele Biggio, Antioco Pomata, Angelo Tiragallo, Antonio Scotto, Vincenzo Palomba, Antonio Rombi, Antonio Pani, Cesare Napoli, Antonio Vassallo, Battista Maurandi, Angelo Biggio, Angelo Lipari, Antonio Pani, Bartolomeo Biggio e il segretario comunale E. Cadeddu, quale verbalizzante. L’argomento dibattuto consisteva nell’assegnare al sindaco per indennità e spese inerenti alla carica un assegno annuo di lire 1.500 da elargire a rate mensili posticipate previa detrazione della imposta. La richiesta di corrispondere l’indennità di carica era così motivata: “Considerato che stante le molteplici e variate spese a cui il sindaco va incontro a ragione della carica, le quali spese non è sempre facile giustificare volta per volta; che egli deve dedicare buona parte del giorno alle incombenze dell’ufficio con discapito dei suoi affari privati. Che d’altro canto tale assegno costituirà un maggior obbligo per il sindaco per dedicare al suo ufficio tutta la sua attività ritornando a beneficio degli stessi amministrati e del comune”. Alla proposta seguì la votazione a scrutinio segreto: 14 voti a favore ed un’astensione. Con la delibera n.128 dunque, per la prima volta, veniva stabilito un compenso al sindaco. Mai era successo prima d’allora in quanto per legge non spettava indennizzo alcuno. Dedicarsi all’amministrazione della cosa pubblica era visto come un servizio alla collettività, prestazione che doveva espletarsi senza alcun onere per le casse comunali. Il provvedimento adottato venne spedito alla sottoprefettura di Iglesias, per gli opportuni controlli, in data 22 dicembre. Il responsabile dell’ufficio, al ricevimento della stessa, stilò per il prefetto di Cagliari una nota circostanziata e per nulla favorevole alla delibera, nella quale veniva sottolineato il carattere del tutto gratuito delle cariche pubbliche, compresa quella di sindaco. Il principio della gratuità, secondo il funzionario della sottoprefettura, non veniva invece assolutamente rispettato qualora si fosse permesso, al comune di Carloforte, di pagare mensilmente un assegno al sindaco per l’espletamento della sua carica. Si materializzava, a parere del sottoprefetto, un vero e proprio stipendio e quindi, egli scriveva, “non poteva essere in alcun modo consentito”. Il funzionario contestava inoltre anche l’enormità della somma deliberata, ben 1.500 lire e infine ricordava al prefetto di Cagliari che le precedenti amministrazioni non avevano mai assegnato alcuna indennità al sindaco. In sostanza il tenore della missiva inoltrata al prefetto di Cagliari in data 19 gennaio 1915 bocciava in toto la delibera n. 128 assunta all’unanimità dal Consiglio comunale di Carloforte nell’assise straordinaria del 7 dicembre 1914. Lorenzo Di Biase PDF Compressor Pro 20 15 febbraio 2015 Cultura Su sadru chi seus pedrendu Su Trobaxeddu Scracàlius di Gigi Tatti B ivìant totus impari in dom’e s’aiaia e cun sa zia bagadìa. Allica, giài de pitichedda, bastat a ddi ‘onai ua tiallora e u lomburedd’e lana e sa pipia de tzapus fiat fàta. Cun cussa podìat giogài oras e oras, setzia in terra, anant’e su trobaxu chi sa zia fiat sanziendu, sen’e pedì contus a nemus. Giogàt ma no pedrìat nudda de sa faía de sa zia. A botas lassàt sa pipiedda dromìa in su bratzoleddu suu, e s’acotzat curiòsa a sa matràca de linna e canna chi is femias mannas de domu sanziànt sen’e pasiu e a bell’a bellu, de cussu iaxi de fius ndi bessìat a foras u lenzou, u xillõi, ua tialla, u sterrimesa, o sterricascia, a segundis de su fiu, chi fessat líu, lana o cotõi. Is tempus no fiant fazilis po nemus e totus s’arrangiànt a fai su chi podìant e scìant. Sa domu s’allirgàt de chitzi e is femias puru, acabau de allichidì sa domu, o de trobaxu o de busa o de fusu, tenìant de traballai. Sempiri u pagheddu mobaidongia, dda lassànt in domu. Sa sorrixedda prus manna, giài di edadi de noi annus, dd’iant mandada a dom’e su Notaiu, po agiudai sa srebidora manna, a fai is cumessiõis; e aici si guadangiàt su prangiu e cuncu bistiri arrefudau de is fillas se su mèri. Sa pipia castiàt giogàt e imparàda. Iat imparau a lestru a préi is sa spobas e si spassiàt a girài s’impiròu po ddas carriài, nd’aprontat medas, candu s’acatat ca sa zia fiat spacendiddas. Ddi fadìat crosidadi su bì cuddus canneddus prenendusì de fiu ‘e lana o líu. Fatu custu s’incantat a su traballu de sa zia, cumenti cracàt is pedalis, aperrìat sa trama, nci sticchìat, de sa pati a s’atra, sa spoba e tiràt a fòti su pètini tràcàtzàcàcà… tràcàtzàcàcà… tràcàtzàcàcà… fadendu