12-22 - La Gazzetta del Medio Campidano

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Attualità
15 febbraio 2015
UNIONE DEI COMUNI “TERRE DEL CAMPIDANO”
Garau: “Non abbiamo i mezzi,
saranno i cittadini a pagarne le spese”
L
a situazione dei comuni è critica e, da quanto si apprende
da una nota del ministero dell’Interno, il loro futuro è incerto. Per ridurre gli sprechi degli enti amministrativi Roma
obbliga infatti al loro accorpamento in tempi molto brevi, attraverso il già esistente sistema dell’Unione dei Comuni, pena,
qualora questo non sia attuato, la diffida degli enti municipali.
I comuni non esisteranno più nei termini fin qui conosciuti.
Rimarranno in essere solo i servizi essenziali, come ad esempio l’ufficio anagrafe. Il resto sarà compito dall’Unione dei
Comuni che, alla stregua di una mini-provincia, si occuperà
della loro gestione e dei loro territori.
L’Unione dei Comuni Terre del Campidano, di cui è presidente
il sindaco di Sardara Giuseppe Garau, conta nel complesso
circa 35mila abitanti ed è composta da sei comuni: San Gavino, Serrenti, Serramanna, Sardara, Pabillonis e Samassi. L’altra Unione, denominata Marmilla, di cui è presidente il sindaco di Villamar Pier Sandro Scanu (presidente anche dell’Anci
Sardegna), comprende 18 paesi. Barumini, Collinas, Furtei,
Genuri, Gesturi, Las Plassas, Lunamatrona, Pauli Arbarei,
Sanluri, Segariu, Setzu, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villamar, Villanovaforru e Villanovafranca. Le due situazioni sono
completamente diverse tra loro. Una ha meno sedi e molti
abitanti e l’altra meno abitanti ma tante sedi. Uno scenario,
quello futuro, nel quale non saranno abolite solo e definitiva-
mente le province ma in parte anche i municipi. L’Unione,
dunque, oltre ad accorpare e gestire il territorio di vari comuni
come fosse un unico grande municipio, sarà anche un contenitore nel quale i dipendenti provinciali e comunali saranno
reintegrati.
«Il risparmio - spiega Giuseppe Garau - si vedrà nel tempo quando a mano a mano l’organico andrà in pensione e diminuirà il
surplus di personale». Il presidente però, durante un’intervista
rilasciata alla Gazzetta del Medio Campidano, si dice anche critico e indignato nei riguardi dello Stato che obbliga l’attuazione
del progetto, ma non mette a disposizione sede operativa, organico e materiale, per poter procedere all’attivazione e gestione
del territorio, così come chiesto dal ministero degli Interni. «Stiamo utilizzando l’ufficio del sindaco di San Gavino. Manca tutto.
Dallo stabile alla carta, ai computer, all’informatizzazione e centralizzazione delle informazioni dei vari uffici e via dicendo».
Garau spiega inoltre che, per l’attuazione di un tale sconvolgimento, non sono sufficienti i tempi previsti e imposti. «Sono
favorevole - dice - alla gestione congiunta dei rifiuti perché
questo abbasserebbe i costi. E vedrei positivo un unico sportello di riscossione tributi legato ad esso. E un Suap insieme
all’ufficio che gestisca le autorizzazioni in ambito paesaggistico per evitare che ogni area comunale faccia scelte diverse pur
essendo confinanti. E la gestione unica della protezione civile e
PABILLONIS
BARUMINI
Turismo crocieristico in Marmilla
Far vivere l’esperienza diretta della scoperta del territorio, per impararne ogni suo
aspetto, provare vere emozioni ed avere il desiderio di trasmetterle agli altri. È questo il
programma del Fam Trip sul
turismo crocieristico organizzato da Cagliari Cruise Port,
in collaborazione con il Comune di Barumini e l’omonima Fondazione Sistema Cultura, in cui è stato presentato
il calendario delle crociere
2015. L’evento è stato organizzato allo scopo di far conoscere e quindi promuovere il sud Sardegna come destinazione del turismo crocieristico, che tra l’altro coinvolge i Comuni di Cagliari e Pula.
I partecipanti hanno effettuato una visita al sito Unesco
dell’area archeologica de Su
Nuraxi, Polo museale di Casa
Zapata, e al Centro culturale
Turisti a Casa Zapata
Giovanni Lilliu con le mostre
temporanee e permanenti, in
cui sono state illustrate le offerte storico, culturali, archeologiche, naturalistiche
ed enogastronomiche del territorio, agli shore-excursion
manager, figure chiave di tutte le principali compagnie armatrici di navi da crociera. Gli
SAN GAVINO. PER
stessi, si sono dimostrati colpiti e affascinati dall’esperienza della visita, e interessati a
promuovere e proporre le
escursioni ai crocieristi seppur per poche ore, un prodotto turistico di qualità che il
centro della Sardegna riesce
a soddisfare.
Carlo Fadda
LA RASSEGNA
GIOVANI
A
Una canzone racchiude sentimenti, emozioni e sogni. In
questo caso una canzone è un
sogno che diventa realtà, un
sogno intriso di passione e
musica. A metà degli anni 80
cinque amici di Pabillonis diedero vita al gruppo musicale
Lalba, che a differenza dalle
solite cover-band sperimentava già da subito canzoni e
musiche proprie. Il gruppo era
così composto: Marcello Baltolu, voce e basso, Franco
Melis e Dario Lisci alle chitarre, Giuseppe Atzori alla tastiera, Corrado Collu alla batteria.
Cominciarono a suonare nei
locali della zona, organizzando e suonando in manifestazioni musicali per ragazzi. Alla
fine degli anni ‘80 il gruppo
partecipò a diversi festival e
selezioni regionali di ogni genere, nel ‘90 parteciparono e
vinsero con merito “Sanremo
giovani Sardegna”, e continuarono a suonare in tantissime piazze isolane. Nel ’92
fecero il grande salto verso la
TEATRO
Messa in scena la commedia “Il Dono” di Gianfranco Serra
Per il terzo appuntamento della rassegna “Giovani a Teatro”
organizzato dalla Pro Loco, la compagnia teatrale Piccolo Teatro Umoristico nel salone teatro
Santa Lucia ha messo in scena la
commedia “Il Dono”, scritta e diretta da Gianfranco Serra. La storia è ambientata nel paese immaginario di Tombina, e di preciso
nel suo cimitero, dove Maria, la
brava Lorenza Cavatorta, viene assunta come custode; seppur
sottopagata, è felice di aver trovato un lavoro, ma ben presto
scoprirà il dono che ogni guardiano del camposanto riceve in dote,
ossia quello di vedere e sentire le anime che ancora ci vivono.
Conosce così Carla (Ivana Irde) e Felice (Alberto Serra),
l’una assillata dalle continue visite della lugubre Dolores, una
della polizia
municipale. E
vedrei bene anche quella dell’appalto delle
mense scolastiche. Rimango
invece scettico
su altre mansioni. Ad esempio,
non è pensabi- Giuseppe Garau
le per il momento e coi mezzi a disposizione la centralizzazione degli uffici affari
generali, bilancio e ufficio tecnico. Non ora. Non abbiamo neanche una sede. Siamo quindi totalmente impreparati. Si creerebbe solo una gran confusione e a pagarne le spese sarebbero
come sempre i cittadini. I segretari e noi dell’Unione dei Comuni non percepiamo un euro per occuparci del progetto. Ma non
è questo il punto. Lo facciamo per il bene delle comunità. Siamo
però senza personale e, oltre a questo, ricordo che ancora ci
devono il saldo del 2012. Non sono contrario al risultato finale
e al progetto in generale, ma le cose si fanno passo dopo passo. E coi mezzi giusti».
Saimen Piroddi
spassosa Martina Cruccu, l’altro intristito dall’aver lasciato
prematuramente la moglie Alice, una particolarmente apprezzata Tiziana Caboni. Ma un giorno Alice conosce per caso il facoltoso avvocato Struzzo, ormai vedovo, interpretato da un ottimo
Gianfranco Serra, e da questo fugace amore dai toni un po’ macabri nascono una serie di divertenti
equivoci e vicende al limite dell’inverosimile. Non poteva mancare la
figura del becchino, Gino Marras,
così come la pignola ragioniera comunale, Eleonora Lotta, e le molteplici mogli dell’avvocato: Roberta Irde e Francesca Atzeni. Un lavoro piacevole che ha riscontrato sicuramente l’applauso del pubblico.
Lorenzo Argiolas
Trent’anni fa nasceva
il gruppo musicale “Lalba”
musica “che conta”, con la
produzione della musicassetta “Terra mia” prodotta dalla
casa discografica “Tekno Record”, registrata negli studi
dei Salis & Salis. Videro la luce
dieci brani musicati e scritti
dalla band, tra cui l’Ave Maria riarrangiata e cantata in
sardo, il brano fu poi inserito
in una compilation con i migliori gruppi musicali di quel
periodo, come i Bertas, i Barritas, la banda della Brigata Sassarese con il brano “Dimonius”, i Salis & Salis e i Tazenda. Le loro canzoni “passarono” anche in diverse radio locali, e fu grande la soddisfazione dei 5 ragazzi.
Nel 1998 parteciparono alla
manifestazione canora il “Festival di Castrocaro Terme” a
Forlì, ottenendo consensi e
apprezzamenti da parte della
critica, ripeterono l’esperienza l’anno successivo e infine
nel 2002. Il sogno di creare e
suonare i propri brani si era
avverato, un sogno cercato
fortemente voluto, con tenacia e tanta passione. Suonarono assieme ancora qualche
anno, poi per una serie di motivi e circostanze, il gruppo,
dopo quasi un ventennio si
sciolse, qualche componente
“emigrò” nella cover-band
“Gli Aironi Neri”, che riproponevano al pubblico le canzoni
dei Nomadi.
Oggi a trent’anni dalla sua
nascita il gruppo musicale Lalba purtroppo non esiste più,
ma ha lasciato a Pabillonis e
non solo, un bellissimo ricordo musicale che il tempo non
potrà mai cancellare. Il filo che
lega i cinque musicisti alla
musica è ancora forte, e nessuno ha ancora appeso al
chiodo il proprio strumento.
Risalire su un palco e regalare
qualche pezzo sarebbe un bell’augurio per festeggiare i 30
anni dalla nascita della band
… Lalba potrebbe tornare!
Stefano Cruccas
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15 febbraio 2015
Redazione
Angeli nel cuore associazione di volontariato onlus
Via Repubblica 108 Arbus
Tel. 349-5069299 e.mail: [email protected]
Sito: www.angelinelcuorearbus.it
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Questo giornalino è stato realizzato
dai ragazzi dell’associazione.
Hanno collaborato: Alessio Anardu, Desirè Tendas, Aurora
Congia, Michela Silanus, Marco Arriu, Elisabetta Silanus,
Martino Scanu, Michela Silanus, Giulia Begliutti, Kewin Casu,
Nicole Scanu, Matteo Anardu, Giulia Concas, Carol Sabeddu,
Chiara Desideri, Martina Idili, Samuele Aroni e Andrea Cirina.
Nasce il direttivo dei ragazzi degli “Angeli nel Cuore” Un premio nazionale per la scuola media
È stato costituito il direttivo
dei ragazzi dell’Associazione Angeli nel Cuore che ha
cinque membri. Tra le figure
oltre a quelle classiche di
presidente, vice, cassiere e
segretario, vi è anche un responsabile che coordina le
attività di tutti i laboratori e
si occupa di acquistare il
materiale occorrente mentre
il responsabile delle gite
sarà il vicepresidente che
organizzerà le visite dei ragazzi.
Il Direttivo dei ragazzi resterà in carica un anno e .risulta così composto: presidente Daniel Putzolu 16 anni,
vicepresidente e responsabile gite Alessio Anardu 14
anni, cassiere Samuele
Aroni 16 anni. Segretaria
Giulia Concas 13 anni, re-
sponsabile
laboratori
Martina Idili 14 anni.
Nei laboratori ci saranno poi
dei coordinatori che faranno riferimento al responsabile dei Laboratori del
direttivo: coordinatore del
giornalino è Michela Silanus
con Mimo Carol Sabeddu
mentre Aurora Congia è coordinatrice di pittura, disegno e ceramica.
C’è da ripulire una pineta
La pineta di Arbus è situata a nord del paese ed è una grande distesa di alberi di circa
4 ettari. Sarebbe un luogo magnifico per organizzare pranzi, picnic e per far giocare i
bambini. Ma da tempo è in uno stato di abbandono e di sporcizia con cartacce e spazzatura buttati qua e là.