custu sõu fòti a insudradura; e su lenzou o su tapètu, a bell’a bellu s’allonghiàt. S’aiaiu, omini bonu e ingenniosu, apustis de dd’ai fatu sa pipiedd’e canna, su bratzoleddu po sa pipi’e tzapus e atrus gioghìtus, a iscusi e furendu tempus a su pasiu suu, si fut postu e dd’iat cungiminau u trobaxu: su trobaxeddu! Prexada de no crei po s’arregallu de s’aiaiu agradessiu foras de contu, a or’e xenai, setzius a mesa, dd’iat arringratziau: «Apustis babu e mama sa cosa prus bella de su mundu funt is aiaius e is aiaias…» «E is sa zias?» iat nau sa sorr’e sa mama. «Issas puru.» «E is fradis e sorris?» iat aciuntu su fradi prus mannu. «Mama- iat frichingiàu sa pipiafunt’amachiendumì sa conca.» «No prangias, sa pipia, - dd’iat losingàda sa mamano funti narendudiddu po ti fai arrennegài, gei ddu scìnt ca tui ses bonixedda e ois béi a totus, e totus oint béi a tui.» Sa nòti Allica s’iat aregòtu, acant’e su ‘etu, su trobaxeddu e, imprassendu sa pipia de tzapus si fut cabàda in sonnu. Giài de primu nòti su bisu si fut préu de srubius carriaus de lana o líu, de spobas e de trobaxus. S’isfida cun sa zia fiat inghitzada e de su trobaxeddu suu ndi bessìat u lenzou mannu mannu, longu longu, de su trobaxu de sa zia ndi essiat u lenzobeddu piticherreddeddu, po bambuledda. De mãus suas ndi essiat ua meraviglia: tiallas cuncodradas a fius de oru; de mãus de sa zia, invecias, lenzobeddus po pipieddas de tzapu, legias, mabi fatas de no crei. “Castia ita bellu custu lenzou chi apu fatu...” «Allica ma ita ses fadendu? Ti ndi sciumbullas o nou?» Sa zia, andada a nde dda scidài, dd’iat agatada strantascia in su letu cun su lenzou in maus amostendidd’a s’airi. «Umhoooh!- iat cascau stirendusì aperrendu is ogus, a riscu de nc’arrui de su letu- apu fatu u bisu bellu ma u pagheddu trumbullau.» «Gei mi ndi seu acatada - dd’iat arrespostu sa zia basendidda - béi a coxía ca su làti po su murzu est prontu callenti callenti.» Allica iat imparau a manixai su trobaxeddu e, assob’e totu, s’aprontat su chi ddi srebìat po bistì sa pipiedd’e tzapus. Cun lana o líu arrefudaus, arrennescìat a fai cosa de valori e de apretziài. Tenìat dox’annus candu parrìat chi essat arrefudau su trobaxeddu, chi tenìat arrimau in s’aposent’e lètu, po sa busa; candu fiant totus arrogli’ arrogliu de sa ziminèra, pigàt is busas in mãus e fadìat migias po crocai. Ma su trobaxeddu no dd’iat abendonau, a iscusi ddoi iat traballau e iat fàtu u sciallu biancu a froris grogus, arrubius e cabor’e arrosa, bellu de amachiài, fiat u mediori su ddu bì. Nde dd’iat bogàu a pillu e arregallau a sa zia sa dì chi si fut coiàda, po dd’arringraziài de dd’ai imparau cuss’àti. A sex’annu fiat ua tessidora fàta, giài passada a su trobaxu mannu. Ua dì fut arribada a domu sua ua sennora de zitadi po ddi cumandai s’arrob’e coiài de sa filla: «Su ‘inai no m’amancat - iat inghitzau - e duncas no m’impotat su pretziu, su chi ollu est chi de maus bonas tuas ndi essat su pannamentu prus bellu chi s’agatit po filla mia stimada, candu s’at a coiài.» «Cument’at fatu a scì de mimi?» Iat pregontau spantada Allica. «Sa srebidora de ua gomai mia est de custa bidda e apu biu ua faniga chi dd’as fatu tui. Si dd’apu pedìa impromitendiddi u corredu nou de comporài abì obìat issa, e non mi dd’at ofiu donài. Po cussu seu benìa inderetura a cicai a tui.» Allica iat traballau de bona gana e in duus annus nd’iat bogàu s’arroba po sa filla de sa sennora. S’oxi de s’abilidadi de custa piciòca, si fut illargada cument’e tiràda de su ‘entu e a domu sua aprobiàt genti de onnia logu po cicài cussa tessidora cun mãus di oru ch’iat imparau a tessi cun d’u trobaxeddu fatu po giogu de s’aiaiu! A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu. Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu, custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus lègius chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai scaresci calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt innoi. Sciu puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius, ma apu circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu pagheddu de aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus ligi imparat prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de prus. Tziu Eusebiu andat dònnia dì a si comporai su giornali. Sa prima pàgina chi càstiat est sempri cussa de is mortus. Est po cussu chi s’edicolàiu ddi domandat: S’Edicolàiu: O tziu Eusebiu, ma poita dònnia dì, in su giornali càstiat po primu, sa pàgina de is annùncius mortuàrius? Tziu Eusebiu: Poita bollu biri si ant postu sa fotografia mia! Dopo un paio di giorni. S’edicolàiu: Ma castiai arratza de cosa! Pròpiu oi, ca c’est sa fotografia sua in sa pàgina de is mortus, tziu Eusebiu no si comporat su giornali! ................................................................................................................................................................ Marieddu est cristionendi cun su babbu Alfonsu Marieddu: Biadus is piciocheddus chi, in s’istadi, andant a scola in su Polo Nord. Alfonsu: Po cali motivu? Marieddu: Poita inguni, nanca ddoi funt “I banchi di ghiaccio”! ................................................................................................................................................................ Enzu est papendi in dd’una tratoria e tzèrriat su Camerieri. Enzu: Ddi depu nai ca custa bisteca est prus dura de una perda de granitu grìgiu. Su Camerieri: Tenit arraxoni. Abetit ca ddi portu luegus marteddu e puntarolla! ................................................................................................................................................................ Giambattista est prandendi in dd’unu Ristoranti famosu e tzèrriat su Chef. Su chef: Comenti ddu potzu agiudai? Giambattista: Mi dispraxit meda po sa fama de custu locali, ma aintru de sa minestrina apu agatau una musca. Su chef: Ecu aundi fiat finia sa musca! In coxina, fiaus totu su mangianu circhendidda! ................................................................................................................................................................ Balloi est in s’ambulatòriu fueddendi cun su dotori de famìlia. Balloi: Seu beniu po ddi fueddai de pobidda mia. Su dotori: De ita sunfrit? Balloi: Sunfrit de unu cumplessu de inferioridadi. Su dotori: Comenti si manifestat custu cumplessu? Balloi: Est sempri ubidienti a dònnia cosa chi ddi cumandu, mi narat sempri de si, po dònnia pistighìngiu chi mi benit a conca, est meda premurosa e no mi fait mancai mai nudda. Su dotori: E deu insandus, ita c’intru? Ita ddi potzu fai? Balloi: Fiat po dd’avisai, ca si benit a si fai curai, no ddi donit cura po dda fai sanai. Poita a mei, custu tipu de maladia chi tenit, mi praxit meda! ................................................................................................................................................................. Chirigu est telefonendi a su manicòmiu. Arrespundit su diretori. Su Diretori: Pronto? Cun chi seu fueddendi? Chirigu: Seu Chirigu. Mi scusit si ddu strobu, ma m’iat a serbì un informatzioni, un agiudu de fostei. Su diretori: Nerimì comenti ddu potzu agiudai. Chirigu: Bolia sciri, si mancat calicunu de is arricoveraus aundi de osatrus. Su diretori: No. Ma poita ddu bolit sciri? Chirigu: Poita ca unu òmini s’est fuiu cun sroga mia! Su diretori: E ita ddi fait pensai a custu logu? Chirigu: Poita scèti unu arricoverau in cussu ospidali podiàt fai una cosa aici! ................................................................................................................................................................ Tres amigus Pancraziu, Linu e Tori, funt organizendi una partida de golf Linu: Insaras, s’agataus in su campu a is cincu de amerì. Deu portu is bocias. Pancraziu: Andat beni s’oràriu. E deu portu sa matza. Tori: Aici est? Deu inveci non andu! E si andu portu scèti su golfu, a bortas no fatzat frius! ................................................................................................................................................................. Arseniu at tzerriau un agrònomu. S’agrònomu: Poita m’at fatu tzerriai? Ita problemas tenit? Arseniu: In s’ortu tengu una mata de bananas. S’agrònomu: E ita c’intru deu? Arseniu: Mi depit agiudai. S’agrònomu: Insaras, spieghimì cali est su problema. Arseniu : Custa mata mi fait is bananas deretas, chene curvas, e totus in bidda mi pigant in giru e si ponint a arrì candu passant acanta de s’ortu. S’agrònomu: Insaras andaus a biri ita si podit fai. Arrivati all’orto di Arsenio. S’agrònomu: Apu cumprèndiu cali est su problema de custa mata. Arseniu: Bellu. Insaras, nerimì luegus ita depu fai. S’agrònomu: Depit fai unu sacrifìciu. Arseniu: Seu dispostu a totu. Nerimì totu. S’agrònomu: Ndi depit segai sa mata e su piricocu chi est acanta de sa mata de sa banana! Est po culpa de sa mata de su piricocu chi is bananas bessint