Un paio di anni fa l’amministrazione comunale aveva organizzato una giornata ecologica per ripulire, coinvolgendo anche i bambini della scuola elementare per far capire
loro l’importanza del rispetto dell’ambiente.
Di recente io e i miei amici ci siamo stati e lì
abbiamo incontrato una signora che raccoglieva la spazzatura. La cosa che ci ha colpito è che ha raccontato che questo lo fa spesso per amore dell’ambiente, della pineta e
del suo paese. Questa donna è stato un
esempio per noi e speriamo che lo diventi
per tutti. In fondo è davvero bello godersi la
bellezza di un luogo incontaminato!
Giulia Begliutti
Il basket regala emozioni
Gioco nel C.S. Basket da quando avevo 4 anni e mi piace
davvero tanto. Penso che il
basket sia uno sport di gruppo, dove ognuno deve fare la
sua parte. In una partita non
è importante solo essere veloci e agili, ma dare il meglio
di sé, fare un grande gioco di
squadra e concentrarsi il più
possibile per riuscire soprattutto a capire in poco tempo a
chi passare la palla.
Gli allenamenti ti permettono
di prepararti al meglio per le
partite, a capire e correggere i
tuoi errori, ad essere coordinato e a riflettere su come
muoverti e agire. Infatti la
pallacanestro non è uno
sport dove conta solo la fisicità, ma anche il cervello e l’intuito.
Il mio giocatore preferito è
Michael Jordan che è davvero un grande campione, un
mito, un’atleta eterno. Infatti
la National Basketball Association lo definisce “il miglior
giocatore di pallacanestro di
tutti i tempi. Ciò che colpiva
di più non era solo la sua bra-
vura, ma anche il suo stile
unico e deciso che stupiva ed
entusiasmava perché era
davvero spettacolare. Nel
1986 Larry Bird, un altro grande del basket, disse di Jordan,
dopo che ebbe segnato 63
punti ai Celtics in una gara di
playoff, che era “Dio travestito da Michael Jordan”.
Insomma il basket è uno sport
entusiasmante che tra salti,
corse per il campo, balzi e tiri
a canestro, ti regala tante
emozioni.
Alessio Anardu
Alcuni ragazzi di terza media
di Arbus lo scorso anno hanno partecipato e vinto un
concorso nazionale proposto
dalla guarda di finanza per la
categoria gruppi delle scuole
superiori di primo grado.
La premiazione si è svolta ad
Arbus presso la scuola media, con la presenza del sindaco Francesco Atzori, del
vescovo Mons. Giovanni
Dettori, di don Angelo Pittau,
dei genitori, degli alunni e dei
professori.
A consegnare il premio un
rappresentante della guardia
di finanza. Abbiamo intervistato Alessia Saderi, una delle vincitrici.
Per quale motivo avete fatto
questo video e questa canzone?
La canzone è nata dalla passione per la musica che avevo
sia io che i miei tre amici, Alessandro Steri, Erika Atzeni e
Giorgia Raccis e man mano
che scrivevamo e provavamo
a cantarla ci piaceva sempre
di più.
Il titolo della canzone è “Stop
illegalità”, le parole sono
scritte da voi o vi ha aiutato
qualcuno?
Abbiamo fatto tutto noi col
supporto e l’incoraggiamento
anche dei nostri genitori.
Che emozione hai provato
quando hai saputo di aver vinto?
Ho urlato dalla gioia, ero felicissima. Sono rimasta elettrizzata per un paio di giorni.
Chi vi ha ispirato per la realizzazione della canzone?
Le lezioni degli psicologi e la
guida di professor Pierpaolo
Saba.
Come premio cosa avete ricevuto?
Abbiamo ricevuto una scheda con cui potevamo acquistare di tutto.. Io non ho ancora le idee chiare, ma sicuramente prenderò dei libri.
Ci tenevi a vincere?
Certo è stata una gioia, ma la
cosa più bella è stata partecipare e aver lanciato un bel
messaggio.
Nicole Scanu, Matteo Anardu
Il lavoro è un diritto di tutti
Un tempo la povertà era un problema che riguardava solo i paesi sottosviluppati, ma ora
è diventata una piaga in tutto il mondo ed
anche in Italia. La mancanza di lavoro è sempre più grave e vasta. Tante sono le persone
licenziate a causa di fabbriche chiuse o per
riduzione del personale.
Prima gli imprenditori erano più ricchi e riuscivano tranquillamente a pagare le tasse e a
creare posti di lavoro. Ora invece si sente
parlare di loro come persone piene di debiti,
che non riescono a pagare le tasse e spesso
nemmeno gli stipendi agli operai. La disperazione, legata alla crisi, ora non è più solo degli
operai. Certe persone non solo non sanno
come arrivare a fine mese ma a volte non hanno nemmeno di che sfamarsi. Alcuni non rie-
scono a pagare gli affitti o il mutuo e finiscono in mezzo alla strada. In tanti sono costretti
a rivolgersi alla Caritas o altre associazioni di
volontariato per poter andare avanti, ma c’è
talmente tanta richiesta che a volte non si riesce ad aiutare tutti.
Nelle famiglie i genitori a volte si sentono
umiliati e oltre al pensiero di come riuscire a
superare la crisi, si sentono in colpa verso i
figli, perché magari non riescono a dare loro
ciò che vorrebbero. Insomma una situazione
che si potrebbe forse risolvere se si creassero
davvero posti di lavoro per poter ridare dignità e fargli guadagnare ciò che serve per vivere. D’altronde il lavoro è un dovere, ma anche
un diritto. Un diritto di tutti!
Giulia Concas, Carol Sabeddu
Video game: dipendenza o passatempo?
I Video game sono sempre
più diffusi, in particolare
tra i ragazzi. Per qualcuno
sono diventati una vera e
propria dipendenza tanto
che spesso trascurano le
amicizie e le uscite con gli
amici e corrono subito nei
negozi a comprare un modello o un gioco appena
uscito. Per chi ne fa un uso prolungato, essi
possono diventare pericolosi per la vista, per
la schiena e per le dita, in particolare per il
pollice, ma soprattutto per la mente. Infatti si
perde il senso della differenza tra realtà e finzione e, nel caso di giochi violenti, si diventa
meno sensibili alla sofferenza e forse un po’
violenti a propria volta.
Ma, al contrario, se si gioca con moderazione essi
sviluppano una capacità
più alta di concentrazione
e di attenzione. Se poi si
usano giochi tranquilli,
essi trasmettono anche
positività, senso di “buon
umore” e di soddisfazione nel caso sia un gioco in cui si deve aiutare
o salvare un personaggio in difficoltà. Insomma è piacevole passare del tempo a giocare
con i Videogame, ma solo quando ci si annoia
o quando non si deve uscire con gli amici.
Samuele Aroni, Marco Arriu,
Andrea Cirina
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15 febbraio 2015
LA GAZZETTA
GUSPINI
I giovani tra crisi e disoccupazione
Un percorso di studi
che rispecchia il futuro
Posto fisso, contratto indeterminato e un bello stipendio, queste sono le cose che i giovani appena conclusi gli studi vorrebbero ottenere. Purtroppo non è così, l’occupazione si trova al di sotto del 60%, e la fascia più colpita dalla disoccupazione sono proprio i giovani. Alcune ricerche e sondaggi hanno dimostrato che i titoli che rendono di più sono quelli nel
campo dell’ Ingegneria e dell’Economia, ciò dovrebbe favorire la scelta di intraprendere un percorso di studi in un Istituto
Tecnico.
Un Istituto tecnico economico, con discipline inerenti all’amministrazione e all’economia, offre una specializzazione finale
in vari ambiti: economico-amministrativo, informatico, finanze
e marketing; il fatto che questi campi rendano di più è dato
dalle competenze che questi offrono: la conoscenza e l’utilizzo dei pacchetti software per la gestione aziendale e degli
strumenti di programmazione tradizionale e di produzione di
siti WEB, organizzare, programmare, gestire, controllare in
modo autonomo tutte le attività aziendali, occuparsi della comunicazione e del marketing aziendale utilizzando anche le
lingue straniere e strumenti tecnologici appropriati. Un diploma che da tali competenze offre vari sbocchi lavorativi in diversi settori: uffici amministrativi, commerciali, del personale
e di marketing di tutte le aziende operanti in ogni settore dell’economia, enti pubblici, imprese bancarie e assicurative ecc..
. Inoltre tali professioni permettono di effettuare due scelte: o
un lavoro da dipendente, oppure mettersi in proprio e creare
un proprio studio, un’impresa o un’azienda.
Riccardo Incani
La crisi economica che da
anni ha investito l’Europa ha
colpito, in diversa misura, tutti gli stati del vecchio continente. Uno degli stati più colpiti è quello Italiano, dove si
registrano alti livelli di disoccupazione e una pressione
fiscale che mette a dura prova anche chi ha un’impiego
fisso.
Ma è la disoccupazione il fenomeno che preoccupa di
più, in particolare quella che
colpisce i giovani lavoratori
di età compresa tra i 15 e i 34
anni. Siamo noi giovani, infatti, che più di tutti in Italia
stiamo risentendo di questa
crisi economica, e siamo tra i
più colpiti anche in Europa. Il
45o rapporto Censis ci fornisce alcuni dati che ci fanno
capire quanto sia grave e non
da sottovalutare la situazione nel paese Italiano. Sembra
infatti che il sistema non stia
funzionando al meglio, per il
semplice fatto che, se i giovani non trovano lavoro, vuol
dire che i posti di lavoro sono
occupati da lavoratori che
hanno da 40 a più di 60 anni
di età. A questo punto potremmo farci questa domanda: non sarebbe meglio anti-
Scarsa comunicazione
tra scuole e impresa
Secondo alcuni studi il nostro paese fornisce un grande sostegno per la formazione
durante gli studi in Italia e all’estero, ma la
scarsa comunicazione tra mondo dell’istruzione e le imprese non fornisce mai un lavoro sicuro, mentre all’estero troviamo opportunità di lavoro. Quindi la percentuale
di disoccupazione in Italia e aumentata notevolmente. Infatti la maggior parte dei ragazzi che partono all’estero non tornano.
Insomma si arriva alla conclusione che se
anche l’Italia incoraggia i proprio studenti
a studiare e avere una buona formazione in
quasi tutti i campi, non riusciamo a trattenerli, perché gli imprenditori dichiarano di
non trovare le professionalità di cui hanno
bisogno. Poi c’è un altro punto importante
che non possiamo sottovalutare: in Italia
mancano competenze e non ci sono giova-
ni che abbiano un buon livello di istruzione digitale. Infatti da tempo quando si analizzano i dati tra domanda e offerta occupazionale non ci sono risposte. Infatti c’è una
carente educazione informatica e tecnologica con conseguenze drammatiche.
Quindi ci poniamo una domanda, perché
non abbiamo risorse per sopperire a questo vuoto? Le responsabilità vanno cercate proprio sui banchi dove per troppo tempo l’educazione digitale è stata considerata meno importante di altre materie. Quindi
perché non creare più studenti con capacità informatiche e tecnologiche in modo da
sopperire a questa grave mancanza e a aumentare le ore di lezione di informatica per
avere poi la possibilità di trovare lavoro
per il quale hai studiato.
Alice Manca
cipare l’età pensionabile per
far sì che gli anziani lascino
spazio ai giovani nel mondo
del lavoro, in modo da risolvere, o almeno provare a risolvere, il grande problema
della disoccupazione che
oggi è arrivato a colpire gran
parte degli italiani?
Il governo centrale, evidentemente, non la pensa così,
infatti negli ultimi anni ha fatto esattamente il contrario,
aumentando la soglia dell’età
pensionabile e, in questo
modo, ha sì ridotto le spese
statali, ma ha contribuito all’aumento della disoccupazione, e soprattutto di quella giovanile.
Credo, comunque, che que-
sto problema non possa essere risolto solo da uno dei
responsabili, ma tutti (imprenditori e lavoratori compresi) dovranno mettersi in
gioco per cercare di risolverlo. Anche i giovani infatti devono capire cosa vogliono
fare nella vita, perché pare
che una parte di loro non abbia voglia nè di studiare nè di
lavorare. È un problema grave, perché è infatti vero che il
periodo che si sta attraversando rende i giovani insicuri per quanto riguarda il loro
futuro, ma è anche vero che,
nonostante questa situazione di crisi, bisogna provare a
costruire il proprio futuro, e
se non si prova nemmeno a
fare questo ci si può lamentare poco rispetto all’essere disoccupati e al non sapere che
cosa fare del proprio futuro.