deretas! ................................................................................................................................................................. Cicitu comenti de dònnia merì est in pratza de Crèsia fueddendi cun s’amigus pensionaus. Cicitu: Osatrus no nc’eis a crei, ma deu a is fèminas a letu ddas fatzu ancora sonniai. Is pensionaus: Buuummm. Cicitu: Certu. A pena si crocant si dromint luegus! . PDF Compressor Pro Cultura LA SARDEGNA NEL CUORE 15 febbraio 2015 21 di Sergio Portas “Perfidia” di Bonifacio Angius vincitore del Premio Giuria Giovani a Locarno A sentire Sara Sagrati, che di mestiere è critica cinematografica, l’Italia ha trovato un altro regista. Cita al riguardo le consonanze con il finlandese Aki Kaurismaki, uso ad ambientare i suoi film negli strati meno fortunati della società, in cui emergono personaggi e situazioni le più stravaganti. Bonifacio Angius, sassarese poco più che trentenne, col suo “Perfidia” ha vinto il Premio Giuria Giovani al festival di Locarno, unico film italiano che sia stato giudicato degno di concorrere anche al più prestigioso “pardo d’oro”, attori protagonisti Stefano Deffenu, di Sassari, e Mario Olivieri che a Sassari ha svolto una quarantennale attività di attore di teatro, di tv e radio private; protagonista femminile Noemi Medas, di quei Medas cagliaritani che sono in palcoscenico dai primi del novecento, unica famiglia di teatranti sardi che possa vantarsi di tale titolo. Ambientato a Sassari. E non possiamo chiamarlo un film sardo? Bonifacio dice che no, è qui a Milano al cinema Beltrade, uno di quei vecchi cinema di oratorio con le poltroncine rosse di velluto un po’ liso, che fa opera meritoria perché programma lungometraggi che nulla hanno a che fare con le ultime scelte della filmografia hollywoodiana, costruita su effetti speciali e budget miliardari, un bicchiere di Cagnulari in mano, in attesa che alle ventuno inizi la proiezione del suo film. Cappellino in testa e sigaretta scroccata ad uno che è in fila per i biglietti, anche Bonifacio Angus di sardo mostra poco o nulla. Venendo da un’elezione di presidente della repubblica, mi pareva di poter solleticare il suo orgoglio paesano ricordandogli i sassaresi che sono stati chiamati a tanto incarico (per tacere dei Berlinguer e dei Pisanu) ma non potevo trovare minor entusiasmo. «Politici, gente brava a parlare, qualcuno anche in buona fede (bontà sua), ma quando arrivano a scalare posti di potere crescente, tutti presi da uno stesso ingranaggio che fa loro dimenticare il bene comune». Lui sarebbe per una anarchia fantasiosa, non riesce a capire l’orgoglio di chi spende una vita per arrivare nei posti dove “vengono prese le decisioni”, anzi non percepisce neppure che possano esistere posti di questo tipo, in cui i pochi possano decidere per moltitudini che dovranno obbedire ai loro dettati. Una visione così poco consolatoria della politica è anche nel film e non poteva essere altrimenti dato il regista: Peppino, uno spettacoloso Mario Olivieri, il babbo di Angelino, che ripiomba nella vita del figlio trentacinquenne alla morte della moglie, e mamma di lui, seppur anziano e appagato della vita che ha fin qui condotto e che lo ha portato a stringere una solida rete di amicizie tra “quelli che contano”, nel disperato tentativo di trovare lavoro per quel figlio che si alza dal letto solo per recarsi al bar, dove lo attendono una variegata congerie di falliti, le mani strette sui boccali di una Ichnusa, a fare da sfondo le biglie del bigliardo che schioccano e le luci della slot machine sempre in funzione, si ributta in politica per le comunali. Per che partito, gli chiede Angelino, ma per diventare magari assessore, sì, ma per che partito, gli ribatte lui, ma chi se ne frega di quale partito, basta che ti mettano in lista. Ironia della sorte, Peppino sarà eletto quando già un colpo apoplettico lo ridurrà inerme e invalido in carrozzella. Avevano provato a parlarsi quei due, anzi è sempre Peppino che chiede, ma quanti anni hai? E cosa ti piace fare nella vita? Io alla tua età andavo a pescare, non ti ho mai portato a pesca con me? E mangiare ti piace? Quando ho fame. E ti piacciono le donne? Certo che sì. Le donne nel bar dove la vita srotola i suoi ritmi sonnacchiosi sono più teorizzate che vissute. «E quando sei andato a Roma hai visto il Derbi?». «Sono andato a Roma in viaggio di nozze». «E quando sei andato a Roma sei andato a bagasse?». «Ero a Roma in viaggio di nozze!». «E che cosa c’entra potevi andare a bagasse». Che le “bagasse” romane sono notoriamente