Al giorno d’oggi , poi, è possibile trovare nuovi sbocchi
lavorativi sopratutto grazie all’avvento dell’era digitale, e
quindi della diffusione del
mondo web. Le aziende che
operano in quel campo, infatti, sono sempre più diffuse e,
talvolta, hanno anche un ingente profitto.
In conclusione posso dire che
penso che l’opinione pubblica si ritroverà a discutere della tematica della disoccupazione giovanile ancora per diversi anni, finché lo Stato non si
ritroverà in una situazione più
o meno stabile, dove i livelli
di disoccupazione saranno
più bassi, e il tenore di vita
dei cittadini più alto; ma per
arrivare a rendere concreto
questo dovremo impegnarci
tutti, ed essere quel popolo
unito che fino ad ora non si è
ancora visto, pensando anche
ai problemi degli altri e senza
aspettare che gli altri risolvano il problema al posto nostro.
Simone Cabriolu
Il lavoro è un diritto?
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il
diritto al lavoro e promuove le condizioni
che rendano effettivo questo diritto. Questo è ciò che recita la Costituzione Italiana
nell’art. 4 comma I. Teoricamente questo dovrebbe far pensare che ogni cittadino italiano abbia un lavoro garantito. Ma è così?
Ognuno ha diritto al lavoro, ma questo non
vuol dire che, chi lo cerca, non debba fare
nulla per trovarlo. Si deve impegnare nella
ricerca, e dev’essere disposto a lavorare
anche lontano da casa. Questo discorso si
potrebbe fare se ci fossero possibilità di lavoro concrete, ma ormai in Italia non se ne
vedono più da tempo.
La maggior parte dei ragazzi abbandona gli
studi perché non crede più nell’importanza
di una buona istruzione, per poter poi aspirare a un lavoro, che gli possa permettere di
mantenere una futura famiglia, o semplicemente di lasciare la casa dei genitori per potersene
stare per conto proprio.
La domanda di lavoro è sempre più bassa, mentre l’offerta continua ad aumentare smisuratamente, e questa è una delle ragioni per le quali
i ragazzi, dopo essersi diplomati e/o laureati,
cercano di andare all’estero a trovare un lavoro. Un’altra ragione che li porta a cambiare Paese sono i salari, che, per il tenore di vita di un
italiano medio, sono molto bassi, soprattutto
se si tiene conto del continuo aumento dei prezzi, non solo dei beni secondari, ma anche di
quelli di prima necessità.
Si dice che i ragazzi siano il futuro del nostro
Paese, ma, se si continua a costringerli a fuggire per la mancanza di posti di lavoro, chi sarà il
futuro dell’Italia?
Mara Casu
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DEL BUONARROTI
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SERRAMANNA
Scegliere la scuola giusta
Gennaio: tempo di scelte importanti. In terza media scegliere la scuola giusta è
difficile anche perché si viene bombardati dalle offerte formative di tante scuole
che, talvolta, appaiono simili. Una delle proposte è data dall’ istituto tecnico industriale Buonarroti con sede a Guspini e a Serramanna che permette, subito dopo il
diploma, di entrare nel mondo del lavoro con competenze in un settore lavorativo
in costante crescita. Il diploma conseguito offre possibilità di lavoro sia come
dipendente sia come autonomo e tra queste anche la possibilità di poter fare il
programmatore trasformando una passione in lavoro. Durante questo percorso
scolastico impari a realizzare programmi e giochi in c++ e java per il computer, a
smontare e ad assemblare i computer con conoscenze e competenze adeguate, a
far funzionare un computer e anche creare pagine internet. Questa è una piccola
parte delle competenze che acquisisci frequentando l’istituto tecnico industriale
Buonarroti a indirizzo informatico anche perché nell’ orario scolastico sono numerose le ore di laboratorio durante le quali si applicano le conoscenze teoriche
acquisite a cui si aggiunge, per i migliori, la possibilità dello stage in azienda.
Martino Tiddia
Le scelte che impattono con il futuro
Rapporto scuola - lavoro
Il rapporto scuola-lavoro è determinante per la formazione di
un alunno e per la trasformazione delle conoscenze in competenze. Noi alunni siamo abituati a sentire le persone che hanno già conseguito il diploma affermare che non hanno mai
trovato un lavoro e queste affermazioni tendono a demoralizzarci. Il diploma è un titolo di studio che, se conseguito con
un voto degno e spendibile sul mercato, ti permette di affermarti in campo lavorativo. Infatti chi ha conseguito il diploma
con voti alti e ha costruito competenze di livello si presenta
con le giuste credenziali nella realtà lavorativa severa, selettiva
e fortemente meritocratica. Ma le reali competenze nascono
anche dalla pratica di ciò che è stato studiato ed è per questo
che sono imprescindibili sia l’ alternanza scuola-lavoro sia le
ore di laboratorio. Anche l’Istituto tecnico industriale
Buonarroti con le sue due sedi di Guspini e Serramanna offre
agli studenti meritevoli, con particolare attenzione ai voti conseguiti nelle materie di indirizzo, la possibilità di vivere attraverso lo stage un’esperienza diretta nella realtà lavorativa e
indirizza gli studenti alle professioni di web designer, programmatore, tecnico di rete e altri lavori di cui il mercato attuale continua ad avere bisogno.
Nicola Barbato, Enrico Sculco, Luca Manca
Il problema dell’occupazione
In Italia e nel mondo intero la disoccupazione è diventata
un’emergenza. In Europa ci sono venti milioni di disoccupati, e
in particolare l’Italia è lo stato tra quelli del G7 con il maggiore
tasso di disoccupazione e questo deve far riflettere. Il problema
del lavoro in Italia è concentrato soprattutto al sud dove il livello di disoccupazione raggiunge quasi il 50%. Al sud il già precario sistema produttivo si è aggravato portando alla chiusura
di alcune fabbriche o alla riduzione della produzione. Da questi
vari fattori risulta che oggi c’è meno lavoro per tutti. Il problema
è maggiormente diffuso in Sardegna e in particolare nel Medio
Campidano, dove la disoccupazione raggiunge livelli record.
Infatti introducendo varie tecnologie e manodopera
extracomunitaria è cambiato il modo di produrre. I vari tentativi
di frenare questa emergenza, come lavoro part-time oppure eliminare gli straordinari sono inutili. Il futuro del lavoro, dicono
gli esperti, si giocherà quindi attorno alle tecnologie informatiche, alle ricerche scientifiche, e alla cultura. Infine riguardo alla
disoccupazione dei giovani vengono dati diversi consigli, come
quello d’imparare più lingue, di non cercare un posto fisso e
sotto casa, ma di continuare a studiare, anche andando all’estero. Un altro problema del lavoro è “il lavoro nero”, che in Italia
è molto presente in maniera particolare al sud e, secondo alcuni,
all’elevato numero di disoccupati andrebbe sottratto l’altro grande numero di lavoratori in nero.
Michela Matta
Il percorso scolastico intrapreso da
ogni studente è caratterizzato da scelte che andranno ad impattare con il
suo futuro. A conclusione della scuola secondaria di primo grado ci si trova a dover scegliere l’ istituto superiore da frequentare che,ovviamente, dovrà soddisfare i nostri interessi,le nostre passioni ma che, in primo luogo,
dovrà darci una preparazione adeguata per il percorso professionale che
ognuno di noi dovrà sceliere. La provincia del Medio Campidano offre ai ragazzi la possibilità di
iscriversi all’ Istituto Tecnico Industriale Michelangelo
Buonarroti (indirizzo telecomunicazioni-informatica) che ha
due sedi: Guspini e Serramanna. L’ istituto tecnico industriale,
che ha come materie caratterizzanti di indirizzo informatica,
sistemi e reti , tecn.progettazione, fornisce anche basi nell ambito elettronico. I
programmi dei cinque anni di indirizzo
forniscono agli studenti una panoramica completa sulla composizione, sull’utilizzo e sui metodi di comunicazione del
computer. La scuola è fornita di adeguati laboratori di informatica per lo studio
dei linguaggi di programazzione tra cui
c++,java e html. Alla domanda sul perchè
si debba scegliere questo percorso di studio rispondo che l’ informaticea oggi sta alla base di tutto e
viene considerata la strada verso il futuro. È risaputo che oggi
la crisi europea offre minime possibilità di lavoro ai neodiplomati, ma è anche vero che il settore informatico è uno
dei pochi ancora in creascita nel mondo.
Luigi Ortu
Diario di bordo di uno Stage
Stage a Pavia
Suola- Lavoro. Un rapporto che dovrebbe essere il cardine di
un istituto tecnico: la teoria che incontra la pratica. La società
che ci ha ospitato, Energeya, nata nel 2008, si occupa di produrre del sofware destinato a grandi multinazionali che operano nel settore delle energie rinnovabili, gas, combustibili e
CO2. Il software di punta della casa è Xdm, una suite dedicata
al trading che è il risultato della collaborazione dei tecnici di 4
uffici situati a Cagliari, Monza, Londra e Groningen. Durante
la nostra esperienza nell’ufficio in via Cimarosa, a Cagliari,
abbiamo lavorato sulla Suite XDM con il compito di identificare dei bug all’interno della stessa, per poi catalogarli in modo
che i tecnici programmatori progettassero una correzione. Il
rapporto tra tecnici e studenti è stato buono, anche grazie al
lavoro svolto da Nicola C., Development Product Lead presso
la sede di Cagliari, che ci ha fornito degli utili consigli per
eseguire al meglio i nostri compiti.
Alessio Orrù
La Camera di Commercio di Cagliari ha proposto ad alcune scuole, tra cui l’ I.T.I.S. M. Buonarroti di Guspini, un progetto di
alternanza scuola-lavoro che ha permesso a me e ad altri due
ragazzi, accompagnati dal Professor Stefano C., di affrontare
uno stage a Pavia . L’esperienza prevedeva 80 ore di collaborazione con la Sata Consulting Srl. Abbiamo lavorato a stretto
contatto col Managing Director Andrea T. e l’Ingegnere Giuseppe M. (esperto informatico ed R&S) i quali ci hanno incaricato di tradurre una libreria dell’add-on MEPOne di SAP
Business One, che l’azienda produce e vende, affiancandoci
durante il nostro percorso come staggisti. Questa esperienza è
stata davvero positiva, grazie alla cordialità e disponibilità dei
tutor che ci hanno aiutato a superare tutti gli ostacoli dovuti
all’utilizzo di strumenti software che non si studiano nelle scuole,
ed istruttiva perchè mi ha permesso di acquisire maggiore esperienza nel campo lavorativo informatico.
Riccardo Boassa
I giovani e il mondo del lavoro
Mentre nel resto del globo i giovani entrano nel mondo lavoro
molto presto, i coetanei italiani iniziano le loro esperienze lavorative in età avanzata e con poche conoscenze pratiche, a causa dell’assenza di un contatto tra il lavoro e lo studio. Questi
tempi eccessivamente lunghi alimentano gravi fenomeni di disoccupazione, soprattutto intellettuale. Infatti la maggior parte
dei lavoratori diplomati o laureati sono costretti a svolgere una
professione incoerente al proprio o ai propri titoli di studio. La
ricerca del lavoro poi in molti casi avviene tramite conoscenze,
in modi informali e spesso illegali. Mancano inoltre, rispetto a
tutti gli altri Paesi, profili tecnici e professionali intermedi più
alti. A questo proposito dovrebbe essere favorita l’istruzione
tecnica, che non solo è una grande opportunità per ragazzi e
aziende, ma costituisce un’occasione di forte crescita. Queste
scuole inoltre dovrebbero essere collocate in posti strategici,
vicino ad aziende, in modo da poter consentire l’apprendistato
e altri corsi di formazione come stage direttamente sul luogo di
lavoro. In questo modo si ridurrà l’astrattezza dell’impostazione
scolastica, basata solamente sull’insegnamento teorico, aumenterà l’occupazione giovanile e ci sarà un inserimento immediato
nel mercato lavorativo che necessita di nuova manodopera.
Alex Bardinu
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15 febbraio 2015
MONTEVECCHIO
Un patrimonio minerari
L
a miniera di Montecchio è ormai abbandonata a sé stessa, alla mercé del tempo, di ladri e
di vandali. Chiunque può entrare, nonostante ci siano i cartelli di divieto, non c’è alcun
addetto alla sorveglianza. Non c’è cantiere che non sia stato saccheggiato per rubare i
cavi di rame e qualsiasi altro materiale “spendibile” al mercato nero.
Uno dei cantieri più colpiti è il Pozzo Sartori, il cui castello, alto 32 metri, è visibile dalla
strada provinciale che da Guspini porta a Montevecchio, ed è posto tra le miniere di S.
Antonio e Piccalinna. Venne scavato per 281 metri già nel 1938 ed entrò in funzione nel
giugno del 1941 col nome di Pozzo Impero. Caduto il fascismo, venne rinominato Pozzo
Sartori in onore di uno dei più esperti dirigenti della Montevecchio, Francesco Sartori, morto
il 13 agosto 1941. La canna del pozzo raggiunse una profondità di 510 m suddivisi in 19 livelli
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15 febbraio 2015
POZZO SARTORI
io in stato di abbandono
che successivamente diventarono 21 con l’approfondimento dei lavori nel cantiere Mezzena.
Dopo la chiusura della miniera, nel 1991, il castello del pozzo sarebbe dovuto diventare il
simbolo della “rinascita turistica” di Montevecchio, invece è diventato l’emblema di un fallimento annunciato. E dove i ladri e i vandali la fanno da padroni. La sala manovra dell’argano
(le foto lo dimostrano) è stata forzata e sventrata per rubare ogni centimetro dei cavi di rame,
che erano nei quadri di comando. I ladri hanno potuto agire indisturbati, hanno saccheggiato
anche i tombini, portando via ogni tipo di materiale, lasciando sul pavimento spezzoni di ferro
arrugginiti e cumuli di vetro. Di chi la colpa di questo scempio? Di sicuro non solamente dei
ladri. (r. m. c.)
Servizio fotografico di Rinaldo Ruggeri
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Cultura
15 febbraio 2015
SAN GAVINO. UN PROGETTO PER L’USO RESPONSABILE DEL DENARO
Quattrocento studenti suddivisi in due turni hanno affollato i posti del teatro comunale di San Gavino. tutti in silenzio per assistere a “Gap rovinarsi è un gioco” che ha messo
in scena la dipendenza da gioco d’azzardo con lo spettacolo del Teatro del Segno scritto, diretto e interpretato da
Stefano Ledda. La pièce, che si ispira a un fatto di cronaca,
e a testimonianze e interviste, relazioni scientifiche e statistiche ufficiali, ha ricostruito la storia emblematica di un
uomo tradito dalla passione per il videopoker.
LO SPETTACOLO Il racconto di una vita rovinata dal demone del gioco, quel sottile brivido del rischio che si accompagna ad ogni lancio di dadi, ogni giro della roulette,
ogni mano di carte, ogni acquisto di gratta e vinci, ogni
estrazione dell’Enalotto s’intreccia ai numeri preoccupanti
di un fenomeno in continua crescita, specie tra i più giovani. Il protagonista ripercorre, quasi con stupore, e sconforto, la sua privata tragedia, dalla prima volta in cui si era
lasciato attrarre da quel semplice passatempo, fino al momento in cui quell’ossessione, il vizio nascosto di tentar la
fortuna con l’illusione di “rifarsi” delle perdite, ha cominciato a distruggere la sua esistenza.
Questo spettacolo (nelle foto di Renato Sechi) è il fulcro
del progetto per la Sensibilizzazione sull’Uso Responsabile del Denaro promosso dalla Camera di Commercio di Cagliari/Sportello Legalità e Anti Usura e dalla Caritas
Diocesana di Cagliari e intitolato appunto “Rovinarsi è un
gioco”.
Studenti a teatro
per lo spettacolo
“Gap/rovinarsi
è un gioco”
STUDENTI PROTAGONISTI L’iniziativa ha coinvolto così
gli studenti di diverse scuole del Medio Campidano (in particolare gli istituti tecnici di Guspini e Sanluri, il liceo scientifico, il liceo delle scienze umane e linguistico di San Gavino)
e a fine spettacolo è stata accompagnata da un dibattito
con interventi di psicologi, medici ed esperti del SerD della
Asl Sanluri (gli operatori dell’ambulatorio “gioco d’azzardo patologico”), sindaco Carlo Tomasi e Nicola Ennas, assessore alla cultura del Comune di San Gavino e della Camera di Commercio di Cagliari.
GIOCO D’AZZARDO Lo spettacolo ha puntato sulla forza
espressiva del linguaggio teatrale e di una vicenda reale
che accade sul palco per sollecitare una riflessione sull’utilizzo del denaro, fornendo ai ragazzi gli strumenti per
comprenderne il valore, insieme all’importanza di una attenta gestione, a fronte delle lusinghe e delle fallaci promesse del gioco d’azzardo. In tempi di crisi la tentazione di
una facile ricchezza si fa più forte e pericolosa, ed è utile
saper analizzare e conoscere le proprie capacità di spesa,
come avere la consapevolezza che il gioco d’azzardo rappresenta un tipo di “investimento ad alto rischio”, con
potenziali, gravi effetti collaterali, primo fra i quali quello
d’imbattersi nell’usura.
Die de sa Sardigna e Salvatore Cadeddu, congiura de Palabanda
De totu is elementus chi permitint a una comunidadi de
s’arreconnosci pòpulu, stòria e lìngua funt is prus fortis e
ddus agataus ambaduus in is progetus de “sa Die in su
Teatru” e “sa furriada de Palabanda”. Mancai sa Die siat
festa natzionali de su pòpulu sardu po lei, ancora pagus
sardus scint ita est: is casteddajus su 28/04/1794 arròscius
de su malu guvernu de is Savoja nci ddus iant bogaus.
Sa congiura invècias est unu de is prus pagu acontèssius
connotus de sa giai pagu connota stòria nosta: una furriada
malassortada contras a sa prepotèntzia de is piemontesus.
S’annu 1812 de sa congiura, fut stau malu meda po carestia
e maladias e at marcau a fogu sa memòria de is sardus: in dii
de oi, apustis de 200 annus est portau a dìciu “s’annu doxi,
s’annu de su fàmini”. Is fatus contaus de Piero Marcialis si
faint impriutziri (youtube), is congiuraus ant donau sa vida
po nci furriai unu poderi reatzionàriu pagu interessau a sa
sorti de is sardus chi s’annu fiant morrendi de fàmini, po
un’idea, sciendi ca chi no nci fessint arrennèscius iant a ai
pèrdiu totu: sienda e vida. Sceti in su 1799, su gurrei si fut
dinniau a ponni pei in s’ìsula e ddu iat dèpiu fai po mori de
Napoleoni. Vitòriu Emanueli Iu cun su fradi, visurrei Carlo
Felice (Feroce de nomìngiu) po sustenni sa corti mancai
fessint annus de caristia iat crèsciu is pagamentas. Sa furriada
fut faddida po nexi de unu bugoni. A is congiuraus ddus
iant cundennaus a presoni e morti, calincunu si fut fuiu.
Cadeddu impicau, degolliau e abruxau.
Duncas is sardus no ant sèmpiri baliau is prepotèntzias
allenas chen’e si furriai. Custus fatus s’arregordant povintzas
ca s’ìsula mancu in su tempus passau est abarrada arrimada
a una banda de sa stòria manna europea ca candu su bentu
de sa furriada frantzesa fut lòmpiu in Sardìnnia iat ocasionau
is fatus de sa Die e is tres annus rivolutzionàrius chi po
partetzipatzioni populari no tenit cunfrontu in nisciuna àtera
parti de s’Itàlia avedali... Agataus in scola calincunu acinnu
a custus fatus?
Creeus chi custus progetus siant de importu mannu po fai a
cumprendi totus custas chistionis. Sa scola est su logu innoi
agataus su chi sa sotziedadi cunsiderat de importu, su fatu
chi inguni aintru no agataus sa lìngua e sa stòria nosta, bolit
nai ca sa sotziedadi no cunsiderat is “cosas nostas” de
importu, est a nai ca is sardus in sa scola de domu insoru
contant pagu cosa: at’a essi ca su programa de scola ddu
lassaus detzidi a is àterus? Una classi polìtiga cumenti si
spetat depit fai balli is arrexonis de is sardus. Speraus chi
custa isperièntzia potzat fai intzeurrai in sa cuscièntzia nosta
un’àtera idea de scola.
Tra tutti gli elementi che permettono ad una comunità di riconoscersi popolo, la storia e la lingua sono sicuramente i più importanti e li troviamo entrambi nei progetti di sa Die de sa Sardìnnia”
e “sa congiura de Palabanda”. Nonostante Sa Die sia festa del
popolo sardo per legge, ancora pochi sardi sanno cos’è: i cagliaritani nel 28/04/1794, stanchi del malgoverno dei Savoja li
cacciarono. La “congiura” invece è uno dei fatti storici meno
conosciuti, della già poco conosciuta nostra storia: una rivoluzione sfortunata contro la prepotenza dei piemontesi. I rivoluzionari erano probabilmente intenzionati a ripetere i fatti ricordati da Sa Die. Il 1812, anno della congiura, fu terribile per carestia e malattie e ha marcato a fuoco la memoria dei sardi: dopo
200 anni è proverbiale “s’annu doxi, s’annu de su fàmini”.
I fatti raccontati da Piero Marcialis ci fanno rabbrividire
(youtube), i congiurati hanno dato la vita per rovesciare un
potere reazionario poco interessato al bene dei sardi che in
quell’anno morivano di fame, per un’ideale, ben sapendo che
qualora non fossero riusciti avrebbero perso tutto: vita e patrimonio . Ricordiamo che solo nel 1799 il re si degnò di mettere piede nell’isola e lo fece a causa di Napoleone. Vittorio
Emanuele I° con il fratello, vicerè Carlo Felice (detto “Feroce”)
per sostenere la corte, nonostante gli anni di carestia aumentò le tasse. La rivolta fallì perché qualcuno tradì. I congiurati
furono condannati alla galera e morte, qualcuno riuscì a fuggire. Cadeddu fu impiccato, decapitato e bruciato. Dunque i
sardi non hanno sempre sopportato le prepotenza altrui senza
ribellarsi. Questi fatti ci ricordano perfino che l’isola nemmeno in passato è rimasta ai margini della grande storia europea.
Quando il vento della rivoluzione francese giunse in Sardegna provocò i fatti de Sa Die e dei tre anni rivoluzionari che
per partecipazione popolare non hanno confronto con nessuna altra parte dell’Italia contemporanea… Troviamo a scuola
un qualche accenno a questi fatti?
Crediamo che questi progetti siano di grande importanza per
fare capire queste questioni. La scuola è il luogo dove troviamo ciò che la società considera importante, il fatto di non
trovarvi la nostra lingua e la nostra storia, significa che la
società non considera importanti le “nostre specificità”, significa che i sardi nella scuola di casa loro contano poco: sarà
perché permettiamo che siano altri a decidere i nostri programmi scolastici? Una classe politica degna di questo nome
deve far valere le ragioni dei sardi. Speriamo che questa esperienza possa far “germogliare” nelle coscienze un’altra idea di
scuola.
Giampaolo Pisu
Delegau a sa lìngua sarda Comunu de Sàrdara
TRAPPOLA PERICOLOSA Un confronto aperto su un tema
delicato e complesso, ovvero quella relativa (e invisibile) fragilità, un’inclinazione nascosta (presente nel due per cento
della popolazione) che si svela solo alla fine, quando ormai è
troppo tardi e la spirale della dipendenza è già iniziata. E l’innocente passatempo di una mezz’ora di attesa al bar, o una
serata davanti al computer, si è già trasformato in una trappola pericolosa, da cui è estremamente difficile uscire.
La diffusione del gioco d’azzardo patologico (GAP) colpisce
trasversalmente le diverse fasce d’età (non esclusi i pensionati), e ormai sempre più precocemente in virtù dell’incremento dei giochi “tecnologici” (oltre al più tradizionale videopoker
e alle slot machine, frequenti nei bar ma pure nei centri commerciali, conquistano sempre nuovi utenti i tornei di poker
online – e le altre opportunità di giocare in rete).
IL SINDACO Insomma una malattia che porta alla rovina di
diverse famiglie. Ne è ben consapevole il sindaco Carlo Tomasi
che ha lanciato un appello davanti agli studenti delle scuole
superiori: «Nei bar e nei locali pubblici - spiega il primo cittadino - le macchinette sono spesso messe in bella evidenza,
ecco perché chiederò ai titolari di questi esserci commerciali
che vengano nascoste il più possibile».