migliori delle nostre, quella rumena (molto carina in verità) a cui “gli amici” portano il vergine Angelino: «e non ci far fare brutte figure mih!», si accontenta di venti euro per un “servizio con la bocca”, “coitus interruptus” dalle grida sguaiate dei compari che aspettano in macchina. «E andate tutti affanculo!» Il tutto ambientato tra palazzoni in annosa costruzione, i lampioni che gettano una luce gialla e mortifera su strade semideserte, dove le poche macchine sfrecciano paurose di fermarsi in un territorio ostile di per sé. Squallido. Ma mai quanto la cucina piena di avanzi che Angelino lascia ogni sera, dopo una cena che proviene inesorabilmente dalla solita spesa al supermercato. E ci porta pure una ragazza in tanto squallore. La vede sempre scendere dall’autobus che riaccompagna le ragazze da scuola, lui e i suoi compari di bar seduti come al cine, fuori il locale, a fissare quel tripudio di capelli lunghi e folti, quei visi di madonne che si scambiano il bacio del saluto, quei jeans multicolori che si muovono al ritmo di una musica colorata di celeste. Una di loro guarda Angelino, chè Stefano Deffenu è proprio un bel ragazzo, specie se paragonato ai due ceffi birramuniti che frequenta giornalmente (i due bravissimi Alessandro Gazale e Andrea Carboni). Riesce miracolosamente a conoscerla, a portarla al Luna Park dove lo vediamo finalmente sorridere mentre gioca e vince l’elefantino di peluche per lei, e poi l’autoscontro e le macchine volanti. Occhi dell’uno in quelli dell’altra (quelli della Medas da guardarsi con parsimonia se non volete cadere in amore). Quanti anni hai? Venti. E cosa fai? Studio all’università. E gli occhi hanno un che di dubbioso, un velo di sgomento come girano in tondo per quella cucina in disordine, sudicia. Se ne andrà la ragazza, lasciando Angelino solo col padre in carrozzella, ingombrante per le cure che tocca dargli giornalmente. Fino a che Angelino non ce la fa più e il film si tinge di nero, non diventa un “noir” come insinua la Sagrati, non fosse altro perché si chiude col nostro eroe che, una volta tanto, sbanca la slot machine, incurante che qualche poliziotto possa chiedergli che fine abbia fatto il padre in carrozzella. Incurante che ogni euro che spende non possa che provenire da quel padre, visto che Angelino non ha lavorato mai. Ma è vero che a lui non interessano i soldi, né gli interessa di nulla della vita che conduce, convinto che Gesù, che tutto può, saprà nella sua bontà mandare cose buone a chi si comporta bene, che so una famiglia, una moglie. Dice Bonifacio che lui non ha alcun messaggio da comunicare, la sua è solo una storia e la preoccupazione è per il personaggio che fa agire, ricercandone coerenza e onestà. Immerso com’è in un mondo perfido in cui tutto sembra fermo e dove non succede mai nulla. Cercando di sentirlo sempre vivo, il personaggio: «che è diventato un po’ come fossi io stesso». «Lo spettatore deve chiedere al film: ti emoziona?» E il film reggerà al tempo? “I vitelloni” sembra girato ieri tanto parla della vita d’oggi. Film privo di ogni didascalismo, dicono i critici, qui c’è un minimalismo oramai raro nel cinema italiano, il modo in cui Bonifacio racconta le cose è assolutamente suo, è grande! Non c’è un troppo detto, un troppo raccontato, forma e contenuto sono un tutt’uno. Girato nel quartiere “Rizzeddu” di Sassari, anonimo senza alcun punto di riferimento, il mare di Sardegna sempre illividito dalle nuvole cariche di pioggia, che sbatte onde lunghe sulla battigia. Gli interpreti sono attori di teatro e alcuni non attori. «Scelgo i visi che si dovranno inserire nella storia che ho in testa, per un regista è la cosa più difficile, tra le scelte che gli toccano». Il personaggio di Angelino è terrificante e inquietante nello stesso tempo, impossibile non ripensare al “Taxi Driver” di Scorsese da cui mutua situazioni e comportamenti (del resto, cinefilo qual é, lo ammette anche Bonifacio). Si muove catatonicamente in un mondo che non ha contribuito a creare, ma che subisce con una passività che dispera. Anaffettivo com’è, lo diresti uno zombie che copia i comportamenti di chi lo circonda non avendone di suoi nel Dna, prodotto di una società livellante e spietata con gli ultimi. Bonifacio Angius, lui viene da una famiglia in cui il cinema è stato sempre importante e ad imparare a farlo è andato a Barcellona e New York (corsi specialistici di cinematografia), la Sardegna è quinta del suo teatro interiore e altrimenti non poteva essere, come Fellini pensa che si debba filmare il sé che si è. “Perfidia”, il titolo, solo una canzone di Nat King Cole sentita reiteratamente durante la scrittura della sceneggiatura. Abbiamo un nuovo regista italiano. PDF Compressor Pro 22 15 febbraio 2015 VILLACIDRO Nasce il Comitato civico civile cittadino Presentazione del CCCC (Comitato cívico civile cittadino) e, sviluppato in quíndici punti, promemoria per opportuni consigli e per giuste richieste del Comitato all’Autorità cittadina, già verbalmente esposte nel recente incontro con il Síndaco e alcune volte inviate con léttere o con artícoli nei quotidiani e nei quindicinali in questo lasso amministrativo, come piú volte negli anni scorsi alle diverse amorfe insensíbili irresponsàbili componenti della guida comunale. D esiderio e fine del Comitato cívico civile cittadino sono principalmente: A) riportare nel paese la pulizía e l’òrdine che normalmente lo hanno contraddistinto nel passato già molto lontano; B) recuperare il paese, e preminentemente il centro stòrico, alle sue naturali funzioni attrattive per i forestieri e propulsive per le attività cittadine; C) ottenere tutte quelle condizioni (un diffuso civismo, cioè il senso che sia il cittadino, sia l’autorità dovrèbbero avere della propria dignità e del proprio dovere nell’agire verso il bene della comunità; conseguentemente una raggiunta civiltà, che è la convinzione di dover rispettare, protéggere e difèndere ogni privato e púbblico bene, per ottenere nel tempo il bene di tutti; la coscienza d’esser cittadini villacidresi, ossía figli d’un paese único soprattutto per la sua naturale posizione, tra il verde dei rilievi e della pianura, che gli dà una fisionomía e un clima speciali nelle diverse stagioni, e per i suoi típici monumenti, come il Lavatoio, veramente, nella sua specificità, il solo prezioso esempio d’architettura liberty nel mondo) che perméttano di vívere quotidianamente, nella tranquillità, nella serenità e nella sicurezza, a quelli che vi àbitano o solamente vi soggiòrnano. Ritiene innanzitutto che sia necessario, perciò, stimolare l’Amministrazione comunale villacidrese a occuparsi di tante apparenti píccole negligenze, da parte di chi ha il dovere di controllare, che purtroppo hanno reso tutte le strade pericolose e impercorríbili, soprattutto per i pedoni, e non solo quelle del centro. 1) Notiamo che è stato finalmente determinato il senso único di via Parrocchia in uscita per tutti gli autoveícoli e i mezzi rotanti, provenienti dalle altre parti del paese, come naturale lògica prosecuzione in entrata del senso único della via Roma, ma che in essa non sono stati predisposti alcuni spàzi útili per una “sosta breve”, per il tempo necessario agli acquisti nelle botteghe, nelle rivèndite e nei negòzi pròssimi. 2) Per facilitare il raggiungimento della via Roma riteniamo dunque inderogàbile, per chi arriva dalla via San Gavino o dalla via Stazione, invertire il senso di marcia nella via Regione Sardegna (non “sarda”*) fin dal suo ingresso, all’incrocio del Campo sportivo. 3) Siamo certi che sia grave errore continuare a consentire una normale circolazione veicolare nelle strettoie di via Gialeto, via Sant’Efisio (Fluminera coperta), via Càrceri se non per i soli residenti e, in particolare, a) siamo convinti che per la via Gialeto dovrebbe esser obbligatorio l’ingresso dalla via Roma, nel vícolo all’àngolo della casa delle sorelle Matta, verso la via Lavatoio-via Repúbblica, per evitare nuovi incidenti come i tantíssimi avvenuti fin ora in prossimità dello sbocco attuale sulla via Roma. b) Suggeriamo anche l’inversione di marcia nella via Càrceri, per evitare il contemporàneo parallelo ritrovarsi, nella rotatoria del rondò, dei veícoli da lí discendenti con quelli provenienti dalle vie del centro attraverso la via Parrocchia. 4) E proponiamo il senso único verso Seddanus nella via Vittorio Emanuele e 5) il senso único in salita nella via Giovanni XXIII. 