Gian Luigi Pittau
VILLANOVAFORRU. MOSTRA D’ARTE
Quattro passi avanti e due indietro
Fino al prossimo 8 marzo la sala Mostre Temporanee del museo
archeologico di Villanovaforru ospiterà la mostra d’arte “Quattro
passi avanti e due indietro” di Alice Cadeddu. L’artista e
communication designer, residente a Lunamatrona, ha già esposto le sue opere in città italiane ed estere, tra cui Weimar, Londra
e Belgrado, dopo aver conseguito il diploma di laurea in Arti
visive nell’accademia fiorentina di Belle Arti ed essersi specializzata in comunicazione e fotografia ad Isia, Florence e Bauhaus.
Antonella Motzo, curatrice della mostra inaugurata lo scorso 7
febbraio, fa sapere che oggi le creazioni di Alice Cadeddu si concentrano soprattutto sulla proiezione di un futuro che rivaluti la
qualità della vita e sulla concentrazione del disorientamento del
presente. E aggiunge: «In occasione della mostra, l’artista presenta una serie di opere a olio e acrilico che raccontano la storia
della pittura da cavalletto ancora fortemente presente nel territorio della Marmilla, con una lieve fusione con l’occhio fotografico.
Racconta di danze e maschere antropologiche che ancora oggi
caratterizzano la nostra meravigliosa isola».
Marisa Putzolu
PABILLONIS
Personale di Antonio Russo
Dal 21 febbraio al 21 marzo prossimo, l’ex municipio di Pabillonis
ospiterà la personale d’arte contemporanea di pittura e scultura
“Al di là dell’apparenza” di Antonio Russo. L’artista, operativo a
Villanovaforru, sarà presentato nei locali del centro di aggregazione sociale di Pabillonis da Franco Curci, poeta libero pensatore
e curatore della mostra, in presenza del vicesindaco Riccardo
Sanna, l’assessore alla cultura Osvaldo Porcu, il vicesindaco e
assessore alla cultura di Villanovaforru Ilenia Cilloco e la dottoressa Maria Sanna di Cagliari. «Ho scelto questo titolo - spiega
Russo - perché al di là dell’artista, c’è l’uomo, con i suoi sentimenti, le sue emozioni e i suoi stati d’animo, che lo stesso trasmette attraverso le sue opere». Per il pittore e scultore, da quarant’anni residente nel cuore della Marmilla, il 2014 è stato ricco
di impegni, soddisfazioni e gratificazioni tra personali e collettive
d’arte. E, ringraziando tutti i visitatori e coloro che hanno collaborato, assicura che anche quest’anno si prospettano numerosi
programmi, tra cui “Premio Franca Rame”, la collettiva d’arte a
Roma, nella quale Dario Fo e altri illustri personaggi della letteratura e del cinema saranno presenti, nonché spettatori di opere
create nel territorio del Medio Campidano. (m. p.)
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Cultura
15 febbraio 2015
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Sul bombardamento a Gonnos del 17 febbraio 1943
I
n questi ultimi decenni si sono andati precisando i quattro
filoni fondamentali delle ricerche sul bombardamento a
Gonnosfanadiga del 17 febbraio del 1943. Per semplificare, si
possono suddividere in quattro parti:
1. Il punto di vista dei diretti interessati che subirono la strage;
2. La ricerca storica,
3. Gli interventi istituzionali;
4. E, infine, le ricerche e le considerazioni di un illustre
villacidrese su quel colossale disastro.
Naturalmente, questi punti nella realtà dei fatti si intrecciano
continuamente e, non sempre, è possibile distinguerli e separarli. La suddivisione proposta ha il solo scopo di presentare
quei fatti intricati come una sorta di “escamotage” per portare
un po’ più di chiarezza.
Per il primo punto, si può considerare monsignore Severino
Tomasi, che nel 1943 era parroco a Gonnosfanadiga, suo paese natale, come l’antesignano e il rappresentante di tutti coloro che in paese vissero lo strazio e la disperazione del sangue
versato delle vittime; il pianto, quindi, e la rabbia dei sopravvissuti al bombardamento. Severino Tomasi riportò in seguito, in un suo diario, gli avvenimenti di quel tragico pomeriggio. Sono parole che tutti conosciamo da tempo e che hanno
messo le basi per considerare quella funesta giornata come il
più forte motivo di identificazione che è andato maturando
negli anni in tutti i cittadini di Gonnos.
Per la ricerca storica, credo che il contributo più importante
sia la tesi di laurea di Massimiliano Ortu, che ha analizzato la
dislocazione delle Forze Alleate angloamericane nel Mediterraneo di fronte a quelle dell’Asse. In quel contesto, ha illustrato il ruolo che, suo malgrado, ha vissuto Gonnosfanadiga
con l’eccidio del 17 febbraio. Non ha trascurato le dicerie che
erano sorte, a causa delle chiacchiere e delle imprecisioni che
circolarono dopo il 17 febbraio, e volte alla ricerca di un “Capro espiatorio”, dicerie che si diffusero subito in quel frangente e nei tempi che seguirono, individuando in persona ben
precisa un gonnese “colpevole” di non si capisce bene quale
vendetta nei confronti dei suoi stessi paesani.
Per gli interventi istituzionali, si consolidano ogni anno maggiormente i come e i perché questi atti infami che colpiscono le
popolazioni civili non siano molto dissimili da quelli che si
celebrano con le giornate della memoria, perpetrati contro gli
ebrei e altri perseguitati dal regime fascista e nazista. O, come
accade anche oggi sotto i nostri occhi, da ideologie aberranti
e pazzamente inumane del genere di quelle dello stato islamico
o ISIS.
Il particolare punto di vista dei Villacidresi è legato all’impe-
VILLAMAR
gno e alla passione per la storia del compianto Ignazio Fanni.
Apparteneva a quella solida “borghesia illuminata” di Villacidro
che, per tanti versi, assieme ai Fadda, ai Murgia, ai Cadoni,
ecc., ha creato e fatto, in parte, nel bene e in momenti meno
fortunati, la lunga storia di Villacidro. È morto quattro anni fa,
mentre ancora reggeva, da sindaco, le sorti del suo Paese. Nel
lontano 1959 aveva fatto parte del primo nucleo di studenti
“fondatori” del Liceo Piga. Si era iscritto alla facoltà di Farmacia e vi si era laureato, seguendo la tradizione ormai consolidata nella famiglia fin dal 1928, ed ereditandone la storica attività
dai suoi, ora in via Roma. Era particolarmente orgoglioso del
piccolo museo adiacente alla sua farmacia. Aveva condotto
diverse ricerche sul 17 febbraio del 1943. Questo “tema”, la
passione che aveva per la storia di quei tragici momenti , sembravano coinvolgerlo più del suo stesso museo, per il quale
aveva speso e spendeva una fortuna. Ha raccontato di essere
riuscito a mettersi in corrispondenza, con email o altra
messaggistica, e a farsi ospitare in Canada o in Inghilterra,e in
un secono tempo ad ospitare, a sua volta, alcuni dei protagonisti che “diressero” su Gonnos i bombardieri della strage. Ha
riportato tutte le sue conoscenze e ricerche sul bombardamento in un interessante e originale sito Internet che probabilmente molti gonnesi non conoscono: www.villacidro.net.
Augusto Tomasi
SUCCEDEVA CENTO ANNI FA
Carloforte: l’indennità
al sindaco è illegittima
Bambini a teatro con il Gufo Rosmarino di Biffi
Lo scorso 31 gennaio i bambini della scuola elementare di
Villamar hanno trascorso una piacevole mattinata in compagnia del Gufo Rosmarino al Museo Sa Corona Arrubia.
L’associazione Liberos in collaborazione con il Consorzio Turistico G.Pusceddu ha organizzato la presentazione
del libro per bambini Rosmarino nel Bosco delle Ciliegie Gnam Gnam scritto dall’attore e regista teatrale
Giancarlo Biffi. L’autore ha raccontato ai piccoli spettatori la storia di Rosmarino e dei suoi amici, interpretandola
come un vero e proprio spettacolo teatrale, scatenando
le risate e la curiosità dei presenti. Il gruppo di animaletti
deve raggiungere, attraverso diverse peripezie, il Bosco
delle Ciliegie Gnam Gnam cercando di sfuggire ai pericoli
che questo viaggio comporta. Le avventure del gufetto
hanno divertito i bambini e hanno consegnato loro un
importante messaggio sull’amicizia e sull’integrazione del
diverso: una visione di speranza in un mondo funestato
dal razzismo, dall’omofobia e dalla xenofobia. Il Gufo Rosmarino è protagonista di altri sei libri pubblicati dalla
casa editrice Segnavia: Gufo Rosmarino, Rosmarino a
caccia grossa, Rosmarino ma tu mi vuoi?, Rosmarino e
Corteccia il Pipistrello, Rosmarino e il frigorifero che
parla, Rosmarino e il circo dei pinguini. Tutti i volumi
sono illustrati da Valeria Valenza, autrice di origini sarde.
Giancarlo Biffi sa bene come intrattenere i bambini e renderli partecipi concedendo loro uno spazio per fare domande e esprimere le proprie curiosità sul libro e sull’autore stesso. Lo spettacolo è stato replicato due volte per
due diversi gruppi di bambini divisi per classi.
Le avventure del Gufo Rosmarino sono state un buon mezzo
per avvicinare la scuola al Museo e alla cultura in generale:
spesso sembra infatti che apprendimento scolastico e eventi culturali siano delle realtà separate l’una dall’altra, mentre
invece sarebbe bene stimolare gli studenti di tutte le età ad
approfondire ciò che viene spiegato in aula e ad applicarlo a
tutto ciò che ci circonda. L’istruzione e la cultura non sono
infatti un mero insieme di nozioni da imparare a memoria:
insegnano, semmai, a stare al mondo, a leggere e decodificare
la realtà.
Grazie alla presentazione di questo libro per bambini, la sala
congressi del Museo era completamente occupata, fatto piuttosto insolito per gli eventi culturali che Liberos ha organizzato a partire dal marzo dello scorso anno. Il risultato, dunque, è certamente positivo anche se risulta piuttosto deludente il fatto che di tutte le scuole elementari del circondario
solo quella di Villamar abbia aderito, né in occasione delle
altre presentazioni si sia pensato di coinvolgere, per esempio, le classi delle scuole superiori.
La collaborazione tra Liberos e Sa Corona Arrubia ha un
grandissimo potenziale che, evidentemente, sta trovando
difficoltà nell’esprimersi, soprattutto in termini di risposta
da parte del pubblico. Probabilmente la radice del problema
sta nel fatto che, in generale, siamo poco abituati a frequentare questo tipo di eventi che invece rappresentano una ricchezza inestimabile nell’ambito del nostro territorio. E per
dirla con Philippe Daverio: «Sono ancora convinto che la
cultura salverà il mondo».
Francesca Garau
Il 7 dicembre 1914 alle ore 19, il Consiglio comunale di Carloforte, riunito
in seduta straordinaria, assunse, all’unanimità dei consiglieri presenti, la
delibera n. 128 “Assegno al sindaco per indennità di spese alla carica”.
Presiedeva la seduta il sindaco Silvio Panzalis. Alla stessa partecipavano
i consiglieri Michele Biggio, Antioco Pomata, Angelo Tiragallo, Antonio
Scotto, Vincenzo Palomba, Antonio Rombi, Antonio Pani, Cesare Napoli,
Antonio Vassallo, Battista Maurandi, Angelo Biggio, Angelo Lipari, Antonio Pani, Bartolomeo Biggio e il segretario comunale E. Cadeddu, quale
verbalizzante. L’argomento dibattuto consisteva nell’assegnare al sindaco per indennità e spese inerenti alla carica un assegno annuo di lire
1.500 da elargire a rate mensili posticipate previa detrazione della imposta. La richiesta di corrispondere l’indennità di carica era così motivata:
“Considerato che stante le molteplici e variate spese a cui il sindaco va
incontro a ragione della carica, le quali spese non è sempre facile giustificare volta per volta; che egli deve dedicare buona parte del giorno alle
incombenze dell’ufficio con discapito dei suoi affari privati. Che d’altro
canto tale assegno costituirà un maggior obbligo per il sindaco per dedicare al suo ufficio tutta la sua attività ritornando a beneficio degli stessi
amministrati e del comune”. Alla proposta seguì la votazione a scrutinio
segreto: 14 voti a favore ed un’astensione. Con la delibera n.128 dunque,
per la prima volta, veniva stabilito un compenso al sindaco. Mai era
successo prima d’allora in quanto per legge non spettava indennizzo
alcuno. Dedicarsi all’amministrazione della cosa pubblica era visto come
un servizio alla collettività, prestazione che doveva espletarsi senza alcun onere per le casse comunali. Il provvedimento adottato venne spedito alla sottoprefettura di Iglesias, per gli opportuni controlli, in data 22
dicembre. Il responsabile dell’ufficio, al ricevimento della stessa, stilò
per il prefetto di Cagliari una nota circostanziata e per nulla favorevole
alla delibera, nella quale veniva sottolineato il carattere del tutto gratuito
delle cariche pubbliche, compresa quella di sindaco. Il principio della
gratuità, secondo il funzionario della sottoprefettura, non veniva invece
assolutamente rispettato qualora si fosse permesso, al comune di Carloforte, di pagare mensilmente un assegno al sindaco per l’espletamento
della sua carica. Si materializzava, a parere del sottoprefetto, un vero e
proprio stipendio e quindi, egli scriveva, “non poteva essere in alcun
modo consentito”. Il funzionario contestava inoltre anche l’enormità della
somma deliberata, ben 1.500 lire e infine ricordava al prefetto di Cagliari
che le precedenti amministrazioni non avevano mai assegnato alcuna
indennità al sindaco. In sostanza il tenore della missiva inoltrata al prefetto di Cagliari in data 19 gennaio 1915 bocciava in toto la delibera n. 128
assunta all’unanimità dal Consiglio comunale di Carloforte nell’assise
straordinaria del 7 dicembre 1914.
Lorenzo Di Biase
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15 febbraio 2015
Cultura
Su sadru chi seus pedrendu
Su Trobaxeddu
Scracàlius
di Gigi Tatti
B
ivìant totus impari in dom’e s’aiaia e cun sa zia bagadìa. Allica, giài de pitichedda,
bastat a ddi ‘onai ua tiallora e u lomburedd’e lana e sa pipia de tzapus fiat fàta. Cun
cussa podìat giogài oras e oras, setzia in terra, anant’e su trobaxu chi sa zia fiat sanziendu,
sen’e pedì contus a nemus. Giogàt ma no pedrìat nudda de sa faía de sa zia. A botas lassàt
sa pipiedda dromìa in su bratzoleddu suu, e s’acotzat curiòsa a sa matràca de linna e
canna chi is femias mannas de domu sanziànt sen’e pasiu e a bell’a bellu, de cussu iaxi de
fius ndi bessìat a foras u lenzou, u xillõi, ua tialla, u sterrimesa, o sterricascia, a segundis
de su fiu, chi fessat líu, lana o cotõi.
Is tempus no fiant fazilis po nemus e totus s’arrangiànt a fai su chi podìant e scìant. Sa
domu s’allirgàt de chitzi e is femias puru, acabau de allichidì sa domu, o de trobaxu o de
busa o de fusu, tenìant de traballai. Sempiri u pagheddu mobaidongia, dda lassànt in
domu. Sa sorrixedda prus manna, giài di edadi de noi annus, dd’iant mandada a dom’e su
Notaiu, po agiudai sa srebidora manna, a fai is cumessiõis; e aici si guadangiàt su prangiu
e cuncu bistiri arrefudau de is fillas se su mèri. Sa pipia castiàt giogàt e imparàda. Iat
imparau a lestru a préi is sa spobas e si spassiàt a girài s’impiròu po ddas carriài, nd’aprontat medas, candu s’acatat ca sa zia fiat spacendiddas. Ddi fadìat crosidadi su bì cuddus
canneddus prenendusì de fiu ‘e lana o líu. Fatu custu s’incantat a su traballu de sa zia,
cumenti cracàt is pedalis, aperrìat sa trama, nci sticchìat, de sa pati a s’atra, sa spoba e tiràt
a fòti su pètini tràcàtzàcàcà… tràcàtzàcàcà… tràcàtzàcàcà… fadendu custu sõu fòti a
insudradura; e su lenzou o su tapètu, a
bell’a bellu s’allonghiàt.
S’aiaiu, omini bonu e ingenniosu, apustis
de dd’ai fatu sa pipiedd’e canna, su bratzoleddu po sa pipi’e tzapus e atrus gioghìtus, a iscusi e furendu tempus a su pasiu suu, si fut postu e dd’iat cungiminau u
trobaxu: su trobaxeddu! Prexada de no crei
po s’arregallu de s’aiaiu agradessiu foras
de contu, a or’e xenai, setzius a mesa,
dd’iat arringratziau: «Apustis babu e mama
sa cosa prus bella de su mundu funt is
aiaius e is aiaias…» «E is sa zias?» iat nau
sa sorr’e sa mama. «Issas puru.» «E is fradis e sorris?» iat aciuntu su fradi prus
mannu. «Mama- iat frichingiàu sa pipiafunt’amachiendumì sa conca.» «No prangias, sa pipia, - dd’iat losingàda sa mamano funti narendudiddu po ti fai arrennegài,
gei ddu scìnt ca tui ses bonixedda e ois
béi a totus, e totus oint béi a tui.»
Sa nòti Allica s’iat aregòtu, acant’e su ‘etu, su trobaxeddu e, imprassendu sa pipia de
tzapus si fut cabàda in sonnu. Giài de primu nòti su bisu si fut préu de srubius carriaus de
lana o líu, de spobas e de trobaxus. S’isfida cun sa zia fiat inghitzada e de su trobaxeddu
suu ndi bessìat u lenzou mannu mannu, longu longu, de su trobaxu de sa zia ndi essiat u
lenzobeddu piticherreddeddu, po bambuledda. De mãus suas ndi essiat ua meraviglia:
tiallas cuncodradas a fius de oru; de mãus de sa zia, invecias, lenzobeddus po pipieddas de
tzapu, legias, mabi fatas de no crei. “Castia ita bellu custu lenzou chi apu fatu...”
«Allica ma ita ses fadendu? Ti ndi sciumbullas o nou?» Sa zia, andada a nde dda scidài,
dd’iat agatada strantascia in su letu cun su lenzou in maus amostendidd’a s’airi. «Umhoooh!- iat cascau stirendusì aperrendu is ogus, a riscu de nc’arrui de su letu- apu fatu u bisu
bellu ma u pagheddu trumbullau.» «Gei mi ndi seu acatada - dd’iat arrespostu sa zia
basendidda - béi a coxía ca su làti po su murzu est prontu callenti callenti.»
Allica iat imparau a manixai su trobaxeddu e, assob’e totu, s’aprontat su chi ddi srebìat po
bistì sa pipiedd’e tzapus. Cun lana o líu arrefudaus, arrennescìat a fai cosa de valori e de
apretziài. Tenìat dox’annus candu parrìat chi essat arrefudau su trobaxeddu, chi tenìat
arrimau in s’aposent’e lètu, po sa busa; candu fiant totus arrogli’ arrogliu de sa ziminèra,
pigàt is busas in mãus e fadìat migias po crocai. Ma su trobaxeddu no dd’iat abendonau, a
iscusi ddoi iat traballau
e iat fàtu u sciallu biancu a froris grogus, arrubius e cabor’e arrosa,
bellu de amachiài, fiat u
mediori su ddu bì. Nde
dd’iat bogàu a pillu e arregallau a sa zia sa dì chi
si fut coiàda, po dd’arringraziài de dd’ai imparau cuss’àti.
A sex’annu fiat ua tessidora fàta, giài passada a su trobaxu mannu.
Ua dì fut arribada a
domu sua ua sennora de
zitadi po ddi cumandai
s’arrob’e coiài de sa filla: «Su ‘inai no m’amancat - iat inghitzau - e duncas no m’impotat su pretziu, su chi ollu est
chi de maus bonas tuas ndi essat su pannamentu prus bellu chi s’agatit po filla mia
stimada, candu s’at a coiài.» «Cument’at fatu a scì de mimi?» Iat pregontau spantada
Allica. «Sa srebidora de ua gomai mia est de custa bidda e apu biu ua faniga chi dd’as fatu
tui. Si dd’apu pedìa impromitendiddi u corredu nou de comporài abì obìat issa, e non mi
dd’at ofiu donài. Po cussu seu benìa inderetura a cicai a tui.» Allica iat traballau de bona
gana e in duus annus nd’iat bogàu s’arroba po sa filla de sa sennora. S’oxi de s’abilidadi
de custa piciòca, si fut illargada cument’e tiràda de su ‘entu e a domu sua aprobiàt genti de
onnia logu po cicài cussa tessidora cun mãus di oru ch’iat imparau a tessi cun d’u trobaxeddu fatu po giogu de s’aiaiu!
A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu.
Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu,
custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus lègius
chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai scaresci
calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt innoi. Sciu
puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius, ma apu
circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu pagheddu de
aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus ligi imparat
prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de prus.
Tziu Eusebiu andat dònnia dì a si comporai su giornali. Sa prima pàgina chi càstiat est sempri
cussa de is mortus. Est po cussu chi s’edicolàiu ddi domandat:
S’Edicolàiu: O tziu Eusebiu, ma poita dònnia dì, in su giornali càstiat po primu, sa pàgina de is
annùncius mortuàrius?
Tziu Eusebiu: Poita bollu biri si ant postu sa fotografia mia!
Dopo un paio di giorni.
S’edicolàiu: Ma castiai arratza de cosa! Pròpiu oi, ca c’est sa fotografia sua in sa pàgina de is
mortus, tziu Eusebiu no si comporat su giornali!
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Marieddu est cristionendi cun su babbu Alfonsu
Marieddu: Biadus is piciocheddus chi, in s’istadi, andant a scola in su Polo Nord.
Alfonsu: Po cali motivu?
Marieddu: Poita inguni, nanca ddoi funt “I banchi di ghiaccio”!
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Enzu est papendi in dd’una tratoria e tzèrriat su Camerieri.
Enzu: Ddi depu nai ca custa bisteca est prus dura de una perda de granitu grìgiu.
Su Camerieri: Tenit arraxoni. Abetit ca ddi portu luegus marteddu e puntarolla!
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Giambattista est prandendi in dd’unu Ristoranti famosu e tzèrriat su Chef.
Su chef: Comenti ddu potzu agiudai?
Giambattista: Mi dispraxit meda po sa fama de custu locali, ma aintru de sa minestrina apu
agatau una musca.
Su chef: Ecu aundi fiat finia sa musca! In coxina, fiaus totu su mangianu circhendidda!
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Balloi est in s’ambulatòriu fueddendi cun su dotori de famìlia.
Balloi: Seu beniu po ddi fueddai de pobidda mia.
Su dotori: De ita sunfrit?
Balloi: Sunfrit de unu cumplessu de inferioridadi.
Su dotori: Comenti si manifestat custu cumplessu?
Balloi: Est sempri ubidienti a dònnia cosa chi ddi cumandu, mi narat sempri de si, po dònnia
pistighìngiu chi mi benit a conca, est meda premurosa e no mi fait mancai mai nudda.
Su dotori: E deu insandus, ita c’intru? Ita ddi potzu fai?
Balloi: Fiat po dd’avisai, ca si benit a si fai curai, no ddi donit cura po dda fai sanai. Poita a mei,
custu tipu de maladia chi tenit, mi praxit meda!
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Chirigu est telefonendi a su manicòmiu. Arrespundit su diretori.
Su Diretori: Pronto? Cun chi seu fueddendi?
Chirigu: Seu Chirigu. Mi scusit si ddu strobu, ma m’iat a serbì un informatzioni, un agiudu de
fostei.
Su diretori: Nerimì comenti ddu potzu agiudai.
Chirigu: Bolia sciri, si mancat calicunu de is arricoveraus aundi de osatrus.
Su diretori: No. Ma poita ddu bolit sciri?
Chirigu: Poita ca unu òmini s’est fuiu cun sroga mia!
Su diretori: E ita ddi fait pensai a custu logu?
Chirigu: Poita scèti unu arricoverau in cussu ospidali podiàt fai una cosa aici!
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Tres amigus Pancraziu, Linu e Tori, funt organizendi una partida de golf
Linu: Insaras, s’agataus in su campu a is cincu de amerì. Deu portu is bocias.
Pancraziu: Andat beni s’oràriu. E deu portu sa matza.
Tori: Aici est? Deu inveci non andu! E si andu portu scèti su golfu, a bortas no fatzat frius!
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Arseniu at tzerriau un agrònomu.