6) Riteniamo indispensàbile liberare lo spazio intorno al Lavatoio da tutte le auto in sosta nella piazza e impedirne l’accesso, lasciando solo ai residenti la possibilità di raggiúngere le proprie abitazioni con gli autoveícoli e i motoveícoli. La sosta dovrebbe esser consentita, negli appòsiti spàzi, solo fino alla vecchia stazione d’attesa, oggi sede di uffíci vàri. 7) L’amministrazione di un grande comune come Villacidro, che non riesce a frenare gl’impulsi bestiali dei neotalebani ignoranti e malvagi i quali, non avendo né testa né cuore, rúbano, distrúggono e insúdiciano tutto quello che tòccano (danni continui ai monumenti - dalle òpere della via Crucis del Càrmine a quelle del sagrato della chiesa Madonna del Rosario, a due passi dalla Caserma dei Carabinieri - e furti nelle case, nei beni della comunità, persino nelle chiese), non può continuare a fíngere d’aver le telecamere che non ha mai avuto o non ha mai attivato, ma deve sentirsi obbligata a difèndere, con il bene dei cittadini, ogni suo bene, attraverso un immediato interessamento, a) e non solo con le riprese fílmiche registrate giorno e notte in determinati punti della nostra cittadina, b) ma anche con òrdini scritti per una doverosa presenza quotidiana di qualche membro della Polizía urbana. 8) Deve, proprio con la sua autorità, obbligare chi fin ora, da anni, non ha piú fatto il suo principale dovere che è quello, per tantíssimo tempo, semplicemente detto di “vígile” urbano. E, a tal riguardo, facciamo presente che, non solo le vie secondarie, ma anche le arterie principali sono pericolosamente limitate e anguste, come intubate o addirittura intasate continuamente per i tanti autoveícoli in sosta nei marciapiedi, nelle curve, nei semàfori oppure, sia a destra sia a sinistra, nelle zone contrassegnate con cartelli di divieto, a) come nel settore della via Vittorio Emanuele tra la via Giovanni XXIII e la via Parrocchia, b) nella stessa via Parrocchia, c) nel viale Don Bosco, d) nella via Nazionale, e) nella via Todde, f) via Loru, g) via Marinotti ecc., senza che vi sia stato per anni un solo intervento delle guardie comunali, tanto che, in occasione di feste paesane, laiche o religiose, è stata impossíbile la circolazione veicolare e le màcchine per ore e ore hanno impedito alle persone persino il rientro nelle proprie case. 9) Dovrebbe far tracciare nuovamente e giustamente le línee che delímitano gli spàzi per i parcheggi automobilístici, dopo aver fatto cancellare quelle esistenti fatte a capocchia nel senso contrario a quello d’ingresso, nella zona destinata alla sosta tra la via Aldo Moro e la via Rio Fluminera. 10) Dovrebbe realizzare, finalmente, un grande parcheggio, là dove è previsto un “centro culturale” con un teatro (oggi proposto all’immaginazione fantàstica e alla preparazione tècnica di molti possíbili concorrenti), ossía nella parte inferiore dello stòrico orto dei Véscovi, ceduta al Comune di Villacidro. E non certo potrà far aspettare i Villacidresi tutto il tempo necessario (5, 10, 15 anni?) per la costruzione delle òpere del “centro” nella terra vescovile, ma prima dovrà farvi approntare (verbo che esprime improgàbile impellenza) una zona di sosta. Basta il tempo per aprire un varco nel muro del rondò, quindi un degno ingresso, una ripulita tra le piante, cartelli indispensàbili fuori e dentro… e, nell’arco di un mese, il rimedio è trovato ed è stato estirpato un annoso tumore che ormai si è quasi incancrenito. Ecco il parcheggio per il centro stòrico di Villacidro. Ma forse stiamo sognando. 11) Fàcciano davvero qualcosa di buono i nostri amministratori perché pòssano anche esser lodati e ben ricordati sempre! e non pòssano invece esser disprezzati e accusati per il non fatto o il fatto male (piazza Immacolata - piazza Zampillo con falsa piazza - strada -depòsito d’auto; rotatoria ovale o falsa rotatoria immondezzaio petraia - piazza XX Settembre; distruzione della delicata Gruxi de Seddanus e suo rifacimento- Croce enorme di cemento armato; distruzione del píccolo gioiello di Funtanedda e suo previsto rifacimento; distruzione del Monte granàtico e suo primo obbrobrioso rifacimento e sua seconda ricostruzione; centinaia di milioni di lire e centinaia di migliaia di euro andati in fumo; somme non pagate per folli irresponsàbili decisioni amministrative per le quali, somme decuplicate sono state pagate da successive Amministrazioni comunali; e poi ancora scadente pavimentazione stradale, affossamento e storpiature del Lavatoio e spreco di grandi occasioni con l’incapacità di aver saputo ottenere le grandi cifre a disposizione per tutte quelle òpere importanti suggerite anche dalle diverse organizzazioni culturali villacidresi; e, tra queste últime, 12) il recúpero ininterrotto dell’acqua della Spéndula attraverso convenienti tubature e canali sotterrànei con motori aspiranti sí da ottenere una cascata perenne anche durante la stagione estiva. A tutto c’è rimedio. 