S’agrònomu: Poita m’at fatu tzerriai? Ita problemas tenit?
Arseniu: In s’ortu tengu una mata de bananas.
S’agrònomu: E ita c’intru deu?
Arseniu: Mi depit agiudai.
S’agrònomu: Insaras, spieghimì cali est su problema.
Arseniu : Custa mata mi fait is bananas deretas, chene curvas, e totus in bidda mi pigant in giru
e si ponint a arrì candu passant acanta de s’ortu.
S’agrònomu: Insaras andaus a biri ita si podit fai.
Arrivati all’orto di Arsenio.
S’agrònomu: Apu cumprèndiu cali est su problema de custa mata.
Arseniu: Bellu. Insaras, nerimì luegus ita depu fai.
S’agrònomu: Depit fai unu sacrifìciu.
Arseniu: Seu dispostu a totu. Nerimì totu.
S’agrònomu: Ndi depit segai sa mata e su piricocu chi est acanta de sa mata de sa banana! Est
po culpa de sa mata de su piricocu chi is bananas bessint deretas!
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Cicitu comenti de dònnia merì est in pratza de Crèsia fueddendi cun s’amigus pensionaus.
Cicitu: Osatrus no nc’eis a crei, ma deu a is fèminas a letu ddas fatzu ancora sonniai.
Is pensionaus: Buuummm.
Cicitu: Certu. A pena si crocant si dromint luegus!
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Cultura
LA SARDEGNA NEL CUORE
15 febbraio 2015
21
di Sergio Portas
“Perfidia” di Bonifacio Angius
vincitore del Premio
Giuria Giovani a Locarno
A
sentire Sara Sagrati, che di mestiere è critica cinematografica, l’Italia ha trovato un altro regista. Cita al
riguardo le consonanze con il finlandese Aki Kaurismaki, uso ad ambientare i suoi film negli strati meno fortunati della società, in cui emergono personaggi e situazioni le
più stravaganti. Bonifacio Angius, sassarese poco più che
trentenne, col suo “Perfidia” ha vinto il Premio Giuria Giovani al festival di Locarno, unico film italiano che sia stato
giudicato degno di concorrere anche al più prestigioso “pardo d’oro”, attori protagonisti Stefano Deffenu, di Sassari, e
Mario Olivieri che a Sassari ha svolto una quarantennale
attività di attore di teatro, di tv e radio private; protagonista
femminile Noemi Medas, di quei Medas cagliaritani che sono
in palcoscenico dai primi del novecento, unica famiglia di
teatranti sardi che possa vantarsi di tale titolo. Ambientato a
Sassari. E non possiamo chiamarlo un film sardo?
Bonifacio dice che no, è qui a Milano al cinema Beltrade, uno
di quei vecchi cinema di oratorio con le poltroncine rosse di
velluto un po’ liso, che fa opera meritoria perché programma
lungometraggi che nulla hanno a che fare con le ultime scelte della filmografia hollywoodiana, costruita su effetti speciali e budget miliardari, un bicchiere di Cagnulari in mano, in
attesa che alle ventuno inizi la proiezione del suo film. Cappellino in testa e sigaretta scroccata ad uno che è in fila per
i biglietti, anche Bonifacio Angus di sardo mostra poco o
nulla. Venendo da un’elezione di presidente della repubblica, mi pareva di poter solleticare il suo orgoglio paesano
ricordandogli i sassaresi che sono stati chiamati a tanto incarico (per tacere dei Berlinguer e dei Pisanu) ma non potevo
trovare minor entusiasmo. «Politici, gente brava a parlare,
qualcuno anche in buona fede (bontà sua), ma quando arrivano a scalare posti di potere crescente, tutti presi da uno
stesso ingranaggio che fa loro dimenticare il bene comune».
Lui sarebbe per una anarchia fantasiosa, non riesce a capire
l’orgoglio di chi spende una vita per arrivare nei posti dove
“vengono prese le decisioni”, anzi non percepisce neppure
che possano esistere posti di questo tipo, in cui i pochi possano decidere per moltitudini che dovranno obbedire ai loro
dettati. Una visione così poco consolatoria della politica è
anche nel film e non poteva essere altrimenti dato il regista:
Peppino, uno spettacoloso Mario Olivieri, il babbo di Angelino, che ripiomba nella vita del figlio trentacinquenne alla
morte della moglie, e mamma di lui, seppur anziano e appagato della vita che ha fin qui condotto e che lo ha portato a
stringere una solida rete di amicizie tra “quelli che contano”,
nel disperato tentativo di trovare lavoro per quel figlio che si
alza dal letto solo per recarsi al bar, dove lo attendono una
variegata congerie di falliti, le mani strette sui boccali di una
Ichnusa, a fare da sfondo le biglie del bigliardo che schioccano e le luci della slot machine sempre in funzione, si ributta
in politica per le comunali. Per che partito, gli chiede Angelino, ma per diventare magari assessore, sì, ma per che partito,
gli ribatte lui, ma chi se ne frega di quale partito, basta che ti
mettano in lista. Ironia della sorte, Peppino sarà eletto quando già un colpo apoplettico lo ridurrà inerme e invalido in
carrozzella. Avevano provato a parlarsi quei due, anzi è sempre Peppino che chiede, ma quanti anni hai? E cosa ti piace
fare nella vita? Io alla tua età andavo a pescare, non ti ho mai
portato a pesca con me? E mangiare ti piace? Quando ho
fame. E ti piacciono le donne? Certo che sì. Le donne nel bar
dove la vita srotola i suoi ritmi sonnacchiosi sono più teorizzate che vissute. «E quando sei andato a Roma hai visto il
Derbi?». «Sono andato a Roma in viaggio di nozze». «E quando sei andato a Roma sei andato a bagasse?». «Ero a Roma
in viaggio di nozze!». «E che cosa c’entra potevi andare a
bagasse». Che le “bagasse” romane sono notoriamente migliori delle nostre, quella rumena (molto carina in verità) a
cui “gli amici” portano il vergine Angelino: «e non ci far fare
brutte figure mih!», si accontenta di venti euro per un “servizio con la bocca”, “coitus interruptus” dalle grida sguaiate dei compari che aspettano in macchina. «E andate tutti
affanculo!» Il tutto ambientato tra palazzoni in annosa costruzione, i lampioni che gettano una luce gialla e mortifera
su strade semideserte, dove le poche macchine sfrecciano
paurose di fermarsi in un territorio ostile di per sé.
Squallido. Ma mai quanto la cucina piena di avanzi che Angelino lascia ogni sera, dopo una cena che proviene inesorabilmente dalla solita spesa al supermercato. E ci porta pure
una ragazza in tanto squallore. La vede sempre scendere
dall’autobus che riaccompagna le ragazze da scuola, lui e i
suoi compari di bar seduti come al cine, fuori il locale, a
fissare quel tripudio di capelli lunghi e folti, quei visi di madonne che si scambiano il bacio del saluto, quei jeans multicolori che si muovono al ritmo di una musica colorata di
celeste.
Una di loro guarda Angelino, chè Stefano Deffenu è proprio
un bel ragazzo, specie se paragonato ai due ceffi birramuniti
che frequenta giornalmente (i due bravissimi Alessandro Gazale e Andrea Carboni). Riesce miracolosamente a conoscerla, a portarla al Luna Park dove lo vediamo finalmente sorridere mentre gioca e vince l’elefantino di peluche per lei, e
poi l’autoscontro e le macchine volanti. Occhi dell’uno in
quelli dell’altra (quelli della Medas da guardarsi con parsimonia se non volete cadere in amore). Quanti anni hai? Venti. E cosa fai? Studio all’università. E gli occhi hanno un che
di dubbioso, un velo di sgomento come girano in tondo per
quella cucina in disordine, sudicia. Se ne andrà la ragazza,
lasciando Angelino solo col padre in carrozzella, ingombrante per le cure che tocca dargli giornalmente. Fino a che Angelino non ce la fa più e il film si tinge di nero, non diventa
un “noir” come insinua la Sagrati, non fosse altro perché si
chiude col nostro eroe che, una volta tanto, sbanca la slot
machine, incurante che qualche poliziotto possa chiedergli
che fine abbia fatto il padre in carrozzella. Incurante che ogni
euro che spende non possa che provenire da quel padre,
visto che Angelino non ha lavorato mai. Ma è vero che a lui
non interessano i soldi, né gli interessa di nulla della vita che
conduce, convinto che Gesù, che tutto può, saprà nella sua
bontà mandare cose buone a chi si comporta bene, che so
una famiglia, una moglie.
Dice Bonifacio che lui non ha alcun messaggio da comunicare, la sua è solo una storia e la preoccupazione è per il
personaggio che fa agire, ricercandone coerenza e onestà.
Immerso com’è in un mondo perfido in cui tutto sembra fermo e dove non succede mai nulla. Cercando di sentirlo sempre vivo, il personaggio: «che è diventato un po’ come fossi
io stesso». «Lo spettatore deve chiedere al film: ti emoziona?» E il film reggerà al tempo? “I vitelloni” sembra girato
ieri tanto parla della vita d’oggi. Film privo di ogni didascalismo, dicono i critici, qui c’è un minimalismo oramai raro nel
cinema italiano, il modo in cui Bonifacio racconta le cose è
assolutamente suo, è grande! Non c’è un troppo detto, un
troppo raccontato, forma e contenuto sono un tutt’uno.
Girato nel quartiere “Rizzeddu” di Sassari, anonimo senza
alcun punto di riferimento, il mare di Sardegna sempre illividito dalle nuvole cariche di pioggia, che sbatte onde lunghe
sulla battigia. Gli interpreti sono attori di teatro e alcuni non
attori. «Scelgo i visi che si dovranno inserire nella storia che
ho in testa, per un regista è la cosa più difficile, tra le scelte
che gli toccano». Il personaggio di Angelino è terrificante e
inquietante nello stesso tempo, impossibile non ripensare al
“Taxi Driver” di Scorsese da cui mutua situazioni e comportamenti (del resto, cinefilo qual é, lo ammette anche Bonifacio). Si muove catatonicamente in un mondo che non ha
contribuito a creare, ma che subisce con una passività che
dispera. Anaffettivo com’è, lo diresti uno zombie che copia i
comportamenti di chi lo circonda non avendone di suoi nel
Dna, prodotto di una società livellante e spietata con gli
ultimi.
Bonifacio Angius, lui viene da una famiglia in cui il cinema è
stato sempre importante e ad imparare a farlo è andato a
Barcellona e New York (corsi specialistici di cinematografia),
la Sardegna è quinta del suo teatro interiore e altrimenti non
poteva essere, come Fellini pensa che si debba filmare il sé
che si è. “Perfidia”, il titolo, solo una canzone di Nat King
Cole sentita reiteratamente durante la scrittura della sceneggiatura. Abbiamo un nuovo regista italiano.
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22
15 febbraio 2015
VILLACIDRO
Nasce il Comitato civico civile cittadino
Presentazione del CCCC (Comitato cívico civile cittadino) e, sviluppato in quíndici punti,
promemoria per opportuni consigli e per giuste richieste del Comitato all’Autorità cittadina,
già verbalmente esposte nel recente incontro con il Síndaco e alcune volte inviate con
léttere o con artícoli nei quotidiani e nei quindicinali in questo lasso amministrativo,
come piú volte negli anni scorsi alle diverse amorfe insensíbili irresponsàbili componenti
della guida comunale.
D
esiderio e fine del Comitato cívico civile cittadino sono
principalmente:
A) riportare nel paese la pulizía e l’òrdine che normalmente
lo hanno contraddistinto nel passato già molto lontano;
B) recuperare il paese, e preminentemente il centro stòrico,
alle sue naturali funzioni attrattive per i forestieri e propulsive
per le attività cittadine;
C) ottenere tutte quelle condizioni (un diffuso civismo, cioè
il senso che sia il cittadino, sia l’autorità dovrèbbero avere
della propria dignità e del proprio dovere nell’agire verso il
bene della comunità; conseguentemente una raggiunta civiltà, che è la convinzione di dover rispettare, protéggere e
difèndere ogni privato e púbblico bene, per ottenere nel tempo il bene di tutti; la coscienza d’esser cittadini villacidresi,
ossía figli d’un paese único soprattutto per la sua naturale
posizione, tra il verde dei rilievi e della pianura, che gli dà
una fisionomía e un clima speciali nelle diverse stagioni, e
per i suoi típici monumenti, come il Lavatoio, veramente,
nella sua specificità, il solo prezioso esempio d’architettura
liberty nel mondo) che perméttano di vívere quotidianamente, nella tranquillità, nella serenità e nella sicurezza, a quelli
che vi àbitano o solamente vi soggiòrnano.