13) Intanto si adòperi, questa Ammnistrazione, a trasformare degnamente lo spazio piú importante di Villacidro con l’unione delle due piazze, mediante la prosecuzione della via Roma parallelamente alla fiancata del muraglione, e tutt’intorno fino ad incontrare il viale Don Bosco e la via XX Settembre e mediante la continuazione nella via, a senso único, che costeggia il Caffè letterario, il Monte granàtico e il Museo d’arte sacra, fino a raggiúngere la discesa della via Par- rocchia. Infine si eliminerebbe dal centro della vasca l’infame pilastro per ripristinare l’ottocentesco “zampillo” e si sposterebbe in una sede piú dignitosa la statua dell’Immacolata, con ampie scelte, si eliminerebbe quell’inútile peso sul tetto insicuro della Fluminera con un ridícolo tronco secco d’ulivo ed erbacce e si arricchirebbe l’imponente piazza d’àlberi ombrosi e di sedili con spàzi limitati a raggera nel límite esterno per soste a pagamento. Vi sarebbe la possibilità di realizzare marciapiedi a livello nel lato degli edifici lungo la via a senso único allargàndola nei punti dove è ancora possíbile con l’eliminazione dei pericolosi inútili cordoni di granito. 14) Nell’attesa di cómpiere questa onorevolíssima òpera, l’Amministrazione comunale dovrebbe stabilire con chiarezza, speriamo provvisoriamente, se la precedenza spetta a chi si trova nella rotatoria, come viene indicato dai cartelli delle tre strade che vi convèrgono e, in tal caso, è necessario sostituire il cartello di divieto di sosta con un cartello di “stop” e un cartello di “dare la precedenza” per chi vi giunge dalla via Roma, per evitare possíbili incidenti che l’indecisione o la prepotenza di qualche autista potrebbe provocare; oppure, se invece spetta a chi vi arriva dalla destra, è doveroso tògliere dalle tre strade di provenienza i segnali di rotatoria. 15) Altro suggerimento del CCCC è quello di resístere al tentativo di un eterogèneo gruppo di polítici, universitari e agguerriti neolinguisti o veterolinguisti convinti, forse, della preminenza della variante logudorese su questa nostra lingua campidanese piú fresca, piú ricca e indubbiamente piú parlata e diffusa, di imporre la cosiddetta lingua comune attraverso oscure operazioni di potere di Ufitzius e Isportellus linguísticus che pretèndono di insegnare il loro “vero” sardo, ossía sa limba communa (che dovrebbe esser, per loro, Lingua comune, e che invece, per noi campidanesi, dovrebbe significare “Lingua latrina”, poiché latrina, fogna è detta “communa” e “comuni - communi” traduce l’aggettivo italiano “comune”, il latino “communis” e chiamiamo lingua quella che è lingua per gl’Italiani e lingua per i Latini), una “lingua universale” artificiale per i Sardi fatta a tavolino con règole grammaticali in buona parte inventate e illògiche, soprattutto per quanto riguarda l’ortografía, che non tèngono conto neppure della “vera” lingua che è quella parlata e quella che gli scrittori hanno usato fin ora, traèndola da quella parlata, in cui ciascuno di noi campidanesi s’identífica. Un insieme di targhe che sèmbrano scritte in un misto d’esperanto e volapucche, zeppe d’errori, sono affisse nei diversi “vicinati” del paese. Villacidro dovrebbe rifiutarle e rispedirle al mittente (ex Provincia del Medio Campidano) e l’Assessora alla Cultura dovrebbe scrívere indignata alla Regione Sardegna contro quest’attentato alla nostra lingua e alla nostra identità che ha già dato i suoi èsiti negativi in una deleteria pubblicazione sulla Tradizione poètica del Medio Campidano. *Nessuna via può intitolarsi “Regione sarda” perché indicherebbe (senza alcun lògico riscontro specífico) una determinata regione o zona dell’ísola. Sarebbe illògico e VERGOGNOSO continuare a far finta di niente e dare il consenso al protrarsi di una “beffa” alla lingua e al buon senso provocata per imperfezione comunicativa, per ignoranza o noncuranza o distrazione, da una precedente Amministrazione comunale, in particolare per una cittadina come Villacidro che da piú di un ventennio òspita e ravviva un premio letterario nazionale e da cinquantacinque anni un Liceo clàssico. Non si può far finta di niente per le altre “targhe” con i númeri cívici e il nome delle strade in memoria di tutti quei personaggi il cui cognome precede il nome proprio (Dessí Giuseppe) o, ancor peggio, il cui nome proprio è preceduto da una sorta di patrionímico, una specie di agnomen come fosse un cognome originario (D’Arborea Eleonora) o manca e, davanti al cognome, c’è un vero e proprio topònimo, un nome geogràfico specificamente individuante (come nel caso di Cavour Benso). Una volta si diceva: Roba da matti!