Ritiene innanzitutto che sia necessario, perciò, stimolare
l’Amministrazione comunale villacidrese a occuparsi di tante apparenti píccole negligenze, da parte di chi ha il dovere
di controllare, che purtroppo hanno reso tutte le strade pericolose e impercorríbili, soprattutto per i pedoni, e non solo
quelle del centro.
1) Notiamo che è stato finalmente determinato il senso único
di via Parrocchia in uscita per tutti gli autoveícoli e i mezzi
rotanti, provenienti dalle altre parti del paese, come naturale
lògica prosecuzione in entrata del senso único della via Roma,
ma che in essa non sono stati predisposti alcuni spàzi útili
per una “sosta breve”, per il tempo necessario agli acquisti
nelle botteghe, nelle rivèndite e nei negòzi pròssimi.
2) Per facilitare il raggiungimento della via Roma riteniamo
dunque inderogàbile, per chi arriva dalla via San Gavino o
dalla via Stazione, invertire il senso di marcia nella via Regione Sardegna (non “sarda”*) fin dal suo ingresso, all’incrocio del Campo sportivo.
3) Siamo certi che sia grave errore continuare a consentire
una normale circolazione veicolare nelle strettoie di via
Gialeto, via Sant’Efisio (Fluminera coperta), via Càrceri se
non per i soli residenti e, in particolare, a) siamo convinti che
per la via Gialeto dovrebbe esser obbligatorio l’ingresso dalla
via Roma, nel vícolo all’àngolo della casa delle sorelle Matta, verso la via Lavatoio-via Repúbblica, per evitare nuovi
incidenti come i tantíssimi avvenuti fin ora in prossimità dello sbocco attuale sulla via Roma. b) Suggeriamo anche l’inversione di marcia nella via Càrceri, per evitare il
contemporàneo parallelo ritrovarsi, nella rotatoria del rondò,
dei veícoli da lí discendenti con quelli provenienti dalle vie
del centro attraverso la via Parrocchia.
4) E proponiamo il senso único verso Seddanus nella via
Vittorio Emanuele e
5) il senso único in salita nella via Giovanni XXIII.
6) Riteniamo indispensàbile liberare lo spazio intorno al Lavatoio da tutte le auto in sosta nella piazza e impedirne l’accesso, lasciando solo ai residenti la possibilità di raggiúngere
le proprie abitazioni con gli autoveícoli e i motoveícoli. La
sosta dovrebbe esser consentita, negli appòsiti spàzi, solo
fino alla vecchia stazione d’attesa, oggi sede di uffíci vàri.
7) L’amministrazione di un grande comune come Villacidro,
che non riesce a frenare gl’impulsi bestiali dei neotalebani
ignoranti e malvagi i quali, non avendo né testa né cuore,
rúbano, distrúggono e insúdiciano tutto quello che tòccano
(danni continui ai monumenti - dalle òpere della via Crucis
del Càrmine a quelle del sagrato della chiesa Madonna del
Rosario, a due passi dalla Caserma dei Carabinieri - e furti
nelle case, nei beni della comunità, persino nelle chiese),
non può continuare a fíngere d’aver le telecamere che non
ha mai avuto o non ha mai attivato, ma deve sentirsi obbligata a difèndere, con il bene dei cittadini, ogni suo bene, attraverso un immediato interessamento, a) e non solo con le
riprese fílmiche registrate giorno e notte in determinati punti
della nostra cittadina, b) ma anche con òrdini scritti per una
doverosa presenza quotidiana di qualche membro della Polizía
urbana.
8) Deve, proprio con la sua autorità, obbligare chi fin ora, da
anni, non ha piú fatto il suo principale dovere che è quello,
per tantíssimo tempo, semplicemente detto di “vígile” urbano. E, a tal riguardo, facciamo presente che, non solo le vie
secondarie, ma anche le arterie principali sono pericolosamente limitate e anguste, come intubate o addirittura intasate continuamente per i tanti autoveícoli in sosta nei marciapiedi, nelle curve, nei semàfori oppure, sia a destra sia a
sinistra, nelle zone contrassegnate con cartelli di divieto, a)
come nel settore della via Vittorio Emanuele tra la via Giovanni XXIII e la via Parrocchia, b) nella stessa via Parrocchia, c) nel viale Don Bosco, d) nella via Nazionale, e) nella
via Todde, f) via Loru, g) via Marinotti ecc., senza che vi sia
stato per anni un solo intervento delle guardie comunali,
tanto che, in occasione di feste paesane, laiche o religiose, è
stata impossíbile la circolazione veicolare e le màcchine per
ore e ore hanno impedito alle persone persino il rientro nelle
proprie case.
9) Dovrebbe far tracciare nuovamente e giustamente le línee
che delímitano gli spàzi per i parcheggi automobilístici, dopo
aver fatto cancellare quelle esistenti fatte a capocchia nel
senso contrario a quello d’ingresso, nella zona destinata
alla sosta tra la via Aldo Moro e la via Rio Fluminera.
10) Dovrebbe realizzare, finalmente, un grande parcheggio,
là dove è previsto un “centro culturale” con un teatro (oggi
proposto all’immaginazione fantàstica e alla preparazione
tècnica di molti possíbili concorrenti), ossía nella parte inferiore dello stòrico orto dei Véscovi, ceduta al Comune di
Villacidro. E non certo potrà far aspettare i Villacidresi tutto il
tempo necessario (5, 10, 15 anni?) per la costruzione delle
òpere del “centro” nella terra vescovile, ma prima dovrà farvi approntare (verbo che esprime improgàbile impellenza)
una zona di sosta. Basta il tempo per aprire un varco nel
muro del rondò, quindi un degno ingresso, una ripulita tra le
piante, cartelli indispensàbili fuori e dentro… e, nell’arco di
un mese, il rimedio è trovato ed è stato estirpato un annoso
tumore che ormai si è quasi incancrenito. Ecco il parcheggio
per il centro stòrico di Villacidro. Ma forse stiamo sognando.
11) Fàcciano davvero qualcosa di buono i nostri amministratori perché pòssano anche esser lodati e ben ricordati
sempre! e non pòssano invece esser disprezzati e accusati
per il non fatto o il fatto male (piazza Immacolata - piazza
Zampillo con falsa piazza - strada -depòsito d’auto; rotatoria
ovale o falsa rotatoria immondezzaio petraia - piazza XX Settembre; distruzione della delicata Gruxi de Seddanus e suo
rifacimento- Croce enorme di cemento armato; distruzione
del píccolo gioiello di Funtanedda e suo previsto rifacimento; distruzione del Monte granàtico e suo primo obbrobrioso
rifacimento e sua seconda ricostruzione; centinaia di milioni
di lire e centinaia di migliaia di euro andati in fumo; somme
non pagate per folli irresponsàbili decisioni amministrative
per le quali, somme decuplicate sono state pagate da successive Amministrazioni comunali; e poi ancora scadente
pavimentazione stradale, affossamento e storpiature del Lavatoio e spreco di grandi occasioni con l’incapacità di aver
saputo ottenere le grandi cifre a disposizione per tutte quelle òpere importanti suggerite anche dalle diverse organizzazioni culturali villacidresi; e, tra queste últime,
12) il recúpero ininterrotto dell’acqua della Spéndula attraverso convenienti tubature e canali sotterrànei con motori
aspiranti sí da ottenere una cascata perenne anche durante
la stagione estiva. A tutto c’è rimedio.
13) Intanto si adòperi, questa Ammnistrazione, a trasformare degnamente lo spazio piú importante di Villacidro con
l’unione delle due piazze, mediante la prosecuzione della via
Roma parallelamente alla fiancata del muraglione, e tutt’intorno fino ad incontrare il viale Don Bosco e la via XX Settembre e mediante la continuazione nella via, a senso único,
che costeggia il Caffè letterario, il Monte granàtico e il Museo d’arte sacra, fino a raggiúngere la discesa della via Par-
rocchia. Infine si eliminerebbe dal centro della vasca l’infame pilastro per ripristinare l’ottocentesco “zampillo” e si
sposterebbe in una sede piú dignitosa la statua dell’Immacolata, con ampie scelte, si eliminerebbe quell’inútile peso
sul tetto insicuro della Fluminera con un ridícolo tronco secco d’ulivo ed erbacce e si arricchirebbe l’imponente piazza
d’àlberi ombrosi e di sedili con spàzi limitati a raggera nel
límite esterno per soste a pagamento. Vi sarebbe la possibilità di realizzare marciapiedi a livello nel lato degli edifici lungo la via a senso único allargàndola nei punti dove è ancora
possíbile con l’eliminazione dei pericolosi inútili cordoni di
granito.
14) Nell’attesa di cómpiere questa onorevolíssima òpera,
l’Amministrazione comunale dovrebbe stabilire con chiarezza, speriamo provvisoriamente, se la precedenza spetta a chi
si trova nella rotatoria, come viene indicato dai cartelli delle
tre strade che vi convèrgono e, in tal caso, è necessario
sostituire il cartello di divieto di sosta con un cartello di
“stop” e un cartello di “dare la precedenza” per chi vi giunge
dalla via Roma, per evitare possíbili incidenti che l’indecisione o la prepotenza di qualche autista potrebbe provocare; oppure, se invece spetta a chi vi arriva dalla destra, è
doveroso tògliere dalle tre strade di provenienza i segnali di
rotatoria.
15) Altro suggerimento del CCCC è quello di resístere al
tentativo di un eterogèneo gruppo di polítici, universitari e
agguerriti neolinguisti o veterolinguisti convinti, forse, della preminenza della variante logudorese su questa nostra
lingua campidanese piú fresca, piú ricca e indubbiamente
piú parlata e diffusa, di imporre la cosiddetta lingua comune
attraverso oscure operazioni di potere di Ufitzius e Isportellus
linguísticus che pretèndono di insegnare il loro “vero” sardo, ossía sa limba communa (che dovrebbe esser, per loro,
Lingua comune, e che invece, per noi campidanesi, dovrebbe significare “Lingua latrina”, poiché latrina, fogna è detta “communa” e “comuni - communi” traduce l’aggettivo
italiano “comune”, il latino “communis” e chiamiamo lingua
quella che è lingua per gl’Italiani e lingua per i Latini), una
“lingua universale” artificiale per i Sardi fatta a tavolino con
règole grammaticali in buona parte inventate e illògiche, soprattutto per quanto riguarda l’ortografía, che non tèngono
conto neppure della “vera” lingua che è quella parlata e quella
che gli scrittori hanno usato fin ora, traèndola da quella parlata, in cui ciascuno di noi campidanesi s’identífica.
Un insieme di targhe che sèmbrano scritte in un misto
d’esperanto e volapucche, zeppe d’errori, sono affisse nei
diversi “vicinati” del paese. Villacidro dovrebbe rifiutarle e
rispedirle al mittente (ex Provincia del Medio Campidano) e
l’Assessora alla Cultura dovrebbe scrívere indignata alla Regione Sardegna contro quest’attentato alla nostra lingua e
alla nostra identità che ha già dato i suoi èsiti negativi in una
deleteria pubblicazione sulla Tradizione poètica del Medio
Campidano.
*Nessuna via può intitolarsi “Regione sarda” perché indicherebbe (senza alcun lògico riscontro specífico) una determinata regione o zona dell’ísola. Sarebbe illògico e VERGOGNOSO continuare a far finta di niente e dare il consenso al protrarsi di una “beffa” alla lingua e al buon senso
provocata per imperfezione comunicativa, per ignoranza o
noncuranza o distrazione, da una precedente Amministrazione comunale, in particolare per una cittadina come
Villacidro che da piú di un ventennio òspita e ravviva un
premio letterario nazionale e da cinquantacinque anni un
Liceo clàssico. Non si può far finta di niente per le altre
“targhe” con i númeri cívici e il nome delle strade in memoria di tutti quei personaggi il cui cognome precede il nome
proprio (Dessí Giuseppe) o, ancor peggio, il cui nome proprio è preceduto da una sorta di patrionímico, una specie di
agnomen come fosse un cognome originario (D’Arborea
Eleonora) o manca e, davanti al cognome, c’è un vero e
proprio topònimo, un nome geogràfico specificamente individuante (come nel caso di Cavour Benso). Una volta si
diceva: Roba da matti!